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ORGANIZZAZIONE

E GESTIONE DEI
PROCESSI PRODUTTIVI
Angelo Picciotto
Organizzazione e gestione dei processi produttivi

Collana
Arti Grafiche
Metodologie e Prodotti

I Tecnologia Grafica e Impianti


II Il Dizionario delle Arti Grafiche
multimedialità e comunicazione
III Tecniche della Produzione e della
Organizzazione Aziendale
IV Tecnica Professionale
V Tecnologia dei Materiali
VI Il Manuale Grafico
VII Tecnologie applicate ai materiali e
ai processi produttivi
VIII Tecnologie dei processi di produzione
IX Organizzazione e gestione
dei processi produttivi
X Tecniche di gestione e conduzione
di macchine e impianti
Al lettore

La realizzazione di un libro comporta costi variabili (carta, stampa, allestimento) e costi


costanti (progettazione, impaginazione e quant’altro necessario nella fase di prestampa). I foto-
copiatori possono contenere i costi perché oltre a non pagare i diritti d’autore non hanno costi
costanti. Ogni fotocopia, d’altra parte, riducendo il numero di copie vendute dall’editore,
aumenta l’incidenza dei costi costanti, a singola copia, costringendo l’editore ad aumentare il
prezzo di vendita, il che incentiva ulteriormente l’utente a fotocopiare. Se però questo circolo
vizioso non viene interrotto, si arriverà al punto in cui gli editori non avranno più la conve-
nienza economica a realizzare libri di testo per le scuole.

In quel preciso istante non ci saranno più neppure le fotocopie.


Organizzazione
e Gestione
dei processi
produttivi
Copertina: Litografia Botolini - Rocca San Giovanni (Ch)

Composizione e impaginazione: Matteo Lumia e Angelo Picciotto

Edizioni inEdition
C.da Santa Calcagna, 131 - 66020 Rocca San Giovanni (CH)
www.inedition.it e-mail: direzione@inedition.it

Codice ISBN 978-88-89368-39-8

Copyright © - Angelo Picciotto

I diritti di riproduzione, memorizzazione elettronica e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo
(compresi microfilm e copie fotostatiche) sono riservati per tutti i paesi.

Prima Edizione 2015


Presentazione

Con la realizzazione di “Organizzazione e Gestione dei processi produttivi” si è voluto dare agli studen-
ti di Grafica e Comunicazione quelle nozioni di base sulle aziende grafiche per poter poi effettuare un cal-
colo pratico del preventivo di uno stampato.
Nella prima parte del testo vengono esposti i concetti di azienda e impresa, prendendo in considerazione le
tipologie più frequenti con le varie diversificazioni in funzione del tipo di prodotto o del flusso di lavoro.
Si analizza nello specifico l’organizzazione economica dei processi produttivi analizzando il Capitale e i
Costi, tenendo sempre presente l’equazione dell’equilibrio economico: costi + guadagno = ricavo.
Successivamente si affrontano gli argomenti riguardanti la gestione di un’azienda prendendo in esame i
vari flussogrammi e layout aziendali.
La parte pratica del testo affronta argomenti come la commessa, il preventivo, il consuntivo, entrando nel
merito del calcolo pratico dei costi di un generico lavoro.
In questa parte puramente tecnica vengono introdotti i concetti di segnatura, impostazione dello stampa-
to, B+V oppure BeV, formato indispensabile, formato del foglio di stampa e relativo spreco di carta.
A completamento del testo viene calcolato praticamente il preventivo di un generico stampato.
INDICE GENERALE

CAPITOLO 1- L’Azienda
Nascita delle aziende pag. 11
Tipi di Aziende: “ 14
secondo il fine a cui tendono “ 15
secondo il grado di sviluppo - secondo la natura del soggetto “ 19
secondo la forma giuridica “ 19
società di persone “ 23
società di capitale “ 26
Funzioni d’Impresa “ 32
Alta Direzione “ 33
Organizzazione dell’Azienda “ 38
organigramma “ 40
Classificazione delle Aziende Grafiche “ 45
su commessa “ 46
editoriali “ 47
per modelli non editoriali “ 47
per processo continuo “ 48

CAPITOLO 2 - Organizzazione dei processi produttivi


Il Capitale e i Fattori Produttivi pag. 49
capitale sociale “ 52
capitale di cessione “ 52
capitale di liquidazione e funzionamento “ 53
Finanziamento “ 53
con vincoli di credito e vincoli di capitale “ 54
leasing “ 55
I Costi “ 57
ammortamento “ 59
interesse di computo “ 63
costi costanti “ 64
costi variabili “ 65
costo a copia “ 67
Costo ora Nucleo Produttivo “ 69
I Ricavi “ 72
bolla d’accompagnamento - DDT “ 74
L’azienda e il Mercato Grafico “ 76
entipologia dello stampato “ 76
classificazione degli stampati “ 77
domanda, offerta e prezzo di vendita “ 81
L’Amministrazione “ 85
l’inventario “ 86
CAPITOLO 3 - Gestione dei processi produttivi
La Gestione di un’azienda pag. 87
l’equazione dell’equilibrio economico ” 88
il reddito ” 89
schema generale delle operazioni dei processi produttivi ” 90
Le Politiche d’impresa ” 93
Il Marketing ” 97
La Funzione produttiva ” 99
generalità sul sistema produttivo ” 101
organizzazione della produzione ” 102
analisi del processo produttivo ” 106
programmazione della produzione ” 106
curve di produzione ” 107
studio dei tempi e metodi ” 108
la manutenzione ” 111
considerazioni sulla produzione ” 112
Flussogramma Committente-Azienda ” 114
Flussogramma Commessa di lavorazione ” 115
Flussogramma Operativo area di stampa ” 116
Flussogramma Operativo copertina finita ” 117
Flussogramma Operativo area di allestimento ” 118

CAPITOLO 4 - I Layout di produzione


Impianti industriali grafici ” 119
costruzione a sviluppo orizzontale ” 120
costruzione a sviluppo orizzontale ” 121
Elementi per il progetto di un impianto ” 122
spazio operativo ” 123
Layout di produzione ” 124
layout per processo e layout per prodotto ” 125
confronto fra il layout per processo e il layout per prodotto ” 127
realizzazione del layout ” 128

CAPITOLO 5- Come si realizza uno stampato


PRIMA PARTE
premessa ” 131
equazione dell’equilibrio economico ” 132
come si realizza un preventivo ” 135
la commessa ” 139
il preventivo ” 142
il consuntivo ” 143
i centri di costo ” 143
SECONDA PARTE
realizzazione dello stampato ” 145
cosa vuole comunicare lo stampato ” 146
impostazione dello stampato “ 149
1 numero di copie - 2 numero di pagine “ 151
3 grammatura “ 152
4 formato finito dello stampato - 5 formato carta “ 154
6 formato macchina “ 157
7 formato del foglio di stampa - volta in 12 e volta in 16 “ 158
8 senso di fibra “ 165
9 allestimento “ 167
10 inchiostro e numero dei colori - 11 lavorazioni extra “ 169
12 qualità - 13 costo di produzione “ 170
14 prezzo di vendita “ 170
Le Segnature “ 171
segnature accavallate e sovrapposte “ 173
unghiatura “ 174
quartino a libro e ad albo “ 177
ottavo a libro e ad albo “ 178
sedicesimo a libro e ad albo “ 179
sessantaquattresimo a libro “ 180
sessantaquattresimo ad albo “ 181
sestino - ventiquattresimo a libro “ 182
dodicesimo a libro “ 183
TERZA PARTE
Calcolo di un preventivo “ 185
1 calcolo dello spreco di carta “ 185
2 costo della carta “ 186
3 costo dell’avviamento “ 189
4 costo della stampa “ 191
5 costo delle lastre “ 193
6 costo a copia “ 194
CAPITOLO 1 L’azienda
Nascita delle aziende - Tipi di aziende - Funzioni d’impresa -
Alta Direzione - Organizzazione dell’azienda - Aziende grafiche.

 Nascita delle aziende


La vita dell’uomo è percorsa di continuo dai bisogni, ossia da necessità che si mani-
festano sotto forma di sensazioni e insoddisfazioni di varia natura, non solo mate-
riale e fisica (fisiologica), ma anche di ordine psichico. I bisogni
variano in funzione di situazioni e fattori diversi, tuttavia possono Bisogni
fondamentalmente distinguersi in primari e secondari. sono tali in quanto il
I bisogni primari sono tali in quanto è indispensabile il loro sod- loro soddisfacimento
disfacimento per la sopravvivenza stessa dell’uomo; mentre tutti gli èla indispensabile per
sopravvivenza del-
altri bisogni, complementari dei primi, risultano secondari (configu- l’uomo (primari) op-
randosi piuttosto come desideri) e, una volta appagati, rendono sicu- pure servono per ren-
dere più gradevole la
ramente più gradevole la vita. vita (secondari)
Non è semplice fare una distinzione netta fra bisogni primari e
secondari, in quanto le necessità variano da individuo a individuo, in
funzione anche del tenore di vita nonché di particolari situazioni, così che un biso-
gno che prima era secondario può in seguito diventare primario e viceversa.
I mezzi per soddisfare ed estinguere i bisogni sono comunemente denominati
beni; tali sono, ad esempio, i vestiti con i quali ci si copre per difendersi dal fred-
do, il cibo che sazia la fame.
Sia per l’abbigliamento che per l’alimentazione esistono infatti
tutta una serie di aziende preposte alla creazione di indumenti e cibi Beni
di varia natura, atti a soddisfare le singole esigenze dei vari individui. sono i mezzi per sod-
disfare i bisogni,
È ben noto che, per la produzione dei beni, le materie fondamen- alcuni sono indispen-
tali sono fornite dalla natura, ma spesso queste non sono immediata- sabili (come i vestiti
mente utilizzabili, per cui si rende necessaria una trasformazione che per coprirsi o il cibo
per nutrirsi) mentre
richiede un’organizzazione specifica. altri sono voluttuari
Si prospettano tre casi di trasformazione per realizzare la fase della
produzione (ottenimento della disponibilità dei beni) e passare, poi, a
quella del consumo (destinazione degli stessi, al soddisfacimento dei bisogni).
Il primo caso di trasformazione corrisponde a quella fisica diretta (dal legno si
ricava ad esempio un mobile); il secondo, riguarda la trasformazione nello spazio,
che si verifica quando i beni prodotti devono essere inviati da una località all’altra;
il terzo caso, infine, è specifico per la trasformazione nel tempo, e comporta la con-
servazione dei beni per utilizzi futuri. È evidente che, innanzitutto, deve essere sta-

11
bilita una scala delle necessità da soddisfare, fissando delle priorità secondo il grado
d’importanza e di urgenza, facendo le opportune rinunce.
L’attività rivolta alla conoscenza di tutte le possibili vie, fra loro alternative, per
soddisfare i bisogni, costituisce un’attività tecnica la quale, necessariamente, prece-
de l’attività economica. Quest’ultima infatti, ci deve indicare, fra le varie alternati-
ve, il percorso più conveniente, cioè quello che permette di conseguire il miglior
risultato compatibilmente con i mezzi impiegati, secondo il principio del torna-
conto, e quindi con il minimo dispendio di energie.
Seguendo il corso della storia si nota che fin dai primordi l’uomo ha
sentito l’esigenza di unirsi con altri uomini per soddisfare le proprie
Gruppo esigenze, creando il gruppo.
aggregazione di perso-
ne che perseguono uno
Il gruppo più antico, anche se ancora attuale, sembra essere il “gruppo
scopo comune – il familiare”, formato da persone unite da vincoli di parentela.
gruppo è considerato Inizialmente il gruppo familiare produceva dei beni solo per il proprio
come il precursore delle
moderne aziende
consumo. In seguito ci si accorse che era possibile scambiare beni
diversi, prodotti da altri gruppi familiari, prima sotto forma di sempli-
ce baratto, poi con un vero e proprio scambio monetario.
Nascono così i “gruppi di produzione” ognuno specializzato in singole lavorazio-
ni, così che fra la produzione e il consumo si viene a creare lo scambio monetario.
Per poter svolgere la funzione della produzione, un gruppo deve organizzarsi
adeguatamente, impiegando persone e materie prime per poter ottenere, tramite il
lavoro, prodotti finiti da destinare al consumo.
La formazione e la guida di un gruppo di produzione sono assunti da una o più
persone in possesso di capacità, mezzi e motivazioni, di livello o di ordine superio-
re e, comunque, incoraggiate ad intraprendere un’attività produttiva che si dispiega
con tutte le sue difficoltà, conferendo naturale e logico significato alla
Azienda parola impresa.
complesso di beni e In ambito economico-tecnico, l’impresa trova concreta definizione ed
persone, organizzati
dall’imprenditore
attuazione solo attraverso quella struttura che viene denominata
per l’esercizio del- azienda, cioè un’unità operativa dove gruppi organizzati di persone
l’impresa eseguono, tramite operazioni, la trasformazione di materie o altro per
la produzione di beni o di servizi atti a soddisfare i bisogni dell’uomo.
La definizione più ricorrente di azienda, è quella che la definisce come: “un
complesso di beni e persone, organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa”.
Da ciò appare maggiormente chiara la distinzione fra impresa e azienda, termini
usati spesso indifferentemente come sinonimi, come d’altronde accadrà nel corso di
questa trattazione.
È necessario, tuttavia, osservare che la denominazione di impresa mette in risal-
to e qualifica più comunemente un’azienda produttrice di beni, che operi a scopo
di lucro.

12
CAPITOLO 1

Ai fini di una definitiva chiarificazione, vale la pena ripetere che l’impresa è l’e-
lemento attivo che ha assunto l’iniziativa per l’attuazione sistematica di funzioni
tecnico-economiche (fra le quali emblematica è quella della produzio-
ne dei beni) e che è motivata dall’aspettativa di ottenere un guadagno Tasso
superiore al tasso corrente d’interesse. corrente
d’interesse
L’azienda è l’organismo dell’impresa, cioè un sistema di energie
piccola percentuale
personali e di risorse materiali, organizzato e gestito per lo svolgimen- di guadagno che un
to delle funzioni sopra citate. qualunque rispar-
Colui che costituisce l’impresa, ovvero ne è il titolare, è detto miatore ottiene tra-
mite un investimento
imprenditore ed esercita professionalmente un’attività economica a basso rischio, come
volta a produrre beni (o fornire servizi) a scopo di lucro. ad esempio i titoli di
Generalmente l’imprenditore non è in grado di operare da solo e stato
ha bisogno di un certo numero di collaboratori in qualità di prestato-
ri di lavoro dipendente e di prestatori di lavoro autonomo.
Mentre i lavoratori dipendenti sono coloro che, dietro retribuzione, prestano il
proprio lavoro alle dipendenze dell’azienda e si suddividono nelle categorie dei diri-
genti, quadri intermedi, impiegati ed operai, i prestatori di lavoro autonomo colla-
borano dall’esterno come professionisti.
Sintetizzando, si può affermare che gli elementi fondamentali che costituiscono
l’azienda sono: le persone, le operazioni e i beni. Il termine bene è riferito alle mate-
rie prime, ai macchinari, ai brevetti e alle disponibilità monetarie.
Ad ogni buon conto un’azienda va immaginata come un sistema complesso,
caratterizzato da finalità e valori che ne costituiscono la cultura e ne guidano la
strutturazione e l’azione.
Naturalmente il primo atto di vita dell’azienda è la sua progettazione; si devono
cioè stabilire tutte le caratteristiche che deve possedere per raggiungere lo scopo per
il quale viene istituita.
Per la progettazione di un impianto industriale grafico bisogna stabilire il tipo di
produzione che si intende realizzare, conoscere perfettamente le attrezzature da uti-
lizzare, considerare i rispettivi “spazi operativi” e programmare il ciclo di produzio-
ne più idoneo (vedi “impianti industriali grafici”, capitolo 5).
Le aziende possono avere uno sviluppo, una disposizione e una dimensione
diverse, svolgere attività differenti, quindi presentarsi sotto diversi aspetti, ma sicu-
ramente tutte le aziende avranno in comune alcuni elementi costitutivi, come ad
esempio:

• una struttura organizzativa;


• un insieme di persone che operano con differenti responsabilità;
• un insieme di beni (materiali e immateriali) per il processo produttivo.

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Lo stabile e la sua ubicazione risultano una conseguenza di quanto precedente-
mente esposto, supportato da un’approfondita ricerca di mercato. Sono perciò effet-
tuati gli studi d’impianto che comprendono i seguenti punti principali:
• tipo di produzione;
• entità del capitale necessario;
• forma giuridica;
• ubicazione;
• personale specializzato.

 Tipi di aziende
Una prima generale distinzione fra i vari tipi di aziende porta a suddividerle in
aziende che producono beni e aziende che forniscono servizi.
 Le aziende che producono beni sono quelle che trattano, in qualche modo, merci
o prodotti: quelle che li fabbricano (Aziende Industriali), quelle che li commerciano
(Aziende Commerciali), e quelle che li trasportano (Aziende di Trasporto).
 Le aziende che forniscono servizi sono quelle che gestiscono prestazioni imma-
teriali, come le Banche, le Assicurazioni o le Agenzie.
Stando sempre sul generico, le aziende possono avere un’infinità di scopi (gene-
ralmente si distinguono in “non-profit” e “a scopo di lucro”), quelle più frequenti
hanno come obiettivo finale quello di avere un guadagno.
Volendo invece fare una distinzione come settore, si possono distin-
Settori guere i settori primario, secondario, terziario e finanziario.
primario, aziende Il settore primario comprende tutte quelle aziende che gestiscono le
che gestiscono le ma-
terie fondamentali
materie fondamentali e gli elementi offerti dalla natura; per tale moti-
secondario, azien-
vo sono dette di produzione originaria e si suddividono in agricole ed
de che operano tra- estrattive. Le agricole svolgono coltivazioni di vario genere e l’alleva-
sformazioni mento del bestiame; le estrattive si occupano di pesca, caccia ed estra-
terziario, aziende
che forniscono servizi
zioni dal suolo.
finanziario, azien-
Il settore secondario include le aziende industriali che, disponendo
de che gestiscono il di materie prime (e non solo di queste), operano trasformazioni a volte
denaro dei rispar- anche radicali, fornendo prodotti adatti al consumo.
miatori
Appartengono a questo settore le aziende alimentari, chimiche, carta-
rie, editoriali, meccaniche e tessili.
Una volta prodotti, i beni devono essere portati dai luoghi di produzione ai luoghi
di consumo; è necessario inoltre conservarli per venderli al momento della richiesta,
previa intermediazione fra coloro che li offrono e coloro che li richiedono.
In tal senso agiscono le aziende commerciali e le aziende di trasporto che appar-
tengono al settore terziario, di cui fanno parte altre aziende che, invece, forni-

14
CAPITOLO 1

scono servizi, come quelle turistiche, di pubblicità, di spettacoli, di consulenza,


eccetera.
Il settore finanziario comprende tutte le aziende che gestiscono il denaro dei
risparmiatori, i quali depositano i loro risparmi presso queste aziende nella speran-
za di ricevere un tasso di interesse superiore a quello di altre fonti di reddito, oppu-
re pagano delle quote in denaro per ottenere in cambio specifici servizi.
Infatti fra le varie aziende del settore finanziario, si possono annoverare le “assi-
curazioni”, le aziende di “leasing”, oppure ancora le banche, le quali ricevono e pre-
stano denaro (come avviene ad esempio per quelle società che richiedono dei mutui
o prestiti bancari necessari alla produzione).
All’interno dei vari settori, primario, secondario, eccetera, le aziende possono
essere classificate in funzione di molti altri fattori; noi qui cercheremo di schema-
tizzare le varie aziende secondo il seguente schema.

Aziende

Secondo il fine Secondo il grado Secondo la natura Secondo la


a cui tendono di sviluppo del soggetto forma giuridica

a scopo no profit piccole medie grandi pubbliche private società di società di


di lucro persone capitale

associazioni fondazioni

☞ Secondo il fine a cui tendono


Vi sono aziende il cui scopo finale è il lucro, cioè sono organizzate da un gruppo di
persone il cui fine ultimo è quello di ottenere un guadagno superiore
al tasso corrente d’interesse. Aziende a
 Le aziende a scopo di lucro, molto diffuse, vanno poi differen- scopo di lucro
ziate in funzione del tipo di produzione, così alcune forniscono beni aziende che devono
come le industriali e le commerciali, altre invece forniscono servizi, avere un guadagno
superiore al tasso cor-
come le banche. rente d’interesse
Fanno parte delle aziende a scopo di lucro anche quelle di produ-

15
zione originaria (le estrattive) e le aziende agricole, che svolgono l’attività di colti-
vazione della terra o di silvicoltura e per l’allevamento degli animali.
Fra le tante aziende di questo tipo (che fra l’altro analizzeremo più avanti), menzio-
 niamo adesso il “franchising”, una forma interessante di “fare impresa”.
Il franchising (o affiliazione commerciale), utilizzato prevalentemente nel
settore del commercio e dei servizi, è un sistema di commercializzazione e di distri-
buzione dove un imprenditore (franchisee o affiliato) ottiene il permesso di com-
mercializzare beni o servizi forniti da un altro imprenditore (franchisor o affiliante)
in cambio di una certa quota in denaro (una parte fissa e una parte variabile, calco-
lata generalmente come percentuale sul fatturato). L’affiliato acquisisce il diritto di
sfruttare i brevetti, il marchio e il nome della società affiliante.
Il franchise può presentarsi sotto diversi aspetti, può infatti essere di produzione,
di distribuzione o di servizi. Preventivamente viene stipulato fra le parti un con-
tratto che definisce l’oggetto dell’attività, la zona in cui si svolge la stessa, l’eventuale
esclusiva e i relativi obblighi fra le parti.
Nel caso di franchise di produzione l’affiliato produce secondo le direttive del-
l’affiliante. Nel caso di franchise di distribuzione, l’affiliato commercializza e vende
i prodotti dell’affiliante.
Nel franchising di servizi, l’affiliato fornisce un servizio utilizzando l’immagine
(e il know how) dell’affiliante (molto comune ad esempio per i ristoranti e le agen-
zie di turismo).
Il franchise rappresenta un buon investimento per chi desidera iniziare un’attivi-
tà autonoma ma non possiede esperienza e sufficienti competenze tecniche del set-
tore, in questo caso infatti, la casa madre garantisce tutela e supporto professionale.
Risulta evidente che un’attività di questo tipo prevede un’approfondita verifica
dell’affidabilità della società che propone il franchising e della reale possibilità di
realizzare l’attività nel territorio prescelto. È noto infatti che una particolare attivi-
tà può risultare molto interessante in una certa area e assolutamente inadeguata su
un altro territorio. Risulta evidente che l’affiliato approva “in toto” tutte le scelte
aziendali della società madre limitando così la propria autonomia imprenditoriale.
Vi sono poi le aziende in cui il guadagno non è il fine ultimo, ma il mezzo per
il raggiungimento del loro scopo, che può consistere nel fornire servizi pubblici alla
comunità, in particolare servizi di natura politico-sociale, cui devono far fronte le
istituzioni quali Comune, Regione, Provincia, Stato, creando Enti preposti alla tute-
la e alla salvaguardia della vita e della salute dei cittadini.
Gli Enti Pubblici sono particolari aziende che svolgono esclusivamente o princi-
palmente un’attività imprenditoriale in regime di diritto privato. Agiscono su un
piano di parità con le imprese private e devono essere iscritte nel registro delle
imprese, ma in caso di insolvenza non sono soggette al fallimento.
I più importanti Enti comunemente noti sono: I.N.P.S. (Istituto Nazionale della

16
CAPITOLO 1

Previdenza Sociale) che svolge la funzione di previdenza per malattia, invalidità e


vecchiaia su tutto il territorio nazionale; I.N.A.I.L. (Istituto Nazionale contro gli
Infortuni sul Lavoro) che fornisce ai lavoratori dipendenti le assicurazioni necessa-
rie contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

Società non-profit il cui fine non è il guadagno

 Fra le aziende non a scopo di lucro (non-profit) vi sono quelle che svolgono
un’attività nel campo culturale o nell’ambito della beneficenza (pubbliche o priva-
te, religiose o laiche) e prendono le denominazioni di Associazioni e Fondazioni.
 Le Associazioni sono delle istituzioni sociali, generalmente di natura ideale e
non a scopo di lucro. Sono organizzazioni collettive a struttura aperta (ovvero, è
possibile ricevere nuove adesioni senza dover obbligatoriamente modificare l’atto
costitutivo).
Gli associati possono raggiungere un numero illimitato, hanno pari diritti e
doveri e hanno lo scopo di realizzare un interesse comune a tutti i soggetti che ade-
riscono all’associazione.
Le associazioni possono essere “riconosciute” o “non riconosciute”. Le associazioni
riconosciute hanno ottenuto un riconoscimento mediante decreto del Presidente
della Repubblica, il quale necessita di alcune fasi burocratiche:

• avere un patrimonio sufficiente a garantire il raggiungimento degli scopi prefissati;


• redigere lo statuto e costituirsi presso un notaio che legittimi l’atto costitutivo;
• essere registrati nel Registro delle Persone Giuridiche.

Nell’atto costitutivo delle associazioni riconosciute, deve comparire chiaramente


lo scopo dell’associazione, le regole relative all’ordinamento e i beni dell’associazio-
ne (che rimangono comunque di proprietà dell’associazione).
Se un associato recede, non ha alcun diritto sui beni dell’associazione e inoltre,
in caso di estinzione dell’associazione, i beni andranno devoluti ad altri enti (ovvia-
mente non a scopo di lucro) che perseguono scopi analoghi.
Generalmente le associazioni hanno un Presidente (rappresentante legale dell’as-
sociazione); un’assemblea, la quale delibera a maggioranza ed elegge il Presidente;
gli Amministratori, che gestiscono i rapporti con i terzi; gli eventuali Organi di
Controllo (o Collegio Sindacale) richiesti dall’assemblea.
Le associazioni “non riconosciute” sono quelle che non hanno richiesto il ricono-
scimento (per cui non è necessario il notaio) e gli amministratori sono personalmen-
te responsabili per gli obblighi assunti in nome dell’associazione.
 Le Fondazioni possono essere definite come: “un complesso di beni destinato al
perseguimento di un determinato scopo al quale la legge riconosce personalità giuridica”.

17
L’atto di fondazione è un documento giuridico con cui il fondatore si spoglia in modo
definitivo della proprietà dei beni che destina allo scopo voluto dalla fondazione.
In alcuni casi l’aspetto patrimoniale assume un ruolo rilevante rispetto all’orga-
nizzazione, come nel caso delle fondazioni costituite per assegnare premi e borse di
studio. In altri casi invece, l’aspetto organizzativo risulta decisamente prevalente
rispetto all’aspetto economico.
La differenza sostanziale fra fondazione e associazione sta nel fatto che la fonda-
zione può essere costituita solo per scopi definiti “di pubblica utilità”, mentre le
associazioni possono costituirsi anche per il conseguimento di qualsiasi altro scopo
lecito.

Le cooperative sono un particolare tipo di società non a scopo di lucro


Per concludere l’argomento sulle aziende classificate secondo il fine a cui tendo-
 no, diamo un ultimo cenno sulle Cooperative. Nelle società cooperative, tutti i
soci sono uguali, hanno una sola azione e quindi hanno tutti lo stesso peso all’in-
terno della cooperativa.
I soci possono essere “cooperatori” (titolari di quote di capitale sociale, minimo
25 Euro, che offrono la propria attività lavorativa all’interno della cooperativa) e
soci “sovventori” (che apportano solo il capitale alla cooperativa). La cooperativa
può essere definita come: “un gruppo di utenti e lavoratori che si organizza in società
per esercitare un’attività di impresa”.
Gli organi della cooperativa sono:

• Assemblea dei Soci, che non dipende dal capitale versato, ma dal singolo socio,
ovvero ogni socio ha diritto di un voto in egual misura a tutti gli altri soci;
• Collegio Sindacale, 3 persone in carica per 3 anni;
• Collegio dei Probiviri, non obbligatorio, dirime i conflitti fra i soci;
• Consiglio di Amministrazione, almeno 3 componenti, resta in carica 3 anni.

La cooperativa è un’impresa del tutto particolare; il fine che persegue non è quel-
lo di realizzare un profitto, ma quello di vendere ai soci a un prezzo minore di quel-
lo praticato sul mercato (se si tratta di cooperative di consumo) o di retribuire i soci
con un salario maggiore rispetto a quello corrisposto dall’imprenditore (se si tratta
di cooperative di lavoro).
In generale, dunque, per le cooperative, contrariamente a quanto avviene nelle
società a scopo di lucro, il guadagno è il mezzo e non il fine ultimo, infatti lo scopo
della cooperativa è quello di dare un vantaggio ai soci e alla collettività attraverso il
lavoro, un servizio o un bene.
Concludendo, le cooperative hanno favorevoli trattamenti tributari; i soci hanno

18
CAPITOLO 1

responsabilità limitata semplicemente al capitale versato; chiunque può diventare


socio; il numero dei soci può aumentare senza dovere necessariamente cambiare lo
statuto.

☞ Secondo il grado di sviluppo


Una considerazione immediata, in base alle dimensioni assunte, conduce a classifi-
care le aziende in piccole, medie e grandi. Ciò, tuttavia, è di difficile attuazione
pratica, in quanto dovrebbe collegarsi al numero di dipendenti che vi operano, ma
questo numero (per una stessa dimensione) risulta variabile a seconda del settore in
cui l’azienda opera: meccanico, elettrotecnico, grafico, alimentare o altro.
Diciamo allora che in senso lato si definisce grande azienda quella che è in grado
di condizionare il mercato; piccola azienda quella priva di ogni possibilità di influen-
za; media azienda quella che si colloca in una condizione intermedia fra le due pre-
cedenti.
Nel settore grafico in particolare, quando si parla di “procedimento grafico”, ci
si riferisce a quel settore industriale che, usando diversi metodi di stampa, produce
dei prodotti finiti denominati stampati.
Le aziende appartenenti a questo settore possono sostanzialmente Service
dividersi in due categorie: quelle in grado di produrre lo stampato dal- aziende specializzate
l’inizio alla fine del ciclo di produzione all’interno dell’azienda (e si in un determinato
settore che operano
definiscono a ciclo completo) e quelle, invece, specializzate in una sin- per conto di altre
gola fase del ciclo di produzione (denominate service). aziende
Le aziende di service vengono, poi, differenziate a seconda del set-
tore in cui sono specializzate: prestampa, stampa, poststampa (plastificazione, ver-
niciatura, allestimento e stampa).

☞ Secondo la natura del soggetto


Si distinguono in aziende pubbliche e private; le aziende pubbliche sono quelle che,
istituite da un Ente Pubblico, gestiscono il denaro della collettività non a scopo di
lucro ma al fine di adempiere ad una funzione sociale.
Le aziende private, invece, pur adempiendo a uno scopo sociale, hanno come
fine ultimo il lucro. Esse sono costituite da una singola persona o una pluralità di
persone riunite in società, per cui è opportuna un’ulteriore distinzione tra indivi-
duali e collettive.

☞ Secondo la forma giuridica


Dalla definizione di azienda, si deduce che per poter svolgere un’attività imprendi-
toriale è necessario costituire una società e quindi identificarsi in una delle forme
giuridiche previste dal codice civile. Prima di esporre dettagliatamente i vari tipi di
società, diamo un breve cenno al concetto di “socio”.

19
Il rapporto societario è sostanzialmente diverso da un rapporto di amicizia,
anche se questo in molti casi può favorire la nascita di un’azienda. Risulta evidente
che il rapporto di amicizia può accomunare due o più persone su molti aspetti e
orientamenti, ma potrebbe dividerli sul modo di rapportarsi con terze persone o sul
modo di gestire e organizzare i ritmi di lavoro, oppure ancora sulle motivazioni e gli
obiettivi che si vogliono perseguire.
La scelta della forma giuridica di una società, è dunque uno dei momenti fon-
damentali per la nascita di una nuova azienda. La sua costituzione non deve essere
frutto di un semplice rapporto di amicizia (dettato dal “cuore”), ma deve essere
regolato dalla “testa” e quindi tenere conto dei molteplici aspetti per la scelta più
opportuna.
Esistono svariati tipi di aziende perché sono diversi i settori e la natura dell’atti-
vità, il tipo di produzione, i rapporti personali fra i soci, le varie responsabilità, ecce-
tera.
Una prima generale distinzione fra le aziende le divide in società di persone e
società di capitale, in relazione ai diversi tipi di responsabilità.
Nelle società di persone i soci hanno responsabilità solidale e illimi-
Società tata. La “responsabilità illimitata dei soci per le obbligazioni sociali”
di persone significa rispondere del loro “adempimento con tutti i beni presenti e
i soci sono totalmente
responsabili nei con-
futuri”, che in pratica significa che il socio non rischia solo i beni che
fronti dei creditori ed ha conferito alla società, ma anche l’intero suo patrimonio.
hanno responsabilità Pertanto, in caso di insolvenza nei confronti di un creditore, la respon-
solidale e illimitata
sabilità illimitata di questo tipo di società, obbliga il socio a risponde-
re personalmente con i propri beni nel caso in cui il capitale della socie-
tà non sia sufficiente a fronteggiare il debito.
Questo significa che se la società non ha denaro a sufficienza per estinguere il
debito, i soci devono pagare personalmente, con il rischio anche di un’eventuale
confisca dei propri beni (case, terreni e proprietà di qualsiasi natura).
 La “responsabilità solidale dei soci”, invece, è un obbligo nei confronti di terzi, di
natura diversa. Infatti, in caso di insolvenza, il creditore della società, può scegliere libe-
ramente il socio al quale rivolgersi ed esigere da lui “l’adempimento dell’obbligazione”.
Per cui, il socio, avendo anche una responsabilità illimitata, deve estinguere per
intero il debito con il proprio denaro, salvo poi “rivalersi” sugli altri soci in propor-
zione alle quote di partecipazione alla società. In altre parole, il socio al quale si è
rivolto il creditore deve pagare il debito e poi recuperare il proprio denaro dagli altri
soci della società.
È molto importante fare notare che tutti i soci hanno la stessa responsabilità
essendo tutti allo stesso livello.
Tradotto in termini di economia aziendale: “il potere di amministrazione della
società spetta a ciascun socio”, solo per il fatto di fare parte della società. Questo signi-

20
CAPITOLO 1

Società secondo
la forma giuridica

Società di Persone Società di Capitale

responsabilità responsabilità
solidale e illimitata limitata

Impresa Società in
individuale accom. per azioni

Impresa Società a
familiare responsab. limitata
Società in Società per Azioni
nome collettivo

Società in
accomandita semplice

fica che il socio in possesso di una semplice quota del 10% della società, ha le stes-
se identiche responsabilità del socio che possiede il 90%.
Questa, infatti, risulta una delle sostanziali differenze fra una società di persone
e una società di capitale.
Nelle società di capitale le cose stanno in maniera decisamente Società
diversa. In questo caso la società è garante nei confronti di terzi solo di capitale
con il capitale dell’azienda. i soci non sono

 I soci delle società di capitale hanno “responsabilità limitata”, ovve- responsabili diretta-
mente ma rischiano
ro sono responsabili esclusivamente per il capitale versato e non con i soltanto il capitale
beni personali; quindi rischiano solo il denaro (o i beni) che hanno investito
investito nella società.
Di questo beneficio godono tutti i soci delle S.r.l. (società a responsabilità limita-
ta), delle S.a.A. (società in accomandita per azioni) e delle S.p.A. (società per azioni).
Questo comporta che quando un creditore richiede le proprie spettanze alla
società, quest’ultima risponde solo fino a quando ha del capitale sufficiente a fare
fronte al debito. Oltre questo limite, la società può essere dichiarata “insolvente” e

21
quindi messa in fallimento senza che i singoli soci siano obbligati a partecipare in
alcun modo con i propri beni.
Risulta evidente che se i soci, liberamente, vogliono intervenire con i beni per-
sonali per salvare la società, questa è una scelta indipendente dagli obblighi della
società nei confronti di terzi.
Nelle società di capitale, “il potere di amministrazione non spetta al socio”, que-
st’ultimo però ha il potere di nominare gli amministratori della società.
In questo tipo di società, infatti, l’organizzazione interna è articolata in modo che
“l’assemblea dei soci” nomini il “Consiglio di Amministrazione” (vedi pagina 36), cui
spetta la gestione dell’azienda, ed un eventuale “Collegio sindacale” che svolge la
funzione di controllare l’amministrazione della società (e quindi l’attività degli stes-
si amministratori).
Il Collegio Sindacale è un organo di controllo della gestione nelle società di capi-
tale, necessario per le società per azioni (S.p.A.) e nelle società in accomandita per
azioni (S.a.A.), mentre nelle società a responsabilità limitata (S.r.l.), la sua nomina
è obbligatoria solo se il capitale non è inferiore a 100.000 Euro oppure espressa-
mente stabilito nell’atto costitutivo.
Il Collegio Sindacale si compone di 3 o 5 membri effettivi più 2 sindaci “sup-
plenti”. Nominati per la prima volta nell’atto costitutivo, successivamente vengono
eletti dall’assemblea dei soci.
Il C.S. deve riunirsi almeno ogni tre mesi e redigere un verbale che viene trasfe-
rito nell’apposito libro.
Il compito principale del C.S. è quello di controllare il generale andamento della
gestione sociale e accertare la regolare tenuta della contabilità, per la corretta compila-
zione del “bilancio”. Ogni socio può denunciare i fatti che ritiene irregolari al Collegio
Sindacale, il quale a sua volta deve riportarlo nella relazione dell’assemblea dei soci.
Infine, per quanto riguarda la sostituzione di un singolo socio, ovvero la “quali-
tà del socio”, quest’ultima è “liberamente trasferibile“, e quindi non richiede alcu-
na modifica del contratto della società. La qualità di socio diventa un “valore di
scambio” ed è destinata allo scambio monetario fra persone.
In altre parole, il socio vende la sua quota di partecipazione a un’altra persona
che prende il suo posto nella società di capitale. Questo deriva dal fatto che la “qua-
lità di socio” è rappresentata da un documento che ha natura di “titolo di credito”
(la quota, per una S.r.l. o l’azione per una S.p.A.)
Dopo questa generale premessa sulle diverse responsabilità (vedi lo schema della
classificazione delle “Società secondo la forma giuridica”), andiamo ad analizzare
nello specifico le società di persone (impresa individuale, familiare, S.n.c., S.a.s.), e le
società di capitale (S.a.A., S.r.l., S.p.A.).

22
CAPITOLO 1

Società di Persone

☞ Impresa individuale
L’imprenditore affronta per intero il rischio, però controlla da solo tutta l’impresa.
Esso assume tutti i diritti e tutti gli obblighi derivanti dalle operazioni compiute.
L’imprenditore assume quindi illimitatamente i rischi della gestio-
ne rispondendo anche con i beni personali in caso d’insolvenza. Impresa
individuale
Questo tipo d’azienda ha un’organizzazione fluida e un contatto composta da una sola
diretto con i dipendenti, ha però un giro d’affari non elevato, gli obiet- persona, con questo
tivi e le attività hanno un campo limitato. Avendo un campo limitato, tipo di società, l’im-
prenditore si assume
ha difficoltà ad ottenere finanziamenti e non influenza il mercato. tutte le responsabilità
La tipologia dell’atto costitutivo è estremamente semplice: una
normale iscrizione presso la Camera di Commercio della provincia in cui si inten-
de avviare l’attività.
Gli adempimenti costitutivi comportano: la denuncia all’ufficio IVA entro 30
giorni dall’inizio dell’attività e l’iscrizione nel registro delle Imprese presso la
Camera di Commercio della provincia in cui l’impresa ha sede.
I trattamenti tributari sono suddivisi fra il titolare e l’impresa: il primo è sog-
getto all’IRPEF (Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche); l’impresa è soggetta
all’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive).
Questo tipo di società ha il vantaggio di una contabilità relativamente semplice
e poco costosa, può essere costituita in un solo giorno e gli adempimenti contabili
sono minimi. Per contro ha lo svantaggio che il fallimento dell’impresa comporta il
fallimento del titolare che risponde solidalmente ed illimitatamente con i propri
beni personali nei confronti dei creditori.

☞ Impresa familiare
Un’impresa si definisce familiare quando i collaboratori che operano con l’impren-
ditore sono il coniuge, i parenti fino al terzo grado (figli, genitori, fra-
telli, nipoti, zii, nonni) ed eventuali affini fino al secondo grado (suo- Impresa
ceri, nuore, generi, cognati). familiare
L’impresa familiare rimane comunque un’impresa individuale, in società in cui le
responsabilità si divi-
quanto l’unico responsabile (con responsabilità solidale ed illimitata) dono fra un unico
rimane l’imprenditore, il quale percepisce un reddito minimo del responsabile (che
detiene come minimo
51%, mentre ai familiari rimane come massimo il 49%, ripartito il 51%) e il resto dei
secondo percentuali stabilite a priori. soci familiari, che
La tipologia dell’atto costitutivo, gli adempimenti costitutivi e i detengono la rima-
nente percentuale (che
trattamenti tributari sono gli stessi dell’impresa individuale. come massimo può
Anche questo tipo di società ha il vantaggio di una contabilità rela- raggiungere il 49%)
tivamente semplice e poco costosa con relativi costi contabili minimi.

23
Il fallimento dell’impresa comporta il fallimento del titolare che risponde soli-
dalmente ed illimitatamente, anche con i propri beni personali, nei confronti dei
creditori.

☞ Società in nome collettivo (S.n.c.)


Sono il tipo più diffuso fra le società di persone. Corrono il rischio dell’impresa fami-
liare, anche se questo è frazionato fra i soci così come il controllo e gli utili.
In genere queste società sono composte da un numero limitato di soci
S.n.c. che sono legati da rapporti di stretta fiducia ed amicizia (o anche fami-
società composta da liari), i quali svolgono un’attività che non richiede l’investimento di
più soci con quote
uguali o diverse, ingenti capitali e normalmente sono tutti amministratori e rappresen-
mentre la responsabi- tanti della società.
lità (solidale e illimi- Tutti i soci delle S.n.c. hanno responsabilità solidale ed illimitata, natu-
tata) è la stessa per
tutti i soci indipen- ralmente i creditori possono rivolgersi ai singoli soci solo nel caso in
dentemente dalle per- cui il capitale della società sia esaurito o insufficiente.
centuali di proprietà
della società
Questo tipo di società si presenta in genere sul mercato con un nome
che è detto ragione sociale (che viene formato con il nome di uno o più
soci) e risulta particolarmente indicata per l’esercizio di un’attività
commerciale o industriale di piccole dimensioni.
Le quote dei singoli soci possono essere indifferentemente uguali o diverse (in
relazione alla percentuale di capitale investito).
La tipologia dell’atto costitutivo comporta la costituzione della società con un
atto pubblico (tramite un notaio) o con una scrittura privata autenticata da un pub-
blico ufficiale.
Gli adempimenti costitutivi comportano: la denuncia all’ufficio IVA entro 30
giorni dall’inizio dell’attività; l’iscrizione nel registro delle Imprese presso la Camera
di Commercio della provincia in cui l’impresa ha sede; l’invio della copia dell’atto
all’ufficio delle imposte dirette entro 3 mesi dall’iscrizione dell’atto alla C.C.I.A.A.
(Camera di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura).
I trattamenti tributari sono suddivisi fra i soci e l’impresa: i primi sono sogget-
ti all’IRPEF per la quota di reddito derivante dall’attività dell’impresa; mentre l’im-
presa è soggetta all’IRAP.
Per questo tipo di società è consigliabile un rapporto di reciproca fiducia fra i
soci anche perché la contabilità, vista la relativa semplicità, può essere tenuta da uno
dei soci, senza l’ausilio di esperti esterni, riducendo i costi di gestione.
Il fallimento della società comporta il fallimento di tutti i singoli soci che rispon-
dono solidalmente ed illimitatamente con i propri beni personali.
Fra le S.n.c. si possono annoverare anche le “Società di fatto”. Queste ultime
fanno parte delle società di persone, non nascono da un contratto, scritto o orale

24
CAPITOLO 1

che sia, ma traggono origine da un comportamento delle parti che operano non
come imprenditori, ma come soci di una società resa nota ai terzi non già per mezzo
di un contratto, ma dal modo di comportarsi delle parti stesse.
La disciplina giuridica applicata alla società di fatto riproduce lo schema di quel-
la dettata per la società in nome colletivo. Tutti i soci di fatto rispondono illimita-
tamente nei confronti dei terzi e nel caso di fallimenti della società, falliranno per-
sonalmente anche loro.

☞ Società in accomandita semplice (S.a.s.)


Nelle S.a.s. il capitale sociale è formato dalle quote dei soci (due o più persone). Le
quote non possono essere rappresentate da azioni, altrimenti la società risulterebbe
essere “in accomandita per azioni”.
Nelle società in accomandita semplice esistono due tipologie di S.a.s.
soci: gli accomandanti e gli accomandatari. società formata da


soci accomandanti,
I soci accomandanti conferiscono il capitale e sono responsabili che hanno responsa-
solo per le quote sociali conferite. Hanno quindi responsabilità limi- bilità limitata al
tata, non possono amministrare l’azienda né compiere affari in nome capitale investito, e
da soci accomandata-
della società. Possono eventualmente trattare e concludere singoli affa- ri, che hanno respon-
ri solo dietro un’opportuna “procura”. sabilità solidale e illi-
mitata
Hanno il diritto di controllare il bilancio, consultare i libri conta-
bili e tutti i documenti della società.
 I soci accomandatari hanno responsabilità solidale e illimitata; si occupano del-
l’amministrazione e gestiscono in piena autonomia la società.
Il fallimento della società in accomandita semplice produce anche il fallimento
dei soci accomandatari.
La tipologia dell’atto costitutivo comporta la costituzione della società con un
atto pubblico (tramite un notaio) o con scrittura privata autenticata da un pubbli-
co ufficiale. Nella ragione sociale deve comparire il nome di almeno uno dei soci
accomandatari; non può essere inserito il nome di un accomandante.
Gli adempimenti costitutivi comportano: la denuncia all’ufficio IVA entro 30
giorni dall’inizio dell’attività; l’iscrizione nel registro delle Imprese presso la Camera
di Commercio della provincia in cui l’impresa ha sede; l’invio della copia dell’atto
all’ufficio delle imposte dirette entro 3 mesi dall’iscrizione dell’atto alla C.C.I.A.A.
I trattamenti tributari sono suddivisi fra i soci e l’impresa: i primi sono sogget-
ti all’IRPEF per la quota di reddito derivante dall’attività dell’impresa; l’impresa è
soggetta all’IRAP.
Questo tipo di società ha il vantaggio di poter differenziare ruoli e responsabilità: chi
apporta il capitale (accomandante) risponde solo del capitale apportato, il socio acco-
mandatario, invece, risponde solidalmente ed illimitatamente con i propri beni. Si riba-
disce che il fallimento della società comporta il fallimento dei soli soci accomandatari.

25
Società di Capitale

☞ Società in accomandita per azioni (S.a.A.)


Come per la S.a.s. i soci accomandanti sono obbligati nei limiti della quota di capi-
tale sottoscritta, mentre i soci accomandatari rispondono solidalmente ed illimita-
tamente per gli obblighi sociali.
Questo tipo di società è, però, caratterizzata dalla responsabilizzazione
S.a.A. di coloro che sono preposti in modo permanente alla gestione dell’a-
simile alla S.a.s. zienda. Questi possono entrare nel mercato finanziario attraverso l’e-
nella tipologia e negli
obblighi legali, in
missione di azioni ed obbligazioni.
questo caso però la A questo tipo di società si applicano tutte le norme che regolano le
società può emettere società per azioni. La ragione sociale deve contenere il nome di alme-
azioni
no uno dei soci accomandatari.
Attualmente le società in accomandita per azioni non sono molte e una
sola è quotata in borsa.
La tipologia dell’atto costitutivo comporta la costituzione della società con un
atto pubblico (notaio).
Gli adempimenti costitutivi comportano: la denuncia all’ufficio IVA entro 30
giorni dall’inizio dell’attività; l’iscrizione nel registro delle Imprese presso la Camera
di Commercio della provincia in cui l’impresa ha sede; l’invio della copia dell’atto
all’ufficio delle imposte dirette entro 3 mesi dall’iscrizione dell’atto alla C.C.I.A.A;
richiesta omologa al tribunale (occorrono mediamente 3 mesi per la risposta).
I trattamenti tributari sono suddivisi fra i soci e l’impresa: i primi sono sogget-
ti all’IRPEF; l’impresa è soggetta all’IRAP.

☞ Società a responsabilità limitata (S.r.l.)


Le S.r.l. sono aziende generalmente di piccole o medie dimensioni dove i soci voglio-
no limitare i rischi ai soli capitali investiti. Le quote di partecipazione possono essere
di importo diverso e non possono essere rappresentate da azioni. Il capi-
S.r.l. tale sociale minimo per la nascita dell’azienda è di 10.000 €, di cui i due
aziende dove i soci terzi devono essere obbligatoriamente versati in banca.
hanno responsabilità
limitata alle quote in Gli organi della società a responsabilità limitata prevedono un
loro possesso Consiglio di Amministrazione con un presidente e un amministratore
delegato.
Tale forma societaria, prevista per la prima volta nel 1942, è destinata a trovare
un’ampia diffusione da quando il capitale minimo della società per azioni è stato
elevato a 100.000 €.
La società risponde solo per il capitale investito e i singoli soci non rispondono
con i capitali personali.

26
CAPITOLO 1

La principale fonte di finanziamento deriva dai soci in quanto non è possibile


emettere né azioni né obbligazioni, da ciò deriva la ridotta possibilità per queste
aziende di assumere notevoli dimensioni.

☞ Società per azioni (S.p.A.)


Sono la forma più importante di società di capitali e le loro caratteristiche si pre-
stano alle aziende di grandi dimensioni.
In questo caso il socio è limitatamente responsabile, diventa garan- S.p.A.
te il capitale che risulta formato dalle quote, tutte di ugual valore, rap- società in cui il capi-
presentate da titoli negoziabili e trasferibili, denominate “azioni”. tale è rappresentato
La tipologia dell’atto costitutivo di una S.p.A. è sottoposta a par- dalle azioni quotate
in Borsa Valori
ticolari condizioni: il capitale non può essere inferiore a 100.000 € ed
almeno i tre decimi del capitale sottoscritto deve essere versato presso
un istituto di credito al momento della costituzione della società. La banca restitui-
rà il denaro agli amministratori dopo l’omologazione dell’atto costitutivo.
Il contratto sociale deve essere redatto per atto pubblico e sottoposto al giudizio
di omologazione del tribunale, consistente nel verificare l’adempimento delle con-
dizioni stabilite dalla legge per la costituzione della S.p.A.
Se il giudizio è positivo, il tribunale ordina l’iscrizione della società nel registro
di cancelleria presso il tribunale nella cui circoscrizione è stabilita la sede sociale.
Dopo tale iscrizione, la società può emettere azioni ed operare con il beneficio
della responsabilità limitata.
La società per azioni svolge la sua attività sotto un nome detto denominazione
sociale, che può essere costituita da un nome (Olivetti, Pirelli) oppure da un acrò-
nimo (FIAT, Fabbrica Italiana Automobili Torino) oppure ancora da una sigla di
fantasia (UPIM).
Le società di grandi dimensioni hanno generalmente le loro azioni Azioni
quotate in borsa rendendo più facile la compravendita dei titoli (azio- titoli di proprietà con
ni, obbligazioni). i quali l’azionista
Le azioni rappresentano “titoli di proprietà”, di conseguenza gli diventa proprietario
nella misura della
azionisti risultano proprietari della società, in relazione alla percen- percentuale di azioni
tuale di azioni in loro possesso. in suo possesso

Le azioni sono soggette al rischio dell’andamento aziendale (oltre


che dal mercato borsistico) e il loro valore varia continuamente. Al Obbligazioni
momento dell’acquisto, le azioni hanno una determinata quotazione titoli di credito trami-
(valore nominale); all’atto della vendita le azioni hanno un valore te i quali l’obbligazio-
nista diventa creditore
sicuramente diverso (valore corrente). nei confronti della
Le obbligazioni sono “titoli di credito”; l’obbligazionista è solo società che ha emesso le
creditore nei confronti della società e percepisce, a fine contratto, un obbligazioni
tasso d’interesse fisso stabilito a priori.

27
All’atto della stipula del contratto, infatti, l’obbligazionista è al corrente della
data di scadenza dell’obbligazione, della percentuale di guadagno e sceglie di con-
seguenza la formula a lui più gradita, sapendo perfettamente quanto investe al
momento dell’acquisto dell’obbligazione e quanto riceverà alla scadenza del titolo.
Le operazioni di compravendita dei titoli vengono effettuate presso la “Borsa
Valori”. L’istituto della Borsa Valori è retto da norme legislative e tecniche il cui stu-
dio è oggetto della disciplina speciale “Tecnica di Banca e di Borsa”.
In Borsa si comprano e si vendono titoli emessi da società (azioni, obbligazioni),
valori pubblici (BOT, Buoni Ordinari del Tesoro) e capitali monetari (in genere
scambio di valuta).
Il capitale borsistico è il propulsore della produzione, può essere scambiato senza
per questo modificare l’organizzazione di un’azienda, ma senza dubbio ne può
influenzare il suo andamento.
Quotidianamente si comprano e si vendono titoli per svariati milioni di Euro
con milioni di azioni di società di tutti i tipi; ovviamente i titoli più scambiati assu-
mono maggiore valore perché forte è la loro richiesta.
In borsa possono accedere solo gli operatori borsistici, i quali hanno le creden-
ziali per farlo, ma la compravendita dei titoli può essere effettuata da chiunque.
Gli investitori che “giocano“ in Borsa sperano sempre di ottenere un guadagno
dai loro investimenti. Ma questi ultimi vanno scelti oculatamente, poiché vi sono
titoli a forte rischio, che possono dare forti guadagni ma anche forti perdite, titoli
stabili che danno guadagni contenuti ma con bassi rischi, eccetera.
Una parte del guadagno di coloro che investono in azioni può derivare dalla dif-
ferenza fra il valore corrente e il valore nominale che ovviamente deve
Speculatore essere positiva per ottenere un guadagno; in caso contrario l’azionista
colui che compra tito- ha una perdita.
li con forti oscillazio-
ni con la prospettiva
Gli speculatori investono proprio in funzione di queste continue
di vendere a breve, o fluttuazioni del valore nominale delle azioni. Gli speculatori, infatti,
brevissimo termine, investono in titoli con forti oscillazioni nella prospettiva che il valore
nella speranza di
ottenere un’elevata corrente diventi superiore al valore nominale nel più breve tempo pos-
percentuale di gua- sibile, ottenendo un guadagno superiore alle altre fonti di reddito
dagno
(ovviamente se la vendita delle azioni avviene nel momento in cui si
verifica questo evento).
È possibile che uno speculatore venda il titolo appena acquistato,
Cassettista
colui che acquista
prima ancora di entrarne effettivamente in possesso; allo speculatore
titoli stabili sul mer- infatti non interessa la società, la sua storia e il suo andamento pro-
cato borsistico - il suo duttivo, a lui interessa solo l’andamento borsistico.
guadagno, basso ma
con pochi rischi, deri- Contrariamente a quanto precedentemente detto, i cassettisti scelgo-
va dal dividendo no azioni di società solide, con un buon andamento e stabili sul mer-
cato borsistico. Questi azionisti investono in titoli con basse oscillazio-

28
CAPITOLO 1

ni, ma che garantiscono un guadagno sicuro nel tempo (tenendo sempre presente
che in Borsa il termine “sicuro” è praticamente inesistente).
Per il cassettista il guadagno deriva dal dividendo, che si ricava
Dividendo
dalla “divisione” del guadagno totale dell’azienda calcolato a fine eser- guadagno di una sin-
cizio (utile netto) per il totale delle azioni. gola azione - si ottie-
In pratica, generalmente una volta all’anno, se l’azienda ha avuto ne dividendo l’utile
netto dell’esercizio
un utile netto, questo deve essere distribuito fra i soci in parti pro- per il numero totale
porzionali alle azioni in loro possesso. Allora si divide il denaro otte- di azioni
nuto dall’esercizio (guadagno dell’azienda) per il numero totale delle
azioni in circolazione, ottenendo una cifra che corrisponde al guadagno di una sin-
gola azione (il dividendo).
L’azionista dunque, guadagnerà una cifra corrispondente al prodotto del divi-
dendo per il numero delle azioni in suo possesso.
Facciamo un semplice esempio pratico per comprendere meglio il guadagno del
cassettista.
Alla fine dell’anno solare (generalmente il 31 dicembre) la società, calcolato il
fatturato (ovvero il ricavo), dopo avere detratto i costi, calcola il relativo guadagno,
che corrisponde, ad esempio, a 792.435 €.
Se le azioni in circolazione sono ad esempio 1.724.800, il dividendo si ottiene
dalla divisione dell’utile netto (ovvero il guadagno di 792.435 €) per il numero delle
azioni in circolazione (1.724.800). Il risultato di questa divisione, ovvero 0,45 €
è il dividendo, ovvero il guadagno che il cassettista ottiene per ogni singola azione.
Per ottenere il guadagno totale del cassettista, basta moltiplicare il dividendo per
il numero totale di azioni in suo possesso.
Ipotizzando che quest’ultimo possieda 3.000 azioni, il guadagno del cassettista risul-
ta di 1.350 € (3.000 azioni, moltiplicato il dividendo che, in questo caso è di 0,45 €).
In realtà si calcolano anche i millesimi e quindi sarebbe più corretto esprimere la
cifra completa del dividendo, ovvero 0,4594 €, perché come si può intuire 9 mille-
simi, quando si parla di cifre elevate, possono dare un reddito consistente. Infatti in
questo caso nella realtà, il cassettista avrebbe un guadagno di 1.378,20 €, che come
si vede porta a una differenza di circa 28 €.
Dopo quanto detto risulta evidente che gli azionisti sono i proprietari dell’a-
zienda e partecipano alla vita della stessa seguendone gli andamenti produttivi ed
economici (i cassettisti), oppure controllano solamente il valore nominale e gioca-
no in borsa puntando solo sulle oscillazioni del valore corrente delle azioni (gli spe-
culatori).
Gli obbligazionisti, invece, non sono in alcun modo coinvolti nella vita della
società, ma aspettano solo la scadenza del titolo obbligazionario per riscuotere il
denaro stabilito in precedenza e sono dunque solo creditori nei confronti della
società.

29
Per concludere l’argomento sui vari tipi di aziende, diamo dei brevi cenni sulle
Multinazionali e le Holding.
La Multinazionale è un’impresa caratterizzata dalla presenza di
Multinazionale aziende di produzione in diversi paesi.
grande società che Generalmente il paese d’origine conserva la sede principale mentre le
possiede altre aziende
di produzione in
altre sedi vengono dislocate in parte o totalmente all’estero.
paesi diversi da quel- La costituzione di una multinazionale richiede dunque un trasferi-
lo di origine mento di capitali e di fattori produttivi all’estero con relativi investi-
menti per la realizzazione dei processi produttivi.
L’origine delle multinazionali può essere fatta risalire agli inizi del Novecento,
quando la Gran Bretagna investiva ingenti quantità di denaro all’estero. Dopo la
seconda guerra mondiale sono gli Stati Uniti che prendono il predominio per la pre-
senza di multinazionali nel mondo.
Attualmente il concetto di multinazionale si è modificato, poiché molti investi-
menti sono stati effettuati nei paesi in via di sviluppo, per cui non è raro trovare
imprese multinazionali la cui casa madre è presente in questi paesi.
Probabilmente questa diversificazione è derivata dal fatto che per molti anni le
multinazionali hanno rappresentato un importante ponte, attraverso il quale i paesi
maggiormente industrializzati hanno stabilito rapporti di collaborazione se non
addirittura di “dominio” con i paesi in via di sviluppo.
Una delle domande più lecite nel caso di queste particolari aziende è quella eco-
nomica, ovvero: perché un’impresa decide di produrre direttamente in un paese
estero piuttosto che esportare i propri prodotti?
Ovviamente sono molteplici le motivazioni per la creazione di una multinazio-
nale, fra le tante possiamo menzionare l’aspetto “localizzativo”, ovvero la presenza
della società direttamente sul luogo di vendita che comporta la quasi totale elimi-
nazione dei costi di trasporto, che in alcuni casi può essere la voce più consistente
dei costi totali.
Un altro fattore è la “conoscenza diretta del mercato” da parte dei dirigenti della
società che gestiscono direttamente l’impresa con totale integrazione nel mercato
locale.
Anche la “manodopera” può influenzare la nascita di una multinazionale, infatti
il personale necessario può essere assunto direttamente sul luogo, con corsi di spe-
cializzazione opportunamente organizzati per gli scopi specifici. La “collaborazione”
con altre aziende locali (in particolar modo la distribuzione, che conosce perfetta-
mente la realtà nella quale opera la società e non ha quindi alcuna difficoltà a
imporsi sul mercato locale), può essere un ulteriore fattore determinante per la
nascita di una multinazionale.
Queste e molte altre considerazioni possono giustificare la continua crescita delle
multinazionali, ma non permettono ancora di valutare la relazione fra la presenza di

30
CAPITOLO 1

una multinazionale e il benessere del paese ospitante. La presenza di una multina-


zionale aumenta la concorrenzialità del mercato e può quindi essere considerata
positiva per i consumatori, in alcuni casi provvidenziale, quando ad esempio ci si
trova in presenza di un monopolio.
Come conseguenza però questo comporta una diminuzione dei profitti delle
imprese locali rendendo difficile una valutazione globale dei benefici e dei disagi.
La presenza di una multinazionale nel paese ospitante, implica un trasferimento
di capitali con conseguente creazione di posti di lavoro; però molto spesso i guada-
gni tornano all’estero con poco profitto per il paese ospitante.
Anche l’aspetto fiscale può essere decisivo nella scelta del paese dove risulta con-
veniente creare un’azienda produttiva. Vi sono alcuni paesi infatti dove l’imposizio-
ne fiscale è decisamente favorevole alle aziende per incrementarne il relativo svilup-
po sia produttivo che tecnologico. Anche in questo caso però è difficile definire i
vantaggi e gli svantaggi del paese ospitante.
La realtà è che le multinazionali continuano a crescere.

La Holding: società finanziaria che esercita il controllo su altre società


La Holding è una società che controlla altre società mediante il possesso di par-
tecipazioni azionarie. Se la holding non svolge nessuna attività di produzione, viene
denominata “holding pura”, se invece svolge anche una propria attivi-
tà, prende il nome di “holding mista”. Holding
La holding, dunque, è una società capogruppo (o società madre) società che controlla
che esercita il suo controllo tramite l’acquisizione del pacchetto azio- altre aziende, trami-
te le azioni delle
nario delle società controllate (teoricamente il 51%). rispettive società
Se le società controllate dalla holding acquistano a loro volta il con- controllate
trollo di altre società, si viene a creare una costruzione piramidale che
permette alla società madre di incrementare via via il capitale controllato, partendo
da un capitale iniziale relativamente basso.
Nella realtà, quando si configura un caso del genere, a causa delle dispersioni
delle azioni presso tutti i risparmiatori, spesso è sufficiente detenere una percentua-
le inferiore al 51% (maggioranza assoluta) per acquisire ugualmente il controllo
della società.
L’acquisizione del controllo delle imprese attraverso una holding risulta decisa-
mente meno dispendioso dell’acquisto dei beni patrimoniali delle imprese stesse, le
quali conservano il proprio logo, la propria immagine e i loro abituali clienti.
Inoltre le società controllate dalla holding possono operare nello stesso settore,
oppure in settori completamente diversi fra loro, oppure ancora nello stesso pro-
cesso produttivo ma in fasi operative diverse, il tutto esercitato in uno stesso paese
o anche in paesi diversi.

31
 Funzioni d’impresa
L’attività di un’azienda viene espletata attraverso persone fisiche che possono deter-
minarla e condurla a buon fine, esse pertanto ne costituiscono gli organi vitali.
In ogni tipo di azienda si distinguono tre livelli dirigenziali che corrispondono agli
organi “volitivi”, “direttivi” ed “esecutivi”. Ai primi è riservata l’attività di decisione e di
ogni altra deliberazione di primaria importanza; i secondi traducono in decisioni orga-
nizzative le linee fondamentali prestabilite; gli organi esecutivi, infine, curano l’esecu-
zione materiale delle decisioni volute dal primo livello ed organizzate dal secondo.
Talora ai tre precedenti organi se ne aggiunge un quarto: quello di “controllo”.
Tuttavia, si deve osservare che nella varietà delle situazioni reali, la catalogazione
rigida degli organi aziendali sulla base dell’attività dispiegata, ha valore soprattutto
di esemplificazione schematica, in quanto a uno stesso organo possono poi riferirsi
funzioni diverse.
Per funzione s’intende l’attività lavorativa in genere; viene espletata
Funzione eseguendo i compiti (di competenza degli organi direttivi) e le mansio-
attività lavorativa
eseguita dagli organi ni (di competenza degli organi esecutivi).
direttivi (compiti) e La condizione indispensabile per organizzare un’azienda risulta quella
dagli organi esecutivi
(mansioni)
di individuare e classificare le varie funzioni con i relativi compiti
(coordinati ad esempio dai vari capi servizi) e le mansioni (eseguite
dagli operatori).
Ciò implica l’applicazione di un metodo di “analisi funzionale”, che è prelimi-
nare ad ogni progettazione organizzativa, con il quale oltre a tener conto di funzio-
ni ormai tipiche, considerate maggiori (funzione finanziaria, tecnico-produttiva,
commerciale, organica, amministrativa), rivolge l’interesse anche a funzioni nuove
e a sottofunzioni dette minori (ricerca, impianti, studi e progetti, giuridica).
Le funzioni d’impresa si differenziano fra un’azienda e l’altra e risulta anche dif-
ficile classificarle in quanto la funzione che per un’azienda può essere indispensabi-
le (maggiore), può risultare secondaria (minore) per un’altra.
Diamo comunque una generale classificazione dei vari tipi di funzioni, distin-
 guendole in maggiori (presenti nella quasi totalità delle aziende) e minori (presen-
ti solo in alcuni tipi di aziende).
Come si è detto questa classificazione è molto generica; ad esempio in una pic-
cola impresa è il proprietario che si preoccupa di ottenere finanziamenti (funzione
finanziaria), di seguire la produzione (funzione produttiva), ricercare i clienti (fun-
zione mercatistica), assumere il personale (funzione organica), progettare le attrez-
zature (funzione studi e progetti).
Se poi questa piccola impresa vuole espandersi, l’imprenditore deve assumere dei
collaboratori e cominciare a dividere i compiti collaborando assieme a loro.
Un ulteriore ingrandimento dell’azienda comporta l’incremento delle funzioni e

32
CAPITOLO 1

Funzioni d’Impresa

Funzioni Maggiori Funzioni Minori

Finanziaria Marketing

Produttiva Impianti

Mercatistica Giuridica

Organica Studi e Progetti

Amministrativa

il passaggio di alcune di queste da minori a maggiori. A questo punto, l’azienda


necessita di un’Alta Direzione ben definita e coordinata fra i vari organi direttivi tra-
mite un Organigramma chiaro ed appropriato per quella specifica azienda, in rela-
zione alle sue dimensioni e al tipo di produzione.

 Alta Direzione
Al fine di rendere più concrete le considerazioni già svolte a proposito degli organi
volitivi e direttivi, è indispensabile definire la struttura dell’Alta Direzione, deli-
nearne le responsabilità ed illustrare i tre livelli direttivi che la compongono.
L’Alta Direzione è la base organica dell’impresa, è l’organo propulsore della sua
attività. È interessata al futuro dell’impresa e non al passato, pur conservando il pro-
prio patrimonio d’esperienza.
Il lavoro degli alti livelli direttivi è di natura spiccatamente concettuale ed è svol-
to al massimo grado dal Consiglio d’Amministrazione. I livelli più bassi, invece,
svolgono mansioni di carattere esclusivamente operativo (organi esecutivi).
L’Alta Direzione è collegata a tutti gli altri organi con una struttura (organi-
gramma) che si redige dopo aver stabilito con chiarezza i compiti e le mansioni di
ciascun dipendente.

33
I vari livelli direttivi dell’Alta Direzione devono definire gli obiettivi ed organiz-
zare l’azienda in modo da attuare adeguate politiche d’impresa per raggiungere gli
scopi prefissati. Il tutto sotto il continuo controllo dell’andamento dell’azienda.
Riassumendo, è possibile affermare che i compiti dell’Alta Direzione si possono
classificare in:

☞ definizione degli obiettivi;


☞ organizzazione della produzione;
☞ assunzione e formazione di personale altamente qualificato;
☞ controllo.

☞ Definizione degli obiettivi


Ogni impresa deve definire con chiarezza gli obiettivi di produzione e di sviluppo
validi entro un certo arco di tempo, con la conseguente formulazione di un pro-
gramma produttivo specifico e di uno generale di attività, che determinano la
 politica d’impresa atta al loro conseguimento.
La definizione degli obiettivi viene svolta dalla “funzione programmazione”, che
definisce gli obiettivi (ad esempio, per una casa editrice, quello di diffondere la
cultura letteraria contemporanea), definisce le politiche d’impresa (accaparra-
mento di giovani autori d’avanguardia, mantenendo le vecchie pubblicazioni e
conquistando un nuovo pubblico di lettori) e le traduce in un programma pro-
duttivo specifico.
L’attuazione pratica del programma viene svolta dalla “funzione disposizione”
che ordina una sequenza di comandi e operazioni volte a realizzare il processo
produttivo in accordo con quanto stabilito dalla funzione programmazione.

☞ Piano d’organizzazione
Non è altro che l’organigramma dell’azienda, cioè la rappresentazione grafica di
come è suddiviso il lavoro direttivo fra i capi responsabili dell’attività imprendito-
riale ed aziendale.
Organigramma Il disegno di un organigramma esige una seria preparazione da parte
organizzazione del- di chi lo redige, con conoscenze sia di natura tecnologica (cicli di lavo-
l’azienda rappresen- razione), sia di carattere propedeutico (correlate alle discipline scienti-
tata in un grafico
dove sono evidenziati fiche), sia di tipo economico-amministrativo (tecniche di gestione ed
i compiti e le mansio- amministrazione), nonché di natura psicologica (relative ai comporta-
ni con i rispettivi
reparti, uffici e rela-
menti).
tivi nominativi delle Ovviamente il tutto deve essere supportato da una buona esperienza
persone interessate pratica.

34
CAPITOLO 1

☞ Assunzione e formazione di personale altamente qualificato


Questo compito dell’Alta Direzione (vedi Funzione Organica, Capitolo 3) è di fon-
damentale importanza ai fini di un’efficiente attuazione dei programmi produttivi
e per lo sviluppo futuro dell’impresa.
Accade che le piccole e medie imprese non sempre danno la giusta importanza
alla formazione e addestramento del personale; ciò può provocare ritardi e contra-
sti con conseguente aumento dei costi.

☞ Controllo
L’Alta Direzione controlla gli affari della società con un unico metro di misura: la
moneta; quindi tutte le attività hanno valore in quanto traducibili in cifre di bilan-
cio finale.
Il “controllo a bilancio” (vedi la Gestione, Capitolo 3) è il controllo più comple-
to che lo stato attuale della tecnica consente di effettuare (in genere a fine esercizio).
All’inizio di ogni esercizio (generalmente il primo gennaio) si redige il preventi-
vo per l’anno in corso (bilancio di previsione). Periodicamente (ad esempio ogni
mese) a fianco del preventivo si trascrivono le cifre effettivamente
spese o ricavate (bilancio a consuntivo). Scostamenti
Le differenze fra ciò che era stato previsto e ciò che effettivamente differenze di numeri
che permettono l’a-
è stato speso (o ricavato) dà luogo agli scostamenti. nalisi di bilancio per
L’analisi degli scostamenti permette di effettuare le relative corre- eventuali modifiche
zioni per ottenere un bilancio di previsione sempre più vicino al bilan-
cio a consuntivo così da fare rientrare l’azienda nei limiti di convenienza economi-
ca (ovvero ottenere il giusto guadagno).

Alta Direzione

1 Consiglio di Amm. 2 Direzione Generale 3 Direzione Operativa

controllo di controllo di direttore comitato comitato stessi membri capi capi capi
maggioranza minoranza unico periodico permanente del CdA reparto ufficio servizio

35
Dopo aver chiarito quali sono le responsabilità dell’Alta Direzione, vediamo adesso
quali sono i compiti che i vari organi competenti devono svolgere, secondo i tre livelli:
Consiglio di Amministrazione, Direzione Generale, Direzione Operativa.

➊ Consiglio di Amministrazione
È il massimo organo direttivo dell’impresa, si riunisce periodicamente su scelta e
decisione del Presidente per decidere gli obiettivi gestionali e generali dell’impresa.
Si rende opportuna una netta distinzione delle situazioni a seconda del tipo di
società. Nelle piccole società, come quella familiare, con un numero di collaborato-
ri pari a cinque o sei, è sempre il solo imprenditore che riveste le funzioni di
Presidente ed unico azionista.
In questo caso è del tutto inutile il Consiglio di Amministrazione e le decisioni
che contano vengono prese dal titolare: egli determina gli obiettivi, le politiche
d’impresa, cura le vendite, forma i bilanci.
Nelle grandi aziende, come le società per azioni, generalmente i soci sono in
numero molto elevato e si possono presentare diverse condizioni; quelle più fre-
quenti definiscono la gestione della società sotto la denominazione di: “controllo di
maggioranza” e “controllo di minoranza”.

Consiglio di Amministrazione

Controllo di maggioranza Controllo di minoranza

decisioni prese a decisioni prese a


maggioranza di capitale maggioranza di capitale

Nel caso in cui i soci siano un numero limitato (qualche decina) e la maggio-
ranza di essi è presente alle assemblee, si dice che la società è gestita tramite un
 “controllo di maggioranza”; ovvero nelle assemblee dove si prendono le decisioni
aziendali e si scelgono le relative politiche d’impresa è presente più del 50% dei soci
dell’azienda.
Questi ultimi prendono le decisioni a maggioranza di azioni, ovvero nelle vota-
zioni prevale la somma delle percentuali di capitale dei singoli soci; quindi decide
chi ottiene la maggioranza di capitale presente in assemblea.
L’altro caso, forse più frequente, si verifica quando la società è composta da mol-
tissimi soci (come avviene ad esempio per le società quotate in borsa). In questo
caso nelle assemblee non sono presenti tutti i soci, ma soltanto una minima parte

36
CAPITOLO 1

(e quindi inferiore al 50%); sicuramente saranno presenti gli azionisti che possie-
dono una percentuale di azioni consistente in modo da poter contare nelle scelte
aziendali con le relative votazioni. Questo tipo di gestione della società viene deno-
 minato “controllo di minoranza”.
In ogni modo, anche in questo caso le decisioni vengono prese a maggioranza di
azioni, come nel caso del controllo di maggioranza.
Riassumendo quanto detto in un semplice schema, è utile rimarcare che le scel-
te aziendali vengono sempre prese a maggioranza di capitale, ovvero di azioni pre-
senti in assemblea.

➋ Direzione Generale
È l’organismo che mette in pratica le decisioni prese a tavolino dal Consiglio
d’Amministrazione. La Direzione Generale si trova permanentemente sul posto di
lavoro per garantire la continuità e la piena efficienza del lavoro da svolgere. I casi
possibili di Direzione Generale sono:

Tramite direttore unico ~ Tipico delle piccole società per azioni che, non avendo
sostanzialmente una scala gerarchica da rispettare, consentono al direttore di poter
prendere con rapidità le decisioni che vengono attuate in un tempo molto breve,
senza ritardi. C’è però lo svantaggio che manca la collaborazione di un gruppo di
persone altamente qualificate, quanto mai utile per affrontare problemi di rilevante
difficoltà.

Tramite comitato periodico ~ Tale struttura è adatta per un’azienda medio-piccola,


in cui la Direzione Generale ha compiti limitati.
I diversi capi servizio (tecnico, amministrativo, commerciale) partecipano perio-
dicamente alle riunioni del comitato e sottopongono ad analisi i problemi settoria-
li per i quali sono maggiormente interessati, tendendo a trascurare la visione
d’insieme delle problematiche.

Tramite comitato permanente ~ Richiama, per analogia, il collegamento mediante


comitato periodico, con la variante che questo ha carattere permanente ed è forma-
to da un gruppo di specialisti che, oltre a svolgere il proprio lavoro, funge anche da
consulente per i subordinati.
È appunto il carattere di permanenza che determina la validità di questa strut-
tura, giustificata solo dalla presenza di un grande volume di lavoro, come in un’a-
zienda di grosse dimensioni.
Così, ad esempio, se al capo ufficio vendite si manifesta un problema di
concorrenza, tale problema viene subito analizzato a livello superiore; il comitato
permanente può immediatamente discuterlo e prendere, senza alcun ritardo, le

37
opportune misure o contromisure, che rientrano nella politica d’impresa e tolgono
il capo ufficio dalle difficoltà.

Tramite gli stessi membri del Consiglio di Amministrazione ~ Questo sistema ha il


vantaggio di familiarizzare gli amministratori con i problemi dell’impresa. Per con-
tro vi è il rischio che il Consiglio di Amministrazione stesso diventi troppo tecnico
e poco amministrativo, dal momento che, agli alti livelli direttivi, occorre essere
sempre meno tecnici (pur necessitando di una certa preparazione tecnica) e più pre-
parati amministratori, abili politicanti, convinti e coscienti della via da seguire.

❸ Direzione Operativa
Può essere considerata come l’ultimo livello dell’Alta Direzione che, a seconda delle
dimensioni della società, può identificarsi nei capi reparto, capi servizio o capi ufficio.
La Direzione Operativa è il livello gerarchico alle dirette dipendenze della
Direzione Generale ed è collegata agli impiegati e agli operai tramite un numero
variabile di livelli direttivi intermedi dipendenti dalle dimensioni dell’azienda.
Nella Direzione Operativa sono presenti sia i dipendenti di vecchia data che, gra-
zie all’esperienza maturata negli anni, hanno raggiunto una preparazione tecnica
tale da poter coordinare un intero reparto, che i neolaureati con una preparazione
teorica superiore alla media ma che necessitano di un’esperienza pratica da effettua-
re direttamente sul “campo”.

La Direzione Divisionale viene gestita come un’azienda autonoma

 Dedichiamo spazio ad un’ultima considerazione sulla Direzione Divisionale, unità


subordinata alla Direzione Generale che risulta staccata dallo stabilimento principale. Si
comporta come una vera e propria azienda autonoma, ha un bilancio annuale proprio
e una gestione indipendente (ovviamente entro certi limiti). Nelle riunioni del
Consiglio di Amministrazione, la Direzione Divisionale somma il proprio bilancio con
quello delle altre Divisioni e tutte insieme forniscono il bilancio globale della società.
Un esempio di questo tipo di Direzione è dato dall’impresa che produce perio-
dici, libri e generici lavori commerciali in stabilimenti separati, per poi fare il con-
suntivo in un’unica assemblea generale.

 Organizzazione dell’Azienda
L’organizzazione è una proprietà caratteristica degli esseri viventi mediante la quale
ciascun individuo, pur non cessando di vivere in modo autonomo, svolge la propria
attività in funzione di un organismo superiore che lo include e nel quale può espri-
mere una diversa e più ampia personalità.

38
CAPITOLO 1

I rapporti che si sviluppano fra l’unità specifica e l’organismo generale e fra que-
st’ultimo e l’ambiente esterno, costituiscono l’oggetto degli studi sull’organizzazio-
ne, caratterizzata, del resto, da perenne mutevolezza.
L’organizzazione formale comprende l’insieme dei ruoli, delle Organizzazione
norme e delle procedure che, nel loro complesso, costituiscono la formale
azienda organizzata
struttura organizzativa in grado di assolvere a una funzione di guida e con livelli di autorità
di coordinamento generale dell’azienda. e gerarchie ben defi-
Il ruolo è determinato da una posizione alla quale sono attribuiti nite
certi compiti, da svolgere nell’ambito di precisi rapporti con gli altri
ruoli. Ad esso va associato un ben definito livello di autorità e di responsabilità.
L’autorità formale è costituita dal potere legittimo ad attuare le proprie funzio-
ni, col rendere operative le deliberazioni prese e controllare i risultati prodotti.
All’autorità si connette strettamente il concetto di responsabilità, ovvero cosciente
capacità di assumere i compiti previsti, con la volontà di risolvere i problemi ad esso
inerenti e non ignorando di dover rendere conto del proprio operato.
Quest’ultima limitazione spiega perché, in genere, l’individuo tenda a ricercare
l’autorità, la gestione del potere, e rifugga dai momenti della responsabilità, del con-
trollo e del rendiconto finale, come spesso accade per gli Enti e le Istituzioni pub-
bliche (non escluso lo Stato).
Il controllo non va inteso in senso limitativo, puramente statico, col fine di rile-
vare gli scostamenti fra i risultati raggiunti e gli obiettivi programmati, ma deve poter
costituire un’informazione di ritorno (feed-back), da recepire finché l’azione è anco-
ra in corso. Ciò permette un intervento immediato, necessario a contrastare l’even-
tuale tendenza negativa ed oltrepassare i limiti imposti dai programmi iniziali.
Ammesso pure di avere perfettamente ideato ed introdotto nell’impresa la strut-
tura organizzativa formale, questa deve essere resa sempre operante attraverso la
componente umana che, con la sua azione, ne può decretare il successo o l’insuc-
cesso. In effetti, difficilmente si potrà riscontrare una completa coincidenza fra
quanto stabilito formalmente e la realtà pratica, influenzata di continuo dal fattore
uomo oltreché dal mercato esterno.
Assume quindi importanza quella che viene chiamata organizza- Organizzazione
zione informale e che viene definita come l’insieme dei rapporti, azienda informale
organizzata
non prestabiliti nell’ambito delle regole formali, che si vengono ad con rapporti non pre-
instaurare fra i componenti del sistema organizzativo, a causa delle stabiliti ma che si
instaurano in rela-
loro diverse personalità. zione alle necessità
Il compito dell’organizzazione informale è pertanto quello di ana- del momento
lizzare le varie manifestazioni comportamentali degli individui per
migliorare le condizioni operative di base, evitando così negative ripercussioni.
A tale scopo è necessario prevedere ed attuare un valido piano organizzativo,
basato fondamentalmente sulla divisione dei compiti e delle mansioni, condizione

39
essenziale per determinare un’elevata specializzazione, così che il personale, inserito
nei posti più appropriati, possa fornire il miglior rendimento. Naturalmente si deve
tener presente la necessaria flessibilità.
Comunque sia, si sottolinea nuovamente che la presenza dell’uomo genera spes-
so problemi di ordine fisico, psicologico e sociologico che devono essere affrontati
e risolti prontamente, ove possibile.
Dopo queste generiche premesse, analizziamo nel dettaglio i tre modelli più fre-
quenti dell’organizzazione aziendale: il modello gerarchico, funzionale e gerarchico-
funzionale.
Il modello gerarchico (o lineare, o di “line”) è basato fondamental-
Modello
gerarchico mente sul principio dell’unità di comando; ciascun operatore deve
organigramma con ricevere gli ordini direttamente da un unico superiore.
struttura piramidale, La denominazione “gerarchica” spiega chiaramente che tutte le comu-
con il vertice al
comando e i vari nicazioni all’interno dell’azienda devono percorrere un cammino verti-
livelli direttivi subal- cale in relazione ai gradi e alle mansioni assegnate ad ogni organo
terni
aziendale.
Una struttura di questo tipo la si riscontra, ad esempio, in un piccolo
service di stampa o in una media azienda.
In un generico organigramma riferito a un’impresa individuale, troviamo al
vertice il titolare (imprenditore, ovvero proprietario dell’azienda), mentre come
diretto collaboratore è presente il responsabile del ciclo di produzione (una volta
denominato anche proto).
Nel modello gerarchico, la struttura organizzativa si articola in forma piramida-
le, con livelli che si ramificano in più posizioni ad iniziare dal vertice, ma con rag-
Organigramma gerarchico di una media azienda
Organigramma gerarchico di una media azienda

Imprenditore (Soci)

Direttore generale

Capo ufficio Capo ufficio Capo ufficio Capo ufficio


Commerciale Amministrativo Tecnico Acquisti

Capo reparto Capo reparto Capo reparto Capo reparto


Prestampa Prestampa Stampa Allestimento

40
CAPITOLO 1

gruppamenti tali da consentire comunque l’individuazione di un solo capo gerar-


chico per ciascun gruppo.
Le deliberazioni vengono inviate, in fase discendente, attraverso la linea gerar-
chica di comando, trasmettendosi agli esecutori sottostanti. Il momento del con-
trollo si attua poi con un analogo, ma speculare, processo informativo di ritorno
che, sempre gerarchicamente, risale gradualmente fino a raggiungere il vertice.
Un organigramma di questo tipo lo si riscontra ad esempio in una media azienda.
Un’azienda di queste dimensioni necessita di altre funzioni rispetto all’impresa
individuale, per cui il suo organigramma risulta più elaborato, sono presenti altre
figure come il direttore generale che traduce operativamente le scelte effettuate dal-
l’imprenditore (o dagli eventuali soci) trasmettendo i compiti agli organismi subor-
dinati (capi uffici), i quali a loro volta li trasmetteranno ai livelli inferiori (capi
reparto).
Il modello funzionale (o di “staff ”) trascura il principio della Modello
linea gerarchica e dell’unità di comando, per conferire importanza al funzionale
concetto di funzione. In tale struttura, il lavoro esecutivo vero e pro- organigramma dove
prio viene a dipendere dalla posizione di vari specialisti, che ne pro- le mansioni possono
essere svolte da più
grammano e ne controllano i diversi aspetti. persone collegate fra
L’operatore cessa allora di essere subordinato verso un unico capo loro
e responsabilizzato verso un’unica mansione, ma può svolgere più
mansioni alle dirette dipendenze di vari dirigenti che organizzano i compiti in rela-
zione alle specifiche competenze.

Organigramma funzionale di una media azienda

Imprenditore (Soci) Direttore generale

Ufficio Ufficio Ufficio


Commerciale Amministraz. Tecnico

Clienti Fornitori Prestampa Stampa

41
In questo tipo di organigramma i vari centri nei quali è riunito il personale ope-
rante (denominati secondo la grandezza dell’azienda e le funzioni presenti nella stes-
sa: uffici, reparti, servizi) risultano fra loro diversamente collegati in virtù delle
necessità di funzionamento dell’azienda ed usufruiscono di una certa autonomia.
Dall’unione delle due organizzazioni precedentemente esposte, si per-
Modello viene al modello gerarchico-funzionale (o di “line-staff”).
gerarchico- Se l’organizzazione gerarchica è un tipo di organizzazione formale,
funzionale
organigramma con nella quale è data poca importanza al fattore umano, l’organizzazione
caratteristiche for- funzionale è, sicuramente, informale.
mali e informali con
una generale gerar-
Certamente più moderna, l’organizzazione funzionale può avere però
chia e un’organizza- degli inconvenienti a causa di connessioni e interferenze tali da gene-
zione funzionale rare, a volte, un po’ di confusione e qualche incomprensione fra le sud-
divisioni di compiti e mansioni.
Con l’organizzazione gerarchico-funzionale si ritorna al principio dell’unità di
comando per quanto riguarda le decisioni operative e le connesse responsabilità
(organizzazione gerarchica), mentre il concetto di organizzazione funzionale viene
introdotto per ampliare la limitatezza insita nella natura della personalità dei capi.
Lo staff è costituito da un insieme di specialisti, non inseriti direttamente nella
scala gerarchica e privi, perciò, di autorità “formale” di comando, la cui funzione
dovrebbe limitarsi esclusivamente ad illuminare i superiori sui diversi problemi,
lasciando a loro la decisione e il compito di rendere operativi i suggerimenti.

Organigramma gerarchico-funzionale

Consiglio di
Amministrazione

Direzione
Generale

Capo servizio Capo servizio Capo servizio Capo servizio Capo servizio
Amministrat. Tecnico Commerciale Personale Editoriale

1 2 3 4 5 6 7 8 9

42
CAPITOLO 1

 ufficio contabilità - costi  ufficio stampa


 ufficio correttori  ufficio addestramento
 ufficio tecnico  redazione
 ufficio vendite librai ufficio diritti.

ufficio vendite di tipo diverso

Nella realtà pratica lo specialista, in forza della sua preparazione e competenza,


assume un’autorità “informale” che può prevaricare e creare motivi di conflittualità.
Esempi di posizioni di staff all’interno di un’azienda sono offerti anche dai vari
tipi di Comitati e Consigli, quali il Comitato di Redazione, il Consiglio di Fabbrica
ed altri ancora.

Come organizzare un’azienda tramite i vari organi direttivi.

Dopo quanto detto è facile rendersi conto che organizzare un’azienda significa
mettere in atto una struttura più o meno complessa, attraverso strumenti essenziali,
scelti dal vertice aziendale per comporre l’impresa in forma organica di “sistema”, e
gestirla in regime di continua mutazione dei rapporti di forza con l’ambiente esterno.
Inoltre, resta pur valida la classica raffigurazione dei livelli direttivi in “forma
piramidale”.
Al primo livello trovano collocazione gli organi “istituzionali” con il vertice
imprenditoriale (Consiglio di Amministrazione). Qui maturano e si deliberano le
grandi strategie, le alternative di scelta delle vie “guida” e di quelle “gestionali” inno-
vative, da introdurre in azienda; nonché ogni decisione per definire i compiti e i con-
tenuti del “lavoro direzionale” e, per grandi linee, i caratteri del sistema operativo.
Al secondo livello (Direzione Generale), l’organo imprenditoriale predispone
una sua “struttura organizzativa direzionale”, col quadro dei responsabili delegati a
realizzare le scelte strategiche varate. La Direzione Generale prende decisioni di rou-
tine e assolve al compito essenziale del coordinamento delle varie unità, suddivise
nelle varie specializzazioni, secondo i criteri di ripartizione dell’attività aziendale,
approvati dal vertice stesso.
Al terzo livello (Direzione Operativa) è collocato, infine, il “sistema operativo”,
attraverso il quale si realizza materialmente la gestione dell’impresa.
Il collegamento fra i vari ordini superiori è attuato seguendo una logica distri-
buzione di autorità (diritto a comandare), di responsabilità (obbligo di eseguire
dando garanzie sul proprio operato) e di funzioni (compiti e mansioni da svolgere),
qualunque sia il modello organizzativo.
Riassumendo quanto precedentemente esposto sull’organigramma di un’azien-
da, risulta evidente che in un modello gerarchico gli organi sono collegati secondo
una rigida scala gerarchica decrescente in autorità e responsabilità.

43
Nel modello funzionale un organo è consulente di un altro e gli fornisce dati,
elaborati, suggerimenti e consigli, facilitando l’attività.
Ad esempio, il direttore generale è informato, dall’Amministrazione, dei dati
relativi agli acquisti e alle caratteristiche tecniche dei prodotti da vendere. Con la
scorta di tutto ciò comanda un direttore commerciale (il solo ad essere in posizione
lineare), che agisce sul mercato e cura la distribuzione dei prodotti dell’azienda.
In questo caso i livelli di autorità sono solo due e le posizioni di capo ufficio
amministrativo, capo uffici acquisti, direttore tecnico, hanno autorità funzionale e
non lineare, cioè hanno una posizione di consulenza.
Il modello gerarchico-funzionale nasce da quello gerarchico come conseguenza
dello sviluppo dell’impresa e conserva, pur in forma assai ridotta, una certa scala
d’autorità gerarchica (come evidenziato dalle linee nere più scure dell’organigram-
ma gerarchico funzionale) perfettamente integrata con la flessibilità della struttura
funzionale (evidenziata dalle linee nere più chiare dello stesso organigramma).

Organizzazione dell’attività: settore tecnico, commerciale e amministrativo

 Concludiamo l’argomento “organizzazione dell’azienda” con l’organizzazione


dell’attività di un’azienda che, generalmente, si svolge su tre settori: tecnico, com-
merciale e amministrativo.
A capo di ciascun settore vi è un direttore il quale coordina il personale necessa-
rio per quella specifica funzione.
• Il settore tecnico è responsabile del ciclo di produzione, ovvero della trasforma-
zione delle materie prime in prodotti finiti.
I vari uffici sono direttamente collegati alla produzione, al controllo e all’even-
tuale studio e progettazione dei prodotti da realizzare.
• Il settore commerciale svolge la funzione di acquisto delle materie prime e delle
materie ausiliarie necessarie alla produzione.
Si occupa inoltre della vendita dei prodotti finiti, della gestione del magazzino e
quant’altro necessario alla divulgazione e vendita dei prodotti finiti. I relativi uffici
acquisti, vendite, marketing, pubbliche relazioni, fanno parte del settore commer-
ciale.
• Il settore amministrativo si occupa della contabilità e del controllo economico
di tutta l’attività dell’azienda. La segreteria generale, la ragioneria e la cassa gesti-
scono gli affari, controllano le rilevazioni contabili, emettono fatture, effettuano sta-
tistiche e aggiornano costantemente l’aspetto economico dell’azienda.

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CAPITOLO 1

 Classificazione delle aziende grafiche


Dopo avere esposto il quadro panoramico delle varie tipologie di aziende, e aver ana-
lizzato l’organizzazione di una generica azienda con i suoi livelli direttivi e relativi
organigrammi, affrontiamo adesso le aziende che operano nel settore grafico.
Le aziende grafiche possono essere differenziate in base alla loro struttura econo-
mica (ovvero secondo la configurazione del bilancio), al tipo di investimenti (come
è distribuito il capitale nell’acquisto dei fattori produttivi: uomini, macchine,
impianti, materiali, oneri) e secondo la configurazione della sua attività.
Prima di entrare nel merito della classificazione specifica delle
aziende grafiche, facciamo una panoramica fra le varie possibili realtà Aziende a
aziendali. ciclo completo
Nel settore grafico (settore atipico rispetto agli altri settori produt- aziende dotate delle
tivi) è molto frequente la presenza di aziende che non presentano al attrezzature per rea-
lizzare l’intero ciclo
loro interno tutto il ciclo di produzione, ma sono specializzate solo in di produzione dello
una parte dello stesso. Le aziende che realizzano l’intero ciclo di pro- stampato
duzione, denominate aziende a ciclo completo, sono dotate, al
loro interno, di tutte le macchine e attrezzature idonee a realizzare il lavoro, par-
tendo dalle materie prime ed arrivando al prodotto finito, senza l’ausilio di aziende
esterne.
Le aziende che invece realizzano solo una parte del ciclo di produzione dello
stampato vengono denominate service. Molto frequenti nel settore
grafico, si distinguono in funzione della loro specializzazione; trovia- Service
mo infatti service di stampa e allestimento (legatorie e aziende di car- aziende che realizza-
no solo una parte del
totecnica). ciclo di produzione
Come già accennato a pagina 19, le aziende possono essere di pic- dello stampato
cole, medie e grandi dimensioni in funzione di come si collocano sul
mercato.
In generale una piccola azienda, molto spesso a carattere artigianale, può avere da
pochissimi operatori fino a 15 dipendenti; dispone di una o più macchine da stampa
(in genere offset a uno o due colori di piccolo formato); un piccolo reparto di prestam-
pa; eventuali attrezzature per il taglio e la cucitrice a punto metallico. Genericamente
provviste del solo reparto stampa si rivolgono ad una ristretta clientela locale.
Una media azienda può avere da 15 a 50 dipendenti e si può collocare in qual-
siasi fase del ciclo di produzione dello stampato, possono essere persino a ciclo com-
pleto. Sempre più frequentemente una media azienda possiede una macchina da
stampa digitale.
Facendo riferimento a un’azienda di stampa, questa dispone di macchine di pic-
colo e medio formato da uno a più colori. È in grado di soddisfare le esigenze di
piccoli editori, agenzie pubblicitarie, o fungere da service per altre aziende. Oltre ad

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un fornito reparto stampa, una media azienda dispone di un buon reparto di pre-
stampa abbinato ad un reparto di legatoria più o meno sviluppato in relazione alle
scelte effettuate dall’Alta Direzione.
Le aziende di grandi dimensioni sono molto rare; un’azienda con meno di 100
dipendenti, considerata media in altri settori produttivi (basti pensare alle aziende
del settore meccanico con migliaia di dipendenti) risulta già di grandi dimensioni
nel settore grafico.
Queste aziende possono svolgere qualsiasi tipo di lavoro: commerciale, editoria-
le, cartotecnico, cartario. Sono attrezzate con le ultime tecnologie, con più turni di
lavoro e grandi strutture che possono contenere rotative, macchine per l’imballag-
gio e quant’altro necessario per la produzione, deciso dal Consiglio di
Amministrazione.
Questa generale panoramica delle aziende operanti nel settore grafico porta ad
una più restrittiva classificazione che le distingue sostanzialmente in quattro grup-
pi in funzione dell’orientamento produttivo. Per cui si trovano aziende:

☞ su commessa;
☞ editoriali;
☞ per modelli non editoriali;
☞ per processo continuo.

☞ Aziende che producono su commessa


Il processo produttivo si svolge in massima parte su commessa, cioè non si produ-
ce per vendere sul mercato, ma si attende l’ordine del cliente (richiesta di stampati
commerciali, manifesti, periodici). Appartengono a questa categoria le imprese di
riproduzione, stampa e allestimento.
L’impresa ha un suo giro di clienti e conosce dove e come acquisirne dei nuovi,
non ha ad esempio i problemi dell’impresa editoriale che deve sondare migliaia di
lettori prima di produrre e vendere (funzione di Marketing).
La produzione su commessa è caratterizzata da una variabilità della quantità e
della qualità delle lavorazioni attuate.
Un’azienda di questo tipo non ha problemi di scorte, se non per quanto riguar-
da le materie prime strettamente necessarie alla produzione.
Le spese di magazzino e di vendita sono di conseguenza inferiori rispetto ad altri
tipi d’impresa. Anche le funzioni Direttive sono limitate. Risulta, invece, molto svi-
luppata la funzione Produzione.
Le dimensioni di un’azienda di questo tipo sono variabili dalla piccola tipografia
alla società per azioni che stampa periodici per conto terzi.

46
CAPITOLO 1

☞ Aziende editoriali
Sono le imprese che producono novità librarie in un determinato numero di esem-
plari. Il problema fondamentale di queste imprese è la conoscenza dei bisogni del
pubblico (bisogni individuali, collettivi, reddito netto pro capite, educazione, istru-
zione, cultura, interessi, passatempi). Tutto ciò comporta un notevole studio stati-
stico con un conseguente aumento della funzione Mercatistica, che qui assume il
suo massimo sviluppo.
Il fine ultimo è quello di stabilire per gradi i gusti e le tendenze del pubblico così
da orientare su questi due elementi una produzione di novità librario-editoriale
immediatamente assorbibili dal mercato.
Le imprese piccole e medie, in genere, affidano la stampa delle loro edizioni ai
service di stampa, mentre le grandi, di norma, stampano in proprio i loro prodotti.
Questo tipo di organizzazione comporta una fondamentale distinzione fra le case
editrici dotate al loro interno di impianti stampa (non molto frequenti) e quelle che
si avvalgono di aziende grafiche esterne.
 Le grandi case editrici dotate di impianti stampa (definite a ciclo completo) che
si occupano prevalentemente del settore dell’informazione e della cultura, possie-
dono tutte le fasi operative, dalla prestampa all’allestimento e finissaggio. Sono a
diretto contatto col pubblico e realizzano l’ampia gamma di prodotti nei propri sta-
bilimenti, forniti di moderni macchinari di elevate potenzialità.
Oltre a risultare concorrenziali nel campo della produzione culturale, dell’infor-
mazione, della pubblicità, riescono spesso a soddisfare le richieste di elevate
tirature provenienti da gruppi editoriali esteri, nonché da importanti società di altri
settori.
 Le case editrici sprovviste di impianti stampa rivolgono il loro interesse alla
pubblicazione editoriale e periodica avvalendosi di servizi offerti da imprese grafi-
che esterne.
Dotate di una buona organizzazione tecnica ed un’ottima conoscenza delle
problematiche dell’intero ciclo di produzione dello stampato, sono capaci di impo-
stare autonomamente il proprio lavoro coordinando tutti i service che sono in
costante collaborazione.
In questo gruppo di aziende (piccole e medie) si collocano quelle che soddisfa-
no specifiche nicchie di mercato e che possono risultare concorrenziali anche con le
grandi aziende a ciclo completo.

☞ Aziende produttrici per modelli non editoriali


Vi appartengono quelle imprese che producono modelli (macchine, attrezzature
ausiliarie e affini).
Nel processo produttivo per modelli non editoriali si progetta un determinato

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tipo di prodotto con la realizzazione del suo prototipo; prima di iniziare la produ-
zione, bisogna avere la certezza di vendere una determinata quantità di quel pro-
dotto necessaria almeno a coprire le spese di progettazione e costruzione (costi
complessivi), per poi passare alla produzione dei nuovi modelli.
Questo procura un aumento delle funzioni dette minori come la funzione Studi
e Ricerche e la funzione Impianti e Progetti.
Il processo produttivo deve essere uniforme: una volta definito il prototipo,
occorre la massima uniformità nei modelli per poter produrre tutti gli altri esem-
plari in quantità elevate, con un costo contenuto.
Bisogna poi cercare di sfruttare al massimo le potenzialità dell’impresa. Ad esem-
pio, per costruire una macchina, è opportuno che i semilavorati siano ottenuti dalle
stesse macchine utensili di cui dispone l’impresa, altrimenti aumentano i costi per
la voce impianti, macchinari e ammortamenti, già abbastanza elevati.
Le aziende che producono più modelli hanno anche seri problemi di immagaz-
zinamento. La politica per ovviare a questo inconveniente è quella della program-
mazione produttiva in modo da livellare la richiesta dei clienti con la produzione.
L’aggiornamento degli impianti e la concorrenza fanno aumentare il fabbisogno
di capitale, costringendo le imprese a ricorrere ai mezzi pubblicitari aumentando
così l’importanza della funzione Mercatistica, della funzione Finanziaria, della fun-
zione Produzione e della funzione Organica.

☞ Aziende produttrici per processo continuo


Un processo si dice “continuo” quando si svolge ininterrottamente nelle 24 ore.
L’interruzione della produzione di un ciclo produttivo di questo tipo comporta ele-
vate perdite di tempo (tempi morti) anche solo per riavviare l’impianto.
Appartengono a questo tipo di aziende, ad esempio, le cartiere che utilizzano
come unico prodotto la carta. È questa la caratteristica fondamentale delle imprese
produttrici per processo continuo che, utilizzando un unico prodotto, non hanno
una grande possibilità di scelte nelle loro politiche d’impresa.
È necessario allora differenziare il prodotto producendo carta con grammatura
diversa e con un vario assortimento colori-superfici, ottenendo così da un unico
prodotto originario, una produzione che spesso esula dal campo grafico ma rende
l’impresa impegnata per tutto l’arco dell’anno a seconda delle diverse esigenze di
mercato.

48
CAPITOLO 2 Organizzazione dei Processi Produttivi
Il capitale - Il Finanziamento - I costi - I ricavi - L’azienda e il mer-
cato grafico - L’Amministrazione - L’Inventario.

 Il Capitale e i Fattori Produttivi


La formazione del capitale per l’acquisizione dei fattori produttivi è lo scopo primario
della funzione finanziaria; essa è rivolta pertanto a tutto ciò che concerne la provvista
dei capitali, il loro impiego, lo studio del loro reddito, attuando un’attività di program-
mazione, disposizione e controllo di tutti i mezzi o valori monetari dell’impresa.
Tale funzione è resa operativa attraverso il Direttore Finanziario che riferisce
direttamente al Consiglio di Amministrazione o al Direttore Generale, avendo
come subordinati alcuni assistenti di direzione.
Dunque per iniziare l’attività aziendale è indispensabile disporre di Il capitale
determinati mezzi monetari (o di altro genere) che formano il somma algebrica di
capitale. valori, potenza
astratta produttiva,
In economia, il capitale, è qualsiasi risorsa o attività reale, materia- tiene conto del capi-
le o immateriale di un’impresa (stabilimenti, materie prime, macchi- tale netto
nari, scorte di prodotti finiti, semilavorati).
Il capitale è stato definito dagli economisti in vari modi, citiamo le tre defini-
zioni più ricorrenti:
• “Il capitale è un insieme di beni tecnicamente necessari per la produzione”; questa
enunciazione del capitale, lo definisce come somma delle attività, quindi rappre-
senta solo la parte attiva del bilancio;
• “Il capitale è il mezzo di procacciamento dei beni, esso sta fra l’Imprenditore e i
beni come mezzo di scambio e di procacciamento di essi”; qui, invece, il capitale è defi-
nito tramite il denaro realmente a disposizione dell’impresa (denaro liquido);
• “Il capitale è la somma algebrica di valori, una potenza astratta produttiva”; que-
sta volta il capitale è definito in modo più completo in quanto si tiene conto del
capitale netto, cioè del capitale attivo meno quello passivo.
Del capitale di un’azienda, una certa quota viene apportata dal titolare (o dai soci
 se si tratta di una società) e prende il nome di capitale sociale (o capitale di rischio).
In genere questo non è sufficiente per la conduzione dell’azienda, allora al capi-
tale sociale viene aggiunta un’ulteriore quota ottenuta tramite prestiti dalle banche
(o da altre istituzioni, oppure ancora da singoli privati), che viene denominata
 capitale di credito.

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L’insieme del capitale sociale e del capitale di credito costituisce il capitale
finanziario, tramite il quale l’azienda viene dotata dei mezzi monetari necessari
allo svolgimento della sua attività, acquistando tutti i fattori produtti-
vi occorrenti.
Capitale
finanziario Per poter iniziare la produzione bisogna disporre delle materie prime,
costituito da denaro assumere il personale, attrezzare i vari servizi e quant’altro necessario
proveniente da altre per poter svolgere l’attività. Una parte del capitale finanziario viene
fonti, è il capitale
necessario all’azienda dunque impiegata nei fattori strutturali pluriennali (denominati
per la sua gestione anche beni immobili), in quanto utilizzati per più anni e che costitui-
scono la struttura dell’azienda.
Una parte dei fattori strutturali sono materiali, come: gli immobili, gli
impianti, i macchinari, le attrezzature minori, gli automezzi, i mobili e gli arredi;
l’altra parte, invece, è composta da beni immateriali come brevetti e progetti di
impianti e macchinari o lo stesso logo dell’azienda.
La parte di capitale impiegato nei fattori strutturali prende il nome di
Capitale fisso
capitale utilizzato
capitale fisso e le relative spese vengono chiamate spese pluriennali
per l’acquisto di mac- d’investimento (costi d’impianto).
chinari e strutture, Aiutandoci con lo schema di pagina 51, risulta evidente che per fare gli
come stabilimenti,
capannoni, uffici
investimenti, l’azienda ha bisogno di denaro, che può derivare dal capi-
tale sociale, dal capitale di credito o, come si vedrà successivamente,
anche da altre fonti.
Una volta che l’azienda possiede tutti i fattori strutturali per la produzione, ha
bisogno dei fattori di esercizio, ovvero quei fattori che una volta immessi nella pro-
duzione, hanno un utilizzo completo e immediato per produrre red-
dito.
Capitale Per procurarsi questi fattori è necessario avere del denaro, denominato
circolante in gergo anche denaro liquido, ovvero capitale che permette l’acquisto
capitale utilizzato per
l’acquisto di materie
di carta, inchiostro, forme da stampa (fattori anticipati), oppure paga-
prime (fattori antici- re l’energia elettrica per il funzionamento dell’azienda e delle relative
pati) o energia elettri- macchine (fattori correnti).
ca (fattori correnti)
indispensabili per la Il capitale necessario per l’acquisto dei fattori di esercizio viene deno-
produzione minato capitale circolante o anche liquidità.
Anticipando quello che sarà l’argomento più importante di tutto il
corso di Tecniche della Produzione, ovvero i costi, notiamo sempre
dallo schema di pagina 51, che tutto il denaro denominato capitale in queste ulti-
me pagine corrisponde identicamente alla voce costi.
Dovrebbe risultare chiaro che ogni investimento che necessita di capitale, equi-
vale a un costo per l’azienda.
Per acquistare i macchinari bisogna disporre del capitale fisso che comporta i
“costi d’impianto”.

50
CAPITOLO 2

Capitale Sociale Capitale di Credito

Capitale Finanziario

INVESTIMENTI

Capitale Fisso Capitale Circolante

fattori strutturali fattori di esercizio


beni immobili liquidità

fattori anticipati fattori correnti

Costi d’Impianto Costi di Esercizio

Per acquistare la carta e gli inchiostri l’azienda ha bisogno del capitale circolante
che in fase di bilancio finale comparirà come “costi di esercizio”.
Tornando al capitale ed analizzando più a fondo la vita del capitale d’impresa,
andiamo ad approfondire i concetti di capitale sociale, capitale di liquidazione, di
cessione e di funzionamento.

51
☞ Capitale sociale
Denominato anche Capitale di rischio, si determina quando sorge l’impresa. È
quantitativamente variabile in dipendenza della maggiore o minore entità dell’im-
presa che sorge (una società con 10.000 Euro di capitale, è minore di una con
40.000 Euro).
Qualitativamente esso è costituito da denaro se l’imprenditore, o i soci, portano
denaro liquido, oppure da beni di diversa entità e natura se il capitale è costituto da
terreni, macchinari, brevetti, capacità tecniche o artistiche dei singoli soci.
È comunque fondamentale che questi beni siano tradotti in termini monetari
con apposita valutazione fatta dai soci o da esperti competenti con l’ausilio di para-
metri oggettivi stabiliti dal tribunale (come, ad esempio, nel caso di fusione di due
aziende).
Il capitale sociale serve a garantire i creditori e vale almeno i due terzi del capi-
tale sociale indicato nell’atto costitutivo. Deve essere sempre noto per determinare,
ad esempio, la quota che spetta al socio che si ritira dalla società o che ne viene
escluso; oppure per determinare il valore economico della società in caso di fusio-
ne, incorporazione, cessione, liquidazione, amministrazione controllata.
L’aumento o la riduzione del capitale sociale, di una società di capitale, determi-
na una modifica dell’atto costitutivo che deve essere effettuata da un’assemblea
straordinaria del Consiglio di Amministrazione. Inoltre per un aumento superiore
a 5.000.000 di Euro è necessaria l’autorizzazione del Ministro del Tesoro con il
benestare della Banca d’Italia.
L’eventuale emissione di nuove azioni (per una S.p.A.) è consentita solo se le
azioni già emesse sono state interamente liberate.

☞ Capitale di cessione
È il capitale dell’impresa che viene venduta. Vendere un’azienda (cessione dell’a-
zienda) è ben diverso dal liquidarla, per cui anche il conseguente capitale di cessio-
ne risulta diverso dal capitale di liquidazione.
Quantitativamente, il capitale di cessione, è costituito dal prezzo di vendita del-
l’impresa; qualitativamente, invece, risulta costituito dal valore dei singoli beni e dal
potenziale guadagno ottenibile negli esercizi futuri (valore ovviamente assente nel
capitale di liquidazione).
Per il calcolo del capitale di cessione è necessario valutare l’insieme delle condi-
zioni che rendono l’azienda atta a produrre redditi superiori al minimo richiesto per
recuperare il capitale impiegato per la produzione (i costi).
 Questa operazione, definita “avviamento”, tiene conto della condizione attuale
e futura dell’azienda.
Al momento della vendita, con opportuni calcoli economici, si tiene conto del

52
CAPITOLO 2

contesto economico nel quale opera l’azienda e si calcola cosa può rendere nel
futuro.
Fra le varie formule utilizzate nel campo economico c’è il “fattore di capitalizza-
zione”, ovvero quel coefficiente correttivo (praticamente un numero generalmente
maggiore di 1) che moltiplicato per il valore reale dell’azienda, calcolato in base ai
beni materiali e immateriali, fornisce il valore definitivo del capitale di cessione.
In altre parole si calcola il valore in Euro di tutte le proprietà dell’azienda e lo si
moltiplica per il fattore di capitalizzazione, che dipende dallo stato di salute dell’a-
zienda.

☞ Capitale di liquidazione
È il valore che il capitale di un’azienda possiede al momento della cessazione del-
l’attività. In questo caso si vendono tutti i beni dell’azienda (molto spesso tramite
asta di liquidazione), si riscuotono i crediti e si pagano i debiti, rimane il conto cor-
rente bancario e la cassa (denaro liquido negli uffici dell’azienda) che, se ancora in
attivo, viene ripartito fra i soci.
Quantitativamente, il capitale di liquidazione, è costituito da solo denaro, qua-
litativamente è formato dai ricavi della vendita dei beni della società, dalla riscos-
sione dei crediti e dal denaro esistente in cassa e nel conto corrente, diminuito però
delle spese che si sostengono durante la liquidazione.
Il capitale di liquidazione con segno negativo, cosa peraltro molto frequente, cor-
risponde al deficit dell’azienda (nel fallimento di una società i ricavi realizzati sono
inferiori alle passività).

☞ Capitale di funzionamento
È la quantità di capitale necessaria a produrre il reddito. Viene denominato anche
capitale di bilancio perché risulta chiaramente esposto nel corso di un esercizio.
Il capitale di funzionamento è il capitale più interessante poiché compete alla
vita dell’azienda e non a particolari suoi momenti, compete cioè alla gestione del-
l’impresa stessa.

 Finanziamento
Il finanziamento è l’operazione economica che rende possibile la provvista dei mezzi
produttivi e si rende necessaria in quanto il momento del pagamento dei costi pre-
cede il momento dell’incasso dei ricavi.

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Il fabbisogno di finanziamento è pari al volume delle operazioni in corso, cioè al
complesso dei costi già sostenuti e non ancora recuperati attraverso i ricavi.
La gestione è, generalmente, a “costi e ricavi intrecciati”, cioè i costi e i ricavi si
susseguono spesso senza un ordine logico.
Un’azienda ha varie possibilità di finanziamento: dipende dalla grandezza, dal-
l’influenza che la stessa ha sul mercato, dall’andamento della società e da altri sva-
riati fattori. In generale queste possibilità possono essere raggruppate nelle tre pos-
sibili fonti di finanziamento: finanziamento con vincoli di credito, finanziamento con
vincoli di capitale, autofinanziamento.

➊ Il finanziamento con vincoli di credito


Viene concesso all’azienda da un Ente (Comune, Regione, Stato), da una Banca o
da un privato qualsiasi.
Il credito può essere a lungo, medio o breve termine. Nella prima fascia sono
 compresi i mutui (15 anni o più), nella seconda le obbligazioni (10 anni), nella
terza fonti di qualsiasi natura come Banche, fornitori, eccetera.
Teoricamente un’impresa potrebbe nascere senza essere in possesso di alcun tipo
di capitale ed iniziare a produrre pagando: i macchinari e lo stabile, con un mutuo;
le maestranze tramite una Banca per conto dell’impresa e le materie prime non con
un pagamento immediato ma a credito.
Questo ovviamente solo in teoria in quanto qualsiasi tipo di finanziamento ha
bisogno di una certa garanzia sul denaro prestato, cosa che un’azienda che deve
ancora iniziare la produzione non può assicurare.
Il credito comunque viene concesso dietro pagamento da parte dell’impresa di
un tasso d’interesse che dipende dall’entità della somma, dal tipo di azienda, dalle
modalità di pagamento e dalla condizione politico-economica.
 Le obbligazioni sono titoli equivalenti al denaro prestato, l’obbligazionista è solo
creditore nei confronti dell’azienda; egli riscuoterà il proprio credito a fine contrat-
to, incrementato dell’interesse fisso stabilito a priori, e non avrà alcun altro tipo di
vincolo nei confronti dell’azienda.

➋ Il finanziamento con vincoli di capitale


Viene effettuato tramite l’emissione di nuove azioni. Risulta evidente che solo quel
tipo di azienda che può emettere azioni rientra in questo tipo di finanziamento.
Le azioni, che come è noto sono titoli di proprietà per l’azionista, diventano vin-
coli di capitale per l’azienda in quanto questa riceve del denaro dall’azionista, il
quale in cambio diventa proprietario di parte della società in percentuale delle azio-
ni acquistate.
Lo scopo dell’azionista è quello di ottenere periodicamente un dividendo e di
vedere crescere il valore corrente dell’azione guadagnando una certa percentuale in
caso di vendita della medesima.

54
CAPITOLO 2

➌ L’autofinanziamento
Può essere effettuato per due vie: in via palese e in via occulta.
 L’autofinanziamento in via palese è costituito da parte dell’utile destinato ai soci
che viene dichiarato nel bilancio finale d’esercizio ed inserito nel capitale dell’a-
zienda.
L’autofinanziamento sembrerebbe a prima vista uno svantaggio per il socio, in
quanto non riceve parte dell’utile a fine esercizio (tramite il dividendo), però a lungo
termine l’azienda incrementa il proprio capitale con maggiore stabilità della medesi-
ma e maggiori possibilità di effettuare investimenti per il suo miglioramento.
L’autofinanziamento inoltre diminuisce il ricorso al credito con il vantaggio di
non dover pagare interessi passivi dei crediti, ma con il rischio di perdere parte degli
azionisti che potrebbero cambiare la fonte d’investimento.
 L’autofinanziamento in via occulta, invece, è costituito da una voluta svaluta-
zione dell’attivo, per cui nel bilancio risulta un utile dichiarato minore del reale.
L’autofinanziamento per via occulta può esistere poiché vi è una reale difficoltà
nella valutazione del capitale attivo del bilancio, in particolar modo nelle rimanen-
ze d’esercizio.
Nelle rimanenze in magazzino, è sempre difficile valutare con esattezza tutto il
materiale presente (risme e bobine di carta, barattoli e bidoni d’inchiostro), per
cui l’azienda nella valutazione approssimativa fa una stima che torni a proprio van-
taggio.
Per quanto il legislatore ponga dei precisi criteri di valutazione, una stima di que-
sta natura è comunque soggetta ad errore per cui, nel dubbio, gli amministratori
preferiscono approssimare per difetto, se questa viene accettata dal fisco (con perio-
dici controlli da parte della Guardia di Finanza), l’azienda si ritrova del materiale in
magazzino che risulta superiore a quello dichiarato, si ha cioè un finanziamento per
via occulta.

Un’altra particolare forma di finanziamento è il leasing


Un’altra forma di finanziamento ancora oggi utilizzata, anche se non risulta più
conveniente come una volta, è il leasing. Questa formula ha avuto in
Italia una grande fortuna soprattutto alla fine degli anni Settanta. Il leasing
Nato nel secondo dopoguerra negli Stati Uniti, il leasing si è rapi- particolare forma di
damente diffuso in tutto il mondo. In Italia è stato introdotto da filia- finanziamento che
prevede un canone
li di società americane alla fine degli anni Cinquanta. mensile riscattabile,
Dopo le prime incertezze su questa nuova formula di finanzia- ottenendo così un
mento, dal 1976 al 1980 esplode letteralmente in Italia con ritmi di reale finanziamento
crescita del giro di affari nell’ordine del 50% annuo.
La sua affermazione è avvenuta inizialmente al di fuori di una regolamentazione

55
specifica con notevoli vantaggi fiscali per chi utilizzava l’auto per l’esercizio di un’at-
tività economica e con la possibilità, per non poche società di leasing, di fare otti-
mi affari.
Nel tempo la materia è stata disciplinata proprio per ridurre il beneficio fiscale,
tanto che oggi non si può più dire che il leasing convenga sempre e comunque, anzi
sono molti i casi in cui risulta più economico scegliere altre soluzioni.
Nel leasing interviene una società finanziaria che acquista e paga l’auto. La con-
cede poi in locazione, per un periodo di tempo determinato, al cliente che paga un
canone mensile. Al termine della locazione, il cliente, ha la facoltà di diventare pro-
prietario dell’auto (riscatto) pagando una cifra poco più che simbolica.
Il leasing, dunque, così strutturato, corrisponde a una particolare forma di finan-
ziamento. Consente a chi lo utilizza di ottenere credito aggiuntivo rispetto agli affi-
damenti di cui già dispone.
Se però il vantaggio fosse stato tutto qui, la strada del leasing non sarebbe stata
molto lunga. Il costo della locazione è infatti generalmente più alto rispetto ai nor-
mali tassi di interessi bancari.
Negli anni ruggenti del leasing le norme tributarie non contemplavano una
durata minima del contratto. Si poteva ad esempio, con un contratto di sei mesi
soltanto, “spesare” completamente il costo dell’auto, mentre con l’acquisto tradi-
zionale, l’ammortamento ordinario avveniva in cinque anni.
Ma a questa pacchia fiscale, oggi, si è posto un limite. La legge prevede che la
durata non debba essere inferiore alla metà del periodo di ammortamento, cioè in
pratica, con i coefficienti attuali, a 24 mesi.
Queste limitazioni hanno notevolmente ridimensionato il vantaggio fiscale del
leasing, per cui prima di stipularlo è bene valutarne attentamente l’opportunità,
tenendo conto che i tassi utilizzati per determinare i canoni sono generalmente più
elevati di quelli normalmente praticati per altre forme di finanziamento.
Attualmente il leasing, dunque, conviene solo in parte e soltanto ad un determi-
nato numero di utenti. All’automobilista che si serve della vettura per uso persona-
le, è preclusa la possibilità di dedurre dal proprio imponibile fiscale qualsiasi costo
inerente l’auto, di conseguenza anche i canoni di leasing sono indeducibili.
La convenienza del leasing è strettamente limitata a chi impiega l’automobile
nell’esercizio di un’attività economica. Quindi per chi usa l’auto per lavoro, il lea-
sing può essere vantaggioso purché ci si riferisca a vetture fino a 2000 cc (per auto
alimentate a benzina) oppure fino a 2500 cc (per auto diesel) in quanto il leasing
non è deducibile per le altre categorie.
Il trattamento non è però uniforme per tutte le diverse categorie di contribuen-
ti. Per la società, per gli agenti e i rappresentanti di commercio (a patto che usino
l’auto solo per lavoro) i canoni sono deducibili integralmente con le limitazioni pre-
cedentemente descritte.

56
CAPITOLO 2

Per le imprese individuali e gli esercenti arti e professioni, la legge presume che
l’auto venga impiegata soltanto per il 50% mentre la restante parte viene utilizzata
per uso personale. La deduzione ammessa è quindi limitata al 50% dei canoni.
I professionisti hanno però un trattamento di favore nella tassazione dell’even-
tuale plusvalenza. Poiché l’auto viene riscattata per un prezzo simbolico, se succes-
sivamente viene rivenduta, si ha un utile (plusvalenza) che viene tassato per tutti,
tranne che per artisti e professionisti.

 I Costi
L’azienda ha la necessità di conoscere il proprio “sistema dei costi” sia per control-
lare la situazione esistente che per verificare il raggiungimento degli obiettivi.
In particolare le finalità sono riconducibili sostanzialmente ai seguenti motivi:
determinazione del reddito aziendale con il classico controllo di contabilità; esigen-
za di tenere costantemente sotto controllo i fattori di ingresso e di uscita (con i costi
standard, budget, costi consuntivi); necessità di disporre di dati obiettivi per alcune
delle più importanti decisioni aziendali (come fissare il prezzo di vendita in caso di
produzione su commessa ovvero stabilire se il margine di utile è sufficiente a fron-
te dei prezzi della concorrenza).
L’equilibrio economico di un’azienda non si crea in modo spontaneo, poiché la
gestione è continuamente ostacolata da eventi di vario genere, sia interni che esterni.
Per poter mantenere costante l’equilibrio economico è necessaria
una continua manovra da parte dell’Alta Direzione con eventuali Equazione
modifiche delle politiche d’impresa per il raggiungimento degli obiet- dell’equilibrio
economico
tivi prefissati. costi+guadagno= ricavo
Tenendo sempre presente l’equazione: costi + guadagno = ricavo, costi=danaro che esce
potrebbe sembrare molto semplice ricercare la giusta soluzione: una ricavo=denaro che entra
guadagno=denaro che
volta noti i costi sarebbe sufficiente aggiungere la percentuale di gua- rimane in azienda
dagno per ottenere il ricavo.
In realtà ciò non è per niente semplice, in quanto i costi di produ-
zione dipendono dai prezzi d’acquisto, dai rendimenti dei fattori produttivi, dal
tipo di organizzazione dell’azienda; i ricavi dipendono dalla percentuale di guada-
gno e dai prezzi di vendita della quantità di prodotto venduto (i quali a loro volta
sono ovviamente in funzione dei costi).
Se l’azienda potesse gestire autonomamente tutte le variabili in oggetto riusci-
rebbe certamente ad ottenere l’equilibrio economico, basterebbe minimizzare i costi
e massimizzare i ricavi. Ma ciò risulta chiaramente impossibile, basti pensare alla
concorrenza.

57
 Minimizzare i costi non significa abbassarli drasticamente, perché esiste un limi-
te, al di sotto del quale viene compromessa la qualità del prodotto.
 Massimizzare i ricavi non vuol dire incrementarli senza limiti, poiché si rischie-
rebbe di avere un’elevata quantità di prodotto invenduto.
In generale i prezzi di vendita dei vari fattori produttivi non vengono fissati dal-
l’azienda secondo le proprie convenienze, ma si formano sul mercato senza che l’a-
zienda stessa possa influenzarli sensibilmente, a meno che non sia l’unica azienda
che produce quel determinato prodotto (regime di monopolio).
In conclusione risulta chiara la difficoltà per l’azienda di creare i prezzi di vendi-
ta. Dunque l’imprenditore deve gestire continuamente e contemporaneamente i
costi e i ricavi per ottenere la migliore condizione dell’equilibrio economico.
Fra i costi e i ricavi, l’azienda ha maggiore capacità di gestione soprattutto sui
costi, risulta dunque di fondamentale importanza avere sempre un quadro genera-
le costantemente aggiornato poiché è questo il punto di partenza per determinare
la percentuale di guadagno e di conseguenza il prezzo di vendita di un determinato
prodotto.
Il fenomeno costo è uno solo, ma differenti sono gli aspetti e le cause che lo
determinano; per giungere al controllo dei costi occorre conoscere molto bene que-
sti aspetti e queste cause, per poter agire positivamente su di essi.
I costi che la disciplina amministrativa esamina, sono definiti costi contabili; la
loro caratteristica è quella di essere certi, cioè effettivamente sostenuti dall’azienda.
Ma essendo stati già sostenuti, essi appartengono a momenti trascorsi della vita
dell’azienda, sono cioè storici o, ancora meglio, statici e quindi di aiuto all’azienda
che deve prevedere come saranno i costi domani, cioè futuri (valori di riferimento
per il calcolo dei preventivi).
In pratica i costi futuri, definiti costi dinamici, sono quei costi che si prevede
possano avere domani i costi statici (valori indispensabili per redigere il preventivo).
Per effettuare previsioni corrette, occorre estrapolare i costi passati, correggendo
statisticamente i valori contabili, tenendo conto del tasso d’inflazione e di tutti gli
altri fattori che li possono influenzare. Si riesce così ad ottenere il costante aggior-
namento dei costi.
Grazie ai costi statici ed i relativi costi dinamici si ricavano i costi attuali, ove per
attuale s’intende il valore che oggi si stima avere il costo domani.
Risulta dunque determinante una classificazione ben precisa dei costi e poiché
ciò non è cosa semplice, in questo corso, si cerca almeno di dare alcune definizioni
maggiormente in uso.
Uno dei costi che incide maggiormente nel ciclo di produzione di un’azienda
grafica è il costo della materia, cioè quello sostenuto in relazione agli acquisti delle
materie prime, scorte, materie sussidiarie, eccetera.
Oltre le spese sostenute per i materiali inerenti al processo produttivo, vi sono dei

58
CAPITOLO 2

costi che non riguardano direttamente la produzione, come il materiale di cancelleria,


la manutenzione, l’imballo, ma che vengono riferiti sempre ai costi delle materie.
Acquistate le materie per la produzione, vi sarà il costo della manodopera il quale
risulta costituito da vari parametri, che per brevità possono essere concentrati in:

• retribuzione lorda (paga base, contingenza, mensa);


• contributi previdenziali, pensionistici ed assistenziali (assicurazione, contributi
INPS, cassa malattia, infortuni);
• oneri contrattuali (ferie, festività).

Per il costo della manodopera è più opportuno distinguere fra il costo degli operai,
che rientrano nei costi industriali, e le spese degli impiegati che sono invece inclu-
se nei costi di amministrazione e vendita.
Per la produzione sono necessari impianti e macchinari in genere, che compor-
tano sempre dei costi, denominati costi d’impianto.
Questi sono rappresentati dall’acquisto, trasporto, montaggio ed installazione
degli impianti stessi.
Vi sono poi dei costi con particolari caratteristiche che molto genericamente
vengono denominati oneri finanziari, nei quali sono compresi tutti quei costi ine-
renti a prestiti bancari (o di altra natura), spese legali per l’incasso di crediti non
riscossi nel tempo dovuto, imposte di vario genere, eccetera.
Dopo aver descritto molto genericamente alcuni tipi di costi, analizziamo nello
specifico quelli che la maggior parte delle aziende tengono costantemente sotto con-
trollo.
Durante la gestione di un’azienda può avvenire di sostenere costi che possono
non riguardare interamente l’esercizio in corso, bensì possono essere, in parte, di
pertinenza dei futuri esercizi. Questi costi fanno parte di quella categoria che pren-
de il nome di costi sospesi.
I costi fin qui esaminati (denominati costi in conto esercizio), riguardano sicura-
mente la gestione dell’esercizio in corso, ma quando ad esempio si
acquistano degli immobili, il costo va ripartito in più esercizi (costi in
conto capitale). Ammortamento
Un esempio di costi sospesi è sicuramente l’ammortamento, che particolare tipologia
di ripartizione dei
costituisce un particolare tipo di distribuzione dei costi relativi all’ac- costi nell’arco di più
quisto di un macchinario. anni
Per stabilire la quota d’ammortamento, è necessario conoscere:

➊ la somma totale da ammortizzare;


➋ la durata dell’ammortamento;
➌ il criterio di ripartizione fra i vari esercizi.

59
➊ Circa il primo punto, è esclusivamente compito dell’Alta Direzione prendere
in considerazione se l’entità della cifra può essere recuperata (ammortizzata) nel più
breve tempo possibile in funzione delle ore lavorative della macchina stessa.
➋ Per quanto concerne il periodo d’ammortamento, è di fondamentale impor-
tanza prendere in considerazione l’obsolescenza della macchina perché, se può risul-
tare conveniente, in alcuni casi, considerare un periodo lungo per avere una quota
bassa, si può correre il rischio che prima ancora che scada tale periodo la macchina
risulti già obsoleta.
➌ Il terzo punto si riferisce alla quota da ripartire mensilmente, semestralmen-
te, o annualmente, calcolata in funzione della produttività e della quantità di gua-
dagno della macchina stessa. Queste quote possono essere costanti, crescenti (meno
utilizzate) o decrescenti in funzione di vari parametri dipendenti dall’azienda e da
parametri dipendenti dalle percentuali imposte dal fisco.
Vediamo con qualche semplice esempio come calcolare l’ammortamento annua-
le di un bene: edificio, macchina da stampa, impianto di prestampa.
Quote d’am- Iniziamo con quello più semplice e maggiormente utilizzato: con
mortamento quote d’ammortamento costanti.
denaro da calcolare Si comincia col valutare la cifra totale da ammortizzare. Si prosegue
periodicamente,
generalmente ogni con la valutazione del periodo, dove risulta fondamentale l’obsolescen-
mese, con cui riparti- za del bene più che l’aspetto economico (quota d’ammortamento
re i costi
annuale). Ad esempio, se il bene è l’edificio o la macchina da stampa,
l’ammortamento in dieci anni non creerà sicuramente problemi di
obsolescenza; nel caso di computer, plotter, CtP e quant’altro si riferisce a tecnolo-
gie in continuo, costante e veloce aggiornamento, ammortizzare queste attrezzature
in tre, quattro o più anni potrebbe risultare estremamente rischioso.
Ipotizzando l’ammortamento di una macchina da stampa del valore di 350.000 €
in dieci anni, si divide la somma totale da ammortizzare per la durata, in anni, del-
l’ammortamento ottenendo la quota annuale d’ammortamento, che nel nostro caso
risulta di 35.000 € (350.000/10).
Ogni anno dunque l’azienda crea un fondo d’ammortamento (35.000 € ogni
anno) che chiaramente non corrisponde alla relativa disponibilità di liquido ma ad
una semplice registrazione sul bilancio che ricorda, a chi lo legge, che il valore effet-
tivo del bene in esame non è più quello originario bensì il risultato della sottrazio-
ne fra il valore originario del bene e quello del fondo di ammortamento.
Naturalmente è cura della gestione aziendale fare in modo che, in corrispondenza
del rinnovo del bene, si siano create fra le componenti attive del patrimonio azien-
dale fondi liquidi che permettano l’acquisizione di nuovi beni.
In alcuni casi l’ammortamento a quote costanti può non essere idoneo, ma risul-
ta più conveniente accantonare quote maggiori nei primi anni di gestione del bene
acquistato, al fine di poter meglio gestire eventuali eventi sfavorevoli che si doves-

60
CAPITOLO 2

sero presentare nell’arco degli anni di ammortamento (obsolescenza del bene, inci-
denti di elevata gravità come: incendi, terremoti). In questi casi è meglio prevedere
quote d’ammortamento decrescenti.
Chiariamo con un esempio come si determinano le diverse quote nell’arco degli
anni da ammortizzare il bene. Stabilito il numero totale di anni in cui si desidera
effettuare l’ammortamento, si determina il coefficiente di adeguamento somman-
do il numero di anni in maniera decrescente, in altre parole se gli anni sono 10, il
coefficiente risulta:

10 + 9 + 8 + 7 + 6 + 5 + 4 + 3 + 2 + 1 = 55

Le quote di ogni singolo anno si calcolano tramite il prodotto della somma tota-
le (ipotizziamo sempre 350.000 €) per il quoziente fra il numero di anni rimanen-
ti e il coefficiente di adeguamento. Così il primo anno il quoziente sarà 10/55, il
secondo anno 9/55, il terzo 8/55 e così via.
Ricapitolando il tutto in un’unica tabella (espressa in Euro) si ricava:

1° anno 350.000 ·10/55 = 63.636


2° anno 350.000 · 9/55 = 57.272
3° anno 350.000 · 8/55 = 50.909
4° anno 350.000 · 7/55 = 44.545
5° anno 350.000 · 6/55 = 38.181
6° anno 350.000 · 5/55 = 31.818
7° anno 350.000 · 4/55 = 25.454
8° anno 350.000 · 3/55 = 19.090
9° anno 350.000 · 2/55 = 12.727
10° anno 350.000 · 1/55 = 6.363

La somma totale delle singole quote deve ovviamente dare la somma iniziale di
350.000 €. Con questo criterio di ripartizione delle quote si nota che dopo soli cin-
que anni si è già ammortizzato circa i tre quarti della somma totale (254.543 € su
un totale di 350.000 €).
Un’altra distinzione generale ma di fondamentale importanza può essere espres-
sa con la classificazione che tiene conto della precisione con la quale l’azienda gesti-
sce i propri costi. È infatti uso comune fra gli artigiani considerare solo i costi più
evidenti, come le materie prime o altri costi evidenti per la sua piccola azienda.
Mentre una grande azienda tiene conto di tutti i costi realmente sostenuti, compresi
quelli relativi agli oneri finanziari o le banalissime spese di cancelleria utilizzate nei
vari uffici. Inoltre una grande azienda tiene conto di particolari costi che permetto-
no un vantaggio economico tramite un opportuno sgravio fiscale. Per cui è possibi-
le classificare i costi in:

61
PRIMO COSTO = materie prime + altre spese dirette, indispensabili
per la produzione
COSTO DI PRODUZIONE = primo costo + manodopera diretta + altre spese
di lavorazione.
COSTO COMPLESSIVO = costo di produzione + spese di amministrazione e
vendita + oneri finanziari.
COSTO ECONOMICO-TECNICO = costo complessivo + costi figurativi.

☞ esclusivamente
Il primo costo fa riferimento a tutte quelle spese indispensabili che servono
per la produzione di quel determinato prodotto.
☞ produzione
Il costo di produzione può essere considerato come il puro costo che risulta dalla
del prodotto, al quale dovranno aggiungersi i vari costi non imputabili
alla produzione stessa.
Il costo di produzione è attinente al processo produttivo ed è formato da più ele-
menti semplici, di natura e comportamento diversi. La difficoltà che si riscontra
nella determinazione di corretti costi di produzione risiede nella rilevazione conta-
bile di questi elementi semplici.
Alcuni piccoli imprenditori preferiscono, nel dubbio, errare la previsione, nel
senso di un costo più alto, in modo che l’impresa abbia comunque un utile. Però
l’impresa che “opera in concorrenza” non può accontentarsi di un costo approssi-
mato, deve invece conoscere se la produzione ha remunerato i capitali impiegati,
calcolare l’entità di eventuali scostamenti, se, e con quali limiti può adottare le sue
politiche dei prezzi.
Il problema fondamentale di molti imprenditori grafici resta, pur sempre, la ste-
sura di preventivi corretti, siano essi preventivi di commessa o d’esercizio, per cui
una valutazione grossolana dei costi comporta rischi che non si devono mai correre.
I metodi di determinazione dei costi (di produzione, complessivo o economico
tecnico) sono diversi e ciascuno di diversa utilità ma, comunque, fondamentali per
un’azienda grafica, la quale in generale si affida al metodo dei “centri di costo” (che
verranno affrontati in seguito).
☞ Il costo complessivo comprende oltre i costi imputabili direttamente alla pro-
duzione, anche quelli che servono per la gestione dell’azienda (amministrazione),
per la vendita ed eventuale distribuzione del prodotto, più gli oneri finanziari.
☞ Il costo economico-tecnico comprende tutti i possibili costi sostenuti da un’a-
zienda.
Ogni azienda fa riferimento ad uno di questi tipi di costo in funzione della gran-
dezza, dell’organizzazione o del tipo di prodotto per poter poi ricavare il prezzo di
vendita.

62
CAPITOLO 2

Ad esempio il costo economico-tecnico, è un tipo di costo che non tutte le azien-


de prendono in considerazione pur essendo il più completo in quanto comprende
anche i costi figurativi, i quali sono costi che figurano sul bilancio
ma non sono effettivamente sostenuti. Costi
figurativi
Fanno parte dei costi figurativi, ad esempio, le prestazioni fornite costi che figurano nel
dal proprietario o dai soci, i quali dovrebbero percepire un compenso bilancio ma che in
monetario che invece viene inserito nei costi figurativi, in quanto realtà non vengono
effettivamente soste-
tutto ciò che l’imprenditore o i soci traggono dall’azienda è comun- nuti dall’azienda
que un loro reddito.
Anche l’affitto che l’azienda dovrebbe pagare per lo stabile, quando questo è di
proprietà dell’azienda stessa, potrebbe essere considerato come costo figurativo.
In questo caso, però, i costi di manutenzione dello stabile non vengono presi in
considerazione, essendo questi di competenza del proprietario. Se invece l’azienda
non considera l’affitto come costo figurativo, la manutenzione può essere conside-
rata un costo per l’azienda stessa e quindi messa in bilancio. Allora in casi del gene-
re l’Alta Direzione decide come considerare i vari costi in esame.
Uno dei costi figurativi più importanti è l’interesse di computo. Interesse di
computo
Questo viene preso in considerazione quando chi investe del dena- particolare tipo di
ro in un’azienda a scopo di lucro, desidera trarre dalla stessa almeno costo figurativo che
l’interesse che quel capitale avrebbe fruttato se fosse stato investito in in realtà risulta un
guadagno per l’a-
fonti di reddito sicure come l’acquisto di titoli o depositi presso zienda
Banche con tassi fissi.
Quindi l’interesse di computo è il minimo guadagno che s’intende percepire, di
conseguenza il costo economico-tecnico è il minimo prezzo di vendita che dà all’a-
zienda il motivo di esistere.
Considerando un interesse prodotto da una fonte di reddito sicura intorno al
5%, se uno stampato ha un costo complessivo di 4 € e l’interesse di computo risul-
ta di 0,20 € (venti centesimi) la sua produzione è conveniente solo se viene vendu-
to ad un prezzo minimo di 4,20 € (che corrisponde al costo economico tecnico).
Se si vende lo stampato a 4,10 € non varrebbe la pena impiegare del capitale in
una fonte di reddito inferiore (utile netto di 0,10 € con tutti i rischi che ne conse-
guono), rispetto ad un’altra fonte più sicura (utile netto di 0,20 € senza rischi).
Se poi si vende lo stampato a 4,40 € (essendo sempre 4 € il costo complessivo e
0,20 l’interesse di computo), l’utile netto equivale a 0,40 € e non 0,20 in
quanto l’interesse di computo è un costo figurativo, cioè figura ma non viene effet-
tivamente sostenuto. Nel bilancio, dunque, l’interesse di computo figura nei costi,
in realtà è l’utile minimo per un’azienda.
Per ultimi, ma sicuramente non meno importanti, analizziamo i costi costanti ed
i costi variabili.

63
Si definiscono costi costanti quelli che, complessivamente, non cambiano al
variare della produzione, come ad esempio lo stipendio degli impiega-
ti amministrativi, l’affitto, le spese di amministrazione, eccetera. Nel
Costi costanti
costi che rimangono
caso di un singolo stampato, sono costi costanti i montaggi, le pellico-
costanti, ovvero non le, le lastre, gli avviamenti. La costanza di questi costi non è però
variano, al variare assoluta, in quanto oltre certi limiti questi possono variare improvvisa-
della produzione,
come l’affitto dello mente e di una quantità considerevole. Si ha una variazione che in ter-
stabile o l’avviamen- mini economici viene indicata come “variazione a scatti”.
to della macchina da
stampa
L’incremento dei costi costanti può essere causato da fattori di
diversa natura. Ad esempio il costo di ammortamento di un impianto
che lavora al massimo della sua potenzialità per produrre una certa
quantità (ad esempio, 200 quintali al giorno) di un determinato bene, rimane la
stessa sia per 80 che per 200 quintali.
Se l’azienda decide di incrementare la produzione, anche solo di 10 quintali al
giorno, è costretta ad acquistare un nuovo impianto, con consistente aumento della
quota d’ammortamento (quota d’ammortamento del nuovo impianto che si
aggiunge a quella già esistente). Conseguentemente si verifica un incremento dei
costi costanti (che corrisponde al primo gradino di figura dell’aumento a scatti dei
costi costanti).

Costi Costanti

Quantità di prodotto in quintali

100 200 300 400 500 600 700

In conclusione, può accadere che all’aumentare della produzione (nell’esempio


di figura, 300 quintali al giorno) si può arrivare alla condizione che non sia più suf-

64
CAPITOLO 2

ficiente ad esempio il numero dei macchinari, lo stabile a disposizione dell’azienda,


oppure gli impiegati addetti ai vari uffici, oppure qualsiasi altro tipo di costo costan-
te, tanto che l’azienda sia costretta ad un costo supplementare come l’acquisto di un
nuovo impianto, l’ampliamento dello stabile o l’assunzione di nuovo personale,
ottenendo come risultato un nuovo incremento dei costi costanti, sempre a scatti
(secondo gradino di figura).
Per cui in questi casi, come avviene per tutti i costi costanti, questi rimangono
fissi fino a un certo incremento della produzione, ma superato un certo limite,
aumentano notevolmente.
Si definiscono costi variabili quei costi che, complessivamente, Costi variabili
aumentano all’aumentare della produzione, come la carta, l’inchio- costi che variano al
variare della produ-
stro, le materie prime in genere, il costo della manodopera diretta. zione, come ad esem-
Pur aumentando, i costi variabili, non è detto che questi aumenti- pio la carta, l’inchio-
no sempre proporzionalmente alla produzione eseguita, ad esempio stro o la manodopera
diretta che aumenta
acquistando un quantitativo superiore di materie prime, è possibile all’aumentare della
usufruire di determinati sconti e sarà compito dell’Alta Direzione ope- produzione
rare le scelte più oculate.
I costi variabili possono essere classificati in tre categorie fondamentali secondo
il tipo di variazione: proporzionali, progressivi e degressivi.
Se sull’asse delle ascisse si pone la quantità di prodotto in quintali e sull’asse delle
ordinate i costi variabili, si ottengono i tre grafici che eviden-
ziano l’andamento dei tre tipi di costi variabili. Costi Variabili
Si può notare che i costi variabili proporzionali varia- proporzionali
no secondo una proporzionalità diretta rispetto all’aumento
della produzione. Ad un incremento costante della produzione y = ax
corrisponde un incremento costante dei costi variabili.
Analiticamente la funzione di questa categoria di costi è del
tipo:

y = ax

e la loro rappresentazione grafica, supponendo a = 2 , è quella di figura.


I costi variabili progressivi sono quelli che variano in
Costi Variabili
modo più che proporzionale rispetto al volume produttivo. progressivi
Come si nota dalla figura corrispettiva, ad un incremento
costante della produzione, non corrisponde un incremento y=xn
con n > 1
costante dei costi variabili, bensì un incremento maggiore.
Analiticamente la loro funzione è del tipo:
y=xn

e la loro rappresentazione grafica risulta dalla figura (con n > 1).

65
Costi Variabili I costi variabili degressivi sono quelli che variano
degressivi
in modo meno che proporzionale rispetto al volume pro-
y=xn duttivo. In questo caso si verifica la condizione opposta
con n < 1
alla precedente: ad un incremento della produzione si
verifica un incremento minore. Analiticamente la loro
funzione è del tipo:

y=xn

e la loro rappresentazione grafica risulta quella di figura (con n < 1).


Nella realtà aziendale, è difficile che i costi seguano sempre e rigorosamente gli
schemi matematici precedentemente considerati, anche se caso per caso essi sono
singolarmente corrispondenti alla realtà. Ma poiché i fattori che influenzano le
variazioni dei costi sono svariati, in generale le aziende eseguono grafici dei costi
variabili attenendosi a quelli del tipo proporzionale. Così facendo, si tiene conto del
fatto che i costi variabili progressivi e degressivi si compensano a vicenda e inoltre
specifici studi di economia hanno dimostrato che l’errore che ne consegue è trascu-
rabile.
Vista inoltre l’estrema semplicità di calcolo, sia analitico che grafico, utilizzando
i costi variabili proporzionali, si ottiene il grafico dei costi totali come somma dei
costi costanti e dei costi variabili.

Valori espressi
in Euro

ali
i tot
cost

i
iabil
i var
cost
costi costanti

Quantità di prodotto in quintali

100 200 300 400 500 600 700


Dopo avere chiaramente compreso che i costi totali derivano da una somma di
costi costanti e costi variabili, analizziamo adesso nello specifico come variano que-

66
CAPITOLO 2

sti ultimi all’aumentare della produzione e soprattutto come incidono sul costo del
singolo stampato.
In altre parole analizziamo adesso il costo a copia che è poi l’a- Costo a copia
spetto che maggiormente interessa al cliente e che varia al variare della il più importante per
produzione. il cliente, è diretta-
Ad esempio, per produrre 2.000 copie di uno stampato i costi mente legato al
numero di copie
costanti sono di 3.000 € ed incidono sulla singola copia nella misura stampate, ovvero alle
di 1,50 € (3.000/2.000). Per produrre, invece, 3.000 copie, i costi successive
costanti sono sempre di 3.000 € ma incidono sulla singola copia nella
misura di 1 €.
Quindi, poiché i costi costanti rimangono, complessivamente, sempre gli stessi,
risulta evidente che aumentando la produzione, essi vanno ad incidere in misura
inferiore sul singolo prodotto (ovvero all’aumentare della produzione diminuisce il
costo a copia).
I costi variabili, invece, all’aumentare della produzione incidono sempre nella
stessa misura sul singolo stampato. Infatti il costo della carta, dell’inchiostro e delle
lastre rimane lo stesso, per un singolo foglio di stampa, per una produzione di 2.000
o 4.000 copie.
Fermo restando che vi sono alcuni casi particolari che vanno analizzati separata-
mente, come ad esempio il costo della carta (al chilo) che può diminuire se il quan-
titativo ordinato al fornitore supera i 15-20 quintali.
Concludiamo l’argomento dei costi costanti e variabili con un esempio. Per la pro-
duzione di 1.000 opuscoli i costi costanti ammontano in totale a 2.000 €, mentre i
costi variabili in totale sono 4.000 €. Il costo a copia sarà di 6.000/1.000 = 6 €,
con un’incidenza a singola copia di 2 € (2.000/1.000) dovuti ai costi costanti e 4 €
dovuti ai costi variabili (sempre a singola copia).
Quindi il costo a copia sarà:

2.000
Producendo 1.000 copie: 4+ =4+2=6€
1.000

2.000
Producendo 2.000 copie: 4+ =4+1=5€
2.000

2.000
Producendo 4.000 copie: 4+ = 4 + 0,50 = 4,50 €
4.000

67
Si riscontra che producendo 1.000 opuscoli, il costo a copia è di 6 €, mentre
producendo 4.000 opuscoli, il costo a copia è di 4,50 €.
Questo aspetto, che all’aumentare della produzione diminuisce il costo
Successive a copia, ci porta al concetto di successive, considerato come il nume-
numero di copie che ro di copie in più (rispetto al numero richiesto) da proporre al cliente
si possono stampare
oltre lo stretto neces-
per abbassare il costo a copia.
sario per abbassare il Risulta dunque evidente l’enorme convenienza economica a produrre
costo a copia il maggior numero di copie.
Ma l’incremento della produzione non può essere illimitato, in quan-
to lo scopo della produzione è poi quella di vendere le copie prodotte. Se inizial-
mente si pensava di produrre mille copie è perché si aveva la certezza di venderle
tutte (ad esempio al prezzo di mercato di 9 € con un guadagno di 3 € a copia); pro-
ducendone invece 4.000, si è sicuri di non avere rimanenze in azienda?
È questa la domanda che l’Alta Direzione si deve porre prima di decidere di rea-
lizzare 4.000 copie invece di 1.000.
Ma la politica d’impresa dell’azienda può prevedere varie possibilità (con tutti i
rischi che possono nascere). Ad esempio può prendere in considerazione l’idea di
realizzare 4.000 copie e venderle ad un prezzo ridotto (7,50 €, sempre con un gua-
dagno di 3 € a copia) , visto che il costo a copia è di 4,50 €, vincendo così l’even-
tuale concorrenza e quindi riuscire a vendere tutte le copie prodotte.
Oppure produrre sempre 4.000 copie, vendere le prime 1.000 allo stesso prezzo
(9 €) con cui le avrebbe vendute se ne avesse prodotte soltanto 1.000 e vendere le
altre 3.000 copie ad un prezzo scontato (ad esempio di 6 € a copia, avendo comun-
que un guadagno di 1,50 € a copia in quanto il costo per produrre 4.000 opuscoli
è di 4,50 €). Con una politica d’impresa di questo tipo batterà sicuramente la con-
correnza che, non avendo attuato la stessa strategia, continua a vendere la singola
copia a 9 €.
Risulta chiaro che l’azienda può gestire le 1.000, o eventuali 4.000 copie secon-
do il tipo di politica d’impresa che pensa di attuare.
Vi possono essere dunque convenienze ad aumentare la produzione per ridurre i
costi, oppure per conquistare nuovi mercati, o sviluppare nuovi prodotti. Possono
esserci, invece, convenienze di altro genere che però rientrano in un
Regresso contesto più generale di politiche d’impresa (fusioni, modifiche socie-
produttivo tarie, accordi commerciali) e non più di studio sistematico del costo di
organizzazione del- produzione.
l’azienda riferita a
un periodo di calo Nel caso, ad esempio, di regresso produttivo le cose vanno in manie-
delle vendite ra completamente diversa. Il regresso produttivo, che corrisponde alla
necessità di produrre meno in un ben determinato arco di tempo,
nasce da una crisi di mercato o di congiuntura ed in genere non è dipendente dalla
volontà dell’azienda stessa.

68
CAPITOLO 2

In questa situazione i costi assumono comportamento differente in dipendenza


della categoria cui appartengono.
I costi variabili, ad esempio, possono essere ridotti senza difficoltà. Infatti l’im-
presa può limitare, anche fortemente, questi costi riducendo gli acquisti delle mate-
rie prime.
I costi costanti, invece, possono aumentare, rimanere inalterati, oppure essere
eliminati totalmente. Ad esempio gli ammortamenti, che sono costi costanti, a
causa della diminuzione della produzione, vanno a incidere in misura maggiore sul
singolo stampato (si ricordi che i costi costanti, a singola copia, diminuiscono
all’aumentare della produzione).
Altri costi costanti, come spese pubblicitarie o di distribuzione, possono dimi-
nuire o essere eliminati. Infatti l’azienda, in difficoltà economiche, riducendo le
spese di pubblicità risparmia del denaro e può investirlo altrove.
Ma queste limitazioni dei costi di pubblicità hanno un doppio effetto, da una
parte diminuisce l’incidenza sui costi di esercizio, ma dall’altra potrebbe comporta-
re una diminuzione del fatturato per effetto di una mancata pressione pubblicitaria
sul consumatore.
Ecco dunque la necessità, per l’impresa, di vagliare attentamente i molti elementi
che concorrono alla formulazione di una politica, per meglio realizzarla e ridurre i
costi di esercizio senza impoverire il fatturato annuo. A questo punto si rende neces-
sario un ampio esame della pubblicità, nelle specifiche tecniche di studio e ricerca
di mercato.
Oggi è indispensabile per l’impresa, nell’ambito del marketing, un’azione più o
meno intensa della pubblicità condotta da personale altamente qualificato (funzio-
ne mercatistica).
Tutto quanto detto porta alla conclusione che l’aspetto fondamentale per
un’azienda grafica è la conoscenza dei costi (costanti, variabili, di produzione, com-
plessivi, economico tecnico) e quindi dei vari metodi di calcolo dei medesimi con i
relativi scostamenti.

 Costo ora Nucleo Produttivo


Dopo aver analizzato separatamente i vari tipi di costo, risulta necessaria la defini-
zione di un metodo più pratico e semplice, capace di fornire il costo di un elemen-
to produttivo nell’unità di tempo.
In altre parole risulta molto più pratico prendere in considerazione il costo ora
nucleo produttivo, cioè il costo orario complessivo di uno o più operai, una o più
macchine che compiono un determinato lavoro nelle singole fasi di lavorazione nel
ciclo di produzione.

69
Questo raggruppamento di uomini e macchine, definito centro di costo, rap-
presenta la più piccola unità organizzativa all’interno di un’azienda,
Centro di costo
dove si svolgono una o più attività ben definite e poste sotto la respon-
raggruppamento di sabilità di un capo.
vari costi in un unico Tali centri sono istituiti al fine di determinare le responsabilità per i
costo, per comodità di
calcolo di un preven-
costi, estrapolandoli dal resto, facilitando il loro controllo ed il relati-
tivo vo calcolo di un preventivo.
Ogni centro di costo è gestito da un responsabile, ha un proprio
“bilancio” con attivi e passivi, e può essere confrontato con gli altri centri di costo
corrispondenti.
Una macchina da stampa può essere considerata come un centro di costo che ha
un suo costo orario (come si vedrà nel calcolo dei preventivi). Questa cifra com-
prende tutta una serie di costi che vengono appunto raggruppati in un unico costo
facilitando i relativi calcoli. Così, ad esempio, il costo ora nucleo produttivo del cen-
tro di costo “macchina da stampa” comprende l’ammortamento della macchina, la
manodopera degli stampatori che operano sulla macchina stessa, l’eventuale
manutenzione ordinaria e quant’altro necessario reputa imputare l’azienda a questo
centro di costo. Risulta evidente che la stessa macchina presente in due aziende
diverse può avere due costi orari anche sensibilmente diversi.
Così operando, nel calcolo di un preventivo di uno stampato, non è necessario
calcolare tutti i costi appena descritti, in quanto il costo orario li comprende tutti.
La ripartizione dei centri di costo viene definita in funzione delle dimensioni
dell’azienda e della natura delle varie attività svolte. In genere il compito di questa
ripartizione viene affidato al servizio dell’organizzazione della produzione e a quel-
lo della contabilità.
Questi due servizi, operando in parallelo, possono valutare i vari problemi e le
diverse esigenze sia sotto il profilo tecnico che sotto l’aspetto economico in modo
da ottenere una ripartizione che risulti ottimale al fine della produzione.
Una buona ripartizione dei centri di costo, e quindi la conoscenza del costo ora
nucleo produttivo, permette di fare una semplice ed immediata comparazione eco-
nomica fra vari cicli di produzione di uno stesso prodotto (e quindi realizzare più
preventivi), dando modo di scegliere il più economico a parità di qualità o quello
qualitativamente migliore a parità di costo.
Potendo scegliere con dei confronti immediati e quindi senza dispendio di
tempo, si sfruttano al meglio le attrezzature a disposizione dell’azienda con un’otti-
mizzazione del ciclo produttivo e relativa riduzione dei costi.
Per ogni centro di costo, vi deve essere una specifica descrizione delle funzioni,
degli impianti in dotazione, delle aree di pertinenza, delle relative responsabilità,
nonché del relativo responsabile.
In relazione alla natura dell’attività produttiva che caratterizza i centri di costo, essi

70
CAPITOLO 2

possono essere classificati in centri di costo produttivi e centri di costo ausiliari.


Ogni azienda considera produttivi o ausiliari i centri, o anche semplicemente
un’attrezzatura, in relazione al loro utilizzo. Qualche esempio può chiarire la diffe-
renza.
In un reparto da stampa offset possono essere considerati centri di costo
produttivi le macchine da stampa (a bobina con 3 operatori, oppure a foglio con 1
operatore per la monocolore, e 2 operatori per la quattro colori), mentre possono
essere considerati centri di costo ausiliari di reparto: il volta pila, il muletto. Altre
attrezzature possono far parte di un centro di costo o dell’altro a seconda del tipo di
impiego, come ad esempio il taglia carta che risulta comunque indispensabile.
Nel reparto di prestampa sono centri di costo produttivi: i terminali (video +
tastiera con anche 7 operatori), i video impaginatori; sono ausiliari: la stampante, il
sistema D.T.P.
È superfluo ricordare che sarà poi l’azienda a distribuire adeguatamente i centri
di costo per ottenere un’ottimale fluidità nella rilevazione generale dei costi.
Vediamo come un’azienda grafica, di medie dimensioni, che produce stampati
librari, ha suddiviso i centri di costo nei vari reparti.

Prestampa
Centri di costo produttivi Centri di costo ausiliari
terminali  +  sistema DTP
scanner stampante laser
video impaginatori  fotounità

Stampa
Centri di costo produttivi Centri di costo ausiliari
macchina a bobina  muletti
macchina a foglio mon volta pila (*)
macchina a foglio bicol taglia carta (**)
macchina a foglio 4col piega lastre (***)

(*) Il volta pila, normalmente, viene considerato come un’attrezzatura ausiliaria


di reparto destinata alle singole macchine. Per le macchine a foglio oltre il formato
64x88, il loro costo viene conglobato nel “centro di costo” della macchina stessa.
(**) Il taglia carta si usa, in genere, solo per piccole macchine con piccoli forma-
ti. Può essere considerato come un centro di costo o come ausiliario di reparto
affiancato ad un altro centro di costo.
(***) Il piega lastre, catalogato come ausiliario di reparto, è spesso considerato
come parte integrante della macchina stessa.

71
Allestimento
Facendo riferimento ad un’azienda grafica che produce stampati librari, è più cor-
retto parlare di legatoria. In questo reparto è più frequente calcolare i costi serven-
dosi del costo orario della singola macchina, dove nel costo orario è compresa anche
la manodopera.
Approssimativamente i relativi costi orari possono essere così suddivisi:

taglio 55 Euro 
piega 55 Euro 
cucitura 70 Euro 
pacchi 40 Euro 

 I Ricavi
Il ciclo di produzione, iniziato con le operazioni di finanziamento, proseguito con
l’acquisizione e la trasformazione dei fattori produttivi, si conclude con le opera-
zioni di vendita del prodotto.
Questo viene venduto a coloro che ne fanno richiesta se l’azienda ha predisposto
la produzione per il mercato, oppure a chi lo aveva in precedenza ordinato, se l’a-
zienda produce su commessa.
Dai beni o servizi venduti, si ricava in moneta il corrispettivo del prez-
Prezzo di zo di vendita; si attua quindi uno scambio fra la moneta ed il pro-
vendita dotto: entra la prima e, di contro, esce il secondo.
denaro che si ricava
dalla vendita di un
Se ne deduce perciò che la vendita del prodotto (ovvero la sua uscita)
prodotto e che quindi determina un’entrata di moneta che corrisponde al ricavo di vendita.
corrisponde alla voce Se questa entrata è immediata, il regolamento del prezzo è “in contan-
ricavo dell’equazione
C+G=R ti”; in tal caso l’incasso del prezzo di vendita genera, per l’azienda, una
variazione attiva di cassa la cui causale, come sopra accennato, è la
variazione economica attiva di reddito, rappresentata dai ricavi di ven-
dita dei prodotti, che sono gli elementi positivi del reddito stesso.
Se l’incasso del prezzo non è immediato e il suo regolamento risulta dilazionato,
al momento della vendita si forma un credito nei confronti del cliente,
Vendita a il quale pagherà nei mesi futuri con un eventuale incremento dell’e-
prezzo di costo sborso monetario dovuto ai relativi interessi. Di conseguenza l’entrata
vendita di un prodot-
to con guadagno in moneta per l’azienda avverrà più tardi, alla scadenza del credito.
zero, si ricava il A volte si parla di “vendita a prezzo di costo” intendendo il ritor-
denaro appena suffi-
ciente a coprire i costi
no in moneta, relativo alla vendita del prodotto, corrispondente alla
C+0=R sola copertura dei costi sostenuti.

72
CAPITOLO 2

In funzione di quanto precedentemente esposto nel capitolo riguardante i costi,


vendere a prezzo di costo può essere ugualmente conveniente per quelle aziende che
hanno fatto riferimento al costo economico tecnico, in quanto vi è il guadagno rela-
tivo all’interesse di computo, mentre per quelle aziende che, invece, hanno fatto
riferimento al costo di produzione vi è una perdita.
Risulta chiaro comunque che vendere a prezzo di costo è una condizione detta-
ta da particolari esigenze, che viene utilizzata solo per un breve periodo.
Comunque sia, ogni qualvolta si vende un prodotto o si offre un servizio, si
ottiene un ricavo (costituito dall’importo del fatturato).
Il termine fatturato, in generale, corrisponde al volume delle vendite che l’a-
zienda realizza in un esercizio e risulta un buon indicatore della dimensione dell’at-
tività dell’impresa. Ovviamente si può ricercare il fatturato della settimana, del
mese, o del singolo cliente.
Il fatturato viene calcolato in base alle fatture rilasciate nella fase di Fattura
vendita. La fattura è invece un documento emesso da chi cede il documento fiscale
bene o servizio (ad esempio l’azienda) e rilasciato a colui che ne usu- rilasciato dall’azien-
da che vende a colui
fruisce (il cliente). che acquista un bene
Nella fattura sono specificate le caratteristiche qualitative e quanti-
tative dell’oggetto dell’operazione (ad esempio la vendita di uno stam-
pato), inoltre sono presenti i costi accessori, le imposte gravanti sulla compravendi-
ta e le modalità di pagamento.
Alla fattura firmata dal cedente (l’azienda) e consegnata all’acquirente (il clien-
te), si attribuisce valore di ricevuta, in quanto da questa risulta l’esistenza di un atto
economico che dà luogo ad un’entrata imponibile (sulla quale cioè l’azienda dovrà
pagare le relative tasse).
La fattura, che deve essere emessa in duplice copia dal cedente, ha rilevanza fra
le scritture contabili obbligatorie sia ai fini delle imposte dirette, che ai fini dell’IVA.
La fattura deve essere datata, numerata in ordine progressivo e deve contenere l’in-
dicazione:

• della ditta o ragione sociale, con relativo domicilio;


• del tipo, della quantità e della qualità dei beni o servizi relativi all’oggetto del-
l’operazione;
• dell’aliquota e dell’ammontare dell’imposta.

Nel caso che il prodotto da vendere richieda una preventiva spedizione, la merce
viaggiante deve essere accompagnata dal luogo di partenza al luogo di destinazione, da
un documento che prende il nome di bolla d’accompagnamento, comunemente deno-
minata bolla. Tale documento, pur non avendo alcun valore fiscale, deve essere emes-
so dal mittente prima dell’inizio del trasporto e contenere tutti i dati idonei alla iden-

73
tificazione del mittente, del conducente, del destinatario, del luogo di destinazione,
della natura, qualità, quantità ed aspetto esteriore della merce trasportata.
La bolla d’accompagnamento, dotata dell’indicazione dell’ora di
Bolla d’accom- partenza e numerata progressivamente, deve essere compilata in tripli-
pagnamento ce copia, delle quali una viene conservata dal mittente, una dal condu-
documento obbliga-
torio che deve accom- cente, mentre la terza viene consegnata al destinatario.
pagnare la merce spe- In realtà è necessario precisare che dal 1996 l’obbligo della bolla d’ac-
dita dal mittente al
destinatario, non ha
compagnamento è stato soppresso. Ciò ha, ovviamente, creato una
valore fiscale certa confusione, in quanto per alcuni settori merceologici (come ben-
zine, tabacchi e prodotti alcolici), la bolla d’accompagnamento rimane
obbligatoria, mentre per quasi tutti gli altri, quest’ultima è stata sosti-
D.D.T. tuita con il Documento di Trasporto (D.D.T.).
il documento di tra- Il D.D.T. deve essere emesso almeno in duplice copia e contenere
sporto (DDT) in
pratica sostituisce la l’indicazione della data, delle generalità del cedente, dell’acquirente e
bolla d’accompagna- dell’eventuale ditta incaricata del trasporto (vettore). Devono essere
mento
inoltre indicati i beni trasportati per natura, qualità e quantità (que-
st’ultima espressa solo in cifre).
Nel caso, però, di cessione di beni con fatturazione immediata, non è obbligato-
rio emettere il Documento di trasporto. In altri casi è poi lo scontrino fiscale che
può sostituire l’emissione del D.D.T. purché lo stesso riporti natura, qualità e quan-
tità dell’operazione effettuata, integrato con i dati identificativi ed il codice fiscale
del cliente.
A tutt’oggi per alcune aziende non risulta chiaro quali siano le disposizioni obbli-
gatorie e quelle facoltative nel caso di cessione di beni.
Tornando ai ricavi, è bene tener presente che ai ricavi di vendita si aggiungono
molto spesso dei ricavi minori denominati “complementari” (come ad esempio gli
interessi attivi sui conti correnti bancari, titoli, interessi di mora, eccetera), oppure
“straordinari” (come la quota ricavata dalla vendita di un vecchio macchinario).
Si ribadisce ancora una volta, comunque, che per un’azienda è di fondamentale
importanza il controllo dei costi che vengono sostenuti. Infatti da un punto di vista
operativo, la conoscenza esatta dei costi è di particolare aiuto per l’individuazione
delle tattiche aziendali, in quanto serve a definire con immediatezza le
Punto di aree entro cui poter operare per realizzare un utile netto di esercizio.
pareggio I ricavi che affluiscono durante la gestione devono, in primo luogo,
condizione in cui i
costi sono uguali ai
coprire tutti i costi sostenuti per la realizzazione dei prodotti finiti.
ricavi e quindi non si In questo momento la gestione aziendale raggiunge il così detto
ha un guadagno “punto di pareggio”, cioè il livello minimo di produzione indispen-
sabile a coprire i costi totali.
Riprendendo i grafici dei costi precedentemente analizzati, e costruendo un
nuovo grafico dove sull’asse delle x è presente la produzione in percentuale, e sul-

74
CAPITOLO 2

l’asse delle y il valore in Euro dei costi e dei ricavi, si costruisce quello che viene defi-
nito diagramma di redditività.
Riprendendo il grafico di pagina 66 dei costi totali (somma dei costi costanti e
dei costi variabili) ed aggiungendo il grafico dei ricavi, si individua immediatamen-
te il punto di pareggio, ovvero quel punto in cui i costi e i ricavi hanno lo stesso
valore e di conseguenza l’azienda non ha né un guadagno né una perdita.

Diagramma di Redditività
1.000
900

800
700 i
av
ric i
600 total
costi
500
400

300
200
100
0
20% 40% 60% 80% 100% 120% 140%

Quindi operando con il 70% circa della produzione (che significa, ad esempio,
l’utilizzo non ottimale, 100%, dei macchinari), l’azienda raggiunge il punto di
pareggio. Se la produttività scende al di sotto del 70% l’azienda va in perdita con
relativo deficit evidenziato dalla zona grigia del diagramma.
Risulta evidente che l’azienda deve operare al di sopra di questo valore, con un
eventuale margine di sicurezza (zona nera) dove il guadagno è assicurato.
L’ottimizzazione dell’azienda porta poi ad una produzione vicina al 100% dove i
guadagni (calcolati dal grafico come differenza fra i costi totali e i ricavi) risultano
ampiamente remunerativi.
Un ulteriore incremento della produzione oltre il 100%, con ore straordinarie
per gli operatori o utilizzo di service che svolgono all’esterno alcune lavorazioni,
comportano un guadagno ancora maggiore.

75
 L’azienda e il Mercato Grafico
La comunicazione è sempre stata uno degli aspetti fondamentali per il genere
umano, il suo compito è stato assolto negli anni dal suono, dall’immagine e dallo
scritto.
L’evoluzione dei mezzi di comunicazione, detti “mass media”, ossia la radio, il
cinema, la televisione e lo stampato, è stata tale che la comunicazione viene
trasmessa ormai prevalentemente dai mass media audiovisivi, ma risulta ancora
evidente la funzione insostituibile dello stampato, il quale permette di avere uno
strumento di approfondimento e di analisi inattuabile con gli altri mezzi di comu-
nicazione.
La norma UNI definisce lo stampato come il risultato finale di un procedimen-
to grafico; in senso lato, per stampato si intende un oggetto prodotto
Entipologia tramite la stampa, cioè realizzato mediante tutto il ciclo produttivo
dello stampato grafico che comprende la riproduzione di testi e immagini, la prepara-
analisi dello stampa-
to da approfondire
zione di forme di varia natura e la stampa con metodi diretti o indiretti
prima della realizza- su supporti di carta, tessuto, plastica, eccetera.
zione del lavoro L’entipologia dello stampato, che è il suo studio sistematico sotto
gli aspetti storici, funzionali, tecnici ed estetici, prende in esame:
• il contesto sociale in cui lo stampato è nato e si è sviluppato (aspetto storico);
• la verifica se il risultato finale risponde alle esigenze di carattere socio economi-
che e culturali (aspetto funzionale);
• tutte le tecniche possibili cercando il miglior compromesso e l’utilizzo ottimale
delle attrezzature a disposizione (aspetto tecnico);
• la struttura finale dello stampato in quanto esso rimane comunque un mezzo di
comunicazione visiva per cui deve presentarsi con un aspetto gradevole alla vista
tale da stimolare la curiosità del potenziale lettore (aspetto estetico).
La progettazione di uno stampato è un’attività molto complessa che coordina tutte
le numerose fasi che costituiscono lo stampato stesso. Il risultato finale risulta esse-
re tutta una serie di compromessi che tengono conto fondamentalmente del rap-
porto qualità/prezzo.
Nel capitolo 5 verrà approfondito il concetto di progettazione dello stampato,
per ora noi analizziamo quella che è la produzione delle aziende grafiche.

☞ Classificazione degli stampati


Il mercato della stampa è un mercato molto vasto e diversificato. Una classificazio-
ne dello stampato risulta, quindi, di difficile attuazione.
Tutto ciò che viene ottenuto tramite un qualsiasi processo di stampa viene
definito stampato (il libro, la rivista, il biglietto da visita) il quale, ovviamente, si
presenta con una veste grafica completamente diversa. Gli stampati, dunque, si

76
CAPITOLO 2

diversificano fra loro per il tipo di carta utilizzata, il formato, il procedimento di


stampa, il tipo di allestimento.
Una prima distinzione molto generale ma altrettanto efficace è quella di distin-
guere gli stampati editoriali e gli stampati commerciali.
Fra gli stampati editoriali sono compresi gli stampati librari e paralibrari,
con tirature elevate (quotidiani, periodici) o con tirature medio-basse (libri, enci-
clopedie).
Fra gli stampati commerciali si possono annoverare gli stampati extralibrari con
elevate tirature (cataloghi, volantini) o con tirature medio-basse (depliant, cartoli-
ne). Quindi, una generale classificazione può essere considerata quella che suddivi-
de gli stampati come segue:

Classificazione degli stampati

Editoriali Commerciali

1 Librari 2 Paralibrari 3 Extralibrari

dimensioni argomento prezzo periodici tutto il resto

➊ Stampati librari
Vengono così classificati tutti quei tipi di stampati che fanno riferimento al libro,
dove il termine generico libro può essere inteso come una certa quantità di fogli
stampati, piegati e raccolti in ordine progressivo, cuciti ed inseriti in una copertina.
Le altre denominazioni che vengono date agli stampati librari variano in funzio-
ne delle sue dimensioni (numero di pagine), del tipo di argomento
trattato e di altri fattori, come l’aspetto economico, ma che
comunque non vanno considerate come nette e precise, così come le Stampati
librari
classificazioni nei tre gruppi, in quanto uno stampato può essere
che si diversificano
indifferentemente considerato appartenente ad una classe o all’altra. in funzione delle
Dopo questa chiarificazione, diamo alcune definizioni di uso cor- dimensioni
rente. In funzione delle dimensioni, troviamo:
➠ dispensa: pubblicazione contenente il testo di un corso universitario. Per dis-
pensa si definisce anche il fascicolo di un’opera pubblicata periodicamente, classico
esempio sono le enciclopedie. Secondo alcuni testi la dispensa fa parte degli stam-
pati extralibrari;

77
➠ enciclopedia: opera che riunisce ed espone in forma chiara, sistematica ed in
genere non troppo specialistica, tutto ciò che può essere compreso (oppure può fare
riferimento ad una singola disciplina) con lo scopo di darne un quadro generale
unitario per diffonderlo nella società. L’enciclopedia può essere composta da uno o
più volumi oppure può essere messa in commercio in fascicoli;
➠ fascicolo o opuscolo: pubblicazione realizzata con poche pagine (in genere non
più di 80) a scopo pubblicitario o di carattere erudito. Anche se strutturato diver-
samente dal libro, utilizza le stesse tecniche editoriali e grafiche ed è per questo
motivo che qualcuno lo considera anche come stampato extralibrario;
➠ opera: libro in uno o più volumi, inteso come testo di notevole valore lettera-
rio o scientifico;
➠ volume: pubblicazione costituita da un certo numero di segnature con elevato
numero di pagine. Libro a sé stante, anche se compreso in un’opera.

Stampati Tenendo conto dell’argomento cui lo stampato fa riferimento


librari troviamo le seguenti denominazioni di edizioni: didattiche (scolasti-
che si diversificano in che); letterarie (saggistica, narrativa); religiose; di consultazione
funzione dell’argo-
mento
(dizionari, enciclopedie). Sono inoltre frequenti le seguenti denomi-
nazioni:

➠ acefala: priva dell’intestazione o delle prime pagine, senza frontespizio;


➠ anonima: senza l’indicazione dell’autore;
➠ facsimile: riproduzione simile all’originale per tipo di carta, carattere, formato;
➠ inedita: pubblicata per la prima volta;
➠ poliglotta: tradotta in più lingue;
➠ pòstuma: pubblicata dopo la morte dell’autore;
➠ pseudonima: opera pubblicata col nome diverso da quello vero di chi lo ha scritto;
➠ tascabile: di dimensioni ridotte, letteralmente che si può portare in tasca.

➋ Stampati paralibrari
Sono considerati tutti quegli stampati che vengono pubblicati con una certa perio-
dicità. Tra questi i più comuni sono gli stampati pubblicati ogni giorno, detti anche
“quotidiani” e quelli pubblicati ogni settimana, mese, eccetera, denominati anche
“periodici”.
In base all’argomento trattato, questi possono essere classificati in periodici di:
attualità (Gente, Oggi); di categoria (che si rivolgono ad un particolare tipo di pub-
blico come i lavoratori, gli studenti o gli sportivi).
Fra gli stampati paralibrari si possono annoverare anche gli orari, elenchi telefo-
nici, almanacchi, annuari, che vengono definiti periodici di consultazione.

78
CAPITOLO 2

➌ Stampati extralibrari
In questa terza classe, un po’ atipica, vengono raggruppati tutti gli stampati che non
fanno parte né dei librari né dei paralibrari. Tra i più comuni ritroviamo:

➠ catalogo: pubblicazione utilizzata per la presentazione di oggetti di qualsiasi


natura. In esso sono elencati, secondo particolari criteri, prodotti che vengono iden-
tificati attraverso denominazione, descrizione merceologica o eventuali riferimenti;
➠ depliant: pieghevole ad una o più ante stampato con uno o più colori, a scopo
pubblicitario;
➠ locandina: foglio stampato, di vario formato, contenente informazioni o mes-
saggi pubblicitari e propagandistici, che hanno lo scopo di mettere a conoscenza il
pubblico di un qualsiasi evento. Generalmente viene esposta all’interno dei punti
vendita o sui mezzi di trasporto;
➠ manifesto: foglio stampato ed affisso in luogo pubblico al fine di portare a cono-
scenza la collettività di un fatto, un programma, uno spettacolo, eccetera. Si diffe-
renzia dagli altri stampati oltre che per le sue dimensioni (le più comuni sono
70x100, 100x140, 140x200) anche per le diverse fasi di realizzazione in cui si dovrà
tenere conto che andrà esposto all’aperto e quindi sottoposto all’azione delle intem-
perie e del sole. Altro elemento da tenere in considerazione è quello degli attacchi
di congiunzione tra i vari fogli per la necessità di un corretto equilibrio cromatico;
➠ pieghevole: stampato composto da più pagine ripiegate in successione normale
o speciale;
➠ volantino: foglio volante (contentente due pagine) stampato su uno o ambedue
i lati e distribuito al pubblico, contenente informazioni di vario genere (propagan-
da, pubblicità). Generalmente su supporto cartaceo di non elevata qualità e massi-
ma economia.

L’azienda, il mercato borsistico, la domanda e l’offerta

Dopo questa breve introduzione sul prodotto finito delle aziende grafiche, cer-
chiamo di analizzare come nasce sul mercato il prezzo di vendita di uno stampato.
Azienda e mercato risulta essere un binomio in stretta correlazione ed interdi-
pendenza. Ogni attività di progettazione e produzione di un qualsiasi
prodotto grafico non ha alcun motivo di esistenza se non trova il suo
Mercato
naturale utilizzo sul mercato; il quale a sua volta influenza in maniera borsistico
determinante le scelte aziendali in relazione alla produzione. luogo dove si compra-
La definizione rigorosa di mercato lo definisce come: “il comples- no e si vendono titoli
so degli scambi di ogni tipo che avvengono in un certo ambito”. In altre
parole il mercato comprende l’insieme delle transazioni dei beni fra cedenti (vendi-
tori) ed acquirenti (compratori).

79
Il mercato è governato dalla legge fondamentale della domanda e dell’offerta,
dove per domanda s’intende la somma dei bisogni di un determinato bene (richie-
sta del prodotto in commercio), per offerta la quantità di quel determinato bene
(prodotta dalle aziende e messa a disposizione sul mercato).
Di conseguenza si crea sul mercato il valore di mercato (tanto più elevato quan-
to maggiore sarà la domanda) ed il prezzo di mercato (particolare valore che il bene
assume dopo varie oscillazioni).
Il termine mercato può assumere diversi significati in relazione all’oggetto
trattato; così il mercato monetario comprende le contrattazioni di titoli e monete
(effettuati in “Borsa Valori”); il mercato del lavoro fa riferimento agli scambi della
manodopera; il mercato dei prodotti si riferisce al singolo prodotto (mercato orto-
frutticolo, mercato ittico, mercato dell’usato).
Il calcolo del prezzo di vendita è diverso per ogni azienda, in quanto dipende da
svariati fattori.
Sicuramente viene calcolato in funzione dei costi sostenuti dall’azienda per la
realizzazione del prodotto.
Bisogna poi conoscere a quali costi l’azienda fa riferimento, costo di produzione,
complessivo o economico-tecnico.
Noti i costi, si deve aggiungere una percentuale corrispondente al guadagno,
anch’esso differente da un’azienda all’altra.
Anche la distribuzione o la semplice spedizione influenzano il prezzo di vendita,
per cui senza fare dei calcoli specifici, sarà compito dell’azienda tenere in debito
conto tutti i fattori che possono influire sui costi, per determinare il prezzo di ven-
dita, ricordando che le aziende prese in esame sono a scopo di lucro.

Quantità di prodotto

Do
m and
a

Prezzo di vendita

80
CAPITOLO 2

Il prezzo è il valore del bene espresso in moneta. In pratica vi è una corrispon-


denza biunivoca fra la quantità di moneta che il consumatore deve
pagare e l’unità del bene che acquista. Prezzo
Quello che influenza maggiormente il prezzo di vendita è il rap- denaro corrisponden-
porto fra la domanda e l’offerta. Chi domanda un bene è spinto dalla tedotto al valore del pro-
in vendita
necessità (o desiderio) di soddisfare un bisogno, sapendo che sul mer-
cato è disponibile il bene che gli è necessario.
Il consumatore trova sul mercato, a un determinato prezzo, la merce che gli viene
offerta. Se il prezzo risulta elevato, egli acquisterà lo stretto necessario, quindi la
minor quantità possibile del bene. Dunque, ad un prezzo alto corrisponde una
domanda bassa.
Nell’ipotesi contraria che il consumatore trovi sul mercato il prodotto a basso
prezzo, egli potrà acquistarne una quantità più elevata, facendo così crescere la
domanda.
La domanda, dunque, corrisponde alla richiesta di un determinato prodotto,
dipende quindi dai consumatori ed è funzione inversa del suo prezzo: all’aumenta-
re del prezzo diminuisce la domanda, al diminuire del prezzo aumenta la domanda
e quindi la quantità di prodotto.
Volendo rappresentare graficamente quanto detto, si riporta sulle ascisse x il
prezzo di vendita e sull’asse delle ordinate y la quantità di prodotto richiesta otte-
nendo il grafico della domanda.
L’offerta è rappresentata dai beni messi sul mercato dalle aziende produttrici. Il
prezzo del bene è ricavato attraverso il calcolo del preventivo dei costi, dichiarato e
sottoscritto dall’imprenditore, a fronte dell’esecuzione di un determinato lavoro (o
dalla fornitura di un servizio), con le modalità, i requisiti, i tempi e quant’altro sta-
bilito dal committente.

Quantità di prodotto

r ta
ffe
O

Prezzo di vendita

81
Calcolati i costi, se l’azienda vende a un prezzo elevato, altrettanto elevato sarà il
guadagno e quindi l’azienda è invogliata a produrre un numero sempre maggiore di
quel determinato bene.
Se invece il prezzo di vendita risulta basso, anche il guadagno risulterà basso e
l’azienda sarà sempre meno propensa a produrre il bene. Se poi il prezzo di vendita
risulta talmente basso da non coprire nemmeno i costi risulta chiaro che l’impren-
ditore non è disposto a cedere il suo prodotto perché in questo caso avrebbe una
perdita.
Come si può dunque notare anche l’offerta è funzione del prezzo, all’aumentare
del prezzo aumenta la quantità di prodotto offerta e viceversa.
L’offerta in genere viene fatta da una singola azienda. Nel caso in cui
Gara d’appalto sono coinvolte più aziende, si parla di: “gara d’appalto”. In questo
competizione fra più
aziende dove la
caso, non molto frequente nel settore grafico, la prassi risulta un po’
migliore offerta ottie- diversa.
ne in esclusiva l’inca- Una volta preparata l’offerta, questa viene “rimessa” alla committenza;
rico di svolgere il
lavoro cioè gli viene consegnata tutta la documentazione necessaria (elabora-
ti di vario genere), in conformità a quanto richiesto dalla stessa; il tutto
con l’esplicitazione del prezzo, debitamente firmato ed inviato in busta chiusa e
sigillata.
Tale atto comporta e consente la partecipazione alla “gara” per l’aggiudicazione
di quel determinato lavoro, in concorrenza con altre imprese alle quali è stato este-
so lo stesso invito da parte del committente.
È evidente che per rimettere un’offerta è indispensabile aver eseguito il calcolo
preventivo dei costi di produzione, che rappresenta il documento base per la pro-
grammazione e la pianificazione del lavoro, nel momento in cui la gara viene vinta.
La Direzione, a tal punto, curerà la presentazione dettagliata del progetto, così
da facilitare al massimo le fasi esecutive del lavoro all’interno dei reparti operativi,
tramite la commessa di lavorazione.
Il prezzo di vendita, oltre che dall’azienda, dipende dal “mercato”, dove
Regimi il termine in senso lato può essere inteso come: “il complesso delle con-
di mercato
trattazioni tra acquirenti e venditori all’interno del quale l’incontro
condizione in cui si
trovano ad operare le della domanda e dell’offerta forma il prezzo di mercato”.
aziende sul mercato È quanto mai opportuno, a questo punto, dare alcuni cenni sui “regi-
mi di mercato”. Le varie situazioni di regime di mercato che si crea-
no, possono fondamentalmente essere concentrate in: concorrenza pura, monopolio
puro, concorrenza in condizioni di oligopolio.

➊ Concorrenza pura
In questo caso sul mercato sono presenti molti consumatori e molti produttori, cia-
scuno dei quali richiede ed offre una quantità assai piccola di un prodotto, di fron-

82
CAPITOLO 2

te alla massa complessiva. I produttori, essendo numerosi a produrre lo stesso bene,


non sono in grado di esercitare alcun controllo sul prezzo di mercato; agiscono
come meglio credono e non hanno vincoli o accordi con altri.

➋ Monopolio puro
Si verifica quando vi è un unico venditore di un determinato bene e molti acqui-
renti che lo richiedono. Il monopolista ha un controllo notevole del prezzo e ciò
danneggia il consumatore, il quale acquista quantità più limitate a prezzi più ele-
vati.
Il monopolio puro è raro, poiché il continuo progresso scientifico e tecnico
porta facilmente a prodotti sostitutivi e quindi all’emergere di altre forme di con-
correnza.
Altri regimi di monopolio sono: il duopolio, quando i monopolisti sono due anzi-
ché uno; il monopolio bilaterale, quando vi è un solo compratore ed un solo vendi-
tore, come ad esempio accade nel mercato del lavoro con i sindacati dei lavoratori
da un lato e i datori di lavoro dall’altro.

➌ Concorrenza in condizioni di oligopolio


È la forma di mercato oggi prevalente a livello industriale, con poche, grandi impre-
se che producono e vendono per milioni di consumatori. Determinante diventa il
ruolo delle aziende multinazionali che, dotate di sistemi produttivi altamente fles-
sibili, assumono in certi casi dimensioni tali da condizionare la stessa politica eco-
nomica dei governi.
La concorrenza risulta molto accesa ed è condotta con tutti i mezzi, anche con
alleanze strategiche ed acquisizioni di aziende concorrenti.

Il prezzo di vendita e il prezzo di equilibrio

Tornando al prezzo di vendita, l’analisi del fattore prezzo costituisce un proble-


ma di fondamentale importanza per la scienza economica, in quanto i prezzi sono
gli elementi inscindibili, ed interdipendenti fra loro, di un sistema unitario.
Il prezzo di vendita svolge una funzione orientativa della produzione; infatti, se
il prezzo di un prodotto è alto, le aziende sono invogliate ad incrementare la pro-
duzione. Ma se il prezzo diventa troppo alto, i potenziali acquirenti
Prezzo
non acquistano più il bene, si può creare la condizione in cui l’offerta di equilibrio
supera la domanda (ad esempio 4 € di figura). condizione di com-
In ciascun momento sul mercato tende a formarsi un prezzo, detto pravendita in cui la
“prezzo di equilibrio”, per il quale domanda e offerta risultano domanda coincidono
e l’offerta

uguali.
Prendendo come esempio la realizzazione di una novità libraria, dai grafici della

83
Quantità di prodotto

Do r ta
ma ffe
nd O
a

Prezzo di equilibrio

1 2 3 4 5 Prezzo di vendita

domanda e dell’offerta è possibile tracciare un nuovo diagramma dove si nota che


le due curve s’intersecano in un punto, in corrispondenza del quale il prezzo di equi-
librio risulta di 3 €.
I consumatori hanno la quantità che desiderano acquistare a quel determinato
prezzo e tutti gli offerenti (aziende) producono la quantità richiesta al prezzo
di 3 €.
Il prezzo di equilibrio, naturalmente non sarà raggiunto subito; vi sarà un perio-
do di oscillazioni intorno al valore esatto prima che il prezzo si stabilizzi definitiva-
mente e l’offerta uguagli la domanda. Qualunque altro valore non è in equilibrio:
infatti ad un prezzo più elevato (4 €), vi sarebbe un eccesso di offerta rispetto alla
domanda e la quantità in eccesso rimarrebbe invenduta.
I produttori, quando si accorgono delle giacenze, cominciano a ribassare i prez-
zi per vendere di più (incremento della domanda); così il prezzo si muove verso la
posizione di equilibrio.
Viceversa, ad una cifra inferiore a quella di equilibrio (2 €), la domanda supera
l’offerta, il prezzo tende ad aumentare per portarsi sulla posizione di equilibrio.

84
CAPITOLO 2

 L’Amministrazione
Le informazioni economico-finanziarie, oltre ad essere un necessario adempimento
rispondente a precise norme giuridiche, rappresentano una risorsa importante per
conoscere e giudicare la gestione dell’azienda. Il quadro generale economico finan-
ziario, inoltre, è indispensabile per comprendere i punti di forza e di debolezza di
un’azienda, per impostare in modo più razionale le scelte collegate alla sua attività.
La Funzione Amministrazione (o Funzione Amministrativa) attua le operazioni
di contabilità e controllo di tutta l’attività aziendale, per permetterne il consegui-
mento degli obiettivi in termini finanziari ed economici.
Dell’aspetto finanziario è significativo conoscere l’andamento dei flussi delle
entrate e delle uscite, per accertarne il corretto svolgimento ai fini del loro equilibrio.
Dell’aspetto economico si vuole conoscere l’andamento nel tempo
Reddito
dei costi e dei ricavi, derivanti dalle operazioni finanziarie svolte dal- introito, in denaro,
l’azienda con l’esterno, attraverso gli scambi di mercato. La dinamica che ottiene un’azien-
dei costi e dei ricavi determina la produzione del reddito, fonda- da in un certo inter-
vallo di tempo
mentale risultato della gestione dell’impresa.
Per questo è importante la rilevazione, ovvero la registrazione fedele e giornalie-
ra di tutte le attività dell’impresa dal punto di vista monetario, allo scopo di
conoscere e controllare la gestione. L’intero complesso di tutte queste operazioni
svolte dalla Funzione Amministrazione costituiscono l’argomento di cui si occupa
il bilancio.
Il bilancio di società è un sistema di valori che definisce la situazione economi-
ca e patrimoniale di un’impresa. Esso può riguardare il solo capitale dell’azienda
visto sotto vari aspetti; si può avere allora il bilancio di cessione, che considera il capi-
tale economico (come oggetto di cessione in blocco nella sua capacità di produrre
reddito), il bilancio di liquidazione, riferito al capitale di liquidazione (come insie-
me di elementi patrimoniali oggetto di realizzo o di estinzione) ed altri ancora.
Quello che però ogni azienda redige a fine anno lavorativo è sicu-
ramente il bilancio d’esercizio che, oltre al capitale di funziona- Bilancio
mento, considera il reddito conseguito nel periodo amministrativo d’esercizio
immediatamente precedente. Il bilancio di esercizio è composto dallo sistema di valori che
definisce la situazio-
“Stato Patrimoniale” e dal “Conto Economico”. ne patrimoniale di
L’articolo 2423 del Codice Civile, che esprime le finalità del bilan- un’azienda
cio, dice testualmente: “Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e
deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finan-
ziaria della società ed il risultato economico dell’esercizio”.
 Lo stato patrimoniale offre la composizione del capitale di funzionamento inte-
so come il sistema di valori attribuito agli elementi patrimoniali (finanziari e non)
attivi (entrate) e passivi (uscite) a disposizione dell’impresa per lo svolgimento degli
esercizi futuri.

85
 Il conto economico offre la composizione dei costi e dei ricavi e la misura del
risultato economico dell’esercizio (reddito).
Il bilancio viene redatto dai membri del Consiglio di Amministrazione, presen-
tato in sede di assemblea ed approvato.
La copia del bilancio viene depositata nella sede della società quindici giorni
prima della sua presentazione in assemblea per l’approvazione.
In questo periodo i soci possono prendere visione del bilancio e decidere, in fase
di approvazione, di distribuire gli utili, o destinarli ad altro utilizzo.
Approvato il bilancio, una copia dello stesso deve essere depositata presso l’uffi-
cio del registro delle imprese.
Tutte le operazioni che vengono svolte dall’amministrazione devono essere regi-
strate in libri particolari denominati “libri contabili”, di cui i fondamentali sono il
“libro giornale” e il “libro degli inventari”.

☞ L’inventario
L’operazione di accertamento della consistenza di un determinato oggetto più o
meno complesso, nel caso specifico di un determinato patrimonio, prende il nome
di inventario. Questo richiede le fasi di ricerca, classificazione, descrizione, valuta-
zione (misurazione) e rappresentazione.
Vi sono vari tipi di inventari: in base al grado di obbligatorietà, in funzione della
ricorrenza e dell’entità del patrimonio.
In base al grado di obbligatorietà si hanno inventari “obbligatori” e “facoltativi”.
I primi sono imposti dalla legge civile e da quella fiscale; la legge civile (art. 2217
del Codice Civile) dispone che: “l’inventario deve redigersi all’inizio dell’esercizio
dell’impresa e successivamente ogni anno, e deve contenere l’indicazione e la valu-
tazione delle attività e delle passività relative all’impresa, nonché delle attività e delle
passività dell’imprenditore estranee alla medesima”. Gli inventari facoltativi vengo-
no redatti ogni qualvolta si ravvisi la necessità di accertare la consistenza anche solo
di una parte del patrimonio aziendale.
In base alla ricorrenza degli inventari, questi possono essere distinti in “ordina-
ri” e “straordinari”. Gli inventari ordinari sono redatti periodicamente, a date più
o meno fisse, come ad esempio l’inventario di magazzino che si redige a fine anno
per la valutazione delle materie in rimanenza. Gli inventari straordinari sono ese-
guiti una tantum, quando risulta necessario, e possono essere: di costituzione, falli-
mentari, di liquidazione, di fusione.
Un’altra distinzione, basata sull’entità del patrimonio, classifica gli inventari in:
“generali” e “parziali”; quelli generali si riferiscono a tutto il patrimonio (come l’in-
ventario obbligatorio per legge), quelli parziali, invece, solo a una parte (come nel
caso dell’inventario di magazzino).

86
CAPITOLO 3 Gestione dei processi produttivi
Gestione - Reddito - Bilancio - Le operazioni dei processi pro-
duttivi - Politiche d’impresa - Marketing - La funzione produttiva
- Flussogrammi operativi.

 La Gestione
La gestione di un’azienda comprende tutte le attività che vengono svolte dai vari
organi direttivi per raggiungere gli obiettivi prefissati a priori.
Per gestire con profitto una società è necessario definire con chiarezza gli obiet-
tivi, le politiche d’impresa (vedi: Politiche d’Impresa), le scelte economiche (vedi:
Reddito, Stato Patrimoniale e Conto Economico), e le procedure per la realizzazione e
il controllo della produzione (vedi: Qualità e Certificazione di Qualità).
In sintesi, per gestione s’intende considerare l’insieme delle operazioni finanzia-
rie (vedi: schema generale delle operazioni finanziarie produttive) necessarie per rea-
lizzare e vendere il prodotto con un utile netto soddisfacente.
Le principali operazioni di gestione sono sostanzialmente: finanziamento (capi-
tale di finanziamento), acquisto dei fattori produttivi (investimenti), trasformazio-
ne, vendita del prodotto.
La gestione viene divisa nel tempo in intervalli uguali, coincidenti di norma con
l’anno solare. Fanno eccezione tutte le imprese stagionali, oppure
quelle imprese che iniziano la nuova gestione non nel mese di Esercizio
periodo al quale
Gennaio, come le aziende agrarie che iniziano il giorno 11 Novembre, viene riferito l’insie-
oppure lo Stato che chiude il 30 Giugno. Questo periodo ammini- me delle entrate e
strativo, e la sua relativa gestione, prende comunemente il nome di delle uscite di un’a-
zienda
esercizio.
L’acquisizione dei fattori produttivi è caratterizzata da un’uscita di moneta, men-
tre la vendita dei prodotti da un’entrata; pertanto i costi sono gli esborsi monetari
che l’azienda sostiene per acquisire i fattori produttivi e quindi per la realizzazione
del prodotto finito, mentre i ricavi sono gli introiti monetari ottenuti con la vendi-
ta del prodotto.
Da notare che si è supposto che l’acquisto e la vendita avvengano con pagamen-
to in contanti, mentre è più frequente il regolamento con pagamento dilazionato,
si vengono così a formare i debiti verso i fornitori ed i crediti verso i clienti.
Una forma di pagamento molto in uso è quella denominata a 30, 60, 90 giorni,
cioè il cliente ritira il giorno stesso la merce e poi la pagherà dopo 30, 60, 90 gior-
ni con un interesse medio rispettivamente dell’1, 2, 3 per cento.

87
La gestione aziendale risulta in equilibrio economico quando i ricavi
 (o utile lordo) coprono i costi totali (costo complessivo) e lasciano al titolare un
margine per un compenso soddisfacente al titolare.
 Tale margine, denominato guadagno (o utile netto) permette di gestire l’azienda
tramite l’equazione dell’equilibrio economico:

costi + guadagno = ricavo


Se questa non è soddisfatta, si genera il disequilibrio economico, con intuibili
conseguenze negative.
Analizzando la stessa equazione in modo diverso, se ne ricava che il
guadagno è la differenza fra i ricavi e i costi (guadagno = ricavi - costi); se i ricavi
superano i costi si ha un reddito positivo, denominato utile netto, viceversa si ha un
reddito negativo, denominato deficit (o perdita).

Costi (C) Ricavi (R)

Costi dei fattori di Costi dei fattori Ricavi di Ricavi


esercizio utilizzati plurienn. utilizzati vendita complementari

Costi di esercizio Quote di ammortam.

REDDITO

Deficit (R < C) Utile Netto (R > C)

88
CAPITOLO 3

In senso lato, il reddito è il risultato della conduzione dell’azienda ed è rappre-


sentato dalla variazione, positiva o negativa, che subisce il capitale d’im-
presa durante la sua gestione. Questa si conclude, dunque, con un red- Reddito
dito che scaturisce nel modo illustrato dallo schema di pagina 98. denaro che un’azien-
A fine esercizio, la gestione dell’azienda può avere un deficit o un da realizza in un
certo intervallo di
utile netto. Il deficit determina una diminuzione del capitale dell’a- tempo (reddito posi-
zienda, l’utile netto determina un incremento nell’ammontare del tivo)
capitale impiegato nella gestione.
Nel caso di un utile netto, l’Alta Direzione può dunque disporre di una certa
somma e decidere come meglio utilizzarla. Sostanzialmente può prendere due vie:
intascato interamente dai soci in funzione della percentuale di proprietà, oppure al
finanziamento dell’azienda (autofinanziamento). Generalmente la scelta più fre-
quente risulta quella di ripartire la somma in parte fra i soci e in parte per autofi-
nanziamento.
Con l’inizio del nuovo esercizio, l’impresa riapre tutti i conti ed inizia una nuova
gestione.
Per rappresentare in maniera più completa il capitale e il reddito, è
necessario redigere due diversi prospetti relativi al conto del patrimo- Bilancio
prospetto che com-
nio e al conto del reddito, che prendono rispettivamente il nome di prende lo stato patri-
stato patrimoniale e conto economico (denominato anche conto moniale e il conto
profitti e perdite, anche se quest’ultima denominazione non è più uti- economico, tramite il
quale si ricava il red-
lizzata). Il prospetto completo che li comprende tutti e due, corri- dito
sponde al bilancio.
Fare il bilancio significa comporre lo stato patrimoniale per dimostrare come è
composto il capitale (quindi il patrimonio dell’azienda) e il conto economico per
dimostrare come è fatto il reddito (entrate e uscite). Tutte queste operazioni vengo-
no svolte dall’Amministrazione.
Riprendendo in esame l’equazione dell’equilibrio economico C + G = R, affin-
ché questa sia costantemente soddisfatta, l’azienda deve continuamente ricercare
un’armonia fra le quantità di acquisto (costi dei fattori produttivi) e le quantità di
vendita dei prodotti (ricavi ottenuti) in modo che ne consegua sempre un margine
di guadagno senz’altro soddisfacente e remunerativo, tenuto conto del contesto in
cui opera.
Una tale ricerca non è affatto semplice, in quanto gli elementi in gioco sono assai
sensibili ed interdipendenti; si trovano in continuo movimento a causa di moltepli-
ci forze, interne e soprattutto esterne all’azienda, palesi, ma molto più spesso
occulte. Una variazione che si verifica nei costi, ad esempio, si ripercuote necessa-
riamente sui ricavi.
Nella gestione di un’azienda occorre, dunque, da una parte tenere sotto control-
lo i prezzi di acquisto e i rendimenti dei fattori produttivi (che originano i costi di

89
SCHEMA GENERALE DELLE OPERAZIONI DEI PROCESSI PRODUTTIVI

90
remunerato con restituito con
l’utile di esercizio gli interessi

bancari diversi
debiti di finanziamento

dal titolare per una dai soci nell’azienda


azienda individuale a forma di società dalle banche da altri finanziatori

apportato prestato

CAPITALE SOCIALE formato da CAPITALE DI CREDITO

CAPITALE FINANZIARIO

ACQUISTO DEI
FATTORI PRODUTTIVI

CAPITALE FISSO CAPITALE CIRCOLANTE


fattori strutturali fattori di esercizio
Materiali: Immateriali: Fattori anticipati Fattori correnti
arredi progetti di esercizio di esercizio
impianti brevetti
immobili studi d’impianto
automezzi
macchinari utilizzo completo
2 parte utilizzata parte da utilizzare
nella produzione 3 in futuro ed immediato
1
parte utilizzata
nella produzione TRASFORMAZIONE

PRODOTTO (R>C)
UTILE
NETTO
VENDITA RICAVI
parte da utilizzare
in futuro
(da ammortizzare
negli esercizi futuri) REDDITO

COSTI
COMPLESSIVI PERDITA
(R<C)
Quota di COSTI DI PRODUZIONE
Ammortamento

2 3 non di
di competenza anticipati 1 correnti
competenza
CAPITOLO

Costi Pluriennali

91
3

d’investimento Costi di esercizio


produzione), dall’altra i prezzi di vendita e le quantità vendute (che generano i rica-
vi di vendita). La differenza fra il ricavo (definito anche utile lordo) e i costi, gene-
ra un utile netto (guadagno), che deve essere superiore al tasso corrente d’interesse.
La difficoltà di realizzare una situazione propizia per l’equilibrio economico ed il
suo mantenimento, si traduce nel rischio.
In termini generali, il rischio, è l’eventualità che le condizioni favorevoli ad un
determinato evento non si verifichino, compromettendo pertanto la sua riuscita;
nella fattispecie, che le condizioni favorevoli all’equilibrio economico non si realiz-
zino (o si verifichino solo in parte) compromettendone l’ottenimento.
I rischi cui è soggetta l’attività aziendale possono essere in via generale:
• rischio di rendimento (nell’eventualità che i fattori produttivi si combinino in
maniera peggiore a quanto programmato);
• rischio di mercato (nell’eventualità che le vendite dei prodotti risultino inferio-
ri a quelle prospettate);
• rischio di inflazione (a causa dell’aumento oltre il previsto dei costi per l’acqui-
sizione dei fattori produttivi);
• rischio di deflazione (diminuzione dei prezzi di vendita dei prodotti, contraria-
mente ad ogni aspettativa).
Naturalmente è quanto mai opportuno che i vari rischi siano fronteggiati prima che
i loro negativi effetti si ripercuotano sulla gestione, alterandone in modo sfavorevo-
le l’equilibrio economico.
Ciò può essere fatto mediante l’assicurazione (pur non essendo assicurabili tutti
i tipi di rischi), oppure si può ricorrere alla traslazione sugli utenti, con l’aumento
dei prezzi di vendita, cosa tuttavia non sempre possibile. Rimane la prevenzione,
ovvero si deve prevenire il manifestarsi degli effetti negativi dei rischi.
A tale scopo è necessario un accurato ed assiduo controllo della gestione. L’Alta
Direzione deve stabilire con cura i programmi (Funzione Programmazione) e veri-
ficarne di frequente la validità, accertandosi che la linea tracciata sia ancora la più
conveniente da seguire, nonostante le modifiche intervenute all’interno e all’ester-
no dell’azienda (vedi “Politiche d’Impresa”).
Occorre, dunque, che la gestione non sia mai lasciata a sé stessa, in balìa delle
forze che agiscono negativamente, ma si attuino programmazione e controllo che
costituiscono le direttive fondamentali per un’azienda che voglia rimanere compe-
titiva sul mercato.
Nella vita di un’azienda possono verificarsi delle “situazioni dinamiche” che,
come tali, sono generalmente mutevoli.
Le situazioni di equilibrio favoriscono lo sviluppo dell’attività aziendale; sono
caratterizzate dal felice andamento del mercato, da una soddisfacente remunerazio-
ne dei fattori produttivi, oltreché dalle positive prospettive economiche e finanzia-
rie rivolte verso il futuro.

92
CAPITOLO 3

Tali situazioni oscillano entro una vasta zona, che costituisce la zona di equili-
brio dell’azienda, delimitata superiormente dai punti di massimo equilibrio (ove si
raggiunge la massima economicità) ed inferiormente dai punti di minimo equilibrio
(minima economicità).
È evidente che quando il moto è indirizzato verso i punti di massimo equilibrio,
il sistema opera in una certa condizione di sicurezza. Vi è una soddisfacente remu-
nerazione dell’attività produttiva, con un compenso al soggetto economico anche
notevolmente elevato.
Quando il moto aziendale tende verso le posizioni di minimo equilibrio, la situa-
zione dell’azienda, nonostante operi tuttora nella zona di equilibrio, può essere più
grave di quando le situazioni dinamiche la pongono nella zona di disequilibrio, poi-
ché le forze di difesa non sono state ancora allertate e sollecitate, mentre sono già
agenti le forze negative che alimentano una potenziale crisi.
Si rende perciò necessario assumere urgenti ed opportune iniziative per far fron-
te a tale sfavorevole andamento ed impedire il superamento dei punti di minimo
equilibrio.
Nello schema generale delle operazioni finanziarie produttive (pagina 90 e 91)
sono riportate tutte le fasi fondamentali della gestione di un’azienda: dall’acquisto
dei fattori produttivi alla vendita del prodotto finito con i relativi ricavi.

 Politiche d’impresa
Per condurre nel modo più efficiente un’azienda secondo convenienza economica,
al fine di garantire positive prospettive per la sua esistenza, è indispensabile definire
nella maniera più chiara possibile l’ordinamento direttivo (organigramma) per
garantire il miglior collegamento fra gli organi direttivi (amministratori, direttori,
capi reparto) e le varie funzioni.
Questa definizione deve avvenire secondo una logica distribuzione di autorità
(diritto a comandare) e responsabilità (obbligo di eseguire i compiti assegnati dai
superiori con sufficienti garanzie sul proprio operato). In altre parole bisogna redi-
gere un organigramma chiaro e funzionale che risulti efficacemente operativo.
Nel momento in cui si parla di azienda, si parla automaticamente di obiettivi che
l’impresa si propone di raggiungere, i quali sono direttamente collegati alla società
entro la quale essa opera, società caratterizzata da una mutevole fisionomia.
Pertanto è necessario che l’impresa sia costantemente mossa da nuove motiva-
zioni, per conseguire risultati sempre migliori e non si adagi su quanto di valido
presuma di avere realizzato. La società deve sempre essere pronta a percepire e con-
siderare ogni novità o innovazione, non limitata certo alle sole tecniche di produ-
zione.

93
Gli obiettivi da raggiungere sono individuati tramite studio e valutazione dei
rapporti col pubblico esterno all’azienda. La disciplina che si occupa di un tale stu-
dio viene definita “pubbliche relazioni”.
Il programma di pubbliche relazioni, insieme ad uno specifico esame del merca-
to (Marketing) per valutarne le caratteristiche e le tendenze, permette di stabilire gli
obiettivi e di formulare appropriate politiche d’impresa, in sintonia con le richieste
della società.
Le politiche d’impresa, dunque, corrispondono alle scelte aziendali per acquisi-
re sempre nuovi clienti per dare continuità alla crescita dell’azienda. Il Consiglio di
Amministrazione dopo avere definito gli obiettivi organizza il piano da attuare dis-
tribuendo opportunamente le autorità e responsabilità per il conseguimento degli
obiettivi prefissati. Periodicamente, in particolare a fine esercizio, effettua le opera-
zioni di controllo e decide di perseguire o modificare le proprie politiche d’impresa
in relazione ai risultati conseguiti (vedi anche Alta Direzione).
Per l’azienda operante nel settore grafico i rapporti con l’esterno sono rivolti
principalmente verso i fornitori, i rappresentanti, i clienti e più in generale verso la
massa.
Nei rapporti con i fornitori bisogna fare una precisa distinzione fra piccole e
grandi aziende; mentre le prime subiscono il prezzo di mercato, le seconde fanno si
che siano i fornitori stessi ad essere in gara fra loro e ottenere così le migliori con-
dizioni sia di prodotto che di prezzo.
Per i rappresentanti bisogna fare una distinzione in relazione al tipo di rapporto
che l’azienda ha stabilito, in quanto i vari contratti di lavoro risultano diversi. Ad
esempio, i rappresentanti che risultano dipendenti dell’azienda percepiscono una
retribuzione mensile più eventuali incentivi sulle vendite effettuate; i liberi profes-
sionisti, invece, percepiscono generalmente una percentuale sul fatturato dei clien-
ti da questi procurati.
Anche nei rapporti con i clienti è necessaria una distinzione fra i clienti diretti e
i clienti potenziali: i clienti diretti vengono gestiti dall’azienda stessa (come per le
aziende su commessa), è molto frequente, infatti, trovare nell’organigramma un
ufficio specifico per questa funzione (ufficio clienti); per i clienti potenziali, inve-
ce, è necessario uno studio del mercato più approfondito per acquistarne un nume-
ro sempre maggiore.
Nei rapporti con la massa, il discorso si fa molto più complesso. Se per massa
s’intende tutto l’insieme di pubblici che compongono la massa stessa, allora è bene
fare delle distinzioni, ad esempio, in categorie: le persone che appartengono allo
stesso ceto sociale, il pubblico dei professionisti, delle massaie, degli studenti, dei
bambini, eccetera.
Con il termine generico “pubblico” s’intende una ben nota categoria di persone.
In questo caso, lo scopo dell’azienda è quello di capire i bisogni, attuare adeguate

94
CAPITOLO 3

politiche d’impresa, seguire da vicino le sorti della produzione, divulgare i propri


prodotti fino a farli desiderare dal pubblico il quale sarà quasi costretto (nel senso
di enorme desiderio) ad acquistarli.
Grazie a un ottimo livello di relazioni sociali, si riescono a raggiungere gli obiet-
tivi, passando attraverso una serie di politiche d’impresa.
Qualche esempio reale di alcune case editrici può chiarire meglio cosa significhi
attuare un’adeguata politica d’impresa o, ancora meglio, modificarne una che non
ha dato i risultati sperati.
1° ESEMPIO
Negli anni Settanta, una casa editrice vuole favorire l’educazione di ogni strato
sociale e si prefigge di attuare una politica d’impresa che soddisfi i bisogni di tutti i
ceti sociali offrendo adeguate pubblicazioni.
Decide, dunque, di pubblicare scritti su argomenti di vario genere, graduati
nelle difficoltà, che possano interessare il maggior numero di persone, nei vari livel-
li d’istruzione e di cultura, tramite un numero variabile di edizioni sia nella qualità
che nell’argomento.
Una volta stabiliti i livelli corrispondenti a quel tipo di educazione attraverso
un’indagine di mercato, la casa editrice stabilisce il numero approssimativo delle
persone appartenenti al singolo livello e, conosciute le attività, i passatempi, gli inte-
ressi, il grado di cultura delle persone considerate, viene dato il via alla produzione.
L’editore, che ormai dispone di tutti i dati occorrenti, inizia una produzione assai
diversificata e di qualità elevata, coprendo così un’ampia gamma di interessi ed
argomenti, dall’editoria popolare ed economica alle pubblicazioni scientifiche e di
arte.
Da un’indagine svolta risulta, tuttavia, che buona parte del pubblico è interessa-
to alla narrativa e pochi, invece, alla lettura di opere impegnative. L’editore, allora,
adegua la politica d’impresa, sviluppando un programma specifico di narrativa
breve; con ciò ottiene uno strepitoso successo, coinvolgendo ogni libreria e perfino
le edicole che, date le richieste, hanno difficoltà nel mantenersi sempre fornite di
tutte le pubblicazioni.
2° ESEMPIO
Un’altra casa editrice italiana, per un certo periodo, attua una politica d’informa-
zione, di nuova cultura per un pubblico nuovo.
Il programma è così sviluppato: nuova cultura, cioè discipline diverse da quelle
tradizionali, nuovo pubblico, cioè non più un pubblico che appartiene ad un certo
strato sociale privilegiato, bensì un pubblico eterogeneo che vede la lettura come
strumento di ricerca e che viene individuato soprattutto fra i giovani i quali, però,
acquistano poco in quanto dispongono di pochi mezzi finanziari.

95
Allora la politica d’impresa diventa quella di pubblicare opere nuove su discipli-
ne come psicologia, sociologia, antropologia, etnografia, a basso prezzo affinché le
pubblicazioni siano accessibili a larghi strati sociali.
Anche in questo caso, senza un’opportuna indagine di mercato non si verrebbe
a conoscenza dei bisogni nascosti del nuovo pubblico che, stimolato e indirizzato
opportunamente, risponde brillantemente alle proposte offerte dalla casa editrice.
Visto l’ottimo risultato, l’editore spinge la propria politica più avanti, iniziando
la pubblicazione di una collana dedicata alle opere tradizionali come storia e filo-
sofia, affinché le vecchie discipline non vengano a trovarsi in una condizione di infe-
riorità.
Così facendo, la casa editrice collega le richieste del pubblico dei giovani con
quelle del pubblico dei pensatori, in modo che il primo si possa interessare ai pro-
blemi del secondo e viceversa, aumentando di conseguenza i singoli bisogni lettera-
ri e quindi il numero delle opere acquistate.
Se l’impresa saprà rimanere in consonanza con i desideri della gente e modifica-
re opportunamente le politiche da seguire, garantirà nel tempo l’efficacia della poli-
tica intrapresa inizialmente.

3° ESEMPIO
Come ultimo esempio si può considerare quello della casa editrice che nota l’inte-
resse degli italiani per le enciclopedie e ritiene che la loro scarsa diffusione sia da
attribuire all’elevato costo.
Pensa allora di pubblicare un’enciclopedia diluendo nel tempo la sua distribu-
zione (singoli fascicoli settimanali), permettendo così a tutte le classi sociali di for-
marsi una propria enciclopedia con piccole spese diluite nel tempo. L’iniziativa ha
un tale successo che molte altre case concorrenti attuano la stessa politica, tutt’oggi
molto sviluppata e fortemente specializzata in monografie.
Questo particolare esempio permette di concludere come la politica d’impresa
influenzi in misura sostanziale la società; infatti il notevole numero di opere in fasci-
coli attualmente in commercio, fornisce agli italiani un piacevole metodo per
ampliare le proprie conoscenze e la propria cultura.
Nessuna impresa più di quella grafica è direttamente collegata alla cultura di un
popolo, avendo come obiettivi la comunicazione, l’istruzione e l’affinamento del
gusto di una nazione.
Come la cultura ha infiniti aspetti, così sono infinite le possibilità che si offrono
all’impresa grafica purché sappia adottare le giuste politiche d’impresa per rimane-
re sempre competitiva sul mercato.

96
CAPITOLO 3

 Il Marketing
Il marketing è una disciplina da considerare come funzione aziendale (Funzione
Mercatistica), volta a individuare i bisogni insoddisfatti delle persone, per valutarne
l’entità, definirli con maggior esattezza e determinare poi i mercati d’interesse, non-
ché i prodotti o servizi atti a soddisfare le esigenze che si sono manifestate o si vanno
manifestando.
Il marketing svolge, dunque, un ruolo di raccordo fra i bisogni del pubblico e il
sistema produttivo di cui è dotata la società cui il pubblico stesso appartiene.
Il marketing nasce nell’ambito specifico del settore commerciale, ma si evolve
rapidamente fino ad assumere l’attuale fisionomia di attività fondamentale per la
stessa sopravvivenza dell’intero sistema organizzativo. Basti considerare il suo signi-
ficato più ampio di funzione tendente a definire le caratteristiche del prodotto, al
fine di realizzare produzioni capaci di sfruttare in maniera ottimale le risorse dispo-
nibili, e soddisfare al meglio le richieste del mercato finale di consumo.
Il marketing conduce quindi ad un’evoluzione delle politiche d’impresa e al loro
graduale adattarsi alle nuove strutture economiche, sociali, culturali. Per questo,
non va visto solo come un complesso di operazioni commerciali intese a favorire il
trasferimento, tramite la vendita di merci o di prodotti dal produttore al consuma-
tore.
È evidente che in situazioni particolari di mercato, ad esempio inizio di satura-
zione, quest’ultimo aspetto si manifesti appieno e l’impresa tenda a potenziare la
propria azione di vendita, innescando sistemi promozionali per condizionare favo-
revolmente il consumatore.
Comunque sia, nel suo ciclo operativo, il settore commerciale deve in primo
luogo svolgere ricerche di mercato tendenti a stabilire le caratteristiche del prodot-
to e le quantità previsionali assorbibili, in funzione sempre del rapporto
qualità/prezzo e con riferimento a quanto offerto dalla concorrenza.
L’azienda sarà poi interessata alla fase promozionale e pubblicitaria relativa allo
sviluppo delle vendite, infine al vero e proprio trasferimento ai consumatori.
La ricerca di mercato è definita come lo studio e la valutazione continua e siste-
matica di tutti i fattori che possono influire su qualsiasi operazione commerciale che
comporta il trasferimento di beni dal produttore al consumatore compresi gli even-
tuali intermediari. Naturalmente si valuta la situazione di fatto della domanda e del-
l’offerta relativa al bene in oggetto.
I dati raccolti nella fase d’indagine e di ricerca di mercato influenzeranno, quin-
di, tutti gli aspetti del fenomeno produttivo. L’esatta impostazione del progetto, del
piano di produzione e della valutazione dei costi, al fine di un corretto calcolo dei
prezzi, si potranno sviluppare soltanto quando saranno note le caratteristiche di ciò
che il mercato domanda e si aspetta dal nuovo prodotto.

97
Allora sarà possibile avviare effettivamente il ciclo di produzione, giungendo poi
all’ultimo atto, il momento delle vere e proprie vendite.
Queste saranno normalmente sostenute dalle così dette “azioni promozionali”,
definibili come l’insieme di attività che in qualunque modo legale tendano ad
aumentare il volume di produzione recepito dal mercato. Queste promozioni che,
agendo direttamente sul pubblico mediante un’azione informativa e di persuasione,
anche occulta, suscitano sensazioni di indilazionabile bisogno dei beni offerti.
È questa la fase in cui si opera sia attraverso la pubblicità, con la quale si tende
a spingere le persone verso una determinata decisione d’acquisto, sia mediante la
propaganda cercando, cioè, di modificare a proprio ed esclusivo vantaggio l’opinio-
ne degli acquirenti.
L’ultimo momento, infine, cioè quello relativo alle vendite, vede impegnata l’a-
rea commerciale con i suoi canali di distribuzione e l’intera organizzazione di ven-
dita.
Il marketing rappresenta ormai uno strumento d’importanza strategica per tutte
le aziende che intendono consolidare ed aumentare la propria presenza sul mercato
poiché lo scopo principale di un’attività di marketing è quello di conoscere, antici-
pare e soddisfare le esigenze della clientela nei mercati specifici.
L’industria grafica, però, non sembra essere particolarmente ricettiva verso le atti-
vità di marketing.
Fino a dieci quindici anni fa, le aziende operanti nel settore grafico (fotolito,
fotocomposizioni, tipografie, stamperie) potevano svolgere la propria attività sem-
plicemente gestendo la domanda di lavoro (commessa), senza dover necessariamen-
te svolgere alcuna funzione di marketing.
Dall’inizio degli anni Novanta sono avvenuti sostanziali mutamenti dovuti al
rinnovamento tecnologico (si pensi all’area di prestampa o alla stampa digitale).
Questo ha comportato una forte competizione sul mercato al punto tale che risul-
ta veramente difficile per un’azienda grafica gestire la propria clientela con i vecchi
metodi.
Il passaggio fra il vecchio e il nuovo modo di operare non può certamente
essere immediato. Inizialmente ci si può affidare ad un team di professionisti che
svolgano i compiti che, nelle aziende provviste della funzione di marketing sono
assolti da personale altamente qualificato.
In questo tipo di mercato, altamente competitivo, le aziende che saranno in
grado di raggiungere la maggiore clientela possibile, sfruttando la propria offerta e
la propria struttura in modo efficiente ed efficace, potranno garantirsi l’aumento
della propria quota di mercato.

98
 La Funzione Produttiva
All’inizio del corso è stata data la definizione dei beni. Aggiungiamo ora che si defi-
nisce utilità di un bene la sua attitudine a soddisfare i bisogni, e grado di utilità l’in-
tensità di soddisfazione che esso può procurare.
La grande varietà dei beni (prodotti) corrispondenti alla altrettanto grande varie-
tà dei bisogni, rende opportuno il loro raggruppamento in alcune classi. Assunto
come parametro discriminatore il comportamento, i prodotti si distinguono in:
 prodotto finito (o finale), quel prodotto il cui stato è atto a soddisfare diretta-
mente e immediatamente un bisogno, senza la necessità di ulteriori trasformazioni;
 semilavorato, (o intermedio), quando è destinato ad altre lavorazioni di ultima-
zione prima di essere utilizzato;
ausiliario (o strumentale) se lo scopo non è un’utilità diretta (consumo), ma l’u-
tilizzo come strumento per produrre altri beni o servizi.
Naturalmente tale distinzione non è assoluta perché uno stesso bene può iscriversi
in più categorie, a seconda dei casi (la pellicola può essere considerata come prodotto
finito per un service di fotolito e semilavorato per un’azienda a ciclo completo).
I prodotti vengono denominati in maniera diversa a seconda del loro utilizzo e
del tipo di lavorazione che subiscono, così si definiscono materie prime quei pro-
dotti che la natura, o l’industria di base, mette a disposizione dell’uo-
mo il quale li sottopone a successive trasformazioni ottenendo i semi- Materie
lavorati, i quali subiranno le definitive lavorazioni per ottenere i pro- prime
prodotti indispensa-
dotti finiti. bili alla produzione
In pratica, materie prime, semilavorati e prodotti finiti possono per ricavare i semila-
essere interscambiati in riferimento alla particolare industria e al suo vorati e successiva-
mente i prodotti finiti
relativo ciclo di produzione.
Le altre materie dette ausiliarie (o accessorie) concorrono all’ela-
borazione delle principali e sono distinguibili in: dirette (se intervengono diretta-
mente nel ciclo di produzione e si ritrovano nel prodotto, come i materiali chimici
per la realizzazione di lastre o pellicole), indirette (quando non intervengono nel
ciclo ma sono necessarie per la sua realizzazione, come tutti i materiali di manuten-
zione e pulizia indispensabili durante il ciclo di produzione dello stampato). I pro-
dotti costituiscono lo scopo principale dell’industria, mentre i sottoprodotti posso-
no considerarsi come prodotti secondari in quanto involontariamente, ma necessa-
riamente ottenuti nella fabbricazione di quelli principali.
Vi sono poi gli scarti che sono prodotti che non hanno caratteristiche tali da ren-
derli idonei all’uso cui erano destinati.
Di questi scarti, alcuni possono essere riciclati come ritagli o refili di carta, altri
devono obbligatoriamente essere raccolti (stoccaggio) in opportuni contenitori e con-
segnati ad aziende specializzate per lo smaltimento di materiale nocivo o tossico.

99
Prodotti

Materie Prime Materie Ausiliarie

dipendenti dal indipendenti dirette indirette


prodotto dal prodotto

Semilavorati

Prodotto Finito Scarti

Trattamenti Recupero

stoccaggio depurazione ritagli refili

Se poi negli scarti sono presenti sostanze che necessitano di particolari tratta-
menti di depurazione (come ad esempio i solventi degli inchiostri, o le sostanze uti-
lizzate per la fabbricazione della carta) o l’azienda è provvista delle adeguate attrez-
zature antinquinanti, oppure si affida anche in questo caso ad aziende specializzate
per lo smaltimento dei rifiuti.

100
CAPITOLO 3

☞ Generalità sul sistema produttivo


La produzione viene generalmente effettuata in un impianto industriale, cioè un
complesso di opere edili, meccaniche e di altro tipo, indispensabili allo svolgimen-
to di qualsiasi attività produttiva.
Tali opere, infatti, opportunamente coordinate, permettono di ottenere prodot-
ti finiti, partendo dalle materie prime. In alcuni casi si ottengono dei semilavorati
destinati ad ulteriori lavorazioni, sempre secondo il principio basilare del massimo
risultato col minimo dispendio dei mezzi.
Per sistema produttivo s’intende un insieme di elementi fisici, integrati ed inte-
ragenti, governati da determinate leggi per la produzione di beni o la prestazione di
servizi. Resta così evidenziata la correlazione funzionale dei componenti, finalizzata
allo specifico atto del produrre; mentre all’impianto può essere connesso un signi-
ficato più strutturale e strumentale.
Il concetto di produzione è illustrato in termini di trasformazione sia tecnica che
economica. Il sistema produttivo che tiene conto dell’aspetto puramente tecnico
vede entrare i fattori di produzione (ovvero le materie prime) e trasformarli nelle
grandezze uscenti, ovvero nei prodotti finiti caratterizzati dall’avere assunto quel-
l’insieme di proprietà richieste dagli utilizzatori.
Nel sistema produttivo visto sotto l’aspetto economico si attua, invece, una tra-
sformazione del valore dei fattori di produzione nel valore dei prodotti, sempre con
un incremento, cui è dato il nome di valore aggiunto del processo.

Fattori di
Produzione ➠ Sistema
Produttivo ➠ Prodotto
Finito

Per comprendere esattamente le caratteristiche del sistema produttivo e calcola-


re con esattezza il relativo valore aggiunto occorre conoscere: le caratteristiche dei fat-
tori di produzione (natura del bene da trasformare, luogo in cui è disponibile, forma
con cui è possibile reperirlo); le energie necessarie per effettuare la trasformazione
(attrezzature, forza lavoro, capitali, struttura organizzativa dell’azienda); i prodotti
finiti (conoscenza del mercato, possibilità di collocamento sul mercato del bene
prodotto).

101
Valori dei fattori di
trasformazione
Valori dei fattori di
trasformazione


➠ ➠➠
Valore
Valoredei
deifattori
fattori Sistema
Sistema ValoreValore
del del
didiproduzione
produzione Produttivo prodotto finito finito
prodotto
Produttivo

Noti tutti questi fattori, un’azienda è in grado di acquistare le materie prime, tra-
sformarle in semilavorati ed infine in prodotti finiti per immetterli sul mercato rica-
vando una somma che copra tutti i costi effettuati in precedenza con un guadagno
soddisfacente per il buon andamento dell’azienda.
Un processo produttivo può essere definito: semplice quando i relativi fattori di
produzione sono atti ad ottenere un solo prodotto (come le cartiere) o differenziato
quando gli stessi fattori possono essere alternativamente ed indifferentemente
utilizzati per prodotti fra loro diversi (aziende di stampa che sono contemporanea-
mente piccole case editrici che realizzano dunque sia stampati librari che commer-
ciali).

☞ Organizzazione della produzione


Per organizzazione produttiva s’intende la migliore combinazione dei fattori pro-
duttivi (uomini, macchine, impianti) adottata da un’impresa nell’esercizio delle sue
funzioni.
L’impresa deve migliorare nel tempo la propria combinazione; per questo è
necessario un esame continuo che copra l’organizzazione interna dell’azienda (linee
e metodi di lavorazione, reparti, centri di costo) e quella esterna (settore commer-
ciale, canali di distribuzione, ubicazione).
L’organizzazione ottimale è quella che permette di realizzare le politiche d’im-
presa al costo minimo. È noto che una politica deve essere formulata sulle esigenze
del mercato in cui l’impresa opera, e l’esame dell’organizzazione produttiva deve ini-
ziare con un esame generale delle condizioni esterne all’azienda per scendere poi alla
verifica particolare della sua organizzazione interna.
Punto di partenza è l’individuazione qualitativa e quantitativa del bene o servi-
zio da produrre, determinabile analizzando i mercati ai quali ci si potrà rivolgere e
le quantità che potranno essere vendute ai vari prezzi, esaminando le condizioni di
commerciabilità (rete di distribuzione, concorrenza) e cercando di prevedere l’evo-
luzione nel tempo dei predetti elementi.

102
CAPITOLO 3

In possesso di essi si potrà definire la capacità produttiva (o Capacità


potenzialità produttiva) come la quantità massima di produzione del- produttiva
l’intero impianto, quando funzioni in condizioni ottimali e senza produzione massima
arresti (ad esempio una macchina da stampa quattro colori che ha una di un impianto che
funziona in condi-
potenzialità di 15.000 copie all’ora), ovvero questa può produrre in zioni ottimali
un’ora fino a 15.000 fogli.
S’intende invece per produzione, la quantità nell’unità di tempo effettivamen-
te prodotta dall’impianto; essa potrà essere minore (per la macchina
da stampa dell’esempio precedente corrisponde a circa 10.000 copie Produzione
produzione oraria
l’ora), uguale o anche lievemente maggiore della capacità produttiva, media di un impianto
forzando l’impianto per un breve periodo.
Si consideri ora la combinazione logica dei fattori produttivi all’interno dell’a-
zienda. Le materie prime che entrano in azienda, subiscono una parziale, o totale,
trasformazione fino a diventare prodotto finito grazie ai cicli di produzione.
Per ciclo di produzione si intende la sequenza di fasi che compongono una deter-
minata lavorazione, ovvero qualunque procedimento che, partendo da una certa
materia, ne può modificare la forma, con o senza variazione di volume ed alterarne
a volte la sostanza, fino a fornire il prodotto finito (vedi anche “flussogramma com-
mittente-azienda e flussogramma commessa di lavorazione).
La fase corrisponde a un gruppo elementare di attività (come: trasporti, deposi-
ti, operazioni, controlli) necessarie per compiere una lavorazione (ad esempio la fase
di avviamento è un’operazione che coinvolge un gruppo elementare di attività del
ciclo operativo).
L’intero processo produttivo comporta quindi una sequenza di attività che non
possono essere eseguite con un ordine qualsiasi, ma devono avvenire in una succes-
sione logica e breve che tenga conto delle problematiche di tutte le varie operazioni.
Fra le attività principali, chiamate operazioni, si inseriscono attività minori quali
controlli, trasporti, che complicano la sequenza logica delle operazioni.
Un’azienda male organizzata è caratterizzata da attività minori in grande quanti-
tà e distribuite illogicamente (che potrebbe portare alla presenza di notevoli tempi
morti).
L’esame e la successiva correzione della concatenazione delle operazioni, cioè del
flusso dei materiali in lavorazione, si effettua con un procedimento definito dia-
gramma di flusso (vedi flussogrammi operativi). Esso è la rappresentazione grafica
di un processo produttivo e consiste nella rappresentazione delle differenti attività
sopra menzionate: operazioni, trasporto, controllo, deposito, di cui si compone
ogni attività industriale.

Commessa di lavorazione - Settore commerciale

103
Prima di arrivare alla produzione, ovvero al ciclo di produzione dello stampato (e
quindi alla commessa di lavorazione), è necessario procurarsi il
Commessa lavoro e quindi il cliente. Vediamo dunque quali sono le varie fasi che
di lavorazione
quartino o carpetta
si susseguono dal momento in cui il cliente fa la richiesta di lavoro
contenente tutte le (vedi flussogramma committente-azienda).
operazioni da svolge- Il cliente formula il proprio fabbisogno all’azienda (“richiesta del clien-
re per realizzare il
lavoro te”), che non è ancora l’ordine.
Dopo svariate modifiche, rifacimenti e chiarimenti da parte dell’azien-
da al cliente, il fabbisogno si trasforma in offerta da parte dell’azienda al cliente.
L’azienda redige un “preventivo di massima” in funzione del tipo di cliente: se il
cliente è già noto, se è un nuovo cliente oppure se è stato il “commerciale” a pro-
cacciarlo.
Nel primo caso l’azienda si comporterà come nei precedenti lavori (salvo modi-
fiche dovute a specifiche richieste). Se la richiesta di lavoro proviene da un nuovo
cliente, l’azienda valuterà caso per caso come comportarsi.
Nel terzo caso, invece, quando l’azienda si affida a un agente esterno (oppure
dipendente dell’azienda stessa), le trattative possono svolgersi in vari modi.
Per cominciare, forse è utile chiarire cosa si intende per “commerciale”. Il “settore
commerciale” comprende tutte quelle persone che vivono il mercato, ricercano e tro-
vano il cliente, negoziano e concludono un affare.
Una volta definito cosa si intende per settore commerciale, definiamo adesso chi
sono le persone che operano all’interno dello stesso.
Iniziamo con il “responsabile commerciale”. Nella maggior parte delle aziende
di piccole dimensioni, questo ruolo è attribuito al titolare o ad un socio. Viene rico-
nosciuto come il “motore” dell’organizzazione; oltre a cercare clienti e definire i con-
tratti deve anche avere il ruolo di uomo guida e diffondere i valori, le competenze,
lo stile e la professionalità dell’azienda allo scopo di aiutare concretamente il setto-
re commerciale nelle vendite.
Il ruolo del responsabile commerciale è certamente un ruolo difficile poiché oltre
ad essere un leader, deve possedere ottime capacità professionali. Egli infatti deve
gestire nel migliore dei modi i propri collaboratori ed applicare le adeguate politi-
che d’impresa per il successo dell’azienda.
Il “commerciale puro”, invece, è una persona che deve possedere
Commerciale un’innata propensione alla comunicazione, una spiccata attitudine a
puro “catturare” i clienti e, ovviamente, a vendere.
persona che ricerca il
cliente e lo segue nelle
Anche se la definizione può risultare semplice e banale, la realtà dei
trattative e nella rea- fatti conferma che il commerciale puro corrisponde proprio a una per-
lizzazione del lavoro sona che possiede le caratteristiche precedentemente esposte.
Nei casi di un settore commerciale ampiamente sviluppato, l’azienda
dovrà avere anche un “capo area”, ovvero colui che gestisce la strategia di vendita di

104
CAPITOLO 3

un’area ben definita ed organizza le risorse umane (il commerciale puro) per rag-
giungere gli obiettivi dell’azienda.
Il capo area oltre ad avere le caratteristiche del venditore puro, deve sapere gesti-
re i propri collaboratori assegnando ad ognuno di loro i compiti che facciano emer-
gere le potenzialità dei singoli venditori.
Il capo area inoltre, verifica periodicamente il budget prefissato (normalmente a
inizio anno) e controlla che siano rispettati i tempi e soprattutto i risultati, stabi-
lendo dei “premi di produzione” per coloro i quali hanno raggiunto (o addirittura
superato) gli obiettivi.
Dopo avere fatto un minimo di chiarezza sul termine “commerciale” e le sue
varie sfumature, comunque sia, nel caso (molto frequente) in cui la persona di rife-
rimento (il commerciale) contatta il cliente, quest’ultimo prospetta le varie possibi-
lità di realizzazione del lavoro per la propria azienda.
Quindi, tornando al flussogramma Committente-Azienda, il titolare (o chi per
lui), assieme al commerciale e consultandosi con eventuali altri tecnici redigono un
“preventivo di massima”.
A questo punto iniziano le varie trattative fra quello che era il generico lavoro di
partenza e quello che sarà il lavoro definitivo, tenendo conto dei costi di produzio-
ne e soprattutto di eventuali lavorazioni extra.
Una volta stabilito il tipo di lavoro da realizzare, il “preventivista” redige il “pre-
ventivo definitivo” tenendo conto del numero di fogli necessari per realizzare il
lavoro, le lastre, la stampa, e tutto quanto necessario per calcolare il costo totale del
lavoro e il relativo costo a copia dello stampato.
Le ultime trattative possono comportare lievi variazioni sul prezzo di vendita
(eventuali sconti, che dipendono da vari fattori e sicuramente dal tipo di cliente),
tempi di consegna (per lavori urgenti non si applica nessuno sconto ma si cerca di
consegnare nei tempi richiesti dal cliente che quasi sempre sono ristrettissimi), qua-
lità dello stampato.
Finalmente (sembra tutto semplice, ma le procedure molto spesso sono lunghe e
laboriose) il cliente firma il contratto (conferma dell’ordine) con i tempi e le proce-
dure di consegna, le modalità di pagamento e quant’altro necessario per non avere
alcun tipo di controversia.
A questo punto si può procedere con la compilazione della “commessa di lavo-
razione” (flussogramma commessa di lavorazione, pagina 115)
Ultima nota molto importante: una volta firmato il contratto, tutte le eventuali
modifiche richieste dal cliente non comprese esplicitamente sul contratto, vanno
aggiunte al preventivo, e quindi al costo totale del lavoro. Questi costi aggiuntivi
vanno fatturati separatamente e spesso possono essere causa di contenzioso fra
azienda e cliente poiché il cliente non gradisce questi “costi aggiuntivi” che quasi
sempre “crede” essere compresi nel preventivo.

105
☞ Analisi del processo produttivo
In tutti gli impianti industriali si può sempre individuare una schematizzazione
ideale dello svolgersi ordinato delle successive operazioni o fasi che, nel loro com-
plesso, realizzano lo scopo cui l’impianto stesso è destinato.
La rappresentazione grafica di tale schematizzazione (riferita ora solo alle
attività principali) viene chiamata diagramma qualitativo di lavorazione o schema
tecnologico. Oltre a questo deve essere considerato anche il diagramma quantitati-
vo (flussogramma operativo, definito anche diagramma di flusso).
Mentre il primo sarà fondamentalmente simile per tutte le industrie che si occu-
pano della stessa produzione, conseguita attraverso uguali processi tecnologici, il
secondo sarà invece differente in dipendenza della potenzialità dell’impianto e potrà
essere tracciato dopo aver definito il diagramma qualitativo, sovrapponendo a
ciascuna operazione le corrispondenti quantità occorrenti o comunque ad essa rife-
ribili. Per questo dovrà idealmente svolgersi a ritroso, partendo dalle quantità di
prodotto finito da realizzare e tener conto dei rendimenti con cui si effettuano sia
le operazioni vere e proprie sia le attività minori.
Sui due diagrammi conviene fondare lo studio, esaminando i procedimenti pos-
sibili per la produzione che si vuole attuare.
Nella maggioranza dei casi ci riferiremo a procedimenti già noti e codificati,
almeno nelle fasi essenziali, che potranno essere adottati integralmente o adattati al
caso in oggetto.
Non si può tuttavia escludere che il procedimento debba essere, per così dire,
inventato, come certamente dovrà avvenire per i nuovi prodotti.
Anche per le aziende che si basano su tecnologie già sperimentate, devono sem-
pre esaminare se il processo è l’unico possibile, ovvero non ve ne siano altri che a
parità di qualità possano risultare più convenienti.

☞ Programmazione della produzione


Per programmazione produttiva s’intende la determinazione di come, quando,
dove e quanto produrre. Tutte queste scelte vengono effettuate dalla Direzione
Generale e sono collegate direttamente alla programmazione gestionale effettuata
dal Consiglio di Amministrazione.
La programmazione produttiva definisce quindi i dettagli tecnici, i metodi più
idonei e le procedure da seguire per la realizzazione dei programmi.
Lo studio di questi dettagli permette alla fine di compilare una tabella di produ-
zione la cui forma è varia, come variabili sono i dati in essa registrati. Comunque
sia, tale tabella permette di controllare il grado di avanzamento della produzione
riferiti ai tipi, alla quantità o altro, evidenziando gli eventuali ritardi.
Nelle imprese di una certa dimensione la programmazione viene effettuata tra-

106
CAPITOLO 3

mite elaboratori elettronici ed è chiamata più propriamente “programmazione


lineare”.
Si tratta di un metodo matematico per risolvere problemi organizzativi traduci-
bili sotto forma di sistemi di equazioni matematiche che ammettono più soluzioni,
di cui alcune più economiche delle altre.
Il lavoro da svolgere consiste nel costruire un modello matematico rappresenta-
tivo della realtà che possa essere studiato per via algebrica ed il cui calcolo consenta
di prevedere l’effetto di determinate decisioni, con conseguente profitto (e quindi
sull’equilibrio della gestione aziendale), individuando le soluzioni ottimali.
Il modello, spesso, trova ostacolo nella complessità dei problemi e richiede
comunque molta attenzione e specifici studi, rivolti sia alla storia recente dell’im-
presa (con le decisioni adottate, i risultati conseguiti, le indagini sulle ragioni di tali
effetti) sia alla scoperta di possibili e più favorevoli alternative.
Una volta che la produzione sia programmata ed organizzata, può essere regi-
strata su moduli, tabelle o grafici che ne permettono successive elaborazioni e studi
comparativi.
Nel caso di un singolo lavoro, viene redatta la commessa dove risultano indica-
te le materie prime con tutte le caratteristiche desiderate, tutte le operazioni da ese-
guire, i vari tempi di esecuzione, e quant’altro necessario affinché il ciclo si svolga
nella maniera più conveniente.

☞ Curve di produzione
Le curve di produzione sono la rappresentazione grafica del fenomeno produttivo
riportato su un sistema di assi cartesiani e permettono lo studio della produzione
dell’impresa da un punto di vista statistico e matematico, molto utile per successi-
ve elaborazioni.
Sull’asse delle ascisse x è presente la variabile indipendente (ad esempio il tempo
in ore, giorni, settimane, mesi, anni), sull’asse delle ordinate y, si trova la variabile
dipendente (ad esempio la quantità corrispondentemente prodotta per ora, giorni,
settimane).
Si ottiene in tal modo, al variare della produzione, una sequenza di punti che
uniti formano una sequenza di segmenti (denominata “spezzata”), più o meno
oscillante, che permette una diretta osservazione dell’andamento del fenomeno pro-
duttivo.
Le oscillazioni sono generalmente molto forti e possono mascherare l’andamen-
to del fenomeno nel suo insieme, occorre stabilizzarle disegnando una curva più
uniforme detta curva media.
Nella figura, la curva effettiva, si ottiene unendo fra loro tutti i punti, mentre la
curva più uniforme che corre sulla spezzata è la curva media.

107
Le curve sono utilizzate a scopo di studio per la ricerca delle diverse oscillazioni
presenti: tendenziali, cicliche, stagionali, irregolari.

quantità prodotta

90
80
70
60
50
40
30
20
10
mesi

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12

Le oscillazioni tendenziali caratterizzano l’andamento generale della curva


media e mostrano perciò le variazioni complessive della produzione.
Le oscillazioni cicliche sono tali in quanto si ripetono in modo regolare ad inter-
valli uguali di tempo (in genere anni). Ad esempio, il forte aumento nella richiesta
di manifesti murali in occasione delle elezioni è un’oscillazione ciclica che si ripete
puntualmente allo scadere dei mandati elettorali.
Le oscillazioni stagionali sono quelle che si manifestano regolarmente in coinci-
denza di determinati periodi, per cui è possibile prevederle.
Le oscillazioni irregolari, infine, possono essere originate da varie cause come
lavorazioni speciali o extra, oppure da problemi all’interno dell’azienda come gua-
sti, aggiornamento del personale, eccetera.
Naturalmente le curve sono importanti ai fini di prevedere quale potrà essere nel
futuro la produzione venduta. Per questo sarà tuttavia necessario ampliare lo studio
a tutte le possibili correlazioni esistenti fra le molteplici variabili che intervengono
nel fenomeno produttivo.

☞ Studio dei tempi e metodi


Lo studio, si articola in due sezioni distinte ma intimamente connesse tra loro: stu-
dio dei metodi e studio dei tempi.
Per studio dei metodi di lavorazione s’intende lo studio delle tecnologie e pro-
cedimenti impiegati dalle maestranze nel compimento di un’attività; la conse-

108
CAPITOLO 3

guente operazione riguarda la rilevazione dei tempi necessari per compiere queste
attività.
Gli obiettivi che si propone questo tipo di studio sono quelli di: ridurre i costi,
eliminare i tempi morti, ridurre i ritardi, rispettare i termini di consegna, aumenta-
re la produzione, ridurre gli scarti, migliorare la qualità, ridurre la permanenza in
magazzino di prodotto finito.
Alla luce delle odierne esperienze, il problema ha assunto le sue giuste propor-
zioni, i due studi non sono che strumenti, due dei tanti a disposizione dell’azienda,
per l’aumento della propria produttività.
Oggi, a differenza di un tempo, si è convinti della loro perfetta armonia: non vi
può essere determinazione dei tempi senza fare riferimento ad un certo metodo, così
come non vi può essere un metodo senza tenere in considerazione il tempo.
L’obiettivo dello studio dei tempi è l’individuazione del lavoro standard, inten-
dendo con questo la produzione che un operatore può dare nelle sue abituali condi-
zioni di lavoro, mantenendo un ritmo di attività né troppo lento né troppo rapido.
Lo studio dei metodi di lavorazione è fondato principalmente sull’accurata osser-
vazione dei movimenti umani, si considera cioè come l’uomo debba compiere le
proprie attività per svolgere quel processo nel migliore dei modi.
Anche nel campo grafico è ormai consuetudine (soprattutto per le aziende certi-
ficate) applicare questo studio per organizzare al meglio la produzione. Per la rile-
vazione dei tempi del ciclo di produzione è necessario fare una distinzione fra:
tempi produttivi, tempi improduttivi e tempi morti.
I tempi produttivi si differenziano a loro volta in tempi direttamente e indi-
rettamente produttivi. I tempi direttamente produttivi si riferiscono
in modo esclusivo alle varie fasi operative, come la realizzazione delle Tempi
produttivi
forme da stampa, la tiratura e l’allestimento. tempi necessari alla
Un esempio di tempo direttamente produttivo è il costo ora del produzione, possono
centro di costo della macchina da stampa. Facendo riferimento alla essere tempi diretta-
tabella 1 dei costi delle macchine da stampa di pagina 192, la colon- mente o indiretta-
mente produttivi
na corrispondente alla media oraria viene calcolata tenendo conto
delle caratteristiche della macchina (studio dei metodi) e del tempo impiegato per
la produzione di un certo numero di stampati (studio dei tempi). Seguendo la pro-
duzione per un certo periodo di tempo (uno o due mesi), segnando quotidiana-
mente su un’apposita tabella il numero degli stampati prodotti, la difficoltà del lavo-
ro, il numero di ore in cui la macchina è in funzione, il numero di ore in cui la mac-
china rimane ferma e quant’altro necessario in relazione al tipo di precisione desi-
derata, si perviene al calcolo della media oraria per quel tipo di macchina.
I tempi indirettamente produttivi si riferiscono al tempo necessario per la pre-
parazione delle fasi della produzione, ovvero il tempo richiesto per la predisposizio-
ne delle materie prime, attrezzature e macchine che svolgono un’attività specifica

109
del ciclo produttivo. Sono tempi indirettamente produttivi: l’avviamento della mac-
china da stampa, l’avviamento delle piegatrici e quant’altro necessario da predi-
sporre o regolare, prima di iniziare la fase operativa.
I tempi improduttivi corrispondono ai tempi necessari all’organiz-
Tempi zazione della produzione che non sono direttamente coinvolti nel ciclo
improduttivi di produzione. A prima vista il tempo improduttivo impiegato per
tempi necessari per la queste operazioni può sembrare tempo perso (vedi tempi morti), ma se
buona organizzazio-
ne della produzione si pensa soltanto alla pulizia e all’ordine che i vari reparti devono pos-
ma che non produco- sedere, ci si rende conto che questi tempi improduttivi risultano fon-
no reddito
damentali per una buona organizzazione, anche se non danno un
immediato riscontro positivo (guadagno sul lavoro svolto). Un’azienda
bene organizzata deve dedicare alcune ore lavorative affinché i reparti siano sempre
ordinati e puliti per facilitare le operazioni di ricerca dei materiali o attrezzature
occorrenti per la realizzazione di qualsiasi operazione.
Infine i tempi morti, decisamente dannosi, sono quelli che oltre a non essere
produttivi non sono neanche necessari, tanto che l’azienda deve evitar-
Tempi morti li o quanto meno ridurli al minimo. Questi tempi sono da imputare
tempi non necessari quasi sempre ad una scadente organizzazione dell’azienda.
all’azienda, anzi
dannosi per la produ-
Ad esempio la mancanza improvvisa di energia elettrica è evidente che
zione, che dovrebbero provoca tutta una serie di inconvenienti che determinano un’infinità di
essere eliminati gra- tempi morti (computer, attrezzature di prestampa, macchine da stam-
zie all’organizzazio-
ne dell’azienda pa, eccetera). L’azienda però ha la possibilità di cautelarsi verso questo
inconveniente dotandosi di un opportuno gruppo elettrogeno che
entra in funzione automaticamente fornendo l’energia necessaria almeno per le
attrezzature più a rischio.
Anche la disposizione dei vari reparti può essere causa di tempi morti. Il magaz-
zino ad esempio deve essere collocato nella posizione più idonea all’interno
dell’azienda onde evitare continui spostamenti (ancora peggio se con il muletto),
per trasportare i materiali necessari dal magazzino al reparto interessato.
I tempi morti in un’azienda non bene organizzata hanno un’importanza considere-
vole; un’azienda certificata, invece, riduce al minimo (se non addirittura elimina total-
mente) tutti i tempi morti che possono verificarsi durante il ciclo di produzione.
Dopo quanto esposto risulta chiaro che la conoscenza e la suddivisione dei vari
tempi di produzione, oltre a conferire un’ottima organizzazione all’azienda, con-
sente alla stessa di non avere interruzioni indesiderate e far fluire il lavoro nel rispet-
to dei tempi programmati con i metodi definiti.

Manutenzione ordinaria, preventiva e straordinaria

Una particolare nota merita poi la manutenzione. Anche queste operazioni


richiedono tempi che rientrano in quelli improduttivi. La manutenzione può esse-

110
CAPITOLO 3

re effettuata in vari modi, sostanzialmente si può classificare in: manutenzione ordi-


naria, preventiva e straordinaria.
La manutenzione ordinaria viene effettuata costantemente, Manutenzione
ordinaria
come la pulizia quotidiana e settimanale della macchina da stampa, effettuata costante-
oppure la sua costante lubrificazione di tutti i sui organi, indispensa- mente, come la puli-
bile per non avere interruzioni impreviste e tempi morti. zia quotidiana della
La manutenzione ordinaria viene programmata in relazione alle macchina da stampa,
programmata dall’a-
indicazioni consigliate dalle case costruttrici delle macchine e all’orga- zienda
nizzazione decisa dall’Alta Direzione.
La manutenzione preventiva, invece, viene definita a priori (prima che si
verifichi il problema). Così l’azienda sceglie di sostituire alcune parti delle macchi-
ne e attrezzature a sua disposizione prima che queste creino problemi
indesiderati. I cuscinetti o le ruote dentate di una macchina da stam-
pa ne sono un classico esempio. In questi casi la sostituzione viene Manutenzione
preventiva
programmata in relazione alle ore di funzionamento, ovvero il pezzo programmata a prio-
viene sostituito quando ancora non crea problemi, applicando una ri ed effettuata con
manutenzione preventiva, evitando il rischio che a breve termine lo scadenze prefissate
stesso possa comportare rischi di usura con evidenti problemi in fase
di stampa.
Anche le fonti luminose presenti in azienda (scanner, lampade per l’illuminazio-
ne) fanno parte della manutenzione preventiva. È noto che le fonti luminose hanno
un lento e costante calo di efficacia con il passare del tempo; per cui
le stesse vanno preventivamente sostituite in relazione alle ore di fun- Manutenzione
straordinaria
zionamento. si effettua in caso di
La manutenzione straordinaria, infine, viene effettuata solo rotture impreviste o
quando si presenta un problema imprevisto. Quindi qualsiasi proble- cattivo funzionamen-
to improvviso di mac-
ma, come la rottura di macchinari e attrezzature, causato da eventi chine o attrezzature
speciali, richiede un tempo di intervento che viene annoverato nella
manutenzione straordinaria.

☞ Considerazioni sulla produzione


Come si può notare, l’oggetto primario dei nostri riferimenti sono state le aziende
industriali produttrici di beni materiali, piuttosto che altre aziende come le com-
merciali o quelle che forniscono servizi.
Queste, del resto, non producono beni, bensì perseguono varie “categorie di uti-
lità” la cui fornitura trova motivazioni in specifici settori di domanda. Le imprese
commerciali distribuiscono i prodotti; le banche, le assicurazioni e le società di lea-
sing effettuano intermediazione finanziaria e creditizia; le imprese di engineering

111
operano nell’ambito della progettazione e della ricerca; infine vi sono le aziende che
offrono consulenze di varia natura sugli argomenti più diversi.
Il loro ruolo, seppure in espansione, è comunque di complemento all’attività
delle prime, che risultano le più ricettive all’impulso innovativo imprenditoriale e
che possiedono le caratterizzazioni maggiormente interessanti anche sotto gli aspet-
ti organizzativi e gestionali; tutto ciò giustifica l’attenzione riservata.
Dunque, la produzione è l’area operativa posta al centro dell’impresa, essa è pre-
ceduta da un’attività di ricerca e di sviluppo, dove sono studiate le novità (e le inno-
vazioni) con la realizzazione dei prototipi.
In via generica, ad una prima fase di presentazione dell’idea di prodotto (dietro
le indicazione dell’ufficio marketing), ne segue una seconda di definizione e studio
di fattibilità. Superato tale scoglio, i tecnici ingegneri procedono con la messa a
punto del progetto per arrivare all’approvazione finale, con il via alla produzione.
Attualmente si tende a semplificare l’intero processo di lavorazione, per non avere
sgradite sorprese come: un prodotto che si rivela troppo caro; problemi nelle fasi del
ciclo; ritardi nella commercializzazione rispetto al picco della domanda.
Si è così affermata la produzione snella e flessibile (“lean production”), adatta a
generare prodotti diversi in tempi sempre più brevi, in grado perciò di rispondere
con prontezza (“just in time”) alle richieste di mercato.
I meccanismi produttivi sono semplificati e tutte le funzioni presenti in azienda
vengono coinvolte nei processi decisionali, così da ottimizzare l’uso dei macchinari,
pianificare le forniture, tenere sotto controllo le scorte di magazzino (minori oneri
e immobilizzazioni), ridurre drasticamente, fino ad eliminarli, gli errori di proget-
tazione.
Questa “integrazione” si avvale in maniera generalizzata dell’assistenza del com-
puter: le attività di progettazione (Cad “Computer Aided Design”) sono integrate
con quelle di fabbricazione (Cim “Computer Integrated Manifacturing”), con quelle
di gestione dei flussi operativi e con quelle di controllo della produzione (Cam
“Computer Aided Manifacturing”) soprattutto nelle grandi imprese, mediante un
sistema di comunicazione ed informazione che coordina le tre aree.
Tutti i protagonisti della vita aziendale, dai direttori alle maestranze, sono coin-
volti, in modo che ogni ruolo gestionale ed operativo viene a valorizzarsi adeguata-
mente. Tendono ad affermarsi i principi della delega e del decentramento (come i
centri di costo o le unità tecnologiche elementari), con vantaggio anche per la qua-
lità dei prodotti che viene messa in risalto.
Su questa strada, sostanzialmente, è da tempo indirizzata l’industria giapponese,
la quale ha sostenuto con successo la sfida posta dalla produzione di massa, basan-
dosi su quattro capisaldi: Man, Material, Method, Machine. Le quattro M, intera-
gendo fra loro, hanno permesso un’organizzazione di lavoro e rapporti sociali assai
diversi da quelli, spesso conflittuali, che caratterizzano il mondo occidentale,

112
CAPITOLO 3

riuscendo ad abbinare la quantità con la qualità, propria della vecchia produzione


artigiana.
Resta, certamente di fondamentale importanza, la razionalità progettuale: l’im-
presa deve sempre avere le idee chiare e saperle trasferire felicemente nella concre-
tezza del progetto, così da impostare una gestione corretta secondo i principi e gli
obiettivi.
Una volta stabilite “le leggi tecniche” che regolano la trasformazione delle gran-
dezze entranti in quelle uscenti dal sistema e tenute presenti le “leggi economiche”
di determinazione dei costi e fissazione dei prezzi, lo scopo di un sistema produtti-
vo è quello di fornire una data quantità di prodotto (ovvero il servizio richiesto per
una società di servizi) a partire da certe quantità di fattori di produzione. Il tutto
nell’ambito di un sistema aperto come il nostro, che vive ed opera in un certo
ambiente (società, mercato, ecc.) ed in virtù di esso; il suo successo, dunque, è
determinato dal grado d’integrazione con tale ambiente e dalla sua capacità di adat-
tarsi alle situazioni più mutevoli.
Il problema della gestione della produzione consiste nel rendere operante il siste-
ma produttivo nel senso sopra enunciato.
Dal momento poi che, per ogni situazione produttiva, esistono molteplici alter-
native o combinazioni dei fattori di produzione, suscettibili di fornire la quantità
programmata, il problema si manifesta spesso come un problema decisionale, rivol-
to alla soluzione di tre casi tipici:

• quantità di prodotto stabilita. Il problema gestionale si riduce a determinare la


combinazione ottimale dei fattori produttivi cui corrisponda il minimo costo
(fermo restando il livello di qualità);
• costo totale fissato. Supposto che per i singoli reparti sia già stato stabilito un
ammontare di spesa (budget), la loro operatività deve attuarsi con la più grande
efficienza, così da massimizzare il ricavo (ossia la quantità di prodotto);
• non sono stati fissati né la quantità né il costo globale. Il problema diventa il più
generale possibile, dovendo ricercare la combinazione ottimale dei fattori di pro-
duzione, tale da far risultare massima la differenza fra ricavi e costi.

Si tenga conto che, all’atto pratico, i problemi gestionali sono più complessi, per l’in-
tervento di vari elementi quali: presenza di più prodotti; vincoli o limitazioni all’u-
so dei fattori produttivi; legami funzionali fra alcuni di essi.

113
Flussogramma Committente-Azienda

Commerciale Richiesta del cliente Titolare

Preventivo di massima

impostazione Preventivista costi di produzione


fogli
stampa
allestimento

modifiche Offerta

commerciale
Trattativa definitiva costi lavorazioni extra
cliente

NO Sconti
NI NO
Tempi ? Fine delle trattative
Qualità
SI
SI

eventuali
Conferma ordine costi
aggiuntivi

Commessa
di lavorazione

114
CAPITOLO 3

Flussogramma commessa di lavorazione

Commessa di
lavorazione

conferma ordine ciano ordine materiali

legatorie lav. spec. firma cliente fornitori

stampa

lavorazioni speciali

sfuso consegna diretta


allestimento scatole spedizione postale
cellophane pacchi con più copie

DDT spedizione con


documento di trasporto

115
Flussogramma operativo area di stampa

Commessa di
lavorazione

Carta Preparazione Prove di stampa


Inchiostro stampa Lastre

Lettura
lastre

Regolazione Caricamento Montaggio Regolazione


dell’inchiostro carta lastre macchina

Registro di
stampa

NO
OK di stampa
SI

Stampa

Controllo visivo
e densitometrico

Prodotto
finito

116
CAPITOLO 3

Flussogramma operativo copertina finita


Proveniente dalla stampa

Copertina
Foglio steso

Verniciatura SI
Plastificazione
NO
Invio ad azienda
specializzata

Taglio

Brossura Cartonato

Preparazione
quadranti e fondello
SI
Cordonatura
NO Applicazione
plance e fondello
Esecuzione

Stampa o sovrastampa SI
Piega a caldo
NO

Esecuzione

Copertina finita Copertina finita

117
Flussogramma operativo area di allestimento
Foglio di
stampa

Spartitura
Refilo
Tagliacarte

Piega

Punto Cartonato Brossura


metallico cucito -fresato cucita-fresata

Raccol. segn.
sovrapposte
Raccol. segn.
accavallate

Cucitura Fresatura
filo refe dorso

Applicazione
punto metall.
Refilo Applicazione Refilo Applicazione
trilaterale copertina trilaterale copertina

Copertina Copertina
cartonata cartonata
Refilo
trilaterale Refilo Refilo
trilaterale trilaterale
Incassatura Incassatura
(sguardie) (sguardie)

Prodotto Cartonato Brossura Cartonato Brossura


finito cucito cucita fresato fresata

118
CAPITOLO 4 I Layout di produzione
Impianti industriali grafici - Elementi per il progetto di un impian-
to grafico - Tipologia dei layout: studio e sviluppo, comparazione
layout per processo e layout per prodotto.

 Impianti industriali grafici


Il termine “impianti”, come tanti altri termini del settore grafico, determina una
certa confusione. In gergo con questo termine venivano denominate le pellicole
riprodotte in fotolito. In alcuni casi si trova ancora sui preventivi la voce “costo
impianti”, intendendo appunto il costo riferito alle materie prime e alle operazioni
per la realizzazione delle pellicole necessarie per la formatura.
Lo stesso termine viene utilizzato per indicare gli “impianti grafici”, ovvero quel
complesso di organi meccanici, parti elettriche e componenti elettronici che, assem-
blati con opportuni meccanismi costituiscono particolari strutture (denominate
“impianti”) che consentono la realizzazione di parte del ciclo di produzione dello
stampato (impianto di stampa flessografica per la realizzazione di quotidiani), o addi-
rittura l’intero ciclo di produzione (come nel caso del sistema integrato Cameron).
Con il termine “impianti industriali” è uso comune indicare quel complesso di
opere edili (capannone o fabbricato) all’interno del quale sono presenti le strutture
(macchine e attrezzature) che, opportunamente gestite da personale qualificato,
consentono di realizzare un determinato prodotto partendo dalle materie prime.
 Gli impianti industriali grafici appartengono a questa categoria che, partendo
dalle materie prime (legno e stracci per le cartiere; carta, inchiostro e pellicole per
la aziende di stampa; cartoncini e cartoni per le aziende di cartotecnica), ottengono
come prodotto uno stampato commerciale o editoriale opportunamente finito.
Il metodo da seguire per la realizzazione di un impianto industriale grafico è
identico a quello di ogni altro tipo ed ha come premessa lo studio del mercato e,
quindi, la definizione della potenzialità produttiva.
Una volta effettuati gli studi necessari, è possibile stabilire esattamente l’ubica-
zione più favorevole.
Vi è poi il problema della determinazione del ciclo produttivo, con le singole
unità correlate alla potenzialità prevista per i diversi impianti.
In seguito si passa all’individuazione delle superfici occorrenti (vedi spazio
operativo, pagina 123) e all’esame dell’opportunità che determinate lavorazioni si
svolgano vicine fra loro oppure distanziate (distribuzione dei vari reparti all’interno
dell’azienda; vedi Layout di produzione, pagina 124).

119
Ad esempio il magazzino delle materie prime, che ospita volumi e pesi notevoli,
deve essere ubicato all’interno dell’azienda in modo da evitare percorsi inutili e
tortuosi. Infatti i percorsi del materiale, nelle sue diverse fasi di lavorazione, sono
determinanti anche in funzione della disposizione delle macchine e delle varie
attrezzature.
A questo punto è possibile passare alla progettazione dell’edificio destinato a
riunire il complesso delle attività produttive.
Entrando nel merito del settore grafico, occorre dire innanzitutto che l’organi-
smo edile produttivo risale a poco meno di un secolo fa. L’arte della stampa, infat-
ti, ha attraversato un lungo e splendido periodo di artigianato, solo da qualche
decennio è stata raggiunta una condizione di completa automazione con l’ausilio di
manodopera altamente qualificata.
Prendendo in analisi un edificio grafico, vediamo quali sono le caratteristiche da
prendere in esame per un’azienda di dimensioni medio grandi.
• Uso di macchinari ed attrezzature di peso ed ingombro in alcuni casi notevoli.
• Emanazione di odori e vapori, particolarmente sentito per alcuni tipi di aziende,
le quali devono prevedere una buona ventilazione e un’ottima aspirazione.
• Grado di umidità dell’aria mantenuto sempre sotto controllo, in quanto questo
influisce non solo sulla carta in magazzino ma anche sul foglio durante la fase di
stampa, tanto che sostanziali differenze del grado di umidità possono comporta-
re notevoli diversità sul risultato finale.
• L’insorgere dei rumori, pur non toccando limiti di difficile sopportazione, risul-
ta essere un problema non trascurabile (soprattutto nel reparto stampa e allesti-
mento). Anche le vibrazioni, come ad esempio per le macchine da stampa,
devono essere nulle o contenute entro ristretti limiti di tolleranza.
• Infine, il tipo di lavoro che si svolge nelle aziende grafiche. Ad esempio la cor-
retta valutazione dei colori impone un’ottima illuminazione naturale e un’effi-
ciente illuminazione artificiale.

 Per quanto riguarda lo stabile vero e proprio, vengono adottate sostanzialmente due
tipi di costruzioni: costruzione a sviluppo orizzontale (un solo piano) e costruzio-
ne a sviluppo verticale (più piani), anche se in pratica la migliore soluzione risulta
essere quella mista, ovvero parte dello stabile a un piano (reparti di produzione) e
parte a più piani (uffici).
Nel caso di stabilimenti grafici e cartotecnici, dove vengono movimentati consi-
derevoli quantità di materiali (molto pesanti e di notevole ingombro), si preferisco-
no in genere le costruzioni ad un piano (più il piano interrato ed eventualmente
quello rialzato), anche se, comunque, la scelta di una tipologia piuttosto che un’al-
tra è spesso dettata più da condizioni economiche che non tecniche.
Con riferimento a uno stabilimento sviluppato in estensione ossia con un siste-

120
CAPITOLO 4

ma di distribuzione prevalentemente orizzontale, le pesanti e ingombranti rotative


vengono sistemate al piano terra. Poiché le rotative vengono alimentate dal basso, si
presenta l’esigenza di avere un piano interrato assai ampio e comodamente collega-
to con l’esterno, coperto con robustissimi solai, capaci di sopportare le rotative.
Se il piano interrato è sufficientemente ampio, in corrispondenza risulta un
piano terra altrettanto vasto dove è possibile ospitare le altre macchine alimentate a
foglio ed eventuali reparti di prestampa.
Naturalmente per i solai, assai gravati e sollecitati dovranno essere rispettati i
valori dei carichi di esercizio previsti dalla normativa.
Inoltre si dovrà tenere conto dei dispositivi antirumore ed antivibrazione, poiché
le rotative, nel loro funzionamento innescano forti vibrazioni la cui propagazione
deve essere impedita isolando dal resto dell’edificio la struttura portante delle mac-
chine.
Un esempio di fabbricati a sviluppo verticale sono quelli ubicati in città. Questi
sono progettati a più piani a causa della scarsa disponibilità e dell’alto costo dei ter-
reni. In questo caso la produzione si svolge nel capannone.
I vari uffici, che possono ben sistemarsi ai piani superiori, hanno una superficie
ridotta per lasciare la possibilità di un’illuminazione del piano terra quanto mai
opportuna per il tipo di lavoro che viene svolto.
Infine i reparti di allestimento e spedizione stanno bene ai piani bassi dove tro-
vano posto anche, le cabine di trasformazione dell’energia elettrica, le attrezzature
per la produzione di aria compressa, la centrale termica e di condizionamento.
A completamento di quanto detto e quale rapida rassegna di quanto necessario
per realizzare un impianto industriale grafico, si devono menzionare espressamente
le linee motorizzate di trasporto interno e magazzinaggio, l’impianto per ascensori
e montacarichi, l’impianto idrico, incluso il sistema di fognatura.
A tale riguardo si richiamano le disposizioni di legge che regolano gli scarichi del-
l’industria grafica, a tutela e salvaguardia dell’ambiente.
Da ultimo, ma non meno importante, si rammenta che l’azienda deve avere in
dotazione i mezzi antincendio e di protezione dalle scariche atmosferiche, oltreché
dispositivi di prevenzioni infortuni, integrati dalle segnalazioni obbligatorie e da
sistemi di allarme, ai fini della sicurezza sul lavoro.

121
 Elementi per il progetto di un impianto
Le materie prime che entrano in azienda, subiscono una graduale trasformazione
fino a diventare prodotto finito, grazie ai cicli di produzione.
Per ciclo di produzione s’intende la sequenza di fasi che compongono una deter-
minata lavorazione. La fase è un gruppo elementare di attività (come il centro di
costo) necessario per compiere una lavorazione.
 La capacità produttiva, o potenzialità produttiva, è la massima quantità di pro-
dotto realizzabile dall’impianto in una unità di tempo, opportunamente scelta,
quando funzioni in condizioni ottimali e senza arresti.
 La produzione è data dalla quantità effettivamente prodotta dall’impianto nel-
l’unità di tempo; essa potrà essere minore, uguale o anche lievemente maggiore della
capacità produttiva, forzando l’impianto per brevi periodi.
Si può sempre individuare una schematizzazione ideale dello svolgersi ordinato
delle successive fasi che, nel loro complesso, realizzano lo scopo cui l’impianto è desti-
nato. La rappresentazione grafica di tale schematizzazione ovvero delle operazioni che
si succedono, partendo dalle materie prime fino all’ottenimento del prodotto finito,
costituisce il diagramma qualitativo di lavorazione o schema tecnologico.
Il diagramma quantitativo di lavoro, detto anche flussogramma operativo o
diagramma di flusso, indica la sequenza delle operazioni, con le attività necessarie
per ottenere una prefissata quantità di prodotto, nel modo più razionale possibile.
Con i diagrammi qualitativo e quantitativo risultano determinate le basi per
definire le potenzialità delle varie unità di produzione (centri di costo) e le quanti-
tà occorrenti degli altri fattori di produzione. I diagrammi servono anche per otti-
mizzare il flusso dei materiali in lavorazione.
Per gli scopi della progettazione occorre naturalmente evidenziare gli ingombri,
il peso, la potenza installata, i fabbisogni di servomezzi come aria compressa, acqua
e vapore. Genericamente, dunque, per la progettazione si deve stabilire:
• tipo di attrezzature;
• numero di attrezzature in funzione della potenzialità produttiva;
• peso e ingombro delle macchine, per individuarne lo spazio operativo;
• potenza installata unitaria e totale in KW;
• condizioni ambientali (temperatura e umidità relativa);
• illuminazione artificiale e luce di emergenza (gruppi elettrogeni);
• produzione e distribuzione di aria compressa;
• deflusso delle acque di scarico (fognature);
• movimentazione dei semilavorati e dei prodotti finiti;
• riscaldamento e condizionamento;
• misure antincendio;
• ventilazione e depurazione dell’aria, recupero dei solventi.

122
CAPITOLO 4

Destinata una parte degli spazi interni del fabbricato ai reparti produttivi, dota-
ti dei macchinari che dispongono dei servomezzi sopra citati, sono necessari altri
locali per: magazzini, archivi, uffici (tecnico, commerciale, amministrativo), sale di
riunioni e di ricevimento. Da non dimenticare gli spazi occorrenti per: spogliatoi,
servizi igienici, infermeria, mensa, bar; anche se alcuni di questi non sempre sono
presenti in azienda.
Nella fase di progettazione è importante prevedere una circolazione interna di
mezzi, materiali e persone (addetti e visitatori), priva d’intoppi e con la salvaguar-
dia dell’incolumità. Ciò porta a prevedere passaggi principali e secondari, ingressi e
uscite, il tutto opportunamente dimensionato, anche in prospettiva di possibili
futuri sviluppi dell’attività aziendale.
Prendendo in considerazione, ad esempio, lo spazio operativo Spazio
da assegnare a una macchina con un addetto, è opportuno intanto operativo
definire l’ingombro geometrico. Quest’ultimo corrisponde al minimo superficie occupata
da una macchina da
rettangolo (o più genericamente poligono) dove verrà inserita la mac- stampa compresa
china da stampa, tenendo conto anche delle sporgenze. degli spazi operativi
In altre parole l’ingombro geometrico corrisponde al rettangolo di movimento
occupato dalla superficie reale della macchina.
Tale superficie deve essere aumentata per tenere conto delle necessità di funzio-
namento, quali movimenti di organi meccanici durante la lavorazione e necessità di
montaggio e smontaggio di componenti; a questo riguardo può essere individuato
un “rettangolo d’ingombro funzionale”.
La sagoma d’ingombro a terra torna utile per fissare la macchina alla fondazio-
ne. È evidente che lo spazio operativo richiesto, ovvero l’ingombro del posto di
lavoro, include la superficie della macchina, dell’alimentazione del lavoro e dell’u-
scita dei prodotti, di accessori della macchina e di eventuali punti di sosta dei mezzi
trasportatori.
Per una macchina da stampa a foglio, lo spazio operativo, viene determinato tra-
mite la seguente relazione:

Sop = 3 · M + 8 · F + V : 300

Dove M è il rettangolo d’ingombro (superficie della macchina); F il formato


stampabile; V la velocità durante la tiratura in fogli/ora.
La somma delle aree dei vari posti di lavoro, aumentata dello spazio necessario
per distanziare il macchinario e per i passaggi vari, rappresenta l’area da assegnare a
un reparto. Così procedendo, si può stabilire la superficie complessiva da destinare
all’intero impianto, inteso come struttura produttiva, senza tralasciare tutte le
necessità di circolazione e movimentazione interna.

123
 Layout di Produzione
Il layout è una parola composta, che sta a indicare la disposizione planimetrica dei
reparti e dei nuclei produttivi in essi dislocati (macchine e apparecchiature, con i
relativi addetti ai lavori), a costituire posti di lavoro, forniti dei necessari impianti a
carattere generale e dei singoli servizi (vedi anche la figura del layout di una media
azienda grafica, pagina 130).
Il tutto assume particolare importanza per la più congeniale impostazione del
“processo produttivo” che si intende seguire.
La corretta realizzazione del layout porta a una riduzione dei costi in quanto
viene facilitato l’intero processo, utilizzando gli spazi nel migliore dei modi e ridu-
cendo al massimo lo spostamento del materiale e del personale. Inoltre si offre un
confortevole ambiente di lavoro, in virtù di studi ed applicazioni ergonomiche, per
una migliore vivibilità e un proficuo impiego e relativo buon rendimento degli ope-
ratori.
Un layout progettato correttamente deve consentire eventuali interventi di
modifica, sia con ridistribuzione di macchinari e attrezzature che con ampliamenti
dei locali adibiti alle lavorazioni.
Sintetizzando, in fase di progettazione del layout, bisogna tenere conto di alcu-
ni aspetti fondamentali, come:

• utilizzare gli spazi nel migliore dei modi;


• ridurre al minimo le scorte delle materie prime;
• evitare costi di materiali non necessari;
• realizzare posti di lavoro ergonomici che garantiscano un confortevole ambiente
di lavoro e corrispettivo proficuo impiego della manodopera.

Le modalità di trasporto interno dei materiali possono, in alcuni casi, incidere in


maniera considerevole sul costo della lavorazione. La dislocazione dei reparti è
determinante per individuare il migliore flusso nello spostamento dei materiali; la
collocazione dei nuclei produttivi è di fondamentale importanza per la determina-
zione del costo di produzione; infine anche l’ubicazione e la dimensione del magaz-
zino influenzano il costo del lavoro.
Queste ed altre semplici regole permettono di semplificare il processo produtti-
vo, ridurre al minimo lo spostamento dei materiali interni e ottenere come risulta-
to una notevole riduzione dei costi.
Inoltre, nella stesura del layout devono essere tenute nella dovuta considerazio-
ne le caratteristiche dinamiche del mercato e ciò consiglia di agire con una certa fles-
sibilità, per potere successivamente apportare le modifiche richieste alla struttura
dell’edificio, nonché alla capacità produttiva.

124
CAPITOLO 4

Pur non considerando alcune limitazioni di natura finanziaria (legate al capitale


da investire) e costruttive (collegate all’ubicazione, all’estensione e alla forma dell’a-
rea fabbricabile), permane tutta la difficoltà nel trovare la più idonea delle soluzio-
ni al problema della disposizione planimetrica.
L’attività produttiva industriale richiede una grande varietà di disposizioni e di
impianti, strettamente legati al tipo di processo impiegato; per cui le tipologie dei
layout sono differenti in relazione al tipo di azienda, al tipo di produzione, alle
modalità di esecuzione, eccetera.
Prevalentemente si possono individuare tre tipologie di attività industriale: su
commessa (a processo intermittente), a processo ripetitivo e per processo continuo.

➊ Attività industriale a processo intermittente.


In queste aziende la produzione ha luogo solo dopo avere ricevuto l’ordine di lavo-
ro (la commessa).
Risultano fondamentali per queste aziende la flessibilità e la capacità di adatta-
mento del ciclo di produzione, in quanto lo stesso è rivolto per lo più a prodotti
diversificati e con tirature anche limitate.
Normalmente in questo tipo di aziende le macchine con le stesse caratteristiche
vengono raggruppate insieme. Si ritrovano così le attrezzature della prestampa nel-
l’apposito reparto, mentre le macchine da stampa sono collocate nel corrispettivo
reparto stampa; infine, le taglierine, le piegatrici e le brossuratrici, si trovano nel
reparto di allestimento.
In questo modo il ciclo di produzione dello stampato segue la sua naturale attua-
zione dell’intero processo produttivo. Questo tipo di layout viene comunemente
denominato layout per processo.
Quando poi la richiesta del prodotto aumenta in maniera considerevole, il ciclo
tende ad assumere la fisionomia di una produzione in serie e quindi il layout tende
ad assumere quello che viene definito layout per prodotto (come nel caso dei quo-
tidiani).
Una tale evoluzione può portare alla trasformazione del processo produttivo da
intermittente a ripetitivo. Ovvero, invece di vendere un numero ben definito di
stampati (su commessa, al singolo cliente), si producono preventivamente gli stam-
pati e successivamente si vendono tramite opportuna distribuzione (aziende a pro-
cesso ripetitivo).

❷ Attività industriale a processo ripetitivo.


In questo caso il ciclo di produzione è organizzato in linee. Questa tipologia è molto
utilizzata in altri settori di produzione come ad esempio quello meccanico, dove la
produzione a processo ripetitivo corrisponde alla “catena di montaggio”.

125
Nel settore grafico, le aziende che attuano questo tipo di produzione richiedono
un layout per prodotto, dove macchine e attrezzature sono disposte in base all’or-
dine di esecuzione delle operazioni programmate nel ciclo di produzione.
Le case editrici e le aziende che stampano i quotidiani, fanno parte delle aziende
dove l’attività si svolge tramite un processo ripetitivo. Il corrispettivo layout è sicura-
mente per prodotto in quanto il ciclo di produzione viene organizzato in funzione del
“prodotto da produrre” piuttosto che sulla flessibilità delle macchine e relativa possi-
bilità di frequenti cambi di formato, come avviene nei layout per processo.
Un altro esempio di layout per prodotto può essere considerato il sistema inte-
grato Cameron dove si passa direttamente dalla bobina di carta al prodotto finito,
ovvero il libro pronto per essere spedito, con un unico passaggio.
Nel caso poi che la produzione sia continua e costante con realizzazione di pro-
dotti simili o addirittura sempre uguali, l’attività industriale tende a identificarsi
con quella di un’azienda a processo continuo.

❸ Attività industriale per processo continuo.


In questo caso l’attività si svolge senza interruzione della produzione nell’arco delle
24 ore.
Le cartiere sono un classico esempio di aziende per processo continuo; qui le
lavorazioni sono uniformi e costanti, con il flusso di lavoro delle materie prime
rivolto sempre verso lo stesso prodotto finito.
Il processo produttivo non può essere interrotto se non a scapito di gravi perdi-
te economiche o seri danni all’impianto.
Si rammenta infatti che la macchina continua in piano delle cartiere non viene
fermata nemmeno nel momento del cambio del tipo di carta. L’impasto continua a
defluire, mentre nella cassa d’efflusso viene man mano introdotto il nuovo impasto.
Sarà compito del controllo di qualità selezionare opportunamente le bobine di carta
prodotte durante la modifica dell’impasto utilizzato per la produzione della carta.
Risulta evidente che le problematiche presenti in fase di progettazione sono
diverse da quelle delle altre tipologie industriali, poiché in questo caso è necessario
tenere conto della specifica tecnologia che costituisce il presupposto dell’intero pro-
cesso.

Confronto fra layout per processo e layout per prodotto

 Il layout per processo è quello più diffuso nelle piccole e medie aziende con attivi-
tà industriale su commessa. In queste aziende, infatti, la varietà di produzione sia
nel genere che nella quantità risulta più conveniente rispetto alla disposizione pla-
nimetrica secondo il layout per prodotto.

126
CAPITOLO 4

Le macchine possono essere utilizzate su più commesse; dovendo cambiare spes-


so il formato di stampa (in relazione al diverso formato del prodotto finito) l’elasti-
cità nella produzione risulta un elemento basilare; in questi casi il layout per pro-
cesso permette di sfruttare al meglio le macchine, il flusso di lavoro e ottenere di
conseguenza una riduzione dei costi e del capitale da investire.
Se nelle aziende su commessa si dovesse utilizzare un layout per prodotto, le
macchine e le attrezzature verrebbero utilizzate solo in parte (e quindi non nelle
condizioni ottimali).
 Il layout per prodotto, infatti, è particolarmente indicato nelle industrie medio
grandi con un programma di produzione standard e costante nel tempo (stampa di
quotidiani, riviste e simili).
In questo caso vi è una sostanziale riduzione dei tempi necessari al trasporto
interno del materiale di lavorazione, riduzione o totale scomparsa delle aree di stoc-
caggio, semplificazione del sistema di controllo (grazie all’automazione resa possi-
bile dalla standardizzazione del ciclo di produzione). La riduzione dei tempi morti
porta a una sostanziale riduzione dei tempi di produzione e relativi costi.
Per contro, nel caso di un “fermo macchina” non programmato, nel layout per
prodotto viene coinvolto l’intero ciclo di produzione con elevatissimi tempi morti,
mentre nel caso del layout per processo si ferma solo la macchina in questione e la
relativa commessa, mentre gli altri lavori proseguono il loro normale percorso.
Traendo le debite conclusioni, si può affermare che non esiste una quantità di
produzione che possa portare a un unico layout ottimale. Come spesso avviene, esi-
ste un limite in cui potrebbero essere adottate le due tipologie di layout.
Nella realtà, con un’opportuna ricerca di mercato si cerca di stabilire qual è la
quantità di prodotto che corrisponde a questo limite e poi si attua la politica d’im-
presa più opportuna con la relativa scelta del tipo di layout più adeguato.
Si rammenta infine che il layout per prodotto necessita di investimenti sostan-
ziali con esborso di capitale considerevole, giustificato solo da un’elevata produzio-
ne che permetta di ammortizzare l’impianto nel più breve tempo possibile.
Volendo tradurre con un grafico quanto precedentemente detto, riportiamo sul-
l’asse delle x la quantità di produzione e sull’asse delle y il relativo valore in Euro dei
costi e dei ricavi.
Tracciamo la linea continua dei costi totali per un impianto che preveda il layout
per prodotto con la relativa linea tratteggiata dei costi costanti. Successivamente
tracciamo la linea continua dei costi totali per un impianto che preveda il layout per
processo, con la relativa linea tratteggiata dei costi costanti.
Se adesso tracciamo la linea dei ricavi, si ottengono dei punti di intersezione
molto interessanti. Risulta evidente che il punto di intersezione “C” individua il
livello di produzione (C1) al di sotto del quale è più conveniente la produzione per
un’azienda organizzata per reparti (layout per processo) rispetto a quella organizza-
ta in linee di produzione (layout per prodotto).

127
o
ess otto
r oc
r p rod
rp pe
l i pe totali
ta os ti
Euro
t i to C
C os

vi
C

ca
Ri
B

A1 B1 C1 Produzione

Al di sopra del punto C si invertono le parti e risulta più conveniente il layout


per prodotto rispetto a quello per processo.
Il punto “A” individua il punto limite al di sotto del quale non è economicamente
conveniente produrre per un’azienda dove la produzione è organizzata con un layout
per processo. Il punto “B” rappresenta lo stesso limite per il layout per prodotto.
Ricapitolando quanto precedentemente esposto, si può sintetizzare il confronto
fra i due tipi di layout affermando che il layout per prodotto si differenzia da quel-
lo per processo nei seguenti punti:
• elevati investimenti d’impianto;
• elevata tiratura;
• produzione standard e relativa minore flessibilità nelle lavorazioni;
• tempi inferiori di produzione (per unità di prodotto);
• costi ridotti per il trasporto interno dei materiali;
• possibilità di calcolo dei tempi e metodi precisi e attendibili;
• possibilità della produzione e relativo controllo completamente automatizzato.

Realizzazione del layout

Considerate le caratteristiche distributive del fabbricato nel quale andranno inse-


riti tutti i mezzi di produzione (macchinari e attrezzature), la loro razionale orga-
nizzazione funzionale in pianta (planimetria) costituisce un problema di notevole
complessità.

128
CAPITOLO 4

Per procedere correttamente alla realizzazione del layout, occorre tenere conto
del prodotto che si deve produrre, valutare il materiale necessario alla produzione e
organizzare le varie fasi operative nella giusta sequenza; il tutto in relazione alle dis-
ponibilità economiche e finanziarie dell’azienda.
Lo studio e la relativa realizzazione del layout deve dunque ricercare la migliore
dislocazione dei centri operativi (centri di costo produttivi e centri di costo ausilia-
ri) atta a facilitare le correlazioni funzionali ottimizzando il flusso di lavoro sia dei
materiali che del personale all’interno dell’azienda, poiché questo regola e condi-
ziona l’intero processo produttivo.
Lo studio del layout deve condurre alla integrazione dei mezzi di produzione, alla
minima distanza fra i centri operativi in sequenza di processo, alla migliore utilizza-
zione degli spazi, alla sicurezza degli operatori e quindi alla linearizzazione del flusso
di lavoro in modo che questo avvenga senza intoppi e relativi tempi improduttivi.
L’esigenza di un accurato studio del layout si può presentare anche per interven-
ti di progettazione che preveda ampliamenti o ammodernamenti con riorganizza-
zione o riconversione della produzione. Un cambiamento di layout di questo tipo,
che comporti di conseguenza spostamenti di macchinari e impianti, richiede deci-
sioni dell’Alta Direzione, in quanto variazioni del flusso di lavoro male organizzato
può innescare gravi problemi e risultare di conseguenza molto onerosa con ricavi
inferiori ai costi.
Qualsiasi modifica, anche modesta, del ciclo di produzione senza un approfon-
dito studio della circolazione dei materiali e del personale potrebbero ripercuotersi
negativamente sull’intero processo di fabbricazione.
Riassumendo quanto precedentemente esposto, risulta evidente la necessità di
individuare un layout atto a porre le condizioni più favorevoli alla funzionalità del-
l’azienda, rendendo ottimale il suo livello produttivo.
La soluzione pratica del problema consiste nel definire il percorso ottimale di tutti
gli spostamenti che avvengono all’interno dell’azienda (come si può anche vedere
dalle frecce dell’esempio del layout di una media azienda grafica, pagina 130).
Come conclusione, è importante sottolineare come nelle aziende dove il layout
è stato progettato in maniera superficiale e approssimativa, il costo degli sposta-
menti inutili (ovvero evitabili con uno studio sistematico del layout) può arrivare ad
incidere sul costo totale con percentuali considerevoli, inaccettabili per aziende di
medio grandi dimensioni.
Da notare comunque che nei layout industriali la circolazione dei materiali e del
personale, non sempre risulta l’unico criterio per stabilire la posizione di un centro
di costo, poiché spesso è necessario tenere conto delle attività ausiliarie oppure dei
fattori di disturbo come: rumori, odori o vibrazioni. In alcuni casi questi ultimi pos-
sono addirittura risultare incompatibili con soluzioni ottime dal punto di vista tec-
nico ma che presentano gravi problematiche nei fattori di disturbo.

129
130
DI
Rotativa 4+4
+ 5° elemento; 16 pagine Macchina a foglio
4 colori 70x100

AREA

P R E S TA M PA
Servizi
Ufficio igienici

50x70
Monoc.

A
grafico

50x70
Bicolore
Ufficio

R
Archivio
tecnico

bicolore 70x100
Macchina a foglio
E

6 colori 70x100
Macchina a foglio
DI
Ufficio Saletta
preventivi riunioni
32 pagine

A
Rotativa 4+4

S T A M P A
Ufficio Ufficio
clienti commerciale
Ce
ntr
ali Servizi igienici
no
Piegatrice Doccie

Ingresso
Ce
llo
DI

ph
.
Magazzino
A R E A
Layout per processo di una media azienda grafica

Sala Piegatrice Ingresso


Sala
Taglierina

Raccoglitrice combinata
P O S T- S TA M PA

riunioni d’attesa Uscita


merci
CAPITOLO 5 Come si realizza uno stampato
Premessa - Prima parte: la commessa - il preventivo - il
consuntivo - Seconda parte: realizzazione dello stampato -
impostazione dello stampato - segnature - Terza parte: calcolo
pratico del preventivo.

 Premessa
Prima di affrontare questo complesso argomento, cerchiamo di chiarire cosa si
intende per stampato. Comunemente si definisce stampato: “qualsiasi prodotto
ottenuto mediante operazione di stampa”; dove per stampa si intende
definire l’insieme dei processi di riproduzione di testi e immagini su Stampato
fogli o nastri di carta, tessuto, laminati, eccetera. qualsiasi prodotto
ottenuto mediante
Dunque la stampa può anche essere considerata come il risultato operazione di stampa
finale di un procedimento grafico. È noto a tutti che quando si vuole
realizzare uno stampato bisogna organizzarsi in maniera da avere un
risultato finale tecnicamente valido, qualitativamente soddisfacente (ad esempio per
il cliente) e nel contempo garantire un buon rapporto qualità/prezzo (ovvero il
cliente deve essere soddisfatto e l’azienda ci deve guadagnare).
Dopo quanto premesso, questo corposo capitolo sarà composto sostanzialmente
da tre parti, una prima parte dove si cerca di analizzare lo scopo delle aziende grafi-
che (che poi è lo stesso per qualsiasi tipo di azienda a scopo di lucro) e come biso-
gna organizzarsi per raggiungere lo scopo; una seconda parte dove si cerca di
chiarire come organizzarsi tecnicamente per raggiungere lo scopo sia dal punto di
vista economico che da quello tecnico, e una terza parte per il calcolo pratico del
preventivo di uno stampato.
Dunque, nella prima parte, parleremo di come bisogna organizzare la produzio-
ne tramite la commessa d’ordine, commessa di lavorazione, preventivo, consuntivo
e controllo. Tutto ciò tenendo conto dell’equazione dell’equilibrio economico per
raggiungere lo scopo, ovvero il guadagno. Ma per raggiungere questo scopo è neces-
sario fare dei preventivi corretti tali da soddisfare il cliente e contemporaneamente
ottenere del denaro che rimanga in azienda.
Nella seconda parte prenderemo in esame la progettazione dello stampato e l’or-
ganizzazione aziendale per la sua realizzazione. Per fare ciò abbiamo bisogno di tutta
una serie di considerazioni tecniche, come ad esempio le segnature.
Nella terza parte, infine, una volta note tutte le nozioni necessarie, è possibile
affrontare a grandi linee, quello che è poi la parte più importante per un’azienda,
ovvero il calcolo del preventivo di uno stampato.

131
Le aziende prendono varie denominazioni in funzione di svariati fattori cosicché
tra quelle a scopo di lucro troviamo le S.p.A., le S.r.l., le S.n.c. Queste, poi, posso-
no essere suddivise in piccole, medie e grandi e continuando con ulteriori specifi-
cazioni ve ne sono altre ancora che vengono analizzate nella parte riservata
all’Economia Aziendale (vedi capitolo 1).
Tutte le aziende hanno un organigramma diverso, che rispecchia la struttura
della medesima, nel quale sono presenti tutte le varie funzioni che l’azienda svolge.
Risulta evidente che vi sono molte differenze fra le varie aziende sia per
Prima parte la loro struttura che per il tipo di produzione che svolgono, ma esse
avranno sicuramente in comune tutte le problematiche che riguardano
i costi. Dal momento in cui si parla di azienda, si parla automatica-
come organizzare il mente di costi, che risultano essere le voci più importanti, perché se è
lavoro dal punto di
vista economico
vero che un’azienda a scopo di lucro ha come obiettivo un certo gua-
dagno finale, è altrettanto vero che il guadagno sarà tanto più cospicuo
quanto minori saranno i costi.
Quindi uno degli aspetti da analizzare approfonditamente in questa parte del corso
riguarda proprio quello che può anche essere espresso con una semplice equazione,
“equazione dell’equilibrio economico”:

Costi + Guadagno = Ricavo

Se il guadagno può essere variabile e a discrezione dei dirigenti dell’azienda e se


conseguentemente il ricavo (cioè l’introito ottenuto con la vendita del prodotto)
può essere flessibile, i costi sono un aspetto dal quale non ci si può discostare oltre
un certo valore, se non con un’ottima organizzazione dell’azienda in modo da ridur-
li al minimo indispensabile.
Vediamo come funziona un’azienda grafica. Lo schema che raffigura l’azienda ci
fa capire chiaramente che per produrre bisogna procurarsi le materie prime che,
ovviamente, vengono acquistate prima di iniziare la produzione.
Questo è il primo passo per una buona organizzazione, l’azienda non deve mai
rimanere senza materie prime, in nessun caso.

➠ ➠
materie vendita
prime produzione prodotto

132
CAPITOLO 5

L’acquisto delle materie prime (costi) risulta un aspetto fondamentale per l’a-
zienda che non deve avere un eccessivo quantitativo di scorte (il magazzino ha dei
costi considerevoli), ma non deve assolutamente rimanere senza mate-
rie prime, con il rischio di uno “stop” alla produzione. Costi
In quest’ultimo caso l’azienda dovrebbe acquistare immediatamen- esborso monetario,
te tutto ciò che le serve. Questo modo di operare potrebbe comporta- denaro l’azienda
che esce dal-

re un incremento dei costi a causa dei ridotti tempi di consegna, oltre


che una cattiva organizzazione del ciclo di produzione.
Infatti, con una organizzazione di questo tipo l’azienda rischia di interrompere il
ciclo di produzione dello stampato o, in casi estremi, non poterlo addirittura inizia-
re. In un caso del genere i tempi morti sarebbero elevatissimi con relativo incremen-
to dei costi che potrebbero compromettere l’intero ciclo di produzione.
Risolto il problema delle scorte, e quindi certi di avere tutto ciò che Ricavo
serve per la produzione dello stampato, dopo varie altre fasi (che ver- introito dell’azienda,
utile lordo, denaro
ranno analizzate successivamente), si inizia la produzione. Dalla ven- che entra in azienda
dita del prodotto si ottiene il ricavo.
Dovrebbe dunque essere chiaro che i costi sono, molto semplicemente, i soldi che
l’azienda spende per la produzione del prodotto finito, mentre i ricavi sono i soldi che
l’azienda riceve dalla vendita del prodotto (in funzione del prezzo di vendita).

COSTI

denaro che esce


➠ GUADAGNO ➠ RICAVI

denaro che entra


denaro che rimane in azienda
dall’azienda
in azienda

Risulta ovvio che per avere un guadagno, i costi debbano essere inferiore ai ricavi,
perché nel caso in cui questi ultimi fossero minori dei costi si avrebbe una perdita,
ovvero un deficit. In alcuni casi però, quando i costi sono uguali ai ricavi, il guada-
gno risulta zero, ma, come si è visto a pagina 63, in particolari condi-
zioni di mercato, si può ugualmente avere un piccolo guadagno, grazie Guadagno
all’interesse di computo. Anche in questo caso lo schema ci aiuta a utile netto, denaro
che rimane all’a-
capire che dovrebbe essere semplice calcolare il guadagno come la zienda, dopo aver
differenza fra i ricavi e i costi. detratto i costi
Ricapitolando dunque: se i costi corrispondono al denaro che esce
dall’azienda, il ricavo è il denaro che entra, il guadagno può essere considerato come

133
il denaro che rimane in azienda e sul quale poi si pagheranno le rispettive tasse
(oneri tributari).
Un’ultima considerazione su queste tre importantissime voci: costi, guadagno,
ricavo. Impareremo durante tutto il corso che il guadagno dipende ovviamente dalle
scelte aziendali ma che, per ovvi motivi, dipende dal mercato (e quindi dalla con-
correnza), mentre il ricavo dipende dai costi e dal guadagno (e quindi ancora dal
mercato).
Bisogna chiarire, senza mai dimenticarlo, che c’è guadagno solo se l’azienda
vende, e l’azienda venderà solo se il prezzo di vendita è competitivo rispetto alla
concorrenza, e ciò avverrà solo se il prezzo di vendita è più basso di quello della con-
correnza (a parità di qualità del prodotto).
Tutte queste premesse servono a comprendere che la voce preponderante dell’e-
quazione dell’equilibrio economico costi+guadagno=ricavo risulta essere proprio
quella dei costi.
I costi possono essere di varia natura e vanno calcolati prima di decidere il prez-
zo di vendita preparando quello che viene denominato “preventivo”.
Il termine preventivo può avere vari significati, in generale è una pre-
Costi visione di ciò che dovrà essere svolto in seguito. In questa parte del
elemento fondamen- corso si analizzeranno approfonditamente quelli che sono i costi delle
tale delle tre voci pre-
senti nell’equazione
materie prime e delle singole fasi di lavorazione per la realizzazione dei
dell’equilibrio econo- lavori che più frequentemente vengono svolti nelle aziende grafiche.
mico C+G=R e che a Colui che redige il preventivo (che può essere denominato “tecnico
fine esercizio fanno
parte del bilancio grafico, progettista grafico o preventivista”), deve essere a conoscenza
di tutte le problematiche riguardanti l’impostazione di uno stampato e
deve avere una perfetta conoscenza di tutte le attrezzature presenti nella
propria azienda per poter effettuare più di un preventivo e scegliere il più econo-
mico a parità di qualità o il migliore dal punto di vista qualitativo a parità di costo.
Più frequentemente, la scelta del preventivo ottimale ricade su quello che rispec-
chia il miglior rapporto qualità/prezzo, cioè quello che soddisfa completamente il
cliente, in funzione del risultato finale che si desidera ottenere.
Il termine “progettista grafico” viene utilizzato, in genere, per indicare colui che si
occupa soprattutto dell’aspetto estetico. Il “grafico” progetta la copertina, l’eventuale
disposizione delle pagine in funzione del tipo di argomento, eccetera; l’ufficio tecnico
provvede all’organizzazione del lavoro, infine il preventivista si occupa dei costi.
Poiché anche questo non è vero per tutte le aziende, in quanto tutto dipende dal-
l’organizzazione dell’azienda stessa, noi nei prossimi paragrafi intenderemo il “pre-
ventivista” come quell’insieme di operatori del settore che ci permettono di redige-
re un preventivo.
È opportuno, comunque, fare alcune premesse prima di affrontare in maniera
più specifica l’argomento.

134
CAPITOLO 5

Innanzitutto si devono mettere in risalto le diverse realtà aziendali che operano


nel settore, in un contesto di forte concorrenza, che costringe l’azienda a formulare
un numero di preventivi assai superiore a quella che sarà l’acquisizione della com-
messa.
Da osservare che la preventivistica non si abbina a una metodologia perfetta come
quella matematica, per cui chi opera in questo campo deve essere ben consapevole di
tale difficoltà, alla quale spesso se ne aggiungono altre derivanti da richieste di pre-
ventivo molto approssimative, addirittura vaghe, da chiarire con il cliente prima di
iniziare qualsiasi valutazione a riguardo.
Il preventivista, come precedentemente accennato, deve essere sostenuto da
un’ottima conoscenza dei metodi di produzione, dei relativi tempi, dei cicli di lavo-
ro e delle impostazioni di macchina. Inoltre deve essere perfettamen-
te al corrente dell’impiego dei macchinari, dell’uso di tecnologie com- Preventivista
puterizzate di cui l’azienda può avvalersi, oltre che delle materie prime figura basilare di
e dei materiali di consumo. un’azienda grafica,
deve conoscere i
È certo che la stima potrà essere effettuata per eccesso o per difet- tempi e i metodi di
to, ma ogni scostamento dovrà comunque essere contenuto nei limiti produzione, le attrez-
accettabili, poiché un preventivo mal stimato, arrecherà solo danno zature, le materie
prime e i relativi costi
all’azienda. Se il preventivo risulta troppo elevato farà perdere la com- aziendali
messa, se invece troppo basso, produrrà una perdita di utile, o addi-
rittura un deficit.
Niente deve essere lasciato a semplici congetture, ma ogni operazione e ogni pas-
saggio deve essere evidenziato, analizzato e tradotto in termini di tempi, di costo e
di prezzi di vendita, avvalendosi dei tempi e dei costi standard dell’azienda. Solo
così è possibile redigere un preventivo molto simile a quello che sarà poi il consun-
tivo.
Per la realizzazione di queste fasi è molto importante sapere a quale tipo di azien-
da si fa riferimento: piccola azienda a carattere artigianale, media azienda, azienda
di grandi dimensioni.
In relazione al tipo di azienda infatti, cambiano radicalmente le varie fasi opera-
tive. Per ogni singola azienda si riscontrano capacità umane e mezzi (finanziari e tec-
nologici) del tutto diversi, con esigenze, anche di mercato e di pubbliche relazioni,
ben particolari. Pertanto sarà quanto mai opportuno adottare un sistema appro-
priato caso per caso, in funzione delle caratteristiche di ogni singola azienda.
Il primo passo sarà quello di approntare una modulistica che permetta di giun-
gere alla rilevazione dei tempi di ciclo, considerando: tempi di avviamento e i tempi
direttamente produttivi. Per i tempi improduttivi, come i fermi macchina o la
manutenzione ordinaria, eventuali altre perdite attribuibili allo stato dei materiali o
alle materie prime, vanno calcolati separatamente con estrema precisione.

135
A tale scopo, si dovranno sempre tenere stretti contatti con i reparti, cercando di
migliorarne il rendimento, con frequenti verifiche periodiche che consentano una
serie di controlli tali da garantire una soddisfacente certezza nella valutazione dei
tempi di produzione, insieme a un’adeguata conoscenza della propria azienda in
termini operativi.
È pur vero che nel settore grafico non trovano di norma impiego metodologie così
sofisticate che, come ad esempio avviene già da tempo nel settore meccanico, con-
sentono di arrivare alla rilevazione dei tempi e dei costi con procedimenti specifici e
ben collaudati.
Del resto, come già accennato, la maggioranza delle aziende presenti nel settore
grafico sono medie o piccole e molte a conduzione quasi artigianale.
Comunque, bisogna tenere sempre presente che per qualsiasi azienda è una
necessità fondamentale la conoscenza, con la maggior precisione possibile, dei
tempi di lavorazione e dei relativi costi orari, essendo entrambi elementi principali
sui quali viene a basarsi un preventivo.
La comparazione, poi, con i costi unitari delle altre aziende e con i relativi prez-
zi di mercato, favorirà l’accertamento dei propri limiti rispetto alla concorrenza, e
indurrà a scoprire disfunzioni organizzative o di macchinari (ad esempio l’obsole-
scenza), o l’impiego non appropriato di uomini e mezzi; in definitiva, un’insuffi-
ciente produttività.
Nella realtà attuale dei lavori stampati, l’evoluzione tecnologica ha condizionato
notevolmente l’industria della stampa al punto che risulta ormai indispensabile lo
studio di metodi di preventivazione più efficaci e con maggiori flessibilità.
A questo proposito si fa presente che trova applicazione pratica il pro-
programma gramma UT-Win di calcolo automatico dei preventivi tramite com-
UT-Win
puter, messo in commercio dalla “Edigit International”.
programma che con-
sente di effettuare Data la grande importanza della conoscenza dei tempi di produzione e
preventivi in auto- di ciclo per la stesura di un preventivo, è interessante affrontare il caso
matico con tempi
ridottissimi
completo dell’installazione in azienda di un nuovo impianto (macchi-
nario, apparecchiatura od altro).
Non disponendo di dati storici di rilevazione, sarà necessario determi-
nare i tempi in funzione del lavoro da svolgere; dopo un’opportuna rilevazione e
verifica degli stessi attraverso la modulistica, si apporteranno le modifiche ai tempi
di ciclo, così da avere dei valori molto vicini al reale.
Naturalmente ciò presuppone un’approfondita verifica di utilizzo dell’impianto
e del processo produttivo; potranno emergere anomalie, sulle quali si dovrà inter-
venire per eliminarle ed ottenere il migliore sfruttamento dell’impianto.
Si considererà il grado di addestramento del personale addetto, che potrà matu-
rare un’esperienza diretta solo dopo un certo periodo di tempo; quindi i tempi sti-
mati non saranno abbattuti a breve termine, ma solo dopo un ragionevole lasso di
tempo.

136
CAPITOLO 5

Dopo quanto detto, risulta evidente che per arrivare alla formulazione dei pre-
ventivi è necessario seguire tutta una serie di analisi e controlli approfonditi su:
• commessa;
• dimensioni del prodotto finito;
• carta;
• originali (testo e immagini);
• prestampa;
• stampa;
• allestimento.
Questi argomenti, che verranno trattati approfonditamente nella parte riguar-
dante l’impostazione di uno stampato, sono le fasi indispensabili per redigere un
preventivo sufficientemente preciso.
In base a quanto detto e con riferimento solo a dati generici (commessa d’ordine), è
possibile formulare un preventivo di massima, chiamato informativo, da aggiornare suc-
cessivamente dopo aver preso visione degli originali e calcolare un preventivo definitivo
e successivamente creare la commessa di lavorazione del prodotto da realizzare.
Una volta espressi in modo chiaro e completo i dati forniti dal cliente, si può
dunque redigere il preventivo definitivo. Quello di avere una commessa chiara e
completa in tutti i suoi dati, è un punto di fondamentale importanza, proprio nel-
l’interesse del cliente, affinché venga soddisfatto in tutte le proprie esigenze, onde
evitare controversie e relative variazioni di prezzo rispetto a quello pattuito.
A volte può capitare di dover fornire al cliente più di un preventivo a causa della
possibilità di realizzare lo stampato con tecnologie diverse, con relativa diversa qua-
lità e prezzo; per cui è necessario valutare a priori quale procedimento conduca al
miglior risultato del rapporto qualità/prezzo.
La predisposizione di un appropriato modulo di preventivo ha lo scopo di agevola-
re il preventivista nel riunire tutti i dati relativi alla produzione interna, ai lavori presso
terzi, alle materie prime e ausiliarie, che servono a definire il costo di un prodotto.
È ovvio che non esiste un modulo ottimale valido per tutte le aziende, dato che
esso deve essere impostato tenendo conto degli aspetti reali di ogni singola azienda,
quindi è compito di queste prevederne uno personalizzato.
Queste premesse di carattere generale ci consentono di avere il quadro delle pro-
blematiche di un’azienda. Prima di affrontare i reali calcoli di un preventivo accen-
niamo ad alcune nozioni tecniche indispensabili per realizzare nel migliore dei modi
uno stampato ed il suo relativo preventivo.
Forse non tutti sanno che per realizzare un qualsiasi stampato di più pagine
(mettiamo ad esempio 160 pagine) si procede stampando dei fogli di carta dove
sono presenti più pagine (ad esempio 4, 8, oppure 16).
Questo è il primo passo che porta alla stampa delle segnature denominate relati-
vamente: quartini, ottavi, sedicesimi, eccetera.

137
Come verrà approfondito nella parte riguardante l’aspetto pratico con il calcolo
grafico delle varie segnature e successivamente il calcolo del costo di carta, lastre,
avviamento e stampa, esistono molti tipi di segnature in funzione del tipo di stam-
pato, di impostazione del lavoro, del tipo di allestimento, eccetera.
Comunque sia, è indispensabile conoscere questi aspetti tecnici affinché il ciclo
di produzione e quindi la commessa di lavorazione, siano tali da fare fluire il flusso
di lavoro senza intoppi, fermi macchina, rifacimento lavori, eccetera, con notevole
incremento dei costi di produzione.
Tornando al nostro lavoro di 160 pagine, una volta stampate le segnature, que-
ste vanno raccolte e messe insieme per realizzare il blocco libro intonso (così deno-
minato il prodotto che si ottiene dopo avere messo insieme tutte le 160 pagine tra-
mite la raccolta delle singole segnature).
Anche la raccolta delle segnature risulta una parte importante del ciclo di pro-
duzione dello stampato, perché se si realizza un allestimento tipo brossura o carto-
nato, le segnature vanno raccolte sovrapposte, se invece lo stampato viene allestito a
punto metallico. Le segnature vanno raccolte accavallate (vedi segnature sovrappo-
ste e accavallate pagina 173).
Una volta raccolte le segnature, queste verranno “cucite” con un punto metalli-
co in costa (se il tipo di allestimento è a punto metallico), oppure verranno cucite
con il “filo refe” (se l’allestimento è una “brossura cucita” o un “cartonato cucito”).
Infine se l’allestimento è una brossura fresata o un cartonato fresato, il blocco libro
viene incollato sul dorso con un particolare tipo di colla.
Comunque sia, al blocco libro così realizzato, bisogna applicare la copertina.
Anche questa operazione varia in relazione al tipo di allestimento: se si ha un punto
metallico, la copertina viene applicata contemporaneamente all’applicazione del
punto metallico in costa; se invece abbiamo una brossura cucita o fresata, la coper-
tina viene incollata al dorso tramite applicazione di colla.
Una volta applicata la copertina al blocco libro intonso, si provvede a refilare il
libro nei tre lati (operazione denominata “refilo trilaterale”), lasciando integro il
lato (denominato “dorso”) dove sono state cucite (o incollate) le segnature.
Un discorso a parte merita il libro con copertina cartonata. Infatti, se il tipo di
allestimento è un cartonato cucito o fresato, l’applicazione della copertina prevede
una serie di operazioni (denominate con un unico termine: “incassatura”). In que-
sto caso sono previsti dei risguardi che terranno il dorso del blocco libro separato
dal dorso della copertina cartonata.
A questo punto il libro ha concluso il suo ciclo di produzione (libro finito) e può
essere pallettizzato e spedito a destinazione.
Dopo avere anticipato le operazioni che devono essere svolte per realizzare uno
stampato, cerchiamo adesso di entrare nello specifico della realizzazione dello stam-
pato, anticipando prima i concetti di: commessa, preventivo, consuntivo e relativi
scostamenti.

138
CAPITOLO 5

☞ La Commessa
Il termine commessa, nel settore grafico, ha fondamentalmente due significati. Il
primo (denominato “commessa d’ordine”) è relativo alla commissione che un
cliente (committente) fa ad un’azienda, cioè l’ordinazione di un certo
tipo di prodotto richiesto direttamente dal cliente all’azienda stessa. Commessa
L’azienda che opera in queste condizioni si definisce di conseguenza: d’ordine
ordine che il cliente
azienda produttrice su commessa (vedi pagina 46). (committente) fa
L’altro significato, che analizzeremo più approfonditamente, si rife- all’azienda e che
risce invece al ciclo di produzione interno all’azienda. viene trascritto su un
opportuno foglio pre-
Negli ultimi decenni, la fase di industrializzazione ha coinvolto disposto per questo
l’industria grafica, fino a quel momento prettamente artigianale. scopo
Le varie problematiche organizzative hanno reso necessario lo stu-
dio e la conseguente creazione di elementi di collegamento fra i vari momenti pro-
duttivi.
La suddivisione del ciclo di produzione in vari reparti sempre più specialistici, indu-
ce gli operatori delle singole fasi ad ignorare le altre che non li riguardano direttamen-
te. È per questo motivo che nasce la commessa di lavorazione.
Con il suo utilizzo, l’Ufficio Tecnico, si ripromette di informare i Commessa di
vari reparti delle caratteristiche del lavoro e delle particolarità che li lavorazione
riguardano specificatamente, e nel contempo rende note le lavorazioni composta da uno o
più fogli, contiene
che vengono eseguite negli altri reparti. tutti i dati generali e
A causa delle radici artigianali, che ancora influenzano la realtà i dati specifici del
produttiva, i sinonimi utilizzati per indicare la commessa sono svaria- lavoro da eseguire
ti. Solo nell’interland della città di Bologna è molto frequente sentire
il termine “carpetta”, “busta”, oppure ancora, “ordinazione”, per indicare sempre la
commessa.
Stabilito che in seguito, in questo testo, verrà usato il termine commessa e che
comunque non vuole essere limitativo per l’utilizzo di altri sinonimi, si definisce la
commessa come quel foglio, o più frequentemente un quartino, che viene compila-
to dopo l’acquisizione del lavoro e prima dell’inizio delle lavorazioni stesse. Essa
deve contenere dati generali e dati specifici.

Dati Generali
Nei dati generali devono essere inserite le indicazioni per un generico stampato come:
• collocazione all’interno di un archivio, in funzione di codici nume-
rici ed alfanumerici; Dati generali
• descrizione del lavoro con l’indicazione del formato chiuso e aper- contengono la descri-
zione del lavoro: for-
to, numero di pagine, tipo di carta, tipo di allestimento, lavorazio- mato, numero di
ni speciali e numero di copie; pagine, numero di
• impostazione del lavoro eseguita in fase di preventivo, tipo e copie, tipo di carta,
stampa e allestimento
numero di segnature, macchine utilizzate, eccetera.

139
Dati Specifici
Queste indicazioni riguardano specificatamente i singoli reparti e le singole fasi di
lavorazione. Così, ad esempio, nella parte della commessa di lavorazione riguardan-
 te il magazzino, deve essere chiaramente specificato l’approvvigionamento carta, il
relativo movimento dei materiali, l’eventuale collocazione dei prodotti finiti, pron-
ti per la spedizione, l’aggiornamento delle scorte in magazzino.
 Per il reparto stampa è indispensabile specificare la macchina utilizzata, la
sequenza dei colori, eventuali cambiamenti della carta, tipo di allestimento sui ban-
cali (come avviene ad esempio all’uscita della rotativa, dove le segnature vengono
piegate e legate in croce a blocchi di 100 copie), indicazione degli eventuali colori
pantone con il relativo campione di riferimento, eventuale verniciatura in macchi-
na e quant’altro utile e necessario al macchinista per realizzare il lavoro senza fermi
macchina e soprattutto senza indecisioni o errori.
 Anche in allestimento i dati specifici della commessa di lavorazione riguardano
le operazioni che devono essere svolte senza interruzioni. Sarà dunque chiaramente
evidenziato il tipo di allestimento, il tipo di materiale, gli squadri e le posizioni di
testa, piede e sfogliatura, il tipo di taglio da effettuare, il tipo di spedizione e quin-
di la presenza di pacchi, scatole, PVC, oppure sfusi.
Nota Nota importante: alla fine di ogni dato specifico ci deve essere sem-
importante pre indicata con chiarezza la data d’ingresso e completamento lavoro.
nella commessa di
lavorazione deve
Chiarita l’importanza di realizzare la commessa di lavorazione, com-
sempre comparire la pletiamo l’argomento accennando al modo di compilare la commessa:
data di ingresso e la singola (commessa unica) o multipla.
data di fine lavoro
Nel caso della commessa unica, questa viene compilata nello stesso
modo per tutti i reparti e contiene sia i dati generali che quelli specifici per tutte le
fasi di lavorazione.
Tale commessa segue il lavoro e riporterà tutti i tempi di produzione e tutti gli
appunti necessari.
Sorge però il problema del lavoro contemporaneo in più reparti. Ad esempio nel
caso di un lavoro composto da sei sedicesimi, è possibile che la prima e la seconda
segnatura siano già in stampa, mentre le altre possono essere ancora in prestampa.
Nella commessa multipla, invece, vengono redatte tante commesse quante sono
le lavorazioni subite dal prodotto. Si compila, dunque, una commessa per la prepa-
razione delle forme da stampa, con i relativi dati generali e specifici, e una com-
messa per la stampa, con i relativi dati generali e specifici.
In questo modo il lavoro può procedere in più reparti contemporaneamente con
le relative specifiche commesse. Inoltre è possibile differenziare lo schema delle varie
commesse mantenendo uguale solo la parte riguardante i dati generali.
Il tempo impiegato per svolgere tutte le operazioni per la compilazione delle
commesse, non è sicuramente una perdita di tempo, naturalmente se le varie ope-

140
CAPITOLO 5

razioni sono organizzate in modo funzionale. Infatti la commessa serve a legare i


vari momenti della produzione, inoltre è indispensabile per verificare, a consuntivo,
l’effettivo andamento della produzione con l’evidenziazione di eventuali errori
come fermi macchina, tempi morti, eccetera.
Il compito di redigere la commessa in tutte le sue parti è assolto dai vari capi
reparto, i quali inseriscono tutti i tempi di produzione, le indicazioni per i reparti
successivi, i rifacimenti, eccetera.
Questo non solo perché l’amministrazione possa controllare, ed eventualmente
riprendere gli operatori, ma anche per tutelarsi da eventuali contesta-
Visto si stampi
zioni o errori, che permettono di individuare i responsabili. La deter- denominato anche
minazione delle responsabilità è infatti possibile grazie ai “visto si “OK di stampa”,
stampi” che vengono scrupolosamente inseriti nelle varie commesse firma con la quale si
constata che il lavoro
relativi a: testi, selezioni, fogli stampati, eccetera. svolto fino a quel
La commessa, dunque, riveste una grande importanza sia a livello punto è OK e quindi
produttivo che a livello consuntivo e di chiusura lavoro, per la verifi- può proseguire nel suo
ciclo di lavorazione
ca dell’effettivo rispetto dei dati e dei tempi considerati in fase di pre-
ventivo e quindi l’effettivo guadagno o invece l’eventuale perdita a causa del man-
cato rispetto dei tempi e metodi.

Conclusioni sulla commessa di lavorazione

Ricapitoliamo quanto detto in questo capitolo e che può anche essere integra-
to con i flussogrammi del capitolo 3:

• flussogramma committente-azienda;
• flussogramma commessa di lavorazione;
• flussogramma del consuntivo;
• flussogramma degli scostamenti

Prima di realizzare la commessa di lavorazione e quindi l’impostazione dello stampa-


to, l’azienda deve avere la certezza che il lavoro ordinato dal cliente si realizzi. Questo
avverrà solo dopo l’accettazione della commessa d’ordine, ovvero la firma del cliente
al preventivo di massima (vedi commessa di base, nelle pagine successive).
Dopo che il cliente ha accettato le condizioni generali, si prepara un preventivo
accurato, dove si ottiene il prezzo da proporre al cliente, mentre internamente si
organizza il ciclo di produzione con la commessa di lavorazione che circolerà fra i
vari reparti e darà tutte le indicazioni per svolgere correttamente il lavoro.
Dopo queste generali premesse, andiamo ad analizzare il preventivo.

141
☞ IlLaPreventivo
preventivistica non è una scienza esatta come la matematica, per cui chi opera in
questo settore deve avere la consapevolezza di tale caratteristica, alla quale spesso se ne
aggiungono altre derivanti, ad esempio, da richieste molto approssimative da chiarire
con il cliente prima ancora di iniziare qualsiasi tipo di valutazione a riguardo.
Il preventivista deve avere un’ottima conoscenza della propria realtà
Preventivista aziendale, quindi conoscere i metodi di analisi e rilevazione dei tempi
oltre ad avere un’otti-
ma conoscenza della
di produzione, dei cicli di produzione, delle varie attrezzature e mac-
propria azienda, il chine, delle materie prime e dei materiali di consumo.
preventivista deve Il calcolo di un preventivo può essere effettuato con approssimazioni
conoscere i tempi e i
metodi di produzio- per difetto o per eccesso con scostamenti, in ogni caso, contenuti entro
ne, le attrezzature, le limiti accettabili.
materie prime e i Un preventivo errato arreca comunque danni all’azienda: con un pre-
relativi costi azien-
dali ventivo troppo elevato si rischia di perdere la commessa, se invece risul-
ta troppo basso produce una perdita di utile.
L’esatta conoscenza dei tempi di lavorazione e dei relativi costi orari oltre a con-
sentire la scelta del migliore ciclo di produzione (all’interno dell’azienda), permette
una comparazione con le altre aziende favorendo l’accertamento delle proprie
potenzialità rispetto alla concorrenza.
Facendo riferimento alla realizzazione di un generico stampato, per redigere un
preventivo sono necessari:

• analisi accurata della richiesta fatta dal cliente;


• verifica delle dimensioni del prodotto finito;
• verifica della quantità di immagini e testi (ed eventuale complessità degli stessi);
• scelta del tipo di carta più idoneo;
• tipo di allestimento;
• qualsiasi altro dato che soddisfi le esigenze del cliente nel rispetto del rapporto
qualità/prezzo.

In base ai primi generici dati si redige un preventivo di massima (definito anche


“informativo” o “commessa di base”) da completare nei dati specifi-
Commessa ci una volta acquisita la commessa e presa visione degli originali da
di base riprodurre e dei dati tecnici mancanti in sede di preparazione del pre-
preventivo di massi- ventivo di massima (“commessa definitiva”).
ma redatto in base ai
primi dati generali
Quando i dati forniti dal cliente sono espressi in maniera chiara ed
forniti dal cliente esaustiva, è possibile effettuare il calcolo del preventivo definitivo.
Capita spesso di dover realizzare più di un preventivo per soddisfare le
esigenze del cliente presentando diverse possibilità per la realizzazione dello stampato
con caratteristiche diverse o diverso numero di copie, con i relativi costi a copia.

142
CAPITOLO 5

Risulta dunque fondamentale la chiarezza e completezza dei dati Commessa


nell’interesse sia del cliente che dell’azienda. A questo proposito è definitiva
commessa di base,
ormai uso comune controfirmare i documenti al momento dell’accet- integrata con i dati
tazione del preventivo, così come le successive fasi di lavorazione (vedi specifici mancanti
OK di stampa) onde evitare spiacevoli inconvenienti, alla fine del per la realizzazione
del prodotto finito
lavoro, indesiderati sia dal cliente che dall’azienda.

☞ IlUnaConsuntivo
volta ottenuto il prodotto finito, l’Ufficio Contabilità deve procedere alla deter-
minazione del costo a consuntivo, sulla base di prospetti riassuntivi in cui sono ripor-
tate, reparto per reparto, le ore totali da queste lavorate per la commessa in oggetto.
Naturalmente il foglio riepilogativo (o consuntivo), che è il punto d’arrivo di
tutte le rilevazioni e annotazioni fatte, deve raccogliere sia i costi delle lavorazioni
interne che quelli delle lavorazioni esterne.
Per giungere a tali risultanze è innanzitutto necessaria una rilevazione esatta dei
tempi di lavorazione, nei quali si comprendono sia i tempi produttivi che quelli
improduttivi (persi ad esempio per attese, manutenzioni e riparazioni ordinarie),
ipotizzando anche per questi ultimi una loro sicura imputazione alla commessa.
I tempi devono essere rilevati con metodo; ciascuna azienda, in relazione alla
propria struttura, deve impostare la loro determinazione nel modo più semplice e
pratico possibile, così da facilitare le registrazioni e le valutazioni. Infatti è attraver-
so ciò che viene fornita al preventivista l’opportunità di vedere confermato, o meno,
quanto inizialmente aveva stabilito, in base alla sua conoscenza ed esperienza, per
apportare, se del caso, correzioni ai dati e ai criteri di previsione, perfezionando le
sue capacità di valutazione tramite il confronto frequente dei tempi da lui stimati
con quelli effettivamente in seguito rilevati.
Da questo confronto, eseguito per tutte le fasi lavorative emergono gli elementi
necessari per valutare economicamente ogni ciclo della produzione.
Per la compilazione del consuntivo, devono essere indicati tutti i reparti, con i
centri di costo direttamente produttivi di appartenenza (vedi anche pagina 70),
poiché a ciascuno di questi si attribuiscono i tempi parziali risultanti
dalle sequenze delle proprie lavorazioni; quindi il totale delle ore mol- Centro di costo
raggruppamento di
tiplicato per il relativo costo unitario (costo orario) fornisce il costo vari costi in un unico
totale di ogni centro, la cui sommatoria determina il costo dell’intero costo, per comodità di
calcolo di un preven-
reparto. tivo
Così operando per stampa, allestimento e spedizione, si ottiene il
costo globale per le lavorazioni svolte all’interno dell’azienda, al quale va aggiunto
il costo delle lavorazioni esterne.
Il costo dell’intero lavoro, a consuntivo, va poi confrontato con il preventivo per
determinare le possibili differenze (scostamenti).

143
Se questa esiste e risulta negativa (segno meno), se ne deduce che il costo dell’inte-
ra commessa è contenuto entro quello calcolato tramite preventivo con un risulta-
to tanto più positivo quanto maggiore è la differenza.
Viceversa, nel caso opposto (segno più), risulta necessario prendere in considerazio-
ne ed analizzare con la massima attenzione eventuali carenze organizzative, di infor-
mazione e di comunicazione, imprevisti e disguidi, per rimuovere le cause e porre
rimedio ad una situazione che è sfavorevole all’equilibrio economico dell’attività
aziendale.
A volte può accadere che in fase di preventivo si tenga conto di un programma
ideale di produzione che, per cause di forza maggiore, non possa essere messo in
atto, pertanto la previsione originaria non viene rispettata e naturalmente il risulta-
to del consuntivo rifletterà tale discrepanza.
Il ripetersi poi di inconvenienti e contrattempi, se opportunamente analizzati e
valutati, possono indurre l’azienda a fare una più accorta scelta del lavoro o decide-
re di abbandonare determinate lavorazioni per specializzarsi in altre.
È evidente che se il costo a consuntivo equivale al costo preventivato, risulta inte-
ramente salvaguardato il margine di utile che l’azienda pensava di conseguire tra-
mite l’aggiudicazione della commessa, a fronte del prezzo d’offerta (o del prezzo
direttamente pattuito con il cliente).
A questo proposito è giusto menzionare il caso (non raro) in cui vengano
effettuate lavorazioni extra non redatte a preventivo e quindi con ulteriori costi non
preventivati. In questo caso occorre mettere al corrente il cliente specificando in det-
taglio le lavorazioni straordinarie effettuate e vendere al cliente tali lavorazioni come
“straordinarie”.
Risulta evidente che la tempestiva comunicazione da parte dell’ufficio vendite al
cliente, unita all’abilità e professionalità dei tecnici dell’azienda, portano all’appro-
vazione (da parte del cliente) di questi nuovi “costi straordinari”.

Introduzione alla realizzazione dello stampato

Dopo tutte le dovute premesse sulla commessa, sul preventivo e sul consuntivo,
è necessario puntualizzare che le aziende a scopo di lucro hanno come fine ultimo
quello di guadagnare.
È necessario però tenere sempre presente un altro aspetto importantissimo per le
aziende a scopo di lucro: quello di soddisfare il cliente. Per ottenere quest’ultimo
aspetto bisogna trovare il miglior compromesso qualità/prezzo, perché non è detto
che il cliente sia soddisfatto solo quando il prodotto presenti un’ottima qualità,
spesso preferisce avere una qualità leggermente inferiore ma con un costo decisa-
mente competitivo.
Dunque, quando si redige un preventivo è necessario tenere conto di tanti e

144
CAPITOLO 5

diversificati fattori che molto spesso è necessario redigere più di un preventivo (con
le eventuali copie successive) per accontentare nel migliore dei modi il cliente. Per
questo motivo nella fase di progettazione dello stampato, oltre a tenere ovviamente
conto dell’entipologia dello stampato è indispensabile capire le esigenze del cliente
e cercare di trovare il giusto compromesso qualità/prezzo.

☞ Realizzazione dello stampato


Dopo avere introdotto l’aspetto tecnico, economico ed organizzativo, Seconda parte
dove abbiamo capito come si organizza un’azienda grafica per soddi-
sfare le esigenze del cliente, cerchiamo adesso di entrare in merito
all’aspetto puramente tecnico per la realizzazione di uno stampato,
aspetti tecnici per la
che noi abbiamo definito, per comodità, Seconda parte. realizzazione dello
Una volta acquisita la commessa da parte del cliente (commessa stampato
d’ordine) e una volta ricevuto l’OK da parte del cliente, si redige la
commessa di lavorazione prima di entrare in produzione.
Per la realizzazione dello stampato sono ovviamente necessarie tutte le caratteri-
stiche tecniche dello stampato oltre che la perfetta conoscenza delle attrezzature pre-
senti in azienda. Le conoscenze di questi due aspetti a prima vista scollegati, sono
invece indispensabili per realizzare un buon flusso di lavoro. Un semplice esempio
può chiarire quanto appena detto.
Ormai molte aziende grafiche sono dotate di almeno due principi di stampa (off-
set, o altre, e digitale), per cui quando bisogna realizzare un determinato lavoro, la
prima cosa da decidere è:
quale metodo di stampa è meglio utilizzare?
Dove per “meglio” si intende il compromesso fra qualità e prezzo di vendita (che
comporta la perfetta conoscenza del costo per l’azienda).
Quindi in questo caso il primo aspetto da tenere conto risulta essere il numero
di copie richieste dal cliente che, conoscendo le caratteristiche tecniche dei due
metodi di stampa, comportano una decisione che fa pendere verso la stampa digi-
tale per un basso numero di copie, mentre sarà sicuramente più conveniente la
stampa offset se le copie richieste dal cliente sono varie migliaia.
Con questo semplicissimo esempio risulta chiaro il perché il preventivista deve
avere tutte le conoscenze tecnico-grafiche generiche e nel contempo conoscere per-
fettamente e in tutti i suoi reparti, l’azienda in cui opera.
Risulta dunque evidente che per redigere la commessa di lavorazione è necessa-
rio progettare lo stampato. Quindi, tenendo presente i flussogrammi presenti nel
capitolo 3 (in particolare il flussogramma committente-azienda e il flussogramma
commessa di lavorazione) vediamo quali sono le operazioni che precedono l’inizio
del ciclo di produzione e che fanno parte di quella fase che può essere definita pro-
gettazione dello stampato.

145
Per l’azienda grafica progettare lo stampato significa realizzare quello che risulta
dalla commessa d’ordine, ovvero dalle indicazioni del cliente, e quindi trarre gli spun-
ti per produrre un prodotto che rispecchi le aspettative del cliente.
Per fare ciò la prima cosa da tenere in considerazione sono le regole
Entipologia dettate dall’entipologia dello stampato.
dello stampato Dopo quanto accennato a pagina 76 sull’entipologia dello stampato e
studio sistematico
dello stampato sotto
sulla classificazione degli stampati, cerchiamo adesso, per quanto pos-
l’aspetto storico, fun- sibile, di chiarire cosa significa per un’azienda grafica progettare uno
zionale, tecnico ed stampato.
estetico
Intanto diciamo che rimangono coinvolti in questa operazione più set-
tori e più operatori: dal preventivista, al commerciale, dall’ufficio tec-
nico all’ufficio commerciale, all’ufficio acquisti e vendite.
Una volta acquisita la commessa, si cerca di comprendere cosa deve comunicare
lo stampato. Sappiamo che oggi il suono, l’immagine e le nuove tecnologie sono i
canali preferenziali per la comunicazione, ma per fortuna lo stampato ha ancora un
ruolo di primaria importanza nella comunicazione.
Dal punto di vista etimologico, comunicare significa “mettere in comune”, ovve-
ro condividere qualcosa con qualcuno. Quando si vuole comunicare un qualcosa in
maniera efficace, è necessario produrre un messaggio che attiri l’attenzione dell’in-
teressato.
Le parole, i suoni, le immagini, i gesti, sono occasioni per stimolare l’interlocu-
tore ad interessarsi al messaggio inviatogli. Quindi un messaggio, per colpire l’in-
terlocutore deve possedere la forza di scatenare sensazioni tali da non potere fare a
meno di interessarsi al messaggio ricevuto.
La comunicazione trasmette e riceve informazioni e risulta essere un aspetto vita-
le per la sopravvivenza. La comunicazione serve a segnalare la presenza di pericolo
o di serenità, di cibo o di situazioni che permettono di procurarsi il cibo.
Risulta evidente che la comunicazione fra esseri umani è diversa da quella di
tutte le altre specie perché non si riferisce solo ai bisogni primari (come ad esempio
avviene nel mondo animale), ma anche ai bisogni secondari, bisogni voluttuari che
rendono più gradevole la vita.
Se ai bisogni secondari, esposti nella prima pagina del libro, aggiungiamo quelli
che riguardano la sfera psicologica ed emotiva come l’amore, l’odio, l’amicizia o la
rabbia, ci possiamo rendere conto quanta importanza possa avere la comunicazione
e di conseguenza il messaggio da inviare.
Dunque se il messaggio inviato non stimola ricordi, sensazioni, emozioni, oppu-
re, profumi, colori e suoni, la comunicazione non viene recepita e rimane uno degli
infiniti stimoli ambientali che quotidianamente gli individui ricevono.
Riprendendo dunque l’aspetto puramente tecnico, una volta acquisita la com-
messa è necessario capire quali sono gli scopi dello stampato, ovvero:

146
CAPITOLO 5

cosa vuole comunicare lo stampato?


• per ottenere qualcosa, come nel caso di vendita di prodotti e quindi acquisire
potenziali clienti;
• per trasferire conoscenze, e quindi uno stampato a scopo informativo o, ancora
meglio, divulgativo, come ad esempio i prodotti realizzati dalle case editrici
• per scopi sociali, quindi organizzare incontri, realizzare dei manifesti che pub-
blicizzino un determinato evento;
• per evidenziare divieti, come i cartelli stradali o locandine che evidenziano peri-
coli e quindi le cose da non fare per evitarli.

Risulta chiaro che sono infinite le possibilità di comunicare qualcosa a qualcu-


no. Per ottenere un risultato efficace, lo stampato deve possedere caratteristiche che
il preventivista, assieme ai suoi collaboratori, deve tenere in considerazione.
Dunque lo stampato deve essere analizzato nella sua globalità tenendo conto
dell’entipologia per definire il formato, il carattere, il corpo, la relativa interlinea
(composizione), il numero dei colori, i vari abbinamenti dei colori, eventuali colo-
ri pantone, disposizione di testi e immagini all’interno delle singole pagine, dispo-
sizione delle pagine all’interno delle segnature (impostazione dello stampato), tipo
di carta, tipo di stampa in funzione della tiratura e della qualità (fase di stampa).
Infine l’allestimento, non certamente per importanza, perché, anzi, è forse il primo
elemento da prendere in considerazione: decidere fra una brossura, un cartonato o
un punto metallico, cambia totalmente il ciclo di produzione dello stampato.
L’entipologia si avvale di altre discipline nelle quali lo stampato appare come un
momento di studio sotto l’aspetto storico, funzionale, tecnico ed estetico. Tutte
queste discipline mirano a collegare tutti gli aspetti in un unico contesto che sia
utile per tracciare un profilo il più possibile vicino alle richieste del cliente ed effi-
cace per stimolare ricordi, sensazioni ed emozioni.
La semiologia, che studia ogni tipo di segno linguistico visivo o gestuale, il
campo relativo alla percezione, visibilità e leggibilità, il linguaggio come struttura e
la storia dell’arte riferita in particolare alle forme sviluppatesi come linguaggio
(come ad esempio la fotografia), sono tutte concentrate nello stampato.
Sicuramente dopo queste poche righe gli allievi non ci capiscono più niente. Ma
abbiamo fatto riferimento a tutte queste discipline teoriche semplicemente per
rimarcare che il progettista grafico con anni di esperienza, realizza il progetto tenen-
do conto di questi aspetti.
Cerchiamo di fare qualche esempio pratico.
Gli stampati sono praticamente infiniti. Essi si diversificano per gli usi e i
costumi dei possibili lettori, per le forme che si vuole dare al prodotto finito, per la
destinazione che dovrà avere. La funzionalità e l’aspetto estetico differenziano ulte-
riormente gli stampati.

147
Quindi, ad esempio, un’etichetta incollata su una bottiglia, deve trasmettere un
messaggio dove risulta chiaro: il suo contenuto, e trasmettere tramite testi e imma-
gini la voglia di provare quel prodotto. Un giornale non comunica il suo contenu-
to ma definisce fatti, persone ed eventi particolari molto diversi dall’etichetta.
Un prodotto finito di packaging deve comunicare un altro aspetto completa-
mente diverso dai due precedenti, le materie prime utilizzate sono diverse, così
come le sue finalità.
Dunque la progettazione dello stampato è un’attività coordinatrice della plurali-
tà degli elementi che direttamente, o indirettamente, costituiranno lo stampato.
La parte riguardante l’impaginazione deve tenere conto di svariati fattori:
• scelta del carattere, in funzione del contenuto, dallo scopo dello stampato, dal
suo aspetto formale, dal tipo di supporto, dal metodo di stampa;
• scelta del ritmo del carattere: tondo, corsivo, stretto largo;
• scelta del corpo espresso in punti tipografici: 8, 10, 12 punti tipografici;
• gradazione di grigio: chiaro, neretto, nero, nerissimo;
modo della composizione: giustificata, bandiera a destra o a sinistra, centrata;
• interlinea, spaziatura, titoli, sottotitoli;
• sistemazione formale del contenuto (simmetrico, asimmetrico), oppure una dis-
posizione dinamica degli elementi grafici (testi, immagini, grafici, tabelle).
Senza entrare eccessivamente in merito agli aspetti teorici e pratici della proget-
tazione, è indispensabile puntualizzare che uno stampato necessita della conoscen-
za sia teorica che pratica di una serie di elementi dei quali alcuni si imparano a
scuola ed altri con l’esperienza sul campo.
Il colore, ad esempio, ha una grande carica espressiva che, integrata con gli altri
elementi dello stampato, permette una ricca varietà di soluzioni. Nel linguaggio
grafico il colore viene inteso sia come effetto visivo del carattere che la gamma cro-
matica con la quale può essere espresso il grafismo: colori caldi, freddi, puliti, inqui-
nati, ma quello che importa alla fine, è il messaggio che trasmette.
Non ci dilunghiamo oltre in questa introduzione al capitolo successivo: “Calcolo
dei preventivi”, poiché non è compito di questo corso approfondire questi aspetti
che però risultano essere parte essenziale del calcolo dei preventivi che segue imme-
diatamente la progettazione dello stampato.
Vogliamo solo concludere dicendo che nella fase di progettazione è necessario
tenere conto anche dei vari tipi di formati (analizzati in questo testo sotto l’aspetto
puramente tecnico), oppure al tipo di supporto adeguato al tipo di pubblico a cui
si rivolge oppure allo scopo cui deve assolvere lo stampato, o infine l’allestimento
con il quale si completa lo stampato.
Ciò premesso, andiamo ad analizzare il vero e proprio calcolo del preventivo di
uno stampato iniziando dall’impostazione tramite le varie segnature, per conclude-
re con il costo a copia di un generico stampato.

148
Dopo avere analizzato l’aspetto economico, l’organizzazione aziendale e dopo
avere chiarito cosa si intende per “progettazione dello stampato”, vediamo adesso
quali sono le operazioni da eseguire per ottenere il prodotto finito.
Per cui, partendo dall’impostazione dello stampato, verranno successivamente
analizzate le caratteristiche che deve avere la carta (grammatura, formato, senso di
fibra, tenendo ben presente il numero di pagine).
Dopo avere analizzato approfonditamente le segnature più frequenti, passeremo alla
simulazione di un vero e proprio calcolo del preventivo di uno stampato.

☞ Impostazione dello stampato


Con il termine generico di “impostazione dello stampato”, si intende comprende-
re tutte quelle operazioni che portano alla ricerca del foglio di carta che viene stam-
pato da una medesima forma e che può contenere una o più segnature.
Impostare uno stampato dunque significa ricercare il giusto formato della carta
(denominato tecnicamente “formato del foglio di stampa”) che
permetta di ottenere il risultato finale con il miglior compromesso fra l’a- Formato del
spetto tecnico e l’aspetto economico. foglio di stampa
La ricerca del “formato del foglio di stampa” deriva da una serie di formato del foglio di
carta che viene stam-
compromessi in relazione alle molteplici esigenze tecniche, estetiche pato per realizzare il
ed economiche. Impostare uno stampato, infatti, significa fornire l’e- prodotto finito
satta posizione di ogni singola pagina sul foglio di stampa, con i rela-
tivi segni di riferimento (squadri, pinze, refili, pieghe, eccetera) conoscendo alla per-
fezione tutte le operazioni che lo stampato subirà in seguito per essere completato.
Tenendo presente che generalmente la singola pagina dello stampato ha le
dimensioni del prodotto finito, questo formato risulta il punto di partenza per la
ricerca del “formato minimo indispensabile”.
Prendendo come esempio il quartino a libro di pagina 177, si parte Formato minimo
dal formato finito A4 (21x29,7 cm) e si aggiungono tutti gli elementi indispensabile
formato virtuale che
necessari alla stampa, piega, taglio, eccetera. viene ricavato trami-
Alla fine si arriva al calcolo del “formato minimo indispensabile”, te calcoli numerici e
ovvero quel formato minimo necessario per ottenere la stampa del che permette di sce-
gliere il formato carta
quartino, tenendo conto che è indispensabile prevedere millimetri di più idoneo
carta in più per vari motivi tecnici (squadri, pinze, refili).
Si arriva in questo modo ad ottenere una misura di 31,7 cm per 43 cm (forma-
to minimo indispensabile) superiore al formato finito aperto 29,7 cm per 42 cm.
Dal formato minimo indispensabile è possibile poi scegliere il formato carta più
idoneo alla stampa del quartino con il minimo spreco (nel nostro caso il formato
carta più idoneo risulta il formato 32x44 cm).
Risulta ormai evidente che l’impostazione dello stampato implica automatica-
mente la scelta della segnatura, la quale deve soddisfare le esigenze tecniche dello
stampato.

149
I fattori che determinano la scelta della segnatura possono essere sia di carattere
tecnico che economico e inducono il preventivista ad effettuare più di un preventi-
vo per poi scegliere quello che a parità di qualità costa meno oppure quello che a
parità di costo sia maggiormente valido tecnicamente; in pratica il miglior compro-
messo fra qualità e costo. A questo punto sorge spontanea la domanda:

si sceglie la segnatura e si imposta lo stampato oppure si sceglie


l’impostazione e si ricava di conseguenza la segnatura?

A tale proposito risulta quanto mai opportuno fare una distinzione sostanziale
fra “scelta della segnatura” e “scelta dell’impostazione”.
Pur distinte, queste due operazioni vanno effettuate in parallelo, poiché la scelta
della prima condiziona la scelta della seconda e viceversa.
La scelta della segnatura sembra essere quella più immediata poiché esistono
regole ben precise che permettono di gestire con disinvoltura questa fase operativa.
L’impostazione dello stampato, invece, implica la conoscenza di tutto il ciclo di
produzione, le problematiche di stampa e allestimento, la conoscenza approfondita
delle materie prime (come ad esempio la carta) e quant’altro necessario alla realiz-
zazione del prodotto finito.
Durante la fase d’impostazione dello stampato si determina il formato del foglio
di stampa il quale non è detto che contenga una sola segnatura; è possibile infatti
che sul foglio siano presenti più segnature (come ad esempio nell’impostazione di
BeV assieme), oppure più lavori identici (come nel caso di B+V doppiati) oppure
ancora più segnature una diversa dall’altra (vedi anche le varie impostazioni di pagi-
na 163 e 164).
Risulta ormai chiaro che i fattori determinanti per la scelta dell’impostazione,
rispetto alla scelta della segnatura, sono più numerosi e in alcuni casi anche in con-
trasto, complicando non poco le operazioni di impostazione.
In pratica, si sceglie una delle due caratteristiche (la segnatura o l’impostazione),
si verifica immediatamente l’altra e si procede nel calcolo del preventivo.
Ovviamente l’esperienza pratica farà scegliere il metodo migliore in funzione del
tipo di preventivo in esame.
Dopo questa breve premessa, cerchiamo adesso di entrare nello specifico di
quanto precedentemente detto, esponendo le varie problematiche e le relative solu-
zioni in un ordine dettato esclusivamente da motivi didattici.
Nella realtà, nel calcolo del preventivo di uno stampato, il preventivista segue un
ordine decisamente diverso, tenendo sempre presente che comunque il risultato
finale è un compromesso fra i vari aspetti tecnici, estetici ed economici.
I fattori che determinano la progettazione di uno stampato possono essere
individuati fra i seguenti:

150
CAPITOLO 5

1 numero di copie e conseguente calcolo della tiratura;


2 numero di pagine;
3 grammatura;
4 formato finito dello stampato;
5 formato carta e sue caratteristiche;
6 formato della macchina da stampa e delle attrezzature disponibili;
7 formato del foglio di stampa;
8 senso di fibra;
9 allestimento;
10 inchiostro e numero dei colori;
11 lavori extra: plastificazione, verniciatura, doratura;
12 qualità;
13 costo di produzione;
14 prezzo di vendita.

1 Numero di copie - Mole della tiratura


Risulta evidente quanto sia necessario conoscere tutti gli aspetti tecnici, estetici ed
economici per poter operare le scelte più opportune.
Infatti il tipo di allestimento, le dimensioni del formato finito, del formato del foglio
di stampa, della macchina da utilizzare, eccetera, sono elementi indispensabili per otte-
nere un preventivo corretto e un prodotto tecnicamente valido.
Il primo dato da sapere è ovviamente il numero di copie da stam- Tiratura
numero indispensa-
pare per quel tipo di prodotto; questo dato influenza direttamente la bile per il calcolo del
tiratura, ovvero il numero dei passaggi in macchina (che general- costo della stampa,
mente è diverso dal numero di copie). corrisponde al nume-
ro dei passaggi in
Una tiratura elevata comporta un’impostazione (e un corrispon- macchina
dente ciclo di produzione) diverso rispetto a quello utilizzato per una
bassa tiratura.
Ad esempio la macchina da stampa adatta per una bassa tiratura potrebbe risul-
tare inadeguata per una tiratura elevata.

2 Numero di pagine
Questo fattore risulta essere il primo dato da analizzare nell’approccio con un pre-
ventivo. Infatti, il numero di pagine va diviso per un numero che corrisponde a una
delle segnature a noi già note.
Se ad esempio, dividendo per otto si ottiene come risultato un numero intero, si
ha la certezza che il lavoro si possa realizzare con dei sedicesimi, trentaduesimi ed

151
anche (fatte salve tutte le regole che verranno commentate in seguito) con dei ses-
santaquattresimi. Chiariamo quest’ultimo concetto con due semplici esempi:
1° ESEMPIO
Si deve realizzare un fascicolo di 128 pagine. Si possono determinare con semplici-
tà quelle che saranno le segnature che possono comporre il lavoro: 2 sessantaquat-
tresimi, oppure 4 trentaduesimi, 8 sedicesimi, 16 ottavi, o 32 quartini.
2° ESEMPIO
Si deve realizzare un opuscolo di 44 pagine. Dividendo per 8, si ottiene 5,5; cioè si
possono impostare 5 ottavi più un quartino, oppure 2 sedicesimi più 1 ottavo più
1 quartino. Il fine ultimo, comunque deve essere quello di ottenere, sommando
opportunamente le varie segnature, il numero di pagine del lavoro finito.

3 Grammatura
Conoscendo la definizione di grammatura, si può facilmente dedurre che quest’ul-
tima influenza notevolmente la scelta della segnatura (e quindi dell’impostazione
dello stampato).
Il motivo di tanta attenzione è da ricercare ad esempio nella qualità della segna-
tura piegata. Se si eseguono infatti un numero eccessivo di pieghe, si rischia di avere
una segnatura che non rimane chiusa perfettamente, le pagine interne fuoriescono,
creando seri problemi durante la fase di refilo; la piega del dorso non risulta netta e
lineare rischiando di complicare le successive operazioni di allestimento.
In pratica, a seconda della grammatura della carta utilizzata per la realizzazione
dello stampato, è possibile effettuare un numero limitato di pieghe. A tal proposito
esistono delle tabelle che danno una generale classificazione del numero di pieghe
da effettuare in funzione della grammatura (vedi tabella grammatura/n° pieghe).
Quindi nella scelta della segnatura, più che il numero di pagine, risulta priorita-
rio il calcolo del numero di pieghe con le quali è possibile ricercare la segnatura
adatta alla carta scelta per il lavoro.
Riprendendo in esame l’esercizio precedente dell’esempio 1, ovvero di un fasci-
colo di 128 pagine, dai calcoli effettuati precedentemente è risultato come sia pos-
sibile realizzare il lavoro con 4 trentaduesimi.
Ma se la grammatura della carta con cui si realizza il lavoro è superiore a
120 g/m2, non è possibile effettuare quattro pieghe (vedi tabella grammatura/nume-
ro pieghe), quindi la scelta del sedicesimo o eventuali ottavi e quartini risulta obbli-
gatoria a causa della elevata grammatura della carta.
Ribadiamo per l’ennesima volta che nel settore grafico quasi mai esistono regole
fisse valide per tutte le casistiche. Anche questo caso non fa eccezione, infatti è
sicuramente possibile che con una carta con grammatura da 110 g/m2, non sia pos-
sibile piegare il trentaduesimo, mentre con una carta da 120 g/m2, sia possibile rea-
lizzare il trentaduesimo, smentendo così clamorosamente la tabella 3, la quale è
quindi puramente indicativa.

152
CAPITOLO 5

Tabella grammatura/n°pieghe

grammatura numero di pieghe segnatura

da 35 a 60 5 1/64
da 60 a 120 4 1/32
da 120 a 135 3 1/16
da 135 a 160 2 1/8

da 160 a 200 1 1/4


oltre 200 cordonatura

La grammatura, lo spessore e il numero di pagine portano alla composizione del


dorso del prodotto finito.
Se per un allestimento a punto metallico, il dorso non risulta di fondamentale
importanza, per una brossura (cucita o fresata) o per un cartonato, il dorso può por-
tare a gravissimi errori di allestimento se non viene calcolato con estrema precisione.
Anche se la tabella grammatura/dorso da un’idea generale sul calcolo delle
dimensioni del dorso in relazione al numero di pagine e alla grammatura, il meto-
do migliore per evitare gravissimi inconvenienti è quello di creare preventivamente
un menabò utilizzando la carta scelta per la realizzazione dello stampato per poi
verificare le reali dimensioni del dorso, evitando così qualsiasi tipo di errore di cal-
colo empirico.

Tabella grammatura/dorso

grammatura numero di pagine dorso

110 208 1,5 cm

90 464 2,5 cm

100 496 3,0 cm

70 768 3,5 cm

153
4 Formato finito dello stampato
Conoscere con precisione quali sono le dimensioni finali del prodotto che si vuole
ottenere è un dato fondamentale per il preventivista, il quale imposterà il formato
del foglio di stampa in funzione proprio delle dimensioni del prodotto finito.
Il preventivista dovrà stabilire quali saranno queste dimensioni del formato fini-
to, in funzione del numero di pagine, della grammatura, dei formati carta a dispo-
sizione ed altri aspetti tecnici per poter calcolare il formato del foglio di stampa;
cioè, partendo da un primo bozzetto, egli ricerca quante volte questo bozzetto, con
l’aggiunta dei necessari refili, entra nei formati usuali della carta che ha a disposi-
zione. A volte è necessario modificare leggermente il formato del bozzetto per fare
entrare il maggior numero di copie e sfruttare al meglio i formati carta a disposi-
zione, ottenendo così un considerevole vantaggio economico.
È necessario a questo punto conoscere il formato chiuso ed aperto in funzione
del formato delle macchine a disposizione.
Anche questo fattore è puramente tecnico, ed è forse il più semplice e logico.
Determinata la segnatura che risulta la più indicata per la realizzazione del lavoro,
si deve seguire il disegno dello sviluppo aperto di tale segnatura, con l’aggiunta dei
bianchi di stampa (pinza, contropinza, lato) e dei bianchi di allestimento (refili, spa-
zio per i crocini, spazio per le scale di controllo, eccetera). In questo modo si deter-
mina il formato minimo indispensabile per la stampa di quella segnatura.
Naturalmente tutto ciò è possibile solo se in azienda sono presenti le attrezzatu-
re sia di stampa che ausiliarie, in grado di produrre segnature di quel formato.
ESEMPIO
Formati finiti molto grandi, come il 42x29,7 chiuso, non possono essere realizzati
in trentaduesimi o sessantaquattresimi, anche se la grammatura della carta lo per-
mette. Infatti lo sviluppo aperto di un trentaduesimo formato chiuso 42x29,7 risul-
ta essere 172x121,8.

5 Formato carta
La carta in fogli viene acquistata dai fornitori o direttamente dalle cartiere in for-
mati standard comunemente utilizzati.
Il costo della carta può variare in funzione della qualità e della quantità. I for-
mati Standard hanno un prezzo costante rispetto ai formati diversi in quanto
questi vengono già prodotti in grande quantità dalle cartiere e sono direttamente
disponibili per i clienti.
Il costo della carta può poi diminuire se la quantità d’acquisto è superiore ad un
certo quantitativo (dipende dal fornitore e dal tipo di cliente, ma in generale oltre
10-15 quintali).
Fra i formati Standard ricordiamo il 70x100 e il 64x88, che pur non essendo
unificati sono molto utilizzati nel settore grafico per cui tutte le cartiere li produco-
no in enormi quantità.

154
CAPITOLO 5

Elenchiamo i multipli e sottomultipli dei formati: elefante e protocollo.

Formato Elefante Formato Protocollo


140 x 200 128 x 176
100 x 140 88 x 128
70 x 100 64 x 88
50 x 70 44 x 64
35 x 50 32 x 44
25 x 35 22 x 32
17,5 x 25 16 x 22
12,5 x 17,5 11 x 16

Si ricordano inoltre altre denominazioni di formati comunemente utilizzati che


prendono il nome di: Tabloid (30x42), Magazine (21x30), Digest (15x21).
La scelta della carta è fatta anche in funzione delle sue caratteristiche; argomen-
to questo che richiederebbe una trattazione molto più ampia che non è compito di
questo corso. Si vuole comunque ricordare che tutto dipende dal tipo di risultato
finale che si vuole ottenere.
Una carta patinata lucida, ad esempio, esalta le quadricromie, ma è sconsigliata
per testi scolastici a causa dei riflessi fastidiosi che potrebbe creare se soggetta a fonti
luminose.
Per un manifesto bisogna prevedere una carta che resista agli agenti atmosferici.
Le carte assorbenti non devono essere collate. Si potrebbe continuare con tanti altri
esempi che porterebbero ad un’infinità di tipi di carta, l’importante è avere chiaro
in mente il risultato finale che si vuole ottenere.
Nel calcolo dell’impostazione e della segnatura è importante che il formato mini-
mo indispensabile rientri in uno dei formati standard affinché lo spreco di carta sia
il minimo possibile.
Un’altra considerazione utile riguarda il formato carta che si può acquistare. I
formati sempre disponibili sono il 64x88, il 70x100 e i loro derivati, gli altri for-
mati vengono tagliati in azienda con ulteriori costi per il taglio.
Per cui nella fase di impostazione di uno stampato, è necessario conoscere tutte
le problematiche e le varie caratteristiche tecniche da rispettare per ottenere uno
stampato di qualità con un prezzo contenuto.
Può capitare, ad esempio, che nella scelta della segnatura e nello sviluppo
aperto della stessa, il formato che ne risulta non possa essere inserito in nessuno dei
formati carta standard. Ad esempio un ottavo ad albo, formato chiuso 21x29,7
risulta come segue:

155
29,7

21
B Ls = (21·2) + (0,5·4) + 1 = 45 cm

Lp = (29,7·2) + 1 = 60,4 cm

Non è possibile inserire questa segnatura in un formato 44x64. Allora si doppia


la segnatura rientrando in un formato 64x88.

21

29,7

B B Ls = (29,7·2) + (0,5·2) + 1 = 61,4 cm

Lp = (21·4) + (0,5·8) = 88 cm

Risulta evidente che invece di doppiare la segnatura, si può cambiare l’imposta-


zione B+V con un BeV (tenendo ben presente le diversità tecniche fra le due impo-
stazioni).
Può essere invece opportuno fare delle considerazioni sul formato di partenza,
che deriva dall’impostazione di un ottavo bianca più volta.
Il formato minimo indispensabile 45x60,4, non entra nel formato carta 44x64,
però è possibile ridurre i refili centrali da 0,5 cm a 0,3 cm (vedi l’esempio dell’otta-
vo ad albo di pagina 178). In ultima analisi è possibile ridurre anche i
Entrare refili esterni a 0,3 cm (ottenendo una misura del lato corto di 44,6 cm
in pinza o eventualmente 44,4 cm).
operazione con la
quale si sfrutta il cen-
Se ciò non fosse ancora sufficiente (come nel nostro caso) è possibile
timetro di pinza con- sfruttare parte del bianco di pinza (un centimetro) e considerarlo come
siderandolo come parte sulla quale è possibile stampare. Quindi si riducono solo i refili
parte sulla quale è
possibile stampare interni (da 0,5 a 0,3) e si sfrutta parte dello spazio di pinza (0,6 in que-
sto caso), ottenendo il formato minimo indispensabile 44x60,4 che
entra perfettamente nel formato carta 44x64. In gergo questa operazione viene deno-
minata: ”entrare in pinza”.

156
CAPITOLO 5

6 Formato macchina
Parlare di formato macchina, significa fare riferimento al formato massimo e mini-
mo che quel tipo di macchina è in grado di stampare.
Quindi una macchina 70x100 è in grado di stampare come formato carta mas-
simo il 70x100, mentre come minimo un formato, in genere indicato dalla casa
costruttrice, che dipende dal fatto che se fosse troppo piccolo, risulta-
Bianco
no evidenti difficoltà di presa e di conduzione del foglio stesso. È utile di pinza
ricordare che le pinze richiedono un certo spazio dove non è possibi- spazio di circa 1 cm
le stampare, per cui, nell’impostare un lavoro, bisognerà prevedere da riportare nel cal-
colo del formato
questo “bianco di pinza” di circa 1 cm. minimo indispensa-
Quando si parla di una macchina 70x100 e che quindi può stam- bile
pare un foglio 70x100 bisogna tenere presente che le dimensioni reali
della macchina sono leggermente superiori, altrimenti sarebbe impossibile stampa-
re il formato perfettamente identico, quindi le dimensioni reali di tale macchina
saranno circa 73 cm per 103 cm. In questo modo è possibile, per questo tipo di
macchina, stampare anche un formato leggermente superiore al formato elefante,
come ad esempio il 71x101 cm.
Per maggiore chiarimento prendiamo in considerazione una generica macchina
da stampa attualmente in commercio, prodotta nei due formati 36x52 e 33x46.
Queste due macchine possono dare l’impressione di avere le stesse caratteristiche;
invece, pur avendo lo stesso formato minimo (10,5x18), hanno un diverso forma-
to massimo.
Parlando di formato massimo, bisogna distinguere fra il formato massimo del
foglio di stampa che la macchina può ricevere (36x52 per la prima e 33x46 per la
seconda) ed il formato massimo di stampa che la stessa può stampare sul foglio (che
per questo tipo di macchina corrisponde al 31x44,5).
Risulta evidente che la prima può ricevere il formato 35x50, che viene ricavato
dal formato elefante 70x100, mentre per la seconda questo risulta impossibile.
Ma per l’acquisto di una macchina, l’azienda deve tenere conto di tutti i fattori
tecnici ed economici, come, ad esempio, la potenza installata che risulta di 2 KW
per la prima e di 1,5 KW per la seconda.
La manutenzione della 36x52 risulta più onerosa vista la sua maggiore dimen-
sione, che pur risultando una differenza di pochi centimetri, nell’arco dell’anno
lavorativo si traduce in un costo non trascurabile.
La velocità massima di stampa per le due macchine risulta di 8.000 copie l’ora,
anche se poi a regime queste riescono a produrre mediamente circa 5.000 copie
l’ora.
Infine l’azienda deve tener conto dell’ingombro della macchina che in alcuni
casi, soprattutto per le piccole aziende, può risultare importante anche solo una dif-
ferenza di pochi centimetri.

157
In conclusione per l’acquisto di un macchinario, l’Alta Direzione deve operare le
scelte più opportune non trascurando alcun dato sia esso tecnico che economico.
Parlando di macchine da stampa, viene istintivo per uno stampatore pensare al
registro, ma il termine registro ha un significato più ampio e non è legato solo alla
macchina da stampa, anche se in questa fase risulta un aspetto fondamentale per la
buona riuscita del lavoro.
Per registro si intende il perfetto posizionamento di due o più elementi diversi
che devono essere sovrapposti in tempi successivi. Così ad esempio in formatura,
mettere a registro significa far coincidere i grafismi della bianca con i grafismi della
volta, far combaciare i montaggi dei vari colori, stabilire la collocazione dei grafismi
sul foglio nella posizione richiesta (registro grafismi/formato del foglio di stampa),
stabilire la posizione del foglio sulla lastra (registro foglio di stampa/forma), predi-
sporre la coincidenza delle lavorazioni di allestimento con quelle di stampa.
Mettere a registro in stampa significa sovrapporre correttamente i grafismi sul
foglio nella posizione prevista dai vari colori, servendosi anche dei segni di riferi-
mento (detti crocini), e far combaciare la stampa della bianca con quella della volta.
In allestimento, mettere a registro significa eseguire nelle posizioni richieste tutte
le operazioni necessarie come: spartitura, cordonatura, fustellatura, legatura, eccetera.

7 Formato del foglio di stampa


A questo punto si è già in grado di determinare il formato del foglio di stampa.
Potendo esso comprendere uno o più stampati, una o più segnature, è opportuno
dopo aver fatto più prove, ricercare la migliore impostazione, cioè quella che, tec-
nicamente possibile, abbia il costo minore.
Nel caso che il foglio di stampa contenga una segnatura (o un solo stampato), il
suo formato corrisponde a quello della segnatura aperta (o dello stampato). Nel caso
di più segnature, il formato corrisponde ad un multiplo di esse ed in
Spartitura seguito il foglio di stampa subirà l’operazione di spartitura per otte-
operazione eseguita
in fase di allestimen-
nere le varie segnature separate. In questa fase del ciclo bisogna avere
to dove vengono divi- chiari alcuni concetti come quelli di bianca, volta, B+V, B eV, volta in
se le segnature stam- 12, volta in 16. La bianca e la volta sono le due facciate del foglio e
pate su un unico
foglio di stampa rispettivamente la bianca quella che contiene la prima e l’ultima pagi-
na della segnatura, la volta invece è sul retro. Le rimanenti pagine pre-
senti in bianca e in volta sono disposte in modo da alternarsi a due a due seguendo
questa semplice regola:

Bianca 1 4-5 8-9

Volta 2-3 6-7 eccetera

158
CAPITOLO 5

Dovendo stampare un solo colore in bianca ed uno in volta (1+1), si devono


preparare due lastre, una per la bianca ed una per la volta. Se poi i colori sono più
di uno, ad esempio quattro in bianca e quattro in volta (4+4), allora vi saranno
quattro lastre per la bianca e quattro per la volta (impostazione in B+V, bianca più
volta o bianca separata dalla volta).

1
4

3
2
B+V
B V

7
5

6
8

A questo punto, se il formato della macchina lo consente, si può raddoppiare il


formato del foglio di stampa, prevedendo di inserire la volta della segnatura di fian-
co alla bianca della medesima, sullo stesso lato del foglio di stampa. Si fa cioè quel
tipo di impostazione che viene denominata bianca e volta assieme (BeV), in cui la
bianca del foglio di stampa contiene la bianca e la volta della segnatura, e la volta
del foglio di stampa contiene la volta e la bianca della stessa segnatura.
1 78 2 2 8 7 1

V BeV
V
B B
4 5 6 3 3 6 5 4

bianca del foglio di stampa volta del foglio di stampa

In conclusione un foglio di stampa contiene due segnature uguali (nell’esempio


della figura, due ottavi), per cui dopo aver eseguito la spartitura si ottengono due
copie uguali e si dice che l’impostazione ha resa due.
Per eseguire la messa in macchina di un’impostazione in BeV è sufficiente solo
una lastra (se si tratta di un solo colore) per poter stampare la bianca e la volta del
foglio di stampa.
Prendendo come esempio una stampa 4+4, montate le quattro lastre, si entra in
macchina con la bianca del foglio, si stampa, si voltano i fogli già stampati in bian-
ca e si rientra in macchina senza cambiare le lastre per stampare la volta del foglio
di stampa, questo perché la lastra contiene la bianca e la volta della segnatura.

159
Risulta evidente uno dei vantaggi dell’impostazione in BeV assieme e cioè che il
numero delle lastre è la metà di quelle necessarie per un’impostazione in B+V.
Risulta chiaro a questo punto che, se non si cambiano le lastre, è suf-
Avviamento ficiente un solo avviamento per stampare la bianca e la volta del
operazioni da esegui- foglio di stampa, dove per avviamento si intende tutta quella sequenza
re sulla macchina da di operazioni necessarie prima della messa in moto della macchina da
stampa prima della
tiratura
stampa, cioè appunto prima dell’avviamento della macchina stessa, e
della sua messa a registro.
Anche il numero dei fogli da stampare si riduce (circa la metà), in
quanto ogni foglio contiene due copie, per cui basta stampare la metà dei fogli, per
ottenere lo stesso risultato (anche se in realtà non è precisamente la metà in quanto
bisogna tener conto dei fogli di scarto).
Di conseguenza anche la tiratura di un’impostazione in BeV assieme rispetto ad
un B+V risulta la metà.
Non bisogna però farsi trarre in inganno da queste semplici considerazioni e
pensare che a questo punto è sempre conveniente impostare il lavoro in BeV, poi-
ché vi sono ulteriori considerazioni da tenere sempre presenti.
Ad esempio per basse tirature non è conveniente impostare il lavoro in BeV, poi-
ché il tempo richiesto per completare il lavoro non è elevato, di conseguenza si corre
il rischio di stampare la volta del foglio con l’inchiostro, appena stampato in bian-
ca, ancora fresco. In questo caso si corre il rischio di controstampa o addirittura di
rigature durante il passaggio dei fogli in macchina per la stampa della volta.
Quindi per stampare in BeV sono necessari alcuni accorgimenti come quello di
avere una carta con buona stabilità dimensionale, inchiostri a rapida essiccazione e
lavori che non necessitano di un registro eccessivamente preciso in quanto il for-
mato del foglio che si stampa è il doppio di quello in B+V, con conseguente aumen-
to della variazione dimensionale.
Tutte queste considerazioni aiutano a calcolare il formato del foglio di stampa
ottimale che permetterà di scegliere il formato carta più idoneo in modo che la
spreco di carta, data dalla differenza fra formato del foglio di stam-
Spreco pa e formato minimo indispensabile, sia la più piccola possibile.
di carta
spreco presente sul
Nel caso in cui l’impostazione non risulti conveniente, si può ordina-
foglio di stampa, re un formato carta particolare che potrebbe però richiedere un costo
dovuto alla differen- superiore se il quantitativo risulta basso. Se invece il quantitativo di
za fra l’area del for-
mato carta e l’area carta ordinata supera un certo valore (circa 15 quintali, dipende dal
del formato minimo fornitore e dal tipo di cliente), allora il prezzo risulta identico al costo
indispensabile
della carta standard.
Un altro concetto da avere ben chiaro riguarda il modo con cui si volta
il foglio dopo averlo stampato in bianca e prima di stamparlo in volta; vi sono infat-
ti due modi di voltare il foglio: in 12 e in 16.

160
CAPITOLO 5

 Voltare il foglio in 12 significa capovolgerlo facendolo ruotare di 180° attorno


al lato lungo in modo che le pinze della macchina da
stampa prendano il foglio dalla parte opposta a quel-
la precedente, cioè in quella parte che in gergo viene
denominata coda, contropinza o retropinza.
Con questo modo di voltare il foglio bisogna tener
conto che serve un altro bianco di pinza che deve
chiaramente essere evidenziato nell’impostazione.
Con la volta in 12 cambia dunque la pinza, men-
tre resta lo stesso squadro di macchina, in quanto il foglio va a battuta sempre dallo
stesso lato. Bisogna però fare molta attenzione a questa affermazione in quanto se è
vero che rimane lo stesso squadro di macchina è anche vero che il foglio batte in un
punto diverso dello stesso lato del foglio (•), proprio perché non è cambiato lo
squadro di macchina, con conseguente rischio che la bianca e la volta risultino non
allineate se il foglio non è perfettamente squadrato.

B V

Risulta dunque indispensabile quando si è costretti a voltare il foglio in 12, pre-


vedere un preventivo refilo nei tre lati interessati e cioè nelle due pinze e nel lato
squadro.
 Con la volta in 16 invece si presentano meno pro-
blemi, infatti in questo caso si capovolge il foglio
facendolo ruotare di 180° attorno al lato corto, man-
tenendo la stessa pinza ma cambiando lo squadro di
macchina.
In questo caso, se in bianca il foglio batteva sullo
squadro di macchina di destra, per la stampa della
volta batterà sullo squadro di sinistra; il lato del foglio
che batte sui due diversi squadri di macchina è invece
lo stesso. Nella volta in 16 non si presentano rischi di
fuori registro.

161
B V

Dovrebbe essere ormai chiaro come nella programmazione del ciclo di produ-
zione di uno stampato, uno dei primi aspetti da tenere in considerazione è quello
della disposizione delle segnature sul foglio di stampa. La scelta tecnica riguarda,
dunque, il tipo d’impostazione che, tecnicamente valida, risulti la più economica.
Le impostazioni più frequenti sono quelle comunemente denominate B+V e
BeV assieme.
 I vantaggi che derivano impostando la bianca e la volta sullo stesso foglio di
stampa, rispetto ad un’impostazione in B + V possono essere raggruppati come
segue:

• il numero delle forme da stampare si dimezza;


• il numero degli avviamenti si dimezza;
• la tiratura diventa circa la metà;
• la resa si raddoppia.

 Per contro vi sono degli svantaggi:

• le lastre hanno dimensioni doppie;


• per piccole tirature, l’inchiostro ancora fresco presente nella bianca, può provo-
care la controstampa a causa del poco tempo a disposizione che intercorre fra la
stampa dei due lati;
• sempre per il breve tempo che intercorre fra la stampa dei due lati, vi possono
essere rigature della parte già stampata durante il passaggio dei fogli in macchi-
na, soprattutto per fondi pieni;
• nei lavori a più colori la costanza del registro potrebbe risultare più difficoltosa
in quanto il formato del foglio di stampa è il doppio.

In riferimento all’ultima considerazione, per un formato del foglio di stampa di


dimensioni elevate, il registro non risulta uguale per tutto il foglio.
Esistono delle zone dove il registro risulta più difficoltoso di altre. Come si può
notare dalla figura, le zone di massimo registro risultano quelle prossime alla pinza
e allo squadro.

162
CAPITOLO 5

Queste semplici considerazioni, comunque, non sono sufficienti per la scelta di


un’impostazione rispetto all’altra. Ad esempio risulta importante il numero di copie
da stampare, e quindi la tiratura; il numero dei colori in bianca e in volta, il formato
massimo delle macchine a disposizione, eccetera.
Molto in generale, può essere conveniente un’impostazione in bianca e volta
assieme, per lavori con poche esigenze di registro, carte con buona stabilità dimen-
sionale, inchiostri che presentano ottima affinità con la carta e che garantiscono una
rapida essiccazione.
Queste considerazioni preliminari, aggiunte alle altre esigenze specifiche che si pre-
sentano per ogni singolo lavoro, permettono di scegliere la migliore impostazione.
Accenniamo dunque ad alcuni tipi di impostazione supponendo di avere scelto
un ottavo come segnatura.
Poiché la resa aumenta se sullo stesso foglio di stampa si posizio-
Resa
nano più segnature, è possibile ottenere resa 2, 4 o più, se si imposta numero di copie
in BeV oppure se si fanno dei “doppiaggi”. Termine ormai obsoleto identiche che si posso-
che comunque sta ad indicare che sullo stesso foglio ci sono più copie no ottenere su uno
stesso foglio di stampa
identiche (appunto doppiate).

B V
B

1/8 B+V (resa 1) 1/8 BeV (resa 2)

163
1/8 B+V doppiato due volte 2/8 diversi B+V
(resa 2) (resa 1)

1/8 B+V doppiato quattro volte 2/8 diversi B+V doppiato due volte
(resa 4) (resa 2)

1/8 BeV doppiato due volte 2/8 diversi BeV


(resa 4) (resa 2)

Come si può notare dagli esempi precedenti, le possibilità d’impostazione di un


singolo lavoro sono sicuramente svariate. Dopo aver analizzato sia l’aspetto tecnico
che economico, si sceglie la migliore impostazione, fra quelle possibili, come com-
promesso fra la qualità e il prezzo.

164
CAPITOLO 5

8 Senso di fibra
Durante la fabbricazione della carta, l’impasto, molto diluito, che fuoriesce dalla
cassa d’efflusso, scorre con elevata velocità sulla tela metallica della macchina conti-
nua in piano. Le fibre che prima erano distribuite in modo casuale, si dispongono
adesso lungo il senso di macchina, in modo che nella carta, queste si presentano
tutte parallele ed orientate nella stessa direzione, creando quell’effetto che in termi-
ne tecnico viene denominato “senso di fibra”.
Poiché le fibre subiscono una diversa variazione dimensionale quando vengono
a contatto con l’acqua, è molto importante conoscere il senso di fibra di un foglio
prima di decidere il tipo di impostazione da seguire.
La singola fibra si deforma maggiormente nella dimensione radiale rispetto a
quella assiale, in altre parole questa s’ingrossa più di quanto si allunga.

variazione assiale senso di fibra

variazione
variazione maggiore
radiale
singola fibra variazione minore

Poiché nel foglio di carta le fibre sono disposte tutte parallelamente, quando que-
sto viene a contatto con dell’umidità (a maggior ragione durante la bagnatura nella
stampa offset), le variazioni dimensionali del foglio saranno notevolmente diverse
nei due sensi, e più precisamente vi sarà una deformazione maggiore nella direzio-
ne perpendicolare al senso di fibra.
Risulta quindi di fondamentale importanza la conoscenza del senso di fibra per
poter poi disporre il foglio in modo da evitare gli eventuali problemi che potrebbe-
ro nascere sia in fase di stampa che di allestimento.
 Nella fase di stampa è vivamente consigliata una messa in macchina con il senso
di fibra parallelo all’asse del cilindro di pressione in
quanto la deformazione maggiore si svilupperà lungo la
dimensione circonferenziale del cilindro stesso dove le
macchine da stampa, con opportuni accorgimenti, pos-
sono ovviare in buona parte a questo grave inconve-
niente. La deformazione nella dimensione assiale invece,
essendo contenuta, non porta ad evidenti fuori registro.
Contemporaneamente, è altrettanto importante
conoscere le conseguenze che un’errata impostazione
può portare in fase di allestimento.

165
In funzione del tipo di stampato bisogna tener conto del senso di fibra, evitan-
do quelle impostazioni che portano conseguenze irrimediabili quando il lavoro è
stato completato; così per libri, quaderni, prodotti piegati, schede, etichette per bot-
tiglie, devono essere prese delle precauzioni ben precise.
 Per stampati librari in genere, cioè per quei prodotti che in fase di allestimento
vengono cuciti o incollati, è indispensabile che il senso di fibra sia parallelo al dorso
in modo che le pagine restino perfettamente chiuse e possano essere sfogliate cor-
rettamente.
Se invece avessimo le fibre perpendicolari al dorso (disposizione in controfibra),
le pagine tenderebbero a restare aperte quando queste sono chiuse e tenderebbero a
stare diritte quando invece dovrebbero stare aperte; inoltre, per una brossura fresa-
ta, vi sarebbe il rischio di distacco dei singoli fogli.

 Nei prodotti piegati, il senso di fibra deve risultare parallelo alla piega in modo
da ottenere bordi di piega ben netti.
Nelle pieghe parallele e nelle piegature di taglio è bene che le fibre siano dispo-
ste, per quanto possibile, lungo la piega.
Generalmente la legatura viene effettuata sull’ultima piega, per cui le fibre per
favorire la piegatura, soprattutto per spessori elevati, devono essere disposte paralle-
lamente a questa piega.
 Le schede per espositori devono sempre rimanere rigide e non devono piegarsi
o incurvarsi, per cui il senso di fibra deve essere perpendicolare al lato in cui pog-
giano le schede.

166
CAPITOLO 5

 Per quanto riguarda le etichette per bottiglie, bisogna tenere conto che queste
sono sovente a contatto con dell’umidità, per cui la carta tende ad avere elevate
deformazioni con conseguente distacco delle etichette stesse.
Considerando che le etichette vanno incollate intorno alla bot-
tiglia, se il senso di fibra fosse parallelo al suo asse, la deformazio-
ne della carta ne favorirebbe il distacco in quanto tenderebbe ad
arrotolarsi su se stessa.
Se invece il senso di fibra viene disposto in modo che le fibre si
presentino lungo la dimensione circonferenziale, queste contrasta-
no la tendenza della carta all’arrotolamento quando viene a con-
tatto con dell’umidità.
Con questo accorgimento si ottiene un minore rischio di dis-
tacco dell’etichetta dalla bottiglia.
Le considerazioni precedenti vanno integrate con le esigenze
della macchina etichettatrice, la quale prevede un verso di carica-
mento ben preciso, che potrebbe risultare in contrasto con le esigenze del senso di
fibra della carta. In questo caso si valuta quale dei due problemi risulta meno
rischioso.

9 Allestimento
Con questo termine viene inteso tutto un complesso di operazioni che seguono la
fase di stampa. Una distinzione immediata anche se generica e non statica può esse-
re espressa nel seguente modo:

Allestimento

Legatoria/Confezione Cartotecnica

Questa generica distinzione è stata definita non statica, nel senso che uno stam-
pato può essere completato sia in legatoria che in confezione anche se è d’uso
comune considerare la confezione quel ramo che tratta gli stampati allestiti con
punto metallico oppure a filo di colla, mentre in legatoria si ottengono prodotti car-
tonati, o con brossura fresata, oppure con brossura cucita.
In fase di allestimento, dunque, si completa il ciclo produttivo dello stampato
distinguendo la cartotecnica, dove vengono lavorate scatole, carpette, contenitori e
tutto quanto riguarda in genere il cartone, mentre la legatoria e la confezione trat-
tano generalmente stampati librari e paralibrari.

167
Facendo riferimento alla confezione e alla legatoria, le operazioni che general-
mente vengono svolte sono quelle di: spartitura (se è necessaria), raccolta delle
segnature, taglio (lineare o trilaterale), cucitura e incollatura.
Una considerazione particolare va riferita alla raccolta delle segnature, perché se
si prevede una brossura o una confezione a punto metallico (piano o omega), il
modo di raccolta cambia notevolmente.
 Per una brossura, le segnature vengono sovrapposte, cioè posizionate una sul-
l’altra per essere poi cucite a filo refe (brossura cucita) e conseguentemente incolla-
te alla copertina, oppure fresate (brossura fresata) e poi incollate alla copertina.
Per la confezione invece le segnature vengono cucite a punto metallico, per cui
 nella fase di raccolta queste vengono accavallate, cioè inserite una dentro l’altra.
Nel caso di segnature accavallate, bisogna prevedere un’unghia di circa 8-10 mm
per favorirne l’apertura automatica sulla macchina.
Dopo quanto detto, risulta chiaro che il tipo di allestimento influenza notevol-
mente la scelta del tipo di segnatura nella fase di progettazione. Vediamo qualche
esempio:
• Per la confezione a punto metallico, le segnature vengono accavallate durante
la raccolta e poi tenute insieme tramite applicazione del punto metallico sul dorso.
A lavoro finito è possibile riconoscere solo dei quartini accavallati, senza più
poter risalire alla suddivisione in segnature effettuata per la produzione.
Questo tipo di confezione obbliga a realizzare il lavoro utilizzando segnature che
presentino tutte le pagine trattenute da un’unica piega (segnature regolari con pie-
ghe in croce, segnature ad albo, alcuni tipi di dodicesimi, alcuni tipi di ventiquat-
tresimi).
• Per il blocco libro cucito, le segnature vengono sovrapposte con cucitura fina-
le tramite filo refe delle segnature raccolte una sull’altra.
Al termine del lavoro è possibile riconoscere, guardando il libro in sezione, le
segnature sovrapposte che sono state utilizzate per la produzione. Per le segnature
regolari vale lo stesso discorso fatto per il punto metallico.
Questo tipo di allestimento obbliga a scartare le segnature con poche pieghe
(quartini e ottavi) in quanto il filo passando attraverso il dorso rischia di strappar-
lo. Le segnature più indicate risultano essere i sedicesimi, i trentaduesimi, i sessan-
taquattresimi.
• Per il blocco libro fresato, le segnature vengono sovrapposte e il dorso del bloc-
co libro viene asportato con l’utilizzo di una fresa. I volantini che ne risultano ven-
gono trattenuti a libro con l’applicazione della colla.
In questo caso è possibile utilizzare qualsiasi tipo di segnatura, con ogni tipo di
piega; non c’è infatti l’esigenza di avere un dorso, in quanto questo verrebbe
comunque asportato. Non è più possibile però, una volta completato il lavoro,
distinguere le segnature utilizzate per la produzione.

168
CAPITOLO 5

Nello sviluppo steso della segnatura bisogna prevedere uno spazio di


6 mm in corrispondenza del dorso.
L’aspetto economico risulta essere la preferenza da accordare all’impostazione che
presenti il minor numero possibile di pezzi (segnature da allestire), diminuendo così,
per quanto possibile, i costi sostenuti in fase di completamento dello stampato; il
tutto, naturalmente, sempre nel rispetto delle regole precedentemente elencate.

10 Inchiostro e numero dei colori


Per quanto riguarda l’inchiostro, in realtà è più compito dello stampatore scegliere
l’inchiostro più adatto in funzione sempre del tipo di stampato che si vuole ottene-
re tenendo, conto del rapporto qualità/prezzo.
Un aspetto da tenere comunque sempre presente è che un ottimo inchiostro e
un’ottima carta possono non dare un ottimo risultato finale. Ciò implica che deve
sussistere una compatibilità fra carta e inchiostro che può essere ottenuta solo dopo
varie prove di stampa anche con inchiostri e carta di normale qualità.
Vi sarebbero inoltre un’infinità di altre considerazioni sulla bagnatura, sull’essic-
cazione, sui vari tipi di supporto sui quali si vuole stampare che non prenderemo in
considerazione in questa fase del corso ma che comunque sono un aspetto molto
importante per la buona qualità del prodotto finale.
Prendiamo, invece, in considerazione il numero dei colori di stampa per la bian-
ca e la volta. La variazione di questi influenza non poco il tipo d’impostazione. Ad
esempio non è conveniente abbinare segnature che presentano un numero diverso
di colori (due sedicesimi di cui il primo stampato a 4+4 ed il secondo a 1+1).
Per quanto riguarda l’impostazione del lavoro si è rilevato, dai calcoli effettuati,
che per un’impostazione con quattro colori in bianca e uno in volta (4+1), risulta
conveniente realizzare il lavoro in BeV solo con tirature fino a 5.000 copie circa.
Oltre risulta più economico impostare in B+V ed utilizzare una quattro colori per
la stampa della bianca ed una monocolore per la stampa della volta.

11 Lavorazioni extra
Se lo stampato presenta queste particolari lavorazioni, può essere conveniente dop-
piare la segnatura aumentando così il formato carta da trattare e diminuendo il
numero di fogli.
Inoltre è possibile impostare BeV assieme se il lavoro va plastificato o verniciato
su entambi i lati, mentre se necessita di queste operazioni solo su un lato è conve-
niente separare la bianca dalla volta per non dover affrontare spese di spartitura
prima delle lavorazioni.
Risulta fondamentale tenere conto se in fase di stampa è stato utilizzato l’anti-
scartino per l’essiccazione dello stampato, perché in questo caso non è possibile ese-
guire le operazioni di plastificazione o verniciatura.

169
12 Qualità
Altro aspetto fondamentale che il progettista grafico deve tenere conto è la qualità
finale che lo stampato deve avere. Se durante l’esecuzione, la qualità viene mante-
nuta ad elevati livelli, o entro limiti prescritti, si avrà un risultato di prestigio con
conseguenti vantaggi economici.
Mantenere comunque alta la qualità, implica tutta una serie di accorgimenti che
alla fine possono anche portare ad un costo più elevato del prodotto, il quale però
può essere venduto sicuramente ad un prezzo ancora più elevato, bisogna sempre
tenere presente il rapporto qualità/prezzo.
È bene rispettare alcune condizioni di lavoro in modo che, se anche il prodotto
finito sia di media qualità, il procedimento, seguendo queste semplici regole fon-
damentali, darà un risultato finale sempre di migliore qualità.
Fra i tanti semplici accorgimenti, possiamo ricordare ad esempio che un forma-
to di grandi dimensioni crea problemi di deformazione del foglio rispetto ad un for-
mato piccolo, le illustrazioni possono essere trattate separatamente con maggiore
cura; risparmiare sulla qualità della carta non sempre porta ad un guadagno mag-
giore; altri esempi ancora condurrebbero a concludere che in fase di progettazione
bisogna comunque trovare un compromesso per ottenere il miglior risultato con il
minor costo possibile.

13 Costo di produzione
Ovviamente, l’obiettivo principale per un’azienda a scopo di lucro è il guadagno, il
quale può essere incrementato in funzione dei costi sostenuti per ottenere il pro-
dotto finito. Cioè a parità di prezzo di vendita, il guadagno sarà tanto maggiore
quanto minore sarà il costo di produzione del prodotto.
Quando un’azienda deve produrre un generico stampato, il progettista grafico
deve conoscere perfettamente tutte le attrezzature a disposizione, il tipo di prodot-
to che si vuole realizzare, la qualità ed il costo che questo deve avere, per redigere
più di un ciclo lavorativo e scegliere quello che soddisfa maggiormente le esigenze
richieste.
Anche il fattore tempo è determinante nella compilazione di un preventivo, ed
è sempre compito del progettista grafico di sfruttare al meglio tutto ciò che ha a dis-
posizione, cercando sempre di rispettare l’aspetto qualitativo.
Si è parlato di costo di produzione, in realtà quello che interessa maggiormente
al cliente è il costo a copia, che si ottine semplicemente dividendo il costo com-
plessivo per il numero di copie.

14 Prezzo di vendita
L’ultima fase del calcolo di un preventivo riguarda il prezzo di vendita dello stam-
pato. Quest’ultimo dipende da svariati fattori sia interni che esterni all’azienda.

170
CAPITOLO 5

Il punto di partenza è il costo di realizzazione dello stampato che risulta formal-


mente diverso se si fa riferimento al costo di produzione, complessivo o economico
tecnico.
Molto probabilmente il prezzo di vendita risulterà uguale in tutti e tre i casi,
cambierà soltanto la voce del guadagno, anche se in realtà quest’ultima, formal-
mente diversa risulta sostanzialmente uguale.

ESEMPIO
Se il costo unitario di produzione è di 0,50 €, con un guadagno di 0,25, il prezzo
di vendita sarà di 0,75 €.
Se si fa riferimento al costo complessivo, questo risulterà superiore, ad esempio
0,60, allora è sufficiente aggiungere un guadagno di 0,15 per ottenere lo stesso prez-
zo di vendita 0,75.
Se il costo è quello economico tecnico, il calcolo totale del costo risulta di
0,65 € circa, per cui il guadagno è di 0,10 €.
Come si nota il guadagno rispettivamente di 0,25, 0,15 e 0,10 € è formalmen-
te diverso per ogni tipo di costo, ma in realtà uguale conoscendo le varie tipologie.
La scelta del tipo di costo con il quale operare, dipende soltanto dalle politiche
d’impresa decise dall’Alta Direzione.
Altro aspetto, questa volta esterno, è il mercato. Se l’azienda opera in regime di
monopolio, il prezzo di vendita è totalmente libero da vincoli di qualsiasi natura,
viceversa, negli altri casi bisogna tenere conto della concorrenza e adeguarsi al prez-
zo di mercato.
In questo caso una grande azienda influenza decisamente il mercato, mentre la
piccola lo deve subire.
Ovviamente queste semplici considerazioni sono ancora insufficienti per defini-
re con esattezza quale può essere il prezzo di vendita più conveniente per l’azienda
che contemporaneamente assicuri la vendita di tutti gli stampati senza che la stessa
abbia delle rimanenze. Ogni azienda analizzerà poi altri aspetti in relazione al tipo
di prodotto finito, tipo di organizzazione, utenza, eccetera.

 Le segnature
Non è semplice definire univocamente il concetto di segnatura poiché questa è fun-
zione di svariati fattori, oltre che presentarsi sotto forme e aspetti esteticamente
diversi.
In generale una segnatura può essere definita come: “quel foglio stampato e pie-
gato in cui sono contenute un certo numero di pagine”.

171
Risulta evidente che, dopo l’opportuna piegatura della segnatura, le pagine
devono presentarsi in ordine crescente, essere leggibili da sinistra a destra e sfoglia-
bili da destra a sinistra.
Tutto ciò potrebbe sembrare complesso, ma in pratica se si immagina un qual-
siasi libro, questo contiene tutte le caratteristiche appena espresse; tenendo presen-
te che in alcune culture, diverse dalla nostra (come ad esempio quella cinese o
araba), il libro è impaginato, letto e sfogliato in modo completamente diverso dal
nostro.
Un’ultima considerazione ovvia, ma che ci sembra opportuno rimarcare, è quel-
la che prevede sempre le pagine pari sulla parte sinistra di uno stampato, mentre le
pagine dispari si trovano a destra (facendo sempre riferimento al libro quanto detto
è sicuramente ovvio per tutti).
La definizione di segnatura appena esposta corrisponde più precisamente a quel-
 la della segnatura chiusa, quindi già piegata. La segnatura aperta, invece corri-
sponde al foglio di stampa che contiene le pagine della segnatura e che una volta
piegata si presenta come chiaramente esposto in figura.
Analizzando una segnatura aperta e una chiusa, è possibile notare e definire alcu-
ne sue parti fondamentali.

testa

sfogliatura
dorso

piede

segnatura aperta segnatura chiusa

Generalmente, le denominazioni più frequenti e le relative terminologie, porta-


no a definire la “testa“ come la parte della segnatura che si trova in alto, “piede“ la
parte che si trova in basso, “dorso“ (o cucitura) la parte sinistra dove generalmente
viene cucito o fresato lo stampato e “sfogliatura” (o controdorso) il lato dove viene
sfogliato il libro.
Nella segnatura aperta si nota inoltre la disposizione di tutti i numeri delle pagi-
ne che devono obbligatoriamente avere una determinata posizione affinché una
volta piegata la segnatura, siano rispettate le regole precedentemente esposte (nel
nostro caso sono presenti le pagine della volta di un ottavo).

172
CAPITOLO 5

Risulta evidente che per la realizzazione di un libro necessitano più segnature che
devono essere piegate, raccolte, allestite e refilate.
 Le raccolta delle segnature è un’operazione delicata che prevede sostanzialmen-
te due diverse modalità che dipendono dal risultato finale che si desidera ottenere e
che influenza l’impostazione dello stampato.
Durante la fase di allestimento di un libro, dunque, è indispensabile conoscere pre-
ventivamente il tipo di prodotto finito, infatti nel caso di una brossura cucita, fresata
oppure di un cartonato (sia esso cucito
o fresato), le segnature vanno raccolte
una sull’altra e prendono la denomina-
zione di segnature sovrapposte (o cor-
renti).
Come si nota dalla relativa figura
delle segnature sovrapposte, la nume-
razione delle pagine scorre progressi- segnature sovrapposte
vamente fra una segnatura e l’altra.
Volendo realizzare 16 pagine con due segnature (come evidenziato nella figura
relativa alle segnature sovrapposte), il primo ottavo contiene le pagine da 1 a 8, men-
tre il secondo ottavo quelle da 9 a 16.
Nel caso di una confezione a punto
metallico, le segnature vanno inserite
una dentro l’altra; in questo caso la
raccolta delle segnature prende la
denominazione di segnature accaval-
late (o intercalate).
Per ottenere la numerazione conse-
quenziale delle sedici pagine, queste segnature accavallate
ultime devono presentarsi come chia-
ramente evidenziato nelle relativa figura dei due ottavi accavallati.
Prendendo come esempio la realizzazione delle stesse 16 pagine precedenti rea-
lizzate con due ottavi, il primo conterrà le pagine 1, 2, 3, 4, 13, 14, 15, 16, mentre
il secondo ottavo (posizionato all’interno del primo) conterrà le pagine 5, 6, 7, 8,
9, 10, 11, 12.
La confezione a punto metallico in costa è un tipo di allestimento utilizzato pre-
valentemente quando il prodotto finito non prevede un elevato numero di pagine.
Ne consegue che anche il numero di segnature da accavallare non risulta elevato
con considerevoli vantaggi di raccolta e cucitura.
Si rammenta che la confezione a punto metallico comporta alcuni tipi di pro-
blemi. Ad esempio, quando si hanno molte segnature da accavallare, oltre ad avere
un dorso sproporzionato, può capitare che le segnature centrali si spostino verso l’e-
sterno (dal lato di sfogliatura).

173
Uno spostamento eccessivo di queste segnature centrali può comportare poi, in
fase di refilo finale del prodotto finito (sempre sul lato sfogliatuta), il rischio di un
eventuale taglio di parte dei grafismi.
Unghia Un altro problema che potrebbe comportare gravi problemi nell’alle-
o unghiatura, corri- stimento a punto metallico, riguarda la raccolta automatica delle
sponde a un’ecceden-
za di carta presente segnature accavallate.
nella metà di una Per potere eseguire la raccolta automatica con la macchina accavalla-
segnatura chiusa,
indispensabile per
trice, è necessario aprire precisamente a metà la segnatura, per poterla
l’apertura della stes- accavallare automaticamente alla precedente.
sa, nel caso di segna- L’operazione di apertura automatica della segnatura è possibile solo se
tura accavallate
quest’ultima è provvista di unghia (o unghiatura). L’unghia è un’ec-
cedenza di carta calcolata dal preventivista nella fase dell’impostazione
dello stampato e si trova in una posizione diversa in funzione della segnatura.

unghia per un ottavo aperto unghia per un ottavo chiuso

Durante questa fase, quando si calcola il formato minimo indispensabile (vedi


pagina 149), nel caso di allestimento dello stampato tramite punto metallico, è
indispensabile prevedere da 8 a 12 millimetri di carta in più su metà della segnatu-
ra affinché la stessa possa poi essere aperta automaticamente dalla relativa macchi-
na accavallatrice.
La figura dell’ottavo chiuso con relativa unghiatura esprime chiaramente quan-
to detto. Risulta evidente che nella segnatura aperta l’unghia si trova in una ben pre-
cisa posizione che varia da una segnatura all’altra.
Nella figura del sedicesimo con unghiatura si vede chiaramente che l’unghia
nella segnatura aperta si trova in una posizione ben diversa da quella dell’ottavo.
Pur non avendo l’intenzione di insistere molto sull’argomento “unghiatura”, si
reputa necessaria un’ultima annotazione sul sedicesimo (anche se ciò può essere rife-
rito a molte altre segnature).
Come si nota dalla prima figura dell’unghiatura del sedicesimo, nella fase d’im-
postazione dello stampato, bisogna prevedere un centimetro di carta sia a destra che
a sinistra della segnatura.

174
CAPITOLO 5

sedicesimo con unghiatura esterna

In alcuni casi, invece, l’unghia deve essere realizzata all’interno della segnatura,
ottenendo la figura corrispondente, dove sono previsti circa due centimetri di carta
necessari per la realizzazione dell’unghia di un centimetro quando la segnatura viene
piegata (si consiglia di effettuare una realizzazione pratica di quanto precedentmen-
te esposto).

sedicesimo con unghiatura interna

Concludiamo questa breve introduzione alle segnature con alcune delle deno-
minazioni maggiormente utilizzate nel settore grafico.

175
Le segnature prendono una specifica denominazione in funzione del numero di
pagine contenute, ottenendo quelle che comunemente si definiscono: quartino,
ottavo, sedicesimo e così via in relazione alle pagine che in questi casi sono 4, 8, 16,
eccetera.
Partendo dalla segnatura aperta, per ottenere la segnatura chiusa (e di conse-
guenza le corrispettive pagine), il foglio di partenza deve essere piegato una o più
volte fino ad arrivare alla segnatura desiderata; così un quartino viene piegato una
sola volta, un ottavo due, un sedicesimo tre, eccetera.
Le pieghe che si possono ottenere con le piegatrici possono essere parallele o
incrociate. Una piega viene definita parallela quando viene eseguita parallelamente
alla piega precedente; la piega incrociata, invece, viene eseguita perpendicolarmen-
te alla piega precedente.
A seconda poi della sequenza delle pieghe (parallele e incrociate), è possibile otte-
nere degli stampati dove il dorso si può trovare sul lato lungo o sul lato corto, dando
luogo ad altre due definizioni.
Si definisce formato a libro lo stampato che viene cucito sul lato lungo, ovvero
il dorso si trova dalla parte più lunga dello stampato; il formato ad albo (o ad
album) presenta il dorso sul lato corto.
Una semplice regola empirica ci fa notare che generalmente nei formati a libro
tutte le pieghe sono incrociate, mentre nei formati ad albo la penultima e la terzul-
tima piega sono parallele, mentre tutte le altre sono incrociate.

176
CAPITOLO 5

Quartino a libro

Il formato carta più idoneo da utilizzare come formato del foglio di stampa è il 32x44.
Lo spreco di carta, ricavato dalla differenza fra il formato del foglio di stampa (32x44) e il
formato minimo indispensabile (31,7x43), risulta minimo.

Quartino ad albo

Il formato carta più idoneo risulta il 25x70.

177
Ottavo a libro

Ottavo ad albo
29,7 cm 29,7 cm
P P
S D S
21 cm
T T
44,6 cm
T T 1
21 cm S D S
P P
2

Lato Squadro = 0,5 + 21 + 0,5 + 0,5 + 21 + 0,5 + 1 = 45 cm


Lato Squadro = 0,5 + 21 + 0,3 + 0,3 + 21 + 0,5 + 0,4 = 44 cm
Lato Pinza = 0,5 + 29,7 + 29,7 + 0,5 = 60,4 cm
Nel formato 50x70 o nel formato 44x64 (vedi anche esempio di pagina 156).

178
CAPITOLO 5

Sedicesimo a libro

Sedicesimo ad albo

179
Sessantaquattresimo a libro

180
CAPITOLO 5

Sessantaquattresimo ad albo

181
Sestino a libro

Ventiquattresimo a libro

182
CAPITOLO 5

Dodicesimo a libro

Questa impostazione può anche essere usata per prodotti legati a brossura cucita o confe-
zionati a punto metallico.

Dodicesimo a libro (fresato)

Questa impostazione viene usata solo per brossure fresate. Quando le segnature sono pie-
gate si refilano tutti i lati, compreso il dorso che verrà poi fresato.

183
CAPITOLO 5

 Calcolo di un Preventivo
Per eseguire un preventivo bisogna innanzitutto classificare il prodot- Terza parte
to da realizzare (vedi la classificazione degli stampati, pagina 77). Una
volta stabilita la tipologia dello stampato, noto il numero di copie
richieste dal cliente, si comincia ad operare le scelte più opportune per calcolo del costo di:
ottenere un prodotto che abbia le migliori condizioni del rapporto carta, avviamento,
stampa e lastre
qualità/prezzo.
Si sceglie insieme al cliente il tipo di carta da utilizzare, la grammatura, il
formato finito dello stampato, il numero di pagine, il numero dei colori, il tipo di
allestimento, la copertina, eventuali lavorazioni extra e quant’altro richiesto dal
committente.
Note le caratteristiche fondamentali, il progettista grafico (preventivista), ricerca la
segnatura più idonea che consenta la migliore impostazione (B+V, BeV, doppiaggi) per
avere il minore spreco possibile con il ciclo di produzione più economico per ottene-
re il migliore compromesso fra la qualità desiderata ed il prezzo del prodotto finito.
Risulta evidente che colui che esegue un preventivo deve avere ottime conoscen-
ze di tutti i reparti nei quali il prodotto dovrà passare per completare il suo ciclo.
Per cui il preventivista deve essere un esperto di carte, lastre, ed inoltre deve cono-
scere perfettamente le macchine che ha a disposizione nella propria azienda per
sfruttarle al meglio.
Si cerca adesso di analizzare tutte le operazioni necessarie per completare il ciclo
produttivo, tenendo conto che l’ordine che seguiremo non è quello che effettiva-
mente viene svolto in azienda solo per motivi didattici, in quanto lo studente non
è ancora a conoscenza di tutte le problematiche inerenti il ciclo stesso. I calcoli da
eseguire sono:

1 Calcolo dello spreco di carta

Lo spreco di carta è lo scarto presente sul foglio di stampa, dovuto alla differenza fra
l’area del formato del foglio di stampa e l’area del formato minimo indispensabile e
serve per confrontare impostazioni diverse di uno stesso lavoro, per poi scegliere la
più conveniente.
Il calcolo dello spreco di carta risulta interessante per dare una prima generica
valutazione sulla validità della scelta dell’impostazione.
Il risultato in cm2 però non risulta particolarmente indicativo, è meglio trasfor-
mare il medesimo in percentuale.

185
spreco di carta

formato del
foglio di stampa

formato minimo
indispensabile

Per il calcolo percentuale è necessario impostare la proporzione:

(area del formato del foglio di stampa) : 100% = (area dello spreco) : x

dove x rappresenta lo spreco di carta in percentuale. Uno spreco intorno al 10%


può risultare accettabile, oltre questo valore è meglio effettuare opportuni controlli
per ricercare una migliore impostazione.

2 Calcolo della carta e relativo costo

Dopo aver scelto il tipo di impostazione, si calcola il numero di fogli che devo-
no essere prodotti, in funzione della resa del foglio di stampa e del numero di copie
che si devono ottenere:

numero di fogli per stampare le copie = totale copie : resa

Il numero di fogli appena calcolati sono quelli necessari per ottenere le copie
richieste. Ma durante la fase del processo produttivo necessitano dei fogli di scarto
per vari motivi che sostanzialmente possono essere raggruppati in tre categorie:
avviamento, stampa e allestimento.
 Per l’avviamento della macchina da stampa necessitano un certo numero di
fogli che verranno in seguito scartati. Ad esempio, dalla terza colonna della tabella 1
dei costi per la stampa (pagina 192), si nota che per l’avviamento di una monoco-
lore di qualsiasi formato necessitano 75 fogli di scarto, per una bicolore 150, per
una quattro colori 300.
 Anche durante la fase di stampa (tiratura) è previsto un certo numero di fogli

186
CAPITOLO 5

di scarto che quasi tutte le aziende calcolano con una percentuale dell’ 1% dei fogli
necessari per ottenere il numero di copie richiesto.
 Infine anche per l’allestimento dello stampato sono necessari un certo quan-
titativo di fogli di scarto per le piegatrici, la brossura e quant’altro necessario per
completare lo stampato. Anche in questo caso è consuetudine considerare l’ 1% del
numero dei fogli richiesti per la stampa delle copie.
Per cui, dopo aver calcolato il numero di fogli strettamente necessario per sod-
disfare le esigenze del cliente, si aggiungono tutti i fogli necessari per gli scarti di
produzione. Il calcolo esatto dei “fogli di scarto” verrà effettuato nel “costo per la
stampa”, pagina 193.

totale fogli = fogli per ottenere le copie + scarto d’avv., tiratura e allestimento

Per calcolare il costo della carta occorre conoscere il peso totale dei fogli neces-
sari; di conseguenza è necessario calcolare il peso di un singolo foglio di stampa.
Fino a questo punto abbiamo sempre parlato di peso (vedi anche la grammatu-
ra stessa che viene definita come “il peso di un metro quadrato di carta”), sarebbe
invece più opportuno parlare di massa, in quanto tutti i conti che andremo ad ana-
lizzare portano al calcolo della massa. Ma una volta chiarita la differenza fra peso e
massa noi continueremo a parlare di peso (come d’altronde fanno tutti) intenden-
do, ovviamente, il calcolo della sua massa, espressa in chilogrammi.
Per calcolare il peso del singolo foglio di carta, nota la grammatura, si imposta la
proporzione:

1m2 : grammatura = area del foglio : x

dove x indica il peso del singolo foglio di carta in grammi.


Dopo aver calcolato l’area del foglio di stampa in cm2, aver trasformato i m2 in
cm2, si ottiene:

(grammatura) · (area in cm2)


x=
10.000 cm2

Moltiplicando il peso di un singolo foglio per il numero totale dei fogli, si ottie-
ne il peso totale di tutta la carta necessaria:

peso totale carta in gr = (peso di un foglio) · (numero totale di fogli)

Dopo aver trasformato il peso della carta da grammi a chilogrammi, per avere il
costo totale è sufficiente moltiplicare i chili necessari per il costo al chilo della carta.

187
costo totale carta = (totale chili di carta) · (€/chilo)

Questo risulta essere il costo totale della carta tenuto conto anche dei fogli di
scarto necessari durante tutto il ciclo di produzione dello stampato.
Il costo della carta varia in funzione di svariati fattori. Ne elenchiamo solo alcu-
ni in quanto è poi l’azienda che deciderà di acquistare dal fornitore abituale oppu-
re da quello più conveniente.
Una prima sostanziale differenza del costo della carta dipende se questa viene
acquistata in fogli o in bobina, nei formati standard (elefante o protocollo) o in for-
mati particolari diversi, usomano, patinata o altro.
Il quantitativo, poi, può influenzare anche in maniera considerevole il prezzo d’ac-
quisto: richiedere 10 quintali di carta comporterà una cifra (al chilo) superiore rispet-
to alla richiesta di 100, 200 o più quintali. In genere lo sconto che si può ottenere per
un acquisto superiore a 15 quintali risulta intorno al 10%.
Considerando un prezzo medio della carta attualmente in commercio, per i
nostri calcoli consideriamo il costo di 0,80 € al chilo per carta usomano e di
1,00 € per quella patinata (sia lucida che opaca).

ESERCIZIO

A chiarimento di quanto esposto precedentemente, sviluppiamo i calcoli di uno stam-


pato con le seguenti caratteristiche:

Pagine 224 Inchiostro 50%


Formato finito chiuso 15x21 cm Colori 4+4
Formato finito aperto 21x30 cm Allestimento: brossura cucita
Carta P. O. da 90 gr/m2 Copie 5.000

Realizziamo il lavoro con 7 impostazioni di due sedicesimi diversi in B+V.

Ls = (15·4) + (0,5·4) + 1 = 63 cm
Lp = (21·4) + (0,5·8) = 88 cm

188
CAPITOLO 5

ESERCIZIO

Formato minimo indispensabile 63x88 cm

Formato del foglio di stampa 64x88 cm

Formato macchina Q 70

Spreco = (64 cm·88 cm) – (63 cm·88 cm) = 5.632 cm2 – 5.544 cm2 = 88 cm2

2
88 cm · 100
Spreco in percentuale = = 1,6 %
2
5.632 cm

90 gr · 5.632 cm2
Peso di un foglio x = = 50,688 gr
10.000 cm2

5.000
Numero fogli per le copie = 5.000
1

Totale fogli 5.000 + 300 + 300 + 56 (1%) + 56 (1%) = 5.712

Peso totale carta 50,688 gr · 5.712 = 289.529,85 gr = 290 kg

Costo carta 290 kg · 1 € = 290 €

3 Calcolo del costo per l’avviamento

Con il termine avviamento, si intende comprendere tutte quelle operazioni indi-


spensabili per iniziare la tiratura.
Come si vede dalla quarta colonna della tabella 1 di pagina 192, una quattro
colori necessita di un tempo maggiore di preparazione prima di essere avviata, per i
seguenti motivi: montaggio delle lastre, caricamento della carta, eventuale pulizia
dei rulli, soprattutto se vi è un cambio di tipo d’inchiostro, registro della macchina
nelle prime copie, eccetera.
Il tempo per un avviamento è dunque funzione del tipo di macchina, del nume-
ro dei colori e del formato (come chiaramente esposto nella tabella).

189
Generalmente il tempo si misura in secondi (un minuto equivale a sessanta
secondi), ma per i nostri calcoli è più utile il valore in centesimi invece che in ses-
santesimi. Per cui riportiamo una semplice formula per passare da sessantesimi a
centesimi e viceversa, considerando anche che le tabelle in genere esprimono il
tempo in centesimi.
Passaggio dal tempo in sessantesimi al tempo in centesimi (x):

(tempo in sessantesimi) : 60 = x : 100

(tempo in sessantesimi) · 100


x=
60

ESEMPIO ~ 15 minuti (in sessantesimi) equivalgono, in centesimi, a:

15 · 100
x= = 25 centesimi = 0,25
60

Passaggio dal tempo in centesimi al tempo in sessantesimi (y):

(tempo in centesimi) : 100 = y : 60

(tempo in centesimi) · 60
y=
100

ESEMPIO ~ 25 centesimi equivalgono a:

25 · 60
y= = 15 sessantesimi (ovvero 15 minuti)
100

Per calcolare il costo dell’avviamento, è necessario conoscere quanti avviamenti


servono per quel tipo di impostazione.
Per calcolare il numero degli avviamenti necessario, bisogna considerare il nume-
ro dei colori che compongono il lavoro e la macchina che si utilizza; così ad esem-
pio se per una quadricromia utilizziamo una macchina a quattro colori, è sufficien-
te un avviamento, se invece utilizziamo una bicolore necessitano due avviamenti,
per una monocolore quattro.

190
CAPITOLO 5

Per stampare la bianca e la volta le considerazioni sono simili, bisogna tenere


conto del tipo di impostazione, così in una stampa in B+V, necessitano tanti avvia-
menti per la bianca e altrettanti per la volta.
Stampando con un’impostazione in BeV assieme, è sufficiente un solo avvia-
mento in quanto non si cambia la lastra per la stampa della volta.
Calcolati il numero degli avviamenti e conoscendo il tempo necessario per ogni
avviamento si calcola il numero totale di ore:

totale ore = numero degli avviamenti · tempo per un avviamento

Conoscendo il costo orario della macchina in esame (sesta colonna della tabella 1),
è sufficiente moltiplicarlo per il tempo precedentemente calcolato per ottenere il
costo totale per l’avviamento:

costo totale d’avviamento = totale ore avv. · costo orario

ESERCIZIO

La stampa richiede due avviamenti. Dalla tabella 1:

ore di avviamento = 2 avv. · 2,00 h = 4 h

costo avviamento 4 h · 130 €/h = 520 €

4 Calcolo del costo per la stampa

Per il costo della stampa è necessario conoscere il tipo di macchina sulla quale si
vuole eseguire il lavoro (nel nostro caso una Q70).
Per la tiratura bisogna calcolare il numero dei fogli necessari (5.712) e moltipli-
carlo per il numero dei passaggi in macchina (due).

tiratura = totale fogli (compreso scarto avv., tir., all.) · n° passaggi

191
Tabella 1

Nel calcolo dei fogli necessari, si tiene conto dei fogli di scarto per avviamento
tiratura e allestimento.
Per il calcolo del numero di fogli di scarto di avviamento è importante cono-
scere il numero degli avviamenti, in quanto per ogni avviamento, bisogna conside-
rare un certo numero di fogli necessario alla macchina per andare a registro. Ad
esempio per un’impostazione in B+V, avendo due lastre diverse (una per la bianca
ed una per la volta), vi sono due avviamenti; per un’impostazione in BeV, non cam-
biando lastra per la stampa delle due facciate, è necessario un solo avviamento (una

192
CAPITOLO 5

lastra), la quale viene utilizzata per stampare sia la bianca che la volta della stessa
segnatura, prima su una facciata del foglio di stampa e poi sull’altra.
I fogli di scarto per la tiratura e l’allestimento vanno calcolati con una percen-
tuale dell’1%, ad eccezione delle basse tirature dove viene considerato un numero
fisso di fogli di scarto rispettivamente di circa 50 per la tiratura e 100 per l’allesti-
mento.
Per il conteggio delle ore necessarie alla stampa, cioè per sapere quanto tempo
occorre per eseguire il lavoro, bisogna dividere la tiratura (11.424, compresi tutti gli
scarti), per la media oraria (6.000). Per cui:

ore di stampa = tiratura : media oraria

Note le ore necessarie per la stampa, si moltiplicano per il costo orario della mac-
china ottenendo il costo totale da sostenere per la stampa.

costo totale = totale ore · (costo/ora)

ESERCIZIO

Tiratura = 5.712 · 2 = 11.424

Ore di stampa = 11.424 : 6.000 = 1,904 h

Costo per la stampa = 1,904 h · 130 €/h = 247,52 €

5 Calcolo delle lastre e relativo costo


Il numero delle lastre va calcolato sempre in funzione del tipo d’impostazione scel-
ta per la realizzazione dello stampato.
Per la stampa di una quadricromia, necessitano quattro lastre per la bianca e
quattro per la volta se l’impostazione è in B+V, sono sufficienti solo quattro lastre
(grandi il doppio), se l’impostazione è in BeV.
Il costo della singola lastra varia in funzione del tipo di macchina utilizzato, ma
soprattutto in funzione del formato.
Noto il costo di una singola lastra (settima colonna della tabella 1), è sufficiente
moltiplicarlo per il numero delle lastre per ottenerne il costo totale:
costo totale lastre = (costo di una lastra) · (numero delle lastre)

ESERCIZIO

Costo lastre = 35 € · 8 = 280 €

193
Per un corretto e completo preventivo bisognerebbe calcolare i costi di tutta la
fase della prestampa e dell’allestimento, senza contare tutte le lavorazioni extra (pla-
stificazione, verniciatura, stampa a caldo, eccetera). In questo corso però reputiamo
più che sufficiente quanto esposto lungo tutto il percorso tecnico per comprendere
l’importanza dei costi e del relativo preventivo.
Vogliamo solo concludere con un aspetto molto importante per il cliente: il costo
a copia. Per questo semplice, ma importantissimo calcolo, è necessario sommare
tutti i costi necessari per la produzione dello stampato e poi dividerli per il nume-
ro di copie richieste dal cliente.
In questo modo è possibile conoscere il costo a copia, da cui il cliente potrà rica-
vare il prezzo di vendita e conoscere il suo personale guadagno, che poi è lo scopo
principe delle aziende a scopo di lucro.

194
Bibliografia
Diritto - Economia - Legislazione sociale e tributaria - “Cultura d’Impresa” nell’Italia del rinno-
vamento, G. Paolo Casadio - Olivia Lee, Calderini Editore.
Enciclopedia della stampa, volume terzo, Giuseppe Maria Pugno, Politecnico di Torino -
Istituto di Scienze e Arti Grafiche, R-GEC.

Enciclopedia dell’Economia, Edizioni Garzanti.


Enciclopedia dell’Ingegneria, a cura di Mario Lenti, volume terzo, ottavo e aggiornamento, Arnoldo
Mondadori Editore. ISEDI (Istituto Editoriale Internazionale).
Enciclopedia Zanichelli, a cura di Edigeo (edizione 1994).
Grafica: scienza, tecnologia e arte della stampa, volumi 1, 2, 3, 4, Autori vari, Arti Poligrafiche
Europee.
Grande enciclopedia della scienza e della tecnologia, DeAgostini.

Il Dizionario delle Arti Grafiche multimedialità e comunicazione, Angelo Picciotto, inεdition.


Il Governo d’impresa, volume 1 e 2, Roberta Fazzi, Giuffrè Editore (Milano).
Il Legatore, Emanuele Posenato, Arti Poligrafiche Europee.
Il Manuale Grafico, Angelo Picciotto, inEdition.
Qualità nelle Arti Grafiche, AUGUSTA Edizioni Mortarino.
Ragioneria generale delle imprese, Domenico Amodeo, Giannini Editore, Officine grafiche napoletane.
Tecnologie applicate ai materiali e ai processi produttivi, Angelo Picciotto, Adalberto Monti,
inεdition.
Tecnologie dei processi di produzione, Angelo Picciotto, inεdition.

Trattato della Qualità Totale, a cura di Vincent Laboucheix, Franco Angeli/Azienda moderna.
Orphan House
in Cambogia

Per maggiori informazioni vedere


il sito www.inedition.it sezione Orphan House
progetto “Una scuola in Cambogia”
www.associazioneorphanhouse.com
Finito di stampare nel mese di maggio 2015
dalla Litografia Botolini di Rocca S. Giovanni (CH)
ε
per la casa editrice in dition

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