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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE

CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA


ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

UNIVERSIDAD DE ALMERÍA

FACULTAD DE CIENCIAS DE LA EDUCACIÓN

DEPARTAMENTO DE PSICOLOGÍA
Le caratteristiche di personalità che caratterizzano bulli
vittime e spettatori nelle istituzioni scolastiche italiane
Tesis Doctoral

Doctoranda: Dott.ssa Josefa Vanessa Sicola

Directores:
Dr. D. Jesè Jesus Gazquèz, Dott.ssa Maria del Mar Molero Jurado
Almeria, 2018

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RINGRAZIAMENTI

Un’ esperienza cosi’ importante e complessa come quella del dottorato, ha richiesto
tanta concentrazione e impegno per questo ritengo doveroso e opportuno fare dei
ringraziamenti nei confronti di coloro che in questo lungo e difficile percorso mi hanno
sostenuto e che hanno condiviso con me pene e gioie, momenti di sconforto e di ottimismo,
ma anche di felicità e soddisfazioni.

Pertanto i miei ringraziamenti vanno in primis a mio marito e ai miei figli che mi sono
stati accanto in questo cammino e che hanno condiviso con me momenti belli e meno felici;

Ai miei genitori che hanno sempre creduto in me e che mi hanno incoraggiato e


stimolato oltre che sostenuto moralmente;

Alla mia carissima amica Arianna, con la quale abbiamo iniziato l’esperienza del
dottorato e senza la quale tutto questo non sarebbe stato possibile;

Al mio professore, che è stato una guida e fonte di ispirazione preziosa al superamento
delle mie difficoltà, il suo sostegno e il suo affetto sono stati indispensabili per realizzazione
di questo studio,

A tutti gli alunni e insegnanti che con il loro contributo hanno reso possibile questa
ricerca.

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Dedica

A te, che in tutti questi anni mi sei sempre stato vicino, che mi hai sorretto nei momenti di
sconforto e sostenuto quando ne avevo di bisogno, che hai gioito assieme a me per tutti i
momenti belli e felici per i traguardi raggiunti e gli obiettivi intrapresi.

A te che sei e sarai sempre l’amore della mia vita. (mio marito).

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INDICE
RESUMEN....................................................................................................................................... 33
ABSTRACT ..................................................................................................................................... 36
RIASSUNTO ................................................................................................................................... 39
INTRODUZIONE ............................................................................................................................ 44
PARTE TEORICA
CAPITOLO PRIMO. IL BULLISMO NEL CONTESTO SCOLASTICO.............................. 48
1.1 Definizione e caratteristiche del bullismo .............................................................................. 50
1.2 Descrizione del fenomeno ...................................................................................................... 52
1.3 Bullismo a scuola ................................................................................................................... 55
1.4 I Protagonisti: Bullo, vittima e spettatori ............................................................................... 59
1.5.Le Caratteristiche di personalità. ............................................................................................ 64
1.6 Rilevanza attualità del fenomeno. .......................................................................................... 71
CAPITOLO SECONDO. LA VIOLENZA E L’AGGRESSIVITA’ A SCUOLA .................... 75
2.1 Teorie sull’origine dell’aggressività e della violenza ............................................................. 77
2.2 Principali fattori che generano e influenzano il comportamento aggressivo-violento a
scuola………………………………………………………………….…………………………81
2.3 Aggressività e bullismo .......................................................................................................... 85
2.4 La Famiglia nella sua complessità e l’importanza dei rapporti genitori-figli. ....................... 88
2.5 La scuola come luogo di relazioni e l’importanza dell’insegnante. ....................................... 92
CAPITOLO TERZO. IL RUOLO DELLA COMPONENTE EMOZIONALE NEL
BULLISMO .................................................................................................................................... 97
3.1 L’essere umano e le emozioni. ............................................................................................... 99
3.2 Adolescenti, personalità e l’importanza dell’amicizia nella lotta al bullismo. ..................... 103
3.3 L’intelligenza emotiva e la prosocialità nella lotta alla devianza......................................... 108
3.4 L’Empatia come capacità di riconoscere le proprie e le altrui emozioni e come antidoto al
bullismo. ..................................................................................................................................... 113
3.5 L’alessitimia come mancanza di empatia. ............................................................................ 117
PARTE EMPIRICA
CAPITOLO QUARTO. INTRODUZIONE .............................................................................. 123
Introduzione ............................................................................................................................... 125
CAPITOLO QUINTO. IPOTESI, OBIETTIVI E METODO……………………………......131
1. Ipotesi e obiettivi .................................................................................................................... 133
2.Metodologia ............................................................................................................................ 135
2.1 Partecipanti ........................................................................................................................... 135
2.2 Strumenti .............................................................................................................................. 138

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2.3 Procedimento........................................................................................................................ 140


2.4 Analisi dei dati ..................................................................................................................... 141
CAPITOLO SESTO. RISULTATI ............................................................................................. 143
1.Parte anagrafica Analisi descrittive e frequenze ..................................................................... 145
2. Risultati .................................................................................................................................. 150
CAPITOLO SETTIMO. DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONE ................ 167
1. Discussione dei risultati ......................................................................................................... 169
2. Conclusioni ............................................................................................................................ 182
REFERENZE BIBLIOGRAFICHE........................................................................................... 188
ALLEGATI………………………………………………………………………………………220
Scheda socio anagrafica ............................................................................................................. 221
Questionario n.1 “La mia vita a scuola” (Arora,1994; Sharp e Smith, 1995) ............................ 221
Questionario n.2 “The Neo Five Factor, Inventory dad Reducido de Cinco Factores” (NEO-FFI),
(Costa, e MC Craee, 2004) ......................................................................................................... 221
Questionario n 3 “L’interpersonal Reactivity Index” (IRI), (Davis,1980). ................................ 221
INDICE DELLE TABELLE ....................................................................................................... 222
Tavola 1 Distribuzione Campionaria- Medie e deviazioni standard e T di Student rispetto ad
età……………………………………………………………………………………...……......223
Tavola 2. Frequenza in relazione alla classe di appartenenza e alla zona di abitazione............. 223
Tavola 3. Frequenza in relazione alla composizione del nucleo familiare................................. 223
Tavola 4. Frequenza in relazione all’età e al titolo di studio dei genitori .................................. 223
Tavola 5. Frequenza in relazione all’attività lavorativa dei genitori .......................................... 223
Tavola 6. Frequenza in relazione al modo di trascorrere il tempo libero dei giovani ................ 223
Tavola 7. Frequenza in relazione alla condivisione del tempo libero ........................................ 223
Tavola 8. Frequenza in relazione alla situazione familiare ........................................................ 223
Tavola 9. Frequenza. in relazione al clima familiare ................................................................. 223
Tavola 10. Frequenza in relazione alla violenza assistita e subita. ............................................ 223
Tavola 11. Frequenza. in relazione ai contesti di violenza assistita e subita.............................. 223
Tavola 12. Frequenza in relazione a chi ha subito violenza. ...................................................... 223
Tavola 13. Frequenza. in relazione allo stato emotivo dei giovani nel vedere un amico/compagno
essere vittima di violenza ........................................................................................................... 224
Tavola 14.Frequenza. in relazione ai contesti nei quali i giovani hanno aiutato un amico/compagno
vittima di violenza ...................................................................................................................... 224
Tavola 1.1. Media e DS e T di Student delle sottoscale del questionario “La mia vita a scuola”
rispetto al genere. ....................................................................................................................... 224
Tavola 2.1. Medie e DS e T di Student delle sottoscale del questionario IRI, rispetto al genere
.................................................................................................................................................... 224

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Tavola 3.1. Medie e DS e T di Student delle sottoscale del questionario NEO-FFI, rispetto al
genere ......................................................................................................................................... 224
Tavola. 4.1. Correlazione Età e sottoscale del questionario “La mia vita a scuola” .................. 224
Tavola 4.2. Correlazione Età e sottoscale del questionario IRI ................................................. 224
Tavola. 4.3 Correlazione Età e sottoscale del questionario NEO-FFI. ...................................... 224
Tavola. 5.1 Test Anova Titolo di studio padre – sottoscale IRI . ............................................... 224
Tavola 5.2 Test Anova Titolo di studio padre – sottoscale NEO-FFI . ...................................... 224
Tavola. 6.1 Test Anova Clima familiare – sottoscale NEO-FFI ................................................ 224
Tavola. 7.1 Test Anova Violenza assistita – sottoscale “La mia vita a scuola” ......................... 224
Tavola. 7.2 Test Anova Violenza subita – sottoscale “La mia vita a scuola” ............................ 224
Tavola. 8.1 Analisi Multivariata questionari (bullismo e prosocialità, empatia – IRI - e NEO-FFI)
by questionario “la mia vita a scuola ......................................................................................... 224
Tavola. 8.2 Analisi Multivariata questionari (empatia – IRI - e NEO-FFI) by questionario IRI224
Tavola. 8.3 Analisi multivariata (Personalità) by questionario NEO-FFI.................................. 224

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RESUMEN

El presente estudio se inicia con un análisis de las relaciones entre los jóvenes adolescentes
y la violencia en la era de la post-modernidad, así como los factores socio-culturales y
personalidad que informar y definir la violencia en las relaciones íntimas.

La presente búsqueda parte del análisis de las relaciones entre jóvenes adolescentes y la
violencia en la época del postmodernità, además de de los factores socio en el antes, es
profundizado el término "bullismo", y distinguidas las formas más difusas, hasta la
caracterización de los papeles, y a la individuación de las personalidades-culturales
emocionales y personalidad que informan y definen el violencia en las relaciones entre
coetáneos.

La búsqueda esterà compuesto de una parte teórica y una parte empírica.

Posteriormente, es afrontado el tema de la violencia y la agresividad a escuela, con una


referencia a las teorías más importantes y los motivos que engendran e influencian el
comportamiento agresivo-violento a escuela; además de de la importancia y complejidad de
la familia y la escuela en la formación de los jóvenes.

Por fin la última parte afronta el tema de las emociones, y de las teorías a soporte, localizando
la importancia que ellas pueden tener sobre el adolescente y en su conducta.

El objetivo general de este estudio fue conocer la relación entre la intimidación con los
componentes emocionales y de la personalidad y las relaciones entre ellos y las variables
relacionadas con factores psicosociales y la familia, tales como la edad, el sexo y como el
mismo podría tener un efecto sobre el fenómeno en un grupo de alumnos de la escuela
secundaria de Sicilia de primera instancia el objetivo de esta investigación es, de hecho, para
observar con más detalle los factores que el adolescente percibe como el más significativo y
evidente en su contexto la vida.
En particular, este análisis tiene como objetivo investigar los elementos que definen e influir,
por un lado, la percepción de un adolescente, de concebir, y pasivo en las relaciones
significativas para él, la construcción de la identidad y la forma en que se compara con las
diferencias de género, culturales, ideológicos, sociológicos y antropológicos y el otro las
experiencias emocionales de los adolescentes con respecto a la calidad de las relaciones

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dentro de la cual se siente al estar involucrado: la relación con los padres y la relación con
sus compañeros (amigos, compañeros de clase, etc.). Además, también quería investigar
algunos componentes de la personalidad para ver la influencia que tuvieron sobre la conducta
de los jóvenes estudiantes.
Sobre la base de lo que dicho se han considerado algunas hipótesis, cuál fuera la relación
entre los jóvenes que viven en un contexto familiar caracterizado por mayor serenidad y
episodios de bullismo; si el género influencia el exordio del bullismo, si el entorno escolar
fuera principalmente aquel en que se averiguan episodios de violencia, y todavía si el género
influencia la manifestación de comportamientos empáticos, y por fin si el predominio o
menos de específicas miembro que personalidad (por ejemplo, extroversión, neurosis,
abertura, amabilidad, etc)., incida en el exordio y el cronicismo del acoso.
También se considera la hipótesis de que las dimensiones investigadas por los cuestionarios
o los estereotipos de género, las experiencias, percepciones y habilidades empáticas y la
personalidad de la muestra, pueden verse afectados de manera significativa por la calidad de
las relaciones entre el adolescente, los padres y compañeros, para que exista una correlación
significativa entre las respuestas de la muestra examinada y las relaciones que tienen con
otras.
Para verificar el presente trabajo, la escuela se centró en analizar los fenómenos asociados
al acoso escolar, por lo que se ha identificado el objetivo de investigación dentro de la
segunda y tercera clases del Instituto de Escuela secundaria de primer grado en la provincia
de Agrigento. La muestra, n ° 183 estudiantes hombre y n ° 187 estudiantes mujeres, para
un total de 370 estudiantes en el Instituto Inveges de Sciacca.
Al objetivo de notar las informaciones necesarias, han sido suministrados tres formularios:
qué han valorado muchos ámbitos relevantes conexos al objeto de estudio": La mia vita a
scuola", (Arora, 1994; Sharp y Smith,1995, dirige a indagar la calidad y cantidad de
comportamientos prepotentes y prosociali a escuela entre los adolescentes; el Interpersonal
Reactivity Index" (IRI), (Davis,1980, indaga la reactividad interpersonal y la empatía en los
adolescentes incluyendo factores cognitivos y emocionales; el inventario de Personalidad
Reducido de Cinco Factores (NEO-FFI), (Costa y Mccrae2004, indaga sobre la personalidad
del adolescente.
Por las investigaciones efectuadas, la búsqueda ha permiti

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Por las investigaciones efectuadas, la búsqueda ha permitido de delinear algunos importantes


significatività. Un primer dato significativo emergido por la búsqueda, es que la mayor parte
de los fenómenos de bullismo, ocurre a escuela lugar privilegiado por la realización de
acciones violentas y que para ser de ello principalmente implicado es además el género
masculin, los chicos tienen una mayor percepción de la violencia física con respecto de las
chicas que soy en cambio más prosociali. En línea con el análisis investigador las chicas
resultan ser principalmente empáticas, capaces de ampararse en la fantasía y de descolgarse
en los problemas de los otros.
Pues la gestión de los sentimientos y las emociones, es más sobresaliente dentro de la
población femenina más que en aquella masculina.
En ellas se halla un mayor nivel de prosocialità en términos de frases cariñosas, piropos,
gestos gentiles, generosidad, disponibilidad, cooperatività, diálogo; desdoblan a una mayor
división relacional de los mismos estados de ánimo, además de soy más propensas a utilizar
un lenguaje caracterizado por tonos afectivos y centrado sobre la emotividad. En relación a
los aspectos de personalidad ellas aparecen más responsables y más cordiales que los chicos.
La percepción de los adolescentes con respecto de él mismos y su modo de enfrentarse con
las situaciones de vida cotidiana, con las diferencias culturales, ideológicas, sociológicas y
antropológicas, de hecho correlacionan con la calidad de las relaciones entretejidas con los
padres, con los condiscípulos, y con los mismos enseñantes. En el campeón en examen se
repone que, a una mayor presencia de experimentados emotivo positivos y a un más buen
clima relacional, corresponde una menor tendencia a concebir el comportamiento violento
como solución eficaz de situaciones problemáticas; en estos casos, los recursos que emergen,
semejan ir más hacia la dirección del diálogo y la comprensión recíproca antes que hacia
comportamientos o actitudes agresiv
Los resultados de la investigación en efecto enseñan que los jóvenes que viven en un entorno
familiar con un clima sereno son más amables y menos neuróticos. La búsqueda también ha
enseñado que la extracción socio-cultural, tiene un influencia sobre el actuar mismos en
cuanto donde se haya en presencia de padres con un nivel de instrucción más elevada los
chicos se muestran más responsables en las acciones, pues padecen positivamente calidad
de las relaciones entretejidas con los padres y con los compañeros que, en este caso, semejan
proponerse como factores de protección social.

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En línea con la búsqueda tener pues algunos aspectos de personalidad puede ser un factor de
relieve sobre el fenómeno del bullismo; a tal propósito, es emergido que los sujetos con un
más alto nivel de amabilidad están en menor peligro del acoso físico y verbal y viceversa.
Además un más elevado índice de Neurosis unido a de ánimo a emotivo tendencialmente
negativos, cuales: ansiedad, depresión, melancolía, miedo, vergüenza rabia y echa el ancla
sentido de culpa, es conectado principalmente a un más elevado riesgo de acoso indirecto y
verbal.
En todo caso la miembro de nevroticismo desdobla a influir negativamente sea a nivel
emotivo sea a nivel conductual sobre el acoso.Sobre la base de los resultados deducida por
el presente estudio en conclusión podemos decir que los muchas tipologías de bullismo se
enferman recíprocamente y que poseer algunos aspectos de personalidad puede ser un factor
de riesgo.
En el panorama socio-antropológico apenas describa, aparece necesario tener en cuenta el
respeto de las diferencias, y de la dignidad específica de cada uno, y a la base del que hay la
conciencia de las propias y las ajenas emociones, la capacidad de 'leer' la propia y la ajena
intencionalidad, la capacidad de expresar acciones congruentes, de promover y sustentar
relaciones de reciprocidad, de saber descodificar y administrar los conflictos, y por fin, de
reconocer los 'tiempos' de la relación. Se pone necesario favorecer relaciones acogedoras,
dentro de los que integrar la necesidad de pertenencia y el empujón a la autonomía,
relaciones por cuyo el adolescente pueda hacer experiencia del sentido de seguridad emotiva,
fundamental para promover el resilienza, y reducir los comportamientos agresivos, y echa el
ancla informas que infundan ánimo a los jóvenes en el afrontar el peligro de las relaciones o
bien el riesgo de mostrarse al otro en la misma fragilidad y autenticidad, la incertidumbre de
venir herida de ello, y además la posibilidad de dejarse implicar en una relación significativa,
por cuyo experimentar una verdadera intimidad relacional. Al interior de esta perspectiva, la
violencia es examinada un fenómeno como multifattoriale, que implica aspectos socio-
ambientales, psicológicos, relacionales, educativos y afectivos; es expresión de la ley de la
manada, instrumento para enfrentar el propio sentido de soledad, para apetecer de tener un
papel activo en la misma vida, para contrastar el propio sentido de impotencia, el otro
relegando a papel de víctima.
De cuánto sobre expuesto para prevenir el istaurarsi de modos de pensar y de actuar
agresivos y violentos, es importante el reconocimiento y la valorización de las diferencias la

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conversión de las diferencias en recursos; la educación a la solidaridad y a la acogida, el


fomento de la autoestima, para apreciarle mismos y los otros, y mejorar la capacidad de
entrar en relación. Por el logro de estos objetivos, es necesario que escuela, familia y entorno
social, se transformen en sostenes por la formación de la identidad del chico.
Palabras clave: acoso entre jóvenes del primer ciclo, aspectos emocionales y aspectos de
personalidad.

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ABSTRACT
The present research starts from the analysis of relations between adolescents and violence
in the postmodern age, as well as emotional socio-cultural and personalities factors that
inform and define violence in peer relationships.
The research consists of a theoretical and an empirical part. In the first part the term
"bullying" is explored and, after having distinguished the most widespread forms, we arrive
at the characterization of the roles and the individuation of the personalities.
Subsequently, the theme of violence and aggression at school is addressed, with a reference
to the most important theories and the reasons that generate and influence the aggressive-
violent behavior at school; as well as that of the importance and complexity of family and
school in the formation of young people. Finally, the last part deals with the theme of
emotions and supporting theories, identifying the importance they play on adolescents and
their behavior.
The general objective of this study was to know both the relationship between bullying and
emotional and personality components, and the relationships between these and the variables
related to psychosocial and family factors (such as age, sex), and how the same could affect
the phenomenon in a group of Sicilian students of a secondary school of first degree in the
province of Agrigento. The intent is also to observe in more detail the factors that the
adolescent perceives as more pregnant and evident in his life context, carrying out an
investigation on the elements that influence on one hand the adolescent's way of perceiving,
conceiving and to be in significant relationships for him and, secondly, the emotional
experiences of adolescents with respect to the quality of relationships within which they feel
involved: the relationship with parents and the relationship with peers (friends, classmates,
etc). An in-depth analysis will follow on some components of the personality in order to
identify the influence they could have on the young people behavior.
Based on the above, some hypotheses were considered:
 If there is a connection between young people living in a family context characterized
by greater serenity and episodes of bullying;
 if the gender influences the birth of bullying;
 if the school environment is the one in which there are more episodes of violence;
 if the gender influences the manifestation of empathic behaviors and, finally

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 if the prevalence or otherwise of specific personality components (for example,


extroversion, neurosis, openness, amiability, etc.) affect the onset and chronicity of
bullying.
It also emerged that the dimensions investigated by the questionnaires on gender stereotypes,
experiences, perceptions, empathic and personality skills of the sample can be significantly
influenced by the quality of the relationships between the adolescent, parents and classmates,
such so there may be a significant correlation between the responses of the sample examined
and the relationships they have with others.
To verify this research, the school environment was chosen as the study focus, identifying,
as a target, the students of the second and third classes of the Secondary State School in the
province of Agrigento. Specifically, the reference sample refers to a number of 370 students
with an age between 13 and 14 years of the A. Inveges di Sciacca Institute. In order to detect
the necessary information, three questionnaires were administered that evaluated several
relevant areas related to the object of study:
1. "La mia vita a scuola" (Arora, 1994; Sharp and Smith, 1995), aimed at investigating the
quality and quantity of overbearing and pro-social behavior among adolescents in the
school;
2. "Interpersonal Reactivity Index" (IRI), (Davis, 1980), which focuses on interpersonal
reactivity and empathy in adolescents including cognitive and emotional factors;
3. "Inventario de Personalidad Reducido de Cinco Factores" (NEO-FFI), (Costa e Mccrae
2004), which explores aspects of the personality of adolescents.
Through the investigations carried out, the research has allowed to delineate some important
significance.
The first significant data show that most of the bullying phenomena occur at school,
identifying it as the privileged place for the implementation of violent actions, and that are
perpetrated more by the male gender because the boys have a greater perception of physical
violence than the girls, who instead are more likely to pro-sociality.
In fact, in line with the investigative analysis, it appears that the female population, compared
to the male population, is more empathic, able to take refuge in the imagination and to fall
into the problems of others, showing a marked propensity to manage feelings and emotions.
Their natural pro-sociality is found in the use of a language characterized by affective tones
and centered on emotion, in appreciation, in kind gestures, in generosity, in availability, in

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cooperation, in dialogue and in a greater relational sharing of one's own moods. With regard
to personality aspects, they appear more responsible and more cordial than boys.
The perception of adolescents regarding themselves and their way of dealing with everyday
life situations, with cultural, ideological, sociological and anthropological differences, are
correlated with the quality of relationships interwoven with parents, with schoolmates and
with their teachers. In the sample examined, it is noted that a greater presence of positive
emotional experiences and a better relational climate corresponds to a lower tendency to
conceive violent behavior as an effective solution to problematic situations; in these cases,
the resources that emerge, seem to go more towards the direction of dialogue and mutual
understanding rather than aggressive behavior or attitudes. The results of the survey show,
on one hand, that young people who live in a family environment with a serene climate are
more lovable and less neurotic, on the other hand, that socio-cultural extraction has an
influence on their actions because, where there is the presence of parents with a higher level
of education, the children are more responsible for the actions and are positively affected by
the quality of the relationships interwoven within family and with schoolmates who, in this
case, seem to propose themselves as factors of social protection.
During the analysis it emerged that some aspects of the personality have a significant effect
on the phenomenon of bullying, so that subjects with a higher level of amiability are at a
lower risk of physical and verbal bullying and vice versa. While a higher index of neurosis,
linked to emotional tendencies that are basically negative (such as anxiety, depression,
melancholy, fear, shame, rage and even guilt), is more connected to a higher risk of indirect
and verbal bullying. . The result is that the neuroticism component in any case would tend
to negatively affect both the emotional and behavioral levels of bullying.
On the basis of these results, it can be said, in conclusion, that the different types of bullying
influence each other and that possessing certain aspects of personality can be a risk factor.
In the socio-anthropological scenario just described, it seems necessary to take into account
some determining factors for the understanding of the phenomenon under examination:
 Respect for the differences and the specific dignity of each one,
 Awareness of one's own and of others emotions,
 Ability to 'read' one's own and others' intentionality and to express congruent actions,
 Propensity to promote and support reciprocal relations,
 Decoding and management of conflicts, and finally,

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 Identification of the 'times' of the relationship.


It becomes necessary to foster friendly relationships, within which to integrate the need for
belonging and a boost to autonomy, relationships through which the adolescent can make an
emotional experience, essential to promote resilience and to reduce aggressive behavior, and
again, relationships that encourage young people to face the danger of relationships, that is
to show themselves to others in their own fragility with the uncertainty of being hurt, to get
involved in a meaningful relationship through which to experience true relational intimacy.
Within this perspective, violence is examined as a multifactorial phenomenon, which
involves socio-environmental, psychological, relational, educational and affective aspects;
it is a full expression of the law of the herd, an instrument to face one's sense of loneliness,
to feel an active role in own life, to counteract her sense of powerlessness, relegating the
other to the role of victim.
From the foregoing in order to prevent the establishment of aggressive and violent ways of
thinking and acting, it is important to:
a) recognition and enhancement of differences with their consequent conversion into
resources;
b) education for solidarity and reception,
c) enhancement of self-esteem in order to appreciate oneself and others and to improve
the ability to enter into relationships.
To achieve these objectives, it is necessary that the school, family and social environment
become supports for the formation of the boy's identity.
Keywords: bullying between young people in the first cycle, emotional aspects and
personality aspects.

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RIASSUNTO
La presente ricerca parte dall’analisi delle relazioni fra giovani adolescenti e la violenza
nell’epoca della postmodernità, nonchè dei fattori socio-culturali emozionali e di personalità
che informano e definiscono la violenza nelle relazioni tra coetanei.
La ricerca si compone di una parte teorica e una parte empirica.
Nella prima, viene approfondito il termine “bullismo”, e distinte le forme più diffuse, fino
alla caratterizzazione dei ruoli, e all’individuazione delle personalità
Successivamente, viene affrontato il tema della violenza e dell’aggressività a scuola, con un
riferimento alle teorie più importanti e ai motivi che generano e influenzano il
comportamento aggressivo-violento a scuola; nonché dell’importanza e complessità della
famiglia e la scuola nella formazione dei giovani Infine l’ultima parte affronta il tema delle
emozioni, e delle teorie a supporto, individuando l’importanza che esse possono avere
sull’adolescente e nella sua condotta.
L’obiettivo generale di questo studio è stato quello di conoscere la relazione esistente tra il
bullismo e le componenti emotive e di personalità, nonchè le relazioni tra queste e le variabili
legate a fattori psicosociali e familiari quali l’età, il sesso, e su come le stesse potessero
incidere sul fenomeno in un gruppo di alunni siciliani della provincia di Agrigento di una
scuola secondaria di primo grado. L’intento della presente ricerca è, quello di osservare più
dettagliatamente i fattori che l’adolescente percepisce come maggiormente pregnanti ed
evidenti nel suo contesto di vita. In particolare, la presente analisi è volta ad indagare gli
elementi che influenzano, da un lato, il modo dell’adolescente di percepire, di concepire, e
di stare nelle relazioni per lui significative, e dall’altro, i vissuti emotivi degli adolescenti
rispetto alla qualità delle relazioni, all’interno delle quali sentono di essere coinvolti: la
relazione con i genitori e la relazione con i pari (amici, compagni, etc.).,inoltre si è voluto
indagare anche su alcune componenti della personalità al fine di individuare l’influenza che
potessero avere sulla condotta dei giovani. Sulla base di quanto detto si sono considerate
alcune ipotesi, quale fosse la relazione tra i giovani che vivono in un contesto familiare
caratterizzato da maggiore serenità e episodi di bullismo; se il genere influenza l’esordio del
bullismo, se l’ambiente scolastico fosse quello in cui maggiormente si verificano episodi di
violenza, e ancora se il genere influenza la manifestazione di comportamenti empatici, e
infine se la prevalenza o meno di specifiche componenti di personalità (ad esempio,

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estroversione, nevrosi, apertura, amabilità, etc.) incidano sull’esordio e la cronicizzazione


del bullismo.
Si è anche considerata, l’ipotesi che le dimensioni indagate dai questionari ovvero gli
stereotipi di genere, i vissuti, le percezioni nonché le competenze empatiche e di personalità
del campione, possano essere influenzate significativamente dalla qualità dei rapporti che
intercorrono tra l’adolescente, i genitori, e i compagni, tale per cui possa esistere una
correlazione significativa tra le risposte del campione esaminato ed i rapporti che essi
intrattengono con gli altri.

Per la verifica del presente lavoro, è stata scelta come focus di studio la scuola, per cui il
target della ricerca è stato individuato all’interno delle seconde e terze classi dell’Istituto di
Scuola Secondaria di primo grado, della provincia di Agrigento. Il campione, è di n° 370
studenti di 13-14 anni dell’Istituto Inveges di Sciacca.

Al fine di rilevare le informazioni necessarie, sono stati somministrati tre questionari: che
hanno valutato diversi ambiti rilevanti connessi all’oggetto di studio:“ La mia vita a scuola”,
(Arora, 1994; Sharp e Smith, 1995), volto ad indagare la qualità e quantità di comportamenti
prepotenti, e prosociali a scuola tra gli adolescenti; l’Interpersonal Reactivity Index” (IRI),
(Davis, 1980), indaga la reattività interpersonale e l’empatia negli adolescenti includendo
fattori cognitivi ed emozionali; l’Inventario de Personalidad Reducido de Cinco Factores
(NEO-FFI), (Costa e Mccrae 2004), indaga sulla personalità dell’adolescente. Attraverso le
indagini effettuate, la ricerca ha permesso di delineare alcune importanti significatività. Un
primo dato significativo emerso dalla ricerca, è che la maggior parte dei fenomeni di
bullismo, avvengono a scuola luogo privilegiato per l’attuazione di azioni violente e che ad
esserne maggiormente coinvolto è il genere maschile inoltre, i ragazzi hanno una maggiore
percezione della violenza fisica rispetto alle ragazze che invece sono più prosociali. In linea
con l’analisi investigativa le ragazze risultano essere maggiormente empatiche, capaci di
rifugiarsi nella fantasia e di calarsi nei problemi degli altri Dunque la gestione dei sentimenti
e delle emozioni, è più spiccata all’interno della popolazione femminile più che in quella
maschile. In esse si riscontra un maggior livello di prosocialità in termini di frasi affettuose,
apprezzamenti, gesti gentili, generosità, disponibilità, cooperatività, dialogo; tendono ad una
maggiore condivisione relazionale dei propri stati d’animo, nonché sono più propense ad
utilizzare un linguaggio caratterizzato da toni affettivi e centrato sull’emotività.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Relativamente agli aspetti di personalità esse appaiono più responsabili e più cordiali dei
ragazzi.

La percezione degli adolescenti rispetto a se stessi e il loro modo di confrontarsi con le


situazioni di vita quotidiana, con le differenze culturali, ideologiche, sociologiche ed
antropologiche, di fatto correlano con la qualità dei rapporti intessuti con i genitori, con i
compagni di scuola, e con i propri insegnanti. Nel campione in esame si rileva che, ad una
maggiore presenza di vissuti emotivi positivi e ad un miglior clima relazionale, corrisponde
una minore tendenza a concepire il comportamento violento come soluzione efficace di
situazioni problematiche; in questi casi, le risorse che emergono, sembrano andare più verso
la direzione del dialogo e della comprensione reciproca piuttosto che verso comportamenti
o atteggiamenti aggressivi. I risultati dell’indagine infatti mostrano che i giovani che vivono
in un ambiente familiare con un clima sereno sono più amabili e meno nevrotici.

La ricerca ha anche mostrato che l’estrazione socio-culturale, ha un influenza sull’agire degli


stessi in quanto laddove si è in presenza di genitori con un livello di istruzione più elevato i
ragazzi si mostrano più responsabili nelle azioni, dunque risentono positivamente della
qualità dei rapporti intessuti con i genitori e con i compagni che, in questo caso, sembrano
proporsi come fattori di protezione sociale.
In linea con la ricerca avere dunque alcuni aspetti di personalità può essere un fattore di
rilievo sul fenomeno del bullismo; a tal proposito, è emerso che i soggetti con un più alto
livello di amabilità sono a minor rischio di bullismo fisico e verbale e viceversa.

Inoltre un più elevato indice di Nevrosi collegato a stati d’animo emotivi tendenzialmente
negativi, quali: ansia, depressione, malinconia, paura, vergogna rabbia e ancora senso di
colpa, è maggiormente collegato ad un più elevato rischio di bullismo indiretto e verbale. La
componente di nevroticismo in ogni caso tende ad influire negativamente sia a livello
emotivo sia a livello comportamentale sul bullismo

Sulla base dei risultati desunti dal presente studio in conclusione possiamo dire che le diverse
tipologie di bullismo si influenzano a vicenda e che possedere alcuni aspetti di personalità
può essere un fattore di rischio. Nel panorama socio-antropologico appena descritto, appare
necessario tenere conto del rispetto delle differenze, e della dignità specifica di ognuno, ed
alla base del quale ci sia la consapevolezza delle proprie e delle altrui emozioni, la capacità

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di ‘leggere’ la propria e l’altrui intenzionalità, la capacità di esprimere azioni congruenti, di


promuovere e sostenere relazioni di reciprocità, di saper decodificare e gestire i conflitti, ed
infine, di riconoscere i ‘tempi’ della relazione. Diventa necessario favorire relazioni
accoglienti, all’interno delle quali integrare il bisogno di appartenenza e la spinta
all’autonomia, relazioni attraverso cui l’adolescente possa fare esperienza del senso di
sicurezza emotiva, fondamentale per promuovere la resilienza, e ridurre i comportamenti
aggressivi, ed ancora relazioni che incutano coraggio ai giovani nell’affrontare il pericolo
delle relazioni, ovvero il rischio di mostrarsi all’altro nella propria fragilità ed autenticità,
l’incertezza di venirne feriti, e inoltre la possibilità di lasciarsi coinvolgere in una relazione
significativa, attraverso cui sperimentare una vera intimità relazionale.. All’interno di questa
prospettiva, la violenza viene esaminata come un fenomeno multifattoriale, che coinvolge
aspetti socio-ambientali, psicologici, relazionali, educativi ed affettivi; è espressione della
legge del branco, strumento per fronteggiare il proprio senso di solitudine, per sentire di
avere un ruolo attivo nella propria vita, per contrastare il proprio senso di impotenza,
relegando l’altro a ruolo di vittima. Da quanto sopra esposto al fine di prevenire l’istaurarsi
di modi di pensare e di agire aggressivi e violenti, è importante il riconoscimento e la
valorizzazione delle differenze la conversione delle differenze in risorse; l’educazione alla
solidarietà e all'accoglienza, il potenziamento dell’autostima, per apprezzare se stessi e gli
altri, e migliorare la capacità di entrare in relazione. Per il raggiungimento di questi obiettivi,
è necessario che scuola, famiglia ed ambiente sociale, si trasformino in sostegni per la
formazione dell’identità del ragazzo.

Parole chiave: bullismo tra giovani del primo ciclo, aspetti emozionali e aspetti di
personalità.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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INTRODUZIONE

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INTRODUZIONE

Il focus centrale di questa tesi, è il fenomeno del bullismo nel contesto scolastico e il ruolo
che la componente emozionale gioca nella sua affermazione.
La scelta di affrontare e studiare questo argomento non è casuale, essendo infatti una
docente, ma anche una mamma, mi capita di assistere a scuola sempre più frequentemente a
episodi di violenza che interessano alunni di ogni età.
Ragione che mi ha spinto a occuparmi di questo fenomeno che seppur sommerso, è
attualmente sempre più diffuso nelle scuole e fa emergere un quadro sociale ed educativo
molto problematico e articolato nonché allarmante e preoccupante per le nuove generazioni.
Vedere infatti, che questi comportamenti, sono sempre più diffusi tra i giovani, mi ha spinto
a delle riflessioni: e cioè a non trarre subito conclusioni affrettate nel vedere scene di
violenza e aggressività. E’ importante cercare di capire cosa si cela dietro questi
atteggiamenti aggressivi e violenti. In verità, infatti il comportamento aggressivo a cui si
assiste, potrebbe essere una risposta ad una provocazione, ma potrebbe anche essere una
situazione che ha indotto il destinatario ad agire violentemente; giusta o sbagliata che sia la
sua reazione. Detto studio è stato realizzato al fine di dare un apporto allo studio del del
bullismo nelle relazioni intime con altre componenti quali le emozioni e lo stile di personalità
di coloro che ne sono coinvolti. Sulla base di queste premesse tale lavoro sarà strutturato in
due parti, una parte teorica e una parte empirica. La parte, teorica, si compone di tre capitoli
che avranno per oggetto il bullismo come fenomeno attuale e la sua descrizione, le relazioni
fra coetanei e l’amicizia nell’era della postmodernità nonchè i fattori psico-relazionali e
socio-culturali che interagiscono in tutte quelle dinamiche di bullismo, nonché la violenza e
l’aggressività nell’agire dei giovani di oggi e il ruolo che riveste la componente emozionale
in tutto ciò. In particolare, il primo capitolo esamina il bullismo nel contesto scolastico,
proprio perchè la scuola, rappresenta dopo la famiglia, il contesto più importante in cui si
forma, matura e cresce il soggetto, essa è infatti istituzione preposta alla formazione e alla
divulgazione del sapere, nonché luogo in cui si sviluppano le relazioni tra i soggetti che
imparano prima a relazionarsi e poi a conoscersi per poi diventare in alcuni casi amici per la
vita.
Dunque il contesto scolastico, nella vita di ogni giorno rappresenta per gli alunni sia bambini
che ragazzi un momento fondamentale di crescita e di esperienza sociale.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Essi, infatti, all’interno di essa sperimentano modi di interazione e apprendono differenti


regole di comportamento incrementando in tal modo le proprie capacità emotive e cognitive.
Per tali ragioni, la scuola può divenire un palcoscenico, dove gli alunni ora come semplici
spettatori di una rappresentazione, ora invece come attori principali e secondari, mettono in
scena un dramma che ha come tema centrale la violenza, la cattiveria, l’ingiuria e
l’aggressività, tutto questo andrà ad incidere in maniera indelebile sulla loro formazione e
sul loro sviluppo futuro.
Pertanto, la scuola, non deve e non può acconsentire che avvengano certi fenomeni
inquietanti come è il bullismo, essa deve avere la forza di prendere atto dell’esistenza del
problema attraverso continui interventi educativi, cercare di affrontarlo ed eliminarlo.
Inoltre il secondo capitolo avrà per oggetto lo studio dell’aggressività e della violenza nelle
relazioni tra giovani, le condotte aggressive e violente influenzano tutto quello che accade
all’interno del gruppo classe, generando fenomeni di bullismo, ho anche affrontato il ruolo
della famiglia moderna nella formazione dell’identità dello stesso; verrà anche presentato.
la difficoltà che il giovane ha nel vivere in questo periodo postmoderno, e l’impegno a
costruire la sua identità individuale in maniera armonica con un’identità sociale;
l’integrazione tra necessità di appartenenza e bisogno di libertà, e autonomia; fattori che
determinando un intimità relazionale e senso di sicurezza emotiva fanno sì che nel giovane
si sviluppi la resilienza e si riducano i comportamenti violenti.
Il terzo capitolo invece è dedicato al ruolo della capacità di provare emozioni nei rapporti
umani, delle competenze empatiche necessarie a capire le proprie e le altrui emozioni
rispettando e accettando la diversità dell’altro. O altresì voluto mettere in relazione la
componente emozionale e il bullismo, in particolare l’empatia, l’autostima, e l’alissitimia.
Chiarendone concetti e aspetti.
Il marco empirico invece vede la raccolta, l’analisi e la rappresentazione di dati specifici,
ottenuti, relativamente alla ricerca in oggetto, dati che possono dare contezza del dilagare
del fenomeno della violenza e aggressività tra i giovani.

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PARTE TEORICA

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CAPITOLO PRIMO

IL BULLISMO NEL CONTESTO SCOLASTICO

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1.1 Definizione e caratteristiche del bullismo

1.2 Descrizione del fenomeno

1.3 Bullismo a scuola

1.4 I protagonisti: bullo, vittima e spettatori

1.5 Le caratteristiche di personalità

1.6 Rilevanza attuale del fenomeno

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1.1 Definizione e caratteristiche del bullismo

Per potere individuare e trattare il fenomeno del bullismo nel migliore dei modi è importante
chiarire da subito il suo significato.
IL termine bullismo che noi oggi usiamo, deriva dalla parola inglese bulling inizialmente,
tuttavia si era posto il problema di dare un corretto significato al termine bullismo, per il
fatto che esso veniva definito dal dizionario di lingua italiana: teppista, bravaccio,
bellimbusto, da queste definizioni era chiaro, che non vi fosse una corrispondenza con il suo
significato a livello internazionale. Attualmente secondo l’Oxford Dictionary on-line
bullismo è maltrattare, intimidire, intimorire inoltre, indica l’agire attraverso azioni di forza
fisica, o con comportamenti che sono in grado di generare timore o danno colui che è più
debole” (Oxford Dictionary, on-line) (Iannaccone, 2008).
Etimologicamente “mob” può essere inteso nel senso di indicare più individui che sono
coinvolti in attività moleste, ma può essere usato anche per indicare un individuo che
attraverso il suo comportamento molesta prende in giro e picchia un altro. Il termine bullismo
indica dunque “un insieme di comportamenti verbali, fisici e psicologici ripetuti nel tempo,
attuati da un soggetto, o da un gruppo di soggetti, nei confronti di individui più deboli”
(Baldry, 1998).
Ragion per cui un qualsiasi comportamento violento o scorretto nei confronti di un altro che
avviene sporadicamente, non è configurabile come bullismo.
L’elemento fondamentale, che determina e contraddistingue una condotta come “bullistica”
è che ci siano delle aggressioni fisiche, verbali o indirette attuate a danno di un soggetto da
parte di uno o più compagni e che tali prepotenze comportino uno squilibrio di potere tra chi
aggredisce e chi diventa vittima, e che le azioni perpetrate avvengano alla presenza di un
gruppo di amici o compagni coetanei che spesso finiscono con il loro atteggiamento per
incentivare la violenza (Menesini, Modena, e Tani, 2009).
Perciò, un solo episodio per quanto possa essere grave, non è etichettabile come bullismo.
Blaya (2006), nei suoi studi più recenti sostiene, che un fatto per qualificarsi come bullismo,
necessita che la violenza deve avvenire almeno una volta la settimana per un mese, dunque
è fondamentale la ripetitività e la durata nel tempo.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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L’autore, che per primo ha studiato il fenomeno del bullismo, è stato Olweus dopo che in
Scandinavia erano avvenuti diversi episodi di suicidio di ragazzini di diverse età, essi erano
stanchi a dir loro di subire violenze dai compagni di scuola.
Dopo numerose ricerche egli ha definito il bullismo come segue: “uno giovane è oggetto di
azioni di bullismo, ovvero prevaricato o vittimizzato, quando viene esposto ripetutamente
nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da uno o più compagni” (Olweus,
1986;1991).
Il bullismo ha dunque una natura multidimensionale, indica uno squilibrio tra i due soggetti
della scena bullo e vittima, nel senso che c’è bullismo se la violenza fisica, verbale o
psicologica è perpetrata nel tempo.
Riguarda maschi e femmine in modo differente e di diversa età.
Nei ragazzini è la violenza fisica a determinare il fenomeno, mentre nelle femmine sono le
accuse, le calunnie e le ingiurie, inoltre esse rivestono per lo più il ruolo di difensori e di
spettatori (Menesini, 2000).
Si è visto anche, che mentre i maschi compiono atti di bullismo nell’intero contesto
scolastico, le femmine invece si limitano alla classe (Fonzi, 1997).
Le giovani davanti ad un’azione violenta, cercano l’aiuto del gruppo e spesso non hanno il
coraggio di reagire, i maschi invece per paura di essere derisi, ricambiano con l’aggressività
e non chiedono aiuto ai compagni (Salmivalli, Karhunen, e Lagerspetz, 1996). I maschi
risultano egoisti e mostrano poca responsabilità e affidabilità al contrario delle femmine che
sono sicure di sé, altruiste e con senso di responsabilità (Lazzarin, 2004). Tuttavia il
cambiamento dei ruoli uomo-donna, nella società odierna ha fatto si che la violenza e
l’aggressività che un tempo erano prerogativa dell’uomo, trovasse posto anche tra le
ragazzine, da cui il recente aumento di episodi di bullismo fisico perpetrate da esse
(Giacobbi, 2003). Il bullismo è un fenomeno che esiste da parecchio tempo, soltanto che
oggi oltre a diffondersi a macchia d’olio, si è adattato alle nuove condizioni dei contesti
sociali, alle nuove tendenze dettate da una cultura post-moderna e ai vari valori che essa
incarna. Si sviluppa prevalentemente nei contesti scolastici e riguarda per lo più bambini e
adolescenti. Il bullismo assume connotati differenti sia in relazione all’età, sia ai diversi
contesti e anche per il fatto che è una problematica in continua evoluzione (Fonzi, 1997).
Con riferimento all’età dei soggetti coinvolti, alcuni studi, hanno messo in luce come il
bullismo cambia e si modifica nei vari ordini di scuola (Genta, 2002). In bambini piuttosto

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piccoli, il sentimento di intolleranza si traduce in un comportamento di prevaricazione è per


questo che recenti studi sostengono, che il bullismo, è più diffuso nella scuola primaria, dove
i piccoli, attuano modi di fare sbagliati, che si concretizzano in azioni pericolose per il
bambino che subisce l’azione violenta (Cavallo, 2002). Nelle scuole medie e superiore
invece è stata riscontrata una riduzione del fenomeno, anche se tuttavia il tipo di azione che
sono esercitate risultano essere di maggiore intensità e gravità (Moniello e Quadrana, 2010).

Numerose ricerche mostrano, che oggi il fenomeno è in crescita ed è molto preoccupante,


visto che circa il 10-20% dei giovani che frequentano le nostre scuole, spesso sono coinvolti
in atti di bullismo (Katicla-Heino, 2010).
E’ importante combattere e fermare il bullismo a qualsiasi età venga esternato. La cosa più
sbagliata che si possa fare è giustificarlo come una monelleria e pertanto perdonare l’azione
violenta.
Pur non essendo un crimine, il bullismo, non va sottovalutato, le molteplici e continuate
azioni sbagliate effettuate nei confronti della vittima potrebbero farlo divenire reato contro
la persona, e di conseguenza il giudice minorile potrebbe applicare una pena tenuto conto
dell’età del bullo (Lawson, 2001). Pertanto, sarebbe opportuno prevenire ogni forma di
bullismo al fine di evitare che questi fatti possano divenire crimini.
Il bullismo è un problema complicato che ha differenti sfaccettature fenomenologiche,
spesso assume connotati di pericolosità sociale, a volte va inquadrato in una prospettiva di
gruppo, infatti quasi sempre nasce e si sviluppa nel gruppo classe, questo accade per il
semplice fatto che i soggetti non si sono scelti, ma si trovano ad essere insieme per fattori da
loro non dipendenti. E’ importante a riguardo che la società inizi ad avere un atteggiamento
meno tollerante verso le forme di violenza pensando che a trionfare infine è sempre la
giustizia (Olweus, 1996).

1.2 Descrizione del fenomeno

Il bullismo è un fenomeno sommerso da non sottovalutare esiste da sempre, ma oggi è molto


diffuso tra i giovani e soprattutto nei centri scolastici.
E’ il frutto di molteplici fattori scatenanti quali: carenze affettive, disagio sociale e difficoltà
di socializzazione. Può manifestarsi in modalità diverse.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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La prima distinzione che viene fatta del bullismo è tra modalità diretta e indiretta. La
modalità diretta, si concretizza con manifestazioni di bullismo che possono essere verbali e
fisiche.
Nel primo caso, l’azione offensiva, prende di mira il giovane attraverso minacce e offese
senza un motivo specifico: per l’aspetto fisico, per l‘abbigliamento, per il modo di agire e di
fare, per il colore della pelle (Pepler e Craing, 2000). Questo tipo di bullismo non fa
differenza tra maschi e femmine e le azioni poste in essere dal bullo possono essere manifeste
o nascoste.
Nel primo caso, vengono presi di mira e derisi gli aspetti personali o quelli legati alla
famiglia del soggetto offeso, nell’altro, invece le maldicenze le ingiurie e le calunnie
vengono diffuse in sua assenza.
Quest’ ultimo tipo di bullismo, non deve essere considerato meno pericoloso, poiché
vengono per cosi’ dire violentati gli aspetti più intimi del soggetto.
Il bullismo fisico, invece è la forma più conosciuta e più diffusa, comprende comportamenti
caratterizzati da forza fisica che ne rappresenta l’elemento fondamentale. Il soggetto subisce
proprio un attacco alla sua persona con pugni, calci, schiaffi, morsi, spinte ed altro
(Buccoliero e Maggi, 2006).
Questo tipo di bullismo è prevalentemente maschile e lascia dei segni evidenti che possono
essere visibili agli occhi di un adulto.
La vittima potrebbe difendersi attuando tentativi di fuga oppure fronteggiando il bullo con
atti di violenza.
L’altra modalità di bullismo è quello indiretto, si tratta della forma più subdola e ambigua
attiene al piano psicologico-relazionale, e meno evidente, tanto che spesso le azioni
sfuggono agli occhi di chi guarda (Fedeli, 2007).
Ad attuarlo sono quasi sempre le femmine, in maniera silenziosa e quasi invisibile ragione
per cui è molto difficile scoprirlo, ad ogni modo, sia che venga posto in essere dai maschi,
sia dalle femmine, non va sottovalutato perché dietro ad esso c’è cattiveria e disonestà
(Marini e Mameli, 2000).
Nel bullismo indiretto vanno individuate due sottocategorie:quella sociale e quella
manipolata, nel primo caso si tende a confinare la vittima e dunque ad esempio ad isolarlo
da un gioco o da un gruppo, nel secondo caso si tende a destrutturare nella vittima il suo

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senso di identità e di appartenenza sociale intervenendo sui suoi rapporti di amicizia


manipolandoli e distruggendoli (Fonzi, 2001).
La vittima finisce in tal modo, per restare sola perdendo anche il sostegno emotivo e sociale
di quelli che erano i suoi amici sicuri e fidati.
Alcuni studi condotti di recente distinguono ancora il bullismo in malevolo e non malevolo.
Il bullismo è detto malevolo, quando l’individuo che aggredisce, lo fa per divertimento e
proprio con l’intenzione di fare del male ripetutamente, invece nel bullismo non malevolo,
non c’è da parte di chi compie la violenza né l’intenzione, né la volontà di fare del male
(Rigby, 1996).
Ne consegue che a volte l’atteggiamento aggressivo del bullo è posto in essere solo per
conformismo e per senso di appartenenza al suo gruppo.
Altre volte, può succedere, che gli episodi di bullismo accadano tra alunno e insegnante o
ancora tra due ragazzi di diverse età per scopi educativi in tal caso il bullo pensa di perseguire
un fine pedagogico intenzionalmente, senza rendersi conto che in realtà sta umiliando l’altra
parte (Baldry, 2004). Uno studio condotto in Inghilterra nel 2007, ci ha portato a conoscenza
di una nuova forma di bullismo, si chiama “hazing”, ovvero dei ragazzini trovano la forza e
il coraggio di fare gesti di estrema pericolosità solo per farsi accettare dal gruppo o farne
parte (Sbrastein, 2008).
Recentissimo è invece il bullismo elettronico o detto anche cyberbulling, consiste nel fare
vessazioni via e-mail o sms, dunque l’incontro tra bullo e vittima è virtuale.
Questo termine è stato coniato da Bill Besley, il quale lo ha definito come: “l’uso di nuove
tecnologie di comunicazione per attuare comportamenti deliberati e ripetuti da parte di un
individuo o di gruppi di individui, con l’intento di danneggiare gli altri” (cit. da Genta,
Berdondini, Brighi, e Guarini, 2009).
Le molestie alla vittima in questo tipo di bullismo vengono attuate attraverso le chat line e i
telefoni o internet e possono consistere nell’inoltrare alla stessa messaggi molesti o ancora
fotografie o filmati quando la stessa non non vuole essere fotografata o ripresa, per poi
successivamente mandare queste elementi che la ritraggono ad amici e conoscenti, oppure
minacciandolo di diffonderle sui social network solo per darle fastidio o cagionarle danno
(Moniello e Quadrana, 2010).
Il cyberbulling, ha stravolto la tradizionale figura di bullismo in quanto: può raggiungere un
vasto pubblico virtuale, e non più un piccolo gruppo, si può agire di giorno e di notte con

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

facilità perché la virtualità del fenomeno fa si’ che il bullo sia invisibile e la vittima non può
sottrarsi alle azioni vessatorie (D’Amato, 2010).
Di recente l’Unità di Analisi del Crimine informatico del Servizio della Polizia postale e
delle comunicazioni ha portato a conoscenza l’elevata percentuale di bullismo elettronico, il
fatto che esso ha superato la forma tradizionale di bullismo e che la vittima subisce una vera
e propria persecuzione data l’immediata facilità all’accesso alle nuove tecnologie (D’Amato,
2010).
E’ possibile individuare in questo tipo di bullismo, un “disimpegno morale”, come l’ho ha
definito Bandura, determinato dalla distanza tra i due soggetti coinvolti, l’aggressore infatti,
si sente meno responsabile del fatto compiuto a danno della sua vittima, solo per il semplice
motivo di non averlo davanti e di non vederlo in viso.
Tuttavia qualsiasi sia il tipo di bullismo posto in essere è necessario che ci siano questi aspetti
che dapprima Olweus e poi Smith, hanno chiarito e individuato.
Nel momento in cui un giovane o un insieme di giovani prendono in giro attraverso offese o
parole cattive e spiacevoli un altro giovane possiamo dire che questo subisce atti di violenza
altresì possiamo dire; anche quando questi viene escluso da qualsiasi attività del gruppo o
ignorato; quando di proposito non viene coinvolto; e ancora quando lo prendono in giro con
parolacce e offese infliggendogli anche colpi, calci, spinte.
Tutto ciò, in un contesto scolastico, possono sempre succedere e per chi li subisce e
veramente difficile riuscire a difendersi.
Il bullismo ancora si caratterizza per i seguenti elementi:
INTENZIONALITA’, si ha quando il bullo mette in essere una condotte che mira a dominare
ed offendere l’altra persona;
PERSISTENZA, quando gli episodi di bullismo sono continuativi nel tempo;
ASIMMETRIA delle relazioni, quando sorge uno squilibrio tra chi infligge le azioni e chi
non è in grado di difendersi (Civita, 2006).

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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1.3 Bullismo a scuola


Il bullismo non si limita a comportamenti individuali, ma coinvolge l’intero gruppo-classe
essendo una forma di violenza multidimensionale. Il gruppo, dunque, è determinante per
l’affermarsi del bullismo e la scuola è facile che diventi terreno fertile per le dinamiche di
inclusione e esclusione tipiche del fenomeno (Mariani e Schiralli, 2004).
Il gruppo, può manifestare talvolta con la formazione di una compagnia più ridotta di
studenti di una classe, talvolta con un gruppo più esteso che si allarga anche a conoscenti di
altre classi, generalmente coetanei. L’opinione che il bullismo sia un fenomeno di gruppo, è
confermata da una recente ricerca eseguita da alcuni studiosi dell’università di Caediff
(Jones, Manstead, e Livingstone, 2011), essi studiando i processi di gruppo che originano il
bullismo, giunsero alla conclusione che i fattori di unione, svolgono un importante ruolo nel
causare atti di bullismo, sarebbero i fattori di gruppo e nel contempo i processi di identità
sociale ad essere una risorsa per vincere il fenomeno in discussione, a questo arrivarono
partendo dalla teoria dell’identità sociale di Taifel e Turner nel 1977, che ritiene che il
concetto di sé di un soggetto scaturisce da un lato dai gruppi sociali dei quali fa parte,
dall’altro dalla teoria dell’emozioni intergruppo (IET) di Smith.
All’interno del gruppo classe nel quale si ci viene a trovare, non per scelta, avvengono infatti
particolari dinamiche, che possono talvolta unire i compagni, altre volte separarli, pertanto
assistiamo soprattutto all’interno della scuola a dinamiche di inclusione ed esclusione.
A scuola come confermato da molti studi, non è per nulla difficile che si sviluppino episodi
di bullismo, l’85% di essi avvengono in presenza di coetanei (Craing e Pepler, 1997).
Gli studenti, spesso poco sorvegliati riescono a mettere in atto comportamenti bullistici senza
essere visti sia fuori dalla scuola che al suo interno.
Nel contesto scolastico si può parlare di bullismo quando un soggetto viene nel corso del
tempo sottoposto a comportamenti offensivi o aggressivi, e allo stesso tempo su questo viene
esercitato un potere o un dominio (Olweus, 1973). La scuola rappresenta l’ambiente in cui
inizia il processo di crescita e socializzazione del giovane alunno, la sua vita ruota attorno ai
compagni, con i quali inizia un percorso non solo di scolarizzazione, ma anche di relazione
sociale e amicale (Caravita, 2004). La scuola dunque oltre ad essere luogo di cultura,
apprendimento, studio è anche fonte di crescita e di sviluppo di sentimenti, di emozioni, e di
amicizie che rimangono nei nostri ricordi per tutta la vita.

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In armonia con i principi sanciti dalla Costituzione e dalla convenzione Internazionale sui
diritti dell’infanzia avvenuta a New York il 20 novembre del 1989, “la scuola è una comunità
di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, informata ai valori democratici e volta alla
crescita della persona in tutte le sue dimensioni. In essa ognuno con pari dignità e nella
diversità dei ruoli, opera per garantire la formazione alla cittadinanza, la realizzazione del
diritto allo studio e lo sviluppo delle potenzialità di svantaggio”.
Nella formazione degli alunni, la scuola, non deve solo trasmettere contenuti e
apprendimento, ma deve essere in grado di creare una vasta rete di relazioni sociali e di
convivenza civile (Ortega, 1997).
Perché questo possa accadere è opportuno che nel lungo percorso scolastico non ci siano
gravi esperienze negative che vadano ad impedire all’istituzione scolastica il suo compito
fondamentale. Oggi, purtroppo spesso accade che in parecchie scuole succedono episodi di
bullismo, che finiscono per angosciare sicuramente e turbare i giovani nella loro formazione
e crescita. Con riferimento ai luoghi scolastici dove si verificano le condotte violente,
possiamo dire che ancora alle soglie del 3000, molte sono le strutture scolastiche che si
presentano vecchie e fatiscenti, dunque hanno spesso spazi molto stretti e lunghi, i bagni,
spesso sono allocati in zone isolate, perciò lontane dagli sguardi degli adulti, tutto ciò
contribuisce a che accadano episodi di bullismo (Civita, 2006).
Gli episodi di violenza si verificano per lo più con maggiore frequenza nelle aule, peiché
esse rappresentano il posto dove viene trascorso la maggior parte del tempo.dagli alunni. Ma
anche nei corridoi, perché sono quasi sempre isolati, i bagni, in quanto fuori dalla portata dei
docenti e dal controllo dei bidelli, ma anche il cortile e le aule riservate esclusivamente ad
attività specifiche. Da alcune ricerche, è emerso che solo una minoranza degli episodi di
bullismo che avvengono nella scuola, e precisamente il 25% sono conosciuti dai docenti e
personale scolastico, pertanto capita di frequente, che le aggressioni e i comportamenti
violenti si consumino senza che nessuno se ne accorga (Sullivan, 2000).
Anche all’interno della classe, sono frequenti gli episodi di violenza, proprio perché gli
alunni trascorrono la maggior parte del loro tempo lì (Fonzi, 1997).
Altri studi, affermano anche, che gli episodi di bullismo avvengono a scuola, ma non in
classe (Rigby, 2003). Pertanto al fine di combattere il bullismo, la scuola, dovrebbe essere
dotata di ampi spazi per facilitare lo sviluppo di molte attività e in modo da permettere a tutti

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gli studenti di organizzarsi in molte attività. Il cortile ad esempio dovrebbe essere luminoso,
ampio e spazioso tale da consentire a tutti di giocare (Genta, 2002).
La palestra è necessario che abbia un’attrezzatura adeguata e docenti specializzati, cosicchè,
i ragazzi possano muoversi e giocare con libertà. I bagni sarebbe opportuno che venissero
posti in spazi facilmente controllabili dagli adulti onde evitare atti di violenza e vandalismo.
Attraverso questi accorgimenti i giovani potrebbero confrontarsi e sviluppare diverse abilità
di negoziazione.
La scuola deve sulla base di quanto detto investire sulle strutture, spesso vecchie e fatiscenti,
predisporre una serie di programmi per il miglioramento del gruppo-classe e considerare e
non ignorare che il bullismo possa essere presente al suo interno (Civita,2006). Per tali
ragioni parlare del problema bullismo non deve spaventare il personale, ma anzi questo deve
servire per promuovere interventi che abbiano come obiettivo principale il combatterlo e il
prevenirlo.
Per l’alunno andare a scuola deve essere un momento felice di crescita culturale, ma anche
di condivisione e interrelazione con gli altri, si chiede allora, alla scuola, al fine di contrastare
gli episodi di bullismo di attuare degli interventi di miglioramento del gruppo-classe per
evitare il verificarsi di fatti che provochino momenti di angoscia e sofferenza. Una scuola
del futuro ha il dovere di combattere l’egocentrismo e l’individualismo per formare una
migliore società.
La scuola non può e non deve assolutamente pensare di separare i compiti che ad essa sono
stati affidati ovvero istruire e fare socializzare (Busato e Scotto Lachianca, 2004).

Bullo

Vittima ----------------spettatore
spettatpettatoressssssspws.spe
ttatori classe
Bullo

vittima
spettatori

spettatori
Scuola
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1.4 I Protagonisti: Bullo, vittima e spettatori

Il bullismo non è, un fenomeno statico, ma dinamico e relazionale, nel quale si viene a creare
un forte legame tra prevaricatore e prevaricato entrambi risultano essere incatenati nel ruolo
di bullo e di vittima, ma coinvolgono anche l’intero gruppo-compagni.
Nel fare poi all’interno del gruppo una chiara e netta distinzione dei soggetti che ne sono
principali attori, possiamo riconoscere queste tre figure: bulli, vittime e spettatori.

Il bullismo viene visto anche come un “danza circolare”, dal momento che si caratterizza per
la partecipazione di più individui, alcuni di essi agiscono con solidarietà nei confronti
dell’aggressore di conseguenza la forza del bullo, passa anche agli altri componenti del
gruppo, gli spettatori (Rodriguez, 2006).
Il bullo è l’autore delle prevaricazioni, agisce con l’intenzione di prevaricare l’altro
attraverso offese, violenze e danneggiamenti (Fedeli, 2007).
Caratteristica che denota il bullo è il fatto di avere un potenziale aggressivo, che esercita nei
confronti non solo dei compagni, ma anche dei pari e amici in genere.
Egli è dotato di una buona capacità di comprendere gli stati emotivi e cognitivi di chi lo
circonda, oltre ad avere una buona dose di capacità di manipolare e strumentalizzare gli altri
a fini personali (Caravita, e Di Blasio, 2008).
Recentissimi studi, condotti in Spagna, sulle relazioni interpersonali che intercorrono fra i
personaggi del bullismo, hanno evidenziato che il bullo gode di apprezzamento e popolarità
all’interno del gruppo dei suoi pari (Fuesanta, 2014).
Ha inoltre un atteggiamento positivo riguardo la violenza, sono anche impulsivi e hanno un
forte bisogno di dominare chi gli sta intorno ha un buon livello di autostima, ma mostra ansia
e insicurezza (Olweus, 1996).
Sempre per Olweus, i prevaricatori sono dotati di una maggiore forza fisica, rispetto agli
altri e sembrano avere scolasticamente voti bassi.
Inoltre hanno difficoltà a capire cosa può generare nell’altro un malessere o una situazione
di benessere e qual è il male o il bene (Cuzzocrea, 2010).

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Il loro rendimento scolastico si è visto che peggiora col crescere dell’età (Moniello, e
Quadrana, 2010).
Inoltre, una recente ricerca, che ha messo in relazione il bullismo scolastico con il contesto
genitoriali e gli stili educativi, ha fatto emergere che negli alunni di età compresa tra i 9 e i
18 anni coinvolti in episodi di bullismo è frequente un andamento scolastico non buono,
oltre al fatto che essi sono respinti più facilmente rispetto a coloro che non ne sono coinvolti
(Cerezo-Ramirez, Sanchez- lacasa, Ruiz-Esteban, e Arense-Gonzalo, 2015).
Presentano disturbi della condotta e atteggiamenti negativi nei confronti di chi gli sta vicino,
il loro ambiente familiare è spesso contrassegnato da liti e conflitti e i genitori esercitano su
di loro un controllo eccessivo (Cook, Kirk, Guerra, Kim, e Schelly, 2010).
E’ possibile individuare diverse tipologie di bullo: dominante o aggressivo, passivo o
sobillatore, ansioso e temporaneo.
l primi, sono individui appartenenti generalmente al sesso maschile, dotati di maggiore forza
fisica e psicologica rispetto alle vittime, hanno bisogno per sfogare la loro aggressività di un
capro espiatorio, sul quale sfogano la loro violenza, non curandosi delle conseguenze del suo
atteggiamento.
E’ un individuo molto difficile da gestire, sicuro e spavaldo ed è insensibile alle emozioni di
chi lo circonda (Lawson, 2001).
Attraverso la sua cattiverie mira a soddisfare i propri bisogni di potere e dominio mettendo
in atto comportamenti del tipo: rimproveri, calci, spinte, prese a pugni, minacce, ingiurie e
altro (Marini e Mameli, 2004).
Ha una personalità irascibile e priva di autocontrollo, tende a imporre regole oppositive che
adotta con i pari anche contro il volere degli adulti, questo perché, vuole conseguire dei
vantaggi qualunque sia il modo per ottenerli anche con la violenza, la maggior parte dei
giovani violenti fanno parte di questo gruppo.
Il bullo passivo o sobillatore, è rappresentato da un minore numero di soggetti, essi
sostengono il prevaricatore esaltando e potenziando le sue qualità. Svolgono un’attività
secondaria che di solito consiste nell’eseguire gli ordini che gli vengono impartiti dal capo
dandogli in tal modo maggiore forza (Cuzzocrea, 2009).
I sobillatori, hanno caratteristiche eterogene rispetto al bullo dominante infatti, agiscono in
piccoli gruppi, hanno uno scarso rendimento scolastico e provengono quasi sempre, da

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contesti familiari inadeguati educativamente, hanno poca popolarità dentro il gruppo e non
prendono mai l’iniziativa delle azioni violente contro la vittima.
E’ stata di recente individuata in percentuale del 20%, una terza categoria di bullo: l’ansioso,
anche lui persegue la finalità di perpetrare violenza sulla vittima, ma è sufficiente il
rimprovero dell’adulto per fargli venire un grande senso di colpa (Moniello, e Quartana,
2010).
Il bullo temporaneo è rappresentato da quei ragazzini che hanno subito nel corso della loro
vita un fatto grave e traumatico tale da generare un comportamento violento e aggressivo.
Si chiama temporaneo, perché ha un lasso di tempo breve in quanto scompare nel momento
stesso in cui vengono meno i sentimenti che lo hanno fatto emergere (Lawson, 2001).
La vittima, è colui che subisce le cattiverie (Olweus, 1993).
Distinguiamo due figure di vittima, quella sottomessa e quella provocatrice.
La prima, è un soggetto insicuro e ansiogeno rispetto agli altri componenti del gruppo,
fisicamente è gracile e più debole, talvolta presenta anche dei deficit fisici o mentali e diviene
vittima poiché gli manca la capacità di decidere e di affermare i propri bisogni e desideri
(Marini, e Mameli, 2004). La vittima passiva difronte ai comportamenti violenti del
provocatore non reagisce e tende a negare il fenomeno con tutte le ripercussioni che esso gli
comporta, anzi si dà la colpa di quello che gli succede, rendendosi ancora più inferiore.
Tali soggetti hanno evidenti difficoltà ad affermarsi nel gruppo, nelle attività ludiche e
sportive, mostra infatti disagio per la propria fisicità, ha paura di farsi male oltre ad avere
scarsa coordinazione nei movimenti (Moniello, e Quadrana, 2010).
Di recente alcuni studi hanno mostrato come possono essere fattori di vittimizzazione anche
l’obesità e l’essere un ottimo studente (Cuzzocrea, 2010 b).
Anche essere sessualmente diversi induce a divenire vittime, in tal caso si parla di bullismo
omofobico, dove l’azione violenta viene rivolta nei confronti di chi è omosessuale e perciò
considerato più debole essendo parte di una minoranza.
Le notizie che i mass media oggi, ci forniscono su questo fenomeno sono sempre più in
crescita (Prati, Pietrantoni, Buccoliero, e Maggi, 2009).
Possono allo stesso modo, diventare vittime, i ragazzi provenienti da minoranze etniche, ciò
poiché essi rappresentano una minoranza.
Spesso non sono in grado di affrontare le situazioni che gli si presentano e pertanto si
ritengono incapaci e inefficaci (Ortega e Mora, 2000).

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Solitamente, l’aggredito, non riesce ad avere comportamenti positivi e prosociali dunque


non ha relazioni con i compagni, perché gli risulta difficile instaurare rapporti di amicizia.
Scolasticamente, il suo atteggiamento di chiusura lo porta a non avere un buon rendimento.
La vittima provocatrice al contrario della precedente ha un atteggiamento indisponente e
reattivo aggressivo, insomma finisce per cercarsi con le sue provocazioni l’azione violenta
del bullo inoltre, quando sono derise e insultate reagiscono con la forza.
Attraverso il suo comportamento la vittima non fa altro che provocare la condotta violenta e
aggressiva del bullo. Per tale ragione infatti viene chiamato anche bullo-vittima (Fonzi,
1997).
Il ragazzo in questione è irrequieto, impulsivo e iperattivo a volte risulta goffo e poco maturo
oltre ad avere scolasticamente problemi di attenzione e concentrazione, abitudini scorrette,
ed una visione di sé negativa che lo induce ad essere insicuro e infelice (Cerruti e Manca,
2008).
L’elemento che però lo contraddistingue è il fatto di non riuscire a controllare la sua
impulsività, che lo spinge alla provocazione.
Di solito è di sesso maschile e utilizza la forza fisica che pare essere inefficace considerata
la superiorità fisica del bullo (Olweus, 1996).
Genta (2002), fa anche una ulteriore differenzazione delle vittime
 vittime vere
 vittime paranoidi
 vittime che negano il ruolo;
Le vittime vere sono quelle denominate in questo modo dai compagni, le paranoidi sarebbero
quelle vittime che si qualificano cosi, ma che il gruppo classe non li considera tali, ed infine
quelle che negano il ruolo ovvero quelli che non accettano di essere tali.
Accanto ai protagonisti principali della scena bullistica, ci sono anche degli attori secondari,
ma non per questo di minore entità, stiamo parlando deglispettatori, ovvero di coloro che nel
bullismo rivestono un ruolo di secondo piano.
Essi con la loro presenza agli episodi di violenza possono contribuire o sminuire la diffusione
del problema.
Si è visto che un alta percentuale di episodi di bullismo pari all’85% avviene in presenza di
coetanei, essi sono gli spettatori (Craing, e Pepler, 1997).

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I bulli spesso hanno come amici compagni prepotenti, elemento che gli dà la possibilità di
chiedergli aiuto quando ne hanno di bisogno, essi a loro volta gli daranno sostegno e
comprensione per ciò che il loro compagno attuerà (Filippi, 2007).
Talvolta gli spettatori sostengono le azioni del bullo, in questo caso vengono chiamati
sostenitori, e lo fanno attraverso, risate, urla e incitamenti, favorendo cosi la condotta
violenta dell’aggressore (Salmivalli, 1999).
Questo conferma quanto detto prima, e cioè, che il bullismo è un fenomeno di gruppo che
coinvolge tanti giovani, che in esso, hanno ruoli differenti.
Altre volte gli spettatori invece possono schierarsi a vantaggio della vittima con interventi
volti a bloccare il litigio, in questo caso essi vengono definiti difensori della vittima.
Gli spettatori potrebbero mettere fine agli episodi di bullismo, attraverso la denuncia di
questi fatti, essi pur essendo coinvolti poco a livello emozionale, hanno tuttavia una visione
nitida e chiara degli eventi (García, 2010).
Il fatto di volere proteggere l’aggredito è determinato dalla propria capacità di mantenere
relazioni sociali e di volere affermare i propri diritti, essi insomma sarebbero dotati di un
alto grado di autoefficacia sociale (Caprara, Scabini, Steca, e Schwartz, 2011).
Altre volte ancora invece rimangono silenziosi, mostrando indifferenza e omertà per quello
che avviene davanti ai loro occhi (Sharp e Smith, 1994). Con il loro modo di fare, allora, lo
spettatore può fare finta di non avere visto nulla ed in questo modo non fa altro che lasciare
il bullo libero di agire, danneggiando la povera vittima e rinforzando gli atteggiamenti
violenti dell’aggressore, oppure chiedere aiuto ed allora in questo caso scoraggerà la sua
condotta (Civita, 2006).
Poiché nella stragrande maggioranza dei casi il fatto accaduto non viene denunciato e gli
spettatori chiamati si limitano a guardare, vengono anche chiamati “maggioranza silenziosa”
(Fedeli, 2007).
Questa maggioranza, definita “silenziosa”, gioca un ruolo determinante nella diffusione del
bullismo, poiché l’indifferenza e il silenzio consentono all’aggressore di aumentare la sua
autostima.
Numerose, possono essere le motivazioni, che inducono alcuni individui a non intervenire
nei riguardi della vittima, il primo tra tutti il fatto di non essere suo amico, oppure, l’avere
paura di essere coinvolti nella lotta, perché temono dopo un loro intervento di finire vittime,
altre volte ancora ritengono che la colpa di ciò che accade è da attribuire alla stessa vittima.

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Spesso lo spettatore, non riconosce la gravità del fatto, anzi tende a minimizzarlo per il
semplice motivo che manca in lui la capacità di comprendere empaticamente lo stato
d’animo di chi subisce la violenza (Giangregorio, 2013).
Possiamo concludere sugli spettatori dicendo, che l’indifferenza e l’omertà rappresentando
comportamenti che avvantaggiano il bullismo, non possono e non devono essere
sottovalutati.
A riguardo mi piace citare una massima di Albert Einstein (1988), secondo la quale: “il
mondo è pericoloso non a causa di chi fa del male, ma a causa di chi guarda e lascia fare”.

1.5.Le Caratteristiche di personalità

Nelle dinamiche che generano il bullismo, e nella trappola che incatena vittima e bullo in un
legame distorto, non si può prescindere dal considerare la componente di personalità che li
caratterizza e che poi genera il fenomeno.
Quando andiamo ad esaminare gli aspetti di personalità che delineano il bullo, individuiamo
da subito, che la sua condotta è violenta, essa denota un disagio della personalità.
La sua può essere indicata come una condotta antisociale che si concretizza nel generare
violenze talvolta efferate. Il disturbo antisociale viola i diritti altrui ma anche le regole morali
e sociali per il soddisfacimento dei propri desideri e aspirazioni.
Il non considerare diritti, regole e la sofferenza altrui sono requisiti fondamentali del disturbo
di antisocialità, tuttavia l’impulsività non sempre viene riscontrata, pertanto si distinguono
due tipi di antisociali: quelli impulsivi e con aggressività reattiva e quelli antisociali con
freddezza emotiva e aggressività proattiva (Pardini, Lochman, e Frik, 2003).
Gli antisociali reagiscono alle provocazioni con un’aggressività sregolata, nel secondo caso
i soggetti, mostrano poca reattività alla paura, ma hanno in compenso, una spiccata
predisposizione alla dominanza.
Inoltre non è presente in loro nessun senso di colpa per i danni provocati alla vittima.
L’aggressore appare insensibile ai sentimenti dell’aggredito e ai danni a lui arrecati
(Buccoliero, e Maggi, 2005).
Egli, ha, talvolta dei comportamenti prepotenti visibili che nella stragrande maggioranza dei
casi sfociano in atti fisici violenti, altre volte poi la sua cattiveria, si manifesta in un
aggressione di parole e offese.

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Egli non è in grado, e quando avviene è una eccezione di stabilire relazioni amichevoli e
positive con i compagni e coetanei in genere, egli manifesta scarsa empatia nei loro confronti
(Joliffe, e Farrington, 2004).
Spesso, ha una buona cognizione sociale, riconosce il suo bersaglio, perché individua con
facilità il modo per manipolarlo e comandarlo (Fonzi, 1999).
Di recente alcuni studi mostrano tuttavia il contrario, e cioè, che il bullo non è in grado di
interpretare esattamente le intenzioni dell’altro con la conseguenza di giudicare un
comportamento provocatorio quando non lo è. I bambini aggressivi, infatti, diversamente da
quelli che non lo sono, elaborano eventi ambigui come se fossero a loro ostili, è quello che
avviene nella elaborazione mentale del bullo, di interpretare ostili le intenzioni degli altri
(Volpini, 2010).
Certo è che lui, ha una condotta antisociale che si sviluppa in un comportamento aggressivo
e violento, si sente superiore a tutti gli altri e non tollera colui che considera vittima.
Attraverso la prevaricazione dei più deboli, egli si considera capace e all’altezza delle
situazioni, che invece con i pari gli manca, pertanto i primi studi portano a ritiene il bullo
dotato di scarsa autostima (Volpini, 2010).
Altri studi invece, sostengono che il bullo abbia una eccessiva autostima ed è proprio per
questo che è spinto a compiere atti tirannici (Baumester, 1996).
E ancora, non mostra sensi di colpa per gli abusi che commette, ha scarsa consapevolezza
dei risultati correlati agli atti che compie, non è insicuro è ha una buona immagine di sé.
Riuscendo a manipolare i coetanei che gli stanno vicino, gode tra gli stessi di un’alta
popolarità, viene identificato come leader oppositivo e trasgressivo e per questo ammirato
(Andreou, 2000).
La sua carenza empatica e la difficoltà di gestire correttamente le proprie emozioni
contribuiscono a renderlo bullo, egli si trova per cosi’ dire, in una cosiddetta condizione di
“sordità emozionale”, è indifferente ai sentimenti e alla sofferenza dell’altro, pertanto non
prova né senso di colpa nè rimorsi di coscienza (De Leo, Patrizi, e De Gregorio, 2004).

E’ importante segnalare una ricerca condotta nel 2008 sul Journal Adolescent Med Healt,
dove viene mostrata una forte associazione tra bullismo, salute e problemi fisici ed emotivi.
Si vede infatti, che l’attore del bullismo, presenta comportamenti autolesionistici,
iperattività, bulimia, manie, allucinazioni, ansia, abuso di alcol e droghe; in più gli

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adolescenti presi in esame hanno mostrato problemi scolastici nonché di sicurezza


(Sbrastein, e Piazza, 2008).
Molti sono i fattori che fanno del bullo un soggetto con una personalità deviata, le carenze
affettive che si subiscono durante i primi anni di crescita che hanno un ruolo determinante
nella formazione della sua personalità, ma anche il contesto familiare in cui si forma,
caratterizzato dal permissivismo ed eccessiva tolleranza può determinare cl’insorgere di
condotte violente. Così come un atteggiamento dispotico del potere all’interno della famiglia
e la mancanza di affetto (Olweus, 1983).
Storie di attaccamento difficile, conflitti, aggressività tra i genitori sembrano creare giovani
sempre più con comportamenti a rischio (Schwarth, 2000).
A evidenziare l’importanza della famiglia nella formazione della personalità del ragazzo
sono poi le numerose ricerche, che hanno messo in luce che laddove ci sono nella vita dei
figli genitori presenti costantemente ed affettivamente, scarse saranno le probabilità di
comparsa di comportamenti detti a rischio (Christofer et al., 1993; Donovan e Jessor, 1788;
Parkins et al., 1998;).
E’ stato riscontrato che il bullo ha ricevuto dalla famiglia un educazione rigida e autoritaria
e pertanto quando si trova fuori da quel contesto, trasgredisce, ha come uno sdoppiamento
di personalità (Lawson, 2001). Infatti studi recentissimi, dimostrano, che dietro una condotta
aggressiva e violenta c’e un’educazione rigida e autoritaria della famiglia (Cerezo Ramirez,
2015).
Anche assistere a violenze o ricevere continue punizioni o maltrattamenti fisici, può indurre
il giovane trasferire questo suo disagio nei coetanei più deboli (Castorina, 2003).
Se la famiglia del giovane bullo, non ama il proprio figlio e spesso lo considera come un
ostacolo ai propri bisogni, priorità e alle proprie necessità.
Possono favorire una condotta bullistica anche gli atteggiamenti incoerenti di entrambi i
genitori, ovvero quando il rimprovero di un genitore viene ritenuto eccessivo dall’altro,
creando in tal modo nel figlio una sorta di confusione su ciò che è giusto da ciò che è
sbagliato.
Può accadere che difronte ad un gesto di un compagno egli agisce in modo scorretto perché
interpreta scorrettamente le azioni dei compagni, egli sviluppa una condotta paranoide
(Civita, 2006).
Entrambe le figure genitoriali sono rilevanti per una corretta e serena crescita del figlio.

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Se infatti la figura del padre, è determinante per la formazione del super-io, quella materna,
è fondamentale perché si sviluppi nel giovane una sana salute mentale e una corretta condotta
sociale (Attili, 2002).
Una madre depressa, immatura che preferisce al marito che rende debole con i suoi continui
attacchi squalificanti, il figlio a cui attribuisce il ruolo di vendicatore dai sopprusi subiti e da
un padre assente, formerà nel figlio una personalità deviata (Moniello, e Quadrana, 2010).
Rilevante è poi vivere in un contesto povero e privo di risorse economiche e relazionali che
turbano la serenità familiare e di conseguenza quella dei figli (Vieno, Scacchi, Chieco, e
Barbato, 2005).
Alcuni autori ritengono inoltre, che la condotta del bullo possa essere causata da fattori
biologici predittivi di comportamento, un temperamento difficile caratterizzato da
ipersensibilità, scarsa attivazione del sistema neurovegetativo, iperattività a livello
psicofisiologico e anche difficoltà a mantenere la concentrazione (Dodge, e Zelli, 2000).
Altri autori sostengono ancora, che se dietro una condotta violenta del bullo non c’è una
famiglia con problemi è ipotizzabile in lui un tratto di personalità sensation seeking, ovvero
un sentimento di noia legato ad una vita vissuta senza forti emozioni e forti sensazioni è per
questo che egli cercherebbe stimoli ed eccitazioni smisurate (Maggiolini, 2008).
Il complesso fenomeno del bullismo, per potere trovare conferma ha bisogno della figura
della vittima.
A differenza del suo avversario, la vittima ha una personalità diversa e complessa, intanto
molti studi, hanno evidenziato in quest’ultima una scarsa autostima e un’eccessiva timidezza
nonché una scarsa opinione di sé e della sua situazione (Andreau, 2000).
La vittima è un soggetto ansioso e insicuro e poco stabile emotivamente. Non riesce proprio
per questa visione negativa di sé ad interagire con i compagni e a farsi accettare da loro, per
tale ragione sono scelti per ultimi nelle attività di gioco e durante l’attività ricreativa
rimangono o da soli o con l’insegnante.
E’ stato evidenziato anche, che tale soggetto, è affetto da iperattività e che vuole stare al
centro dell’attenzione, vuole che gli altri lo lusinghino e lo elogino continuamente finendo
per suscitare la reazione del bullo (Moniello, e Quadrana, 2010).
Alcune ricerche più recenti mostrano, che la vittima abbia un locus of control interno, cioè
ritiene che i fatti sociali negativi che gli accadono sono imputabili a se stesso, per cui da un

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lato pensa che sia possibile cambiare l’evento, dall’altro invece si vittimizza (Belacchi, e
Biagetti, 2008).
La letteratura distingue due tipi di vittima:

 vittima passiva
 vittima provocatrice.
La vittima passiva è un giovane, dalla personalità sensibile fragile, che soffre di solito di
ansia e insicurezza e che è contrario all’uso della violenza (Olweus, 1996).
Nell’altro caso la vittima è di solito di sesso maschile, caratterizzata da uno eccessiva
iperattività e di egocentrismo, vuole sentirsi continuamente elogiata, il suo diventa un
atteggiamento irritante che finisce per provocare la reazione del bullo (Moniello, e
Quadrana, 2010).
La vittima, porta con sé, in ogni momento della giornata, in ogni cosa che fa, e in ogni luogo
che frequenta, le cose subite, egli si sente pertanto in colpa e inadeguato e impotenza per
tutto quello che fa, e spesso di questo suo stato non si accorgono coloro che gli stanno vicini
nemmeno i familiari.
La vittima spesso scatena la violenza dell’aggressore per una sua specifica caratteristica che
può talvolta essere legata ad un suo aspetto fisico, altre volte invece all’orientamento
sessuale o all’appartenenza ad un’etnia diversa, infatti gli studenti di origine straniera sono
più vittimizzati (Rose, Monda-Amaya, e Espelage 2011).
Alcuni studi condotti nel 2008 da Baker, mostrano come un individuo che inizialmente è
vittima di bullismo, possa col passare del tempo, trasformarsi egli stesso in bullo, facendo
propri atteggiamenti e comportamenti tipici del fenomeno. Sempre gli stessi ricercatori
hanno poi sottolineato che, i bulli/vittima col trascorrere del tempo si trasformeranno in
soggetti con una molteplicità di problematiche legate all’autolesionismo e alla delinquenza
(Barker, Arseneault, Brendgen, Fontaine, e Maughan, 2008).
Per tali motivi è stata individuata una terza figura di vittima è quella di aggressori, essi sono
coloro che in un primo momento hanno subito aggressioni o che ancora le subiscono, e che
ricambiano queste violenze verso il gruppo dei compagni (Fante, 2012).
Dietro la vittima spesso c’è una famiglia unita e protettiva a tal punto che si viene a
determinare un legame molto forte che induce i figli ad avere problemi relazionali e difficoltà
nei rapporti interpersonali all’esterno di essa (Civita, 2006).

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Recenti studi condotti hanno tuttavia messo in evidenza la relazione tra il vivere in una
famiglia divorziata e lo sviluppo di atteggiamenti quali ansia e depressione oltre a collera e
disobbedienza (Gomez-Maqueo, e Heredia, 2014).
Una madre iperprotettiva, che ha impedito al proprio figlio di riuscire a difendersi dagli
attacchi esterni e a far fronte ai propri bisogni causandogli difficoltà nei rapporti
interpersonali (Moniello, e Quadrana, 2010).
La vittima, che subisce ripetutamente violenza, finisce a causa dei livelli alti di stress a cui
è sottoposta per presentare dei sintomi psicosomatici, uno di questi è la depressione che nei
casi più disperati può indurre la vittima al suicidio (Schwartz, 2000).
La depressione è esternata con sintomi di tristezza, astenia, perdita di concentrazione,
svogliatezza, insonnia e perdita di peso; altre volte invece è caratterizzata da manifestazioni
contrarie, come eccessiva agitazione, senso di grandezza, iperattività, nonchè un alterazione
dell’umore può determinare ipersonnia e aumento di peso (Ammaniti, 2002).
Nell’adolescenza i sintomi di malessere psicologico aumentano a dirlo è uno studio
pubblicato in Inghilterra nel 2007 da Sbrastein, in cui si è visto che il 77% dei suicidi
avvenuti tra adolescenti erano da attribuire al bullismo di qualsiasi genere, nel 2008 poi, lo
stesso ricercatore ha visto che i soggetti coinvolti in episodi di bullismo, presentavano
comportamenti a rischio di autolesionismo ed in particolare tentativi di suicidio (Sbrastein,
2008).
I dati Censis del 2008 evidenziano uno stretto legame tra vittimizzazione, depressione e
bullismo.
In modo più dettagliato, attraverso altre ricerche, hanno mostrato una forte relazione tra i
sintomi depressivi e l’essere o l’essere stati vittime di episodi di bullismo (Katicla-Heino,
2010).
Ragazzini adolescenti che hanno problematiche di bullismo e depressione valutati dopo
quattro anni da questi episodi, mostravano una compromissione a livello psicologico,
rispetto ai loro pari (Klomek, et al., 2011).
Inoltre in ragazzi con età compresa tra i 9 e i 16 anni considerati come vittime e come
bulli/vittime è emerso che in età più matura, siano soggetti a sintomi quali: ansia,
depressione, disturbo antisociale di personalità e suicidalità (Copeland, Wolke, Angold, e
Costello, 2013).

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Da questi dati presi in esame, emerge, un dato allarmante che la vittima di bullismo è a volte
suicida, ciò non ci deve stupire poiché, il disagio viene vissuto in un età in cui l’individuo è
in una fase di formazione emotiva e cognitiva, di conseguenza egli si sente investito da
qualcosa che gli appare “più grande di lui” e ciò lo può indurre a compiere il peggio.
I fatti di cronaca, mettono in luce sempre più spesso, frequenti suicidi di ragazzi coinvolti in
episodi di bullismo.
Il “Corriere della Sera” del 7 maggio 2005, riportava la notizia di due giovani di anni 13 di
Ragusa in Sicilia, che si erano tolti la vita perché stanchi di subire prevaricazioni e violenze,
anche “La Repubblica” del 5 aprile 2007, ha riportato due casi di suicidio giovanile sempre
legati al bullismo.
Altro fatto di cronaca successo in Italia risale al 23 ottobre del 2006 a Torino e precisamente
nell’Istituto Albe Steiner, dove un tredicenne viene marchiato a fuoco con un tappo di
metallo di bottiglia da due suoi compagni, la cosa che lascia attoniti e che l’episodio si
verifica sotto gli occhi di tutti.
In Italia è stato pubblicato nel 2009, il rapporto relativo ai casi di suicidio e anche di tentato
suicidio, dai dati si è visto che questi episodi tra i giovani legati a fatti di bullismo aumentano
all’aumentare dell’età.
Dunque concludendo, possiamo confermare, la correlazione tra bullismo e suicidio ed è
proprio per tale ragione, che alcuni autori hanno coniato, un nuovo termine “bullicide”,
ovvero suicidio dell’individuo che ha subito atti di bullismo (Marr e Field, 2001).
E’ evidente, da quanto riportato, la diffusione del fenomeno, ma è altresi’ evidente che si
stanno cercando forme di prevenzione volte ad impedire che episodi del genere continuino
ad accadere.

1.5 Rilevanza attualità del fenomeno

Con il dilagarsi del fenomeno bullismo, la necessità di studiarlo ed analizzarlo è divenuta


sempre più pressante.
La sua diffusione nel contesto scolastico e le dinamiche relazionali e psicologiche che
investono i soggetti che ne sono coinvolti hanno allarmato e attirato l’attenzione di molti
ricercatori.

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Per queste ragioni, man mano che il problema si affermava, sia a livello Internazionale, sia
a livello Europeo, vari studiosi incominciarono ad interessarsene con particolare attenzione.
A livello internazionale è stato Olweus nel 1983 in Norvegia, che per primo ha studiato e
fatto delle ricerche sul problema del bullismo nella scuola. Egli dopo attenta analisi, rivelò,
che nella scuola il 15% degli alunni era stato coinvolto in atti di violenza.
Più tardi, invece, in Australia, Rigby e Slee nel 1991, arrivarono a dimostrare che la
percentuale di giovani che erano coinvolti in atti di bullismo diminuiva con il crescere
dell’età. I maschi più frequentemente sono i bulli, mentre le femmine erano più coinvolte in
forme di bullismo di tipo indiretto, che le violenze avvenivano più frequentemente nei cortili
delle scuole, nelle mense ovvero nei luoghi meno controllati dai grandi.
Poi intorno al 1993 furono Whitney e Smith che in Inghilterra mostrando i dati della loro
ricerca evidenziarono che la fascia d’età più coinvolta in fatti di bullismo era compresa tra i
7 e i 14.
Ancora più recenti sono gli studi condotti in America da Nansel et al., nel 2001, essi hanno
dimostrato che il 30,0% degli alunni tra la scuola media e superiore sono coinvolti in azioni
di bullismo, anche il National Center for Education Statictics, nel 2007 rivelò che nelle
scuole statunitensi il 21,0% degli alunni di scuola primaria, il 43,0% di alunni della scuola
secondaria avevano avuto a che fare con fatti di bullismo.
Un importante indagine effettuata in Italia sia nella scuola elementare sia alle media ha
evidenziato un dato significativo sul bullismo. Successivamente fu la ricercatrice Ada Fonzi,
che nel 1997, coordinò un progetto di ricerca su quasi tutto il territorio italiano e
precisamente: Piemonte, Valle D’Aosta, Calabria, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e
Palermo, dai risultati della sua ricerca venne fuori un dato preoccupante e cioè che la
percentuale di atti di bullismo compiuti nella scuola italiana erano particolarmente elevati.
Un ulteriore dato che è emerso dalla ricerca di Prina nel 2000, fu che a seconda dell’ordine
di scuola, cambiava il tipo di vittimizzazione.
Alla scuola elementare la violenza subita dalla vittima era di tipo fisico, alla scuola media,
di tipo verbale.
Successivamente, furono effettuate altre ricerche di due anni dalla World Healt
Organization, aventi come campioni studenti compresi tra gli 11 e i 15 anni di età che
avevano subito atti di violenza a scuola.

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Da esse emersero dati poco rilevanti, negli anni 2001/2002, infatti, i giovani che avevano
subito atti di bullismo erano pochi.
Nella successiva ricerca Hsbc, del 2005/2006 questi dati vengono confermati. Mentre, ciò
che risultava preoccupante sempre dagli stessi dati era l’aumento dei ragazzi che invece
dicevano di avere commesso atti di bullismo su coetanei (Hsbc, 2008).
In Italia a differenza della precedente ricerca si evidenziava tra il 2005/2006 una percentuale
medio alta dei ragazzini che dichiaravano di avere “bullizzato” un compagno.
Da un’indagine condotta dall’Eurispes “Rapporto Italia 2011”, è emerso che un bambino su
tre subisce atti di bullismo.
E che una percentuale di bambini che frequentano la scuola italiana nella misura del 39,1%,
ha assistito a episodi di bullismo.
Sempre da questi dati è emerso un altro dato preoccupante e cioè l’aumento dei bambini che
hanno dovuto sentire sul loro conto notizie false e di quelli che sono stati esclusi dal gruppo
dei coetanei.
Secondo un’altra ricerca condotta in Italia dall’Eurispes e dal Telefono Azzurro nel 2011/12,
il 16,2% di ragazzi hanno confermato di essere ora occasionalmente, e talvolta ripetutamente
un bullo.
Sono recentissime le statistiche pubblicate dal Telefono Azzurro rispetto ai casi gestiti dal
Centro Nazionale di Ascolto, in esse un dato è evidente che le richieste di aiuto arrivate a
tale associazione hanno interessato ragazzi che hanno dichiarato di essere vittime di episodi
di bullismo.
Negli anni 2013/2014 il bullismo è raddoppiato e nella maggioranza dei casi chi commette
atti di bullismo è un compagno o un amico di scuola.
Le regioni più interessate al fenomeno risultano essere: la Lombardia con il 12,4% di
chiamate di aiuto, segue il Veneto con il 10,2% ed infine il Lazio con il 7,2 %.
La maggior parte di coloro che contattano il telefono azzurro sono adolescenti tra gli 11 e i
14 anni di sesso femminile.
Un altro dato emerso di recente è la presenza di un bullismo sempre più al femminile, così è
confermato da un indagine della Polizia Postale con “Skuola. Net” per la campagna “Una
vita da social”.

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Si legge nella nota che 1 ragazzo su tre denuncia la presenza di ragazze tra gli aggressori,
che gli episodi di cyber bullismo colpiscono maggiormente le femmine rispetto ai maschi e
l’età compresa va dagli 11 anni ai 13.
Risulta dunque preoccupante oggi la diffusione di episodi di bullismo che vedono in esso
sempre più coinvolte ragazze coetanee.
Le ragazze che litigano e si picchiano utilizzano il loro fisico come un arma con cui aggredire
ciò che le circonda.
Le bulle attivano dei processi per i quali si identificano con ragazzi, ragion per cui agiscono
alla stessa loro maniera, e anche perchè, ciò è conseguenza del fatto che attualmente la donna
ha assunto ruoli che un tempo erano esclusivamente maschili creando nella famiglia una
confusione di ruoli e facendo venir meno la distinzione che un tempo era netta e divisa tra
uomo e donna, (Giacobbi, 2003).
Inoltre le ragazze sono più portate alle forme di bullismo virtuale, l’incidenza del fenomeno
avviene per lo più tra l’età pre-adolescenza e adolescenza e crescerebbe con l’aumentare
dell’età (Tsitsika et al., 2014).
Altro dato emergente è l’aumento del bullismo elettronico, infatti uno studio esplorativo
condotto in Spagna ha messo in risalto che è notevolmente in aumento il cyberbullismo tra
i giovani compresi nella fascia di età che va dai 12 ai 17 anni. Attraverso questa ricerca, che
ha preso come campione 1.415 studenti adolescenti spagnoli, si è visto che il fenomeno è
aumentato del 35% rispetto all’anno precedente, inoltre dai dati emerge che sono per lo più
i maschi a perpetrare il bullismo elettronico rispetto alle femmine e riguarda i ragazzini di
gradi di istruzione più bassi (Buelga-Vazquez, Cava, Musitu-Ochoa, e Torralba, 2015). Gli
autori del cyberbullismo spesso sono poco consapevoli degli effetti devastanti che attraverso
le loro azioni e provocazioni causano alla vittima. E’ stato riscontrato infatti da recenti
ricerche che, il cyberbullismo, la vittimizzazione e la perpetrazione hanno un effetto
devastante sulla salute mentale delle giovani vittime coinvolte. Essi presentano disturbi di
ansia e depressione inoltre risultano in crescente aumento tra esse l’uso di sostanze
stupefacenti e comportamenti suicidari (Nixon, 2014).

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CAPITOLO SECONDO

LA VIOLENZA E L’AGGRESSIVITA’ A SCUOLA

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2.1 Teorie sull’origine dell’aggressività e della violenza

2.2 Principali fattori che generano e influenzano il

comportamento aggressivo-violento a scuola

2.3 Aggressività e bullismo

2.4 La Famiglia nella sua complessità e l’importanza dei

rapporti genitori-figli

2.5 La scuola come luogo di relazioni e l’importanza

dell’insegnante

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2.1 Teorie sull’origine dell’aggressività e della violenza

Il termine “aggressività” proviene dal latino “adgredior” e vuol dire avvicinarsi a qualcuno
o a qualcosa, andare verso, aggredire con intenzione negativa o positiva, benevola o maligna
(Marini, e Mameli, 2004). L’aggressività è una componente emotiva ed istintuale dell’essere
umano, che gli permette di reagire alla paura o alle minacce, ma anche di difendersi e
combattere in momenti difficili della propria vita (Lupidi et al., 2014). In verità cercare di
spiegare il concetto di aggressività non è cosa molto facile, proprio per tale ragione, sono
stati studiati vari aspetti del fenomeno aggressivo e conseguentemente elaborate diverse
definizioni e teorie. E’ aggressivo quel comportamento volto a fare male ad un altro essere
umano, che vuole evitare questa condotta, dunque fondamentali perché si parli di
comportamento aggressivo è che vi sia la componente intenzionale, e il volere evitare il
comportamento violento (Baron e Richardson, 1994). Il comportamento sociale si può
considerare un tipo di comportamento aggressivo, che viene influenzato dalla componente
ambientale che viviamo e che ci circonda (Krahè, 2001). Un comportamento, può dirsi
aggressivo, se causa intenzionalmente un danno a terzi o a cose attraverso una serie di
violenze fisiche o verbali (Cerutti e Manca, 2008). Svariate sono le forme in cui
l’aggressività può manifestarsi, ora con eccitazione motoria determinata da dolore o rabbia
ora da aggressione strumentale ovvero un atto antisociale finalizzato a conseguire un bisogno
immediato (Berkowitz,1974).

Ne consegue una distinzione dei comportamenti aggressivi in:

Attivi-Passivi

Diretti –Indiretti

Autodiretti- Eterodiretti.

Attraverso l’aggressività si vuole soddisfare una necessità o un desiderio, il conseguimento


di esso, avviene attraverso il compimento di danni fisici o psicologici, frutto di emozioni
forti come: la frustrazione, l’odio e la rabbia, dunque l’aggressività può definirsi “come una
risposta che emette stimoli nocivi nei riguardi di un altro organismo” (Buss, 1971). La
complessità del fenomeno “aggressività”, ha indotto ad una serie di studi e ricerche. Uno tra
essi ha visto che a determinare l'insorgenza di comportamenti violenti sono la

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socializzazione precedente, ma anche alcuni fattori come: gli ambienti, le opportunità ei


processi di socializzazione di base; inoltre molto contano i processi di interazione tra
l’identità personale e quella sociale dei giovani integrato in gruppi violenti (Martín, M. J, et al.,
2017). L'evoluzione e l'involuzione di gruppi violenti dipenderebbero l'interazione tra le identità
personali e sociali dei suoi membri. Ad uno stadio più basso abbiamo la formazione reticolare,
che è capace attraverso una scala graduale di regolare i livelli di eccitabilità del sistema
nervoso, mentre a livello centrale a livello di sinapsi passa solo l’impulso nervoso che è
superiore alla soglia. Dunque i livelli di eccitamento o di rilassamento del sistema nervoso
sono regolati dalla formazione reticolare (Ruggeri, 1997). La formazione reticolare attiva
l’organismo all’azione, le componenti del paleoencefalo, sono quelle a essere più interessate
nella formazione dell’aggressività. Il sistema neurovegetativo è attivato dalla stimolazione
dell’ipotalamo e del sistema limbico, in questo modo vengono generate varie risposte
somatiche e viscerali, che coinvolgono la secrezione neuronale, la pressione del sangue,
l’attività dei muscoli e il ritmo del cuore tutto questi sintomi, preparano o all’aggressività o
alla pacificazione (Parmigiani, 1992). L’amigdala, avendo un ruolo determinante sulla
corteccia celebrale se subisce delle lesioni comporta una inibizione delle azioni aggressive.
Di recente alcuni studi condotti sulla stimolazione delle aree celebrali, hanno mostrato che
nell’amigdala, esistono zone che vanno ad inibire l’aggressività, e altre che favoriscono
comportamenti violenti (Zepponi e Sabatello, 2010); in più è stato visto che lesioni alla
corteccia prefrontale portano a non essere più in grado di regolare le emozioni, causando in
tal modo comportamenti aggressivi.

Altri studi recenti, invece, hanno messo in relazione l’aggressività con la componente
ormonale e sessuale, si è visto che il testosterone più presente è più induce all’essere violenti
e aggressivi, ragione per cui gli uomini sono più aggressivi rispetto alle donne e usano più
la forza fisica (Marchetti, Baralla, e Catania, 2013). A conferma di ciò è anche il fatto che il
cervello dell’uomo diversamente da quello della donna è più propenso a sistematizzare a e
poco empatico; ragion per cui la componente aggressiva è più degli uomini che non essendo
coinvolti emotivamente riescono a fare del male più facilmente (Baron-Choen, 2012). Il
primissimo approccio alla ricerca sulle origini e sulla natura del comportamento aggressivo
è stato effettuato da Freud attraverso la psicoanalisi, egli dopo vari studi, arriva a considerare
l’aggressività come strumento dell’io per contrastare gli insuccessi, e confermare la propria
individualità, eliminando in tal modo ciò che genera infelicità. Egli inoltre sostiene che nel

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soggetto sin dalla nascita sono presenti: la pulsione alla vita, l’Eros, e la pulsione di morte
distruttiva, il Thanatos (Freud, 1923). Queste due componenti avranno risvolti differenti
durante il percorso di vita del soggetto, poiché se egli ha un buon rapporto con ciò che lo
circonda, predominerà la pulsione vitale e dunque amerà la vita in generale, viceversa se
dall’esterno il soggetto riceverà delusioni e frustrazioni, allora sarà presente in lui il senso di
morte e la comparsa di comportamenti aggressivi (Freud, 1929). Oltre Freud, anche Lorenz
nel 1963, cercò di spiegare il perché del comportamento aggressivo. Egli sostenne che esso
è parte del nostro corredo genetico, ed in quanto tale è un “istinto innato” nell’uomo, che
produce energia e forza vitale necessaria per la propria affermazione e che poi si concretizza
in una reazione ostile, che in taluni casi può portare a conseguenze distruttive estreme in
un’organizzazione sociale (Lorenz, 1963). Dunque per Lorenz, la componente aggressiva
insita in ogni essere umano è determinante per l’acquisizione della fiducia in se stessi e per
la sopravvivenza del soggetto (Lorenz, 1971).

Al fine di sfogare questa componente violenta, l’autore consigliava lo svolgimento di attività


sportive, che aiutando a sfogare l’aggressività, evitano conseguenze spiacevoli. Tuttavia
queste due teorie dette innatistiche, mancano di prove empiriche o sperimentali in grado di
sostenere che l’uomo è per natura aggressivo. Altri autori, hanno associato il comportamento
aggressivo ad uno stato di frustrazione, Dollard e Miller (1939), per esempio ritengono che
la situazione di frustrazione in cui vive l’individuo crea in lui uno stato di tensione, che
scatenerebbe atteggiamenti violenti. Dunque lo stato di frustrazione causato da un lato dal
non avere perseguito un obiettivo, dall’altro dal fatto di essere disattesa una promessa, genera
aggressività (Dollard, et al., 1939). Bandura nel 1973, propose una teoria dell’aggressività
legata a componenti ambientali e cognitive. Per l’autore, l’aggressività, non è causata da un
comportamento istintivo, ma dal contesto sociale che lo circonda e dal quale egli apprende
e imita ciò che vive, si parla a tal proposito di “apprendimento imitativo” (Bandura et al.,
1961,1963). In generale, per realizzarsi un apprendimento, è sufficiente osservare un altro
individuo che agisce, ne consegue che, se un soggetto, vede compiere un’azione violenta,
sarà indotto a mettere in atto questo tipo comportamento tanto più, se chi attua la violenza è
un soggetto a lui vicino, come potrebbe essere un amico o un parente (Oliverio, 2007).
L’osservazione del comportamento di un altro soggetto, fa recepire sia le conseguenze, sia
gli effetti di quel dato comportamento e fa acquisire un bagaglio comportamentale che può
sia rafforzare atteggiamenti già acquisiti, sia diminuire il controllo di atteggiamenti istintivi.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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In questo modo l’individuo con l’osservazione delle figure di riferimento specie quelle
parentali e quelle cinematografiche, apprende diverse azioni, che poi tende ad imitare
divenendo suo bagaglio comportamentale (Bandura, et al., 1961; 1963).

Per cui, quando un giovane, si rende conto che chi compie l’atto violento è apprezzato e
rispettato e che ciò viene tollerato e approvato, tenderà per imitazione a attuarlo per avere
successo tra i coetanei e gli amici (Civita, 2006). Successivamente, grazie agli studi di
Bandura, venne analizzato da Dodge l’aspetto cognitivo del comportamento aggressivo con
la teoria del “Social Skills Deficit Model”, e venne visto, che i bambini aggressivi erano
coloro che avevano deficit di abilità sociali, essi non erano in grado di valutare in modo
esatto le loro azioni, con la conseguenza, che non riuscivano a capire gli effetti che dal loro
comportamento aggressivo ne scaturivano (Dodge, 1986).

Avendo scarse abilità sociali i giovani aggressivi iniziano ad avere una scarsa opinione di se
stessi nei confronti dei loro coetanei e conoscenti ma non fanno nulla per modificarla. Inoltre
la condotta violenta potrebbe avere ripercussioni dal punto di vista sociale, fino al
consolidamento delle stesse condotte aggressive (Dodge, 1992).

Altri autori, collegano l’aggressività al miglioramento dell’affettività negativa, questa


sarebbe migliorata nel momento in cui il soggetto svilupperebbe un comportamento di tipo
aggressivo, ciò senza che il risultato conseguito riesca a contenere altre condotte aggressive,
che solitamente non finiscono (Bushman, Baumeisteir, e Phillips, 2001).

Le tesi legate alla componente aggressiva, hanno ricondotto a concetti legati all’etologia e
alla psicoanalisi, proprio perché essi hanno notevole attinenza essendo teorie energetiche del
sistema nervoso (Robustelli, 1986).

Ad esse si sono aggiunte le teorie informazionali, come quella di Bandura, secondo le quali
anche se il soggetto ha una predisposizione genetica a comportarsi in maniera violenta,
questa non è automatica, ma dipende dal fatto di come siamo educati e socializzati,
l’atteggiamento violento è il risultato delle informazioni apprese dalle stimolazioni
ambientali.

A conferma di ciò nel 1986, venne da un gruppo di ricercatori stipulato un documento


chiamato “Dichiarazione di Siviglia sulla violenza”. Sottoscritto nel 1989 dall’UNESCU
(Robustelli e Pagani, 1996).

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Effettivamente, nell’attuale società, quanto sostenuto da Bandura sembra trovare notevole


riscontro, i giovani sempre più violenti, sono influenzati dagli innumerevoli programmi
televisivi e cinematografici e da videogiochi che mostrano scene e azioni di violenza.

Cercano di imitarli, in particolare quando ad agire violentemente sono figure carismatiche,


che poi hanno molto successo tra i giovani. Alcuni ricercatori nel 2010, cercarono di capire
l’influenza che i videogiochi violenti avrebbero nella determinazione di comportamenti
aggressivi. Conclusero sostenendo che essi hanno un importante incidenza nella formazione
di un pensiero violento e dunque di una condotta aggressiva (Anderson et al., 2010).

Uno studio condotto di recente da alcuni ricercatori australiani, ha mostrato che


sottoponendo dei ragazzi alla visione di giochi violenti, i loro comportamenti aggressivi
aumentavano, diversamente accade con la visione di giochi prosociali (Greitemeyer, e
Mugge, 2014).

Ferguson assieme ad altri studiosi scoprirono che i giovani che giocano con video giochi
violenti, in verità sono coloro che sono a rischio e hanno una attitudine all’aggressività
(Ferguson, 2011). Possiamo dire allora, che il comportamento aggressivo, è generato
dall’insieme di più fattori concatenati tra loro, l’ereditarietà, il genere, l’ambiente ed infine
i modelli di riferimento. Infatti nel primo caso, gli individui hanno un maggiore potenziale
aggressivo rispetto ad altri, il genere in quanto il sesso maschile è più aggressivo rispetto
alle donne; l’ambiente nel senso che a provocare un azione violenta può essere una forte
emozione che fa perdere il controllo delle proprie azioni ed infine i modelli di riferimento
dettati dalla nostra società sempre più violenta, che inducono alla loro osservazione e
imitazione (Lawson, 2001).

2.2 Principali fattori che generano e influenzano il comportamento aggressivo-violento


a scuola

Nella società moderna, i continui mutamenti, hanno originato nelle nuove generazioni
smarrimento e confusione, si sono persi di vista i veri valori e il senso della vita, proprio in
questo contesto di disagio i ragazzi vivono una grande crisi esistenziale e un grande

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malessere, che non dà spazio al loro percorso evolutivo funzionale (Pace, e Guzzo, 2012).
Questa società post- moderna ha fatto venire meno tutti i modelli culturali, sociali, morali
etici e familiari a cui facevano riferimento gli adulti, perché gli stessi adulti sono entrati in
crisi (Ratti, 2015). Si verifica allora, che questa nuova società, non è in grado di dare i valori
di un tempo ai giovani, quelli che rappresentavano le solide basi per la loro crescita e
formazione, il crollo di questi, ha causato una situazione di anomalia della società, la quale
è incapace non solo di ascoltarsi ma anche di ascoltare i ragazzi e le loro richieste, sarebbe
opportuno fare capire alle nuove generazioni cosa è il bene, il dovere e la coscienza morale
al fine di arricchire la loro persona umana. Possiamo dire di vivere un “deserto di
insensatezza”, causato dall’atmosfera nichilista del nostro tempo (Galimberti, 2008). Non
sempre è facile comprendere i giovani di oggi, ancor di più nel periodo dell’adolescenza, in
cui avviene uno sconvolgimento che porta a differenti trasformazioni che riguardano sia la
fisicità del giovane sia gli aspetti etici morali e psicologici, passaggio non facile che
comporta l’abbandono dell’immagine infantile per acquisire quella di adulto, in questo
momento avviene il distaccano dalle figure genitoriali per diventare adulti (Buzzi, Cavalli,
e De Lillo, 2007).

Proprio durante questa fase, capita ai giovani di entrare in continuo conflitto con il padre e
la madre e di sentirsi criticati, soli, e contestati per qualsiasi cosa dicano o facciano dagli
stessi, che hanno a loro volta sempre più difficoltà, in questa realtà sociale, a comprenderli
e a gestirli (Eberlein, 2014). Spesso, i nostri giovani, sono figli unici, senza regole e
capricciosi, incapaci di osservare i principi del vivere comune e non capaci di preoccuparsi
degli effetti del loro agire sbagliato nei confronti degli altri. Per un genitore è davvero
difficile capire e prendere reale coscienza e consapevolezza che i figli sono capaci di mettere
in atto comportamenti di prepotenza e violenza nei confronti di coetanei, e ciò per il semplice
motivo che i figli sono il bene più prezioso che un genitore possa avere, tuttavia scoperto il
malessere dei propri giovani, essi dovrebbero iniziare a porsi delle domande e capire che
dietro questi comportamenti c’è sempre una correlazione con l’ambiente familiare che può
riguardare o il rapporto coniugale o anche quello tra genitore e figlio (Fratini, 2014).

I giovani, oggi, sono costantemente alla ricerca di esperienze caratterizzate da rischio perché
attraverso la pericolosità si sentono più integrati in questa moderna realtà (Prina, 2003). I
loro sono spesso comportamenti definiti a “rischio” nel senso che vivono situazioni dove vi

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sono carenze sia materiali sia relazionali (Bertolini, et al., 2015). La molteplicità di
trasformazioni in continuo divenire spinge i ragazzi anche a fare più spesso consumo di
sostanze alcoliche e stupefacenti spingendoli in tal modo a quel disagio giovanile tipico di
questa società. Alcune ricerche a livello europeo, condotte su ragazzi tra i 10 e i 18 anni,
mostrano come essi sempre più frequentemente mettono in atto condotte a rischio e
comportamenti violenti, è abituale il consumo di bevande energizzanti con aggiunta di
alcolici, in percentuale del 68% (Zucconi et al., 2013). Altro dato sempre emerso da una
ricerca è la relazione tra consumo di alcol e la amicizia con coetanei devianti, ed infatti
questo è il periodo caratterizzato dalla preferenza degli amici ai genitori (Vieno, 2011).
Anche l’uso di cannabis è in costante aumento tra i ragazzi, ma ciò che preoccupa è che tale
consumo induce all’aggressività (Begotti et al., 2011).

Questa realtà, ci fa comprendere il disagio vissuto dai giovani, sempre più educati in modo
permissivo, senza l’osservanza di regole e senza che riescano a capire il confine tra ciò che
si può e non si deve fare e quello che è giusto da quello che è sbagliato. Il dilagante
permissivismo presente ormai nell’educazione familiare, spinge i ragazzi a ridurre i loro
livelli di aspettative, e li induce ad una cultura dell’effimero, del tutto e subito senza
sacrificio e lotta per conseguire i propri obiettivi, senza porsi nemmeno il problema se per
conseguirli si causano conseguenze negative ad altri, vengono messi da parte i sani rapporti
di amicizia in virtù della propria esaltazione. Questa cultura mediatica, in un società sempre
più conformista e narcisista, respinge quella che un tempo era l’educazione dell’umanesimo
moderno, incentrata sul desiderio di conseguire desideri importanti e ambiziosi e di coltivare
la fiducia in se stessi e negli altri (Vaccarini, 2014). I giovani sono sempre più scontenti, ma
anche più aggressivi nei confronti di tutto e tutti, è preoccupante assistere ogni giorno a casi
di violenza in ogni luogo, ma soprattutto tra i banchi di scuola, questa situazione divenuta
allarmante preoccupa la collettività intera che finalmente ha iniziato a farsi delle domande,
ma allo stesso tempo si è venuto a creare un clima di agitazione che rende sempre più
complessa e non facile la gestione della comunicazione tra adulti e giovani (Mosconi e
Vignaga, 2015). La violenza è indicativa di un malessere, ma è anche il frutto di una società
che avendo riconosciuto il culto della forza fisica e della tolleranza verso atteggiamenti
violenti ha quasi autorizzato l’essere umano a violare le leggi e le regole della convivenza
civile. Dunque l’uso della violenza viene visto come rimedio per porre fine a fatti conflittuali

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oltre che ad essere visto come un volere essere riconosciuti dalla propria famiglia e dal
gruppo di riferimento (Civita, 2006).

Da una recente ricerca condotta in Spagna su adolescenti di età compresa tra i 14 e i 20 anni
nelle relazioni tra giovani la principale forma di violenza esercitata è quella verbale ed
emotiva e inoltre è in aumento la violenza sessuale, ciò è determinato da vari fattori:
sessismo, frustrazione e bassa soglia di tolleranza (Gonez, et al., 2014). Il disagio dei ragazzi,
mette in risalto la situazione difficile che una buona parte di loro vive attualmente e che
trasmette agli adulti, i quali hanno sempre più difficoltà a relazionarsi e a discutere con loro.
Attraverso una ricerca condotta sugli stili genitoriali e gli adolescenti, è emerso che se i
genitori, attuano uno stile educativo fatto di dialogo, abbracci, fiducia, supporto e prendono
in considerazione le opinioni e i pareri dei figli, si riduce l’intensità e la frequenza dei
conflitti genitori-figli (Ramos, e Martinez, 2015). I sociologi riscontrano attraverso i loro
studi, che gli attuali giovani, sono sempre più coinvolti in comportamenti antisociali e
criminosi e questo perché spesso hanno problemi legati al loro ambiente familiare (Gottman,
2015).

La famiglia è il primo punto di riferimento del bambino prima e dell’adolescente


successivamente, proprio per questo è determinante nella formazione della personalità dei
figli. Tuttavia essa oggi viene a mancare, non è più la stessa, si è infatti passati da un tipo di
famiglia tradizionale patriarcale, ad una famiglia spesso nucleare e mononucleare, in cui il
controllo e l’educazione dei figli è demandata ad uno dei genitori spesso alla madre, che non
riesce più a dare ai figli le competenze necessarie da utilizzare nella vita futura (Baraldi,
1999). Famiglie sempre meno presenti, e con situazioni conflittuali fatte da scene di liti e
anche di violenza che mettono a dura prova l’autostima e l’affermazione dei figli, e che
generano sempre più stress e problemi di tipo comportamentale ed emotivo degli stessi. Una
ricerca effettuata su ragazzini di età tra i 9 e i 12 anni ha rilevato il legame che intercorre tra
la separazione dei genitori e i comportamenti degli stessi, dai dati appare chiaro che i figli di
genitori separati abbiano problematiche di tipo comportamentale e socio-emotivo, nonché
sbalzi umorali sia nella vita sociale sia in quella scolastica (Martin-Calero, 2014).

Oltre la famiglia, anche la scuola, ha un ruolo importante nella vita e ormazione del giovane.
Essa, infatti, rappresenta la più importante agenzia di socializzazione e formazione dopo la
famiglia che deve essere capace di dare regole, principi, gratificazioni, sostegno e sanzioni

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quando occorre agli alunni, affinchè ciò serva a migliorarli e a farli crescere. La scuola deve
far diventare l’alunno responsabile oltre che autonomo. In più deve dare ai giovani quegli
elementi necessari per crescere socialmente culturalmente, ma anche psicologicamente
(Caravita, 2004). Questi fattori verrebbero a mancare nel momento in cui il percorso
scolastico dell’alunno sarebbe ostacolato da componenti negative che andrebbero a
contrastare il principale obiettivo dell’istituzione scuola. Per questo, sempre più oggi, si
chiede all’istituzione scolastica, di attuare interventi migliorativi del gruppo-classe con
attività volte ad incentivare la solidarietà e la collaborazione tra loro, ma è evidente che per
fare ciò non si possono scomporre le due componenti principali affidate alla scuola ovvero
socializzazione e apprendimento (Busato e Scotto, 2004).

2.3 Aggressività e bullismo

Gli studi sul fenomeno bullismo hanno messo in relazione lo stesso con le condotte
aggressive e trasgressive. Sembra infatti, che i soggetti coinvolti in questo scenario sempre
più complesso e articolato, abbiano un alta tolleranza nei confronti di comportamenti detti
“devianti” (Bonino, 2007).Nella problematica del bullismo tra coetanei a scuola, è evidente
che c’è una condotta aggressiva e come essa abbia radici ben radicate nel contesto
relazionale, per queste e altre ragioni il bullismo è considerato un fenomeno di gruppo
all’interno del quale ogni soggetto che lo compone ha un ruolo ben determinato e distinto, e
nel quale l’attuazione o il volere fermare una condotta aggressiva investe tutti (Genta, Brighi,
e Guarini, 2013).Sempre più spesso questo fenomeno si verifica tra i giovani adolescenti,
perché è proprio in questo momento della loro vita che vogliono affermarsi e determinare
nel gruppo una sorta di gerarchia sociale, per queste ragioni spesso si verificano episodi di
scontro e conflitto con l’attuazione di azioni violente e aggressive (Pellegrini e Long, 2002).
Da studi condotti, colui che mette in atto la condotta aggressiva gode tra i coetanei sia che
essi siano amici, sia che siano compagni di scuola, di una grande stima sono considerati
simpatici, allegri, e soprattutto leader, dunque a differenza del passato dove l’aggressore era
un giovane socialmente marginalizzato, oggi la tesi corrente e che ad essere coinvolti in
episodi di violenza siano proprio ragazzini competenti socialmente (Rokin, Farnier, Perarl,
e Van Acker, 2006).

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Le forme di aggressività che i pari esercitano tra loro sono molteplici, tuttavia alcuni
ricercatori stanno studiando quali siano tra queste quelle che possono farsi rientrare nel
fenomeno bullismo. I risultati di questa ricerca condotta su studenti di elementare e media,
ha mostrato che essi hanno descritto il bullismo con criteri simili a quelli della letteratura
classica, tuttavia hanno utilizzato termini e parole diverse. In più gli alunni più piccoli di età,
hanno mostrato fiducia nelle capacità degli adulti per far fronte in maniera efficace alle
situazioni di bullismo, mentre gli studenti più adulti dicono di volere affrontare il bullo con
la sua stessa aggressività e forza (Donoghue, Braudwein, Rosen, e Almeida, 2015). Sembra
doveroso tuttavia capire che cosa si debba intendere per comportamento aggressivo e quando
è tale. Volendo riassumere possiamo dire che l’aggressività umana è un comportamento
intenzionale che ha come obbiettivo quello di arrecare una sofferenza ad un altro soggetto
causandogli lesioni ora psicologiche ora materiali. Essa è espressione di una molteplicità di
condotte molto diverse tra loro, esse vanno da quelle fisiche e dunque presuppongono un
contatto fisico a quelle verbali che si caratterizzano con offese, minacce, e prese in giro, e
ancora vi è un’aggressività sociale che avviene attraverso o l’isolamento sociale o con
l’alterazione dei rapporti di amicizia (Buss, 1971). Un dato comportamento si può
configurare come aggressivo se c’è l’intenzione, ovvero la volontà di volere causare un
danno, l’azione, di volere determinare un danneggiamento che attiene al fisico sia con
aggressività verbale sia senza.e lo stato emotivo.

Proprio la difficoltà di capire il concetto ha fatto si’ che tanti autori lo considerassero un
costrutto multidimensionale (Coie e Dodge, 1998). Lo studio del comportamento aggressivo
ha suscitato interesse in tanti autori per molti aspetti, anche perché si è visto che chi ha una
condotta violenta da piccolo da grande avrà problemi di salute mentale, drop-out scolastico,
abuso di sostanze stupefacenti nonché problemi occupazionali e di tipo familiare e di coppia
(Williams et al, 2000). Le condotte aggressive ad oggi sono suddivise fenomenologicamente
in differenti specie:

-l’aggressività attiva, ovvero quando un individuo cerca di fare del male a qualcuno attuando
la forza,

-l’aggressività passiva, che consiste nel non dare aiuto a chi ne ha di bisogno

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-l’aggressività diretta, quando si utilizza in modo mirato il proprio corpo per arrecare
sofferenza ad un altro,

- l’aggressività indiretta, si ha quando si diffondono sul conto di altri calunnie,

-l’aggressività autodiretta, avviene col creare disagio a se stessi,

-l’aggressività eterodiretta, in cui l’oggetto della violenza diventa l’alterità,

-l’aggressività reattiva ovvero quella originata dall’avere subito un torto e dal volere
vendicarsi,

-l’aggressività proattiva, quella che ha origine dall’idea di volere distruggere l’altro


attraverso la violenza fisica o psicologica (Coie e Coll,1991). Proprio su queste due ultime
forme di aggressività gli studiosi del fenomeno bullismo pare si siano soffermati.
L’aggressività proattiva ha come fine ultimo quello di conseguire un obiettivo diretto ad un
individuo al fine di intimorirlo o dominarlo essa non è contraddistinta da rabbia o
provocazione, ma è pianificata e calcolata (Bushman e Anderson, 2001).

Diversamente da questa, quella reattiva, è caratterizzata da impulsività e rabbia non è


meditata, ma piuttosto è frutto di risposte ostili e difensive a provocazioni subite; è collegata
al rifiuto sociale e alla disregolazione emozionale (Ripamonti, 2011).

Il bullismo infatti si fa rientrare principalmente nella forma di violenza di tipo proattivo,


Crick e Dooge (1996), sostengono: “che il bullismo è si può considerare come un tipo di
aggressività proattiva dove l’attuazione della violenza è finalizzata a perseguire un obiettivo
personale e nella quale l’aggressore tende ad avere il dominio dei rapporti interpersonali.

Tuttavia altre ricerche hanno avanzato l’idea che nel bullismo in verità persistono sia
l’aggressività proattiva, sia quella reattiva perché non sempre l’aggressore pianifica la sua
violenza a volte essa è manifesta da impulsività (Pellegrini e Long, 1999). Recentissimi studi
confermano che il bullismo è collegato all’aggressività proattiva e a quella reattiva ed esse
sono a loro volta legate all’abuso di sostanze e alla criminalità (Borriello, 2015).

Solo le vittime avrebbero un’aggressività di tipo reattivo, mentre i bulli entrambe le


tipologie, poiché in alcuni casi aggrediscono come risposta ad una provocazione mettendo
in atto la forza, altre volte, invece, attuano un’aggressività di tipo proattivo, poichè

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provocano e pianificano l ’azione con il preciso intento di torturare e perseguitare


l’individuo preso di mira, da questa ricerca è emerso che anche se in entrambi ci può essere
una violenza reattiva la diversità tra i due sta nella motivazione del comportamento che è poi
quella che spinge a risultati differenti dell’ agire (Camodeca, 2005).

Infatti il bullo spesso machiavellicamente attua un atteggiamento aggressivo proprio perché


vuole ottenere qualcosa a livello di gratificazione o beneficio personale tipo: l’affermazione
nel gruppo dei pari, il controllo della classe e dei compagni e la leadership, con la
conseguenza che, anche se il suo è un comportamento non apprezzato tuttavia riesce ad avere
stima e popolarità tra i pari (Sutton, Smith, e Swettenham, 1999).

Un importante studio condotto in Inghilterra, su ragazzi con età compresa tra i 12-13 anni
che aveva come risultato quello di capire la relazione tra l’aggressività e popolarità
dell’aggressore, ha evidenziato un dato e cioè che la popolarità del bullo sarà maggiore, se i
bersagli sono giovani considerati socialmente validi e simpatici, essa si riduce quando ad
essere vessati sono invece ragazzini non preferiti socialmente, impopolari o antipatici (Peets
e Hodges, 2014). Inoltre sembra che il fatto sentirsi popolare andrebbe ad influenzare la
connessione tra il comportamento aggressivo e il disimpegno morale, il bullo infatti ha una
scorretta visione di quello che deve essere osservato, delle regole non solo di condotta, ma
anche morali, per questo maggiore è il suo disimpegno e minore sarà la vergogna e il suo
senso di responsabilità (Caravita e Gini, 2010).

2.4 La Famiglia nella sua complessità e l’importanza dei rapporti genitori-figli

La famiglia ha sempre rappresentato per i figli il luogo dove imparare a vivere in modo
armonico e civile, e a relazionarsi con gli altri e con sé. Attraverso la famiglia, il figlio impara
i principi fondamentali e le regole che poi lo faranno diventare l’uomo del domani. Dunque
il compito dei genitori è essenzialmente quello di fare in modo che il proprio figlio entri in
relazione col mondo esterno, tenendo conto della sua personalità e relazionandosi con lui
attraverso il confronto e il dialogo, (Civita, 2006).

I giovani hanno bisogno di sapere che i genitori ci sono e sono presenti quando ne hanno
bisogno, di parlargli, di essere incoraggiati per accrescere la fiducia in se stessi e la loro
autostima, grazie al dialogo si prevengono infatti comportamenti aggressivi, che sono
purtroppo in costante aumento (Costantini, 2002). Da un recente studio è emerso infatti che

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i giovani che hanno dalle loro famiglie un maggiore sostegno e raggiungono una maggiore
autonomia, hanno poca probabilità di essere coinvolti in episodi di bullismo (Rajendran,
Kruszewski, e Halperin, 2016).

Tuttavia il continuo evolversi e cambiamento della società ha determinato il cambiamento


della famiglia tradizionale, e dei rapporti marito e moglie e genitori e figli. Un primo
importante cambiamento è il fatto che si diventa genitori sempre più raramente (Cigoli e
Scambini, 2012).

Inoltre, sono sempre più frequenti figli che nascono fuori dal contesto matrimonio, o
all’interno di coppie ricomposte, creando un indebolimento della figura paterna. La famiglia
patriarcale non è più la stessa cosi’ come anche i bisogni e le esigenze che la caratterizzano.

Da una famiglia di tipo “normativo”, si è passati ad una famiglia di tipo “affettivo”, ovvero
da una famiglia in cui era forte l’idea di Stato e di tutte le infrastrutture statali, e di un padre
dominatore e depositario dell’autorità, si è passati ad una famiglia, in cui si tende ad
eliminare i valori e le regole di un tempo, in cui si cerca a tutti i costi di accontentare i figli
facendo emergere le loro vocazioni rendendoli sempre più felici e riducendo in tal modo il
loro senso di frustrazione; in più appare sminuito il ruolo del padre il quale è sempre più
debole per la sua assenza o per la sua troppa accondiscendenza (Fornari, 2008).

L’eccessivo permissivismo, ha comportato nel giovane l’idea che non ci sono limiti e regole
da rispettare e pertanto tutto si può fare anche avere condotte aggressive, tanto dopo non
verrà applicata nessuna punizione. Uno studio condotto in Grecia su un gruppo di adolescenti
ha mostrato, che sono più coinvolti in fatti di bullismo, coloro che non vengono puniti dalle
famiglie o ai quali vengono date regole ma senza giustificazione (Papanikolaou,
Chatzikosma, e Kleio, 2011).

Dare tutto e velocemente è un grosso errore in cui incorrono i genitori di oggi, i ragazzi,
infatti non apprezzano quello che hanno e vogliono sempre di più, per questo, molti di loro
sono insoddisfatti e annoiati e vanno alla ricerca di qualcosa che gli dia nuovi stimoli e
brividi; ecco perché sono sempre più frequenti da parte dei ragazzi condotte a rischio.

Sono infatti in aumento tra i giovanissimi uso di alcol e stupefacenti, da uno studio condotto
in Andalusia, si è visto che il consumo di alcol e di tabacco avviene tra i 13-14 anni di età,
mentre verso i 15-16 anni inizia il consumo di droghe non legali (Vazquez Fernandez, et al.,

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2014). L’essere permissivi in verità mostra il fatto che i genitori non sono capaci di dare
delle direttive, sono incapaci di capire i veri bisogni dei propri figli e non li sanno educare.

Primo tra tutti è cambiato lo stile educativo praticato dai genitori, i quali appaiono sempre
più incentrati su se stessi e sulle proprie necessità poco invece su quelle dei propri figli.
Accade a tal proposito che le relazione genitoriali sono sempre più incentrate sul benessere
economico piuttosto che affettivo (Selvini, 2000).

Gli attuali genitori, sembrano avere rifiutato l’esercizio dell’autorità, mutando in tal modo
la famiglia in un posto caratterizzato da forti relazioni amicali, apparendo agli occhi del
proprio figlio una figura debole e non autoritaria e forte da prendere ad esempio
(Abbruzzese, 2008). Inoltre, in questa nuova realtà familiare, la figura paterna risulta molto
indebolita dal fatto di essere poco presenti nella crescita dei loro figli, in tal modo rinunciano
al loro ruolo, di formatori e di educatori (Zoja, 2003).

Questa rinuncia, comporta nel giovane l’idea di un padre debole, che con facilità può essere
da lui prevaricato e sottomesso (Moniello e Quadrana, 2010), spesso allora è la madre, che
cerca di sostituire il padre. Ciò che emerge da questo quadro disastroso, è la tendenza dei
genitori a demandare i propri compiti educativi ad altri, oltre che alle altre istituzioni. Una
ricerca ha mostrato che i bambini, cresciuti con i nonni, sono più facilmente coinvolti in
episodi di bullismo, a dimostrazione che, i figli hanno bisogno per crescere correttamente
delle figure genitoriali e di valide regole (Edwards, 2016). E’ pur vero che già dalla prima
infanzia i piccoli e poi i giovani, mostrano il bisogno di condividere con i propri genitori,
emozioni, paure, frustrazioni e sentimenti al fine di acquisire un armonico sviluppo della
personalità, ma tutto questo va vissuto in una famiglia con uno stile educativo autorevole,
perché si è visto, che attraverso regole chiare certe e condivise, attraverso l’attenzione nei
riguardi delle richieste dei figli, dialogo e ascolto, si avranno bassi livelli di aggressività in
più, impareranno ad avere fiducia in se stessi e negli altri, ad accettarsi, e rispetteranno gli
altri e le regole (Begotti, e Bonino, 2008).

Si può ottenere un sano rapporto genitori-figli se si giunge ad un dialogo ad un confronto tra


le parti e mai alla più totale rigidità e fermezza nelle proprie decisioni e opinioni. Costruendo
con i propri figli un legame emotivamente forte, considerandoli e rispettandoli all’interno
del nucleo familiare, essi come è stato visto attraverso varie ricerche, saranno al sicuro da

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pericoli, oltre al fatto che saranno bravi a scuola e nelle amicizie e condurranno una vita
serena e sana (Gottman, 2015).

Per tali motivi è molto rilevante stare attenti al tipo di educazione che si vuole impartire ai
propri figli. Un’educazione molto rigida e autoritaria, che presuppone regole ed esclude i
figli da qualsiasi intervento, determina prima o poi, un tipo di atteggiamento aggressivo del
giovane, il quale riporterà il comportamento che subisce in famiglia, nel contesto esterno.
Egli, crederà che la prevaricazione sia un normale modo di comportarsi con gli altri (Fonzi,
1999).

L’educazione che sembra avere risultati positivi nei figli è quella di tipo democratica, il
giovane esprimendo le proprie opinioni svilupperebbe la propria autonomia e indipendenza
in più formerebbe la propria identità, una maggiore autostima e fiducia in se stessi. Uno
studio condotto su giovani adolescenti spagnoli, ha mostrato una relazione tra
comportamento antisociale, funzionamento familiare (controllo, sostegno e conflitti) e le
scelte di amici devianti. Dai risultati dello studio condotto si evince che gli stili genitoriali
sono un potente fattore per le eventuali condotte antisociali e delinquenziali, cosi’ come
avere amici deviati, infatti questa componente indurrà i giovani a compiere atti deviati
(Cutrin, Gomez-Franguela, e Luengo, 2015).

Lo stile autorevole comporta per i genitori dare regole ben precise da fare rispettare e limiti
da non oltrepassare, pur rispettando le idee dei figli e complimentando i successi che loro
ottengono, inoltre consente di comprendere e rispettare il figlio, mostrando interesse per le
sue richieste e favorendo la fiducia in lui e nelle sue scelte (Begotti, e Bonino, 2008).

Vivere in una famiglia serena e felice, parlare con loro, aiutarli a superare momenti difficili,
è possibile se si instaura un dialogo e se ce un clima sereno tra tutti. Laddove ci sono genitori
che litigano in modo aggressivo e violenza, i figli sono coinvolti in atti di bullismo e ad
essere coinvolte maggiormente sono le ragazze (Baldry, 2003). La formazione di condotte
devianti, deriva infatti anche dal clima sociale e dall’ambiente dove vive il giovane, oltre
che ad esso contribuiscono anche il vivere in un ambiente povero di risorse e di scarse
relazioni sociali. Dunque, un comportamento genitoriale negativo aumenta il rischio di
diventare bullo/vittima (Lereya, Samara, e Wolke, 2013).

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Vivere in una famiglia con dei genitori autorevoli, che considerano il punto di vista dei propri
figli, che sono coesi e si vogliono bene, che sono capaci di dare delle regole e di creare un
ambiente il più possibile sereno di reciprocità e cooperazione, è sicuramente d’aiuto sia per
ridurre la conflittualità tra loro sia per una migliore crescita del giovane che aprendosi ai
genitori e dialogando con loro riduce le condotte violente e di sfida ma anche i
comportamenti a rischio (Sarkhabi, 2010).

2.5 La scuola come luogo di relazioni e l’importanza dell’insegnante

L’istituzione scolastica, dopo la famiglia è il luogo dove i giovani si formano culturalmente,


psicologicamente, socialmente e dove diventano cittadini del futuro (Caravita, 2004). In essa
vivono, tre sottosistemi di relazioni, ovvero quelle tra studenti, insegnanti e alunni–
insegnanti, questa complessità di rapporti la rende un sistema complicato, dove è necessario
per ottenere dei buoni risultati, gestire nel migliore dei modi suddette relazioni (Ortega e
Mora-Merchan, 1996). Fondamentale è che durante il percorso scolastico, l’alunno, non
venga ostacolato da fattori e situazioni negative che minacciano il ruolo importante a cui
essa è chiamata. L’aggressività e il fenomeno “bullismo” a scuola, infatti, determinano sui
soggetti coinvolti conseguenze a dir poco disastrose, che segneranno per sempre le loro vite;
da molti studi, emerge che essere stati coinvolti in qualsiasi forma di bullismo, provoca
livelli elevati di depressione e suicidio, maggiormente sulle giovani piuttosto che sui giovani
adolescenti (Turner, Exum, Brame, e Holt, 2013).

Un altro studio condotto nel 2015, in Gran Bretagna, ha mostrato come i soggetti coinvolti
nel bullismo, presentano rischi di sintomi psicotici, allucinazioni e manie persecutorie
(Catone, et al., 2015).

Oggi più che in passato purtroppo nelle scuole assistiamo a determinati problemi uno di
questi è il conflitto, la violenza e la male educazione degli alunni. C’è da dire che in tutti
questi anni trascorsi la scuola è stata trascurata, espropriata di senso e delegittimata a
svolgere le sue funzioni e anche le famiglie non hanno aiutano questa situazione avendo
sempre più rapporti di contrasto con i docenti, è proprio in questo clima e in questa scuola
quasi abbandonata che dilaga il bullismo, sintomo di un malessere generale (Milanese,
2008).

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I docenti si trovano infatti a dovere educare giovani che sono sempre più violenti e
aggressivi, oltre ad avere una maggiore fragilità nell’assolvere ai loro doveri didattici e a
rispettare le comuni regole di un vivere sociale (D’Alonzo, Maggiolini, e Zanfroni, 2014).

Quando nella classe vi è un alunno che si comporta male determina una reazione a catena,
un sistema patologico di dialogo che lo fa divenire l’allievo indisciplinato, colui al quale si
addossano tutte le colpe e nei confronti del quale i docenti spesso non sanno come agire.

Molti studi condotti recentemente, evidenziano come sempre più la scuola ha difficoltà ad
assolvere al suo ruolo educativo e formativo, a causa di molti studenti che manifestano forme
di disagio: prevaricazione, aggressione e bullismo e proprio perché la scuola non è in grado
di intervenire sono sempre di più gli studenti che abbandonano o interrompono il corso di
studio (D’Alonzo e Maggiolini, 2013).

La prevenzione verso queste forme di comportamento avviene promuovendo un


comportamento prosociale, che si può raggiungere attraverso l’adozione di uno stile
educativo autorevole, dunque attraverso il dialogo, il sostegno e la presenza di regole chiare
e precise (Begotti, e Bonino, 2008).

Una ricerca condotta sul comportamento degli insegnanti e fenomeni di bullismo, ha


mostrato che laddove il docente ha un atteggiamento di intimidazione e in classe c’è un clima
negativo, maggiori saranno nell’alunno sentimenti di rabbia e aggressività che lo indurranno
ad avere un comportamento da bullo (Hein, Kola, e Hagger, 2015).

La scuola dovrebbe essere in grado di individuare e successivamente sconfiggere tutti questi


comportamenti sbagliati, sia con l’adozione di programmi specifici, sia attraverso un
personale scolastico attento a vigilare su tutti gli alunni.

Uno studio condotto in Svizzera su adolescenti, ha dimostrato che se i ragazzi sono più
controllati e vigilati dal personale scolastico e se nella scuola tutta, vi è un clima di serenità,
diminuirebbe il rischio di compiere atti di bullismo (Lucia, 2016).

Dunque, anche la scuola ha una certa colpa nell’avere contribuito alla formazione di alunni
disagiati con personalità deviate e distorte, perché spesso non è in grado di comprendere e
di risolvere dette problematiche.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Da una ricerca effettuata in 12 scuole a campione si è visto, che i docenti non hanno
un’adeguata formazione di attività di intervento e di prevenzione del bullismo, inoltre manca
l’inclusione e il coinvolgimento delle famiglie nella programmazione di attività educative
che siano finalizzate a questo scopo, dunque è fondamentale che per la lotta al bullismo
un’adeguata formazione del corpo docente (Carbonell, Ramos-Santana, e Sobrino, 2016).

A causare nel giovane alunno un comportamento scorretto, può essere anche la paura di
deludere i genitori o per un suo fallimento scolastico, o per avere avuto una punizione dagli
insegnanti, infatti un eccessivo stile autoritario del docente potrebbe generare aggressività
(Vergati, 2003). La paura ancora può derivare dal fatto che se in passato chi studiava era
considerato il primo della classe e veniva dai compagni ammirato e preso come esempio, in
questa nuova realtà fatta di esteriorità e ricerca della bellezza, chi studia è invece un
secchione e per tanto preso in giro dai compagni che frequentemente mettono in atto nei suoi
confronti condotte di bullismo (Costantini, 2002).

La scuola con i suoi continui cambiamenti sia di tipo didattico sia di tipo organizzativo,
rischia oggi di destabilizzare in primis i docenti e poi gli allievi, questi ultimi mostrandosi
sempre più confusi, distaccati e non compresi, si allontanano dalla stessa e spesso mettono
in atto comportamenti aggressivi (Gonfredson, 2001).

Per evidenziare come la scuola è il luogo prescelto per atti di bullismo è stato condotto in
una scuola pubblica brasiliana un lavoro volto a comprendere i problemi di comportamento
segnalati, dalle vittime della violenza. La ricerca ha mostrato che ci sono alte frequenze di
vittime di bullismo nella scuola ma altresi’che tali soggetti presentano problemi legati al
comportamento, alcuni di essi presentavano addirittura problemi clinici L'alta frequenza
delle vittime di bullismo e la presenza di problemi comportamentali fa emergere la necessità
di prevenzione del fenomeno (Alckmin-Carvaho, El Rafihi, e Da Silva Melo, 2017).

Gli insegnanti un tempo entusiasti del loro lavoro e motivati costituivano l’istituzione
scolastica capace di formare, oggi invece i docenti sono sempre più demotivati e svalutati
pertanto è sempre più frequente che finiscono per avere funzione di custodia e addestramento
(Favretto e Rappagliosi, 2009). In questa realtà che attraversa l’istruzione, si chiede infatti
agli insegnanti di svolgere un’attività sempre più complessa e a vari livelli, egli dunque non
è più solo educatore, ma viene chiamato a svolgere anche quei ruoli che a lui vengono

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

demandati dai genitori, dunque formare l’alunno sia come uomo, sia eticamente e
socialmente. La presenza nelle classi di svariate tipologie di alunni, disabili e
extracomunitari, mettono a dura prova l’insegnante, che devono fare da guida propositiva,
da psicologi, che ascoltano e sensibilizzano gli alunni (Botticelli, Burla, Lonzupone, e
Pellegrino, 2012), sviluppando in tal modo significative relazioni tra loro e contribuendo al
miglioramento di se stessi e degli ambienti vitali.

Diversi studi condotti sul grado di stress degli insegnanti, mostrano alti livelli di burnout dei
docenti. A causarlo sarebbero una moltitudine di fattori tra loro correlati, in più questo
fenomeno si inserisce all’interno di un sistema molto complesso che ha visto il mondo
dell’istruzione andare in crisi a seguito di un disagio generale che riguarda l’intero sistema
sociale.

Pertanto un miglioramento del sistema istruzione ci può essere se vengono messe in atto
strategie che completino la formazione del docente sul sapere essere a tutti i livelli nella
scuola (Botticelli, et al., 2012).

Si chiede al docente di interagire con la classe al verificarsi di condotte di bullismo, di parlare


con loro e ascoltarli di restare calmo e di trarre anche conclusioni, ma anche di infondere
sicurezza e precise regole, trasmettendo sentimenti positivi, in questo modo i giovani
trarranno fuori il meglio di se (Marini e Mameli, 2004). I ragazzi, tuttavia lamentano nei
docenti, un loro scarso coinvolgimento e un non intervento al verificarsi di episodi di
violenza, li sentono distaccati e poco partecipi questo fa si che l’alunno sviluppando un’idea
negativa del docente non creerà nessun rapporto di fiducia con lui. Uno studio condotto sulla
violenza a scuola e sulla percezione che di essa hanno alunni e insegnanti è emerso che
entrambi non partecipano attivamente agli episodi di bullismo, anzi sono riluttanti ad
intervenire per porre fine alle aggressioni (Berkowitz, 2013).

La scuola, deve attraverso dei programmi mirati provvedere a mediare sui conflitti che in
essa si sviluppano, attraverso il miglioramento di chi la vive e attraverso la prevenzione.
Infatti la convivenza scolastica può migliorare con la mediazione, a tal fine è necessario che
i giovani coinvolti desiderino porre fine al conflitto, non è pensabile una risoluzione senza
che le parti interessate non abbiamo voglia e interesse a riappacificarsi.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Sono rilevanti pertanto il dialogo e la negoziazione tra studenti e tra questi e insegnanti, al
fine di sviluppare sentimenti di tolleranza di libertà, nonché a sprigionare sensazioni e
emozioni che saranno presenti durante il percorso scolastico e per tutta la vita (Ortega, e
Rey, 2016).

L’agire violento è sintomo di una ribellione contro tutto ciò che è diverso dalla cultura
dell’alunno, come molestare il più bravo della classe, perché è la rappresentazione di quello
che lui non è, con il viziato, perché lui manca di affetti e ancora con i deboli, perché in tal
modo fa capire agli altri quello che lui subisce, insomma esplica la sua rabbia contro chi non
lo emargina (Vergati, 2003).

La scuola può migliorare, agendo in primis sui docenti e poi sugli alunni con un’adeguata
informazione e preparazione. Gli scolari, con le loro problematiche, non possono essere
trascurati per il fatto che prima di tutto vengono le varie discipline, occorre invece che il
docente comprenda la storia che ha ciascun alunno per intervenire con sostegno e programmi
adeguati alle loro capacità (Cavallo, 2002).

La salute del giovane studente, infatti, cosi’ come visto da vari studi non è da intendersi solo
quella fisica e mentale, ma va intensa come benessere fisico psichico e sociale
dell’individuo, che la si può conseguire attraverso il dialogo per risolvere i vari problemi,
ma anche con il conseguimento di valori e punti di riferimento, ed è proprio questo che oggi
si chiede alla scuola e agli insegnanti (Telefono Azzurro, 2007).

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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CAPITOLO TERZO

IL RUOLO DELLA COMPONENTE EMOZIONALE NEL

BULLISMO

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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3.1 L’essere umano e le emozioni

3.2 Adolescenti, personalità e l’importanza dell’amicizia nella

lotta al bullismo

3.3 L’intelligenza emotiva e la prosocialità nella lotta alla

devianza

3.4 L’Empatia come capacità di riconoscere le proprie e le

altrui emozioni e come antidoto al bullismo

3.5 Alissitemia come mancanza di empatia

3.5 L’alessitimia come mancanza di empatia

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

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3.1 L’essere umano e le emozioni

Il termine emozione deriva dalla parola latina ex-movere e vuol dire “movimento da, o
motivazione al movimento”, giornalmente l’essere umano prova una vasta gamma di
emozioni, ma di esse cosa sappiamo? Cosa sono?

Le emozioni sono “la qualità dinamica e cromatica della nostra vita” (Anolli, 2002).

La complessità della sfera emozionale, rimanda ad una pluralità di livelli e di significati ed


è per questo, che molti autori se ne sono interessati. Per alcuni di loro, le emozioni
rappresentano un'esperienza soggettiva, caratterizzata da rilevanti significati relazionati con
i propri interessi, per altri, avrebbero un importante valore sociale nelle relazioni con gli altri
oltre ad essere considerate significative dalla cultura di appartenenza (Frijda, Manstead, e
Ficher, 2004).

Ma è importante per capire il mondo delle mozione, individuarne le loro diverse dimensioni;
la prima tra tutte, è quella emotiva, nel senso che proviamo un’emozione quando
rispondiamo a quello che ci accade, poi occorrerà valutare e capire; ancora sapere
intraprendere un comportamento attinente a ciò che si prova, non sempre e non tutto produce
una risposta emotiva, ed infine il legame che intercorre fra l’emozione e l’espressività
somatica e fisiologica ad essa collegata (Barone e Bacchini, 2009).

Le emozioni hanno profonde radici neurobiologiche, vengono descritte, come uno stato
affettivo intenso, costituito da una molteplicità di correlazioni con i fattori soggettivi e
permeati da sistemi ormonali e neuronali, che comportano cambiamenti fisiologici sia nel
modo di comportarci, sia nella mimica facciale, dunque il loro agire a più livelli condiziona
il comportamento dell’essere umano (Mercenaro, 2006).

Tutti, però sono concordi nel dire, che le emozioni, sono un complesso processo, che investe
tutto l’organismo, con una importante incidenza dell’organizzazione cognitivo-affettiva, che
relaziona l’uomo all’ambiente circostante (Camaioni e Di Blasio, 2002).

A livello biologico, le emozioni, sono originate da un evento, questo a sua volta, viene dai
centri sottocorticali dell’encefalo, in modo specifico dall’amigdala elaborato, determinando
una prima reazione istintiva e neuroendocrina che genera: battiti cardiaci, l’eccessiva o

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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minore riduzione della sudorazione un’aumento del ritmo respiratorio nonché


l’irrigidimento o il rilassamento dei muscoli (Schachter e Singer, 1969).

L’essere umano essendo mente e corpo, prova piacere e dolore e si “emoziona”; ma queste
emozioni in un primo momento sono inconsapevoli, poi venendo trasmesse ad ogni parte
dell’organismo, l’uomo ne diviene cosciente e dà a loro un nome. Sono le emozioni come la
paura, l’amore, il piacere, il dolore, l’ansia, l’ira, e la felicità, a determinare una relazione
fra la mente e il corpo (Pert, 2000).

L’uomo di conseguenza è vivo, intelligente e cosciente; ogni cellula infatti, provando


emozioni positive e negative contribuisce al benessere collettivo della struttura umana.

Nella letteratura psicologica le teorie sulle emozioni, che si sono susseguite sono state
parecchie.

Una delle prime è quella differenziale, secondo la quale, già nel neonato ci sono alcune
emozioni primarie che poi nel corso della crescita si vanno diferenziando in base sia alla
crescita naturale maturazione biologica, sia ai vissuti (Izard, 1994). Successivamente venne
proposta la tesi della differenzazione, per la quala nell’uomo dal momento della sua nascita
è presente una emotività legata all’eccitazione che nel tempo, si va arricchendo di emozioni
sempre più complesse a seconda dell’influenza culturale e sociale (Soufre, 1995).

Successivamente, Campos e Barret esposero la tesi funzionalista, veniva vista la funzione


che ha l’emozione nel regolare l’interazione tra organismo e ambiente (Campos e Barret,
1984).

La teoria componenziale, riteneva, che le emozioni sono dei complesi intermediari tra
l’esterno e l’interno che cambiano in base a diverse dimensioni (Scherer, 1984).

Ultima, ma non meno importante è la teoria che vede le emozioni essere come sistemi capaci
di auto organizzarsi in base alla natura e alle esigenze del contesto, tesi dei sistemi dinamici
(Camras, 1992).

Nel corso della vita, capiterà a chiunque di avere delle esperienza emotive, ed ognuno di noi
reagirà a esse con modalità differenti, perché diversa è la storia delle nostre interazioni
sociali.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Le emozioni interagiscono con la biochimica, con la psicologia e anche a livello


interpersonale, dunque con le varie componenti del nostro sistema, finendo per condizionare
i nostri comportamenti (Smith, 2002), che saranno di tipo differente a seconda che esse siano
positive o negative.

Le prime emozioni a breve termine come, la gioia, la speranza, l’amore, hanno una doppia
funzione contribuiscono, agenerare la base del pensiero volto all’agire, aumentando in tal
modo il numero delle potenziali azioni e pensieri, mentre a lungo termine, finiscono per
aumentare le risorse personali (Fredrickson, 2001). Inoltre esse producono nell’individuo un
pensiero e un atteggiamento ottimista oltre a determinare comportamenti creativi e azioni
varie (Kahn e Isen, 1993).

Sembra che le emozioni positive, incrementino oltre che le capacità fisiche, intellettive e
sociali ma addirittura migliorerebbero il benessere del soggetto, che riuscirebbe a superare
lo stress quotidiano e le avversità della vita (Ascolese, 2014).

A differenza di quelle positive, le emozioni negative, come, rabbia, paura, depressione e


ansia, inducono ad un atteggiamento pessimista e alla tendenza ad un fuoco attentivo ristretto
(Basso, Schefft, Ris, e Dember, 1996).

E’ negativa, quando provoca un malessere non tanto per ciò che contiene, ma talvolta perchè
viene negata, solitamente sono indesiderate.

Molte volte stiamo male e ci ammaliamo a causa di emozioni negative, che non siamo in
grado di riconoscere e controllare. Alcuni ricercatori americani, hanno studiato la relazione
tra le emozioni e la salute fisica dell’uomo e hanno scoperto l’importanza che le emozioni
positive hanno sul benessere dell’individuo (Hershfield, Scheibe, Sim, e Carstensen, 2013).

Inoltre, lo studioso Ekman, ha distinto le emozioni in primarie e secondarie o complesse,


sarebbero primarie, quelle emozioni come la paura, la tristezza, la rabbia la gioia, la sorpresa,
il disprezzo ed infine il disgusto che sono innate e individuabili in ogni uomo di qualsiasi
popolazione; le emozioni secondarie sono tutti quei sentimenti che hanno origine dalla
mescolanza delle prime e crescono con il crescere del soggetto esempi ne sono l’invidia,
l’allegria etc. (Ekman, 2008).

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Sono le emozioni più complesse, che per essere attivate hanno bisogno di differenti elementi
esterni o pensieri eterogenei, le secondarie emozioni maturano attraverso le emozioni di
base, e maturano con la crescita dell’essere umano e delle interazioni che lui ha con la società
(Fiore, 2015). Le emozioni ci mettono in relazione con gli altri, esse condizionano il nostro
agire, e ci consentono di rispondere agli stimoli che provengono dall’esterno in modo
coerente e veloce (Aquilar e Pugliese, 2011).Sono qualcosa di spontaneo e involontario, che
si manifestano a seconda del valore che noi diamo a determinati fatti; di conseguenza esse
coinvolgono l’organismo umano nelle reazioni motorie, fisiologiche ed espressive, si
manifestano con i canali dell’espressione emotiva, la voce, la mimica facciale, la postura e
il linguaggio; in più esercitano varie funzioni poiché preparano all’emergenza ad agire, alla
comunicazione con chi ci circonda ed infine alla comunicazione con se stessi (Batacchi e
Codispoti, 1992). Ogni emozione è associata a particolari sensazioni che l’uomo sente e che
vanno a ripercuotersi su alcune parti del corpo. A riguardo dei ricercatori, si sono occupati
di fare una mappa delle sensazioni fisiche prodotte dalle emozioni e hanno osservato, che le
emozioni orientate all’approccio come: la felicità e la rabbia, coinvolgono fisicamente gli
arti superiori, cosa che si riduce con le emozioni quali la tristezza e la sorpresa, mentre la
felicità invade tutto il corpo di sensazioni. Inoltre gli stessi studiosi sostengono, che il corpo
è coinvolto dalle sensazioni quando prova rabbia, paura, disgusto, felicità, tristezza e
sorpresa, lo stesso non accade per le emozioni complesse (Nummenna, Glerean, Hari, e
Hietanen, 2014).Le emozioni, ruotano intorno alla nostra vita, solo che spesso, non siamo
capaci di riconoscerle e di gestirle, pertanto molte volte non siamo capaci di riconoscere
l’emozione di chi ci sta vicino intraprendendo così un comportamento scorretto, un conflitto;
un importante ricerca, ha evidenziato che avere consapevolezza delle proprie emozioni e
regolazione emotiva migliora gli stili di vita e li rende positivi (Cepeda-Hernandez, 2016).
Riconoscendo le emozioni, l’uomo sarebbe in grado di gestirle e di rapportarsi in maniera
più facile a ogni situazione che giornalmente deve affrontare, esse ci aiutano ad orientarci
piuttosto bene rivestendo un ruolo centrale nella nostra vita. Una ricerca condotta in
America, ha dimostrato, che avere atteggiamenti positivi, come praticare gratitudine e
gentilezza aumenterebbe la felicità di chi le attua (Lyubomirsky e Layous, 2013). In verità,
non ci sono emozioni giuste o sbagliate, buone o cattive, esse sono ciò che l’uomo sente e
vive, per questo ciascuno di noi dovrebbe essere in grado di identificarle e descriverle,

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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

riconoscerle correttamente, dovremmo avere “consapevolezza emotiva” (Lane e Schwartz,


1987).

Tuttavia, oggi, viviamo in una società che appare emotivamente analfabeta, l’essere umano
agisce sempre più scorrettamente nei confronti dei propri simili, non curandosi delle
conseguenze del suo agire; egli sembra sottovalutare la componente emotiva, è “analfabeta”
non conosce o non vuole riconoscere le proprie e le altrui emozioni finendo così per non
amarsi e non amare chi gli sta vicino (Cantelmi e Costantini, 2016). L’incapacità di gestire,
di riconoscere e di comunicare emozioni è proprio alla base delle incomprensioni negli
adolescenti, che si trovano sempre più coinvolti in comportamenti aggressivi fino a mettere
in atto episodi di bullismo (Perez, Clemente, Hernandez, e Morales, 2001). La capacità di
fare proprie le emozioni, e dunque di mentalizzarle, avviene durante la fase della pre-
adolescenza e poi nell’adolescenza il giovane, diviene sempre più consapevole dei propri
sentimenti e pensieri oltre che ad essere capace di riferirsi ai propri stati emotivi sia come
stati interni sia come eventi mentali (Barone, 2007). Gli adolescenti nella loro crescita
iniziano ad allontanarsi dalla famiglia per avvicinarsi maggiormente ai loro coetanei, in
questa fase scoprono l’amicizia che dapprima è solo con coetanei dello stesso sesso e dopo
si relazioneranno con gruppi misti, all’interno di questi il giovane estrinseca sentimenti ed
emozioni (Esposito, 2009). Le esperienze nel contesto in cui vive il giovane, e i giudizi dei
pari si relazionano con le sue emozioni determinandone la sua dimensione emotiva, inoltre,
l’attribuirgli un significato che è socialmente condiviso aumenterà man mano nella sua
crescita, al punto di modificare quelle che sono le emozioni primarie in emozioni complesse,
che serviranno a dare vita a comportamenti prevalenti e stati d’animo che lo faranno agire
divenendo propri. (Cabanac, 2002). L’emozione, allora, diviene una naturale risorsa che
relaziona gli individui, li fa incontrare gli uni con gli altri, un incontro determinante che
consente alle risorse emotive di divenire tali; se però l’emozione, perde la sua funzione
determinante ovvero di relazionare e organizzare i comportamenti, anche le relazioni più
significative si distruggono (Baroni, 2011).

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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

3.2 Adolescenti, personalità e l’importanza dell’amicizia nella lotta al bullismo

Gli adolescenti, vivono un momento particolare della loro vita, fatto di inquietudine fisica e
morale, di scarsa fiducia in se stessi, di sensazioni di noia, di indecisione, temono le critiche
dei coetanei, ma soprattutto hanno difficoltà a riconoscere, gestire e comunicare le proprie
emozioni; tutto ciò fa emergere uno scenario sempre più inquietante, che vede i giovani
sempre più coinvolti in comportamenti aggressivi, che sfociano poi in atti di vero e proprio
bullismo (Perez et al., 2001). Durante la fase dell’adolescenza, le strutture neuronali
subiscono dei cambiamenti che incidono fortemente sui comportamenti e sugli stati emotivi
dei ragazzi. Tra i tanti mutamenti si aggiungono quelli legati all’aspetto fisico, alla sfera
sessuale e a quella fisiologica, che li fanno sentire spesso buffi e goffi e provare sentimenti
di vergogna e inadeguatezza. Tutta questa trasformazione incide sulla personalità dei
giovani, ovvero sul loro sistema psicologico dando vita a una relazione tra il suo organismo
e l’ambiente circostante garantendo unità, coerenza e continuità alle loro esperienze
(Caprara, e Cervone, 2000); in questo specifico momento, essendo investiti da una
moltitudine di situazioni gli adolescenti possono addivenire ad avere tratti di personalità
differenti: attivi/passivi, reattivi/calmi, iracondi/pazienti, socievoli/timidi (Allport, 1977). A
determinare la personalità dunque, sarebbero i cosiddetti tratti, essi si radicano nella realtà
biofisica del soggetto assicurandone condotte coerenti; in realtà, sarebbero dei sistemi
neuropsichici generalizzati e focalizzati capaci di rendere gli stimoli che si ricevono
funzionali e di guidare a condotte adattive ed espressive (Allport, 1937). Allport ne descrisse
sette, distinguendo i tratti cardinali da quelli centrali e da quelli secondari. Questi ultimi si
manifestano in determinate casi e sono influenzati dall’ambiente circostante, mentre i tratti
cardinali presenti in alcuni soggetti, sono le motivazioni e le passioni che sono al centro della
vita e sono quelli più pervasivi, quelli centrali invece, vanno a influenzare in modo
determinante l’agire umano e sono l’industriosità, la pigrizia, la fiducia e la diffidenza
(Allport e Odbert, 1936). Anche Eysenck, si occupò di personalità, affermando che essa, non
è altro che l’insieme degli schemi totali del comportamento; l’individuò ha tre super fattori:
l’estroversione-introversione, il nevroticismo ed infine lo psicoticismo. Tramite l’analisi
fattoriale, si identificarono caratteristiche stabili e disposizioni interne agli individui.
L’analisi fattoriale, divenne uno strumento utile per capire quali comportamenti, anche se
indipendenti, fossero in relazione con altri (Eysenck, 1959, 1970, 1982, 1990).

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Successivamente, raccolse nella comunità scentifica un vasto consenso il modello Big Five.
Attualmente è quello maggiormente utilizzato. Esso parte dall’analisi fattoriale proposta da
Eysenck e dall’approccio lessicale, arrivando ad una classificazione di cinque gradi di
personalità: estroversione/ introversione, gradevolezza/ostilità, coscienziosità, stabilita
emotiva/instabilità e apertura all’esperienza, l’individuazione dei cinque fattori, con la
conseguente riduzione delle differenze individuali a questi pochi tratti, rappresenta uno degli
eventi più importanti della psicologia della personalità negli ultimi decenni (Goldberg,
1993). Dunque, come dicevamo in precedenza l’adolescente, inconsapevolmente si sviluppa
e si evolve cercando di affermarsi nella sua identità e personalità. Egli inizia una fase di
conflittualità interna ed sterna con la realtà circostante e tutte le sue emozioni si concentrano
per formare la sua identità e la costruzione di sé (Esposito, 2009). Anche se gli adolescenti
sono alla ricerca del loro stare bene, tuttavia in questo momento di sviluppo, spesso si
slatentizzano e si aggravano situazioni di malessere e disagio psichico, che uniti a fattori
protettivi, e di vulnerabilità, determinano una condotta del tutto singolare alle sfide della
vita, inducendolo ad avere atteggiamenti buoni o cattivi, degni o indegni di amare e a
ritenersi soddisfatti e insoddisfatti per quello che si ha (Ferraris, 2003). La sua
trasformazione, finisce per intaccare l’autostima, causando stati di ansia, e di insicurezza,
che hanno una certa importanza sull’affermazione di se, e sulla destabilizzazione dei rapporti
con i coetanei. Alcune ricerche hanno individuato negli adolescenti, che subiscono un
cambiamento generale, compreso quello dell’aspetto fisico, l’ansia, e hanno visto come essa
svolge un importante ruolo nel determinare disturbi del comportamento compreso quello
alimentare, ma anche disturbo di ansia sociale. Dunque si è individuata una relazione infatti
tra SAAS e l’immagine del corpo con la presa in giro da parte del gruppo di appartenenza,
oltre a sintomi ED, depressione, ansia sociale e disagio (Dakanalis et al., 2016). Uno studio
trasversale ha analizzato le associazioni dei vari tipi di bullismo a scuola con diverse
dimensioni di sintomi di ansia, su studenti adolescenti tra gli 11-18. I risultati hanno indicato
che, gli autori-vittime di bullismo verbale e relazionale, hanno più sintomi fisici rispetto a
coloro che sono stati vittime puri o autori di bullismo verbale e relazionale. Autore-vittime
di bullismo fisico mostrano di avere maggiore ansia sociale rispetto a coloro che sono stati
vittime puri o colpevoli. Emerge dunque che gli adolescenti coinvolti in fatti di bullismo
sono ansiosi (Yen et al., 2013). Inoltre, un importante studio condotto nel 2017 ha
relazionato il bullismo con lo stato emotivo e sociale nei bambini, la ricerca mostra che il

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CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
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bullismo tra pari ha un alta prevalenza, sempre di più tra i giovani. Inoltre lo studio ha
evidenziato la relazione tra bullismo, lo status sociale e l'ansia con sintomi di depressione. I
risultati hanno rivelato che 17.70% degli studenti sono stati direttamente coinvolti in
situazioni di bullismo. Inoltre differenze significative sono emerse nelle caratteristiche dei
profili o di altri osservatori, aggressori o bulli, vittime e vittime killer trovato. Si è visto che
le vittime avevano più alti livelli di ansia e depressione sintomi, in particolare ansia di
separazione e la depressione maggiore. Questi punteggi sono stati particolarmente evidenti
nelle ragazze rispetto ai ragazzi. Questi dati fanno capire la necessità di considerare lo stato
sociometrico e sintomi emotivi associati ai diversi ruoli di bullismo nella progettazione di
programmi di prevenzione nelle scuole (Lara-Ros, et al. 2017).

Tuttavia, la componente ansiosa anche se ha degli effetti negativi, contribuisce a mobilizzare


le energie psichiche dell’adolescente che sono fondamentali per il suo adattamento alla realtà
(Puleggio, 2008). Numerose sono le ricerche condotte sullo stato di salute psicofisico degli
adolescenti e il quadro emerso è preoccupante, molti di loro risultano essere ansiosi e avere
stress psichiatrico, oltre a disturbi della condotta e alimentari (Chun, Duffy, e Linakis, 2013).
Emerge anche, il crescente consumo di sostanze stupefacenti, di psicofarmaci, di alcool e di
tabacco (Sangermani, 2014), e in più mostrano problemi depressivi e suicidari per cui molti
di loro sono sottoposti a ricoveri ospedalieri (Di Lorenzo et al., 2016). Sempre a proposito
delle nuove generazioni possiamo confermare anche problematiche legate alla personalità.
Un importante studio ha evidenziato, che in particolare durante l'adolescenza, i giovani
presentano un comportamento impulsivo e quando è elevato incide sull’uso di alcol. Il
consumo di queste sostanze in particolare tra i giovani più grandi può determinare un agire
di impulso e avventato (Stautz e Cooper, 2013). In questa fase di crescita, il giovane ha anche
paura, paura del suo cambiamento, paura di crescere, delle sue preoccupazioni, egli vuole
conquistare la sua autonomia, vuole autorealizzarsi ed elaborare un idea di sé unitaria e
organica, per farlo deve mettersi in contatto con ciò che lo circonda con la realtà esterna
proprio in questo momento divengono importanti i compagni di scuola e i gli amici (Petter,
2010). I coetanei diventano un importante punto di riferimento e un sostegno giornaliero alle
sue difficoltà di conquista della sua identità, con loro, si sentirà sereno e tranquillo, ancor di
più se circondato da amici e compagni divertenti e simpatici, infatti averne pochi implicherà
una mancanza di popolarità nel gruppo-classe, con la conseguenza di vedersi solo ed escluso
(Civita, 2006). Relazionarsi, confrontarsi, parlare, ascoltarli, lo renderà più sicuro, e più forte

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nell’affrontare le difficoltà di ogni giorno. Il dialogo ed il confronto serviranno a comunicare


le proprie differenze, ma anche a liberarsi, ad aprirsi e a capirsi, ad aiutare chi è in difficoltà
e ha bisogno, ciò avverrà più facilmente se si condividono e si conoscono le proprie e le
altrui emozioni (Ardone e Baldri, 2003). Tuttavia la comunicazione è fondamentale qualora
essa non sia attuata nel giusto modo può indurre a forme di aggressione verbale, una ricerca
condotta tra giovani spagnoli infatti ha evidenziato il bullismo verbale tra i coetanei
Attraverso questo studio si è voluta comprendere l'aggressione comunicativa. La
comunicazione può generare infatti forme di aggressione quando lo sile comunicativo si
svolge attraverso norme di interazione e di interpretazione linguistico-verbale e non verbale.
I risultati hanno evidenziato che la dimensione della comunicazione scolastica può far
sorgere aggressioni a causa della gestione che i partecipanti fanno delle regole e degli
standard di comunicazione sviluppati in ambiente culturale in cui crescono e interagiscono,
pertanto ne conviene che le modalità comunicative influenzano l’agire aggressivo. (Rivera,
Villamizar, e Parra, 2017).

L’amicizia, dunque, durante l’adolescenza, rappresenta un valore importante, significa


ricevere e dare aiuto nel momento di bisogno, ma determina anche la condivisione di
sentimenti e comportamenti. La maggior parte delle amicizie oggi si sviluppano a scuola,
rispetto al passato non c’è più la figura dell’amico/a del cuore, e che si hanno tanti amici “un
gruppo”, per lo più conosciuti a scuola, anche se, emerge un dato importante e cioè che il
31% dei giovani intervistati, dice di avere fatto amicizie sui social network. La ricerca il
52% dei ragazzi dichiara che pur di diventare amico di qualcuno o di essere accettato da un
gruppo è disposto ad attuare comportamenti non voluti (Garofalo, 2016). Le reti digitali
divengono oggi spazi di interazione e di condivisione di emozioni e sentimenti, dunque la
rete finisce per essere un luogo virtuale, in cui le nuove generazioni si ci scambiano emozioni
e affetto e in cui il display finisce per influenzare il modo di manifestarlo (Puche, 2016).
L’amicizia tra pari, è molto importante, serve a fornire un saldo sostegno al superamento
delle difficolta quotidiane e avvicina i giovani al dialogo, alla comunicazione alla
comprensione all’ascolto. Attraverso l’amicizia avviene uno scambio emozionale, che
favorisce atteggiamenti di altruismo e collaborazione reciproca oltre che facilita le relazioni
sociali (Ardone e Baldry, 2003). Su un campione di adolescenti greci, una ricerca, ha messo
in relazione i comportamenti violenti che nascono dal comportamento, con il disimpegno
morale e l’importanza dell’amicizia Ciò che è emerso è che, il comportamento aggressivo è

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associato ai tratti di insensibilità-emotiva, a disimpegno morale e a qualità di amicizia


negative ovvero conflitti e tradimenti, mentre tali condotte diminuiscono con l’amicizia
positiva (Kokkinos, Voulgaridou, e Markos, 2016). La mancata interazione con il gruppo
dei coetanei, o avere pochi o non averne può influenzare fenomeni di bullismo. Infatti,
solitamente il ragazzo che non ha amici, che non riscuote popolarità o che ne ha pochi e
deboli, finisce per subire provocazioni di conseguenza diviene vittima di bullismo, il bullo
invece a sua volta pensa che ridicolizzando o colpendo sia verbalmente, sia fisicamente il
più debole acquisisce all’interno del gruppo un livello sociale più alto (Castorina, 2003). A
tal proposito una ricerca condotta su alcuni adolescenti ha evidenziato che rispetto ai
compagni, i bulli godono di più elevati livelli e sono spesso percepiti come potenti e “cool”.
I risultati suggeriscono che un alto bullismo porta al raggiungimento di alta dominanza
sociale (Reijntjes et al., 2013). Quando i giovani non instaurano una vera amicizia, ma
solamente semplici conoscenze e proprio allora che entrano in gioco la rivalità, l’egoismo,
il conflitto e anche la sopraffazione, mettendo l’adolescente nella condizione di dovere
attuare una difesa.

Uno studio ha valutato se l’amicizia e le abilità prosociali aggravano o proteggono la


vulnerabilità nel contesto di vittimizzazione durante la scuola media. E’ emerso che la
vittimizzazione si riduce tra gli adolescenti che hanno abilità prosociali ed un alto indice di
amicizie (Erath, e Flanagan, 2012).

3.3 L’intelligenza emotiva e la prosocialità nella lotta alla devianza

Educare i giovani adolescenti all’intelligenza emotiva e a riconoscere le proprie e le altrui


emozioni è fondamentale nella lotta al bullismo. A tal proposito si parla di intelligenza
emotiva, ovvero la possibilità dicomprendere, saper utilizzare e comprendere i sentimenti
propri e quelli altrui, allo scopo di poterle gestire e organizzarle per vivere al meglio la vita
propria e le relazioni circostanti (Davey, 2005). Essa è determinante per creare esiti
favorevoli in moltissimi ambiti: scuola, relazioni interpersonali, oltre a dare benessere fisico
e adattamento sociale. L’intelligenza emotiva fa parte di un area di scoperta recente e
pertanto numerosa di teorie, ad occuparsene per primi furono due professori, Peter Salovey
e John D. Mayer, poi successivamente il tema venne trattato da Daniel Goleman nel suo libro

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“Emotional Intelligence”. Egli è divenuto in questo campo di studio, uno dei maggiori
esponenti, sostiene che l'EI è un fattore più forte del QI, in quanto la capacità di provare
emozioni e una importante abilità che ci fa capire di quanto siamo in grado di servirci delle
nostre capacita, comprese quelle intellettuali (Goleman, 2000). Attraverso l’utilizzo di
questa intelligenza abbiamo successo in tutti gli ambiti e i settori della vita. L’essere umano,
capisce i sentimenti, le aspirazioni e le emozioni di chi gli sta vicino ed è in grado di sapere
veicolare i propri atteggiamenti. Recenti scoperte evidenziano proprio l’importanza di questa
componente per migliorare i rapporti tra i coetanei, uno studio è stato condotto a riguardo
per capire per capire se il comportamento aggressivo di un giovane adolescente potesse
essere migliorato attraverso alcuni fattori come l’intelligenza emotiva, controllo cognitivo e
status socio-economico della famiglia. Alla fine della ricerca si è visto come il controllo
cognitivo favorisce la riduzione del comportamento aggressivo, dimostrando l'importanza di
questi interventi (Gutiérrez-Cobo, Cabello, e Fernández-Berrocal, 2017).

Ogni individuo può codificare cinque caratteristiche dell’intelligenza emotiva che sono:

-la capacità di riconoscere le proprie emozioni

-la capacità di sfruttare i propri sentimenti per conseguire uno scopo

-la capacità di riuscire a capire quello che ci induce ad agire in un dato modo

-la capacità di sentire i sentimenti degli altri

-la capacità di stare assieme agli altri comprendendone i loro movimenti (Goleman, 1996).

Molti studi sostengono che l’intelligenza emotiva abbia un importante ruolo nelle condotte
in classe rispetto ai compagni, infatti, quando ci sono alti livelli di intelligenza emotiva, i
comportamenti prosociali sono facilitati, oltre che si prevengono comportamenti antisociali
(Mavroveli, Petrides, Sangareau, e Furnham, 2009). I giovani, spesso, non sanno
comprendere le proprie emozioni, ma nemmeno capire gli stati d’animo altrui (Petrides,
Frederickson, e Furnham, 2004). Vi è anche una relazione negativa tra essa e i
comportamenti devianti, è stato dimostrato infatti, che i giovani, con alti livelli di
intelligenza emotiva, risultano essere più cooperativi e meno distruttivi e aggressivi. Dunque
la ricerca ha fornito delle importanti novità che hanno dimostrato come l’Intelligenza
Emotiva si relaziona all’amicizia, e a tutti gli aspetti della vita sociale di relazione già dalle

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prime fasi di vita. Avere bassi livelli di essa, costituisce pertanto un fattore di rischio
(Petrides, Sangareau, Furnham, e Frederickson, 2006). L’intelligenza emotiva, inoltre, ha un
ruolo determinante nel migliorare la salute fisica e psicologica dell’individuo, alcune
ricerche, hanno mostrato, che avere alti livelli di intelligenza emotiva, permettono di gestire
con più facilità le emozioni, di conseguenza facilitano comportamenti positivi difronte a
richieste, pressioni, stress e eventi sempre più difficili che la vita quotidiana ci riserva
(Goldenberg, Matheson, e Mantler, 2006). L’intelligenza emotiva è divenuta in questi ultimi
anni un argomento di rilevante interesse nel campo della psicologia clinica è dimostrata
infatti, la sua influenza sullo stato di salute mentale dei giovani. Un importante ricerca
condotta recentemente ha voluto valutare attraverso un intervento finalizzato, le capacità
degli stati emotivi negativi di un adolescente, allo scopo di migliorarli L'attuale studio valuta
infatti l'efficacia di un intervento per migliorare l'umore negativo su di una sedicenne,
adolescente vittima di maltrattamento. I risultati mostrano che dopo 12 sedute settimanali di
sostegno si sono avute delle trasformazioni per quanto attiene al deficit emotivo. La giovane
sottoposta al programma ha aumentato il suo livello di consapevolezza emotiva e la capacità
di riconoscere e comprendere i sentimenti e le emozioni nonchè le proprie necessità In questo
senso, l'espressività emotiva si è evoluta positivamente, caratterizzata da una grande
vocabolario emotivo per descrivere i sentimenti. Per quanto riguarda il sé emotivo, la
capacità di gestire e regolare le emozioni e gli impulsi negativi che interferiscono sui
cambiamenti e le situazioni di stress, sia nella famiglia e, diminuiscono il comportamento di
isolamento sociale. I dati ottenuti mostrano che a livello psicologico ci sono stati sviluppi
terapeutici favorevoli sugli adolescenti. Inoltre i risultati del programma di applicazione
empirica hanno dimostrato che la salute mentale del gruppo di adolescenti sottoposto al
programma è migliorata nel breve e medio termine, Dunque conoscere le proprie emozioni
e saperle utilizzare al meglio, rende l’adolescente capace di contrastare gli effetti negativi
degli eventi, riuscendo in questo modo a tenere elevata l’autostima e uno stato d’animo
positivo (Ramos-Díaz, et al., 2017).

Un recente studio si è proprio interessato di esaminare le relazioni tra l’intelligenza emotiva


e lo stress percepito attraverso misure self-report. I risultati hanno evidenziato che solo
attraverso la regolamentazione e l’uso di componenti emozionali si ha una percezione dello
stress (Bao, Xue, e Kong, 2015). Un altro recente studio ha esaminato la relaziona tra
l’intelligenza emotiva e la soddisfazione di vita, i risultati, mostrano come i lgati

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all’autostima sono coinvolti nel legame tra la componente emotiva e la soddisfazione di vita
nelle nuove generazioni (Rey, Extremera, e Pena, 2011).

Il benessere psicologico di ogni essere vivente è determinato in buona parte dal giusto
equilibrio tra emozioni che riescono a darci senzazioni belle e piacevoli ed emozioni che
invece ci trasmettono il contrario, e anche dalla capacita di far fronte con prudenza sia agli
eventi piacevoli sia a quelli difficili.e spiacevoli. Anche a livello scolastico si è cercato di
capire che ruolo avesse l’intelligenza emotiva nelle sue varie componenti emotive e
psicologiche. Pertanto, l'applicazione dei programmi di prevenzione della scuola e di
intervento volti a favorire e sviluppare EI può migliorare l’adattamento psicologico degli
adolescenti, e allo stesso tempo, il loro comportamento, nell’ambito scolastico; per il fatto
che EI possono agire come fattore protettivo per tale tipo di comportamento (Cobos-
Sánchez, Flujas-Contreras, e Gómez-Becerra, 2017).

Quando un soggetto è emotivamente intelligente, diventa capace di tenere a bada le emozioni


tristi e dolorose e inoltre riesce a farvi fronte, allo stesso modo, prova delle emozioni
positive, che gli consentono di vivere con più serenità il presente, e lo fanno guardare al
futuro con tranquillità (Martins, Ramalho, e Morin, 2010).

La difficolta a gestire le proprie emozioni è un fattore di rischio per l’affermarsi di


atteggiamenti a rischio e anche di attività antisociali. Pertanto è fondamentale che vangano
utilizzati adeguati strumenti di valutazione dell’EI nelle fasi in cui l’essere umano inizia a
crescere e svilupparsi, al fine di individuare quelli che sono più vulnerabili, allo scopo di
prevenzione del disagio emotivo e relazionale. Ancor di più quando è supportato da un
recente studio che dimostra che avere competenze socio-emotive influisce sulla la
risoluzione di conflitti. I risultati dicono, che gli studenti con punteggi più bassi su
intelligenza emotiva, hanno una maggiore attitudine a mettere in atto abusi e comportamenti
violenti tra pari (Ceron e Villanueva, 2015). Promuovendo manuali di promozione al
benessere psicologico e anche di intelligenza emotiva si migliorerebbero gli aspetti
emozionali, valoriali e sociali dei giovani, oltre che migliorerebbe il loro benessere
psicologico (Veltro et al., 2015) Intraprendere relazioni sociali, instaurare rapporti positivi,
e avere comportamenti di altruismo e collaborazione nei confronti dei coetanei e amici
discende oltre che dall’essere intelligente emotivamente anche dalla prosocialità. Ma cos’è
la prosocialità? A riguardo, un importante studioso Caprara, la definisce come la “tendenza

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comportamentale ricorrente o disposizione personale a fare del bene agli altri” (Caprara,
2006). Essa favorisce comportamenti che hanno come obiettivo quello di aiutare ma anche
di assistere chi ha di bisogno, dunque attraverso la prosocialità migliora il benessere
collettivo della gente, quando un comportamento è prosociale, dobbiamo fare alcuni
riferimenti teorici. Si parla di un approccio biologico-evolutivo, quando l’atteggiamento
prosociale scaturire dal volere proteggere legami parentali e la solidarietà per la
sopravvivenza della specie, di un approccio individualista legato alla personalità del
soggetto, nel senso che vi è in ognuno di noi una certa predisposizione ad aiutare chi si trova
in difficoltà, soprattutto se si ritiene che tale individuo merita questo aiuto. Si parla anche di
un approccio interpersonale della prosocialità, nel senso che gli esseri viventi ritengono di
essere obbligati da rapporti di reciprocità, ne discende che a volte aiutiamo gli altri per poi a
sua volta essere aiutati. Altro aspetto che riguarda il comportamento prosociale sta
nell’approccio dei sistemi sociali, in tal caso l’agire prosociale, consisterebbe nell’ aiutare
qualcuno non tanto perché mossi da altruismo, ma solo perché lo stato impone degli obblighi
giuridici pena l’applicazione di sanzioni, di conseguenza l’agire in modo prosociale, come
soccorrere un ferito dopo un incidente, avviene solo perché l’omissione determina un reato.
(Patrizi, e De Gregorio, 2009). La prosocialità, intesa a fare del bene agli altri, negli
adolescenti, sarebbe di grande aiuto a combattere tutti i comportamenti aggressivi e i
fenomeni di bullismo. I comportamenti aggressivi potrebbero cessare durante il periodo
adolescenziale, attraverso la promozione di comportamenti prosociali (Caprara et al., 2014).
Altre ricerche invece hanno messo in relazione: il credere in un mondo giusto, il
comportamento prosociale e il disimpegno morale in un gruppo di adolescenti siciliani, i
risultati hanno mostrato che i giovani adolescenti e ragazzi tendevano ad utilizzare i
meccanismi di disimpegno morale più delle ragazze. I ragazzi erano meno propensi a
comportarsi in modo pro-sociale rispetto alle ragazze; più gli adolescenti credevano in un
mondo giusto e più tendevano a realizzare comportamenti prosociali. Gli adolescenti, più
sono inclini a comportarsi in modo prosociale, meno usano meccanismi di disimpegno
morale (De Caroli e Sagone, 2014). Le adolescenti mostrano più prosocialità rispetto ai
maschi, e il loro agire è finalizzato a supportare un amico o un familiare che ha bisogno di
cure e sostegno (Vecchione e Picconi, 2006). Ciò spiegherebbe perché difronte a episodi di
bullismo, sono quasi sempre le femmine che intervengono per difendere la vittima. Nella
fase adolescenziale, il comportamento prosociale viene determinato dalle regole e dai valori

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appresi, oltre che dal desiderio di piacere ai coetanei e di mostrarsi. Di conseguenza, quando
il giovane, mette in atto comportamenti volti ad aiutare in modo spontaneo e altruistico gli
altri, ha elevate capacità cognitive e elevati livelli di ragionamento morale, oltre a
comprendere le idee altrui. Dunque il comportamento prosociale altruistico, contrasta tutte
le forme di aggressività e di conseguenza anche il bullismo (Begotti e Bonino, 2008).

3.4 L’Empatia come capacità di riconoscere le proprie e le altrui emozioni e come


antidoto al bullismo

L’interesse per l’empatia è molto recente ed è dettato dal cambiamento dei rapporti umani,
che sono divenuti sempre più in crisi e allarmanti. In verità cosa vuol dire essere empatici?
Cos’è l’empatia? L’empatia è una forma di intelligenza emotiva e significa comprendere le
emozioni degli altri (Goleman, 1996).

“L’empatia è come un solvente universale, qualunque problema, immerso nell’empatia,


diventa solubile” (Baron-Cohen, 2011).

Provare empatia vul dire avere l’intuizione di percepire i sentimenti dell’altro capire cosa sta
vivendo e provando e a sua volta viverle, comprendendo le sue ragioni. E’ un elemento
complicato, che riguarda diversi ambiti della nostro vivere che non sono sempre definibili
(Albiero e Matricardi, 2006). Essa, è parte dell’esperienza umana, chi per primo ne ha parlato
è stato Theodor Lipps nel 2002, che la indicò come l’attitudine al sentirsi in armonia con
l'altro, capendone sentimenti, emozioni e stati d'animo.

L’empatia, è dunque l'attitudine a mostrare attenzione per un'altra persona, mettendo da parte
le preoccupazioni e i pensieri personali. L'ascolto dell’altro si concentra sulla comprensione
dei suoi sentimenti e bisogni fondamentali. Negli anni ’80, psicoterapisti e psicoanalisti
diedero particolare rilievo al ruolo che l’empatia gioca nelle relazioni interpersonali,
affermando che “empatizzare”, significava provare un’esperienza di condivisione emotiva e
di comprensione con l’altro, dando spazio ad una componente affettiva (Feshbach, 1964).
Vengono distinti due tipi diversi di empatia, quella cognitiva e quella emozionale
(Mehrabian, 1997), la componente affettiva dell’empatia riguarda il vivere gli stati emotivi
degli altri consapevolmente, provando uguale sensazione, il che comporta distinguere sé
dall’altro, nonché una comprensione della provenienza dell’esperienza emotiva. Menon e

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Uddin, suggeriscono che la consapevolezza emotiva si verifica perché l’insula crea una
rappresentazione delle emozioni positive e negative integrando gli stimoli esterni con le
emozioni fisiche. L’empatia cognitiva ha di base l’identificazione con lo stato mentale
dell’altro, ovvero capire tutto ciò che a livello di pensieri, intenzioni ed emozioni lo
riguardano, l’individuo riesce a comprendere e a percepire il punto di vista altrui e lo fa
proprio. Parzialmente richiama i meccanismi di fondo della teoria della mente (Menon e
Uddin, 2010). Altri, considerano la stessa come un costrutto multicomponenziale, dove c’è
un incontro affettivo, e in cui però si prova certezza nel fatto che ciò che si prova è ciò che
prova anche l’altro, le due componenti affettiva e cognitiva si relazionano (Feshbach, 1982).
Empatizzare, significherebbe provare le stesse identiche emozioni di chi osserviamo, ci
sarebbe dunque una corretta relazione affettiva, dove vi è la consapevolezza che l’emozione
condivisa deriva dall’altrui emozione, dunque c’è un’integrazione delle due componenti, che
si fondono in un'unica direzione empatia.

Il maggiore esponente dell’argomento è Hoffman, egli afferma che l’empatia può essere
distinta sia in termini funzionali, sia fenomenologici; nel primo caso, sarebbe quel qualcosa
capace di far nascere la preoccupazione per gli altri, nel secondo caso, sarebbe una risposta
affettiva più adeguata all’altrui situazione che alla propria, l’autore ancora sostiene che, si
può essere empatici già da piccoli (Hoffman, 2008). Anche Davis, propose dell’empatia un
approccio cognitivo e uno affettivo, ma la novità della sua tesi fu nel ritenere che, sia gli
elementi cognitivi sia quelli affettivi presenti nell’empatia, congiuntamente vanno a definire
la natura multidimensionale dei processi empatici, sostenendo anche, che quattro sarebbero
le risposte empatiche:

-capacità di discernere l’altrui punto di vista

-inclinazione a immaginare situazioni irreali

- condivisione di esperienza emotive altrui

-riconoscere i propri stati ansiosi nelle situazioni relazionali (Davis, 1983).

Le prime due attengono alle abilità cognitive, le restanti alle reazioni emotive dell’essere
umano. Vreeke e Van der Mark (2003), invece, nel parlare di empatia guardano al contesto
comunicativo in cui la risposta empatica nasce e si sviluppa. Anche per questi ricercatori le
componenti cognitive e affettive interagiscono, creando risposte empatiche. Gli autori

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altresi’ritengono che gli stadi di sviluppo dell’empatia partano dal contagio emotivo, poi
percorrono l’emozionalità parallela e arrivano infine all’emozionalità reattiva. E’ ritenuta
dagli autori una forma di empatia, in quanto si inserisce nel contesto dialogico della
comunicazione. In questa visione, l’empatia sarebbe vista come risposta comportamentale
ed emotiva a una determinata domanda dell’altro; empatizzare con un altro significherebbe
capire individuare il bisogno che il soggetto esprime e saper farvi fronte in modo adeguato.
Inoltre l’empatia può essere positiva e negativa, la prima fa riferimento alla capacità di un
individuo di partecipare pienamente alla condivisione della gioia altrui, si riesce a cogliere
l’allegria e la gioia dell’altro, avendo consapevolezza dell’altrui felicità. In tal senso, la
componente empatica si collega alla simpatia, meglio resa dall’espressione “sentire per”
qualcun altro. La risposta simpatetica è diversa dall’empatia in quanto l’emozione che prova
l’osservatore non è necessariamente simile a quella provata dall’altro, tuttavia, cogliendo la
gioia tramite l’empatia, avverrà in modo intenso, essendo una gioia di tipo originario, in
quanto il contenuto di ciò che viene provato empatizzando con l’altro, avrà lo stesso
contenuto (Stein,1986). In tal senso, la componente empatica si collega alla simpatia, meglio
resa dall’espressione “sentire per” qualcun altro. La risposta simpatetica è diversa
dall’empatia in quanto l’emozione che prova l’osservatore non è necessariamente simile a
quella provata dall’altro, tuttavia, cogliendo la gioia tramite l’empatia, avverrà in modo
intenso, essendo una gioia di tipo originario, poiché il contenuto di ciò che viene provato
empatizzando con l’altro, avrà lo stesso contenuto (Stein,1986).Quando siamo difronte
all’empatia negativa si verifica di non provare nessun sentimento per lo stato di felicità altrui,
con la conseguenza di riversare nel proprio vissuto le sue emozioni. Ciò accade in quanto
qualcosa in lui si oppone; un episodio vissuto in precedenza o che sta vivendo, o la
personalità della persona impediscono alla sua capacità, di potere cogliere la gioia (Stein,
1986). Uno studio recente ha tuttavia mostrato, che avere avuto in passato delle avversità
comporta una maggiore propensione ad essere empatici a capire la sofferenza degli altri. Gli
autori di questa ricerca, sostengono, che avere avuto nel proprio percorso di vita fatti e
episodi gravi e avversità, predispongono ad una maggiore empatia, che implica anche una
tendenza a provare compassione per gli altri nelle necessità. Dimostrano anche, che le
differenze individuali conseguenti alla compassione, generano risposte comportamentali
mirate ad aiutare gli altri (Lim e De Steno, 2016).

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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La parola empatia indica la capacità di capire gli stati d'animo altrui, “mettersi nei panni
dell'altro”, sia che riguardi la gioia, sia il dolore (Fortuna, 1999). Dunque la capacità di capire
la sofferenza e la paura altrui renderebbe possibile la riduzione di episodi di bullismo,
proprio il bullo, infatti pare non avere nessuna comprensione e tolleranza per lo stato
d’animo della vittima. I ricercatori sono d’accordo, nel ritenere che già a partire dalla
fanciullezza l’empatia, sarebbe capace di ridurre l’agire aggressivo sia fisico che verbale,
ma anche i comportamenti antisociali e criminali. Ciò poiché la componente cognitiva, fa
vedere la prospettiva dell’altro, soprattutto in situazioni conflittuali, in tal modo viene meno
la probabilità e la messa in atto di un atteggiamento violento e aggressivo; mentre quella
affettiva ci fa rendere conto che l’altro sta soffrendo (Albiero e Matricardi, 2006). L’empatia
è una delle determinanti più significative nella lotta ai fenomeni di comportamenti antisociali
come sono la violenza e il bullismo, l’aggressività, infatti è riscontrata per lo più in quei
soggetti che non sono riconosciuti empatici. Essi infatti, non riescono a mettersi nella
prospettiva di chi gli sta vicino non riuscendone a comprendere situazioni e stati d’animo.
Da un recente studio condotto su adolescenti, è emerso che coloro che sono impegnati in
comportamenti di bullismo e di aggressività sia reattiva che proattiva e che hanno scarse
capacità di elaborazione delle informazioni sociali, non hanno adeguati livelli di empatia
affettiva e cognitiva per evitare il sorgere di situazioni aggressive (Gordon, 2014).
Sviluppando l’empatia, il bullo, finirebbe per immedesimarsi in coloro che provano
sofferenza frenando così il proprio comportamento violento (Civita, 2006). Ma che ruolo
avrebbe l’empatia nel bullismo in generale? Uno studio condotto su campione di adolescenti
provenienti da Grecia e Spagna ha indagato che ruolo ha la componente empatica nel
bullismo tradizionale e anche nel cyberbullismo. Pare che, l'empatia sia cognitiva che
affettiva è importante per contrastare entrambe le forme di bullismo. Inoltre le ragazze e gli
studenti più grandi sviluppano valori più elevati di empatia rispetto ai ragazzi e studenti più
giovani (Del Rey et al., 2015). Dunque la componente empatica, non solo diverrebbe una
risorsa per la lotta al bullismo, ma migliorerebbe anche il comportamento prosociale; in età
adolescenziale, un miglioramento delle capacità empatiche determina un importante attività
di prevenzione dei comportamenti definiti a rischio (Feshbach e Feshbach, 1982). Molti studi
concordano nel dire che l’empatia è importante nell’attuazione di atteggiamenti prosociali e
altruistici. Il principale elemento che motiva detti comportamenti prosociali è la componente
emotiva dell’empatia e si realizza con due modalità differenti. Esse sono caratterizzate da

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una reazione emotiva causata dal disagio e dalla sofferenza altrui. La prima reazione, di
disagio personale, sarebbe caratterizzata da una motivazione egoistica: vedere il dolore che
affligge colui che ci sta vicino causerebbe in chi osserva ansia e tensione. La seconda, la
considerazione empatica, avrebbe invece una motivazione altruistica (Eisenberg et al.,
1989). L'empatia è fondamentale per l'intelligenza emotiva e svolge un ruolo fondamentale
nella prevenzione del bullismo. Essere empatico è avere la capacità di identificare i
sentimenti e le emozioni altrui. Attraverso questa componente l’individuo, si adatta ai panni
di qualcun altro e condivide i suoi sentimenti e sensazioni. Si inizia con un tale pensiero
supposizione, che consente all'aggressore di fermarsi e cercare un dialogo su una situazione
con la persona con cui ha avuto lo screzio. Di conseguenza diventa determinante, formare
all’empatia, perché ciò migliorerà la convivenza pacifica e, a sua volta allevierà il bullismo
nelle nostre scuole. I ricercatori della University of New Hampshire (UNH) affermano che
insegnare ai bambini l'empatia, può aiutare a ridurre il bullismo. A conclusione della loro
ricerca gli autori hanno dimostrato, che l’empatia è essenziale per sviluppare e mantenere
relazioni sane (Taylor, Futch, e Jindani, 2016). La persona empatica, ha poche probabilità di
arrabbiarsi, difficilmente mette in atto condotte errate, anzi di solito pone un freno al proprio
agire, ciò che non accade nel bullismo, dove invece, si interpretano in modo inadeguato i
comportamenti altrui con la conseguenza di divenire violenti e aggressivi. L’ empatia, allora,
diviene nelle relazioni interpersonali un elemento, che permette di individuare gli stati
d’animo altrui. Tuttavia di recente si è osservato nell’empatia un lato per così dire negativo,
il soggetto empatico potrebbe essere portato ad agire con l’intento di salvarsi dal malessere
provocato dall’altro (Di Michele et al., 2011). Di conseguenza la condivisione e la
comprensione degli altrui sentiimenti, potrebbe non essere disinteressato, ma potrebbe
derivare dal fatto che vogliamo scappare a dei propri sentimenti spiacevoli e perciò solo per
puro egoismo (Carlucci, 2015).

3.5 L’alessitimia come mancanza di empatia

L’empatia, è una determinante fondamentale nel contrastare ed inibire ogni forma di


comportamento aggressivo e violento, favorisce, invece l‘agire prosociale, il contagio
emotivo è tale per cui le emozioni che prova l’altro diventano proprie senza distinzione tra
il vissuto dell’uno e quello dell’altro (Wallon, 1967), ragion per cui sarebbe di aiuto nella

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inibizione del fenomeno bullismo. Un recente studio, ha verificato eventuali relazioni tra i
livelli di capacità empatica e il comportamento di bullismo e di difesa. I risultati hanno
rivelato che bassi livelli di risposta empatica sono associati al coinvolgimento degli studenti
nel bullismo. Al contrario, l’empatia è stata associata positivamente con comportamenti di
aiuto dei vittimizzati (Gini, Albiero, Benelli, e Altoè, 2006). Ma come ha sottolineato
Hoffman, davanti alla sofferenza altrui si possono avere due atteggiamenti differenti, si può
decidere di aiutare l’altro, colui che si trova nella situazione di bisogno, oppure
allontanarsene lasciandolo solo nel suo dolore, proprio quello che succede tra il bullo e la
vittima, sembra che ciò dipenda dall’avere o meno “l’aurosal empatico” (Hoffmann, 2000).

La mancanza di componente empatica, dipenderebbe da differenti fattori, alcuni individuali,


che poi sono quelli che attengono alla capacità di sapere organizzare le proprie emozioni;
altri invece relativi ad alcune caratteristiche dello stimolo e del contesto di cui si è osservatori
(Eisemberg e Fabes, 1990). Fondamentale dunque nella regolamentazione dell’agire umano
sarebbe “l’effortful control” ossia, quella dimensione che regola il nostro comportamento, e
che ci fa essere capaci di eliminare una risposta prevaricante per crearne un’altra che si
adegua a ciò che richiede il contesto (Eisenberg e Spinrad, 2004). Ad influenzare dunque la
componente empatica, sarebbero i processi di autoregolazione, che sono collegati
all’effortful controll; ne consegue che colui che guarda la situazione dolorosa in cui si trova
l’altro, può attraverso i processi di autoregolazione, utilizzare i processi cognitivi che lo
aiuteranno a capire il disagio in cui si trova l’altro, e così a condividere la sofferenza
mettendo in atto azioni prosociali (Gailliot, 2003). Ma potrebbe anche decidere di non attuare
questo tipo comportamento, con la conseguenza di ledere l’altro perché non riesce a leggere
il suo dolore, non ha una condivisione empatica, non è in grado di regolare il proprio
vissuto.Possiamo dire che egli focalizza la sua attenzione solo sull’emozione negativa, che
lo fa allontanare dalla sofferenza altrui. Mostra bassi livelli di effortful che lo fanno
allontanare emotivamente da colui che si trova in una condizione di sofferenza (Eisenberg,
Fabes, e Spinrad, 2006). Un recente studio condotto su adolescenti, attraverso la proiezione
di filmati tristi, ha evidenziato che ad essere predisposti a episodi di bullismo erano coloro
che durante la visione dei filmati mostravano bassa empatia, coraggio, poca paura e gioia a
scene di rabbia (Panayiotou, Fanti, e Lazarou, 2015). Di recente uno dei maggiori esponenti
dell’empatia Simon Baron Choen (2011), ha parlato di essa definendola “scienza del male”,
di rovescio della medaglia, allo scopo di capire la cattiveria e la crudeltà che risiede

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nell’essere umano. La presenza della cattiveria e della crudeltà umana e dunque, della
mancanza di empatia, è, perciò, qualcosa in continua evoluzione e all’interno della quale
entrano in gioco una moltitudine di relazioni e contingenze. Egli sostiene che nel manuale
diagnostico dei disturbi mentali bisognerà inserire la categoria dei “disturbi dell’empatia”,
delineando in tal modo una nuova riclassificazione dei disturbi di personalità. Ancora è
importante capire a cosa bisogna attribbuire questa “dispatia” ovvero questo volere rifiutare
la condivisione dell’altrui dolore (Stein, 2012). Pare che ciò sia determinato da differenti
cause, sia fattori genetici, sia ormonali, sia neurali e ambientali, tuttavia qualsiasi siano le
determinanti della dispatia, sono da ricollegare al “grado zero” dell’empatia, i tre principali
sottotipi di esso sarebbero: i borderlain, gli psicopatici, i narcisisti; tutti e tre hanno in
comune il grado zero di empatia (Choen, 2011). La condizione che viene a verificarsi a
livello zero di capacità empatica, è molto interessante in quanto può essere di due tipi:
negativo o positivo. Tutti coloro i quali si trovano in questa condizione, hanno problemi ad
interagire con chi gli sta vicino, addirittura potrebbero essere completamente incapaci di
considerare gli atri, avendo grado zero di empatia, sarebbero propensi a commettere crimini,
cattiverie e violenze. La mancanza di empatia, da origine a delle personalità non solo dotate
di poca sensibilità, ma anche aggressive e violente nonché pericolose; le cause di tali
comportamenti sono svariate, alcune si ricollegano ad anomalie fisiologiche del cervello,
altre a condizioni estrinseche al soggetto (Choen, 2011). Uno studio condotto in Croazia
sulla personalità dei soggetti coinvolti in bullismo ha fatto emergere i seguenti risultati: le
vittime maschili e femminili non presentavano autostima, in più sono risultati nevrotici e
propensi a credere che il bullismo fosse un modo di risoluzione; nelle donne vittime di
bullismo invece mancava la gradevolezza e la coscienziosità, mentre le vittime di sesso
maschile erano per lo più giovani e avevano una storia di vittimizzazione durante la loro
collocazione precedente, a scuola (Sekol, 2016).Potrebbe darsi anche, che l’agire empatico
avvenga solo per fini egoistici e che l’autostima di quest’ultimo sia scarsa. Sembra
dimostrato che soggetti che hanno una scarsa autostima, e poco entusiasmo, non reagiscono
quasi mai di fronte a situazioni di insuccesso e si mostrano disinteressati, poiché ritengono
di non essere capaci di intervenire avendo uno scarso senso di autoefficacia, e anche stress
ansia. Pertanto gli può accadere, di essere indotti ad aiutare chi è in difficoltà solo al fine di
ridurre il disagio provato (Di Michele et al., 2011), oppure di volere sfuggire a sentimenti di
tristezza, vergogna e senso di colpa. Dunque l’empatia, potrebbe emergere da un istinto

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puramente egoistico, che spinge l’individuo all’aiuto di chi gli sta vicino solo per scappare
dalle proprie paure (Carlucci, 2015). La mancata integrazione tra i giovani adolescenti nelle
relazioni, oltre che essere determinata dalla mancanza di empatia, potrebbe essere causata
dall’ alessitimia, che è comunque una forma ridotta di capacità empatica (Bird e Viding,
2014). Per alessitimia si indica l’assenza o la problematicità a riconoscere le emozioni, ma
anche ad esprimerle verbalmente, dunque è un preciso disturbo delle funzioni affettive e
simboliche (Sifneos, 1973). Nella letteratura moderna essa viene individuata come un
costrutto molteplice essa è presente nell’attuale moderna società, ed è legata alla regolazione
affettiva, si presenta come un deficit nella regolazione delle emozioni e nella elaborazione
cognitiva a tal punto che le emozioni sono poco legate alle immagini, con la conseguenza
che chi ha problemi di alessitimia, non è spesso in grado di sognare e fantasticare oltre a
essere poco capace di riflettere con le proprie considerazioni interiori ( Manfredi, 2016). A
caratterizzare colui che ha una forma di alessitimia è una modo di pensare legato allo stimolo
e orientata verso l’esterno, associata ad una capacità immaginativa limitata, egli ha una
particolare difficoltà a riconoscere e descrivere i propri sentimenti ma anche quelli altrui.
Essi non sono persone empatiche, piuttosto disinteressate alla sofferenza, al vissuto emotivo
di una persona. Per tutti questi motivi, sembra che abbiano problemi nella sfera
interpersonale e sociale (Taylor, Bagby, e Luminet, 2000). Tre sono le componenti
dell’alessitimia: difficoltà ad identificare i sentimenti, la difficoltà a comunicarli e il fatto di
avere un pensiero all’esterno (Taylor, Bagby, e Parker,1991). Gli alessitimici, in realtà hanno
emozioni, però non sono in grado di riorganizzarli mentalmente intrapsichica,
apparentemente sembrano inseriti nella realtà circostante anche se non lo sono hanno una
postura rigida e quando sono sottoposti a stress hanno esplosioni di collera o di pianto
incontrollato senza essere in grado di spiegarne il perché (Kristal, 2007). Negli ultimi anni
la ricerca su questo disturbo è stata numerosa e volta anche a capire le connessioni che essa
ha con altre componenti emotive. E’ stata individuata una relazione di tipo inverso che
coinvolge l’alessitimia e le emozioni, nel senso che se un soggetto mostra avere indici alti
di alessitimia, avrà bassi livelli di intelligenza emotiva (Parker, Taylor, e Bagby, 2001). Oltre
al fatto che chi è alessitimico ha una scarsa intelligenza emotiva, si sono effettuate delle
ricerche allo scopo di capire se tali soggetti avessero anche difficoltà a riconoscere le
emozioni, da un recente studio è emerso proprio quanto detto (Jongen et al., 2014). Alcune
recenti ricerche effettuate su alcuni giovani adolescenti hanno dimostrato che l’alessitimia è

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molto presente tra essi, pertanto in età giovane si considera un fattore che può indurre al
rischio di patologie negative e traumatche, perché è proprio nella fase adolescienziale che le
emozioni hanno un ruolo importante. Essa è correlata anche a sintomi come: difficoltà di
controllo degli impulsi, condotta aggressiva, ansia, depressione oltre che sintomi somatici e
di ipercontrollo (Trani, e Cannings, 2013). Inoltre sempre su un campione di giovani
adolescenti aventi età compresa tra gli 11 e i 13 anni è stata evidenziata una correlazione tra
l’avere un comportamento alassetimico e problemi di condotta (Gatta, Spoto, Colombo,
Penzo e Battistelli, 2016). Oltre che ad una connessione tra l’alessitimia e l’emicrania negli
adolescenti, infatti ad un alto livello di alessitimia corrisponde un elevato rischio di
psicopatologie (Luca, Silvia, Giulia e Renata, 2016). Un recente studio ha valutato inoltre il
rapporto tra bullismo e vittimizzazione, sintomi di stress post-traumatico, e alessitimia su
adolescenti. I risultati mostrano, che le difficoltà a identificare e descrivere i sentimenti
combinate ad un pensiero orientato all'esterno e i sintomi principali di alessitimia, possono
svolgere un ruolo cruciale nel collegare il bullismo vittimizzazione con l'insorgenza del
disturbo da stress post-traumatico (Guzzo, Pace, Cascio, Craparo, e Schimmenti, 2014).
L’adolescente alessitimico, poiché non è capace di strutturare le emozioni e di rappresentarle
ha nell’interazione con gli altri delle difficoltà (Emde, 1999). Per concludere, gli adolescenti
nella loro difficile crescita incontrano molti ostacoli che li mettono a dura prova uno tra tanti
l’interazione con i coetanei. E’ proprio in questo momento che tutto ciò che attiene al nostro
corredo emozionale diventa un’importantissima fonte di conoscenza della propria identità,
sulle proprie necessità personali e sulle azioni necessarie a soddisfare tali bisogni (Dafter,
1996).

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PARTE EMPIRICA

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CAPITOLO QUARTO

INTRODUZIONE

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Introduzione

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INTRODUZIONE

Nella prima parte del lavoro sono state, analizzate alcune caratteristiche della società
postmoderna, che mettono in risalto una liquidità dei rapporti tra i giovani evidenziando la
mancanza e la perdita di confini relazionali, e di un il livello di liquidità dei rapporti, che
sullo sfondo di questa esperienza, ci fa vedere un diffondersi del senso di insicurezza, e di
mancanza di punti di riferimento tra essi. L’adolescente al fine di costruire la propria identità,
ha bisogno di confrontarsi ogni giorno, di percorrere il proprio percorso di vita, con i modelli
sociali di genere, e di sessualità. (Francesetti, 2005).

Pertanto laddove si evidenzia una confusione di modelli e di punti di riferimento, sono


necessarie proposte educative che aiutino i giovani verso la propria identificazione di genere,
ma anche a migliorare la relazione con i coetanei (Burgio, 2012; Manghi, 2014).

Il confronto con chi è diverso spinge l'adolescente a costrure la propria identità, per tale
ragione, la dimensione conflittuale diviene occasione rilevante di crescita, e di dialogo, con
le differenze.

Un contesto socioculturale, che propone l'aggressività come modalità predominante


attraverso la quale si instaurano, rapporti sociali malati, che comporta pregiudizi e
discriminazioni implica una non educazione al conflitto.

Laddove i giovani non sono in grado di accettare la diversità, la novità e il cambiamento si


inaridiscono nell’importante competenza relazionale, nel proprio o nell’altrui valore
(Manghi, 2014).

In letteratura è condivisa l’opinione che a generare comportamenti devianti sono differenti


fattori: biologici, psicologici ma anche familiari e sociali che intervengono sul
comportamento dell’azione del genere umano durante tutto il percorso della vita (Campbell,
Doucette, e French, 2009).

L’agire umano infatti, è influenzato da una molteplicità di componenti, che incidono sulla
formazione del giovane durante il percorso adolescenziale. Ogni ragazzo, sarà diverso
dall’altro, per vissuti familiari, per scelte di vita ma anche per esperienze pregresse (Kerr e
Stattin, 2000).

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Proprio durante l’adolescenza, avviene la voglia di essere autonomo e di imporsi nel mondo
circostante, nasce una fase di mutamento profonda, a tal punto, che notevoli trasformazioni
lo interesseranno sia a livello psicologico sia a livello identitario, inducendolo ad avere
comportamenti adattivi o disadattivi (Lynam et al., 2007).

E’ sufficiente proprio svolgere lo sguardo verso il mondo giovanile per accorgersi che tra
essi dilagano le cosiddette “passioni tristi”, come definiva Spinoza, uso di alcool, gioco
d’azzardo, consumo di sostanze stupefacenti, atti di bullismo e ogni tipo di comportamento
violento diretto a danneggiare se e gli altri (Dalpiaz, 2016).

Dunque la devianza messa in atto dai giovani adolescenti di oggi, può indicare un disagio,
ma nello stesso tempo il desiderio di volere essere presi in considerazione da una società che
sempre più li dimentica. Per queste ragioni, molti ragazzi, sembrano avere perso notevoli
punti di riferimento, trovando nel gruppo degli amici/compagni l’unico modo per essere
protagonisti.

Talvolta è proprio all’interno di una compagnia, che viene manifestato un disagio, il quale
frequentemente induce gli stessi giovani a trasgredire in vari ambiti, proprio per tale motivo,
la devianza è anche il prodotto dell’anomia (Battipiede, 2016).

Una nuova tipologia di devianza tipica di un di un disagio profondo che vivono i giovani
odierni di tipo alloplastico è il bullismo (Barone, 2001). una forma di “bestialità atavica”,
che esprimono all’esterno per conseguire bisogni propri non curandosi che questo modo di
agire, può determinare in altri problemi di carattere psico-sociale (Rebughini, 2004).

Numerose le problematiche legate al mondo giovanile: devianza, disagio comportamenti


violenti, e bullismo (Civita, 2006).

Già nel 1971, Buss definiva l’aggressività come “una risposta a degli stimoli nocivi verso
gli organismi”, che spesso si accompagna ad un insieme di emozioni come la rabbia, l’odio
e la paura. Successivamente, furono individuate due forme di aggressività una “proattiva” e
l’altra “reattiva”. Nel primo caso, la manifestazione violenta si esprime allo scopo di
perseguire un proprio obiettivo, nell’altro caso vi è una provocazione o costrizione; proprio
in quest’ultima forma di aggressività proattiva viene fatto rientrare il bullismo, (Coie et al.,
1991).

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L'insorgenza di comportamenti violenti può essere determinata da episodi di socializzazione


precedente, individuati in tre componenti: ambiente, ovvero tutte le opportunità e i processi
di socializzazione di base; l’evoluzione, che dipenderebbe principalmente dall'interazione
tra identità personale e identità sociale dei giovani integrati in gruppi violenti. D'altra parte,
Shuval et al., (2012), affermarono che la gioventù violenta è influenzata dalla mancata
capacità di gestire i conflitti interpersonali, dall’assenza di figura paterna a casa e anche dalla
zona di abitazione, laddove in essa vi sono bande è dove le differenze-economiche
determinano insicurezza.

La famiglia, e la scuola così come l’ambiente socio culturale, influiscono sui comportamenti
degli adolescenti, attualmente sembra che i giovani, sono sempre più coinvolti in
comportamenti antisociali e criminosi, perché spesso hanno problemi legati all’ ambiente
familiare in cui vivono e crescono (Gottman, 2015).

Oggi la famiglia viene, infatti, vista come poco contenitiva, non in grado di porre dei limiti,
e di dettare delle regole, spesso alla ricerca di supporti, pareri e consulenze, e portati a
rimettere alle figure educative, non interne al nucleo familiare (educatrici, insegnanti, etc.),
responsabilità e ruoli, di cui essi spesso non se ne fanno carico

I giovani che vivono in famiglie culturalmente poco formate hanno una maggiore
propensione a far parte di gang violente (Karachi et al., 2006).

La coesione familiare è stata identificata, in contesti diversi, come predittore del benessere
della stessa. Sono state individuate relazioni significative fra personalità e stabilità emotiva
e famiglia funzionante (Barron et al., 2017).

Esiste anche, una relazione significativa tra il clima sociale della famiglia e l'intelligenza
emotiva, soprattutto nella stabilità dimensione dove lo stile di vita è una variabile
informativa dell'intelligenza emotiva, in modo che stili di vita sani sono associati con alti
livelli di EI (Sosa et al., 2016).

La violenza rivolta verso altri coetanei, porta a delle conseguenze a volte gravi, vi è una
connessione tra le condotte violente e stato sociale, l'ansia con sintomi di depressione. Ogni
categoria che partecipa al bullismo appare essere soggetta ad un determinato status psico-
fisico; le vittime hanno più alti livelli di ansia e depressione sintomi, in particolare ansia di
separazione e la depressione maggiore, i trasgressori invece, mostrano aspetti legati al rifiuto

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e aspettativa comparativamente con i soggetti osservatori (Lara-Ros, et al., 2017). Così pure
presentano problemi emotivi e comportamentali.

Gli aggressori infatti sono maggiormente predisposti al consumo di tabacco e alcool, nonchè
mostrano comportamenti a rischio, oltre al fatto di avere atteggiamenti ansiosi a livello
somatico e comportamenti problematici (Albores-Gallo, Sauceda-Garcia, Ruiz-Velasco e
Roque-Santiago, 2011).

I soggetti maggiormente depressi e che presentano manifestazioni suicidarie, sono perlopiù


vittime di bullismo, mentre coloro che attuano comportamenti delinquenziali saranno capaci
di mettere in atto comportamenti violenti (Van der Wal, De Wit, e Hirasing, 2003).

Questi rischi sono maggiormente visibili durante la fase dell'adolescenza che rappresenta
una particolare tappa della vita di un giovane ragazzo (Stapinski, Araya, Heron, Montgomery
e Stallard, 2015)

Gli adolescenti vittime di bullismo, hanno bassi livelli di: emozione, intelligenza emotiva,
autostima, tolleranza per la frustrazione, l'efficienza e l'attività; Mentre gli adolescenti che
presentano comportamenti antisociali mostrano una scarsa: intelligenza emotiva,
responsabilità e tolleranza (Garaigordobil, Martínez-Valderrey, e Aliri, 2015).

I comportamenti violenti, aggressivi, o ancora di piacere e indifferenza rispetto a quanto


messo in atto appaiono legati a fattori come il senso di colpa, l’empatia, l’alissitimia, la
sensibilità (Neumann et al., 2010).

Trovare la soluzione per un benessere psicologico di ogni essere vivente si può in buona
parte trovando il giusto equilibrio tra emozioni in grado di farci avere sensazioni belle e
piacevoli, ed emozioni che invece ci trasmettono stati emotivi negativi. La capacità di gestire
e regolare le emozioni e gli impulsi negativi che interferiscono sui cambiamenti e le
situazioni di stress, consentono psicologicamente sviluppi terapeutici favorevoli sugli
adolescenti (Ramos-Díaz, et al., 2017).

Partendo da questi elementi, è possibile fornire un supporto, in modo seppur circoscritto, per
individuare questi fenomeni, all'interno del contesto agrigentino. A tale scopo si
utilizzeranno, l’analisi degli stereotipi psicologici, sociali e culturali, oltreché di genere, al
fine di potere effettuare un’indagine su alcuni elementi, che aiutano il diffondersi della

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violenza tra i giovani ragazzi all’interno del contesto scolastico, in questo preciso momento
storico, che viviamo.

La motivazione che fa nascere questa ricerca, risiede nel voler dare un apporto a quella
corrente di pensiero e di coscienza, che non vuole vedere un futuro pessimistico, ma che
invece vuole vedere un futuro, speranzoso e migliore nel quale sia possibile recuperare il
senso della progettualità, e di rivitalizzare la speranza per il futuro allo scopo di elaborare
soluzioni che meglio si adattano all’epoca in cui viviamo (Cavaleri, 2009/3).

Quanto fino ad ora esposto fa capire il perché dello studio e dell’analisi dell’adolescenza,
che rappresenta un campo importante da cui potere partire, per giungere a definire il profilo
della nostra società sempre più in difficoltà di dare un orizzonte certo e sicuro (Burgio,
2012).

In questa visione, la nostra ricerca, sottolinierà le potenzialità evolutive, insite nella


fondamentale ambivalenza dei trend storici che stiamo vivendo, e che s’intersecano con
l’ampio dilagarsi di patologie e fenomeni di disagio giovanile, come il bullismo che impone
il ricorso a chiavi di lettura, ed a strumenti alternativi a quelli tradizionali, indicative di un
mutamento in corso, sul cui senso è fondamentale soffermarsi a riflettere e a porsi delle
domande (Bauman, 2002, 2006).

Approfondire il nostro studio in questa direzione, eviterà il rischio di ritenere detti fenomeni
semplificazioni dei fenomeni considerati, o dal rischio di non dargli un’esatta valutazione
dei nessi, che si nascondono dietro la loro crescente complessità.

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CAPITOLO QUINTO

IPOTESI OBIETTIVI E METODO

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1. Ipotesi e obiettivi

2.Metodologia

2.1 Partecipanti

2.2 Strumenti

2.3 Procedimento

2.4 Analisi dei dati

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1. Ipotesi e obiettivi

Secondo gli studi sopra menzionati e concentrandoci sull’adolescenza e sul bullismo nonchè
sui vari fattori che lo alimentano, esistono le seguenti ipotesi:

- il genere influenza l’esordio del bullismo, nello specifico i ragazzi manifestano più
comportamenti incentrati sulla violenza rispetto alle ragazze;
- il clima familiare incide sul bullismo, in particolare i giovani che vivono in un
contesto familiare caratterizzato da maggiore serenità risultano essere meno esposti
al bullismo;
- l’ambiente scolastico è quello in cui maggiormente si verificano episodi di violenza,
rispetto ad altri luoghi di incontro giovanile;
- il genere influenza la manifestazione di comportamenti empatici, specificamente le
ragazze risultano essere più predisposte ad assumere il punto di vista altrui rispetto
ai ragazzi;
- la prevalenza o meno di specifiche componenti di personalità (ad esempio,
estroversione, nevrosi, apertura, amabilità, etc.) possano incidere sull’esordio e la
cronicizzazione del bullismo.
L’obiettivo generale del presente studio è quello di conoscere la relazione esistente tra
bullismo e componenti emotive e di personalità, e le relazioni tra queste e le variabili legate
a fattori psicosociali e familiari, quali l’età, il sesso, e su come le stesse possano incidere sul
fenomeno, in un gruppo di alunni italiani di scuola secondaria di primo grado.

A tal fine si formulano i seguenti obiettivi specifici:

- Componenti socio ambientali e bullismo: analizzare la relazione tra genere, età,


titolo di studio e attività lavorativa dei genitori, situazione e clima familiare, violenza
assistita e subita, con la presenza di comportamenti di bullismo;
- Componenti socio ambientali ed empatia: analizzare la relazione tra genere, età,
titolo di studio e attività lavorativa dei genitori, situazione e clima familiare, violenza
assistita e subita, con la componente emozionale ed empatica;
- Componenti socio ambientali e stile di personalità: studiare la relazione tra genere,
età, titolo di studio e attività lavorativa dei genitori, situazione e clima familiare,
violenza assistita e subita, con lo stile di personalità;

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- Lo stile di personalità sul comportamento violento aggressivo: capire in che modo


lo stile di personalità può incidere sul comportamento violento ed aggressivo;
- Empatia e aggressività: studiare se la scarsa presenza di sentimenti empatici può
essere una causa di rischio per l’attuazione di comportamenti violenti ed aggressivi
messi in atto a scuola;
- Stile di personalità e protagonisti del bullismo: verificare come lo stile di personalità
possa incidere sul fenomeno del bullismo.

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2.Metodologia

2.1 Partecipanti

Il campione originario era costituito da 384 studenti iscritti alle classi seconde e terze della
scuola secondaria di primo grado, di entrambi i sessi, di età compresa tra i 13 ed i 14 anni.
Il processo di selezione dei partecipanti è stato effettuato in una scuola secondaria di primo
grado di Sciacca, nello specifico l’Istituto “Inveges” della provincia di Agrigento, in Sicilia,
sulla base di un campionamento non probabilistico, a partecipazione volontaria.

Tuttavia, poiché sono state fatte delle correzioni al campione, è opportuno spiegare i motivi
che hanno reso necessari tali cambiamenti.

Controllando i questionari somministrati, è stato evidenziato che due alunni non avevano
specificato il sesso, dunque si è deciso di escludere i questionari citati dal campione. Altri
quattro studenti non avevano completato il questionario, pertanto anche questi sono stati
esclusi dal campione.

Altri cinque erano risultati assenti nella giornata in cui è stato somministrato il test.

Infine, sono stati esclusi dal campione, altri tre questionari in quanto le risposte fornite
risultavano essere contraddittorie, e date a caso, di conseguenza avrebbero influenzato
negativamente le analisi.

Eliminati questi test, il campione finale risulta essere costituito da 370 studenti come si
evince dalla tavola n.1 di cui maschi 183, 49.5%, mentre femmine 187, 50.5% della scuola
presa a campione.

Inoltre la tavola n.1, individua una significatività statistica nel senso che ad avere un’età più
elevata risultano i ragazzi L’età media del campione è di 12.7 anni (una media di 12.6 per le
femmine ed una media di 12.7 per i maschi), e rientra in un range fra gli 11 e i 14 anni per
le femmine e 11-15 per i maschi, con una DS (deviazione standard) pari a 0.6 per le femmine
e di 0.7 per i maschi.

125
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Tavola 1. Distribuzione campionaria - Medie e deviazioni standard e T di Student rispetto ad età

Genere N % Range M (DS) t Sig.


femmine 187 50,5 11-14 12.6 (0.6) -.068 .039
maschi 183 49,5 11-15 12.7 (0.7)
Totale 370 100,0 11-15 12.7 (0.6)
Il test mostra una differenza statisticamente significativa tra maschi e femmine (età in media
più alta per i maschi).

La successiva tavola n.2 invece mostra la percentuale di frequenza alle classi seconde e terze
dell’istituto sottoposto a campione

Dalla tavola n.2 è possibile capire che più frequentate, nella misura del 51,9%, sono le classi
terze, mentre nella misura del 48,1% le seconde.

Ma altresì troviamo che hanno manifestato di abitare in centro solo il 41,9%, quando la
percentuale maggiore vive in periferia 58,1%

Tavola 2. Classe di appartenenza e zona abitazione - Frequenza

Classe N % Zona abitazione N %


2a 178 48,1 Centro 155 41,9
3a 192 51,9 Periferia 215 58,1
Totale 370 100,0 Totale 370 100,0

Analizzando la composizione del numero familiare troviamo dalla tavola n.3 che a dichiarare
di vivere in una famiglia con due figli sono la percentuale maggiore pari al 61,6%, seguiti
da coloro che invece hanno risposto tre figli 31,1%, ed infine un figlio 7,3%.

Tavola 3. Composizione nucleo familiare - Frequenza

Nucleo familiare N %
Un figlio 27 7,3
Due figli 228 61,6
Tre figli o più 115 31,1
Totale 370 100,0

126
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

E’ stato inoltre chiesto, che età avessero i loro genitori, con riferimento alla madre la tavola
n.4 mostra che la maggior parte degli studenti ha risposto in misura del 67,5% di avere
mamme con età compresa tra 41\50 anni, seguita dal 28,4% da mamme di età tra i 31\40,
seguono quelle ancora più adulte 50 anni in misura del 3,8%, mentre lo 0,3, è rappresentato
da mamme di età tra i 25/30 anni.

Anche con riguardo all’età del padre la tavola n.4, ci fa notare dalle risposte forniteci dai
giovani che la percentuale più alta di risposte coincide con quelle forniteci in relazione all’età
della madre, dunque il 73,0% dice di avere padri con età 41/40, seguono in misura del16,4%
quelli che hanno un età superiore a 50 anni, poi quelli tra i 31/40 in percentuale del 10,3%,
infine quelli di età tra i 25/30 anni in percentuale dello 0,3%.

La stessa tavola mostra i dati ottenuti riguardo al titolo di studio dei genitori.
Con riferimento ad esso sono presenti valori più alti (sia del padre che della madre) in
corrispondenza del Diploma di Scuola Media Secondaria Superiore (padre 42,2%; madre,
47,8 %), che risulta essere il più diffuso, seguito dalla licenza di Scuola Media Inferiore
(padre, 31,9%, madre, 27,8%), dalla Laurea (padre, 22,7%; madre, 22,7%), ed infine la
licenza elementare (padre 3,2%, madre 1,7%).

Tavola 4. Età e titolo di studio genitori - Frequenza

Età madre Età padre Titolo di studio Studi madre Studi padre
Età N (%) N (%) N (%) N (%)
25/30 1 0,3 1 0,3 Elementare 6 1,7 12 3,2
31/40 105 28,4 38 10,3 Media 103 27,8 118 31,9
41/50 250 67,5 270 73,0 Superiore 177 47,8 156 42,2
+ 50 14 3,8 61 16,4 Università 84 22,7 84 22,7
Totale 370 100,0 370 100,0 Totale 370 100,0 370 100,0

Dalla tavola n.5 notiamo le percentuali emerse alla domanda relativa all’occupazione dei
genitori.

Il valore più significativo emerso per la madre è il 55% disoccupata, segue il 30% impiegata,
10,0% svolge l’attività di libero professionista mentre il 4,3% risulta essere operaio o
artigiano.

127
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
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Per il padre invece il dato più importante è il 34,6% impiegato, segue poi quello di
operaio/artigiano 34,1%, quello di libero professionista in percentuale del 26,2%, mentre
una ridotta percentuale 5,1% disoccupato

Tavola 5. Lavoro genitori - Frequenza

Lavoro madre Lavoro padre


Lavoro genitori N (%) N (%)
Operaio/artigiano 16 4,3 126 34,1
Impiegato 111 30,0 128 34,6
Libero professionista 37 10,0 97 26,2
Disoccupato 206 55,7 19 5,1
Totale 370 100,0 370 100,0

2.2 Strumenti

Al fine di indagare le caratteristiche principali dell’oggetto di studio, si è rivelato


fondamentale capire quali e che tipo di informazioni erano utili per la medesima, pertanto si
è proceduto a strutturare la prima parte del questionario, somministrato agli alunni,
attraverso l’inserimento di items volti ad indagare le componenti socio-anagrafiche.

Successivamente, sono stati utilizzati tre questionari validati:

3.2.1 “La mia vita a scuola”, (Arora, 1994; Sharp e Smith, 1995), ideato all’origine da Arora
(1994), e rivisato da Scharp e Smith (1995), è un valido strumento, in quanto permette di
individuare la qualità e la quantità di comportamenti prepotenti, e di quelli prosociali che
avvengono a scuola (Scharp e Smith, 1995).

E’ costituito da 39 affermazioni alle quali lo studente risponde indicandone la frequenza, in


una scala a tre livelli (mai, una volta, più di una volta), con la quale ha subito da parte di altri
compagni tali comportamenti.

Le domande di argomento differente sono mescolate tra loro, e riguardano diversi indici
quali:

- indice degli episodi di bullismo fisico,


- indice degli episodi di bullismo indiretto,
- indice degli episodi di bullismo verbale,

128
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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- indice di pro socialità.


Gli indici vengono elaborati facendo la media delle risposte di massima frequenza fornite
agli items che compongono l’indicatore.

3.2.2’Interpersonal Reactivity Index (IRI), (Davis, 1980).

Questo strumento (INDEX), valuta la reattività interpersonale, ed è utilizzato per valutare


l’empatia negli adolescenti (Eisenberg e Miller, 1987).

Tale strumento valuta l’empatia in modo multidimensionale includendo fattori cognitivi ed


emozionali. E’ costituito da una scala di facile applicazione, costituita da 28 items, distribuiti
in quattro sottoscale, che misurano quattro dimensioni del concetto globale di empatia, in
particolare valuta:

- Taking Prospective (PT),


- Preoccupazione empatica(EC),
- Disagio personale(PD),
- Fantasia(FS).
Sono previste cinque opzioni di risposta a seconda del grado in cui l’affermazione contenuta
negli items descrive il soggetto che risponde (non mi descrive bene, mi descrive un poco, mi
descrive bene, mi descrive abbastanza bene, e mi descrive molto bene), valutati su una scala
da 1 a 5.

La correzione di detto questionario si ottiene sommando le risposte fornite dal soggetto in


ciascuno degli elementi che compongono le scale.

Sono componenti positive gli items: 1-2-3-4-5; mentre negativi gli items: 5-4-3-2-1.

L’elemento più interessante di questo questionario sta nel fatto che permette di individuare
sia l’aspetto cognitivo, quanto la reazione emotiva del soggetto ad adottare un atteggiamento
empatico.

Le subscale PT e FS, valutano la componente cognitiva; la taking prospective indica i


tentativi spontanei del soggetto di mettersi nella prospettiva altrui in situazioni di vita
quotidiane, dunque serve a capire punti di vista diversi dal proprio.

129
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

La sottoscala Fantasia (FS), invece valuta la capacità dell’individuo ad identificarsi con


personaggi di film e letteratura; individua la sua capacità immaginativa di entrare in
situazioni surreali e fittizie.

La sottoscala di Preoccupazione Empatica (EC) e di disagio personale, invece, misurano le


reazioni emotive alle esperienze negative degli altri. Con la prima (EC), si misura il
sentimento compassionevole, la preoccupazione e l’affetto per il disagio dell’altro, nella
seconda (PD), si valuta il sentimento di ansia e malessere che l’individuo manifesta
osservando le esperienze negative altrui.

3.2.3 Inventario de Personalidad Reducido de Cinco Factores (NEO-FFI), (Costa e Mccrae


2004).

Si tratta di un questionario sulla personalità composto da cinque fattori:

-Nevroticismo (N),

-Estroversione (E),

-Apertura alle esperienze (O),

-Amabilità (A),

-Responsabilità (C).

Esso si compone di sessanta dichiarazioni o domande, che attengono al modo di essere e di


comportarsi dei soggetti a cui il questionario viene somministrato.

L’individuo dovrà indicare il suo grado di accordo secondo il seguente codice: totale
disaccordo, disaccordo, neutrale, d’accordo, totalmente d’accordo.

Per la correzione occorre sommare le risposte date dai soggetti alle voci corrispondenti, gli
items che rilevano un segno negativo si calcolano inversamente; ovvero se è stata data una
risposta di 4 essa sarà valutata 0, una risposta di 3 sarà valutata 1, una di 2 sarà valutata 2,
una di 1 sommerà 3, e per finire quelle di 0 sommeranno 4.

130
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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2.3 Procedimento

Allo scopo di conseguire gli obiettivi della ricerca, è stato dapprima contattato il dirigente
della scuola secondaria di primo grado “Inveges; successivamente presentato il progetto di
ricerca al dirigente locale, è divenuta formale la richiesta per essere in grado di attuarlo.

In un secondo momento si è proceduto ad illustrare allo stesso le modalità e gli obiettivi del
lavoro, in un momento successivo sono stati presi contatti con la referente d’istituto, con la
quale si sono concordati giorni, metodi ed orari per la somministrazione dei questionari.

Il progetto di ricerca è stato anche presentato alle famiglie a cui si è chiesta la collaborazione
e l'autorizzazione, secondo le normative richieste dalla legge organica 15/1999, del 13
dicembre, di protezione dei dati di carattere personale.

Dopo aver chiarito e concordato modalità e procedure si è precisato che il trattamento di tutti
i soggetti avveniva nel pieno rispetto dei principi etici. Particolare cura è stata presa nella
presentazione del progetto ai giovani alunni spiegando che lo scopo di esso era il contributo
allo studio del fenomeno “bullismo”. Si è convenuto che i risultati del presente studio,
sarebbero poi stati portati a conoscenza del dirigente. Ottenuta l’autorizzazione dal capo di
istituto, si è proceduto dapprima alla somministrazione dei tre questionari nell’ordine
seguente: primo La mia vita a scuola, secondo INDEX e ultimo NEO-FFI.

Dopo il completamento della somministrazione di questionari, distribuiti solo alle classi


seconde e terze della scuola secondaria di primo grado, durante l’orario di lezione,
concordato preventivamente con i docenti, per un tempo di un’ora e mezza, è avvenuta la
raccolta dei dati intorno al mese di marzo 2015/16, e successivamente è stata effettuata
l'analisi statistica dei risultati utilizzando il software SSP-22.

La batteria di domande è stata distribuita agli alunni in aula, con la presenza di un docente e
della scrivente, che ha preventivamente spiegato ai ragazzi la ricerca, e le modalità di
compilazione.

E’ stato detto loro, che avrebbero dovuto rispondere con sincerità e libertà, nei tempi
necessari, e che non vi erano risposte giuste o sbagliate, ma che quello che contava era la
veridicità di come avrebbero risposto.

131
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Inoltre, è stato fatto presente che lo strumento era anonimo, e dunque non avrebbero dovuto
indicare nome e cognome, ed il contenuto delle risposte date sarebbe stato mantenuto segreto
ed utilizzato solo ai fini della ricerca.

2.4 Analisi dei dati

Una volta raccolti tutti i questionari compilati, i dati sono stati inseriti in un database e
successivamente analizzati procedendo all’analisi statistica dei dati attraverso il programma
SPSS, versione 22.0.

Grazie a questo tipo di programma è stato possibile effettuare l’analisi richiesta per questa
ricerca.

Attraverso l’analisi statistica si è proceduto a calcolare le statistiche descrittive di ogni


variabile utilizzata nello studio.

I dati sono stati riportati come frequenze (scheda anagrafica), o come media ± deviazione
standard (questionari).

Il Test T di Student è stato utilizzato per analizzare le differenze nei punteggi ottenuti ai
questionari (variabili dipendenti) rispetto al genere (variabile indipendente); il test Rho di
Spearman è stato utilizzato per analizzare le differenze nei punteggi ottenuti ai questionari
(variabili dipendenti) rispetto all’età (variabile indipendente).

E’ stata utilizzata l’ANOVA per analizzare la relazione tra i punteggi ottenuti ai questionari
(variabili dipendenti) e le frequenze di alcuni item della scheda anagrafica nel caso specifico
con le variabili indipendenti età, sesso, titolo di studio dei genitori e la loro attività lavorativa,
clima familiare e la violenza assistita e subita. Tuttavia in alcuni casi l’ANOVA non è
risultata significativa a causa della distribuzione non-normale.

La correlazione tra i punteggi dei differenti questionari (variabili indipendenti: La mia vita
a scuola, INDEX, NEOFFI) sono state analizzate attraverso un’analisi multivariata della
varianza (MANOVA), utilizzando, anche in questo caso, un test non parametrico (Rho di
Spearman).

Una p<0.05 è stata considerata significativa. L’analisi statistica è stata eseguita attraverso un
software commerciale SPSS, versione 22.0.

132
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
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CAPITOLO SESTO

RISULTATI

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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1.Parte anagrafica Analisi descrittive e frequenze

2 Risultati

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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1.Parte anagrafica Analisi descrittive e frequenze

Al fine di avere maggiori informazioni sull’oggetto di studio ho chiesto ai giovani come


occupassero il loro tempo libero dopo gli impegni scolastici. Dalla tavola n.6, 127 giovani,
in misura del 34,3%, hanno risposto che si dedicano allo sport, 107 giovani invece dicono di
giocare con giochi elettronici e internet in misura pari al 28,9%, 90 di loro giocano all’aperto
per l’esattezza il 24% mentre 39 prediligono in misura del 10,5% musica\attività artistiche,
mentre l’1,6% si dedica alla lettura, solo lo 0,3% dice di trascorrere del tempo in oratorio.

Tavola 6. Tempo libero - Frequenza

Tempo libero N %
Sport 127 34,3
Giochi elettronici/Internet 107 28,9
Oratorio 1 0,3
All’aperto 90 24,3
Musica/attività artistiche 39 10,5
Lettura 6 1,6
Totale 370 100,0

Come si può notare dalla tavola n.7 il dato che emerge maggiormente e che 217 giovani,
nella percentuale del 58,5, rispondono di condividere il loro tempo libero con
amici/compagni, mentre 48 di loro, in misura del 13,0% dice di stare da solo, segue un
numero di 46 giovani che nella percentuale del 12,5% stanno con altri familiari, mentre 39
affermano di trascorrere il tempo libero con i loro genitori in misura al 10,6%, infine 20 di
loro affermano di stare con amici più adulti il 5,4%.

Tavola 7. Condivisione tempo libero - Frequenza

137
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Tempo libero con chi? N %

Da solo 48 13,0

Amici/compagni 217 58,5

Genitori 39 10,6

Altri familiari 46 12,5

Con amici più grandi 20 5,4

Totale 370 100,0

Ho successivamente chiesto agli alunni, quale fosse la loro situazione familiare, la tavola
n.8, mostra che 334 di essi dicono di avere una famiglia costituita da genitori
coniugati\conviventi,90,2%, 29 affermano divorziati\separati il 7,9%, mentre un numero
ridottissimo 7 di essi, l’1,9% dichiara di avere uno dei due genitori morti.

Tavola 8. Situazione familiare - Frequenza

Situazione familiare N %
Coniugati /conviventi 334 90,2
Divorziati/separati 29 7,9
Un genitore deceduto 7 1,9
Totale 370 100,0

L’ambito relazionale include i rapporti genitori-figli, pertanto nella variabile riguardante il


clima familiare, i dati registrano punteggi elevati nella fascia “sereno”; la tavola n.9,
evidenzia infatti, che 232 giovani nella percentuale del 62,7%, affermano di vivere un clima
familiare sereno, mentre 84 hanno riferito di vivere un clima poco conflittuale 22,7%, altri
ancora 44, a volte conflittuale, 11,9%; solamente 10 di essi in misura al 2,7%, riferiscono
conflittuale.

Tavola 9. Clima familiare - Frequenza

138
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Clima familiare N %
Conflittuale 10 2,7
A volte conflittuale 44 11,9
Poco conflittuale 84 22,7
Sereno 232 62,7
Totale 370 100,0

Ancora l’ambito relazionale ha visto anche i rapporti con i compagni e nello specifico i
contesti di violenza assistita e subita. I dati registrano punteggi più alti nella fascia “mai”
51% seguiti da un 44,3% “qualche volta”, “spesso” il 3,0% e solamente 1,4% “sempre”.

Mentre sulla variabile violenza subita, il valore più elevato si registra nella fascia
“mai”82,2%, segue poi il 15,4%, “qualche volta” “sempre” il 6% infine “spesso” l 0,8.

Tavola 10. Violenza assistita e subita - Frequenza

Quando viol. assist. N % Quando vittima viol. N %


Mai 190 51,3 Mai 304 82,2
Qualche volta 164 44,3 Qualche volta 57 15,4
Spesso 11 3,0 Spesso 3 0,8
Sempre 5 1,4 Sempre 6 1,6
Totale 370 100,0 Totale 370 100,0

Riguardo al contesto in cui si sviluppano gli episodi di violenza è interessante notare dalla
tavola 11 che il dato più significativo è rappresentato dal 46,0% che dice “scuola”, segue il
41,6% “in nessun posto”, solamente l’8,9% nei “contesti dove svolgono il tempo libero”
solamente il 3,5% “casa.”

Ancora dato rilevante è l’81,1% afferma che in nessun posto a subito violenza, l’11,9%, a
scuola, solo una ridottissima percentuale 5,1% dice nei contesti di tempo libero e l’1,9% a
casa.

Tavola 11. Violenza assistita e subita contesti - Frequenza

139
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Contesti viol. assist. N % Contesti viol. subita N %


Casa 13 3,5 Casa 7 1,9
Scuola 170 46,0 Scuola 44 11,9
Contesti tempo libero 33 8,9 Contesti tempo libero 19 5,1
In nessun posto 154 41,6 In nessun posto 300 81,1
Totale 370 100,0 Totale 370 100,0

Nella variabile “verso chi hai visto fare violenza” i dati registrano punteggi più elevati nella
fascia “amici \compagni” 74%, mentre “anziani\disabili” il 10,0%, “nessuno 9,7%, “me
stesso” 4,1%, “uno dei miei genitori” 1,9%.

Tavola 12. Violenza assistita, verso chi?- Frequenza

Violenza con chi? N %


Me stesso 15 4,1
Amici/compagni 275 74,3
Uno dei miei genitori 7 1,9
Anziani/disabili 37 10,0
Nessuno 36 9,7
Totale 370 100,0

Emotivamente emerge dalla tavola n.13 un dato rilevante tra i giovani studenti ovvero che
la maggior parte di essi, il 49%, provano dispiacere e sono pronti ad intervenire sempre per
aiutare un amico\compagno che è vittima di violenza, mentre il 27% è pronto ad intervenire
solo se non corre nessun rischio, il 18% afferma che anche se gli dispiace, non interviene ad
aiutare chi è in pericolo, ed infine solo il 6% non prova alcun sentimento.

Tavola 13. Cosa provi quando un amico/compagno è vittima di violenza - Frequenza

140
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Sentimento verso vitt. viol. N %


Niente 22 5,9
Dispiacere, ma non faccio niente 67 18,1
Intervengo se non rischio 101 27,3
Intervengo sempre 180 48,7
Totale 370 100,0

Per quanto concerne i contesti in cui ai giovani è capitato di aiutare un loro amico/compagno
il dato che ha avuto una percentuale più elevata è nella fascia “in nessun contesto 42,6%, poi
“fuori dalla scuola” 29,8%, ed infine “a scuola”27,6%.

Tavola 14. Contesti in cui hai aiutato un amico/compagno vittima di violenza - Frequenza

Contesti in cui hai aiutato N %


In nessun contesto 158 42,6
A scuola 102 27,6
Fuori dalla scuola 110 29,8
Totale 370 100,0

141
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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2 Risultati

Questionario 1

Il questionario “La mia vita a scuola” di S. Sharp e P. K. Smith si compone di una scheda
costituita da 39 items che fanno riferimento a delle situazioni abbastanza frequenti nella vita
scolastica. Questo questionario permette l’analisi di:
- indici di bullismo fisico-indiretto-verbale
- indici generali di prepotenze
- indice di prosocialità
Indice degli episodi di bullismo fisico: item 4; 8; 10; 24; 37; 39
Indice degli episodi di bullismo indiretto: item 3; 19; 22; 35; 38
Indice degli episodi di bullismo verbale: item 1; 6; 15; 26; 30
Indice di prosocialità: item 2; 5; 7; 13; 21; 23; 25; 29; 32; 34
I punteggi per ogni indice sono stati ricavati attribuendo un punteggio alle diverse risposte:
0, mai; 1, una volta; 2, più di una volta

Tavola 1.1. Medie - deviazioni standard e T di Student delle sottoscale del questionario “La mia
vita a scuola” rispetto al genere
Totale Femmine Maschi

Fattore N M (DS) N M (DS) N M (DS) t Sig.

Bullismo fisico 370 1.5 (2.3) 187 1.0 (1.8) 183 2.1 (2.6) -.501 .000

Bullismo indiretto 370 2.0 (2.3) 187 1.9 (2.3) 183 2.1 (2.3) -.862 .389

Bullismo verbale 370 2.0 (1.8) 187 1.9 (1.7) 183 2.2 (1.9) -.909 .057

Prosocialità 370 12.5 (5.7) 187 12.7 (5.9) 183 12.2 (5.5) -.898 .369

La tab. 1.1 mostra le medie e le deviazioni standard alle sottoscale del questionario “La mia
vita a scuola” ottenute dal campione totale e suddiviso per genere.
Il test T di Student mostra una differenza statisticamente significativa tra maschi e femmine
(punteggi in media più alti per i maschi alla sottoscala bullismo fisico) alla sottoscala
bullismo fisico (p<0.0001).

142
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
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Questionario 2 - Punteggi Interpersonal Reactivity Index – IRI

Tavola 2.1. Medie - deviazioni standard e T di Student delle sottoscale del questionario IRI rispetto
al genere

Totale Femmine Maschi

Fattore N M (DS) N M (DS) N M (DS) t Sig.

Punto di Vista 370 24.3 (4.5) 187 24.9 (4.7) 183 23.7 (4.2) .653 .008

Fantasia 370 22.5 (5.3) 187 23.6 (5.3) 183 21.4 (5.1) .991 .000

Preoccupazione Empatica 370 26.8 (4.1) 187 27.4 (4.2) 183 26.2 (4.0) .975 .003

Malessere personale 370 21.5 (4.2) 187 21.5 (4.1) 183 21.5 (4.3) .010 .991

Il test T di Student mostra una differenza statisticamente significativa tra maschi e femmine:
punteggi in media più alti per le femmine alle sottoscale Punto di Vista (p=0.008), Fantasia
(p<0.0001) e Preoccupazione Empatica (p<0.0001).

Questionario 3 - Personalità

Tavola 3.1. Medie - deviazioni standard e T di Student delle sottoscale del questionario Personalità
rispetto al genere

Totale Femmine Maschi


Fattore N M (DS) N M (DS) N M (DS) t Sig.

Nevrosi 370 25.4 (5.8) 187 25.9 (5.7) 183 24.9 (5.9) .518 .130

Estroversione 370 35.8 (5.6) 187 36.2 (5.1) 183 35.5 (6.2) .055 .292
Apertura all’esperienza 370 31.8 (5.6) 187 32.3 (5.7) 183 31.3 (5.6) .744 .082
Amabilità 370 33.5 (5.0) 187 34.0 (5.0) 183 32.9 (5.0) .047 .041
Responsabilità 370 33.7 (6.4) 187 34.5 (6.0) 183 32.8 (6.7) .502 .013

Il test T di Student mostra una differenza statisticamente significativa tra maschi e femmine:
punteggi in media più alti per le femmine alle sottoscale Amabilità (p=0.041) e
Responsabilità (p=0.013).

143
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Correlazione rispetto ad Età


Questionario 1

L’analisi della correlazione tra gli indici del questionario 1 con l’età del campione, mostra
un relazione statisticamente significativa con l’indice Prosocialità: all’aumentare dell’età,
diminuiscono i punteggi dell’indice di Prosocialità (nessuna relazione significativa per gli
indici di Bullismo fisico, indiretto e verbale).

Tavola. 4.1. Correlazione Età e sottoscale del questionario “La mia vita a scuola”
Bullismo Bullismo- Bullismo Prosocialità
fisico indiretto verbale
Rho di -,008 -,152
,079 ,031
Spearman
Età
Sig. ,131 ,556 ,873 ,003
N 370 370 370 370

Questionario 2 - IRI

L’analisi della correlazione tra gli indici del questionario 2 con l’età del campione, mostra
un relazione statisticamente significativa con tutti gli indici ricavati dall’IRI.
Punto di Vista. All’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi dell’indice Punto di vista
Fantasia. All’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi dell’indice Fantasia
Preoccupazione empatica. All’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi dell’indice
Preoccupazione empatica.
Malessere personale. All’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi dell’indice
Malessere personale.

Tavola. 4.2. Correlazione Età e sottoscale del questionario IRI


Punto di Preocc Emp Maless Pers
Fantasia
vista
Rho di Spearman -,264 -,156 -,214 -,145
Età Sig. ,000* ,003 ,000* ,005
N 370 370 370 370

144
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

*p<0.0001

Questionario 3 – Personalità

L’analisi della correlazione tra gli indici del questionario 3 con l’età del campione, mostra
un relazione statisticamente significativa con alcuni indici ricavati dal questionario
Personalità (nessuna relazione significativa per gli indici Nevrosi ed Estroversione).
Apertura all’esperienza. All’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi dell’indice di
Apertura all’esperienza.
Amabilità. All’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi dell’indice di Amabilità.
Responsabilità. All’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi dell’indice di
Responsabilità.

Tavola. 4.3 Correlazione Età e sottoscale del questionario Personalità

Apertura Amabilità Responsabilità


Nevrosi Estroversione.
all’esp.

Rho di Spearman ,008 -,089 -,117 -,203 -,192

Età Sig. ,878 ,090 ,025 ,000* ,000

N 370 370 370 370 370


*p<0.0001

Correlazioni rispetto a Titolo di studio dei genitori

Questionario 1

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 1 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con il titolo di studio dei genitori.
Questionario 2 - IRI

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 mostra una relazione
statisticamente significativa per alcuni indici con il titolo di studio dei genitori, in particolare
del padre (nessuna relazione significativa per gli indici Fantasia e Preoccupazione empatica).
Punto di Vista. Il test evidenzia una differenza statisticamente significativa tra i soggetti
con padre con livello di istruzione elementare (punteggi in media più bassi all’indice Punto

145
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

di Vista - ANOVA: Rapporto F=3,22; p=0.0229). Nessuna relazione significativa si


evidenzia col titolo di studio della madre.

Tavola. 5.1 Test Anova Titolo di studio padre – sottoscale IRI


Titolo di
F
Scala studio N Media DT Diferencia de medias
Sig.
padre
Elem (g1) 12 21.33 3.34
Media (g2) 118 24.02 4.44
│g1-g2│*│g2-g3││g3-g4│
Punto di Vista Super (g3) 156 24.20 4.67 3,22 ,023
Univers 25.26 4.35 │g1-g3│*│g2-g4││g1-g4│*
84
(g4)
Elem (g1) 12 21.00 5.53
Media (g2) 118 23.03 5.38
│g1-g2││g2-g3│ │g3-g4│
Fantasia Super (g3) 156 21.94 4.89 ,60 ,19
Univers 23.04 5.82 │g1-g3││g2-g4││g1-g4│
84
(g4)
Elem (g1) 12 25.33 3.87
Media (g2) 118 27.14 4.36
│g1-g2││g2-g3││g3-g4│
Preoccupazione empatica Super (g3) 156 26.63 3.86 ,87 ,46
Univers 26.93 4.33 │g1-g3││g2-g4││g1-g4│
84
(g4)
Elem (g1) 12 19.83 3.32
Media (g2) 118 22.29 4.20
│g1-g2││g2-g3││g3-g4│
Malessere personale Super (g3) 156 21.42 4.05 ,59 ,05
Univers 20.92 4.49 │g1-g3││g2-g4││g1-g4│
84
(g4)
* p< 0.05 ** p<0.01

Questionario 3 – Personalità

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 mostra una relazione
statisticamente significativa per un indice con il titolo di studio dei genitori, in particolare
del padre (nessuna relazione significativa per gli indici Nevrosi, Estroversione, Apertura
all’esperienza ed Amabilità).
Responsabilità. Il test evidenzia una differenza statisticamente significativa tra i soggetti
con padre con livello di istruzione universitaria (punteggi in media più alti all’indice
Responsabilità - ANOVA:

146
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Rapporto F=4,13; p=0.0067). Nessuna relazione significativa si evidenzia col titolo di studio
della madre.

Tavola. 5.2 Test Anova Titolo di studio padre – sottoscale NEO-FFI


Titolo di
F
Scala studio N Media DT Diferencia de medias
Sig.
padre
Elem 25.17 4.90
12
(g1)
Media 25.99 5.86 │g1-g2││g2-g3││g3-
118
(g2) g4│
Nevrosi 1,80 ,15
Super 25.69 5.91
156 │g1-g3││g2-g4││g1-
(g3)
g4│
Univers 24.17 5.67
84
(g4)
Elem 35.25 4.86
12
(g1)
Media 35.90 5.33 │g1-g2││g2-g3│ │g3-
118
(g2) g4│
Estroversione ,06 ,98
Super 35.81 5.69
156 │g1-g3││g2-g4││g1-
(g3)
g4│
Univers 35.93 6.17
84
(g4)
Elem 29.00 4.51
12
(g1)
Media 31.24 5.06 │g1-g2││g2-g3││g3-
118
(g2) g4│
Apertura all’esperienza 2,63 ,05
Super 31.82 5.72
156 │g1-g3││g2-g4││g1-
(g3)
g4│
Univers 32.98 6.22
84
(g4)
Elem 33.67 3.23
12
(g1)
Media 33.20 4.36 │g1-g2││g2-g3││g3-
118
(g2) g4│
Amabilità ,21 ,89
Super 33.69 5.13
156 │g1-g3││g2-g4││g1-
(g3)
g4│
Univers 33.50 5.89
84
(g4)
Elem 29.25 6.76
12
(g1)
Media 33.17 6.21 │g1-g2││g2-g3││g3-
118
(g2) g4│*
Responsabilità 4,13 ,00
Super 33.48 6.45
156 │g1-g3││g2-g4│*│g1-
(g3)
g4│**
Univers 35.31 6.11
84
(g4)
*p< 0.05 **p<0.01.

Analisi della varianza rispetto a Attività lavorativa dei genitori

Questionario 1

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 1 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’attività lavorativa dei genitori.

147
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Questionario 2 - IRI

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’attività lavorativa dei genitori.

Questionario 3 - Personalità

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’attività lavorativa dei genitori.

Analisi della varianza rispetto a Clima Familiare


Questionario 1
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con il clima familiare riferito.
Questionario 2 - IRI
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con il clima familiare riferito.
Questionario 3 - Personalità
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 mostra una relazione
statisticamente significativa per alcuni indici con il clima familiare riferito (nessuna
relazione significativa per gli indici Estroversione ed Apertura all’esperienza).
Nevrosi. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente significativa tra
i soggetti con clima familiare sereno (punteggi in media più bassi all’indice Nevrosi -
ANOVA: Rapporto F=3,81; -p=0.0104).
Amabilità. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente significativa
tra i soggetti con clima familiare sereno (punteggi in media più alti all’indice Amabilità -
ANOVA: Rapporto F=7,08; -p<0.0001).
Responsabilità. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente
significativa tra i soggetti con clima familiare sereno (punteggi in media più alti all’indice
Responsabilità - ANOVA: Rapporto F=7,53; -p<0.0001).

148
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Tavola. 6.1 Test Anova Clima familiare – sottoscale Personalità

Clima F
Scala N Media DT Diferencia de medias
familiare Sig.
Conflit (g1) 10 26.70 8.31
A.vConf 26.89 5.83
44
(g2) │g1-g2││g2-g3││g3-g4│**
Nevrosi 3,81 ,01
Po.conf. 26.66 5.71
84 │g1-g3││g2-g4│*│g1-g4│
(g3)
Sereno (g4) 232 24.64 5.65
Conflit (g1) 10 32.70 5.27
A.vConf 34.81 6.87
44
(g2) │g1-g2││g2-g3│ │g3-g4│
Estroversione 2,18 ,09
Po.conf. 35.48 5.28
84 │g1-g3││g2-g4││g1-g4│
(g3)
Sereno (g4) 232 36.31 5.50
Conflit (g1) 10 30.60 4.01
A.vConf 3157 6.11
44
(g2) │g1-g2││g2-g3││g3-g4│
Apertura all’esperienza ,90 ,44
Po.conf. 31.11 5.37
84 │g1-g3││g2-g4││g1-g4│
(g3)
Sereno (g4) 232 32.15 5.71
Conflit (g1) 10 31.20 5.20
A.vConf 31.68 4.48
44 │g1-g2││g2-g3││g3-g4│**
(g2)
Amabilità 7,08 ,00
Po.conf. 32.25 4.56 │g1-g3││g2-g4│**│g1-
84
(g3) g4│*
Sereno (g4) 232 34.39 5.08
Conflit (g1) 10 32.40 6.93
A.vConf 31.80 5.96
44
(g2) │g1-g2││g2-g3││g3-g4│**
Responsabilità 7,53 ,00
Po.conf. 31.51 6.20
84 │g1-g3││g2-g4│**│g1-g4│
(g3)
Sereno (g4) 232 34.84 6.25
*p< 0.05 **p<0.01

149
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Analisi della varianza rispetto a Violenza assistita e subita

Violenza assistita
Questionario 1
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 1 mostra una relazione
statisticamente significativa per alcuni indici con l’aver assistito ad episodi di violenza
(nessuna relazione significativa per l’indice Prosocialità).
Bullismo fisico. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente
significativa per i soggetti che non hanno mai assistito ad episodi di violenza (punteggi in
media più bassi all’indice Bullismo fisico - ANOVA: Rapporto F=6,08; -p=0.0005).
Bullismo indiretto. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente
significativa per i soggetti che non hanno mai assistito ad episodi di violenza (punteggi in
media più bassi all’indice Bullismo indiretto - ANOVA: Rapporto F=5,78 -p=0.0007).
Bullismo verbale. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente
significativa per i soggetti che non hanno mai assistito ad episodi di violenza (punteggi in
media più bassi all’indice Bullismo verbale - ANOVA: Rapporto F=9,04 -p<0.0001).

150
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Tavola. 7.1 Test Anova Violenza assistita – sottoscale “La mia vita a scuola”
Violenza F
Scala N Media DT Diferencia de medias
assistita Sig.
Mai (g1) 190 1.12 1.94
Qualc v 1.90 2.43
164
(g2) │g1-g2│**│g2-g3││g3-g4│
Bullismo fisico 6,08 ,00
Spesso (g3) 11 3.09 3.39
│g1-g3│**│g2-g4││g1-g4│
Sempre 3.00 3.74
5
(g4)
Mai (g1) 190 1.51 2.10
Qualc v 2.41 2.50
164 │g1-g2│**│g2-g3│ │g3-
(g2)
Bullismo indiretto 5,78 ,00 g4│
Spesso (g3) 11 2.45 2.02
Sempre 3.80 3.83 │g1-g3│*│g2-g4││g1-g4│
5
(g4)
Mai (g1) 190 1.59 1.69
Qualc v 2.49 1.80
164
(g2) │g1-g2│**│g2-g3││g3-g4│
Bullismo verbale 9,04 ,00
Spesso (g3) 11 3.00 2.19
│g1-g3│*│g2-g4││g1-g4│
Sempre 2.60 1.82
5
(g4)
Mai (g1) 190 12.45 5.83
Qualc v 12.39 5.78
164
(g2) │g1-g2││g2-g3││g3-g4│
Prosocialità ,89 ,45
Spesso (g3) 11 14.91 4.03
│g1-g3││g2-g4││g1-g4│
Sempre 10.40 3.43
5
(g4)
*p< 0.05 **p<0.01

Questionario 2 - IRI
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’aver assistito ad episodi di violenza.
Questionario 3 - Personalità
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’aver assistito ad episodi di violenza.

151
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Violenza subita
Questionario 1
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 1 mostra una relazione
statisticamente significativa per alcuni indici con l’aver subito episodi di violenza (nessuna
relazione significativa per l’indice Prosocialità).
Bullismo fisico. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente
significativa per i soggetti che non hanno mai subito episodi di violenza (punteggi in media
più bassi all’indice Bullismo fisico - ANOVA: Rapporto F=21,78; -p<0.0001).
Bullismo indiretto. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente
significativa per i soggetti che non hanno mai subito episodi di violenza (punteggi in media
più bassi all’indice Bullismo indiretto - ANOVA: Rapporto F=14,97; p<0.0001).
Bullismo verbale. Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente
significativa per i soggetti che non hanno mai subito episodi di violenza (punteggi in media
più bassi all’indice Bullismo verbale - ANOVA: Rapporto F=13,07; -p<0.0001).

152
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Tavola. 7.2 Test Anova Violenza subita – sottoscale “La mia vita a scuola”

Violenza F
Scala N Media DT Diferencia de medias
subita Sig.

Mai (g1) 304 1.14 1.86


Qualc v 3.32 2.93
57
(g2) │g1-g2│**│g2-g3││g3-g4│
Bullismo fisico 21,78 ,00
Spesso (g3) 3 3.00 2.65
│g1-g3│*│g2-g4││g1-g4│*
Sempre 4.67 4.50
6
(g4)
Mai (g1) 304 1.61 2.06
Qualc v 3.51 2.72
57 │g1-g2│**│g2-g3│ │g3-
(g2)
Bullismo indiretto 14,98 ,00 g4│
Spesso (g3) 3 3.33 4.04
Sempre 4.67 4.13 │g1-g3││g2-g4││g1-g4│*
6
(g4)
Mai (g1) 304 1.79 1.71
Qualc v 3.16 1.67
57
(g2) │g1-g2│**│g2-g3││g3-g4│
Bullismo verbale 13,07 ,00
Spesso (g3) 3 3.00 1.12
│g1-g3││g2-g4││g1-g4│*
Sempre 4.00 2.90
6
(g4)
Mai (g1) 304 12.59 5.71
Qualc v 12.23 6.07
57
(g2) │g1-g2││g2-g3││g3-g4│
Prosocialità ,69 ,56
Spesso (g3) 3 10.33 4.16
│g1-g3││g2-g4││g1-g4│
Sempre 9.67 4.72
6
(g4)
* p< 0.05 ** p<0.01

Questionario 2 - IRI
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’aver subito episodi di violenza.
Questionario 3 - Personalità
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’aver subito episodi di violenza.

153
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Tavola 8.1 Analisi multivariata questionari (bullismo e prosocialità, empatia – IRI - e personalità)
by questionario “la mia vita a scuola”

Bullismo fisico Bullismo indiretto Bullismo verbale Prosocialità

Rho di Spearman ,574 - - -

Bullismo indiretto Sig. ,000* - - -

N 370 - - -

Rho di Spearman ,514 ,637 - -

Bullismo verbale Sig. ,000* ,000* - -

N 370 370 - -

Rho di Spearman ,044 -,057 ,010 -

Prosocialità Sig. ,403 ,271 ,853 -

N 370 370 370 -

Rho di Spearman -,089 ,056 ,084 ,084

Punto di Vista Sig. ,087 ,288 ,109 ,109

N 370 370 370 370

Rho di Spearman -,042 ,115 ,145 ,068

Fantasia Sig. ,424 ,027 ,005 ,192

N 370 370 370 370

Rho di Spearman -,040 ,071 ,064 ,102

Preoccupazione empatica Sig. ,443 ,175 ,221 ,050

N 370 370 370 370

Rho di Spearman ,044 ,159 ,062 ,033

Malessere Personale Sig. ,399 ,002 ,236 ,523

N 370 370 370 370

Rho di Spearman ,132 ,248 ,233 -,134

Nevrosi Sig. ,011 ,000* ,000* ,010

N 370 370 370 370

Rho di Spearman -,007 ,011 ,064 ,149

Estroversione Sig. ,893 ,839 ,218 ,004

N 370 370 370 370

Rho di Spearman -,094 -,010 -,025 ,041

Apertura all’esperienza Sig. ,071 ,844 ,635 ,438

N 370 370 370 370

Rho di Spearman -,174 -,082 -,111 ,167

Amabilità Sig. ,000 ,118 ,033 ,001

N 370 370 370 370

Responsabilità Rho di Spearman -,092 -,018 -,071 ,076

154
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Sig. ,077 ,733 ,176 ,144

N 370 370 370 370

*p<0.0001

Rispetto al questionario “La mia vita a scuola”, l’analisi multivariata (MANOVA) mostra
una relazione diretta (all’aumentare dei punteggi aumentano anche i punteggi delle altre
sottoscale) tra la sottoscala Bullismo Verbale e le sottoscale Bullismo Fisico ed Indiretto
(p<0.0001).
Le sottoscale Fantasia (p=0.027) e Malessere Personale (p=0.002) dell’IRI mostrano una
relazione diretta con la sottoscala Bullismo Indiretto.
La sottoscala Nevrosi del questionario personalità, mostra una relazione diretta con le
sottoscale Bullismo Indiretto (p<0.0001) e Verbale (p<0.0001), mentre si evidenzia una
relazione inversa (all’aumentare dei punteggi diminuiscono i punteggi delle altre sottoscale)
con la sottoscala Prosocialità (p=0.010). La sottoscala Prosocialità mostra inoltre una
relazione diretta con le sottoscale Estroversione (p=0.004) ed Amabilità (p=0.001).
Riguardo alla sottoscala Amabilità, si evidenzia invece una relazione inversa con le
sottoscale Bullismo Fisico (p=0.000) e Verbale (p=0.033).

155
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Tavola. 8.2 Analisi multivariata questionari (empatia – IRI - e personalità) by questionario IRI

Punto di Vista Fantasia Preoccupazione empatica Malessere Personale

Rho di Spearman - - - -

Punto di Vista Sig. - - - -

N - - - -

Rho di Spearman ,400 - - -

Fantasia Sig. ,000* - - -

N 370 - - -

Rho di Spearman ,506 ,374 - -

Preoccupazione empatica Sig. ,000* ,000* - -

N 370 370 - -

Rho di Spearman ,374 ,396 ,431 -

Malessere Personale Sig. ,000* ,000* ,000* -

N 370 370 370 -

Rho di Spearman ,154 ,333 ,097 ,318

Nevrosi Sig. ,003 ,000* ,062 ,000*

N 370 370 370 370

Rho di Spearman ,243 ,205 ,306 ,132

Estroversione Sig. ,000* ,000* ,000* ,012

N 370 370 370 370

Rho di Spearman ,394 ,452 ,344 ,194

Apertura all’esperienza Sig. ,000* ,000* ,000* ,000

N 370 370 370 370

Rho di Spearman ,373 ,268 ,459 ,268

Amabilità Sig. ,000* ,000* ,000* ,000*

N 370 370 370 370

Rho di Spearman ,467 ,211 ,391 ,793

Responsabilità Sig. ,000* ,000* ,000* ,129

N 370 370 370 370


*p<0.0001

Rispetto al questionario IRI, la MANOVA mostra una relazione diretta tra le diverse
sottoscale del questionario (p<0.0001). Inoltre le sottoscale del questionario IRI mostrano
una relazione diretta (p<0.012) con le sottoscale del questionario Personalità, tranne che per
la sottoscala Nevrosi (Personalità) rispetto alla sottoscala Presoccupazione Empatica

156
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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dell’IRI e per la sottoscala Responsabilità (Personalità) rispetto alla sottoscala Malessere


personale dell’IRI. Queste ultime quattro sottoscale non evidenziano una relazione
significativa.

Tavola 8.3 Analisi multivariata (Personalità) by questionario Personalità


Nevrosi Estroversione Apertura all’esperienza Amabilità

Rho di
- - - -
Spearman
Nevrosi
Sig. - - - -

N - - - -

Rho di
,573 - - -
Spearman
Estroversione
Sig. ,274 - - -

N 370 - - -

Rho di
,192 ,402 - -
Spearman
Apertura all’esperienza
Sig. ,000 ,000* - -

N 370 370 - -

Rho di ,429
,060 ,426 -
Spearman
Amabilità
Sig. ,249 ,000* ,000* -

N 370 370 370 -

Rho di ,500 ,495


,010 ,439
Spearman
Responsabilità
Sig. ,842 ,000* ,000* ,129

N 370 370 370 370


*p<0.0001

Riguardo al questionario Personalità, emerge una relazione diretta tra le sottoscale Apertura
all’esperienza con le sottoscale Nevrosi (p=0.0003) ed Estroversione (p<0.0001). tale
relazione diretta emerge anche alle sottoscale Amabilità e Responsabilità con le sottoscale
Estroversione ed Apertura all’esperienza (p<0.0001).

157
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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158
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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CAPITOLO SETTE

DISCUSSIONE DEI RISULTATI E CONCLUSIONE

159
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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160
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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1. Discussione dei risultati

2. Conclusioni

161
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162
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1. Discussione dei risultati

Il bullismo è da diverso tempo oggetto di grande interesse e di approfondimento a tal fine


sarebbe interessante che questa ricerca dia un contributo allo studio di questo complesso e
interessante fenomeno.
Il campione è stato selezionato all’interno delle seconde e terze di una scuola secondaria di
primo grado “Inveges”.
La totalità del campione, è di 370 studenti, di cui 187 femmine (50.5%), e 183 maschi,
(49.5%), di nazionalità italiana e risiede nella cittadina di Sciacca (Sicilia).
L’età media del campione è di 12.7 anni (una media di 12.6 per le femmine ed una media di
12.7 per i maschi), e rientra in un range fra gli 11 e i 14 anni per le femmine e 11-15 per i
maschi, con una DS (deviazione standard) pari a 0.6 per le femmine e di 0.7 per i maschi.
Gli intervistati, sono distribuiti nei diversi contesti di residenza, centro (in numero
leggermente inferiore), periferia, la maggioranza del campione (58,1%).

All’interno dello stesso, il nucleo familiare è formato da una percentuale prevalente di


famiglie costituite da 2 figli (61,6%).

La maggior parte degli intervistati il 90,2% vive con genitori, coniugati, in cui il clima
familiare è per lo più 62,7% sereno, la cui età è compresa, per la maggioranza, in un range
tra i 41/50 anni.

La percentuale maggiore dei genitori (padre 42,2%; madre, 47,8 %), possiede il diploma di
Scuola Media Secondaria, per quanto riguarda il padre è impiegato (34,6%), per ciò che
attiene alla madre disoccupato (55,0%).

In generale, sulla sfera personale, e per ciò che attiene all’area sociale, gli adolescenti
intervistati hanno una vita relazionale soddisfacente, la maggior parte di loro dicono di
condividere il tempo libero con amici e compagni il 58,5, mentre il 28,9% si dilettano con i
giochi tecnologici.

I rapporti fra pari vengono percepiti, dall’adolescente, come riferimenti importanti tanto che
la percentuale maggiore di essi il 58,5, risponde di condividere il tempo libero con amici e
compagni.

163
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Ai fini della ricerca, era anche determinante arricchire il lavoro, con informazioni di elementi
di carattere introspettivo legati alla loro sfera personale, ciò avrebbe consentito di avere in
un momento seguente più notizie possibili legate al loro modo di vivere, di fare, di agire in
relazione ai compagni\amici.

Sulla componente violenza e contesti le risposte più significative date dagli adolescenti
riguardano sia il luogo “scuola” dove si svolgono tali episodi con una percentuale del 46,0%,
sia che gli episodi di violenza il 74,3% vengono perpetrati nei confronti di amici e compagni.

Ciò in linea con parecchi studi tra i quali uno di essi condotto in Andalusia (Mora- Merchan,
Ortega e Munoz- Bentez, 2001), ove la maggior parte degli episodi di bullismo si perpetrano
tra compagni che assumono posizioni differenti nell’ersercizio della violenza nell’ambito
scolastico.

Questa partecipazione, in modo indipendente di una elevata percentuale di vittime e


colpevoli è rilevante, e non importa in che modo si è implicati in tali attività, perché
qualunque sia il ruolo esercitato negli episodi di aggressività, si determina sempre una cattiva
prognosi per quanto riguarda l'equilibrio psicologico degli alunni e l’educazione che si
presuppone la scuola debba fornire loro.

L’aspetto emotivo indagato ha riguardato l’espressione dei sentimenti e delle emozioni


dinanzi a situazioni di violenza esercitate nei confronti dei loro coetanei. Il dato significativo
che emerge tra i giovani studenti è che la maggior parte di essi, il 49%, provano dispiacere
e sono pronti ad intervenire sempre per aiutare l’amico o il compagno in difficoltà.

Dall’indagine effettuata con il test T di Student, col quale abbiamo analizzato le differenze
nei punteggi ottenuti ai questionari (variabili dipendenti) rispetto al genere (variabile
indipendente), Riguardo al primo questionario, “La mia vita a scuola” (S. Sharp e P. K.
Smith), che ha analizzato i seguenti indici: bullismo fisico, indiretto, verbale e la prosocialità,
emerge che il gruppo degli intervistati si dimostra sensibile alle variabili relative al bullismo.

I risultati dell'analisi hanno evidenziato, infatti, una significatività statistica in relazione al


genere maschile per il bullismo fisico. Appare una differenza statisticamente significativa
tra maschi e femmine (punteggi in media più alti per i maschi alla sottoscala bullismo fisico)
alla sottoscala bullismo fisico (p<0.0001), dunque, i ragazzi sono maggiormente a rischio di
bullismo fisico rispetto alle ragazze.

164
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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In riferimento all’indice di prosocialità, esso appare maggiormente pregnante nel campione


femminile, M (DS) 12.7 (5.9) più che in quello maschile M (DS) 12.2 (5.5), e sembra
risentire, in maniera consistente, della qualità del rapporto con i compagni, (tavola 2.1).
Anche per gli altri indici di bullismo: indiretto e verbale i ragazzi mostrano valori più elevati
rispetto al genere femminile.
Dai dati risultati, è evidente che la percezione dell’aggressività fisica, varia in relazione al
genere, in quanto i maschi tendono a percepire maggiormente un’aggressività nei loro
confronti rispetto alle femmine, essi presentano un più alto rischio di bullismo; ciò in
concomitanza con buona parte della letteratura scientifica, che fornisce risultati in questa
direzione, evidenziando le questioni legate al genere nell’analizzare il bullismo a scuola. A
tal proposito la ricerca sul bullismo suggerisce che i ragazzi sono più inclini ad essere sia
bulli e vittime di bullismo, soprattutto nell’espressione fisica, (Menesini, 2000; Felix,
2011).

I ragazzi sono maggiormente coinvolti in tutti i tipi di bullismo; in modo significativo.


Per le vittime, anche i ragazzi sperimentano esperienze dirette di bullismo, come
aggressioni fisiche, e le ragazze sono invece più coinvolte in situazioni di violenza
indiretta, come maldicenze (Carrera et al., 2013).

I ragazzi in genere hanno più probabilità di impegnarsi in episodi di bullismo rispetto alle
ragazze e sono comunemente vittime e autori di forme dirette di bullismo, (Hong, 2012).

Mentre ad essere più prosociali, sono le ragazze essendosi evidenziati valori più alti per il
loro genere. Esse avendo una maggiore componente prosociale sono più portate alla
socializzazione e a comportamenti propositivi. Tuttavia i punteggi ottenuti in relazione al
campione esaminato sono in media bassi.

Riguardo poi al secondo questionario somministrato “Interpersonal Reactivity Index – IRI”,


(Eisenberg e Miller, 1987), che misura quattro dimensioni del concetto di empatia: Punto di
vista, Fantasia, Preoccupazione empatica e Malessere personale, il test t individua una
significatività statistica tra maschi e femmine, con punteggi in media più alti per le femmine
riguardo il punto di vista M (DS)24.9 (4.7) fantasia M (DS) 23.6 (5.3), preoccupazione
empatica M (DS) 27.4 (4.2), mentre si rileva un valore medio più alto per i maschi M
(DS)21.5 (4.3) per ciò che riguarda il malessere personale, (tavola 2.1).

165
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
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Tuttavia, dall’analisi del campione preso in esame, si riscontrano punteggi in media bassi.

Le ragazze mostrano avere una maggiore gestione dei sentimenti e delle emozioni nonché la
capacità di condividere relazionalmente i propri stati d’animo in più sanno utilizzare un
dialogo fatto da toni affettivi e da un linguaggio centrato sull’emotività.

Quanto emerso conferma precedenti teorie e studi sull’argomento; le ragazze sono più
predisposte ad una risposta affettiva, sono maggiormente capaci di esprimere sentimenti ed
emozioni (Hoffman,1977), L’'empatia nelle donne sembra essere correlata ad un
orientamento affettivo prosociale che include la tendenza a sperimentare il senso di colpa
per i danni ad altri, esse presentano alti livelli di ragionamento prosociale morale, (Eisenberg
et al., 1991,)

Infine, poiché l'empatia è intimamente collegata al senso di colpa, averne un alto grado, può
comportare una bassa considerazione di se stesse. C’è una vasta ricerca empirica a riguardo,
le donne tendono a provare sentimenti di colpa più intensi rispetto agli uomini (Hoffman,
1975; Heying, Korabik e Munz, 1975; Etxebarria, 1992).

Pertanto questi dati, mettono in chiaro, che il campione femminile ha una maggiore capacità
immaginativa ovvero, riesce ad entrare con più facilità in situazioni fittizie, ma anche da un
punto di vista emotivo, le ragazze sono capaci di adottare la prospettiva dell’altro, di
conseguenza sono maggiormente in grado di capire in situazioni di pericolo, lo stato emotivo
dell’altro. Questi ultimi invece hanno punteggi nella media più elevati per quanto attiene al
malessere personale, ovvero quello stato di ansia e disagio nel vedere situazioni negative
altrui

Il disagio personale condurrebbe il soggetto ad uno stato di avversione che non gli
consentirebbe di aiutare colui che si trova in uno stato di difficolta e di bisogno.

Una possibile spiegazione a ciò, potrebbe essere data dalla spiegazione espressa da Hoffman
nel 1982, secondo il quale il personale disagio rifletterebbe sull’ overactivation empatico,
con la conseguenza che 'individuo presenterebbe differenze sulla regolamentazione delle
emozioni con la tendenza a provare una sorta di fastidio personale (Hoffman, 1990;
Eisenberg e Fabes, 1990; Rothbart e Ahadi, Hershey, 1994).

166
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Il questionario “NEOFFI”, (Costa e Mccrae 2004), il terzo ed ultimo somministrato, ha


invece valutato la personalità: Estroversione, Nevrosi, Apertura all’esperienza, Amabilità e
Responsabilità, degli studenti esaminati

Dall’analisi statistica, per quanto attiene ai punteggi relativi alla personalità, si evince che
confrontando il campione femminile e maschile, vi sono significatività statistiche con
punteggi più alti per le femmine. Il test T di Student mostra una differenza statisticamente
significativa tra maschi e femmine, si evincono infatti, punteggi in media più alti per le
femmine per le sottoscale; Amabilità (p=0.041) e Responsabilità (p=0.013), (tavola 3.1).
Il fattore Amabilità infatti è maggiore nel gruppo femminile rispetto al campione maschile,
le ragazze totalizzano M.(DS) 34.0 (5.0), i maschi invece, 32.9 (5.0). (tavola 3.1).

Punteggi più alti emergono sempre per le femmine per quanto attiene alla componente
Estroversione, M.(DS) 36.2 (5.1) differentemente per i ragazzi che totalizzano M(DS) 35.5
(6.2), per quanto riguarda invece la componente Apertura all’esperienze, si ha lo stesso un
punteggio più elevato per le ragazze, che mostrano un totale di M(DS) 32.3 (5.7),
diversamente dai ragazzi che ottengono un punteggio di M(DS) 31.3 (5.6). (tavola 3.1).

Anche per la componente Responsabilità, notiamo un più elevato risultato per il genere
femminile M(DS) 34.5 (6.0), gruppo maschile invece, M(DS) 32.8 (6.7). (tavola 3.1)

Per la restante variabile Nevroticismo, è possibile riscontrare punteggi sempre più alti per le
ragazze, esse ottengono M (DS) 25.9 (5.7), i maschi invece M(DS) 24.9 (5.9). (tavola 3.1).

Dai dati appena commentati emerge una significatività statistica con punteggi più elevati per
le femmine, per ciò che attiene alla componente amabilità e responsabilità; mentre.si
rilevano valori medi più alti sempre per le giovani in relazione alle altre componenti:
Nevrosi, Estroversione e Apertura all’esperienza. Ne consegue che le ragazze sono più
responsabili e gentili rispetto ai ragazzi, ma anche avendo valori nella media più alti per ciò
che attiene le altre componenti, sono anche più estroverse più nevrotiche e più portate a fare
nuove esperienze.

Questi risultati sono in linea con altri studi, secondo i quali tra comportamenti maschili e
femminili, vi sono delle notevoli differenze, infatti i primi appaiono poco responsabili,
affidabili ma anche egoisti e confusi a differenza delle ultime che appaiono essere più
altruiste, responsabili e sicure di sé, (Lazzarin, 2004).

167
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Tuttavia sembra che oggi, si voglia demandare alle donne un ruolo passivo, mentre agli
uomini un ruolo che li induca ad avere un atteggiamento violento e aggressivo, ciò potrebbe
generare un atteggiamento di tolleranza verso comportamenti maschili aggressivi e violenti
per porre fine ai conflitti di genere, (Askew, Ross,1988)

Dopo una prima analisi descrittiva, abbiamo effettuato delle correlazioni tra l’età del
campione, e i tre questionari. Con riguardo, al primo, “La mia vita a scuola” non si rilevano
significatività statistiche per quanto riguarda gli indici di bullismo fisico, indiretto e verbale.
Mentre il dato significativo rilevante si evince all’indice di prosocialità, il test Rho di
Spearman infatti, mostra una relazione statisticamente significativa all’indice di Prosocialità,
all’aumentare dell’età, diminuiscono i punteggi dell’indice di Prosocialità, una p<0.05 è stata
considerata ignificativa. (tavola 4.1)
In tal senso sembra che più si diventa adulti, più si riducono nei giovani quei comportamenti
capaci di creare solidarietà nei rapporti interpersonali che mirano a migliorare il vivere
sociale armonico.
Con riferimento al secondo questionario “INDEX-IRI”, L’analisi della correlazione mostra
un relazione statisticamente significativa con tutti gli indici ricavati dall’IRI.
Sia per il Punto di Vista, sia per la Fantasia, sia per la Preoccupazione empatica, che per il
Malessere personale, all’aumentare dell’età diminuiscono i punteggi di tutti gli indici.
(tavola 4.2).
Da questi dati dunque emerge che più diventiamo adulti più si riduce la capacità di capire
l’altrui prospettiva, di condividerne preoccupazioni e sofferenze, sia tutte quelle capacità di
immaginazione che ci fanno entrare in situazioni fittizie, ma anche il sentimento di
preoccupazione e di affetto per le problematiche dell’altro, nonché il disagio e l’ansia nel
vedere situazioni negative si riduce man mano si cresce in età.
Dalla correlazione tra gli indici del terzo questionario “NEOFFI” e l’età del campione,
notiamo una relazione statisticamente significativa con Apertura all’esperienza, con
Amabilità e Responsabilità, (nessuna relazione significativa per gli indici Nevrosi ed
Estroversione).
All’aumentare dell’età si riduce la propensione a fare nuove esperienze, cosicchè più si
diventa adulti pare si riduca anche la capacità di essere cordiali e amorevoli nei confronti
degli altri e anche meno responsabili Tutto ciò però contrasta con buona parte della
letteratura che invece sostiene che avanzando con l’età, i giovani sembrano

168
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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progressivamente avere: maggiore prospettiva, fantasia e anche preoccupazione empatica,


(Hoffman, 1991).
Successivamente, sono state effettuate anche delle correlazioni rispetto al titolo di studio dei
genitori, con i punteggi ottenuti dai tre questionari; ciò al fine di capire che importanza
avesse nella formazione della personalità dei giovani e sull’agire violento il fatto di vivere
in un ambiente poco o molto istruito, ma anche quanto il livello di istruzione dei genitori
incidesse sia sul comportamento aggressivo e violento sia sulla componente di empatia e di
personalità.

Con riguardo al primo questionario “la mia vita a scuola”, l’analisi dei punteggi degli indici
ottenuti, non mostra che non emergono relazioni statisticamente significative con il titolo di
studio dei genitori (tavola 5.1).

Riguardo al secondo questionario, INDEX-IRI, l’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al
questionario, mostra una relazione statisticamente significativa per alcuni indici con il titolo
di studio dei genitori, in particolare del padre (nessuna relazione significativa per gli indici
Fantasia e Preoccupazione empatica).
Il test evidenzia una differenza statisticamente significativa tra i soggetti con padre con
livello di istruzione elementare e l’indice Punto di vista (punteggi in media più bassi
all’indice Punto di Vista - ANOVA: Rapporto F=3,22; -p=0.0229). Nessuna relazione
significativa si evidenzia col titolo di studio della madre. (tavola 5.1).
Dai risultati appare evidente, che i giovani adolescenti che hanno il padre con un titolo di
studio basso (elementare) hanno una scarsa capacità di capire la prospettiva altrui.
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario NEOFFI, mostra invece, una
relazione statisticamente significativa per un indice con il titolo di studio dei genitori, in
particolare del padre (nessuna relazione significativa per gli indici Nevrosi, Estroversione,
Apertura all’esperienza ed Amabilità).

Il test evidenzia una differenza statisticamente significativa tra i soggetti con padre con
livello di istruzione universitaria e l’indice di Responsabilità, (punteggi in media più alti
all’indice Responsabilità - ANOVA: Rapporto F=4,13; -p=0.0067). (tavola 5.2).
Nessuna relazione significativa si evidenzia col titolo di studio della madre.

169
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Dunque, i giovani i cui padri sono laureati, risultano essere nella media statistica più
responsabili nell’affrontare le sfide quotidiane rispetto agli altri i ragazzi che non hanno padri
laureati

Pertanto, avere genitori con un elevato grado di istruzione ha un’incidenza sul


comportamento e sul modo di comportarsi dei giovani, ciò emerge anche da uno studio
condotto di recente in Spagna, sulle relazioni sociali, l’aggressività e la violenza, pare da
esso, che in ambienti familiari in cui vi è un’elevata cultura dei genitori i figli sono meno
violenti rispetto agli altri che non hanno tale grado di istruzione (Perez Pinto, 2015).

E’ stata successivamente eseguita un’analisi della varianza rispetto al clima familiare per
conoscere l’influenza che tale elemento potesse avere sia sulla componente di violenza e
bullismo, sia sulla personalità del campione in oggetto, sia sulla componente empatica.

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al primo questionario 1 non mostra alcuna
relazione statisticamente significativa con il clima familiare riferito, (tavola 6.1)

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con il clima familiare riferito, (tavola 6.1)
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 invece, mostra una relazione
statisticamente significativa per alcuni indici con il clima familiare riferito (nessuna
relazione significativa per gli indici Estroversione ed Apertura all’esperienza).
Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente significativa tra i soggetti
con clima familiare sereno e l’indice Nevrosi (punteggi in media più bassi all’indice Nevrosi
- ANOVA: Rapporto F=3,81; -p=0.0104).
Anche applicando l’ANOVA si evidenziata una differenza statisticamente significativa tra i
soggetti con clima familiare sereno e l’indice di Amabilità, (punteggi in media più alti
all’indice Amabilità - ANOVA: Rapporto F=7,08; -p<0.0001).
Altresì applicando l’ANOVA si è riscontrata una differenza statisticamente significativa tra
i soggetti con clima familiare sereno e l’indice di Responsabilità, (punteggi in media più alti
all’indice Responsabilità - ANOVA: Rapporto F=7,53; -p<0.0001), (tavola 6.1).
Dunque i giovani che vivono in un ambiente familiare tranquillo hanno mostrato
punteggi più alti in: Amabilità e Responsabilità, altresì hanno anche punteggi nella media
più bassi riguardo all’indice Nevrosi.

170
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Di conseguenza dalla lettura di questi dati, emerge che l’ambiente familiare influisce
sulle componenti di personalità e sul fattore empatico al punto che saranno meno nevrotici i
ragazzi che vivono in un ambiente familiare fatto di affetti, comprensione, dialogo, e
confronto, viceversae dove invece sussistono fattori negativi: scontri, litigi e posizioni di
potere da parte dei membri del nucleo, non avviene nulla di buono.
Il giovane dunque influenzato da una serenità familiare, sarà più capace di amare chi gli sta
vicino e di aprirsi al dialogo e al confronto nonché mostrerà un atteggiamento di maggiore
cordialità verso i coetanei La persona amichevole è essenzialmente altruista. Simpatizza con
gli altri, è disposto ad aiutarli ed è in grado di creare negli altri lo stesso, tipo di
comportamento inoltre, dimostra anche un certo grado di responsabilità tale fattore indica la
capacità di controllare o dirigere i propri impulsi. Di conseguenza, significa avere alcune
funzionalità come completezza, autocontrollo, disciplina e organizzazione nel gestire la
propria vita e i rapporti con chi gli sta vicino.

Quanto emerso richiama precedenti studi della letteratura, che ritengono che modelli
induttivi di socializzazione famiglia riducono il sorgere di disturbi legati all’aggressività
negli adolescenti, (Jimenez-Barbero et al.; 2014)

Altresì gli studi di Fonzi, nel 1999 sul fenomeno bullismo, i quali hanno constatato che in
contesti di aggressività e di conflittualità familiare i giovani reagiscono alla violenza assistita
o subita in ambiente domestico con comportamenti aggressivi e con prevaricazione,
(Fonzi,1999). Successivamente l’analisi della varianza è stata eseguita con le variabile
dipendenti: Violenza assistita e subita.

Con riguardo alla prima, l’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 1 mostra
una relazione statisticamente significativa per alcuni indici con l’aver assistito ad episodi di
violenza (nessuna relazione significativa per l’indice Prosocialità), (tavola 7.1).

Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente significativa per i soggetti


che non hanno mai assistito ad episodi di violenza con l’indice bullismo fisico, (punteggi in
media più bassi all’indice Bullismo fisico - ANOVA: Rapporto F=6,08 -p=0.0005), (tavola
7.1)

171
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

Si evince anche una differenza statisticamente significativa per i soggetti che non hanno mai
assistito ad episodi di violenza con l’indice bullismo indiretto, (punteggi in media più bassi
all’indice Bullismo indiretto - ANOVA: Rapporto F=5,78; -p=0.0007) (tavola 7.1).
Altresì si riscontra anche una differenza statisticamente significativa per i soggetti che non
hanno mai assistito ad episodi di violenza e l’indice bullismo verbale (punteggi in media più
bassi all’indice Bullismo verbale - ANOVA: Rapporto F=9,04; -p<0.0001), (tavola 7.1).
Da quanto emerso dall’analisi Anova è chiaro che coloro che non hanno mai assistito a
episodi di violenza saranno meno esposti a subire comportamenti violenti e forme di
bullismo sia esso fisico che indiretto che verbale.

L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 non ha mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’aver assistito ad episodi di violenza, (tavola 7.2)
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 3 non ha mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’aver assistito ad episodi di violenza (tavola 7.2).
Con riferimento alla seconda variabile, Violenza subita, l’analisi dei punteggi degli indici
ottenuti al questionario 1, mostra una relazione statisticamente significativa per alcuni indici
con l’aver subito episodi di violenza (nessuna relazione significativa per l’indice
Prosocialità).
Applicando l’ANOVA si evidenzia una differenza statisticamente significativa per i soggetti
che non hanno mai subito episodi di violenza con l’indice bullismo fisico, (punteggi in media
più bassi all’indice Bullismo fisico - ANOVA: Rapporto F=21,78; -p<0.0001).
Si evidenzia anche una differenza statisticamente significativa per i soggetti che non hanno
mai subito episodi di violenza von l’indice bullismo indiretto (punteggi in media più bassi
all’indice Bullismo indiretto - ANOVA: Rapporto F=14,97; p<0.0001).
Una differenza statisticamente significativa è altresì visibile per i soggetti che non hanno
mai subito episodi di violenza con l’indice bullismo verbale (punteggi in media più bassi
all’indice Bullismo verbale - ANOVA: Rapporto F=13,07; -p<0.0001) (tavola 7.2).
L’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario 2 non mostra alcuna relazione
statisticamente significativa con l’aver subito episodi di violenza, così pure, l’analisi dei
punteggi degli indici ottenuti al questionario 3.
Ciò è in linea con i risultati della letteratura, secondo cui ogni tipo di esperienza infantile
avversa, viene associata in maniera incisiva con la perpetrazione di violenze interpersonali
adolescenti (bullismo, combattimento fisico, delinquenza, arma di proprietà scolastica) e

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

violenza autogestita (comportamento auto-mutilatorio, ideazione suicida e tentativo di


suicidio).
Più i giovani hanno avuto a che fare con eventi avversi, più il rischio di perpetrazione di
violenza aumenta (Duke et al.; 2010)
In famiglia i continui scambi coercitivi tra genitori e figli, abusivi e contro-flictual dinamiche
familiari, contribuiscono al fenomeno del bullismo. (Voisin e Hong, 2012).
Più specificamente, indagini a sezione trasversale negli Stati Uniti e altri paesi hanno trovato
delle associazioni significative tra l'esposizione alla violenza fisica in casa e il bullismo.
Dunque in letteratura vi è un crescente consenso nell’affermare che assistere o subire
violenza in casa finisce per diventare un campo di addestramento per l’esercizio della
violenza all’esterno (Baldry, 2003; Espelage, basso, e De La Rue, 2012; Holt, Kantor e
Finkelhor, 2009).
L’associazione tra l’aggressione esterna, la violenza familiare e l'aggressione a scuola non è
una nuova individuazione e nemmeno un fattore sorprendente, dato l'intergenerazionale
trasmissione di aggressione della gioventù (Reid et al., 2002; Slomko).
Di conseguenza i ragazzi maggiormente esposti a livelli di conflitto familiare, saranno poi
quelli più esposti all’attuazione di aggressività diretta verso i loro coetanei a scuola,
Infine abbiamo effettuato un’analisi multivariata, dalla tavola n.8.1, rispetto al questionario
“La mia vita a scuola”, l’analisi multivariata (MANOVA), mostra una relazione diretta
(all’aumentare dei punteggi aumentano anche i punteggi delle altre sottoscale) tra la
sottoscala Bullismo Verbale e le sottoscale Bullismo Fisico ed Indiretto (p<0.0001).

Vuol dire che ad alti punteggi di bullismo verbale corrispondono alti punteggi di bullismo
fisico e indiretto, dunque all’aumentare di un indicatore aumenta anche l’altro e viceversa.
(tavola 8.1)

Le sottoscale Fantasia (p=0.027) e Malessere Personale (p=0.002) dell’IRI mostrano una


relazione diretta con la sottoscala Bullismo Indiretto ciò significa che ad alti punteggi in
fantasia e malessere personale corrispondono punteggi più alti in bullismo indiretto e
viceversa
La sottoscala Nevrosi del questionario personalità, mostra una relazione diretta con le
sottoscale Bullismo Indiretto (p<0.0001) e Verbale (p<0.0001), dunque all’elevarsi dei
punteggi all’indice Nevrosi, tendono ad innalzarsi i punteggi alle sottoscale bullismo

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
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indiretto e verbale; mentre si evidenzia una relazione inversa (all’aumentare dei punteggi
diminuiscono i punteggi delle altre sottoscale) con la sottoscala Prosocialità (p=0.010),
ovvero alti punteggi in nevroticismo corrispondono a bassi punteggi in prosocialità. (tavola
8.1).
La sottoscala Prosocialità, ancora, mostra una relazione diretta con le sottoscale
Estroversione (p=0.004) ed Amabilità (p=0.001); dunque chi ha punteggi alti in prosocialità
avrà punteggi altresì elevati per quanto riguarda l’indice Estroversione e l’indice Amabilità
e viceversa.
Riguardo alla sottoscala Amabilità, si evidenzia invece una relazione inversa con le
sottoscale Bullismo Fisico (p=0.000) e Verbale (p=0.033). (tavola 8.1): a punteggi più
elevati in amabilità, corrispondono punteggi più bassi in bullismo fisico e verbale e
viceversa.
Dalla lettura dei dati, coloro i quali tendono ad avere punteggi più elevati alla sottoscala
Nevrosi, collegata a stati emotivi tendenzialmente negativi, quali: ansia, depressione,
malinconia, paura, vergogna, rabbia e ancora senso di colpa, saranno più a rischio di
bullismo indiretto e verbale. Riguardo alla Prosocialità, questa corrisponde ad un minore
nevroticismo ed ad un maggiore tendenza all’estroversione ed all’amabilità. Emerge
dall’analisi una coerenza nelle scale utilizzate, evidenziando come un soggetto cordiale,
amichevole, altruista e orientato positivamente alle relazioni, sarà meno esposto al rischio di
bullismo fisico e verbale.
Rispetto al questionario IRI, la MANOVA (tavola 8.2) mostra una relazione diretta tra le
diverse sottoscale del questionario (p<0.0001).
La tavola 8.2, mostra una buona coerenza interna tra le sottoscale del questionario IRI (Punto
di vista; Fantasia; Preoccupazione empatica; Malessere personale). Inoltre le sottoscale del
questionario IRI mostrano una relazione diretta (p<0.012) con le sottoscale del questionario
Personalità, evidenziando una buona coerenza tra gli strumenti utilizzati, tranne che per
alcune sottoscale in cui non si evidenziano relazioni: per la sottoscala Responsabilità
(Personalità) rispetto alla sottoscala Malessere personale dell’IRI in cui le dimensioni
risultano indipendenti; così come, tra la sottoscala Nevrosi (Personalità) e la sottoscala
Preoccupazione Empatica dell’IRI, mostrando come una tendenza alla nevrosi non correli
con un cambiamento delle inclinazioni empatiche, intese come preocupazione compassione
per il disagio di un'altra persona.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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La tavola 8.3 esamina le relazioni tra le sottoscale del questionario Personalità evidenziando
una buona coerenza interna tra le scale.
La sottoscala Nevrosi, l’unica scala dello strumento che intende indagare una dimesione “al
negativo”, ha una relazione diretta solo con la scala Apertura all’esperienza, lasciando
emergere l’indipendenza fra nevroticismo, inteso come resistenza a stress emotivi (ansia,
instabilità, irritabilità), e la disposizione a ricercare stimoli culturali e di pensiero esterni al
proprio contesto ordinario, la creatività e la curiosità indagati nella dimensione dell’Apertura
all’esperienza.

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2. Conclusioni

Con tale studio si è voluto dare un contributo empirico allo studio del fenomeno “bullismo”
e della violenza fra giovavi adolescenti, chiarendo le potenziali correlazioni tra questa e le
criticità che possono scaturire dal clima relazionale dagli stati emotivi e dai tratti di
personalità in cui gli adolescenti oggi vengono a trovarsi nella società odierna.
Il lavoro ha avuto origine dai contributi teorici di alcuni dei maggiori esponenti del pensiero,
(Baldry,1998; Olweus, 1986;1991; Fonzi, 1997; Lawson, 2001; Rigby, 1996; Sharp e Smith,
1994; Baron e Richardson, 1994; Lorenz, 1963; Bandura et al., 1961; 1963, Bonino, 2007),
prendendo visione dalle loro teorie.
In particolare, si è partiti dallo studio del bullismo correlato all’aggressività, ma soprattutto
dal fatto che oggi, tra giovani è sempre più evidente la difficoltà di dare l’esatto peso e
significato ai rapporti con i propri simili, che vengono visti come impedimento alla
realizzazione della propria identità, piuttosto che come fattore per potere accrescere e
sviluppare le proprie qualità e le proprie risorse. Per tale ragione i giovani di oggi a
disumanizzano le relazioni umane all’interno delle quali sono coinvolti.
Partendo da queste premesse, si è poi proceduto, ad approfondire quegli aspetti, che a nostro
parere risultavano più pregnanti, e significativi per favorire il nostro lavoro.
Nello specifico, l’analisi delle modalità di pensiero, la percezione delle esperienze
relazionali, i vissuti ed i pregiudizi, le caratteristiche della loro personalità, le competenze
empatiche così come esperiti dai ragazzi,, hanno costituito il nodo centrale dell’indagine
empirica i cui risultati ci hanno consentito di confermare in parte, anche se non del tutto, le
nostre ipotesi iniziale ovvero: il genere influenza l’esordio del bullismo, il clima familiare
può avere un incidenza sulle condotte violente, l’ambiente scolastico è quello in cui
maggiormente si verificano episodi di violenza, il genere, ancora influenza la manifestazione
di comportamenti empatici, la prevalenza o meno di specifiche componenti di personalità
(ad esempio, estroversione, nevrosi, apertura, amabilità, etc.) possono incidere sull’esordio
e la cronicizzazione del bullismo.
Attraverso i questionaridi si sono evidenziati dati descrittivi tali per cui possiamo affermare
che sono emersi degli importanti elementi riguardanti l’oggetto di ricerca in esame.
Emerge una significativà rilevante, in relazione alla prima ipotesi del lavoro sollevata.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Uno dei dati infatti, maggiormente significativo da un punto di vista statistico, è quello
emerso in relazione alla differenza di genere.
In questo ambito, i dati emersi, mettono in risalto elementi differenti che caratterizzano
l’universo maschile da quello femminile che, a tratti, sembrano avere strategie di
comportamento diverse e a diversi ambiti valoriali.
In merito alla prima ipotesi, per quanto attiene ai comportamenti di violenza fra pari, si
evince una significatività statistica per il genere maschile, per quanto attiene al bullismo
fisico, è infatti più presente tra i maschi, ciò in linea con la letteratura, (Olweus, 1978;
Menesini,2000; Genta, 2002; Lazzarin, 2004).
Mentre uno scenario differente evidenziano i dati in altre variabili legate ancora al genere.
In particolare le ragazze mostrano avere maggiore Punto di Vista, Fantasia, e
Preoccupazione Empatica ma anche un più alto indice di prosocialità di conseguenza esse
sono capaci di esprimersi emotivamente, sono più in grado di espressività e condivisione dei
propri sentimenti e l’uso delle proprie competenze empatiche
Emerge una differenza sostanziale nel porsi dinanzi alle situazioni problematiche, laddove i
maschi presentano una modalità più legata all’attuazione di comportamenti che si
concretizzano in atti di violenza fisica, le giovani invece mostrano di avere una maggiore
capacità di dialogo e confronto nonché di apertura verso gli altri.
Perciò che ha riguardato altra ipotesi legata alla gestione dei sentimenti e delle emozioni. i
dati hanno registrato che tale competenza sembra essere più spiccata nelle femmine, infatti,
all’interno della popolazione femminile risulta un maggior livello di prosocialità in termini
di frasi affettuose, apprezzamenti, gesti gentili, generosità, disponibilità, cooperatività,
dialogo, hanno una maggiore condivisione relazionale dei propri stati d’animo oltre che sono
maggiormente predisposte ad un linguaggio fatto da toni affettivi e centrato sull’emotività.

Così il genere femminile, rispetto al genere maschile pone in essere comportamenti, capaci
di immedesimarsi nei panni dell’altro, di fare anche del bene altrui, ma anche comprendono,
capiscono e sono disposte ad aiutare chi ha bisogno.

Ipotesi confermata dallo studio è quello che intendeva verificare l’esistenza di una
correlazione statisticamente significativa tra il genere e i fattori di personalità. I dati hanno
mostrato una significatività per le ragazze le quali hanno ottenuto punteggi più elevati in
amabilità e responsabilità, di conseguenza ciò che è emerso dalle risposte date dal campione

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
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in oggetto, non si discosta dagli altri studi effettuati in altre parti del paese ma anche dalla
letteratura, che dimostrano proprio come il genere femminile, rispetto al genere maschile sia
più più propenso a comportamenti, capaci di immedesimarsi nei panni dell’altro, di fare
anche del bene altrui ma anche di essere capaci di capire e aiutare chi ha bisogno
(Hoffman,1977; Eisemberg e Lennon, 1983; Caprara, 2006).

Altra ipotesi confermata dalla ricerca è quella che intendeva verificare l’esistenza di una
correlazione tra la qualità dei rapporti familiari e i tre questionari. Nulla di significativo è
emerso per quanto riguarda gli indici ottenuti al questionario uno, con il clima familiare
riferito; lo stesso l’analisi dei punteggi degli indici ottenuti al questionario due non mostrano
alcuna relazione statisticamente significativa con il clima familiare riferito.
Mentre una importante significatività si è rilevata con gli indici di personalità ed in
particolare per il fattore Nevrosi, Amabilità e Responsabilità. In generale, la correlazione ha
mostrato come ad una migliore qualità dei rapporti familiari, corrispondono più adeguate
competenze relazionali.
La capacità di problem solving è maggiore se i ragazzi vivono in un contesto familiare sereno
in cui la fanno da padrone l’armonia il dialogo e il vivere pacifico. In particolare,
maggiormente evidenti appaiono i risultati relativi a tre sottoscale: Nevroticismo che è
risultato minore in quei giovani che affermano di vivere in un contesto sereno, l’indice
Amabilità e Responsabilità è più significativo quanto più sereno è il contesto familiare di
riferimento.
Avranno aspetti di personalità positivi i giovani che trovano in famiglia un momento di
dialogo e confronto aperto in cui è presente un clima armonico e sereno elementi che
renderanno gli stessi più cortesi e gentili. Ed in effetti in molteplici ricerche si è visto che un
contesto familiare disfunzionale crea nei giovani una maggiore aggressività (Higuita-
Gutiérrez, e Cardona-Arias, 2016).
Altro dato importante è stato capire l’incidenza del sistema socio-relazionale non solo
familiare ma anche scolastico e della funzione socio-educativa che le due agenzie ricoprono
nella prevenzione del disagio, sia esso causa o effetto, dei comportamenti aggressivi.
Da più parti (Bauman, 2002; Bruner, 1992) emerge la riflessione in base alla quale, di fronte
alla società della globalizzazione sembra perdersi il “senso” della scuola e della famiglia,
come luoghi deputati alla trasmissione della conoscenza (da una generazione all’altra) e alla
formazione delle persone e dei cittadini.

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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Partendo da questi presupposti abbiamo ipotizzato che oggi la maggior parte dei fenomeni
di bullismo avvengono a scuola; ipotesi confermata infatti dai dati ottenuti che hanno
mostrato come essa sia il luogo privilegiato per l’attuazione di azioni violente.
La presenza di fenomeni di bullismo a scuola, piuttosto che in altri contesti giovanili viene
confermata dalle risposte date dal campione in misura del 49%. Essi riferiscono di avere
assistito a episodi di bullismo nella maggior parte dei casi a scuola.
Anche su questa ipotesi vi sono ricerche correlate che confermano come la scuola per vari
fattori sia il posto privilegiato nel quale si manifestano comportamenti di bullismo (Olweus,
1996, 2001, Ortega, Mora e Merchan, 2008).
La scuola rischia di apparire come un sistema vuoto e inconsistente avente solo il compito
di contenere i ragazzi e di fare passare loro il tempo della crescita, possibilmente senza
incidenti o danni, ma che invece oggi risultano essere numerosi.
Più che l’acquisizione di saperi, sembra che sia piuttosto la reciproca disponibilità alla
comunicazione quel valore aggiunto da ricercare e promuovere: dinanzi alle nuove
preoccupazioni e insicurezze, diventa infatti prioritario “stare insieme”, potere poggiare i
propri piedi su una società “civile” responsabile che fatica sempre più a definirsi con regole
chiare e condivise, motive per cui chiede alla scuola, in maniera sempre più pressante, di
rafforzare la propria funzione regolativa e normativa, attraverso il richiamo alla
responsabilità, ai comportamenti, al profilo educativo, al progetto di vita, alla persona.
In questo scenario, emerge la necessità di confrontarsi con modelli che manifestano
competenze empatiche, accettazione della diversità, educazione al dialogo e al rispetto delle
differenze, tutto questo può favorire l’apprendimento e/o il potenziamento delle medesime
competenze nei ragazzi, predisponendo il loro comportamento a modalità meno aggressive
e a dinamiche relazionali che vanno nella direzione della prosocialità.
Laddove accade che la pluralità (dei saperi, degli allievi, degli insegnanti) venga vissuta
come elemento di rischio e di minaccia, gli adulti hanno bisogno di essere aiutati a riscoprire
la pluralità come condizione positiva e necessaria per “educare”, per promuovere
intelligenza sociale.
La classe può diventare la metafora della costruzione sociale della conoscenza (Zoletto,
2007).
Riguardo poi l’ultima ipotesi ovvero se possedere alcuni aspetti di personalità può essere un
fattore di rischio per subire azioni di bullismo, dai dati analizzati emerge una significatività

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statisticamente importante, ovvero, ad incorrere in un alto rischio di bullismo sono i giovani


la cui componente di amabilità è scarsa. Pertanto possiamo considerare la possibilità che chi
è un individuo poco cordiale e carino con una scarsa attitudine all’amabilità corre il rischio
di subire con maggiore probabilità bullismo fisico, verbale e indiretto.

Questo vuol dire che è molto probabile che il giovane che ha totalizzato punteggi bassi in
(amabilità) riceverà con maggiore probabilità azioni di bullismo rispetto a chi invece ha
ottenuto punteggi alti in amabilità.

I dati emersi non si discostano da altre ricerche precedenti, (De Souce e Mclean, 2012;
Masterson e Kersey, 2013).

Dunque la componente amabilità è una variabile importante sull’influenza e sull’attuazione


o meno di condotte violente tra i giovani e di conseguenza di bullismo.

Inoltre emerge che un più elevato indice di Nevrosi collegato a stati d’animo emotivi
tendenzialmente negativi, quali: ansia, depressione, malinconia, paura, vergogna rabbia e
ancora senso di colpa, saranno indici che spingeranno maggiormente i giovani ad un più
elevato rischio di bullismo indiretto e verbale.

Da quanto emerso la componente nevrosi e una variabile che intersecata alle altre ha
evidenziato che influisce negativamente sia a livello emotivo sia a livello comportamentale
nelle condotte di bullismo.

Mentre con riferimento all’indice di Prosocialità, i più prosociali saranno meno nevrotici e
viceversa e anche più estroversi e cordiali con gli altri.

Da studi precedenti riguardo ai comportamenti prosociali si è sostenuto che l’attuazione di


detto comportamento è correlato negativamente all’aggressività, dunque più si è prosociali
meno si è aggressivi e viceversa (Boxer et al., 2004; Begotti e Borca, 2006).

Altresì consegue da questi dati statistici, che un soggetto, amichevole, essenzialmente


altruista che simpatizza con gli altri, ed è disposto ad aiutarli e creare con gli stessi un
rapporto fatto di fiducia e onestà, sarà meno a rischio di bullismo fisico e verbale.

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Di conseguenza è possibile dedurre che il fattore personalità associato ad alti fattori può
essere o meno una causa determinante per l’attuazione di comportamenti che inducono a
comportamenti violenti.

Sull’argomento numerose ricerche hanno studiato che l’agire violento può essere influenzato
da alcuni aspetti di personalità (Coolidge, et al., 2004; Tani et al., 2003; Baughman et al.,
2012).

In conclusione possiamo affermare che, tenuto conto dei limiti empirici e contestuali della
presente ricerca, i risultati suggeriti dalla stessa propendono per altri studi attinenti nonché
per un alto investimento nell’educazione socio-educativa attraverso interventi minuziosi e
effettivi nelle scuole, in famiglia e nella società tutta. Altrimenti si resterà ancorati a sistemi
e a punti di riferimento aridi che piuttosto migliorare lo sviluppo e la crescita, la
limiterebbero considerevolmente, paralizzando quei canali privilegiati da percorrere al fine
di potenziare e valorizzare le risorse già presenti nelle nuove generazioni.

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ALLEGATI

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SCHEDA SOCIO-ANAGRAFICA
SOGGETTO n._______________

ETA’_____________ SESSO: □ Maschio □ Femmina

1) Classe di appartenenza ______________________________________

2) Zona di Abitazione
□ centro □ periferia

3) Composizione del nucleo familiare


□ un figlio □ due figli □ tre figli o più

4) Eta’ della madre


□ da 25/30 □ da 31/40 □ 41/50 □ più di 50
5) Età del padre
□ da 25/30 □ da 31/40 □ 41/50 □ più di 50

6) Titolo di studio della madre


□ elementare □ media □ superiore □ università

7) Titolo di studio del padre


□ elementare □ media □ superiore □ università

8) Lavoro svolto dalla madre


□ operaia/artigiana □ impiegata □ libero professionista □ casalinga

9) Lavoro svolto dal padre


□ operaio/artigiano □ impiegato □ libero professionista □ disoccupato

10) Come trascorri il tuo tempo libero


□ sport □ giochi elettronici/internet □ oratorio □ all’aperto □ musica/attività artistiche
□ lettura

11) Con chi trascorri il tuo tempo libero?


□ da solo □ con i miei amici/compagni □ con i miei genitori □ con altri familiari (nonni,zii,
cugini)
□ con amici più grandi di me

9) Situazione familiare
□ coniugati/conviventi □ divorziati/separati □ un genitore deceduto

10) Clima familiare


□ conflittuale □ a volte conflittuale □ poco conflittuale □ sereno

11) Hai mai assistito ad episodi di violenza


□ mai □ qualche volta □ spesso □ sempre

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12) Contesti nei quali hai assistito ad episodi di violenza


□ a casa □ a scuola □ nei contesti dove svolgo attività di tempo libero □ in nessun
posto

13) Sei stato vittima di episodi di violenza


□ mai □ qualche volta □ spesso □ sempre

14) Contesti nei quali sei stato vittima di episodi di violenza


□ a casa □ a scuola □ nei contesti dove svolgo attività di tempo libero □ in nessun posto

15) Nei confronti di hai visto fare violenza


□ me stesso □ amici/compagni □ uno dei miei genitori □ anziani/disabili □ disabili

16) Cosa provi quando un tuo amico/compagno è vittima di episodi di violenza


□ niente □ mi dispiace ma non faccio niente □ intervengo solo se non rischio niente □
intervengo sempre a prescindere dal rischio

17) In quale contesto ti è capitato di aiutare un tuo amico/compagno vittima di episodi di


violenza
□ in nessun contesto □ a scuola □ fuori dalla scuola

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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QUESTIONARIO N.1
Leggi le seguenti frasi con attenzione e segna il numero che coincide con la risposta scelta. La tua
risposta sarà

0=mai 1= una volta 2= più di una volta

1. mi ha insultato/a mai □ una volta □ più di una volta □


2. Mi ha detto qualcosa di bello mai □ una volta □ più di una volta □
3. Ha detto brute cose sulla mia mai □ una volta □ più di una volta □
famiglia
4. ha cercato di darmi un calcio mai □ una volta □ più di una volta □
5. è stato/a molto gentile con me mai □ una volta □ più di una volta □
6. è stato/a scortese perché io sono mai □ una volta □ più di una volta □
diverso/a
7. mi ha fatto un regalo mai □ una volta □ più di una volta □
8. mi ha detto che mi avrebbero mai □ una volta □ più di una volta □
picchiato
9. mi ha dato dei soldi mai □ una volta □ più di una volta □
10. ha cercato di farsi dare dei soldi da mai □ una volta □ più di una volta □
me
11. ha cercato di spaventarmi mai □ una volta □ più di una volta □
12. mi ha fatto una domanda stupida mai □ una volta □ più di una volta □
13. mi ha prestatoqualcosa mai □ una volta □ più di una volta □
14. mi ha fatto smettere di giocare mai □ una volta □ più di una volta □

15. è stato/a scortese per una cosa che mai □ una volta □ più di una volta □
ho fatto

16. ha parlato di vestiti conme mai □ una volta □ più di una volta □

17. mi ha raccontato una barzelletta mai □ una volta □ più di una volta □

18. mi ha raccontato una bugia mai □ una volta □ più di una volta □

19. ha messo un gruppo contro di me mai □ una volta □ più di una volta □

20. Voleva che facessi male ad alter mai □ una volta □ più di una volta □
persone

mai □ una volta □ più di una volta □


21. mi ha sorriso

22. ha cercato di mettermi nei guai mai □ una volta □ più di una volta □

23. mi ha aiutato a portare qualcosa mai □ una volta □ più di una volta □

24. ha cercato di farmi male mai □ una volta □ più di una volta □

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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

25. mi ha aiutato a fare dei compiti mai □ una volta □ più di una volta □

26. mi ha fatto fare qualcosa che non mai □ una volta □ più di una volta □
volevo

27. ha parlato con me di programmi mai □ una volta □ più di una volta □
televisivi

28. mi ha portato via delle cose mai □ una volta □ più di una volta □

29. mi ha dato un pezzo della sua mai □ una volta □ più di una volta □
merenda

30. È stato/a maleducato/a riguardo mai □ una volta □ più di una volta □
al colore della mia pelle
31. mi ha urlato mai □ una volta □ più di una volta □

32. ha fatto un gioco con me mai □ una volta □ più di una volta □
33. ha cercato di farmi inciampare mai □ una volta □ più di una volta □
34. ha parlato di cose che mi mai □ una volta □ più di una volta □
piacciono

35. ha riso di me in modo orribile mai □ una volta □ più di una volta □

36. ha detto che avrebbe fatto la spia mai □ una volta □ più di una volta □
su di me

37. ha cercato di rompere una delle mai □ una volta □ più di una volta □
mie cose

38. ha detto una bugia su di me mai □ una volta □ più di una volta □

39. ha cercato di picchiarmi mai □ una volta □ più di una volta □

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
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ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

QUESTIONARIO N°2
Per ogni questione indica come ti descrive scegliendo la punteggiatura da 1 a 5, (1 = non mi descrive
bene; 2 = mi descrive un po'; 3 = mi descrive abbastanza bene; 4 = mi descrive bene e 5 = mi descrive
molto bene). Una volta scelta la tua risposta, segna con una croce il casello corrispondente. Leggi
accuratamente ogni frase prima di rispondere. Rispondi onestamente. GRAZIE.

1 2 3 4 5
Non mi descrive Mi descrive un Mi descrive Mi descrive bene Mi descrive
bene po’ abbastanza bene molto bene

1 Sogno e fantastico, abbastanza spesso, sulle cose che 1 2 3 4 5


potrebbero succedermi
2 Spesso ho sentimenti teneri e di preoccupazione 1 2 3 4 5
verso la gente meno fortunata di me
3 Spesso mi viene difficile vedere le cose dal punto di 1 2 3 4 5
vista di un'altra persona
4 A volte non mi preoccupo molto per altre persone 1 2 3 4 5
quando hanno problemi
5 Mi identifico veramente con i sentimenti dei 1 2 3 4 5
personaggi di un romanzo
6 In situazioni di emergenza mi sento apprensivo e 1 2 3 4 5
scomodo
7 Normalmente sono obiettivo quando vedo un film o 1 2 3 4 5
un’opera teatrale e non mi lascio coinvolgere
completamente
8 Cerco di tenere in conto ognuna delle parti (opinioni) 1 2 3 4 5
in un conflitto prima di prendere una decisione
9 Quando vedo che qualcuno viene preso in giro 1 2 3 4 5
tendo a proteggerlo
10 Normalmente provo un sentimento di disperazione 1 2 3 4 5
quando sto in mezzo ad una situazione molto
emotiva
11 Spesso cerco di comprendere al meglio i miei amici 1 2 3 4 5
immaginandomi come loro vedano le cose
(mettendomi al suo posto)
12 Raramente un buon libro o film riescono a 1 2 3 4 5
coinvolgermi
13 Quando vedo a qualcuno ferito cerco di mantenere la 1 2 3 4 5
calma
14 Le disgrazie degli altri normalmente non mi 1 2 3 4 5
disturbano molto
15 Se sono sicuro che ho ragione in qualcosa non perdo 1 2 3 4 5
tempo ascoltando gli argomenti degli altri
16 Dopo avere visto un'opera teatrale o un film mi sono 1 2 3 4 5
sentito come se fossi uno dei personaggi
17 Quando mi trovo in una situazione emozionalmente 1 2 3 4 5
tesa mi spavento

221
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

18 Quando vedo qualcuno che viene trattato male a 1 2 3 4 5


volte non sento nessuna compassione per lui
19 Normalmente sono abbastanza efficace 1 2 3 4 5
nell’occuparmi di emergenze
20 Spesso sono abbastanza affettato emozionalmente 1 2 3 4 5
per cose che vedo che succedono
21 Penso che ci sono due parti per ogni questione e 1 2 3 4 5
cerco di tenere in conto entrambi le parti
22 Mi descriverei come una persona abbastanza 1 2 3 4 5
sensibile
23 Quando vedo un bel film facilmente riesco a situarmi 1 2 3 4 5
nel posto del protagonista
24 Tendo a perdere il controllo durante le emergenze 1 2 3 4 5
25 Quando sono disgustato con qualcuno normalmente 1 2 3 4 5
tento nel mettermi nei suoi panni per un momento
26 Quando sto leggendo una storia interessante o un 1 2 3 4 5
romanzo immagino come mi sentirei se gli
avvenimenti della storia succedessero a me
27 Quando vedo qualcuno che ha bisogno urgentemente 1 2 3 4 5
di aiuto in un'emergenza mi precipito
28 Prima di criticare a qualcuno provo ad immaginare 1 2 3 4 5
come mi sentirei io se stessi al suo posto

222
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

QUESTIONARIO N°3
Per ogni domanda scegli la punteggiatura da 0 a 4, (0 = in totale disaccordo; 1 = in disaccordo; 2 =
neutrale; 3 = d’accordo; 4 = totalmente d’accordo). Una volta scelta la tua risposta, segna con una
croce il casello corrispondente. Legge accuratamente ogni frase prima di rispondere. Rispondi
onestamente. GRAZIE.

0 1 2 3 4
In totale In disaccordo neutrale D’accordo totalmente
disaccordo d’accordo

1 Spesso mi sento inferiore rispetto agli altri 0 1 2 3 4


2 Sono una persona allegra e coraggiosa 0 1 2 3 4
3 A volte, quando leggo una poesia o 0 1 2 3 4
contemplo un’opera d’arte, sento una
profonda emozione o eccitazione
4 Tendo a pensare il meglio dalla gente 0 1 2 3 4
5 Sembra che non sono mai capace ad 0 1 2 3 4
organizzarmi
6 Raramente ho paura o sono ansioso 0 1 2 3 4
7 Mi diverto molto a parlare con la gente 0 1 2 3 4
8 La poesia ha poco o nessun effetto su di me 0 1 2 3 4
9 A volte intimorisco o adulo la gente affinché 0 1 2 3 4
faccia quello che io voglio
10 Ho degli obiettivi chiari e mi sforzo in 0 1 2 3 4
maniera ordinata per raggiungerli
11 A volte mi vengono in mente pensieri 0 1 2 3 4
terrificanti
12 Mi diverto nelle feste dove c’è molta gente 0 1 2 3 4
13 Ho una gran varietà di interessi intellettuali 0 1 2 3 4
14 A volte con stratagemmi ottengo che la 0 1 2 3 4
gente faccia ciò che io voglio
15 Lavoro molto per ottenere le mie mete 0 1 2 3 4
16 A volte mi sembra che non valgo niente 0 1 2 3 4
17 Non mi considero specialmente allegro 0 1 2 3 4
18 Mi suscitano curiosità le forme che trovo 0 1 2 3 4
nell’arte e nella natura
19 Se qualcuno inizia a litigare con me, anche 0 1 2 3 4
io sono disposto a litigare
20 Ho molto auto-disciplina 0 1 2 3 4
21 A volte le cose mi sembrano troppo ombrose 0 1 2 3 4
e senza speranza
22 Mi piace circondarmi d persone 0 1 2 3 4
23 Le discussioni filosofiche le trovo noiose 0 1 2 3 4
24 Quando mi hanno offeso, il mio intento è 0 1 2 3 4
perdonare e dimenticare

223
LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

25 Prima di intraprendere una azione, sempre 0 1 2 3 4


considero le sue conseguenze
26 Quando sono sotto stress, a volte sento che 0 1 2 3 4
crollerò
27 No sono cosi vivo e animato come gli altri 0 1 2 3 4
28 Ho molta fantasia 0 1 2 3 4
29 La mia prima reazione è fidarmi della gente 0 1 2 3 4
30 Cerco di fare i miei compiti con attenzione, 0 1 2 3 4
affinchè non debba farli un’altra volta
31 Spesso mi sento teso e irrequieto 0 1 2 3 4
32 Sono una persona molto attiva 0 1 2 3 4
33 Mi piace concentrarmi su un sogno o 0 1 2 3 4
fantasia, e lasciandolo crescere e svilupparsi,
esplorare tutte le sue possibilità
34 Alcune persone pensano che sono freddo e 0 1 2 3 4
un calcolatore
35 Mi sforzo per arrivare alla perfezione in tutto 0 1 2 3 4
quello che faccio
36 A volte mi sento amareggiato e risentito 0 1 2 3 4
37 Nelle riunioni, in generale preferisco che 0 1 2 3 4
parlino gli altri
38 Non ho molto interesse nel pensare sulla 0 1 2 3 4
natura dell’universo o sulla condizione
umana
39 Ho molta fede nella natura umana 0 1 2 3 4
40 Sono efficiente ed efficace nel mio lavoro 0 1 2 3 4
41 Sono abbastanza stabile emozionalmente 0 1 2 3 4
42 Fuggo dalle moltitudini 0 1 2 3 4
43 A volte perdo l’interesse quando la gente 0 1 2 3 4
parla di questioni molto astratte e teoriche.
44 Cerco di essere umile 0 1 2 3 4
45 Sono una persona produttiva, che sempre 0 1 2 3 4
porta a termine il suo lavoro
46 Raramente sono triste o depresso 0 1 2 3 4
47 A volte sono felicissimo 0 1 2 3 4
48 Provo una gran varietà di emozioni o 0 1 2 3 4
sentimenti
49 Credo che la maggior parte della gente che 0 1 2 3 4
frequento sia onesta e attendibile
50 Nelle occasioni prima agisco e poi penso 0 1 2 3 4
51 A volte faccio le cose impulsivamente e poi 0 1 2 3 4
mi pento
52 Mi piace stare dove c’è azione 0 1 2 3 4
53 Frequentemente provo cibi nuovi o di un 0 1 2 3 4
altro paese
54 Posso essere sarcastico e mordace se è 0 1 2 3 4
necessario
55 Ci sono tante piccole cose da fare che a volte 0 1 2 3 4
quello che faccio è non prestare attenzione a
nessuna
56 E’ difficile che io perda le staffe 0 1 2 3 4
57 Non mi piace molto parlare con la gente 0 1 2 3 4

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LE CARATTERISTICHE DI PERSONALITÀ CHE
CARATTERIZZANO BULLI VITTIME E SPETTATORI NELLE JOSEFA VANESSA SICOLA
ISTITUZIONI SCOLASTICHE ITALIANE

58 Raramente provo emozioni forti 0 1 2 3 4


59 I mendicanti non mi ispirano simpatia 0 1 2 3 4
60 Molte volte non preparo in anticipo quello 0 1 2 3 4
che devo fare

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