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Cherubini, Le Bibbie Spagnole in Visigotica
Cherubini, Le Bibbie Spagnole in Visigotica
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LE PREMESSE
Dal tempo in cui Samuel Berger, nella Préface alla sua Histoire de la
Vulgate del 1893, affermò che « l’Espagne est la patrie des plus mauvais
textes et des meilleurs » 1 e fino ai primi anni Sessanta del secolo XX i
manoscritti spagnoli della tradizione biblica sono stati oggetto di attento
studio. Come mostrò subito lo studioso lorenese, infatti, nessun’altra fami-
glia, neppure quella dei codici irlandesi per quanto riguarda i Vangeli, pre-
senta aspetti tanto caratteristici ed insieme una tradizione così incontami-
nata per buona parte del medioevo quanto i manoscritti in visigotica. Que-
sto perché, com’ebbe modo di osservare pochi decenni dopo dom Dona-
tien de Bruyne, nessun altro paese come la Spagna rimase chiuso per un
periodo tanto lungo agli influssi stranieri. Essa inoltre, accanto a quella che
non a torto può essere considerata una sorta d’edizione nazionale, acquisì
molto lentamente le recensioni che nel corso dei secoli erano state appron-
tate nel resto dell’Occidente latino, in sostanza non prima del XIII secolo
con la diffusione anche in Spagna della Bible de Paris 2. In seguito furono
l’italiano Alberto Vaccari e lo spagnolo José M. Bover ad individuare nelle
Bibbie spagnole – in particolare quelle del periodo ‘pre-recensionale’ (secoli
V-VIII), vale a dire precedenti la diffusione del testo alcuiniano – caratteri-
stiche proprie di completezza e individualità 3. Nel 1953, dopo una lunga
* I numeri in neretto nel testo e nelle note rinviano al catalogo che segue.
1 S. BERGER, Histoire de la Vulgate pendant les premiers siècles du Moyen Age, Nancy, Berger-
Levrault, 1893, p. XIV. Alle Bibbie spagnole è dedicato il cap. II, pp. 8-28.
2 D. DE BRUYNE, Étude sur les origines de la Vulgate en Espagne, in « Revue bénédictine », n. s.,
erudizione e di filologia, I-II, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1952 e 1958 [Raccolta di
Studi e testi, 42 e 67]); qui ci si riferisce in particolare ad A. VACCARI, Alle origini della Vulgata,
in « Civiltà Cattolica », LXVI, 4 (1915), pp. 21-37, 160-70, 290-97, 412-21 e 538-48; v. inoltre
J. M. BOVER, La Vulgata en España, in « Estudios bíblicos », I (1941), pp. 11-40 e 167-185. È
utile segnalare fin d’ora che per il Bover questo primo periodo nella storia della Vulgata
– seguito da una fase caratterizzata dallo sforzo di unificare il testo biblico che giungerà fino
al momento (secolo XIII) in cui si diffonderà velocemente il nuovo modello creato dagli studi
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domenicani, la Bible de Paris – è a sua volta diviso, nell’esperienza spagnola, in due periodi
distinti, uno ‘ibero-romano’ caratterizzato dalla produzione di Priscilliano e di Pellegrino non-
ché da una forte sopravvivenza della Vetus, ed uno ‘visigotico’ dominato dalla personalità di
Isidoro e cui appartengono i più antichi codici biblici sopravvissuti in visigotica.
4 Per alcuni dei contributi relativi a singoli codici v. il Catalogo in appendice al presente
lavoro; altri sono dedicati a manoscritti non in visigotica e quindi non compaiono nel Catalo-
go, ma sono citati nella vastissima bibliografia contenuta nei Prolegomenos (cfr. nota 6).
5 Per tutti si pensi alla serie di interventi dedicati a quei testi di corredo alla Bibbia
– prologhi, sommari, ordine dei libri, divisione in capitoli, ecc. – che iniziò con Los elementos
extrabíblicos de la Vulgata, in « Estudios bíblicos », II (1943), pp. 133-87, e proseguì con Los
elementos extrabíblicos del Octateuco, ibid., IV (1945), pp. 35-60 e Los elementos extrabíblicos de los
Libros de los Reyes, ibid., pp. 259-96.
6 T. AYUSO MARAZUELA, La Vetus Latina Hispanica, I. Prolegomenos, Madrid, Consejo supe-
rior de investigaciones científicas. Instituto « Francisco Suarez », 1953; a p. 318 ss. è affrontato
il problema dell’esistenza di una Vetus Hispana. A più riprese sono state manifestate perplessi-
tà sulle affermazioni dell’Ayuso Marazuela, in particolare proprio sulla presunta esistenza di
una Vetus spagnola (è più probabile che una tradizione pre-geronimiana abbia contaminato
invece la Vulgata fin dai testimoni più antichi), ma anche su altri aspetti della sua produzione
scientifica; si veda per tutti il forte dubbio espresso dai redattori della Clavis Patrum Latinorum
a proposito delle sue ipotesi su Pellegrino: Clavis Patrum Latinorum qua in Corpus Christianorum
edendum optimas quasque scriptorum recensiones a Tertulliano ad Bedam commode recludit E. DEKKERS
opera usus qua rem praeparavit et iuvit AE. GAAR, ed. tertia aucta et emendata, Steenburg, S.
Pietro, 1995 (Corpus Christianorum. Series Latina. Clavis Patrum Latinorum), p. 353 n. 1094.
7 L. VÁZQUEZ DE PARGA, La Biblia en el Reino asturleonés, in La Bibbia nell’alto medioevo (26
aprile – 2 maggio 1962), Spoleto, CISAM, 1963 (Settimane del CISAM, X), pp. 257-80; per
quanto riguarda l’importanza della Bibbia nell’affermazione della regalità e della concezione
politica visigotiche v., più in generale, M. REYDELLET, La Bible miroir des princes, du IVe au VIIe
siècle, in Le monde latin antique et la Bible, sous la direction de J. FONTAINE et CH. PIETRI, Paris,
Beauchesne, 1985 (Bible de tous les temps, 2), pp. 431-53, in particolare pp. 445-53.
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8 Interventi su singoli manoscritti sono sempre più sporadici. Tra questi vanno segnalati,
però, quanto meno B. FISCHER, Algunas observaciones sobre el « Codex Gothicus » de la R. Colegiata
de S. Isidoro en León y sobre la tradición española de la Vulgata, in « Archivos Leoneses », XV
(1961), pp. 40-47, e M. C. DÍAZ Y DÍAZ, La trasmisión textual del Biclarense, in « Analecta Sacra
Tarraconensia », XXXV (1963), pp. 57-76, rist. in ID., De Isidoro al siglo XI. Ocho estudios sobre
la vida leteraria peninsular, Barcelona, Ediciones El Albir, 1976, pp. 117-40.
9 L. LIGHT, Version et révisions du texte biblique, in Le Moyen Age et la Bible, a cura di P.
RICHÉ et G. LOBRICHON, Paris, Beauchesne, 1984 (Bible de tous les temps, 4), pp. 55-93: 68.
Per lo stesso motivo, mi pare, la traduzione iberica è praticamente assente nei più importanti
lavori e nelle raccolte sullo studio della Bibbia nel medioevo, dal classico B. SMALLEY, The
Study of the Bible in the Middle Ages, Oxford, B. Blackwell, 1941, 3a ediz. 1984 (trad. ital. dalla
seconda ediz. del 1952: Lo studio della Bibbia nel Medioevo, con introduzione di C. LEONARDI,
Bologna, Il Mulino, 1972), ai più recenti The Bible in the Medieval World. Essays in Memory of
Beryl Smalley, a cura di K. WALSCH - D. WOOD, Oxford, B. Blackwell, 1985 (Studies in the
Church History. Subsidia, 4), e La Bibbia nel Medioevo, a cura di G. CREMASCOLI e C. LEONARDI,
Bologna, Edizioni Dehoniane, 1996.
10 J. GRIBOMONT, Les plus anciennes traductions latines, in Le monde latin antique cit., pp. 43-
65: 56.
11 P.-M. BOGAERT, La Bible latine des origines au moyen âge. Aperçu historique, état des ques-
tions, in « Revue théologique de Louvain », XIX (1988), pp. 137-59 e 276-314. Il saggio è
notevole soprattutto per l’ampio resoconto bibliografico iniziale (pp. 137-143); la citazione del
ms. León, Arch. Cap. 15 è a p. 285, il riferimento al Salterio mozarabo a p. 292. È curioso,
invece, che lo studioso non faccia alcun cenno ai manoscritti spagnoli quando tratta della
questione del libro di Baruch che è presente nel codice Cavense (n. 4), come aveva già messo
in evidenza all’inizio del secolo il benedettino cassinese Angelo Maria Amelli nella De Libri
Baruch vetustissima latina versione usque adhuc inedita in celeberrimo codice Cavensi epistula, Monte-
cassino, Typis archicoenobii Montis Casini, 1902.
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12 P. SUPINO MARTINI, La scrittura delle scritture (sec. XI-XII), in « Scrittura e civiltà », XII
(1988), pp. 101-18: 112-113. Il lavoro del DÍAZ Y DÍAZ cui si riferisce è Codices visigóticos en la
monarquía leonesa, León, Centro de estudios y investigación « San Isidoro », 1983 (Fuentes y
estudios de historia leonesa, 31), pp. 190-91.
13 A. BARTOLI LANGELI, Scritture e libri da Alcuino a Gutenberg, in Storia d’Europa, III. Il
Medioevo, a cura di GH. ORTALLI, Torino, UTET, 1994, pp. 935-982; un solo cenno, senza
riferimento a specifici manoscritti, a p. 955.
14 Le opere citate ai nn. 11, 12, 41, 46, 49 e 53.
15 Basti citare la raccolta di Agustín Millares Carlo curata dopo la sua morte da un
gruppo di studiosi spagnoli: A. MILLARES CARLO, Corpus de códices visigóticos, edición preparada
por M. C. DÍAZ Y DÍAZ, A. M. MUNDÓ, J. M. RUIZ ASENCIO, B. CASADO QUINTANILLA y E. LECUONA
RIBOT, I. Estudio; II. Álbum, Las Palmas de Gran Canaria, Universidad de educación a distan-
cia – Centro asociado de Las Palmas de Gran Canaria, 1999 (a proposito della quale si
vedano però le osservazioni all’inizio del Catalogo), e il recentissimo contributo di C. TRISTANO,
Periferia del mondo occidentale o centro della cultura mediterranea? Qualche considerazione sulla produ-
zione di manoscritti nella penisola iberica altomedievale, in Libri, documenti, epigrafi medievali: possibi-
lità di studi comparativi, a cura di F. MAGISTRALE, C. DRAGO e P. FIORETTI, Spoleto, CISAM, 2002
(Studi e richerche, 2), pp. 137-67. Sulla visigotica v. ora J. ALTURO, La escritura visigótica.
Estado de la cuestión, in « Archiv für Diplomatik », L (2004), pp. 347-386.
16 P. CHERUBINI, La Bibbia di Danila: un monumento “trionfale” per Alfonso II di Asturie, in
Vercellone tre secoli più tardi) 18; o al codice Toletanus (n. 27) che subì
analoga sorte, inviato al Carafa dal bibliotecario del capitolo cattredrale
di Toledo Cristobal Palmarés nel 1588 19; o al ms. 1 della Badia di Cava
dei Tirreni (n. 4) trascritto in fedele copia “diplomatica” (che nel primo
fascicolo imitava perfino la minuscola visigotica del testo) nell’attuale Vat.
lat. 8484 dal benedettino siciliano dom Ignazio Rossi tra il 1828 e il
1829 per conto del cardinale Angelo Mai, il quale, secondo una tradizio-
ne cavense riferita dallo storico dell’abbazia Paul Guillaume, andò di per-
sona a ritirare l’esemplare 20; o, ancora, al codice della cosiddetta Biblia de
Oña (n. 45) che, prima di essere stato esposto nel 1940 alla Semana Bíbli-
ca Española di Saragozza, era stato portato a Roma forse su richiesta del
cardinale bibliotecario Francis Aidan Gasquet 21, senza contare, infine, i
due fogli arabo-latini di Sigüenza giunti alla Biblioteca Vaticana dopo il
primo decennio del secolo XX e le cui vicende verranno trattate in se-
guito (n. 47).
La tradizione
18 BERGER, Histoire de la Vulgate cit., pp. 384-85, e PÉREZ LLAMARES, El Gothicus (Legionensis),
in « Hidalguía », XVI/90 (1968), pp. 689-702: 693. Sul cardinale bibliotecario Antonio Carafa e
l’intenzione di Sisto V di metter mano a una nuova edizione della Bibbia v. J. BIGNAMI ODIER,
La Bibliothèque Vaticane de Sixte IV à Pie XI. Recherches sur l’histoire des collections de manuscrits,
avec la collaboration de J. RUYSSCHAERT, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
1973 (Studi e testi, 272), pp. 70-71.
19 BERGER, Histoire de la Vulgate cit., p. 13.
20 L’intera vicenda è ricostruita nella scheda del manoscritto a cura di P. CHERUBINI, in I
Vangeli dei Popoli. La Parola e l’immagine del Cristo nelle culture e nella storia. Catalogo della
mostra, Città del Vaticano – Palazzo della Cancelleria, 21 giugno – 10 dicembre 2000, a cura
di F. D’AIUTO, G. MORELLO, A. M. PIAZZONI, Città del Vaticano-Roma, Biblioteca Apostolica Vati-
cana-Edizioni Rinnovamento nello Spirito Santo, 2000, pp. 428-29 n. 126.
21 T. AYUSO MARAZUELA, La Biblia de Oña. Notable fragmento de un códice visigótico homogéneo
de la Biblia de San Isidoro de León. Estudio paleográfico crítico (seguido de un ensayo de clarificación
de los códices bíblicos españoles, Zaragoza, F. Martínez, 1945, pp. 7-8. Sul Gasquet: BIGNAMI
ODIER, La Bibliothèque cit., p. 261.
22 Della Biblia Sacra iuxta Latinam vulgatam versionem è stato pubblicato, da ultimo, il
volume XVIII, Libri I-II Macchabeorum, Roma, Libreria Editrice Vaticana, 1995.
114 PAOLO CHERUBINI
1962 23: 1) l’antica traduzione latina della Bibbia fu eseguita entro il II seco-
lo, forse in Africa o a Roma o in Gallia; essa non nacque come entità
unica né come fusione di più traduzioni, ma fu caratterizzata fin dall’inizio
da diversità, influssi molteplici e continui ricorsi alla versione greca; 2) la
costituzione di un canone biblico maturò attraverso il confronto continuo
con la Gnosi a partire dal II secolo; 3) la forma originaria della Bibbia
latina fu senza dubbio il codice e non il rotolo; mentre, poi, in ambito
greco si conobbe già nel IV secolo la Bibbia in unico volume, bisogna at-
tendere Cassiodoro per trovare l’analogo latino nel cosiddetto codex grandior
di cui parla lo stesso autore nelle Institutiones 24; 4) fino alla traduzione
eseguita da Girolamo tra il 383 e il 405 alcuni libri – in particolare Isaia,
Geremia, Ezechiele, Daniele, i Salmi, Giobbe, i Verba dierum, Tobia, Giuditta, Ester
– ebbero maggiore circolazione presso le comunità cristiane occidentali e
alcuni risultarono fin dai tempi più antichi raccolti in gruppi: il Pentateuco,
Giosuè + Giudici + Ruth, Samuele + Malachia, i Profeti minori, i Libri Salomonis,
i Vangeli.
D’altronde, comunità cristiane in Spagna sono attestate a partire dalla
fine del II – inizio del III secolo 25; ne fornisce notizie dettagliate Cipriano
nella Epistula 67 al clero di Spagna rivolta in particolare alle chiese di
Legio e di Asturia, ma in cui si citano anche quelle di Galizia, Lusitania e
Saragozza 26. Al concilio di Elvira (dei primi anni del 300) furono presenti,
poi, ben diciannove vescovi e ventiquattro presbiteri e il secolo IV vide
l’apporto determinante delle provincie spagnole alla vita ecclesiastica e alla
cultura di tutto il cristianesimo occidentale, cui diede anche un pontefice,
papa Damaso.
In una situazione di tale rigoglio culturale si colloca l’episodio di Lu-
cino betico, che indica la comunità cristiana spagnola tra le prime nel
procurarsi le versioni di san Girolamo. Lucino e la moglie Teodora furo-
no destinatari di due lettere del monaco di Betlemme: il primo, infatti,
aveva richiesto una copia della Vulgata e, in un periodo in cui in molte
parti del mondo romano i copisti professionali erano divenuti sempre più
23 FISCHER, Bibelausgaben des frühen Mittelalters, in La Bibbia nell’alto medioevo cit., pp. 519-
600, rist. in ID., Lateinische Bibelhandschriften im frühen Mittelalter, Freiburg, Herder, 1985 (Vetus
Latina, 11), pp. 35-100: 37 e seguenti.
24 Sebbene è possibile che a qualcosa di analogo si riferisca il protocollo di polizia con
cui, durante la persecuzione dioclezianea, il 19 maggio 303 vennero sequestrati nel territorio
africano di Citra 34 manoscritti biblici tra i quali un codice di grandi dimensioni: ibid., p. 38.
25 Se ne ha menzione nell’Adversus haereses di Ireneo (I, 10-12) e nell’Adversus Iudaeos (7)
di Tertulliano.
26 S. TASCI CAECILI CYPRIANI Opera omnia, recensuit et commentario critico instruxit G.
HARTEL, II. Epistulae, Wien, Libr. Accad., 1871 (Corpus Scriptorum ecclesiasticorum Latinorum,
III, 2), pp. 735-43; cfr. AYUSO MARAZUELA, La Vetus cit., p. 492 n. 285, e Clavis Patrum Latino-
rum cit., p. 14 n. 50.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 115
rari, ne aveva mandati ben sei in Palestina con il fine dichiarato di copiare
l’intera produzione letteraria di Girolamo 27. Con la prima delle due lettere,
del 398, costui lo informava di aver prestato la massima attenzione affin-
ché la copia richiesta procedesse in maniera corretta, ma non poteva ga-
rantire del tutto la riuscita poiché la grande affluenza di pellegrini durante
la Quaresima aveva creato notevoli disturbi all’attività dello scriptorium; lo
ragguagliava inoltre sulla sua reale produzione (non era vero che aveva
tradotto Giuseppe e i santi Papia e Policarpo, come a Lucino era stato
riferito, e di Origene e Didimo aveva tradotto solo pochi libri), sull’incari-
co dato ai copisti di copiare il canone Hebraicae veritatis con la sola eccezio-
ne dell’Ottateuco la cui traduzione era in corso in quel momento (Girolamo
non dubitava che Lucino possedesse il testo greco dei Settanta!) e sulla
preferenza da lui accordata al testo greco dei Vangeli 28. Evidentemente l’en-
27 SANCTI EUSEBII HIERONYMI Opera, I, II. Epistularum pars II: epistulae LXXI-CXX, recensuit
« ... Opuscula mea, quae non sui merito, sed bonitate tua desiderare te dicis, ad describendum
hominibus tuis dedi et descripta vidi in chartaceis codicibus ac frequenter admonui, ut confer-
rent diligentius et emendarent. Ego enim tanta volumina prae frequentia commeantium et pere-
grinorum turbis relegere non potui et, ut ipsi probavere praesentes, longo textus incommodo vix
diebus quadragesimae, quibus ipsi proficiscebantur, respirare coepi. Unde si paragrammata rep-
pereris vel minus aliqua descripta sunt, quae sensum legentis inpediant, non mihi debes inputa-
re, sed tuis et inperitiae notariorum librariorumque incuriae, qui scribunt non quod inveniunt,
sed quod intelligunt, et, dum alienos errores emendare nituntur, ostendunt suos. Porro Iosephi
libros et sanctorum Papiae et Polycarpi volumina falsus ad te rumor pertulit a me esse translata,
quia nec otii nec virium est tantas res eadem in alteram linguam exprimere venustate. Origenis
et Didymi pauca transtulimus volentes nostris ex parte ostendere, quid Graeca doctrina retineret.
Canonem Hebraicae veritatis excepto Octateucho, quem nunc in manibus habeo, pueris tuis et
notariis describendum dedi – septuaginta interpraetum editionem et te habere non dubito – et
ante annos plurimos diligentissime emendatum studiosis tradidi. Novum Testamentum Graecae
reddidi auctoritati. Ut enim veterum librorum fides de Habraeis voluminibus examinanda est,
ita novorum Graeci sermonis normam desiderat ». Sull’episodio, oltre a BOVER, La Vulgata cit.,
pp. 18-22, v. E. ARNS, La technique du livre d’après saint Jérôme, Paris, Boccard, 1953, pp. 60 e
171 (ediz. it. La tecnica del libro secondo san Girolamo, trad. e cura di P. CHERUBINI, Milano,
Edizioni Biblioteca Francescana, 2005, pp. 70 e 200). Su Lucinio e Teodora, la cui importanza
per la storia delle antiche comunità cristiane di Spagna è legata anche alle riflessioni di Girola-
mo sul valore del loro matrimonio, v. M. SOTOMAYOR Y MURO, La Iglesia en la España romana, in
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Historia de la Iglesia en España, dir. por R. CARCÍA VILLOSLADA, I. La Iglesia en la España romana y
visigoda (siglos I-VIII), Madrid, Biblioteca de autores cristianos, 1979, pp. 7-400: 290-91.
29 AYUSO MARAZUELA, La Vetus cit., p. 491 n. 280; ma questo Desiderio era a Roma,
quando gli scrisse Girolamo: cfr. ARNS, La technique cit., p. 171 (ed. it., p. 201). Si tenga però
presente la grande cautela con cui Berger trattò l’argomento, giustificata dal fatto che real-
mente non sappiamo di che Bibbia si trattasse né quale influsso ebbe la vicenda sulla tradizio-
ne successiva (BERGER, Histoire de la Vulgate cit., pp. 8-9).
30 CH. PIETRI, La Bible dans l’épigraphie de l’Occident latin, in Le monde latin antique cit.,
pp. 189-205: 191; abbastanza frequente il ricorso a Iob, 1, 21 o 19, 25-26. Citazioni bibliche
non s’incontrano solo nell’epigrafia funeraria, ma anche negli oggetti dell’uso quotidiano:
proprio in Spagna troviamo, ad esempio, un coccio inciso prima della cottura recante una
citazione da Ps 95 e una da Ps 105 (p. 198). Sempre nella Penisola iberica sembrerebbe
frequente il ricorso all’espressione famulus Dei che da Ios 8, 31 all’Epistola agli Ebrei rappresen-
terebbe la figura di Mosè, lo stesso titolo che Costantino si era dato con riferimento al ruolo
di Mosè come guida del popolo ebraico (pp. 204-05).
31 M. C. DÍAZ Y DÍAZ, Anecdota wisigothica, I. Estudios y ediciones de textos literarios menores de
zione, in quanto una verifica attenta effettuata da Zacarias García Villada aveva evidenziato –
giustamente, a suo giudizio – che ad esempio Act 14, 22 – 15, 7, presentava solo una variante
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 117
caratteristica rispetto al testo della Vulgata. Un maggior numero di citazioni dalla Vetus, piut-
tosto, gli sembravano persistere in lezionari (il Liber Commicus) e in testi letterari, ad esempio
in un epistolario contenuto in un codice del XIII secolo da lui rinvenuto nel Museo del
Collegio de Sarría; anche nelle opere dei grandi Padri spagnoli se ne troverebbero, perfino in
quelle di Isidoro di Siviglia e di Giuliano da Toledo (ibid. pp. 27-28).
34 M. BOGAERT, La version latine du livre de Judith dans la première Bible d’Alcalà, in « Revue
te una versione antegeronimiana delle Epistole di san Paolo e delle Epistole cattoliche (C. L. A.
IX, 1286a-b) oggi diviso in quattro parti tra il Clm 6230 (n. 37), il Clm 6436 (n. 38), il cod.
4° 928 della Universitätsbibliothek di München (n. 39) e il codice senza segnatura della
Stiftsbibliothek di Göttweig (n. 10).
36 C. DOUAIS, Une ancienne version latine de l’Ecclésiastique. Fragment publié par la première
Sulla base di quelli che Teofílo Ayuso Marazuela ha chiamato gli ele-
mentos extrabiblicos, a cominciare dall’ordine in cui vengono presentati i sin-
goli libri, è possibile individuare con una qualche precisione diverse ‘edi-
zioni’ spagnole. D’altronde, già prima di arrivare in Spagna, la Vulgata ave-
va conosciuto un suo primo ordo, cui si attengono quasi tutti i manoscritti
spagnoli, risalente alla prefazione di Girolamo ai libri dei Re (Prologus Ga-
leatus), che seguendo l’ordine ebraico divideva l’intera materia biblica in
ordo legis, o. prophetarum, o. hagiographorum, o. apocryphorum e o. Novi Testa-
menti. Ben presto su questa divisione generale s’innestarono, poi, altri ordi-
namenti. In particolare per quanto riguarda il Nuovo Testamento, quasi tutti
i manoscritti spagnoli seguirono l’ordine proposto da Isidoro: Vangeli, Epi-
stole di san Paolo, Lettere cattoliche, Atti e Apocalisse, con l’eccezione del Toleta-
nus (n. 27) che segue invece l’ordine gelasiano (e del Concilio di Cartagi-
ne) che è l’attuale, e della Bibbia di Rosas che fa gruppo a sé, ma non è
già più in visigotica 37.
Alcuni dei codici più importanti recano poi il Canone delle epistole di san
Paolo attribuito a Priscilliano. Secondo il Berger l’assidua presenza dell’ere-
siarca di Ávila nella tradizione biblica spagnola si accompagnerebbe quasi
sempre ad un testo caratterizzato da particolarità di marca ‘italiana’ e po-
trebbe quindi costituire il punto di passaggio tra testi del IV secolo prove-
nienti dall’Italia e ‘africani’ del V, un’ipotesi che sembra confermata dagli
studi più recenti 38. Il priscillianesimo fu certamente molto forte nella Peni-
sola iberica, ma qui fu anche strenuamente combattuto fin dalle sue prime
avvisaglie. Tra coloro che ne corressero le affermazioni è Pellegrino, un
personaggio per molti versi misterioso sul quale è opportuno soffermare
l’attenzione. Punto di partenza ed elemento principale per la sua conoscen-
za è il Prologo alle lettere di s. Paolo, in cui egli afferma di aver ripreso i
Canoni di Priscilliano e di averli corretti dall’eresia 39. Un altro breve Prologo
presente nell’Antico Testamento con incipit « Tres libros Salomonis », pur
presentandosi nei codici a nome di Pellegrino, con ogni probabilità va at-
essere quella di DE BRUYNE, Étude cit., cap. B; ma v. anche BOVER, La Vulgata cit., pp. 22-26,
AYUSO MARAZUELA, La Vetus cit., pp. 520-32 n. 343, FISCHER, Algunas observaciones cit., pp. 40-
47 e ID., Bibelausgaben cit., pp. 47-53.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 119
(p. 379) e termina così: « ... Ideo et de Graeco et de Hebraeo praefatiuncula utraque in hoc
libro praemissa est, quia nonnulla de Graeco ob inluminationem sensus et legentis aedificatio-
nem, vel inserta Hebraice translationi vel extrinsecus iuncta sunt. Et idcirco qui legis semper
Peregrini memento ». Cfr. anche BOVER, La Vulgata cit., p. 22-23, il quale menziona un’altra
‘sottoscrizione’ di Pellegrino, sfuggita a De Bruyne e agli altri studiosi che si occuparono
dell’editore spagnolo prima di lui: la sottoscrizione finale (segue l’Apocalisse) del Legionensis2
proveniente dalla Collegiata di San Isidoro (n. 16) « Et Peregrini f. o karissimi memento » che
proverebbe come l’antigrafo di questo codice fosse scritto da un Peregrinus. Il brano è riferito
anche da FISCHER, Bibelausgaben cit., p. 50. Un terzo Prologo (Quomodo de Graeco) posto all’ini-
zio dei Paralipomeni solo in pochi manoscritti spagnoli e non nei più antichi, pone problemi
ancora maggiori di autenticità. Per il Prologo a Baruch v. più avanti.
41 Di questa ipotesi non si mostrò pienamente convinto FISCHER, Bibelausgaben cit., il qua-
le osservò come non pochi manoscritti spagnoli non sono affatto influenzati da questa presun-
ta revisione peregriniana. Egli sospettò anche che Peregrinus fosse piuttosto uno pseudonimo.
42 Così riassunti da De Bruyne: Paralipomeni: « De Adam sequens generatio », Esdras: « Quo-
modo Cyrus rex », Job: « De Job et possessione eius », Romani: « Paulus vocatus fidem Romano-
rum », Epistola di san Giacomo: « Gaudendum in tentationibus » e Apocalisse: « Beatos esse qui
servaverint ». Per i Vangeli Pellegrino prese sommari preesistenti e che si ritrovano anche al di
fuori della Spagna mentre sussistono dubbi sulla paternità dei capitula al libro dei Maccabei.
43 Bonifatius Fischer (Bibelausgaben cit., p. 47 s.) ha osservato a questo proposito che alla
fine di un manoscritto irlandese dei Vangeli dell’800 circa (Dublin, Royal Irische Academy, D
II 13, ff. 1-11: C. L. A. II, 267, forse scritto a Tallaght, pochi km a Sud-Ovest della capitale
irlandese) si legge: « Finit. Amen. Rogo quicumque hunc librum legeris, ut memineris mei
peccatoris scriptoris, idest Sonid peregrinus. Amen. Sanus sit qui scripsit et cui scriptum est.
Amen », chiedendosi se in questo caso Peregrinus cui corrisponde l’ogamico Sonid debba essere
inteso come nome proprio e, in caso affermativo, se vada identificato con il vescovo spagnolo.
120 PAOLO CHERUBINI
mentale J. FONTAINE, Isidore de Seville et la culture classique dans l’Espagne wisigothique, I-II, Paris,
Études Augustiniennes, 1959, e III. Notes complementaires et supplément bibliographique, Paris 1983;
un breve profilo è in ID., La letteratura cristiana antica, Bologna, Il Mulino, 1973, 2ª ediz.
2000 (Universale Paperbaks, 356), pp. 147-50 (bibliografia a p. 191). Qualche cenno anche in
G. M. VIAN, Bibliotheca divina. Filologia e storia dei testi cristiani, Roma, Carocci, 2001, pp. 141-
44, dove però non è preso in esame il problema della edizione della Bibbia.
51 T. AYUSO MARAZUELA, Algunos problemas del texto biblico de Isidoro, in Isidoriana. Colleción de
estudios sobre Isidoro de Sevilla, publicados con ocasión del XIV Centenario de su nacimiento por
M. C. DÍAZ Y DÍAZ, bajo el patrocinio científico de las Facultades de Filosofía y Letras de las
Universidades de España, a costa y por la munificiencia de la Caja de Ahorros, 1961, pp. 143-91.
52 Cit. ibid., p. 145.
53 Cit. ibid., p. 153.
54 Nell’Epistula ad Marcellam si legge: « Beatus Pamphilus martyr, cuius vitam Eusebius
Caesariensis episcopus tribus ferme voluminibus explicavit, cum Demetrium Phalereum et Pisis-
tratum in sacrae bibliothecae studio vellet aequare ... » (Sancti Hieronymi epistulae, I, Epistulae I-
LXX, rec. I. HILBERG, Wien-Leipzig, F. Tempsky-G. Freitag, 1919 [Corpus Scriptorum ecclesias-
ticorum Latinorum, LIV], n. XXXIV, 1: pp. 259-260).
122 PAOLO CHERUBINI
quest’uso doveva essere abbastanza comune nella Spagna del VII secolo e
lo riscontriamo, ad esempio, nei versi con cui Eugenio da Toledo descrisse
la Bibbia di Giovanni da Saragozza († 631) 55. Accanto a questi dati va posto
il Prologo iniziale della prima Bibbia di Alcalà che inizia proprio con le
parole « Beati Isidori incipit praefatio totius bibliothece » (n. 35). Il codice è
dell’inizio del secolo X, forse di poco precedente, e una mano appena più
tarda ma ugualmente in visigotica ha aggiunto accanto alla versione di
Ruth che in questo caso segue il testo della Vetus: « Lector, si vis liquidius
storiam Ruth intelligere, in finem huius bibliothece inquire et plus quam
emendata repperies » 56.
L’uso del verbo compilare nella testimonianza pseudo-brauliana sta poi
ad indicare che Isidoro non si limitò a riunire in uno solo i singoli libri
biblici secondo un ordine stabilito, ma che vi aggiunse ulteriori elementi,
quali prologhi e sommari, fino allora distinti e dispersi. Fin dai tempi del
De Bruyne quest’insieme di testi extrabiblici del vescovo di Siviglia è stato
riconosciuto nel codice Toletano (n. 27), per questo considerato il più fede-
le alla tradizione isidoriana. Inoltre, dom Henri Quentin notò per primo
che quest’importante codice doveva necessariamente derivare da un mano-
scritto del VII secolo che senza dubbio era scritto in onciale. Ciò gli sem-
brava provato dal fatto che, dove il copista si mostrava molto negligente e
incorreva in omissioni d’interi brani (e ciò avviene di frequente), ci si ac-
corgeva che il numero di lettere omesse si avvicinava sempre ad un nume-
ro vicino a 15 o multipli di 15. Ciò significava che l’antigrafo del Toletano
(con ogni probabilità copiato a Siviglia) si presentava su colonne contenenti
ciascuna circa 15 lettere per rigo, il che poteva succedere a suo giudizio
solo in un codice scritto in un’onciale di formato medio-grande 57. Ayuso
Marazuela arrivò addirittura ad ipotizzare che tale codice fosse testimone
dell’edizione originale di Isidoro o comunque un discendente ad esso mol-
to vicino 58.
55 « Regula quos fidei commendat noscere libros / hos nostra praesens bibliotheca tenet. /
Quinque priora gerit veneranda volumina legis, / hinc Iosue Sophtimque, hinc Ruth Mohabi-
tica gesta; / bis bini Regum nectuntur in ordine libri / atque bis octoni concurrunt inde
[Pro]phetae; / en Job, Psalterium, Salomon et Verba dierum. / Esdrae consequitur, Esther,
Sapientia Iesu, / Tobi et Iudith: concludit haec Macchabeorum. / Hic Testamenti Veteris finis-
que modusque ... » (Monumenta Germaniae Historica, Auctores, XIV. Fl. Merobaudis reliquiae, Blossii
Aemilii Dracontii carmina, Eugenii Toletani episcopi carmina et epistulae, cum appendicula carminum
spuriorum, ed. F. VOLLMER, Berlin, Weidmann, 1905, pp. 238-39). Cfr. anche P. PETITMENGIN,
Les plus anciens manuscrits de la Bible latine, in Le monde latin antique cit., pp. 89-127: 94.
56 F. 80v col. A.
57 H. QUENTIN, Mémoire sur l’établissement du texte de la Vulgate, I. Octateuque, Roma - Paris,
Gabalda - Desclée, 1922 (Collectanea Biblica Latina, 6), p. 317; AYUSO MARAZUELA, Algunos pro-
blemas cit., p. 167.
58 Ibid., p. 171.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 123
59 Teodulfo conserva anche il prologo generale di Isidoro Vetus Testamentum ideo dicitur
dal titolo Beati Isidori praefatio totius bibliothecae identico ad Etym. VI, 1, che manca invece nel
Toletano mutilo purtroppo della parte iniziale (DE BRUYNE, Étude cit., p. 377).
60 Per questi prologhi cfr. Biblia Sacra iuxta Latinam vulgatam versionem, XVII. Duodecim
prophetae, Roma, Libreria Editrice Vaticana, 1987, in particolare pp. XXXIII e 40-46. Per AYUSO
MARAZUELA, Algunos problemas cit., p. 178, è interessante soprattutto quello che inizia con le
parole Temporibus Ozie, che De Bruyne aveva pubblicato come pseudo-geronimiano, ma che in
realtà coinciderebbe in larga parte con Etym., VII, 8, 10 ss. e sembrerebbe quindi scritto
appositamente per la Bibbia isidoriana. Ma questo è solo in parte esatto.
61 Vedi sopra, nota 11.
62 « Psalmorum librum duarum translationum conpingere malui, sive ut Septuaginta inter-
della Bibbia di Ripoll 63 esso inizia con le parole « Isidorus lectori salutem »,
un’attribuzione che troverebbe conferma, per Ayuso Marazuela, nell’analisi
interna del testo stesso, dove Isidoro è particolarmente vicino a Girolamo e
mostra inoltre di conoscere assai bene la funzione di lemnisco, asterisco e
antigrafo 64. D’altro canto, l’esistenza di doppi Salteri non è infrequente in
codici del VII secolo né tanto meno in quelli dell’VIII; a partire dal IX
poi i manoscritti biblici contenenti più di una serie di Salmi, talvolta tre o
quattro e perfino cinque serie, diventano numerosi. La difficoltà non è
agilmente superabile perché, nonostante il Prologo in questione, non è faci-
le identificare i due Salteri isidoriani. Possiamo immaginare allora che, ac-
canto a quello espressamente attribuito a Girolamo, comparisse il Salterio
mozarabico (cui si riferirebbero le parole « quartam psalterii translationem
edidit » dell’Adbreviatio), quello cioè che, a differenza del primo, era pene-
trato nella liturgia e quindi nell’uso corrente, e che s’incontra di norma
nei codici liturgici 65. Ed è esattamente ciò che avviene nel Cavense, sebbene
in questo manoscritto i due Salteri non figurino appaiati come ci si aspette-
rebbe, ma uno all’interno e uno alla fine dell’intera Bibbia 66.
Ma è tutto l’insieme della riflessione isidoriana sulla Bibbia a costitu-
ire il fondamento della tradizione biblica spagnola. Così, ad esempio,
Alvaro di Cordova, scrittore del IX secolo e martire delle persecuzioni
islamiche insieme al concittadino Eulogio, quando descrive nei Versi in
biblioteca Leobegildi quella che va forse identificata con la raccolta toleda-
antico commento al Genesi in visigotica giunto fino a noi, che di Isidoro utilizza tra l’altro il
medesimo termine intexuimus per indicare la collazione di opinoni diverse dei Padri: M. GOR-
MAN, The Visigothic Commentary on Genesis in Autun 27 (S. 29), in Recherches augustiniennes, 30,
Paris, Institut d’Études Augustiniennes, 1997, pp. 167-277.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 125
I MANOSCRITTI
in due epoche, la prima delle quali è divisa in una fase, del testo pre-recensionale, a sua
volta ulteriormente ripartita in periodo ibero-romano e periodo visigotico, e una seconda fase,
quella del testo recensionale; ma questa partizione ha il difetto di non trovare riscontro nella
tradizione manoscritta, che, ad esempio, è del tutto inesistente per il periodo ibero-romano
(BOVER, La Vulgata cit.).
69 ROBINSON, Manuscripts 27 (S. 29) and 107 (S. 129) of the Municipal Library of Autun. A
Study of Spanish Half-Uncial and Early Visigothic Minuscule and Cursive Scripts, New York, Amer-
ican Academy in Rome, 1939 (Memoirs of the American Academy in Rome, XVI), pp. 18-19.
70 CH. U. CLARK, Collectanea Hispanica, Paris, Librairie Ancienne Honoré Champion, 1920
(= « Transactions of the Connecticut Academy of Arts and Sciences », XX, 1920, pp. 1-243),
pp. 108-09.
126 PAOLO CHERUBINI
71 FISCHER, Bibelausgaben cit., p. 70, PETITMENGIN, Les plus anciens manuscrits cit., p. 93, e
guo, in questo senso, anche FISCHER, Bibelausgabe, p. 70. Naturalmente ciò non contraddice il
fatto che spesso in Spagna fin dai tempi più antichi furono copiate Bibbie in uno o talora in
due volumi: T. AYUSO MARAZUELA, La Biblia de San Juan de la Peña. El más importante códice
bíblico de Aragón, in « Universidad », XXII (1945), pp. 1-50: 10.
73 J. GRIBOMONT, Cassiodore et la trasmission de l’héritage biblique antique, in Le monde latin
Illiria (Paris. Nouv. Acq. lat. 2334; C. L. A. V, 693a) 76. Il primo a propendere
per un’origine spagnola, cui riconducevano aspetti decorativi come la vivaci-
tà dei colori, che ricorda molto da vicino la Bibbia di San Isidoro di León
(n. 16) e i codici di Beato da Liébana, e fenomeni ortografici come il ricor-
rente betacismo o l’uso per ben due volte di vincerna per pincerna (= ‘cop-
piere’) secondo una grafia tipicamente spagnola, fu Berger il quale pensò
alla regione meridionale, a più stretto contatto con l’Africa. Anche la presen-
za della nota « contuli ut potui » o « contuli quantum mihi Dominus opitula-
tus est » posta da una mano di poco posteriore a quella che verga il testo
accanto ad alcune correzioni ricorda analogo uso che si riscontra nel codice
dell’Escorial contenente il De baptismo contra Donatistas di s. Agostino 77.
Anche Bover insistette su questa localizzazione, in un primo momento
addirittura identificandone senz’altro lo scriptorium nel monastero Servitano
nei pressi della città di Valencia 78; più tardi tornò con maggiore prudenza
sull’argomento, che nel frattempo aveva visto Quentin dichiararsi a favore
di un’origine africana considerandolo però alla base di un tipo spagnolo,
colpito in particolare dalla presenza, nelle illustrazioni, di cammelli dise-
gnati con tratti molto realistici che sembrava più verosimile collocare in
ambiente africano che europeo 79. Bover credette di trovare la chiave di
76 Vedi la voce di B. NARKISS, in Enciclopedia dell’Arte Medievale, II, Roma, Istituto dell’En-
ciclopedia Italiana, 1991, pp. 582-84 con bibliografia. Da ultima Dorothy Hoogland Verkerk
(Biblical manuscripts in Rom 400-700 and the Ashburnham Pentateuch, in Imaging the Early Medi-
eval Bible, edit. by J. WILLIAMS, University Park PA, Pennsylvania State University Press, 1999,
pp. 97-120) ne ha suggerito una possibile origine romana.
77 BERGER, Histoire de la Vulgate cit., p. 12. È opportuno ricordare che l’uso della nota
contuli – caratteristica della filologia cristana tardo antica – scompare del tutto proprio con il
VII secolo; cfr. P. PETITMENGIN, Que signifie la souscription “contuli”?, in Les lettres de Saint Augus-
tin découvertes par Johannes Divijak. Communications présentées au colloque du 20 et 21 Septembre
1982, Paris, Études Augustiniennes, 1983, pp. 365-74: 371: « Les exemples les plus récents
datent, sauf erreur, du VIIe siècle; ensuite cet usage se perd »; per la presenza della nota nel
codice di Agostino: pp. 370 nota 21, e 371 nota 27. A questi elementi mi pare debba ag-
giungersi l’uso tipicamente spagnolo di riportare il nome ebraico traslitterato dei libri biblici
accanto a quello latino, un uso che si osserva tanto nel Cavense quanto in alcune delle Bibbie
di Teodulfo: CHERUBINI, La Bibbia di Danila cit., p. 122.
78 BOVER, La Vulgata cit., p. 33-34. Ma le sue affermazioni sono spesso arbitrarie, come
quando sostiene una datazione al V secolo o la possibilità che il Turonense possa essere copia
diretta dei codici inviati da Girolamo a Lucino betico dopo il 404. Ancora troppo alta è
anche la datazione di Z. GARCÍA VILLADA, Paleografía española, precedida de una introducción sobre
paleografía latina, Madrid, Junta para ampliación de estudios y investigaciones cientifícas. Cen-
tro de estudios historicos, 1923, p. 14, per il quale anche il Pentateuco è certamente spagnolo.
79 QUENTIN, Mémoire cit., pp. 414-32; ma vedi anche W. NEUSS, Die Katalanische Bibelillus-
tration um die Wende der ersten Jahrtausends und die altspanische Buchmalerei, Bonn und Leipzig,
Kurt Schroeder, 1922 (Veröffentlichungen des romanischen Auslandsinstituts der rheinischen
Friedrich Wilhelms-Universität Bonn, 3), p. 74, e P. BOHIGAS, La ilustración y la decoración del
libro manuscrito en Cataluña; contribución al estudio de la historia de la miniatura catalana. Periodo
románico, 2a ediz., Barcelona, Asociación de Bibliópolas de Barcelona, 1960, pp. 17-35.
128 PAOLO CHERUBINI
lettura per chiarire la provenienza del codice turonense in una notizia trat-
ta dal IV capitolo del De viris illustribus di Ildefonso da Toledo e conferma-
ta sia da Juan de Biclaro nel Chronicon sia da Isidoro nel De viris illustribus.
Vi si afferma che il monaco Donato, preoccupato dalle continue violenze
dei barbari, con settanta monaci e una gran quantità di libri fuggì dal-
l’Africa tra il 560 e il 570 e approdò in Spagna dove fu accolto da Mini-
cea, il cui aiuto gli consentì di fondare, nel 571, il monastero Servitano in
cui ebbe tra gli allievi il visigoto Eutropio di Valencia e in cui morì solo
pochi anni più tardi, nel 584 80. È facile immaginare che tra i codici portati
con sé dal gruppo di monaci africani non mancasse la Bibbia. Il Bover, che
riteneva il Pentateuco della fine del VI – inizio del VII secolo, ipotizzava
che esso fosse da identificare con uno di tali codici provenienti dall’Africa
e per questo esso sarebbe all’origine della tradizione spagnola. Ma anche
se, come sembra, il manoscritto è successivo al 570, esso può ugualmente
essere assegnato all’attività di copia del gruppo di monaci africani, avvenu-
ta però questa volta su suolo iberico dopo la loro fuga 81.
Prima di chiudere la rassegna di manoscritti in onciale e semionciale, va
fatto cenno a un codice oggi perduto, presumibilmente in onciale o semion-
ciale del VII secolo e forse a tre colonne, che nella seconda metà del XVI
secolo l’erudito spagnolo Ambrosio de Morales ebbe modo di consultare ad
Oviedo e di descrivere molto succintamente nelle sue memorie di viaggio 82;
c’è da chiedersi se questa Bibbia non possa essere identificata con quella
Bibbia « spalitanam, quam beatus Isidorus manu sua ferunt scripsisse manu
quadra » donata da Alfonso III alla cattedrale di Oviedo il 10 agosto 908 83.
brano di Ildefonso, riportato da Bover da Patrologiae cursus completus, seu Bibliotheca universalis,
integra, uniformis, commoda, oeconomica omnium ss. Patrum, Doctorum scriptorumque ecclesiasticorum,
sive Latinorum, sive Graecorum ... Series Latina, in qua prodeunt Patres, Doctores scriptoresque Ecclesiae
Latinae a Tertulliano ad Innocentium III, accurante J.-P. MIGNE, Paris, J.-P. Migne, 1844-1864,
XCLI, 200, è il seguente: « Donatus, ex professione et opere monachus, cuiusdam eremitae
fertur in Africa exstitisse discipulus. Hic violentias barbararum gentium imminere conspiciens,
atque ovilis dissipationem et gregis monachorum pericula pertimescens, ferme cum septuagin-
ta monachis copiosisque librorum codicibus navali vehiculo in Hispaniam commeavit. Cui ab
illustri religiosaque femina Minicea, subsidiis ac rerum opibus ministratis, Sirvitanum monaste-
rium visus est construxisse ». È citato anche in FONTAINE, Isidore de Seville cit., II, pp. 855-56 e,
sulla base di quest’ultimo, anche in M. B. PARKES, Pause and Effect. An Introduction to the History
of Punctuation in the West, Aldershot, Scolar Press, 1993, p. 21 e nota 13, proprio per provare
i contatti tra Africa e Spagna meridionale.
81 Si tenga presenta che l’ipotesi dell’origine spagnola non è stata abbandonata del tutto:
p. 130.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 129
Codici in visigotica
dios Riojanos, 1979, 2a ediz. 1991, p. 116 (Biblioteca de Temas Riojanos), p. 224.
85 E. A. LOWE, Studia palaeographica. A Contribution to the History of Early Latin Minuscule
and to the Dating of Visigothic Manuscripts, Munich, Königlich bayerische Akademie der Wissen-
schaften, 1910 (Sitzungsberichte der königlich bayerischen Akademie der Wissenschaften. Phi-
losophisch-Philologische und historische Klasse, 12), rist. in ID., Palaeographical Papers, 1907-
1965, edit. by L. BIELER, Oxford, Clarendon Press, 1972, I, pp. 2-65 e tavv. 1-7; sulla difficol-
tà di datare i manoscritti in visigotica v. ora S. GARCÍA LARRAGUETA, Consideraciones sobre la
datación de códices en escritura visigótica, in Actas del VIII coloquio del Comité Internacional de
Paleográfia latina. Madrid-Toledo, 29 setiembre-1 octubre 1987, Madrid, Joyas bibliográficas, 1990
(Estudios y ensayos, VI), pp. 51-58.
86 CCV (v. nota 139), pp. 204-06 n. 344, cui si aggiunga ora M. C. DÍAZ Y DÍAZ, Conside-
raciones sobre el oracional visigótico de Verona, in Petrarca, Verona e l’Europa. Atti del Convegno
internazionale di studi (Verona, 19-23 settembre 1991), a cura di G. BILLANOVICH e G. FRASSO,
Padova, Antenore, 1997 (Studi sul Petrarca, 26), pp. 13-29, con la proposta di localizzazione
al Nord-Est, forse ancora a Saragozza.
130 PAOLO CHERUBINI
in Castiglia (n. 31) 87. I codici biblici più antichi, databili tra la fine dello
VIII e l’inizio del IX secolo, provengono – secondo le ipotesi più convin-
centi – da due zone della Spagna, l’Andalusia e il regno delle Asturie: da
Cordova (più difficile da Toledo) i frammenti di Lucca e New York (nn.
22 + 40), da Oviedo il codice di Cava (n. 4). Il fenomeno s’inquadra in un
momento politico segnato dall’arrivo nel Nord (Asturie e León) di cristiani
mozarabi fuggiaschi dinanzi alla conquista islamica, in particolare dall’anti-
ca capitale del regno visigotico: fin dall’inizio dell’invasione araba la regio-
ne asturiana costituisce il più importante luogo d’influenza dei manoscritti
provenienti da Toledo, seguita da León che accoglie a sua volta durante il
IX secolo e parte del X le grandi migrazioni monastiche meridionali; in
effetti, la produzione manoscritta d’area iberica, fatta eccezione per le la-
stre di ardesia provenienti dalla regione di Salamanca 88, conosce all’incirca
tra il 725 e il 775 un vuoto di documentazione, che riprende dopo que-
st’ultima data proprio con i manoscritti asturiani 89.
L’enorme importanza del Cavense fu riconosciuta prima di tutti da Ber-
ger. La sua origine asturiana è oggi un elemento acquisito, insieme alla
sua datazione al primo decennio del secolo IX, in particolare da quando
essa è stata identificata con la Bibbia citata nell’inventario di dotazione del-
la chiesa cattedrale d’Oviedo, dell’812, e da quando, altresì, è stato chiarito
meglio il suo rapporto con le Bibbie di Teodulfo d’Orléans 90. La regione di
Oviedo – con il vicino monastero di S. Martino, fondato a Liébana da san
Toribio e illuminato dalle figure di Beato ed Eterio proprio durante il
regno di Alfonso II il Casto (788-842) – conosce nel corso del IX secolo
un momento di grande affermazione politica e culturale che culmina nel
regno del terzo Alfonso, detto il Grande (866-908). In questo periodo è
possibile riconoscere i manoscritti della biblioteca reale per la presenza della
croce di Oviedo (detta anche ‘croce degli angeli’ ad imitazione di quella
conservata nel tesoro della cattedrale), una croce greca a bracci espansi con
siècle, in « Cahiers de civilisation médiévale. Xe-XIIe siècles », XII (1969), pp. 219-41 e 383-92:
231. Ma vedi anche MUNDÓ, Notas para una historia cit., pp. 181 ss. D’altronde è in questo
stesso periodo che esuli spagnoli fuggono nelle regioni meridionali della Francia e poi sem-
pre più a Nord fino a giungere a Chelles e a Corbie: J. FONTAINE, Mozarabie hispanique et
monde carolingien (Les échanges culturels entre la France et l’Espagne du VIIIe au Xe siècle), in
« Anuario de estudios medievales », XIII (1983), pp. 17-46: 30.
90 Per tutti questo aspetti v. ora CHERUBINI, La Bibbia di Danila cit., pp. 121-24.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 131
91 B. BISCHOFF, Kreuz und Buch im Frühmittelalter und in den ersten Jahrhunderten der spani-
schen Reconquista. Mit einer Abbildung, in Bibliotheca docet. Festgabe für Carl Wehner, Amsterdam,
Verlag der Erasmus-Buchhandlung, 1963, pp. 16-34, rist. in ID., Mittelalterliche Studien.
Ausgewählte Aufsätze zur Schriftkunde und Literaturgeschichte, II, Stuttgart, A. Hiersemann, 1967,
pp. 284-303.
92 CHERUBINI, La Bibbia di Danila cit., p. 107.
93 Vedi il testo relativo alla nota 2.
94 Cfr. G. FINK, Remarques sur quelques manuscrits en ecriture « wisigothique », in « Hispania
96 J. N. HILLGART, Visigothic Spain and Early Christian Ireland, in « Proceedings of the Royal
quelques fragments, in « Revue bénédictine », n. s., XCVI (1986), pp. 100-05: 104-05.
99 BERGER, Histoire de la Vulgate cit., pp. 12 ss. Egli metteva in evidenza, tra l’altro la
presenza frequente delle ‘edere’ usate come segni di punteggiatura negli incipit, secondo un
uso tardoantico.
100 La rassegna che segue non fa che confermare quanto esposto, sulla base dell’esame
di codici biblici non solo in visigotica ma anche in carolina, dallo stesso Berger a proposito
della tradizione testuale sulle Bibbie nei capitoli su ‘Regno di León e alta valle dell’Ebro’ e
‘Castiglia e Catalogna’ (ibid., pp. 16-25), nonché da Bover nel capitolo dedicato alle ‘affinità e
raggruppamenti dei codici spagnoli’ (BOVER, La Vulgata cit.).
101 Sulla produzione manoscritta, non soltanto biblica, a Cardeña v. F. J. PÉREZ DE URBEL,
Cardeña y sus escribas durante la primera mitad del siglo X, in Bivium. Homenaje a Manuel Cecílio
Díaz y Díaz, Madrid, Gredos, 1983, pp. 217-37. Per i monasteri della Rioja v. DÍAZ Y DÍAZ,
Libros y Librerías citato.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 133
103 V. SAXER, Bible et liturgie, in Le monde latin antique cit., pp. 157-83: 171.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 135
ijdioVgrafoò eijò Dauid kaiV ejxV wqen tou` ajriqmou`: o{te ejmonomavchsen t² Golivad
reso poi in latino con Hic psalmus proprie scriptus a David et extra numerum
cum pugnavit cum Goliad 104. Ps 151, però, manca quasi sempre nei Salteri
latini mentre si presenta con regolarità alla fine di quelli mozarabi dei
manoscritti in visigotica a partire dal Cavense.
Del tutto particolare è anche il problema della suddivisione per gruppi
dei Salteri mozarabi, per lo più in cinque libri secondo un ordine che si
vuol far risalire ad Isidoro, e la loro divisione interna, evidentemente lega-
ta all’uso liturgico. Va detto innanzi tutto che per lo più sono i salmi dei
codici monastici ad essere raggruppati, non quelli per l’ufficio della catte-
drale che spesso anzi sono anche incompleti, e che essi sono di solito
accompagnati dai Cantica e qualche volta da inni. In secondo luogo, la
partizione dei Salteri e il numero di salmi suddivisi al loro interno non
sono quasi mai uguali da un manoscritto all’altro: l’Escor. a. III. 5 attribuito
alla monaca Leodegundia, ad esempio (n. 7), è diviso in cinque libri ed
esegue partizioni all’interno di un numero molto elevato di salmi (43), dei
quali dodici in tre ed uno in ben quattro parti 105; l’Add. 30851 (n. 21), che
è pure un salterio monastico, ugualmente in cinque libri 106; il ms. 1006 B
dell’Archivo Histórico Nacional di Madrid (n. 24), forse proveniente da
una chiesa secolare, divide solo sette salmi, dei quali tre in tre porzioni e
diciassette solo in due 107; l’Aemil. 64ter (n. 33) e il cod. 10001 della Biblio-
teca Nacional di Madrid (n. 30) che sono di nuovo salteri monastici, sono
entrambi divisi in cinque libri e il primo divide ventisei salmi 108.
L’origine dei Cantica è anch’essa molto antica e la sua presenza nei
manoscritti in visigotica sta a provare, ancora una volta, la forte resistenza
alle innovazioni da parte della Chiesa spagnola e il suo debito consistente
104 P.-M. BOGAERT, L’ancienne numérotation africaine des psaumes et la signature davidique du
Psautier (Ps 151), in « Revue bénédictine », n. s., XCVII (1987), pp. 153-62, la citazione del
titolo, greco e latino, a p. 160. Per quanto riguarda gli accenni fatti in precedenza circa le
relazioni tra comunità della Spagna settentrionale e comunità irlandesi, si noti a questo pro-
posito che una breve glossa al salmo 151 compare nel codice irlandese Pal. lat. 68 della
Biblioteca Apostolica Vaticana: M. MCNAMARA, Glossa in Psalmos. The Hiberno-Latin Gloss on the
Psalms of Codex Palatinus Latinus 68 (Psalmus 39: 11 - 151: 7), Città del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana, 1986 (Studi e testi, 310), pp. 310-11.
105 W. M. WHITEHILL, A Catalogue of Mozarabic Liturgical Manuscripts containing the Psalter
and Liber canticorum, in « Jahrbuch für Liturgiewissenschaft », XIV (1934), pp. 95-122: 121-22;
L. BROU, Études sur le Missel et le Bréviaire « Mozarabes » imprimés, in « Hispania Sacra », XI
(1958), pp. 349-98; a f. 134v presenta Ps 151.
106 WHITEHILL, A Catalogue cit., pp. 100-02; per l’identificazione monastica: BROU, Études
pp. 358, 371e 360-64. È monastico anche il ms. Smith Lesouëf della Bibliothèque Nationale de
France a Paris (n. 43): ibid., p. 358.
136 PAOLO CHERUBINI
109 Sull’intera questione v. C. ESTIN, Les traductions du Psautier, in Le monde latin antique
flores martirum ... » 112. Quest’ultimo svela la sua natura monastica, con la
classica scansione delle ‘ore’, proprio nell’Innario, dove, in una quindicina
di pagine troviamo in successione un « Ymnus de duodecima », un « Ymnus
ante completa », « Ymni de prima vigilia », un « Ymnus ad quietem » e alcu-
ni « Ymni de media nocte » 113.
Dal punto di vista codicologico un numero non indifferente di mano-
scritti biblici spagnoli in visigotica ha in comune alcuni elementi che ne
segnalano la particolarità rispetto a quelli di altre aree geografiche: la di-
sposizione del testo a tre colonne (in un caso perfino a quattro 114), la pre-
senza di un albero genealogico, in cui è esposta la discendenza da Adamo
a Cristo, e la testimonianza di un’intensa attività di lettura, di studio e di
uso liturgico sotto forma di frequentissime note marginali; a questi si ag-
giungano ancora, dal punto di vista testuale, antichissimi ‘strumenti di con-
sultazione’ di alcuni libri del Nuovo Testamento che sono presenti solo
nella tradizione biblica d’area iberica.
Sulla disposizione a tre colonne (tav. 13) mi sono soffermato a pro-
posito della Bibbia di Danila. In essa mi è sembrato di riconoscere un
modello di codice orientale simile alle prime Bibbie greche dove questo
tipo d’organizzazione dello scritto è stato messo in rapporto « con l’esi-
genza di ritrovare più rapidamente – grazie ad un’impaginazione a più
colonne relativamente strette – i passi della Scrittura » 115; in quel caso
avevo notato qualche affinità anche nelle dimensioni del Cavense con
codici purpurei tardoantichi d’area greco-bizantina, più vicini di quelli
coevi d’ambito latino ad un formato tendente al quadrato piuttosto che
al rettangolo 116. L’impaginazione a tre colonne, molto rara nella produ-
zione manoscritta carolingia e romanica, è adottata in dodici dei trenta
codici biblici in visigotica qui elencati nel Catalogo. Per comodità ho rias-
sunto nello schema seguente, organizzato secondo un ordine cronologi-
co, gli elementi essenziali per analizzare compiutamente il fenomeno: il
nostro discorso.
115 CHERUBINI, La Bibbia di Danila cit., pp. 110-11. La citazione è da E. CRISCI, in I
Vangeli dei Popoli cit., pp. 122-124 scheda del Codex Vaticanus: 123.
116 Ibid., p. 108, dove avevo verificato una media di mm 300/330 × 250/270 per i greci
(molto vicina alle misure del Cavense: mm 320 × 260), a fronte di mm 260/280 × 200/220 per
i latini. Altra peculiarità che avvicina il manoscritto di Danila a quelli di lusso, tardoantichi
ma anche quelli carolingi, è l’uso della crisografia e in generale di inchiostri di diversa
colorazione; su tutto ciò ha richiamato l’attenzione per primo A. PETRUCCI, Aspetti simbolici delle
testimonianze scritte, in Simboli e simbologia nell’Alto Medioevo. 3-9 aprile 1975, II, Spoleto, CI-
SAM, 1976 (Settimane di studio del CISAM, XXIII), pp. 813-44: 837-38.
138 PAOLO CHERUBINI
117 Per i concetti di ‘proporzione’ e ‘taglia’ v., da ultimo M. MANIACI, Archeologia del mano-
scritto. Metodi, problemi, bibliografia recente, con contributi di C. FEDERICI e di E. ORNATO, Roma,
Viella, 2002 (I libri di Viella, 34), pp. 104-107. Ovviamente, nei casi di misure oscillanti (ad
esempio per i frammenti) per ottenere i due dati si sono prese in considerazione le misure
maggiori.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 139
colonne non di contenuto biblico; si tratta, peraltro, di dati alla cui esat-
tezza, più ancora che alle semplici misure, non conviene dare troppo af-
fidamento 118. Molto in generale, e indipendentemente dalla grandezza
assoluta, si può forse ipotizzare una tendenza a passare da un formato un
po’ più tendente al quadrato – dallo 0,833 allo 0,710 nel periodo tra la
fine dell’VIII secolo e l’inizio del IX – ad uno leggermente più rettango-
lare: dallo 0,744 allo 0,597 per il periodo che va dal pieno IX ai primi
decenni del XII secolo.
Il dato va, però, interpretato. Le indagini più recenti nel campo della
codicologia quantitativa sono arrivate, in proposito, alle seguenti conclu-
sioni: « L’impaginazione a due colonne, che riduce drasticamente la lun-
ghezza delle righe [rispetto a quella ad una sola colonna] – e di conseguen-
za lo sforzo visivo e intellettuale che il lettore compie nel percorrerle –
costituisce precisamente un dispositivo inteso a minimizzare per quanto
possibile la perdita di rendimento dovuta all’applicazione del principio di
proporzionalità ... la percentuale dei volumi a due colonne aumenta signi-
ficativamente con il crescere delle dimensioni. Attestato fin dalla tarda
antichità, il passaggio all’impaginazione a due colonne era praticato pro-
babilmente – e sicuramente a partire dal IX secolo – al fine di agevolare
la lettura in àmbito sia occidentale che bizantino » 119. Esse non tengono
però conto del fenomeno spagnolo, che sfugge del tutto ad una descri-
zione di tal genere. Innanzi tutto, come si è visto, l’impaginazione a tre
colonne non succede a quella a due, né quest’ultima a quella a pagina
piena. Premesso, infatti, che non si conoscono Bibbie in visigotica – ma
non mi sembra neppure in altre scritture – ad una sola colonna, gli un-
dici manoscritti biblici a due colonne in visigotica, a partire almeno dai
secoli IX-X, sono divisi in quantità più o meno simili nelle medesime
fasce cronologiche di quelli a tre colonne, come si vede dallo schema
seguente 120:
118 Sulla difficoltà di raggiungere la precisione nella misura dei manoscritti valgano le
osservazioni in M. MANIACI, Ricette di costruzione della pagina nei manoscritti greci e latini, in
« Scriptorium », XLIX (1995), pp. 16-41.
119 Ibid., p. 112, che riassume nella sostanza le affermazioni di C. BOZZOLO, D. COQ, D.
MUZERELLE e E. ORNATO, Noir et blanc. Premiers résultats d’une enquête sur la mise en page dans le
livre médiéval, in Il libro e il testo. Atti del convegno internazionale (Urbino, 20-23 settembre
1982), a cura di C. QUESTA e R. RAFFAELLI, Urbino, Università degli Studi, 1984, pp. 197-221,
rist. in La face cachée du livre médiéval. L’histoire du livre vue par Ezio Ornato, ses amis et ses
collègues, Roma, Viella, 1997 (I libri di Viella, 10), pp. 473-508.
120 Sebbene riportato nello schema al primo posto, non ho preso in considerazione il
codice n. 42 + 50 dell’VIII-IX secolo, che, essendo stato scritto a Tolosa, appartiene a una
regione che in questo periodo è già culturalmente franca.
140 PAOLO CHERUBINI
121 La questione è riassunta ora in G. MENCI, L’impaginazione nel rotolo e nel codice: alcune
note, in Akten des 21. Internationalen Papyrologenkongresses (Berlin, 13-18.8.1995), hrsg. B. KRANER,
W. LUPPE, H. MÄHLER und G. PÖTHKE, Leipzig 1997 (= « Archiv für Papyrusforschung », III,
1997), pp. 682-90: 683-84.
122 Rispettivamente CCV (citazione alla nota 139): n. 53, Isidorus, Etymologiae e altri, da
Palencia (tra León e Burgos, oggi in Castiglia), dell’VIII-IX secolo; n. 211, Libri de viris illus-
tribus, da Cordova, del IX; n. 212, [Isidorus Pacensis], Chronicon, da Burgo de Osma (Casti-
glia) del X; n. 95, Gregorius Magnus, Moralia in Iob, senza localizzazione, del 951; n. 180,
Glossarium, ugualmente senza localizzazione, del X secolo; n. 39, Liber homiliarum, da Valeráni-
ca, del X; n. 168, Collectio canonum Hispanica, da Toledo del 1034; n. 51, ugualmente una
Collectio canonum Hispanica, senza localizzazione, del X-XI secolo.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 141
to, a questo punto, immaginare che l’impaginazione a tre colonne sia stret-
tamente legata, in Spagna a partire dai secoli VIII-IX, alla produzione del-
la Bibbia completa e ad una scelta di stile determinata dai modelli seguiti
e, attraverso di questi, alla necessità di risolvere il problema del reperimen-
to di brani, piuttosto che quello di un maggiore rendimento della pagina.
Ciò avviene, a mio giudizio, nell’imitazione di codici che ripetevano un
modello biblico orientale a più colonne, il quale tentava a sua volta di
riprodurre quella ‘circolarità’ del rotolo che derivava dalla sua mancanza di
scansione in pagine, e sembrerebbe dimostrato, come avevo ipotizzato già
alcuni anni or sono, dalla totale autonomia delle colonne rispetto all’impa-
ginazione complessiva, un’autonomia accentuata in particolare dalla loro
assoluta indipendenza nella successione dello scritto, che non è mai inter-
rotto da titoli e motivi decorativi intersecanti l’intero spazio scrittorio (come
avviene invece nei pochi esempi carolingi a tre colonne quali, ad esempio,
il Salterio di Utrecht), con la sola eccezione delle carte occupate da stauro-
grammi disegnati a piena pagina 123.
Il secondo elemento che caratterizza alcune Bibbie in visigotica (ma an-
che altre d’area iberica del secolo XII scritte in carolina) è la presenza
dell’albero delle genealogie, da attribuire secondo Ayuso Marazuela al ve-
scovo Pellegrino 124. Esso compare nel cod. 2 di San Isidoro di León (n. 16)
il quale, sempre a giudizio del teologo spagnolo, sarebbe servito da model-
lo per la Bibbia di San Juan de la Peña (n. 29); entrambi manifestano uno
stile pittorico e una scala cromatica tipicamente mozarabici – nonostante la
loro provenienza settentrionale – che li avvicina alla produzione manoscrit-
ta del Commento all’Apocalisse di Beato di Liébana. I due codici sono in
ogni caso posteriori alla metà del X secolo e le genealogie non compaiono
invece nei codici biblici più antichi come il Cavense (n. 4) il Toletano (n.
27), l’Aemil. 20 (n. 31), il Complutense1 (n. 35), il Complutense2 (n. 36) o i
frammenti di Paris e di Toulouse (nn. 42 e 50). I più antichi codici biblici
spagnoli 125, infatti, sono assolutamente aniconici; il loro apparato decorati-
vo, per lo più a fasciami e motivi architettonici colorati, croci e rosette,
con l’aggiunta frequente dei disegni, antichissimi nella cultura cristiana, del
pesce e dell’uccello, rispetta le disposizioni del Concilio d’Elvira evitando
sempre di rappresentare la figura umana. Le prime eccezioni riguardano
126 S. NOACK-HALEY, Tradición y innovación en la decoración plastica de los edificios reales astu-
rianos, in III Congreso de Arqueología Medieval Española. Oviedo, 27 Marzo - 1 Abril 1989. Actas,
II. Comunicaciones, Oviedo, Universidad de Oviedo, 1992, pp. 174-84, cit in CHERUBINI, La
Bibbia di Danila cit., pp. 11-12.
127 Di altre aree geografiche mi limito a segnalare a titolo puramente indicativo, per
quanto riguarda le note esegetiche e di commento, quelle, ritenute autografe di Beda, sulle
Bibbie di Ceolfrith (London, British Library, Loan 81, Add. 37777 e Add. 45025), sulle quali v.,
da ultimo, R. MARSDEN, Manus Bedae: Bede’s contribution to Ceolfrith’s bibles, in « Anglo-Saxon
England », XXVII (1998), pp. 65-85, e quelle anonime, particolarissime per la tecnica di ese-
cuzione a punta secca (leggibili soltanto se illuminate a luce radente), tracciate sull’Usserianus
primus, pubblicate ora in P. Ó NÉILL, The earliest dry-point glosses in Codex Usserianus Primus, in ‘A
Miracle of Learning’. Studies in manuscripts and Irish learning. Essays in honour of William O’ Sulli-
van, edited by T. BARNARD, D. Ó CRÓINÍN, K. SIMMS, Aldershot - Brookfield (USA) - Singapore -
Sidney, Ashgate, 1998, pp. 1-28; per il riutilizzo degli spazi vuoti, le note a margine della
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 143
colpisce nei manoscritti iberici per la sua precocità e per la sua abbondanza,
legate alla tendenza tipicamente spagnola alla collazione dei testi e al conse-
guente accumulo delle varianti, come già riconosceva Berger a proposito del
codice di Cava: « Nous reconnaissons à ce trait l’amour des copistes espa-
gnols pour les textes complets plutôt que corrects et leur goût des variantes
marginales » 128. Note in visigotica, che Lowe data all’VIII secolo, sono già
presenti sul codice in onciale di Vercelli (n. 53), ma è nel Cavense che trovia-
mo la prima vera esplosione di marginalia, per i quali rimando all’analisi
fatta a suo tempo nella descrizione di quel manoscritto, limitandomi a ricor-
darne il principale interesse per le questioni cristologiche e la concentrazio-
ne in alcuni libri biblici in particolare: molto frequenti in Giobbe, sono quasi
del tutto assenti nei Salmi e nei libri sapienziali, e ritornano in numero
considerevole nei Profeti maggiori e, tra i minori, soprattutto in Michea, e
ancora di più nelle Lettere di s. Paolo e di s. Giovanni e negli Atti degli
Apostoli 129. Note o semplici marginalia tuttavia sono frequenti – di mano dello
stesso copista che verga il testo (consistenti per lo più in spiegazioni derivan-
ti da Girolamo di nomi biblici) e di altre che intervengono in tempi succes-
sivi – anche nella Bibbia di San Juan de la Peña (nn. 29 + 34); in quella di
San Millán de la Cogolla (n. 31), dove si trovano numerose note esegetiche,
in particolare accanto ai Salmi, accompagnate dall’espressione in Graeco che
richiama ancora una volta la redazione geronimiana e introducono varianti
dal Salterio gallicano; ed ancora se ne trovano nella Bibbia castigliana di To-
ledo (n. 49) e in quella di Valvanera entrambe del X secolo (n. 51).
Di particolare interesse – e, questa volta, veramente significative soltan-
to dell’area iberica – sono poi le annotazioni in arabo, le quali figurano,
oltre che nel codice di Cava (tav. 14), anche nel palinsesto di León (n. 15),
nella Bibbia di Valeránica del 960 (n. 16) in particolare nei Vangeli, nel
Toletano (n. 27), nell’Aemil. 20 (n. 31) e nel codice di Toledo, 2.2 (n. 49:
tav. 15). Il problema delle annotazioni in arabo presenta la maggiore diffi-
coltà nel datare la scrittura, che, nel caso del Cavense, rende incerta la loro
localizzazione (in Spagna o in Italia) essendo il codice giunto nel Salernita-
no, come sembra, all’inizio del XII secolo 130. Di recente Gabriella Braga,
Bibbia atlantica ms. 807 (L 59) della Biblioteca comunale Augusta di Perugia, ora indagate da
M. BASSETTI, « Cautus minima non relinquat », 1. « Tracce » in volgare (saec. XI ex. – XII in.) in un
codice atlantico perugino, in « Studi Medievali », s. III, XLIII (2002), pp. 1-14.
128 BERGER, Histoire de la Vulgate cit., p. 15. Per il riutilizzo di manoscritti tardoantichi in
età altomedievale a fini liturgici v., in questo volume, il contributo di Paolo Radiciotti.
129 CHERUBINI, La Bibbia di Danila cit., pp. 95-106.
130 L’ipotesi dell’arrivo del codice in Italia con l’antipapa Gregorio VIII è stata avanzata
131 G. BRAGA, B. PIRONE, B. SCARCIA AMORETTI, Note e osservazioni in margine a due mano-
scritti Cassinesi, in Studi sulle società e le culture del Medioevo per Girolamo Arnaldi, Firenze, All’in-
segna del Giglio, 2002, pp. 57-84: 76.
132 In D. DE BRUYNE et E. TISSERANT, Une feuille arabolatine de l’Épitre aux Galates, in
durante il regno di Alfonso I (693-756) in accordo con quanto affermato nel Chronicon Isidori
Pacensis all’anno 719 (757 dell’era spagnola), cui Tisserant mostra invece di non voler dare
troppo credito.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 145
servito di un codice della Vetus con influssi della Vulgata (in particolare
ripropone i Prologhi di Girolamo) ma che avrebbe subito inoltre il fascino
del Diatessaron di Taziano 134. È ugualmente plausibile che le versioni siano
state più di una, come pare dimostrato anche da un codice madrileno
molto antico, contemporaneo del foglio di Sigüenza, che costituiva con ogni
probabilità il testo del Nuovo Testamento letto usualmente nelle comunità di
lingua araba almeno un secolo prima di Isaac di Cordova, all’interno delle
quali forse erano coloro di cui Alvaro di Cordova scriveva: « Heu proh
dolor! Linguam suam nesciunt Christiani, et linguam propriam non adver-
tunt Latini, ita ut omni Christi collegio vix inveniatur unus in milleno
numero, qui salutatorias fratri possit rationabiliter dirigere litteras » 135. An-
che del Salterio si conservano due manoscritti con traduzione araba prove-
nienti con ogni probabilità dalla Spagna visigotica, il codice pergamenaceo
London, British Library, Ar. 4 (Add. 9060) dell’anno 1239 ed il Vat. ar. 5,
cartaceo del secolo XIII con aggiunte del XIV 136.
Infine i marginalia di carattere liturgico e le note di riutilizzo: le prime
sono presenti, ad esempio, nella Bibbia di San Pedro di Cardeña del secolo
IX-X (n. 3) e appartengono ad un intervallo che va dal X al XIV secolo;
nei Salteri 10001 della Biblioteca Nacional di Madrid (n. 30) ed Aemil.
64bis (n. 32), consistenti per lo più in rubriche accompagnate da neumi
intese a spiegare i modi di cantare salmi ed inni, sono del secolo XIV;
nella prima Bibbia di Alcalà (n. 35), dove se ne contano ben duecento sedici
che costituiscono un quadro quasi completo delle letture dell’intero anno
liturgico. Le seconde, del carattere più vario, si possono leggere, ad esem-
pio, ancora nella Bibbia di Cardeña (n. 3), nel Salterio forse di San Millán
de la Cogolla del secolo XI (n. 24), nella Bibbia di Oña (n. 45), dove
s’incontra perfino una mano del XIII secolo. Nella Bibbia di San Juan de
la Peña (nn. 29 + 34) si legge una lunga nota di mano del XVII secolo
sull’incendio del monastero avvenuto il 17 novembre 1494, che fa riferi-
mento due volte a “quella Bibbia” come l’unica scampata alla disgrazia.
134 G. GRAF, Geschichte der christlichen arabischen Literatur, Città del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana, 1944 (Studi e testi, 118), p. 167, che menziona i seguenti codici: Mün-
chen, Bayerische Staatsbibliothek, Ar. 238 forse copiato in Marocco nell’anno 1394 ma da un
antigrafo scritto a Fez nel 1145; un frammento a León, Archivo Catedral (di cui non fornisce
segnatura), un altro costituito da fogli provenienti dal monastero del Sinai ora a Leipzig,
Universitätsbibliothek, Or. 1059B. Altre copie secondarie della traduzione di Isaac sono: Lon-
don, British Library, Ar. Christ. 13, ff. 1-145 (Add. 9061) del secolo XIV o del XV, e München,
Bayerische Staatsbibliothek, Ar. 234, 2 terminato di scrivere l’anno 1492. Una traduzione ese-
guita completamente sulla base della Vulgata, ma sembrerebbe assai più tarda, è tramandata
dal ms. Madrid, Biblioteca Nacional, 4971 (Ar. 238), completato intorno al 1542, e dal codice
Escor. Ar. 1026 dell’anno 1551.
135 DE BRUYNE - TISSERANT, Une feuille arabolatine cit., p. 327 nota 4.
136 Entrambi citati in GRAF, Geschichte cit., p. 124.
146 PAOLO CHERUBINI
137 In realtà anche dinanzi ai Vangeli in altri manoscritti: T. AYUSO MARAZUELA, La Biblia
visigótica de La Cava dei Tirreni. Contribución al estudio de la Vulgata en España, Madrid, Consejo
Superior de Investigaciones científicas. Patronato « Raimundo Lulio », Instituto « Francisco Sua-
rez », 1956 (= « Estudios bíblicos », XIV, 1955, pp. 49-65, 137-90 e 355-414; XV, 1956, pp. 5-
62): 371.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 147
CATALOGO 139
Braga, Arquivo Distrital, Collecçâo Cronológica: Bibbia A (Lv, 13, 9-19, 13), secolo
XI ex.-XII in. Due fogli. Misure: mm 404 × 274, a due colonne. Robinson ha notato
la presenza di elementi non visigotici nell’uso del compendio per autem (= au), del
segno abbreviativo generico in forma di semplice lineetta soprascritta e del ricciolo,
invece di « s-flourish », dopo q per –(ue). A questi elementi si aggiunga la presenza
di segni d’interpunzione in fine di frase e di periodo che pure non appartengono
ad usi spagnoli. La data oscilla tra quelle proposte dal Robinson (secolo XI ex.) e
dal Millares Carlo (XII in.).
Bibl.: TPE3, p. 323 n. 15; A. MILLARES CARLO, Nuevos estudios de paleografía española, Mexi-
co 1914, p. 137; R. P. ROBINSON, Some Newly Discovered Fragments of Visigothic Manuscripts, in
« Transactions of the American Philological Association », LX (1929), pp. 48-56 e tav. II: 53;
MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos. Notas bibliográficas, Barcelona, Instituto Enrique Flórez,
1963, p. 419, n. 190; DÍAZ Y DÍAZ, Codices visigóticos cit., p. 358 n. 59; SUPINO MARTINI, La
scrittura cit., p. 113 nota 33; CCV, p. 37 n. 15 (tavola).
Braga, Arquivo Distrital, Collecçâo Cronológica: Bibbia B (Za, 1, 9-10, 3), secolo
XI-XII. Un foglio. Misure: mm 506 × 302, a tre colonne. Si notano elementi non
visigotici nelle legature ct e st, nell’abbreviazione di –(us) con ricciolo, in alcuni
139 Purtroppo non sono in grado di fornire le misure dei fogli conservati a Logroño, Insti-
tuto de Estudios Riojanos (n. 20) e a Tarragona, Archivo Histórico Archidiocesano (n. 48), per-
ché esse non vengono indicate nella letteratura e perché le mie richieste ai rispettivi istituti di
conservazione non hanno ricevuto risposta. Del pari non so su quante colonne è scritto il foglio
del Salterio dell’Abadía Benedictina di Valvanera (La Rioja) (n. 51) di cui, da quanto ne so, non
esiste riproduzione e per il quale una mia analoga richiesta non ha avuto migliore fortuna.
Nel catalogo che segue le opere maggiormente ricorrenti sono citate con le seguenti sigle:
VLH = T. AYUSO MARAZUELA, La Vetus Latina Hispanica, I. Prolegomenos, introducción gene-
ral, estudio y analisis de las fuentes, Madrid, Consejo Superior de investigaciones cientificas
Instituto « Francisco Suarez » – Imprenta de Aldecoa, 1953;
TPE = A. MILLARES CARLO, Tratado de paleografía española, 2a ediz., Madrid, Hernando, 1932;
TPE3 = A. MILLARES CARLO, con la colaborración de J. M. RUIZ ASENCIO, Tratado de paleo-
grafía española, I. Texto; II. Láminas, 3a ediz., Madrid, Espasa – Calpe, 1983;
CCV = A. MILLARES CARLO, Corpus de códices visigóticos, edición preparada por M. C. DÍAZ Y
DÍAZ, A. M. MUNDÓ, J. M. RUIZ ASENCIO, B. CASADO QUINTANILLA y E. LECUONA RIBOT, I. Estudio;
II. Álbum, Las Palmas de Gran Canaria, Universidad de educación a distancia – Centro aso-
ciado de Las Palmas de Gran Canaria, 1999 (tra parentesi tonde è indicato se ne è offerta la
riproduzione).
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 149
compendi con letterina soprascritta e in frequenti omissioni dei gruppi (em) ed (er)
segnalate dal segno generico in forma di lineetta; non è rispettata sempre la rego-
la della I alta.
Bibl.: TPE3, p. 323 n. 16; MILLARES CARLO, Nuevos estudios cit., p. 137; ROBINSON, Some
Newly Discovered Fragments cit., pp. 53-54 e tav. III; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit.,
p. 419 n. 191; DÍAZ Y DÍAZ, Codices visigóticos cit., p. 360 n. 61; SUPINO MARTINI, La scrittura
cit., p. 113 nota 33; CCV, p. 37 n. 16 (tavola).
Burgos, Archivo Capitular, Expos. Vitr.: Bibbia, secolo IX-X, più probabile il pri-
mo decennio di quest’ultimo, San Pedro de Cardeña. Misure: mm 470 × 330, a due
colonne. Non segue un criterio costante l’uso dell’abbreviazione p(er) che talvolta è
di tipo visigotico, talvolta continentale. Oltre a diversi fogli in più parti del codice,
manca del tutto il fascicolo 41 che conteneva probabilmente, secondo Domínguez
Bordona, i Canoni di Eusebio con i tipici archi, due dei quali sono rimasti a f.
132v. Da Mario Ferotín fu identificato con la Bibbia di Cardeña di cui parla Fran-
cisco de Berganza nelle Antigüedades de España del 1719 e che sarebbe stato scritto
dal copista Gómez, lo stesso che il 26 novembre 914 portò a termine il codice
Manchester, John Ryland’s Library, Lat. 93 contenente i Moralia in Job di Gregorio
Magno (cfr. CCV, p. 147 n. 219), ma non si può escludere l’intervento di un
secondo copista. Molti i segni d’interpunzione impiegati ma non tutti possono at-
tribuirsi con certezza al copista, o ai copisti principali. Una serie d’indicazioni
marginali, alcune delle quali dei secoli X-XII, che indicano le occasioni in cui
vanno letti singoli brani – come a f. 177r, all’inizio del libro dei Proverbi: « Domini-
ca I Augusti » seguito da cifre romane – ne testimoniano l’utilizzazione liturgica,
probabilmente nel coro, come mostrerebbe la presenza di notazioni musicali (secoli
X-XIV) accanto alle Lamentazioni di Geremia. Una mano del secolo XII ha corretto il
testo aggiungendovi i segni per la pronuncia e un’altra, del XIII, si limita a redi-
gere le numerose note marginali. Alcune di queste ultime sono solo segnalazioni
del contenuto (f. 4v, col. A: « De turre confusionis » accanto a Gn 11, 1), altre di
carattere storico, come a f. 5r: « Absit ut credatur de Saray quod contigerit pharao
quam Dominus taliter defendebat », o consistono in spiegazioni di termini geografi-
ci o di parole greche o nomi propri; non mancano segnali di collazione con altri
manoscritti, soprattutto nel libro di Giobbe dove sono più frequenti le note caratte-
rizzate dall’espressione in Graeco cui una mano più recente ha aggiunto habetur. A f.
71r una mano non più tarda del XIII secolo ha scritto: « Usque ad hunc locum
iste liber permanet incorreptus » La data dovrebbe porsi nel primo decennio del
secolo X, poiché in seguito il monastero di San Pedro fu più volte saccheggiato da
incursioni saracene che infestarono tutta la Castiglia grosso modo tra gli anni 918
e 936. Il codice restò a Cardeña fino al 1835.
Bibl.: TPE, p. 453 n. 16; D. A. ANDRÉS, La biblia visigoda de San Pedro de Cardeña, in « Boletín
de la Real Academia de la Historia », LX (1912), pp. 101-146; CLARK, Collectanea Hispanica cit.,
pp. 30-31 n. 510 e tavv. 49-50; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 95 n. 11; J. DOMÍNGUEZ
BORDONA, Manuscritos con pinturas. Notas para un inventario de los conservados en colleciones públicas y
150 PAOLO CHERUBINI
particulares de España, Madrid, Centro de estudios históricos, 1933, pp. 88-89 n. 985 e fig. 87;
MILLARES CARLO, Manuscrítos visigóticos. Notas bibliográficas, in « Hispania Sacra », XIV (1961), pp.
337-444: 349 n. 12; FISCHER, Bibelausgaben cit., p. 71 d; CCV, p. 41 n. 30 (tavola).
Cava dei Tirreni, Archivio della Badia della S.ma Trinità, ms. 1: Bibbia, secolo
IX in., Oviedo. Misure: mm 320 × 265 circa, a tre colonne. Con ogni probabilità è
da identificare con quel « librum bibliotheca » che figura al primo posto nel testa-
mentum Adefonsi regis del 16 novembre 812 con cui Alfonso II dotò di libri, suppel-
lettili liturgiche, servi e altri beni mobili e immobili la chiesa cattedrale di Oviedo;
per questo motivo il manoscritto, rimasto incompleto forse già al momento di
essere esposto in occasione del concilio celebrato nell’811 in quella città che con
l’occasione era promossa sede episcopale, va datato non oltre il primo decennio
del secolo IX. Quasi certamente fu scritto nella stessa Oviedo (non nel palazzo
reale di León come sostiene Mundó con segno di dubbio) da Danila, che si sotto-
scrive a f. 166r alla fine del libro di Ezechiele, e da un secondo copista che si
alterna con lui. È di particolare interesse dal punto di vista paleografico, perché
presenta molti tipi di scritture: la visigotica del testo, caratterizzata da particolari
legamenti dall’alto rc, rm, rn; un’onciale che imita quella old style, la semionciale e
una particolarissima onciale « b-d » inclinata utilizzate come scritture d’apparato per
incipit ed explicit, prologhi, sommari e altri testi extrabiblici. Di grande interesse
anche le numerose glosse in minuscola visigotica della metà o della seconda parte
dello stesso secolo IX di formato piccolissimo, nella maggior parte d’argomento
cristologico, delle quali fino ad oggi solo alcune sono state lette e poste in relazio-
ne con l’eresia di Godescalco d’Orbais. Sono presenti anche note in arabo e in
ebraico. Due note in beneventana sono state assegnate dal Lowe al XII secolo,
all’inizio del quale il codice sarebbe giunto in Italia meridionale. Notevole è anche
l’apparato decorativo del tutto aniconico ma ugualmente ricco ed assai vario.
Bibl.: VLH, p. 351 n. 13; BERGER, Histoire de la Vulgate cit., pp. 14-15; CLARK, Collectanea
Hispanica cit., tavv. 13-14; DE BRUYNE, Étude cit. 386 ss.; QUENTIN, Mémoire cit., pp. 299 e 310-16;
LOWE, The Codex Cavensis cit.; BOVER, La Vulgata cit., pp. 11-40 e 167-185; J. RIUS SERRA - J.
VIVES, Manuscritos hispánicos en bibliotecas extranjeras, in « Hispania Sacra », V (1952), p. 181; A. M.
MUNDÓ, El Commicus palimsest Paris. lat. 2269. Amb notes sobre litúrgia i manuscrits visigótics a Septi-
mània i Catalunya, in Liturgica, 1. Cardinali I. A. Schuster in memoriam, In abbatia Montisserati,
Tallers Gràfics Marìa Galve, 1956 (Scripta et documenta, 7), pp. 151-257: 177; AYUSO MARAZUELA,
La Biblia visigótica de La Cava dei Tirreni cit.; MILLARES CARLO, Manuscrítos visigóticos cit., p. 349 n.
13; E. A. LOWE, A New List of Beneventan Manuscripts, in Collectanea Vaticana in honorem Anselmi M.
card. Albareda a Biblioteca apostolica edita, II, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana,
1962 (Studi e testi, 220), pp. 211-44: 219 ed ulteriore bibliografia in BMB. Bibliografia dei mano-
scritti in scrittura beneventana, 1-, Roma, Viella, 1993-; FISCHER, Bibelausgaben cit., è. 70 b; PETRUCCI,
Aspetti simbolici cit., pp. 837-38; M. ROTILI, La miniatura nella Badia di Cava, II. La raccolta di
miniature italiane e straniere, Napoli, Di Mauro, 1978, pp. 21-44; DÍAZ Y DÍAZ, Codices visigóticos en
la monarquía Leonesa cit., pp. 300-303; A. M. MUNDÓ, Notas para la historia de la escritura visigótica
en su período primitivo, in Bivium cit., pp. 175-96: 181; CHERUBINI, La Bibbia di Danila cit.; ID.,
scheda del codice in I Vangeli dei Popoli cit., pp. 181-83 n. 26; Paleografia Latina. Tavole, a cura di
P. CHERUBINI e A. PRATESI, Città del Vaticano, Scuola di Paleografia, Diplomatica e Archivistica,
2004 (Littera Antiqua, 10. Subsidia studiorum, 3), pp. 34-36 n. 43; CCV, p. 42 n. 33 (tavola).
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 151
Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. lat. 12900 (già SIGÜENZA,
Biblioteca Catedral, 150): Bibbia (Gal, 1, 1-15 e 3, 6-24), secolo IX, Andalusia? Due
fogli; misure: mm 367 × 262, a due colonne con scritture affrontate, latina a sini-
stra e araba a destra. Furono individuati la prima volta nel 1909 da De Bruyne e
incollati a un codice trecentesco di Decretali della cattedrale di Sigüenza (ms. 150).
Di lì a poco il frammento fu portato a Roma dove il benedettino belga poté
studiarli con attenzione giungendo a datarli alla fine del IX secolo (intorno all’an-
no 900), data confermata dal Lowe e sostanzialmente accettata dagli studiosi senza
eccezioni. A lungo rimase invece un giallo la sua attuale collocazione, poiché anco-
ra Millares Carlo (CCV) affermava che esso si conservava nella Biblioteca Vaticana,
ma già il Liebaert lo citava nuovamente con la segnatura di Sigüenza. In realtà,
nella tarda primavera del 1922, in risposta alla richiesta di Giovanni Mercati, il
frammento era stato definitivamente donato alla Biblioteca Vaticana dal Capitolo
della cattedrale e dal vescovo della città spagnola 140. Prima dell’inizio degli anni
’60 del Novecento esso fu inserito tra i Vaticani latini e ricevette l’attuale segnatura;
forse ciò avvenne dopo la metà degli anni ’40, perché nel 1944 non compare
nell’informatissimo catalogo di Georg Graf 141.
Bibl.: TPE, p. 469 n. 232; LOWE, Studia Palaeographica cit., pp. 46-47 n. 21; DE BRUYNE et
TISSERANT, Une feuille arabolatine cit.; Specimina codicum Latinorum Vaticanorum, collegerunt F.
EHRLE et P. LIEBAERT, 2a ediz., Berlin-Leipzig, W. De Gruyter etc., 1927, p. XXI e tav. 25;
CLARK, Collectanea Hispanica cit., pp. 57-58 n. 683; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit.,
pp. 121-22 n. 183; L. SCHIAPARELLI, Note paleografiche. Intorno all’origine della scrittura visigotica,
in « Archivio storico italiano », s. VII, XII (1930), pp. 165-207, rist. in ID., Note paleografiche
(1910-1932), raccolte a cura di G. CENCETTI, Torino, Bottega d’Erasmo, 1969, pp. 465-507:
180 (= 480); MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 407 n. 156; M.-H. LAURENT, L’abbé
Paul Liebaert scriptor honoraire adj. de la Vaticane. Sa vie et ses oeuvres (1883-1915), in Collectanea
Vaticana in honorem Anselmi M. card. Albareda a Bibliotheca Apostolica edita, II, Città del Vaticano,
Biblioteca Apostolica Vaticana, 1962 (Studi e testi, 220), pp. 1-132: 100 nota 3; G. LEVI DELLA
VIDA, Manoscritti arabi di origine spagnola nella Biblioteca Vaticana, ibid., pp. 133-189: 177-178;
CCV, pp. 178-79 n. 294 (tavola).
140 Così risulta da due foglietti inviati al Prefetto della Vaticana e oggi inseriti nel codice,
prima della coperta. Uno è manoscritto e proviene dal “Cabildo Catedral de la Santa Iglesia
de Sigüenza, 22 de Junio de 1922”; in esso si legge che « este Cabildo Catedral, en sesión
ordinaria celebrada el primero del actual acordó acceder de buon grado á sus deseos en
órden á que permaneczan en esa Biblioteca Apostolica Vaticana el Códice signado con el
número 150, que contiene en 49 hojas varias Decretales y el fragmento bilingüe, latino-arabe
de las cartas de San Pablo, pertenecientes á la Biblioteca de esta Catedral, y que fueron
enviados á Roma en el año 1910 por conducto del excellentissimo segnor nuncio en Ma-
drid ... »; l’altro foglio, dattiloscritto, del 7 luglio, è firmato da « El Obispo de Sigüenza [Mon-
segnor Eustachio Nieto y Martin] » e vi si legge tra l’altro: « con summa satisfacción he recibi-
do su grata en la que me manifiesta se halla en su poder el documento que le ha dirigido
este Cabildo, el qual hace constar que cede gratuitamente a la Biblioteca Vaticana el fragmen-
to biblico latino-arábico, que pertenecia a este archivo capitular ... ».
141 G. GRAF, Geschichte cit. alla nota 134.
152 PAOLO CHERUBINI
El Escorial (Madrid), Real Biblioteca de San Lorenzo, R. II. 18, ff. 1-8, 25-34,
59, 66, 83-91, 95 (C. L. A. XI, 1632): Bibbia (Nm, 7, 26-31, 14; Dt, 1, 1-32, 24; Ios,
2-14,10 e Idc, 4, 25-6, 26), secolo VII. Misure: mm 285 × 195. Si tratta dell’unico
codice d’età visigotica certamente scritto nella Penisola iberica e qui ancora conser-
vato; l’inventario di libri dell’882 in esso conservato e pubblicato da Díaz y Díaz
(Codices visigóticos cit., pp. 42-43) è il più antico che si trovi in Spagna. Scritto a
Cordova secondo Millares Carlo, a Siviglia secondo altri e a Saragozza secondo
Díaz y Díaz il quale non esclude però Toledo (a quest’ultima riconduce la partico-
lare forma della t con ultimo tratto sottile rivolto verso l’altro a destra, esattamente
come nel ms. Toletano 35, 2 che è il manoscritto guida di Mundó per la datazione
dei codici liturgici toletani), è detto Ovetensis perché giunse a Oviedo probabilmente
nell’883 e qui confluì nella biblioteca di Alfonso III.
Bibl.: VLH, pp. 349-50 n. 9; EWALD - LOEWE, Exempla scripturae cit., pp. 3-5 e tavv. IV-V; Á.
CANELLAS, Exempla scripturarum Latinarum in usum scholarum, II, 2a ediz., Zaragozza, Talleres
Editoriales Librería General, 1974, tav. XIII; CLARK, Collectanea Hispanica cit., p. 34 nn. 531-
532; F. STEFFENS, Lateinische Paläographie. 125 Tafeln im Lichtdruck mit gegenüberstehender Transcrip-
tion nebst Erläuterungen und einer systematischen Darstellung der Entwiklung der lateinischen Schrift, 2a
ed., Berlin und Leipzig, W. De Gruyter, 1929 [rist. 1964], tav. 35a; GARCÍA VILLADA, tavv. XV-
XVI, figg. 18-19, e tav. XXXIII, fig. 45; MUNDÓ, El Commicus cit.; MILLARES CARLO, Manuscritos
visigóticos cit., pp. 357-79 n. 29; A. DOLD, Ein bisher kaum beachteter Vulgata-Palimpsest des 6./7.
Jhs im Escorialensis R II 18, in Miscellanea biblica et orientalia r. p. Athanasio Miller o. s. B. secretario
Pontificiae Commissionis Biblicis completis LXX annis oblata, cura A. METZINGER, Roma, Herder, 1951
(= « Studia Anselmiana », XXVII-XXVIII), pp. 38-46; DÍAZ Y DÍAZ, La circulation cit., 223 ss.; ID.,
Codices visigóticos en la monarquía Leonesa cit., pp. 17-53; CCV, pp. 57-59 n. 60.
10
11
Hacinas (Burgos), Archivo Municipal, s. n.: Psalterium, sec. XI ex. Un solo bifo-
glio; misure: mm 350 × 275, a due colonne. Presenta poche notazioni musicali,
inserite insieme a rubriche in visigotica di formato più piccolo tra un salmo e
l’altro, ma forse entrambe sono di età posteriore.
Bibl.: TPE3, p. 326 n. 68a; I. FERNÁNDEZ CUESTA y C. DEL ÁLAMO, Fragmento de un salterio
visigotico con notación musical, in « Revista de Musicología», II (1979), pp. 9-17; CCV, p. 64
n. 70 (tavola).
154 PAOLO CHERUBINI
12
13
La Seu d’Urgell, Biblioteca Catedral, 180. 2: Bibbia (II Rg, 20-22). Un foglio:
misure: mm 338 × 234, a due colonne.
Bibl.: TPE3, p. 339 n. 296; J. JANINI, Catálogo del Museo Arqueológico del Seminario de
Lérida, in « Esperanza », XIX (1935), pp. 295-98; CCV, p. 66 n. 75 (tavola).
14
León, Archivio Catedral, 6: Bibbia, secolo X (anno 920), Albarés (Bibbia di Vi-
mara). Misure: mm 360 × 240, a due colonne; in origine costituiva probabilmente la
seconda parte di una Bibliotheca sacra completa. Per Clark è un buon esempio di
visigotica leonese del primo quarto del secolo X. Alla capitale del Regno rinvia
inoltre la presenza della Vita di san Froilán patrono di León copiata dal copista del
testo in uno spazio lasciato in bianco tra i libri di Giobbe e di Tobia a f. 101r. Come
si ricava da una nota inserita nel labirinto di f. 2v, fu scritto dal prete Vimara (che
si sottoscrive anche a f. 233r) e decorata dal diacono Giovanni (il cui nome si
legge in più punti del manoscritto: a ff. 91v, 101r, 202r, 216r, 217r) per Mauro
abate del monastero di Santa Cruz de Montes presso la città di Albarés (Millares
Carlo) o con minori probabilità di S. Martino di Albelda (Gómez Moreno). Berger
cita invece il monastero dei Santi Cosma e Damiano nella Valle del Torio in Al-
barés cui rinvia una nota ad inizio del volume, fondato solo l’anno prima (919) dal
vescovo Axila. Presenta la croce di Oviedo e altri elementi, tra cui una rosa dei
venti, che sembrerebbero ricondurre alla regione delle Asturie. Compaiono inoltre
illustrazioni con archi per i Canoni e con le figure umane a piena pagina per gli
evangelisti di stile alquanto primitivo, molto lontane dall’arte di poco successiva di
certi monasteri della Rioja, come ad esempio San Millán de la Cogolla o San
Pedro de Cardeña; una scena dell’Annunciazione e tre della vita di Gesù occupano
ciascuna mezza pagina. Il testo segue la Vulgata, ma dopo i Profeti sono copiati il
cantico Benedicite omnia opera Domini Domino, il verso Benedicite Anania Azaria et Misa-
el Domino e altre tre benedizioni, accanto alle quali si legge la nota « Hucusque
habetur in Hebreo et quod posuimus de Theudotionis editione translata sunt ».
Bibl.: VLH, pp. 353-54 n. 19; TPE, pp. 455-56 n. 53; M. RISCO, España Sagrada, Madrid,
XXXIV, En la Imprenta de Don Pedro Marin, 1784, pp. 165-66 n. 52; RISCO, Iglesia de León
y monasterios antiguos y modernos de la misma ciudad, Madrid, B. Román, 1792, pp. 78-80; J. M.
DE EGUREN, Memoria descriptiva de los códices notables conservados en los archivos eclesiástico de
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 155
España, Madrid, M. Rivadeneira, 1859, p. 46-47; BERGER, Histoire de la Vulgate cit., pp. 17-18;
R. BEER y J. E. DÍAZ JIMÉNEZ, Noticias bibliográficas y catálogo de los códices de la Sancta Iglesia
Catedral de León, Leon, M. Garzo, 1888, pp. 5-8 n. 6; Z. GARCÍA VILLADA, Catálogo de los códices
y documentos de la Catedral de León, Madrid, Imprenta clásica española, 1919, pp. 35-37 n. 6;
CLARK, Collectanea Hispanica cit., p. 35 n. 542 e tav. 25; M. GÓMEZ MORENO, Catálogo monumen-
tal de España. Provincia de León (1906-1908), Madrid, Ministerio de Instrucción publica y Bel-
las Artes, 1925-26, pp. 151-53 e tavv. 80-88; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 101
n. 44 e tav. XXI; J. DOMÍNGUEZ BORDONA, Exlibris mozárabes, in « Archivo Español de Arte y
Arqueología », XXXII (1935), pp. 153-63: 159 n. 3 e tav. IV; ID., La miniatura española, Firen-
ze, Pantheon, 1930, pp. 27-28; ID., Manuscritos con pinturas cit., pp. 177-78 n. 281 e figg. 16-
70; ID., Miniatura cit., p. 23 fig. 6; NEUSS, Die Katalanische Bibelillustration cit., pp. 72-75; A.
QUINTANA PRIETO, Santa María de Albarés y su escritorium, in Santa María del Paular, X/1 (1972),
pp. 67-105; FISCHER, Bibelausgabe cit., p. 71 d; PÉREZ DE URBEL, Cardeña y sus escribas cit.,
pp. 223-224; CCV, pp. 68-69 n. 80 (tavola).
15
León, Archivo Catedral, 15, ff. 1-14, 17-18, 20-23, 26-30, 35-45, 48, 49, 52-54,
59-62, 67-69, 72, 73, 76-78, 83-85, 92, 110, 115, 117, 120, 121, 124, 125, 132,
133, 140, 141, 144, 145, 148-150, 155, 156, 174, 181 e 182 (C. L. A. XI, 1636):
Bibbia (brani da Cronache, Geremia, Ezechiele, I Maccabei, Atti degli Apostoli, II Corinti,
Colossesi, I Lettera di san Giovanni; codice rescritto: scriptio inferior; nella superior è la
Historia ecclesiastica di Eusebio-Rufino); la scriptio inferior è una semionciale del seco-
lo VII, quella superior una visigotica del IX. Misure: mm 315 × 210 a due colonne
con una grande littera notabilior all’inizio di ciascuna colonna, gli 80 ff. contenenti
la Bibbia, e mm 440 × 320 circa, la restante in onciale (anch’essa del secolo VII,
forse antecedente il 669) con la Lex Romana Visigothorum. Il codice fu molto utiliz-
zato da Ludwig Traube nello studio sui nomina sacra a proposito dell’uso di abbre-
viazioni diverse per noster. Per Clark la scrittura appare più tarda, dell’VIII piutto-
sto che del VII secolo. A f. 120 è una nota in arabo; ciò ha fatto ipotizzare
l’origine andalusa del manoscritto, forse a Cordova. Secondo Berger il testo segue
la Vulgata ma già con qualche tipica caratteristica spagnola, in alcuni passi è molto
vicino a quello dell’Amiatino; per Fischer si tratta invece del testo della Vetus.
Bibl.: VLH, pp. 348-49 n. 5; TPE, pp. 38, 42 n. 56, e 456; L. TRAUBE, Nomina sacra. Versuch
einer Geschichte der christlichen Kürzung, München, C. H. Beck, 1907, pp. 223 e 244; BERGER, Histoi-
re de la Vulgate cit., pp. 8-11; BEER - DÍAZ JIMÉNEZ, Noticias cit., pp. 16-18 n. 15; GÓMEZ MORENO,
Catálogo monumental cit., pp. 154-155 e tav. 90; GARCÍA VILLADA, Catálogo, pp. 43-50 n. 15 e tav.
4; ROBINSON, Manuscripts 27 cit., pp. 18-19; DOMÍNGUEZ BORDONA, Manuscritos con pinturas cit., p.
178; CLARK, Collectanea Hispanica cit., pp. 36 n. 545, 108-09, e tav. 1, 2b; GARCÍA VILLADA, Paleo-
grafía española cit., I, pp. 83-86, 101 n. 47, II, tav. XIII, fig. 16; FISCHER, Bibelausgaben cit., p. 70
a; BOGAERT, La Bible latine cit., p. 285; CCV, p. 72 n. 83 (tavola della scriptio superior).
16
noto per aver copiato diversi codici a San Pedro de Berlangas), il manoscritto
presenta alcune miniature con figure: il Pantocrator a piena pagina in apertura del
manoscritto, i simboli degli evangelisti, gli archi dei Canoni eusebiani, i medaglioni
con le genealogie, presenti in altri codici biblici e in alcuni di Beato di Liébana, e
numerose altre scene che illustrano il testo di alcuni libri in particolare (Esodo,
Giobbe e Daniele, ma anche Deuteronomio, Giosuè, Geremia e Baruch), mentre non è
affatto illustrata l’Apocalisse. Alla fine sotto un ù di grandi dimensioni vi sono le
due figure dei copisti con il codice tra le mani. Nei Profeti (ff. 298r, 301r ss., 315v,
328v, ecc.) si trovano alcune brevi notazioni marginali in arabo che richiamano
l’attenzione su particolari punti del testo.
Bibl.: TPE, p. 456 n. 62; RISCO, Iglesia de León cit., pp. 153-54; R. A. DE LOS RIOS Y
VILLALTA, Página de una Biblia del siglo X, que se conserva en el Archivo de San Isidoro de León, in
« Museo Español de Antigüedades », IX (1878), pp. 521-32; BERGER, Histoire de la Vulgate cit.,
pp. 384-85; DOMÍNGUEZ BORDONA, La miniatura española cit., p. 28; ID., Manuscritos con pinturas
cit., p. 183 n. 295 e fig. 175; ID., Miniatura cit., p. 35 fig. 25; GARCÍA VILLADA, Paleografía
española cit., 102 n. 50; T. ROJO ORCAJO, El presbítero Florencio y la Biblia de San Isidoro de León,
in « Vida Ecclesiástica », III (1930); ID., Algunas consideraciones sobre la verdadera procedencia de la
Biblia visigótica de San Isidoro de León, in « Estudios bíblicos », I (1930), pp. 200-211; J. PÉREZ
LLAMARES, El origene del Gothicus (Legionensis2), ibid., pp. 390-403; T. AYUSO MARAZUELA, La Bi-
blia Visigótica de San Isidoro de León, in « Estudios bíblicos », XIX (1960), pp. 5-24, 167-200 e
271-309, XX (1961), pp. 5-43; P. GALINDO, La Biblia de León de 960, in « Gesammelte Aufsätze
zur Kulturgeschichte Spaniens », XVI (1960), pp. 37-76; FISCHER, Algunas observaciones cit.; MIL-
LARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 367 n. 38; PÉREZ LLAMARES, El Gothicus (Legionensis)
cit.; J. WILLIAMS, The Bibles in Spain, in Imaging the Early Medieval Bible cit., pp. 179-218; CCV,
pp. 77-78 n. 96.
17
León, San Isidoro [perduto]: Bibbia; Ammonio, Evangelicae harmoniae; secolo IX-
X. La notizia dell’esistenza nel monastero di Oña di una Bibbia datata al 943, ma
priva del nome del copista, risale ad Ambrosio de Morales ed è riferita da Gómez
Moreno; dalla descrizione che ne aveva dato José María de Eguren risulta la presen-
za di una miniatura dell’Annunciazione, inserita in un cerchio, alla fine della gene-
alogia di Gesù. Alla fine del Vangelo di san Giovanni si leggeva: « Incipit proemium
sancti Peregrini episcopi » seguito dal prologo peregriniano alle Lettere di san Paolo.
Bibl.: TPE, p. 456 n. 63; J. TAILHAN, Les Bibliothèques espagnoles du haut Moyen Âge, Paris,
1877, p. 307; DE EGUREN, Memoria cit., p. 47; CLARK, Collectanea Hispanica cit., p. 36; GARCÍA
VILLADA, Paleografía española cit., p. 102 n. 51; GÓMEZ MORENO, Catalógo monumental cit., p. 160;
CCV, è. 78 n. 97.
18
Lleida, Archivo Catedral, Roda, 13: Bibbia (Dt, 16-18) + Lleida, Museo Diocesa-
no, s. n.: Bibbia (Dt, 15-19) (n. 19), secolo IX, Roda o Lleida. Un foglio, misure:
mm 255/270 × 195/213, a tre colonne. Secondo Millares Carlo il foglio faceva parte
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 157
19
Lleida, Museo Diocesano, s. n.: Bibbia (Dt, 15-19) + Lleida, Archivo Catedral,
Roda, 13: Bibbia (Dt, 16-18) (n. 18), secolo IX, regione di Lérida o Roda. Un
foglio, misure: mm 255/270 × 195/213, a tre colonne. Secondo Millares Carlo, il
foglio faceva parte originariamente della medesima Bibbia cui appartiene il fram-
mento precedente. L’assegnazione alla « regione di Lérida » si deve a Mundó.
Bibl.: TPE3, p. 327 n. 94; ROBINSON, Some Newly Discovered Fragments cit., p. 51; MILLARES
CARLO, Nuevos estudios cit., p. 138; ID., Manuscritos visigóticos cit., p. 422 n. 206; MUNDÓ, El
Commicus cit., p. 174; CCV, p. 80 n. 104.
20
21
London, British Library, Additional 30851: Psalterium cum canticis, secolo X-XI,
Santo Domingo di Silos. Misure: mm 390 × 300, a due colonne. Fu acquistato dal
British Museum insieme con un gruppo di manoscritti tutti provenienti dal mona-
stero di Santo Domingo il 1 giugno 1878. Sono presenti numerosi neumi musicali
mozarabici (appartenenti al II periodo per Gregory Maria Suñol). I Salmi sono
preceduti da antifone con notazioni musicali e specifiche invocazioni. Ai ff. 164r-
202r sono alcuni offici per circostanze varie. Secondo Whitehill si tratta del codice
che più di ogni altro somiglia a quello di Nogent (ora a Paris: n. 43).
158 PAOLO CHERUBINI
Bibl.: VLH, pp. 358-59 n. 33; TPE, p. 458 n. 80; J. P. GILSON, The Mozarabic Psalter,
London, Henry Bradshaw Society, 1903; LOWE, Studia palaeographica cit., p. 77; CLARK, Collecta-
nea Hispanica cit., p. 38 n. 564; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 104 n. 68; G. M.
SUÑOL, Introduction à la paléographie musicale gregorienne, Paris, Desclée, 1935, p. 318 e tav. 97;
M. FEROTÍN, Histoire de l’Abbaye de Silos, Paris, E. Leroux, 1897, p. 276 n. 36; ID., Le Liber
mozarabicus sacramentorum et les manuscrits mozarabes, Paris, Librairie Firmin-Didot et C.ie, 1912
(réimpression de l’édition de 1912 et bibliographie générale de la liturgie hispanique, pre-
parée et presentée par A. WARD et C. JOHNSON, Roma, C. L. V. Edizioni liturgiche, 1995 [« Ephe-
merides Liturgicae ». Subsidia, 78 – Instrumenta liturgica Quarreriensia, 4]), coll. 870-80; W. M.
WHITEHILL, A Mozarabic Psalter from Santo Domingo de Silos, in « Speculum », IV (1929) pp. 461-
68: 464; H. SCHNEIDER, Die altlateinischen biblischen Cantica, in « Texten und Arbeiten », XXIX-
XXX (1938), pp. 126-58; L. BROU, Notes de paléographie musicale, II, in « Anuario Musical »,
VIII (1953), pp. 32-33 n. 1 e tav. VIII; ID., Études cit., p. 358; WHITEHILL, A Catalogue cit.,
pp. 100-02; ENCISO, El estudio bíblico cit., p. 305 n. 21; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos
cit., p. 371 n. 51; CCV, pp. 87-88 n. 115 (tavola).
22
Lucca, Archivio di Stato, ms. 517 + New York, Columbia University, Plimpton
Library, 27 (v. n. 40): Bibbia: a) Hbr, 1, 1-7, 4; b) Iac, 1, 19-5, 20 e 1 Pt, 1-7; c)
prologo di Ester ed Est, 1, 1-4, nonché Sap, 18, 1-2 e capitulationes di Ecclesiastico; d)
Lam, 4, 14-5, 22; prologo di Ezechiele ed Ez, 1, 1-10; secolo VIII-IX, Toledo o
Spagna meridionale (Cordova?). Quattro frammenti (due dei quali mutili), misure:
a) mm 295 × 281; b) 422 × 284; c) 400 × 262 (ma l’intero foglio misura mm
525 × 758); d) 519 × 365 (quel che resta dell’intero foglio), a tre colonne. Il primo
dei tre presenta una grande E illustrata in stile geometrico con una testa d’uccello
grande come tutta l’altezza della lettera. A favore dell’appartenenza dei frammenti
alla stessa Bibbia da cui proviene quello di New York, gioca, secondo Roger E.
Reynolds, il fatto che Georg Plimpton, donatore del secondo alla Biblioteca della
Columbia University nel 1936, proprio in quel periodo aveva rapporti con tal Giu-
seppe Martini di Lucca.
Bibl.: R. E. REYNOLDS, Visigothic-Script Remains of a Pandect Bible and the Collectio canonum
hispana in Lucca, in « Mediaeval Studies », LVIII (1996), pp. 305-11; CHERUBINI, La Bibbia di
Danila cit., p. 79 nota 9.
23
Madrid, Archivo Histórico Nacional, Códices, 836 (già 1044 B): Bibbia (Is, 5, 5-6,
13), seconda metà del secolo X. Frammento (parte superiore) di un foglio; misure:
mm 240 × 158, a tre colonne. Il sistema d’interpunzione – limitato ad un solo
segno, una sorta di comma sospeso sopra il rigo per qualsiasi tipo di pausa –
potrebbe essere originale. Una mano più recente è intervenuta con frequenti corre-
zioni.
Bibl.: TPE3, p. 332 n. 171; SÁNCHEZ BELDA, Aportaciones cit., pp. 444-45; MILLARES CARLO,
Manuscritos visigóticos cit., p. 425 n. 218; CCV, p. 90 n. 123.
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 159
24
25
Madrid, Archivo Histórico Nacional, 1452 B, 5-6 (già 1386, framm. 2; in prece-
denza Archivo Histórico Nacional, Burgos, Oña, Papeles, fasc. 274, 285 e 522): Evan-
gelium (Lc, 17, 28-19, 12), secolo XI, Oña. Frammenti di due fogli; misure: mm
320 × 215, a due colonne. Proviene dal monastero di Oña.
Bibl.: TPE, p. 461 n. 130; A. MILLARES CARLO, Contribución al « Corpus » de códices visigóticos,
Madrid, Tipografía de Archivos, 1931, pp. 199-200 e tav. XXXIII; SÁNCHEZ ALBELDA, Aportacio-
nes cit., p. 441 e tav. II; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 424 n. 213; CCV, p. 95
n. 132 (tavola).
160 PAOLO CHERUBINI
26
27
Madrid, Biblioteca Nacional, Vitr. 13, 1 (già Pp. 15 e Toletanus 2.1): Bibbia,
secolo X, Andalusia. Misure: mm 430 × 320, a tre colonne. Si tratta del celebre
codice Toletano, detto anche Biblia Hispalensis, donato da Servando (vescovo di Astigi
nella Betica, tra Cordova e Siviglia, oggi Écija: Dominguez Bordona e Simonet; ma
di Siviglia nella sottoscrizione alla fine del codice: Lowe, p. 135) a Giovanni vesco-
vo di Cordova che a sua volta lo donò alla chiesa di Santa Maria di Siviglia il 23
dicembre 988; non si conoscono le cause che lo portarono a Toledo. Decorato
anche con figure umane, riflette il gusto tipico dell’arte mozarabo-andalusa eviden-
te, tra l’altro, nella fattura di un’aquila e di un toro simboli degli evangelisti Gio-
vanni e Luca affacciati nelle arcate moresche dei Canoni eusebiani; ma i ritratti
degli apostoli e di tre profeti Nahum, Zaccaria e Michea sono di fattura piuttosto
elementare; frequenti i disegni di uccelli e pesci spesso soltanto contornati a penna
e privi di colore. La sua datazione, inizialmente posta nell’VIII secolo (così ancora
in Clark e in Ewald - Loewe) fu corretta da Quentin alla fine IX – inizio X secolo
e, sulla base di motivi più solidi, da Lowe e Millares Carlo al X, vi si riconosce
l’opera di più copisti forse attivi in epoche leggermente diverse. Presenta numerose
note in visigotica corsiva, in ebraico e in arabo, queste ultime quasi sempre relative
alla realizzazione delle profezie nella persona di Gesù, ma una, tradotta da Simo-
net (p. 628), fa riferimento anch’essa alla donazione del codice alla chiesa mariana
di Siviglia; in arabo sono anche le lettere utilizzate per numerare i fascicoli di
seguito alla serie dell’alfabeto latino.
Bibl.: VLH, p. 352 n. 15; TPE, pp. 169-70, 459 n. 108 e tav. XXIII; E. DE TERREROS Y
PANDO, Paleografía española que contiene todos los modos conocidos, que ha habido de escribir en
España, desde su principio, y fundacion, hasta el presente, á fin de facilitar el registro de los archivos
y lectura de los manuscritos, y pertinencia de cada particular; juntamente con una historia sucinta del
idioma comun de Castilla, y demás lenguas, ó dialectos, que se conocen como proprios en esto reynos:
substituida en la obra del Expectaculo de la naturaleza, en vez la paleografía francese, Madrid, J.
Ibarra, 1758, n. 1 tav. XV; A. MERINO DE JESUCRISTO, Escuela de leer letras cursivas antiguas y
modernas, desde entrada de los godos en España hasta nuestros tiempos, Madrid, Don Francisco
Assensio y Mejorada, 1780, p. 55 e tav. V; DE EGUREN, Memoria cit., p. 44; J. MUÑOZ RIVERO,
Paleografía visigoda: método teórico-práctico para aprender a leer los codices y documentos españoles de
los siglos V al XII, Madrid, D. Jorro, 1881 (2a ediz. 1919), p. 15 nota 119 e tavv. VIII-IX,
XII-XIII; EWALD - LOEWE, Exempla scripturae cit., pp. 7-8 e tav. IX; LOEWE - HARTEL, Bibliotheca
cit., pp. 261-63; BERGER, Histoire de la Vulgate cit., pp. 12-14; FR. X. SIMONET, Historia de los
Mozárabes de España deducida de los mejores y mas auténticos testimonios de los escritores cristianos y
arabes, Madrid, Viuda y hiios de M. Tello, 1897-1903 (Memorias de la Real Academia de la
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 161
Historia, XIII), pp. 605-06, 627-28 e 640-41; LOWE, Studia palaeographica cit., p. 57 n. 4; D.
FERNÁNDEZ ZAPICO, Sobre la antigüedad del códice toledano de la Vulgata, in «Razón y Fe», XXXIX
(1914), pp. 362-71; M. GÓMEZ MORENO, Iglesias mozárabes. Arte español de los siglos IX a XI,
Madrid, Centro de estudios históricos, 1919, pp. 8 e 358; CLARK, Collectanea Hispanica cit.,
p. 45 nn. 613-14; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 112 n. 117; E. A. LOWE, On the
date of the Codex Toletanus, in « Revue bénédictine », n. s., XXXV (1923), pp. 267-71, rist. in
ID., Palaeographical Papers cit., I, pp. 135-38; Z. GARCÍA VILLADA, Nota a un artículo de Loewe
sobre la fecha del códice toletano de la Vulgata, in « Estudios Eclesiásticos », III (1924), pp. 324-25;
DOMÍNGUEZ BORDONA, Exposición cit., p. 169 n. 1 e tav. I; ID., La miniatura cit., p. 27 e tavv. 4a
e 5a; ID., Manuscritos con pinturas cit., I, p. 349 n. 875; ID., Miniatura cit., p. 20 e fig. 3;
BOVER, La Vulgata cit., pp. 38-40; A. MILLARES CARLO, A propósito del « Codex Hispalensis » de la
Biblia, in ID., Contribución cit., pp. 97-130 e tavv. XVI-XX; ID., Nuevos estudios cit., pp. 51-52
n. 1; M. DE LA TORRE y P. LONGÁS, Catálogo de códices latinos, I. Bíblicos, Madrid, Patronato de
la Biblioteca Nacional, 1935, pp. 1-2 n. 1; M. CHURRUCA, El influjo oriental en los temas icono-
gráficos de la miniatura española. Siglos X al XII, Madrid, Espasa-Calpe, 1939, p. 136; R. FER-
NÁNDEZ POUSA, Los manuscritos visigóticos de la Biblioteca Nacional de Madrid, in « Verdad y Vida »,
III (1945), pp. 376-423: 417-20 n. 27; DÍAZ Y DÍAZ, Index cit., p. 151 n. 614; FISCHER, Bibelaus-
gaben cit., pp. 70 c; CCV, pp. 99-100 n. 146 (tavola).
28
Madrid, Biblioteca Nacional, 7768 (già U. 47): Bibbia (I Mcc, 2, 23-27 e 42-46),
secolo XI ex., Castiglia. Frammento di un foglio; misure: mm 150 × 280, a due
colonne.
Bibl.: TPE, p. 459 n. 104; FERNÁNDEZ POUSA, Los manuscritos cit., p. 406 n. 21; MILLARES
CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 376 n. 72; DÍAZ Y DÍAZ, Codices visigóticos cit., p. 426
n. 153; SUPINO MARTINI, La scrittura cit., p. 113 nota 33; CCV, pp. 111-12 n. 162 (tavola).
29
30
Madrid, Biblioteca Nacional, 10001 (già Vitr. 5, 1, Hh. 69 e Toletanus 35.1) [I]:
Psalterium, Cantica et Hymni, secolo IX-X, Toledo o Aragona? Misure: mm 330/
360 × 255/270, a due colonne. Nel prologo si legge l’acrostico « Mauricius obtante
Veraniano edidit » e a f. 150r si trova scritto, nella col. A all’interno dell’iniziale
della parola « Lauda », « Abudantius presbiter librum », cui segue nella colonna B
presso la parola « Laudate »: « Mauro presbytero scriptor ». Ogni salmo è preceduto
da una breve antifona in visigotica di formato minore con notazioni musicali. Al
Salterio seguono settantasette cantici (Whitehill) e gli inni preceduti da un Prologus
innorum. Quest’ultimo è accompagnato da notazioni marginali del secolo XIV intese
ad illustrare il modo di cantare determinati inni; queste note, molto simili ad altre
analoghe presenti su manoscritti liturgici toletani, sono un’importante testimonianza
dell’uso della liturgia mozaraba nell’antica capitale del Regno ancora alla fine del
medioevo. Questo fenomeno, accanto al caratteristico aspetto della scrittura, asse-
gnano senza grandi dubbi il manoscritto a Toledo, nonostante che, a giudizio di
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 163
Brou (il quale lo riteneva d’origine monastica), la notazione musicale non sia quella
qui in uso di norma; si tratta invece esattamente di notazione mozarabica per
Whitehill. Inconsistente la localizzazione aragonese avanzata da Díaz y Díaz. Sono
presenti note, oggi molto sbiadite, in arabo, in visigotica dei secoli XII e XIII, in
gotica e in minuscola notarile del secolo XIV. Loewe - Hartel datarono il manoscrit-
to al IX secolo nella raccolta di facsimili, a IX-X nella Bibliotheca, al IX lo data
anche Mundó; Clark si sbilanciò per il X, e con lui Millares Carlo (che in un
primo momento aveva accettato i secoli IX-X). José Janini e José Serrano hanno
azzardato addirittura il secolo XI, da una parte, in considerazione della presenza di
alcune a caroline e iniziali di gusto carolingio, e dall’altra per la somiglianza della
decorazione con quella dei codici Toletani 35.3 e 35.7 che sono del secolo XII. La
datazione più convincente resta quella proposta dal Lowe al IX-X secolo, basata
sull’assenza di distinzione nei segni che esprimono i suoni duro e sibilato di ti, ma
sulla presenza regolare di I alta e quella occasionale di I alta biforcuta. Non pre-
senta illustrazioni con figura, ma all’inizio del primo cantico è stato lasciato lo
spazio per illustrare il Dominus de Sina venit.
Bibl.: VLH, p. 358 n. 29; TPE, p. 460 n. 117; DE EGUREN, Memoria cit., p. 48; J. F.
RIAÑO, Critical and bibliografical notes on early spanish music, London, B. Quaritch, 1887 (rist.
New York, Da Capo Press, 1971) , fig. 4; EWALD - LOEWE, Exempla scripturae cit., p. 21 e tav.
XVIIa; LOEWE - HARTEL, Bibliotheca cit., p. 296-97; LOWE, Studia palaeographica cit., p. 66 n. 47;
FEROTÍN, Le Liber Mozarabicus cit., coll. 686-88; CLARK, Collectanea Hispanica cit., p. 46 n. 624 e
fig. 22; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 113 n. 126; WHITEHILL, A Mozarabic Psalter
cit., p. 464; C. ROJO y G. PRADO, El canto mozárabe. Estudio histórico-crítico de su antigüedad y
estado actual, Barcelona, Diputación provincial de Barcelona, 1929, p. 18 n. 1; DOMÍNGUEZ
BORDONA, Manuscritos con pinturas cit., pp. 288-89 n. 671 e fig. 251; A. MILLARES CARLO, Los
códices visigóticos de la Catedral toledana. Cuestiones cronológicas y de procedencia, Madrid 1935,
pp. 31-32 n. 20; ID., Nuevos estudios cit., pp. 66-68 n. 20; BROU, Études sur le Missel cit.,
pp. 360-64; G. M. SUÑOL, Introduction à la paléographie musicale gregorienne, Paris, Desclées, 1935,
pp. 312-352; WHITEHILL, A Catalogue cit., pp. 97-100; J. ENCISO DE VIANA, El estudio bíblico de
los códices litúrgicos mozárabes, in « Estudios bíblicos », I (1942), pp. 291-313: 296 nota 14, e
307 n. 39; J. ENCISO, El autor del prólogo en verso de los himnos mozárabes, in « Revista Española
de teología », III (1943), pp. 485-92; FERNANDEZ POUSA, Los manuscritos cit., pp. 12-13 n. 9; H.
ANGLÈS y J. SUBIRÁ, Catálogo Musical de la Biblioteca Nacional de Madrid, I, Barcelona, Consejo
Superior de Investigaciones científicas. Instituto español de Musicología, 1946, pp. 1-2 n. 1;
MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., pp. 379-81 n. 84; A. M. MUNDÓ, La datación de los
códices liturgicos visigóticos toledanos, in « Hispania Sacra », XVIII/35 (1965), pp. 1-25: 14; C.
WARING BROCKETT JR., Antiphons, responsories and other chants of the mozarabic rite, New York,
Institute of mediaeval music, 1968, pp. 38-41 n. 15 e tavv. IV e XXIV; Manuscritos litúrgicos de
la Biblioteca Nacional. Catalogo, por J. JANINI y J. SERRANO, con la collaboración de A. M. MUNDÓ,
Madrid, Dirección General de Archivos y Bibliotecas, 1969, pp. 120-23 n. 97; CCV, pp. 112-
13 n. 163/I (tavola).
31
32
Bibl.: TPE, p. 464 n. 167; LOEWE – HARTEL, Bibliotheca cit., p. 513; PÉREZ PASTOR, Índice
cit., pp. 43-44 n. LXIV bis; CLARK, Collectanea Hispanica cit., pp. 43 n. 603, 210 e fig. 53;
GÓMEZ MORENO, El arte románico cit., p. 21 tav. XIV; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p.
110 n. 105; DOMÍNGUEZ BORDONA, Manoscritos con pinturas cit., pp. 214 e 216 n. 371 e fig.
203; ENCISO, El estudio bíblico cit., p. 307 n. 32; WHITEHILL, A Catalogue cit., pp. 105-07; BROU,
Études sur le Missel cit., p. 358; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 398 n. 108; DÍAZ
Y DÍAZ, Libros y Librerías cit., pp. 190-191 e tav. 16; CCV, p. 138 n. 205 (tavola).
33
34
35
danneggiato durante la guerra civile del 1936-39. Misure: mm 495 × 360, a tre
colonne. D’origine toletana o cordovese (Mundó), il codice è datato al IX secolo da
Lowe, al confine tra IX e X da Berger e Mundó, al X ma prima del 927 da
García Villada, da Canellas dopo quella data e in Andalusia, semplicemente al X
da Fischer. Il sistema di punteggiatura adottato consta di due segni, un punto
sormontato da una virgula per il punto fermo e la distinctio media (·) per la pausa
breve. Molte le note marginali, in visigotica, in gotica e in arabo. De Bruyne, che
pure data il manoscritto al IX secolo, ha individuato ben duecento sedici note
liturgiche apposte da una mano contemporanea, che costituiscono un quadro com-
pleto delle letture dell’intero ciclo liturgico, sebbene non sempre in consonanza con
il liber commicus; esse non compaiono mai nei Vangeli, perché per questi ultimi ci si
serviva evidentemente di un altro libro sul tipo del capitulare evangeliorum carolin-
gio. Proviene dal Collegio di San Ildefonso di Alcalà di Henares e fu portato
all’Università Complutense dal cardinale Francisco Jímenez de Cisneros de Toledo
(1437-1517).
Bibl.: VLH, pp. 352-53 n. 17; TPE, p. 461 n. 132; MERINO DE JESUCRISTO, Escuela cit.,
n. 1 e tav. VI; VILLAAMIL Y CASTRO, Catálogo de Manuscritos existentes en la Biblioteca de la
Universidad Central, I. Códices, Madrid 1878, n. 31; BERGER, Histoire de la Vulgate cit., p. 22-23;
D. DE BRUYNE, Un sistème de lectures de la liturgie mozarabe, in « Revue bénédictine », XXXIV
(1922), pp. 147-58: 147 nota 1; LOWE, Studia Palaeographica cit., p. 46 n. 20; CLARK, Collecta-
nea Hispanica cit., p. 48 n. 635; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 115 n. 136; MILLA-
RES CARLO, Contribución cit., pp. 29-30 e tav. V; DOMÍNGUEZ BORDONA, Manuscritos con pinturas
cit., I, p. 493 n. 1166; R. MIQUÉLEZ y P. MARTÍNEZ, El códice Complutense o la primera Biblia
visigótica de Alcalá, in « Anales de la Universidad de Madrid », IV (1935), pp. 204-19; MILLARES
CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 383 n. 90; FISCHER, Bibelausgaben cit., p. 72 e; CANELLAS,
Exempla scripturarum Latinarum cit., pp. 41-42 n. XV, 147-48 e tav. XV; BOGAERT, La version
latine cit.; CCV, p. 146 n. 214 (tavola).
36
Madrid, Universidad Complutense, 32: Bibbia, secolo IX-X, forse Andalusia (se-
conda Bibbia di Alcalà). Completamente distrutto durante la guerra civile del 1936-
39, ne esiste una copia fotografica eseguita dai Benedettini di San Girolamo di
Roma. Misure: mm 511 × 380, a tre colonne. La decorazione, di stile mozarabico, è
alquanto sobria: lettere nastriformi con elementi fitomorfi e zoomorfi all’inizio di
ciascun libro (che ricordano analoghi motivi ornamentali del Cavense: Berger), sim-
boli dei quattro evangelisti collocati sopra le iniziali dei rispettivi Vangeli; Canoni
con archi e allegorie degli evangelisti. Come il precedente, anche il Complutensis2 è
del IX secolo per Lowe, al passaggio tra IX e X per Berger, Clark e Ayuso Ma-
razuela, del secolo X per Domínguez Bordona (della prima metà per Bermejo),
dell’XI per De Eguren.
Bibl.: VLH, p. 358 n. 18; TPE, p. 461 n. 133; MERINO DE JESUCRISTO, Escuela cit., n. 2
tav. VI; DE EGUREN, Memoria cit., p. 18; VILLAAMIL Y CASTRO, Catálogo cit., n. 32; BERGER,
Histoire de la Vulgate cit., pp. 15-16; LOWE, Studia Palaeographica cit., p. 47 n. 26; CLARK,
Collectanea Hispanica cit., p. 48 n. 636; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 115 n. 137;
DOMÍNGUEZ BORDONA, Manuscritos con pinturas cit., I, pp. 493-94 n. 1167 e fig. 415; M. T.
BERMEJO, La segunda Biblia visigótica de Alcalá, in « Boletín de Bibliotecas y Bibliografía », II
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 167
(1935), pp. 63-84; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 383 n. 91; MUNDÓ, El Commi-
cus cit., p. 155; CCV, p. 146 n. 215 (tavola).
37
38
München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 6436, ff. 2-18, 22-23, 24, 25-30 e
33-35 + München, Bayerische Staatsbibliothek, Clm 6230 (n. 37) + München, Uni-
versitätsbibliothek, 4° 928 (n. 39) + Göttweig, s. n. (n. 10) (C. L. A. IX, 1286a-b;
X**, 1286a): Epistole di san Paolo ed epistole cattoliche (versione antegeronimiana), se-
conda metà del secolo VI – prima metà del VII. 25 fogli. Misure: mm 260 × 175
circa, a una colonna.
39
40
New York, Columbia University, Plimpton Library, 27 (C. L. A. XI, 1654) + Luc-
ca, Archivio di Stato (v. n. 22): Bibbia (Ios, 21, 31-22, 33), secolo VIII-IX. Misure:
mm 440 × 320, a tre colonne. Secondo Lowe fu prodotto nel medesimo scriptorium
del Toletano (cfr. n. 27); per Mundó « de origen desconocido »; per Millares Carlo e
i compilatori del Corpus de códices visigóticos è cordovese. García Villada e Mundó lo
datano al IX secolo.
Bibl.: TPE, p. 466 n. 187; D. DE BRUYNE, Manuscrits wisigothiques, in « Revue bénédicti-
ne », n. s., XXXVI (1924), pp. 5-20: 7 n. 2; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 17 n.
168 PAOLO CHERUBINI
17; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 393 n. 118; MUNDÓ, El Commicus cit., p. 177;
REYNOLDS, Visigothic-Script Remains cit., pp. 308-309 (con ulteriore bibliografia alla nota 6);
CCV, p. 152 n. 231 (tavola).
41
Orense, Archivo Capitular, ms. 44: Bibbia (Ez, 30, 18-33, 2), secolo XI. Un
foglio mutilo della parte superiore; misure: mm 365 × 200/240, a tre colonne.
Bibl.: TPE3, p. 335 n. 232; E. DURE PEÑA, Los códices de la Catedral de Orense, in « Hispa-
nia Sacra », XIV (1961), pp. 185-212: 211-11; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 428
n. 226; CCV, p. 153 n. 235 (tavola).
42
43
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Salamanca, Biblioteca Universitaria, ms. 2668 (già Madrid, Biblioteca Real, 329
[2 J 15]): Liber canticorum de doña Sancha, secolo XI (anno 1059), forse León. Misu-
re: mm 214/215 × 130/141, ad una colonna. La scrittura è regolare, ma non regge
il confronto con quella del diurno di Fernando I (n. 47); è opera di « Christoforus
indignus » che si sottoscrive a f. 158v. Contiene solo i cantici e non il Salterio. Ogni
cantico inizia con una lettera decorata. Forse scritto nella regione di León, dalla
regina Sancha passò alla figlia Urraca; nel XIV secolo era nella Biblioteca di Santa
Maria di Aniago da dove passò al Collegio Maggiore di Cuenca a Salamanca.
Bibl.: VLH, pp. 359-400 n. 38; TPE, p. 461 n. 134; RIAÑO, Critical and bibliografical notes
cit., pp. 27-28; LOEWE - HARTEL, Bibliotheca cit. p. 474 e fig. 5; EWALD - LOEWE, Exempla
scripturae cit., p. 25 e tav. XXXII; FEROTÍN, Histoire cit., p. 262 nota 2; ID., Le Liber Mozarabi-
cus cit., coll. 925-30; ID., Deux manuscrits wisigothiques cit., pp. 374-84; LOWE, Studia palaeo-
graphica cit., p. 93; ENCISO, El estudio bíblico cit., p. 308 n. 45; CLARK, Collectanea Hispanica cit.,
n. 633; BROU, Études sur le Missel cit., p. 358; WHITEHILL, A Catalogue cit., pp. 116-21; GÓMEZ
MORENO, El arte románico cit., p. 19; GARCÍA VILLADA, Paleografía española cit., p. 115 n. 135;
ROJO y PRADO, El canto mozárabe cit., fig. 9; DOMÍNGUEZ BORDONA, Manuscritos con pinturas, II,
p. 395 n. 1138; ID., Diccionario cit., p. 91; ID., Exposición cit., pp. 67-69 n. 104; J. PINELL,
Fragmentos de códices del antiguo rito hispano, in « Hispania Sacra », XVII (1964), pp. 195-229:
201; BROCKETT, Antiphons cit., pp. 51-53; CCV, pp. 174-75 n. 280 (tavola).
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Santa Eulalia de Valdeón, Archivo Parroquial, s. n.: Bibbia (Lv), forse seconda
metà del secolo X. Un foglio. Misure: mm 292/338 × 321, a tre colonne. Ritrovato
nell’archivio parrocchiale del piccolo centro situato al confine tra Asturie e León, a
circa 50 km da San Toribio di Liébana, era stato utilizzato come coperta per un
registro di conti del secolo XVIII.
Bibl.: M. J. FUENTES, E. E. RODRÍGUEZ DÍAZ, Un nuevo fragmento de biblia visigótica a tres
columnas. Estudio paleográfico y codicológico, in Actas del VIII coloquio cit., pp. 211-220; CHERUBINI,
La Bibbia di Danila cit., p. 79 nota 9.
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Valvanera (La Rioja), Abadía Benedictina, s. n.: Bibbia (Ps, 53, 6-54, 18), secon-
da metà del secolo X, Valvanera. Un foglio; misure: mm 280 × 195. Gómez si
domanda se esso non facesse parte in origine della Bibbia di Valvanera in due
volumi, che secondo Ambrosio de Morales doveva essere stata scritta nel secolo XI
e che presentava numerose note marginali, la quale, dopo essere stata vista dal
grande erudito cinquecentesco, perì nell’incendio dell’Escorial del 1671.
Bibl.: I. M. GÓMEZ, Fragmentos visigóticos de Valvanera, in « Hispania Sacra », V (1952),
pp. 375-79; MILLARES CARLO, Manuscritos visigóticos cit., p. 432 n. 237; DÍAZ Y DÍAZ, Libros y
Librerías cit., pp. 95-96; CCV, p. 202 n. 340.
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Vercelli, Biblioteca Capitolare, ms. 158 (C. L. A. IV, 468a): Acta Apostolorum
apocripha, secolo VII-VIII, in onciale, forse spagnolo. Misure: mm 245 × 225 circa, a
una colonna. Presenta note in minuscola visigotica del secolo VIII. Mundó lo asse-
LE BIBBIE SPAGNOLE IN VISIGOTICA 173
gna all’Andalusia. Il codice era forse in Italia già alla fine dell’VIII secolo, a giudi-
care dalla datazione proposta per una nota in minuscola dell’Italia settentrionale
presente a f. 317r.
Bibl.: TPE, p. 472 n. 274; CLARK, Collectanea Hispanica cit., p. 63 n. 711; GARCÍA VILLADA,
Paleografía española cit., p. 126 n. 216; MILLARES CARLO, Los códices visigóticos cit., pp. 416-17
n. 184; MUNDÓ, El Commicus cit., p. 178; ID., Notas para la historia cit., pp. 179-80; CCV,
p. 204 n. 343 (tavola).
TAV O L E
TAVOLA 13
13. Biblia Hispalensis, Madrid, Biblioteca Nacional, Vitr. 13, 1, f. 26r (CHERUBINI, Le Bibbie spagnole
in visigotica, p. 137).
TAVOLA 14
14. Cava dei Tirreni, Archivio della Badia della S.ma Trinità, 1, f. 42v (CHERUBINI, Le Bibbie spagnole in
visigotica, p. 143).
TAVOLA 15
15. Toledo, Archivo y Biblioteca Capitular, 2. 2, f. 31r (CHERUBINI, Le Bibbie spagnole in visigotica, p. 143).