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Lezione 36 17 maggio 2019 Professor Maggio

Qualunque tipo di trattamento deve essere preceduto dalla diagnosi corretta e dal rigore di
portare avanti il paziente secondo le norme e le regole di parantologia eseguita correttamente.
Vietato dalla legge operare il paziente non lavato. Anche la radiografia, si rifà se non è accurata.

Terapia Implantare e Parodontale

Se il paziente ha la placca: chiamare l’igienista dentale.


(fondamentale importanza Management odontoiatrico se vogliamo fare odontoiatria privata)

Video intervento da youtube: abbiamo preso questo video da youtube. Il collega ha ritenuto
necessario estrarre i due centrali. Il commento sostiene che i due denti erano troppo mobili e non
potevano mantenersi. Li sostituisce con una sua fantastica tecnica implantare . Chiaramente
questo video è altamente critico. La domanda è: oggi i paradontologi di qualità come potrebbero
mai pensare, salvo non ci siano problemi irreparabili o siano fratturati, di asportare questi denti e
non salvarli?
La terapia impiantare parte da un presupposto fondamentale: mischiarsi alla commercializzazione
dei prodotti. È questo il danno che creano molte case che costruiscono impianti. Mettere impianti
è facile, veloce e maggiormente retribuito (costo estrazione, impianto, provvisorio e protesi). Io
però potevo salvare quei denti per tutta la vita. Ovviamente salvarli non avrebbero fruttato come
due impianti (giusto una decina di igiene orale).

CASO CLINICO 1

Dente fratturato. Che trattamento terapeutico possiamo intraprendere? Estrazione ed impianto è


una ipotesi. È un dente condannato o ci sono chance di salvarlo?
1) Studente 1: allungamento di corona clinica e perno moncone. Esporrei maggiormente la
radice (prof: “quindi la struttura dentale sana”), poi andrei a mettere un perno che mi
faccia da moncone per creare una ritenzione per la capsula, senza rimuovere la radice.
(prof: “è una possibilità, poi ti dirò se giusta o sbagliata”)
2) Studente 2: io farei la stessa cosa visto che la radice mi sembra comunque messa
abbastanza bene con molto osso intorno.
3) Studente 3: secondo me potrebbe essere complicato il perno perché il canale è molto
sclerotico in realtà, potrebbe esserci poco spazio e servirebbe togliere parecchia quantità
di dentina radicolare. Se le condizioni ossee sono buone potrebbe essere una buona
opzione, visto anche che ci troviamo in un settore frontale, una terapia impiantale.
4) Studente 4: bisogna guardare relazione tra radice e corona, perché la radice è un po’ girata,
quindi la biomeccanica della ricostruzione con perno-moncone non può funzionare ed è
molto probabile che causerà in futuro la rottura della radice. Io la toglierei e metterei
l’impianto.
5) Studente 5: anche io avevo pensato al perno-moncone.

Quindi abbiamo due scuole di pensiero.


Al piano del trattamento proposto da Studente 1 manca una cosa fondamenta: la cura canalare.
Già la riuscita di un trattamento canalare ti può indirizzare su l’eventuale perno. Hai poi detto
allungamento di corona clinica ma in un paziente del genere cosa determina? Ricordatevi che per
fare un perno moncone ci serve sostanza dentale per avere l’effetto Ferula. Cosa succede se noi
dobbiamo esporre struttura dentale sana, visto che è un laterale?
Obiettivi da dichiarare subito al paziente in prima visita: salute, funzione ed estetica.
Esteticamente, se noi andiamo a fare l’allungamento di corona clinica in una posizione anteriore
come questa, cosa gli combiniamo? Il centrale risale, il canino risale e quindi creiamo un forte
slivellamento dell’architettura del profilo gengivale. Assolutamente da evitare. È vero che i
pazienti si dividono in due categorie: chi scopre e chi non scopre.
Nel paziente che scopre molto è assolutamente da escludere, il paziente invece che non scopre
potrebbe anche tollerarlo. Dico potrebbe perché se poi si alza il labbro davanti allo specchio si può
far girare le scatole perché gli abbiamo fatto un dente più lungo dell’altro.
Cosa fare per salvare il dente ed evitare questo problema estetico?

Studente 1: O innesto o un lembo riposizionato coronalmente. Prof: però se non facciamo


l’allungamento di corona clinica come fai ad isolare il dente per fare il perno moncone (chi non
mette la diga va all’inferno o viene inchiappettato).
Studente 2: Invece di spostare apicalmente la parte gengivale, si potrebbe spostare coronalmente
il dente con un’estrusione ortodontica.

Perfetto! Se infatti faccio un’estrusione ortodontica, si può abbinare anche l’allungamento di


corona clinica, per poi isolare il dente. Una volta che hai messo il pernino, fai l’estrusione
ortodontica e ti riporti dietro anche il tessuto che ti eri mangiato precedentemente. Quindi la
gengiva che avevi spostato apicalmente te la riporti dietro.
Alla fine, ti puoi permettere anche di rifare l’allungamento di corona clinica se vediamo che non
siamo arrivati al punto in cui volevamo arrivare.
Quindi mai togliere la radice in un caso così perché anche se è un laterale, la radice è lunga come
quella di un canino. Una radice del genere mi dura una vita. È certamente un impegno di tempo
completamente diverso, per il paziente è dispendioso quanto l’impianto, ma cosa è meglio
eticamente parlando?
L’operatore corretto è colui che fa un piano di trattamento corretto, se poi non sa farlo si rivolge
ad uno in grado.

Studente: ma visto che abbiamo una percentuale alta di insuccesso, io toglierei il dente per stare
più tranquillo.

Prof: è esattamente il contrario. Io non ho pace quando metto un impianto perché la terapia
impiantare ha una percentuale di insuccesso riconosciuta, non elevata ma più il caso è difficile più
è alta la possibilità di insuccesso. Legata alla terapia implantare esiste una complicanza
frequentissima: la perimplantite. Dicono che gli impianti hanno una percentuale di successo del
92-93%, ed è un dato reale, ma il successo a cui si riferiscono non è un successo completo di
estetica ed assenza di perimplantite, ma di permanenza in bocca dell’impianto che sono due cose
completamente diverse. Ci sono perimplantiti che si risolvono nel giro di pochi mesi ed il paziente
perde l’impianto, altre che si riescono a controllare. Io, d’altro canto, conosco la percentuale di
successo di un dente trattato bene dal punto di vista endodontico, ortodontico, chirurgico e
protesico. È evidente che per fare un trattamento del genere ci vuole un team di professionisti od
un professionista che sappia gestire bene ogni singola voce. Se io non so gestire una di queste 4
cose, non ci provo neanche o mi faccio aiutare nelle cose in cui non sono capace. Al paziente però
eticamente io devo dire che per me il gold-standard è provare a salvare il dente, però se il paziente
non vuole perdere tempo e vuole qualcosa di più rapido, allora io faccio l’impianto. I piani di
trattamento se sono condivisi con il paziente funzionano. Il paziente deve decidere insieme a te su
cosa fare, e se hai armi convincenti per spiegare al paziente quale è la tua idea, il paziente sarà
contendo di pagare di più e spendere più tempo.
Quindi: allungamento di corona clinica per esporre struttura dentale sana, endodonzia, perno,
estrusione, riposizionamento apicale, provvisorio e definitivo. Guardate quante cose deve fare il
paziente per poter salvare il dente.
Studente: l’endodonzia prima dell’allungamento di corona clinica?
Risposta: no, dove la metto altrimenti la diga? Tutto nella stessa seduta.
Quindi: allungamento di corona clinica, trattamento canalare, estrusione, si riposiziona il dente
apicalmente, provvisorio.
Studente: Che tipo di provvisorio viene usato durante l’estrusione? Dipende dal paziente, a questo
non gliene fregava nulla e non glielo abbiamo messo. Si può senz’altro mettere un provvisorio
cementato in modo forte ed il movimento ortodontico lo fai direttamente sul provvisorio.

Vedendo adesso come è stato gestito il dente, c’è qualcuno che vuole ancora mettere l’impianto?
Con l’impianto avremmo ottenuto sicuramente un estetica equivalente, se ovviamente viene
gestito come si deve. Questo dente curato in questo modo, quanto dura nella vita del paziente?
Che problemi ci potrebbe dare nel tempo? È un laterale quindi non è sottoposto a un carico di
masticazione (magari con la cura canalare pensi che prima o tardi so possa fratturare).
Io però so gestire molto meglio questo dente rispetto agli impianti.
CASO CLINICO 2

Questa è una paziente a cui ho messo i tre impianti che vedete nella prima foto. Non sono andato
molto in fondo, l’endorale mi permetteva di scendere di più ma la TC mi dava un risultato diverso.
Le tecniche implantari possono essere a due step od uno step. Nell’applicazione a due step prima
metto impianto e poi faccio passare del tempo, poi fai il rientro, metti le viti di guarigione e
successivamente fai la tecnica protesica. Oggi in molte situazioni si fa direttamente l’impronta e si
mettono i provvisori (uno step).

Questi tre impianti messi nel 2003 sono messi bene? Oggi non ne metterei più 3. Non avrei messo
quello al centro.
Bisogna però selezionare il paziente perché ad esempio in un bruxista o digrignatore la storia
cambia.
Dopo un anno la paziente è in queste condizioni. Non ha problemi sistemici. L’ho sottoposta ad
una montagna di accertamenti e non ha nulla che non va. Sono andato a pulire e ripulire, ma nel
2005 ha perso un impianto e nel 2007 ne stava perdendo un altro.
L’impianti hanno una percentuale di successo importante, ma quando succedono queste cose non
si sa come uscirne. Nonostante abbiamo le migliori tecniche di rigenerazioni, di pulizie e strumenti
più tecnologici, ma quando ti prende la perimplantite non è predicibile il trattamento.

Studente: la menopausa influisce sulla tecnica implantare? Risposta: no, anche perché l’ho
sottoposta a tutti gli accertamenti e sta bene dal punto di vista ormonale, non aveva problemi di
osteoporosi. L’unica cosa era lo stress, ma chi non è stressato? Gli ho fatto prendere la vitamina D,
ma non aveva assolutamente nulla. Io metto gli impianti anche in over 80. L’età o la menopausa
non sono discriminanti.

Studente: secondo lei allora quali sono stati i fattori determinanti?


Risposta: è quello a cui voglio arrivare, non lo so! E sfido qualcuno a dirmelo! Ci sono delle
valutazioni insite del paziente che però non sono comprensibili. In quella situazione mi sono
avvalso di un immunologo per vedere se avesse qualche problema, ma non aveva nulla.

Il trattamento della perimplantite ad oggi non è ancora predicibile. Il dente ha una radice liscia, se
andiamo a cielo aperto ed andiamo a vedere, riusciamo a pulirla bene. Ma nelle maglie delle spire,
come si fa ad entrare? se è già entrato qualcosa in questa zona, non si puliranno mai. Ci puoi
mandare degli irriganti, degli spazzolini sottilissimi ma se i batteri sono arrivati all’apice è la fine.

CASO CLINICO 3

Questo è un ragazzo francese che ha preso un pugno in bocca. I dentisti francesi dicevano che il
suo dente era perso.
Che fate?

Studente: Abbiamo mobilità sui denti?


Risposta: L’11 ha una mobilità di tipo 2, e il 12 ha una mobilità di tipo 1.
Studente: io il dente fratturato (l’11) lo toglierei, il 12 ha una mobilità di 1 quindi potrebbe essere
traumatica, quindi essendo transitoria aspetterei un po’.
Qualora decidessimo di salvarlo, quali sono le discriminanti e come salvarlo?
Il vero problema è quanto supporto osseo ha e se ha una possibilità di riattaccarsi alla parte
apicale. Il dente non è più vitale, come vedete anche dal diverso colore che determina
l’inestetismo. Una delle discriminanti è l’infezione periapicale. La mobilità è evidente ed è dovuta
al trauma, ma la sfida potrebbe essere che questa zona si possa riattaccare splittando il dente e la
zona che è fratturata possa risaldarsi. Tutto questo se non ha una infezione periapicale. Però
bisogna fare una cura canalare. Fin dove la fareste voi? Fino alla frattura.

Studente: ma lei al paziente ha spiegato che era un tentativo?


Risposta: gli ho splittato il dente e lui già era un uomo felice, perché con il dente bloccato tu dai al
paziente già una chance importante. Ci sono spesso paziente che rimangono con una sorta di
maryland però del proprio dente naturale: tu blocchi la corona ai denti adiacenti, quindi non lo
sottoponi più a trauma, controlli l’occlusione e gli dici: “noi sfruttiamo il dente e facciamo il
trattamento canalare. Se poi ci rendiamo conto che questo dente a distanza di un mese, togliendo
lo split, si è risaldato, e facendo un controllo radiografico ci accorgiamo che non si sono formate
infezioni periapicali e si sta risaldando, a quel punto possiamo provare a fare qualcosa di diverso e
darti un’estetica adeguata. Il ragazzo non voleva più la recessione ed il dente nero. È bene che gli
metti le faccette perché chiaramente non si può fare uno sbiancamento interno perché poco poco
qualche materiale va a finire fuori…
Questo paziente quindi, fatto il trattamento canalare, si ritrovava solo con questa problematica
estetica. Fatte le misurazioni adeguate ho aggiunto un po’ di ciccia dicendogli che alla fine del
trattamento gli avrei messo le faccette. A questo punto, il paziente l’ho perso ma mi scrive in

continuazione.

Dalle radiografie si vede che non è cambiato


assolutamente nulla. Ma una cosa importante in realtà è
cambiata: la stabilità. Il dente non si muove più, così come
il laterale che è rimasto vitale.
Diversi anni dopo fa una foto con il suo telefono. È chiaro
che è un trattamento estremo, ma lo ho messo apposta
per far vedere come adesso è incollato il dente. Il profilo
osseo è andato a insinuarsi nella frattura, ora non ha più
splintaggio.

Prima di dire “facciamo un impianto” pensiamoci bene. Noi


conosciamo il comportamento e la predicibilità delle
nostre radici, mentre il comportamento degli impianti non
lo conosciamo bene.

Abbiamo la possibilità di mettere impianti quando c’è un


edentulismo singolo. si chiama edentulismo intercalare
plurimo quando ci troviamo davanti ad un paziente che ha da mettere impianti in mezzo a denti
vivi;
Edentulismo distale o edentulismo totale.

Abbiamo le controindicazioni:
1) La Sindrome di Pagét, nella quale cambiano tutte le conformazioni delle ossa, infatti
spesso viene il segno del cappello. Si chiama anche osteoite deformante. Anche
l’odontoiatra deve conoscere le patologie. Chi ha il morbo di Paget ha un deficit
immunitario che porta a non utilizzare la vitamina D e infatti ci sono pazienti che oltre ad
avere questa problematica hanno anche delle fratture spontanee, gli osteoclasti vengono
prodotti in quantità enormi.
2) Aspettative non realistiche: noi dobbiamo condividere con il paziente il nostro piano di
lavoro, spiegargli cosa si farà nel nostro piano di lavoro, quali saranno gli step e le nostre
aspettative. Aspettative non realistiche è se il paziente ci propone cose che non possono
essere utilizzate, tipo se il paziente ha perso grandi quantità di osso e viene in studio con la
foto di trent’anni prima dicendo che vuole quei denti, eh no! Devo dire che non lo posso
fare perché non ha più materia ossea per fare quel tipo di lavoro, salvo utilizzare tecniche
sofisticate di chirurgia rigenerativa che non è detto che poi comunque risolvano il
problema in modo definitivo.
3) Il fumo: è una controindicazione generale, ma si possono comunque mettere in pazienti
fumatori. Ovviamente dobbiamo ricordare al paziente che l’impianto ha una percentuale di
successo superiore in chi non fuma. È una buona occasione per provare a ridurre il numero
di sigarette perché si è visto che chi riesce a scendere a meno di sei al giorno ha una
probabilità di successo più alta.
4) Patologie sistemiche,
5) assunzione di farmaci che controindicano la chirurgia in generale
6) Diabete scompensato
7) radioterapia
8) chemioterapia
9) Assunzione di fosfonati. C’è una differenza per i pazienti che li assumono per l’osteoporosi
da quelli che l’assumono per malattie di Paget o perché ha dei tumori e li utilizza come
chemioterapici. Il dosaggio in questo caso è più alto, sono farmaci più aggressivi che più
facilmente possono dare fenomeni di osteonecrosi.
10) Malattie della mucosa o parodontite non controllata: se il paziente non si pulisce in modo
adeguato non lo opero. Sia che sia un intervento parodontale o implantare, se il paziente
non è pronto per essere operato non lo opero.
11) Parafunzioni
12) Apertura limitata della bocca
13) Rapporti intermascellari sfavorevoli
14) volume osseo non sufficiente o qualità ossea sfavorevole
15) igiene orale inadeguata

Valutare:
- l’apertura limitata della bocca. Quando facciamo la consulenza, magari al paziente che deve
mettere un 6° o un 7°, vediamo la TAC, le lastre e tutto, sembra un paziente fantastico, poi però
quando arriviamo al giorno dell’intervento, andiamo a fargli aprire la bocca e non entrano tutti gli
strumenti!
- Spazio inadeguato in senso mesio-distale, inteso come spazio opportuno per evitare di fare denti
troppo grandi o troppo piccoli.

L’anamnesi non può mancare. Va fatta una diagnosi, esame obiettivo, esami radiografici, esami di
laboratorio, quando indicato anche lo studio in articolatore sempre per valutare gli spazi
intermascellari (ridotti per eruzione passiva di alcuni denti per compensazione di denti estratti).

Studi abbastanza aggiornati sostengono che non c’è differenza di successo tra pazienti giovani e
pazienti meno giovani. Mentre va data enfasi a questa complicazione che è la crescita ultimata.
Questa complicazione succede se si mette un impianto a un ragazzo o ragazza che non ha ultimato
la crescita scheletrica. Quindi l’età è per la donna 21 anni, per l’uomo 22-23 anni.

Il Bruxismo è una complicazione importante ma si possono cercare delle situazioni per risolvere il
problema, ad esempio aumentare il numero di impianti, eliminare i cantilever, unire gli impianti
tra di loro (mai fare nel bruxista o nel serratore impianti singoli, se abbiamo più impianti nella
stessa arcata conviene collegarli), cercare di posizionare gli impianti in una posizione a tripode,
questo nei casi in cui si deve gestire un edentulo (evitare le soluzioni che molti, per ragioni
estetiche, bypassano l’arcata anteriore e si fermano a mettere gli impianti ai canini, tipo fanno 7-5-
3 da un lato e 7-5-3 dall’altro e fanno tutto un blocco. No! Assolutamente indispensabile mettere
impianti, per avere un effetto tripode perfetto, anche nel settore anteriore in modo che c’è una
distribuzione a triangolo del carico di masticazione.
La colonizzazione batterica, noi sappiamo che i batteri parodontopaticipossono essere presenti
anche sugli impianti inseriti. Fondamentale quindi avere il buonsenso di eliminare la malattia
parodontale. Un paziente con la parodontine non può sottoporsi a terapia impiantare! La
parodontite si cura, un volta curata si può fare quello che si vuole. Ci si può anche sentire con
l’ortodonzista nel caso in cui il pazente abbia la parodontite, un parodonto ridotto ma sano ci
consente di fare tutto, anche movimenti ortodontici.

Studente: per il discorso della stabilità, il discorso del 7-5-3 non va bene? È meglio il 6-4-2?
Risposta: si, oppure dipende da cosa vuoi fare, perché la progettazione protesica su un edentulo
può essere varia: protesi a chiavistello, toronto classica, dente a dente; quindi dipende se ha
influenza la parte implantare rispetto a quella dentale. Se ha influenza la parte dentale rispetto
all’implantare allora si, 6-4-2. se invece no, perché tutti gli impianti li colleghi con una barra e ci
metti sopra la protesi che avrà una conformazione dentale indipendente dalla posizione degli
impianti, allora a quel punto meglio addirittura metterli più ravvicinati, quasi 1.5-1.5. oggi la
protesi miglire è quella dente a dente.

Una terapia di mantenimento deve avere un ruolo fondamentale nella storia di parodontite ma
soprattutto nella perimplantite. Se noi non riusciamo a dominare la perimplantite, è una ragione in
più per tenere sotto controllo il paziente.
Studio datato di bis-fosfonato. C’è un fallimento di 5 impianti dopo 6 mesi di fosfonato per terapia
dell’osteoporosi. Pur quando avete già messo impianti che funzionano da tanto tempo, se un
paziente all’improvviso inizia a fare terapia per tumori ossei a base di fosfonati aggressivi, va detto
al paziente. Noi lo verremo a sapere perché si vede dalla TAC (almeno ogni anno si deve ripetere
l’anamnesi! All’improvviso può diventare paziente oncologico, diabetico ecc.).
Pazienti con osteoporosi sono diversi da quelli oncologici (in caso parlare con l’oncologo di
riferimento).
Paziente con tumori maligni: incidenza del 15%; pazienti con osteoporosi: incidenza dello 0.1%. C’è
una differenza abissale.

Studi 2018: sopravvivenza a 6 anni del 98% ma ricordate, non vuol dire successo. Il successo non
può dimenticarsi dell’estetica del paziente o il fatto che si cominci a perdere struttura ossea
intorno al dente. Succede che qualche paziente inizia a perdere osso intorno alle spire ogni tot.
Questo non è successo!
Molto importante anche questo: la probabilità di perdere un impianto dopo che se ne è gia perso
uno è del 30%. L’impianto si può rimettere, anche senza capire perché è stato perso. Ad un mio
paziente l’ho rimesso tre volte, spostando leggermente la posizione. L’impianto non è per sempre,
anche loro possono avere durata, se lo perdi dopo 10 anni non puoi venire da me a lamentarti.
Vieni e te lo rimetto ma questo va comunicato al momento dell’impianto. Al 7° anno o lo perdi o
dura tutta la vita.

Infezione marginale, sovraccarico biomeccanico e combinazione dei due: sono dei motivi per cui si
potrebbe perdere l’impianto. Ma perché si forma l’infezione marginale? Ricerca delle carie e
controllo dei restauri c’entrano molto nell’esame obiettivo intraorale, perché sono cause che
provocano accumulo di placca e di batteri che non fanno bene all’impianto.

Esami di laboratorio che chiedo ai pazienti di fare prima di essere sottoposti a terapia impiantare:
particolare importanza al dosaggio di vitamina D. ho trovato carenza di vitamina D anche in
ragazze, anche in uomini (di solito è più frequente più nella donna con la menopausa, poiché
spesso si ha un decremento ormonale e la diminuzione del dosaggio della vitamina D che spesso
poi devono andare a incrementare).
HCV e HBV: Per medicina legale. Si può
fare anche la HPV. L’epatite C e la B
sono due malattie completamente
differenti da un punto di vista
eziologico, la C è subdola, la B già
dall’anamnesi volendo si può avere
un’indicazione per richiederla. Quando
all’anamnesi chiedi ai pazienti se hanno
malattie solitamente esce. Soltanto che
nel caso dell’epatite C, storicamente si è
sempre affrontata di meno e sono usciti
fuori pazienti che hanno scoperto di
averla dopo il nostro trattamento.
Noi ci possiamo trovare a dover curare
anche un siero positivo. Dobbiamo
quindi essere in grado di proteggere noi
e tutto il personale con cui lavoro, per
cui io posso andare a lavorare su un
paziente che ha delle malattie
contagiose.

Poi facciamo il sondaggio trans mucoso della cresta anche se attualmente è poco in uso, io lo uso
quando non chiedo la TC negli edentulismi singoli ed in quelli intercalari dove vedo dei picchi ossei
molto ampi e dove vedo delle creste molto ampie, per cui mi avvalgo, in anestesia ovviamente, di
questo sondaggio transmucoso.

Sempre parlando di clinica, oggi l’impianto facile non esiste più. Ad oggi è difficile trovare pazienti
con montagne d’osso. Ci sono paradontologi che sono bloccati mentalmente che l’impiantologo
deve mettere gli impianti ed il paradontologo invece no. Ma la gestione dei tessuti degli
impiantologi puri non sono accettabili. Oggi non è pensabile di andare ad operare un paziente
senza avere idea di cosa va fatto dal punto di vista parodontale. Come fa l’impiantologo a fare
tutto da solo? O lavora in
un team o non è
pensabile.
CASO CLINICO 3

Quando abbiamo una


cresta così “rientrata” da
un punto di vista estetico,
chi la gestisce meglio? Se
gli lasciamo tutte queste
spire esposte, siamo più
bravi noi o l’implantologo
a gestire questo caso?
Quindi noi mettiamo
l’innesto, mettiamo una
membrana bella
chiodata, e ci
aspettiamo che al
rientro si sia passati da
una situazione di
questo tipo (foto) a una
situazione di questo
tipo (foto2).

CASO CLINICO 4

Facciamo ortodonzia per chiudere gli spazi,


per livellare poi successivamente questa
eruzione passiva. Ci si mette l’impianto, si
rigenera, si sutura. Depressione forte in
questa zona, questo è come sta adesso.
Ecco l’impiantologia. 2003 – 2005 – 2009.
Quando posso non ci penso due volte! se
quella fosse stata una radice avevo la
predicibilità di controllarla senza problemi.
L’impianto è qualcosa di genetico,
preordinato e imprevedibile; ci sono
valutazioni che non sempre siamo in grado
di fare, soprattutto la cura della
perimplantite non è così predicibile come
la cura della parodontite.
È chiaro che per avere una
estetica ottimale noi dobbiamo
posizionare un impianto con una emergenza adeguata, non possiamo pensare che se abbiamo una
corticale ossea, quell’impianto possa stare troppo fuori o troppo dentro la corticale ossea, sono
due cose che non funzionano; soprattutto per avere un’estetica adeguata e non avere situazioni di
riassorbimento osseo vestibolare, che sono le cose che temiamo di più, dobbiamo mettere
l’impianto che sia almeno all’interno di una busta ossea, che abbia una distanza dal margine
implantare al margine della cresta vestibolare almeno di 2 millimetri, se non c’è uno fa una
rigenerazione. Naturalmente sappiamo bene che nell’arcata inferiore le complicazione sono
presentate dal nervo alveolare.

Qui ci possiamo ancora difendere, perché


non è detto che una volta che abbiamo
sfondato la corticale del canale
mandibolare non è detto che abbiamo
preso il nervo; e comunque in quei casi è
sufficiente far risalire un pochino
l’impianto, se il paziente ha mancanza di
sensibilità, piuttosto che togliere
l’impianto, si può provare a farlo salire di
un giro, perché spesso la corticale
fratturata va a comprimere il nervo
alveolare inferiore. Perché in effetti la compressione
può creare questa reazione neuroma tosa. Non c’è stata una frantumazione delle fibre nervose,
semplicemente una reazione infiammatoria da stress di compressione. Facendolo sollevare il
problema si risolve.

Distinzione: quantità di osseo residuo inferiore a quanto deve essere. Il punto di domanda è: lo
mettiamo comunque l’impianto o dobbiamo fare una rigenerazione? Tutta la vita preferisco
mettere l’impianto in osso nativo, piuttosto che non metterlo su un osso rigenerato. Quindi dove
protesicamente ho la possibilità, coadiuvato da un tecnico adeguato, di mettere l’impianto
correttamente per lunghezza e al centro comunque di una cresta ossea che si, è ridotta, preferisco
ridurre il volume dell’impianto, il diametro dell’impianto, ma avere l’impianto completamente in
osso nativo.
Nella foto sono ai limiti perché nel versante vestibolare non ho i 2 millimetri, e allora qui posso
decidere di rigenerare oppure no, ma se non rigenero, poiché si tratta nel settore posteriore,
questa cosa la discuto col paziente e se il pz da l’ok di evitare ulteriori rischi, perché la tecnica di
rigenerazione fa scendere la sopravvivenza dell’impianto dal 98% del 12%, è una tecnica di
rigenerazione NON sofisticata. Una volta di usava l’hostel che sarebbe un test di risonanza che ti
dovrebbe dire se l’interfccia tra osso ed impianto è buona e se il grip di avvitamento è buono. Se
questo è, si può procedere direttamente con il carico immediato. Quindi messo l’impianto si
prende l’impronta e si fa direttamente il dente. Oggi una situazione del genere si potrebbe gestire
tranquillamente con una scansione, ci sono dei piccoli scanbody che vengono messi nell’impianto,
con una telecamera si fa la scansione e nel giro di un’ora e mezzo di mette immediatamente il
dente.

CASO CLINICO 5

Questa è una collega: dente con


infezione immensa. Aveva una corona
con un perno che gli ha rotto la corona,
ma la cosa particolare era che l’infezione
era tale che sul versante vestibolare non
c’era quasi più osso. Tecnica combinata.
Si mette l’impianto, avremo una grande
quantità di spire esposte (prediligiamo
di raccogliere dell’osso, miscelandolo
con l’osso in commercio) e creare una
zona dove non ci siano più le spire
esposte e a quel punto inseriamo anche
una membrana riassorbibile che viene bloccata con dei chiodini per cercare di avere la tenuta sia
del coagulo sia del materiale innestato. Mettiamo anche un Punch di epitelio connettivo a
copertura dell’alveolo nel post estrattivo e andiamo avanti. Ecco questi sono i vari processi al
giorno della rimozione della sutura, a distanza di 7 giorni dalla rimozione e poi ad 1 mese con
recupero sia in senso verticale che palato vestibolare. Si fa un rientro minimale, posizioniamo la
vite di guarigione (guardate quanto tessuto osseo è ricresciuto in questa zona dove c’era la
depressione) suturiamo over-coprendo la vite di guarigione e questo è il risultato a 15 giorni.
Guardate che tessuti tonici. E a questo punto possiamo protesizzare in caso clinico.

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