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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO
Relatrice:
Prof.ssa Silvia BRUNI
Pigmenti Azoici
I pigmenti azoici, introdotti tra il 1890 e il 1910, sono sintetizzati a partire dal
processo di diazotazione e contengono uno o più legami azo (-N=N-). Essi
rappresentano il più antico e ampio gruppo di pigmenti organici sintetici e
solitamente sono di colore giallo, arancione o rosso.
Arilidi acetoacetiche
PY1, PY3
a b
Fig. 1
Struttura dei pigmenti PY1 (a) e PY3 (b)
Diarilidi acetoacetiche
PY83
Fig. 2
-naftoli
PR3, PR57
a b
Fig. 3
Struttura dei pigmenti PR3 (a) e PR57 (b)
I -naftoli contengono nella loro struttura molecolare un gruppo naftolo e sono una
classe relativamente piccola di pigmenti azo rossi, prodotti per la prima volta nel
1870. A questo gruppo di pigmenti appartengono PR3 o rosso di toluidina e PR57,
sintetizzati rispettivamente nel 1905 e nel 1903.
Naftoli
PR112
Fig. 4
I naftoli sono un’ampia classe di pigmenti rossi azo sintetizzati per la prima volta in
Germania nel 1911. Inizialmente usati per la tintura del cotone, dagli anni Venti del
Novecento vengono impiegati come pigmenti artistici, il cui gruppo più importante
per questa applicazione è quello dei Naftoli AS. La gamma di colori varia
dall’arancione, allo scarlatto, fino al rosso (PR112) e al marrone.
Benzimodazoloni
PO36
Fig. 5
Sono una classe di circa 20 pigmenti sintetici relativamente costosi di colore giallo,
arancione (PO36) e rosso, che sono stati brevettati per la prima volta negli anni ’60
del Novecento e introdotti nel campo artistico intorno al 1970.
Pigmenti non azoici
Isoindoline
PY139
Fig. 6
Le isoindoline sono pigmenti introdotti a metà degli anni ’60 del secolo scorso ma
brevettati per la prima volta intorno al 1940.
Di questo gruppo di pigmenti, meno di una dozzina sono impiegati nel campo
artistico ed hanno una variazione cromatica dal giallo (PY139) all’arancione fino al
rosso.
Perinoni
PO43
Fig. 7
Fig. 8
Chinacridoni
PR122, PR206, PV19
a b
c Fig. 9
Complessi metallici
PG8
Fig. 10
Diossazine
PV23
Fig. 11
Derivati antrachinonici
PB60
Fig. 12
I derivati antrachinonici sono una classe di circa 10 pigmenti, molti dei quali usati
storicamente come coloranti al tino per tessuti. Questi pigmenti formalmente
derivano dalla struttura dell’antrachinone ma variano ampiamente nel colore, nella
struttura e nelle proprietà.
PB60 o blu di indantrone è stato introdotto nei primi anni ’50 del secolo scorso e
per molti anni è stato usato come pigmento. Il blu di indantrone è molto più costoso
delle ftalocianine, implicando così un suo limitato uso; tuttavia di frequente viene
impiegato come pittura artistica.
Ftalocianine
PB15, PB16, PG7
b
a
Fig. 13
Le ftalocianine, il cui nome deriva dalla loro origine (un composto ftalico) e dal loro
colore (ciano o verde bluastro), sono pigmenti blu e verdi policiclici basati sulla
struttura macrociclica della porfirina, che può contenere uno ione metallico (esempio
rame). Questi pigmenti molto importanti, usati come pitture artistiche dagli anni ‘50,
sono stati brevettati nel 1929 e resi disponibili in commercio dal 1935; inoltre nel
1988 rappresentavano più del cinquanta percento dei pigmenti sintetici
commercializzati.
Le ftalocianine blu a base di Cu esistono in diversi polimorfi cristallini, tra i quali
si ritrovano la forma (PB15:1) e la forma (PB15:3), quest’ultima di colore blu
turchese.
PG7 è una ftalocianina clorurata di colore verde-blu scoperta nel 1907 e introdotta
in commercio nel 1938.
PB16 è una ftalocianina non metallica di colore turchese che esiste nella forma non
stabile .
1.Tabella dei pigmenti organici sintetici
PY83
PR3
PR112
PY139
PO43
PR254
Dichetopirrolo- Introdotti nel 1980
pirrolo
PR122
PR206
PV19
PG8
PB60
PB15
PB16
PG7
Pigmenti inorganici
Si elencano di seguito alcuni pigmenti inorganici analizzati mediante spettroscopia
FTIR nel presente lavoro, allo scopo di integrare la banca dati già disponibile in
laboratorio.
PW4
PW4 artificiale è l’ossido di zinco ZnO, conosciuto dal 1782 ma reso disponibile in
commercio dalla metà del XIX secolo. Esso è compatibile con tutti i pigmenti ma
sembra che acceleri lo sbiadimento di alcuni pigmenti organici sintetici.
PW6
PW6 artificiale rappresenta il biossido di titanio TiO2, che può presentarsi in forme
cristalline diverse (anatasio, rutilo, brookite). È disponibile dal 1920 ed è
chimicamente molto inerte.
Leganti
I pigmenti in polvere di riferimento sono stati stesi in due diversi tipi di leganti, ossia
in olio di semi di lino chiarificato Salcolor e in Primal AC-33, forniti da Calcaterra
S.r.l. Milano.
Gli oli usati in campo artistico derivano da varie fonti naturali e chimicamente sono
costituiti da una miscela di esteri della glicerina e acidi grassi, che prende il nome di
trigliceride. Sia la natura sia la relativa concentrazione dei vari acidi grassi
determinano le proprietà degli oli, classificati in siccativi, semi-siccativi e non
siccativi. Questi acidi grassi, che contengono 18 atomi di carbonio, includendo il
terminale carbossile, possono essere saturi (nessun doppio legame), mono-insaturi
(un doppio legame) o polinsaturi (due o più doppi legami). Un olio viene considerato
siccativo quando contiene almeno il 50% di acidi polinsaturi. (Lambourne, 1999).
Gli oli siccativi, che hanno applicazioni in pittura, sono formati da miscele vegetali
di trigliceridi insaturi, ossia esteri della glicerina con acidi grassi insaturi a lunga
catena. Comunemente gli acidi grassi insaturi sono rappresentati dall’acido oleico
C18H34O2 (con un doppio legame), dall’acido linoleico C18H32O2 (con due doppi
legami) e dall’acido linolenico C18H30O2 (con tre doppi legami) (Moles e Matteini,
2010).
Fig. 14
L’olio di semi di lino, un buon olio siccativo con tre doppi legami, contiene circa il
67% di acidi linoleico e linolenico, e la restante percentuale è rappresentata dagli
acidi palmitico, stearico e oleico (Learner, 2004). L’essiccamento di questo tipo di
olio è dato dalle reazioni di ossidazione e reticolazione in tutti i punti di
insaturazione degli acidi grassi, formando così la catena polimerica: l’olio di lino,
steso all’aria in un sottile film, assorbe quantità sempre maggiori di O2, che viene
usato in una reazione ossidativa, in cui l’ossigeno viene appunto addizionato ai doppi
legami C=C dell’acido grasso; successivamente i gruppi perossidici appena formati,
essendo instabili, si rompono formando radicali molti reattivi, che danno luogo alla
polimerizzazione. Questi radicali permettono l’instaurazione di legami tra le diverse
molecole di gliceridi fino al formarsi di una struttura reticolata (Moles e Matteini,
2010).
Il legante acrilico, commercializzato dal 1937, è un polimero di poliaddizione1 che
si forma a partire dai monomeri esteri degli acidi acrilico e metacrilico, ossia
l’acrilato e il metacrilato, che formeranno rispettivamente il poliacrilato e il
polimetacrilato. La reazione inizia con l’apertura del doppio legame, dopo aver
fornito calore, e porta alla formazione di radicali molto reattivi, che reagiscono con
la molecola di monomero. La reazione tra radicale e monomero si verifica con
sviluppo di energia e porta alla continuazione del processo con velocità crescente e
un consistente aumento di temperatura. Inoltre il grado di polimerizzazione cioè la
lunghezza media delle catene dei prodotti, dipende dal numero iniziale di monomeri
attivati e di conseguenza dalla quantità di energia fornita o di catalizzatore aggiunto
(Moles e Matteini, 2010).
a b c d
Struttura dell’acido acrilico (a), del poliacrilato (b), dell’acido metacrilico (c)
e del polimetacrilato (d).
Primal AC-33, prodotto per la prima volta nel 1953, è un’emulsione acrilica
acquosa, cioè un sistema a due fasi in cui il polimero acrilico insolubile è disperso in
una fase acquosa e stabilizzato con un tensioattivo (Learner, 2004).
Sebbene nel presente lavoro siano stati usati come leganti di riferimento solo l’olio
e l’acrilico, in ambito artistico, in particolare nelle opere di arte contemporanea, è
stato sperimentato anche l’uso di altri tipi di leganti, tra i quali si riscontrano il PVA,
le oleoresine, l’alchidico e la nitrocellulosa.
Le resine poliviniliche sono prodotte per poliaddizione di composti contenenti il
gruppo vinile, e, a seconda del sostituente contenuto nella catena polimerica, si
possono avere diversi tipi di materiali, ad esempio il PVA o polivinilacetato.
Il PVA, prodotto per la prima volta nel 1928 e introdotto in commercio dopo il
1940, è un’emulsione acquosa prodotta in modo analogo a quella acrilica. Le
emulsioni di PVA richiedono un plastificante per rendere più morbide le particelle di
polimero durante la formazione del film. Nelle prime formulazioni, come
plastificanti, venivano usati gli ftalati che, tuttavia, nel corso del tempo tendevano a
migrare fuori dal film formatosi. Dunque dal 1960 si risolse il problema effettuando
una copolimerizzazione del PVA con un monomero “morbido” (a basso PM): tale
processo è conosciuto come plasticizzazione interna. Il processo si può realizzare
usando esteri vinilici altamente ramificati, normalmente ottenuti come miscele
commerciali chiamate vinil versatati (Learner, 2004). Inoltre il PVA può essere
opacizzato con del litopone (PW5) o del titanio (PW4), o addizionato con extenders,
quali il caolino, il talco, solfato di bario e carbonato di calcio e di magnesio, usati
anche in percentuali molto alte (Scicolone, 2004).
In aggiunta, nel campo artistico, vengono prodotte delle emulsioni vinilico-acrilico,
costituite da copolimeri di vinil acetato e da un appropriato monomero acrilato
(Learner , 2004).
Fig. 16
a b
Additivi
Gli additivi (extenders o fillers) sono minerali inorganici inerti solitamente di colore
bianco, praticamente trasparente nel medium sintetico in cui si trovano. Essi sono
usati in miscela ai pigmenti puri per aumentare il volume e anche l’opacità della
pittura, per realizzare una determinata tessitura superficiale e per ridurre il costo
della formulazione, essendo gli additivi relativamente economici (Learner, 2004). Ad
esempio è tecnicamente difficile produrre un’emulsione pittorica di solo biossido di
titanio e perciò questo è spesso miscelato con carbonato di calcio. (Lambourne,
1999). Inoltre, l’aggiunta di queste cariche è necessaria con alcuni pigmenti moderni
(esempio le ftalocianine) per ridurre il loro forte potere colorante rispetto a quello di
altri pigmenti (Learner, 2004).
I seguenti composti inorganici sono stati usati come extenders (o fillers) di
riferimento per le pitture: dolomite Ca,Mg(CO3)2, muscovite KAl2(AlSi3O10)(OH)2,
bentonite (formula), silice SiO2, solfato di bario BaSO4, solfato d’ammonio
(NH4)2SO4, solfato d’ammonio ferrico NH4Fe(SO4)2 12H2O, solfato di ammonio
ferroso Fe(NH4)2(SO4)26H2O e solfato di ferro FeSO4.
Pitture commerciali
Le pitture commerciali, oltre ad essere composte dal pigmento vero e proprio, dal
legante, ed eventualmente anche dalle cariche, contengono altri componenti, che ne
permettono una migliore resa d’impiego. Tali sostanze sono i bagnanti, ad esempio la
lecitina di soia, usata in piccole percentuali (1-2%), e gli essiccanti, come sali di
cobalto, litio o calcio che servono ad accelerare il processo di essiccamento.
Le pitture commerciali (Tabella 3), stese su tela e carta ed analizzate nel presente
elaborato, appartengono a diverse marche e rientrano nei colori commerciali acrilici
(Maimeri acrilico e Maimeri Brera acrilico), acrilico-vinilici (Maimeri polycolor), ad
olio (Old Holland classic oil, Maimeri olio classico e Winsor olio) e alchidici
(Winsor Griffin alkyd).
Spettroscopia FTIR
La spettroscopia infrarossa è un tipo di spettroscopia vibrazionale6 usata per l’analisi dei composti
organici ma anche inorganici, che però non consente il riconoscimento di composti costituiti da
atomi pesanti7. La strumentazione è uno spettrometro, comprendente una sorgente di radiazione che
attraversa il campione, un monocromatore, ossia un selettore di lunghezza d’onda, ed un rivelatore.
Il segnale risultante è uno spettro IR, presentato in funzione del numero d’onda, e costituito da
picchi stretti e numerosi. Ciò implica che esso abbia maggiore probabilità di essere caratterizzante e
specifico per un dato composto.
Negli ultimi vent’anni è stata sviluppata la tecnica FTIR (spettroscopia infrarossa a trasformata di
Fourier), importante per l’analisi dei gruppi funzionali e delle specificità molecolari dei composti
chimici organici ed inorganici. Nel caso dei dipinti, molti studi riguardano la caratterizzazione dei
gruppi funzionali dei pigmenti organici ed inorganici, dei leganti e degli additivi, i cosìdetti fillers o
extenders (Miliani C. et al., 2010).
La tecnica FTIR consente di ottenere spettri nel medio e nel lontano IR con un migliore rapporto
segnale/rumore.
Nello spettrometro FTIR il monocromatore viene sostituito dall’interferometro di Michelson,
posto tra la sorgente ed il campione. Esso è formato da due specchi, uno mobile e uno fisso, e da un
ripartitore di raggio. Il segnale che risulta dalla radiazione ripartita fra gli specchi, ricombinata ed
indirizzata verso il campione è un interferogramma, a cui viene applicata la trasformata di Fourier
per ottenere lo spettro IR vero e proprio.
6 La spettroscopia IR si basa sulle transizioni tra i livelli vibrazionali delle molecole, che hanno un ordine di grandezza
della differenza d’energia paragonabile a quello delle radiazioni infrarosse.
7 Tali composti hanno segnali nel lontano Infrarosso, ossia al di sotto dei 400 cm-1.
23
Nella spettroscopia FTIR in trasmissione il raggio infrarosso viene rivelato dopo aver attraversato
il campione. Gli esperimenti in trasmissione garantiscono un’elevata qualità dei dati senza
distorsioni, ma un requisito fondamentale per questi esperimenti è la preparazione del campione
(Bunaciu et al., 2014). Il campione in polvere viene quindi diluito in un’opportuna matrice di
materiale disperdente trasparente all’infrarosso, ossia bromuro di potassio KBr.
Strumentazione
Gli spettri sono stati registrati in trasmissione nella regione del medio IR (4000-400 cm-1),
acquisendo 256 scansioni per ogni spettro e usando uno spettrofotometro Jasco FTIR-470 plus con
risoluzione di 4 cm-1.
Strumentazione
Gli spettri sono stati acquisiti in riflessione nel range spettrale tra 7500 e 400 cm-1 con un totale di
400 accumuli per ogni campione. Lo strumento a disposizione è una spettrometro portatile Alpha
Bruker con risoluzione di 4 cm-1 e con rivelatore a triglicinsolfato deuterato (DTGS).
24
I pigmenti puri in polvere e gli additivi inorganici sono stati compressi in pastiglie di KBr
concentrate (con proporzione di pigmento/additivo:KBr di circa 7:1) in modo da ottenere pastiglie
con superficie sufficientemente lucida e liscia, ossia abbastanza riflettente da dare un buon segnale
di riflessione speculare 0°/0°.
La preparazione delle pitture a partire dai pigmenti puri in polvere è stata eseguita miscelando
ogni pigmento con olio di semi di lino e amalgamandolo in un mortaio di agata fino a raggiungere
una sospensione omogenea. Si è proceduto in modo simile per ottenere i pigmenti in miscela con
l’acrilico Primal AC-33.
Sia nella preparazione dei pigmenti in olio di semi di lino sia in acrilico, si è valutata una
proporzione ottimale tra pigmento e legante in relazione alla consistenza del pigmento e alla sua
capacità di uniformarsi con il legante.
Le pitture così ottenute sono state stese su carta da disegno e su tele commerciali con imprimitura
universale.
Infine le pitture commerciali in tubetto sono state semplicemente stese sia su carta sia su tela.
La spettroscopia FTIR in riflessione è stata impiegata anche per l’analisi di dipinti dell’arte
contemporanea, realizzati da Enrico Baj e Lucio Fontana e appartenenti alla collezione della casa-
museo Boschi Di Stefano.
25
26
Fig. 18
Dopo aver inserito gli spettri di riferimento in banca dati, si è proceduto ad una ricerca per
riconoscere gli spettri dei pigmenti puri in miscela e nelle pitture commerciali, avendo a
disposizione un apposito programma, cioè Spectral ID.
Il programma si basa sul confronto fra lo spettro incognito e gli spettri della banca dati, sfruttando
un algoritmo di correlazione che fornisce appunto un indice di correlazione per ogni spettro a
disposizione. Questo indice rappresenta il livello di affinità, ossia di somiglianza con lo spettro
incognito e, dopo aver effettuato la ricerca, il software ordina gli spettri disponendoli in una lista in
base ad un indice di qualità (HQI, Hit Quality Index), dal migliore al peggiore.
Quindi gli spettri vengono ordinati con un quality index dal valore numerico più basso (migliore)
al più alto (peggiore), ossia un HQI=0 indica massima corrispondenza con lo spettro incognito e un
HQI=1 indica corrispondenza nulla con lo spettro in esame.
L’algoritmo di correlazione viene espresso dalla seguente formula:
27
con e
Spettroscopia Raman
Lo spettrofotometro Raman, usato per l’analisi dei dipinti, è costituito da un laser a diodi che emette
a 785 nm ad una potenza di pochi mW sul campione e presenta uno spettrografo Lot Oriel
MS125TM che fa uso di un reticolo da 1200 righe/mm. inoltre, lo spettrofotometro Raman possiede
una microsonda Jasco RMP-100 equipaggiata con un filtro notch, con un filtro di interferenza e con
un obbiettivo per microscopia 50x, un rivelatore CCD raffreddato a -40°C e fibre ottiche che
collegano le diverse parti dello strumento.
28
Capitolo 3- Casa museo Boschi Di Stefano
La fondazione, nata nel 1998 ed istituita in memoria dei coniugi Antonio Boschi e Marieda Di
Stefano, è aperta dal 5 febbraio 2003 come casa-museo e raccoglie una selezione di trecento opere.
Antonio Boschi, ingegnere, e Marieda Di Stefano, che aveva ricevuto una formazione artistica,
erano appassionati e amanti dell’arte. Dopo il loro matrimonio, nel 1927, inizia a delinearsi quella
che sarà una delle più ricche collezioni milanesi ed emblema della cultura artistica italiana,
costituita da oltre duemila opere, collezionate nel corso di un quarantennio.
Questa raccolta di opere è segnata da un carattere particolare che la distingue da altre collezioni
nate negli stessi anni poiché in essa non veniva risaltato un singolo ambito e non era indirizzata
verso la singola ricerca di un pezzo mancante. Ciò che contraddistingueva e che contraddistingue
tutt’oggi la collezione è l’istinto che guidava Antonio e Marieda verso il presente che vivevano e
l’interesse verso quello che gli artisti creavano al momento.
Nella raccolta si distinguono due differenti nuclei di opere. Il primo è legato alle opere degli anni
Venti e Trenta, che rappresenta l’inizio della collezione avviata da Francesco Di Sfefano,
avvicinatosi al Novecento Italiano e le cui opere collezionate vennero lasciate in eredità alla figlia
dopo il 1938. Le opere di questi anni testimoniano come la borghesia di Milano avesse riconosciuto
nella figurazione novecentista il movimento più conforme ad esprimere il gusto a cui essa aderiva.
Questo indirizzo venne portato avanti dai coniugi Boschi, che negli anni Trenta acquistarono opere
simili, soprattutto presso la galleria Milano, cuore del collezionismo lombardo di tendenza più
tradizionale.
In un’intervista del 1973, in occasione della prima esposizione di una sua collezione presso
Palazzo Reale, lo stesso Antonio Boschi sostenne che il periodo più pieno ed esaltante della
collezione fu quello del dopoguerra, quando il desiderio di ricominciare spinse di nuovo gli artisti
alla frequentazione della casa e diede nuovo input per arricchire la raccolta. In quel momento la
tendenza si spostò verso il movimento postcubista (Dova o Peverelli), per passare poi al realismo
sociale e giungere durante gli anni Cinquanta allo spazialismo (Fontana) e al movimento nucleare
(Baj).
Dopo la morte della moglie, avvenuta nel 1968, l’entusiasmo di Antonio Boschi si spense e forse
proprio questo avvenimento lo spinse a donare nel 1973 al Comune di Milano l’intera raccolta e a
cedere la casa. Tuttavia il collezionista continuò ad acquisire opere, aggiungendone altre trecento
alle 1840 già donate e nel 1988, alla morte di Antonio Boschi, avvenne una seconda donazione
pubblica.
Si può concludere affermando che la collezione Boschi Di Stefano è una testimonianza del vitale
ambiente culturale che ha attraversato Milano durante il Novecento fino agli anni Settanta.
29
Enrico Baj
(Milano 1924, Vergiate 2003)
Enrico Baj nacque a Milano nel 1924 e si interessò alla pittura fin dall’età di quattordici anni, anni a
cui risalgono le sue opere giovanili. Le registrazioni dei suoi primi quadri sono testimoniate intorno
al 1946, quando Baj frequentava già l’Accademia di Brera e contemporaneamente il liceo classico.
Enrico Baj partecipò attivamente alle avanguardie degli anni Cinquanta 8 e strinse presto
collaborazioni con vari artisti, tra i quali anche Lucio Fontana.
Il 31 ottobre 1951 si tenne presso la Galleria San Fedele la prima mostra del neo Movimento
Nucleare, nato nell’ambiente artistico milanese e fondato dallo stesso Baj in collaborazione con
l’artista Sergio Dangelo. Fra le tendenze artistiche di quel periodo, il Movimento Nucleare fu molto
innovativo sia sotto l’aspetto ideologico sia sotto quello formale, essendo un movimento artistico
spinto ad allargare i propri orizzonti anche verso l’Europa9.
Per ciò che concerne il nome del movimento, lo stesso Baj in una lettera del 1960 spiegava: “noi
ci sentivamo artisti di un’epoca in cui l’indagine atomica e nucleare spalancava all’uomo nuovi
infiniti orizzonti: artisti quindi, più che nucleari, di un’epoca nucleare. La nostra presa di posizione
era, in relazione al mondo artistico esistente e alla teorie in detto mondo circolanti, soprattutto
anti-astratta.”10 Dunque Baj rifiutava l’astrattismo in se stesso e si opponeva ad un’arte lontana
dall’uomo, appunto astratta, per sostenere invece un’arte figurativa, quindi vicina alle esperienze
umane, intendendo “la questione nucleare come atto di appartenenza alla nostra contemporaneità,
con un sentimento di angoscia e di speranza nello stesso tempo”. Inoltre egli affermava che “non si
poteva rimanere indifferenti alla bomba atomica che fu percepita come una mostruosità. Il mondo
della scienza con queste sue contraddizioni era affascinante. Molti miei dipinti partono da questo
spunto”. Perciò lo stesso artista vedeva nel movimento “una valenza non solo formale ma anche di
impegno, di denuncia e di forte espressione di incubi e paure dell’umanità”11.
Infine l’artista vedeva la necessità continua di definire “il carattere sperimentale della ricerca”,
ossia di intraprendere una via di rappresentazione con nuovi mezzi tecnici espressivi.
Nel corso degli anni si assistette ad un allargamento ulteriore del Movimento Nucleare: nel 1953-
54 le opere vennero esposte in varie città italiane e nel 1957 aderirono al movimento molti altri
artisti. Proprio in questo anno avvenne il primo contatto tra i nucleari e i coniugi Boschi Di Stefano.
Il movimento vide la sua conclusione intorno al 1959, quando ormai molti dei membri si erano
allontanati.
8
Dopo essersi laureato in legge, mentre svolgeva la professione di avvocato dipingeva quadri che ricordavano le varie
esperienze dell’avanguardia.
9
Già all’inizio del 1952 a Bruxelles venne esposto il primo Manifesto della pittura nucleare, firmato da Baj e Dangelo.
10
Intervista a Enrico Baj a cura di Fabrizia Lanza Pietromarchi in Art Nucléaire, Galleria d’arte Bergamo, 2003.
11
CAPRILE L., Conversazioni con Enrico Baj Mezzo secolo di avanguardie, Elèuthera, 1997, p. 30.
12
Pittore e scultore francese del XX secolo.
30
brulicante, atomizzata, in movimento quasi per scivolamento. Tale apparenza era ottenuta con
vernici13 grasse e bituminose14, dai colori viranti in un breve spettro dalla terra d’ombra sino al
nero pece greca, vernici che venivano vivacemente emulsionate con acqua e poi fatte correre sulla
tela. Questa emulsione, in omaggio alla precorsa pittura nucleare che largamente si risolveva
nell’atomizzazione dei colori, la chiamai acqua pesante15.”16
I quadri sono stati realizzati con le tecniche del dripping, ossia lo sgocciolamento del colore, e del
flottage, che letteralmente significa galleggiamento. Spesso, all’imprimitura commerciale della tela,
Baj aggiungeva un consistente strato di colore bianco ad olio (ZnO o TiO2), eseguito con rapide
pennellate in varie direzioni.
Nell’usare la tecnica del dripping, Enrico Baj stendeva la tela a terra e faceva colare direttamente
il colore dal barattolo dopo aver prodotto un buco sul coperchio o sul fondo con un chiodo, oppure
intingendo direttamente una bacchetta nel colore e disegnando con essa la forma desiderata.
Invece, per realizzare il flottage, l’artista versava sulla tela l’emulsione di “acqua pesante”,
preparata a parte in un secchio, oppure solo acqua sulla quale poi faceva colare delle gocce di
colore. Per l’impiego di tale tecnica, all’imprimitura commerciale della tela 17 , di frequente Baj
aggiungeva uno spesso strato di colore bianco ad olio 18 (ZnO o TiO2), eseguito con rapide
pennellate in varie direzioni. Versava i getti di “acqua pesante” quando lo strato era ancora fresco,
in modo da poter direzionare e correggere meglio la colatura, che sul quadro acquisiva “aspetti
simili alle colate laviche, alle morene o alle formazioni di roccia” (cit?). Secondo le affermazioni
dell’artista, le vernici dell’emulsione spesso erano costituite da pece greca 19 o smalti 20 sintetici
resinosi, questi ultimi impiegati poiché colano molto bene sulla tela. Inoltre nel colore aggiungeva
dei filamenti di canapa, erba o altri elementi vegetali.
Dopo aver versato l’emulsione, Baj attendeva che lo smalto si rapprendesse e si asciugasse bene.
L’immiscibilità di questi colori in acqua permetteva che si fissassero bene alla tela e che l’acqua
scivolasse via semplicemente inclinando la tela.
Inoltre, per i dipinti del Ciclo delle Montagne, Enrico Baj molte volte realizzava il cielo con della
stoffa, “mettendo in riserva la parte da non maculare, da non trattare come roccia”: con della
colla Vinavil 21 incollava la stoffa sulla tela e, in corrispondenza del profilo della montagna da
realizzare, metteva della carta per proteggere la parte non interessata dal flottage. Una volta
concluso il lavoro, strappava la carta lungo il profilo della montagna.
Infine interveniva con altri strati pittorici usando probabilmente colori ad olio dalla cromia più
accesa rispetto a quelli usati per il flottage, che invece coprono la gamma dei neri e dei bruni.
13
Mescolanza di oli, resine e solventi.
14 Il bitume è asfalto naturale, ossia una complessa miscela di idrocarburi ad alto peso molecolare e altre sostanze.
15
Con acqua pesante l’artista alludeva all’acqua deuterata, in cui in sostituzione dell’idrogeno viene usato il deuterio,
impiegato per controllare il processo di fusione nucleare.
16
E. BAJ, Automitobiografia, Milano Rizzoli, 1983, p.149.
17 Solitamente Baj si recava presso un artigiano che preparava le tele con una mestica a base di gesso, colla e un po’ di
olio.
18 A volte a questo strato di colore l’artista aggiungeva qualche altro colore per creare delle venature.
19 La pece greca o colofonia è un residuo resinoso derivante da varie specie di pini e la cui componente volatile prende
ingiallisce meno nel tempo ed essicca più rapidamente. Gli smalti sono solitamente diluiti in acquaragia, ossia una
miscela di petrolio e trementina.
21 La colla Vinavil venne usata dall’artista a partire dal 1955. Negli anni precedenti, invece, adoperava della colla da
falegname.
31
Schede tecniche
TECNICHE E MATERIALI
Sulla tela, preparata con mestica, è stato steso uno strato uniforme di colore bianco ad olio.
Il cielo è stato eseguito con un leggero strato di colore verde ad olio, steso sfumato sulla
campitura bianca, successivamente verniciato per accentuarne la brillantezza e sul quale sono state
effettuate delle colature di colore nero.
La restante zona del dipinto, ossia quella relativa alle montagne, è stata realizzata con il flottage
con un’emulsione acqua-pece ed una acqua-smalto nero. Successivamente sulla stessa area sono
state eseguite delle pennellate di colori diversi, probabilmente colori ad olio, con l’aggiunta di
pennellate di smalto.
32
Personaggio nella montagna
.
Fig 20
ca 1958
cm 89x115
(Sala 10, quadro N. 36, Inv. N. 1139, Cat. 120)
acquistato presso l’artista nel 1959
TECNICHE E MATERIALI
L’opera è stata realizzata ad olio, pece, smalto e collage.
Il cielo è stato realizzato con della stoffa da materasso incollata con Vinavil sulla mestica bianca.
Il pezzo di stoffa utilizzato non era abbastanza grande da coprire la superficie della tela fino ai
bordi, che sono stati dipinti con un colore ocra ad olio, simile a quello della stoffa stessa.
La campitura del resto della tela è stata uniformemente dipinta con una preparazione di colore
ocra ad olio e successivamente è stata applicata la tecnica del flottage, usando un’emulsione di
acqua e smalto nero, a cui sono state aggiunte gocce di smalto stese a pennello. Inoltre sulla
campitura sono state realizzate delle velature di colore ad olio.
In più, sembra che alcune parti eseguite a smalto siano state riprese a pennello con colori ad olio
di tonalità più chiara: lo stesso artista affermava che probabilmente partiva da una macchia
preesistente a cui poi aggiungeva altri colori.
33
Agitatevi, pietre e montagne! Fig. 21
ca 1958
cm 88x116
(Sala 10, parete D, quadro N. 37, Inv. N. 531, Cat. 119 )
acquistato presso l’artista nel 1959
TECNICHE E MATERIALI
L’opera è stata realizzata ad olio, pece, smalto e collage.
Il cielo è stato eseguito incollando con Vinavil sulla mestica bianca della tela vari ritagli di stoffe
diverse, affiancati o sovrapposti tra loro.
Il resto della preparazione è stato ricoperto da uno strato di colore bianco ad olio, sul quale sono
stati versati getti di “acqua pesante”, costituita da un’emulsione di acqua e smalto nero. A questa
emulsione sono state aggiunte pennellate con lo stesso colore e le forme “geologiche” così definite
sono state ripassante con colori ad olio.
Infine, lungo il profilo della montagna, è stata tolta la carta di “riserva” che proteggeva la stoffa
del cielo.
In questo dipinto, come in Personaggio nella montagna e diversamente da Paesaggio atomizzato,
il colore è più magro ed opaco: questo dipende probabilmente dall’uso di un colore ad olio di
un’altra marca oppure alla maggiore diluizione dell’olio.
34
Lucio Fontana
(Rosario di Santa Fé 1899-Varese 1968)
Lucio Fontana nacque il 19 febbraio 1899 a Rosario di Santa Fé in Argentina ed è considerato uno
dei più importanti ed influenti artisti italiani del XX secolo per la sperimentazione di nuovi concetti
artistici e per l’uso di nuovi materiali.
Nel corso della sua carriera, Fontana strinse collaborazioni anche con Enrico Baj e Sergio
Dangelo, fondatori del Movimento Nucleare, in particolare dal 1952, continuando poi negli anni
successivi a mantenere tali contatti.
Per i suoi studi scolastici venne mandato in Italia dove frequenta un collegio e poi una scuola
tecnica e successivamente inizierà il suo apprendistato di artista presso lo studio del padre.
Deciso a seguire le orme del padre come scultore, Fontana nel 1921 tornò nel paese di nascita,
dove aprì in proprio uno studio di scultura.
Intorno al 1927 tornò a Milano e si iscrisse al primo anno di scultura dell’Accademia di Belle Arti
di Brera, dove venne promosso al quarto corso e si diploma nel 1929.
Nel novembre del 1946 Lucio Fontana, insieme ad altri intellettuali ed artisti argentini, scrisse il
Manifesto Blanco, il cui fine era modernizzare l’arte introducendo materiali nuovi ed innovativi.
Inoltre il manifesto segnò l’inizio del Movimento Spaziale o Spazialismo22, avviato nel 1947, anno
in cui compare il primo Manifesto dello Spazialismo. Con il termine “spazialismo”, l’artista si
riferiva alle contemporanee esplorazioni spaziali, che egli collega allo “spazio artistico”, ossia lo
spazio in cui avviene l’incontro fra l’arte e le scoperte scientifico-tecnologiche (Pasini, 1995).
Il Manifesto dello Spazialismo venne redatto una seconda volta nel 1948, e in esso veniva ribadita
la necessità di superare l’arte passata e di far “uscire il quadro dalla sua cornice”, dunque di dar
vita a nuove forme d’arte usando i nuovi mezzi innovativi che venivano messi a disposizione dalla
tecnica.
Dunque dal 1949 Lucio Fontana si dedica alle opere definite con il termine “concetto spaziale”,
nate da una profonda precedente preparazione e maturazione concettuale, e raggruppate in distinte
serie, spesso realizzate contemporaneamente: la serie dei Buchi (1949-1968), delle Pietre (1951-
1958), dei Barocchi (1954-1957), dei Gessi (1954-1958), degli Inchiostri (1956-1959), degli Olii
(1956-1968), dei Tagli (1958-1968), dei Quanta (1959-1960) e della Fine di Dio (1963-1964).
22 Al movimento aderiscono vari artisti, tra i quali Cesare Peverelli, Gianni Dova e Roberto Crippa.
35
La prima opera dei lavori intitolati Concetto spaziale è stata eseguita nel 1949 e appartiene alla
serie dei Buchi, che consistono di una superficie monocromatica punteggiata di una costellazione di
buchi, realizzati perforando il supporto sia dal retro sia dal fronte, usando punteruoli di diverse
forme e dimensioni. (Chiantore, 2012). Nel concepire tali opere, lo stesso artista affermava: “Non
distruggo, creo. (…) bucando il quadro io trovavo una nuova dimensione nel vuoto”.23 (De Sanna
J.,1993, p 81). Dal 1951, ai quadri di questa serie, costituiti dalle “costellazioni stellate” su sfondo
bianco o di colore monocromatico, Fontana aggiungeva altri colori, lustrini e granelli di sabbia.
Studi precedenti, eseguiti su tali lavori, hanno confermato la presenza di un primo sottile strato di
preparazione, di colore bianco o giallo chiaro steso o sul fronte o sul retro del dipinto e
probabilmente di natura commerciale (Gottschaller, 2012). Inoltre, un quadro appartenente alla
serie dei Buchi è stato sottoposto ad una di queste analisi, mostrando la presenza, oltre che dell’olio,
anche di tracce di resina diterpenoide e colla animale, queste ultime molto probabilmente
appartenenti allo strato di preparazione della tela (Chiantore, 2012).
Nella serie delle Pietre, eseguite negli anni 1951-1958, la superficie pittorica, oltre a presentare i
buchi prodotti da punteruoli di forma e dimensione diverse, è costituita da differenti strati di colore
sovrapposti ed arricchita da pezzi di vetro colorato e pietre, che, ricordando le galassie di stelle,
creano ulteriori effetti spaziali sulla superficie. Sia il vetro sia le pietre sono state attaccate sui
quadri usando Vinavil. Anche in questo caso, come per la serie dei Buchi, studi effettuati hanno
confermato l’utilizzo di leganti sintetici, quali la resina alchidica e il PVA, quest’ultimo a volte
miscelato con Vinavil per aumentare la viscosità del legante stesso (Chiantore, Gottschaller, 2012).
Nel 1958 Lucio Fontana dà vita alla prima dell’insieme di opere che prende il nome di Attese, che,
a differenza dei Buchi, sono “il risultato di un gesto meditativo, ritmico” 24 e consistono in una
superficie monocroma attraversata da netti tagli. Per la realizzazione di questi quadri l’artista ha
usato colori a base d’acqua, ossia aventi come leganti il polivinilacetato, anche se analisi precedenti
condotte su campioni provenienti da questa serie hanno dimostrato che in taluni lavori era presente
una composizione contenente colori a base di PVA ma anche una miscela PVA-acrilico. Perciò non
è escluso né che l’artista acquistasse già questa composizione né che la realizzasse egli stesso. Per
ciò che riguarda la superficie pittorica, solitamente Fontana applicava direttamente il colore sul lato
della tela non preparata, mentre la superficie della tela preparata industrialmente si trovava sul retro
(Chiantore 2012). Nella maggior parte dei dipinti sul retro veniva stesa della Cementite,
preparazione a base alchidica contenente un’elevata percentuale di carbonato di calcio CaCO3 con
una minore componente di biossido di titanio TiO2 e diversi silicati (Gottschaller, 2012).
23
DE SANNA J., Lucio Fontana materia spazio concetto, Mursia, Milano, 1993, p. 81.
24
LIVI G., Incontro con Lucio Fontana, 1962, in Materials and techniques in the pictorial ouvre of Lucio Fontana.
36
Fig. 22
Concetto spaziale
1951
cm 85x65
(sala 9, parete A, quadro N. 1, Inv. N. 266, Cat. 958)
Fig. 23
Concetto spaziale
1957
cm 130x97
(Sala 9, parete A, quadro N. 5, Inv. N. 702, Cat. 985)
acquistato nel 1957 presso l’artista
TECNICHE E MATERIALI
L’opera è stata eseguita a tecnica mista su tela sovrapponendo diversi strati di colore di tonalità
scure, probabilmente ad acrilico.
37
Fig. 24
Concetto spaziale
1958
cm 80x60
(sala 9, parete A, quadro N. 6, Inv. N. 255, Cat. 987)
acquistato nel 1958 presso l’artista
TECNICHE E MATERIALI
Questo Concetto spaziale è stato eseguito a tecnica mista su tela, usando colori poco corposi o
probabilmente operando direttamente sulla tela preparata.
38
La serie delle Pietre: schede tecniche
Fig. 26
Concetto spaziale
1955
cm 80x65
(sala 9, parete D, quadro n. 20, Inv. n. 911, Cat. 961)
acquistato nel 1956 presso l’artista
TECNICHE E MATERIALI
Il quadro, di colore uniforme nero, è stato realizzato su tela con tecnica mista. Con un punteruolo
sono stati prodotti i buchi, alcuni dei quali contornati con colore blu. Invece le pietre e i pezzi di
vetro sono stati applicati con colla Vinavil.
39
La serie dei Tagli: schede tecniche
Fig. 28
Fig. 29
40
TECNICHE E MATERIALI
Entrambi i quadri di questa serie sono stati realizzati con tecnica mista su tela, quest’ultima incisa
da dei tagli. Per evitare la deformazione della tela, che si sarebbe verificata a seguito dei tagli,
l’artista ha cercato di trattare il retro del supporto in modo da farsi che mantenesse la necessaria
tensione tra fronte e retro.
Sulla prima di queste opere è stato steso uno strato uniforme di colore bianco, mentre il secondo
quadro è stato realizzato con colore azzurro chiaro, probabilmente un blu sintetico molto diluito in
un bianco. Si suppone che i colori di entrambe le opere siano a base di polivinilacetato.
41
Capitolo 4- Risultati e discussione
Analisi IR effettuate in laboratorio
Leganti
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR dell’acrilico (a) e dell’olio (b) acquisiti in riflessione.
Acrilico su tela Olio su tela
2929
2480 2854
2480
1938 1939
1733 1742
1448
1380
1240
1177 1170
1023
42
Additivi inorganici
BaSO4 Fig. 31
Assorbanza
43
Silice SiO2 Fig. 32
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR della Silice acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b.
Trasmissione Rifl. pastiglia
1102 1108
805 811
471 476
44
Dolomite CaMg(CO3)2 Fig. 33
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di CaMg(CO3)2 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b.
Trasmissione Rifl. pastiglia
1436 1507
880 889
728 730
408 415
45
Bentonite e Muscovite
Al2O3(Si2O10)(H2O) e KAl2(AlSi3O10)(OH)2
Fig. 34
b
Assorbanza
3800
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR della bentonite Al2O3(Si2O10)(H2O) e della muscovite
KAl2(AlSi3O10)(OH)2 acquisiti in trasmissione
a. b.
bentonite muscovite
3631 3628
1637
1042 1027
829
797 802
750
534
475
519
467
46
Solfati di ferro e ammonio FeSO4, Fe(NH4)2(SO4)2, NH4Fe(SO4)2,
(NH4)2SO4
Fig. 35
d
Assorbanza
48
Pigmenti organici sintetici
Rossi Fig. 36
PR3
d
Assorbanza
49
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PR3 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b. c. d. e.
Trasmissione Rifl. pastiglia Rifl. acr. carta Rifl. acrilico tela Rifl. olio tela
1976 1984 1985
1947 1948 1941 1949
1920 1920 1921 1921
1894 1895
1841
1817
1781
1743
1619 1620 1619 1617 1619
1561 1563 1564 1564 1563
1498 1503 1500 1502 1502
1472 1475 1471 1472 1474
1446 1448 1448 1448 1448
1400 1401 1401
1341 1343
1321 1322
1301 1303 1300 1302 1304
1255 1256 1255 1255 1256
1190 1191 1192
1128 1130 1132 1130
1094 1095 1097
1074 1073
985 986 987
867 869 868
847 848 849 850 848
825
813
50
PR122 Fig. 37
d
Assorbanza
2000 1800 1600 1400 1200 3600 1000 3200 800 2800 600 2400 400
Numero d’onda (cm-1)
a. Spettro IR in trasmissione del pigmento in pastiglia KBr
b. Spettro IR in riflessione del pigmento in pastiglia concentrata KBr
c. Spettro IR in riflessione del pigmento steso ad acrilico su carta
d. Spettro IR in riflessione del pigmento steso ad acrilico su tela
e. Spettro IR in riflessione del pigmento steso ad olio su tela 51
PR254 Fig. 38
d
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PR254 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b. c. d. e.
Trasmissione Rifl. pastiglia Rifl. acr. carta Rifl. acr. tela Rifl. olio tela
1643 1651 1646 1645 1648
1604 1609 1608 1608 1608
1496 1499 1498
1446 1447 1447 1447 1446
1324 1326 1326
1193 1193 1193
1143 1143 1141
1091 1091 1091
1033 1033
1015 1012 1013
844 845 843 845 844
824 825 826
756 757 754
714 714 712
623 623 623
516 516 516
480 479 479
430 432
53
PR206 Fig. 39
e
Assorbanza
d
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PR57:1 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b. c. d. e.
Trasmissione Rifl. pastiglia Rifl. acr. carta Rifl. acr. tela Rifl. olio tela
1623 1623
1549 1556 1553 1552
1484 1485 1483 1485
1450 1453 1451 1451 1453
1407 1408 1408
1365 1367
1326 1328
1291 1294 1294
1264 1265 1267
1251 1252 1251
1209 1211 1211
1185 1190 1188
1157 1158 1158
1089 1090 1090
1022 1024 1022 1021
878 879 823
821 823 767 823
786 787 788 788
765 767 698 700 767
751 752 624 751
700 701 700
622 626 624
56
Arancioni
PO36 Fig. 41
d
Assorbanza
d
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PO43 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b. c. d. e.
Trasmissione Rifl. pastiglia Rifl. acr. carta Rifl. acr. tela Rifl. olio tela
1697 1698 1695 1698
1580 1579
1551 1551 1554 1551
1495 1497 1495
1448 1447 1447
1382 1383 1383
1351 1353 1351 1351 1352
1313 1314 1314
1286 1287 1287
1233 1234 1233
1154 1154
1132 1132
1100 1100
1009 1011 1011
990 991 991
900 901 901
873 873 873
760 761 760 760 761
747 748 748
620 621 621
509 510
436 437 433 435
59
Gialli
PY1 Fig. 43
d
Assorbanza
d
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PY83 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b. c. d. e.
Trasmissione Rifl. pastiglia Rifl. acr. carta Rifl. acr. tela Rifl. olio tela
1659 1661 1659
1607 1609
1594 1595
1504 1514 1507 1508
1398 1399 1399
1360 1363 1363
1320 1323 1323
1291 1294 1292
1259 1263 1262
1212 1218 1216
1180 1183 1183
1064 1064
1033 1035 1033
951 952 952
916 916
863 864
792
738
636
437
62
PY139 Fig. 45
d
Assorbanza
63
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PY139 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b. c. d. e.
Trasmissione Rifl. pastiglia Rifl. acr. carta Rifl. acr. tela Rifl. olio tela
1730 1734 1682
1683 1689 1659
1655 1659
1514 1529 1531 1531 1534
1434 1435 1435
1391 1395 1396
1354 1354 1354
1299 1302 1302 1302 1302
1258 1262 1262 1264 1263
1240 1242 1239 1239
1199 1200 1200
1135 1137 1136
1073 1076 1075 1076
905 908 908
840 841 837
778 780 778 777
741 744 744
600 600 600
554 558 557 557 557
514 516 516
426 428 430
Verdi
Fig. 46
64
PG8
d
Assorbanza
66
Viola
PV23 Fig.47
d
Assorbanza
68
Blu
PB15:1 Fig. 48
d
Assorbanza
70
PB16 Fig. 49
d
Assorbanza
a
n
z
2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 a 400
a
Numero d’onda (cm-1)
a. Spettro IR in trasmissione del pigmento in pastiglia KBr
b. Spettro IR in riflessione del pigmento in pastiglia concentrata KBr
c. Spettro IR in riflessione del pigmento steso ad acrilico su carta
d. Spettro IR in riflessione del pigmento steso ad acrilico su tela
e. Spettro IR in riflessione del pigmento steso ad olio su tela 71
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PB16 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b. c. d. e.
Trasmissione Rifl. pastiglia Rifl. acr. carta Rifl. acr. tela Rifl. olio tela
1960 1956 1956 1956
1939 1939 1938
1886 1887 1889 1893
1865 1865 1865
1714
1695
1679 1679
1669
1646
1634
1614 1615 1607 1606
1569 1567
1555 1555
1538 1538 1535
1502 1504 1506 1500
1476
1456 1455 1460
1436 1438 1439
1415
1332 1334 1335
1319 1322 1320
1302 1304
1275 1278 1276
1187 1188
1157 1159
1116 1117 1117 1117 1119
1092 1095 1095
1004 1007 1008
872 873 871
730 736 733 733 736
713 716 712 712 714
682 685
616 617
490 492
432 432 430 432
72
PB60 Fig. 50
d
Assorbanza
74
Pigmenti inorganici
Bianchi
PW4
Fig. 51
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PW4 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b.
Trasmissione Rifl. pastiglia
460 500
830 835
75
PW6 Fig. 52
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PW6 acquisiti in trasmissione e in riflessione
a. b.
Trasmissione pastiglia Rifl. pastiglia
610 676
423 426
410
76
Gialli
PbCrO4 Fig. 53
d
Assorbanza
Nelle stesure del pigmento in acrilico e in olio i segnali del Giallo di Cromo PbCrO4 sono coperti da
quelli dei leganti.
78
Ricerca in banca dati
Di seguito si presenta una tabella della ricerca in banca dati dei pigmenti puri stesi ad acrilico e ad
olio sui supporti, quali la tela e la carta. In essa vengono riportati i risultati riguardanti i leganti, il
cui riconoscimento si presuppone sia avvenuto alla prima ricerca effettuata, e i risultati
dell’individuazione dello spettro del pigmento, indicando per questi ultimi la posizione in cui sono
stati riconosciuti, il loro Quality Index e tra parentesi quello del composto immediatamente
successivo.
Dunque in tale ricerca risulta fondamentale non solo il riconoscimento del pigmento, ma anche e
soprattutto il riconoscimento dei leganti per poter verificare l’attendibilità del metodo e poterlo
applicare anche alla ricerca degli spettri ottenuti sui quadri.
Tabella 4- Risultati ricerca in banca dati delle stesure dei pigmenti puri
CAMPIONE LEGANTE PIGMENTO LEGANTE PIGMENTO LEGANTE PIGMENTO
Olio tela HIT Q. I. Acrilico tela HIT Q. I. Acrilico carta HIT Q. I.
PR3 no 1 (a) 0.13 si 1 (b) 0.28 si 1 (b) 0.39
(0.86) (0.86) (0.86)
PR122 si 1 (b) 0.49 si 1 (b) 0.83 si 1 (b) 0.93
(0.73) (0.89) (0.97)
PR254 no 1 (a) 0.39 si 1 (b) 0.55 si 1 (b) 0.67
(0.87) (0.91) (0.93)
PR206 si 1 (c) 0.28 si 1 (b) 0.81 si 1 (b) 0.74
(0.58) (0.84) (0.82)
PR57:1 si 1 (c) 0.22 si 1 (b) 0.29 si 7 (b) 0.81
(0.82) (0.78) (0.91)
PO36 no 1 (a) 0.32 si no si 1 (c) 0.45
(0.83) (0.73)
PO43 no 1 (a) 0.25 si 1 (b) 0.67 si 1 (b) 0.54
(0.85) (0.86) (0.85)
PY1 no 1 (a) 0.59 si 1 (b) 0.47 si 1 (b) 0.56
( 0.85) (0.80) (0.83)
PY83 no 1 (a) 0.54 si 1 (b) 0.40 si no
(0.87) (0.72)
PY139 no 1 (a) 0.44 si 1 (b) 0.35 si 1 (b) 0.49
(0.84) (0.86) (0.88)
PbCrO4 si 3 (b) 0.82 si 1 (b) 0.88 si no
(0.86) (0.93)
PG8 no 1 (a) 0.59 si 3 (b) 0.79 si 1 (b) 0.79
(0.81) (0.85) (0.88)
PV23 si 1 (b) 0.21 si 1 (b) 0.59 si 1 (b) 0.60
(0.91) (0.87) (0.91)
PB15:1 si 1 (b) 0.19 si 1 (b) 0.89 si 1 (b) 0.48
(0.46) (0.92) (0.58)
PB16 si 1 (b) 0.57 si 1 (b) 0.85 si 1 (b) 0.65
(0.92) (0.91) (0.86)
PB60 no 1 (a) 0.52 si 2 (b) 0.76 si 1 (b) 0.77
(0.87) (0.77) (0.83)
In alcuni casi, nei pigmenti puri sintetici stesi ad olio, non è stato riconosciuto il legante
probabilmente per il fatto che le stesure sono risultati essere troppo poco diluite, ottenendo così
subito lo spettro del pigmento.
Per quanto riguarda le stesure in acrilico, è sempre stato possibile riconoscere il legante e il
pigmento alla ricerca successiva, tranne per i pigmenti PY83 e PbCrO4, che non hanno dato un
79
riscontro per il fatto che in questi due casi la stesura molto probabilmente conteneva un quantitativo
troppo basso di pigmento.
Pitture commerciali
Rossi
PR112
Fig. 54
c
Assorbanza
80
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PR112 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Rifl. Acrilico carta Rifl. acrilico tela Rifl. Olio tela
1668 1663 1672
1586 1584 1591
1551 1549
1257
1123 1123
1063 1065 1063
1016 1016 1018
848
750
708
81
PR122
Fig. 55
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PR122 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Riflessione acrilico su carta Riflessione acrilico su tela
1633 1630
1551 1553
1478 1476
1338 1341
808 808
539
82
PR206 Fig. 56
a
Assorbanza
83
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PR206 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Riflessione acrilico su carta Riflessione acrilico su tela
1686 1682
1626 1626
1607 1609
1581 1581
1551
1527 1527
1471 1469
1343 1343
1070 1072
757 757
696 698
PR254
4 Fig. 57
Assorbanza
84
Tabella dei segnali (cm-1) dello spettro IR di PR254 steso su tela acquisito in riflessione
Riflessione olio su tela
1647
1607
1488
1425
846
825
757
713
514
432
Arancioni
PO36 Fig. 58
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PO36 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
85
Riflessione acrilico su carta Riflessione acrilico su tela
2006 2004
1932 1931
1705 1703
1562
1336 1336
1140
810
PO43
Fig. 59
b
Assorbanza
86
a. Spettro IR in riflessione del pigmento commerciale ad acrilico steso su carta
b. Spettro IR in riflessione del pigmento commerciale ad acrilico steso su tela
c. Spettro IR in riflessione del pigmento commerciale ad olio steso su tela
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PO43 steso su carta e tela acquisiti in riflessione.
Rifl. acrilico carta Rifl. acrilico tela Rifl. olio tela
1698 Segnali coperti da additivi
1497
1387 1385
1355 1355
1236 1238
761 761
87
Gialli
PY3 Fig. 60
c
Assorbanza
Numero
a. Spettro IR in riflessione del d’onda
pigmento (cm-1) ad acrilico steso su carta
commerciale
b. Spettro IR in riflessione del pigmento commerciale ad acrilico steso su tela
c. Spettro IR in riflessione del pigmento commerciale ad olio steso su tela
88
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PY3 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Rifl. Acrilico carta Rifl. Acrilico tela Rifl. Olio tela
1668 1667 1670
1586
1336 1336 1336
1280
1177
752 750 750
619 619
PY83 Fig. 61
b
Assorbanza
In entrambi gli spettri i segnali del pigmento sono coperti dagli intensi segnali dell’additivo
inorganico, ossia il carbonato di calcio.
89
PY139
Fig. 62
b
Assorbanza
90
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PY139 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Riflessione alchidico su carta Riflessione alchidico su tela
1537 1539
1394 1397
1266 1266
1135 1135
1075 1075
778 778
743 743
598 598
558 556
91
Verdi
PG7 Fig. 63
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PG7 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
92
PG8 Fig. 64
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PG8 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Riflessione acrilico su carta Riflessione acrilico su tela
1605 1602
1586
825 825
750
Gli altri segnali del pigmento sono coperti da quelli dell’additivo inorganico.
93
Viola
PV19
Fig. 65
b
Assorbanza
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PV19 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
94
PV23 Fig. 66
c
Assorbanza
Numero
a. Spettro IR in riflessione d’ondacommerciale
del pigmento (cm-1) ad alchidico steso su carta
b. Spettro IR in riflessione del pigmento commerciale ad alchidico steso su tela
c. Spettro IR in riflessione del pigmento commerciale ad olio steso su tela
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PV23 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
I segnali della pittura ad alchidico su carta sono coperti da quelli della carica inorganica, cioè
carbonato di calcio.
95
Blu
PB15:1 Fig. 67
b
Assorbanza
96
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PB15:1 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Riflessione acrilico su carta Riflessione acrilico su tela
1506
1422
1333 1336
1165 1165
1121 1121
1091 1093
1072 1072
901 901
757 754
724 724
97
PB15:3
Fig. 68
c
Assorbanza
98
Tabella dei segnali (cm-1) degli spettri IR di PB15:3 steso su carta e tela acquisiti in riflessione
Rifl. acrilico carta Rifl. acrilico tela Rifl. olio tela
1334 1334 1336
1289
1123 1121 1121
1088 1088 1091
1067 1065
897 897
778 782 780
730 731 731
99
Ricerca in banca dati
Di seguito sono illustrate le tabelle delle ricerche in banca dati effettuate sulle pitture commerciali
stese su carta e tela. Come precedentemente descritto, anche in queste tabelle sono riportati i
risultati relativi ai leganti e al riconoscimento dei pigmenti, con indicazione della loro posizione, del
loro Quality Index e di quello del composto successivo, oltre che i risultati di eventuali cariche
inorganiche presenti.
Nonostante in banca dati non fosse presente come legante di riferimento la resina alchidica, è
stato comunque effettuato un tentativo di ricerca per l’eventuale riconoscimento del pigmenti, come
riportato in tabella.
100
Tabella 5- Risultati della ricerca in banca dati delle pitture commerciali ad acrilico
CAMPIONE LEGANTE ADDITIVO PIGMENTO LEGANTE ADDITIVO PIGMENTO
Acrilico Nome HIT Q.I. HIT Q.I. Acrilico Nome HIT Q.I. HIT Q.I.
tela carta
PR112 si CaCO3 1 (b) 0.79 1 (d) 0.91 si CaCO3 1 (b) 0.65 no
(0.92)
PR206 si assente 1 (c) 0.71 si assente 1 (c) 0.70
(0.82) (0.82)
PR122 si CaCO3 1 (c) 0.75 2 (c) 0.93 si CaCO3 1 (c) 0.79 1 (d) 0.90
(0.94) (0.91)
PO36 si (d) CaCO3 1 (a) 0.87 1 (b) 0.89 si no 1 (e) 0.92
(0.93) (0.94)
PO43 si assente 1 (b) 0.80 si assente 1 (b) 0.80
(0.88) (0.86)
PY3 si CaCO3 1 (b) 0.58 3 (d) 0.87 si CaCO3 1 (c) 0.55 1 (d) 0.82
(0.90) (0.95)
PY83 si CaCO3 1 (c) 0.64 5 (d) 0.89 si CaCO3 1 (c) 0.87 no
(0.90)
PG7 si CaCO3 1 (b) 0.72 no si CaCO3 2 (b) 0.90 no
PG8 si CaCO3 1 (c) 0.69 1 (d) 0.86 si CaCO3 1 (c) 0.77 1 (d) 0.79
(0.88) (0.89)
PV19 si CaCO3 1 (b) 0.59 no si CaCO3 1 (b) 0.51 No
PB15:1 si assente 1 (c) 0.62 si assente 1 (c) 0.66
(0.71 (0.73)
PB15:3 si CaCO3 1 (c) 0.80 1 (d) 0.73 si CaCO3 1 (c) 0.81 1 (d) 0.73
(0.83) (0.90)
Tabella 6 - Risultati della ricerca in banca dati delle pitture commerciali ad olio
CAMPIONE LEGANTE ADDITIVO PIGMENTO
Olio tela Nome HIT Q.I. HIT Q.I.
PR112 si CaMg(CO3)2 1 (c) 0.63 1 (d) 0.79
(0.88)
PR254 no BaSO4 1 (a) 0.71 1 (d) 0.75
(0.86)
PO43 si CaCO3 1 (c) 0.61 no
PY3 si (f) no 1 (a) 0.69
(0.91)
PG7 si CaMg(CO3)2 1 (c) 0.50 1 (d) 0.84
(0.93)
PV23 si (d) CaCO3 1 (a) 0.80 no
PB15 si CaMg(CO3)2 1 (c) 0.69 1 (d) 0.73
(0.94)
Tabella 7- Risultati della ricerca in banca dati delle pitture commerciali ad alchidico
CAMPIONE LEGANTE ADDITIVO PIGMENTO LEGANTE ADDITIVO PIGMENTO
Alch. tela Nome HIT Q.I. HIT Q.I. Alch. carta Nome HIT Q.I. HIT Q.I.
PY139 no no si (b) 0.74 no no si (b) 1
(0.70)
PV23 no CaMg( 1 0.67 no no CaMg( 1 0.71 no
CO3)2 CO3)2
(b) (a)
101
Analisi FTIR in riflessione e Raman in situ
Come studio preliminare a quello delle opere di Enrico Baj e Lucio Fontana, pittori appartenenti ad
un periodo di transizione e di sperimentazione di nuove tecniche espressivo-artistiche e di nuovi
materiali, si mostrano i risultati ottenuti dalle analisi svolte su un quadro del 1947 della collezione
Boschi Di Stefano, del quale viene dichiarata la tecnica esecutiva.
Aldo Bergolli
Fig. 70
Blu (punti 1, 2 e 3)
a
Assorbanza
102
Fig. 71
b
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
103
Fig. 72
Verde (punti 4, 5 e 6)
b
Assorbanza
2200 2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400
104
Fig. 73
c
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
a
Assorbanza
105
Fig. 75
b
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
d
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
a
Assorbanza
Fig. 78
b
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
a
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
108
Viola (punti 13 e 14)
Fig. 80
a
Assorbanza
b
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
109
Nero (punto 15)
Fig. 82
a
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
Aldo Bergolli
Blu (punti 1, 2 e 3) – In tutti i punti esaminati è stato possibile individuare l’uso di blu oltremare
(Na6Al4Si6S4O20) come pigmento, ciò dimostrato nello spettro FTIR in riflessione dell’area
corrispondente al punto 1 dalle bande a 1000 e a 450 cm-1 (Testa, 2014) e negli spettri Raman dei
punti 2 e 3 dal segnale a ~ 546 cm-1 (Clark, 1997) Le restanti bande a 1160, 682 e 614 cm-1
presenti nello spettro IR sono da attribuire a un solfato, con maggiore probabilità di calcio, mentre
la ricerca in banca-dati permette di confermare l’uso di olio come legante (è questa in effetti la
tecnica indicata in catalogo).
Giallo (punti 7, 8 e 9) – Lo spettro Raman ottenuto sul punto 8 mostra bande corrispondenti alla
presenza di cinabro HgS, in particolare a 253, 287 e 346 cm-1, coerentemente con il fatto che si
tratta di una tonalità di giallo più scura rispetto a quella dei punti 7 e 9, i cui spettri Raman non
presentano segnali significativi.
Sul punto 9 è stato acquisito anche lo spettro FTIR in riflessione, nel quale peraltro sono
riconoscibili bande tra 1150 e 1050 cm-1 attribuibili a un solfato usato come carica, e una banda
larga centrata a ~ 660 cm-1 che potrebbe suggerire la presenza di un bianco di titanio TiO2. Non è
stato identificato il legante, mentre si osserva la presenza significativa di ossalato, presumibilmente
di zinco, dimostrata dalle bande a 1660, 1367, 1324 e 825 cm-1.
Arancione (punto 10) – Lo spettro FTIR registrato sull’area corrispondente a questo punto è
sostanzialmente analogo a quello ottenuto sull’area di colore giallo corrispondente al punto 9 e
descritto più sopra. Non si sono quindi ottenute da questo spettro evidenze legate al pigmento/i
utilizzato/i o al legante.
Lo spettro Raman mostra però chiaramente la presenza di HgS cinabro, in maggior quantità
rispetto a quella rilevata nel punto 8, di colore giallo scuro.
Rosso (punto 11) e rosa (punto 12) – Lo spettro Raman ottenuto su questa micro-area mostra
chiaramente che il pigmento rosso utilizzato è cinabro HgS presente anche, sia pure in minor
quantità, nell’area di colore rosa. È interessante osservare che nei colori chiari, tipicamente rosa o
azzurro, non è stato possibile riscontrare nello spettro Raman le bande tipiche del pigmento bianco
sicuramente utilizzato per schiarirli: ciò porterebbe ad escludere l’uso di un bianco di titanio, le cui
bande Raman risultano piuttosto intense per entrambe le forme anatasio e rutilo.
Viola (punto 13 e punto 14) – Nel dipinto sono presenti due tonalità di viola differenti. Sulla prima,
più chiara e corrispondente al punto 13, è stato registrato lo spettro FTIR in riflessione, in cui sono
riconoscibili le bande dovute ad ossalati come prodotti di degrado e a un solfato non identificato
con maggior precisione ed usato come carica. La ricerca in banca-dati permette di confermare l’uso
di olio come legante. Resta non assegnata la banda intensa e larga situata a ~ 620 cm-1.
Sulla seconda tonalità, più scura e corrispondente al punto 14, si è ottenuto lo spettro Raman, in
cui sono chiaramente riconoscibili le bande dovute al cinabro HgS.
Nero (punto 15) – L’area di colore nero esaminata ha restituito uno spettro Raman, nel quale si
rileva in realtà il segnale più intenso del blu oltremare a 546 cm-1, probabilmente mescolato con un
pigmento nero di cui però non osserviamo bande, sicché sembra si possa escludere che si tratti di un
nero a base di carbone.
111
Tabella 8- Osservazioni sugli spettri FTIR in riflessione e Raman acquisiti sul quadro
Paesaggio di Aldo Bergolli
Di seguito viene riportata una tabella della ricerca in banca dati eseguita sul quadro Paesaggio
(1947) di Aldo Bergolli. In essa sono presenti i risultati per quanto riguarda il riconoscimento
dell’olio come legante, l’eventuale presenza di pigmenti bianchi, con relativa posizione e Quality
Index, ed usati per schiarire le tonalità più scure, la presenza di additivi e, dove possibile, il
riconoscimento del pigmento.
112
Tabella 9- Risultati della ricerca in banca dati degli spettri FTIR del quadro di Aldo Bergolli
113
(1) Paesaggio atomizzato, 1957 (Baj35)
2200 2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400
114
Fig. 84
b
u.a.
2100 2000 1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600
115
Fig. 86
b
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
116
Neri (punti 4, 5, 6) Fig. 88
c
Assorbanza
117
Marrone chiaro (punto 7, 8) Fig. 89
Assorbanza
118
(2) Personaggio nella montagna, ca 1958 (Baj36)
Arancione (punto 1)
Fig. 90
a
Assorbanza
119
Blu (punto 2) Fig. 91
a
Assorbanza
2200 2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400
120
Neri (punti 3, 4, 5, 6) Fig. 92
d
Assorbanza
121
Marrone (punto 7) Fig. 93
a
Assorbanza
122
Verde (punto 8 e 9) Fig. 94
a
Assorbanza
123
Rosso (punto 10) Fig. 95
a
Assorbanza
124
Giallo (punto 11)
Fig. 96
a
Assorbanza
b
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
126
Blu (punto 1) Fig. 99
Assorbanza
2200 2000 1800 1600 1400 1200 1000 800 600 400
127
Nero (punti 2, 3 e 4) Fig. 100
c
Assorbanza
128
Marrone (punto 5) Fig. 101
a
Assorbanza
b
Assorbanza
a
Assorbanza
130
Verde (punto 9 e 10)
Fig. 104
b
Assorbanza
131
Bianco (punti 11 e 12)
Fig. 105
Assorbanza
Fig. 106
b
u.a.
1900 1800 1700 1600 1500 1400 1300 1200 1100 1000 900 800 700 600 500 400 300 200
132
Opere di Enrico Baj
Azzurro (punto 1) – Nello spettro FTIR in riflessione (fig. 83) sono evidenti i segnali a 2097 e 500
cm-1 dovuti al pigmento blu di Prussia PB27 KFe[Fe(CN)6], la cui presenza è dimostrata anche dal
debole picco Raman a 2150 cm-1. (Testa, 2014; Clark, 1997)
Si osservano poi bande relativamente deboli a 1440 e 730 cm-1 attribuite a carbonato di calcio e
magnesio presente come additivo. I segnali a 1158 e 1113 cm-1 possono invece essere dovuti alla
presenza di solfato di calcio, sempre come additivo, in uno stato di idratazione che non può essere
definito con precisione (Rosi, 2010).
La ricerca in banca dati ha permesso di riconoscere, dopo sottrazione dello spettro del pigmento
blu, anche il bianco di titanio TiO2, presumibilmente usato per schiarire il colore.
Dopo ulteriore sottrazione dello spettro di tale pigmento bianco, viene identificato un possibile
legante acrilico. Riteniamo però tale attribuzione non corretta poiché l’osservazione dello spettro
suggerisce piuttosto l’uso di un colore ad olio, indicato in particolare dalle bande strette a 2918 e
2854 cm-1 nonché dall’assenza della spalla a 4405 cm-1 che, nella zona delle overtone, caratterizza
lo spettro dell’acrilico.
Verde (punto 3) – Lo spettro FTIR in riflessione mostra un’evidente banda a 1146 cm-1 con spalla a
1121 cm-1 che, assieme alla coppia di bande più deboli a 680 e 616 cm-1, suggerisce l’utilizzo di un
pigmento commerciale contenente come additivo CaSO4 anidro o parzialmente idrato (Rosi, 2010).
Sono ancora ben riconoscibili le bande già citate associate alla presenza di ossalati, mentre non è
stato possibile identificare il pigmento. Il corrispondente spettro Raman è infatti nascosto
dall’emissione di fluorescenza, mentre non si osservano nello spettro FTIR bande caratteristiche del
pigmento stesso. Solo due segnali piuttosto deboli a 510 e 460 cm-1 potrebbero suggerire l’uso di un
pigmento verde di natura inorganica, ma non si può escludere che siano da associare al pigmento
bianco, possibilmente ossido di zinco, utilizzato per lo sfondo su cui è stato steso il colore verde. In
133
effetti la ricerca in banca-dati riconosce l’ossido di zinco ZnO, oltre ad indicare l’uso di olio come
legante (Tabella 11).
Nero (punti 4, 5, 6) – Lo spettro FTIR, in particolare sui punti 4 e 6, mostra una notevole
corrispondenza con lo spettro, ottenuto sempre in riflessione, del solfato di ammonio (NH4)2(SO4),
come evidenziato dalle bande a 3250, 3053, 1426, 1106 e 623 cm-1. In particolare, lo spettro
ottenuto sul punto 5 suggerisce anche il possibile contributo di Fe(NH4)2(SO4)2∙6H2O, come
indicano i segnali a 3260 e 1151 cm-1. La presenza di solfato di ammonio potrebbe essere associata
a un fenomeno di degrado, tuttavia non si può escludere che essa derivi dalla modalità di
preparazione del particolare pigmento utilizzato, che potrebbe essere un nero a base di ferro. È
interessante osservare che solfato di ferro e ammonio e solfato di zinco e ammonio sono stati
identificati mediante XRD sulla superficie di un marrone a base di ossido di ferro nel dipinto
“L’homme” di Karel Appel del 1953 (Burnstock et al., 2007). L’analisi FTIR in riflessione sembra
porti ad escludere l’utilizzo di un nero a base di bitume o di pece greca, in contrasto con quanto
dichiarato dall’artista (Tibiletti, 2001).
La ricerca in banca-dati indica l’uso di un colore a olio nel punto 5 ma non è in grado di
identificare il legante negli altri punti analizzati. Peraltro si può pensare all’utilizzo di olio come
legante per la presenza, in tutti e tre gli spettri, delle bande a 2918 e 2855 cm-1. Inoltre, osservando
la zona delle overtone degli spettri dei punti 4 e 6 e dell’olio di riferimento si più ipotizzare
l’utilizzo di questo come legante anche in questi.
Marrone chiaro (punti 7, 8) – Lo spettro FTIR ottenuto in riflessione su questi due punti mostra lo
stesso andamento osservato per le aree di colore nero e discusso nel paragrafo precedente. Nella
ricerca in banca dati il legante individuato è l’acrilico ma, dopo sottrazione dello spettro del solfato
di ammonio, riteniamo questo risultato scarsamente attendibile perché in entrambi gli spettri sono
evidenti le bande a 2924 e 2855 cm-1 dell’olio e nella regione delle overtone non compare la
spalla tipica del legante acrilico a 4405 cm-1 e dunque si può pensare piuttosto all’uso dell’olio
come legante.
Bianco (punto 9) – In questo caso si è utilizzata la spettroscopia Raman per riconoscere l’eventuale
utilizzo di TiO2 biossido di titanio, che nelle sue forme anatasio e rutilo dà spettri Raman molto
intensi. Lo spettro è risultato sempre dominato dal segnale di fluorescenza e non si è osservata
alcuna banda Raman ad esso sovrapposta.
134
(2) Personaggio nella montagna, ca. 1958 (Baj36)
Blu (punto 2) – Anche in questo caso, come nel dipinto precedente, si osservano le bande IR
caratteristiche del blu di Prussia a 2097 e 500 cm-1, accanto ad un segnale a 1160 cm-1 dovuto
presumibilmente a CaSO4 in diversi gradi di idratazione e alle bande caratteristiche dell’ossalato di
calcio a 1620 e 1325 cm-1.
La ricerca in banca dati riconosce l’uso di olio come legante.
Marrone (punto 7) – Lo spettro FTIR mostra bande a 1170, 670, 628 e 608 cm-1 riconducibili a
CaSO4 variamente idrato utilizzato come additivo (la ricerca in banca-dati in particolare identifica
la presenza di gesso). L’indicazione dell’utilizzo di terre si desume dai segnali a ~ 895 e 788 cm -1
che caratterizzano la goethite (o limonite) FeO(OH) (Bikiaris, 1999).
La ricerca in banca-dati indica l’uso di un colore a olio.
Verde (punto 8 e 9) – Le due aree di colore verde analizzate hanno restituito spettri FTIR analoghi,
in cui si riconosce l’uso di un colore a olio mediante la ricerca in banca-dati, nonché la presenza di
gesso CaSO4∙2H2O come additivo, associata alle bande a 1150, 1123, 670 e ~ 615 cm-1.
135
Bande possibilmente dovute al pigmento si osservano nello spettro FTIR a 1065 e 1044 cm -1 e
nello spettro Raman a 690 cm-1, ma non consentono un’identificazione precisa, anche se il numero
d’onda del segnale Raman potrebbe suggerire l’impiego di un pigmento inorganico quale un ossido.
Rosso (punto 10) – Evidenti nello spettro FTIR sono le bande caratteristiche di BaSO4 a 1184,
1116, 1084, 986, 636 e 610 cm-1. L’uso di questo additivo è spesso associato ai rossi a base di
cadmio. Nello spettro Raman però si osservano, sebbene sovrapposte a un intenso segnale di
fluorescenza, bande deboli a ~ 1570, 1508, 1334 e 1177 cm-1, che potrebbe suggerire anche un
pigmento rosso della famiglia dei naftoli.
Non è stato possibile stabilire con certezza se sia un olio oppure un legante acrilico, ma
l’osservazione delle bande overtone degli spettri del punto 10 e dell’olio di lino permette di
ipotizzare l’uso di quest’ultimo come legante .
Giallo (punto 11) – Lo spettro FTIR in riflessione ottenuto su quest’area del dipinto mostra un
rapporto segnale/rumore piuttosto scarso. La ricerca in banca-dati ha permesso di riconoscere l’olio
come legante e BaSO4 come additivo. Il segnale stretto e piuttosto intenso a ~ 1540 cm-1 suggerisce
la presenza di carbossilati come prodotti di degrado.
Non è stato possibile osservare alcun segnale Raman.
Bianco (punti 12 e 13) – Sull’area di colore bianco individuata dal punto 12 è stato acquisito lo
spettro FTIR in riflessione, anche questo come il precedente con un ridotto rapporto
segnale/rumore. È comunque possibile riconoscere la presenza di gesso CaSO4∙2H2O, in base al xle
bande a 1145, 1023, 680 e 603 cm-1, e di bianco di zinco ZnO, caratterizzato dal segnale largo a 440
cm-1. La qualità dello spettro non ha permesso di riconoscere con certezza il legante utilizzato
supponendo però che si tratti di olio, in base all’osservazione della regione delle overtone.
Sull’area corrispondente al punto 13, invece, è stato acquisito lo spettro Raman, in cui sono
riconoscibili i segnali del bianco di zinco a 437 cm-1 (Clark, 1997) e del solfato di bario BaSO4 a
987 cm-1 (Clark, 1997).
Blu (punto 1) – Lo spettro FTIR risulta di difficile interpretazione. È ben riconoscibile l’uso del blu
di Prussia, grazie alla banda intensa a 2091 cm-1, nonché la presenza di ossalati a cui si devono le
bande attorno a 1640 cm-1 e a 1375 e 1328 cm-1. Presumibilmente, in base alla forma delle bande a
2924 e 2855 cm-1 e all’assenza della spalla specifica dell’acrilico a 4405 cm-1 nella zona delle
overtone, il legante è olio, il cui uso è indicato anche dalla ricerca tramite software. Rimangono
tuttavia non assegnate numerose bande intense osservate nello spettro, in particolare a 1150, 1105,
1068, 1048, 628 e 568 cm-1. Si noti peraltro che questi ultimi due segnali si ritrovano anche nello
spettro ottenuto su un’area di colore nero e che la regione blu qui esaminata è effettivamente
sovrapposta ad un fondo nero. Pertanto essi potrebbero essere dovuti al colore sottostante
Nero (punti 2, 3 e 4) – In tutti e tre le aree analizzate l’artista ha utilizzato un colore basato su di una
resina alchidica oleomodificata, come ben evidenziato dalle bande IR caratteristiche a 1263, 1164,
1072, 744 e 707 cm-1. Come già per due aree di colore nero del dipinto precedentemente esaminato,
136
si rileva la presenza di blu di Prussia, dimostrata dai segnali a 2092 e 500 cm -1. Le bande a 3300,
3100, 1115, 630 e 564 cm-1, particolarmente evidenti nello spettro ottenuto sull’area corrispondente
al punto 2, sembrano indicare anche solfati di ammonio e ioni metallici, analogamente a quanto
osservato per i dipinti precedenti. Non è tuttavia stato possibile assegnare il picco a 935 cm-1.
Marrone (punto 5) – L’area analizzata restituisce bande IR a 540 e 475 cm-1 caratteristiche
dell’ematite -Fe2O3, mentre i segnali a 1150 e 1040 cm-1 possono essere attribuiti a una
componente silicatica non meglio identificata. Ipotizziamo quindi che il pigmento sia un’ocra
sintetica. Risulta più difficoltoso il riconoscimento del legante, in quanto la forma delle bande
osservate a 2930 e 2860 cm-1 suggerisce che si tratti di olio sebbene la ricerca via software
riconosca invece un legante acrilico.
Rosso (punti 6 e 7) – Lo spettro FTIR in riflessione ottenuto sulle aree corrispondenti a questi punti
è dominato dalle bande di BaSO4 a 1155, 1120, 1080, 640 e 612 cm-1: questo composto viene
riconosciuto anche nella ricerca via software, sulla base della quale si ipotizza inoltre l’utilizzo di
un legante acrilico. Tuttavia il riconoscimento non è attendibile, in quanto avviene dopo sottrazione
del solfato di bario. Inoltre l’osservazione della regione delle “overtone” degli spettri 6 e 7 con
quella dell’olio di lino potrebbe far pensare all’uso di questo come medium. Sono presenti anche
carbonati di calcio e probabilmente magnesio, come mostrato dalla banda larga a ~ 1460 cm-1 e a
875 e 854 cm-1. Nel punto 6 si osserva anche la presenza di ossalato di calcio (bande a 1630 e 1320
cm-1).
Nell’area corrispondente al punto 6, il software di ricerca individua il possibile impiego di PR3
come pigmento rosso. Non è stato possibile confermare questa attribuzione tramite spettroscopia
Raman a causa dell’elevata fluorescenza osservata.
Giallo (punto 8) – Quest’area mostra uno spettro FTIR in cui sono evidenti il segnale intenso e
largo a 460 cm-1, da attribuire alla presenza di bianco di zinco, e le bande a 1600 e 1326 cm -1
presumibilmente dovute a ossalato di calcio come prodotto di degrado. Le bande a 2930, 2860 e
1711 cm-1 sembrano indicative dell’utilizzo di olio come legante, sebbene non sia stato possibile
riconoscerlo tramite ricerca in banca dati poiché quest’ultima non comprende al momento lo spettro
FTIR dell’ossalato di calcio.
Verde (punti 9 e 10) – In entrambi gli spettri FTIR di queste aree di colore verde sono evidenti i
segnali dovuti a BaSO4 (si veda sopra), nonché una coppia di bande intense a 560 e 486 cm-1
attribuibili a ossido di cromo idrato Cr2O3∙2H2O, o viridian (verde ossido di cromo trasparente),
utilizzato come pigmento verde. Si osservano poi i segnali dovuti a ossalato e carbonato di calcio,
mentre la ricerca in banca-dati ha permesso di riconoscere l’uso di olio come legante nell’area
associata al punto 10 (probabilmente lo spettro relativo al punto 9 ha un rapporto segnale/rumore
più scarso e quindi non ha dato un risultato soddisfacente per quanto riguarda l’identificazione del
legante).
Bianco (punti 11 e 12) – Sull’area di colore bianco corrispondente al punto 11 è stato acquisito lo
spettro FTIR in riflessione che permette di riconoscere l’uso di bianco di zinco ZnO come pigmento
(banda larga a 450 cm-1) e, tramite ricerca via software, di olio come legante. Si osservano poi
segnali dovuti presumibilmente ad ossalati e a gesso.
137
Sull’area corrispondente al punto 12 si è ottenuto uno spettro Raman , che mostra bande a 1612,
1485, 980, 465 e 381 cm-1 al momento non assegnate.
Tabella 10- Osservazioni sugli spettri FTIR in riflessione e Raman acquisiti sul quadro
Paesaggio atomizzato (Baj35) di Enrico Baj
Tabella 11- Risultati della ricerca in banca dati degli spettri FTIR del quadro Paesaggio
atomizzato di Enrico Baj
Tabella 12- Osservazioni sugli spettri FTIR in riflessione e Raman acquisiti sul quadro
Personaggio nella montagna (Baj36) di Enrico Baj
Tabella 13- Risultati della ricerca in banca dati degli spettri FTIR del quadro Paesaggio
atomizzato di Enrico Baj
140
Tabella 14- Osservazioni sugli spettri FTIR in riflessione e Raman acquisiti sul quadro
Agitatevi, pietre e montagne! (Baj37) di Enrico Baj
141
Tabella 15- Risultati della ricerca in banca dati degli spettri FTIR del quadro Agitatevi, pietre
e montagne! di Enrico Baj
142
Allo scopo di confrontare gli spettri FTIR in riflessione dei punti di colore nero e marrone, sopra
discussi, e per lo studio dei tipi di materiali impiegati in suddette aree, di seguito di presenta lo
spettro acquisito su un’area di colore marrone di un quadro eseguito da un artista coevo ad Enrico
Baj.
Cesare Peverelli
Marrone (punto 1)
Fig. 107
a
Assorbanza
Marrone (punto 1) – Lo spettro FTIR in riflessione suggerisce, per effetto delle due bande intense a
1460 e 1380 cm-1, il possibile utilizzo di una pece o di un bitume (Derrick 1989;van der Maler
1976). La prima sarebbe caratterizzata anche da una banda altrettanto intensa a ~ 1700 cm -1
(Derrick). Nello spettro in esame si osserva un segnale forte a 1720 cm-1, sulla base del quale la
ricerca via software individua la presenza di olio. Tuttavia potrebbe trattarsi della banda associata ai
gruppi carbonilici di una pece quale la colofonia, spostata a causa della modalità di misura in
riflessione.
143
Lucio Fontana
Beige (punto 1)
Fig. 108
a
Assorbanza
144
(2) Concetto spaziale, 1957 (dipinto 5)
Marrone (punto 1)
Nero (punto 2)
Fig. 109
b
Assorbanza
Ocra (punto 1)
Fig. 110
a
Assorbanza
Nero (punto 1)
Fig. 110
Assorbanza
147
(5)Concetto spaziale. Attese, 1959 (dipinto 7)
Bianco (punto 1)
Fig. 111
Assorbanza
148
(6)Concetto spaziale. Attese, 1959-60 (dipinto 8)
Fig. 112
Assorbanza
149
(1) Concetto spaziale, ca 1951 (dipinto 1)
Beige (punto 1)- Si osservano nello spettro FTIR le bande tipiche di un materiale proteico a ~ 1650,
1540 e 1450 cm-1. Una coppia di bande di debole intensità a 1074 e 1045 cm-1 è possibilmente
attribuita ad un silicato e si potrebbe ipotizzare di associarle ad un’ocra utilizzata per ottenere il
colore tenue mostrato dal dipinto.
Marrone (punto 1) e nero (punto 2)- La ricerca in banca-dati porta ad ipotizzare l’uso di colori
acrilici sia per il nero che per il marrone. Non è purtroppo possibile supportare questa ipotesi
mediante l’osservazione delle bande armoniche caratteristiche dei vari leganti, poiché la
corrispondente regione spettrale risulta non leggibile per i colori di questo dipinto probabilmente a
causa dell’intenso assorbimento da essi presentato nella limitrofa regione del visibile.
Ocra (punto 1)- Lo spettro osservato è del tutto analogo a quello acquisito per il dipinto 1.
Nero (punto 1)- La superficie nera del dipinto dà luogo a bande IR caratteristiche del carbonato di
calcio a 1420, 875 e 712 cm-1, e del gesso CaSO4·2H2O a 3540, 3420, 1152, 676 e 605 cm-1. Poiché
non si osservano segnali attribuibili al pigmento nero si può ipotizzare che si tratti di un nero a base
di carbone.
Bianco (punto 1)- Lo spettro FTIR mostra bande a 1185, 1127, 1087, 638 e 610 cm -1 che indicano
la presenza di bianco fisso BaSO4, riconosciuto anche dalla ricerca in banca-dati. Il segnale largo tra
800 e 500 cm-1 è invece attribuito a bianco di titanio TiO2, possibilmente nella forma anatasio. Si
può riconoscere anche la presenza di CaCO3 presumibilmente a granulometria fine per le intense
bande armoniche a controllare valori e 1790 cm-1.
La banda intensa a 1240 cm-1 consente di ipotizzare l’impiego di un legante vinilico, confermato
anche dall’andamento caratteristico nella regione delle bande di “overtone” e di combinazione dove
si osservano segnali a 4420, 4330 e 4210 cm-1 (Rosi, 2015).
Azzurro chiaro (punto 1)- Sulla superficie di questo dipinto è stato ottenuto uno spettro FTIR in
riflessione del tutto simile a quello già discusso per il dipinto 7. Non è stato possibile riconoscere il
pigmento responsabile del colore azzurro.
150
Tabella 16- Osservazioni sugli spettri FTIR in riflessione acquisiti sui quadri di Lucio
Fontana
151
Tabella 17- Risultati della ricerca in banca dati degli spettri FTIR dei quadri di Lucio
Fontana
152
Conclusioni
Le analisi compiute in laboratorio tramite la tecnica FTIR in riflessione su stesure di pigmenti
sintetici, realizzate utilizzando come legante olio o Primal AC-33 e come supporto tela o carta,
hanno dato risultati soddisfacenti quanto al riconoscimento di entrambi i componenti. Tale
riconoscimento è stato possibile mediante ricerca via software nella banca-dati costruita nel nostro
laboratorio e contenente gli spettri FTIR in trasmissione e in riflessione dei pigmenti puri e gli
spettri FTIR in riflessione di stesure dei soli leganti.
La successiva analisi, effettuata con la stessa metodologia sulle stesure di colori commerciali, ad
olio, acrilici ed alchidici, ha evidenziato il problema del contributo alla risposta spettrale delle
cariche sovente contenute nelle formulazioni di tali colori, quali ad esempio solfato di bario,
carbonati di calcio o di calcio e magnesio, gesso, silicati, ecc. Di conseguenza, per poter riconoscere
i componenti di questi prodotti commerciali si è provveduto ad integrare la banca-dati con gli spettri
FTIR in trasmissione e in riflessione dei composti usati come carica. Ciò ha permesso nella
maggioranza dei casi di ottenere buoni risultati nel riconoscimento dei pigmenti e dei leganti (con
la sola eccezione del legante alchidico per il quale non disponiamo al momento di uno spettro di
riferimento).
Il trasferimento della metodologia sviluppata in laboratorio all’analisi in situ su opere
contemporanee, in particolare i dipinti di Enrico Baj e Lucio Fontana appartenenti alla Collezione
Boschi Di Stefano, ha portato a risultati nel complesso per quanto riguarda il riconoscimento dei
materiali, pur evidenziando al tempo stesso alcune problematiche.
In particolare, la scelta di partire dall’analisi in museo del quadro Paesaggio (1947) di Aldo
Bergolli, la cui tecnica di esecuzione è effettivamente quella dichiarata, ha permesso di
comprendere le maggiori difficoltà che si possono incontrare nello studio di opere appartenenti ad
un periodo posteriore, corrispondente agli anni ’50 del Novecento, in cui operarono appunto gli
artisti Enrico Baj e Lucio Fontana. Tali artisti, spinti dalle scoperte tecnico-scientifiche dell’epoca,
oltre a sperimentare nuovi modi di espressione artistica, si cimentarono nell’uso di materiali
innovativi, che erano stati brevettati nell’arco del XX secolo e che iniziavano a diffondersi
commercialmente. Queste sostanze spaziano dai pigmenti organici ed inorganici di nuova sintesi
fino ai leganti sintetici, che coprono una vasta gamma di prodotti, tra cui resine acriliche,
alchidiche, poliviniliche. Essi peraltro continuarono ad usare anche materiali più tradizionali, ad
esempio l’olio come medium pittorico.
Nel corso delle analisi si è tra l’altro avuto modo di riscontrare discrepanze tra le dichiarazioni
degli artisti per ciò che riguarda i materiali d’impiego, la cui vera natura spesso non era
completamente chiara nemmeno agli artisti stessi, e i prodotti effettivamente rinvenuti. Una simile
situazione si è presentata in particolare per i quadri realizzati da Enrico Baj.
Oltre alla difficoltà nell’identificazione derivante dall’ampia varietà dei pigmenti e leganti
utilizzati dagli artisti, nel corso delle analisi non invasive in situ si sono presentate problematiche
legate alle caratteristiche chimiche e fisiche dei materiali sottoposti allo studio. In particolare,
nell’analisi FTIR in riflessione la superficie non totalmente riflettente dei quadri in taluni casi non
ha permesso di ottenere spettri con un rapporto segnale/rumore ottimale, mentre nell’analisi Raman
utilizzata come tecnica complementare alcuni spettri sono risultati essere coperti dal segnale di
fluorescenza, quest’ultima legata al naturale invecchiamento dei materiali, che perciò si presenta già
consistente anche dopo alcuni decenni dall’esecuzione delle opere.
153
Altri problemi riscontrati nel riconoscimento dei materiali sono stati dovuti alla compresenza di
composti quali additivi inorganici e prodotti di degrado, che richiede un’ulteriore integrazione della
banca-dati con i relativi spettri di riferimento.
Tuttavia, nonostante le problematiche descritte in precedenza, le analisi hanno dato risultati
soddisfacenti, sia per quanto concerne le opere di Baj che quelle di Fontana, ai fini
dell’identificazione dei leganti e dei pigmenti inorganici. Maggiori difficoltà si sono riscontrate
invece nel riconoscimento di possibili pigmenti organici, ad esempio blu e verdi di ftalocianina, di
cui viene ipotizzato l’uso nei dipinti esaminati.
Più in dettaglio, nel Ciclo delle Montagne di Enrico Baj l’analisi FTIR ha permesso di confermare
l’impiego di olio come legante per la maggior parte dei colori. Si è inoltre dimostrato l’utilizzo di
blu di Prussia PB27 KFe(CN)6 per i blu (indicato anche dall’analisi Raman), mentre lo stesso
pigmento è stato riconosciuto anche come componente di alcuni neri. Questi ultimi hanno
invariabilmente restituito però lo spettro IR di solfati di ammonio e di ferro e ammonio, che si
suppone possano essere prodotti di degrado, non escludendo però che siano associati anche alla
preparazione del colore che, diversamente dalle affermazioni dell’artista, almeno in questi dipinti
non risulta essere a base di pece greca o bitume. Una di queste sostanze è invece stata usata molto
probabilmente nell’area di colore bruno del dipinto di Cesare Peverelli della stessa collezione, che è
stato esaminato come confronto. Proprio in talune aree di colore nero dei dipinti di Baj, inoltre, è
stata rinvenuta resina alchidica usata come legante (si tratta presumibilmente dello smalto
menzionato dallo stesso artista a proposito dei neri, oltre alla già citata pece greca). Quanto agli altri
colori, è stato possibile identificare ocra, presumibilmente sintetica, per i marroni, verde ossido di
cromo Cr2O3∙2H2O per un verde e in genere bianco di zinco ZnO per i bianchi. Non è stato
possibile individuare bande caratteristiche dei pigmenti rossi e gialli, i cui spettri sono dominati
dalle bande del solfato di bario BaSO4 usato come carica, sebbene proprio la presenza di
quest’ultimo suggerisca che si possa trattare di rossi e gialli di cadmio (solfuri e seleniuri di tale
elemento), in genere diluiti con questo composto. Infine, in alcuni spettri acquisiti su questa serie di
opere è stata confermata la presenza di prodotti di degrado e alterazione, quali ossalati e
carbossilati, che molto probabilmente in più casi non hanno permesso il riconoscimento tramite
ricerca in banca-dati del legante e possibilmente anche del pigmento. In tali casi, l’identificazione è
stata comunque spesso resa ugualmente possibile dall’assegnazione delle diverse bande osservate
nello spettro.
Le analisi di due dei Concetti spaziali di Lucio Fontana e appartenenti alla serie dei Buchi,
caratterizzati da un colore ocra o beige particolarmente trasparente, hanno dimostrato con certezza
la presenza di materiale proteico, possibilmente colla animale usata nella preparazione della tela,
mentre non si è avuto alcun riscontro certo per quanto riguarda il pigmento o il legante. Invece le
zone di colore marrone e nero analizzate su un altro quadro della stessa serie danno evidenza
dell’utilizzo di acrilico come medium pittorico ma non del pigmento impiegato, che in base ad altre
analisi si suppone possa essere ossido di ferro. Non è stato possibile identificare il legante usato per
il fondo nero dell’opera della serie delle Pietre, nel cui spettro FTIR si rileva solo la presenza di
carbonato di calcio CaCO3 e di solfato di calcio CaSO4∙2H2O, il che porta a supporre che il
pigmento sia un nero a base di carbone che come tale non presenta bande nella regione spettrale
considerata Infine, nei dipinti della serie dei Tagli si è potuto riconoscere l’impiego di un legante
vinilico, possibilmente PVA (polivinilacetato), e di biossido di titanio TiO2 come pigmento bianco.
Per concludere si può affermare che le analisi FTIR in riflessione effettuate in situ costituiscono
un metodo analitico valido che ci ha consentito, senza prelievo di campione, di identificare nella
154
maggior parte dei casi il medium pittorico impiegato e diversi pigmenti, sebbene una limitazione al
riconoscimento di questi ultimi, specialmente se organici, sia rappresentata dalla sovrapposizione
delle bande dovute alle cariche e dalla possibile elevata diluizione del pigmento nel medium stesso.
Il metodo si propone quindi come utile complemento alle altre tecniche di analisi non invasiva
disponibili per lo studio dei dipinti.
155
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