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«La tragica grandezza del filosofo,

il fascino e la straordinaria ricchez-


za di suggestioni di un autore capa-
ce di ripensare l'intera storia del-
l'occidente e di collocarsi, ben al di
là dell'attualità, sul terreno della
'lunga durata', tutto ciò emerge
pienamente solo se, rinunciando a
rimuovere o a trasfigurare in un
innocente gioco di metafore le sue
pagine più inquietanti o più repu-
gnanti, lo si osa guardare in faccia
per quello che realmente è, il più
grande pensatore tra i reazionari e
il più grande reazionario tra i pen-
satori».
LE ORME
..
Dornenico LOSURDO

Niemche.
Per una biogrt$h
poatica

manifesto gibrij
O 1997 manifestolibri srl
Vi Tomacelli 146 - Roma

ISBN 88-7285-124-6

Realizzazione grafica: Studio Idea


NIETZSCHE E LA CRITICA DELLA MODERN~A

1. La crisi della civiltà da Socrate alla Comune di Parigi

2. Critica della «civilizzazione» e


delegittimazione del moderno

3. Dalla negazione della coscienza storica


alla sua radicalizzazione .
4. Otium, lavoro e schiavitù

5. orale del gregge, morale dei signori e doppiezza


6. Politica ed epistemologia

7. Rivoluzione francese, «rivoluzione» socratico-


platonica e «rivoluzione» ebraico-cristiana

8. Radicalità, «inattualità» e incrinature


del progetto reazionario

9. Eterno ritorno, volontà di potenza


e annientamento dei malriusciti

10. Metafora e storia

Note

Nota bio-bibliografica
1. LA CRISI DELLA c n m . ~ ADA SOCRATE ALLA COMUNE DI PARIGI

Apparsa agli inizi del 1872, La nascita della


tragedia, che segna il debutto filosofico di Nietz-
sche, non può essere compresa senza la Comune di
Parigi e la guerra franco-prussiana che immediata-
mente precedono la sua pubblicazione. La corri-
spondenza e i frammenti del tempo chiariscono in
modo inequivocabile con quanta intensità sia stata
vissuta la nuova ondata rivoluzionaria al di là del
'Reno e quanto dolorosa e indelebile sia l'impronta
da essa lasciata. Alla notizia dell'incendio del Lou-
vre da parte degh insorti, <<fui per alcuni giorni com- ,

pletamente distrutto dai dubbi e sopraffatto dalle


lacrime: tutta l'esistenza scientifica, filosofica e arti-
stica mi apparve un'assurdità, se un solo giorno
poteva annientare le più meravigliose opere d'arte,
anzi interi periodi dell'arte»l. Successivamente, la
notizia si rivela falsa, ma ciò non modifica uno stato
d'animo, liricamente espresso da un frammento di
qualche anno dopo: «Autunno - sofferenza-stop-
pie-licnidi, asteri. Lo stesso quando giunse la notizia
del preteso incendio del Louvre - senso dell'autun-
no della civiltà. Mai un dolore più profondo»2.
Il bilancio storico-teorico della Comune di
Parigi è così formulato in un paragrafo centrale del-
la Nascita della tragedia: a causa dell'«ottirnismo»,
la civiltà va incontro ad unY«orrendadistruzione»;
la «fede nella felicità terrena di tutti» fa tremare la
società <<finnei più profondi strati», seminando lo
scontento in «una classe barbarica di schiavi», che,
sedotta da idee utopistiche, awerte ora «la sua esi-
stenza come un7ingiustizia»e esplode in rivolte
incessanti. Rispetto a tale ondata distruttiva non
può costituire una diga il cristianesimo, degradato
ormai a «religione dotta», e cioè con seguito scarso
e decrescente tra le masse popolari, e che, soprat-
tutto, risulta esso stesso contagiato dallo «spirito
ottimistico» del presente3. I1 cristianesimo «pela-
gianizzato» e dimentico del peccato originale che
pesa sull'esistenza umana è già denunciato da
Schopenhauer, cui Nietzsche, in questi anni, attri-
buisce il merito di avergli «tolto dagli occhi le ben-
de dell'ottimi~mo»~. Epperò il giovane filosofo
comincia a spingersi molto oltre su questa strada,
mettendo decisamente in discussione nel suo com-
plesso la religione dominante in Occidente, in cui,
sia pur coniugata al futuro, in una dimensione
ultraterrena, svolge un ruolo troppo importante l'i-
dea di felicità per tutti.
I1 rimedio non può essere individuato neppu-
re nella grecità, se questa continua ad essere letta
Nietzrche e la critica della modernità
alla maniera dei neo-classicisti, come sinonimo di
imperturbata e imperturbabile serenità. Tale inter-
pretazione coglie in realtà un solo aspetto, quello
apollineo, testimoniato in primo luogo dalla scultu-
ra. La tragedia e la musica ci mettono invece in pre-
senza di una diversa e più profonda dimensione.
Con le spalle al muro e costretto a rivelare una
verità che avrebbe preferito tenere nascosta, Sileno,
seguace di Dioniso lacera i luccicanti veli apollinei e
mette a nudo l'abisso dell'esistenza: «Stirpe misera-
bile ed effimera, figlio del caso e della pena, perché
mi costringi a dirti ciò che per te è vantaggiosissimo
non sentire? Il meglio è per te assolutamente irrag-
giungibile: non esser nato, non essere, essere nien-
te. Ma la cosa in secondo luogo migliore per te è
morire presto». Tale verità dionisiaca assume un'e-
spressione trasfigurata e trasognata nell'arte apolli-
nea, la quale svolge una funzione anche socialrnen-
te benefica nella misura in cui aiuta l'uomo a sop-
portare «i terrori e le atrocità dell'esistenza». Ma
dimenticare questo fondo oscuro e terribile sareb-
be come valutare i tormenti del martire cristiano a
partire dalla sua «visione estaticad. L'intensità tra-
gica e dionisiaca del mondo greco trova una sua
potente espressione nel Prometeo di Eschilo che,
distruggendo la visione del progresso propria di
«un'umanità ingenua», mette in evidenza «l'intero
flusso di dolori e affanni» che già comporta l'inven-
9
LOSURDO
DOMENICO -
zione del fuoco6. Il significato politico di tale mito
viene ulteriormente precisato in un testo coevo alla
Nascita della tragedia; «L'awoltoio che divora il
fegato al fautore prometeico della civiltà» proclama
una volta per sempre una verità, che pure «suona
crudele»: «la schiavitu rientra nell'essenza stessa
della Folle si rivela allora la pretesa della
felicità terrena per tutti che sempre più caratterizza
il mondo moderno.
Epperò, la celebrazione acriticamente illumi-
nistica e progressistica di Prometeo e l'oblio del-
l'awoltoio (e di Sileno) sono già iniziati in terra gre-
ca. «L'uomo dionisiaco» sa che non è possibile
«mutare nulla nell'essenza eterna delle cose», com-
prende che «ridicolo o infame» è ogni sogno di
palingenesi sociale e politica, la pretesa di rimettere
«in sesto il mondo che è fuori dei cardini»8.Ma con
Socrate vediamo «l'uomo teoretico~~ e l'«ottimista
teorico» sviluppare la sua «fede nell'attingibilità
della natura delle cose»1° e pretendere di «correg-
gere l'esistenza»". Non c'è più posto per l'arte e la
tragedia, che anch'essa comincia, con Euripide, a
divenire raziocinante. Alla grecità tragica e dioni-
siaca subentra ora quella alessandrina, la quale
riposa su un'insanabile e rovinosa contraddizione:
come ogni civiltà, «ha bisogno, per poter esistere
durevolmente, di una classe di schiavi; ma essa, nel-
la sua concezione ottimistica dell'esistenza, nega la
1o
Nietuche e la d i c a della modernità
necessità di una tale classe» e proclama invece la
"dignità dell'uomo" e la "dignità del lavoro"'*, get-
tando così le premesse per l'incessante e rovinoso
ciclb rivoluzionario, per le successive ondate di
rivolte servili, che dilaniano la Francia e l'Europa.
Bisogna dunque vedere in Socrate (e nel suo pen-
dant letterario che è Euripide) «il punto decisivo e
il vertice della cosiddetta storia u n i ~ e r s a l e » ~ .
Comincia ora a divenire chiaro il significato della
Nascita della tragedia. Avrebbe potuto tranquilla-
mente portare come titolo o sottotitolo: La mz'sidel-
la civiltà da Somate alla Comune di Parigi. Si tratta
cioè di un testo al cui centro è la Kulturkritik, una
tradizione di pensiero profondamente radicata in
Germania e che con Nietzsche conosce un'estrema
radicalizzazione. La resa dei conti con l'«irrequieto
e barbarico trambusto e turbinio che si chiama ora
"il presente"»14deve iniziare dal filosofo greco che
incarna l'ottimismo e la cui influenza si è «allargata
sulla posterità fino a questo momento, anzi per
ogni avvenire, simile ad un'ombra che diventa sem-
pre più grande nel sole della sera»15.
Conviene subito osservare che la Kulturkntik
di Nietzsche non ha nulla dell'abbandono nostalgi-
co e inerte. Non solo è battagliera ma, in questo
momento, guarda fiduciosa alla possibilità di radi-
cale trasformazione del presente. È un aspetto sot-
tolineato con forza e con autorevolezza, dati i rap-
DOMENICO
LOSURDO
porti di stretta amicizia col filosofo, da ENNi Roh-
de, che, nel recensire La nascita della tragedia,
dichiara: «L'autore invita tutti quelli che vivono nel-
la diaspora, tristi e memori dei tempi passati, a rin-
novata speranza»16.E qui diviene evidente l'influen-
za esercitata dall'altro grande avvenimento politico
del tempo su un'opera maturata - osserva la Prefa-
zione - «fra i terrori e le grandezze della guerra
appena scoppiata»17,quella guerra cui non a caso il
filosofo ritiene di dover partecipare come volonta-
rio nelle file dell'esercito prussiano, abbandonando
momentaneamente l'insegnamento universitario
impartito nella neutrale città svizzera di Basilea.
Assieme alla sconfitta della Francia, «i cannoni della
batta& di Worth», sotto il cui tuono inizia ad esse-
re scritta La nascita della tragedia1*,segnano la liqui-
dazione della modernità al tempo stesso banausica e
rovinosa iniziata con Socrate e annunciano «l'immi-
nente rinascita dell'antichità», «la rinascita tedesca
del mondo ellenico»19.La grecità tragica non è mor-
ta del tutto. Essa può conoscere una nuova giovi-
nezza. Lo dimostra la musica di quella sorta di
novello Eschilo che è Wagner, il quale mette fine al
predominio esercitato dall'opera maturata tra i
popoli latini e intrecciata coi «movimenti
sociahstici», in quanto essa stessa riposante sull'as-
surdo presupposto dell'«uomo buono primitivo»,
dei suoi «diritti» e delle sue «prospettive paradisia-
12
Nietrsche e la cri~icadella modernità
che», realizzabili una volta che sia stato portato a
termine il mutamento delle istituzioni20. Ma lo
dimostrano anche Schopenhauer, «il filosofo di una
ridesta classicità, di una grecità germanica [...l, di
una Germania rigenerata»21e Kant, il quale ultimo,
evidenziando i limiti e conflitti della ragione, si rive-
la anche lui del tutto estraneo alla superficialità
razionalistica e ottimistica. In questa medesima
chiave viene letto L ~ t e r ocritico
~ ~ , implacabile di
una ragione e di una visione del mondo armonicisti-
ca e quindi risuonante di motivi o di echi dimisiaci.
Anche al di fuori dell'ambito propriamente
culturale, il vittorioso esercito tedesco ha rivelato
l'«antica salute germanicax «Su tale base è possi-
bile edificare: possiamo di nuovo sperare! La
nostra missione tedesca non è ancora finita! Mi
sento più animoso che mai, perché non tutto è
rovinato sotto il livellamento e l'"eleganza" france-
se-ebraica, né sotto l'avido affaccendarsi della vita
d i "oggigiorno"». È vero, come ha rivelato la
Comune di Parigi, «la nostra vita moderna, anzi
tutta la vecchia Europa cristiana e il suo Stato, ma
soprattutto la "civilizzazione" (Civilisation)latina
ora dappertutto imperante, rivela il male incredibi-
le da cui è afflitto il nostro mondo»23;ma già emer-
gono e forse sono all'opera le forze capaci di con-
trastare tutto ciò. I1 contrasto tra banausicità otti-
mistica da una parte e spirito' dionisiaco dall'altra,
13
' tra alessandrinismo e visione tragica della vita, si
configura in questo momento come contrasto tra
Francia e Germania. I1 paese dell'illuminismo e
della rivoluzione è anche3 luogo della Civilisation.
In contrapposizione a tutto ciò un inno scioglie La
nascita della tragedia all'cessenza tedesca» (deut-
sches Wesen), owero al «nocciolo puro e forte del-
l'essenza tedesca», al «nocciolo nobile del caratte-
re del nostro popolo»: in Germania, «civilizzazio-
ne» e modernità sono solo un fenomeno passegge-
ro e superficiale che mal copre l'intima «attitudine
dionisiaca di un popolo» e di cui è possibile sba-
razzarsi una volta per sempre con l'«espulsione
dell'elemento neo latino^^^. Si tratta di un processo
già iniziato con le guerre antinapoleoniche, ulte-
riormente sviluppatosi con la nuova e decisiva vit-
toria riportata sulla Francia e che ora è chiamato a
spazzar via definitivamente «la visione del mondo
liberale-ottimistica», la quale affonda le sue radici
nelle dottrine dell'illuminismo francese e della
rivoluzione, e cioè in una filosofia piatta e anti-
metafisica, del tutto anti-germanica e autentica-
mente romanica»25.E, dunque, nella «lotta contro
la civilizzazione» (Civilisation) e la modernità alla
Germania «rivolta alla civiltà» (Kultur) ed erede
della Grecia tragica spetta una missione: lo «spirito
tedesco» è in qualche modo il «salvatore», la «forza
redentri~e»*~.
Nietzsche e h critica della modernità
In questo momento, nel pantheon degh autori
chiamati a ridar vita alla grecità tragica in terra tede-
sca non può essere assunto Goethe, investito in una
certa misura dalla polemica contro l'immagine sere-
na e puramente apollinea di quella splendida stagio-
ne storica: neppure lui è riuscito a «forzare la porta
stregata che conduce alla montagna incantata elleni-
ca», a «penetrare nel nocciolo della natura ellenica e
a stabilire una durevole lega amorosa fra la cultura
tedesca e la cultura greca»27.Decisamente escluso
dal novero dei numi tutelari della lotta contro la
«frivola divinizzazione del presente»28iHegel: il
confronto con la sua filosofia, letta e denunciata
come la legittimazione della modernità, è al centro
delle Considerazioni inattuali pubblicate tra il 1873
e il 1876.
2. CIUTICA DELLA <<CIVILIZZAZIONE>>E DELEGITSIMAZIONE DEL
MODERNO

I1 filosofo secondo cui ognuno è «figlio del


proprio tempo»29non può non essere il bersaglio
principale di Nietzsche che, nella sua denuncia della
barbarie del presente, cerca interlocutori solo in
«coloro che non si sentono cittadini del proprio
tempo»30.Con la sua «cultura conforme al tempo»,
tutta all'insegna dell'«utilità» e del «guadagno» e
tesa a conseguire un'«estensione» senza precedenti
in modo da avere «il maggior numero possibile di
impiegati intelligenti» e di rispondere alla crescente
burocratizzazione e massificazione della società,
con la sua celebrazione dello Stato e delle istituzioni
politiche, che omologando e livellando, nessun
posto lasciano al «genio», con tutti questi motivi
Hegel esprime la modernità persino nel suo compi-
mento ultimo e più ripugnante. Cancellando o met-
tendo in crisi la distinzione tra schiavi e signori, la
diffusione della «cultura generale» è il presupposto
del «comunismo»31e stimola comunque l'avvento
di una società che è solo, per fare ricorso al linguag-
gio usato più tardi, «brulichio di formiche» e
«intruglio plebeo»32.Hegel, peraltro, non si limita
ad esprimere il presente; pretende anche di legitti-
marlo sul piano della filosofia della storia mediante
la tesi della razionalità del reale. In tal modo, invi-
tando a inchinarsi dinanzi al fatto compiuto e disto-
gliendo quindi la Germania dal compito di ripropo-
sizione della grecità tragica, egli sviluppa un'in-
fluenza sommamente anti-educativa e corruttrice
tra la gioventù tedesca. L'educatore per eccellenza è
invece Schopenhauer, coerentemente impegnato
nella denuncia della sua epoca, «quella falsa, vana, e
indegna madre>?.
Oltre che nel filosofo particolarmente caro
all'autore delle Considerazioni inattuali, il disagio
per la modernità e lo sgomento dinanzi d o spettro
16
Nietzsche e la critica della modernità
dello Stato-alveare o formicaio sono ben presenti,
sia pure con intensità e modalità diverse, in larghi
settori della cultura europea del tempo. Si pensi in
primo luogo a Burckhardt, collega più anziano di
Nietzsche all'università di Basilea, e impegnato
anche lui a denunciare il crescente involgarimento
del mondo. Sono gli anni in cui «predominio della
mediocrità», affogamento degli individui «nella fol-
la» e crescente prevaricazione delle «tendenze» e
degli «istinti d d e masse» sono oggetto dell'accora-
ta lamentazione di John Stuart Mili, il quale a tutto
ciò contrappone l'«uomo forte e di cui va
riconosciuta «la libertà di indicare la via» alla comu-
ne umanità. Sono gli anni in cui Tocquede esprime
l'angoscia per il profilarsi di una «società livellata»,
costituita «di api e di castori», nel cui ambito, spen-
tisi «splendore» e «gloria», di pari passo con l'esten-
dersi della «civilizzazione» e il prevalere degli inte-
ressi meramente materiali procede il dileguare o l'e-
marginazione degli «uomini eminenti» e dei «gran-
di geni»34.In questo medesimo Jima spirituale pos-
siamo collocare Nietzsche, il quale, con enfasi tutta
particolare, allo spettacolo ripugnante del presente
contrappone la «metafisica del genio» e la denuncia
di ogni &ione della storia che «democratizzai dirit-
ti del genio»35.
E, dunque, ciò che caratterizza il giovane filo-
sofo non è il tema bensì, in primo luogo, la radicalità
con cui esso è sviluppato. Intanto, la modernità vien
fatta iniziare con Socrate. Soprattutto, se negli auto-
ri liberali precedentemente citati è ben chiara la
consapevolezza dell'irreversibilità del processo sto-
rico (che si tratta semmai di contenere o incanalare
verso esiti più favorevoli o meno catastrofici), in
Nietzsche, invece, è messo in discussione anche tale
presupposto. Riconoscere e legittimare la presunta
«potenza della storia» significa inchinarsi «in guisa
cinesamente meccanica [...l a ogni potenza, sia poi
questa un governo o un'opinione pubblica o una
maggioranza numerica^'^. E particolarmente signi-
ficativo l'avverbio usato, chinesenhaft; negli anni
successivi i cinesi diventeranno il simbolo dell'ope-
raio umile, servizievole e servile, del nuovo tipo di
schiavo di cui i signori hanno bisogno. La tesi della
razionalità del reale e del processo storico rappre-
senta il medesimo culto della maggioranza nwneri-
ca che si esprime nella democrazia e nella crescente
presenza e pressione delle masse e dei servi. Questi
ultimi, che fanno già sentire il loro peso quantitativo
sul piano più propriamente politico, finiscono con
l'ottenere un prezioso e inaccettabile riconoscimen-
to anche sul piano della filosofia della storia, grazie
ad una visione che esclude in anticipo qualsiasi pre-
tesa di recedere al di qua dei risultati del mondo
. moderno.
Per conferire credibilità ad un progetto così
18
N i e t d e e la critica della modernità
ambizioso qual è quello di Nietzsche, non basta la
denuncia dell'intrinseca natura «servile» degli
aapologeti della storia»37,e del carattere irrimedia-
bilmente «filisteo», cioè banausico e plebeo, della
ragione cui essi si richiamano. È necessario mettere
in qualche modo in crisi e decostruire le categorie
di storia e di ragione. Già La nascita della tragedia
alla «cosiddetta storia universale»38e all'«enorme
bisogno storico della cultura moderna» contrappo-
ne il mito senza il quale «ogni civiltà perde la sua
sana e creativa forza di naturad9. «Sull'utilità e il
danno della storia» s'interroga poi la I1 Inattuale
che, dopo aver denunciato con parole di fuoco
l'«eccesso di storia»40e «la religione della potenza
storiografica~~l, propone «l'antistorico e il sovra-
storico» come «rimedi naturali al soffocamento
della vita da parte della storian4*.Contro la «malat-
tia storica»43,anzi contro la «cultura storica» in
quanto tale, questa «specie di innata c a n i z i e ~col-
~~
pevole di distruggere il mito e di paralizzare ogni
energia creativa, Nietzsche agita ancora una volta il
modello impareggiabile della Grecia tragica: «Là
troviamo anche la realtà di una cultura essenzial-
mente antistorica e di una cultura nonostante ciò o
piuttosto a causa di ciò indicibilmente piena e ricca
di vita»45.
Accanto alla contrapposizione del mito a
ragione e storia, emergono ora motivi nuovi e più
interessanti. La tesi della razionalità del reale e del
processo storico viene contestata in nome anche
della «morale», la quale esige che si nuoti «contro le
onde della storia» e della modernità: «che i molti
vivano e che quei pochi [geni] non vivano più, non
è nient'altro che una brutale verità, ossia un'irrime-
diabile stupidaggine, un goffo "è proprio così", di
contro d'imperativo morale "non dovrebbe essere
cosi". Sì, di contro alla morale!»46. Ma la novità più
importante è un'altra. La II Inattuale intanto fa
notare che ci sono modi tra loro assai diversi di rico-
struire lo svolgimento della storia, ma, soprattutto
osserva che «l'origine della cultura storica [...l deve
essere essa stessa riconosciuta storica mente^^^. Per
esprimerci in termini logici, Nietzsche fa ricorso
all'argomento autori£l&sivo per confutare o mettere
in crisi la coscienza storica di cui si alimenta e mena
vanto la modernità.
3. DALLA NEGAZIONE DELLA COSCIENZA STORICA ALLA SUA
RADICALEZAZIONE

Non ci si può più limitare a contrapporre il


mito alla mediocrità massificata del presente.anche
per il fatto che è ormai caduta in crisi la piattaforma
politico-ideologica della Nascita della tragedia. I1
quadro storico è sensibilmente mutato. Dileguato è
per il momento il pericolo di un dilagare al di fuori
Nietz.de e la critica della modernità
della Francia della Comune di Parigi e della «classe
barbarica di schiavi»: la Terza Repubblica si è con-
solidata. Semmai, una preoccupazione nuova si
affaccia all'orizzonte: «Come i Greci infierirono sul
sangue greco, così oggi gli Europei infieriscono sul
sangue europeo»48.Da questo frammento di Uma-
no, troppo umano (1878-9) emerge con chiarezza
che ad essere paragonata alla Grecia è ora l'Europa,
di cui conviene preservare l'unità. Non bisogna per-
dere di vista il fatto che, pur volontario nel corso del
conflitto con la Francia, Nietzsche esprime subito il
suo disappunto per l'«attuale guerritedesca di con-
quista», appena cominciano a delinearsi i piani
d'annessione dell'Alsazia-L~rena~~. L'iniziale ade-
sione del filosofo alla politica di Bismarck neppure
per un momento è motivata da passione sciovinisti-
ca. E, comunque, subito dopo il trauma della
Comune di Parigi, una lettera ad un amico osserva
che «al di là della lotta fra le nazioni, ci ha atterrito
quella testa dell'idra internazionale che improvvisa-
mente si è sollevata con tanta mostruosità ad annun-
ciare ben altre lotte future»50.In tale prospettiva,
non può che risultare rovinosa la gallofobia dei
nazional-liberali tedeschi che, minacciando di far
riesplodere il conflitto coi vicini d'oltrereno e di
dissanguare in lotte fratricide l'Europa e quel che
resta di aristocrazia e classi dirigenti, rischia di
aggravare di nuovo il perikolo rivolizionario.
21
DOMENICO,
LOS
m
Per un altro verso, amara è la delusione del
filosofo per il fatto che non si sia realizzata nessuna
delle speranze di rigenerazione suscitate dall'awen-
to del Secondo Reich. Incentrata com'è, o come
appare, su un Reichstag eletto a suffragio universale
(maschile), la Germania non costituisce un'dterna-
tiva alla modernità né sul piano politico né su quello
economico. Anzi, proprio qui lo sviluppo capitali-
stico si presenta con una carica particolare di volga-
rità e di affanno. Per di più, essa si è messa all'avan-
guardia in tema di obbligo scolastico e di diffusione
dell'istruzione, agli occhi del filosofo sinonimo,
come sappiamo, di «comunismo». Il presunto pae-
se-baluardo della lotta contro la rivoluzione è in
realtà quello in cui più forti si presentano l'organiz-
zazione sindacale e il movimento femminista, e più
radicata e capillare la presenza del partito operaio.
Sono gli anni in cui Engels formula la tesi secondo
cui la funzione d'avanguardia rivoluzionaria svolta
dalla Francia sino alla Comune di Parigi tocca ora
alla Germanias1. A questa sorta di covo di idee
moderne e sowersive Nietzsche comincia a guarda-
re con un disprezzo e un odio tanto più profondi
quanto più esaltate erano le speranze in precedenza
riposte nella missione della nuova Grecia.
Non è più possibile continuare a leggere il
confiitto Francia-Germania come antitesi tra civi-
lizzazione e autentica civiltà owero tra modernità e
22
Nietz.de e la critica della modernità
auspicata rigenerazione «tragica». Contro ogni gal-
lofobia e contro la pretesa di contrapporre tradizio-
ni nazionali ridotte a stereotipi senza rapporti reci-
proci, Umano, troppo umano sottolinea la profonda
influenza di Rousseau su Kant, Schiller e Beetho-
ven. Non ha senso il tentativo dei nazional-liberali
di considerare estraneo alla storia della Germania il
morbo rivoluzionario. Anzi, man mano che si radi-
calizza la critica del cristianesimo come movimento
plebeo e sowersivo, essa non può non investire in
particolare il paese di Lutero, della Riforma e della
guerra dei contadini. Ora risulta più'evidente che
mai l'inconciliabilità del richiamo della Nascita della
tragedia al tempo stesso a Dioniso e al teorico della
negazione della volontà di vivere (Schopenhauer),
d'antichità classica e a Lutero, l'intrinseca contrad-
dittorietà dell'irnmagine di una Germania erede al
tempo stesso della grecità tragica e della Riforma.
Alla parabola rovinosa della modernità dev'essere
contrapposta una ben diversa tradizione culturale
che, sempre prendendo le mosse dalla grande sta-
gione ellenica, include ora il Rinascimento (nell'am-
bito del quale l'antichità classica sembra rivivere) e
non esclude neppure l'illuminismo.
Bisogna però subito dire che quest'ultima cor-
rente di pensiero, ben lungi dall'essere letta come la
preparazione ideologica della rivoluzione francese,
viene a questa decisamente contrapposta: si tratta di
liberare e «purificare» l'ill&inismo dalla sua inna-
turale «mes~olanza»col «grande movimento rivolu-
zionari~»~*. Con la sua «natura moderata», Voltaire
è il grande antagonista di Rousseau e dello «spirito
ottimistico della Rivoluzione» contro il quale biso-
gna continuare a gridare: «Ecrasez l'infime! »53.
Tale parola d'ordine può ben essere utilizzata nella
lotta sia contro il cristianesimo che contro il sociali-
smo, entrambi caratterizzati da una fede supersti-
ziosa, da un fanatismo morale e missionario, contro
cui può ben fungere da antidoto l'illuminismo, il
quale ulthno si fa beffe anche della bigotteria teuto-
mane e luterana dei nazional-liberali tedeschi. È
questo il filo conduttore di Umano, troppo umano,
Aurora (1881) e La gaia scienza (1882))le opere del
periodo impropriamente chiamato illuministico.
Incolmabile è ormai la distanza rispetto a Wagner;
assai remoto appare anche Schopenhauer, nella cui
negazione della volontà di vivere continuano ad
echeggiare «l'intera concezione del mondo e il sen-
timento dell'uomo medievali e cristiani»54.
Tutto ciò comporta un nuovo atteggiamento
nei confronti della storia e dell'indagine storica.
Abbiamo visto La nascita della tragedia evocare il
terribile pericolo rappresentato per la civiltà da una
«classe barbarica di schiavi» che avverte la sua con-
dizione come un7«ingiustizia».Le opere del perio-
do «iUuministico» si propongono di relativizzare e
24
Nietz.de e la critica della modernità
rendere «oggetto di sospetto» per l'appunto i «sen-
timenti superiori» cui fa appello l'eversione ple-
bea55.A tal fine, prezioso può risultare il contributo
di Montaigne e dei grandi moralisti francesi, i quali
hanno il merito di mettere a nudo il lato oscuro del-
la natura umana e di confutare la tesi cara a Rous-
seau e ai rivoluzionari della bontà originaria del-
l'uomo. Ma decisiva risulta l'indagine storica. Ora
la modernità non è più da Nietzsche condannata
come sinonimo di superfetazione storica; le parti
sembrano persino rovesciarsi. Abbandonati i pre-
cedenti discorsi relativi al «danno della storia»,
Umano, troppo umano addita la «mancanza di sen-
so storico» come «il difetto ereditario» dei filosofi e
intellettuali del tempo: «Non vogliono capire che
l'uomo è divenuto e che anche la facoltà di cono-
scere è divenuta [...] Tutto è divenuto; non ci sono
fatti eterniP. Intrecciandosi con l'indagine psico-
logica, la coscienza storica è chiamata a investire il
lato più intimo della natura umana, quello dove si
annidano i «sentimenti nobili» cui fanno appello gli
schiavi in rivolta e i sentimenti ignobili che essi rim-
proverano ai loro nemici. Si tratta dunque di rico-
struire la genesi e lo sviluppo «dell'amore; della
cupidigia, dell'invidia, della coscienza, della pietà,
della crudeltà~~'. Ne risulta non solo un recupero
ma un'ulteriore radicalizzazione della coscienza
storica che ora investe temi ed emozioni fino a quel
25
momento immersi in un'aura di irnmota eternità. È
bene, tuttavia, non perdere di vista il centro di tale
indagine: essa mira «a sondare e a scalzare un'anti-
ca fiducia, sulla quale noi filosofi, da un paio di rnil-
lenni, eravamo soliti edificare come sul più sicuro
fondamento [...l, la nostra fiducia nella morale»58,
quella morale sempre più nettamente individuata
come la piattaforma ideologica dell'eversi~ne
moderna. A questo punto, non può non subire un
profondo mutamento il giudizio precedentemente
espressp su Kant: l'autore della Critica della ragion
pratica rinvia ora anche lui ad un Medioevo che si
tratta di liquidare.
Ben lungi dal comportare una conciliazione
con la modernità, la svolta «illuministica» e «storici-
stica» si propone di conferire un fondamento più
rigoroso alla sua delegittimazione. Abbiamo appena
visto che si tratta di rimettere in discussione «un
paio di millenni di storia». Già la II Inattuale si chie-
de: <<Checosa possono mai significare un paio di
millenni (o in altri termini, il tratto di tempo di 34
vite umane successive, calcolate in 60 anni ciascu-
na), perché sia possibile parlare all'inizio di un tale
tempo ancora di "gioventù" e alla fine di "vecchiaia
dell'~rnanità"?»~~ Nel tentativo di strappare qual-
siasi legittimità morale e di filosofia della storia alla
parabola rovinosa iniziata con Socrate, l'indagine
storica di Nietzsche comincia ad assumere la carat-
Nietzsche e la critica della modernità
teristica della «lunga durata» che conserverà sin
all'ultimo. La radicahtà del progetto controrivolu-
zionario comporta un radicale rimpicciohento del
tempo storico trascorso, breve istante di una vicen-
da che, nei suoi tempi lunghissimi o smisurati, appa-
re ancora tutta da scrivere.

4. OTiWM, LAVORO E sCI-IIAVITÙ

Non è dunque una fatalità dinanzi alla quale


inchinarsi il mondo moderno, marchiato dalla
mancanza di otium e quindi di auientica cultura.
Quando, ironizzando sulla nuova «dignità» attri-
buita al lavoro, insiste sul fatto che in ogni civiltà
sana esso è sinonimo di volgarità e di infamia,
Nietzsche può richiamarsi ad una tradizione che
continua in qualche modo ad essere vitale ben al di
là dell'antichità classica. Basti pensare a Grozio, il
quale sussume il lavoro in quanto tale sotto la cate-
goria di seruitus, limitandosi poi a distinguere tra
seruitus pe~ecta(la schiavitù propriamente detta) e
servitus imperfetta (propria sia dei servi della gleba
sia dei mevcenavii o al aria ti)^^. Ancora nell'ambito
del primo liberalismo, la separazione dal lavoro
continua a lungo a definire la libertà e l'esistenza
umana nella sua pienezza: per questo solo i benefi-
ciari dell'otium sono chiamati a godere dei diritti
politici. Anche la polemica di Nietzsche contro la
diffusione dell'istruzione («Se si vogliono degli
schiavi - e di essi si ha bisogno - non si devono
educare come padroni»)61ha dei precedenti tutt'al-
tro che remoti: è in termini analoghi che ~ h d e v i l -
. le condanna i progetti di impartGe l'istruzione alla
«parte più meschina e povera della nazione», desti-
nata per sempre a svolgere un «lavoro sporco e
simile a quello dello schiavo»62.Eppsrò, il liberali-
smo fa i conti con gli sviluppi della società indu-
striale e con l'irrequietezza e il peso crescente delG
masse nella vita politica. Dopo il '48, vediamo Gui-
zot formulare la tesi secondo cui «la gloria della
civilizzazione moderna consiste nell'aver compreso
e messo in luce il valore morale e l'importanza
sociale del lavoro», che ormai <<èdappertutto in
questo mondo>>63. Una visione simile a quella già
vista nell'autore e statista francese si diffonde anche
in Germania, e, con riferimento al messaggio impe-
riale indirizzato il 17 novembre 1881 da Guglielrno
I al Reichstag, La gaia scienza ironizza: «L; regale
cortesia dell'espressione "siamo tutti lavoratori"
sarebbe stata, anche sotto Luigi XIV,un cinismo e
un'indecenza». E la medesima opera ribadisce la
validità del modello greco e antico: «Un uomo di
buoni natali nascondeva il suo lavoro quando le
necessità lo costringevano a lavorare. Lo schiavo
lavorava oppresso dal sentimento di fare qualcosa
di spregevole. "La nobiltà e l'onore sono soltanto
Nietz.de e la critica della modernità
nell'otium e nel bellum", così suonava la voce del-
l'antico pregiudizio»64.
Nietzsche respinge con sdegno gli sviluppi
della società industriale e del liberahsmo. Un testo
coevo d a Nascita della tragedia accusa i liberali di
accodarsi a socialisti e comunisti nell'odio
dell'aantichità classica», fondata sul franco ricono-
scimento della necessità di affidare il lavoro ad una
classe di schiavi, la cui terribile condizione rende
«possibile a un ristretto numero di uomini olimpici
la produzione del mondo del17arte» della civiltàb5.
La civiltà è da paragonare ad «un vincitore gron-
dante sangue, che nella sua marcia trionfale trasci-
na come schiavi i vinti al suo carro», i quali ultimi,
in condizioni normali, risultano accecati da «una
forza benefica» che impedisce loro di prendere
coscienza delle catene che li tengono avvintibb.Si
comprende che, per un autore così fascinoso, gli
interpreti siano propensi a considerare tale tema
una semplice metafora. È bene allora precisare il
quadro storico in cui si collocano la vita e la rifles-
sione di Nietzsche. La sua giovinezza cade nel mez-
zo della guerra di Secessione: siamo portati a pen-
sare a quel che Tocqueville riferisce a proposito
della situazione del Sud degli Usa, dove pene seve-
re proibiscono di insegnare agli schiavi a leggere e
scrivere e dove il valore tenuto in maggior conside-
razione dai padroni bianchi è l'otium, mentre «il
29
DOMENIO
LOSURDO
lavoro si confonde con l'idea di schiavitù»67.Ne&
anni successivi, alla cancellazione della schiavitù
nella repubblica nord-americana corrisponde la
cancellazione della servitù della gleba in Russia, ma
forme di servaggio o semiservaggio persistono nei
due paesi. L'Inghilterra, che nel 1833 ha abolito la
schiavitù nelle sue colonie, procede poi, negli anni
'70 e '80, al blocco navale delle coste dell'tifrica
orientale per impedire la persistente tratta dei neri
in direzione soprattutto del Brasile che abolisce la
schiavitù, e il relativo commercio degli schiavi, solo
nel 1888, l'anno in cui ormai volge al termine la vita
cosciente del filosofo. Infine, è da tener presente
che, mentre giustificano la loro espansione in nome
dell'abolizione della schiavitù nelle colonie, le gran-
di potenze sottopongono gli «indigeni» a rapporti
di lavoro servili.
Non mancano nell'opera di Nietzsche gli echi
diretti di tale vicenda storica. Un frammento accen-
na sprezzantemente a Beecher-Stowe, l'autrice della
Capanna dello zio Tom, il celebre romanzo abolizio-
nista che tanta eco ha in Europa e nella stessa Ger-
mania68. Umano troppo umano osserva che tutti
desiderano l'«abolizione della schiavitù»; eppure
bisogna ammettere che «gli schiavi sotto ogni ri-
guardo vivono più sicuri e più felici del moderno
operaio e il lavoro degli schiavi è ben poca cosa
rispetto a quello dell'operaio~~~. Di nuovo, siamo
30
Nietz.de e la d i c a della modernità
rinviati alla guerra di Secessione e all'aspro dibattito
che la precede e accompagna: a insistere sul fatto
che la condizione degli operai liberi non è migliore
di quella degli schiavi, a contrapporre la schiavitù
salariata, descritta con implacabile durezza di toni,
alla schiavitù vera e per lo più mistificato-
riamente immersa in un'ovattata atmosfera patriar-
cale, ad agitare tale argomento sono i difensori della
schiavitù nera, i quali spesso amano richiamarsi alla
splendida fiorituia delL Grecia antica, impensabile
senza la presenza di quel benefico istituto, tanto
odioso agh occhi degh abolizionisti.
La giustificazione della schiavitù continua ad
esser un punto fermo anche nel periodo «illumini-
stico~.La gaia scienza non lascia dubbi in proposito:
«Laddove si esercita un dominio, esistono masse:
laddove esistono masse, ivi c'è un bisogno di schia-
vitù». Certo, la guerra di Secessione è ormai alle
spalle, e Nietzsche ben si rende conto della diffi-
coltà o impossibilità di reintrodurre in Occidente la
schiavitù propriamente detta. Questa presuppone
una distanza radicale tra signori e servi, i quali ulti-
mi devono sentire i primi come una «razza superio-
re»; disgraziatamente, il mondo moderno e «la
famigerata volgarità degli industriali dalle mani
grassocce» operano una rovinosa omologazione.
Non resta allora che ricorrere all'introduzione di
una «nuova schiavitù», di un «nuovo tipo di rap-
porto schia~istico»~~. Due sono le possibili strade: o
sono cinesi (questo popolo caratterizzato dalla
«maniera di vivere e pensare che si conviene a labo-
riose formiche»71)e altre «popolazioni barbariche
asiatiche ed africane» a dover costituire, in seguito a
colonizzazione o immigrazione, la forza-lavoro ser-
vile dell'Europa e del mondo civile, oppure ci si
dovrà proporre di fare della classe operaia europea
qualcosa di «tipo cinese»72.
Siamo così poco in presenza di una semplice
metafora che suggestioni analoghe a quelle appena
viste le ritroviamo in Renan, secondo il quale la
«razza conquistatrice», la «nobile» europea «razza
di padroni e di soldati» è chiamata a impegnare nei
lavori più duri e negli «ergastoli» o la «razza della
terra» costituita dai neri owero la «razza di operai
(la razza cinese)» per «natura» dotata «di una mera-
vigliosa destrezza di mani e quasi del tutto priva del
sentimento d e l l ' ~ n o r e » Sono
~ ~ . gli anni in cui, per
fare un esempio, le compagnie americane procedo-
no alla costruzione della impervia linea ferroviaria
destinata a consolidare la conquista del Far West
mediante l'importazione dalla Cina di 10,000 coo-
lies. La guerra di Secessione è terminata: per dirla
con Engels, si cerca di surrogare la schiavitù nera
formalmente abolita con la «schiavitù camuffata dei
coolies indiani e cinesi»74.
Fino all'ultirno, Nietzsche continua a insistere
Niet.z.de e la critica della modernità
sul fatto che la civiltà presuppone l'otium da un lato
e la schiavitù in una qualche forma dall'altro. Con
riferimento al ruolo della Gran Bretagna nella cam-
pagna abolizionista, dichiara che ad opporsi al «fat-
to» indiscutibile della «schiavitù» e della sua neces-
sità è la maledetta ipocrisia, il «maledetto cant ingle-
se-europeo>>75.

5 . MORALE DEL GREGGE, MORALE DEI SIGNORI E <<DOPPIEZZA>>

Abbozzata nel periodo «illuministico»,l'inda-


gine storica sull'origine dei «sentimeriti nobili» cui
fanno appello le rivolte servili trova la sua più com-
piuta formulazione in Al di là del bene e del male
(1886)e in Genealogza della morale (1887).Ben lun-
gi dall'essere animati dai sentimenti di giustizia che
esibiscono, gli schiavi sono in realtà mossi da invi-
dia, ressentiment, rancore, spirito di vendetta. Una
terribile carica di violenza è presente già nella rivo-
luzione cristiana che, a dispetto della mite parvenza
delle prediche evangeliche, minaccia terribili pene
per l'eternità a tutti i suoi avversari; e tale carica di
violenza diviene poi mondanamente esplicita nelle
successive ondate di rivolta s e d e . Certo, violenza
viene esercitata o minacciata da entrambe le parti in
lotta, ma come diversamente essa si configura nei
due casi! Quella propria dei signori e dei benriusciti
. è «attiva», è solo l'estrinsecazione schietta e sponta-
nea di una forza vitale, la quale gode di se stessa e
affronta e abbatte gli ostacoli che le si frappongono.
La violenza dei servi e dei malriusciti è invece «reat-
tiva», mira all'awelenamento dell'esistenza e della
felicità di coloro che sono oggetto della sua invidia e
del suo «odio insaziabile»; in quanto scaturisce da
falliti smaniosi solo di generalizzare il loro fallimen-
to, questo secondo tipo di violenza procede con rag-
giri e falsità, cerca di colpire i benriusciti intossican-
doli con il senso del peccato e risucchiandoli in uria
desolazione che ora è l'esistenza mondana in quanto
tale76.
A partire dalla predicazione evangelica, una
terribile cappa di piombo pesa sull'Occidente, la cui
gioia di vivere risulta ormai intorbidita e awelenata.
Nella coscienza morale e nello stesso imperativo
categorico kantiano continua ad esprimersi un terri-
bile retaggio di furore teologico e di «crudeltà» che
sottopone a impietosa vivisezione l'interiorità del
soggetto, tormentandolo con la condanna della car-
ne e il sentimento angoscioso del rimorso. D'altro
canto, il senso del peccato fa tutt'uno con l'istinto
gregario che impedisce lo sviluppo di individualità
veramente autonome e compiute. A tutto ciò,
Nietzsche contrappone una nuova morale, che è poi
la ripresa di una morale calpestata dalla tradizione
ebraico-cristiana. In Cosiparlò Zarathustra (1883-
85) il protagonista, simbolo di una cultura e di una
L

Nietzrche e la uitica della modernità


saggezza di vita disgraziatamente estranee all'Euro-
pa, sembra pronunciare una sorta di contro-discor-
so delle beatitudini: «Io vi scongiuro, fratelli miei,
restate fedeli alla terra e non prestate fede a coloro
che vi parlano di speranze ultraterrene! Sono awe-
lenatori. Lo sappiano 'o no./Spregiatori della vita
sono, moribondi e loro stessi avvelenati, di cui la
terra è stanca: vadano dove vogliono». Emerge qui
una critica del tema della valle di lacrime ancora più
radicale di quella che si può leggere nella tradizione
di pensiero che dalla sinistra hegelian? conduce a
Marx; ed è una critica che in Nietzsche trova accenti
di grande intensità filosofica e lirica: «Dacché vi
sono uomini, l'uomo si è rallegrato troppo poco:
questo solo, fratelli, è il nostro peccato originale!».
Awelenatore della vita, il senso tormentoso del pec-
cato esprime al tempo stesso una carica rovinosa di
violenza e di odio: «la crudeltà era la voluttà di que-
st'anima» che disprezzava il corpo. La liquidazione
di tale eredità comporta un'emancipazione gioiosa e
felicemente dilagante: «E nella misura in cui impa-
riamo a rallegrarci meglio disimpariamo a far male
ad altri e ad escogitare il male»77.Lasciatisi alle spal-
le Schopenhauer e Wagner, Nietzsche celebra «il
paganesimo goethiano vissuto con tranquilla
coscienza»78e lo celebra prendendo le difese del
grande poeta dagli attacchi velenosi della «Gema-
nia delle vecchie zitelle, acida d'ipocrisia morale»79.
35
Enorme è la carica dirompente di questi temi
nei confronti dell'ideologia dominante. Ma sarebbe
precipitoso leggere in essi una teoria dell'emancipa-
zione. L'evidenziamento del carattere intrinseca-
mente crudele e violento dell'imperativo morale e
categorico mira a dimostrare, come più tardi chiari-
sce lo stesso filosofo, che esso, ben lungi dall'essere
«"la voce di dio nell'uomo"», è «l'istinto della cru-
deltà che si volge all'interno appena non può più
scaricarsi al19esterno».Resta fermo il fatto che la
crudeltà è «uno dei più antichi e ineluttabili fonda-
menti della civiltà»80;e dunque, se è comprensibile
«che gli agnelli nutrano avversione per gli uccelli
rapaci*, grottesca e anzi mossa da un calcolo astuto
e vendicativo è la pretesa dei primi, cioè dei falliti
della vita, di «imputare d'uccello rapace il fatto di
essere uccello rapace»81.
D'altro canto, il fascinoso «paganesimo» che
già conosciamo non è universalizzabile. La morale
può essere declinata solo al plurale: c'è quella dei
signori owero dei «conquistatori»e quella dei servi,
e quest'ultima è bene che continui a stimolare sacri-
ficio, rassegnazione e sentimenti gregari. Solo in tal
modo la civiltà, un carro che esige l'incatenamento
degli schiavi, può continuare a svilupparsi. Il senti-
mento di disagio per questa legge inesorabile, se
nelle classi inferiori è il ressentiment, nelle classi .
superiori è la compassione, la quale spesso s'intrec-
36
N i e t d e e la critica della modernità
cia col sentimento di colpa istillato nei benriusciti
dalla vendetta dei falliti. E come il ressentiment è l'i-
nizio della rivolta degli schiavi, così la compassione
è l'inizio dell'abdicazione delle classi superiori al
ruolo di comando che naturalmente compete loro.
Ressentiment e compassione non solo non hanno
nulla di nobile ma sono decisamente perniciosi: essi
costituiscono due momenti, in basso e in alto, della
crisi della civiltà. Il risultato in cui sfocia l'indagine
storica e psicologica sull'origine dei sentimenti
morali è la decapitazione morale delle dvolte servili:
la questione sociale di cui tanto si ciancia è solo l'in-
debita colpevolizzazionedei benriusciti da parte dei
falliti della vita i quali, nel gonfiarsi con roboanti
ideali e parole, non fanno altro che dar sfogo al loro
istinto di vendetta.
È Nietzsche stesso a respingere, con forza e in
modo inequivocabile, la lettura in chiave individua-
listica della sua «genealogia della morale»: «La mia
filosofia mira alla gerarchia, non ad una morale
individualistica. Il senso del gregge deve dominare
nell'ambito del gregge, ma non straripare al di là di
esso. I reggitori del gregge hanno bisogno di una
valutazione profondamente diversa delle proprie
azioni». Al pari della «morale collettivistica»,anche
quella «individualistica» ha il torto di far valere
parametri egualitari, rivendicando la «medesima
libertà» e la medesima spregiudicatezza per tutti8*.
La potente carica demistificatoria indubbiamente
sprigionata da tale filosofia non è allora in contrad-
dizione con la celebrazione, presente già negli scrit-
ti giovanili, della «salutare incoscienza», della
«sana sonnolenza», del «sonno sano e ristoratore»
in cui è immerso ed è bene che continui ed essere
immerso il popolos3, gli strumenti di lavoro che,
con la loro docile obbedienza e il loro ordinato fun-
zionamento, devono rendere possibile lo sviluppo
della civiltà.
Nel corso degli anni, la critica del cristianesi-
mo si fa sempre più penetrante e aspra, ma senza
mai smarrire la sua intrinseca doppiezza, Ancora
immediatamente prima dell'irrompere della notte
della follia, Nietzsche ribadisce: «Noi irnmoralisti e
anti-cristiani vediamo il nostro vantaggio nel fatto
che la Chiesa continui ad esistere»84;è «nell'istinto
di coloro che dominano (si tratti di individui o di
classi) patrocinare ed esaltare le virtù grazie alle
quali gli assoggettati risultano maneggevoli e
devoti»; in questo senso, «anche i "signori" possono
divenire cristiani»85.Se anche il cristianesimo è sino-
nimo di ressentiment, resta il fatto che le Chiese pos-
sono almeno incanalare tale sentimento in modo da
renderlo politicamente e socialmente inoffensivo:
«"Io soffro: qualcuno deve averne la colpa" - così
pensa ogni pecora malaticcia. Ma il suo pastore, il
prete asceta, dice a essa: "Bene così, la mia pecora!
38
Nietzsche e [a uitica della modernità
Qualcuno deve averne la colpa: ma sei tu stesso
questo qualcuno, sei unicamente tu ad averne la col-
pa - sei unicamente tu ad aver colpa di te stesso!"
... Questo è abbastanza temerario, abbastanza fal-
so: ma se non altro una cosa in tal modo è raggiunta,
in tal modo, come si è detto, la direzione del ressen-
tinzent ... è mutata»86.

Abbiamo visto Nietzsche affermare l'impossi-


bilità di declinare la morale al singol'are. Ciò vale in
un certo senso anche per la storia. È solo una fin-
zione il soggetto unitario che di solito le viene attri-
buito: l'umanità non ha fini comuni, «non progre-
disce, non esiste neppure»87.Partito, come molti
dei suoi contemporanei, dalla denuncia del ciclo
rivoluzionario che va dal 1789 al 1848 e dai movi-
menti proto-socialisti sino alla Comune di Parigi, il
filosofo sottopone a critica serrata le principali
categorie teoriche di tale tradizione: uomo in quan-
to tale, progresso storico, égalité. Per questo, non
' può certo sentirsi a suo agio nella mediocrità e
pavidità della piattaforma nazional-liberale.Strauss
non è in grado di scrollarsi di dosso neppure le idee
che più immediatamente rinviano alla rivoluzione
francese, come dimostra il fatto che, nella sua
determinazione della morale, continua a far ricorso
all'idea della «specie», e cioè ad un «concetto di
uomo [sotto il quale] vanno aggiogate le cose più
disparate, per esempio il Patagone e il maestro
Straus~»~~.
La categoria di uomo in quanto tale è stretta-
mente connessa a quella di égalité, la quale continua
a stimolare rovinosi sconvolgimenti: «"L'uguaglian-
za della persona"» è il presupposto del «sociali-
s m o ~che , incorre in un errore colosssale pre-
~ ~però
supponendo «che molti uomini siano "persone"».
In realtà, «i più non sono nessuna persona», bensì
semplici «portatori, strumenti di trasmissione»90.
Con la sua «agitazione individualista»,il socialismo
mira a «renderepossibili molti individui»91,ma quel-
la di «individuo» non è in alcun modo una caratteri-
stica che competa ad ogni essere umano in quanto
tale: la civiltà e il dominio presuppongono «un biso-
gno di schiavitù» e «dove c'è schiavitù, gh individui
non sono che Non ha alcun senso voler
appiattire in un'unica categoria individui in senso
forte e strumenti di trasmissione (gli schiavi).
A sortire l'effetto di arbitraria semplificazione
e omologazione della ricchezza del reale, non è solo
il concetto di uomo universale, è il concetto in
quanto tale. Già La nascita della tragedia, con deri-
mento alla disputa scolastica sugli universali e citan-
do e sottoscrivendo l'opinione di Schopenhauer,
dichiara che «i concetti sono gli uniuersalia post
Nietzsche e la mtica della modernità
rem»; «i concetti generali [sono] un'astrazione della
realtà», mentre il concreto è dato dal «particolare e
individua le^^^. Sin dagli scritti giovanili, la resa dei
conti con il movimento rivoluzionario avviene
anche sul piano epistemologico. La liquidazione
dell'egualitarismo presuppone la liquidazione del
«realismo»: ogni concetto ha il torto di «trascurare
ciò che vi è di individuale e di reale», di «porre un
segno di uguaghanza tra ciò che è disuguale»94.Del
tutto privi di fondamento risultano allora i diritti
dell'uomo dalla rivoluzione francese proclamati in
nome dell'aesangue entità astratta "uoho"», questa
«pallida finzione universale»95.Come il concetto, .
anche l'égalité rivendicata dai rivoluzionari dimenti-
ca la massima nominalistica che impone: «Mai ren-
dere eguale l'ineguale»96.
La lotta contro la rivoluzione è anche la lotta
contro una visione «realistica» della ragione: «Ci
siamo ribellati contro la rivoluzione ... Ci siamo
emancipati dall'atteggiamento reverenziale nei con-
fronti della raison, dallo spettro del XVIII secolo»97.
- Non a caso, Descartes, «il padre del razionalismo» è
anche il «nonno della rivoluzione»98.Per un verso, a
partire dal periodo «illuministico», Nietzsche si
richiama alla scienza per liquidare, in nome della
causahtà della natura e dell'innocenza del divenire,
4' . #
ogni visione morale del mondo. Per un altro verso,
la scienza risulta fondata su concetti colpevoli essi
stessi di rendere uguale il disuguale e che quindi
esprimono, sul piano epistemologico, la medesima
tendenza al livellarnento espressa dalla norma mora-
le sul piano etico e dall'idea di uguaghanza sul piano
politico. Prima ancora che nella predicazione evan-
gelica, la rivolta servile si manifesta già nelle «coltel-
late» plebee insite nel «sillogismo» s o ~ r a t i c o ~ ~
owero in una dialettica che sconfigge le buone
maniere e il pathos della distanza dell'aristocrazia e
tutti unisce e omologa sul terreno di una presunta
comunità della ragione. La «magia del concetto»
diviene irresistibile in Platone che, a tale riguardo,
dà prova di fanatismo: cos'è il mondo delle idee se
non una forma di venerazione e divinizzazione del
concetto?100Col suo razionalismo, e dunque col suo
culto dell'universalità, Socrate (maestro di Platone)
è il primo dei «quattro grandi democratici», assieme
a Gesù, Lutero e Rous~eau~~l. Un benefico antidoto
all'universalismo della morale e della ragione può
essere l'arte: «La scienza e la democrazia fanno
tutt'uno (checché ne dica il signor Renan), certa-
mente come fanno tutt'uno l'arte e la "buona
società"»lo2.
Nella liquidazione del concetto di uomo in
quanto tale finisce con lo sfociare la stessa dissolu-
zione da Nietzsche operata del soggetto. I pochi cui
compete la qualifica di individuo sono in realtà una
pluralità di individui; non ha senso voler attribuire
42
Nietzsche e la critica della modernità
ad un sostrato unico e immutabile nel tempo la
grande molteplicità di azioni e comportamenti in
cui si esprime una vita. Alla decostruzione della
categoria di universalità mira anche l'insistenza sul
carattere inevitabilmente prospettico della cono-
scenza. Non c'è un soggetto teoretico che possa
essere astratto dalle sue pulsioni vitali, dalla sua
volontà di potenza e dai giudizi di valore che espri-
me. In questo senso, come la morale così anche la
conoscenza non può che essere declinata al singola-
re. Dileguati l'illusione o l'inganno di norme e con-
cetti comuni, emerge la realtà irriducibile della
volontà di potenza. È la vita in quanto tale ad essere
al tempo stesso sinonimo di ottica prospettivistica e
di volontà di potenza, sempre peculiare e non
suscettibile di valutazione morale, e che può essere
negata o messa in discussione solo da coloro che
nutrono «un principio ostile alla vita». Assieme a
«cosa in sé» e «conoscenza in sé», il prospettivismo
liquida ogni preteso ordinamento etico del mondo
e sancisce l'innocenza del divenirelo3.

7. RIVOLUZIONE FRANCESE, NUVOLUZIONE>> SOCRATICO-PLATO-


NICA E <<RIVOLUZIONE>>
EBRAICO-CRISTL4NA

Ma quando è propriamente iniziata la parabo-


la rovinosa della modernità? Nell'indagine delle più
remote origini della rivolta servile s'impegnano con
particolare accanimento il Crepuscolo degli idoli
(1889) e L'Antimisto (redatto anch'esso nell'imme-
diata vigilia dell'insorgere della follia, ma pubblica-
to solo nel 1895). In primo luogo bisogna mettere
in stato d'accusa il cristianesimo: nel «concetto del-
l'uguaglianza delle anime difionte a Dio» è da vede-
re «il prototipo di tutte le teorie della parità dei
dinttin, quelle che poi si sono espresse politicamen-
te nella rivoluzione francese e nel movimento socia-
listalo4.Se per un verso il cristianesimo rappresenta
il momento in cui giunge a compimento la sower-
sione di un'antichità classica interiormente malata,
per un altro verso esso si configura come una rivol-
ta servile già d'interno del mondo giudaico, «una
rivolta contro la Chiesa ebraica [...l, contro la
gerarchia della società - non contro la sua corruzio-
ne, ma contro la casta, il privilegio, l'ordinamento,
la formula; fu l'incredulità negli uomini superiori».
In tale prospettiva, Gesù appare come un «santo
anarchico che chiamò il basso popolo, i "reietti" e i
"peccatori", i Ciandala d'interno dell'ebraismo, a
contraddire l'ordine dominante - con un linguag-
gio, se si deve prestar fede ai Vangeli, che ancor
oggi condurrebbe in Siberia». Egli «era un delin-
quente politico, nella misura in cui erano possibili
delinquenti politici in una società assurdamente
impolitica~.Ma l'ebraismo, contro cui Cristo e,
soprattutto, Paolo si ribellano, è esso stesso il risul-
N i e t d e e la critica della modernità
tato di una degenerazione e contaminazione servile.
Ben altra cosa è l'ebraismo pre-esilico: «In origine,
soprattutto all'epoca del potere regio, anche Israele
si trovava nel giusto, vale a dire nel naturale rappor-
to con tutte le cose. Il suo Javè era l'espressione del-
la coscienza del potere, del piacere di sé, della spe-
ranza riposta in sé: ci si attendeva da lui vittoria e
salvezza, con lui si confidava nella natura, che essa
desse ciò di cui il popolo ha bisogno - soprattutto
la pioggia. Javè era il Dio d'Israele e di conseguenza
Dio della giustizia: è questa la logica di ogni popolo
che ha la potenza e una buona coscienia di essa». 11
momento di svolta è rappresentato dalla sconfitta e
dall'esilio: in queste circostanze si sviluppa un'altra
rivoluzione rovinosa, di cui sono protagonisti gli
«agitatori sacerdotali» che, per la prima volta,
avanzano l'idea di un «"ordinamento etico del
mondo"» e sottopongono a radicale trasformazio-
ne il concetto stesso di Javè: essi «ormai interpreta-
no ogni buona ventura come premio, ogni calamità
come castigo per una disubbidienza a Dio, per il
"peccato"». A questo punto, la morale subisce un
processo di autonomizzazione, snaturalizzazione e
superfetazione; essa «non è più l'espressione delle
condizioni di vita e di sviluppo di un popolo, non è
più il suo più profondo istinto vitale, bensì è dive-
nuta astratta, è divenuta l'opposto della vita». In
tale negazione della vita si riconoscono i falliti della
45
vita che, col loro zelo morale, lanciano una sorta di
«"malocchio"» e maledizione contro i ben riusciti,
contro coloro che vivono con gioia una condizione
ormai oggetto di riprovazione morale105.È con gli
«agitatori sacerdotali», quindi coi profeti ebraici,
poi con quegli «agitatori cristiani» che sono i
«Padri della Chiesa»lobche inizia il ciclo di rivolta
servile e di attentato alla vita, il quale abbraccia
oltre due millenni di storia.
In terra greca, tale svalutazione dell'al di qua,
col rinvio ad un'immaginaria trascendenza owero al
mondo delle idee e col primo emergere di una visio-
ne morale del mondo, trova la sua espressione in
Socrate e Platone: in fondo, il platonismo non è
altro che una forma di «cristianesimo per il
popolo». C'è un rapporto tra le due tradizioni sov-
versive, quella ebraico-cristiana e quella che si svi-
luppa in terra greca? «Quando Socrate e Platone
presero le parti della virtù e della giustizia, furono
ebrei, o non so cosa altro»lo7.La dialettica e la sua
ironia, questa «forma di vendetta plebea» la vedia-
mo all'opera sia nella decadenza greca che tra gli
ebrei108.Si può persino formulare un'ipotesi: «Pla-
tone, andò forse a scuola dagli ebrei»lo9.È un dato
di fatto che l'antichità classica, la Roma su cui riesce
a trionfare la religione ebraico-cristiana, è già una
«Roma giudaizzata». Siamo quindi in presenza di
un unico gigantesco ciclo storico. Dopo aver conse-
Nietzsche e la critica del& modernità
guito una decisiva vittoria prima con ]la Riforma e
poi con la rivoluzione francese, «Giudea»llo conti-
nua ad essere ispiratrice in qualche modo dello stes-
so movimento socialista il quale, coi suoi sogni di
palingenesi sociale, non fa altro che continuare ad
agitare «l'indegna frase ebrea del cielo sulla
terra»"'.
Dall'evidenziamento della linea di continuità
che caratterizza il millenario ciclo di rivolte servili
scaturisce una carica demistificatrice in una duplice
direzione: da un lato dilegua l'aura di innocenza
politica e di sacralità che circonfohde religione
ebraica e cristiana, dall'altro si vede negato il carat-
tere laico e scientifico che pure ama attribuirsi il
movimento rivoluzionario e socialista, il quale ora
appare come teologia superficialmente secolarizza-
ta. Ebraismo e cristianesimo si caratterizzano per il
loro antropocentrismo piccino e vanesio che,
rispetto all'antichità classica e ad altre culture extra-
europee, rappresenta una terribile regressione:
«Come si può fare tanto chiasso delle proprie pic-
cole imperfezioni, come fanno questi omuncoli pii!
Nessuno se ne dà pensiero; tantomeno Dio». E
invece, nell'ambito del Vecchio e soprattutto del
Nuovo Testamento, ogni piccolo miserabile preten-
de di essere oggetto di attenzione dell'intero ordi-
namento universale e del suo creatore: «questa gen-
te sminuzzola le sue cose più personali, le sue stupi-
daggini, tristezze e oziose preoccupazioni, come se
l'in-sé delle cose fosse tenuto a darsene cura»l12.
L'antropocentrismo continua ad essere ben presen-
te nella rivoluzione francese che, con la sua teoria
dei diritti dell'uomo, non solo colloca al centro del-
l'universo il mondo umano ma, nell'ambito di que-
st'ultimo, attribuisce centralità e dignità di fine in sé
anche agli esseri più mediocri e miserabili. È solo
un nome diverso per il vecchio buon Dio ogni «pre-
sunto ragno etico-finalistico celato sotto il grande
tessuto e reticolo della causalità»l13;ma tale ragno è
per l'appunto il filo conduttore della fede progressi-
sta e rivoluzionaria in un processo del mondo ten-
dente a realizzare la felicità per tutti e l'armonia uni-
versale. All'opera vediamo la stessa concezione del
tempo che sembra aver conseguito o sta per conse-
guire il suo fine ultimo, la sua plenitudo: «Il "giudi-
zio finale" t...) è la rivoluzione come se l'aspetta
anche l'operaio socialista, soltanto pensata un po'
più lontanm114.

8. RADICALITA, «INATTUALITÀ» E INCRTNATURE DEL


PROGETTO FEAZiONAiUO

Questa impietosa rilettura della tradizione


rivoluzionaria finisce con l'assumere toni «inattuali»
proprio in virtù del suo radicalismo e della sua
ampiezza di respiro. Il compito, anzi la missione di
Nietzsche e la d i c a della modernità
salvare la civiltà e l'Europa i nazional-liberali tede-
schi lo affidano alla Germania, al paese della Rifor-
ma, cui attribuiscono il merito di aver ridato inti-
mità e vitalità ad un cristianesimo che rischia di
divenire esangue nella Roma dei papi rinascimentali
e paganeggianti. È proprio questo, agli occhi del
filosofo, il crimine capitale di Lutero il quale, nel-
l'infondere nuova vita ad un religione intrinseca-
mente sovversiva, costituisce il punto di partenza
della prima grande ondata di rivoluzione plebea e
servile che scuote l'Occidente. Senza Lutero non è
pensabile la Guerra dei contadini owero là solleva-
zione dei servi della gleba, e non è neppure pensabi-
le la rivoluzione puritana in Inghilterra. Ben più
robusto che negli ideologi nazional-liberaliè il senso
storico in Nietzsche, il quale parla della Riforma
come di un movimento plebeo «tedesco e ingle-
se»ll5 e fa riferimento a Cromwell e ai «livellato-
ri»l16. Dall'Inghilterra partono poi quei dissidenti
religiosi che svolgono un ruolo non trascurabile nel-
la rivoluzione americana. Attraverso molteplici
mediazioni, un unico ciclo conduce da Lutero agli
sconvolgimenti in Francia: è una tesi che possiamo
leggere già in Hegel e, nella seconda metà dell'otto-
cento, in Engels; il fatto che essa ora si ripresenti,
con un giudizio di valore rovesciato, non toglie nulla
al suo antagonismo nei confronti dell'ideologia
dominante. È semmai interessante notare che tale
ciclo viene ora ulteriormente prolungato: ad essere
in prima fila nell'agitazione abolizionista è quella
che Al di là del bene e del male definisce «una razza
di ex-puritani»l17.
A sua volta, sd'idealismo tedesco ha lasciato
tracce profonde la rivoluzione francese. Nietzsche
richiama ripetutamente l'attenzione sull'entusia-
smo manifestato per tale avvenimento da Kant. Ma,
al di là di questa o quella presa di posizione politi-
ca, c'è da fare una considerazione di carattere gene-
rale. La tesi della filosofia classica tedesca come
pendant teorico della rivoluzione francese, questa
tesi, enunciata da Hegel e ben presente in Marx e
Engels, si ripresenta in qualche modo anche nel
grande pensatore reazionario, sia pure con un giu-
dizio di valore ancora una volta diverso e contrap-
posto. Nietzsche denuncia «le due farse nefaste, la
rivoluzione e la filosofia kantiana, la pratica della
ragione rivoluzionaria e la rivoluzione della ragion
"pratica"». I1 sovversivismo è «comune a ogni
morale e alla Su un piano teorico
più generale, se la morale «tratta come nemici colo-
ro che detengono il potere, i violenti, i "signori" in
genere» e i «dominatori» e la «loro volontà di
potenza», mentre invece incoraggia «l'uomo comu-
ne»l19,allora è chiaro che la denuncia del carattere
eversivo e plebeo della morale non può non investi-
re in modo privilegiato Kant e la Germania: in que-
50
Nietzscbe e la critica della modernità
sto senso «i Tedeschi sono canaille~~*~.
Tale canaille si fa sentire anche nell'agitazione
antisemita che proprio in Germania è particolar-
mente virulenta. In nome del cristianesimo, l'ideolo-
gia dominante mette in stato d'accusa non solo
socialisti, comunisti e anarchici, ma gli stessi ebrei,
denunciati come sovversivi per lo meno sul piano
religioso e culturale. E invece, pur essendo un criti-
co implacabile del giudaismo nel suo complesso,
Nietzsche vede in esso uno stadio meno avanzato
della malattia rivoluzionaria rispetto al cristianesi-
mo. Assurdo e repellente risulta l'antisemitismo, per
il fatto inoltre che esso, nelle sue invettive contro la
finanza e contro le posizioni di prestigio professio-
nale e di potere occupate dagli ebrei, non fa altro
che esprimere il ressentiment dei falliti della vita
contro i benriusciti, contro l'aristocrazia o che
resta di essa. Quel «socialismo degli imbecilli» che,
secondo la celebre definizione di August Bebel
(discepolo e collaboratore di Engels), è l'antisemiti-
smo, vien condannato da Nietzsche con un atteggia-
mento carico di disprezzo sia nei confronti degli ,
imbecilli che del socialismo in quanto tale, tanto piii ,.
che, per il filosofo, c'è un legame organico e costitu-
tivo tra l'ideologia in questione e la sua base sociale,
costituita da gente fallita sotto ogni punto di vista, A

compreso quello intellettuale.


Agli occhi dei nazional-liberali, Lutero è
51
DOMENICO
~ U R W

anche il protagonista della riscossa nazionale tede-


sca. Ma, a partire da un osservatorio così elevato,
che mette in discussione più di due millenni di sto-
ria, non può non apparire meschina, assurda e con-
troproducente ogni esaltazione e agitazione sciovi-
. nistica. Questa presuppone e accelera ulteriormen-
te la massificazione del mondo moderno. Anche a
tale proposito, si rivela il superiore senso storico del
filosofo il quale è ben consapevole che la categoria
di «nazione» presuppone il dileguare o disgregarsi
di un antico regime fondato su una insuperabile
contrapposizione castale, e quindi incapace di
esprimere qualsiasi comunità, compresa quella
nazionale. La Germania impegnata nella resistenza
anti-napoleonica puzza di sowersivismo a Nietz-
sche che sottolinea il carattere plebeo e di massa di
tale movimento, il suo tentativo di mutuare dai gia-
cobini il modello della guerra di popolo, diretta ora
contro un eroe, cui il filosofo attribuisce il merito di
aver ristabilito l'ordine in Francia recidendo la testa
d'idra rivoluzionaria. Richiamandosi a Lutero, alla
resistenza antinapoleonica e poi alla guerra franco-
prussiana, i nazional-liberali tedeschi si atteggiano
a campioni della lotta contro una latinità corrotta e
corruttrice; ma, rispetto d'Impero guglielmino che
rivendica la sua missione imperiale in nome della
gerrnanicità cristiana e protestante, come superiori
devono apparire agli occhi dell'autore del17AntZcri-
Nietzrche e ka m5ica della modernità
sto i paesi nella cui cultura e nei cui costumi ancora
è possibile awertire l'eco della grande stagione
pagana e rinascirnentale!
Nel Nietzsche maturo, la Germania assurge a
simbolo della più repellente modernità. Con un
rovesciamento radicale rispetto alla Nascita della
tragedziz, ora è semmai il carattere pervicacemente e
irriducibilmente plebeo, moderno e democratico
della tradizione culturale e politica tedesca a stimo-
lare la sua antitesi più radicale: «Non sarei possibile
senza una razza di natura contraria, senza Tedeschi,
questi Tedeschi». Esclusivamente nell'ibito di tale
prospettiva possono avere una qualche giustificazio-
ne storica i vari movimenti eversivi sviluppatisi in
Germania o che in essa hanno trovato il loro luogo
d'elezione: «Persino il cristianesimo diventa neces-
sario: solo la forma suprema, più pericolosa, più
seducente del no alla vita ne sfida la suprema affer-
mazione: me»121.
Non solo rispetto all'Impero guglielmino
Nietzsche risulta inattuale. La nostalgia dell'otium
sfocia da un lato nella rivendicazione della schiavitù,
dall'altro nella denuncia della società capitalistica in
cui la divisione del lavoro penetra sempre più
profondamente nell'ambito delle stesse classi domi-
nanti. È illuminante a questo proposito un frammen-
to degli anni '80: «Laschzizvitù del presente: una bar-
barie! Dove sono coloro per cui gli schiavi lavorano?
53
Non ci si deve sempre attendere una contempora-
, neità delle due caste reciprocamente complemen-
tari»; l'«incapacità all'otium» ha contagiato le stesse
classi dominanti122.Lo stanno a dimostrare gh Usa,
dove più a lungo, per quel che riguarda l'occidente,
ha resistito la schiavitù propriamente detta, e dove,
.
tuttavia, prima e in modo più radicale che in ogni
altro paese ha trionfato la «spasmodica frenesia del
lavoro»123.Sicché, l'appassionata celebrazione del-
l'otium è sì il vagheggiamento di un mondo ormai
sopraffatto dalla modernità, ma anche, al tempo
-'t ' * stesso un'anahsi critica straordinariamente ricca del-
.' ' la penetrazione della divisione del lavoro in ambito
Culturale, con la conseguente perdita della percezio-
ne e del bisogno della totalità e con la riduzione del-
, Yattività intellettuale a semplice artigianato e a pro-
..' ' d u h n e parcellizzata, condotta con spirito gregario
- incapace di esprimere un minimo di criticità.
. .,, .
rr$L.+ . L'inattualità produce talvolta effetti decisa-
:v :*
%- me>te paradossali. Pronunciata com'è a partire da
. un osservatorio così elevato e così remoto rispetto al
presente, la critica a tutto campo della modernità è
, -* senza dubbio la liquidazione senza appello della
' 'democrazia e della «demolatria», ma anche la
.I-

denuncia di quella sorta di società dello spettacolo


, . ,, che si va delineando e dell'uso che essa fa della psi-
" "
.cologia delle folle (una disciplina non a caso alla
-a ."vigilia della sua esplicita teorizzazione ad opera di
Niettrche e la critica della modernità
Gustave Le Bon). È ciò che sembra emergere della
furibonda polemica contro Wagner e la sua musica
che non solo è principalmente teatro, «quest7artedi
massa per eccellenza», ma un teatro che richiede la
presenza di «massa» e non di «individui»,che tutti
trasforma in «popolo, gregge, femmine, farisei,
bestie elettorali, membri di patronati, idioti -
wagneriani», e dove «anche la coscienza più perso-
nale soggiace all'incantesimo livellatore del gran
numero»
Ancora. Nietzsche condanna il cristianesimo
in nome dell'inseparabilità di schiavitùe civiltà; sen-
nonché, l'espansione coloniale (e la conseguente
sottomissione in massa degli «indigeni» a rapporti
di lavoro servili o semiservili) viene promossa in
quegli anni sbandierando la necessità della diffusio-
ne della religione cristiana e della civiltà: «In questo
momento» - osserva Ecce homo - «l'imperatore
tedesco chiama suo "dovere cristiano" liberare gli
schiavi dell'Afri~a»!l~~. E non è tutto. Con grande
lucidità, il filosofo sottolinea che l'«"abolizione del-
la schiavitù", questo presunto contributo alla
"dignità dell'uomo", è in realtà l'annientamento di
una stirpe profondamente diversa», portata avanti
mediante un «sotterramento dei suoi valori e della
sua felicità», mediante un'operazione tesa alla
distruzione preliminare de117identitàculturale del
popolo da ~oggiogarel~~. In questo senso, «l7aboli-
55
zione della schiavitù» è un'abbaghante parola d'or-
dine funzionale d'abbellimento ideologico di un
programma politico che in realtà ~i~n$ca-<<~ualcosa
di completamente diverso (persino opposto!)», e
cioè dell'etn~cidiol*~.
Ed ecco l'ultimo paradosso. A partire dal-
l'ambizioso progetto reazionario già visto di indivi-
duare e divellere una volta per sempre le radici
rovinose della modernità che da due millenni deva-
sta l'occidente, la I V Inattuale definisce sprezzan-
temente il cristianesimo come un semplice «fram-
mento di antichità orientale»lZ8,dimostrando così
di condividere il pathos esaltato dell'Europa e del-
l'occidente che costituisce un elemento centrale
dell'ideologia dominante nel suo tempo (e non solo
nel suo). Sennonché, la denuncia di quanto di
orientaleggiante vi sarebbe nella storia dell'occi-
dente evidenzia la labilità dei confini tra Occidente
e Oriente ovvero tra civiltà e barbarie. Tanto più
che proprio l'Occidente è il luogo in cui ha imper-
versato la tradizione religiosa ebraico-cristiana, la
più sowersiva e la più rovinosa fra tutte. Essa ha
distrutto «la salute e la gagliardia di razza» in primo
luogo dell'Europa, nell'ambito della quale rientra-
no anche gli Stati Uniti; l'ideale ascetico, che in
quella tradizione gioca un ruolo centrale, «può
venir definito la vera fatalità nella storia sanitaria
dell'uomo europeo»129.È infine da notare che la
Nietrrche e la d i c a della modernità
condanna delle contaminazioni «orientali» dei due
millenni di storia «occidentale» colloca tale «fram-
mento» in una vicenda dai tempi lunghissimi o smi-
surati, finendo così oggettivamente col ridicolizza-
re, come espressione di provincialismo di corto
respiro, ogni forma di eurocentrismo.
Gli effetti paradossali dell'inattualità si molti-
plicano a causa di un fattore ulteriore. Abbiamo
detto dell'accafiimento con cui Nietzsche intende
perseguire, sin nelle sue più remote origini, la tradi-
zione rivoluzionaria. Bisogna però subito aggiunge-
re che questa viene messa in stato d'accusa a partire
dai suoi elementi di debolezza indagati con grande
lucidità e con un fiuto straordinario. Vivendo in
condizioni materiali di ristrettezza, per ragioni
anche di soprawivenza, le classi subalterne sono
costrette a sviluppare quella che Adam Smith defi-
nisce la «morale austera», caratterizzata dalia glori-
ficazione del lavoro e del sacrificio, dalla diffidenza
e ostilità nei confronti del lusso e della libertà ses-
suale e spirituale proprie della «morale liberale*
delle classi dominanti130.È questa «morale auste-
ra», carica di invidia e di frustrazioni, che Nietz-
sche vede agire nei movimenti plebei di rivolta, da
Gesù a Lutero, da Rousseau sino ai socialisti del
suo tempo. Anche qui non c'è spazio per distinzio-
ni: il filosofo conosce il movimento socialista
soprattutto attraverso l'antisemita Duhring e igno-
57
ra invece Marx e Engels i quali, assieme alla società
capitalistica, sottopongono a critica implacabile la
pretesa di dare una «vernice socialista» all7«asceti-
smo cristiano» ovvero al17«ascetismouniversale»,
pretesa di cui si fanno portatori movimenti che,
risentendo dell'angustia delle condizioni di vita
della loro base sociale, esprimono spesso, nono-
stante la loro carica di ribellione, tendenze o aspetti
«reazionari»131,E, dunque, Nietzsche liquida l'in-
tera tradizione rivoluzionaria mettendo in eviden-
za, e generalizzando e assolutizzando, i suoi tratti
«reazionari».
Ad ogni tappa della parabola rivoluzionaria il
filosofo contrappone la maggiore ricchezza cultura-
le e il maggior equilibrio del regime di volta in volta
rovesciato. Paragonato a Voltaire o Montaigne fa
una pessima figura Rousseau e lo stesso vale per
Lutero nel confronto con Erasmo e il Rinascimento;
rispetto poi agli autori dell'antichità classica, Gesù e
gli «agitatori cristiani [...l chiamati Padri della Chie-
sa» sono come «l'"esercito della salvezza" inglese»
rispetto a Shakespeare e agli «altri "pagani"» che
esso pretende di combattere. Ma il cristianesimo
rivela la sua povertà e rozzezza anche se paragonato
all'ebraismo: «per il Vecchio Testamento, tutto il
mio rispetto!»; in esso sono presenti «grandi uomi-
ni» e «un paesaggio eroico». Tutt'altra cosa è «il
"NUOVO Testamento7'»(non a caso, messo da Nietz-
Nietvche e IB critica della modernità
sche tra virgolette), dove si agita «piccola gente di
provincia» affetta da ossessione maniacale per le
«proprie piccole imperfezioni»13*.
Non solo sul piano propriamente culturale,
anche su quello morale e antropologico, gli espo-
nenti del vecchio regime si rivelano superiori
rispetto ai rappresentanti del nuovo, immancabil-
mente falliti e fanatici: «Savanarola, Lutero, Rous-
seau, Robespierre, Saint-Simon» sono tutti «spiriti
malati» owero eepilettici dell'idea» che tuttavia
«agiscono sulla grande massa - i fanatici sono pitto-
reschi, l'umanità preferisce vedere gest!colamenti
piuttosto che ascoltare ragioni»133.Ogni movimen-
to rivoluzionario o di radicale rinnovamento della
società sembra implicare una qualche fede in un
futuro migliore; per mettere in moto le forze neces-
sarie all'auspicato mutamento, un progetto di una
diversa società non può non esprimere anche una
forte tensione morale e sprigionare una carica in
qualche modo missionaria. Se si addice alla classe
dominante, o meglio ai suoi membri più equilibrati
e illuminati, lo scetticismo condannerebbe alla ras-
segnazione o all'impotenza le classi subalterne.
Poco propenso a distinzioni o giustificazioni,
Nietzsche traccia una linea di continuità dal Credo
quia ahsurdum di Tertulliano alla fede del movi-
mento socialista nella palingenesi sociale. Hanno
un valore paradigmatico ed esemplare i termini in
Domico Losumo
cui il filosofo descrive il contrasto tra romanità e
cristianesimo: da una parte Pilato, il quale dichiara
di non sapere cos'è la verità, dall'altra Gesù che con
essa pretende di identificarsi1j4; da una parte la
«nobile e frivola tolleranza» di Roma, che ha al suo
centro «non già la fede, ma la libertà dalla fede»,
dall'altra «lo schiavo» che «vuole l'incondizionato,
comprende solo il tirannico, anche nella morale» e
che nella «sorridente noncuranza» dei padroni
vede un insulto alla sua sofferenza: «L,'"illumini-
smo" suscita la rivolta»lj5.

9. ETERNO RITORNO, VOLONTA DI POTENZA E ANNIENTAMENTO


DEI MALRIUSCITI

L'emancipazione dalla religione e dai suoi


surrogati viene celebrata con accenti di soave sedu-
zione: «Abbiamo lasciato'la terra e ci siamo imbar-
cati sulla nave! Abbiamo tagliato i ponti alle nostre
spaile - e non è tutto: abbiamo tagliato la terra die-
tro di noi». Siamo così «nell'orizzonte dell'infini-
to», un orizzonte fascinoso, ma privo di valori con-
sacrati, di certezze, di punti di riferimento, e quindi
inquietante sino alla disperazione; in questo senso,
«non c'è niente di più spaventevole dell'infinito».
Rinunciatario e vano sarebbe, tuttavia, voler proce-
dere a ritroso: «Guai se ti coglie la nostalgia della
terra, come se là ci fosse stata più libertà - e non
N i e t d e e la critica della modernità
esiste più "terra" alcuna!»136.Essa è dileguata con
la morte di Dio, annunciata prima dalla Gaia snen-
za e poi da Cosiparlò Zarathustra. A partire da que-
ste pagine e da questi temi, Nietzsche è stato spesso
letto come il teorico o il profeta dell'individualismo
post-moderno, cioè di un individualismo che ha
ormai tagliato i ponti con la «terra» della teologia e
della filosofia della storia, con la finitezza dell'uni-
verso pre-copernicanoe pre-darwiniano. Ma è inte-
ressante vedere dove va a sfociare la critica del mes-
sianismo e di ogni forma di teologia o filosofia della
storia: «il cristiano vive nella speranza» e con lui «la
grande moltitudine degli ~ c h i a v i » l ~ ~ a n t iec h i
moderni, sedotti dalla predicazione evangelica
ovvero da quella socialista. Tale fiduciosa attesa vie-
ne liquidata, mediante la contrapposizione alla
visione unilineare del tempo, propria della tradizio-
ne ebraico-cristiana, della tesi, mutuata dall'anti-
chità classica, dell'eterno ritorno dell'identico. E
così Nietzsche sembra voler ritornare ti1 punto di
partenza. Nello sforzo di mettere in discussione se
non cancellare due millenni di storia, passa dalla
denuncia del «danno della storia per la vita» alla
radicale storicizzazione del sapere. Questa investe
da ultimo il sentimento della speranza e la visione
unilineare del tempo su cui esso si fonda, e tale
visione viene prima relativizzata mediante l'eviden-
ziamento della sua genesi storico-sociale (le illusio-
61
ni e pretese dei reietti che si agitano nel mondo
ebraico-cristiano),e poi messa definitivamente h o -
ri causa con la tesi o con il mito dell'eterno ritorno
dell'identico. La fuga a ritroso dalla catastrofe della
modernità e dalla notte che incombe sulla civiltà
mette infine capo alla riscoperta del meriggio paga-
no dell'innocenza del divenire e dell'eterno ritorno:
prive di ogni senso appaiono ormai le rivendicazio-
ni avanzate alla realtà politico-sociale in nome della
morale e di pretesi valori universali; persino sul pia-
no cosmologico non c'è più posto per le speranze
di redenzione o di mutamento delle classi subalter-
ne ovvero degli schiavi incatenati o da incatenare al
carro della civiltà.
A questo punto, la condanna dell'apocalittica
cristiana e socialista si configura come la condanna
di ogni trascendenza, religiosa o rivoluzionaria che
sia: con la loro attesa del «giudizio finale», cristiani
e socialisti si servono dell'al di là, celeste o monda-
no che sia, per «insozzare l'al di qua» e «condanna-
re, calunniare, insozzare la società»138.Insozzando
l'al di qua e contrapponendo ad esso un al di là o
comunque un fine, un «mondo vero» che svaluta il
presente e il terreno, il movimento che dal cristiane-
simo conduce al socialismo sfocia inevitabilmente
nel nichilismo, di cui però non è consapevole quella
tradizione, abbarbicata alla ricerca di un senso
oltremondano che non c'è. Condotto invece al suo
62
Nietzrche e h critica della modernità
compimento e inteso come consapevole e finale dis-
soluzione di ogni retaggio metafisico e teologico,
«come negazione di un mondo vero, di un Essere» e
come recupero pieno e gioioso del senso della terra,
il nichilismo è sinonimo di liberazione e «potrebbe
essere un pensiero divino>P9.Al tema del nichili-
smo, delle sue diverse forme e del suo possibile
superamento, passando attraverso piani di lavoro
sempre nuovi e incessanti ripensamenti, Nietzsche
vorrebbe dedicare quella che sembra talvolta consi-
derare la sua opera principale, La volontà dipoten-
za, che non a caso, però, rimane incompiita. E, tut-
tavia, traspare con sufficiente chiarezza l'altra faccia
della «trasvalutazione dei valori». Il superuomo di
cui Zarathustra auspica e profetizza l'avvento dopo
la morte di Dio recupera sì il senso della terra e del-
la gioia terrena calpestato da una tradizione mille-
naria ma afferma anche una volontà di potenza che
è l'essenza stessa della vita e che può essere tanto
più priva di scrupoli per il fatto che illusione e
inganno si è rivelata ogni morale declinata al singo-
lare, ogni comunità etica capace di unire gli uomini,
anzi ogni discorso facente riferimento all'uomo in
quanto tale. Zarathustra, «il senza Dio», «questo
anticristo e antinichilista, questo vincitore di Dio e
del nulla», redime sì «dal grande disgusto, dalla
volontà del nulla, dal nichilismo» e spazza via gli
«ideali ostili alla vita, calunniatori del mondo», ma
63
l
per lasciar spazio a «spiriti fortificati da guerre e vit-
torie» e che non awertono disagio o senso di colpa
per la loro «sublime malvagità»140.Il cristianesimo
rivela di essere affetto da ripugnante «odio contro
la terra e il terrestre» anche per il fatto che vorrebbe
«spezzare ogni forma di autodominio, di virilità, di
spirito di conquista, di bramosia di potere» e pre-
tenderebbe «di conservare e di mantenere in vita»,
anzi persino di celebrare, «questa eccedenza di casi
mal riusciti», questo «residuo di tarati, di malati, di
degenerati, di essere difettosi, di necessari sofferen-
ti» che l'umanità, come «ogni altra specie animale»
e anzi più di qualsiasi altra, necessariamente produ-
ce141.D'altro canto, cos'è il nichilismo della tradi-
zione cristiano-socialista se non una «morale della
compassione» che, ostinandosi a rivolgere la sua
sollecitudine a ciò che è degno di perire, finisce col
negare la vita?14*
La «sana crescita della specie» esige l'amputa-
zione o il sacrificio dei «malriusciti, deboli, degene-
rati». Ostinandosi a volerli salvare, cristianesimo e
socialismo perdono di vista le esigenze dell'«alleva-
mento complessivo» della specie e si lasciano così
guidare da un «altruismo», che è la maschera in
realtà dell'«egoismo di massa dei deboli». Come il
primo, anche l'ultimo Nietzsche sembra fare appel-
lo alla morale: «L'autentica filantropia esige il sacri-
ficio a vantaggio della specie», mentre il rifiuto di
64
Nietzrche e la &a della modernità
tale sacrificio rappresenta l'«estrema immora-
l i t à ~ <<la
~ ~selezione
~ ; nella specie, la sua pu-
rificazione del cascame» è «la virtù per eccellenza»;
«si devono amputare le membra malate - ecco la
prima morale della società»; «la società è un corpo
nell'ambito del quale a nessun membro è lecito
essere ammalato»144.Coloro che accecati dal mito
del progresso, per rispetto superstizioso dei «mate-
riali di rigetto e di scarto» che ogni processo vitale
inevitabilmente comporta145e per «compassione
nei confronti della povera gente», vorrebbero aboli-
re le «calamità» o le presunte calamità che ;ffhggo-
no l'umanità, si macchiano della grave colpa di
opporsi alla «grande economia d e l l ' I n t e r ~ » l si
~~,
rendono colpevoli di «delitto contro la vita», anzi,
di «delitto capitale contro la vita»14'.
Ora la tradizione rivoluzionaria è accusata di
sviluppare non una morale gregaria, ma, al contra-
rio, una morale che assolutizza l'individuo. Col cri-
stianesimo «il singolo è diventato così importante
che non è più possibile sacrificarlo: dinanzi a Dio
tutte le "anime" sono uguali. Ma ciò significa mette-
re in questione, nel modo più pericoloso, la vita del-
la specie». Una tale religione «ha indebolito la forza
di sam$care uomini», esigendo che siano risparmia-
ti «tutti i sofferenti, i diseredati, i malati» e bloccan-
do con ciò la necessaria «selezione»148.Negli ultimi
anni di vita cosciente del filosofo, centrale diviene il
65
tema della resa radicale dei conti con coloro che
mettono in pericolo l'esistenza ordinata della civiltà
e la vita stessa. Si deve alfine procedere all'«annien-
tamento di milioni di malri~sciti»l~~, bisogna «an-
nientare con occhio divino e senza impacci»150;«qui
non ci possono esserepatti: qui bisogna distruggere,
annientare, far guerra»151.E ancora: «I deboli e i
malriusciti devono perire [...l E a tale scopo si deve
essere loro anche d'aiuto»152;il necessario e benefi-
co «attentato a due millenni di contronatura e
deturpamento dell'uomo» comporta «l'inesorabile
annientamento di ogni elemento degenere e parassi-
tario~l~~.
Sinistre suonano tali dichiarazioni, ma è bene
collocarle nel loro contesto storico. Il filosofo esige
la «castrazione» per i delinq~entil~~, «per i malati
cronici e nevrastenici di terzo grado», per i
«sifilitici»: bisogna insomma impedire la procrea-
zione «in tutti i casi in cui un figlio sarebbe un delit-
to» e «mettere un figlio al mondo» sarebbe «peggio
che togliere una vita»155.Sono gli anni in cui un
cugino di Danvin, Francis Galton, (noto a Nietz-
sche e da lui citato con favore)156,lancia l'ceugeneti-
ca» che subito riscuote grande successo, in partico-
lare negli Usa il paese che in questo momento si
distingue nella realizzazione pratica delle misure di
questa nuova «scienza». Sotto la spinta di un movi-
mento sviluppatosi già alla fine dell'Ottocento, tra il
66
Niet.z.de e la d i c a della modernità
1907 e il 1915, ben tredici stati americani emanano
leggi per la sterilizzazione coatta, cui devono sotto-
stare, secondo la legislazione dell'Indiana (lo stato
che per primo si muove in tale direzione), «delin-
quenti abituali, idioti, imbecilli e violentatori». Non
mancano coloro che, ritenendo tali misure insuffi-
cienti, enfatizzano la sterilizzazione in primo luogo
come misura di profilassi sociale, cui dovrebbero
sottostare i poveri e vagabondi abituali e, più in
generale, le classi inferiori e tendenzialmente crimi-
.&l57
Nietzsche si pronuncia inoltre per l7«annien-
.
tamento delle razze decadenti>P8.Anche in tal caso
è bene precisare il quadro storico. Alcuni anni pri-
ma che il filosofo tedesco scriva il testo qui citato,
un teorico del social-darwinismo come Ludwig
Gurnplowicz riferisce il fatto, ritenuto owio e paci-
fico, per cui, in determinate condizioni, «&uomini
della giungla e gli Ottentotti» vengono considerati e
trattati «in quanto "esseri"(Gesch6pfe) che è lecito
sterminare come la cacciagione del bosco»; a com-
portarsi in tal modo sono persino «i Boeri
cristiani»159.D'altro canto, alla pratica dell'espan-
sione e del dominio coloniale del tempo rinvia lo
stesso Nietzsche allorché giustifica (o celebra) la
«"barbarie" dei mezzi» dai conquistatori impiegata
«in Congo o dove che sia»: la necessità di mantene-
re «la signoria sui barbari» esige la liquidazione del-
la consueta «sdolcinatezza europea»160.L'aunosfera
culturale e politica della fine dell'ottocento è carica
dell'idea o della tentazione del ricorso a misure
«eugenetiche» che, nel caso delle popolazioni colo-
niali, confinano pericolosamente col genocidio.

10. METAFORA E STORIA

Nietzsche ha costantemente, e a ragione, sot-


tolineato la propria cinattualità~.Questa, però,
non è sinonimo di estraneità al proprio tempo.
Finiscono col fare grave torto ali'autore che pure
dicono di venerare coloro che pretendono di isolar-
lo dal contesto storico e politico, immergendolo in
un bagno di innocenza. È una semplice metafora la
celebrazione della schiavitù come fondamento ine-
liminabile della civiltà? Dobbiamo supporre che il
filosofo sia del tutto ignaro del dibattito che divam-
pa nel suo tempo e attorno a lui su questo concreto
istituto giuridico? E di che mai sarebbero la
metafora-la rivendicata «castrazione» dei delin-
quenti e l'auspicato «annientamento della razze
inferiorin? Si è talvolta voluto leggere, in modo
metaforico e innocente, la volontà di potenza come
arte. Ma questa in Nietzsche non solo ha una fun-
zione eminentemente politica, ma può esprimere
anche una terribile carica di violenza. Un ruolo di
primo piano nel «rovesciamento dei valori» domi-
68
Nietucbe e la d c a della modernità
nanti possono svolgere «certi artisti insaziabilmente
ambiziosi, che lottano inesorabilmente e assoluta-
mente per i diritti speciali degli uomini superiori e
contro 1"'animale del branco"». D'altro canto, i
grandi uomini chiamati a farla finita coi dogmi della
«"parità di diritti"» e della «"pietà per tutti quelli
che soffrono"» devono dar prova di una «volontà
artistica di altissimo ordine» 161.
In realtà il filosofo ha un senso storico e politi-
co nettamente più robusto degli odierni rappresen-
tanti dell'ermeneutica dell'innocenza. Se ne awede
subito un grande storico come Burckhaidt, il quale
così scrive all'ex-collega d'insegnamento universita-
rio: «In fondo Lei insegna sempre stona e, in questo
libro, ha aperto alcune stupefacenti prospettive sto-
riche»; «ciò che soprattutto comprendo della Sua
opera sono i giudizi storici e, in particolare, i Suoi
sguardi sul tempo storico». Ben lungi dall'irritarsi
per tali giudizi che lo collocano in un terreno allo-
trio rispetto alla pura filosofia, poesia, metafora,
Nietzsche si sente così lusingato che per un attimo
sembra ~ersinoaccarezzare l'idea di tornare all'in-
segnamento universitario, questa volta nella veste di
storico. Così commenta, scrivendo a Lou Salomé, la
prima delle due lettere di Burckhardt qui citate:
«Forse mi vedrebbe volentieri come successore sul-
la Sua cattedra»162.D'altro canto, nell'inviare al
grande storico di Basilea Al dz'là del bene e del male,
il filosofo vi acclude una lettera: «Non conosco nes-
suno che abbia come Lei una tale massa di presup-
posti a me comuni»163.Owiamente, non bisogna
sovraccaricare di significati quelle che in parte sono
espressioni di circostanza; e, tuttavia, dà da pensare
il fatto che, in altra occasione, Nietzsche dichiari di
essere «passato attraverso la scuola di Tocqueville e
Taine»16", col quale ultimo è in rapporti epistolari
improntati a reciproca stima. Burckhardt, Taine,
Tocqueville: i tre storici hanno in comune la critica
della tradizione rivoluzionaria.
Il filosofo non solo rivolge costante attenzione
alla storia, ma legge questa in termini di «lotta di
ceti e di classi» (Stande- und Clas~enkampfil~~, con
una definizione che fa pensare a quella celeberrima
di Marx, anche se nel primo caso le classi finiscono
col ridursi schernaticamente e talvolta naturalistica-
mente, al di fuori di una concreta dialettica storica, a
quella dei signori e degli schiavi. E tuttavia, nell'irn-
pegno a leggere il conflitto di classe, comunque
inteso, anche nella morale, nella religione, nella
scienza, nel «sillogismo» socratico, nell'arte, e persi-
no nell'«attuale sociologia» e nell'«attuale musi-
ca>P6,nel procedere in tal modo, Nietzsche è in un
certo senso più radicale e più radicalmente politico
dello stesso Marx il quale ultimo, sia pur tra oscilla-
zioni e contraddizioni, sembra collocare la scienza
in una sfera almeno parzialmente trascendente il
N i e t d e e la d i c a della modernità
conflitto. Il filosofo così spesso interpretato in chia-
ve metaforica non solo pensa in termini profonda-
mente politici, ma si pone anche il problema degli
strumenti necessari per il conseguimento degli
obiettivi enunciati: aspira eplicitarnente ad un «nuo-
vo partito della vita» ch7eghinvita a «creare» in fun-
zione per l'appunto della «grande politica»,167carat-
terrizzata dal disprezzo per la meschinità sciovinisti-
ca e provinciale della «piccola politica» nazional-
liberale e dalla consapevolezza che la contraddizio-
ne principale, la quale attraversa pervasivamente e
in profondità ogni manifestazione culturale e attor-
no alla quale tutto ruota e deve ruotare, è quella tra
signori e servi. In questo senso, ben lungi dall'essere
irnpolitico, Nietzsche è da considerare semmai totus
politicus.
Dobbiamo allora interpretarlo, in virtù della
sua celebrazione della schiavitù e del suo appello
all'annientamento dei malriusciti, come il profeta
del Terzo Reich? In tale direzione sembrano muove-
re Lukiics e, più recentemente, un autore, pur di
contrapposte idee politiche, qual è Ernst Nolte.
Non a caso, a proporre tale lettura sono un interpre-
te profondamente imbevuto di cultura storica owe-
ro uno storico di professione, due autori dunque
poco propensi a ridurre la dura corposità delle pre-
se di posizione politica ad un innocente gioco di
metafore. E tuttavia, saltando a pié pari il tempo
71
storico in cui vive e si colloca l'autore indagato, tale
lettura rischia di collocarsi sul terreno della contrap-
posizione di metafora a metafora. Da un punto di
vista strettamente metodologico, non è poi così rile-
vante la chfferenza tra colui che interpreta la filoso-
fia di Nietzsche come la metafora o la profezia del-
l'universo concentrazionario hitleriano e colui che
l'interpreta come la metafora o la profezia dell'indi-
viduo post-moderno, ormai libero dai ceppi della
religione, della morale e della filosofia della storia.
Comune d'una e d'altra interpretazione è l'astra-
zione dal tempo storico che qui invece abbiamo cer-
cato di precisare. Piuttosto che leggere frettolosa-
mente nel cantore del superuomo il profeta del Ter-
zo Reich, si tratta di esaminare i rapporti che inter-
corrono tra un pensatore pur così «inattuale» e la
cultura e l'ideologia del proprio tempo e altresì i
rapporti (i momenti di continuità e rottura) che
intercorrono tra la cultura e l'ideologia dellyOtto-
cento e quella propria del nazismo (un'attenzione
tutta particolare dev'essere rivolta d a storia dell'eu-
genetica e dell'ideologia coloniale).
Nell'interpretare Nietzsche, non ha senso
neppure contrapporre come unicamente significati-
vi i motivi fascinosi a quelli repugnanti, o questi a
quelli, nell'ambito di una lettura comunque al tem-
po stesso eclettica (perde di vista il rigore e l'unità di
fondo del pensatore) ed arbitraria (procede sovra-
N i e t d e e la d i c a della modernità
namente nelle sue scelte ed amputazioni). A stimo-
lare certe parole d'ordine oggi francamente rivol-
tanti è quella stessa radicalità del progetto reaziona-
rio che stimola per un altro verso una forte tensione
demisuficatrice e risultati teoretici di grande rilievo.
La tragica grandezza del filosofo, il fascino e la
straordinaria ricchezza di suggestioni di un autore
capace di ripensare l'intera storia dell'occidente e
di collocarsi, ben al di là delllattualità, sul terreno
della «lunga durata», tutto ciò emerge pienamente
solo se, rinunciando a rimuovere o a trasfigurare in
un innocente gioco di metafore le siie pagine più
inquietanti o più repugnanti, lo si osa guardare in
faccia per quello che realmente è, il più grande pen-
satore tra i reazionari e il più grande reazionario tra i
pensatori.
Lettera a C. v. Gersdorff del 21 giugno 1871, in Nietzsche
Briefwechsel. Kritische Gesamtausgabe, a cura di G. Colli e M..
Montinari, De Gruyter, Munchen-Berlin-New York 1975 sgg.,
vol. 11, 1, p. 204; trad. it. in F. N r m s c ~Epistolario
~, d i Friedrich
Nietzsche, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi, Milano,
1976, vol. 11, p. 195. Sia per i testi di Nietzsche che per quelli di
altri autori di volta in volta fatti intervenire, non si dà notizia deile
modifiche eventualmente apportate aile traduzioni italiane utiliz-
zate.
Nachgelassene Fragmente 1875-1879,in F. N I ~ C HSamt- E,
liche Werke. Kriiische Studienausgabe in 15 Banden (d'ora in poi
KSA), a cura di G. Colli e M. Montinari, De Gruyter-DTV, Mun-
chen-Berlin-NewYork 1980, vol. VIII, p. 504, trad. it. in Opere d i
Friedrich Nietzsche, a cura di G. Colli e M. Montinari, Adelphi,
Milano, 1972 sgg. vol. IV, 3, p. 285.
' Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, in KSA
vol. I, p. 117, trad. it. in Opere d i Friedrich Nietzsche, cit., vol. 111,
l , pp. 120-1.
Lettera a H. Mushacke deli'll luglio 1866, in Nietzsche
Briefwechsel. Kritische Gesamtausgabe, cit., vol. I, 2, p. 140, trad.
it. in Epistolario diFnednCh Nietzsche, cit., vol. I, p. 441.
5 Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit., p.
35, trad. it, cit., pp. 3 1-2.
Ivi, p. 69, trad. it. cit., pp. 68-9.
Der griechisch Staat, in KSA, vol. I, p. 767, trad. it. in Ope-
re diFriednCh Nietzsche, cit., vol. III,2, pp. 226-7.
Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit., p.
57, trad. it., cit. p. 55.
Ivi, p. 98, trad. it. cit., pp. 99-100.
lo Ivi, p. 100, trad. it. cit., p. 102.
l 1 Ivi, p. 89, trad. it. cit., p. 90.
l2 Ivi, p. 117, trad. it. cit., p. 120.
l3 Ivi, p. 100, trad. it. cit., pp. 101-2.
l4 Ivi, p. 102, trad. it. cit., p. 104.
l5 Ivi, p. 97, trad. it. cit., p. 98.
l6 Si veda la recensione pubblicata sulla ((NorddeutscheAll-
gemeine Zeitungm del 26 maggio 1872, trad. it. in NIETLSCHE, ROH-
DE,WILAMOWITL, WAGNER, La polemica sull'arte tragica, a cura di F.
Serpa, Sansoni, Firenze 1972, p. 207.
17Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit., p.
23, trad. it. cit., p. 19.
l8 Ecce homo, La nascita della tragedia, af. 1.
l9 Nachgelassene Fragmente 1869-1874,in KSA, vol. VII, p.
353, trad. it. cit. in Opere d i Fnedri'ch Nietzsche, cit., vol. 111, 3,
parte I, p. 363.
Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit., p.
122 - 3, trad. it. cit., pp. 126-7.
21 L'appunto è riportato in F. N i m c ~ a Werke , und Bnefe.
Historisch-kritische Gesamtausgabe a cura di H. J. Mette e K.
Schlechta, Beck, Munchen 1933 sgg., vol. IV, p. 213.
Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit., p.
147, trad. it. cit., p. 153.
23 Lettera a C. v. Gersdorff del 21 giugno 1871, cit., pp. 203-
4, trad. it. cit., p. 194.
24 Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit.,
pp. 146,149 e 154, trad. it. cit., pp. 152-3, 155 e 161.
25 Der griechische Staat, cit., p. 773, trad. it. cit., p. 234.
26 Nachgelassene Fragmente 1869-1874, cit., p. 385, p. 429 e
p. 43 1, trad. it. cit., parte I, p. 402 e parte 11, pp. 14 e 16.
27 Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit.,
pp. 129 e 131, trad. it. cit., p. 135 e 134.
Ivi, p. 149, trad.it. cit., p. 155.
29 Grundlinien der Philosophie des Rechts, in G. W . F.
H ~ c s ~ , W e r kine zwanzig Banden, a cura di E. Moldenhauer e K.
M. Michel, Suhrkamp, FrankfurdM. 1969-1979, vol, VII, p. 26,
trad. it. Laterza, Bari 1954, p. 167.
30 Unzeitgema$e Betracht~n~en, 111, in KSA, vol. I, p. 339,
trad. it. in Opere di Friedricb Nietzsche, cit., vol. 111, 1, p. 361.
"Nachgelassene Fragmente 1869-1874,cit., p. 243, trad. it.
cit., pp. 247-8.
I iVietz.de e la critica della modernità
32 Also sprach Zarathustra. in KSA, vol. IV, p. 357, trad. it. in
Opere diFnedn'ch Nietz.de, cit., vol. VI,l, pp. 349-350.
33 Unzeitgemge Betrachtungen, 111, cit. p. 362, trad.it. cit.,
p. 387.
34 Cfr. D. LOSURDO, Hegel e la libertà dei moderni, Editori
Riuniti, Roma 1992, pp. 331-335.
35 Ueber die Zukunfi unserer Bildungsanstalten ,in KSA, vol.
I , pp. 700 e 666, trad. it. in Opere di Friednch Nietzsche, cit., vol.
III,2, pp. 146 e 107.
36 Unzeitgemi$e Betrachtungen, 11, in KSA, vol. I , p. 309,
trad. it. in Opere di Friednch Niet.de, cit., vol. III,2, p. 328.
37 Unzeitgema$e Betrachtungen, 11, cit., p. 3 10, trad. it. cit.,
p. 329.

~ .
Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit., p.
56, trad. it. cit., pp. 54-5.
39 Ivi, pp. 145-6, trad. it. cit., pp. 151-2.
40 Unzeitgemaj9e Betrachtungen, 11, cit., p. 305, trad. it. cit.,
p. 324.
41 Ivi, p. 309, trad. it. cit., p. 328.
42 Ivi, p. 331, trad. it. cit., p. 352.
43 Ivi, p. 329, trad. it. cit., p. 350.
44 Ivi, p. 303, trad. it. cit., p. 321.
45 Ivi, p. 307, trad. it. cit., p. 325.
46 Ivi, pp. 310-1, trad. it. cit., p. 329- 330.
47 Ivi, p. 306, trad. it. cit., p. 324.
48 Umano, troppo umano, I , af. 442.
49 Lettera a Franziska e Elisabeth Nietzsche del 12 dicembre
1870, in Nietzsche Briefwechsel, cit., vol. 11, 1, p. 164, trad. it. in
Epistolario di Friedrich Niet.z.de, cit., vol. 11, p. 158.
50 Lettera a C. v. Gersdorff del 21 giugno 1871, cit., p. 203,
trad. it. cit., p. 195.
51 Cfr. F. ENGELS, Prefazione (1875) a Der deutsche Bauern-
krieg, in K. MARX - F. ENGELS, Werke, Dietz-Verlag, Berlin, 1955
sgg., pp. 515-7.
52 I1 viandante e la sua ombra, af. 22 I.
53 Umano, troppo umano, I, af. 463.
DOMENICO
LOSURW
La gaia scienza, a f . 149.
93 Die Geburt der Tragodie aus dem Geiste der Musik, cit.,
pp. 106-7, trad. it. cit., pp. 108-9.
94 Ueber Wahrheit und Luge im auJ?ermoralischenSinne, in
KSA, vol. I , pp. 879-880, trad. it. in Opere di Friedrich Nietzsche,
cit., vol. III,2, pp. 359-60.
95Aurora, af. 105.
% Crepuscolo degli idoli, Scorribande di un inattuale, a f . 48.
97 Nachgelassene Fragmente 1885-1887,cit., p. 514, trad. it.
cit. vol. VIII,2, p. 159.
98 Al di là del bene e de male, af. 191
99 Crepuscolo degli idoli. Il problema Socrate, af. 7.
'O0 Nachgelassene Fragmente 1885-1887, cit., p. 112, trad. it.
cit., vol. VIII, 1, p. 100.
'O' Nachgelassene Fragmente 1885-1887, cit., p. 348, trad. it.
cit., vol. VIII,2, p. 10.
'O2 Ivi, p. 347, trad. it. cit., p. IO.
'O3 Ivi, p. 189, trad. it. cit., vol. VIII, 1, p. 179.
'O4 Nachgelassene Fragmente 1887-1889,cit., p. 424, trad. it.
cit., p. 214.
'O5 LJAntimisto,af. 27 e af. 25.
lffi Genealogia della morale, 111, af. 22.
'O7 Nachgelassene Fragmente 1887-1889, cit ., p. 33 1, trad. it.
cit., pp. 120-21.
'O8 Crepuscolo degliidoli. Il problema Socrate, af. 7.
'O9 Nachgelassene Fragmente 1887-1889,cit., p. 264, trad. it.
cit., p. 54.
"O Genealogia della morale, I , af.16.
11' Nachgelassene Fragmente 1869-1874,cit., p. 121, trad. it.
cit., p. 118.
"* Genealogia della morale, 111, af. 22.
"3 Ivi, af. 9.
Il4 Crepuscolo degliidoli. Scorribande di un inattuale, af. 34.
"5 Genealogia della morale, I , af.16.
Al dilà del bene e del male, a f . 46 e 44.
"7 Ivi, af. 228.
N i e t d e e L d i c a della modernità
118 Nachgelassene Fragmente 1887-1889,cit., p. 444, trad. it.
cit., p. 233.
'l9 Nachgelassene Fragmente 1885-1887, cit., p. 214, trad. it.
cit., vol. VIII, 1,p. 203
120 Ecce homo. Il caso Wagner, af. 4.
121 Nachgelassene Fragmente 1887-1889, cit., p. 641, trad. it.
cit., p. 411.
122 Nachgelassene Fragmente 1882-1884, in KSA, vol. X, p.
296, trad. it. in Opere diFnedntrchNietzsche, cit., vol. VII, 1, parte
I, p. 282.
123 La gaia scienza, af. 329.
124 Nietzsche contra Wagner, in KSA, vol. VI, p. 419-20, trad.
it. in Opere diFnedn'ch Nietzsche, cit., vol. VI, 3, pp. 392-3.
lZ5 Ecce homo. Ilcaso Wagner, af. 3; cfr. anche Nachgelassene
Fragmente 1887-1889, cit., p. 643, trad. it. cit., p. 41% Analoga
ironia in Nietzsche contra Wagner. Dove va collocato Wagner.
126 Nachgelassene Fragmente 1885-1887,cit., pp. 437-8, tr. it.
cit., vol. VIII, 2, pp. 89-90.
127 Nachgelassene Fragmente 1887-1889, cit., p. 62, trad .it.
cit., vol. VIII, 2, p. 271.
128Unzeitgema$eBetrachtungen, IV, in KSA, vol. I, p. 446,
trad. it. in Opere di FriednCh Nietzsche, cit., vol. IV, 1,p. 19.
129 Genealogia della morale, 111, af. 2 1.
130 A. S M IAn ~ ,Inquity into the Nature and the Causes of t k
Wealth of Nations,1775-6; I11 ed. 1783 (citiamo dalla ristampa,
Liberty Classics, Indiana~olis1981, deli' ed. di Glasgow),p. 794,
trad. it. Mondadori, Milano1977, p. 782.
l'' K. MARX-F. ENGELS, Manifest der kommunistischen Partei
(1848),in Werke, cit., vol. IV, p. 484 e p. 489, trad. it. cit., vol. VI,
p. 508 e p. 514.
'j2 Genealogia della morale, 111, af. 22.

133 L'AntimiSto, af. 54.


Ivi, af. 46.
135 Al di là del bene e del male, af. 46.
La gaia scienza, af. 124.
u7Aurora, af. 546.
DOMENICO
LOSURDO
138 Crepuscolo degliidoli. Scom%andedi un inattuale, af. 34.
'j9 NachgelasseneFragmente 1885-1887, cit., p. 354, trad. it.
cit., vol. VIII, 2, p. 16.
140 Genealogia della morale, 11, af25 e 24.
141 Al di là del bene e del male, af. 62.
142 Genealogiadella morale, pref., 5.
143 NachgelasseneFragmente 1887-1889, cit., p. 471, trad. it.
cit., p. 258.
144 Ivi, p. 413, trad. it. cit., p. 203.
145 Ivi, p. 87, trad. it. cit., vol. VIII, 2, p. 293.
146 Ecce homo. Perché sono un destino, af. 4.
14' Nachgelassene Fragmente 1887-1889,cit., pp. 471 e 417,
trad. it., cit., pp. 258 e 207.
148 Ivi, p. 218-9,trad. it. cit., p. 10-11.
149 Nachgelassene Fragmente 1884-1885 , cit., p. 98, trad. it.
cit., p. 86.
150Nachgelassene Fragmente 1885-1887, cit., p. 31, trad. it.
cit., vol. VIII, 1, p. 23-4.
NachgelasseneFragmente 1887-1889, cit., p. 220, trad. it.
- cit., p. 12.
15* L'Antirristo, af. 2.
15' Ecce homo. La nascita della tragedia, af. 4 .
Nachgelassene Fragmente 1885-1887, cit., p. 479, trad. it.
cit., vol. VIII, 2, p. 129.
155 Nachgelassene Fragmente 1887-1889,cit., pp. 401-2, trad.
it. cit., vol. VIII, 3, p. 191.
I1 filosofo lo cita con favore in due lettere a F. Overbeck
(Sils, 4 luglio 1888) e A. Strindberg (Torino, 8 dicembre 18881, in
Nietzsche Briefwechsel,cit., vol. III,5, p. 347 e p. 508.
15' Cfr. A. E. FINK, Causes of Crlme. Biological Theories in
the United States 1800-1915 (1938), Perpetua, New York 1962,
pp. 188-210.
158Nachgelassene Fragmente 1884-1885, cit., p. 69, trad. it.
cit., p. 59.
159 L. GUMI~LOWICZ, Der Rassenkampf Soziologische Untersu-
chungen, Wagner'sche Universitatsbuchhandllung, Innsbruck
Nietache e la mtica della modernità
1883, p. 249.
Nachgelassene Fragmente 1885-1887, cit., p. 47 1, trad. it.
cit., vol. VIII, 2, p. 120.
161 NachgelasseneFragmente 1884-1885,cit., pp. 581-2, trad.
it. cit., p. 261-2.
16* Lettera di Jacob Burckhardt a Nietzsche del 13 settem-
bre 1882 e del 26 settembre 1886, in Nietzsche Bnefwechsel. cit.,
vol. vol. 111, 2, p. 288 e vol. III,4, pp. 221-2; per la lettera a Lou
Salomé del 16 settembre 1882 vedi ivi, vol. 111, 1, p. 259.
16' Lettera a Burckhardt del 22 settembre 1886, in ivi, vol.
III,3, pp. 254-5.
Lettera a F. Overbeck del 23 febbraio 1887, in ivi, vol.
III,5, p. 28.
165 Nachgelassene Fragmente 1885-1887, cit., p. 493, trad. it.
cit., vol. VIII, 2, p. 140.
Nachgeiassene Fragmente 1887-1889, cit., p. 220, trad. it.
cit., p. 12.
Ecce homo. La nascita della tragedia,af. 4.
NOTA BIO-BIBLICGRAFICA

FNEDRICH raEmaE.LA VITA

Nato a Rocken in Sassonia il 15 ottobre 1844. Studia


filologia classica a Bonn e a Lipsia. In quest'ultima città s'im-
batte casualmente nei Mondo come volontà e rappresentazione
e ne ricava un'impressione straordinaria. A soli 24 anni viene
chiamato a ricoprire la cattedra di fdologia classica all'univer-
sità di Basilea, dove conosce il grande storico Jacob
Burckhardt che lo influenza profondamente coi suoi studi sul-
la cultura greca. A questo stesso periodo risale l'amicizia con
Richard Wagner (già conosciuto nel 1868) e con Cosima von
Biiiow che vivono a Tribschen sul Lago dei Quattro Cantoni.
Nel 1879,per ragioni di salute ma anche di irrequietezza spiri-
tuale, Nietzsche abbandona l'insegnamento universitario. Ini-
zia così un periodo di vagabondaggio da una città all'alte, da
una pensione all'altra, tra la Svizzera,l'Italia e la Francia meri-
dionale, d a ricerca di una guarigione che non arriverà mai.
Nel 1882, conosce Lou Salomé, una giovane russa, fascinosa,
colta e spregiudicata, la quale non manca di dispiegare un
profondo effetto anche sul filosofo, che, innamoratosi,le pro-
pone il matrimonio. Ma la donna preferisce unirsi a Paul Rée,
amico e discepolo di Nietzsche. Il lungo vagabondaggio ini-
ziato nel 1879 si conclude dieci anni dopo a Torino. Il 3 gen-
naio del 1889, il filosofo cade preda d d a follia. È affidato alle
cure prima della madre (a Naumburg) e poi della sorda che
lo conduce a Weimar. Qui Friedrich Nietzsche muore il 25
agosto 1900, senza potersi render conto del successo mondia-
le che ormai arride d a sua opera.
Dopo i primi lavori a carattere propriamente filologico,
La nascita della tragedia dallo spirito della musica, pubblicata
nel 1872, rappresenta il momento di passaggio daila filologia
d a filosofia. Tale contaminazione scatena la furibonda reazio-
ne di Wiiamowitz (un giovane destinato a conquistare cele-
brità mondiale nel campo degli studi suil'antichità classica)
che stronca il libro come efilologia del futuro». Tra il 1873 e il
1876 Nietzsche pubblica le Considerazioni inattuali: le ultime
due, la terza e la quarta, sono dedicate d'opera rispettiva-
mente di Schopenhauer e Wagner, i due essenziali punti di
riferimento di questo periodo. La rottura con entrambi divie-
ne evidente con la pubblicazione, nel 1878, di Umano, troppo
umano. Un libro per spiriti liberi (dedicato a Voltaire nel cen-
tenario della sua morte), cui poi si aggiungono Opinioni e sen-
tenze diverse (1879) e Il viandante e la sua ombra (1880), due
appendici successivamente raccolte assieme per costituire il
secondo volume di Umano, troppo umano. Seguono Aurora.
Pensieri sui pregiudizi morali (1881) e La gaia scienza (1882):
sono le opere del cosiddetto periodo «illuministico».Con la
pubblicazione di Cosr'parlòZarathustra. Un libro per tutti e
per nessuno (1883-1885)inizia un periodo di produzione che
diviene via via più intenso e febbrile man mano che volge al
termine la vita cosciente del filosofo. Nel 1886 esce Al di ki del
bene e del male. Preludio di una filosofia dellamenire. È del-
l'anno successivo la Genealogziz della morale. Uno scritto pole-
mico. .Nel 1888 vedono la luce Il caso Wagner. Un problema
per amatori di musica e Il crepuscolo degli idoli. Ovvero come si
filosofa col martello. Anche Lantioisto è pronto per le stampe
e pressocché terminati sono Ecce homo (uno schizzo di auto-
biografia intellettuale) e Nietzsche contra Wagner. Verranno
Nietzrche e la cri'tica della modernità
pubblicati rispettivamente nel 1895, nel 1908 e nel 1889. In
alto mare restano i progetti relativi a quella che Nietzsche, tra
ripensamenti e ritorni, sembra considerare la sua opera princi-
pale: La volontà dipotenza verrà pubblicata in prima edizione
nel 1901 e, in seconda edizione, notevolmente ampliata, nel
1911, a cura di Peter Gast (il musicista amico e discepolo del
filosofo) e di Elisabeth-Forster-Nietzsche(la sorella del filo-
sofo).

EDIZIONI

Werke. Kritische Gesamtausgabe, a cura di G. Colli e


M. Montinari, De Gruyter, Berlin-New York, 1967 sgg.
Shtliche W d e . Kritische Studienausgabein 15Bandez,
a cura di G. Colli e M. Montinari,De Gruyter-DTV,Miinchen-
Berlin-New York 1980 (è un'edizione che si differenzia d d a
precedente solo per la sua agilità o maneggevolezza).
Nietzsche Briefwechsel. Kritische Gesamtausgabe, a
cura di G. Coili e M. Montinari, De Gruyter, Munchen-Ber-
h - N e w York 1975 sgg.
Der Ville zur Macht. Versuch einer Umwertung aller
Werte, ausgewahlt und geordnet von Peter Gast und Elisa-
beth Forster Nietzsche, Kroner, Stuttgart 1964.

IN TRADUZIONE ITALiANA

Opere di Friedrich Nietzsche, a cura di G. Colli e M.


Montinari, Adelphi Milano 1972 sgg.
Epistolario di Friedrich Nietz~chea cura di G. Coiii e M.
Montinari, Adelphi, Milano 1976 (2 vol.).
La uolontà dipotenza. Nuova edizione italiana a cura di
M. Ferraris e P. Kobau, Bompiani, Milano1994.
G. L v m , Die Zersthng der Vernunft, Aufbau Verlag, Berlin 1
1954, (trad. it. Einaudi,Torino, 1959). l'
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L.LI.Y.H~.
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S. Bologna, Nazismo e darse operaw, 1997
finito di stampare nel mese di febbraio 1997
per conto della manifestolibri - roma
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Per tenere premuto il libro contro il vetro dello scanner ho usato un mattone dentro una busta di
plastica. Sono vetri resistenti (penso) difficilmente si rompono (spero). Ho dovuto scannerizzare il
libro una facciata + una facciata e salvare il file ogni volta per restare dentro la dimensione di 100KB
per file (un file = due scannerizzate = 100KB) perché alla terza scannerizzata i KByte moltiplicavano per
dieci e la pagina salvata superava il mega (due facciate = cento KByte; tre facciate invece di 150KB mi
dava quasi un Mega quando salvavo le pagine; poi così di seguito: dieci facciate dieci mega... ecc.). Non
ho capito se per colpa di un bug messo apposta in questo programma (Acrobat Reader) per salvare i diritti
d'autore e scoraggiare la pirateria o che. Lo scanner lo tengo per terra vicino alla sedia in modo che ci
arrivo bene con il braccio senza fatica.Comunque circa dieci MegaByte (totali) per un libro di duecento
pagine mi sembra un peso sopportabile. Meglio dei testi formattati che stancano a correggerli anche se
hanno il vantaggio di occupare molto meno spazio sull'hard disk.
realizzato con: (Software Ita) Adobe Acrobat v7.0 Professional (Completo se non lo tolgono) Ok
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