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^dal liberalismo al
comunismo critico
Domenico Losurdo
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Gamberetti Editrice
Per Gramsci
Testi, studi, documenti,
per leggere la realt
attraverso le lenti
di un maestro che sapeva
guardare e ascoltare.
t;
D mondo grande
e terribile, e complicato.
Ogni azione che viene lanciata
sulla sua complessit
sveglia echi inaspettati."
Antonio Gramsci
ISBN
88-7990-023-4
nismo
storico,19%.
Lire 29.000
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Per Gramsci
collana diretta da
Giorgio Baratta, Eric Hobsbawm,
Domenico Losurdo, Gerardo Maretta,
Edoardo Sanguineti
coordinamento a cura di
Serena Di Giacinto, Fabio Frosini
In collaborazione
con l'Istituto Italiano
per gli Studi Filosofici
Domenico Losurdo
Antonio Gramsci
dal liberalismo al
comunismo critico
Gamberetti Editrice
Indice
Parte prima.
Per una biografia intellettuale
Gap. I
Tra Risorgimento e I guerra mondiale:
gli inizi di Gramsci
1.
2.
3.
4.
pagma
17
21
25
29
Gap. II
Macello europeo, rivoluzione, fascismo:
l'adesione di Gramsci al comunismo critico
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
9.
35
37
41
46
54
58
61
65
69
73
G]il]sa,\aFood-Diplomacy
e il complotto tedesco-bolscevico
12. Americanismo e antiamericanismo
13. Liberalismo, socialismo e questione coloniale
14. Umanesimo integrale e comunismo
75
81
86
90
Gap. Ili
Contraddizione oggettiva e prassi umana:
Gramsci e il neoidealismo italiano
1.
Una categoria del tutto formale
2. Fichte e le filosofie della prassi
3. Centralit della categoria di contraddizione oggettiva
4. Prassi, autoprassi, intimismo
5. Teoria/prassi e morale/politica: unit e distinzioni
6. Marxismo, attualismo, pragmatismo
7. Volont di potenza, materialismo storico
e critica della metafisica del soggetto
Le ideologie non creano ideologie:
Gramsci interprete di Gramsci
Parte seconda.
Il marxismo
e il comunismo critico di Gramsci
10
95
101
105
110
114
120
125
128
Gap. IV
Legittimit e crtica del moderno:
Gramsci, Marx e il marxismo novecentesco
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7,
9.
Gap. V
Estinzione dello Stato?
Il comunismo fuori dell'utopia
137
140
145
147
150
155
160
162
166
171
173
176
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
181
185
187
190
193
198
202
Parte Terza.
La difficile emancipazione:
Gramsci, l'elitismo italiano
e il marxismo occidentale
Gap. VI
Eredit proletaria ed elisir borghese:
un confronto dai tempi lunghi
1.
2.
3.
4.
209
212
217
221
5.
6.
7.
225
227
235
Gap. VII
Gramsci esponente del marxismo
1.
2.
3.
4.
occidentale?
241
244
247
251
255
13
Si presenta qui il testo riveduto di lezioni tenute presso l'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici e di relazioni svolte in occasione di Convegni per lo pii organizzati dall'Istituto.
In riferimento
a Gramsci:
comunista
a Marx e Engels:
, Roma, Editori
Parte prima
I.
Tra Risorgimento e
I guerra mondiale:
gli inizi di Gramsci
1.
Allorch scoppia la I guerra mondiale, momento di svolta nella storia del '900, Gramsci ha ventitr anni. Se anche iscritto al partito
socialista - e la cosa non certa - non si impegna con particolare intensit nell'attivit politica.' Tra tutti coloro che sono gi o sono destinati a
diventare dirigenti di primo piano del movimento operaio internazionale, il provinciale venuto dalla Sardegna si distingue per il fatto di non
aver in alcun modo alle spalle i dibattiti teorici e politici propri della
Seconda Internazionale. Certo, gi chiaro il legame con le classi
subalterne, saldato dalle modeste origini sociali, dall'esperienza dolorosa delle privazioni quotidiane, da una sensibilit e seriet morale che
alimentano ulteriormente l'atteggiamento simpatetico nei confrond di
coloro che sono costretti a subire una vita di stenti. Sono tanti in Sardegna dove, assieme all'analfabetismo, infuriano malaria, tracoma, tubercolosi e inedia.
Ma l'atteggiamento simpatetico di Gramsci nei confronti delle classi e dei popoli tenuti in condizione subalterna non resta certo confinato alla sua isola d'origine. I compiti scolastici testimoniano di una piena
identificazione con quei popoli infelici delle colonie, bollati e trattati
Ihid.,P.&6-7.
4 Vedi G, Salvemini, Liberalismo e socialismo (L'Unit del 14 ottobre 1920), ora in Id., Opere, Milano, Feltrinelli, 1964-1978, voi. V i l i , p. 567 e 569.
5 Vedi G, Fiori, Vita di Antonio Gramsci, op. cit., p. 108. Va per ridimensionata l'affermazione
secondo cui in tutti gli scritti giovanili, Gramsci cita Lskino\sLunasolavolta (nei 1918!).
18
6 Ihid., p. 100.
19
un Dio in terra, nel senso che non c' nessuna legge divina ed eterna
sopra la legge dello Stato. In modo analogo, ancor prima del Sillabo,
argomenta in Italia Antonio Rosmini, secondo il quale la moderna
antropolatria, che trova la sua compiuta espressione in Hegel, sfocia
nella statolatria, nella pretesa di modificare l'ordinamento politico e
sociale secondo l'arbitrio dell'uomo. ^
Lo Hegel da cui prende le mosse Gramsci lo Hegel inviso alla conservazione in quanto liberale e moderno, in quanto espressione della
coscienza storica, della presa di coscienza della possibilit del mutamento e della possibile iniziativa trasformatrice del soggetto umano. La
sua filosofia aveva svolto un ruolo importante nella preparazione ideologica della rivoluzione del '48. In questo quadro altres da collocare il
richiamo a Croce e Gentile, discepoli italiani del filosofo tedesco e
impegnati nella difesa del Risorgimento. Ma ci sta a significare il carattere sin dall'inizio problematico del rapporto da Gramsci istituito coi
due grandi intellettuali laici. Viene loro accordato un credito per cos
dire sub condicione\ la lettura dei loro testi va alla ricerca di una risposta
o di materiali per una risposta ad un problema reale; e il valore di tale
risposta continuer ad essere commisurato sul contributo che essa pu
fornire alla comprensione e soluzione dei problemi reali. Non stupisce
allora il fatto che la successiva evoluzione porter Gramsci a vedere nei
due grandi intellettuali neoideahsti non gi gli alfieri della lotta per la
difesa del moderno quanto i complici dell'oscurantismo anti-moderno
di Pio X, impegnati, in nome della difesa dell'ordinamento sociale, a
non intaccare l'influenza suUe masse popolari della cultura clericale pi
reazionaria {infra, cap. VI, 3). D'altro canto, anche il giudizio sulla cultura
cattolica sempre storicamente e politicamente concreto. Una significativa testimonianza riferisce che gi il giovane Gramsci condanna vivacemente ranticlericalismo stupido di chi non comprende la netta superiorit del pacifismo evangelicamente ispirato rispetto all'interventismo
di certi atei dichiarati.
Per quanto riguarda i due filosofi neoidealisti, essi vengono letti
7 Vedi D. Losurdo, Dai fratelli Spaventa a Gramsci. Per una storia politico-sociale
della fortuna di
Hegel in Italia, Napoli, La Citt del Sole, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 1997, cap. IV, 2.
8 VediG. Vion, Vita di Antonio Gramsci, Qp. cit.,p. 123.
20
come l'espressione teorica del Risorgimento e di una rivoluzione borghese che si tratta di condurre a termine (e anzi, secondo una visione
che matura progressivamente, di completare e superare). Croce e Gentile sono dunque sottoposti ad un'interpretazione in cui essi non
potrebbero riconoscersi. E cio anche quando si sente a loro pi vicino,
Gramsci costruisce questo rapporto di vicinanza in modo tale che, agli
occhi dei due autori da lui interpretati, esso apparirebbe soltanto come
la conferma di una reciproca radicale estraneit.
2.
Positivismo e neoidealismo
Mezzogiorno arretrato, la colpa non del sistema capitalistico o di qualsivoglia altra causa storica, ma della natura che ha fatto i meridionali poltroni,
incapaci, criminali, barbari [...] Il Partito socialista fu in gran parte il veicolo
di questa ideologia borghese nel proletariato settentrionale; il Partito socialista diede il suo crisma a tutta la letteratura "meridionalista" della cricca di
scrittori della cosiddetta scuola positiva, come i Ferri, i Sergi, i Niceforo, gli
Orano e i minori seguaci, che in articoli, in bozzetti, in novelle, in romanzi,
in Hbri di impressioni e di ricordi ripetevano in diverse forme lo stesso ritornello; ancora una volta la "scienza" era rivolta a schiacciare i miseri e gli
sfruttati, ma questa volta essa si ammantava dei colori socialisti, pretendeva
essere la scienza del proletariato (CPC, 140).
bra essere estraneo il sangue albanese che si sussurra scorra nelle sue
vene. "
Negli stessi termini in cui legge la questione meridionale italiana e la
questione irlandese Ferrer legge, negli anni che precedono il primo
conflitto mondiale, il contrasto, a livello europeo e mondiale, tra il prodigioso sviluppo delle razze germaniche (i popoli della Germania,
dell'Inghilterra e degli Usa) e l'immobilismo o l'arretramento delle razze latine [che] vivono sulle ricchezze accumulate del passato. Con lo
scoppio della guerra, la dicotomia germanesimo-latinit continua a sussistere ma viene reinterpretata in chiave antitedesca ed esclusivamente
antitedesca. E ci al fine di bollare, assieme al Secondo Reich di
Guglielmo II, anche una sorta di mitica Germania eterna. La sua
espressione concentrata nella filosofia di Hegel, la cui diffusione sembra evocare le invasioni barbariche.
Quando l'hegelianismo dei paesi settentrionali, dove era venuto alla luce,
usc per il mondo e tent di valicare i confini dell'antico Impero di Roma,
suscit al suo apparire una specie di orrore. Questa sciagurata sofistica, che
confondeva tutti i criteri del bene e del male a servizio di tutti gli arrivisti fossero popoli, Stati, classi, partiti e singoli uomini - incut ribrez2o agli spiriti pi alti, pili profondi e pii nobili dei paesi latini.
n G. Ferrer, La reazione (1894), Torino, Olivetti, 1895 (II ed.), p. 78,32 e34.
12 G. Ferrer, L'Europa giovane. Studi e viaggi nei paesi del Nord, Wi&no, Treves, 1903, p. 417.
13 Vedi D. Losurdo, Vai fratelli Spaventa a Gramsci, op. cit., cap. 2-4. A questo lavoro rinviamo
anche per la successiva involuzione di Gentile che porter il filosofo ad accettare gli stereotipi
nazionali precedentemente rifiutati e ad aderire al fascismo.
23
cui indolenza e invidia impediscono lo sviluppo della societ industriale, l'affermarsi di un solido gruppo dirigente e l'ordinato funzionamento delle istituzioni. Persino nel confronto con gli altri popoli che
abitano il cuore dell'Europa, gli anglosassoni finiscono col rivelarsi
superiori, privi come sono di quelle caratteristiche (sottomissione,
rassegnazione, statalismo) tipiche dei francesi e delle nazioni continentali, tutte incancrenite dalla burocrazia e dall'invidiosa smania
egualitaria. "
Della gloria anglosassone non sembra poter partecipare in quegli
anni l'Irlanda, in condizioni di grave arretratezza e vittima della brutale
oppressione britannica. Quando, alla fine dell'Ottocento, una personalit di primo piano della cultura liberale del tempo, lo storico Lecky,
invita il governo di Londra ad una politica di concihazione nei confronti degli irlandesi, la raccomanda in base all'argomento per cui,
dopo tutto, anche gli irlandesi fanno parte della grande razza ariana! "
Non questa per la visione pi diffusa che insiste invece sull'estraneit dei celti irlandesi alla razza anglosassone ovvero teutonica, la
quale abbraccia anche Germania e Stati Uniti. Nel 1860, Lord Robert
Cecil (futuro marchese di Salisbury e futuro primo ministro della Gran
Bretagna) contrappone ai popoli dei climi meridionali, quelli di
ascendenza [...] teutonica; "" nel 1899, Joseph Chamberlain (ministro
delle colonie) chiama ufficialmente Stati Uniti e Germania a stringere,
assieme al suo paese, un'alleanza teutonica. " E come Ferrer, cos
anche la cultura liberale o liberal-positivistica inglese non esita, con lo
scoppio della prima guerra mondiale, a riposizionare in funzione antitedesca i precedenti stereotipi. Non c' dubbio: prendendo le mosse
da Croce e Gentile, Gramsci prende le mosse da filosofi che, in quel
in the Eighteenth
Century,
London, Longmans-Green
momento, sono da annoverare tra gli autori che esprimono la pi avanzata cultura europea e mondiale.
Si comprende allora il duro giudizio sul positivismo, che in Gramsci
assurge a sinonimo di naturalizzazione, in diverse forme, del processo
storico. Essenzialmente positivistica la visione della storia dell'ylction Frangaise: La societ , per Daudet e Maurras, come una pianta, la
pianta dei gigli d'oro della dinastia millenaria dei re di Francia; essa
sprofonda le sue radici nella particolare anima del popolo e della razza
francese. Questi cattolici e positivisti costruiscono tutto il loro
discorso sugli pseudo-concetti di razza, di regione, di anima, di ordine,
di gerarchia, di eredit. Per loro la "Rivoluzione" non originaria di
Francia; essa dipende dalla Riforma protestante {Il nostro Marx, [NM],
347-8). Se John Stuart Mill considera gli incessanti sconvolgimenti rivoluzionari della Francia come una sorta di malattia ereditaria di un popolo roso dall'invidia e anarcoide, l'Action Frangatse denuncia in quegli
stessi sconvolgimenti un morbo provocato da un agente patogeno esterno. Indipendentemente dal diverso e contrapposto giudizio di valore,
comune alle due posizioni l'evasione dal terreno della storia e il ricorso
al paradigma antropologico ovvero - sottolinea Gramsci con linguaggio
crociano - a pseudo-concetti.
3.
Liberalismo e antigiacobinismo
Allorch scoppia la guerra, lo studente sardo e torinese non guarda a Berlino o all'atteggiamento che avrebbero assunto i leader della
Seconda Internazionale, ma continua a lungo a rivolgere in modo privilegiato la sua attenzione ai due filosofi neoidealisti: non si erano
sempre opposti alla lettura in chiave naturalistica dei conflitti? Non
avevano costantemente contrapposto la storia agli stereotipi nazionali
e al paradigma antropologico? Cosa avrebbero detto di una guerra
presentata dai governi e dai loro ideologi come scontro tra anime
nazionali irriducibilmente ostili? In effetti, dopo l'articolo del 31 ottobre 1914 in cui Gramsci cerca di orientarsi nel dibattito in atto nel
25
Alla Terza Repubblica, che pure ha conseguito il suffragio universa18 Si tratta di una presa di posizione cautamente e problematicamente favorevole al pronunciamento di Mussolini per il passaggio del Partito socialista dalla neutralit assoluta alla neutralit
attiva e operante (CT, 10-4). Leader dell'ala rivoluzionaria, Mussolini si appresta a percorrere
la strada dell'interventismo. Si comprende allora la lettura, peraltro giustamente definita settaria, in chiave interventista dell'articolo di Gramsci (G, Fiori, Vita di Antonio Gramsci, op. cit.,
p,113). Ma, alla luce dei successivi interventi, e dei successivi silenzi, di Gramsci problematica
appare anche la lettura in chiave leniniana dell'articolo in questione, come una sorta di oggettiva
adesione alla parola d'ordine della trasformazione della guerra imperialista in guerra civile rivoluzionaria: vedi R, Giacomini, Gramsci e la formazione del Partito Comunista d'Italia, Napoli,
Edizioni di Cultura Operaia, 1975, p. 15-9 e P. Taboni, ha gramsciana neutralit attiva e operante,
in Differenze, n. 10,1979 (Urbino), p. 119-187.
26
20 Riportato in D. Pick, War Machine. The Kationalisation ofSlaughter in the Modem Age ( 1993 ), tr. it.,
di G. Ferrara degli liberti. La guerra nella cultura contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. 33.
28
4.
A n c h e secondo Rosmini, la m o d e r n a antropolatria o statolatria a fondare la pretesa socialista di poter legittimamente procedere ad
una redistribuzione della ricchezza e del reddito. ^^ Assunto a sinonimo
di una modernit che alle eterne leggi naturali e divine pretende di sostituire l'iniziativa storica dell'uomo, il liberalismo condannato dalla cultura cattolica del tempo si presenta gravido sin dagli inizi del socialismo.
Vediamo ora come argomenta Gramsci a cavallo dell'ottobre 1917.
Poco piti di un anno prima, s'impegna in una polemica coi cattolici che per
la pace pregano la Madorma e invocano la buona volont dei santi, quando sarebbe pivi opportuno fare appello a quella degli uomini. Tale atteggiamento di rassegnazione sta a significare rifiuto o misconoscimento della
modernit: Solo ci che opera, conquista nostra, ha valore per noi,
diventa parte di noi stessi, non ci che viene elargito da un potere superiore, sia esso lo Stato borghese, o sia la Madonna della Consolata (CT, 3923). In questo senso la nostra religione ritoma ad essere la storia, la nostra
fede ritoma ad essere l'uomo e la sua volont attiva [...] E cos che ci sentiamo inevitabilmente in antitesi col cattolicesimo e ci diciamo moderni
(CT, 514). Nel luglio del 1918, nel respingere la campagna scatenata contro
la rivoluzione d'Ottobre, Gramsci scrive che chi trova Lenin utopista [...]
un cattolico, impaludato nel sillabo (NM, 208-9). Il motto di due anni
prima Hegel cantra ilSillabo\ ha assunto ora una nuova configurazione:
Lenin contra il Sillabo ! Pur senza sfociare nella statolatria, la moderna
antropolatria legittima ora la rivoluzione scoppiata sull'onda della lotta
contro la guerra e il sistema sociale che l'aveva provocata. Secondo Gramsci, chi continua a raccomandare la sottomissione delle masse agli Stati
borghesi che le immolano come vittime sacrificali sull'altare della guerra
ancora impregnato di metafisica e di teologismo (e di statolatria),
ancora al di qua della modemit nel suo senso pi alto e pi forte. Attraverso tappe successive, e attraverso im processo complesso e contraddittorio, la modemit si configura come una gigantesca rivoluzione contro il Sillabo. una rivoluzione che vede l'affermarsi della soggettivit libera, e
22 Vedi D. Losurdo, Dai fratelli Spaventa a Grams, op. cit., cap. IV, 2.
30
23 F. Mehring, Zurklassischen
iealistischen
deutschenPhilosophie:
GesammelteSchriften,
Berlin, Dietz, 1961, voi. XIII, p. 39.
Immanuel
24 MEW, XXXII, 501 e 503. Su ci ha richiamato l'attenzione E. Weil, Hegel et l'Etat (1950), tr. it.
in Hegel e lo Stato e altri scritti hegeliani, a cura di A. Burgio, Milano, Guerini, 1988, p. 67 nota.
25 K. Kautsky, Arthur Schopenhauer,mUe
neueZeit,
32
1888, VI,p.76.
tera: Forse - anzi senza forse - io sono diventato comunista per effetto
della mia educazione (rigorosamente) hegeliana, grazie all'incontro
giovanile col rifiorire napoletano dell'hegelismo che ha per protagonisti i fratelli Spaventa. Significativamente, destinatario di questa lettera
Engels, e dell'autore del Ludwig Feuerbach, Antonio Labriola dimostra di conoscere bene e di condividere pienamente la tesi secondo cui il
proletariato l'erede della filosofia classica tedesca. ^^ Questa tesi svolge
un ruolo importante nella formazione del gruppo dirigente dell'Ordine
Nuovo. Scrivendo sulla rivista diretta da Gramsci, Togliatti dichiara,
due anni dopo la rivoluzione d'Ottobre, che Marx figlio diretto di
Hegel. " E nel 1925: Al marxismo si pu giungere per diverse vie. Noi
vi giungemmo per la via seguita da Carlo Marx, cio partendo dalla filosofia idealistica tedesca, da Hegel [...] Per conto nostro la via che abbiamo seguito , rispetto a qualsiasi altra, la via maestra, ed ha tutti i vantaggi dell'essere tale. la via - aggiunge Togliatti - indicata e per primo seguita in Italia da Antonio Labriola, ma poi disgraziatamente
abbandonata per abbracciare il cosiddetto positivismo scientifico,
che in realt altro non che una volgare metafisica della storia intesa
come mera necessit naturale.
Gramsci forse ancora pii radicale: la filosofia della prassi una
riforma e uno sviluppo dell'hegelismo {infra, cap. Ili, 3). Ereditare la
filosofia classica tedesca culminata in Hegel significa per il movimento
operaio e comunista assumere non gi l'eredit di una semplice stagione
filosofica, e sia pure di una stagione filosofica di straordinaria importanza che ha comportato l'elaborazione di categorie teoriche (contraddizione oggettiva, salto qualitativo, dialettica, eccetera) decisive per la
comprensione del processo rivoluzionario; si tratta invece di ereditare il
mondo storico della modernit.
Risiede qui il fascino di un'evoluzione e di una biografia intellettuale
che, a partire da drammatici avvenimenti storici (il primo conflitto mon-
29 A. Comu, Karl Marx et Friedrich Engels. Lem vie et lem oeuvre (1818/1820-1844) (1955), tr. it.
di E Cagnetti e M. Montinari, Marx e Engels dal liberalismo al comunismo, Milano, Feltrinelli,
1962. Nelle pagine che seguono Gramsci e Togliatti verranno spesso accostati. La loro contrapposizione un mito politico, prima ancora che storiografico, come dimostra in modo efficace e
brillante L. Canfora, Palmiro Togliatti, Milano, Teti, 1997.
34
29 A. Cornu, Karl Marx et Friedrich Engels. Lem vie et leur oeuvre (1818/1820-1844) (1955), tr. it.
di F. Cagnetti e M. Montinari, Marx e Engels dal liberalismo al comunismo, Milano, Feltrinelli,
1962. Nelle pagine che seguono Gramsci e Togliatti verranno spesso accostati. La loro contrapposizione un mito politico, prima ancora che storiografico, come dimostra in modo efficace e
brillante L. Canfora, Palmiro Togliatti, Milano, Tati, 1997.
34
IL
1.
La I guerra mondiale costituisce un momento di svolta nell'evoluzione di un'intera generazione. Essa - scriver pi tardi Gramsci su L'Ordine Nuovo - ha imposto a tutti gli uomini degni di tal nome una revisione completa di tutte le istituzioni, di tutti i programmi, di tutte le forme
dell'attivit politica ed economica moderna {L'Ordine Nuovo 19191920 [ON], 283-4). Particolarmente significativo il dibattito che si sviluppa nel Partito socialista (e negli ambienti culturali e politici ad esso
pivi o meno vicini) e che s'intreccia con quello in atto gi da un pezzo, a
livello internazionale, sul tema delle riforme o della rivoluzione. La professione di fede riformista non immunizza dalla tentazione bellicista o
interventista. C' un momento in cui Turati sembra rendersi conto del
carattere intimamente contraddittorio di tale atteggiamento. Replicando
alle impazienze dei compagni di partito che esigono un inomediato intervento dell'Italia nel conflitto europeo, in una lettera alla Kuliscioff del 12
marzo 1915, il dirigente socialista osserva: Perch mai dovremmo applicare alla politica estera criteri tanto diversi da quelli che abbiamo adottato per la politica interna, a proposito della rivoluzione e delle rivolte?. '
Il problema qui sollevato sembra invece essere del tutto ignorato da
35
Salvemini. Ancora nel giugno del 1914, egli condanna le violenze che
hanno accompagnato lo sciopero generale e invoca qualche mese o
magari anche qualche annetto di prigione per coloro che se ne sono resi
responsabili. ^ Ma ecco che, alcune settimane dopo, chiama ad imporre
con la forza delle armi la fine dell'imperialismo germanico, cio la liquidazione degli Hohenzollern e degli Asburgo e delle loro clientele feudali,
e la democratizzazione dell'Austria e della Germania. '
Alla presa di posizione interventista si accompagna im'esplicita teorizzazione del diritto della violenza. " Un diritto che, al di l del piano dei
rapporti internazionali, finisce con l'assumere anche una dimensione di
politica intema, prendendo di mira i pacifisti. Deciso a por fine con ogni
mezzo alla neutralit, Salvemini invita a intensificare le dimostrazioni
antigiolittiane sino alla rivolta, e minacciare il re (lui stesso si dichiara
pronto per un comizio, per una dimostrazione, per qualche impresa). '
Dopo le prime incertezze e titubanze, Gramsci prende invece netta
posizione contro il macello europeo (NM, 489), il sanguinoso dramma della guerra (CF, 409), e chiama i socialisti ad attenersi ai principi
generali di convivenza intemazionale pacifica senza lasciarsi contagiare dal clima bellicista e sciovinista (NM, 39-40), A questo appello risponde polemicamente Salvemini: non bisogna in alcun modo confondere
socialismo e pacifismo e sono decisamente da condannare quei socialisti che minano la resistenza morale del paese e procedono ad un
vero e proprio sabotaggio della guerra, promuovendo, per esempio, i
tumulti di Torino dell'agosto 1917, e contribuendo meglio che hanno
potuto [...] al disastro di Caporetto. ' La tattica esclusivamente critica
e negativa del movimento operaio e socialista' sinonimo di tradimen-
2 G. Salvemini, Dopo lo sciopero generale-Postilla, su L'Unit del 26 giugno 1914, ora in Id., Opere,
op.cit., voi. Vili, p. 458-9.
3 G. Salvemini, La guerra per la pace, su L'Unit del 28 agosto 1914, ora in Id., Opere, op. cit., voi.
III,l,p.361.
4 G. Salvemini, Guerra a neutralit? (2 gennaio 1915), ora in Id,, Opere, op. cit., voi. Ili, 1, p. 473.
3 Lettera a U. Ojetti del 13 maggio 1915, in G. Salvemini, Carteggio. 1914-1920, a cura di E. Tagliacozzo, Roma-Bari, Laterza, 1984, p. 152.
6 G. Salvemini, Una strana affermazione, su L'Unit del 15 giugno 1918, ora in Id., Opere, op. cit.,
voi. Vili, p. 502.
7 G. S a l v e m i n i , L W m ^ ' o m V f f z o , s u d e l 3 luglio 1914,orainId.,Opere,op.cit.,voi. Vili,p.461.
36
2.
37
meglio A^lite. Di codismo danno prova, secondo Salvemini, i condottieri del socialismo italiano i quali, insuperabili finch si tratta di
criticare e demolire, si lasciano eccessivamente condizionare da
masse arretrate che si muovono per istinti negativi e non per dottrine positive e sono quindi portate a evitare la sofferenza e il dolore
della guerra. ' E invece - incalza Guido Dorso sulle colonne del Popolo
d'Italia - occorre una minoranza audace e geniale che trasciner per
la gola questa turba di muli e di vigliacchi a morire da eroi o a vincere
da trionfatori.
Pi tardi, Salvemini riconosce che le moltitudini operaie e contadine erano ostili alla guerra, nella loro banausicit e volgarit, domandavano semplicemente di essere lasciate tranquille alla loro vita di ogni
giorno. Tutto ci non poteva essere tollerato; le moltitudini subirono
per forza la guerra, perch c'era una spietata organizzazione amministrativa, che le afferrava e le buttava nella fornace. " Ma tale constatazione non assume alcun significato critico: ovvio e pacifico il diritto delle lite illuminate ad imporre la loro volont alle masse riluttanti o ribelli
al sacrificio e sorde ai valori spirituali del gigantesco rito sacrificale. Il
liberale Croce si fa beffe degli obiettivi attribuiti alla guerra dagli interventisti democratici, ma su un punto pienamente d'accordo con loro,
come risulta da un'osservazione fatta nel 1928: I contrari alla guerra
[...] erano certamente molti (in Italia come altrove), e forse "masse", ma
non contavano, perch qui si discorre di coloro che politicamente pensavano, parlavano e operavano; quelle masse non meritavano rispetto
alcuno, dato che erano costituite da uomini attanagliati dalla paura
della guerra, chiusi nel loro comodo e nel loro egoismo. "
Si comprende allora la risposta di Gramsci a Bissolati, bollato gi nel
titolo dell'articolo citato come la scimmia giacobina: in questo
momento i giacobini, nel senso deteriore del termine, sono gli interven-
9 G, Salvemini, Postilla, su L'Unit del 15 gennaio 1915, ora in Id., Opere, op. cit., voi. III, 1, p. 448.
10 Riportato in E. Forcella, Prefazione a E. Forcella-A. Monticene, Plotone d'esecuzione.
della prima guerra mondiale, Bari, Laterza, 1972, p. XII.
Iprocessi
11 G. Salvemini, La diplomazia italiana nella grande guerra. Introduzione premessa alla raccolta Val
Patto di Londra alla Pace di Roma (1925), in Id., Opere, op. cit., voi. Ili, 2, p. 726-7,
12 B. Croce, Storia d'Italia dal 1871 al 191? (1927), Bari, Laterza, 1967, p. 266.
38
tisti di ogni genere, uniti nel teorizzare tranquillamente il diritto di un'elite a sacrificare in massa un popolo riottoso sull'altare della patria o,
pili esattamente, della guerra imperialista. Successivamente, Gramsci
muter e approfondir il suo giudizio storico sul giacobinismo francese,
si render conto dei suoi profondi legami di massa. Ma, indipendentemente da ci, una prima conclusione emerge con chiarezza: il costante
rifiuto di quello che pi tardi i Quaderni del carcere definiranno come
ratteggiamento "paternalistico" verso le classi strumentali o subalterne, tradizionalmente assunto dagli intellettuali e dalle classi dominanti
dell'Italia prima liberale e poi fascista (Quaderni del carcere, [Q], 204i).
V, lite interventista, liberale, nazionalista o riformista che sia, finisce
col far valere, anche in occasione della guerra, il tema ideologico della
moltitudine bambina caro alla tradizione liberale e che ha a lungo
legittimato il monopolio proprietario dei diritti politici. Una continuit
ben evidente nell'evoluzione di Salvemini, che nella guerra e negli ufficiali esercitati al pericolo e alla direzione delle masse spera di trovare le
"guide" per quel popolo cos difficile a tenere insieme, " ma che gi nel
1907, in una lettera a Gentile, allora chiaramente attestato su posizioni
liberali, aveva scritto:
Bada bene; io sono con te nel ritenere che non tutte le classi sociali sono
fatte per tutte le idee; e la idea, che oggi contribuisce a formare la struttura
morale di un piccolo gruppo di filosofi, non diventer centro di vita morale
dei contadini che fra dieci secoli. Inoltre io mi avvicino molto a te, perch
detesto la mania che hanno certi novatori di distruggere senza edificare [...]
Occorre, dunque prudenza e tatto [evitando la diffusione tra le masse
popolari dei temi dell'irreligione e dell'ateismo] e rispetto in tutto. Summa
13 ci che Salvemini riconosce ancora nel 1955 nella sua prefazione agli Scritti sulla questione
meridionale: citiamo dalla raccolta G. Salvemini, Socialismo, riformismo, democrazia, a cura di E.
Tagliacozzo e S. Bucchi, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 328.
14 Riportato in S. Romano, Giovanni Gentile, Milano, Bompiani, 1990 (nuova edizione integrata),
p. 109-110.
39
40
3.
41
21 G. L. Mosse, Legume mondiali dalla tragedia aimito dei caduti, Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 73.
22 M. N. Rothbard, Hoover's 1919 FoodDiplomacy in Retrospect, in L. E. Gelfand (a cura di), Herbert Hoover, The Great War and ist Aftermath 1917-23, lowa. University Press, 1974, p. 89.
42
dal lavoro che compiono nel tutto. Qualche anno dopo - l'Italia non
ancora entrata nel conflitto mondiale - Croce guarda con ammirazione,
forse anche con un po' di invidia, allo spettacolo dell'unit nazionale della
Germania, dove l'entusiasmo e lo sforzo patriottico hanno contagiato tutti, spazzando via per sempre - questa la diffusa sensazione - ogni traccia
di conflitto sociale e, tanto pi, della lotta di classe cara a Marx. Il paese in
cui pi profondamente e senza riserve sembra essersi realizzata l'integrazione patriottica del movimento socialista, appare a Croce come un
modello carico di un futuro che va ben al di l delle contingenze belliche:
Vedi -scrive ad un amico il 22 dicembre 1914 - io mi sono un tempo
appassionato pel socialismo alla Marx, e poi pel socialismo sindacalistico
alla Sorel; ho sperato dall'uno e dall'altro la rigenerazione della presente vita
sociale. E tutte e due le volte ho visto dissolversi e dileguare quell'ideale di
lavoro e di giustizia. Ma ora si accesa la speranza di un movimento proletario inquadrato e risoluto nella tradizione storica, di un socialismo di Stato e
di nazione; e penso che ci che non faranno, o faranno assai male e con finale insuccesso, i demagoghi di Francia, d'Inghilterra e d'Italia (i quali aprono
la via non al proletariato e ai lavoratori, ma, come dice il mio venerato amico
Sorel, ai noceurs), far forse la Germania, donandone esempio e modello
agli altri popoli. Perci giudico assai diversamente dai socialisti italiani l'atto
compiuto da quelli di Germania; e credo che quei socialisti, che si sono sentiti tutt'uno con lo stato germanico e con la sua ferrea disciplina, saranno i
veri promotori dell'avvenire della loro classe.
Socialismo di Stato e di nazione forgiato dall'esperienza della disciplina militare e della guerra: la categoria cara a Croce fa pensare a quelle analoghe in voga in Germania in quegli anni, socialismo di Stato, socialismo
nazionale, socialismo di guerra. Le due tiltime rinviano in particolare a
quel Plenge che uno dei principali protagonisti, gi nel titolo di un suo
libro, della contrapposizione tra idee del 1914 e idee del 1789. ^
23 B. Croce, Il partito come giudizio e come pregiudizio (1912) e Fede e programmi (1911), in Id.,
Cultura e vita morale (1914), Bari, Laterza, 1926 (II ed. raddoppiata), p. 196 e 163.
24 B. Croce, Cultura tedesca e politica italiana, op. cit., p. 22.
25 J. Plenge, 1789 und 1914. Die symholischen Jahre in der Geschichte despolitischen Geistes, Berlin
1916; vedi D. Losurdo, Hegel e la Germania, filosofia e questione nazionale tra rivoluzione e reazione, Milano, Guerini-Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 1997, cap. XIV, 13 e 18,
43
44
smo di Stato che non intacca e anzi rafforza il potere della borghesia e
persino dell'antico regime o dei suoi residui. Diffusasi soprattutto sull'onda della guerra, l'idea pi o meno vaga di un socialismo di Stato
comincia ad affacciarsi gi alla fine dell'800, allorch si profilano gli antagonismi e il pericolo o la certezza di una conflagrazione che pu essere
affrontata solo con una mobilitazione corale e totale, e con un'ideologia
comunitaria capace di favorirla e promuoverla.
in questo quadro che va collocata la dichiarazione ad esempio di Sir
William Harcourt, che nel 1894 afferma: Oggi siamo tutti socialisti.
Sono pressappoco gli anni in cui Engels denuncia il carattere reazionario
del socialismo prussiano di Stato {preujiischer Staatssozialismus) e - fatto ancora pi significativo - mette in connessione con i preparativi di
guerra di Bismarck lo sviluppo di questo falso socialismo o preteso
socialismo (MEW, XX, 259 e nota; XXV, 170). ^ Si direbbe che, con lo scoppio del primo conflitto mondiale, il socialismo di Stato ovvero il socialismo o il comunismo di caserma, a suo tempo messi in stato d'accusa da
Marx ed Engels (MEW, vili, 322), diventino l'ideale dei diversi paesi
impegnati nel conflitto e della stessa borghesia liberale o di larghi settori
di questa classe. Se in Germania Spengler teorizza il socialismo prussiano, in Italia Croce esprime la sua ammirazione per il socialismo di Stato
e di nazione. L'adesione di Gramsci al comunismo e il suo pi netto
distacco dal liberalismo sono scanditi anche dal rifiuto di questo socialismo raccomandato da autori sia nazionalisti che liberali.
Ancora nel 1928, a dieci anni dalla fine della guerra e a sei anni dall'avvento del fascismo al potere sull'onda anche della guerra. Croce, pur
ormai partecipe della fronda nei confronti del regime, continua a criticare i socialisti italiani per il fatto che, al momento del conflitto, sopra
la patria e contro la patria ponevano altri ideali, e cos idealmente si
staccarono dal popolo a cui appartenevano. Il filosofo idealista rievoca
con calore e con una certa nostalgia la concordia nazionale, lo stato
d'animo comune e nazionale che aveva presieduto all'entrata dell'Ita-
27 Su ci vedi D. Losurdo, Tra Hegel e Bismarck. La rivoluzione del 1848 e la crisi della cultura tedesca, Roma, Editori Riuniti, 1983, p. 332-5.
45
4.
Se anche, a partire dalla I guerra mondiale, la via di Gramsci comincia a divergere nettamente da quella di Croce e di Gentile, non bisogna
perdere di vista i punti di contatto che continuano a sussistere. Nonostante il loro lealismo o zelo patriottico, i due filosofi idealisti assumono
una posizione che, per la sua sobriet, si staglia piuttosto solitaria nel
desolante panorama culturale del tempo, che vede i due schieramenti
giustificare e trasfigurare il gigantesco scontro mediante due diverse e
contrapposte ideologie e teologie della guerra. Pur contando sulla presenza nel suo seno della Russia zarista e pur potendosi avvalere dell'alleanza della celeste autocrazia del Giappone, l'Intesa si presenta come
protagonista di una sorta di crociata e di guerra santa per la difesa e la
diffusione della democrazia e per il trionfo definitivo della pace. Di
crociata e guerra santa parla esplicitamente Wilson, il quale non
esita ad assumere toni che fanno pensare alle prediche che accompagnavano le crociate medioevali: Il momento maturo, il destino
29 G. Gentile, Che cosa il fascismo (1925) inld., Pot^ca e ctt/furfl, a cura di H. A Cavallera (voi.
XLVI delle Opere), Firenze, Le Lettere, 1991, voi. I, p. 16.
30 G. Gentile, Il fascismo e la Sicilia (1924), zW., p. 50.
46
47
48
La tendenza, particolarmente evidente in Eucken, alla nazionalizzazione persino della religione, si fa avvertire anche in Italia. Sarcastico e
sprezzante Gramsci: Suvvia, creiamoci un nostro vecchio buon dio, un
paradiso per uso nazionale, donde siano esclusi quanti non hanno sangue italico nelle vene (CT, 29-30). La sintonia che non solo Gramsci ma
anche Togliatti avvertono nei confronti della cultura neoidealistica italiana una presa di posizione contro la lettura in chiave ideologica e persino teologica del primo conflitto mondiale. L'influenza di Croce e Gentile
evidente. Mentre infuria la guerra, il secondo polemizza contro l'atteggiamento di coloro i quali, poich non potevano arrolarsi negH eserciti
della patria decidono di pigliarsela con Goethe o con Hegel o con
Fichte; " e difende altres dagli attacchi degli sciovinisti pi furibondi
Benedetto Croce, bollato in quanto filosofo senza patria per il fatto
che, nonostante la guerra controia Germania, continua a studiare
Goethe e si industria persino di tradurlo. Airantitedeschismo
furibondo che finisce col negare il carattere universale della cultura e
della scienza, il giovane Gramsci contrappone a sua volta l'ideale umano di Goethe e di Winckelmann, che erano tedeschi come potevano
34 M. Weber, Wissemchaft ah Senif (1919); tr. it., di A. Giolitti, Il lavoro intellettuale come professione, Torino, Einaudi (1948), 1966, p. 31-2.
35 Gentile, Deformazioni storiche (20 marzo 1916), in Id., Guerra e fede, a cura di H. A. Cavallera
(voi. XLIII delle Opere), Firenze, Le Lettere, 1989 (IH ed.), p. 239-240.
36 G. Gentile, benedetto Croce e i Tedeschi (13 ottobre 1918), in Id., Guerra e fede, op. cit., p, 149.
49
Coloro che vorrebbero liberarsi dai tedeschi boicottando le edizioni dei classici latini e greci finiscono in realt col mutuare il peggio della Germania guglielmina (CT, 30). Sempre negli anni della guerra, Croce
sbeffeggia la diffusa lettura in chiave di contrapposizione tra germanesimo e latinit e fa notare che questa e altre simili contrapposizioni
non perdono nulla del loro odioso carattere razzista una volta che da
parte italiana (o francese o inglese) esse vengano riprese rovesciandone
solo il giudizio di valore: la tesi che condanna il popolo tedesco in blocco come popolo reprobo non meno stolta di quella che lo celebra
come popolo eletto. " Sulla scorta di Croce, delle cui parole esplicitamente si serve, Gentile denuncia come pseudoconcetto il discorso
sulla razza e sottolinea che nulla guadagna in seriet e validit quello
pseudoconcetto se viene utilizzato per dimostrare, invece che la senile
decadenza latina, rinferiorit della razza germanica. In termini
analoghi, su L'Ordine Nuovo diretto da Gramsci, Togliatti ironizza su
coloro che affermano l'esistenza di una sol razza eletta, quella dei germani, o quella dei latini, creatrice di tutto ci che di buono si fatto
sinora, depositaria della capacit di proseguire nel futuro l'opera di
educazione e di rischiaramento dell'umano genere. " Alcuni mesi
dopo, Gramsci fa notare che all'imbarbarimento del conflitto, che con-
37 B. Croce, Noterelle (Cultura e civilt) (1915) e Lo Stato come potenza (1915), in Id., Ultalia dal
1924a/I9IS,op.cit.,p.64e75.
38 G.GeaAe,BenedettoCmceeiTedeschi{\.'i
ottobre I9l&),iald.,
39 P. Togliatti, "Franche parole alla mia nazione" di Arturo Farinelli, in l! Ordine Nuovo, del 15 maggio 1919), ora in Id., Opere, op. cit., voi. I, p. 30.
50
A scrivere e firmare l'articolo Togliatti, il quale per sembra riferire un'esperienza che non solo personale. Il significato dell'influenza di
Croce e di Gentile viene cos ulteriormente precisato: Di questo
nascente spirito internazionalista [che si era faticosamente costruito prima dello scoppio della guerra] eravamo debitori a uomini d'arte e di
pensiero che avevano respinto la pretesa di dividere l'unit di spirito
della specie umana in razze rigide, escludentisi a vicenda. Questo
importante risultato sembra essere stato compromesso dalle passioni
della guerra e delle ideologie della guerra:
Parlare, oggi, di un patrimonio di civilt comune a tutti i popoli, pu davvero sembrare un'irrisione, oggi che la civilt non piti che una grossa parola con la quale si vorrebbe ricoprire la boria nazionale, rinfacciare al nemico
la mancanza di ogni gentilezza, di ogni educazione, di tutte quelle buone e
belle doti che si pretendono distribuire a seconda dei confini geografici e
dei limiti della nostra mutevole passione politica.
41 P. Togliatti, "Franche parole alla mia nazione" di Arturo Farinelli, op. cit., p. 30.
51
42 G.Gi:rA\\i,BenedettoCroceetTedescht,o-p.
cit.,p. 151.
43 B. Croce, La guerra e gli studi (settembre 1917), ora in Id., Vltalia dal 1914 al
52
1918,op.dt.,p.2U.
vocare l'autodistruzione del mondo borghese: La pace dovr succedere alla guerra e la pace pu costringere ad aggruppamenti ben
diversi da quelli della guerra: ma come sarebbe possibile una collaborazione tra Stati dopo lo scatenamento di fanatismi religiosi della
guerra? (Q, 1212).
E, tuttavia, non del tutto esatto che il filosofo idealista abbia rifiutato ogni impostazione "religiosa" della guerra. Questa stata da lui
tollerata per quanto riguarda le grandi masse popolari mobilitate e
che devono pur essere disposte a sacrificarsi in trincea e a morire (Q,
1212). La crociana internazionalit ristretta al campo della scienza e
dell'arte cerca di evitare lacerazioni insanabili tra le diverse classi
dominanti e dirigenti, ma non si propone certo di immunizzare contro
le ideologie della guerra le masse popolari. In effetti, nel corso del primo conflitto mondiale, mentre da un lato insiste sul contenzioso geopolitico ed economico, cos Croce idealmente si rivolge ad un popolano o un contadino, per convincerlo ad accettare serenamente i sacrifici
che la situazione impone: Figliuol mio, c' la guerra, come c' la siccit e la grandinata: che vuoi farci? Rassegnati, e, poich non c' altro
da fare, pensa a tener bene in mano il fucile che ti stato dato per
difendete la patria, che siamo tu, io, e i tuoi e i miei figli, perch tutti
quanti viviamo sulla terra d'Italia. Certo - aggiunge Croce- non ho
innalzato quel contadino o popolano alla scienza, alla critica, a problemi concettuali, poich non potevo e non era il caso; ma non gli ho,
poi "detto il falso". Agli occhi di Gramsci, invece, si tratta di una
sorta di doppiezza, quella che caratterizza, nei due filosofi neoidealisti,
la critica della religione in genere. Se da un lato in essi l'internazionalismo culturale lascia un varco per l'aizzamento sciovinistico delle masse
popolari, dall'altro U sentimento nazionale dei sedicenti nazionalisti
"temperato" da un cosmopolitismo [...] accentuato, di casta, di cultura, eccetera (Q, 1213). Si comprende allora l'incontro di Croce e Gentile coi nazionalisti e la collaborazione del primo a "Politica" di A.
Rocco e E Cppola; il nazionalismo in realt una delle frazioni del
liberalismo politico (Q, 1353).
44 B. Croce, Lufficio degli oratori e i doveri degli scienziati (giugno 1918), ihid., p. 250.
33
5.
Nel loro rifiuto di leggere in chiave meramente ideologica il conflitto, sia il politico che il filosofo cercano di iniettare sulla ideologia borghese il reagente vivificatore del materialismo storico. Epper, la reazione furibonda assai significativa: bisogna allora convincersi che il
materialismo storico, come forza agente sugli eventi, pu solo incarnarsi
nel proletariato (CT, 453-4). Non teorizza Croce la scissione tra materialismo storico e movimento operaio? Bene, i fatti dimostrano che tale
scissione non possibile: la borghesia non in grado non solo di sottoscrivere ma neppure di tollerare una spiegazione non mitologica della
guerra mondiale. Incontestabile risulta allora il buon diritto del proletariato alla vittoria anche politica; esso finir con l'essere ricono-
54
55
colo 0 grande che sia, ha la guerra interna quando non abbia l'esterna, e ha
tanto pi violenta la prima - come accade oggi sotto i nostri occhi - quanto
meno senta ipericoli comuni e la responsabilit della seconda (in CF, 651 ).
Altamente, e singolarmente, positivo il commento del giovane
Gramsci, felice per il fatto che Gentile, autore di un volume sulla filosofia di Carlo Marx, si serva di concetti esplicitamente marxisti (CF,
65o). In realt, il nesso guerra-rivoluzione viene qui sottolineato per raccomandare la prima come antidoto alla seconda. Con lo sguardo rivolto
alla Russia, Gentile procede ad una singolare inversione di causa ed
effetto: ai suoi occhi, la rivoluzione d'Ottobre scoppiata non sull'onda
della lotta contro la guerra, ma in conseguenza dell'esaurirsi dello sforzo e dell'impegno bellico del popolo russo. Soprattutto, i due filosofi
neoidealisti sono concordi nell'interpretare il marxismo, come vedremo, in chiave vitalistica, come celebrazione della lotta e del conflitto.
Ormai chiaramente diverso e contrapposto il percorso di Gramsci. Se ancora ci fosse qualche dubbio sulla vera natura della guerra e
sulle ambizioni imperialistiche di entrambe le parti, a dissiparlo provvede il comportamento delle potenze vincitrici, provvedono il blocco ai danni della Russia sovietica e la vendicativa pace di Versailles. Ora non ha pi senso credere che nel 1914 esistesse una Francia
aggredita e una Germania aggreditrice, una Francia "democratica",
regno della libert, della eguaglianza e della fratellanza e una Germania "assolutista", regno della tirannia, del dispotismo e dell'imperialismo (ON, 249). Questa mitologia serve solo a mettere al riparo il
sistema capitalistico dall'indignazione provocata dalla guerra. Com'
confermato dalla doppiezza di certi organi di stampa. Prima dell'intervento italiano, quando si trattava di combattere il facilonismo e la
speculazione dell'interventismo nostrano, che fingeva di credere e
voleva far credere che la guerra fosse il prodotto di un proposito satanico del Kaiser e il suo entourage, la Stampa amava colpire tale bambinesca e truffaldina interpretazione di un avvenimento come la
guerra, e insisteva nel far notare che le ragioni della guerra trascendevano la volont delle singole persone e risalivano all'antagonismo
politico e soprattutto economico dei gruppi anglosassone e tedesco.
Allora era utile mettere da parte le persone e condannare il sistema.
Ora a guerra conclusa, e dopo lo scoppio della rivoluzione d'Ottobre, il problema centrale diviene la difesa della pace sociale, ci
che comporta l'occultamento della vera dinamica a fondamento della
guerra (ON, 286-7).
A partire dal comune rifiuto della lettura in chiave meramente ideologica del primo conflitto mondiale, Croce e Gentile lo giustificano e lo
trasfigurano come incontenibile espressione di vitalit, mentre Gramsci
procede a mettere in stato d'accusa l'ordinamento politico-sociale esistente. Giunti a questa conclusione, se inaccettabile la doppiezza dei
due filosofi neoidealisti nei confronti delle ideologie della guerra, insoddisfacente appare anche l'atteggiamento di Benda, pur impegnato a
denunciare con vigore e senza ambiguit il tradimento degli intellettuali
protagonisti o complici dell'avvelenamento sciovinistico delle masse:
La guerra appunto ha dimostrato che questi atteggiamenti nazionalistici non erano casuali o dovuti a caUse intellettuali - errori logici ecc. essi erano e sono legati a un determinato periodo storico in cui solo l'unione di tutti gli elementi nazionali pu essere una condizione di vittoria. La lotta intellettuale, se condotta senza una lotta reale che tenda a
capovolgere questa situazione, sterile (Q, 286).
E, tuttavia, gli stessi Quaderni del carcere attribuiscono a Croce il
merito di aver interpretato il primo conflitto mondiale come la guerra
della filosofia della praxis (Q, 1318). In effetti, ancora nel 1928, il filosofo napoletano fa tesoro della lettura di Marx per ribadire la sua estraneit alla fumosa ideologia degli interventisti democratici e sottolineare
che la guerra era priva o scarsa di motivi ideali, e ricca di quelli industriali e commerciali e che, in questo senso, era una sorta di guerra
del "materialismo storico". Ma tale riconoscimento si trasforma poi
da giudizio di fatto in giudizio di valore e serve allora per mettere in
stato d'accusa i socialisti pacifisti italiani, infedeli al socialismo, a
57
quello effettivo e storico, e, in ultima analisi, a Marx il quale caldeggiava le guerre. E cio, vero che Croce e Gentile non avvertono
il bisogno di occultare il reale contenuto economico-politico dello
scontro tra le grandi potenze, ma questa loro lettura, lungi dall'avere
un significato critico, assume toni vitalistici e persino social-darwinistici. Ed a questa interpretazione che viene piegato lo stesso materialismo storico letto come una franca ammissione della forza e della
volont di potenza nella vita politica.
6.
Epper, questi motivi vitalistici non sono privi di oscillazioni o contraddizioni. Nel settembre 1916, i socialisti italiani che si rifiutano di
partecipare al generale tripudio per l'annunciata conquista di Gorizia
(che tanto sangue costata) vengono da Croce condannati per il fatto di
non saper mettere la Patria, e la difesa della Patria, e la gloria della
Patria al di sopra dei contrasti dei partiti e delle classi. Chiaramente
il vitalismo e la celebrazione del conflitto vengono fatti valere solo per
quanto riguarda i rapporti tra gli Stati, non gi quelli tra le classi sociali e
i partiti politici all'interno di un singolo paese. In quanto non sanno o
non vogliono partecipare alle ansie e ai giubili dei propri cittadini, i
socialisti danno prova di insensibilit morale, oltre che di cecit e
ottusit spirituale; essi si autoescludono da una comunit la quale,
oltre che nazionale e storica, anche morale.
Gramsci risponde rimproverando al filosofo pur idealista di avere
un'idea territoriale della patria, della nazione, di ricadere in una sorta
di positivismo e di collocarsi cos allo stesso livello di Barrs, l'implaca-
48 B. Croce, Materialismo storico ed economia marxistica. Prefazione alla terza edizione (settembre
1917), Bari, Laterza, 1973, p. XIII.
49 B. Croce,! socialisti e la patria (1916), ora in Id., JJltalia dal 1914 al 1918, op. cit., p. 151.
58
59
60
7.
Oltre che un dibattito sulla morale e sul rapporto con la politica, gli
anni della guerra e della rivoluzione russa vedono svilupparsi in Italia
anche un dibattito sulla dialettica. Nel novembre 1916, Gramsci rimprovera a Croce di ricadere nel vecchio pregiudizio evoluzionistico;
invece di rendersi conto dell'oggettiva necessit del salto qualitativo
verso rinternazionalismo, messa in luce da un conflitto di cos tragiche proporzioni, il filosofo idealista attaccato airidea territoriale di
patria condatma i socialisti in quanto inclini ad una mitologia putrida
senza riscontro nella realt effettuale e storica (CT, 608).
All'evoluzionismo positivistico Gramsci contrappone implicitamente uno Hegel che in quegli anni al centro di un dibattito anche
politico. A cavallo tra '800 e '900, Bernstein enuncia il suo programma
di epurazione della teoria marxiana da ogni elemento di blanquismo,
ci che ai suoi occhi comporta la liquidazione anche dell'hegelismo:
56 P. Togliatti, "Pagine sulla guerra" di Benedetto Croce, op. cit., voi. I, p. 40.
57 P. Togliatti, "Guerraefede" di Giovanni Gentile,in L'Ordine Nuovo, dell'
Opere, op, cit., voi. I, p. 20.
61
Ogni volta che vedremo la dottrina che muove dall'economia come base
dello sviluppo sociale capitolare dinnanzi alla teoria che esalta il culto della
violenza, ci imbattiamo in unatesi hegeliana [...] Quel che di importante
hanno fatto Marx ed Engels, lo hanno fatto non mediante, ma malgrado la
dialettica hegeliana. E se d'altra parte sono passati impassibili accanto all'errore pi grossolano del blanquismo, la colpa ricade in primo luogo sulla
componente hegeliana della loro teoria. "
58 E. Bernstein, Die Voraussetzungen des Sozialismus und die Aufgahen der Sozialdemokratie (1899),
tr. it., E. Grillo, Socialismo e socialdemocrazia, Bari, Laterza, 1968, p. 70.
59
lhid,p.2'eAKEpilog6).
60 M. Weber, ZurLage der biirgerlichen Demokratie in Ru^landil906), in Id., ZurRussischen Revolution von 1905. Schriften undKeden I90J-I9I2,acuracliW.J. Mommsen inZusammenarbeit
von D. Dahlmann (voi. 1,10 della Gesamtausgabe in corso di pubblicazione}, Tiibingen, Mohr
(Siebeck), 1989, p. 169.
61 R. Mondolfo, Vorza e violenza nella storia (1921), ora in Umanesimo di Marx. Studi
1908-1966, Torino, Einaudi, 1968, p. 204 -215.
62 C. Rosselli, La crisi intellettuale del partito socialista (192}), in \d.,Scrittipolitici,
Ciuffoletti e P. Bagnoli, Napoli, Guida, 1988, p. 64.
62
filosofici
a cura di Z.
dice a onore dei bolscevichi che essi, al di fuori di ogni dogmatismo, vivono il pensiero marxista, quello che non muore mai, che la continuazione
del pensiero idealistico italiano e tedesco, e che in Marx si era contaminato
di incrostazioni positivistiche e naturalistiche (CF, 514). Chiaro U riferimento non solo a Hegel ma anche aifilosofiche in Italia a lui si richiamano.
Ma qui si assiste ad un paradosso. Nel momento in cui, al fine di
comprendere e giustificare la rivoluzione d'Ottobre, Gramsci pensa di
far intervenire anche il pensiero idealistico italiano, il suo pi eminente rappresentante (Croce) si gi pronunciato contro la rivoluzione di
Febbraio, alla quale ultima, se un valore bisogna riconoscere, quello di
avere mostrato, con tremendo esempio, a che cosa conduce il rovesciamento della scala dei valori sociali. Facendo riferimento in particolare
alla costituzione dei Soviet, Croce sembra presagire, con inquietudine o
ripugnanza, gli ulteriori sviluppi in senso sociaUsta del processo rivoluzionario russo. " Si tratta di un'analisi non molto diversa da quella di
Gramsci che, con giudizio di valore rovesciato, gi negli avvenimenti di
febbraio saluta una rivoluzione proletaria, fatta dai proletari (operai
e soldati) e destinata, a causa anche della presenza e del ruolo dirigente
del comitato di delegati operai, a sfociare nel regime socialista (CF,
138). Se il filosofo liberale, nello stesso articolo in cui liquida la rivoluzione che pure ha rovesciato l'autocrazia zarista, critica anche la umilt,
la piaggeria dei giornali borghesi di fronte a operai e contadini e la
tendenziale sottomissione alle arroganze e vanterie, non gi di quelle
classi del popolo, che sono valorose e modeste, ma dei loro conduttori e
demagoghi, " Gramsci saluta con calore l'irruzione sulla scena politica
e storica russa del proletariato che, cancellando ogni restrizione dei
diritti politici, ha distrutto l'autoritarismo e gli ha sostituito il suffragio
universale, estendendolo anche alle donne (CF, 139).
Croce inasprisce ulteriormente il suo giudizio di condanna dopo
l'ottobre 1917. Col loro atteggiamento, i bolscevichi hanno dimostrato
di non essere per nulla all'altezza del materialismo storico che professano: Oltre l'onore, hanno mandato a rovina gli stessi interessi che si
63 B, Croce, La guerra e la borghesia (14 settembre 1917), in Ultalia dal 1914 al 1918, op. cit., p. 218.
64 Ihid.,p. 216.
63
64
8.
Guerra rivoluzionaria e lotta
tra nazioni proletarie e nazioni capitalistiche
Il conflitto e la guerra tra gli Stati sono l'analogo a livello internazionale della lotta di classe e della rivoluzione all'interno di un singolo
paese. Croce e Gentile non nascondono la loro preferenza per la guerra. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale, la guerra si configura
in Salvemini come l'autentica rivoluzione: Noi vorremmo che il principio democratico uscisse vittorioso da quest'ardua prova: rompesse
nell'impero tedesco quel nodo di forze conservatrici, contro cui si sono
manifestati finora sempre inefficaci gli sforzi del Partito socialista. ''
Gh eserciti dell'Intesa sono chiamati a compiere l'opera che il movimento operaio tedesco non riuscito a realizzare. la rivoluzione della
democrazia interventista la quale, con le armi in pugno, abbatte
nemici e ostacoli che si frappongono alla sua marcia. In questo senso.
68 B. Croce, Materialismo storico ed economia marxistica. Prefazione alla terza edizione, op. cit., p.
XIII-XIV.
69 G. ^lahiQmim, Fra la grande Serbia ed una pi grande Austria, su L'Unit dell agosto 1914, ora in
Id., Opere, op. cit., voi. IH, 1, p. 349.
70 G. Salvemini, La censura, su UUnit del 26 aprile 1917, ora in Id. Opere, op. cit., voi. VITI, p. 482.
65
71 G. Salvemini, Non abbiamo niente da dire, su L'Unit del 4 settembre 1914, ora in Id., Opere, op.
dt.,vol.III, l,p.366.
72 Si vedano i testi riportati in M. Ferro, UOccident devant la rvolution sovitique, Bruxelles, Editions complexe, 1980, p. 22-4.
73 Stuart I. Rochester, American LiberalDisillusionment
in the Wake of World Warl, Park and
London, Pennsylvania State University Press, 1977, p. 44 e 65.
74 Si vedano i testi riportati in M. Ferro, UOccident devant la rvolution sovitique, op. cit.
75 II programma riportato in appendice a R. De Felice, Mussolini il rivoluzionario
Torino, Einaudi, 1965, p. 744.
66
1883-1920,
rani della Germania contro la Francia; e abbiamo fatto gli scherani a nostre
spese. E mentre la ricchezza della Germania cresceva, anche in grazia del
nostro aiuto e dei nostri sacrifizi, e i lavoratori tedeschi si dividevano con la
borghesia tedesca i profitti della loro meravigliosa prosperit nazionale, lo
sviluppo economico dell'Italia rimaneva dalle troppe spese militari inceppato e paralizzato.
Quanti lavoratori sono stati uccisi nei tumulti di fame dal 1883 ad oggi?
Quanti lavoratori italiani, costretti dalla miseria ad emigrare, hanno seminato delle loro ossa le cinque parti del mondo? Quanti lavoratori italiani sono
morti in patria di malattie incubate dall'indigenza? Quante terre sono rimaste incolte che avrebber potuto essere rese fruttifere, se le spese utili alla
Germania non avessero distrutta tanta parte del nostro capitale? Quante
fabbriche hanno mancato di nascere? E, se nel 1882, una guerra fosse stata
possibile, e ci avesse risparmiato tanti danni e tante vergogne, questa guerra
non sarebbe stata preferibile alla pace?.
Non il caso di soffermarsi sul singolare ragionamento che individua l'alternativa alle spese improduttive del militarismo, stimolato dalla Triplice Alleanza, nell'ulteriore decisiva scalata del bilancio militare
che sarebbe stata la conseguenza inevitabile dell'intervento a fianco
dell'Intesa! pii importante un altro aspetto dell'argomentazione di
Salvemini: la guerra da lui invocata contro la Germania non ha qui per
bersaglio solo il militarismo e l'imperialismo delle classi dominanti e
dei ceti dirigenti, ma il popolo tedesco nel suo complesso, beneficiario
dello sviluppo economico realizzato a spese dell'Italia. E, per quanto
riguarda quest'ultima, alle classi che soffrono la fame non viene indicato un nemico interno, ma solo esterno. La lotta di classe si svolge cos a
livello internazionale e vede schierati popolo contro popolo. In questo
senso, Salvemini sembra qui collocarsi nelle immediate vicinanze di
Corradini. Entrambi gli autori sembrano ignorare il fatto che il motivo
ideologico da loro agitato presente anche in Germania, dove viene
per chiamato a giustificare la guerra contro Gran Bretagna e Francia:
illuminante il libro di un deputato socialdemocratico che, gi nel titolo, presenta il conflitto in corso come una Weltrevolution, il cui protagonista l'Impero guglielmino, avviato suUa via del socialismo e quindi
67
9.
80 In M. Nacci, l^antiamerkamsmo in Italia negli anni Trenta, Torino, Bollati Botinghieii, 1989, p. 57.
81 J. Goebbels, Reden 192-1945, a cura di H. Heibet (1971-72), Bindlach, Gondrom, 1991, voi.
n,p.202el69.
82 B. Croce, Sopravvivenze ideologiche, op. dt., p. 250.
83 Recensione a G. Mosca, Elementi di scienza politica, in La critica, X X I (1923), premessa poi
all'ed, dell'opera citata, Bari, Laterza, 1953 (V ed.), p. X-XI.
84 B, Croce, Materialismo storico ed economia marxistica. Prefazione alla terza edizione, op. dt., p,
XIII-XIV.
69
usata gi presente nello stesso Marx che bolla Lord Palmerston come
una nuova Alcina per il fatto che cerca di dare un volto seducentemente liberale alla sistematica violazione dei diritti dell'uomo e al
loro sacrificio sull'altare degli interessi dell'oligarchia (MEW, IX, 355 e
359-61). Ad essere invece sbeffeggiati da Croce sono gli ideali democratici, non gi lo statista liberale che li calpesta.
La liquidazione delle parole d'ordine deir89 viene radicalizzata ed
ereditata dal fascismo, che considera anche lui decrepita la maga
Alcina, e con lei gli ideali della rivoluzione francese e del socialismo, cui
contrappone la promettente giovinezza del culto della violenza ad opera
di una lite immune dalla tara egualitaria e animata dal disprezzo per la
democrazia e per le masse. Si comprende allora la benevolenza che nei
confronti del movimento e del regime mostrano i grandi intellettuali
liberali che di tale liquidazione sono stati i protagonisti. Nel 1923, Gentile e Croce pubblicano una rivista, ha Nuova Colitica Liberale, il cui
programma in fondo quello di conciliare liberalismo e fascismo. Certo, perch questa conciliazione possa aver luogo bisogna scegliere decisamente - osserva Gentile - tra due liberalismi assai diversi, rifiutando senza esitazioni il liberalismo democratico dei liberali d'oggi. Ma,
una volta operata tale distinzione, un liberale per profonda e salda
convinzione non pu che aderire al fascismo. In questo momento, il
filosofo attualista non certo un liberale isolato: se Giolitti attribuisce a
Mussolini il merito di ristabilire l'ordine e pacificare la nazione, a cavallo della marcia su Roma, il Duce del fascismo enuncia un programma
cos liberista da suscitare l'ammirazione anche di Luigi Einaudi: Tutto
ci liberalismo classico.
Diversa e contrapposta potrebbe a prima vista apparire la posizione
di Croce, che cos scrive al professor Sebastiano Timpanaro: Per me il
fascismo il contrario del liberalismo. Epper, subito dopo, il filosofo
aggiunge:
Ma quando il liberalismo degenera com' degenerato in Italia negli anni tra
il 1919 e il 1922 e resta poco pi di una vuota e ripugnante maschera, pu
85 Vedi L. Salvatorelli-G. Mira, Storia d'Italia nelperiodo fascista, Milano, Mondadori, 1972, voi. I,
p, 249 e D. Losurdo, Daifratelli Spaventa a Gramsci, op. cit., cap. V, 2.
70
71
90 Vedi R. De Y^\xQ.^,Uussohni il fascista, Torino, Einaudi, 1968 (IV ed.), voi. II, p. 429 e 430
nota.
91 B. Croce, Storia d'Italia dal 1871 al 1915, op. cit., p. 268.
92 Vedi R. De Felice, Mussolini il fascista, op. cit., voi. II, p. 405,427 e 428.
93 C. Schmitt, Die geistesgeschichtliche Lage des heutigen Parlamentarismus, 1926 (II ed.), Berlin,
Duncker & Humblot, 1985, p. 88; per quanto riguarda i bolscevichi, viene citato il discorso di
Trotski al IV Congresso dell'Internazionale Comunista.
72
10.
Nel fuoco della polemica contro coloro che appaiono come i rinnegati del liberaUsmo, questo subisce un processo di trasfigurazione. La
tradizione politica anglosassone viene fusa con la rivoluzione francese e
persino con le sue correnti piii radicali, e il liberahsmo cos inteso viene
visto come liberatore da tutte le schiavit ovvero, per dirla col Gramsci sopra citato, come movimento che spezza i limiti di ogni precedente schiavit. Chiaramente la preoccupazione del rigore storico non
73
quella pi rilevante. Sarebbe agevole contrapporre al quadro qui tracciato la storia reale dei paesi in cui la tradizione liberale si maggiormente radicata, una storia intrecciata in modo inestricabile con quella
dell'istituto della schiavit: uno dei primi atti di politica internazionale
dell'Inghilterra liberale scaturita dalla Gloriosa Rivoluzione di strappare, con la pace di Utrecht, l'Asiento, il monopolio deUa tratta dei neri,
alla Spagna; d'altro canto, solo con la fine della guerra di Secessione viene abolita negli Usa la schiavit dei neri, i quali peraltro, anche dopo
tale data, continuano a lungo ad essere sottoposti a forme di servaggio o
semiservaggio.
Ma, al di l del carattere approssimativo del quadro storico, emerge
un fatto essenziale. Rinnegato dagli esponenti ufficiali del liberalismo
del tempo, lo spirito del liberalismo vive in coloro che lottano [...] per
una sempre pi profonda liberazione del mondo (SF, 162-4). Sin dall'inizio, Gramsci e il comunismo italiano si proclamano eredi delle conquiste ideali e politiche della rivoluzione francese e della civilt moderna, anzi di tutta la modernit, per riprendere l'espressione gi vista in
Togliatti. Per dirla con Gramsci, il compito dei liberali se lo sono
assunto i socialisti (NM, 285-6); il programma hberale integrale
diventato il programma minimo del Partito socialista (CF, 6-7). La
funzione liberatrice dei liberali - incalza Togliatti sempre su L'Ordine
Nuovo - passata ad altri, a una classe nuova che, prendendo a sua
volta coscienza del suo scopo in modo radicale e completo, riscuote nel
suo pensiero tutte le audacie, rivendica a s tutto ci che di universalmente valido ancora vive nella tradizione rivoluzionaria, e non rinnega il
passato mentre si conquista l'avvenire. ""
Ma non stato lo stesso Marx a criticare la rivoluzione francese e a
mettere in luce il contenuto ideologico delle parole d'ordine, o di certe
parole d'ordine da essa scaturite? Vedremo i Quaderni del carcere
distinguere e anzi contrapporre la critica dell'ideologia cara a Marx e
quella cara a Croce e respingere con forza ogni interpretazione in chiave
di semplice liquidazione della lettura che Marx fa della rivoluzione francese come rivoluzione borghese {infra, cap. VI, 2). Possiamo per gi
95
lhid.,p.(>b.
lA
11.
e il complotto tedesco-bolscevico
75
ve; i bambini muoiono, muoiono le donne; la popolazione langue e si esaurisce in una prigione economica senza possibilit di evasione. La guerra continua, implacabile; la distruzione del nemico procede inesorabile. I viennesi
dovranno abbandonare la loro sede abituale come un giorno gli ebrei
abbandonavano la Palestina; l'emigrazione si iniziata con l'esodo dei bambini, con l'esodo dei pi deboli, dei pii indifesi che sciamano in cerca della
piet intemazionale (ON, 391).
In questa occasione, Herbert Hoover, alto commissario per i rifornimenti alimentari in seno all'amministrazione Wilson e futuro presidente
Usa, procede ad una dura condanna del blocco; una misura estremamente insensata e riprovevole sul piano morale, un orrore. E vero,
questo giudizio non del tutto disinteressato: lo stesso Hoover a spiegare che l'esclusione dal mercato mondiale di Germania e Austria impedisce lo smaltimento delle eccedenze alimentari americane, ne abbassa
il prezzo, rischiando di provocare negli Usa una crisi economica e sociale; a loro volta, Inghilterra e Francia, persistendo nel blocco, non si limitano a dare sfogo ad un'incontenibile brama di vendetta, ma si ripropongono anche di restringere la domanda complessiva, in modo da
poter operare acquisti sul mercato agricolo e alimentare americano a
prezzi per loro pi ragionevoli o vantaggiosi.
Tutto ci vero. Resta il fatto che in questo momento, agli occhi dell'opinione pubblica internazionale (e anche di Gramsci), l'amministrazione Wilson appare ben pi umanitaria del governo Lloyd George o
del governo Clemenceau. Il quadro cambia radicalmente allorch si
tratta di fronteggiare i problemi sollevati dalla rivoluzione d'Ottobre e
dalla profonda eco che essa suscita in particolare nell'Europa centroorientale. Subito dopo la vittoria della rivoluzione comunista in Ungheria, Hoover esprime l'idea che bisogna rovesciare ad ogni costo un
governo rivoluzionario come quello di Bela Kun il quale costituisce un
pericolo economico per il resto dell'Europa, dato che le idee [comuniste] stanno impregnando le classi lavoratrici di quell'area. O si individuano alcimi mezzi per sconfiggere l'infezione, oppure risulter difficile
la rigenerazione economica dell'Europa centrale e sud-orientale. In
76
9S
Ibid.,p.98-9.
99
Ihid.,p.9}.
100 E. P.TItuni, Herbert Hoover and the Russian Revolution, 1917-20, in Lawrence E. Gelfand (a
cmadi),HerhertHoover,
op. cit.,p. 124.
101 M. N. Rothbard, Hoover's 1919 FoodDiplomacy in Retrospect, op. dt., p. 98.
102 Ihid., p. 98.
77
solo all'espressa condizione che sia mantenuto l'ordine nel paese. Al minimo indizio di movimento bolscevico o di sommossa socialista-comunista,
saranno sospesi i trasporti e soppresse le consegne dei viveri. Gramsci
commenta: Wilson propone e la repubblica Argentina dispone ! . A farsi promotore delricatto im presidente "democratico" che ha stimolato o
imposto l'intervento in guerra del suo paese in nome della democrazia e
dell'autodeterminazione dei popoli, che ha esplicitamente fornito ai
popoli dell'Austria-Ungheria le garanzie di uno sviluppo autonomo e
indipendente, ma che poi intima: O la borsa o la vita, o l'ordine borghese
a la fame. il titolo dell'articolo di Gramsci, il quale cos prosegue:
Fra le glorie e gli splendori della societ capitalista non mancava che questo: il
ricatto della fame. Esercitato in grande, su vasta scala, a danno di un intero
popolo. Intanto che si chiacchiera di "Societ delle Nazioni", di "Famiglia delle nazioni", fondata sulla indipendenza e sulla libert dei popoli, dal fondo dell'America giunge il brutale richiamo alla realt. I popoli dell'Europa, aiamati
da quattro anni di guerra, che ha uccisi gli uomini e isterilite le campagne,
subordinino la fame di libert alla fame di pane [...] E nell'ordine borghese e
capitalista delle cose. Si potrebbe osservare che la nota dell'Argentina alla
Repubblica austriaca costituisce un vero attentato al diritto delle genti. Ma il
regime capitalista non un continuo attentato al diritto delle genti, al diritto
individuale ed al diritto collettivo? Non noi quindi, noi "socialisti-comunisti",
possiamo e dobbiamo meravigliarci se l'Argentina intima al popolo dell'Austria il minaccioso dilemma: "O l'ordine borghese o la fame ! ". Ma che cosa ne
dicono i vagellanti apostoli di una "Societ delle Nazioni" in pieno regime
capitalista, grazie al quale permesso lanciare ad un popolo "libero e indipendente" la brigantesca intimazione: "O la borsa o la vita".? (NM, 443-4).
103
lbid.,p.%-7.
78
Ad essere messa in atto contro uno Stato che gli altri Stati non possono tollerare una guerra di tipo nuovo che comporta la violazione del
diritto delle genti (una guerra senza dichiarazione, camuffata da operazione di polizia internazionale) e il ricorso ad armi nuove e terribili;
da un lato il monopolio dei mezzi delle informazioni, dall'altro il blocco terrestre e marittimo, il boicottaggio, il sabotaggio (ON, 59 e 149).
Duramente critico anche, nel 1922, il filosofo liberale Guido De
Ruggiero:
Il blocco dell'Intesa che voleva annientare il bolscevismo, uccideva invece
uomini, donne, bambini russi; potevano mai i poveri affamati sottilizzare in
eleganze democratiche con gli affamatori dell'Intesa? Essi, com'era naturale, si sono stretti intorno al proprio governo, hanno identificato nei suoi
. ..
.
. . 104
nemici i propri nemici.
Ma quella di De Ruggiero una posizione fondamentalmente isolata. La micidiale guerra economica antibolscevica non sembra suscitare
l'indignazione n degli ambienti liberali n di quelli socialdemocratici.
Agli occhi di Gramsci, invece, Wilson si definitivamente screditato.
lui ormai l'erede e il protagonista di una forma di guerra totale che non
esita a provocare la morte per inedia della popolazione civile.
104 G. De Ruggiero, Apologia del bolscevismo (1922), in li., Scritti politici 1912-1926, a cura di R.
De Felice, Bologna, Cappelli, 196J, p. 437,
79
105 G. F, Kennan, Russia Leaves the War. Soviet-Amerkan Kelations, 1917-1920, Princeton (New
Jersey), Princeton University Press, 1956, p. 450. Vedi anche H. Aptheker, America Foreign
PoUcy and The Col War, New York, New Century, 1962 (Kraus Reprint Millwood, N. Y.,
1977), p. 367-370; P. G. Fiene, Americam and the Soviet Experiment 1917-19)3, Cambridge
(Massacliusetts), Harvard University Press, 1967, p. 47-8.
106 VediD. hosmo,
107 M. Michaelis, Mussolini and the Jews: German-ltalian Kelations and the Jewish Question in Italy
1922-1945 (1978), tr. it., di M, Baccianini, Mussolini e la questione ebraica, Milano, Comunit,
1982, p. 35.
12.
Americanismo e antiamericanismo
81
1965,
109 Cos, agli inizi del secolo, Angelo Mosso, in M. Nani, Fisiologia sodale e politica della razza latina. Note su alcuni dispositivi di naturalizzazione negli scritti di Angelo Mosso, in A. Burgio e L.
Canali (a cura di). Studi sul razzismo italiano, Bologna, Clueb, 1996, p. 32.
n o V. Pareto, Trattato di sociologia generale ( 1916), ed, critica a cura di G. Busino, Torino, UTET,
1988, 1436, p. 1241-2.
111 R. Hofstadter, The American Politicai Tradition and the Man WhoMade it (1951), tr. it., di G.
Vetrano, ha tradizione politica americana, Bologna, Il Mulino, 1960, p. 206.
112 B. Croce, Storia d'Italia dal 1871 al 1915, op. cit., p. 251.
113 A. Rosenberg, DerMythus des20. Jahrhunderts (1930), Miinchen, Hoheneichen, 1937, p. 673.
114 Vedi R. De Felice, Mussolini ilDuce, Torino, Einaudi, 1981, voi. II, p. 291,328-9 e 108 (l'espressione "Europa stravecchia" di Vittorio Mussolini).
82
Nazioni, infatti, hanno molti punti in comune. L'Italia di oggi, come l'America, sana, semplice e piena di fiducia in s stessa". In particolare, il
Duce del fascismo ammira la dura e fascinosa, la grande conquista del
Far West che pu servire da modello per l'espansione coloniale e che in
effetti pi tardi ispira Hitler nella sua guerra di sterminio contro gli indigeni dell'Europa orientale.
Specularmente contrapposto l'atteggiamento di Gramsci. Viva la
sua simpatia per un paese che ha la fortuna di essersi affacciato alla storia con la modernit, senza il peso di un passato feudale e di una tradizione di privilegio e arroganza aristocratici e che stato protagonista di
una grande rivoluzione. Ancora dopo la rivoluzione d'Ottobre, L'Ordine Nuovo commemora il centenario della nascita di Walt Whitman, il
grande poeta della democrazia americana (ON, 78-9).
In ci, Gramsci in piena sintonia con la tradizione marxista e
comunista. Si pensi in primo luogo a Marx, ai cui occhi gli Usa sono il
paese dell'emancipazione politica compiuta, ovvero l'esempio pi
perfetto di Stato moderno, il quale assicura il dominio della borghesia
senza escludere a priori alcuna classe sociale dal godimento dei diritti
politici. Al paese che pure ha partecipato all'intervento contro la Russia sovietica lo stesso Stalin guarda con tanta simpatia che nel 1924
rivolge un significativo appello ai quadri bolscevichi: se vogliono essere
realmente all'altezza dei principi del leninismo, devono saper assimilare lo spirito pratico americano. Spirito pratico sta qui a significare non solo concretezza ma anche insofferenza per i pregiudizi,
sinonimo in ultima analisi di democrazia. Come Stalin chiarisce otto
anni dopo: gli Usa sono certo un paese capitalistico; tuttavia, le tradizioni nell'industria e nella prassi produttiva hanno qualcosa del demo-
83
cratismo, ci che non si pu dire dei vecchi paesi capitalistici dell'Europa, dove ancora vivo lo spirito signorile dell'aristocrazia feudale.
In realt, il pregiudizio e l'arroganza di casta non sono assenti nella
storia dell'America: si manifestano sotto forma di pregiudizio e arroganza razziale. Di ci sono ben consapevoli, a cavallo della guerra di Secessione, i militanti in lotta contro la schiaviti: e la segregazione razziale, i
quali assimilano gli stati del Sud all'antico regime e parlano dei loro dirigenti come di un'aristocrazia bianca. Soprattutto, di tale fatto rivelano
una lucida consapevolezza gli storici statunitensi pi avvertiti (si pensi a
Edmund S. Morgan), i quali sottolineano che la libert americana
risulta intrecciata con la schiavit americana prima e la segregazione
razziale poi. La netta linea di demarcazione tra bianchi da una parte e
neri e pellerossa dall'altra favorisce lo sviluppo di rapporti di uguaglianza all'interno della comunit bianca. I membri di un'aristocrazia di classe o di colore tendono ad autocelebrarsi come i pari; la netta disuguaglianza imposta agli esclusi l'altra faccia del rapporto di parit che s'instaura tra coloro che godono del potere di escludere gli inferiori. Di
questo fatto, come Stalin e in fondo gli stessi Marx e Engels, non
pienamente consapevole neppure Gramsci, il quale comunque s'impegna a tener presenti i diversi aspetti della vita politica e della storia americana. Oltre che della modernit, gli Usa sono anche il paese che ha
conosciuto a lungo la schiavit e che, dopo la guerra di Secessione, vede
i linciaggi dei negri per parte delle folle aizzate da atroci mercanti spodestati di carne umana (CT, 520-1); sono il paese, la cui pubblicistica
continua a svolgere un ruolo di primo piano nella teorizzazione e celebrazione della White Supremacy.
Bisogna aggiungere che, nonostante l'inasprimento del giudizio critico sugli Usa, e sulla sua politica interna e internazionale, Gramsci non
indulge mai agli stereotipi che dipingono l'America come un mondo
120 Vedi D, Losurdo, fenomenologia del potere: Marx^ Engels e la tradizione liberale, in A. BurgioD. Losurdo, Autore Attore Autorit, Urbino, QuattroVenti, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 1996, p. 83-107 el.,"Democrazie reali" e storia immaginaria. Giovanni Sartori e imiti
del liberalismo contemporaneo, in Democrazia e diritto, n. 2-3,1996, p.137-182.
84
senza anima e senza qualit. Sono gli stereotipi cari, fra gli altri, a
Guglielmo Ferrer. A ridicolizzarli provvede gi la loro stessa storia.
Durante gli anni della I guerra mondiale, a noi figli della Grecia e di
Roma Ferrer contrappone quel popolo [...] invasato dal furore del
colossale che il popolo tedesco. La dicotomia tra il colossale e il
grande fatta intervenire per spiegare la lotta tra Oriente e Grecia'^' e
quella tra Germania e Intesa'^^ pu configurarsi, con una leggera variazione, come la dicotomia tra quantit e qualit e serve allora a spiegare il
rapporto tra America e Europa. Gli stereotipi nazionali sono suscettibili
di molteplici applicazioni a seconda dei conflitti che di volta in volta
emergono; e, d'altro canto, abbiamo visto proprio Ferrer procedere,
nel 1903, ad una celebrazione dei popoli germanici nel loro complesso
(tedeschi e anglosassoni).
Critico radicale della lettura della I guerra mondiale come scontro tra
anime nazionali, Gramsci rifiuta questi stereotipi in qualunque modo
essi vengano fatti valere. D'altro canto, risulta anche in questo caso la
superiorit, rispetto alla cultura incline al positivismo e alla naturalizzazione delle tradizioni culturali, della cultura idealistica e neoidealistica
interlocutrice privilegiata di Gramsci, che forse aveva potuto leggere l'ironico intervento di Gentile suUa contorta evoluzione degli stereotipi di
Ferrer e sulla sua battagliapro aris et focis et qualitate
Dopo aver ironizzato sui luoghi comuni di Ferrer (Q, 347), i
Quaderni del carcere tracciano un quadro complessivo dell'immagine
dell'America in Europa: Si combatte l'americanismo per i suoi elementi sovversivi della stagnante societ europea, ma si crea il clich dell'omogeneit sociale americana per uso di propaganda e come premessa
[ideologica] di leggi eccezionali (Q, 347). In effetti, gi prima dell'avvento del fascismo, diffuso nella cultura conservatrice italiana il
modello stereotipo di una democrazia o societ americana che, al contrario di quelle europee, rivela una natura pii calma e pi concorde e
comunque pu contare su un'aristocrazia nuova che [...] divenuta
121 G. Ferrer, La guerra europea. Studi e discorsi, Milano, Rav, 1915, p. 98,
122 Con riferimento all'espansionismo della Germania guglielmina, il colossale anche insofferenza dei limiti e culto della forza: ibid., p. 85,130.
123 G. Gentile, Guglielmo Ferrer clericale (18 giugno 1918), in Id., Guerra e fede, op. dt., p. 167-170.
85
13.
124 Cos il gi citato Angelo Mosso, in M. Nani, Fisiologia sociale e politica della razza latina, op.
cit.,p.32e52,notal6.
125 B. Croce, Tre socialismi (settembre 1918), in Id., Atalia dal 1914 al 1918, op. cit., p. 284.
126 B. Croce, Libri italiani di filosofia, in Conversazioni critiche, serie II, (1918), Bari, Laterza, 1924
(IIed.),p. 60-1.
le, piuttosto che all'impiego dell'arco, del boomerang, della cerbottana. In realt, nell'atteggiamento del Labriola del tempo della guerra
libica e in Croce agisce la tesi del popolo=fanciuIlo (Q, 1367), quella
tesi che accompagna come un'ombra la tradizione liberale che di essa si
servita per giustificare l'esclusione dei ceti popolari e dei popoli coloniali dai diritti politici e, talvolta, anche dai diritti civili.
Nella sua presa di posizione a favore del colonialismo. Croce tutt'altro che isolato. A guerra appena conclusa, nel programma del Partito
popolare, Sturzo rivendica sfere di influenza per lo sviluppo commerciale del paese e una politica coloniale in rapporto agli interessi della
nazione e ispirata ad un programma di progressivo incivilimento. Con
linguaggio decisamente pi energico si esprime Salvemini che rimprovera
a Sonnino di non essersi mosso tempestivamente, al momento dell'intervento in guerra, per assicurare all'Italia la Tunisia. Si tratta di un delitto
ovvero di una prova di cretinismo. Nell'aprile 1915 Francia e Inghilterra ci promisero estensioni coloniali proporzionate a quelle che avrebbero fatte esse: un nostro diritto acquisito. E invece: La Siria ipotecata dalla Francia; la Mesopotamia e l'Arabia dall'Inghilterra. Le colonie
tedesche in Africa se le vogliono dividere l'Inghilterra e la Francia [...]
Non esiste nessuna proporzione fra ci che si preparano a inghiottire
Francia e Inghilterra, e ci che lasciano a noi.
Non deve stupire questa rivendicazione cos aggressiva e militante di
uno spazio coloniale per l'Italia. vero che Salvemini si era opposto
all'avventura in Libia, ma solo inizialmente e per ragioni di opportunit
economica, politica, militare, mai per una questione di principio. Si spiegano cos il successivo invito ad abbandonare la protesta sterile e vana
contro una guerra, da cui ormai non abbiamo modo diritirarci,l'auspicio del successo, che auguriamo completo, di questa impresa, e la celebrazione della prova bellissima di seriet nazionale fornita dall'Italia
nel corso del conflitto. Il futuro teorico dell'interventismo democratico
non esita neppure a dichiararsi d'accordo con Giustino Fortunato sul
127 In L, Sturzo, Opere scelte, a cura di G. De Rosa, Roma-Bari, Laterza, 1992 sgg., voi. 1, p. 43.
128 Vedi G. Salvemini, Lettera a B. Berenson del26 ottobre 1918, in Id., Carteggio. 1914-1920, op.
cit.,p. 430-2.
87
129 G. Salvemini, Colonia e Madre Patria e 1 valori morali della guerra, su L'Unit del 13 gennaio e
del5 ottobre 1912,orainId., Opere,op.cit., voi. Ili, l , p . 152 e240.
130 Cos nell'intervento alla Camera del febbraio 1912, riportato in G. Sabbatucci (a cura di),
ria del socialismo italiano, Roma, Il Poligono, voi. II, 1980, p. 498-9.
131 Discorso al Congresso di Modena del 17 ottobre 1911, in E Turati, Socialismo e riformismo nella storia d'Italia. Scritti politici lS78-m2, a cura di E Livorsi, iVlilano, Feltrinelli, 1979, p. 244.
132 Ihid.,
p.24.
un fattore indispensabile dell'evoluzione economica dei paesi industriali e come uno strumento, altres, per realizzare la coincidenza di
interessi del proletariato e della borghesia.
Secondo l'opinione concorde, pur con un giudizio di valore diverso
e contrapposto, di Pareto e Gramsci, la crisi del socialismo data a partire dalla guerra libica {infra, cap. VI, 6). Inizia allora la marcia di avvicinamento del socialismo riformista alla borghesia liberale e alla sua politica
di conquiste coloniali, marcia che poi conosce la sua tappa decisiva con
la I guerra mondiale. L'Italia un osservatorio privilegiato per comprendere il peso della questione coloniale nella scissione del movimento
operaio, la quale matura gi prima della rivoluzione bolscevica e della
guerra mondiale.
Rispetto alle tendenze dominanti anche a sinistra, Gramsci rappresenta una svolta. Gi prima dell'ottobre 1917, sottolinea le conseguenze
nefaste delle guerre eritree e di quella di Libia (CT, 229). Pur con
una residua concessione all'argomento della possibile giustificazione
morale del colonialismo, un articolo del 1916 denuncia in termini
appassionati l'ipocrisia delle potenze dominanti, le quali enunciano
principi mai trasportati dai confini della madre patria nelle colonie.
Queste continuano ad essere soggette ad un sistema di giustizia penale
inqualificabile, ad arbitri polizieschi enormi, a torture medioevali,
al regime delle leggi d'eccezione. Una conclusione s'impone: Qualunque siano le conseguenze che ne debbano sortire, non bisogna tardare la liberazione degli indigeni da tutte le servit (CT, 255-7). necessario farla finita non solo con l'oppressione delle colonie, ma anche con
l'eurocentrismo (regocentrismo di noialtri europei):
Ci crediamo centro dell'universo e immaginiamo appena che fuori di noi,
fuori della nostra vecchia sfera continentale, vi siano dei grandi movimenti
d'attivit umana, dove stanno elaborandosi gi degli avvenimenti che
potranno avere delle ripercussioni decisive sui nostri destini. Alla guerra
europea non potr molto tardare la guerra delle colonie (CT, 258).
Sabbatucci
alla causa degli schiavi delle colonie e la condanna delle catene imposte
e forgiate dall'Occidente e divenute pi dure e intollerabili che mai nel
corso del primo conflitto mondiale. Gramsci saluta con calore la
rivolta [che] fiammeggia nel mondo coloniale. Alludendo al colossale
drenaggio non solo di risorse materiali ma anche di forza-lavoro coatta
(e di carne da cannone) operato da parte delle potenze belligeranti,
L'Ordine Nuovo osserva che durante la guerra le colonie sono state
sfruttate in una misura inaudita, con un metodo inflessibile e disumano
[...] Per qualche anno noi europei siamo vissuti della morte degli uomini di colore: inconsci vampiri ci siamo nutriti del loro sangue innocente. Come nel romanzo di Balzac, il piatto di riso che fumava dinanzi
alla nostra bocca privilegiata recava nei suoi numeri ermetici la condanna a morte di un lontano fratello in umanit (ON, 69-70).
L'attenzione alla questione coloniale continua a manifestarsi anche
negli anni del carcere. In Occidente, le democrazie moderne continuano a presentarsi con una struttura massiccia e articolata in tutta
una serie di trincee: di guerra di movimento si pu parlare solo per
le colonie, dove vigono ancora le forme che altrove sono superate e
divenute anacronistiche (Q, 1567). Gramsci sembra aver previsto lo sviluppo del movimento di emancipazione coloniale e il ruolo svolto nel
suo ambito dal movimento comunista.
14.
verata a Croce vengono contrapposti un socialismo e un'Internazionale capaci di ribadire e far valere concretamente i caratteri generici
dell'uomo e dell'umanit (CT, 609).
Sul tema dell'unit del genere umano torna a insistere, ad un anno di
distanza, un intervento immediatamente successivo alla disfatta di Caporetto, che conviene citare per esteso:
n senso della guerra stato in noi fin dal primo giorno. Noi abbiamo sentito, virilmente, fin dal primo giorno dell'invasione belga, lo spasimo che ora
strazia, e incomincia a straziare anche altri. Perch il nostro internazionalismo era radicato nell'animo nostro, e ci dava un senso del mondo, e ci faceva
vivere la vita degli altri, ci faceva, non solo spettatori, ma anche attori del
dramma degli altri. Perch la nostra fede ci ha dato un senso vivo del valore
di ogni singolo individuo, e nella guerra noi non vediamo solo l'urto di due
stati, di due concezioni, di due civilt, ma vediamo anche gli uomini, le lunghe file di uomini, gli eserciti come composti di singoh uomini e vediamo
questi uomini vivere, muoversi, gettarsi gli uni sugli altri. questa sensibilit
sqmsita dell'uno e della collettivit che caratterizza la nostra passione, che ha
dato il brivido umano e carnale alla nostra concezione ideologica, che ci fa
non semplici cervelli astratti, combattenti per un ideale astratto, ma uomini
vivi, immersi nell'ambiente attuale, palpitante con la vita del mondo.
I borghesi questo brivido hanno sentito solo quando il fatto della guerra ha
traboccato oltre i confini, ha travolto individui della loro classe nella loro
nazione. E tendono a noi le braccia disperatamente, perch l'umanit che
in loro si svegliata a questo brivido, e cercano solidariet e cercano conforto. Le ideologie sono diventate sangue e carne anche per loro, e strazio e
spasimo.
Tendono le braccia per l'abbraccio fraterno: ma per noi nulla cambiato.
Lo spasimo per noi ancora diverso, non pu essere confuso con quello di
altri (CF, 417-8).
II discrimine tra borghesi e liberali da un lato e socialisti dall'altro viene individuato nell'assenza nei primi di un concetto di uomo veramente
tmiversale. L'articolo appena citato del 3 novembre 1917. Dopo l'Ottobre bolscevico, un rinnovato riferimento al romanzo di Balzac mette in
stato d'accusa, come abbiamo visto, un sistema che comporta la condanna a morte di un lontano fratello in umanit. Si tratta ora di riconoscere la spinta immensa e irresistibile di tutto un mondo ricco di spiritualit verso l'autonomia e l'indipendenza. E dunque, il nostro inter-
91
nazionalismo nonrimanerinchiuso nell'ambito dell'Europa o dell'Occidente, ma si estende anche agli indigeni delle colonie (ON, 69-70).
Sono toni che contrastano singolarmente con quelli di Croce che,
nel 1922, sia pure a dimostrazione dell'inevitabile spregiudicatezza realistica dell'azione degli Stati, cos si esprime: Si vista la Francia sollecitare fremebonda l'aiuto da tutti, festeggiare selvaggi barbari, senegalesi e gurkas indiani che calpestavano la sua dolce terra. ""
Netta e incolmabile ormai la distanza che separa Gramsci dal
mondo liberale, comprese le sue componenti di sinistra. Allo scoppio
del primo conflitto mondiale, nel rivendicare l'intervento dell'Italia,
Salvemini avverte che non si tratter di una passeggiata militare di libica memoria. L'espressione qui usata sembra rimuovere del tutto gli
orrori della guerra coloniale. Eppure era stato lo stesso Salvemini a fornire, nel 1912, a conquista pressoch ultimata, un consiglio di per s
eloquente all'esercito invasore: Lasciare che le trib inteme si stanchino di venire ad essere massacrate sotto le nostre trincee. Non c'
ombra di turbamento: gli arabi sono presi in considerazione solo per le
parecchie decine di milioni annui che l'Italia avrebbe dovuto spendere a causa della occupazione militare e della guerriglia, che dovremo a
lungo combattere con quella popolazione indigena. Per il resto, chiaro che nella occupazione militare dobbiamo lasciarci guidare esclusivamente da criteri di tornaconto economico. Quindi bando a qualsiasi
opera pubblica [...] utile forse ai berberi della colonia, ma non redditizia dal punto di vista della potenza occupante. E Salvemini enuncia
una conclusione su cui lui stesso richiama l'attenzione evidenziandola
col corsivo: Jl nostro sentimento di solidariet nazionale non oltrepassa i
confini della nostra patria e i bisogni della nostra stirpe. Intendiamo
lasciare tutta ai nazionalisti la stolta gioia di amare pi i berberi di Tripoli
che i loro fratelli d'Italia.
Paradossalmente, i nazionalisti vengono
qui accusati di essere troppo teneri con la popolazione indigena!
134 B. Croce, frammenti di etica (1922), in Id., ^tica e politica, Bari, LatetEa, 1967, p. 143,
135 G. Saivemim, La peggiore ipotesi, su i ' U ^ t del 26 febbraio 1915, ora in Id., Opere, op. cit.,
voi.Ili, l,p.483.
136 G. Salvemini, Colonia e Madre Patria, op, cit., p. 149-150.
92
93
III.
1.
Abbiamo visto Croce paragonare la guerra ad una catastrofe naturale dinanzi alla quale conviene evidentemente rassegnarsi. Ad una
metafora pifi solenne ricorre Turati nel momento in cui alla Camera
esprime un'adesione ormai totale alla sacra unione patriottarda: Grondante di sangue e di lacrime, onusta di fato, si affaccia e passa la Storia!. E ancora: Quando parlano i fatti, quando il sangue cola a fiotti
dalle vene aperte di una nazione, di una stirpe, il segno che un gran
"giudicio di Dio" si instaura, tanto maggiore dei nostri umani giudizi
che cos spesso errano. ' Il filosofo idealista e il politico riformista sono
d'accordo nel considerare inane e donchisciottesco qualsiasi tentativo
di opposizione alla guerra. Ed entrambi regrediscono, agli occhi di
Gramsci, ad un punto di vista premoderno, quello proprio dei cattolici
impaludati nel Sillabo, che al soggetto, all'uomo, non attribuiscono altra
iniziativa che quella della preghiera alla Madonna della Consolata perch allontani il flagello della guerra.
Si spiega allora l'emergere con forza del problema della prassi: Oggi
nessuno vuole pi che il suo destino sia in balia di un ristretto numero di
persone irresponsabili e incontrollate, che nel segreto dei conciliaboli
1 Intervento alla Camera del 12 giugno 1918, in F. Turati, Socialismo e riformismo nella storia d'Italia,op.
ck.,p.)28.
95
2 A. Del Noce, Suicidio della rivoluzione, Milano, Rusconi, 1978, p. 128-9 e 209.
3
129el2,
4 Cos il r gennaio 1919, in B. Mussolini, Scritti politici, op. cit., p. 182 nota.
Cos nel suo diario di guerra: vedi P. Melograni, Storia politica della grande guerra
(1969), Roma- Bari, Laterza, 1977, p. 150.
1915/18
A. Del Noce, Rivoluzione, Risorgimento, Tradizione. Scritti su "L'Europa" (e altri, anche inediti), a
cura di F. Mercadante, A. Tarantino, B. Casadei, Milano, Giuffr, 1993, p. 410-1.
Action-action, not hesitation; action, not words; action, not agitation; discorso del 5 giugno
1915, in D. Cannadine (a cura di), The Speeches ofWinston Churchill, London, Penguin Books,
1990, p. 68.
H. J. Laski, The American Democracy. A Commentary andan Interpretation (1948), Fairfeld, Kelley,1977,p.42.
97
9 J. Evola, Rivolta contro il mondo moderno (1934), Roma, Edizioni Mediterranee, 1984, p, 394-5 e
405.
10 J. Evola, Il fascismo. Saggio di una analisi critica dal punto di vista della Destra, Roma, Volpe,
1964, p. 96.
11 VediM. N^cci, Vantiamericanismo in Italia negli anni trenta, op. dt., p. 167 e 169,
12 Vedi P. Corsini-P. P. Poggio, Materiali per lo studio del collaborazionismo conservati presso la
FondazioneMicheletti, nAnnalidellaFondazioneLuigiMicheletti,
n. 6,1992, p. 195.
Peraltro, la sua diagnosi della modernit ha alle spalle una storia che
non inizia col '900. Gi Rosmini polemizza contro una societ agitata da
incessanti sconvolgimenti rivoluzionari e per la quale il movimento, il
mero movimento divenuto il supremo bisogno. Se negli anni della
Restaurazione i critici della rivoluzione e del divenire credono di poter
additare l'antidoto nelle verit eterne del cristianesimo e, soprattutto,
nella stabilit della Chiesa cattolica, successivamente prima Schopenhauer e poi Nietzsche mettono in stato d'accusa la stessa tradizione
ebraico-cristiana che, in virt del creazionismo e della visione uniHneare
del tempo, da considerare responsabile della smania del nuovo e degli
incessanti mutamenti e progetti rivoluzionari caratteristici della storia
dell'Occidente. Non proprio l'Occidente, profondamente imbevuto
di questa tradizione religiosa, a rivelarsi, agli occhi dei due filosofi critici
implacabili della modernit, piii ribelle e pi esagitato di qualsiasi altro
continente e di qualsiasi altra cultura?
Rosmini e Del Noce si fermano a mezza strada nella loro denuncia
della modernit e del primato del divenire. Proprio per questo essi risultano meno persuasivi dei grandi filosofi reazionari che hanno individuato il punto di partenza della rovinosa parabola dell'Occidente nella tradizione additata come rimedio dai due autori cattolici. E comunque, lo
schema caro all'odierno pensatore cattolico risulta del tutto insostenibile sul piano storico e filologico. Esso risponde ad esigenze di immediata
polemica politica: una sorta di riesumazione della teoria del socialfascismo in chiave anti-gramsciana e anti-marxiana. Se ci si volesse abbandonare al gioco fatuo delle analogie, risulterebbero ben pi evidenti
quelle che sussistono tra Evola e Del Noce, e persino tra Mussolini e
Del Noce: se non altro, entrambi condividono la condanna totale della
rivoluzione francese, " che invece, agli occhi di Gramsci, un momento
essenziale del divenire storico, della modernit e del processo di
emancipazione.
A. Rosmini, La societ e Usuo fine, libri quattro, in Id., Filosofia della politica, a cura di M. D'Addio, Milano, Marzorati, 1972, p. 460.
Vedi A. Del Noce, Prefazione a M. Veneziani, Processo all'Occidente, Milano, SugarCo, 1990, p.
12-3. Sino all'ultimo, il fascismo si attribuisce la "missione" di combattere le idee dell'89: vedi R.
De Felice, Mussolini l'alleato, Torino, Einaudi, 1990, voi. I, p. 1287.
100
2.
101
24 Vedi G. Lukcs, Moses Hess und die frohleme der ideaUstischen Vialektik ( 1926), in Id., Schriften zur Ideologie undPoUtik, a cura di P. Ludz, Neuwiedund Berlin, Luchterhand, 1967, p. 237281. Il i^ichtismo dei giovani hegeliani (Cieszkowski, B. Bauer, Hess) risulta anche da H. Stuke,
Philosophie der Tat. Studien zur Verwirklichung derPhilosophie beiden]unghegelianern
undden
itfijfcrra SozMlirfeK, Stuttgart, Klett, 1963, vedi in particolare p. 117 e224.
25 Vedi D. Losurdo, Hegel eh libert dei moderni, Roma, Editori Riuniti, 1992, cap, II, 1 (al quale
rinviamo anche per l'interpretazione qui avanzata della tesi hegeliana dell'identit di reale e
razionale).
102
nella sua filosofia, spiega il suo volo al crepuscolo della sera, quando le
opere del giorno sono tutte compiute. Ma la filosofia in vero non
quella postuma contemplazione della realt, che da Aristotele ad Hegel
si ritenne. Non c' prima il mondo e poi il pensiero.
L'affermazione della razionalit del reale e la conseguente visione
della filosofia non come creazione solitaria del soggetto, bens come
concettualizzazione della realt storica, questa fondamentale tesi hegeliana contiene elementi di materialismo inaccettabili per il teorico
dell'atto puro: la filosofia non ha oggetto a cui sia da commisurarsi;
il suo oggetto lei stessa, quella filosofia che la filosofia costruisce; da
respingere il modo comune di pensare, secondo cui la scienza [...]
suppone la vita. ^ Sul versante opposto, Gramsci, che si riconosce pienamente nella tesi della razionalit del reale, non solo contrappone
ratto "impuro", reale nel senso pi profondo e mondano della parola
airatto "puro" di Gentile, ma assimila il gruppo costituitosi attorno a lui a quello dei Bauer satireggiato nella Sacra famiglia (Q, 1492 e
1370). Una satira che sembra prendere di mira anticipatamente il filosofo attualista di un secolo dopo: Oggetto! Spaventoso! Non c' niente di piii riprovevole, di pi profano, di pi massiccio di un oggetto;
bas l'oggetto; da esso non pu non ritrarsi inorridita la soggettivit
pura, Vactuspurus (MEW, n, 2l).
L'accostamento cui procedono i Quaderni del carcere tra Bauer e
Gentile non uno spunto isolato, e tanto meno un accostamento di
maniera, ma un motivo di grande rilievo teorico. ^^ Gramsci intende
26 G. Gentile, Sistema di logica come teoria del conoscere, Bari, Laterza, 1922-23 (II ed,), voi. II, p.
273 e 223.
27
[m,p.2}6t272.
28 E invece Del Noce (Suicidio della rivoluzione, op. cit., p. 136), pur di tener fermo all'accostamento o assimilazione Gramsci-Gentile, sorvola disinvoltamente, senza neppure sforzarsi di
comprenderlo, su quel parallelo [istituito da Gramsci a proposito di Gentile] con la posizione
di Bruno Bauer, di cui i marxisti si servono sempre quando si trovano davanti a critiche provenienti filosoficamente da sinistra e a cui difficile rispondere! Ma in realt la successiva radicale svolta a destra di B. Bauer (su ci vedi D. 'Lo^ixtdo,Hegel e la libert dei moderni, op. cit., p.
412 nota 78 al cap. I) conferma in pieno la validit dell'affermazione che Marx fa del carattere
velleitario e impotente della filosofia dell'autocoscienza. Per quanto poi riguarda Gramsci,
vedremo subito che assimila a Bruno Bauer anche le posizioni di un avversario dichiaratamente
di "destra" come Claudio Treves.
103
applicare al filosofo attualista le critiche da Marx rivolte ai giovani hegeliani. La sacra famiglia cos descrive il processo di dissoluzione del sistema hegeliano: Strauss isola e assolutizza il momento della sostanza di
Spinoza e riduce Hegel alpunto divista spinoziano-, Bauer invece isola
e assolutizza il momento fichtiano dell'autocoscienza e riduce Hegel al
punto divista fichtiano (MEW, II, 147). Dopo aver sottoscritto questa
analisi, Gramsci aggiunge che qualcosa di analogo avvenuto dopo la
morte di Marx: II laceramento avvenuto per l'hegelismo si ripetuto
per la filosofia della praxis, cio dall'unit dialettica si ritornati da una
parte al materialismo filosofico volgare (il riferimento soprattutto a
Bucharin) dall'altra all'idealismo (il riferimento soprattutto a Croce e
Gentile); in tal modo si retrocede non solo al di qua di Marx, ma anche
al di qua di Hegel il quale aveva dialettizzato, sia pure in modo astratto,^<materialismo e spiritualismo (Q, I86l).
Il Gramsci critico dei fratelli Bauer il Gramsci critico del fichtismo
dei giovani hegeliani che, nella loro sete di azione, nello sforzo di sottolineare la creativit del soggetto contro ogni atteggiamento di passiva
contemplazione, finiscono col dissolvere l'oggettivit del reale. interessante notare che gi nel 1918, pur nel momento di pi aspra polemica contro la sterilizzazione operata dai socialisti positivisti delle dottrine di Marx ridotte a dottrina dell'inerzia del proletariato, Gramsci
tiene a distinguere nettamente le sue posizioni dalla filosofia dell'autocoscienza dei fratelli Bauer. Anzi, proprio a tale filosofia viene polemicamente assimilata la riduzione positivistica del marxismo nel senso che
in un caso e nell'altro la concretezza della storia e dei rapporti e delle
lotte politico-sociali cede il posto ad un soggetto mitico e metafisico che
nel primo caso rautocoscienza, nel secondo lo strumento del lavoro (CF, 554-5).
In questo momento, al determinismo viene contrapposto, con linguaggio desunto da Gentile (cui probabilmente rinvia l'accenno ai
libri che in Europa sono stati scritti dopo la fioritura del positivismo e
che hanno messo in crisi la riduzione positivistica di Marx), s ratto
storico, ma un atto storico che non pura soggettivit, dato che in
esso si realizza l'unit tra l'uomo e la realt, lo strumento di lavoro e la
volont (CF, 554-6). Nella concreta situazione storica ben si comprende
l'enfasi posta sull'attivit del soggetto (in questo senso si possono awer104
3.
105
negativit gi insita nell'oggettivit. Se il negativo appare come ineguaglianza dell'Io verso l'oggetto, esso pure l'ineguaglianza della
sostanza verso s stessa. Ci che sembra prodursi fuori di lei, ed essere
un'attivit contro di lei, il suo proprio operare, ed essa mostra di essere essenzialmente Soggetto. L'attivit gi implicita nelle contraddizioni oggettive che lacerano la sostanza, la realt; il primo presupposto del mutamento, dell'attivit di trasformazione del reale nella
disuguaglianza del reale con s stesso. "
La categoria di contraddizione oggettiva svolge un ruolo assai importante in Gramsci che ripetutamente insiste sulle contraddizioni reali della vita storica, sulle intime contraddizioni della vita sociale, sulle contraddizioni sociali, sulle contraddizioni insanabili presenti nella
struttura e che giungono a maturazione ed esplosione nelle crisi rivoluzionarie, nonostante gli sforzi incessanti e perseveranti della classe
dominante per attutirle o tenerle sotto controllo (Q, 1488,1487,886 e 158o).
La superiorit dellafilosofadella prassi proprio nell'essere l'espressione cosciente di queste contraddizioni, nell'essere la coscienza piena
delle contraddizioni (Q, 39). La filosofia della prassi non va definita a
partire da un engagement extra-teoretico: essa in primo luogo teoria
delle contraddizioni esistenti nella storia e nella societ (Q, 1320). "
Intanto la dialettica hegeliana il punto di riferimento privilegiato
della filosofia della prassi in quanto teoria della contraddizione, teoria
che al tempo stesso riflesso dei grandi nodi storici, cio delle
contraddizioni sociali che hanno segnato la nascita del mondo
moderno. Le varie riforme neoidealiste hanno il grave torto di aver operato la sparizione di queste contraddizioni e di aver quindi ridotto la
dialettica hegeliana a pura dialettica concettuale (Q, 886).
G. W. F. Vie%.,PhdnomenologiedesGeistes
(1807) inId.,
WerkemzwanxigBnchn,ac\mi^l.
Moldenhauer e K. M. Michel, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1969-1979, voi. IH, p. 39; tr. it., a
cura di E. De Negri, Fenomenologia dello spirito, Firenze, La Nuova Italia, 1963, voi. I, p. 29.
G. W. F. Hegel, TextezurphilosophischenPropdeutik(lWi-Wl),
in Id., Werke in zwanzig
hdnen, op. cit., voi. IV, p. 14.
Proprio per il fatto che, per Marx e per Gramsci, il nuovo si sviluppa a partire dal reale oggettivamente esistente, con le sue inteme contraddizioni, risulta insostenibile la lettura in chiave gnostica che De! Noce (Suicidio della rivoluzione, op. cit. p. 5) fa del marxismo: La rivoluzione non
sar una nuova forma all'interno dell'eone presente, ma comporter la sua cancellazione.
106
34 G. Gentile, La riforma della dialettica hegeliana, Firenze, Sansoni, 1975 (IV ed.), p. 39.
35 La negativit in Croce si configura o come distinzione o come semplice privazione: vedi Logica
come scienza del concetto puro (1905), Bari, Laterza, 1967 (prima ed. economica), p. 61-4 e 233.
36 Vedi K. Rosenkranz, Tie Selbstandigkeit der deutschen Philosophie gegeniiber der Vranzsischen,
(1852), in NetteStudien, Leipzig 1875-8, voi. II, p. 226.
108
posta come reale, s stessa il colmo del controsenso (MEW, XX, ili);
ma c' anche, e soprattutto, lariattuaiizzazionechela rivoluzione d'Ottobre comporta della categoria di contraddizione oggettiva.
Al fine di sottolineare l'oggettivit del processo storico, i Quaderni
del carcere fanno ripetutamente riferimento alla Prefazione a Per la critica
dell'economia politica. " La rivoluzione non pu scaturire dalla pura iniziativa del soggetto, ma ha la sua condizione preliminare e assolutamente
ineludibile ancora una volta nelle contraddizioni oggettive: Cio la contraddizione economica diventa contraddizione politica e si risolve politicamente in un rovesciamento della praxis (Q, 1279). Il soggetto non pu
creare e plasmare a proprio piacimento il reale; l'iniziativa e la soggettivit rivoluzionaria un momento essenziale e che va tenuto presente
contro ogni forma di meccanicismo; ma tale momento non pu essere
disgiunto dalla tensione dello stesso oggetto a farsi soggetto.
privo di senso ridurre a filosofia della soggettivit creatrice la gramsciana filosofia della prassi, la quale si costituita s nella lotta contro la
versione positivistica e meccanicistica del marxismo (contro coloro che
condannavano la rivoluzione d'Ottobre agitando II capitale), ma anche
nel corso della lotta intrapresa da Lenin contro le tendenze estremistiche
e volontaristiche largamente presenti nella III Intemazionale. Solo cos si
pu comprendere la polemica di Gramsci contro l'abbandono al
"miracolo" superstizioso (Q, 1422), l'insistenza sul fatto che un rapporto di forze sociali (il cui calcolo ovviamente il presupposto di ogni
autentica iniziativa rivoluzionaria) strettamente legato alla struttura,
obiettivo, indipendente dalla volont degli uomini, [...] pu essere misurato coi sistemi delle scienze esatte e fisiche. [...] Questo rapporto quello che , una realt ribelle: nessuno pu modificare il numero delle aziende e dei loro addetti, il numero delle citt con la data popolazione iirbana, eccetera. In conclusione: il grado di realismo e di attuabilit delle
diverse ideologie si misura dal grado di attenzione alle contraddizioni reali sul cui terreno comunque tali ideologie sono sorte (Q, 1583).
Q, 1422 e 1579; per quanto riguarda il brano della Prefazione a Per la critica dell'economia politica tenuto presente in modo particolare da Gramsci vedi MEW, XllI, 9; G. Nardone {Ilpensiero di Gramsci, Bari, De Donato, 1971, p. 321) rinvia invece, erroneamente, alla Prefazione al
Capitale.
109
4.
110
53.
45 Vedi F. Valentini, La controriforma della dialettica, Roma, Editori Riuniti, 1966, p. 109-10.
46 In particolare W. Sombart contrappone alla nottola di Minerva l'aquila come uccello del popolo tedesco: vedi D. Losurdo, Hegel e la Germania, op. cit., cap. XIV, 9.
47 G. Gentile, Sistema di logica, op. cit, voi. II, p. 272-73.
Ili
dell'azione
51 G. Gentile, Genesi e struttura della societ (1943), a cura di V, A. Bellezza, Milano, Mondadori,
1954, p. 222-23.
52 B. CLvocz,! "giudizi di valore" nella filosofia moderna (1909), in l.,Saggio sulloHegel seguito da
altri scritti di storia della filosofia, Bari, Laterza, 1967, p. 403.
112
concepirla come storia di valori ideali, i soli che si svolgano. " Di qui la
condanna del materialismo, che, negando ogni valore, non pu
ammettere neppure il valore della storia.
Siamo in presenza di un topos della cultura conservatrice. Abbiamo
visto la sua presenza nella tradizione culturale francese. Possiamo ora
dare uno sguardo alla Germania: Stahl contrappone la cristiana visione
storica del mondo alla visione astorica del mondo propria della
filosofia moderna (e hegeliana in particolare). Questa, fondata com'
sul meccanismo e le leggi meccaniche della natura e della logica, non
lascia spazio n alla storia n aUa vita n al mutamento. ''
Nel celebrare con Mazzini la missione d'azione, Gentile sottolinea a sua volta che essa rinvia allo spiritualismo ed assolutamente
incompatibile col materialismo. Nell'ambito della reinterpretazione
e del riassorbimento della filosofia di Marx, al fine della decapitazione
intellettuale del movimento sociaHsta, Gentile reinterpreta la prassi
marxiana come prassi in interiore homine\ Sia pure con un linguaggio
completamente diverso, facendo quindi intervenire, per dirla con
Gramsci, un elisir nuovo {infra, cap. VI, 4), il filosofo attualista riprende un topos classico del pensiero conservatore, costantemente impegnato a ritradurre il mutamento politico-sociale in mutamento spirituale,
che non ha bisogno di investire e intaccare l'oggettivit del reale: Il
bene e il male dentro di voi. Liberatevi!. "
Come la categoria di prassi, anche la categoria di immanenza, nonostante le assonanze di linguaggio su cui talvolta si fatto leva per assimilare Gramsci e Gentile, rinvia in realt a tradizioni di pensiero profondamente diverse. Abbiamo visto Gramsci insistere sulle intime contraddizioni della vita sociale. Il pensiero corre ad Hegel, per il quale la
contraddizione una determinazione altrettanto essenziale ed imma-
113
nente quanto l'identit. " O a Marx, che parla anche lui di contraddizione immanente o di leggi immanenti, oggettivamente operanti nella realt sociale o in un sistema sociale determinato. " una categoria
che svolge un ruolo centrale in Labriola, per il quale intanto si pu parlare di socialismo scientifico in quanto l'avvento del comunismo
pensato come il risultato ^immanente processo della storia, la
filosofia della praxis va definita come la filosofia "immanente" alle
cose su cui filosofeggia. " E significativamente, nonostante le critiche
anche aspre che investono soprattutto l'ultimo Labriola, a questi Gramsci riconosce il merito di essere stato il solo che abbia cercato di
costruire scientificamente la filosofia della prassi (Q, 1507-8).
E proprio il significato appena visto di immanenza ad essere respinto sin dall'inizio da Gentile, il quale cos polemizza: Egli [Labriola]
bada a ripetere mille volte che la nuova teoria non che Vautocritica delle cose stesse, la visione della immanente realt della storia. " Nel filosofo attualista cos come in Blondel e Laberthonnire l'immanenza
l'immanenza non gi alla realt oggettiva, bens al soggetto, allo spirito,
all'interiorit.
5.
58 G. W. F. Hegel, WssenschaftderLogik,\nl.,
WerkeinzwanzigBnden,
59 Cos nelle edizioni del Capitale del 1867 (nuova MEGA, voi. II, 5, p, 54) e del 1873 (MEW,
XXIII, 286).
60 A. Labriola, Discorrendo disoalismo e di filosofia (IfSl) eDel materialismo storico. Dilucidazione preliminare (1896), in Id., La concezione materialistica della storia, a cura di E. Garin, Bari,
Laterza, 1969 (II ed.), p, 117 e 216,
61 Lettera a B. Croce del 17 gennaio 1897, in G. Gentile, Lettere a Benedetto Croce, voi. I, Dal 1896
al 1900, a cura di S. Giannantoni, Firenze, Sansoni, 1972, p. 20.
114
Abbiamo visto due tappe fondamentali di questa storia: il pathos fichtiano dell'azione svolge un ruolo importante prima nella preparazione
ideologica della rivoluzione del '48 in Germania e viene poi piegato a
teoria X'engagement patriottico e guerresco allo scoppio della I guerra mondiale.
Successivamente, la marea montante della protesta contro la guerra,
e contro una societ che ha reso possibile quel massacro senza precedenti, e lo scoppio della rivoluzione d'Ottobre, tutto ci crea un terreno
favorevole per una nuova e diversa fortuna del fichtismo. Sono gli anni
in cui Lukcs mutua il linguaggio da Fichte per definire il presente
come repoca della compiuta peccaminosit {infra, cap. IV, li); di
assoluta irrazionalit del presente parla invece Togliatti che chiama a
contrapporre ad esso una volont nuova. Ha comunque un chiaro
sapore fichtiano questa ulteriore dichiarazione che appare su l!Ordine
Nuovo: Per noi solo nell'azione vive e si rivela l'assoluto e conoscere il
vero vuol dire concorrere alla creazione di esso.
In Italia, il tramite oggettivo di questa diffusione del fichtismo il
Gentile attualista. Pu sembrare strano e paradossale il ricorso dei giovani rivoluzionari ad un filosofo che successivamente si sarebbe attestato su posizioni decisamente reazionarie. Ma, a parte l'ovvia avvertenza a
non giudicare in modo precipitoso e col senno del poi, c' un'analogia
che forse pu essere interessante. Negli anni che precedono la rivoluzione del '48, i giovani impazienti di produrre un mutamento politico e
sociale, e insofferenti del contemplativismo attribuito alla filosofia di
Hegel, fanno riferimento non solo a Fichte ma, in taluni casi, persino a
Schelling. Si tratta del filosofo che stato chiamato a Berlino dalla reazione prussiana e che tuttavia nella polemica contro Hegel sembra talvolta assumere toni attivistici e comunque polemici nei confronti di un
concetto e una scienza della ragione meramente contemplativi. "
Giocando abilmente sull'equivoco - nota Marx nel 1843 - Schelling
appare al geniale Leroux e ai suoi simili come colui che al posto del
62 P.Togliatti, "Guerra e fede" di G. Gentile, in L'Ordine Nuovo d 1 maggio 1919, in Opere, op.
cit.,vol. I, p.22.
63 P. Togliatti, Che cos' il liberalismo, op. cit., p. 68.
64 Cosi, ad esempio, ne\iaPhilosophiederMythologie,
115
pensiero astratto pone il pensiero in carne ed ossa, al posto di una filosofia scolastica pone una filosofia mondana. Ma, al di l di Leroux,
per i giovanirivoluzionaridel Vormrz non stato immediatamente agevole comprendere che, ben lungi dall'essere un appello all'azione rivoluzionaria, la retorica anti-contemplativistica dell'ultimo Schelling
costituiva la ripresa di un topos conservatore e reazionario che nella speculazione astratta e negli intellettuali astratti individua e denuncia
un pericoloso acido corrosivo della concretezza della tradizione e
dell'ordinamento politico-sociale esistente.
Com' ovvio, le analogie hanno sempre un valore assai relativo. E
tuttavia quella appena tracciata pu essere utile per comprendere il fatto che, per un certo periodo di tempo, su tutta una generazione di rivoluzionari Gentile ha esercitato un fascino ben superiore a quello di Croce. Questi, distinguendo nettamente tra dominio teoretico e dominio
pratico, e configurando il discorso politico come radicalmente allotrio
rispetto a quello filosofico e scientifico, aveva proceduto ad una sorta di
liquidazione epistemologica del socialismo e dello stesso marxismo, nella misura in cui esso esprimeva un'opzione politica per il socialismo. E a
Croce che sembra far riferimento in primo luogo Gramsci, allorch critica i pensatori che da un po' di tempo non parlano del socialismo e del
movimento sociale dei lavoratori che per dimostrarne l'inanit teoretica
o la fallacia storica. Sono pensatori che si lasciano anch'essi trascinare
dalle passioni suscitate dagli avvenimenti (CE, 650) (e cio anche la teoresi del filosofo delle distinzioni non era cos pura e disinteressata come
pretendeva di essere). Per quanto riguarda invece la filosofia di Gentile,
stato a ragione osservato che essa, istituendo una stretta unit tra la
teoria e la pratica, sembrava venire incontro alle esigenze di chi intendeva ancorare ad un solido fondamento la propria partecipazione alle lotte politiche.
Ma c' un aspetto almeno altrettanto importante, cui per stata in
MEW, XXVII, 420 (lettera di Marx a Feuerbach del 3 ottobre 1843); su Leroux, e sull'influenza
per qualche tempo esercitata dall'ultimo Schelling anche su Bakunin vedi M. Frank e G. Kurz,
Eine fmhsoxialistiche Verteidigung Schellings (1842), in Materialien zu Schellings philosophischen
Anfangen, a cura di M. Frank e G. Kurz, Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1975, p. 433-43.
E. Ragionieri, Introduzione a P. Togliatti, Opere, op. cit., voi. I, p. XLII.
116
67 Vei A Janm22o,Le
94.
117
69
Ibid.,p.21.
Croce,op,dt.,p,40.
cit.,p. 21-22.
118
dare all'uno o all'altro dei due filosofi neoidealisti non mancano neppure nel momento in cui il filosofo attualista sembra essere considerato
l'interlocutore privilegiato. Togliatti che, agli inizi del maggio 1919,
abbiamo visto definire Gentile come il maestro pi insigne e ascoltato
della scuola filosofica italiana, ad un mese di distanza parla di Croce
come del maggiore educatore della generazione nostra in Italia.
Nonostante il suo animo un po' arido, un po' freddo e la sua tendenza al fatalismo storico, egli si mostra infinitamente superiore a coloro
che si abbandonano a uno stato d'animo fatto di leggerezza e gonfiezza retorica. L'accusa ha come bersaglio esplicito gli ideologi della
guerra, ma forse comincia ad investire lo stesso filosofo attualista. Le
distinzioni crociane rivelano la loro superiorit rispetto alla conclamata
unit gentiliana, anche se naturalmente Togliatti non dimentica di
aver a che fare con un borghese certo intelligente e di animo onesto, ma che comunque non pu non suscitare la diffidenza e la riserva
dei rivoluzionari.
Dopo qualche tempo, l'affermazione fatta da Gentile della genesi
dello Stato nella coscienza degli individui si rivela come un elemento
non di critica, bens di trasfigurazione ideologica, si rivela come la forma pili greve e pi pericolosa di statolatria, in quanto finisce col circonfondere lo Stato di un'aureola anche morale e spirituale, che non
lascia spazio a contrappesi e non consente un'analisi materialistica o
storicamente concreta: Lo Stato, dichiara il filosofo attualista, non
inter homines, come pare, ma in interiore homine: non niente di
materiale, ma una realt spirituale. " Nel Gramsci dei Quaderni del
carcere, l'accusa di statolatria investe chiaramente non pi Croce, ma
Gentile, che nell'identit-distin2one tra societ civile e societ politica annulla il momento della distinzione (Q, 1028).
Con riferimento all'analogia che abbiamo istituito con gli anni del
Vormrz, si pu dire che, se alla vigilia della rivoluzione del '48 si verifica
un passaggio degli intellettuali rivoluzionari da Hegel a Fichte, negli anni
immediatamente successivi alla rivoluzione d'Ottobre si verifica, dopo le
119
6.
Abbiamo visto gi in Togliatti la sofferta presa di coscienza della grevit naturalistica propria di una certa metafisica dell'atto o dell'azione. Non diversa la conclusione cui giunge Gramsci. C' un fatto particolarmente significativo. I Quaderni del carcere riportano un brano della
voce "Fascismo" eWEnciclopedia italiana, in cui si polemizza contro il
marxismo, secondo il quale la storia delle civilt umane si spiegherebbe soltanto con la lotta di interessi tra i diversi gruppi sociali e col cambiamento dei mezzi e strumenti di produzione, senza tener conto che
120
ci sono atti nei quali nessun motivo economico - lontano o vicino agisce. Dopo aver trascritto questo brano, Gramsci commenta: L'influsso delle teorie di Loria evidente. vero che qui la polemica
rivolta contro il Capo del Governo (Q, 1145), ma oggi sappiamo che
l'autore della voce in questione altri non era che Giovanni Gentile, che
dunque viene indirettamente accusato di procedere ad una lettura di
Marx non molto diversa da quella di Loria. Non era questa lettura in
chiave fondamentalmente loriana che aveva portato il filosofo attualista
a istituire una contrapposizione tra marxismo e bolscevismo?
In questo quadro va collocato l'accostamento, cui i Quaderni del carcere procedono, di Gentile al Labriola teorico della schiavit pedagogica per i papuani, e comunque giustificatore delle avventure coloniali
della borghesia italiana: in entrambi i casi pare si tratti di uno pseudostoricismo, di un meccanismo abbastanza empirico e molto vicino al pi
volgare evoluzionismo (Q, 1366). L'uno e l'altro sono d'accordo nell'espungere dal processo storico il salto qualitativo, la rottura rivoluzionaria: e infatti, come Labriola impartisce lezioni di marxismo ai popoli
coloniali che non comprendono la necessit di passare attraverso la fase
della dominazione imposta dai paesi capitalistici sviluppati, cos Gentile
impartisce lezioni di marxismo ai bolscevichi che rifiutano di attendere il socialismo dal fatale andamento del processo storico. La metafisica dell'atto e della prassi non sortisce un risultato diverso dall'autocritica delle cose positivisticamente intesa. Ma Gramsci procede oltre,
istituendo un rapporto tra l'atteggiamento non [...] dialettico e progressivo, ma meccanico e retrivo assunto da Labriola nei confronti della questione coloniale e l'atteggiamento "pedagogico-religioso" del
Gentile nei confronti del popolo, con la teorizzazione della necessit
della religione per le masse popolari (Q, 1367). La visione meccanica del
processo storico e delle sue tappe di sviluppo porta Labriola a negare il
diritto all'iniziativa dei popoli coloniali, e sortisce dunque una conclusione elitaria (Xlite costituita in questo caso dai paesi e popoli capitalisticamente sviluppati). La conclusione elitaria inevitabile anche a
partire dallo sconfinato pathos idealistico della prassi: e qui Gramsci ha
presente ancora una volta La sacra famiglia, con l'osservazione di Marx
per cui la celebrazione idealistica della creativit del soggetto, il fichtismo alla Bruno Bauer, tanto pi esagitato quanto pi privo di contenuti
121
74 G. Preti, Il pragmatismo, che cos'? (1946), ora in Folitecnico, a cura di M. Forti e S. Pautasso,
Milano, Rizzoli, 1975, p. 273-5.
75 R. Mondolfo, Il concetto di necessit nel materialismo storico (1912), orainid., Umanesimo di
Marx, op. cit., p. 99 e 97 nota 6.
122
76 C. Luporini, Fichte e la destinazione del dotto, in Id., filosofi vecchi e nuovi, Firenze, Sansoni,
1947, p. 169 nota; F, Valentni, La controriforma della dialettica, op.cit., p. 109-110,
124
7.
77 J. P. Sartre, Matrialisme et rvolution (1946), tr. it., a cura di E Fergnani eP. A. Kovatti, Materialismo e rivolutone, Milano, Il Saggiatore, 1977, p. 91.
78 Vedi D. Losurdo, Filosofare dopo Hegel e Marx. Rileggendo ArturoMassolo, in N. De Domenico e
G. Puglisi (a cura A), Arturo Massaio a veni'anni dalla morte, Padova, Marsilio, 1988, p. 67-8.
79 G.Gwtie,La
guerra delPapa (3 gennaio 1918), inid., Guerra e fede,op. cit.,p. 96. Sulla diffusione di questi motivi allo scoppio della guerra, in Italia e in Europa, vedi D. Losurdo, La comunit, la morte, l'Occidente, op. cit., cap. I.
125
le, condanna il pensiero privo di radici (e quindi incapace di dedizione patriottica) ma anche privo di potenza (boden-und machtlos). " Se,
in questi anni e in questo clima spirituale, qualche chance a Marx
ancora concessa, ci avviene solo nella misura in cui lo si reinterpreta in
chiave vitalistica, come agitatore di temi e motivi che trovano la loro
compiuta espressione in altri autori, ai quali conviene alfine ritornare.
Agli occhi di Croce, Marx ha avuto il merito di richiamare l'attenzione
su Hegel, ma ora a Hegel filosofo della guerra che bisogna far riferimento; con Marx torna in Italia il Machiavelli rimosso o maltrattato da
quei professori, che nell'esporne il pensiero gl'infliggevano prediche
moralistiche e lo avrebbero voluto saggio e moderato come loro, ''' ma
ora Machiavelli che bisogna riprendere a studiare.
Dopo la II guerra mondiale, Marx Ietto e condannato come teorico della volont di potenza. Gli viene cos attribuita quella metafisica
del soggetto che Marx critica prima nell'economia politica, poi nel fichtismo dei giovani hegeliani e infine nel programma di Gotha.
E una reinterpretazione singolare, tanto pi che i suoi autori o protagonisti in realt criticano o continuano a criticare Marx da due punti
di vista diametralmente contrapposti. Per un verso lo mettono in stato
d'accusa in quanto responsabile di una metafisica del soggetto e della
sua creativit e prassi. Per un altro verso, si abbandonano ad una
denuncia aspra e indignata del materialismo in virt del quale Marx sottolinea la priorit dell'essere sociale rispetto alla coscienza, dell'oggettivit materiale rispetto al suo rispecchiamento critico e alla teoria, compresa la teoria dello stesso Marx. In questo caso, Heidegger a prendere le difese del soggetto o spirito {Geht) e a protestare sdegnato contro il materialismo marxista (interpretato in chiave grevemente meccanicistica e riduzionistica) che vorrebbe ridurre il soggetto o spirito a
sovrastruttura impotente. Ora le parti sembrano essersi rovesciate:
Heidegger a rammentare a Marx la potenza del soggetto spirituale!
126
Questo rovesciamento non deve stupire. Un autore (che si tratti di Heidegger o di un suo lontano discepolo come Del Noce) che pretende, se
non di cancellare, di rimettere radicalmente in discussione secoli di storia, considerandoli alla stregua di un colossale erramento, sarebbe
apparso agli occhi del teorico materialista uno spiritualista esaltato
che crede nS!onnipotenza del volere ed cieco nei riguardi dei limiti naturali e spirituali del volere (MEW, l, 406 e 402).
Lacerando l'unit di soggetto-oggetto, i critici di Marx lo trasformano di volta in volta in un metafisico dell'oggetto o del soggetto. Lo stesso
fenomeno avviene per le correnti e i movimenti che dagli autori del
Manifesto delpartito comunista hanno preso le mosse. Dopo la rivoluzione russa del 1905, Weber vede fronteggiarsi nel movimento operaio
internazionale da una parte il razionalismo naturalistico [naturalistischerRationalismus) di chi crede nell'oggettivit naturalistica delle leggi
di sviluppo del processo storico, dall'altra il razionalismo pragmatico
{pragmatischerRationalismus)
di chi, rifacendosi a Hegel, crede nella
natura creatrice del pensiero umano; vede cio fronteggiarsi metafisica dell'oggetto e metafisica del soggetto. Per la sua polemica contro il
positivismo e ogni forma di meccanicismo, Gramsci era destinato ad
essere letto come metafisico del soggetto e della prassi soggettiva.
In realt, il tema della prassi, in Marx e in Gramsci, non pu essere pensato e valutato correttamente senza metterlo in rapporto col tema
dell'oggettivit materiale. Conviene qui soffermarsi su un testo che
Gramsci ha chiaramente letto in profondit. Nella Sacra famiglia, prassi non ha solo il significato di attivit della trasformazione della realt:
anzi alla coppia di concetti essere/pensiero {Sein/Denken) corrisponde
la coppia di concetti prassi/teoria (Praxis/Theorie) (MEW, II, 204). La
prassi materiale quella che poi diventa l'essere sociale, per il quale
Per la critica dell'economia politica rivendica la priorit rispetto al pensiero. in questo senso che VAnti-Dhring sottolinea la priorit dei
rapporti pratici {praktische Verhltnisse) (MEW, XX, 87). Non a caso
^Ideologia tedesca afferma che la coscienza coscienza della prassi esistente {bestehende Praxis) (MEW, III, 38), un concetto quest'ultimo che
127
8.
fortemente interessato da giovane e il cui linguaggio spesso riproduce (sempre per con spirito di distacco e facendo notare talvolta che cos vuol far
capire meglio il suo proprio concetto) e le origini o le parti costitutive della
filosofia della prassi [...]. Lo studio della cultura filosofica di un uomo come
Marx non solo interessante ma necessario purch tuttavia non si dimentichi che esso fa parte esclusivamente della ricostruzione della sua biografia
85 B. Croce, Conversazioni critiche, II Serie, Bari, Laterza, 1924 (II ed.), p. 294.
86 II primo volume pubblicato, nel 1930, dall'Istituto Nazionale Fascista di Cultura costituito
dalla requisitoria di Burke contro la rivoluzione francese, che appare con una Prefazione di
Gentile: vedi Politica e cultura, op. cit., voi. II, p. 240-2.
130
Le novit e i salti qualitativi, le rotture epistemologiche, le nuove categorie, tutto ci dileguato dalla storia del pensiero perch dileguato in
realt lo stesso tempo storico con le sue contraddizioni che incessantemente si rinnovano, assumendo una configurazione sempre storicamente determinata ed esigendo o stimolando risposte nuove.
cos che procede Gentile nei confronti di Marx, dissolto nelle due
componenti, considerate reciprocamente inconciliabili, di materialismo
e idealismo. Ma proprio questo tipo di lettura che viene da Gramsci
rifiutato sulla scorta di Marx il quale, esaminando gli sviluppi in Germania della filosofia post-hegeliana, si fa beffe del modo di procedere degli
epigoni: dal maestro pretendono di ereditare i motivi fichtiani liquidando quelli spinoziani o viceversa. In un modo o nell'altro va smarrito l'essenziale del pensiero di Hegel, il suo sforzo grandioso, a partire da esperienze storiche reali, di affermare l'unit di oggetto e di soggetto e di
ancorare l'impulso al mutamento, alla trasformazione, alla prassi non
semplicemente nell'ispirazione maturata nella coscienza privata di un
individuo pi o meno geniale o piti o meno smanioso di azione, bens,
ancor prima, nel configurarsi stesso della realt, nelle sue incrinature e
contraddizioni oggettive.
Nonostante le assonanze verbali, nel passaggio da Hegel ai giovani
hegeliani certe categorie assumono un significato radicalmente diverso.
Svaniti i processi storici reali, dileguato il nesso che in Hegel sussiste tra
esperienza della rivoluzione industriale e della rivoluzione politica da
un lato e tema della prassi dall'altro, l'attivismo di un autore come
Bauer si configura come una sorta di autocelebrazione narcisistica del
soggetto, il quale smarrisce ogni contatto con la coscienza comune e
guarda con sufficienza al tempo stesso all'oggettivit e alla massa.
Mosso dall'esigenza di salvare ed ereditare la parte per lui pi vitale del
sistema di Hegel, Bauer finisce col non cogliere l'essenziale e col liquidare il tutto. Sia chiaro. Il suo torto agli occhi di Marx non la libert
con cui procede nei confronti del pensiero del maestro; al contrario, il
fatto di partire dal sistema o dai suoi pezzi o frammenti arbitrariamente
selezionati, piuttosto che dai processi storici reali e dall'analisi al tempo
stesso delle loro espressioni teoriche, dei problemi da essi posti e delle
risposte foreite ed elaborate dai diversi pensatori.
in quest'ultimo modo che filosofano Hegel e Marx, i quali si misu131
rano in primo luogo con la rivoluzione industriale, la rivoluzione politica, lo Stato moderno, i conflitti interni e internazionali. cos che filosofa anche Gramsci. E ancora una volta pu essere interessante vedere
qual l'ermeneutica filosofica da lui suggerita. Dal Croce di Cultura e
vita morale riprende e sottoscrive un brano di per s eloquente: Poesia
non genera poesia; la partenogenesi non ha luogo; si richiede l'intervento dell'elemento maschile, di ci che reale, passionale, pratico, morale. I Quaderni del carcere commentano'. Questa osservazione pu
essere propria del materialismo storico. La letteratura non genera letteratura ecc., cio le ideologie non creano ideologie, le superstrutture non
generano superstrutture altro che come eredit di inerzia e di passivit:
esse sono generate non per "partenogenesi" ma per l'intervento dell'elemento "maschile" - la storia - l'attivit rivoluzionaria che crea il "nuovo uomo", cio nuovi rapporti sociali (Q, 733).
E un brano che Gramsci cerca di far valere anche contro Croce, la
cui filosofia intrattiene tuttavia un rapporto pi stretto coi processi storici e rivela un senso piii robusto della realt che non la filosofia del
teorico dell'atto puro. Profondo conoscitore della storia del pensiero
nei suoi complessi svolgimenti e nei suoi intrecci, che ignorano e travalicano i confini statali e nazionali. Gentile svolge un ruolo assai positivo
e di rilievo internazionale allorch ridicolizza gli stereotipi emersi nel
corso della I guerra mondiale. Egli sa mettere a frutto brillantemente il
suo idealismo per contrastare gli ideologi della guerra, francesi o tedeschi che siano, i quaU irrigidiscono in senso naturalistico le diverse tradizioni culturali, contrapponendole l'una all'altra senza tener conto dei
loro scambi e dei loro rapporti reciproci, della circolazione dello spirito che, nonostante il conflitto, le congiunge e le intreccia. E sempre dal suo idealismo Gentile trae grande profitto per confutare le letture in chiave positivistica e volgarmente materialistica di Marx e per
evidenziare in quest'ultimo il tema della prassi e, quindi, della soggettivit e dell'attivit del soggetto. Ma c' un rovescio della medaglia.
Estremamente rigoroso nello spingere l'idealismo sino alle sue estreme
conseguenze, il filosofo attualista non si mai realmente interrogato sul
132
88 G. Gentile, Discorso agli italiani (194}), in l.,Politica e cultura, op. cit., voi. II, p.
89 P. Togliatti, Ver una giusta comprensione del pensiero di Antonio Labriola (1954), in
ca culturale,
Gruppi, Roma, Editori Riuniti, 1974, p. 311.
133
passim.
La politi-
anche di poter affermare che la dottrina del Croce sulle ideologie politiche di evidentissima derivazione dalla filosofia della praxis, anche
se si tratta di un materialismo volgare che vede in quelle ideologie una
sorta di inganno pi o meno consapevole (Q, 1319). Epper, l'ultimo
Croce, dopo aver ulteriormente accentuato in senso riduzionistico la
critica marxiana dell'ideologia, procede a denunciarla addirittura come
il vero Anticristo, per la totale negazione e irrisione della vita spirituale che essa comporterebbe!
Del tutto ignorata da Gentile, distorta prima in senso volgarmente
materialistico e quindi tanto pi agevolmente resa odiosa e degna di una
denuncia apocalittica ad opera di Croce, la categoria di ideologia svolge
un ruolo decisivo e costante nel pensiero di Gramsci, il quale dimostra
di aver ben compreso e assimilato il nuovo significato assunto dal filosofare dopo Hegel e Marx. Voler leggere l'evoluzione dell'autore dei Quaderni del carcere e dei suoi rapporti con Gentile a partire esclusivamente
dai presunti nessi speculativi significa filosofare al modo dell'idealista
attuale, non certo di Gramsci. cosi che procede Del Noce. Si tratta
ovviamente di una scelta legittima: ma perch l'interprete cattolico si
ostina a proiettare il proprio genriJianesimo sull'autore da lui indagato.?
B. Croce, Uanticristo in noi (1946), in Id., Filosofia e storiografia. Saggi, Bari, Laterza, 1969, p. 315.
134
Parte seconda
IV.
1.
Abbiamo visto l'approdo di Gramsci al comunismo critico. Possiamo ora analizzarne le caratteristiche peculiari. Conviene non perdere
di vista un dato di fatto biografico che al tempo stesso di grande rilievo
sul piano teorico. Si tratta di un autore e di un dirigente politico che ha
vissuto la tragedia della sconfitta del movimento operaio e della vittoria
del fascismo e, proprio per questo, stato costretto a rompere con le
speranze di rapida e definitiva palingenesi rivoluzionaria, per approfondire invece l'analisi del carattere complesso e contraddittorio e dei tempi lunghi del processo di trasformazione politica e sociale. Tale approccio teorico non pu non risultare particolarmente stimolante e fecondo
in un momento storico come quello attuale, in cui il movimento di emancipazione delle classi e dei popoli in condizione subalterna costretto a
registrare una nuova e disastrosa sconfitta.
Secondo Gramsci, il passaggio dal capitalismo alla societ regolata, cio al comunismo, durer probabilmente dei secoli (Q, 882).
D'altro canto, per quanto riguarda la Francia, il ciclo della rivoluzione
borghese abbraccia, come vedremo, un periodo che va dal 1789 al
1871. Ci possiamo allora chiedere se a fondamento di una lettura della
modernit, e della storia in generale, fondata sul criterio dei tempi lunghi, non ci sia una precisa teoria della rivoluzione e della trasformazione politica e sociale.
137
Conviene prendere le mosse da Marx, presso il quale possibile sorprendere almeno due diverse e contrastanti versioni della teoria della
rivoluzione, anche se il punto di partenza pur sempre costituito dall'acutizzarsi della contraddizione tra forze produttive e rapporti di produzione. Grevemente meccanicistica la versione consegnata alla celeberrima pagina del Capitale che vede la rivoluzione socialista come conseguenza immediata e automatica del compiersi del processo di accumulazione capitalistica;
La centralizzazione dei mezzi di produzione e la socializzazione del lavoro
raggiunge un livello in cui essa diventa inconciliabile col suo involucro capitalista. Questo involucro vien fatto saltare via. Suona l'ultima ora della propriet privata capitalistica. Gli espropriatori vengono espropriati (MEW,
XXin,79l).
La rivoluzione proletaria in Germania - scrive pii tardi, nell'aprile 1856, Marx a Engels - non pu aver successo senza intrecciarsi strettamente con una riedizione della guerra dei contadini, e quindi con lo
sviluppo della lotta anti-feudale nelle campagne (MEW, X X I X , 4 7 ) .
In ogni caso, la maturit economico-sociale della rivoluzione socialista non va di pari passo con la maturit politica. L'Inghilterra, la metropoli del capitale ovvero la potenza che domina il mercato mondiale,
costituisce unico paese in cui le condizioni materiali di questa rivoluzione si sono sviluppate sino ad un certo grado di maturit. Ma a tale
situazione oggettivamente favorevole corrisponde rimpotenza della
classe operaia inglese (profondamente contagiata dalla dominante
ideologia sciovinistica), la quale si sente e si comporta come membro
della nazione dominante, riducendosi, in tal modo, a strumento dell'aristocrazia e dei capitalisti contro l'Irlanda. proprio qui che bisogna cercare la chiave per la trasformazione rivoluzionaria della Gran
Bretagna nel suo complesso. Certo, si tratta di un territorio economicamente sottosviluppato, di una colonia, dove la questione agraria finora la forma esclusiva della questione sociale, dove, cio, tutto ruota
attorno al possesso della terra: e, tuttavia, la rivoluzione agraria,
intrecciandosi strettamente con la questione nazionale e con la lotta
nazionale irlandese, e facendo tesoro del carattere degli irlandesi, pi
passionale e pi rivoluzionario che non quello inglese, pu abbattere il
dominio deiraristocrazia terriera inglese, gettando cos le condizioni
per l'emancipazione della stessa classe operaia inglese (MEW, X X X l i ,
6 6 7 - 9 ) . Nella lettera qui citata dell'aprile 1870, la rivoluzione viene fatta
risalire non esclusivamente allo sviluppo del capitalismo e all'acutizzarsi
139
2.
A tale proposito, oltre che quello di Mntzer, che pretende di realizzare il comunismo in una situazione ancora nettamente al di qua, sia
in Germania che a livello internazionale, dei rapporti sociali borghesi,
Engels adduce l'esempio anche dei rappresentanti del proletariato
nel governo provvisorio francese scaturito dalla rivoluzione di febbraio del 1848 (MEW, VII, 4 0 0 - 1 ) . Ma la situazione da ultimo evocata fa
pensare piuttosto a quella cui fa riferimento il Manifesto il quale prevede e auspica, perla Germania del 1848, il trasformarsi della rivoluzione borghese in rivoluzione proletaria. Nel trarre le conclusioni gi
viste dall'analisi della guerra dei contadini, Engels non fa cenno, invece, alla rivolta operaia di giugno, la quale, comunque, difficilmente
potrebbe trovare una sua legittimazione nell'ambito della filosofia
della storia da lui qui schizzata, che sottolinea l'inanit di ogni iniziativa rivoluzionaria la quale non discenda da una situazione oggettivamente matura. Il destino di Miintzer la dimostrazione che l'anticipazione del comunismo mediante la fantasia diviene in realt un'anticipazione dei moderni rapporti borghesi (MEW, VII, 346). Nel condannare la rivoluzione d'Ottobre, la Seconda Internazionale si attenuta in qualche modo alla versione meccanicistica della teoria della
rivoluzione, quella consegnata nel Capitale e nella pagina di Engels
qui citata, cui, significativamente, ancora oggi si richiamano storici
liberal-conservatori impegnati a dimostrare l'illegittimit, anche dal
punto di vista della teoria di Marx, del movimento rivoluzionario guidato da Lenin e dai bolscevichi. '
C' da aggiungere che, oltre che meccanicistica, questa versione
marxiana della teoria della rivoluzione tendenzialmente eurocentrica:
se tutto si decide nel punto pi alto dello sviluppo capitalistico, le colonie possono solo attendere l'emancipazione dall'esterno, e si comprende allora la tendenza diffusa nella Seconda Internazionale a giustificare
l'esportazione, a partire dalla metropoli, del capitalismo, in attesa dell'auspicata esportazione del socialismo o dell'auspicato sviluppo della
rivoluzione socialista anche nei paesi arretrati, ma pur sempre suUa base
1 La verit che Lenin era troppo impaziente per essere un marxista ortodosso: cos. P. Johnson,
Modem Times. Vrom the Twenties to the Nineties, New York, Harper Collins, 1991, p, 55.
141
della preliminare introduzione al loro interno di quei rapporti capitalistici di produzione che gi costituiscono il presente dell'Occidente.
E evidente e noto l'approccio anti-meccanicistico di Gramsci, il
quale polemizza contro l'ultimo Labriola, impegnato a giustificare, in
nome della civilt e del socialismo, l'espansione coloniale delle grandi
potenze. Ma, sin qui, si tratta dell'assimilazione della lezione di Lenin.
C' per da aggiungere che Gramsci forse il primo a rendersi conto
della compresenza in Marx di due versioni diverse e contrastanti della
teoria della rivoluzione. ci che emerge con chiarezza dalla celeberrima presa di posizione a favore della rivoluzione scoppiata in Russia contro Il capitale e cio in assenza di quella maturit economica che secondo Marx condizione necessaria del collettivismo: non a caso l'articolo cui qui si fa riferimento sottolinea la necessit di depurare il marxismo delle sue incrostazioni positivistiche e naturalistiche (CF, 5 1 4 - 6 ) .
La difesa dell'Ottobre e la polemica contro le posizioni meccaniciste
della Seconda Internazionale procedono di pari passo con la presa di
coscienza della necessit di una rilettura critica di Marx.
Ritorniamo alla lettera sull'Inghilterra e l'Irlanda. S, Marx pensa ad
una rivoluzione agraria e nazionale nella colonia, ma sempre in funzione
della rivoluzione socialista nella metropoli capitalista. un atteggiamento che continua a farsi sentire in Lenin, che a lungo vede nella rivoluzione d'Ottobre solo il preludio della rivoluzione in Occidente, considerata ormai imminente. Certo, il dirigente bolscevico si rende poi conto dell'erroneit di tale previsione e della necessit di concentrarsi in
Unione Sovietica sulla costruzione del socialismo o, comunque, di un
ordinamento politico-sociale post-capitalistico. Ma la morte interviene
a troncare tale processo di ripensamento: il punto d'approdo del dirigente bolscevico costituisce invece il punto di partenza della riflessione
dei Quaderni del carcere.
Si comprende allora la polemica con Trotski. Non tanto significativa l'insistenza sul fatto che, in Occidente, la rivoluzione socialista presuppone una lunga e complessa guerra di posizione. Pi ancora della
critica immediatamente politica, riguardante l'analisi della situazione
oggettiva e dei reali rapporti di forza, importante la critica di carattere
filosofico, la quale individua nella teoria della rivoluzione permanente una forma moderna del vecchio meccanicismo (Q, 1 7 3 0 ) . Negare
142
2 Riportato in A. Agosti, Ld Terza Internazionale. Storia documentaria, Roma, Editori Riuniti, voi. I,
l , p . 7 4 e 278.
143
3.
4.
4 Cos si esprime, ad esempio, P. Bourget, riportato in N.Priollaud (a cura di), 1871: la Commune
de Paris, Paris, Levi-Messinger, 1983, p. 33.
147
q u e l l o d i e s s e r e la
la q u a l e u l t i m a a v a n z a in
m o d o tanto pi imperioso p e r il fatto c h e ormai al proletariato divenut o chiaro c h e il piii insignificante m i g l i o r a m e n t o della sua situazione
wn utopia
dentro
la r e p u b b l i c a b o r g h e s e , u n ' u t o p i a la q u a l e d i v e n t a
la quale pone la borghesia nella stessa "situazione" in cui erano i feudatari durante la prima. l'epoca dell'imperialismo e degli sconvolgimenti
imperialisti, o derivanti dall'imperialismo (L, XXI, l3o). D'altro canto, la
stessa rivoluzione del 1905 viene ora definita s democratica borghese,
per il suo contenuto sociale, ra.& proletaria per i suoi mezzi di lotta; ed
essa costituisce non pii l'inizio di un periodo di rivoluzioni democraticoborghesi in Oriente, bens il prologo della prossima rivoluzione europea. Ormai chiaro: L'Europa gravida di rivoluzioni, e questi
rivolgimenti non potranno finire che con l'espropriazione della borghesia e con la vittoria del socialismo (L, XXIII, 239 e253). Senei gennaio del
1917 Lenin dell'opinione secondo cui noi, vecchi, non vedremo forse
le battaglie decisive di questa rivoluzione che s'avvicina (L, xxm, 253),
poco pili di due anni dopo sembra considerare a portata di mano l'obiettivo della repubblica sovietica internazionale, della vittoria intemazionale del comunismo (L, xxvril, 483).
Vediamo ora Gramsci. La delimitazione temporale del primo periodo non muta: ma come collocare nel suo ambito la rivolta operaia del
giugno '48 e la Comune di Parigi? Si tratta di rivoluzioni socialiste sia
pur premature? Non sembra essere questa l'opinione dei Quaderni del
carcere che tendono invece a considerarle come le ultime convulsioni
prima dell'assestamento del regime borghese. Solo con la Terza Repubblica, dopo aver schiacciato l'opposizione che gli viene anche, per cos
dire, da sinistra, la societ borghese riesce a conseguire una stabilizzazione, dopo 80 anni di rivolgimenti a ondate sempre pii lunghe: 8994-99-1804-1815-1830-1848-1870. Il periodo di tempo sempre pi
lungo che trascorre tra l'una e l'altra sta ad indicare che si tratta delle
scosse di assestamento di un regime che comincia ad assumere forma e
stabilit:
solo nel 1870-71, col tentativo comunalistico si esauriscono storicamente
tutti i germi nati nel 1789, cio non solo la nuova classe che lotta per il potere sconfigge i rappresentanti della vecchia societ che non vuole confessarsi
decisamente superata, ma sconfigge anche i gruppi nuovissimi che sostengono gi superata la nuova struttura sorta dal rivolgimento iniziatosi nel
1789, e dimostra cos di essere vitale e in confronto al vecchio e in confronto
al nuovissimo (Q, 1581-2).
149
L'Ottobre segna l'inizio del ciclo dellerivoluzioniproletarie e dell'abbattimento a livello internazionale del sistema capitalistico? Gramsci deve
certo aver condiviso per qualche tempo questa illusione comune al movimento comunista internazionale nel suo complesso. Ma da essa sembrano
prendere le stanze Quaderni del carcere iquuH sottolineano che, dopo
la repressione dell'insurrezione comunarda, la Terza Repubblica francese
ha conosciuto 60 anni di vita politica equilibrata (Q, 1581-2). Il conflitto
mondiale e larivoluzionesocialista che ha dato origine all'Unione Sovietica non sembrano costituire un momento di svolta radicale nella storia della Francia: anzi, la guerra non ha indebolito, ma rafforzato l'egemonia;
non si avuto il tempo di pensare: lo Stato entrato in guerra e quasi subito il territorio stato invaso [ci che ha rafforzato il senso di solidariet
nazionale e quindi la base sociale di consenso del regime borghese]. Il
passaggio dalla disciplina di pace a quella di guerra non ha domandato
una crisi troppo grande (Q, l64o). Pi in generale, per quanto riguarda
l'Occidente nel suo complesso, vero che, nel periodo del dopoguerra,
l'apparato egemonico si screpola e l'esercizio dell'egemonia diviene permanentemente diificile e aleatorio (Q, 1638); e, tuttavia, le democrazie
moderne continuano a presentarsi con una struttura massiccia e articolata in tutta una serie di trincee; sicch, di guerra di movimento si
pu parlare solo per le colonie, dove vigono ancora le forme che altrove
sono superate e divenute anacronistiche (Q, 1567).
5.
classi dirigenti gli elementi sociali pi ricchi di energia e di spirito d'intrapresa, la societ intiera in continuo processo di formazione e di dissoluzione seguita da formazioni pi complesse e ricche di possibilit [...] In questo
processo si alternano tentativi di insurrezione e repressioni spietate, allargamenti e restrizioni del suffragio politico, libert di associazione e restrizioni
o annullamenti di questa libert, libert in campo sindacale, ma non in quello politico, forme diverse di suffragio [...] (Q, 1637).
A partire dalla sconfitta operaia e popolare del giugno 1848 e poi del
1871 inizia, secondo Gramsci, in Francia e in Europa, una fase di rivoluzione passiva, non identificabile n con la controrivoluzione n, tanto
meno, col crollo ideologico e politico della classe dominante. Quella di
rivoluzione passiva una categoria di cui i Quaderni del carcere si servono per denotare la persistente capacit d'iniziativa della borghesia, la
quale, anche nella fase storica in cui ha cessato di essere una classe propriamente rivoluzionaria, riesce a produrre trasformazioni politicosociali, talvolta di rilievo, conservando saldamente nelle proprie mani il
potere, l'iniziativa e l'egemonia, e lasciando le classi lavoratrici nella loro
condizione di subalternit. Per leggere gli avvenimenti successivi alla
rivoluzione del 1848, la categoria di rivoluzione passiva si rivela molto
pi adeguata che non quella di decadenza ideologica.
6.
sodale. Engels non sembra voler rompere con la teoria della decadenza
ideologica, la quale teoria finisce con l'emergere anche dalla tesi apparentemente caratterizzata da maggiore apertura. S, celebrando la
scienza [che] procede in modo spregiudicato e deciso e il senso teorico che sdegna l'accomodamento ideologico, Engels rivendica al proletariato l'eredit della filosofia classica tedesca. Ma quest'ultima nettamente contrapposta al successivo sviluppofilosoficoe culturale, il quale
continua cos ad essere liquidato in blocco senza sfumature e differenziazioni interne:
Con la rivoluzione del 1848 la Germania "coita" dette congedo alla teoria
e si pose sul terreno dell'attivit pratica [...] Ma nella misura in cui la speculazione usciva dalla stanza di lavoro del filosofo ed erigeva il proprio tempio
nella Borsa dei valori, nella stessa misura andava perduto anche per la Germania quel grande senso teorico che aveva costituito la gloria della Germania nel periodo della sua pi profonda decadenza politica: il senso per l'indagine scientifica pura, indipendentemente dal fatto che ilrisultatoraggiunto fosse praticamente utilizzabile oppure no, fosse oppure non fosse contrario alle ordinanze di polizia [...] E nel campo delle scienze storiche, compresa la filosofia, insieme con la filosofia classica veramente scomparso il vecchio spirito teoretico spregiudicato [...] I rappresentanti ufficiali di questa
scienza sono diventati gli ideologi dichiarati della borghesia e dello Stato
esistente, e questo in un tempo in cui entrambi sono in aperta antitesi col
proletariato (MEW, XXI, 306-7).
156
g h e s i ( M E W , IV, 467), n e c o n s e g u e c h e i n i z i a t a a n c h e la d e c a d e n z a
politica e ideologica della borghesia.
Coi loro ritorni periodici, le crisi commerciali sono l a dimostrare che ormai la borghesia dominante rassomiglia allo stregone che non
pu pili dominare le potenze sotterranee da lui evocate, e cio le nuove
forze produttive (MEW, IV, 467). Ma, secondo Gramsci, si tratta di distinguere la crisi organica da quella di congiuntura, dalle fluttuazioni di
congiuntura (Q, 1078 e 1588). un problema che non sembrano porsi
Marx e Engels, almeno negli anni a cavallo del '48. La ribellione indomabile delle nuove forze produttive dimostrata gi daU'esserci di una teoria critica della societ borghese. Per dirla con l'Ideologia tedesca, quando questa teoria, teologia, filosofia, morale, eccetera, entrano in contraddizione con i rapporti esistenti, ci pu accadere soltanto per il fatto che i
rapporti sociali esistenti sono entrati in contraddizione con le forme produttive esistenti (MEW III, 31-2). Il fatto che intellettuali di estrazione
borghese (come Marx e Engels) si schierino col proletariato la riprova
definitiva della maturit, e forse persino dell'imminenza della rivoluzione sociale:
Nei periodi in cui la lotta di classe si avvicina al momento decisivo, il processo di dissolvimento in seno alla classe dominante, in seno a tutta la vecchia societ, assume un carattere cos violento, cos aspro, che una piccola
parte della classe dominante si stacca da essa per unirsi alla classe rivoluzionaria, a quella che ha l'avvenire nelle sue mani. Perci, come gi un tempo
una parte della nobilt pass alla borghesia, cos ora una parte della borghesia passa al proletariato, e segnatamente una parte degli ideologi borghesi
che sono giunti a comprendere teoricamente il movimento storico nel suo
insieme (MEW, IV, 471 -2).
In tale quadro Engels colloca l'attivit della stessa Rheinische Zeitung diretta da Marx (MEW, Vili, 19). E, dunque, alla vigilia della rivoluzione borghese in Prussia, l'asprezza della lotta per l'abbattimento
dell'antico regime stimola l'emergere di un ceto di intellettuali su posizioni cos radicali da annoverare tra le sue file colui che si appresta a
scrivere il Manifesto del partito comunista-, e, per un certo periodo, non
potendo disporre di intellettuali a lei organici, la borghesia lascia largo
spazio a intellettuali a lei ostili o potenzialmente ostili. In questa fase,
nonostante la presenza consistente di intellettuali di orientamento
socialista provenienti dalle file delle classi proprietarie, la borghesia,
ben lungi dall'essere immersa in un processo di dissoluzione, deve
ancora conquistare il potere politico.
Il fatto che, come sottolinea L'ideologia tedesca, a causa della divisione del lavoro, si sviluppano spesso contraddizioni e tensioni tra ceti
ideologici da una parte e frazione imprenditoriale della borghesia dall'altra (MEW, III, 47). Lo schierarsi al fianco del proletariato di intellettuali di estrazione borghese non implica necessariamente la maturit
della rivoluzione sociale, ma pu spiegarsi tranquillamente a partire dall'ordinario funzionamento e conflittualit della societ borghese esistente. Tanto pili che lo stesso Marx a sottolineare che la borghesia
di continuo in lotta, anche al suo interno, a livello nazionale e internazionale, e che tali conflitti favoriscono in piii modi il processo di svi158
[...] Um nuova rivoluzione non possibile se non in seguito a una nuova crisi.
Luna per altrettanto sicura quanto l'altra (MEW, Vn, 98).
Siamo in presenza, in un certo senso, di una terza versione della teoria della rivoluzione, la quale ha in comune con quella consegnata al
Capitale il fatto di far discendere la rivoluzione non gi da un intreccio
di contraddizioni, bens, immediatamente, dall'economia; solo che, in
quest'ultimo caso, non si ritiene necessaria l'attesa che il processo di
concentrazione capitalistica trasformi in proletariato la stragrande maggioranza della popolazione: la rivoluzione socialista viene fondamentalmente pensata sul modello di un colpo di mano giacobino, i cui protagonisti dovrebbero essere, in questo caso, gh operai radicalizzati dalla
crisi economica.
Gramsci procede ad una critica rigorosa della visione economicistica del processo rivoluzionario: Si pu escludere che, di per s stesse, le
crisi economiche immediate producano eventi fondamentali; solo la
storia volgare tradizionale, che aprioristicamente "trova" una crisi in
coincidenza con le grandi rotture di equilibrio sociale. Ci vale per la
stessa rivoluzione francese: non si pu dire che la catastrofe dello Stato
assoluto sia dovuta a una crisi di immiserimento (Q, 1587).
159
7.
M. Bakunin, Dagli articoli per L'Egalit: L'istruzione integrale (1869), in Id., Stato e anarchia e
altri scritti, Milano, Feltrinelli, 1968, p. 270-1.
Ihid.,p.269-272.
Ibid., p. 270.
161
basti pensare alla storia della Francia, caratterizzata da una ferrea continuit all'insegna del dispotismo di Stato che accomuna bonapartismo, giacobinismo, ' nonch i socialisti di Stato protagonisti della
rivolta operaia del giugno '48.
8.
Come si vede, Lenin si esprime con cautela. Per un altro verso, egli
sottolinea raccresciuta rapidit dei progressi tecnici, sia pur nell'ambito di uno sviluppo sempre pi squilibrato; in ogni caso, con l'avvento
del capitalismo monopolistico, assieme al generale e immenso processo di socializzazione della produzione, ha luogo anche la socializzazione del processo dei miglioramenti e delle invenzioni tecniche (L, XXn,
210 e 207). A sua volta, runiversale socializzazione della produzione
sembra comportare un progresso culturale e politico che in qualche
modo preannunda una nuova formazione sociale (L, XXII, 207 ),
Si direbbe, dunque, che non si possa parlare in modo univoco di
decadenza ideologica. Su questo punto possibile sorprendere incertezze
e oscillazioni nel rivoluzionario russo. Alla vigilia della I guerra mondiale,
egli parla non solo di tre fonti, ma anche - si badi bene - di tre parti
163
11 Sul fatto che Lenin parli non solo di fonti ma anche di parti integranti, ha giustamente insistito H. H. Holz, Marxismus. Philosophische Politik-Lenin, in H. J . Sandkiihler (a cura di),
Europische Bnzyclopdie zu Philosophie und Wissenschaften, Hamburg, Meiner, 1990, voi. Ili,
p. 199-205.
164
Bisogna allora respingere nella maniera pi energica, come teoricamente sbagliati e praticamente dannosi, tutti i tentativi di inventare una
propria cultura particolare (L, X X X I , 3 0 l ) . Per la Russia sovietica, per il
proletariato giunto al potere, ignorare le conquiste della societ borghese significa non solo precludersi la possibilit di avanzare realmente, ma
anche regredire o restare bloccati ad uno stadio di sviluppo pre-borghese. Di questa dialettica, che si sviluppa sia a livello politico che culturale,
Lenin ormai consapevole. A partire dai compiti di edificazione di una
societ post-capitalistica, egli tende a ricostituire l'equilibrio tra critica e
legittimit del moderno, caduto in crisi nel corso del primo conflitto
mondiale. E tuttavia il dirigente rivoluzionario russo non rimette in
discussione n la tesi della decadenza ideologica della borghesia postquarantottesca n della putrefazione del capitalismo imperialistico.
9.
Gramsci e la presa di distanza dalla tesi
della putrefazione e del crollo dell'imperialismo
13 G. hukcs, Marx e il problema della decadenza ideologica (1938), ml.. Il marxismo e la critica
letteraria, Torino, Einaudi, 1964 (II ed.), p. 148-9.
167
Dunque, una netta presa di distanza dalla teoria del crollo in ogni
sua variante. In tale quadro si colloca l'atteggiamento riservato che, nei
confronti della tesi della putrefazione cara a Lenin, mostra Gramsci.
Certo, anche lui insiste, sulla scia dell'opuscolo dal dirigente bolscevico
dedicato all'analisi dell'imperialismo, sul peso crescente degli improduttivi parassitari. Allorch denunciano l'estendersi di una categoria
di "prelevatori" che non rappresenta nessuna funzione produttiva
necessaria e indispensabile, mentre assorbe una quota di reddito imponente (Q, 793), i Quaderni del carcere chiaramente fanno tesoro della
lezione di Lenin, il quale aveva gi sottolineato l'aumentare della classe
o meglio del ceto dei rentier, cio di persone che vivono del "taglio di
cedole", non partecipano ad alcuna impresa ed hanno per professione
17 M. Horkheimer-Th. W, Adorno, Dialektik der Aufklrung (1944); tr. \l.,Dialettica dell'illuminismo, a cura diR. Solmi, Torino, Einaudi, 1982, p. 3.
18 Vedi B. Croce, Una obiezione alla legge marxistica della caduta del saggio di profitto (1899), in
Materialismo storico ed economia marxistica (1900), Bari, Laterza, 1973, p. 139-150.
169
10.
come il Moloch del militarismo pronto in ogni momento ad inghiottire la vita dell'individuo. il caso del giovane Lukcs, il quale cos
argomenta:
E per un peccato mortale contro lo spirito quanto hariempitoil pensiero
tedesco a partire da Hegel: fornire una consacrazione metafisica a ogni
potere. S, lo Stato un potere - ma dev'essere per questo riconosciuto
come essente, nel senso utopico della filosofia, nel senso di attivo essenzialmente della vera etica? [...] Lo Stato e tutte le strutture che da esso discendono sono un potere; ma lo sono anche un terremoto o una epidemia. "
11.
Alla luce di tutte queste considerazioni, assai discutibile appare l'accostamento che non poche volte viene operato tra Gramsci da una parte
e Bloch e Lukcs (e, talvolta, U cosiddetto marxismo occidentale nel
27 Lettere a P. Ernst del 2 agosto e del 14 aprile 1915,inG. Lukcs, Epto/anb 1902-1917, op. dt.,
p,366e357.
suo complesso) dall'altra. Senza dubbio, c' un innegabile tratto comune, il rifiuto della lettura positivistica del materialismo storico. Stimolati
alla militanza comunista dall'orrore della guerra e dal sentimento di
liberazione e dalle speranze suscitate dall'Ottobre, da una rivoluzione
scoppiata in circostanze e con modalit che spingono gli ortodossi
della vulgata marxista a gridare allo scandalo o a scuotere la testa, gli
autori qui messi a confronto sottolineano, sia pur con accenti diversi, il
momento della soggettivit, della coscienza e della prassi.
La comune presa di distanza dal positivismo e dal materialismo
meccanicistico favorisce il rifiuto di una visione riduzionistica della critica dell'ideologia. Come avremo modo di vedere, Gramsci considera
nichilistica e politicamente di destra ogni critica dell'ideologia che,
assieme alla forma contingente da essi assunta in un determinato
momento storico, pretenda di liquidare in blocco gli ideali scaturiti dalla rivoluzione francese {infra, cap. VI, 2). Significato analogo ha in Bloch
l'osservazione secondo cui necessario qualcosa di pii di un illuminismo parziale, che allontana da s gli antichi sogni eretici della vita
migliore invece di vagliarli e di ereditarli. " E anche l'opera forse pi
significativa della Scuola di Francoforte, la Dialettica dell'illuminismo
non si pu comprendere senza lo sforzo di tener distinti i due contrapposti tipi dell'ideologia di cui parla gi il giovane Marx. "
In questo medesimo contesto dev'essere collocato il rifiuto di dissolvere la morale nella filosofia della storia. L'interesse per il problema
morale caratterizza Lukcs in tutto l'arco della sua evoluzione, com'
testimoniato dal saggio giovanile lattica e etica. Il suo autore viene definito come l'assoluto genio della morale ad opera di Bloch, " il quale si
pone il compito di realizzare il salvataggio della morale: la critica
economica dell'apparenza morale scopre il nocciolo morale e proprio
per questo non ne l'annientamento. Dato che il marxismo una
31 E. Bloch, Der Geist der Utopie {92, II ed.), tr. it. a cura di F. Coppellotti, Spirito dell'utopia,
Firenze, La Nuova Italia, 1992, p. 321 -2.
32 Vedi D. Losurdo, La comunit, la morte, l'Occidente, op. cit., cap. VII, 3.
33 E. Bloch, Geist der Utopie (erste Fassung), op. cit., p, 347.
34 E. Bloch, Rettung der Moral (1937), in Politische Messungen, Pestzeit, Vormdrx, Frankfurt a. M.,
Suhrkamp, 1970, p. 243.
174
sorta di critica della ragion pura per la quale non ancora stata scritta
una critica della ragion pratica^"", si direbbe che tale lacuna possa e debba essere colmata mediante un ritorno a Kant:
Morale, etica, amoralit, moralismo non hanno quasi posto nella letteratura comunista [...] Io ho mostrato come le precedenti rivoluzioni hanno avuto senz' altro una morale, come vi sia una morale kantiana e come l'imperativo categorico sia in fondo comunista quando dice: " Agisci sempre in modo
che la massima del tuo agire possa essere il principio di una legislazione universale". Sarebbe assurdo chiedere ci in una societ di classe, sarebbe anzi
tradimento di classe. "
Bloch sembra esplicitamente collocarsi sulla scia del socialismo neokantiano, allorch dichiara che socialismo ci che inutilmente si cercato
sinora sotto il nome di morale. '' Qualche punto di contatto con tale visione pu forse avere l'affermazione di Gramsci secondo cui, data la storicit
della stessafilosofiadella prassi, molte concezioni idealistiche [e filosofie
morali], o almeno alcuni aspetti di esse, che sono utopistiche durante il
regno della necessit, potrebbero diventare "verit" dopo il passaggio ad
un mondo unificato e non pi lacerato dalle contraddizioni di classe (Q,
1490). In ogni caso, anche in Gramsci, pur alieno, come vedremo, dai toni
neokantiani, la morale non si dissolve certo nellafilosofiadella storia: basti
pensare alla lettura dellafilosofiadella prassi come coronamento di tutto
questo movimento di riforma intellettuale e morale (Q, I86O).
In tale medesimo contesto dev'essere infine collocato il problema
dell'eredit. Bloch dell'opinione secondo cui nella rivoluzione francese, esplosione di storia eretica certo non solo "borghese", il cuore, la
coscienza, la spiritualit, la comunione di tutti i viventi, la comunit fraterna, la filadelfia e la fine di ogni chiusura trovarono il loro riflesso pii
vicino sulla terra. Il problema dell'eredit naturalmente ben presente in Lukcs il quale, a partire dalla legge dell'ineguagHan2a dello sviluppo nel campo delle ideologie, sottolinea come all'arretratezza eco-
35 E. Bloch, Der Geistder Utopie (1923; Il ed.), tr. it. op. cit., p. 321.
36 E. Bloch, Tagtrume vom aufrechten Gang, Frankfurt a. M, Suhrkamp, 1977, p. 69-70.
37 E. Bloch, DasPrmzip Hoffnung (1938-1947), Frankfurt a. M., Suhrkamp, 1973, p. 640.
38 E. Bloch, Der Geist der Utopie (1923; II ed.), tr. it. op. dt., p. 320-1.
175
nomica e politica della Germania del 700 e '800 corrisponde una filosofia e una cultura all'avanguardia e gravida di futuro che non pu certo
essere liquidata alla maniera di Zdanov, il quale vedeva in Hegel solo il
riflesso meccanico di una Germania ancora fondamentalmente pre-borghese e quindi un critico romantico della rivoluzione francese. "
Tuttavia, il problema dell'eredit non pu essere affrontato in modo
adeguato nei giovani Lukcs e Bloch, nei quali si fa sentire il peso della
liquidazione in chiave escatologica della modernit e quindi, in modo
pi o meno mediato, l'influenza della lettura anarchica del processo storico. La successiva evoluzione di questi autori e la progressiva assimilazione del marxismo contrassegnata dallo sforzo di liberarsi dall'iniziale messianismo, dal loro originario modo di pensare in termini pi
morali e religiosi che non propriamente politici.
Non sembra ci siano tracce di messianismo nel giovane Gramsci, il
quale si muove in un contesto ben diverso da quello dell'intellettualit
ebraica. Assimilando l'escatologismo rivoluzionario alla religione e persino, come vedremo, ad una sorta di droga, i Quaderni del carcere si
preoccupano di indagare le condizioni oggettive che favoriscono il sorgere della letteratura utopistica, delle correnti messianiche, della
religione propriamente detta, la pi gigantesca utopia in quanto
costituisce il tentativo pi grandioso di conciliare in forma mitologica
le contraddizioni reali della vita storica (Q, 812-3 e 1488).
12.
40 VedJ. G. Fichte, Grundztige des gegenwrtigen Zeitalters (1806), in Fichte's Werke, a cura di
I H . Fichte, Berlin, De Gruyter, 1971, voi. VII, p. 11 e 18.
176
lhid.,p.22K
42
(1925), in l.,Schriften
zurIdeologie
179
V.
1.
Nel quadro della netta presa di distanza da ogni forma di escatologismo, bisogna collocare anche il rifiuto o il ridimensionamento pi o
meno radicale a cui, sin dagli inizi, procede Gramsci della tesi dell'estinzione dello Stato, la quale pure gioca un ruolo assai importante nell'ev<y
luzione complessiva di Bloch e Lukcs e, in modo tutto particolare, nei
loro scritti giovanili. Ma, per cogliere sino in fondo l'originalit delle
posizioni di Gramsci, conviene dare uno sguardo alla tradizione marxista precedente.
Bisogna subito dire che in Marx e Engels la teoria dello Stato pi
problematica e complessa di quanto non appaia dalla formula, a cui
spesso essa stata ridotta, della finale estinzione dello Stato nella societ
comunista. Secondo Uideologia tedesca, il compito dello Stato non si
esaurisce esclusivamente nel controllo e nella repressione delle classi
subalterne. Intanto da notare che il potere e l'interesse della classe
dominante non si esprime in modo immediato, ma attraverso la forma
generale ad essi conferiti dall'organizzazione statale (MEW, III, 62).
Naturalmente, la forma non la sostanza, ma non il nulla. Marx era
lettore troppo attento e partecipe della Logica hegeliana per non conoscere e non condividere in qualche modo la tesi qui espressa per cui persino la semplice parvenza esprime un livello, e sia pure infimo, di
realt (una tesi, quest'ultima che trova il consenso anche del Lenin dei
181
Quaderni filosofici) (L, XXXVIII, 98). E, dunque, la forma e persino la parvenza della generalit o universalit costituisce pur sempre un qualche
limite all'esercizio del potere della classe dominante. D'altro canto,
sempre secondo Uideologia tedesca, lo Stato la forma di organizzazione attraverso cui gli individui della classe dominante realizzano la
garanzia reciproca della loro propriet e dei loro interessi (MEW, III,
62). Analogamente, in un testo del 1850, Engels definisce lo Stato borghese come rassicurazione reciproca della classe borghese nei confronti dei suoi singoli membri come pure nei confronti della classe sfruttata (MEW, VII, 288). Qui, la funzione in qualche modo garantista per
gli individui della classe dominante viene persino indicata prima ancora
della funzione di mantenimento dell'oppressione o del controllo sociale
delle classi subalterne. E non si comprende perch, dopo la scomparsa
delle classi e della lotta di classe, dovrebbe diventare superflua la
garanzia o rassicurazione da fornire ai singoli membri di una
comunit unificata.
questa l'occasione per dare uno sguardo alla tormentata evoluzione di Marx e Engels sul tema dello Stato. Nel descrivere La situazione
della classe operaia in Inghilterra, il secondo osserva nel 1845: La libera
concorrenza non vuole limitazioni, non vuole controlli statali, tutto lo
Stato le di peso, essa si troverebbe al massimo grado di perfezione in un
assetto totalmente privo di Stato, dove ciascuno potesse a suo piacimento sfruttare gli altri, come ad esempio nell'" Associazione" dell'amico
Stimer (MEW, n, 488). Siamo qui in presenza di una sorta di critica anticipata delle posizioni alla Nozick che amano civettare con l'anarchismo
per conferire rispettabilit libertaria ad un liberismo ferocemente antipopolare. ' E sul legame tra liberismo, anarchismo e una sorta di socialdarwinismo ante litteram, Engels insiste vigorosamente. La Londra del
tempo offre uno spettacolo ripugnante della brutale indifferenza,
deirisolamento spietato di ciascuno nel suo interesse personale, della
decomposizione dell'umanit in monadi, in ultima analisi della guerra di tutti contro tutti: Allo stesso modo dell'amico Stirner, gli uomini
1 VediR. 'Ho'z.ii, Anarchy, State andUtopia (1974), tr. it., di E. Bona e G. ionn, Anarchia, Stato e
utopia, l fondamenti filosofici dello "Stato minimo", Firenze, Le Monnier, 1981.
182
2 VediW. D.Jordan, White over Black. American Attitudes Toward the Negro
York, Norton & Company, 1968, p. 108-11.
184
i;?0-1812,Hsvr
geva quella dei condannati per delitti pi gravi, risultava che su 144 abitanti ve ne era pressappoco uno che ogni anno finiva in prigione. ' E, per
quanto riguarda il Far West, vero che il monopolio della violenza legittima non ben consolidato, ma ci non sta affatto a significare una scomparsa o anche solo una riduzione della violenza!
2.
3.
Si tratta di una parola d'ordine destinata comunque a subire un'ulteriore radicalizzazione nel '900. Come dimostra in modo lampante Stato e rivoluzione. La cosa ben si comprende: l'esperienza sconvolgente
della I guerra mondiale non pu non rafforzare le tendenze escatologiche e anarchiche. Tragico il quadro tracciato da Lenin:
l'oppressione mostruosa delle masse lavoratrici da parte dello Stato [...]
acquista proporzioni sempre pi mostruose. I paesi pi avanzati si trasformano - ci riferiamo alle loro "retrovie"- in case di pena militari per gli operai. Gli inauditi orrori eflagellidi una guerra di cui non si vede la fine, rendono insostenibile la situazione delle masse, aumentano la loro indignazione.
Se al fronte rimbombano le armi, nelle retrovie regna un'ingannevole silenzio di tomba. Ecco allora che il problema dell'atteggiamento
4.
Gramsci riconosce che la situazione provocata dalla guerra ha stimolato un clima spirituale favorevole al diffondersi di atteggiamenti
anarchici: Il mito antisocialista deUo Stato-caserma diventato una terribile asfissiante realt borghese (ON, 48); si cos moltiplicato il
numero degli aderenti all'idea libertaria. E, tuttavia - aggiunge subito
polemicamente - non crediamo che sia una gloria dell'idea; si tratta,
invece, di un fenomeno di regressione (ON, 116). In tale contesto,
significativo il fatto che i dirigenti bolscevichi vengano celebrati come
una aristocrazia di statisti e Lenin come il pi grande statista dell'Europa contemporanea per il fatto di aver saputo dare forma statale
alle esperienze storiche e sociali del proletariato russo, impegnandosi a
por fine al cupo abisso di miseria, di barbarie, di anarchia, di dissoluzione di una guerra lunga e disastrosa (ON, 56-57). L'instaurazione dello Stato proletario non sembra qui esser visto come l'inizio dell'estinzione di ogni forma statale. Anzi, a questo proposito, L'Ordine Nuovo sviluppa una polemica esplicita e dura: Si costruito uno schema prestabilito, secondo il quale il socialismo sarebbe una "passerella" all'anarchia; e questo un pregiudizio scemo, una arbitraria ipoteca del futuro
(ON, 116). Gramsci non sembra prestar credito alcuno alla tesi del
fine identico (una societ senza Stato), perseguito, secondo Stato e
rivoluzione, da anarchici e comunisti.
Il problema su cui si sono affaticati Marx, Engels e Lenin viene poi
ripreso dai Quaderni-, si tratta di trovare una forma di organizzazione
della societ che, superando ogni antagonismo di classe, sappia fare a
meno dell'apparato di repressione, costruito in vista della guerra di classe all'interno e dello scontro armato con altre classe sfruttatrici concorrenti a livello internazionale. Ma tale forma di organizzazione della
societ comunista essa stessa una forma di Stato. Cos almeno sembra
pensarla Gramsci: L'elemento Stato-coercizione si pu immaginare
esaurientesi man mano che si affermano elementi sempre pi cospicui
di societ regolata (o Stato etico o societ civUe) (Q, 764).
Naturalmente, non mancano dichiarazioni che vanno in direzione
diversa e contrastante e che prospettano cio uno sparire dello Stato e
il riassorbimento della societ politica nella societ civile (Q, 662);
tuttavia da tener presente che per Gramsci la societ civile [...]
anch'essa "Stato", anzi lo Stato stesso (Q, 2302), e dunque resta a vede191
desRechts,S2m
192
K.
5.
einer internationalen
revolutionr-sozialistischen
sa rivolta ai giacobini non solo di statalismo, ma persino di aver sacrificato la libert all'uguaglianza. "
A questa condanna del giacobinismo corrisponde una visione sostanzialmente oleografica dell'Inghilterra che, secondo il dirigente anarchico, non mai stata, a rigore, uno Stato nello stretto e nuovo senso della
parola e cio nel senso della centralizzazione militare e poliziesca.
Osserva giustamente Marx che in tal modo Bakunin finisce col risparmiare lo Stato propriamente capitalistico, quello che costituisce la
punta di lancia della societ borghese in Europa (MEW, XVIII, 610 e 608),
con una visione la quale rinvia ancora una volta alla pubblicistica liberale. Il paese che tiene sotto controllo l'Irlanda mediante la legge marziale e
che, per quanto riguarda l'Inghilterra propriamente detta, ai primi vaghi
cenni di agitazione popolare, negli anni della rivoluzione francese,
sospende le libert costituzionali, il paese che si era distinto, secondo il
giudizio di Marx, per la sua legislazione sanguinaria contro gli espropriati e i vagabondi, e che puniva o aveva punito con la forca o la
deportazione in Australia anche furti del valore di pochi scellini, " il paese che deteneva il pi grande impero coloniale, l'Inghilterra, insomma,
diviene in Stato e anarchia quasi la prefigurazione dell'estinzione dello
Stato o per lo meno l'esempio di una sua riduzione al minimo.
Nel tracciare questo quadro storico e ideologico, Bakunin si richiama
in termini entusiastici a Proudhon e al suo libro sulla Giustizia nella rivoluzione e nella Chiesa^* che, pubblicato nel 1858, sembra risentire dell'influenza dell'opera da Tocqueville dedicata due anni prima
Antico
Regime e la rivoluzione, o comunque del clima spirituale e politico da cui
essa scaturisce. All'autore di quest'opera, oltre che a Proudhon, si richia-
ma esplicitamente Sorel allorch accusa i giacobini di essersi lasciati guidare da un culto superstizioso dello Stato, anzi del Dio-Stato, e di
aver con ci ripreso la tradizione dell'antico regime. ''
Attraverso Sorel, questa lettura della storia della Francia agisce suUo
stesso Gramsci il quale, per, lasciandosi alle spalle il giovanile antigiacobinismo, rompe con gli stereotipi risalenti in ultima analisi alla borghesia liberale e, attraverso tale rottura, riesce a porsi con una spregiudicatezza tutta nuova il problema dello Stato e dello statalismo. Ripetutamente, i Quaderni del carcere criticano Sorel che, influenzato da
Proudhon, si abbandona a continue [...] filippiche contro i giacobini
(Q,611e513).
15 G. Sorel, Kflxions surla violence (1908); tr. it.,TUflessioni sulla violenza, in Id., Scritti politici, a
cura diR.Vivaielli, Torino, UTET, 1963, p. 195-8.
16 Vedi D, Losurdo, Hegel e la Germania, op, cit., cap. Ili, 3.
195
zionari sconosciuti al paese, ecc. Ma cosa significa ci se non che per Stato
deve intendersi oltre all'apparato governativo anche l'apparato "privato" di
egemonia e societ civile?
6,
17 B. Croce, Cultura tedesca e cultura mondiale (1930), in Conversazioni critiche. Serie quarta, Bari,
Laterza, 1951, p. 287.
198
gi per ragioni per cos dire epistemologiche assolutamente inaccettabile dal punto di vista dell'esponente anarchico, costantemente impegnato a celebrare ristinto e la vita in contrapposizione al pensiero
e alla sua pretesa di prescrivere regole alla vita. Si pu allora parlare
di convergenza di marxismo e anarchismo, per quanto riguarda il
fine, solo a condizione di ritenere che nel comunismo siano destinate
a diventar superflue anche le istituzioni rappresentative. Se non
chiara la posizione di Lenin al riguardo, difficilmente avrebbe potuto
sottoscrivere una tesi del genere Marx, per lo meno il Marx teorico dell'estinzione dello Stato solo nell'attuale senso politico.
Bakunin non si limita a liquidare sprezzantemente l'idea stessa di
rappresentanza. Teorizza il ricorso al terrorismo e a misure anche le
pili spietate, rese comunque sacre dal fine della rivoluzione ovvero
dalla santa causa dell'annientamento del male. ^^ Fin qui non ci sono
differenze rispetto ai bolscevichi. Accenti almeno in parte diversi risuonano nella rivendicazione di una dittatura invisibile, ma pi potente di qualsiasi altra proprio perch priva di segni esteriori di riconoscimento, senza titoli e senza diritto ufficiale. La divaricazione diviene
infine chiara e netta allorch Bakunin precisa ulteriormente il suo programma: Abolizione del personale giudiziario, della giustizia ufficiale e
della polizia, eccetera, ma anche annientamento del diritto giuridico
legale e sua sostituzione dappertutto mediante il fatto rivoluzionario;
bisogna abolire e dare alle fiamme tutti i titoli di possesso, atti di eredit, vendite e donazioni, tutti gli atti processuali, in una parola tutto
l'apparato cartaceo. Dappertutto e costantemente subentra il fatto rivoluzionario al posto del diritto creato e garantito dallo Stato. Non si
tratta di sostituire una norma con un'altra, ci che, secondo il dirigente
20 M. Bakunin, Programm und Keglement er Geheimorganisation der internationalen
op. cit.,p. 73,
Bruderschaft,
Bruderschaft,
mancipazione economica dei lavoratori. Una rivendicazione del genere dimentica che i diritti politici non sono altro che ciarpame borghese e lo strumento attraverso cui la borghesia sottopone il popolo
a un nuovo potere, a un nuovo sfruttamento, Lo sforzo di Gramsci
va in direzione esattamente contrapposta: egli cerca di dare un'anima
pohtica alla teoria di Marx, rifiutando ogni forma di meccanicismo e
insistendo sull'eredit che il proletariato deve saper assumere dell'elaborazione culturale e politica dei secoli precedenti, distinguendo tra
ci che perituro nella rivoluzione borghese e ci che costituisce
invece un'acquisizione permanente per l'umanit nel suo complesso
{infra, cap. VI, 2). Se per un verso, con la sua denuncia indifferenziata
dello statalismo e del giacobinismo, e in ultima analisi della rivoluzione
francese, Bakunin si rivela subalterno alla borghesia liberale, per un
altro verso, col suo rifiuto di ogni idea di rappresentanza e con la sua
liquidazione come ciarpame borghese della stessa idea di diritti politici giuridicamente sanciti e garantiti, impedisce di ereditare i punti
forti della tradizione liberale e della rivoluzione francese. Sulla base del
materialismo meccanicistico non possibile costruire una teoria (e sia
pure una teoria socialista) dei diritti dell'uomo. Impegnandosi in tutto
l'arco della sua evoluzione a confutare il meccanicismo e le incrostazioni positivistiche presenti negli stessi Marx e Engels, Gramsci a
fornire gli stimoli pi preziosi per poter pensare una democrazia e uno
Stato post-capitalistico.
7.
Penso, signor generale, che tutte le dittature di tipo militare finiscano prima o poi per essere travolte dalla guerra. Sembra a me evidente, in tal caso,
che tocchi al proletariato sostituire la classe dirigente, pigliando le redini del
Paese per sollevare le sorti della Nazione [...] Voi condurrete l'Italia alla
rovina ed a noi comunisti spetter di salvarla. ^^
29 Vedi G. Fiori (a cura di), Processo Gramsci, Roma, l'Unit, 1994, p. 17-8.
30 II rapporto di Dimitrov al VII Congresso dell'Intemazionale comunista riportato in F. De Felice,Fajajmo, democrazia, 'Frontepopolare, Bari, De Donato, 1973, p. 101-167 (la citazione a p.
155).
31 Vedi D. Losurdo, Vincenzo Cuoco, la rivoluzione napoletana del 1799 e la comparatistica
rivoluzioni, in Societ e storia, n. 46,1990, p. 895-921.
204
delle
Parte terza
VII.
1.
Ambizioso e difficile si presenta l'obiettivo del comunismo critico e non solo per la solidit sociale, politica e militare dell'antico
regime che si tratta di rovesciare. Al di l dei tempi lunghi, ormai
evidenti, del processo di trasformazione rivoluzionaria, emergono
con forza due questioni centrali: quale teoria chiamata a stimolarlo
e quale soggetto politico-sociale a dirigerlo? La teoria in questione
non nasce dal nulla e in un tempo storico per cos dire vuoto. C' un
problema di eredit da rivendicare e assumere. La critica dell'ideologia deve ben guardarsi dall'assumere un atteggiamento nichilistico
ovvero di sbrigativa liquidazione degli ideali che possono trovare
espressione, sia pur inadeguata o fuorviante, nelle idee e nell parole
d'ordine dei precedenti movimenti rivoluzionari.
In un suo scritto giovanile, Marx distingue tra una critica dell'ideologia che distrugge i fiori illusori per spezzare le catene reali e
una critica dell'ideologia che invece distrugge i fiori solo per rinsaldare le catene, solo p e r d i m o s t r a r e l'inanit di ogni tentativo di
infrangerle. in quest'ultimo m o d o che p r o c e d o n o quegli autori
che denunciano la n a t u r a sostanzialmente schiavistica del lavoro
salariato non per mettere in discussione anche quest'ultimo bens
p e r a f f e r m a r e la legittimit della schiaviti! p r o p r i a m e n t e d e t t a
(MEW, 1,79-81). il tipo di critica dell'ideologia che poi ritroviamo
209
210
in Historische
Zeitschrift,
2.
denunciare l'abbandono della ricerca disinteressata e della spregiudicata indagine scientifica da parte di una classe sociale che ormai si
affida soltanto all'attivit di apologeti e spadaccini assoldati. Leggiamo ora i Quaderni del carcere-.
Nell'impostazione dei problemi storico-critici, non bisogna concepire la
discussione scientifica come un processo indiziario, in cui c' un imputato
e c' un procuratore che, per obbligo d'ufficio, deve dimostrare che l'imputato colpevole e degno di essere tolto dalla circolazione. Nella discussione scientifica, poich si suppone che l'interesse sia la ricerca della verit
e il progresso della scienza, si dimostra pi "avanzato" chi si pone dal punto di vista che l'avversario pu esprimere un'esigenza che deve essere
incorporata, sia pure come un momento subordinato, nella propria costruzione (Q, 1263).
Diversamente, si rimane rinchiusi nella prigione delle ideologie
(nel senso deteriore, di cieco fanatismo ideologico). Quel che peggio,
senza l'incorporamento deUe ragioni dell'avversario, la classe rivoluzionaria non pu conseguire l'egemonia, si rivela priva delle legittimit e
maturit storiche necessarie per la conquista del potere e la costruzione
di una nuova societ. Infatti, l'avversario che qui si tratta di comprendere e incorporare, attingendo un punto di vista "critico", o pu essere tutto il pensiero passato (Q, 1263).
Rovinosa sul piano politico oltre che insostenibile su quello scientifico, la tesi che vede negli intellettuali avversari dei semplici spadaccini
assoldati non ha atteso il '48, contrariamente a quello che sembrano
ritenere Marx e Engels, per fare la sua apparizione. Se esaminiamo il
dibattito che si sviluppa a cavallo della rivoluzione francese, vediamo gli
illuministi, Rousseau, Robespierre e Marat bollare i difensori dell'antico
regime come mantenuti dai despoti ovvero sofisti assoldati, per
essere denunciati a loro volta, ad opera degli autori liberali o conservatori, come folli affetti da delirio o intossicazione ideologica. ' In un
caso e nell'altro viene elusa o rimossa l'oggettivit delle contraddizioni
per rinviare invece ad una cattiva soggettivit, cui viene addebitato lo
scoppio del conflitto.
3 V e d i D . Losurdo,
Il revisionismo
213
215
una determinata "struttura" condannata a perire (Q, 1475). Il materialismo storico dev'essere in grado di spiegare la sua stessa storicit. In
genere, ogni filosofo e non pu non essere convinto di esprimere l'unit dello spirito umano, cio l'unit della storia e della natura, anche
se il suo pensiero in realt la manifestazione delle intime contraddizioni sociali di un determinato stadio di sviluppo storico: facendo tesoro della lezione di Hegel, il materialismo storico non solo comprende
le contraddizioni ma pone s stesso come elemento della contraddizione (Q, 1487).
Gramsci sente con tale forza il problema della riflessione o autoriflessione da giungere a formulare la tesi secondo cui lo stesso materialismo storico destinato a trasformarsi in apparenza e poi a perire, una
volta che, con l'avvento della societ regolata, finiscano col dileguare
la struttura sociale e le contraddizioni nella quale esso affonda le sue
radici (Q, 882). Epper, tale tesi per un verso appare affetta da un residuo di utopismo (il vagheggiamento di una societ in ultima analisi priva di conflitti), per un altro verso sembra non aver compiutamente
superato il riduzionismo meccanicista (l'affermazione della caducit del
materialismo storico lascia presupporre la coincidenza immediata della
genesi storica con la validit di una teoria). Nonostante queste debolezze, resta il fatto che Gramsci l'autore che con maggior forza e rigore si
sforzato di rileggere in chiave dialettica il materialismo storico sino a
configurarlo come la sola filosofia veramente capace di autoriflessione,
o in grado di innalzarsi ad essa.
per da aggiungere che questo sforzo di ridefinizione del marxismo
in chiave di teoria critica capace di comprendere s e l'altro da s non mira
a staccarlo dai movimenti reali di emancipazione, come in ultima analisi
avviene nella Scuola di Francoforte e in Habermas. Secondo Gramsci, la
filosofia della prassi (e il movimento politico che da esso ha preso le mosse)
attraversa ancora la sua fase popolaresca (Q, 1860); si tratta di aiutarla a
conseguire uno stadio superiore. Contrariamente a quello che riteneva
Engels, il passaggio del socialismo da utopia a scienza non acquisito una
volta per sempre. Esso richiede al tempo stesso il confronto critico con
rawersario e la costante vigilanza critica nei confronti delle ideologie
che le stesse classi subalterne sono portate ad esprimere e sviluppare.
216
3.
217
lista finisce con l'assumere xm atteggiamento simile a quello da lui criticato. In seguito alla svolta in direzione della Realpolitik successiva alla
guerra franco-prussiana, ci si rese conto - osserva Croce poco dopo l'avvento del fascismo al potere - che l'illuminismo e l'anticlericalismo non
valevano a dissolvere e ad abbattere la Chiesa cattolica, anzi portavano il
pericolo di privare prematuramente la societ di una delle loro salde forme di organamento e di ordine. Ancora a distanza di molti anni, il filosofo idealista far propria la teoria di Burnham secondo cui al popolo si
addice il mito pi che la verit, anche se si affretta a precisare: il
mito non gi il "falso", ma un "vero" imperfetto, unilaterale, vago,
malcerto, frammischiato o avvolto di sentimenti e d'immaginazioni, il
solo vero comunque cui le masse riescono ad innalzarsi. ' Questa precisazione non basta a fugare il sospetto di doppiezza, almeno agli occhi di
Gramsci, il quale osserva che in Croce c' un modo ipocrita di ripresentare il vecchio principio che la religione necessaria per il popolo. Si
spiega cos la liquidazione del modernismo (Q, 1295 e 1304-5). A quel
movimento i due filosofi neoidealisti riservano lo stesso trattamento di
Pareto: Poich non possibile pensare un passaggio delle masse popolari dallo stadio religioso a quello "filosofico", e il modernismo praticamente erodeva la massiccia struttura pratico-ideologica della Chiesa, l'atteggiamento del Croce serv a rinsaldare le posizioni della Chiesa (Q,
1213). N nei due filosofi neoidealisti n nel sociologo che si autodefinisce, come subito vedremo, ricercatore delle verit sperimentali, c'
posto per il progresso intellettuale di massa caro a Gramsci.
comunque Pareto l'autore pii significativo per cogliere ripocrisia denunciata dai Quaderni del carcere, la doppiezza insita nell'intreccio tra critica dell'ideologia (nel discorso rivolto alle classi dominanti) e
sua giustificazione (nel discorso rivolto alle classi subalterne). Esplicita
la dichiarazione del teorico deU'elitismo:
Ho detto e ripeto che unico mio scopo la ricerca delle uniformit (leggi)
sociali; ed aggiungo che espongo qui i risultamenti di tale ricerca, perch
ritengo che pel ristretto numero di lettori che pu avere questo libro, e per
9 B. Croce, VeritpoUtica e mito popolare, \n\., Discorsi di varia filosofia, op. cit., voi. E , p. 162-4.
218
to
11
12
13 7 M , 8 6 , p . 106.
219
dinamento politico-sociale esistente, nel momento in cui travalica la cerchia ristretta delle lite dominanti.
Possiamo ora comprendere adeguatamente, nella sua interna strutturazione teorica oltre che nel suo significato politico immediato, l'affermazione fatta a proposito del fascismo: La fede dei gregari concede di recare in opera provvedimenti che il senno dei capi fa utili al paese. " Ecco,
questa dal punto di vista di Pareto la situazione ideale: i residui della
seconda classe (la persistenza degli aggregati che porta ad assolutizzare
e venerare la comunit politica o religiosa in cui si vive e che pertanto di
per s suscettibile di stimolare atteggiamenti sia conservatori che rivoluzionari) bene s che siano diffusi tra le masse, a condizione per che le
classi subalterne non sviluppino un'ideologia e un senso di solidariet in
antitesi con la classe dominante, e assorbano invece i valori e le idee di
quest'ultima, identificandosi ideologicamente ed emotivamente con la
persistenza dell'aggregato politico-sociale esistente. I residui della prima classe (ristinto delle combinazioni che comporta spirito d'innovazione e anche d'avventura e che s'incarna in un tipo umano emancipato
sia dai valori tradizionali, sia da qualsiasi altra ideologia, e capace quindi
di comportarsi con grande spregiudicatezza) bene che predominino
nelle lite dominanti, senza per che siano del tutto assenti i residui della
seconda classe: se fossero del tutto assenti, diverrebbe troppo aspra la
concorrenza all'interno delle lite dominanti e verrebbero a mancare la
convinzione e la determinazione necessaria per respingere eventuali
minacce e rivolte. La classe che detiene il potere dev'essere costituita da
volpi, ma in caso di necessit deve ugualmente saper esprimere un'energia leonina. Deve essere abile e consumata e quindi dotata dell'istinto
delle combinazioni, ma deve possedere al tempo stesso un certo grado di
compattezza, il senso per la persistenza dell'aggregato, in modo da evitare che i suoi elementi dissidenti forniscano alle classi subalterne quell'abilit di cui queste ultime mancano e che potrebbe portarle alla vittoria.
Pu darsi che delle volpi si formino anche tra le classi subalterne, ma allora devono nella misura del possibile essere assorbite nella classe dominan-
14 V. Pareto, In margine del bilancio De Stefani ( 1923 ), in Id., Scritti sociologici, a cura di G. Busino,
Torino, UTET, 1974, voi. Il, p. 1203.
220
4.
221
le, vivono all'ombra del campanile, sono del tutto immuni dairistinto
delle combinazioni e conoscono un unico aggregato, quello caro alla
classe dominante. L'anticlericalismo stupido, diffuso nell'ambito del
movimento operaio e oggetto di critica gi nel giovane Gramsci (supra,
cap. I, i), ha il torto di modellare la sua critica dell'ideologia su rapporti
sociali che appartengono al passato.
Ben diversamente si esprime l'iniziativa ideologica della borghesia
capitalistica matura e ben pi sofisticata la metodologia suggerita da
Pareto con l'occhio rivolto ad una situazione radicalmente nuova, caratterizzata dal movimento in cui si trovano irrevocabilmente immerse le
masse popolari (prevalentemente urbane). L'importante che questo
movimento, anche quando sia ispirato da un marxismo pi o meno
vago, non giunga a porsi il problema della conquista del potere politico
e della costruzione di un nuovo Stato. Pur desumendo dalla filosofia
della prassi alcune affermazioni mutilate, e pertanto banalizzate, il
sindacalismo - osservano i Quaderni del carcere - non in realt che un
aspetto del liberismo. Solo che, mentre questo proprio di un gruppo sociale dominante e dirigente, il sindacalismo esprime l'ideologia di
un gruppo ancora subalterno che non sa ancora uscire dalla fase di
primitivismo e che anzi, proprio con questa teoria, viene impedito di
diventare mai dominante, di svilupparsi oltre la fase economico-corporativa per elevarsi alla fase di egemonia etico-politica nella societ
civile e dominante nello Stato (Q, 1589-1590).
Negli anni immediatamente successivi alla I guerra mondiale, il gruppo ordinovista testimone di una singolare avance di Salvemini. Questi,
dopo essersi dichiarato discepolo di Smith, attribuisce alla propaganda
anarchica, la quale - lo vogliano o non lo vogliano i marxisti ortodossi -
una delle molteplici forme deUa propaganda marxista, il merito di costituire un ostacolo prezioso contro le tendenze statolatre dei pi fra i
socialisti. Agli anarchici chiamato sostanzialmente ad affiancarsi llOrdine Nuovo: esso dovrebbe sforzarsi di risolvere da s i suoi problemi,
nei sindacati e nelle organizzazioni comunali, provinciali, regionali, invece di invocare ad ogni passo l'intervento dello Stato. " Questo appello
16 G . Salvemini, Liberalismo
222
17 B. Croce, Materialismo
223
pitato ideologicamente e invitato a subordinarsi alla borghesia, accettando o subendo la guerra imperialista, prendendo le distanze dalla
rivoluzione d ' O t t o b r e e rinunciando ad ogni autonoma soggettivit
politica e ideologica.
5.
marxista russa. " Dunque, per esplicito riconoscimento del patriarca del
neoliberismo lo Stato sociale realizzatosi in O c c i d e n t e n o n p u essere
pensato senza l'impulso e la sfida provenienti dalla rivoluzione d'Ottobre.
Ma cosa poi avvenuto? Il sistema capitalistico, rafforzato dall'assorbimento di elementi desunti dal bagaglio ideale e politico del movim e n t o operaio e comunista e dalla stessa realt del sistema sociale svil u p p a t o s i a partire d a l l ' O t t o b r e , ha poi s a p u t o esercitare a sua volta
un'attrazione irresistibile sulla popolazione dei paesi caratterizzati da
u n socialismo che sin dall'inizio p o r t a impressi sul volto i segni della
guerra scatenata e imposta dall'Occidente e che poi diviene via via pi
ossificato e sclerotico sino a diventare la caricatura di s stesso. E cio, i
regimi nati sull'onda della rivoluzione bolscevica n o n h a n n o s a p u t o
misurarsi c o n c r e t a m e n t e con q u e l l ' O c c i d e n t e che essi stessi avevano
contribuito a modificare in profondit; in ultima analisi ha vinto il sistema politico-sociale che meglio ha saputo rispondere alla sfida lanciata o
oggettivamente costituita dal sistema contrapposto e concorrente. E d
cos che anche in questo caso l'iniziale vittoria parziale conseguita dal
movimento operaio e comunista, con la capacit dimostrata di dispiegare la sua concreta efficacia storica anche in c a m p o avversario, si trasformata in una sconfitta totale, col risultato che al crollo verificatosi ad
Est corrisponde lo smantellamento di quegli elementi di Stato sociale,
di quei diritti sociali ed economici che ad Ovest si erano imposti o si eran o affacciati come risposta alla sfida dell'Ottobre.
A partire da tah considerazioni, emerge l'originaht del concetto
gramsciano di revisione del marxismo. Il pericolo p e r l ' a u t o n o m i a
ideologica e politica del movimento operaio non rappresentato solo dall'incorporamento del marxismo, in funzione subalterna, nell'ambito della
cultura tradizionale e dell'ideologia dominante. Anzi, chi crede di contrapporsi a tale revisione, cercando scampo nell'arroccamento dogmatico dell'ortodossia, incorre a sua volta in un'altra revisione, forse ancora pi pericolosa e devastante. Ecco allora l'approdo o il ritorno al materialismo tradizionale, al pi crudo e banale materialismo (Q, 1854-5),
19 F, A. von H a y e k , Law, legislation and liberty (1973-1982); tr. it. di A. P e t r o n i e S. M o n t i Bragadin, Legge, legislazione e libert, Milano, Il Saggiatore, 1986, p. 310.
226
6.
La costruzione proletaria del
proprio gruppo di intellettuali indipendenti
La conquista dell'autonoma soggettivit politica passa dunque per il
proletariato attraverso la formazione del proprio gruppo di intellettuali
indipendenti, e dunque attraverso la costruzione di xm autonomo partito
politico. Epper:
227
Suscitare un gruppo di intellettuali indipendenti non cosa facile, domanda un lungo processo, con azioni e reazioni, con adesioni e dissoluzioni e
nuove formazioni, molto numerose e complesse: la concezione di un gruppo sociale subalterno, senza iniziativa storica, che si amplia continuamente,
ma disorganicamente, e senza poter oltrepassare un certo grado qualitativo
che sempre al di qua del possesso dello Stato, dell'esercizio reale dell'egemonia su l'intera societ che solo permette un certo equilibrio organico nello sviluppo del gruppo intellettuale (Q, 1860-1).
La conquista dell'autonomia delle classi subalterne non un risultato irreversibile, ma p u c o n t i n u a m e n t e essere messo in discussione e
viene in certi momenti liquidato dall'iniziativa politica e ideologica delle
classi dominanti:
La storia dei gruppi sociali subalterni necessariamente disgregata ed episodica. E indubbio che nell'attivit storica di questi gruppi c' la tendenza
all'unificazione sia pure su piani provvisori, ma questa tendenza continuamente spezzata dall'iniziativa dei gruppi dominanti, e pertanto pu essere
dimostrata solo a ciclo storico compiuto. I gruppi subalterni subiscono
sempre l'iniziativa dei gruppi dominanti, anche quando si ribellano e insorgono; solo la vittoria "permanente" spezza, e non immediatamente, la
subordinazione (Q, 2283).
La riflessione di Gramsci in qualche m o d o la risposta agli elitisti.
D o p o aver fatto notare che generalmente i movimenti rivoluzionari
degli strati inferiori sono capitanati da individui degli strati superiori, Pareto osserva che uno dei mezzi che la classe eletta ha a disposizione per mantenersi al potere
il chiamare a fare parte della classe governante, purch consenta di servirla,
ogni individuo che ad essa potrebbe riuscire pericoloso [...] Questo mezzo fu
adoperato in molti tempi e presso molti popoli; oggi 0 solo quasi che adoperi la plutocrazia demagogica la quale domina nelle nostre societ, e si
dimostrato efficacissimo per mantenerne il potere.
Secondo il Trattato di sociologia generale
difficile spodestare una classe governante che sappia avvedutamente usare
20 V.V&texo,Trattato
di sociologia generale,1958,2482,2483,p.
228
1956,2441.
l'astuzia, la frode, la corruzione; difficilissimo, se riesce ad assimilarsi il maggior numero di coloro che, nella classe governata, hanno le stesse doti, sanno adoperare [le stesse arti] e che quindi potrebbero essere i capi di coloro
che sono disposti ad usare la violenza [...] Tale circostanza d stabilit alle
societ, poich basta alla classe governante di aggiungersi un numero
ristretto di individui, per togliere i capi alla classe governata.
A tale proposito, Pareto fa l'esempio del socialista "intellettuale" e
"trasformista" Bissolati. ^^ Vediamo ora Gramsci. Cosa avvenuto per
la filosofia della prassi?
I grandi intellettuali formatisi nel suo terreno, oltre ad essere poco numerosi,
non erano legati al popolo, non sbocciarono dal popolo, ma furono l'espressione di classi intermedie tradizionali, alle quali ritornarono nelle grandi
"svolte" storiche; altri rimasero, ma per sottoporre la nuova concezione a una
sistematica revisione, non per procurarne lo sviluppo autonomo (Q, 1862).
E, ancora una volta, emerge il carattere tormentato e contraddittorio della lotta p e r l'emancipazione. Essa richiede sforzi incessanti per
guadagnare la massa degli intellettuali, n o n solo al fine di indebolire e
disarticolare il fronte nemico ma anche al fine di accrescere il capitale di
conoscenze di cui le classi subalterne h a n n o disperatamente bisogno. Si
tratta allora di lavorare per p r o d u r r e una frattura di ampie p r o p o r zioni tra borghesia e intellettuali, suscitando al loro interno una diffusa
t e n d e n z a di sinistra e f a c e n d o s che u n certo n u m e r o f r a di essi si
schierino coerentemente col proletariato, aderiscano al suo programma e alla sua dottrina, si confondano nel proletariato, ne diventino e se
n e sentano parte integrante (CPC, 158). E p p e r , in situazioni di gravi
crisi storiche, la conquista faticosamente conseguita p u rovesciarsi in
u n a f u g a di massa, a n n u l l a n d o o r i c a c c i a n d o i n d i e t r o il p r o c e s s o di
emancipazione.
Per essere ancora piti tranquilla, oltre a cooptare dalle classi subalterne elementi volpini che tengano a b a d a le masse con l'astuzia e le promesse, la classe d o m i n a n t e d o v r e b b e secondo P a r e t o riuscire anche a
21
2179, p. 2068-9.
22
1858, p. 1773.
229
23
2223,p.2114.
24
2255,p.2147.
25
26
27
1 3 0 2 nota, p. 1085-6.
2257, p . 2 1 5 6 .
1 0 5 8 e 2 0 5 9 , p . 1774.
230
smo. In questo momento impegnato nella celebrazione del sindacalismo dei sindacati e nella lotta al t e m p o stesso contro il materialismo
socialista e per la difesa con tutti i mezzi senza cedere un'unghia della posizione della nuova Italia nel mondo:
Il sindacalismo trova nella guerra la sua conferma per quel che riguarda la
necessit che il proletariato non si adagi nelle concezioni pacifistiche, che
sia educato al sacrifcio, alla lotta, al ristretto consumo dei beni, ad una valutazione benevola di tutti i valori morali e religiosi.
L e attitudini p u g n a c i e l ' a t t a c c a m e n t o agli aggregati v e n g o n o
messi al servizio d e l l ' o r d i n a m e n t o b o r g h e s e esistente. l'obiettivo
dichiarato di Pareto. Gi su L'Ordine Nuovo, Togliatti ironizza sul singolare miscuglio di nazionalismo di Maurras, sociologia paretiana
e qualche spruzzo civettuolo di marxismo. D o p o aver richiamato l'attenzione suirammirazione per Pareto dei sindacalisti come Lanzillo e
C. (Q, l5%9),Quaderni del carcere {mno notare come i "movimenti"
antiautoritari, anarchici, sindacalisti-anarchici finiscano spesso col raggrupparsi intorno a personalit "irresponsabili" organizzativamente,
in u n certo senso carismatiche (Q,234). C o n o s c i a m o gi l'analisi di
Gramsci relativa alla subalternit ideologica di sindacalismo e anarchismo rispetto alla borghesia liberale; in questo ambito che bisogna collocare il passaggio di alcuni elementi addirittura al nazionalismo e al
fascismo.
A suo tempo, P a r e t o aveva collaborato a li Regno assieme a Corradini, il quale, p r i m a ancora della guerra libica, aveva espresso la speranza di poter un giorno utilizzare, in funzione subalterna al nazionalismo e all'imperialismo, lo stesso sindacalismo e socialismo alla Sorel,
f a c e n d o leva sulla sua energia e forza d'azione, sul suo carattere
antiborghese, eroico, sul suo spirito di solidariet e la sua carica
militante e combattiva. Si trattava solo di spostare tale spirito di soli-
Firenze, La libreria
29 P. Togliatti, La disfatta di A. Lanzillo (1 maggio 1919), in Id., Opere, op. cit., voi. L P - 1 7 .
30
231
1901-
dariet (per Pareto la persistenza degli aggregati), in s sommamente guerresco dalla guerra fra le classi all'arena internazionale e
alla gara imperialistica. "
I Quaderni del carcere sottolineano ripetutamente che l'avventura in Libia a segnare il passaggio di un gruppo di sindacalisti al partito nazionalista (Q, 68) e a consentire rimportazione sindacalista
nel nazionalismo (Q, I8l). Ma gi nel corso del primo conflitto mondiale Gramsci polemizza contro Corradini e la sua mitologia della
lotta delle nazioni proletarie contro le nazioni capitalistiche
(supra, cap. 11,8).
Lo stesso Pareto era troppo smagato e cinico per poter aderire ad
una tale mitologia, ma l'autore del Trattato di sociologia generale
comunque d'accordo col capo nazionalista nel voler utilizzare la carica
di lotta e la combattivit di settori del movimento socialista in funzione
del rafforzamento del sistema sociale esistente e ^'lite dominante.
qui in qualche modo prefigurata la parabola di Mussolini (e di personalit come Lanzillo). E, significativamente, dopo la marcia su Roma, nel
dedicare al Duce dell'Italia vittoriosa la sua raccolta di Discorsi politici, Corradini celebra in lui l'uomo chiamato dalla Provvidenza a
dare la sua forza ad una causa che in giovent era stata o era apparsa
quella socialista, ma che poi si rivela essere quella della patria e della
guerra, in cui comunque continuano a vivere l'originaria volont e
l'originario misticismo.
D'altro canto, lo stesso Mussolini a vantarsi, ormai fascista, di
tale sua parabola ideologica e politica, di essere un eretico espulso
dalla chiesa ortodossa del socialismo, nel quale aveva comunque da
giovane immesso, lui per primo, la lezione di Blanqui. " Ed in polemica per l'appunto con l'ex-dirigente massimalista e capo fascista che
Gramsci osserva: Il blanquismo la teoria sociale del colpo di mano,
ma a pensarci bene, il sovversivismo mussoliniano non aveva preso di
esso che la parte materiale [...] Del blanquismo Mussolini aveva rite-
31
146el45.
32 E, Corradini, Prefazione ^Discorsi politici (I92), in \.,Scritti e discorsi 1901-1914, op. cit., p. 3 e 10.
33 Cos nel discorso alla Camera d e l 2 1 giugno 1919: vediR, De'eice,Mussolini
ilfascista, op. cit., voi.
I, p. 126; un tema che ritoma anche nel discorso alla Camera del 7 giugno 1924, vedi ihid., p. 599.
232
233
7.
Ormai chiaro. Il passaggio dalla classe in s alla classe per s, il processo di sviluppo della coscienza di classe del proletariato e del movimento di emancipazione, tutto ci assume nei Quaderni del carcere uxia
configurazione nettamente pi complessa e tormentata che in M a r x e
nello stesso Lenin. Siamo in presenza del problema centrale della riflessione di Gramsci: in che m o d o dare o ridar voce alle classi subalterne, in
che m o d o evitare che vengano ideologicamente e politicamente decapitate nei momenti di svolta storica, a causa dell'abbandono degli intellettuali che le h a n n o rappresentate o che h a n n o preteso di rappresentarle.
Il fatto che, per una serie di ragioni storiche e sociologiche, gli intellettuali, anche quelli schierati al fianco della classe operaia, p r o v e n g o n o
dalla piccola e media borghesia, cio da ceti che di solito sono specializzati nel "risparmio" (Q, 1518), e che d u n q u e sono portati a guardare
alla c u l t u r a e all'istruzione c o m e ad u n o s t r u m e n t o di p r o m o z i o n e
sociale. La militanza politica e sindacale spesso serve allora come u n
semplice trampolino di lancio che conduce, s o p r a t t u t t o in occasione
delle grandi crisi storiche, al di l e comunque al di fuori del proletariato
e delle classi subalterne.
Il proletariato deve allora sforzarsi di p r o d u r r e degli intellettuali
organici, ad esso legati da molteplici fili: n o n solo le idee, ma anche
l'estrazione sociale, i sentimenti, le passioni. L'impresa tutt'altro che
facile. L'estrazione sociale non di per s una garanzia. Per conquistare
a u t o n o m a soggettivit politica, le classi subalterne devono riuscire a
distaccarsi d a l l ' a r r o c c a m e n t o corporativo e saper p r o c e d e r e ad u n a
catarsi culturale e politica:
Il metallurgico, il falegname, l'edile, eccetera, devono non solo pensare
come proletari e non pi come metallurgico, falegname, edOe, eccetera, ma
devono fare ancora un passo avanti; devono pensare come operai membri
di una classe che tende a dirigere i contadini e gli intellettuali, di una classe
che pu vincere e pu costruire il socialismo solo se aiutata e seguita dalla
grande maggioranza di questi strati sociali. Se non si ottiene ci, il proletariato non diventa classe dirigente (CPC, 145).
Tutta una tradizione di pensiero, liberale o reazionaria, pretende di
235
E ancora;
Il proletariato, come classe, povero di elementi organizzativi, non ha e
non pu formarsi un proprio strato di intellettuali che molto lentamente,
molto faticosamente (CPC, 158).
195-6.
238
239
VII.
1.
Si tenta talvolta di spiegare il fascino di Gramsci a partire dalla coppia di concetti m a r x i s m o o c c i d e n t a l e / m a r x i s m o orientale. ' Certo, il
grande rivoluzionario riconosce il diverso e superiore grado di sviluppo
storico dell'Occidente rispetto all'Oriente. Ma sarebbe del tutto errato
p r e t e n d e r e di d e d u r r e dall'arretratezza politico-sociale della Russia il
suo ritardo teorico. Procedere in tal m o d o sarebbe dar prova di meccanicismo, e contro il meccanicismo implacabile la polemica di Gramsci,
p i e n a m e n t e consapevole delle disuguaglianze, delle sfasature e delle
contraddizioni che possono sussistere fra sviluppo economico-sociale,
sviluppo politico e sviluppo culturale. A teorizzare lucidamente lo Stato
nazionale Machiavelli che pure vive e opera in una realt politica frantumata, n o n in un paese come l'Inghilterra, la Francia, o la Spagna. A
infliggere il p r i m o d u r o c o l p o al m o n d o f e u d a l e L u t e r o , n o n gi il
Rinascimento. A d esprimere teoricamente i risultati della rivoluzione
francese sono Hegel e il ciclo che da Kant c o n d u c e ad Hegel, autori e
filosofi che rinviano, ancora una volta, ad un paese che n o n tra i pi
avanzati n sul p i a n o e c o n o m i c o - s o c i a l e n su q u e l l o p o l i t i c o . A d
1 Sono categorie che h a n n o conosciuto grande fortuna a partire dal libro di P. Anderson, Considerations on Western Marxism (1976), tr. it., di F. Moretti, Il dibattito nel marxismo occidentale, RomaBari, Laterza, 1977.
241
affrontare per primo e con maggiore coerenza il problema dell'egemonia (la cui soluzione essenziale per la vittoria della rivoluzione socialista anche in Occidente) Lenin. Il livello pi avanzato raggiunto dal
marxismo per Gramsci costituito dal rivoluzionario russo, non da pur
prestigiosi filosofi europei come Lukcs o Korsch, Bloch o Adorno.
Tale l'ammirazione per Lenin che i Quaderni del carcere affermano che
fare un parallelo tra Marx e Ilici [Lenin] per giungere a una gerarchia
stolto e ozioso (Q, 882).
bene subito notare che il dirigente russo giunto a questa altezza
teorica e politica non in quanto si estraniato dalla realt del suo paese
arretrato ma, al contrario, in quanto ha saputo mantenere salde e
profonde radici nella realt nazionale da cui proveniva. Semmai si pu
parlare in Russia di marxismo occidentale, questo rappresentato da
Trotski che, stando ai Quaderni del carcere, non riesce a depurare il suo
internazionalismo deirelemento vago e puramente ideologico (Q,
1729). Gramsci ha pienamente ragione a impostare cos il problema. La
grandezza di Lenin per l'appunto nell'aver superato la dicotomia occidentalismo/slavofilia e nell'aver superato e aiutato a superare analoghe
dicotomie in riferimento ai paesi e ai popoli da lui chiamati a spezzare il
giogo coloniale. Qualcosa di analogo si pu dire per tutti i grandi rivoluzionari del nostro secolo: Ho Chi Min, Mao, Castro hanno conseguito la
vittoria nella misura in cui sono riusciti a vietnaminizzare, a sinizzare, a cubanizzare il loro marxismo, ad unire in esso Oriente e Occidente, caratteristiche generali e peculiarit nazionali. Fidel Castro ha
tracciato un bilancio assai significativo della disfatta del socialismo reale e del movimento comunista: Noi socialisti abbiamo commesso un
errore nel sottovalutare la forza del nazionalismo e della religione. ^ Ad
essere stato sconfitto, nel Terzo Mondo e nello stesso campo socialista, un marxismo occidentale che, non avendo tenuto conto dell'identit nazionale e religiosa - la religione spesso un essenziale elemento costitutivo dell'identit nazionale - dei paesi in cui operava, non ha
saputo per cos dire orientalizzarsi.
242
Dary, in The
F. Turati, Leninismo
cit.,p.332.
e marxismo
243
e riformismo
op.
Continuare a far valere la dicotomia marxismo occidentale/marxismo orientale significherebbe agli occhi di Gramsci continuare a subire
l'egemonia delle classi dominanti in Occidente; difficile allora immaginare un'incomprensione o distorsione pi radicale di quella che pretende di trasformare lo stesso autore dei Quaderni del carcere in un rappresentante, e sia pure nel rappresentante pi eminente, di un presunto
marxismo occidentale!
Ma se i profondi legami con la realt e la cultura italiana non sono
di ostacolo alla comprensione immediata della portata storico-mondiale degli sconvolgimenti russi e orientali, d'altro canto la simpatia e
l'ammirazione da Gramsci riservata alla rivoluzione bolscevica non gli
impediscono di impegnarsi a fondo in uno sforzo di occidentalizzazione, per cos dire, dei suoi contenuti. Pur col suo significato di rottura
epocale, l'Ottobre 1917 non contiene indicazioni di carattere immediato per la trasformazione in senso sociaUsta di un paese come l'Italia.
Nettamente pi articolata si presenta qui la societ civile, coi suoi partiti, i suoi sindacati, le sue innumerevoli associazioni di carattere privato, la sua tradizione liberale e democratica sconosciuta ad una Russia
zarista tutta costruita attorno al dispotismo di Stato. Un progetto rivoluzionario di ambizioni realmente mondiali deve saper tener conto delle condizioni peculiari delle diverse aree e dei diversi paesi e pensare la
trasformazione socialista o post-capitalistica nel suo rapporto non solo
di rottura ma anche di continuit rispetto al precedente sviluppo storico dell'umanit.
2.
4 Togliatti dichiara di aver tradotto negli anni universitari 150 pagine di quest'opera: Marcella e Maurizio Ferrara, Conversando con Togliatti, Roma, Editori Riuniti, 1953, p. 29; vedi E. Ragionieri, Introduzione, op. cit, p. XLVI.
5 R. L u x e m b u r g , Die russische Revolution (1918), in Politische Schriften, a cura di O . K. Flechtheim,
Frankfurt a. M., Europaische Verlagsanstalt, 1968, voi. Ili, p. 136,
6 M . , p . 116-119,
7 Riportato in R. Rosdolsky, Friedrich Engels und das Problem der "geschichtslosen Vlker", in Archiv
fiir Sozialgeschichte, voi. IV, 1964, p. 143, nota.
246
determinata situazione la scelta non tra dittatura e democrazia parlamentare bens tra dittatura e dittatura, come b e n sapevano anche tanti
statisti borghesi (Churchill in testa) che gi d o p o gli avvenimenti di Febb r a i o m a n o v r a n o in ogni m o d o p e r stabilire in Russia u n a d i t t a t u r a
capace di imporre all'esercito e al popolo la continuazione di una guerra
e di una carneficina senza fine. N o , G r a m s c i rivela un senso r o b u s t o
della realt, anche per l'attenzione che rivolge alla questione nazionale e
alla questione contadina, le due questioni strettamente intrecciate, la cui
rimozione o il cui disinvolto trattamento hanno provocato la catastrofe.
E, per di pi, comincia a prendere coscienza, come abbiamo visto, delle
conseguenze catastrofiche dell'attesa messianica dell'estinzione dello
Stato, oltre che della coscienza e identit nazionale. d u n q u e Gramsci
l'autore che pu fornire spunti preziosi per u n bilancio impietosamente
critico, e tuttavia non liquidatorio, della vicenda storica iniziata con la
rivoluzione d'Ottobre.
I n ogni caso, n o n resiste all'indagine critica la c o n t r a p p o s i z i o n e
marxismo occidentale f o n d a t o sull'egemonia/marxismo orientale fondato sulla dittatura. Con la loro incomprensione della questione nazionale e contadina, con il loro escatologismo che attende la fine dello Stato, della nazione, della religione, del mercato e, in ultima analisi, della
storia, il cosiddetto marxismo occidentale esso stesso corresponsabile
della catastrofe verificatasi a Est. D'altro canto, il Poi P o t che ha fatto i
suoi studi a Parigi e operato i suoi misfatti in Cambogia da sussumere
sotto la categoria di marxismo occidentale o orientale?
3.
Invece che con la coppia di concetti marxismo occidentale/marxismo orientale, si opera talvolta, in m o d o pii o m e n o consapevole, cont r a p p o n e n d o in m o d o antitetico esperienza storica del socialismo reale da una parte e pensiero utopico dall'altra. In tal caso, o si predica un
fantomatico ritorno a Marx o p p u r e alle personalit direttamente coinvolte nella gestione dei paesi e dei regimi scaturiti dalle rivoluzioni
247
genista di Nietzsche. Questi, nel perseguire sin nelle sue pi remote origini la modernit e la rivoluzione, contrappone ad ogni tappa di questa
rovinosa parabola la maggiore ricchezza culturale e il maggior equilibrio dell'antico regime di volta in volta rovesciato. Paragonato a Voltaire o Montaigne fa una pessima figura Rousseau, e lo stesso vale per
Lutero nel confronto con Erasmo e il Rinascimento; rispetto poi agli
autori dell'antichit classica. Ges e gli agitatori cristiani [...] chiamati
Padri della Chiesa sono come l"'esercito della salvezza" inglese rispetto a Shakespeare e agli altri "pagani" che esso pretende di combattere.
Non solo sul piano propriamente culturale, anche su quello morale e
antropologico, gli esponenti del vecchio regime si rivelano superiori ai
rappresentanti del nuovo, immancabilmente rozzi e fanatici. H a un
valore paradigmatico e esemplare il modo in cui Nietzsche descrive il
contrasto tra romanit e cristianesimo: da una parte Pilato, il quale
dichiara di non sapere cos' la verit, dall'altra Ges che con essa pretende di identificarsi; da una parte la nobile e frivola tolleranza di
Roma, che ha al suo centro non gi la fede, ma la libert dalla fede,
dall'altra lo schiavo che vuole l'incondizionato, comprende solo il
tirannico, anche nella morale. Poco propenso a distinzioni o giustificazioni, Nietzsche traccia una linea di continuit dal fanatico Credo quia
absurdum di Tertulliano alla fede altrettanto fanatica del movimento
socialista nella palingenesi sociale.
Gramsci pienamente consapevole del fatto che il vecchio ordinamento pu trovare nella poesia un canto del cigno che pu essere di
mirabile splendore (Q, 733). E come se tutte le diverse configurazioni
dell'antico regime rovesciato dalle successive ondate della modernit e
della rivoluzione avessero trovato in Nietzsche un canto del cigno
straordinariamente seducente. Ma non per Gramsci, il quale continua
ad essere col nuovo, di cui tuttavia non sottovaluta e non occulta le terribili difficolt e deformazioni. Nel salutare la rivoluzione d'Ottobre,
egli sottolinea che essa inizialmente produrr solo il collettivismo della
miseria, della sofferenza (CF, 516). Ma non neppure questo l'aspetto
pi importante. Gramsci s'impegna in uno sforzo di comprensione sim-
249
patetica del nuovo anche quando, agli occhi di un osservatore superficiale e ignaro della terribile complessit del processo storico e del processo rivoluzionario, esso appare tradire le ragioni stesse della sua nascita. Straordinaria la pagina dedicata, nel 1926, all'analisi dell'Urss e del
fenomeno mai visto nella storia che implicito nel faticoso processo
di costruzione di una societ socialista o postcapitalistica: una classe
politicamente d o m i n a n t e viene nel suo complesso a trovarsi in
condizioni di vita inferiori a determinati elementi e strati della classe
dominata e soggetta. Le masse popolari che continuano a soffrire una
vita di stenti sono disorientate dallo spettacolo del nepman impellicciato e che ha a sua disposizione tutti i beni della terra; e, tuttavia, ci non
deve costituire motivo di scandalo o di ripulsa, in quanto il proletariato,
come non p u conquistare il potere, cos non p u n e p p u r e mantenerlo,
se non capace di sacrificare interessi particolari e immediati agli interessi generali e permanenti della classe (CPC, 129-30).
N o n avrebbe alcun diritto di richiamarsi a Gramsci chi volesse trasformarlo nel teorico di un utopismo impotente e impegnato a fuggire
ogni contaminazione del reale. La sua lezione va, invece, in direzione
esattamente contrapposta. Nel 1924, mentre infuria lo squadrismo e si
delinea ormai con chiarezza la vittoria del fascismo, il dirigente comunista rifiuta ogni bilancio liquidatorio della storia del movimento operaio,
respingendo gi nel titolo di un articolo
Ordine Nuovo la tesi secondo cui il passato f u tutto u n errore; e, invece, nel passato esiste [...]
l'errore, la negativit, la morte, ma esiste anche la vita, lo sviluppo della
tradizione sana del m o v i m e n t o rivoluzionario italiano; c' anche nel
passato una parte positiva che oggi continua a svilupparsi nonostante la
reazione e il terrore bianco (CPC, 167-9).
E u n criterio che i Quaderni del carcere f a n n o valere p e r q u a n t o
riguarda il passaggio dal capitalismo al socialismo, nonostante che l'esperienza traumatica del macello consumatosi nel corso della I guerra
mondiale e del successivo avvento del fascismo stimoli un atteggiamento di liquidazione della storia della borghesia come un cumulo di errori
e orrori. In polemica contro tale tendenza, che trova espressione anche
nel Saggio di Bucharin, Gramsci invece osserva:
Giudicare tutto il passato filosofico come un delirio e una foUia non solo
250
4.
attorno alla sua figura s'intreccia strettamente col dibattito che divampa
suUa rivoluzione francese e suUa stessa storia del '900.
I tentativi di neutralizzare politicamente Gramsci innalzandolo alla
dignit di classico sono essi stessi un momento della lotta politica. E di
una lotta politica che non nuova e che data almeno dal Benedetto Croce che, subito dopo la pubblicazione delle Lettere dal carcere, scrive del
suo autore: Come uomo di pensiero egli fu dei nostri. ' N l'utilizzazione di categorie desunte dai Quaderni del carcere ad opera di ambienti
assai lontani, sul piano culturale e politico, dal mondo caro a Gramsci,
n il tentativo di innalzare quest'ultimo in una presunta sfera di classicit metapolitica stanno a significare la fine della lotta politica, oltre che
culturale, attorno a questa straordinaria figura del '900. Ed una lotta
di cui forse proprio Gramsci ci fornisce la chiave di lettura, allorch
mette in evidenza i ripetuti sforzi della classe dominante di incorporare
e utilizzare in funzione subalterna, come elisir e ricostituente del suo
potere e della sua egemonia, le stesse sfide che contro tale potere e tale
egemonia vengono via via lanciate.
253
ritrovato
Blanch, Luigi, 71
Aristotele, 103
Bottai, Giuseppe, 68
185,186,189n,193,194,199-202
Barrs, Maurice, 58
Bumham,James,218
255
Coppola, Francesco, 53
Ferri, Enrico, 22
46,48-53,55,57-61, 63-65,68-72,74,75,
113,114n, 116-120,126,128,130,132-134,
164,169,198,217,218,221,223,224,234,
253
112,115,119,124,130,176-178
Filene, Peter G.,80n
Daudet,Lon, 25
Ford, Henri, 80
Fortunato, Giustino, 87
Frank, Manfred, 116n
256
Goethe J o h a n n Wolfgang, 49
Gosset, Thomas F., 81n
Kautsky, Karl, 32
Lafargue, Paul, 32
Harcourt, William, 45
Laski,HaroldJ.,97n
102,105,109,140-142, 145,148,149,154,
114n, 115,119,120,122-124,126,127,130,
162,163,164-170,181,187-191,199, 200,
131,134,158,173,176-179,192-194,211,
203,205,210-212,225,233,235,242,243
212,216,241,252
Licbknecht,WUhclm, 32
Lombroso, Cesare, 22
Ludwig, Emil, 84
181,205,242
257
Napoleone 1,205
Marat,Jean-Paul,213
Maraviglia, Maurizio, 40
Niceforo, Alfredo, 22
Nolte, Ernst, 21 On
124-134,138,139,141,142,144-146,147,
150,152-155,157-160,162-164,167,169,
171,174,177-179,181-186,188,191,192,
Ojetti, Ugo,36n
194,197,198,200-202,209-211,213,215,
Orano, Paolo, 22
223,225,235,242,247,248,252
Ottavio, 230
Matteotti, Giacomo, 71
Maurras,Charles,25,231
Pertici,Robeno,110n
Pio X (papa), 20
Platone, 252
PolPot,247
Prampolini, Camillo, 21
Ricardo,David,211
Mussolini, Arnaldo, 72
Rocco, Alfredo, 53
Rochester, Stuart L, 66n
RoUand, Romain, 52
98,100,210,230,232,233
258
Spencer, Herbert, 23
Rosenberg, Alfred, 82
Spengler, Oswald, 45
Rosselli, Carlo, 62
Ruffini, Francesco, 18
Salandra, Antonio, 72
Sturzo, Luigi, 87
67,68,87,88n,92,222
Tertulliano, 249
Timpanaro, Sebastiano, 70
Togliatti, Palmiro, 3 3 , 3 4 , 5 0 , 5 1 , 6 0 , 6 1 , 6 9 , 7 2 -
7 4 , 8 3 n , 9 6 , 1 1 5 , U 6 n , 117-120, 133,231,
245,246n
Schmitt, Cari, 72
Valentin!,Francesco, l l l n , 124n
Sergi, Giuseppe, 22
Sisson, Edgar, 80
Weil,Eric,32n
Solari, Gioele, 18
Whitman,Walt, 83
Sonnino, Sidney, 87
259
Tra il 1929 e il 1935 Gramsci in carcere stende "note e appunti", come egli stesso li definisce, in
29 quaderni di vario formato (quaderni scolastici, registri, un quaderno da computisteria). Si
tratta di testi di diversa lunghezza su argomenti vari, preceduti di norma dal segno di paragrafo
e, spesso, da un titolo. A partire dalla primavera del 1932 Gramsci comincia a "cancellare" a larghe linee di penna una parte dei testi gi scritti, e a trascriverli, riveduti e spesso ampliati, raggruppandoli in quaderni monografici da lui stesso chiamati "speciali". Possiamo perci distinguere i quaderni dal carcere in "miscellanei" e "speciali", e le "note e appunti" in testi di prima
stesura (nei quaderni miscellanei), denominati dal curatore dell'edizione critica, Valentino Gerratana, "testi A", e in seconda stesura, (nei quaderni speciali) denominati "testi C". A questi
due tipi se ne aggiunge un terzo, denominato dei "testi B", di stesura unica, reperibili sia nei
quaderni miscellanei che in quelli speciali.
Le pagine di quaderno qui riprodotte appartengono a testi A e testi B del quaderno 1 (19291930). Il quaderno 1 ha un carattere per cos dire fondativo, giacch in quasi tutti i quaderni
"speciali" si ritrovano testi C corrispondenti a testi A del quaderno 1.
Si ringrazia la Fondazione Istituto Gramsci, in particolare il suo direttore, prof. Giuseppe
Vacca, la dott.ssa Chiara Daniele e il fotografo Angelo Palma, per aver reso possibile la riproduzione dei manoscritti di Gramsci.
Copertina:
rilievo della firma autografa
di Antonio Gramsci.
Pagine 4 e 5;
dal primo quaderno,
p. 57 bis e 58.
Pagine 260 e 261:
particolare ingrandito
dal primo quaderno,
p. 70 bis.
Impaginazione video
Sagp, Roma