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ANALISI DEI FABBISOGNI

FORMATIVI IN AGRICOLTURA

TERZA ANNUALITA’

SETTORI ZOOTECNICO E FLOROVIVAISTICO


INDICE GENERALE

1. ANALISI DEL COMPARTO ZOOTECNICO E INDIVIDUAZIONE DELLE


PROVINCE MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVE pag.3

2. IL SETTORE DELL’ACQUACOLTURA pag.104

3. LA FILIERA LATTIERA FRANCESE pag.136

4. ANALISI DEL COMPARTO FLORICOLO E INDIVIDUAZIONE DELLE


PROVINCE MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVE pag.214

5. METODOLOGIA DELL’INDAGINE E LE AZIENDE INTERVISTATE pag.285

6. MESSA A PUNTO DELLA RACCOLTA E L’ANALISI DEI CONTRATTI


COLLETTIVI DI LAVORO DEL SETTORE AGRICOLO pag.424

7. L’ANALISI DEI FABBISOGNI NEL SETTORE AGRITURISTICO pag.431

8. L’ANALISI DEI FABBISOGNI NEL SETTORE DELLA CERTIFICAZIONE


NEI COMPARTI AGRICOLO E AGROALIMENTARE pag.549

9. LE FIGURE PROFESSIONALI EMERSE DALL’INDAGINE pag.636

10. QUESTIONARI PER INTERVISTE pag.877


ANALISI DEL COMPARTO ZOOTECNICO E INDIVIDUAZIONE DELLE
PROVINCE MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVE

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INDICE

IL QUADRO GENERALE DEL SETTORE ZOOTECNICO pag. 3

Il comparto bovino pag. 25


Bovini da carne pag. 26
Bovini da latte pag. 33

Suini pag. 34

Ovicaprini pag. 38

Il comparto avi-cunicolo pag. 50


Avicoli pag. 50
Uova pag. 55
Cunicoli pag. 64

Equini pag. 70

Tavole statistiche pag. 73

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Il quadro generale del settore zootecnico

L’analisi dei dati statistici strutturali ed economici del settore zootecnico, risultanti dal
5° Censimento in agricoltura, evidenzia condizioni sfavorevoli per il settore nel
nostro paese e nell’intera Unione Europea.

Inoltre come per altri settori, la zootecnica deve tenere presente la trasformazione
richiesta all’agricoltura in questi ultimi anni: l’aumento delle produzioni non
costituisce più il fine ultimo dell’attività agrozootecnica, acquistano sempre più
importanza aspetti socio – economici , quali la salvaguardia ambientale, l’agricoltura
sostenibile o ecocompatibile, la difesa idrogeologica, la biodiversità, la qualità della
vita, la presenza dell’uomo sul territorio.

Fra le cause principali della crisi si possono individuare i seguenti fattori:


1. Evoluzione della produzione e dei mercati:

- forti eccedenze produttive a livello comunitario in diversi settori (latte, carne bovina)
ereditate da periodi precedenti caratterizzati dall’aumento delle produzioni, con una
conseguente politica di mercato tesa essenzialmente a salvaguardare i prezzi dei
prodotti con evidenti squilibri dei mercati

- crescente concorrenza dovuta alla globalizzazione dei mercati

2. Politiche di settore:

- politiche comunitarie non sempre complete, soprattutto nei confronti di settori


tradizionalmente più poveri e meno competitivi (ad esempio il settore ovi-caprino - in
tutti i paesi della Unione Europea, gli allevatori di ovicaprini detengono i redditi più
bassi fra gli operatori agricoli: necessitano quindi di maggior attenzione da parte delle
politiche di settore).

- strategie di sviluppo rurale integrato non sufficientemente organiche

3. Emergenze sanitarie:

- BSE, Blue Tongue, influenza aviare; problematiche legate alla rintracciabilità dei
prodotti animali che causano scarsa credibilità verso il consumatore ed un progressivo
declino della loro immagine e dei prezzi.

- l’obbligo di adeguare gli allevamenti e le produzioni a normative igienico- sanitarie


con conseguenti forti investimenti non sempre sostenibili.

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4. Aspetti socio-culturali

- elevata età media dei conduttori e scarso ricambio generazionale negli allevamenti a
conduzione familiare con il conseguente abbandono da parte dei giovani

- abbandono di alcune attività zootecniche a favore di altre attività agricole che


comportano un miglioramento della qualità della vita dell’operatore

- maggiori costi derivanti dal giusto impegno rivolto alla tutela dell’ambiente e alla
protezione del benessere degli animali.

Questo periodo di crisi si colloca in un momento in cui l’Unione Europea ha in corso


la cosiddetta revisione di medio termine, scelto ed adottato il sistema di
disaccoppiamento tra aiuti e produzione, la progressiva diminuzione e modulazione
degli aiuti, la condizionalità.

Il disaccoppiamento introduce un sostegno completamente svincolato dalla


produzione: per ottenere gli aiuti diretti, gli agricoltori non dovranno più dimostrare di
praticare una coltura o un allevamento. Il pagamento del sostegno è subordinato ad un
unico requisito: il rispetto della condizionalità, cioè di norme in materie agronomiche e
ambientali, di sanità e sicurezza alimentare, di salute e benessere animale.

Per il settore zootecnico le novità riguardano soprattutto, i seminativi, l’OCM


delle carni bovine ed il sistema delle quote latte.
con l’applicazione del Regolamento CE n. 1782/2003 si introduce in Italia, a del 2005,
Sistema degli aiuti disaccoppiati, cioè non vincolati alla produzione

Con l’applicazione del Reg. CE n. 1782 /2003 si introduce in Italia a partire dal 1°
gennaio 2005 il nuovo regime del pagamento unico aziendale che sarà assegnato in
base agli aiuti comunitari percepiti da ciascuna azienda nel triennio di riferimento
2000-2002. L’Italia ha scelto la formula del disaccoppiamenti totale nel senso che
l’aiuto percepito non sarà più legato alla produzione/allevamento e quindi si ha una
piena autonomia e libertà di scelte nella gestione dell’impresa.

Settori produttivi interessati

Il disaccppiamenrto totale riguarda i seguenti comparti: seminativi, carni bovine,


carni caprine - per il settore lattiero il disaccoppiamento partirà dal 2006.

Beneficiari dell’aiuto

Possono beneficiare del regime di aiuto gli agricoltori che, in possesso in via
originaria o derivata di titoli all’aiuto, dispongono all’11 novembre 2004 delle

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parcelle per le quali presentano domanda di pagamento e su queste esercitano attività
agricola, salvo i casi di forza maggiore o di circostanze eccezionali.

Condizionalità

Il totale pagamento dei titoli, a cui ciascun agricoltore ha diritto, è legato ad una serie
di prescrizioni riguardanti le buone condizioni agronomiche ed ambientali che devono
essere rispettate.

Prima assegnazione dei titoli all’aiuto

L’AGEA comunica a ciascun agricoltore i dati produttivi del triennio di riferimento


(2000-2001-2002) risultanti all’Amministrazione utili ai fini del calcolo dei titoli. Gli
interessati confermano o chiedono la modifica dei titoli assegnati in via provvisoria.
L’AGEA provvederà ad inviare agli agricoltori identificati un modulo di domanda di
fissazione provvisoria dei titoli e successivamente gli agricoltori presentano all’AGEA
la domanda di fissazione definitiva dei titoli all’aiuto e di ammissione al regime di
pagamento unico.

Premio supplementare

Per incentivare i sistemi di qualità, in applicazione dell’art. 69 del Regolamento CE n.


1782/2003, nel settore dei seminativi, delle carni bovine e ovi-caprine è previsto un
premio supplementare.
impegni da parte dell’agricoltore. Gli impegni e gli aiuti previsti sono i seguenti:
Seminativi

Per tutte le colture che rientrano nei seminativi (segala, orzo, avena, altri cereali,
piselli, fave e favette, lupini dolci, ecc.), oltre all’obbligo dell’utilizzo di sementi
certificate ed esenti da ogm, si deve applicare l’avvicendamento almeno biennale con
una coltura miglioratrice della fertilità del terreno ( le leguminose sono considerate
colture miglioratrici perché in grado, attraverso la simbiosi con i batteri del genere
Rizobium, di fissare l’azoto atmosferico) o le colture da rinnovo. Il produttore che
vuole aderire alla misura seminativi dovrà la durata dell’avvicendamento e i
riferimenti catastali delle particelle interessate. L’importo massimo è di 180 €/ha.

Bovini

Il pagamento supplementare è previsto anche per le carni bovine sia sotto forma di
premio di mantenimento degli animali sia di premio di macellazione. Possono
accedere gli allevatori delle seguenti categorie di animali che assumono determinati
condizioni di ammissibilità:

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1. Vacche nutrici
Sono ammissibili al premio le vacche nutrici e giovenche ad attitudine carne iscritte ai
libri genealogici e ai libri di razza impegnandosi a mantenere gli animali in azienda
per almeno sei mesi dalla domanda.

2. Vacche a duplice attitudine


Un premio di mantenimento è previsto per le razze a duplice attitudine purchè si
rispettano i seguenti requisiti: il carico di bestiame deve essere pari o inferiore a 1,4
Uba/ha della superficie agricola foraggera con l'utilizzo di almeno il 50% della Sau
foraggera a pascolo permanente; mantenimento in azienda per almeno sei mesi dalla
domanda.
3. Vacche nutrici e giovenche da carne non iscritte ai libri genealogici e ai registri di
razza
Un premio di mantenimento è previsto anche per le vacche e le giovenche da carne
non iscritti nei libri genealogici. Per accedere al premio sono previsti i seguenti
impegni: possesso di un numero medio di capi annuo superiore a 5 Uba (si intende per
Uba l’unità di bovino adulto che è pari a 1 per le vacche nutrici e 0,6 nel caso di
animali al di sotto dei due anni); gli animali devono avere un’età inferiore ai 7 anni; il
carico di bestiame deve essere pari o inferiore a 1,4 Uba/ha della superficie agricola
foraggera di cui almeno il 50% utilizzata a pascolo permanente; gli animali devono
essere mantenuti in azienda per almeno sei mesi dalla presentazione della domanda.

4. Bovini maschi e femmine di età compresa tra gli 8 e 20 mesi


Un premio di mantenimento per i bovini maschi e femmine di età compresa tra gli 8 e
20 mesi. Per accedere al premio sono previsti i seguenti impegni: possesso di un
numero medio di capi annuo superiore a 5 Uba; il carico di bestiame deve essere pari
o inferiore a 1,4 Uba/ha della superficie agricola foraggera di cui almeno il 50%
utilizzata a pascolo permanente; gli animali devono essere mantenuti in azienda per
almeno sette mesi dalla presentazione della domanda.

5. Bovini maschi e femmine di età compresa tra 12 e 26 mesi.


Per ciascun capo bovino macellato in età superiore a 12 mesi ed inferiore ai 26 ed
etichettato ai sensi del Reg. 1760/200 è previsto un premio alla macellazione.
L’animale deve essere mantenuto in azienda per almeno sette mesi prima della
macellazione e la indicazione in etichetta dell’azienda di allevamento.

In tutti i casi sopraddetti l’azienda deve essere in regola con quanto prescritto dalla
normativa sull’identificazione degli animali e l’iscrizione all’anagrafe bovina, che
costituisce la base dei controlli che verranno effettuati dall’AGEA.

Ovi-caprini

Nel settore delle carni ovicaprine un pagamento supplementare a capo viene


riconosciuto agli allevatori con più di 50 capi che conducono gli animali al pascolo
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per almeno 120 giorni all’anno. L’importo massimo del pagamento supplementare è
fissato a 15€/capo

Modulazione

La modulazione consiste in una trattenuta dei pagamenti diretti per tutte quelle
aziende che ricevono titoli di aiuto superiori a 5.000 € allo scopo di finanziare la
nuova politica di sviluppo rurale. Tale trattenuta a regime è del 5% sulla parte
eccedente i 5.000 €

Le aziende del settore


In Italia, secondo i dati ufficiali ISTAT (Volume Tematico - La Zootecnia in Italia -
22 ottobre 2000) sono presenti 2.594.825 aziende agricole, zootecniche e forestali, con
una superficie totale di 19,6 milioni di ettari, di cui 13,2 milioni di superficie agricola
utilizzata (SAU). Sull’universo aziendale agricolo, 676.311 aziende sono zootecniche
con una superficie totale pari a 7,7 milioni di ettari, di cui 5,8 milioni di superficie
agricola utilizzabile (SAU). In Italia, secondo il censimento del 2000 su 100 aziende
agricole, 26 allevano animali.

Con riferimento alle specie allevate si distinguono le seguenti consistenze:

¾ 6.049.252 capi bovini in 171.994 aziende (25,4% delle aziende zootecniche)

¾ 181.951 capi bufalini in 2.246 aziende (0,3%)

¾ 8.645.659 capi suini in 195.502 allevamenti (28,9%)

¾ 6.810.389 capi ovini in 97.018 allevamenti (14,3%)

¾ i caprini sono 923.755 capi in 48.611 allevamenti (7,2%);

¾ 184.838 capi equini in 48.689 aziende (7,2%)

¾ 171.399.215 avicoli in 521.895 aziende (77,2%)

¾ 10.887.544 conigli in 216.842 aziende (32,1%).

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Tab. 1 - Consistenza capi e aziende per specie (2000 - Var 1990-2000)
SPECIE E CATEGORIE Aziende Capi Variazioni percentuali
2000/1990
Aziende Capi
BOVINI 171.994 6.049.252 45,9 -21,2
Di età inferiore a 1 anno 127.947 1.784.605 -41,8 -26,2
Da 1 anno a meno di 2 anni 106.877 1.503.968 -39,0 -11,8
Da 2 anni e più 135.990 2.760.679 -49,0 -22,2
Vacche da latte 79.893 1.771.889 -61,0 -31,6

BUFAUNI 2.246 181.951 5,2 112,6

SUINI 195.505 8.845.659 -45,3 2,3


Di peso infamare a 20 kg 7.877 1.584.778 -50,0 8,7
Da 20 Kg a meno dl 50 Kg 12.153 1.718.692 -39,7 7,1
Da ingrasso di 50 Kg e più 182.107 4.598.867 -44,7 -0,8
Da riproduzione d 50 Kg e più 19.834 743.322 -51,7 4,6

OVINI 97.018 6.810.389 -40,5 -22,1

CAPRINI 48.611 923.755 -46,8 -26,6

EQUINI 48.889 184.838 -32,6 -13,1

ALLEVAMENTI AVICOLI 521.895 171.399.215 -36,9 -1,1

La zootecnica risulta più diffusa nel Nord-Centro dell’Italia meno al Sud (18,8%) e
nelle Isole (9,6%). 1/3 delle aziende zootecniche risulta concentrato in 3 Regioni:
Veneto (12,5%), Lombardia (11,4%) e Lazio (10,2%).
Tab. 2 - Numero aziende per regione e specie (2000)
REGIONI Totale Bovini Bufalni Ovini Caprini Suini Equini Allevamenti Conigli
aziende avicoli
Piemonte 42.555 18.537 16 2215 3.639 3.546 2921 27.431 15.539
Valle d'Aosta 2.822 1.586 - 169 282 107 145 1.489 619
Lombardia 35.619 19.684 59 2857 3.552 7.493 4.605 19.980 9.889
Trentino A. A. 17.789 11.217 5 2515 2.245 5.885 2389 11.262 2.740
Bolzano 12.812 9.476 4 2136 1.725 5.475 1.798 8.562 1.502
Trento 4.977 1.741 1 379 520 410 591 2.700 1.238
Veneto 84.555 21.575 27 1.054 2.385 10.674 3.581 71.586 20.343
Friuli V. Giulia 14.679 3.761 9 231 624 3.095 647 11.827 4.386
Liguria 11.832 1.702 4 1.389 1.067 374 780 9.888 5.891
Emilia R. 49.071 11.960 19 1.879 1.577 4.521 3.485 41.480 18.153
Toscana 49.805 4.964 13 4.635 2.028 5.471 4.233 42.057 24.893
Umbria 25.526 3.553 8 3.815 740 7.503 1.699 22.701 11.706
Marche 39.478 5.310 27 3.853 1.234 14.979 1.332 36.408 25.748
.
Lazio 68.721 10.872 647 13.037 3.442 18.881 5.996 58.907 23.868
Abruzzo 37.559 5.945 7 9.646 1.607 15.933. 1.932 33.338 12.543
Molise 14.374 4.043 20 3.884 1.364 7.714 855 13.008 4.380
Campania 70278 15.350 1.298 8.560 5.317 34.641 2.180 60.964 20.417
Puglia 7.946 4.386 46 2462 1.424 1.310 1.245 3.841 1.670
Basilicata 20.306 3.730 13 8.119 4.467 11.639 1.902 16.175 5439
Calabria 37.387 6.089 11 5.738 5.831 26.378 1.695 27.885 6.193
Sicilia 18.443 9.045 9 6.482 2496 2.416 2.575 6.771 1.588
Sardegna 27.566 8.685 8 14.478 3.290 12.945 4.492 4.897 837
ITALIA 676.311 171.994 2.246 97.018 48.611 195.505 48.689 521.895 216.842
Elaborazione su dati Istat.

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In relazione alla diffusione di ciascuna singola specie, su 100 aziende zootecniche 77
allevano solo o anche specie avicole (polli da carne, galline da uova, oche, tacchini,
ecc…), seguite da conigli (32 su 100), suini (29 su 100) e bovini (25 su 100).

Dal 1990 è continuato il processo di ristrutturazione e di concentrazione degli


allevamenti iniziato già dal 1982, con un consequenziale aumento del numero dei capi
allevati per azienda.

Stanno scomparendo i piccoli allevamenti: le diminuzioni percentuali più forti tra i due
censimenti si riscontrano nelle classi di ampiezza più piccole e riguardano tutti i tipi di
allevamenti.

Nel 1960 i capi bovini allevati per azienda erano in media 6 unità, nel 1990 erano 24
capi, attualmente raggiungono i 35 capi.

Analogamente, gli allevamenti ovini registrano attualmente 70 capi per azienda contro
i 18 del 1960 e i 54 dei 1990.

Analogamente incrementata, ma in misura più contenuta, è invece la situazione degli


allevamenti caprini (19 capi del 2000 contro i 14 del 1960 e i 14 dei 1990).

Trattasi di fisiologiche variazioni quantitative e strutturali che imporrebbero una


analisi più approfondita in merito alle strategie e politiche, attuate e non, dell'intero
periodo 1961-2000; pertanto, al fine di illustrare l'evoluzione e l'attuale situazione dei
principali comparti zootecnici a seguito delle modificazioni e trasformazioni
intervenute nel settore, si è ritenuto opportuno limitare l'analisi al solo periodo 1990-
2000 per ciascuno dei singoli principali comparti, tenuto conto, tra l'altro, che è
proprio in quest'ultimo decennio che la zootecnia italiana, e più in generale quella
comunitaria, è stata interessata da interventi, strategie e decisioni politiche che non
sempre hanno influito positivamente sul suo sviluppo.
Tab. 3 - Numero medio capi per azienda e per specie (Var 1990-2000)
SPECIE Aziende Capi Numero medio di
capi
per azienda
2000 1990
BOVINI 171.994 6.49.252 35 24
BUFALINI 2.246 181.951 81 40
SUINI 195.505 8.845.659 44 24
OVINI 97.018 6.810.389 70 54
CAPRINI 48.611 923.755 19 14
EQUINI 48.889 184.838 4 3
ALLEVAMENTI AVICOLI 521.895 171.399.215 328 210
Elaborazione su dati Istat

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Tab. 4 - Numero capi per regione e per specie. Var 1990-2000.
Numero Capi per specie
Regione Bovini Bufalini Ovini Caprini Suini Equini Avicoli Conigli
Piemonte 818.798 598 88.166 46.182 924.162 11.751 13.967.156 1.022.907
Valle d'Aosta 38.888 - 2.216 3.399 1.072 260 14.515 7.383
Lombardia 1.606.285 4.393 91.223 50.637 3.840.105 20.408 27.285.623 611.427
Trentino AA 189.343 24 60.381 21.177 22.158 6.739 1.362.251 114.526
Bolzano 144.196 22 39.739 151.714 15.804 4.725 250.863 27.753
Trento 45.147 2 20.642 5.463 6.354 2.014 1.111.388 86.773
Veneto 931.337 1.364 30.910 12.647 701.685 13.243 47.983.231 3.205.785
Friuli Venezia G. 100.766 569 6.270 6.128 191.663 2.310 8.638.393 719.412
Liguria 16.933 20 18.340 7.959 1.514 2.656 279.177 87.499
Emilia Romagna 621.748 1.179 79.481 10.483 1.552.952 15.680 29.088.217 945.388
Toscana 103.008 521 554.679 17.158 171.641 18.589 3.484.039 544.876
Umbria 62.994 126 149.814 6.302 250.492 8.251 8.170.282 193.293
Marche 78.329 493 162.774 6.929 147.750 5.064 7.691.275 984.638
Lazio 239.457 33.518 636.499 38.849 89.206 22.795 3.322.691 517.113
Abruzzo 82.862 58 281.613 15.403 115.120 8.436 3.601.858 478.842
Molise 56.594 489 113.160 10.322 47.447 7.550 4.034.421 82.448
Campania 212.267 130.732 227.232 49.455 141.772 4.967 5.765.546 656.294
Puglia 152.723 5.604 217.963 52.135 27.145 7.550 1.981.935 171.153
Basilicata 77.711 547 335.757 97.545 82.906 5.093 496.363 104.649
Calabria 101.983 169 237.016 139.408 101.273 3.632 1.412.464 136.856
Sicilia 307.876 563 708.182 122.150 41.649 8.453 1.678.455 100.929
Sardegna 249.350 984 2.808.713 209.487 193.947 16.487 1.139.323 202.126
ITALIA 6.049.252 131.951 6.810.389 923.755 8.645.659 184.838 171.399.215 10.887.544
Elaborazione su dati Istat.

I dati statistici rivelano che il patrimonio zootecnico, dal 1990 al 2000, ha subito forti
contrazioni in tutti i comparti, in termini di aziende (Tab. 5) e di capi. (Tab.6).

Negli ultimi dieci anni il numero delle aziende zootecniche è diminuito di 366.293
unità (-35,1%), interessando tutte le specie animali, ad eccezione delle aziende
bufaline (+5,2%) e dei capi suini (2,8% capi).

Tab. 5 - Numero di aziende per alcuni comparti zootecnici


Numero Aziende Var. 2000/1990
2000 1990 Assoluta %
Bovini 171.994 318.207 -146.213 -45,9
Bufalini 2.246 2.134 112 5,2
Ovini 97.018 163.160 -66.142 -40,5
Caprini 48.611 91.289 -42.678 -46,8
Suini 195.505 357.381 -161.876 -45,3

Italia 676.311 -366.293 -35,1


Elaborazione su dati Istat.

Tab. 6 - Numero di capi per alcuni comparti zootecnici


Numero capi Var. 2000/1990
2000 1990 Assoluta %
Bovini 6.049.252 7.673.484 -1.624.232 -21,2
Bufalini 181.951 85.575 96.376 112,6
Ovini 6.810.389 8.739.253 -1.928.864 -22,1
Caprini 923.755 1.258.962 -335.270 -26,6
Suini 8.645.659 8.406.521 239.138 2,8
Elaborazione su dati Istat.

10
Tab. 7 - Aziende con allevamenti per specie di bestiame e regione. Variazioni % 1990/2000
REGIONI Totale Specie di bestiame
aziende
Allevamen Bovini Bufalini Ovini Caprini Suini Equini Avicoli Conigli
ti
AZIENDE
Piemonte -53,2 -47,2 -51,5 -40,7 -52,0 -59,8 -25,8 -61,7 -69,1
Vale d'Aosta -38,4 -33,2 - -44 -36,8 -55,6 -16,2 -48,1 -49,3
Lombardia -50,7 -43,6 15,7 -42,1 -34,1 -52,8 -31,2 -61,8 -68,8
Trentino A. A. -25,5 -24,1 400,0 2,4 13,0 -37,1 2,5 -27,5 -48,6
Bolzano -9,6 -88,7 -95,2 -80,7 -88,4 -83,6 -85,6 -93,7 -98,2
Trento -48,7 -494 -0,5 -8,9 -55,5 -3,0 -56,6 -65,4
Veneto -30,5 -49,2 58,8 -21,5 -27,7 -52,2 -12,9 -29,3 -46,4
Friuli Venezia G. -53,8 -58,7 200,0 -45,3 -55,3 -57,5 -31,9 -56,3 -66,2
Liguria -55,4 -54,8 33,3 56,4 -56,4 -57,5 -29,6 -56,2 -61,1
Emilia Romagna -38,7 -50,1 18,8 -33,0 -38,6 -59,2 -17,4 -39,5 -50,8
Toscana -30,7 -46,0 -35,0 -38,7 -55,2 -54,0 -10,5 -33,0 -43,6
Umbria -20,8 -33,6 33,3 -38,6 -34,2 -48,8 -19,1 -21,7 -27,5
Marche -28,7 -41,7 170,0 -54,4 -37,3 -49,1 -21,0 -31,0 -36,0
Lazio -28,0 -55,1 -16,5 -39,6 -46,6 -52,6 -32,9 -29,0 -33,7
Abruzzo -31,0 -44,7 - -52,5 -46,1 -42,6 -37,5 -28,7 -39,5
Molise -28,7 -40,1 122,2 -40,2 -55,0 -38,9 -55,2 -25,2 -28,2
Campania -26,8 -49,5 18,2 -42,3 -53,1 -40,0 -48,0 -25,4 -25,4
Puglia -52,6 -45,6 -4,2 -50,8 -56,9 -59,2 -46,2 -63,1 -69,8
Basilicata -29,2 -45,1 -27,8 -268 -41,7 -38,9 -54,5 -31,7 -24,5
Calabria -29,8 -50,5 -8,3 -43,2 -54,2 -34,2 -52,5 -25,5 -26,9
Sicilia -38,5 -44,0 80,8 -46,9 -60,2 -57,4 -65,1 -40,0 -35,8
Sardegna -24,9 -31,4 300,0 -28,0 -30,5 -33,9 -27,9 -43,4 -53,0
ITALIA -35,1 -45,9 5,2 -40,5 -46,8 -45,3 -32,6 -36,9 -46,8
Elaborazione su dati Istat.

Dal confronto percentuale della contrazione del numero di capi dal 1997 al 2001
nell’Unione Europea ed in Italia, si nota che per i bovini e per gli ovini le riduzioni
sono minori in Italia rispetto alla media comunitaria, mentre accade l’inverso per i
caprini. Le tendenze sembrano essere comunque tuttora preoccupanti per gli
allevamenti ovicaprini, mentre per quelli bovini la situazione italiana è migliore
rispetto alla situazione dell’intera Unione Europea (Grafico 3).

I suini sono l’unico comparto che registra una crescita nel numero di capi allevati dal
2000 al 2001 sia in Italia che nel resto d’Europa (Tab. 9).

11
Tab. 8 - Numero di capi per specie di bestiame e regione. Variazioni % 1990/2000
Bovini Bufalini Ovini Caprini Suini Equini Avicoli Conigli
Regioni
Piemonte -17,1 75,4 -2,3 -17,3 22,2 4,5 1,8 -32,9
Vale d'Aosta -3,1 -46,5 -1,4 92,8 -6,1 -51,4 -53,9
Lombardia -18,0 81,8 -8,8 9,0 33,3 -14,0 -6,8 -25,9
Trentino A. A. -7,7 1.100,0 29,2 41,1 -33,0 36,2 -13,5 -27,1
Bolzano -95,4 -99,2 -82,5 -86,6 -99,8 -87,7 -99,4 -98,8
Trento -18,4 43,0 41,0 -18,3 23,7 -19,8 30,4

Veneto -19,8 141,8 -16,7 -12,5 -20,7 -15,8 -3,4 -8,9


Friuli Venezia G. -34,1 658,7 8,2 -24,0 -7,6 -8,0 31,5 33,5
Liguria -23,7 300,0 -32,1 -34,7 -59,0 -12,0 -49,0 -65,8
Emilia Romagna -28,6 1.451,3 -15,2 -31,5 -18,1 -6,8 11,4 -21,9
Toscana -31,2 3,2 -22,7 -48,5 -41,4 -19,4 -33,8 -62,8
Umbria -35,1 -15,4 -27,8 36,3 -29,0 -25,5 -22,0 -31,8
Marche -33,6 126,1 -27,2 -46,4 -40,7 -19,8 -17,5 -42,7
Lazio -26,8 123,3 -28,1 -25,4 50,7 -25,5 -15,5 -64,4
Abruzzo -28,7 346,2 -38,8 -29,3 -13,8 -21,0 -11,6 -12,5
Molise -14,6 462,1 -17,0 -31,3 -17,9 -30,3 0,5 -45,7
Campania -17,0 112,1 -5,5 -28,4 -13,4 -29,0 42,2 30,1
Puglia -4,6 30,4 -37,8 -30,2 -28,0 -32,8 38,2 -17,2
Basilicata -10,4 1.234,1 -5,7 -31,0 9,8 -30,5 -25,0 -19,4
Calabria -29,3 168,3 -28,4 397,0 304,0 -405,0 -8,4 18,1
Sicilia -34,0 621,8 -45,3 -38,3 -58,4 -36,1 -40,2 4,3
Sardegna -13,1 10.833,3 -10,3 -8,4 -24,9 -7,1 -45,3 64,5
ITALIA -21,2 112,8 -22,1 -26,8 2,8 -18,1 -1,1 -26,9
Elaborazione su dati Istat.

Tab. 9 - Confronto tra Unione Europea ed Italia sulle variazioni percentuali delle consistenze
dei capi nel periodo tra il 1997 ed il 2001

Anni Bovini Ovini Caprini Suini


UE - 15 Italia UE - 15 Italia UE - 15 Italia UE - 15 Italia
97/98 -0,88% - 0,16% n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.

98/99 -0,05% 0,62% n.d. n.d. n.d. n.d. n.d. n.d.

99/00 -1,81% 0,54% -1,49% 0,65% 1,28% -1,57% -1,98% -1,02%


00/01 -1,15% -0,08% -5,27% -1,24% -0,21% -3,49% 1,04% 0,97%

Elaborazione su dati Eurostat

Il peso dei capi allevati in Italia rispetto all’Unione Europea, tra il 1999 ed il 2001,
registra un aumento per il comparto bovino ed ovino, una riduzione per quello caprino
ed è invece stazionario il comparto suino (Tab. 10).

12
Tab. 10 - Incidenza percentuale dei capi allevati in Italia rispetto all’Unione Europea.
Bovini Ovini Caprini Suini
% dei capi allevati in Italia 8,9% 11,4% 12,1% 6,8%
rispetto Europa nel 1999
% dei capi allevati in Italia 9,2% 12,2% 11,4% 6,8%
rispetto Europa nel 2001

Elaborazione su dati Eurostat

Per il comparto bovino si può rilevare che in l’Italia i periodi di maggiore crisi si siano
verificati dal 1990 fino al 1996/1997, e nel 2000/2001 (primi casi di BSE). Al
contrario nel resto d’Europa, a causa dei numerosi casi di BSE soprattutto in Nord
Europa a partire dal 1996, le contrazioni della popolazione del bestiame ha avuto un
andamento diverso (Grafico 3).

Fonte: Elaborazione su dati Eurostat (2002)

Superfici

Vi è uno stretto rapporto fra diminuzione del numero delle aziende e superfici
aziendali. La forte contrazione, è causata in larga misura da una sensibile diminuzione
del numero delle aziende di piccole dimensioni. Per contro, si registra una stabilità
delle medie aziende, ed una forte crescita percentuale nel numero di aziende di grandi
dimensioni (40,4% in più in quelle superiori a 100 ettari). Vanno quindi riducendosi
sempre più le realtà “polverizzate” a fianco di una crescente razionalizzazione delle
strutture aziendali.

13
Nel sub-universo delle aziende zootecniche la distribuzione delle unità per classe di
SAU evidenzia una significativa connessione tra specie di bestiame allevato ed
ampiezza aziendale:

a) con riferimento alle classi di dimensione l’82% del totale è inferiore a 5 ettari di
SAU, che nell’universo aziendale censito rappresentano complessivamente:

— le corrispondenti aziende con allevamenti estensivi (bovini, bufalini, ovini,


ecc…) rappresentano soltanto il 34,9% del rispettivo totale per i bovini, il 38,7%
per i bufalini ed il 47,0% per gli ovini;

— per le aziende con allevamenti cosiddetti intensivi (suini ed avicoli) le sopra


indicate percentuali salgono al 61,5% per i suini e al 73,7% per gli allevamenti
avicoli;

b) al contrario, a fronte dell’1,4% rappresentato a livello nazionale dalle aziende di


maggiori dimensioni (50 ettari ed oltre) facenti parte dell’universo censito:

— per le aziende con bovini l’aliquota sale al 7,3%, per quelle con bufalini al
6,3% e per quelle di ovini al 7,6%;

— per le aziende con allevamenti intensivi le incidenze si ridimensionano al


3,2% per i suini e all’1,3% per gli avicoli.

A fronte del 94,8% ascrivibile al complesso delle aziende a conduzione diretta del
coltivatore, la corrispondente aliquota di quelle zootecniche sale al 97,1% (656.815
unità) attribuendosi 6,8 milioni di superficie totale (49,4% della corrispondente
superficie totale del complesso delle aziende censite e 88,4% di quello delle aziende
zootecniche), di cui 5,3 milioni di SAU (rispettivamente 49,5% e 91,5%).

La vocazione zootecnica presenta evidenti interrelazioni anche con il titolo di possesso


dei terreni aziendali, risultando minore nell’universo delle aziende dove la SAU è
detenuta ad un solo titolo, vale a dire solo in proprietà oppure solo in affitto oppure
solo in uso gratuito, e maggiore in quelle dove almeno due di tali titoli di possesso
sono contemporaneamente presenti. Infatti, le aliquote degli allevatori oscillano tra il
22,7% nel caso di aziende agricole con superfici utilizzate solo in proprietà e il 38,2%
se le aziende agricole hanno terreni solo in affitto, mentre si sale sensibilmente a oltre
il 59,3% nelle aziende con terreni parte in proprietà e parte in affitto, fino a
raggiungere il 65,6% in quelle unita dove sono presenti tutti e tre i titoli di possesso
considerati.

Nel 72,1% delle aziende zootecniche sono stati riscontrati indirizzi produttivi di tipo
specializzato (per maggiori dettagli sulla classificazione tipologica delle aziende
agricole adottata per il 5º Censimento generale dell’agricoltura 2000, cfr. Istat
14
"Caratteristiche tipologiche delle aziende agricole" — Roma 2004: Introduzione nei
Fascicoli nazionale e regionali). Tuttavia, tale specializzazione si presenta indirizzata
più verso le produzioni vegetali che non verso quelle animali; infatti, circa 26 su 100
aziende con allevamenti sono specializzate nelle produzioni di coltivazioni permanenti
(vite, olivo, ecc…), altre 24 su 100 verso i "seminativi", e soltanto 22 su 100 nelle
produzioni animali, di cui 19 in quelle di "erbivori" (bovini e bufalini, ovini, caprini,
equini e colture foraggere permanenti).

Dimensioni economiche

Il 57,7% delle aziende allevatrici non raggiunge le 4 UDE (circa 10 milioni di lire a
valori "1996"), mentre tale aliquota è pari al 71,1% nell’universo; al contrario, le
aziende allevatrici con 40 UDE ed oltre rappresentano il 6,7% contro il 3,5%
nell’universo.

La quasi totalità delle aziende zootecniche si presenta come azienda individuale. La


pratica zootecnica sembra connessa con forme di frammentazione aziendale. Infatti,
l’aliquota delle aziende allevatrici sui corrispondenti sottoinsiemi aumenta con
l’aumentare del grado di polverizzazione della superficie totale. Così, nell’ambito delle
aziende con terreni costituiti da 1 solo corpo gli allevamenti rappresentano il 17,5%,
mentre tra quelle con 6 corpi di terreno e oltre tale incidenza sale al 44,1%.

Principali caratteristiche strutturali e tipologiche

I ricoveri per gli animali risultano disponibili in 616.750 su circa 2.52.594.825 aziende
agricole censite, evidenziando che, in pratica, (24 su 100) aziende dispongono di una o
più stalle per bovini e/o equini e/o ovili e/o porcilaie e/o altri tipi di ricoveri per
allevamenti diversi dai precedenti, indipendentemente dal fatto se alla data del
censimento allevavano o meno bestiame.

Invece, nell’universo delle aziende allevatrici (676.311) la disponibilità dei predetti


ricoveri ne interessa l’86,5%, evidenziando che (14 su 100) la zootecnia è praticata
all’aperto o ricorrendo a ricoveri di emergenza o occasionali.

La disponibilità complessiva di ricoveri risulta essere di 1.039.972 strutture, di cui il


41,5% del totale sono pollai, il 20,1% stalle per bovini, il 17,6% porcilaie, l’8,8%
ovili, il 9,3% per altri animali (conigli, piccioni domestici, struzzi, selvaggina, animali
da pelliccia, ecc…) il 2,8% stalle per equini.

Come vetustà dei locali, 44 su 100 ricoveri risalgono a più di 30 anni fa.

15
Il Lavoro

Il contributo lavorativo del coniuge e degli altri famigliari nelle unità allevatrici risulta
maggiore di quello prestato nelle aziende senza allevamenti. Infatti, su 100 aziende
zootecniche il coniuge coadiuva concretamente il conduttore nei lavori aziendali in
circa 55 e gli altri famigliari in 25. Al riguardo, tuttavia, è da evidenziare che le
aziende in cui sono presenti (lavoranti e non) coniuge e/o altri famigliari sono molte di
più, vale a dire rispettivamente 72 e 58 su 100.
La quasi totalità (91,3%) del volume di lavoro svolto nelle aziende in questione è
attribuibile alla manodopera familiare, di cui, come sopra accennato, il 53,5% al
conduttore.

Le famiglie agricole nelle aziende zootecniche erano, nel 2000, 672.790 con
complessivi 2.006.913 componenti (3,0 componenti per azienda contro i 2,5 delle
aziende non allevatrici). Dall’analisi della distribuzione secondo il numero dei
componenti, si evidenzia che il 48,4% circa delle famiglie nelle aziende zootecniche
non supera i 2 componenti ed addirittura il 13,9% risulta mononucleo. Al contrario,
soltanto il 3,2% di esse è composto da 6 e più componenti. Circa il 77,6% dei
componenti ricade in nuclei famigliari composti al massimo da 4 persone, ed in
particolare il 29,1% circa consiste in nuclei di 1 o 2 persone.

Nelle aziende zootecniche poco più di 545.000 conduttori (81,1%) non svolgono
alcuna altra attività remunerativa fuori della propria azienda (conduttori full-time).
Contemporaneamente, i part-timers secondari sono appena 10.067 (1,5% dei
conduttori).

All’interno di questa categoria, 44 su 100 di essi svolgono un’altra attività nel settore
agricolo: 23 su 100 sono impegnati anche nei servizi e appena 4 su 100 svolgono una
seconda attività nella pubblica amministrazione.

I rimanenti 117.230 conduttori si dedicano ad altre attività extra aziendali, per un


tempo prevalente rispetto a quello prettamente aziendale, ma risultano pressoché
equidistribuiti tra tutti i settori economici considerati, con una lieve prevalenza
dell’industria e dei servizi (rispettivamente 36 su 100 conduttori e 23 su 100 per i
secondi).

Nella quasi totalità delle aziende zootecniche il ruolo di capo azienda è rappresentato
dal conduttore (96 su 100 allevatori). Nel rimanente 3,7% il capo azienda è il coniuge
(1,8%) o un altro familiare (1,0%) o un parente (0,3%) oppure, infine, una "altra
persona" non famigliare (0,5%).

16
Istruzione

In termini di grado di istruzione: su 100 capi azienda-conduttori, soltanto 2 hanno


acquisito una formazione professionale di tipo agrario (15.149 persone in complesso),
quasi esclusivamente diplomati, mentre i laureati rappresentano appena lo 0,3% del
totale, circa 10 su 100 risultano privi di un qualsiasi titolo di studio.

Età

In termini di grado di invecchiamento: su 100 capi azienda allevatori 51 hanno 60 anni


ed oltre di età, e di essi il 37,3% risulta ultrasessantacinquenne, mentre, al contrario,
solo il 5,6% ha un’età inferiore a 35 anni, di cui appena il 2,2% con meno di 30 anni.

Dinamica pressoché simile in termini di volume di lavoro svolto: gli ultrasessantenni si


attribuiscono il 40,6% del lavoro complessivo, mentre quelli con meno di 35 anni
lavorano per il 9%.

Scarsamente diffuse tra gli allevamenti le produzioni di qualità: appena 12.774 aziende
con bestiame (1,9% del totale degli allevamenti). Di esse poco meno della metà ha una
superficie agricola utilizzata compresa tra 5 e 30 ettari. Le produzioni di qualità
riguardano prevalentemente gli allevamenti bovini con 7.928 aziende allevatrici
(62,1%), di cui 5.246 per produzione solo sottoposta a disciplinare. Le consistenze
bovine per produzioni di qualità ammontano a 493.870 capi (appena l’8,2%), di cui
384.011 capi per produzione solo sottoposta a disciplinare.

Circa 49 su 100 allevatori hanno dichiarato di aver commercializzato nel 2000 tutti o
parte dei prodotti ottenuti nella propria azienda. Trattasi di 334.532 allevatori in
complesso, di cui una buona parte (151.059 allevatori, pari al 45,2%) ha
commercializzato latte in complesso, ed in particolare quello di vacca e bufala
(28,4%), quello di pecora e capra (18,5%) mentre 103.299 di essi hanno venduto
bovini e bufalini come animali vivi (30,9%), cui fanno seguito altri 46.337 soggetti che
hanno commercializzato ovini e caprini vivi.

Scarsamente diffusa la commercializzazione di prodotti trasformati zootecnici (appena


17.533 allevatori, pari al 5,2%), quasi esclusivamente di tipo lattiero-caseario. Da
evidenziare, tuttavia, anche una discreta aliquota di allevatori commercianti di latte di
pecora e capra (61.796 unità, pari al 18,5%).

In termini economici, circa il 66% degli allevatori che commercializzano i propri


prodotti aziendali di natura animale (218.687 soggetti) conducono aziende
specializzate e 100.563 di essi, in particolare, risultano orientati esclusivamente o
prevalentemente verso indirizzi "erbivori" (69,1% delle aziende specializzate). Molto
scarsa, invece, risulta la specializzazione nelle produzioni di granivori, interessando
appena 5.396 unita (2,5%).
17
Il canale di vendita maggiormente utilizzato dagli allevatori specializzati in "erbivori"
è quello della vendita con vincoli contrattuali ad imprese industriali, molto
verosimilmente di latte a caseifici industriali, interessando 81.656 allevatori (81,2%
della categoria), seguito dalla vendita senza vincoli contrattuali (53.606 unità, pari al
53,3% dell’indirizzo). Quest’ultimo canale, invece, diventa il maggiormente scelto
dagli allevatori specializzati in produzioni "granivore" (46,9%), mentre per gli altri
canali si evidenzia una certa "indifferenza".

Situazione abbastanza diversa per i 17.451 allevatori-commercianti di prodotti


zootecnici trasformati (8,0% degli allevatori che commercializzano prodotti
zootecnici), per i quali il canale quasi esclusivamente prescelto è quello della vendita
diretta al consumatore (78 su 100 allevatori). La stragrande maggioranza di essi è
specializzata in produzione erbivore (8.040 soggetti, pari al 58,9% dei commercianti
"diretti" e al 77,3% di quelli specializzati in "erbivori"). Le aziende zootecniche che
utilizzano attrezzature informatiche proprie (indipendentemente dal fatto che
l’attrezzatura stessa sia situata in azienda o meno) sono complessivamente 12.101
(appena l’1,8% dell’universo zootecnico censito). Di esse il 48,6% utilizza,
normalmente, le proprie attrezzature informatiche per i servizi amministrativi.

Le produzioni del settore

Tra il 2000 e il 2003 si riscontra lieve oscillazione del valore della produzione agricola
e delle produzioni zootecniche ai prezzi di base (Tab. 11). Va fatto notare che a partire
dal 30 Aprile 1999, l’Istat fornisce i dati macroeconomici del settore agricolo secondo
il nuovo schema contabile di riferimento SEC95. Tale schema non utilizza più la
“Produzione Lorda Vendibile “ ma la “Produzione ai prezzi di base “ cioè i prezzi dei
prodotti al netto delle imposte più i contributi pubblici alla produzione.
Tab. 11 - Produzione ai prezzi di base dei vari comparti zootecnici e delle carni
AGRICOLTURA ZOOTECNIA CARNI
1993 (mln €) 30.980 12.174 7.919
1994 (mln €) 31.612 12.466 8.019
1995 (mln €) 34.093 13.180 8.690
1996 (mln €) 35.416 13.879 8.640
1997 (mln €) 34.476 13.622 8.400
1998 (mln €) 42.261 13.470 8.318
1999 (mln €) 42.764 13.444 8.298
2000 (mln €) 42.630 13.986 8.790
2001 (mln €) 44.187 14.949 9.610
2002 (mln €) 44.163 14.294 8.958
2003 (mln €) 44.464 14.766 9.353

18
Tab. 12 - Produzione ai prezzi di base del comparto italiano carni
BOVINO SUINO AVICOLO CUNICOLO OVI- EQUINO TOTALE
BUFALINO SELVAGGINA CAPRINO CARNI
1993 Tot. (mln € ) 3.036 2.101 1.821 653 236 41 7,919
% 38,3 26,6 23,0 8,7 3,0 0,5 100,0
1994 Tot. (mln € ) 3.213 2.054 1.800 686 221 43 8,019
% 40,1 25,6 22,4 8,6 2,8 0,5 100,0
1995 Tot. (mln €) 3.525 2.189 1.722 712 217 46 8,411
% 41,9 26,0 20,5 8,5 2,6 0,5 100,0
1996 Tot. (mln €) 3.203 2.357 1.995 814 223 48 8,640
% 37,1 27,3 23,1 9,4 2,6 0,6 100,0
1997 Tot. (mln € ) 3.092 2.401 1.893 740 227 47 8,400
% 36,8 28,6 22,5 8,8 2,7 0,6 100,0
1998 Tot. (mln €) 3.318 1.977 1.860 770 348 44 8?318
% 39,9 23,8 Y 22,4 9,3 4,2 0,5 100,0
1999 Tot. (mln € ) 3.408 1.905 1.772 750 419 41 8,295
% 41,1 23,0 21,4 9,0 5,1 0,5 100,0
2000 Tot. (mln €) 3.484 2.172 1.954 786 355 40 8,790
% 39,6 24,7 22,2 8,9 4,0 0,5 100,0
2001 Tot. (mln €) 3.494 2.776 2.080 871 341 48 9,610
% 36,4 28,9 21,6 9,1 3,5 0,5 100,0
2002 Tot. (mln €) 3.549 2.358 1.940 777 284 50 8,958
% 39,6 26,3 21,7 8,7 3,2 0,6 100,0
2003 Tot. (mln €) 3.714 2.400 1.924 849 415 51 9,353
% 39,7 25,7 20,6 9,1 4,4 0,5 100,0

Tab. 13 - Principali produzioni zootecniche al 2003


Quantità (peso vivo per le carni) Valore (ai prezzi di base)
000 t var. % 2002/01 mio. euro var. % 2003/02
Carni bovine 1.617 0,4 3.714 4,6

Carni suine 1.902 6,1 2.400 1,8

Carni ovi-caprine 78 -3,9 415 46,1

Carni avicole 1.371 -6,8 1.924 -0,8

Carni di coniglio e 400 -1,3 849 9,2


selvaggina

Uova 12.637 -1,7 969 6,3


(milioni di pezzi)
Latte vaccino (3) 105.250 -0,4 3.949 0,2
(000 hl)

Latte ovicaprino 6.277 -3,9 466 2,3


(000 hl)

Miele 70 -5,4 16 2,3

Elaborazione: Inea – Agricoltura Italiana conta 2004


(3) Incluso latte bufalino.

19
Le politiche di settore e il quadro istituzionale di riferimento
Nel settore zootecnico confluiscono molte leggi e norme, promulgate a diversi livelli:
comunitario, nazionale e regionale. Si riportano di seguito alcuni tra i principali
riferimenti normativi, attualmente vigenti, comunitari e nazionali.
Argomento Normativa Comunitaria Normativa Nazionale

• Riforma Pac
• Regolamentazione dei mercati • Reg. (CE) n. 1782/03 del Consiglio del 29 • L. 30 maggio 2003, n. 119 e
OCM dei settori settembre 2003, che stabilisce norme successivi decreti Conversione in
comuni relativi ai regimi di sostegno a legge del decreto 28 marzo 2003 n.
favore degli agricoltori che modifica tra 49 in applicazione del prelievo
gli altri il Reg. CE 1254/1999 Carne supplememtare del latte e dei
bovina, il Reg. CE 2529/2001Carne prodotti a base di latte
ovicaprina); • Decreto Ministeriale 31 luglio 2003
• Reg. (CE) n. 1787/03 del Consiglio del attuazione della legge n.119/2003
23 settembre 2003 che modifica il Reg. concernente il prelievo
(CE) n.1255/1999 relativo supplememtare del latte e dei
all’organizzazione comune dei mercati prodotti a base di latte
nel settore del latte e dei prodotti • Decreto Mipaf n 1787 del 5 Agosto
lattiero – caseari 2004 e di applicazione del
• Reg. (CE) n. 1788/03 del Consiglio del pagamento unico Disposizioni per
29 settembre 2003 che istituisce un l’attuazione della riforma della Pac
prelievo nel settore del latte e dei • Decreto Mipaf n. 2026 del 24
prodotti lattiero- casearii. Settembre 2004
• Decreto interministeriale del 27
maggio 2004recante “rintracciabilità
e scadenza del latte fresco

• Interventi a favore dello • Reg. CE 1257/1999 e Reg.CE 445/2002


sviluppo rurale sul sostegno a favore dello sviluppo
rurale.
• Comunicazione della Commissione
Europea n. 2000/C 139/05 che istituisce
l’iniziativa comunitaria Leader +

• Identificazione degli animali • Dir. 92/102/CEE del Consiglio relativa • DPr 317/96
• Etichettatura delle carni all’identificazione e alla registrazione • DPR 437/00 recante modalità per
degli animali ’identificazione e la registrazione
dei bovini.
• Reg. CE 1760/2000 relativo alla • Decreto Interministeriale
identificazione e registrazione dei bovini 31/01/2002 recante disposizioni in
e all’etichettatura delle carni bovine materia di funzionamento
dell’anagrafe bovina.
• Reg. CE 1825/2000 recante modalità di • D.M. 30/08/2000 e D.M.
applicazione del precedente. 12/12/2001 a recepimento dei
• Decisione della Commissione del 22 regolamenti comunitari
dicembre 1999 sull’identificazione degli sull’etichettatura
equidi da allevamento • Decreto Legislativo 29 gennaio
2004n. 58 Disposizioni
sanzionatorie per le violazioni ai
Reg. 1760 e 1825 del 2000

• Riproduzione animale • Dir. 77/504/CEE relativa agli animali • L. 30/91 (Disciplina della
della specie bovina riproduttori di razza riproduzione Animale) modificata
pura. dalla L. 280/99.
• Regolamento di esecuzione (D.M.
172/94) e nuovo regolamento (D.M.
403/00).
• Decreto MiPAF 12.02.01

20
Approvazione dei moduli tipo CIF e
CIE e registri).

• Miglioramento genetico animale • Dec. CE 90/254, Dec.CE 89/501 e Dec. • L. 30/91 (Disciplina della
CE 89/504 che determinano i criteri di riproduzione animale: al capo I
riconoscimento delle organizzazioni e tratta i LLGG e RRAA, controlli
associazioni di allevatori che tengono o funzionali e valutazioni genetiche
istituiscono libri genealogici o registri del bestiame) modificata dalla L
anagrafici per, rispettivamente, gli ovini e 280/99.
i caprini riproduttori di razza pura, peri • D.M. 26 luglio 1994 (attuazione
suini riproduttori di razza pura e per i dell'art. 3 della legge 30/91
suini ibridi riproduttori).

• Igiene e benessere degli • Reg. (CE) n. 1/2005 sulla protezione • D. Lgs. 338/1998 in attuazione
animali durante il trasporto degli animali durante il trasporto e le della Dir. 95/29/CEE
• Protezione degli animali al operazioni correlate” • D. Lgs. N. 333 del 01/09/1998 e
macello e all’abbattimento • Dir. 91/628/CEE (modificata dalla Dir. successive modifiche in
95/29/CEE) in materia di protezione attuazione della Dir. 93/119/CEE
degli animali durante il trasporto;
• Reg. CE 411/1998 e Reg. CE 1255/1997
recanti requisiti aggiuntivi per il trasporto
degli animali
• Dir. 3/119/CEE relativa alla protezione
degli animali durante la macellazione o
l’abbattimento
• Igiene e benessere degli • Dir. 98/58/CEE contenente • D. Lgs. n. 146 del 26/03/2001 in
animali negli allevamenti disposizioni generali per la protezione attuazione della Dir. 98/58/CEE
degli animali negli allevamenti; • DPR n. 233 del 24/051988 in
• Dir. 91/629/CEE sulla protezione dei attuazione della Dir. 88/166/CEE
vitelli. • D. Lgs. n. 534 del 30/12/1992 in
• Dir. 2001/88/CEE e 2001/93/CEE attuazione delle Dir.
sulla protezione di suini; • D.Lgs. n. 533 (e successive
• Dir. 1999/74/CEE) sulla protezione modifiche) in attuazione della
delle galline ovaiole; Dir. 91/629/CEE
• D.Lgsv n.53 del 20 febbraio
2004 benessere animale negli
allevamenti suini
• Decreto Legislativo 29 Luglio
2003 n 267 “ Attuazione delle
direttive 1999/74/CE e
2002/4/CE, per la protezione
delle galline ovaiole e la
registrazione dei relativi
stabilimenti di allevamento”,

• Razze animali autoctone • Tutela delle razze autoctone e a


rischio di abbandono prevista dal
Reg. CE 1257/99

• Produzioni di qualità • Reg.(CE) 27 dicembre 2004 n. 2254 • D.M. n. 91436 del 2000 in
che modifica il regolamento (CEE) n. attuazione del Reg. 1804/99
2092/91 del Consiglio relativo al sulle produzioni animali
metodo di produzione biologico di biologiche
prodotti agricoli e all’indicazione di • D.Lgs. 173/98, art. 8 e Decreto
tale metodo sui prodotti agricoli e del MiPAF n. 350/99 per
sulle derrate alimentari. l’istituzione di atlanti regionali dei
• Reg. CE 1804/99 relativo ai metodi prodotti agroalimentari
dell’allevamento biologico; tradizionali
• Reg. CE 2081/92 sulle DOP e IGP;
• Reg. CE 2082/92 sulle AS.

• Stabilimenti di produzione di • Dir. 91/497/CEE, poi modificata dalla • D. Lgs. 286/94 concernente
alimenti di origine animale • Dir. 95/23/CEE, sulle condizioni problemi sanitari in materia di
sanitarie per la produzione el’immissione produzione ed immissione sul
sul mercato di carni fresche; mercato di carni fresche (bovine,
• Dec. 98/202/CE della Commissione equine, suine,ovicaprine)

21
che autorizza l’Italia ad applicare le • D.M. 23 Nov. 1995 in attuazione
deroghe previste all’Art. 4 della della Dir. 95/23/CEE.
direttiva di cui sopra a taluni macelli
• Qualità igienico sanitaria del • Dir. 92/46/CEE e 92/47/CEE • DPR 54/1997 in attuazione delle
latte e dei prodotti a base di sull’immissione sul mercato di latte e direttive comunitarie
latte prodotti a base di latte) • L. 169/89 (Disciplina del
trattamento e della
commercializzazione del latte
alimentare vaccino)
• DM 17/06/2002 (trattamento di
microfiltrazione nel processo di
produzione del latte alimentare
• Igiene degli alimenti • Dir. 93/43/CEE e 96/3/CEE • D. Lgs. 155/97 in attuazione
• Sicurezza alimentare sull’introduzione dei sistemi HACCP delle
• Reg. CE 178/2002 che stabilisce i direttive comunitarie sull’igiene degli
principi e i requisiti generali della alimenti
legislazione alimentare, istituisce l'Autorità
europea per la sicurezza alimentare e
fissa procedure nel campo della sicurezza
alimentare.

• Gestione emergenze sanitarie • Dir. 92/117/CEE (riguardante le


misure di protezione dalle zoonosi • Decreto 17 dicembre 2004
specifiche e la lotta contro agenti Piano Nazionale di selezione
zoonotici specifici negli animali e nei genetica per la resistenza alle
prodotti di origine animale allo scopo encefalopatie negli ovini
di evitare focolai di infezioni e • Ordinanza Min. Sanità 11
intossicazioni alimentari.). maggio
• Reg. CE 999/2001 (che riguarda la 2001 (misure urgenti di profilassi
sorveglianza dell'encefalopatia vaccinale obbligatoria contro la
spongiforme bovina, l'eradicazione febbre catarrale degli ovini) e
dell'encefalopatia spongiforme successive modifiche e integrazioni.
trasmissibile, la rimozione dei
materiali a rischio specifico e le • D. Lgsv. n. 225 del 9 luglio 2003
norme d'importazione degli animali relativo alle misure di lotta e di
vivi e dei prodotti di origine animale), eradicazione del morbo della
modificato dal Reg. CE 270/02. Lingua Blu
• Dir. 2000/75/CE (che stabilisce • DPR n.656/97, recante il
disposizioni specifiche relative alle regolamento di attuazione della
misure di lotta e di eradicazione della direttiva 92/40/CEE che istituisce
febbre catarrale degli ovini). misure di lotta contro la influenza
• Dir. 92/40/CEE che istituisce misure aviaria
di lotta contro la influenza aviaria
• Decisione 2000/721/CE della
Commissione, del 7 novembre
2000,relativa all ’introduzione della
vaccinazione ad integrazione delle misure
di lotta contro l ’influenza aviaria in Italia e
recante misure specifiche di controllo dei
movimenti

• Alimentaz. del bestiame Reg. Cee n. 1774 /2002 recante norme • L. 281/63 (Disciplina della
• Sottoprodotti di origine animale sanitarie relative ai sottoprodotti di origine preparazione e commercio dei
animale mangimi) e successive modifiche
• Reg.CE. 999/2001 modificato dal e integrazioni. Modificata molte
270/02 (vedi sezione precedente). volte, ultimamente dal D.M.
Dir. 2002/32/CE (relativa alle sostanze 06.02.2002.
indesiderabili nell'alimentazione degli
animali). • Comunicazione Ministero della
• Dir. 96/25/CEE relativa alla Salute (linee guida relative alla
circolazione e all'utilizzazione delle disciplina igienico sanitaria in materia
materie prime per mangimi. di utilizzazione di sottoprodotti
• Dir. 95/53/CEE (che fissa i principi nell’alimentazione animale)
relativi all'organizzazione dei controlli pubblicata su GU del 02/08/2002.
ufficiali nel settore dell'alimentazione
animale).
22
• Indennizzi e contributi agli • Comunicazione della Commissione • L. 615/1964 modificata dalla L.
allevatori per le epizoozie “Orientamenti comunitari per gli aiuti di 23 gennaio 1968 n. 33: Bonifica
stato nel settore agricolo”, pubblicata nella sanitaria degli allevamenti dalla
GUCE n. C028 del 01/02/2000, pag. 2-22 tubercolosi e dalla brucellosi.
Questa legge prevede anche le
indennità per gli allevatori degli
animali abbattuti
• L. 218/1988: Misure per la lotta
contro l’afta epizootica ed altre
malattie epizootiche degli
animali, contenente anche
disposizioni per gli indennizzi.
• DM 20 luglio 1989 n. 298:
Regolamento per la
determinazione dei criteri per il
calcolo del valore di mercato
degli animali abbattuti ai sensi
della L 218/88.
• DM 28 giugno 2002:
Determinazione dell’indennità di
abbattimento di bovini e bufalini
infetti da tubercolosi e brucellosi,
di ovini e caprini infetti da brucellosi e
di bovini e bufalini infetti da leucosi
bovina enzootica per l’anno 2002.
• Ordinanza interventi a favore
degli
allevatori che partecipano alla
attuazione del piano di sorveglianza
sierologica per Blue Tongue e del
Piano vaccinale (indennizzi per gli
eventuali danni diretti edindiretti
conseguenti alla vaccinazione
obbligatoria)
• Ordinanze2 aprile 10 giugno
2004 e Ordinanza 8 febbraio
2005

• Interventi a favore del cavallo • D.Lgs. 449/99 sul riordino


l’UNIRE che fra l’altro destina
alle Regioni una quota parte dei
roventi delle scommesse per lo
sviluppo dell’ippicoltura.

I sostegni alla zootecnia

Attualmente il quadro normativo comunitario nazionale e regionale prevede i seguenti


strumenti per la zootecnia:

23
- OCM della carne bovina e della carne ovicaprina; OCM del latte e dei prodotti
lattiero-caseari (secondo la riforma di medio termine del giugno 2003)

- Piani di Sviluppo Rurale delle Regioni

- Leggi e decreti che prevedono contributi, aiuti ed indennizzi agli allevatori il cui
bestiame sia stato colpito da epizoozie e che partecipano a programmi di lotta e
contenimento (influenza aviaria in Veneto e Lombarda, Lingua Blu nell’Italia Centro -
Meridionale).

- Leggi regionali al miglioramento genetico del patrimonio zootecnico. Permette di


incentivare la pratica della F.A - ed altre pratiche se ritenute opportune - in azienda.
l’acquisto di riproduttori maschi e femmine iscritti ai LG e di elevata genealogia, ed i
contributi per la tenuta dei LG e per l’organizzazione di manifestazioni zootecniche.

Altre opportunità in questo settore sono:

- Programmi di assistenza tecnica, ricerca e divulgazione in campo zootecnico attuati


attraverso gli organismi della Regione e le Agenzie regionali per lo sviluppo agricolo

- Campagne di promozione finanziate dalla Regioni per i prodotti di qualità (prodotti


tradizionali, certificati, biologici).

- Piani Zootecnici Regionali (PZR) per dare nuovo impulso al settore zootecnico per
quanto gli sia consentito dall’osservanza delle norme vigenti e dalle disponibilità
finanziarie.

Gli attori istituzionali che hanno un ruolo nel settore sono molteplici:

- pubblici (Commissione Europea, Ministero delle Politiche Agricole e Forestali,


Ministero della Salute, Regioni, Province e Comunità Montane, Istituti Zooprofilattici
e di Incremento Ippico, Aziende Sanitarie Locali, Servizi veterinari.)

- privati (organizzazioni professionali, associazioni regionali e provinciali di allevatori,


associazioni di razza, cooperative, associazioni di produttori, consorzi, ecc.)
Le politiche generali sia di sviluppo che di indirizzo produttivo vengono date
principalmente a livello comunitario. Il MiPAF riporta le istanze nazionali e regionali
presso la UE, le Regioni, entro i limiti stabiliti dalle linee strategiche comunitarie e
dalla costituzione italiana legiferano ai fini della fase attuativa. Purtroppo talvolta si
riscontrano difficoltà di coordinamento sia in senso verticale, tra il Ministero, le
Regioni, gli uffici preposti presso le provincie e la base allevatoriale, sia in senso
orizzontale fra le varie associazioni ed organizzazioni ed in qualche caso anche fra gli
uffici operanti all’interno delle stesse strutture pubbliche. Ne derivano talvolta

24
lungaggini burocratiche altrimenti evitabili, opportunità non colte da parte dei possibili
beneficiari e talvolta un peggioramento della fiducia reciproca.

I comparti del settore

Il comparto bovino

Negli ultimi anni questo comparto produttivo ha attraversato e sta tuttora attraversando
una crisi dovuta a molteplici fattori. I risultati di questa crisi appaiono chiaramente
nelle flessioni piuttosto marcate sia nel numero delle aziende allevatrici che delle
relative consistenze.

La diminuzione del numero di allevamenti non è ovviamente uniforme per tutte le


regioni. Complessivamente i capi bovini in Italia sono diminuiti del 21,2%, ma in
misura differenziata; nell'Italia Nord-occidentale e meridionale la diminuzione è
risultata inferiore alla media nazionale (-17,5%); è invece nettamente superiore e sfiora
il 30% nell'Italia Centrale. Il dato distinto per zona altimetrica mostra che in termini
relativi le aziende allevatrici sono diminuite più in pianura (-48,3%), mentre il
patrimonio ha subito la flessione più marcata in collina (-24,2%).

Nonostante le suindicate flessioni, le tre regioni settentrionali più vocate alla


zootecnica (Lombardia, Veneto e Piemonte) si confermano come quelle con la
maggior aliquota sia del patrimonio bovino che del relativo numero di aziende.

Il dato può sembrare sconfortante, ma l'analisi del numero delle aziende con bovini
suddiviso secondo le dimensioni aziendali fornisce una lettura meno negativa del
fenomeno. Così, come già evidenziato con riguardo a tutte le aziende con allevamenti,
anche per il comparto bovino si assiste ad un trend regressivo con una forte
diminuzione dei numero di aziende con superficie agricola utilizzata compresa tra 2 e
3 ettari (-59,3%), ad una flessione sempre significativa di quelle comprese tra 20 e 30
ettari (-23,8%) ed ad una contrazione più contenuta di quelle comprese tra 50 e 100
ettari (-8,3%). Queste ultime tendono a registrare un numero sempre maggiore di capi
(+14,0) a fronte della riduzione del 62,4% nelle aziende senza SAU. Ciò conferma la
tendenza, comune sia alle aziende esclusivamente agricole che a quelle zootecniche,
alla scomparsa delle piccole aziende meno efficienti. Realtà quest'ultima che è
presente in molte regioni italiane dove un gran numero di aziende alleva un numero
ridotto di capi, anche se, in dette regioni, non va sottovalutato il ruolo dei presidio
ambientale che svolgono gli allevamenti bovini.

La contrazione del numero di capi dal 1997 al 2001 nell’Unione Europea ed in Italia,
denota che per i bovini è stata minore in Italia rispetto alla media comunitaria.

25
Tab. 14 – Variazioni consistenze del bestiame bovino UE/Italia (97/98 – 00/01)
Anni Bovini
UE - 15 Italia
97/98 -0,88% - 0,16%
98/99 -0,05% 0,62%
99/00 -1,81% 0,54%
00/01 -1,15% -0,08%
Elaborazione su dati Eurostat

Tab. 15 - Consistenze del bestiame bovino al 2000 nell’UE


Paesi Capi Aziende

Austria 100.660 282.010


Belgio 3.041.580 38.370
Lux 207.940 2.250
Danimarca 1.887.050 24.190
Finlandia 1.056.490 30.010
Francia 20.258.930 282.010
Germania 14.895.820 237.960
Grecia 652.390 28.330
Irlanda 7.036.010 124.110
Italia 6.228.460 173.480
Paesi Bassi 4.205.690 47.880
Portogallo 1.415.180 102.460
Spagna 6.346.480 188.210
Svezia 1.713.000 33.980
Regno Unito 11.090.670 114.900
Totale Ue 15 82.187.030 1.528.440
Fonte: ISTAT - V° Censimento dell’Agricoltura

In Italia la contrazione appare meno sconfortante, infatti l’analisi secondo le


dimensioni aziendali evidenzia, forte diminuzione del numero di aziende con
superficie totale inferiore a 30 ha, una lieve flessione di quelle comprese tra 30 e 50
ha, ma un aumento delle aziende con più di 50 ha. Queste ultime tendono a
concentrare un numero sempre maggiore di capi. Ciò conferma la tendenza, comune a
tutta la fase della filiera (macelli compresi) alla scomparsa delle piccole aziende.

Comparto bovino da carne

Il valore della produzione bovina da carne ai prezzi di base, realtà economica del
settore zootecnico, come evidenzia la tabella 15.
Tab. 16 - Valore della produzione ai prezzi di base del comparto italiano carni
BOVINO SUINO AVICOLO CUNICOLO OVI- EQUINO TOTALE
BUFALINO SELVAGGINA CAPRINO CARNI
2000 Tot. (mio €) 3.484 2.172 1.954 786 355 40 8,790
% 39,6 24,7 22,2 8,9 4,0 0,5 100,0
2001 Tot. (mio €) 3.494 2.776 2.080 871 341 48 9,610
% 36,4 28,9 21,6 9,1 3,5 0,5 100,0
2002 Tot. (mio €) 3.549 2.358 1.940 777 284 50 8,958
% 39,6 26,3 21,7 8,7 3,2 0,6 100,0
2003 Tot. (mio €) 3.714 2.400 1.924 849 415 51 9,353
% 39,7 25,7 20,6 9,1 4,4 0,5 100,0

26
L’allevamento in Italia si distingue in due tipologie: “ciclo chiuso” (linea vacca-
vitello) / tradizionale e specializzato del vitello da ingrasso. La prima tipologia è
prevalente. Questo dato è confermato dai premi concessi per l’OCM carni: è stato
ammesso al premio un numero maggiore di vacche nutrici rispetto ai bovini maschi
(Tab. 17).

Tab. 17 - Carni Bovine Massimali Nazionali per Categorie di Premi (anni 2000-2003) (numero di capi)

Anno Premio Speciale Premio Macellazione Macellazione


Bovini maschi Vacche Nutrici Bovini Vitelli
2000 598.746 621.611 3.426.835 1.321.236
2001 598.746 621.611 3.426.835 1.321.236
2002 478.997* 621.611 3.426.835 1.321.236
2003 478.997* 621.611 3.426.835 1.321.236
* Reg. n. 1512/2001 che modifica Reg. n.1254/1999

Tab. 18 - Richieste premi comunitari (anni 2000-2002): totale nazionale


Anno Premio Speciale Premio Vacche Nutrici
Bovini Maschi

N° capi N° capi N° capi N° capi


richiesti ammessi richiesti ammessi
2000 521.051 474.755 756.431 711.417
2001 526.871 486.035 752.399 705.770
2002 600.526 562.928 778.110 729.511

Anno Macellazione bovini Macellazione Vitelli

N° capi N° capi N° capi N° capi


richiesti ammessi richiesti ammessi
2000 1.571.736 1.370.456 598.234 422.078
2001 1.739.863 1.464.026 540.842 391.987
2002 1.713.429 n.d 422.878 409.636

Fonte: Agea

Le imprese specializzate nella fase di ingrasso del vitello, sono concentrate


prevalentemente al Nord (Veneto). I vitelli da ristallo provengono in buona parte
dall’estero (Francia soprattutto). Le normative restrittive sul trasporto degli animali ed
il fatto che gli allevatori francesi ultimamente preferiscano vendere dei vitelli di peso
più elevato hanno ridotto di molto i margini per questo tipo di allevamento. Nel futuro
si può ipotizzare che la sempre maggiore richiesta di prodotti di qualità, che spesso il
consumatore associa con l’origine locale del prodotto, provochi un aumento della
richiesta di carni provenienti da allevamenti locali, e quindi uno sviluppo della linea
vacca-vitello.

27
Per quanto riguarda i consumi di carne bovina in tutta Italia, ci sono state forti
ripercussioni della crisi BSE. Tali effetti – che hanno riguardato l’intera filiera - sono
stati tuttavia modulati a seconda del tipo di allevamento, della razza allevata e del tipo
di canale commerciale seguito dalle carni.

La prima crisi del 1996 aveva fatto calare i consumi pro-capite di carne rossa in tutta
Italia, con flessioni maggiori al Centro-Nord rispetto al Sud, più tradizionalmente
legato al consumo di carne rossa. I consumi, che dopo la prima crisi si stavano
riportando ai livelli precedenti, sono poi scesi nuovamente a partire da Novembre 2000
con i nuovi casi verificatisi in Francia.

La crisi dei consumi in Italia si è aggravata a partire da Gennaio 2001 con il verificarsi
del primo caso nel nostro Paese, che ha causato un calo negli acquisti, rispetto allo
stesso periodo del 2000, del 60-65 %. Successivamente c’è stata una certa ripresa e nel
Giugno 2001 la flessione rispetto a Gennaio 2000 si era ridotta al 26% (Fonte: dati
ISMEA). Questo può essere in parte spiegato con il fatto che il numero di casi in Italia
si è dimostrato esiguo e che comunque l’attenzione dei media ha allentato la presa. Va
comunque preso atto del fatto che il mercato dei consumi di carne in generale, e quello
di carne bovina in particolare, ha subito e continuerà a subire delle modificazioni
strutturali in cui la crisi BSE si è inserita come elemento dirompente ma non
scatenante. La crisi BSE ha avuto l’ingrato compito di focalizzare l’attenzione sui
sistemi e le tecniche di allevamento ed ha avuto come effetto principale prima la
sfiducia del consumatore nei confronti della carne bovina, e successivamente un
crescente interesse per le carni di qualità. Il problema che la crisi BSE ha messo a nudo
in tutta la zootecnia comunitaria ha riguardato non solo la messa in atto di
comportamenti illeciti da parte di alcuni allevatori o produttori di mangimi, ma
soprattutto la carenza di rintracciabilità delle carni bovine.

L’Unione Europea aveva varato diversi provvedimenti per contrastare l’emergenza, in


particolare:

- Divieto di somministrazione delle proteine animali in tutti i tipi di allevamento

- Obbligo di test rapidi anti-prione sui bovini con più di 30 mesi di età o possibilità di
acquisto all’intervento con successiva macellazione e distruzione delle carcasse.

- Messa al bando della carne con osso della colonna vertebrale

- Obbligo di abbattimento della mandria in caso di positività di un soggetto

- Incenerimento delle carcasse di tutti gli animali morti per qualsiasi causa o abbattuti
per misure profilattiche.

28
Un primo passo verso una soluzione strutturale del problema è stato fatto con
l’approvazione e la successiva entrata in vigore del Reg. CE 1760/2000 sulla
etichettatura obbligatoria e volontaria delle carni bovine. Questo sanciva l’obbligo “di
minima” fino a Dicembre 2001 di indicare in etichetta il paese di macellazione e di
sezionamento dell’animale. Da Gennaio 2002 è obbligatorio indicare in etichetta anche
il paese di provenienza e di allevamento dell’animale. Il numero di identificazione
univoco dell’animale, che lo accompagna per tutta la vita e continua ad accompagnare
le parti macellate, deve garantire la tracciabilità dell’animale dall’allevamento ai punti
vendita. Il rispetto di questo provvedimento non è e non sarà probabilmente sufficiente
a risollevare i consumi e a ridare fiducia ai consumatori. La strada da percorrere dovrà
riguardare un’attenzione sempre maggiore verso le produzioni di qualità certificate. La
certificazione può percorrere diverse strade:

- certificazioni di prodotto riconosciute a livello comunitario (DOP e IGP)


- produzioni biologiche
- produzioni integrate
- marchi di tipo privato riconosciuti a livello ministeriale
- norme ISO e HACCP.

In Italia il riconoscimento comunitario Indicazione geografica protetta (IGP) per le


carni fresche di vitelli allevati nelle regioni dell’Italia centrale e meridionale è stata
ottenuta per il “Vitellone Bianco dell’Appenino Centrale”. Si tratta di un marchio che
garantisce la provenienza delle carni delle razze Chianina, Marchigiana e Romagnola
da una zona geografica che comprende otto regioni centro-meridionali. Le carni, per
poter beneficiare del marchio, devono provenire da allevamenti che seguono un
disciplinare di produzione restrittivo sulla provenienza degli animali, tipo di
alimentazione, sistema di conduzione. I macelli da cui si ottengono le carni ed i punti
vendita devono essere convenzionati con il consorzio promotore e le carni ottenute
devono rispettare dei parametri che ne definiscono la qualità.

Marchi di tipo privato che seguono un disciplinare volontario, autoregolamentato per


garantire la provenienza degli animali e le diverse fasi della filiera delle carni, possono
attribuire un valore aggiunto al prodotto in quanto non solo assicurano la
rintracciabilità del prodotto ma forniscono anche informazioni volontarie aggiuntive
che possono interessare il consumatore (es. razza, tipo di allevamento, età
dell’animale, alimentazione, ecc.).

Per avere un quadro più completo sul comparto, è interessante descrivere brevemente
la situazione relativa ai consumi ed ai flussi commerciali.

L’andamento dei consumi – flessione nel 1996 con i casi BSE nel Regno Unito, ripresa
successiva e di nuovo flessione nel 2000 con i casi verificatesi in Francia – è stato
rispettato in modo speculare dall’andamento degli scambi commerciali che per l’Italia
29
hanno avuto una forte riduzione. Nei due momenti critici si sono infatti ridotte sia le
importazioni che le esportazioni, pur rimanendo a carico dell’Italia un forte saldo
negativo.

L’Italia è fortemente dipendente dall’estero per l’approvvigionamento di carne bovina


e come questo fattore lasci pensare che vi siano ampi spazi da occupare per il mercato
interno.

Il saldo commerciale è sbilanciato verso le importazioni. Questo deriva dal fatto che
soprattutto nel Nord Italia vi sia una forte prevalenza dell’allevamento di vitelli da
ingrasso che provengono quasi tutti dall’estero.

I complessi meccanismi dei mercati sono una delle maggiori preoccupazioni per le
produzioni agricole nazionali e comunitarie. L’UE ha sempre sentito come prioritaria
la difesa dei prodotti comunitari, attraverso la PAC e le varie OCM di settore. Per la
carne bovina come per altre produzioni, l’OCM mirava inizialmente a difendere gli alti
prezzi interni e a dare largo spazio ai meccanismi di intervento. Di fronte alla
globalizzazione dei mercati e soprattutto di fronte agli impegni presi dall’UE in sede
WTO di ridurre in misura sempre maggiore le politiche protezionistiche, l’UE aveva
fatto un primo passo in questa direzione con la prima riforma MacSharry del 1992.

Questa aveva come scopo l’azzeramento delle scorte e l’abbassamento del prezzo di
intervento. Le misure si articolavano sul ritiro del prodotto quando il prezzo scendeva
sotto il prezzo di intervento e l’introduzione dell’indennizzo compensativo (pagamento
diretto all’allevatore) per la riduzione del prezzo. Il premio diretto era ammissibile per
un numero massimo di 90 capi ad azienda con il vincolo di carico inferiore a 3,5
UBA/ha di SAU foraggera, poi ridotto a 2 nel 1996. In questo modo veniva favorito
l’allevamento estensivo rispetto a quello intensivo, penalizzando in qualche modo
l’allevamento delle aree industriali, mentre gli allevamenti di tipo pascolativo e semi-
pascolativo di zone collinari e montuose ne avrebbero potuto trarre beneficio.

L’ultima riforma della PAC e l’ OCM di settore pur continuando a mantenere il regime
di premi (premio speciale bovini maschi, premio alle vacche nutrici, premi alla
macellazione, per tori, manze, giovenche, premio alla macellazione per i vitelli) che
confluiscono nel pagamento unico per azienda, prevede una ulteriore diminuzione dei
prezzi di sostegno del mercato e della sostituzione dell’intervento pubblico con l’aiuto
all’ammasso privato.

Si prospettano nuovi cambiamenti le cui conseguenze sono ancora meno prevedibili


ma che significano una complessiva riduzione dell’importo degli aiuti. Con
l’introduzione della modulazione, il risparmio sarà versato a favore dello sviluppo
rurale e ridistribuito alle zone più svantaggiate), verranno penalizzate alcune realtà
medio-grandi intensive proprie di certe zone e favorite altre. Il disaccoppiamento totale
dei pagamenti dalla produzione – e quindi dal numero di capi - dovrebbe avere
30
l’effetto di disincentivare l’allevamento intensivo a favore di un allevamento concepito
come presidio ambientale.

Conclusioni

Le problematiche del comparto del bovino da carne si riscontrano lungo tutte le fasi
della filiera: allevamento, macellazione e trasformazione, commercializzazione. Il
settore sta subendo dei profondi cambiamenti sia strutturali che derivanti da situazioni
congiunturali, ultima in ordine temporale l’emergenza della Febbre Catarrale degli
Ovini (Blue Tongue).

Nell’ultimo periodo (2001-2002) il comparto dei bovini in generale (non solo da


carne) ha dovuto affrontare l’ulteriore difficoltà derivante dai provvedimenti emessi
per l’epidemia della Blue Tongue.

Senza dilungarsi sulla malattia e sui relativi provvedimenti per contrastarla – parte che
verrà meglio analizzata nel capitolo sul comparto degli ovicaprini - va comunque
sottolineato il fatto che anche gli allevatori di bovini hanno risentito fortemente
dell’emergenza. Benché i bovini non contraggano la malattia, essi sono tuttavia
portatori sani del virus e rappresentano quindi un veicolo potenziale di diffusione
durante gli spostamenti. Da qui l’emanazione di tutta una serie di provvedimenti che
hanno limitato notevolmente la possibilità di movimentazione dei bovini, sia da vita
che da macello dal 2000.

In sintesi, gli effetti rilevati sul sistema allevatoriale dell’Italia Centro Meridionale
sono stati i seguenti:

- sovraffollamento in alcune strutture di allevamento


- invio forzato alla macellazione di animali non commercializzabili per vita
- sotto-dimensionamento delle strutture di ingrasso presenti che non hanno saputo
far fronte alle esigenze poste dalle limitazioni alla movimentazione dei vitelli.

Tuttavia l’ordinanza interministeriale (Ordinanza 8 febbraio 2005) sancisce nuove e


più flessibili regole di governo della movimentazione dei bovini.
Le novità sono particolarmente significative per i vitelli scolostrati (è consentita la
movimentazione di vitelli da latte scolostrati nati da madri non vaccinate provenienti
da zone di restrizione esclusivamente verso quelle regioni nei confronti delle quali
esiste da tempo un comprovato e consolidato flusso commerciale di tale specifica
categoria di animali a condizione che siano rispettate alcune prescrizioni
(preparazione, trasporto e individuazione nella stalla di arrivo e 15 animali sentinella) i
capi da macello è possibile movimentare gli animali sensibili non vaccinati, solo se
provenienti dalle zone di sorveglianza destinati direttamente alla macellazione, verso
tutto il territorio nazionale a condizione che siano rispettate alcune prescrizioni
sanitarie (previste nella preparazione e nel trasporto degli animali).
31
L’Ordinanza inoltre apre all’utilizzo di vaccini alternativi , non appena disponibili, con
particolare riferimento ai vaccini spenti, riconosce agli allevatori indennizzi dei danni
indiretti sofferti a seguito della vaccinazione (calo quantitativo e qualitativo della
produzione di latte, ridotta fecondabilità degli animali atassia , alterazioni a carico del
vello) prevede indennizzi per i danni derivanti dal blocco delle movimentazioni a
seguito dei provvedimenti emessi dall’autorità sanitaria competente.

La Lingua Blu è risultata una problematica ulteriore per un comparto in crisi da tempo
e comunque in evoluzione.

La dinamicità, nel senso di tendenza al cambiamento, è ancora in atto e si rende


sempre più evidente la tendenza alla razionalizzazione di tutte le fasi della filiera:

- riduzione del numero di allevamenti e aumento del numero di capi per azienda
- riduzione del numero di macelli ed aumento di capacità per quelli esistenti
- concentrazione della vendita al dettaglio presso la GDO e riduzione della quota parte
di mercato per i canali tradizionali.

Tuttavia, essendo questo processo ancora agli inizi, la situazione attuale mostra ancora
i retaggi dell’organizzazione tradizionale della filiera soprattutto nelle aree marginali:

- polverizzazione delle struttura produttive (molti allevamenti con pochi capi)


- numero elevato di macelli a capacità limitata (e quindi privi del bollo CEE)
- importanza delle piccole macellerie.

Si assiste quindi all’esistenza di due tipi di economie che corrono a velocità diversa.
L’intersezione fra i due canali risulta fra l’altro di difficile attuazione in quanto i
piccoli allevatori o i piccoli macelli non riescono a piazzare i loro prodotti presso la
GDO dal momento che questa richiede la costanza della quantità e della qualità dei
prodotti da immettere sul mercato, cosa che nel circuito tradizionale a monte della
filiera non è sempre possibile ottenere. Questo può dipendere anche da una mancanza
di coordinamento o cooperazione in senso orizzontale fra gli operatori (es. intese fra
piccoli allevatori di una zona allo scopo di fornire il prodotto in modo costante per
tutto l’anno). La filiera è poi scarsamente integrata in senso verticale. Non esiste
un’unica filiera articolata in varie fasi discendenti ma dei blocchi spesso
contrattualmente isolati. A questo si affianca il fenomeno dell’invecchiamento dei
conduttori delle aziende. Nel caso dei bovini ben il 66% degli allevatori ha un’età
superiore a 51 anni e di questi quasi la metà ha più di 66 anni. Questo rappresenta un
limite evidente anche a breve termine poiché se non è garantito il ricambio
generazionale, molte aziende, soprattutto nelle zone montane andranno a scomparire
senza peraltro confluire in aziende di maggiori dimensioni per una migliore
razionalizzazione del tessuto produttivo.
32
Se da un lato la tipologia di allevamento estensivo tradizionale posto in aree collinari o
montuose non riesce per il momento ad avere un forte potere contrattuale sul mercato,
dall’altra, visti i cambiamenti degli stili di vita in atto nella nostra società, può
rappresentare un punto di forza in quanto riesce a coniugare lo sfruttamento di zone
non altrimenti utilizzabili ad un tipo di attività a scarso impatto ambientale. A questo –
quando economicamente possibile - si dovrebbe riuscire ad accoppiare dei marchi di
qualità di processo o di prodotto per fornire valore aggiunto alle produzioni e per una
migliore collocazione sul mercato. Solo in questo modo e con la cooperazione
orizzontale fra allevatori per formare una massa critica si possono mitigare gli effetti
finanziari inizialmente negativi derivanti dall’adeguamento degli allevamenti e della
gestione aziendale alla normativa di settore (trasporto degli animali vivi, igiene e
benessere degli animali degli allevamenti, tracciabilità, ecc.).

Comparto bovino da latte

Come per i bovini da carne le cause della diminuzione delle consistenze sono
molteplici. Oltre ad un riassetto strutturale del comparto, nel raffronto dei dati dal 1990
al 2000 si notano anche gli effetti dell’OCM di settore e della normativa sulle quote
latte. Il settore lattiero-caseario è quello che ha suscitato maggiori difficoltà ad essere
gestito a livello comunitario, soprattutto a causa delle profonde differenze esistenti
nelle realtà produttive dei vari stati membri. Il regime delle quote latte, entrato in
vigore nel 1992 (ma iniziato già a partire dal 1984), ha senz’altro penalizzato l’Italia,
paese cronicamente deficitario per la produzione di latte. I vincoli di quote individuali
imposti dalla UE hanno creato negli anni passati delle fortissime tensioni fra gli
allevatori italiani, e pagamento di multe (superprelievo) per gli allevatori in esubero.
Tab. 19 - Quantità e qualità del latte prodotto in Italia nel periodo 1992 – 2001 negli
allevamenti di Frisona iscritti al LG

Anno Latte (kg) Grasso (%) Proteine (%)


Media Media Media
italiana italiana italiana
1992 7353 3,53 3,11
1993 7421 3,53 3,14
1994 7596 3,53 3,16
1995 7729 3,56 3,20
1996 7813 3,54 3,22
1997 7912 3,52 3,21
1998 8134 3,64 3,21
1999 8096 3,6 3,25
2000 8306 3,58 3,25
2001 8352 3,58 3,28
Var %92-01 13,59 1,42% 5,47%
Fonte: ANAFI (Associazione Nazionale Allevatori Frisona Italiana)

33
OCM latte

Per quanto riguarda l’aspetto igienico sanitario il DPR 54/97 in attuazione delle Dir.
92/46/CEE e 92/47/CEE ha influito molto sulla gestione degli allevamenti del bovino
da latte. Il citato decreto regolamenta la produzione e l’immissione sul mercato del
latte e dei prodotti a base di latte. Non devono soltanto essere rispettati determinati
requisiti igienico-sanitari ma vengono anche imposti parametri relativi ai locali di
stalla, mungitura, raccolta latte, ecc. nonché stabilite norme di comportamento degli
operatori. Inoltre nel maggio 2004 è stato emanato il Decreto Interministeriale
“Rintracciabilità e scadenza del latte fresco” che prevede la redazione di un Manuale
aziendale per la rintracciabilità del latte alfine di consentire una efficace ricostruzione
del percorso produttivo del latte. Ogni operatore della filiera (allevamenti, primi
acquirenti, centri di raccolta, centri di standardizzazione, trasportatori, aziende di
trattamento) con riferimento alla propria realtà aziendale dovrà documentare e
registrare alcuni dati, e indicare in etichetta anche il riferimento territoriale di origine
cui fanno capo gli allevamenti.

Con l’obbligo della rintracciabilità del latte fresco, il consumatore può operare scelte
consapevoli circa la provenienza del latte acquistato.

Per l’allevatore il decreto non deve essere percepito come una imposizione bensì come
una opportunità di controllo delle attività da lui eseguite presupposto per qualsiasi
piano di promozione e valorizzazione del prodotto sul mercato.

Conclusioni

Sebbene l’allevamento del bovino da latte stia passando attraverso cambiamenti


strutturali al pari degli altri comparti del settore zootecnico, non ha tuttavia sofferto
degli effetti di crisi contingenti come la BSE per il bovino da carne. L’immagine del
bovino da latte non ha subito forti contraccolpi sul versante dei consumi. Si continua a
verificare tuttavia un’evoluzione del gusto dei consumatori, in modo particolare sui
derivati del latte. E’ importante puntare quindi su una sempre maggiore
differenziazione dei prodotti – creando anche linee di prodotti “facili” come formaggi
freschi e leggeri –unita a strategie commerciali che puntino a valorizzare la qualità.

Il comparto suino

Secondo i dati UE i capi suini in Europa nel 2000 erano pari a 121.879.000.

34
Tab. 20 - Consistenza del bestiame suino in alcuni Paesi dell’UE (.000 di capi)
ANNI ITALIA FRANCIA U.K. GERMANIA OLANDA BEL.+LUX DANIMARCA SPAGNA TOTALE UE

1990 8.837 12.013 7.380 30.832 13.788 6.510 9.282 15.949 109.619
1991 8.549 12.067 7.519 26.063 13.727 6.597 9.767 17.209 106.378
1992 8.244 13.015 7.704 26.514 13.709 6.969 10.345 18.219 109.338
1993 8.348 14.291 7.868 26.075 13.991 6.948 10.870 18.188 108.298
1994 8.023 14.593 7.878 24.698 13.931 7.052 10.864 18.296 117.329
1995 8.061 14.530 7.367 23.737 13.935 7.226 10.709 18.125 116.007
1996 8.090 14.976 7.695 24.283 14.253 7.194 11.079 18.572 118.450
1997 8.281 15.473 8.036 24.795 11.437 7.426 11.494 19.480 118.918
1998 8.323 15.863 7.554 26.294 13.418 7.632 11.991 21.562 125.384
1999 8.415 15.991 7.037 26.003 13.139 7.404 11.914 22.418 124.348
2000 8.329 15.168 5.948 25.767 12.822 7.349 12.642 22.149 121.879
2001 8.766 15.276 5.687 25.958 11.514 6.851 12.975 23.858 122.713
2002 9.166 15.385 5.330 26.251 11.154 6.67(T 12.879 23.518 122.222
2003*** 9.157 15.265 4.812 26.495 10.766 6.442 12.961 23.987 121.513
%03/02 -0,1 -0,8 -9,7 0,9 -3,5 -3,5 0,6 2,0 -0,6

In Italia al 2001 i capi suini erano circa 8.410.000.


Tab. 21 - Bilancio produttivo del comparto suino in Italia
ANNI Consumo Consumo Produzione Import Import suini Import carni Esportazioni Grado di
alimentare annuo (.000 di q. li) Totale (.000 capi) 000 di q) (.000 di q.li) autoapprovvi
(.000 di q.li) pro-capite (.000 di q.li) gionamento
(kg)
1990 18.029 31,2 11.168 6.408 1.834 5.198 484 61,9

1991 18.198 32,1 11.389 6.510 1.698 5.413 521 62,6

1992 18.850 32,9 11.339 7.084 1.740 5.990 537 60,1

1993 19.017 33,3 11.394 6.912 1.502 5.956 630 59,9

1994 18.770 32,8 11.562 6.538 935 5.878 768 61,6

1995 18.883 33 11.212 6.786 882 6.160 861 59,4

1996 19.866 34,7 11.910 7.360 907 6.750 990 60

1997 19.566 34,1 13.319 7.100 487 6.687 1.076 68,1

1998 20.938 36,4 12.913 8.770 972 7.940 1.123 61,7

1999 20.518 35,6 13.432 8.073 1.036 7.256 1.458 65,5

2000 20.755 35,9 13.57 8.298 942 7.515 1.546 65,6

2001 21.878 37,8 13.636 9.457 1.134 8.204 1.552 62,3

2002 21.639 37,4 14.077 9.219 1.000 8.200 1.924 65,1

2003 22.078 38,2 14.684 9.247 885 8.206 2.012 66,5

%03/02 2,0 2,1 4,3 0,3 -11,5 0,1 4,4 2,2

N.B. tutte le quantità sono espresse in equivalente carcassa. Il consumo alimentare è ottenuto sommando le macellazioni e l’import di
carni e sottraendo l’export espresso in peso equivalente carne fresca. Questo viene calcolato applicando al dato relativo alle carni
lavorate il coefficiente 1.25.
Fonte: ANAS su dati Istat e ISMEA

In Italia i suini sono concentrati soprattutto in Lombardia, Emilia Romagna e Veneto.

35
Tab. 22 - Consistenza del bestiame suino nel 2001 per categoria e per regione ( .000 di capi)
REGIONI Suinetti di Suini da Verri Scrofe di cui altre scrofe Totale Totale
peso < 50 kg. ingrasso di montate montate scrofe generale
peso la prima
> 50 kg. volta

PIEMONTE 350.126 534.184 1.382 53.854 5.332 11.487 65.341 951.033


VALLE D'AOSTA - 398 - - - 329 329 727
LOMBARDIA 1.424.313 1.868.222 6.031 222.107 31.637 57.595 279.702 3.578.268
TRENTINO A. A. 5.228 18.066 128 836 317 322 1.158 24.580
Bolzano 3.796 13.793 122 652 223 305 957 18.668
Trento 1.432 4.273 6 184 94 17 201 5.912
VENETO 291.330 346.905 1.142 51.999 11.622 9.668 61.667 701.044
FRIULI V. GIULIA 79.755 113.881 369 14.289 1.854 6.988 21.277 215.282
LIGURIA 680 1.312 27 111 27 261 372 2.391
EMILIA R. 635.289 883.609 2.929 95.034 18.279 23.733 118.767 1.640.594
TOSCANA 59.742 102.787 632 10.055 960 1.420 11.475 174.636
UMBRIA 76.966 183.657 348 8.607 1.359 1.524 10.131 271.102
MARCHE 61.924 134.648 375 9.030 847 1.557 10.587 207.534
LAZIO 19.759 92.038 434 2.674 345 1.068 3.742 115.973
ABRUZZO 37.035 78.862 356 6.184 1.234 1.749 7.933 124.186
MOLISE 7.376 47.569 196 1.226 319 232 1.458 56.599
CAMPANIA 36.277 110.022' 634 11.626 3.521 2.177 13.803 160.736
PUGLIA 9.657 13.727 326 2.123 111 332 2.455 26.165
BASILICATA 13.937 57.754 243 2.039 316 475 2.514 74.448
CALABRIA 28.013 123.999 806 5.582 2.334 2.846 8.428 161.246
SICILIA 17.973 20.800 875 3.437 378 1.829 5.266 44.914
SARDEGNA 89.565 60.888 13.153 56.277 8.472 14.890 71.167 234.773
ITALIA 3.244.945 4.793.328 30.386 557.090 89.264 140.482 697.572 8.766.231

L’allevamento nazionale in genere, è caratterizzato dalla produzione tipica del suino


pesante per la produzione di salumi e insaccati, a differenza della maggior parte dei
paesi europei i cui allevamenti producono prevalentemente suino leggero per ottenere
carni destinate al consumo fresco. In Italia per la produzione di prosciutti vengono
macellati suini di circa 160 kg, contro i 110 kg dell’Europa Continentale ed i 65-85 kg
dei paesi del Nord Europa.

Il tipo di allevamento delle aziende medio-grandi, è prevalentemente a ciclo aperto da


ingrasso con approvvigionamento dei lattoni e dei mangimi da imprese della pianura
padano-veneta. Le stesse imprese fornitrici ritirano e macellano il suino adulto
destinandolo prevalentemente ai circuito dei Prosciutti DOP, realizzando così una
filiera integrata verticalmente. Il ciclo chiuso, abbinando la fase di riproduzione a
quella da ingrasso, richiede maggior impegno finanziario e organizzazione. La
peculiarità del comparto è rappresentata da allevamenti che forniscono materia prima
di qualità per l’industria di trasformazione, circa il 70% dei suini italiani entra nel
circuito dei DOP, Parma e San Daniele.
36
A partire dai primi mesi del 2002, i prezzi dei suini da macello sono progressivamente
diminuiti con caduta dei prezzi alla produzione raggiungendo un livello nettamente al
di sotto dei costi di produzione. La media annuale dei prezzi del suino vivo da 160 Kg
sui tre mercati d’interesse nazionale (Modena, Mantova, Milano) è stata di 1, 26 €/Kg,
solo dell’1,6 % in più rispetto al 2002.
Le ragioni di questa crisi sono di ordine internazionale e nazionale; rallentamento
delle esportazioni comunitarie di carni suine dovute al rafforzamento dell’euro sulle
altre valute, misure per contrastare l’importazione dei prodotti a base di carne suina, in
Russia e in Giappone, aumento della produzione a livello mondiale ed europeo; sul
mercato interno, pesantezza del rapporto fra offerta e domanda (eccesso di offerta).
Da tener presente che le misure di intervento adottate dalla UE consentite dall’OCM di
carni suine (attivazione dell’aiuto all’ammasso privato) per contrastate uno stato di
crisi diffuso a livello comunitario, è stata sospesa per eccessiva richiesta; inoltre non
hanno migliorato la situazione neanche le restituzioni alle esportazioni ben presto
interrotte per le regole inerenti gli accordi WTO. In ogni caso tali misure non sono in
grado di riportare il settore alla normalità.
Pertanto il comparto, filiera completa, ha deciso di affrontare uno sforzo strutturale ed
organizzativo per la qualificazione e Valorizzazione delle carni dei suini nati ed
allevati in Italia in 11 regioni, richiedendo il riconoscimento di una DOP per i tagli di
carne derivate dal circuito dei prosciutti DOP, escluse le cosce con osso, fresca,
refrigerata o congelata, ottenuti dal sezionamento successivo alla macellazione dei
suini allevati nel rispetto di un disciplinare di produzione. Analogamente la filiera si è
attivata anche per il riconoscimento della tutela del DOP delle carni derivate da suini
pesanti allevati in 6 regioni meridionali.
Se da una parte i consumi ed il mercato dei salumi sono in una qualche misura
stagnanti e le uniche possibilità di espansione per questi prodotti sono rappresentate
dalla capacità di aumentare l’esportazione e dall’affermazione di prodotti tradizionali
di nicchia sui mercati interni, notevoli possibilità di sviluppo possono essere ricercate
nella produzione di carni fresche. L’Italia è importatrici netta dagli altri paesi europei
sia di suini vivi destinati alla produzione di carni fresche che delle stesse carni fresche.
La provenienza è in larga misura olandese e secondariamente tedesca. Dal momento in
cui il consumatore italiano è sempre più attento alla provenienza dei prodotti e tende a
privilegiare i prodotti nostrani, l’allevamento del suino leggero meriterebbe maggiore
attenzione. Un chiaro segno in questa direzione viene dato dall’ANAS (Associazione
Nazionale Allevatori Suini) che ha messo ha sviluppato una attività a servizio della
filiera del libro genealogico, di selezione delle razze (Large White Italiana, Landrace
Italiana e Duroc per il suino pesante) e per il suino leggero “Mediterraneo.

I risultanti derivanti dal programma di selezione per il suino pesante vengono trasferiti
agli allevamenti attraverso la fornitura di suini selezionati. Gli allevamenti fornitori
sono quelli che aderiscono al piano di selezione nazionale con lo scopo di mettere a
37
disposizione degli allevatori interessati – soprattutto quelli esclusi dal circuito delle
DOP – una genetica nazionale specializzata comparabile con quella avanzata degli altri
paesi europei.

Sul fronte normativo nazionale rivestono molta importanza le regole sulla protezione
degli animali negli allevamenti. In particolare nel 2004 sono state recepite in un
decreto, le Dir. 2001/88/CEE e 2001/93/CEE che pur rispettando il benessere dei suini
introduce norme più severe per gli allevamenti e l’attuazione di corsi di formazione da
parte delle regioni per il personale che opera nelle aziende in merito al management
del bestiame.

Per il rispetto ambientale sono divenuti operativi alcuni provvedimenti previsti dalla
Direttiva IPCC sulla prevenzione ed il controllo dell’inquinamento. La Dir. 96/61/CEE
ha imposto adempimenti amministrativi e tecnici per gli allevamenti con più di 750
posti scrofa o 2000 posti ingrasso. Gli allevamenti di maggiori dimensioni dovranno
ottenere l’autorizzazione integrata ambientale e attuare le cosiddette Migliori Tecniche
Disponibili (BAT) per contenere le emissioni inquinanti.

Conclusioni

La sempre crescente globalizzazione e liberalizzazione dei mercati potrebbe avere a


lungo termine un impatto economico non trascurabile sulla suinicoltura europea, dal
momento che in paesi come gli Stati Uniti e Canada i costi di produzione sono inferiori
di circa il 40% rispetto a quelli europei. Assistiamo ad una non equa distribuzione del
valore aggiunto tra i diversi anelli della filiera, a vantaggio dell’industria di
macellazione e di trasformazione. E’ diminuito il rapporto tra il valore del suino vivo e
quello dei tagli di carne. Per questo, fondamentale per la suinicoltura italiana è
perseguire la politica della qualità e la sicurezza dei prodotti (tracciabilità) da abbinare
ai fattori di tradizione e tipicità locali (DOP). Questa non solo a valere per i prodotti da
salumeria ma anche alle carni fresche.

Il comparto ovicaprino

L'allevamento ovino rappresenta per la zootecnia italiana una potenzialità importante


non solo dal punto di vista economico (carne, latte e derivati, lana) ma anche sociale
ed ambientale (presidio del territorio, controllo di aree interne esposte all'abbandono,
ecc.) in considerazione dell'assenza di valide alternative in molte delle aree dove si è
maggiormente sviluppato.

Il comparto potrebbe esprimere un contributo certamente più incisivo al bilancio


agroalimentare nazionale, ma è frenato da carenze strutturali, organizzative,
commerciali sanitarie e dalla competitività delle produzioni comunitarie ed

38
extracomunitarie di lana e carne. Un certo vincolo è, inoltre, rappresentato
dall'immagine modesta sia delle carni sia dei formaggi di origine ovina.

Il contesto mondiale

Nella maggior parte dei Paesi in cui è diffusa l’ovinicoltura fornisce principalmente
carne e lana; il latte e i suoi derivati sono, per la quasi totalità, destinati al consumo
diretto. Solo nell’Europa Mediterranea, nel Nord Africa e nel Medio Oriente, nelle
aree in cui si è potuta sviluppare una adeguata catena del freddo, è sorto un mercato
del latte.

Il mercato della lana, dominato da paesi ad elevata specializzazione produttiva Nuova


Zelanda Australia Argentina, ha conservato interesse specie per il pregio di produzioni
dell’Asia centro meridionale nonostante la diffusione delle fibre sintetiche.

Le analisi delle consistenze del patrimonio ovicaprino a livello mondiale sono


complesse e, in alcuni casi, contraddittorie.

Per quanto riguarda la consistenza numerica della popolazione ovina e di quella


caprina in Europa è rispettivamente 102.936.210 (pecore, montoni, agnelli) di cui
69.326.440 pecore e 9.387.580 capre.

Tab. 23 - Consistenza ovini e aziende in alcuni Paesi dell’UE

Paesi Pecore Aziende Ovini

Austria 221.180 17.333


Belgio 108.670 4.600
Lux 4.490 210
Danimarca 68.810 3.590
Finlandia 49.190 2.170
Francia 7.705.810 95.670
Germania 1.689.220 33.980
Grecia 7.321.270 128.550
Irlanda 4.106.890 43.680
Italia 6.095.090 96.150
Paesi Bassi 715.780 18.330
Portogallo 2.428.940 71.200
Spagna 19.193.670 107.000
Svezia 185.520 8.260
Regno Unito 19.431.910 82.180
Totale Ue 69.326.440 712.900
Fonte: Fao, Istat per l'Italia

L’Ue presenta un andamento decrescente delle consistenze in termini percentuali (che


si verifica anche Italia– vedi tab. 24)

39
Tab. 24 - Variazioni consistenze ovicaprini UE/Italia (97/98 – 00/01)

Anni Ovini Caprini


UE - 15 Italia UE - 15 Italia
97/98 n.d. n.d. n.d. n.d.
98/99 n.d. n.d. n.d. n.d.
99/00 -1,49% 0,65% 1,28% -1,57%
00/01 -5,27% -1,24% -0,21% -3,49%
Elaborazione su dati Eurostat

La produzione mondiale di lana e carne è dominata da paesi affacciatisi relativamente


di recente all’ovinicoltura e fortemente predisposti all’export quali Australia e Nuova
Zelanda.

La UE è deficitaria per lana e carne, mentre per il comparto lattiero caseario si


riscontrano eccedenze per la Francia e per l’Italia in relazione ai modesti consumi e
all’inadeguatezza delle strategie di trasformazione, valorizzazione e
commercializzazione.

Il Regno Unito è orientato verso la produzione di carne e lana; la Spagna e la Francia


verso carne, latte e lana; la Grecia produce latte e carne mentre l’allevamento italiano è
prevalentemente indirizzato al latte e alla commercializzazione della carne come
prodotto secondario.

L’esportazione di lana vede al primo posto l’Australia, seguita dalla Nuova Zelanda.
L’Ue è il maggiore importatore di lana per l’attività dell’industria italiana, inglese,
francese e tedesca.

Gli scambi internazionali di carne vedono al primo posto nell’importazione l’Ue


(Inghilterra seguita da Germania, Italia, Grecia e Francia). Altri importatori sono :
Arabia Saudita, Giappone, Usa, P. Nuova Guinea, Sudafrica, Cina.
I maggiori esportatori sono Nuova Zelanda, Australia, Uruguay e India.

L’esportazione dei formaggi vede al primo posto l’Italia, soprattutto per il Pecorino
romano verso gli Usa.

Le prospettive dell’allevamento ovino italiano sono legate alla capacità di


valorizzazione delle produzioni con strategie commerciali che sappiano corrispondere
alle moderne esigenze dei mercati e alle possibilità di determinare maggiori
apprezzamenti dei consumatori.

L’ovinicoltura nell’UE
La produzione mondiale di latte ovino rappresenta meno del 2% di quella di latte
bovino, ma è importante per le implicazioni ambientali, socioeconomiche (mancanza
di attività economiche alternative nelle aree interessate).
40
Pur peccando di approssimazione a causa della presenza di molti paesi riguardo ai
quali le statistiche non garantiscono certezze, secondo i dati disponibili, oltre il 70%
della produzione mondiale di latte ovino è concentrata nel bacino Mediterraneo e
nell’area dell’Est Europa, per il resto è distribuita senza rilevanti concentrazioni tra
Cina, area del Shael, Arabia Saudita ed altre aree di minore importanza.

Nel 2003 la produzione di latte ovino nell’ Unione Europea è stata stimata intorno a
2.836 migliaia di tonnellate, ed al suo interno, Italia e Grecia detengono una quota
produttiva di circa il 50% del totale Europa, seguite da Spagna, Romania, Francia,
Bulgaria e Portogallo.

Le aree maggiormente interessate sono:

- in Italia: Sardegna, Lazio, Toscana e Sicilia;

- in Spagna: Castiglia Vecchia e Leon, Castiglia-Mancia;

- in Francia: areale del Roqueford, Pirenei atlantici e Corsica;

- in Grecia: Epiro e Tessaglia, anche se è comunque diffuso su tutto il territorio.

Un ulteriore elemento di forza è determinato dall’attività d’ingrasso degli agnelli.

Il contesto italiano

Il patrimonio ovicaprino nazionale al 2000, è stato di 6.810.389 capi ( di cui 4.433.675


pecore da latte, 1.663.148 cosiddette “altre pecore” non da latte e 713. 566 “altri ovini”
agnelli maschi e femmine di età inferiore ad 1 anno, agnelloni, castrati, montoni,
femmine di oltre 1 anno che non hanno mai partorito).
I caprini sono stati 923.755, allevati in 48.611 aziende.

Secondo i dati del Censimento, il numero di aziende che alleva ovini è molto diminuito
(-40,5%), così come il numero di quelle che allevano caprini (-46,8%). L’analisi dei
dati ISTAT sulle dimensioni aziendali rivela come anche in questo comparto le
aziende di piccole dimensioni siano diminuite in misura maggiore rispetto a quelle
medio-grandi mentre si registra addirittura un lieve aumento per quelle con superficie
maggiore a 100 ha. Di conseguenza il numero di capi si è generalmente ridotto anche
se c’è stato un certo recupero degli stessi da parte delle aziende maggiori.

Benché in termini percentuali la consistenza degli ovini abbia subito una flessione di
circa il 22% - una diminuzione quindi di minore entità rispetto ad altri comparti (ad
es. quello bovino) - come valore assoluto dal 1990 al 2000 in Italia i capi si sono
ridotti di quasi 2 milioni di capi.
41
Sardegna, Lazio, Sicilia, Toscana, Puglia, Calabria, Abruzzo, Campania e Basilicata
(di cui le principali sono Sardegna, Lazio, Sicilia e Toscana) sono confermate come le
regioni più rappresentative dell’allevamento, sia come numero di capi totale che come
numero medio di capi per azienda.
Tab. 25 - Ovicaprini - numero di aziende e di capi al 2000 in Italia e raffronto con il 1990.
SPECIE Aziende Capi Variazioni percentuali
2000/1990
Aziende Capi
OVINI 97.018 6.810.389 -40,5 -22,1
CAPRINI 48.611 923.755 -46,8 -26,6

Analoga concentrazione caratterizza la distribuzione del patrimonio caprino – che nel


complesso assume un peso piuttosto limitato – anche se, in quest’ultimo caso, nelle
prime nove regioni (Sardegna, Sicilia, Calabria, Campania, Puglia Basilicata, Lazio,
Piemonte e Lombardia) che detengono oltre il 90% del patrimonio nazionale, rientrano
anche due regioni del Nord nell’ambito delle quali tale tipologia d’allevamento assume
importanza nelle aree di montagna. Basilicata, Sicilia, Calabria e Sardegna da sole
detengono quasi il 70% del patrimonio caprino nazionale.

Le dinamiche più evidenti degli ultimi anni sono una decisa contrazione del numero di
pecore in Abruzzo, Basilicata e Toscana ed un aumento in Sicilia e nel Lazio.

Le consistenze di capre mostrano evidenti incrementi nelle due regioni del Nord in
Puglia e Sicilia contrariamente a Lazio, Campania, Basilicata e Sardegna dove il loro
numero è in diminuzione. Se nel secondo caso prevale l’abbandono di un allevamento
di tipo residuale condotto spesso parallelamente a quello ovino con metodi
estremamente estensivi, nel primo caso sembra prevalente il tentativo di diversificare
la produzione con un allevamento caratterizzato da sicure potenzialità inespresse.
Tab. 26 - Ovicaprini - numero di capi al 2000 in Italia per regione

Regione Ovini Caprini


Piemonte 88.166 46.182
Valle d'Aosta 2.216 3.399
Lombardia 91.223 50.637
Trentino AA 60.381 21.177
Bolzano 39.739 151.714
Trento 20.642 5.463
Veneto 30.910 12.647
Friuli Venezia Giulia 6.270 6.128
Liguria 18.340 7.959
Emilia Romagna 79.481 10.483
Toscana 554.679 17.158
Umbria 149.814 6.302
Marche 162.774 6.929
Lazio 636.499 38.849
Abruzzo 281.613 15.403
Molise 113.160 10.322
42
Campania 227.232 49.455
Puglia 217.963 52.135
Basilicata 335.757 97.545
Calabria 237.016 139.408
Sicilia 708.182 122.150
Sardegna 2.808.713 209.487
ITALIA 6.810.389 923.755
Elaborazione su dati Istat

Secondo stime Ismea per l’Italia, la situazione 2000 –2005 è rappresentata dalla tabella
che segue.
Tab. 27 - Ovini – situazione 2000/2005 in Italia

Italia 2000 2001 2002 2003 2004* 2005* 04/05


numero pecore da latte (.000 capi) 6.809.0 8.311.4 8.138.0 7.951.6 8.047.1 8.006.8 -0.5%
agnelle montate per la prima volta +pecore 6.096.0 7.549.8 7.290.0 7.156.5 7.256.7 7.227.6 -0.4%
Importazione "animali vivi" 21,8 21,2 23,5 25,8 24,8 25,5 2,7%
(.000 tonnellate)
Esportazione "animali vivi" 0,1 0,1 0,3 0,3 0,3 0,2 -14,9%
(.000 tonnellate)
Consumi tonn. 91,5 91,8 86,8 86,8 87,1 88,9 2,1%
Macellazioni (= produzione netta) (.000 tonn) 69.1 65.7 62.9 61.7 63.2 63.4 0.4%
- peso macellazione (kg pecora / capo) = [4] 9.31 9.24 9.06 9.18 9.22 9.24 0.2%
numero di capi kg pecora/capo
Elaborazione su dati Ismea al Novembre 2004
* I pesi sono espressi in equivalente peso carcassa (coefficiente di conversione) in base all’art. 5 del Reg. (CE) 2233/2003

L’ovinicoltura si è differenziata sul territorio nazionale in relazione alle tradizioni,


all’ambiente, alla capacità di corrispondere alle nuove esigenze produttive e
commerciali.
La Produzione del comparto ovino e caprino carni (espressa in peso vivo) al 2003 è
stata di 78.000 tonnellate per un valore, ai prezzi di base, di 415 milioni €.
Tab. 28 - Produzioni ovicaprine italiane al 2003
Quantità (peso vivo per le carni) Valore (ai prezzi di base)
tonnellate var. % 2002/01 mio. euro var. % 2003/02
Carni ovi-caprine 78.000 -3,9 415 46,1

Latte ovicaprino 627.700 -3,9 466 2,3


(000 hl)

Elaborazione: Inea – Agricoltura Italiana conta 2004

Tuttavia, dal punto di vista territoriale un’attività economica deve essere valutata
anche in termini dell’importanza che essa riveste nell’economia locale: in determinate
aree del Paese l’allevamento ovicaprino, sicuramente poco importante in termini
assoluti e strutturalmente arretrato, è rilevante per il peso che assume rispetto alle altre
produzioni agroalimentari, oppure per occupazione (per la mancanza di reali
alternative), di indotto, ecc.

43
Nel settore delle carni ovine e caprine un pagamento supplementare a capo viene
erogato agli allevatori con più di 50 capi che conducono gli animali al pascolo per
almeno 120 giorni all’anno.

L’ovinicoltura da latte nazionale presenta tre diverse condizioni:

¾ La Sardegna è tra le regioni al mondo con più alta concentrazione


d’allevamento, ma strategie commerciali inadeguate hanno indebolito
l’immagine di formaggi tradizionali di pregio, prodotti in grande quantità per
il prevalente sbocco su mercati d’esportazione.
La progressiva riduzione delle protezioni comunitarie (restituzioni
all’export) pone obiettivi di differenziazione delle impostazioni produttive e
commerciali e di spostamento sul mercato interno di rilevanti volumi di
prodotto.

¾ Lazio e Toscana, hanno ormai superato l'impostazione tradizionale della


pastorizia, grazie anche ad un favorevole contesto infrastrutturale e a
condizioni di mercato migliori rispetto a quelle delle regioni meridionali.

¾ In Sicilia e in altre regioni meridionali che pure possono vantare numerose


produzioni tipiche, la trasformazione avviene in notevole misura (circa 90%)
in azienda, originando circuiti commerciali corti, locali senza l'attivazione di
una qualche strategia di valorizzazione e di commercializzazione.

Tab. 29 - Quantità latte ovino munto, consegnato a caseifici, trasformato in azienda in alcune regioni
2003
Regioni Tonnellate
Toscana 54.183
Lazio 63.948
Calabria 20.335
Sicilia 56.420
Sardegna 337.885
Tot. nazionale 628.281
Elaborazione su dati Istat – 5° Censimento

Tab. 30 - Latte ovino e caprino, 2003


Pecora Capra
Produzione nazionale 623.456 100.000
Importazione - 15.000
Alimentazione - 10.000
Disponibilità 623.456 115.000
Trasformazione industriale 623.456 110.000

44
Tab. 31 - Produzione di formaggi ovini, 2003
Tonn. Coeff. Tonn.
Latte formaggio

Pecorino romano 195.291 6,30 31.002


Pecorino sardo 8.776 6,18 1.410
Pecorino siciliano 38.340 5,40 7.100
( cert. e non )
Pecorino toscano 7.604 5,66 1.343
Fiore Sardo 1.961 7,20 272
Canestrato Pugliese 216 5,89 37
Elaborazione su dati Consorzi di Tutela, Assolatte

Tab. 32 - Esportazione Pecorino Fiore Sardo


2002 2003

Europa 2.937 2.471


America 17.120 18.932
Africa 5 4
Asia 124 168
Oceania 30 29
Totale 20.219 21.165

Il comparto degli ovicaprini rappresenta una delle realtà più importanti non solo dal
punto di vista economico ma anche per il ruolo sociale ed ambientale che esso riveste.
Per questo motivo l’andamento decrescente delle consistenze desta molta
preoccupazione.

Il declino della popolazione e del numero di allevamenti è imputabile anche in questo


caso alla crisi strutturale cui è andata incontro la nostra zootecnia la quale ha avuto
come effetto principale la scomparsa degli allevamenti familiari e di quelli di
dimensioni ridotte non specializzati. Gli allevamenti ovicaprini hanno avuto meno di
altri le risorse per fare fronte ai cambiamenti imposti dalla globalizzazione dei mercati
e dall’adeguamento alle nuove norme, ad esempio sulla qualità igienico-sanitaria del
latte. A questo, si sono aggiunti altri fattori congiunturali, fra i quali:

- Cambiamenti socio-culturali per cui con l’affermarsi di nuovi stili di vita


difficilmente gli allevatori sulla strada del pensionamento vengono sostituiti dalle
giovani generazioni

- Effetti pesanti delle emergenze sanitarie (Blue Tongue, Scrapie, ecc.).

In Italia, come in tutti i paesi mediterranei, la produzione principale fornita


dall’allevamento è il latte per la caseificazione, mentre la produzione di carne è tipica
dei paesi freddi (es. Regno Unito e Irlanda). Va tuttavia notato che sebbene il consumo
di carni ovicaprine in Italia mostri un declino di circa il 30% tra il 1990 ed il 2000, la
produzione nazionale sul consumo incide solo per il 65% (ISTAT), segno evidente che
vi sarebbe spazio ulteriore per la produzione nazionale di carne magari valorizzata da .
45
Tuttavia l’impulso all’allevamento degli ovini da carne in Italia è frenato dai minori
costi delle carni prodotte in paesi più specializzati in questo senso (Gran Bretagna) o in
paesi con costi di produzione e valori fondiari molto più bassi dei nostri (paesi
dell’Europa dell’Est). Inoltre in Italia il consumo è tuttora fortemente legato alla
tradizione, per cui circa l’80% delle carni ovicaprine viene consumato nel periodo
pasquale. Normalmente il prodotto più apprezzato in Italia, l’agnello leggero, viene
prodotto proprio in questo periodo.

L’emergenza della Blue Tongue ha causato forti disagi e danni economici agli
allevatori di ovicaprini e bovini specie nelle regioni del Centro –Sud Italia: si tratta di
una malattia infettiva, virale, comparsa nel nostro Paese nel 2000, in Sardegna, Sicilia
e Calabria.

La BT colpisce i ruminanti domestici e selvatici, viene trasmessa da un insetto simile


alla zanzara “Culicoides imicola” che vive in ambienti caldo-umidi. La malattia è
causa di morte per gli ovini mentre i bovini possono essere portatori sani, senza
sintomi.

Nel 2003 la B.T. è spostata anche verso le regioni del Nord Italia, con alcuni focolai al
confine fra le Province toscane e le zone montane delle province emiliane di Parma,
Modena e Reggio, mettendo a serio rischio tutta l’area padana fortemente vocata alla
zootecnia bovina sia da latte che da carne. In queste zone si è attuato un piano di
vaccinazione preventivo su animali sani atto a creare una zona di cordone sanitario fra
le zone colpite dalla malattia e quelle sane.

Il nostro Paese, in linea con quanto disposto dalle direttive europee, si è rivolto
principalmente alla soluzione delle problematiche sanitarie. L’Ordinanza del Ministero
della Sanità dell’11 maggio 2001) ha istituito l’obbligo di misure urgenti di profilassi
vaccinale. Tali misure prevedono l’attuazione di un programma di controllo della
diffusione della malattia, attraverso la vaccinazione pianificata di ovini e ruminanti in
genere presenti nei territori e nelle province che vengono di volta in volta individuati.
Alla vaccinazione si aggiunge un piano di sorveglianza sierologico, che permette di
individuare, tramite prelievo periodico del sangue di bovini non vaccinati, cosiddetti
sentinelle, la presenza del virus; un territorio viene dichiarato con infezione in atto non
solo in conseguenza di un focolaio ma anche nel caso in cui ci sia positività ai controlli
degli animali sentinella (animali messi a disposizione degli allevatori). la
sieropositività al virus comporta l’apertura di un focolaio nel comune di ubicazione
dell’allevamento e l’estensione del territorio con infezione in atto ai comuni limitrofi i
cui confini ricadono all’interno di un raggio di 20 Km intorno all’azienda. Questo stato
impone dei limiti alla movimentazione degli animali sia per la transumanza che per la
macellazione.

Il programma di controllo prevede, al raggiungimento della soglia dell’80% degli


animali vaccinati nelle zone sensibili, la revoca del divieto di movimentazione dei
46
capi. Tale soglia in questi anni è stata raggiunta il alcune regioni (Toscana, Sardegna),
grazie alla collaborazione degli allevatori (la vaccinazione comporta una certa dose di
rischio per l’animale).

Le restrizioni alla movimentazione continuano a permanere, seppure con forme e


modalità diverse, e rappresentano perdite economiche ingenti per gli allevatori.

Per il 2005, con l’Ordinanza dell’8 febbraio 2005, permane l’obbligo della
vaccinazione per gli ovicaprini e per i bovini che devono essere movimentati per
l’ingrasso sancisce nuove e più flessibili regole di governo della movimentazione dei
bovini apre all’utilizzo di vaccini alternativi, non appena disponibili, con particolare
riferimento ai vaccini spenti, riconosce agli allevatori indennizzi dei danni indiretti
sofferti a seguito della vaccinazione (calo quantitativo e qualitativo della produzione
di latte, ridotta fecondabilità degli animali atassia , alterazioni a carico del vello)
prevede indennizzi per i danni derivanti dal blocco delle movimentazioni a seguito dei
provvedimenti emessi dall’autorità sanitaria competente.

Altra questione che pesa sul comparto è la normativa igienico-sanitaria sul latte (DPR
54/97) sia vaccino che ovicaprino che ha sicuramente rappresentato un limite alla
sopravvivenza di allevamenti e caseifici, soprattutto di piccole dimensioni. La
normativa applicata al settore ovicaprino si è rivelata molto restrittiva, tenuto conto del
livello tecnologico di molti allevamenti, talvolta non dotati di attrezzature per la
mungitura meccanica.

Questo si verifica soprattutto nelle zone in cui l’ovinicoltura è molto frammentaria e le


greggi sono di piccole dimensioni.

Allo stesso modo, i requisiti che devono essere rispettati per i locali di trasformazione
del latte, hanno fatto sì che solo i caseifici di una certa dimensione potessero
adeguarsi, con conseguente scomparsa di molti caseifici aziendali.

La struttura dell’offerta

La grande maggioranza del latte ovino prodotto in Italia viene destinato alla
produzione di pecorino.

Le aziende industriali produttrici di formaggi ovini in Italia, sono circa 145, esse
trasformano circa il 75% del latte ovicaprino di produzione nazionale. Per la maggior
parte si tratta di aziende di piccola dimensione che occupano complessivamente circa
1.900 addetti fissi, cui vanno aggiunti gli stagionali. Di queste, circa 70 sono situate in
Sardegna, circa 30 in Toscana e circa 15 nel Lazio.

La stagione produttiva si estende generalmente da ottobre a giugno ed è caratterizzata


da un elevato utilizzo di lavoratori stagionali.
47
Sardegna, Lazio, Toscana e Sicilia sono le regioni in cui si sono concentrati gli
allevamenti ovini e anche gli stabilimenti per la produzione di formaggi ovini.

Le altre regioni meridionali si distinguono per la produzione fortemente frammentata e


realizzata per la quasi totalità direttamente in azienda.

La maggior parte degli operatori sono imprese private di proprietà familiare o


cooperative. Queste due forme sono in numero quasi uguale in Sardegna, nel Lazio
prevalgono le prime mentre in Toscana la maggior parte delle principali imprese hanno
forma cooperativa.

Nel corso degli anni, la produzione di pecorino non a marchio DOP è andata
riducendosi mentre risulta in crescita quella a marchio.

D’altro canto la perdita delle differenziazioni dei singoli prodotti aziendali può far
correre il rischio di una disaffezione dei consumatori “storici”, molto legati alle
produzioni locali.

Il mercato
Circa la materia prima, la situazione di mercato è assai complessa. Il comparto sta
attraversando una fase di estrema difficoltà causata dai radicali cambiamenti in corso
nel mercato del Pecorino Romano e dell’implementazione delle norme igienico
sanitarie. Ormai da anni, non si riesce a stabilire, se non occasionalmente, tra i
produttori di latte ed i trasformatori un accordo che soddisfi le parti e che le avvicini a
formare un vero e proprio sistema in grado di affrontare unitariamente il mercato.
Il mercato dei derivati è caratterizzato da prezzi instabili, condizionati più dalla
variabilità dell’offerta che dall’andamento della domanda.

Le quotazioni del Pecorino Romano (influenzate dall’andamento della domanda Usa) e


la disponibilità di materia prima sono i principali fattori che influenzano il prezzo dei
formaggi ovini. Se le vendite (e le quotazioni all’ingrosso) del Pecorino Romano
scendono, cresce la produzione sarda di formaggi da tavola con effetti sui prezzi di
mercato. D’altro canto, le produzioni laziali e toscane, orientate prevalentemente al
formaggio da tavola, risentono della stagionalità della materia prima la cui
disponibilità cresce nel periodo primaverile.

La fase commerciale

La filiera del latte ovicaprino presenta problemi di scarsa integrazione verticale e


organizzazione. A differenza del latte bovino, per il latte ovino non sempre si giunge
ad un accordo interprofessionale, sul prezzo alla stalla tra produttori e traformatori.
48
Spesso le trattative sono difficoltose o assenti. Tali trattative, rappresentano
un’opportunità per attuare una politica di pianificazione produttiva che comporti
un’adeguata remunerazione per i produttori di materia prima.

Una buona parte delle imprese casearie private curano in proprio la distribuzione del
prodotto lungo i diversi canali commerciali, Tuttavia, si registrano una qualche
difficoltà esiste per le imprese cooperative in quanto la fase di distribuzione viene
sovente ceduta a terzi consentendo in taluni casi di assumere i connotati di un
oligopolio.

Da parte dell'industria privata viene prestata maggiore cura alle fasi post produttive
individuate come fattori chiave di successo.

L'export viene attivato per via diretta dalle singole imprese o da commercianti
esportatori, che si avvalgono di intermediari per la concentrazione dell'offerta.

La filiera del latte ovicaprino trova importanti limiti al suo sviluppo anche per carenze
di flussi di informazioni verso e dagli operatori.

Conclusioni

Il mondo della ovinicoltura rappresenta un insieme di valori indissolubilmente legati


alle tradizioni più antiche del mondo rurale. E’ una delle poche attività che si possano
praticare in zone marginali, recuperandole da un punto di vista sia produttivo che
ambientale. La scomparsa di un tale patrimonio è una perdita per l’intera società, non
solo agricola. Tuttavia, ad impedire il mantenimento di tale attività concorrono
problematiche tecnico economiche: globalizzazione dei mercati, carenze tecnologiche
e strutturali, emergenze sanitarie) ma anche socio-culturali: la pastorizia è sempre stata
identificata con un mondo “povero” e quindi poco attraente i giovani allevatori
tendono invece a riciclarsi in altri settori agricoli più remunerativi e meno onerosi in
termini lavorativi, ma anche socialmente più accettato.

Così come in altri campi si sta già realizzando, il comparto ovicaprino deve orientarsi
sulla tipicizzazione del prodotto e sulla qualità identificando, da una parte i nuovi
mercati – nazionali ed internazionali – capaci di remunerare la qualità ed i servizi del
prodotto nazionale di alta gamma e, dall’altra, riqualificando l’immagine di un
prodotto che, nonostante l’elevato contenuto in tipicità, non gode che di una modesta
immagine presso i consumatori.

Le produzioni ovicaprine italiane devono essere identificate con quanto di più


estensivo, genuino e rispettoso del benessere degli animali esista nell’ambito della
zootecnia. A questo deve essere affiancata una grossa attività promozionale che
riqualifichi l’immagine del settore e degli operatori che vi lavorano. Un aiuto ad
allargare la base di consumatori può essere dato da una strategia di marketing mirata
49
alla presentazione di prodotti diversificati che possano risultare graditi anche ad un
pubblico giovane o dal gusto non molto educato. Ciononostante lo sforzo maggiore va
fatto affinché venga quanto più possibile ridotto il divario tecnologico e culturale che
continua a dividere i pastori dagli altri allevatori.

La filiera ovicaprina soffre in maniera ancora più marcata di altre della mancanza di
integrazione.

Sarà opportuno, quindi, favorire tutte quelle forme di organizzazione tra le componenti
della filiera e che potranno favorire tutte le espressioni di integrazione utili agli
operatori: dalla definizione del prezzo del latte, alla diversificazione del prodotto, alla
organizzazione di campagne comunicazionali, alla tracciabilità del prodotto e
all’identificazione dell’origine.

Nell’ambito della politica di diversificazione produttiva rientrano anche le possibili


utilizzazioni alternative del latte caprino. Attualmente, infatti, il latte caprino è
utilizzato prevalentemente per la produzione di formaggi misti, perdendo le
caratteristiche di forte personalità detenute dai formaggi di latte di capra.
L’importo massimo del pagamento supplementare è fissato a 15 €/capo.
Il comparto avi-cunicolo

Allevamento avicolo

La produzione mondiale di carni avicole, nell’ambito del generale incremento della


produzione di carni registrata nell’ultimo trentennio (1961 - 2002) (dati FAO), ha fatto
segnare gli incrementi maggiori (+379% nel 2002 rispetto al 1970), rispetto ad altri
comparti (+162% carne suina e +50,5% carne bovina), ciò anche in ragione dei suoi
bassi costi di produzione. Nel 2002 la carne avicola prodotta è stata di 72 milioni di
tonnellate. La produzione è concentrata per oltre il 65% negli USA, in Cina, nell’UE-
15 ed in Brasile (H.W. Windhorst, Will European Polultry Meat Producers be
Competitive in Future 46 Assemblea Generale A.V.E.C., Gleneagles, 2003).

50
A livello mondiale, la filiera avicola, (sul modello realizzato negli Stati Uniti negli
anni ’30) prevede una struttura fortemente integrata, per realizzare elevate economie di
scala nella fase successiva alla produzione (trasformazione/distribuzione)
L’integrazione verticale diretta o basata su contratti con gli allevatori, è realizzata sia a
monte dell’industria (mangimistica) che a valle (macellazione/ trasformazione).
Attualmente, tale modello oltre agli USA, al Brasile si sta diffondendo anche in altri
paesi (Cina, Tailandia), (Ofival, Situation et perspective des productions avicoles sur
le plan mondial et européen, 2003).

Scambi commerciali

Le carni avicole rappresentano una tra le più importanti voci di scambio nei commerci
internazionali delle carni; l’80% del volume delle esportazioni è realizzato da USA,
Brasile, UE –15.
Gli Stati Uniti presentano una domanda prevalentemente di parti bianche (petto,
cosce), ed esportano fusi, ali, interiora, ecc,. in Cina in cui esiste una domanda di tali
prodotti, la Cina a sua volta è esportatrice di cosce e tagli trasformati verso il mercato
giapponese.
Altri paesi come il Brasile la Tailandia cosiddetti “emergenti” sono forti esportatori di
III e IV lavorazioni (crudi, panati,) ad alto valore aggiunto, in conseguenza della
crescita della filiera di produzione, dei minori costo di produzione, di politiche di
svalutazione della moneta nazionale a stimolo delle esportazioni (il Real si è
deprezzato rispetto all’Euro di 2,75 volte dal valore del 1998 rispetto alla quotazione
media dei primi otto mesi del 2003).

L’Unione europea ha perduto rilevanti quote di mercato nell’ultimo ventennio (-23%)


per pezzi congelati e polli interi congelati (H.W. Windhorst, Will European Poultry
Meat Producers be Competitive in Future 46° Assemblea Generale A.V.E.C.,
Gleneagles, 2003).

51
La perdita di posizione dell’export comunitario non è solo imputabile ad un più elevato
costo di produzione conseguente a vincoli comunitari di carattere sanitario,
ambientale, ecc., ma anche alla maggiore liberalizzazione degli scambi commerciali
introdotta dagli accordi GATT del 1995.

Tuttavia negli ultimi anni si è osservata una debole ripresa dell’export comunitario
attribuibile alla maggiore rispondenza del prodotto UE agli standard di salubrità
imposti da numerosi paesi importatori, Per quanto riguarda le importazioni, il 23%
dell’import mondiale è appannaggio della Russia, seguita da Giappone, Cina ed Hong
Kong, e Medio Oriente, con quote intorno all’11-12%.

Tab. 33 - Produzione, volumi scambiati e consumi mondiali di carne avicola (000 ton)

Media 1997-99 Media 2000-02 TAV%annuo %02*/01


Produzione 62.067 69.300 3,6 +2,9
Esportazioni 5.287 6.419 4,4 -1,5
Importazioni 5.288 6.419 4,4 -1,5
Consumi 62.067 69.633 3,6 +2,9

Elaborazione su dati Ofival

Tab. 34 - Principali produttori mondiali di carne avicola (000 ton)


e quota % principali paesi produttori
Media 1998-99 Media 2000-02 TAV% annuo %02*/01
USA 24,9 24,6 3,4 3,1
Cina 17,3 17,7 4,1 1,9
UE 13,9 13,0 0,7 -0,1
Brasile 8,7 10,1 10,6 11,1
M.Oriente(a) 5,7 5,5 2,1 -0,1
Messico 2,7 3,0 7,8 4
Eu dell'est 2,7 2,8 5,2 7
Giappone 1,9 1,7 -0,4 1,4
Russia 1,0 1,2 9,2 11
Tailandia 1,4 1,6 8,8 7,3
Africa sud 1,3 1,4 5,9 1,8
TOT. 63.100 (000ton) 69.300 (000ton)
Tot. princ. P. 51.547 (000ton) 57.167 (000ton)
(a) incluso il nord Africa
Elaborazione su dati Ofival; FAO; Commissione Europea

Il consumo complessivo mondiale di carni avicole è passato da 41 milioni di tonnellate


del 1990 a 73,9 milioni nel 2002 (+73%).

Il 65% dell’attuale domanda mondiale di pollame si concentra in quattro aree (Tab.


33): Stati Uniti, paese principale paese consumatore, che rappresenta oltre il 24% della

52
domanda, Cina (18%), Unione Europea (13%), Brasile (10%), Medio Oriente, Africa
del Nord. Altre aree rilevanti sono rappresentate da Russia, Messico, Paesi dell’Europa
Orientale e Giappone.

La domanda mondiale pro capite di carne di pollame, si attesta nel 2002 sugli 11,9 kg
per abitante.
Gli USA mostrano un consumo pro capite/anno di kg 50,9, seguono Brasile, Messico,
Russia, In altri paesi, le potenzialità di espansione dei consumi pro capite sono ancora
elevate, E’ questo il caso della Cina e dei paesi dell’Europa dell’Est, in relazione alla
crescita del reddito. Nei paesi PECO oltre il 60% dei consumi si concentrano in
Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca.

La produzione comunitaria
A livello comunitario la produzione di carni avicole (oltre il 70%, rappresentata da
carne di pollo) si attesta sui 9 milioni di tonnellate, terza produzione mondiale. Il
comparto è regolato da una Organizzazione Comune di Mercato (Reg. 2777/75 e sue
modificazioni) che non prevede misure di sostegno interno, ma definisce norme sulle
modalità di commercializzazione dei prodotti avicoli.

Il comparto è contraddistinto:

• perdita di competitività sul mercato internazionale, per uno svantaggio di costo, dei
mangimi, del lavoro, del denaro, per emergenze sanitarie (ad es. casi di influenza
aviare in Italia ed nei paesi Bassi);

• struttura eccedentaria, surplus medio annuo di oltre 320 mila tonnellate (2000-03)
anche se dovrebbe ridursi gradualmente, nel medio periodo, soprattutto grazie
all’espansione dei consumi nei nuovi stati membri a ritmi superiori rispetto agli
incrementi della loro produzione.

Oltre il 50% della produzione comunitaria è concentrata in tre paesi (Francia, 24%,
Gran Bretagna, 17%, ed Italia, 12%), seguono Spagna, Germania (circa l’11%
ciascuno) ed Olanda (7,5%) Francia ed Italia hanno però perso quote di produzione nel
corso dell’ultimo decennio, mentre Gran Bretagna ed Germania hanno guadagnato.
Nei cinque paesi leader la produzione presenta generalmente una struttura fortemente
integrata, prevalentemente ad opera dell’industria a valle della produzione. L’UE-15
nel periodo 2000-02 ha esportato 1,1 milioni di tonnellate (circa il 13% della
produzione, +4,3% all’anno rispetto al 1997), ed ha importato 734 mila tonnellate,
+19% all’anno rispetto al 1997.

53
L’industria avicola comunitaria sta sviluppando i segmenti a maggiore valore aggiunto
(prodotti III e IV gamma). Regno Unito e Germania si stanno specializzando nella
produzione di trasformati ed elaborati, di prodotto fresco, segmento tradizionalmente
di forza dell’Italia, mentre i paesi dell’Europa meridionale (Francia, Spagna) stanno
spostandosi verso il prodotto certificato (OFIVAL, Le marchè des produits carnes set
avicoles en 2002, 2002).

Consumi in Europa

L’Unione Europea si colloca al quarto posto per i consumi pro capite/anno (22,3 kg nel
triennio 2000-02), tra i paesi maggiori consumatori si annoverano Irlanda, Portogallo e
Regno Unito.
La domanda comunitaria è caratterizzata da un crescente richiesta di praticità con
servizi aggiunti (sezionati, disossati, elaborati e trasformati pronti per la cottura o
precotti; differenziazione del prodotto sul piano qualitativo (prodotto fresco
nell’Europa del nord e introduzione di marchi di qualità in quella del Sud).richiesta di
prodotto biologico (prevalentemente in Francia e nel Regno Unito), diffusione di
prodotto a marchio DOP e/o IGP (Francia e Spagna) e, soprattutto, una più larga e
crescente diffusione di marchi di produttori o della distribuzione basati su disciplinari
di produzione che certificano la tracciabilità del prodotto, l’ origine geografica, il
rispetto di requisiti in materia di benessere animale e tutela ambientale, e, soprattutto
la salubrità del prodotto (8% della produzione francese, 90% di quella inglese, in
diffusione in Germania, Paesi Bassi, Austria e Danimarca).
Il crescente interesse per tale tipo di certificazione è anche in conseguenza del
crescente timore sulla salubrità delle carni ingenerato da problemi di carattere sanitario
che hanno colpito il comparto delle carni.

Come noto, il pollo rappresenta la parte preponderante dei consumi di carni di pollame
in tutto il mondo: nell’UE la sua quota è superiore al 70%.

54
UOVA

Evoluzione della produzione

La produzione comunitaria di uova si è attestata nel 2002 su circa 5,65 milioni di


tonnellate (consumo e cova).
Nel triennio 2000-02 la produzione di uova da consumo si concentra prevalentemente
in Francia, Germania ed Italia, con quote comprese tra il 18 ed il 16% circa, mentre
Regno Unito, Spagna ed Olanda detengono una quota intorno all’11-12%. Va peraltro
osservato come Germania ed Olanda abbiano perso, sia pure marginalmente quote di
produzione a favore di Spagna e, soprattutto, Italia. La produzione comunitaria sta,
peraltro, subendo un processo di diversificazione lungo due direttrici (Commissione
Europea, Report from the Commission to the Council with regard to developments in
consumption washing and making of eggs, COM (2003) 479 final, 2003):

a) la trasformazione in ovoprodotti;

b) la differenziazione dei sistemi di produzione (biologico, sistemi alternativi alle


gabbie: tradizionali all’aperto, parchetti all’aperto), per rispondere alla domanda del
mercato di salubrità, rispetto del benessere animale, prodotti biologici.

In Italia si contavano nel 2000 circa 905 mila capi allevati in sistemi alternativi.
L’incidenza dei sistemi alternativi, è tra il 20 ed il 30% dei capi complessivi, in
Olanda, Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, Svezia ed Austria ed in misura minore in
Francia e Germania. I sistemi alternativi, peraltro, in genere si accompagnano a
sistemi di marchi e certificazioni che permettono una valorizzazione del prodotto
presso i consumatori facendo leva sul maggiore livello di benessere animale. Al
riguardo, stime al 2002 riportate della Commissione Europea, evidenziano come i
maggiori costi di produzione dei sistemi alternativi, che si aggirano mediamente su 1-2
euro per 100 kg di uova, sono più che ampiamente coperti in termini di differenziali di
prezzo che i consumatori riconoscono al prodotto ottenuto con tale sistema (Tab. 1.25).
Analoghe considerazioni peraltro possono essere fatte per le uova ottenute con sistemi
di produzione di tipo biologico.

La produzione comunitaria assicura l’autosufficienza al mercato interno nel suo


complesso, dato che il grado di autoapprovvigionamento si attesta mediamente intorno
a 102 nell’ultimo decennio.

Gli scambi con i paesi terzi ed il commercio intra-comunitario

L’UE-15 si configura infatti come il primo esportatore mondiale sia di uova intere,
seguita da Stati Uniti, Malesia e Cina, che di ovoderivati. Tra i paesi emergenti
Malesia ed India, in grado di competere con l’UE sul versante dei costi. I paesi
55
principali importatori sono Messico, Canada, Sud-Est asiatico e medio Oriente.
L’export comunitario è rivolto a sette aree: I paesi principali esportatori sul mercato
comunitario sono, nell’ordine Olanda (40%), Belgio, Francia e Germania, mentre i
paesi principali importatori sono Germania (39%), Francia, Belgio e Regno Unito.

L’Italia ha un peso sul commercio intracomunitario del 3,5% circa.

Il comparto nazionale

Secondo il 5°Censimento 2000 dell’Agricoltura italiana il comparto avicolo si presenta


diviso in due realtà:

• piccole unità di allevamento che destinano le produzioni prevalentemente


all’autoconsumo o a mercati locali;

• grandi allevamenti industriali.

Gli allevamenti avicoli censiti sono 521.000, ripartiti soprattutto tra aziende di galline
ovaiole e di polli da carne.
Alla data del censimento il patrimonio nazionale è stato di oltre 171 milioni di capi. La
maggiore concentrazione territoriale si ha nell’Italia del Nord (Veneto, Lombardia,
Emilia Romagna, Piemonte), tale fenomeno della concentrazione territoriale degli
allevamenti avicoli permette di realizzare economie di costo organizzative e di
trasporto, ma crea tuttavia elementi di criticità e di rischio, in termini di gestione
ambientale e di contenimento delle emergenze sanitarie.

Tab. 35 - Avicoli - numero di capi e aziende al 2000 in Italia per regione


Regione Capi Aziende

Piemonte 13.967.156 27.431


Valle d'Aosta 14.515 1.489
Lombardia 27.285.623 19.980
Trentino A. A. 1.362.251 11.260
Bolzano 250.863 8.562
Trento 1.111.388 2.700
Veneto 47.983.231 71.586
Friuli Venezia Giulia 8.638.393 11.827
Liguria 279.177 9.888
Emilia Romagna 29.088.217 41.480
Toscana 3.484.039 42.057
Umbria 8.170.282 22.701
Marche 7.691.275 36.408
Lazio 3.322.691 58.907
Abruzzo 3.601.858 33.338
Molise 4.034.421 13.008
Campania 5.765.546 60.964
Puglia 1.981.935 3.841

56
Basilicata 496.363 16.175
Calabria 1.412.464 27.885
Sicilia 1.678.455 6.771
Sardegna 1.139.323 4.897
ITALIA 171.399.215 521.895

Oltre il 50% dei capi cosiddetti avicoli in complesso ( polli da carne, galline ovaiole,
tacchini, faraone, oche, altri avicoli), si alleva in Veneto, in Emilia Romagna,
Lombardia e in Piemonte .
Il fenomeno della concentrazione degli allevamenti in areali ristretti si può apprezzare
meglio esaminando i dati censuari su scala regionale e provinciale.
Fatto cento il totale regionale:

• Piemonte il 41% in provincia di Cuneo, seguita da Asti (23%) e da Torino (21,6%);

• Lombardia, il 39,7% a Brescia, il 21% a Mantova, il 15,4% a Bergamo ed il 13%


circa a Cremona;

• Veneto, il 42,8% a Verona, seguita da Vicenza (18,1%), Padova (16,2%) e Treviso


(14,7%);

• Emilia-Romagna, il 62,1% dei capi è appannaggio di Forlì-Cesena, seguita da


Ravenna (11,6%).

Polli da carne: il 53,4% del patrimonio nazionale censito (96,7 milioni di capi) si
concentra nell’Italia nord-orientale, segnatamente in Veneto (29%) ed in Emilia
Romagna (15,9%), seguita, anche in questo caso dall’area nord-occidentale (22,5%) ed
in particolare, da Lombardia (12,9%) e da Piemonte (9,5%). La distribuzione su scala
provinciale, in queste regioni, segue andamenti analoghi a quelli riportati per gli
avicoli in complesso.

Ovaiole: anche i circa 44,8 milioni di galline ovaiole censite presentano una spiccata
concentrazione sul territorio, quasi simile a quella osservata per i broiler. Il 40% dei
capi si concentra infatti in Italia nord-orientale ed in particolare in Emilia Romagna
(19,2%) ed in veneto(18,2%). In questo caso la regione leader è la Lombardia, con il
22,4% dei capi, mentre il Piemonte detiene una quota prossima al 7%. In Piemonte,
Cuneo e Torino concentrano oltre il 55% del patrimonio regionale; Brescia il 42% di
quello lombardo, seguita da Mantova (23%); Verona e Vicenza detengono oltre il 65%
del patrimonio veneto, mentre Forlì-Cesena (51%) e Ravenna sono leader in Emilia-
Romagna.

Tacchini: i quasi 13 milioni di tacchini presenti sul territorio nazionale presentano la


massima concentrazione territoriale tra gli avicoli. Il 66,5% dei capi si trova infatti
nell’Italia nord orientale, ed in particolare in Veneto (49,8%) ed in Emilia Romagna
57
(14,4%). Di rilievo anche la quota della Lombardia (20,1%). Il 68,6% della produzione
regionale si concentra a Verona.

Dimensioni allevamenti

La presenza di forti economie di scala anche nella fase primaria della filiera fa sì che
l’allevamento avicolo italiano sia anche molto concentrato in allevamenti di grandi
dimensioni, anche se non mancano, strutture diffuse e polverizzate per l’autoconsumo
o per mercati locali ristretti.

• Avicoli in complesso la diffusione degli allevamenti avicoli di maggiori dimensioni


(oltre 2000 capi), espressi in termini di quota di capi allevati, segue andamenti
analoghi a quelli già rilevati nel complesso: massima diffusione in Veneto (31,6%
del totale nazionale nella stessa classe di dimensione), in Emilia Romagna (10,4%),
in Lombardia (17,3%) ed in Piemonte (8,9%). Va peraltro osservato che, fatto 100
il patrimonio regionale), il quasi tutte le regioni italiane una quota superiore
all’80% dei capi è allevata in strutture con una capacità superiore ai 2000 capi, ad
eccezione di Basilicata, Calabria, Liguria, Lazio, Toscana, Campania ed Abruzzo.
Ciò conferma diffusione su tutto il territorio nazionale di allevamenti medio-
grandi, anche se, nelle quattro regioni più specializzate sull’avicoltura la
concentrazione dei capi allevati in strutture di grandi dimensioni è
significativamente superiore.

• Polli da carne: In particolare, alla data del censimento, il 18% del totale nazionale
18 milioni di broiler, risultavano presenti in allevamenti del Veneto, con capacità
superiore ai 50.000 capi. Nel Veneto si concentra circa un terzo degli allevamenti di
dimensioni medio-grandi e grandi italiani. Seguono Emilia Romagna Lombardia e
Piemonte.

• Galline ovaiole: Il 42% del totale nazionale pari a 19 milioni di capi, si


concentrano in allevamenti da oltre 50.000 capi in tre regioni. Lombardia,
dell’Emilia Romagna, del Veneto.

• Tacchini: l’allevamento di questa specie, denota elevatissima concentrazione


spaziale accompagnata da una concentrazione in allevamenti di grandi dimensioni
superiore alla media riscontrata per le altre specie avicole, assumendo a
riferimento, per le caratteristiche strutturali di questo allevamento, una soglia
dimensionale inferiore (1000 capi) per caratterizzare i grandi impianti.

Analisi della produzione e ed evoluzione della domanda interna

La produzione avicola si compone per oltre il 57% da carne di pollo (-1,5% rispetto al
2001), per il 30% da carne di tacchino (-5,1% rispetto 2001) e per il resto da altre carni
avicole, come la faraona e l'oca, che si sono mantenuta stabili. Il settore mostra una
58
sostanziale situazione di autosufficienza con limitati flussi sia in importazione che in
esportazione.
Le esportazioni, soprattutto polli e tacchini, sono formate per oltre il 60% da animali
macellati in parti (disossati, metà o quarti, ali, cosce, colli, petti), e sono indirizzate
verso Germania, Grecia e Regno Unito in misura minore in Austria, Francia, Spagna,
Olanda.
Le importazioni sono ridotte anche a causa delle elevate esigenze del consumatore
italiano che preferisce di gran lunga le carni nostrane.

I paesi fornitori dell’Italia sono sostanzialmente la Francia e l’Ungheria.

Per le uova l’autosufficienza nazionale è prossima ad essere raggiunta anche se


l’applicazione di alcune norme(benessere galline ovaiole) nei prossimi anni porteranno
sicuramente ad una drastica riduzione della produzione di uova a livello non solo
nazionale ma anche comunitario.

I grandi allevamenti industriali, fortemente integrati verticalmente, costituiscono


la “ filiera avicola”(produzione, macellazione/trasformazione)

Secondo stime dell’UNA è composta da circa 6200 aziende di produzione (43%


allevamenti di polli, 12% tacchini, 11% faraone, oche, ecc. 33% allevamenti di galline
ovaiole) 173 impianti di trasformazione (macelli); la fase della lavorazione delle carni
avicole conta, 497 imprese di prima lavorazione e 20 imprese di seconda lavorazione,
1250 imprese di lavorazione delle uova (centri di imballaggio e laboratori di
pastorizzazione).

La filiera conta 80.000 addetti, di cui la metà negli allevamenti, 20% nella
macellazione e lavorazione delle carni ed il resto nella lavorazione delle uova e nel
trasporto. A monte della filiera ci sono circa 1000 imprese mangimistiche in grado di
produrre 5,9 milioni di ton di mangime per l’avicoltura.

Influenza delle emergenze sanitarie sull’andamento della produzione e dei


consumi
La fine delle diverse emergenze sanitarie (BSE, Diossina, Influenza Aviaria), ha di
fatto delineato la realtà dei consumi di carni in Italia. In particolare lo spostamento dei
consumi dalle carni rosse verso le bianche è stato solo momentaneo; una volta rientrata
l’emergenza, il riequilibrio del mercato delle carni ha indotto una sovrapproduzione di
carni avicole e una conseguente crisi di queste carni. In particolare il consumo di
carne bovina si è in parte ridotto ma si è spostato alla ricerca di prodotti di maggiore
qualità o, comunque, differenziazione e tipicità.. La carne suina è stata però in grado di
conquistare quote di mercato. Per le carni avicole, non vi è stato un aumento dei
consumi familiari ma solo uno spostamento di alcune fasce di consumatori le quali
59
sono diventate temporaneamente consumatori di carne bianca per poi ritornare, dopo
un certo periodo, alle precedenti abitudini alimentari.
La carne avicola non è stata in grado di trattenere i nuovi consumatori che si erano
affacciati a tale prodotto.
Le industrie avicole stanno reagendo a tale situazione investendo fortemente in
politiche di marca legate soprattutto ai prodotti più elaborati. I risultati non sono
comunque sempre soddisfacenti. A questo di aggiunge anche la debolezza delle
strategie aziendali di controllo della logistica. Le politiche di marca sono infatti mirate
principalmente verso i canali della grande distribuzione organizzata (GDO) ma appena
il 44% in media degli acquisti di carne avicola avvengono attraverso iper- e super-
mercati. Il principale canale distributivo è rappresentato invece dai negozi specializzati
assieme alla distribuzione tradizionale (macelleria).
Più delineate sembrano, invece, essere le tendenze del comparto delle uova. La quota
della GDO raggiunge il 47% degli acquisti delle uova con un trend in crescita
soprattutto per i super-mercati a scapito dei canali distributivi classificati come "altri".

La lunga crisi economica che coinvolge più in generale le famiglie italiane le rende più
attente ai consumi per le ristrettezze della capacità di spesa. Tale situazione sembra
così premiare un prodotto povero ma completo come il mercato delle uova. Le
famiglie che acquistano uova, dopo una leggera flessione nel 2001 (-1%) sono
aumentate del 2.4% nel 2002 con una tendenza che si conferma anche nel primo
semestre 2003 (+3.5% rispetto allo stesso semestre dell’anno precedente). Anche
l’acquisto medio, dopo una sostanziale stabilità nel 2001 e 2002, sembra aumentare
sensibilmente nel primo semestre 2003 (+12%). I prezzi medi si stanno invece
stabilizzando dopo continue crescite del 3% annuo negli ultimi due anni.

La crisi della BSE aveva sul momento innalzato le richieste di carni alternative, fra cui
quelle di pollo, con una immediato innalzamento fittizio dei prezzi che ha indotto
molti allevatori ad aumentare le produzioni con un conseguente crollo dei prezzi
successivo. Nei primi mesi del 2002 i prezzi per i produttori risultavano essere molto
al di sotto dei costi di produzione. Considerato anche che i consumi comunitari di
pollame stanno crescendo meno delle produzioni, e visto che le esportazioni verso i
paesi terzi saranno sempre meno vantaggiose per l’abbattimento delle restituzioni, se
non verranno adottate misure di controllo volontario delle produzioni, si potrà
incorrere nel rischio delle eccedenze.

Nell’ultimo periodo si sta anche presentando la possibilità che si verifichi un ulteriore


crollo dei prezzi a causa dell’importazione in massa di carni da paesi terzi, soprattutto
Brasile e Tailandia, per aggirare il dazio all’importazione che grava sulle carni non
salate. I costi estremamente più bassi di tali prodotti rischiano di creare forti turbative
sui mercati comunitari e, sebbene difficilmente possano collocarsi sul mercato italiano,

60
possono acquisire quote consistenti nei mercati di altri stati membri, limitando
notevolmente le esportazioni dei prodotti italiani verso di essi.

Un problema che si troveranno invece ad affrontare i produttori di uova sarà la


conseguenza dell’applicazione della Direttiva 99/74/CE che definisce gli standard
minimi in materia di benessere delle galline ovaiole negli allevamenti. Questa prevede
che le nuove aziende zootecniche allevino le galline con metodi diversi dalla batteria
(con gabbie dotate di nido, lettiera e posatoio o con sistema senza gabbie) e che le
batterie siano completamente eliminate entro il 2012 dagli allevamenti esistenti.
Intanto, già a partire dal 2003, ogni gallina ovaiola dovrà avere a disposizione 550 cm
2 invece degli attuali 450. Questo comporterà una riduzione del numero di galline
negli allevamenti con conseguente calo della produzione di uova: fino al 20% in meno
secondo stime dell’UNA. Le ripercussioni saranno il ricorso a notevoli quantità di
uova importate ed un aumento dei prezzi delle uova italiane, un possibile calo
dell’occupazione nella filiera.

Conclusioni

I problemi che colpiscono il settore avicolo in generale sono di natura diversa rispetto
a quelli strutturali tipici di altri comparti. Data l’estrema integrazione della filiera, gli
allevamenti medio-grandi conservano poco delle caratteristiche delle aziende agricole
ad indirizzo zootecnico. Fino a non molto tempo fa, le problematiche venivano
affrontate con un approccio spiccatamente industriale ed in qualche modo autonomo
rispetto all’ambito istituzionale. In seguito all’epidemia di influenza aviare nel Nord-
est a partire dal 1999, questo comparto ha evidenziato i suoi punti di debolezza, non
solo rappresentati dalle tematiche igienico sanitarie ed ambientali, ma anche strutturali
ed organizzative della filiera (vedi riquadro).

Per quanto alle problematiche ambientali occorre ricordare:

ƒ gestione delle deiezioni (problema delle mosche)


ƒ gestione degli animali morti in allevamento
ƒ gestione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo
ƒ controllo delle emissioni in atmosfera con i riflessi della disciplina IPPC
ƒ utilizzo di manodopera qualificata (attualmente squadre di vaccinazione, di
carico,. spesso avventizi e senza alcun controllo dei possibili spostamenti da un
allevamento all’altro che necessitano adeguati percorsi formativi al fine di
specializzare le competenze).
ƒ depurazione impianti di macellazione
ƒ misure di diversificazione della specie allevata e riduzione della concentrazione
di allevamenti avicoli.
ƒ norme specifiche in materia urbanistica
ƒ adeguamento strutturale degli allevamenti (di carattere ambientale).

61
Inoltre, benché la filiera riesca a garantire una buona qualità igienico-sanitaria del
prodotto – con le dovute eccezioni come nel caso dell’influenza aviare – l’immagine di
cui questi allevamenti godono presso una parte dei consumatori, non è di buon livello,
talvolta a ragione ma più spesso a causa di una diffusa disinformazione
sull’argomento. Ne è una prova il fatto che la maggior parte dei consumatori crede che
il pollo da carne sia allevato in batteria, sistema usato invece esclusivamente per le
galline ovaiole. L’immagine che accompagna il prodotto è comunque “povera” forse
anche a causa dei prezzi bassi spuntati da questi prodotti rispetto ad altre carni.

Sul fronte delle tracciabilità di filiera e della certificazione dei sistemi di qualità,
occorre far presente che in questo comparto a certificazione di prodotto è diffusa da
anni. Inoltre recentemente è stato riconosciuto dal Mipaf un regolamento per un
sistema volontario di etichettatura delle carni di pollame, che prevede il rispetto di un
disciplinare di etichettatura per apporre una etichetta sulla carcassa intera o sul singolo
pezzo di carne o su pezzi di carne o sul relativo materiale di imballaggio, per la
comunicazione di informazioni appropriate fomite per iscritto ed in modo visibile al
consumatore nel punto vendita. Il controllo del rispetto del disciplinare è a cura di un
organismo indipendente autorizzato dal Mipaf e designato dall’organizzazione. Tale
organismo indipendente deve essere riconosciuto rispondente ai criteri stabiliti dalla
norma europea EN/45011.

Inoltre in base all’art. 14 del decreto 29 Luglio 2004 tutte le certificazioni volontarie di
prodotto a partire dal 14 aprile 2005, periodo transitorio, dovranno essere autorizzati
per riportare obbligatoriamente in etichettata:

• codice di rintraccabialità;
• paese di nascita e allevamento;
• macello;
• laboratorio di sezinamento
• informazioni circa l’alimentazione o la forma di allevamento.

I rapporti contrattualistici nella filiera avicola

La filiera avicola ha subìto nel corso degli ultimi anni una profonda evoluzione, in
relazione all’organizzazione ed al funzionamento del processo produttivo, per potersi
adattare ai continui cambiamenti in atto nel mercato globale in termini di qualità dei
prodotti, segmentazione e diversificazione dell’offerta e riduzione dei cicli di vita dei
prodotti. Tale evoluzione ha portato allo sviluppo di rapporti contrattuali tra
l’impresa di trasformazione e la fase agricola di allevamento che avvengono
principalmente con contratti cosiddetti di soccida, e meno frequentemente con
semplici contratti di compravendita e con integrazioni verticali che portano alla
fusione in un’unica impresa i due momenti produttivi. In Italia oltre il 70-80%(fonte:
62
UNA) dei rapporti contrattuali tra l’industria di trasformazione carni e gli allevatori è
regolato da contratti di soccida

Soccida

Nel caso più diffuso della stipula di contratti attraverso la soccida, le imprese di
trasformazione delle carni forniscono agli allevatori input produttivi - pulcini,
mangimi, farmaci, assistenza tecnica, ecc.- e questi ultimi provvedono a fornire la
struttura di allevamento (generalmente di proprietà dell’allevatore) e
all’accrescimento dei capi da utilizzare nel processo produttivo della stessa impresa di
trasformazione. Quindi, nel contratto di soccida, il soccidante (impresa di
trasformazione) e il soccidario (allevatore) si accordano per l’allevamento e lo
sfruttamento di una certa quantità di capi e per l’esercizio delle attività connesse al
fine di ripartire l’accrescimento del pollame e gli altri prodotti e utili che ne derivano.
Normalmente l’impresa di trasformazione riconosce agli allevatori, al momento del
ritiro del prodotto, il pagamento di un prezzo. Il prezzo riconosciuto è uguale al costo
per lo sfruttamento degli impianti più un compenso attribuito all’allevatore a titolo di
remunerazione dell’imprenditore, calcolato sulla base di precisi indicatori da parte
dell’impresa dominante. In generale, le quote di riparto sono stabilite in percentuale
sulla produzione conseguita, al netto dello scarto, tenendo conto dell' incidenza dei
rispettivi apporti sul costo di produzione e variano col variare dell' indice di
conversione del mangime in carne. La quota dell'allevatore può essere acquistata dal
conferente in forma forfettaria. La durata di solito è annuale ovvero per 4-5 cicli che
durano all'incirca 60 giorni ciascuno. Questo è quanto è avvenuto particolarmente
negli ultimi 2-3 anni.

Contratti di fornitura, contratti di integrazione

Le imprese di trasformazione, al fine di fornire agli allevatori i fattori produttivi,


realizzano con le imprese a monte della filiera – mangimifici, fornitori di pulcini, ecc.
– dei contratti di fornitura, oppure dei contratti di integrazione attraverso la
costituzione di una holding in cui l’impresa di trasformazione ne risulta la capofila. Il
processo di internazionalizzazione da parte dell’impresa di trasformazione quasi
sempre coinvolge il mangimificio, che si presenta come una grande impresa
importatrice di materie prime. Una fase normalmente esternalizzata, invece, è quella
della scelta dei pulcini destinati alla riproduzione (grand-parents). Queste imprese
sono ubicate prevalentemente all’estero (Olanda, Germania) e realizzano con le
imprese avicole, specializzate nella moltiplicazione dei pulcini parents e
nell’incubazione delle uova, dei contratti di fornitura di durata annuale. La fase di
moltiplicazione e incubazione delle uova (essendo una fase particolarmente delicata,
con elevati costi di transazione) può essere integrata nella holding capitanata
dall’impresa di trasformazione oppure, con più frequenza, gestita attraverso dei
contratti di soccida, più raramente, invece, con contratti di libero mercato. La

63
moltiplicazione dei parents e l’incubazione delle uova è una fase direttamente o
indirettamente collegata a quella dell’allevamento.

Dalle evidenze emerge come la filiera del settore avicolo sia estremamente integrata e
gli operatori agricoli coinvolti mostrano un elevato grado di dipendenza rispetto alle
grandi imprese della trasformazione. In particolare, gli operatori agricoli – spesso di
piccole dimensioni- si rapportano con un mercato di sbocco fortemente concentrato e
gestito da poche aziende di grandi dimensioni. Questa situazione comporta debolezza
nella fase contrattuale da parte degli operatori agricoli e una quotazione a ribasso del
prezzo dei propri prodotti. Dall’altra parte però, il piccolo allevatore è protetto dalle
continue variazioni di mercato grazie a costi divenuti così costanti e prezzo di
riferimento certo.

In tale scenario si rende necessario riconsiderare il sistema di organizzazione della


filiera avicola in maniera tale da garantire agli operatori agricoli remunerazioni più
adeguate ed una maggiore trasparenza dei prezzi di riferimento.

Organismo Interprofessionale

Al fine di superare il tradizionale sistema contrattuale, si potrebbero altresì creare i


presupposti per la realizzazioni di accordi tra i produttori agricoli, l’industria di
trasformazione, le imprese commerciali. Tali accordi, assumendo un carattere
interprofessionale, hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale tutelando al
tempo stesso l’interesse del singolo. (es. settore ortofrutticolo con il Reg. 2200/96).

Per tali fini, un’opportunità alla riorganizzazione della filiera avicola sono
rappresentate dalla predisposizione, da parte del Ministero delle politiche agricole e
forestali, di contratti di filiera (art.66, comma 2, legge 27 dicembre n. 289 – legge
finanziaria 2003).

Tali contratti di filiera hanno come obiettivo quello di favorire l'integrazione di filiera
del sistema agricolo ed agroalimentare ed il rafforzamento dei distretti agroalimentari
nelle aree sottoutilizzate.

Il comparto cunicolo

L’Italia è il primo produttore a livello comunitario e mondiale di conigli; nella


formazione della P.L.V. zootecnica la coniglicoltura rappresenta il 4° comparto ( 9% ).

Il comparto produce 230.000 ton. di carne, pari a 100.000.000 di capi/anno ed un


valore di circa 500 milioni di Euro (fonte: Avitalia - Settore Conigli).

64
Oltre all’Italia (43,5% della produzione europea) i maggiori produttori europei sono la
Francia (25%), la Spagna (16%) e la Germania (5%).

Le informazioni riguardanti questo comparto, non sono comunque esaustive in quanto


non sono mai state svolte indagini precise sul rapporto fra allevamenti industriali ed
allevamenti rurali (produzione per autoconsumo o mercati locali), sulla loro
dimensione, sulla gestione soprattutto in funzione delle problematiche sanitarie, sui
rapporti di mercato.. Inoltre, similmente a quanto accade per il comparto avicolo, i dati
economico-statistici relativi alla filiera cunicola sono scarsi a causa della natura
industriale dei grandi allevamenti, svincolata dalle problematiche agro-zootecniche
comuni agli altri settori.

Dal 1990 al 2000 il numero di aziende cunicole e' diminuito di oltre il 45%. Questa
diminuzione e' stato tuttavia meno sensibile in termini quantitativi di produzione in
quanto la chiusura ha riguardato allevamenti di dimensioni famigliari ed alcuni di
questi si sono evoluti da un indirizzo per autoconsumo a struttura di produzione
intensiva.

Tab. 36 - Cunicoli - numero di capi e aziende al 2000 in Italia per regione

Aziende Capi N.medio


capi
2000 1990 Var % 2000 1990 Var % 2000
2000/1990 2000/1990
Piemonte 15.539 50.248 -69,1 1.022.907 1.525.000 -32,9 66
Valle d'Aosta 619 1.220 -49,3 7.383 16.025 -53,9 12
Lombardia 9.899 31.682 -68,8 611.427 824.663 -25,9 62
Trentino A.A. 2.740 5.330 -48,6 114.526 157.107 -27,1 42
Bolzano 1.502 1.748 -14,1 27.753 32.478 -14,5 18
Trento 1.238 3.582 -65,4 86.773 124.629 -30,4 70
Veneto 20.343 37.940 -46,4 3.205.785 3.520.615 -8,9 158
Friuli V.G. 4.386 12.982 -66,2 719.412 539.255 33,5 164
Liguria 5.891 15.148 -61,1 87.499 255.537 -65,8 15
Emilia R. 18.153 36.868 -50,8 945.388 1.210.989 -21,9 52
Toscana 24.893 44.135 -43,6 544.876 1.464.581 -62,8 22
Umbria 11.706 16.155 -27,5 193.293 283.411 -31,8 17
Marche 25.748 40.242 36,0 984.638 1.718.934 -42,7 38
Lazio 23.868 35.975 -33,7 517.113 1.450.795 -64,4 22
Abruzzo 12.543 20.736 -39,5 478.842 547.395 -12,5 38
Molise 4.380 6.101 -28,2 82.448 151.704 -45,7 19
Campania 20.417 27.376 -25,4 656.294 504.629 30,1 32
Puglia 1.670 5.537 -69,8 171.153 206.773 -17,2 102
Basilicata 5.439 7.200 -24,5 104.649 129.837 -19,4 19
Calabria 6.193 8.468 -26,9 136.856 167.089 -18,1 22
Sicilia 1.588 2.473 -35,8 100.929 96.781 4,3 64
Sardegna 837 1.781 -53,0 202.126 122.874 64,5 241
Totale 216.842 407.597 -46,8% 10.887.544 14.893.771 -26,9% 50
Fonte Istat – 5° Censimento Agricoltura

65
In Italia la produzione del coniglio da carne mostra differenze significative tra il Nord,
il Centro ed il Sud della penisola.

Le regioni italiane più rappresentative sono: Veneto, Emilia Romagna, Friuli V.


Giulia, Piemonte e Lombardia.

Nella cunicoltura l’allevamento in purezza di una singola razza non dà risultati


soddisfacenti, per cui la produzione riguarda per il 90% l’allevamento di ibridi
commerciali. Esistono comunque allevamenti specializzati per la produzione di
soggetti maschi e femmine destinati alla riproduzione.

Le aziende a carattere intensivo che operano nel settore sono circa 8.000 con un
impiego di circa 10.000 addetti.

Il Nord Italia (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto e Friuli) è


caratterizzato dalla presenza di grandi allevamenti (400 - 1.000 fattrici) e di più
elevato livello tecnologico applicato. Al Centro ed al Sud si trova un gran numero di
medi e piccoli allevamenti e solo alcuni di grandi dimensioni.
Per le aziende di dimensioni medio-grandi, la filiera è integrata verticalmente con
l’industria mangimistica. L’allevamento cunicolo è spesso legato all’industria avicola
ed i grossi impianti sono di proprietà di macellatori di bassa corte o delle aziende del
settore avicole stesse.

Nei grandi allevamenti è frequente l'alimentazione automatica, la fecondazione


artificiale e il ciclo chiuso: nella stessa unità produttiva si mantengono le fattrici e i
coniglietti che vengono poi ingrassati.

Nell'Italia Centrale sono diffusi medi (Marche - Abruzzo) e grandi (Lazio)


allevamenti, mentre in Toscana, e in Umbria sono più frequenti i piccoli allevamenti (<
50 fattrici), anche se il Sud dell'Italia si distingue per l'elevato numero di allevamenti
medi e piccoli della Campania. I grandi allevamenti (> 500 fattrici) spesso dispongono
di un macello aziendale.

La regione italiana più importante per la coniglicoltura, è il Veneto dove si concentra il


38% della produzione nazionale in circa 500 allevamenti di grandi dimensioni.

Provincia di Verona: vi si allevano circa 100.000 fattrici in un centinaio di allevamenti


che producono circa 5.000.000 di capi anno con una PLV di circa 32 miliardi.

Provincia di Padova: rispetto alle altre province del Veneto vi è la maggior presenza di
allevamenti di grandi dimensioni. Si identificano in una sessantina gli allevamenti
professionali, per un totale. comprensivo degli allevamenti di piccole dimensioni, di
circa 70.000 fattrici che producono 3.500.000 capi/anno e una PLV attorno ai 20
miliardi.
66
Provincia di Venezia : conta una quarantina di allevamenti, per un totale complessivo
di circa 50.000 fattrici, che danno vita ad una commercializzazione di circa 2.500.000
conigli/anno con 15 miliardi di PLV.

Provincia di Vicenza: presenza di allevamenti medio-piccoli dei quali solo una


cinquantina quelli professionali per circa 30.000 fattrici. La produzione annua è di
circa 1.500.000 conigli con una PLV di circa 10 miliardi.

Il Piemonte è senz'altro la seconda regione per importanza, sono presenti circa 350
allevamenti professionali di conigli. Molti di questi allevamenti sono localizzati in
collina e montagna o nei fondo valle alpini, in particolare nella provincia di Cuneo.

La dimensione degli allevamenti è così ripartita:

50-300 fattrici n°200


300-500 fattrici n°120
oltre 500 fattrici n° 70

Distribuzione percentuale per provincia:

Cuneo 69%
Torino 15%
Alessandria 7%
Asti 4%
Vercelli 2,5%
Biella 1,5%
Novara 1,5%

Gli addetti all'allevamento possono essere così ripartiti: 250 addetti a tempo pieno e
250 addetti a tempo parziale. il coniglio è venduto ad peso vivo medio di 2,7 - 3 Kg.
si produce un coniglio pesante che spunta al mercato di Cuneo quotazioni differenziate
rispetto al mercato di Verona. Il carico negli allevamenti avviene una volta a
settimana. Il numero di capi prodotti annualmente in regione si aggira sui 10.000.000
di capi. La produzione è di 20.000 ton. all'anno.

La struttura di macellazione è piuttosto frazionata, con un numero consistente di


impianti che trasformano 4-5.000 conigli alla settimana.

Emilia Romagna: presenza di allevamenti di grandi dimensioni soprattutto nelle


province di Bologna, Modena e Forlì. Molti sono anche gli allevamenti di medie e
piccole dimensioni. Forlì, è sede di uno dei mercati più importanti per la quotazione
del coniglio vivo ed ha influenza sulle vendite nel centro e sud Italia. La maggior
concentrazione di tali allevamenti è localizzata in provincia di Modena e Forli`
67
(entrambi 24%), segue Ravenna (19%). Sono localizzati principalmente in pianura
(62%) e collina (23%). Pur trattandosi di allevamenti professionali solo il 63% è
gestito a tempo pieno mentre il restante 34% è a part-time. Si tratta comunque di
allevamenti professionali che riguardano un totale di 48,332 fattrici e 393,297 posti
ingrasso.

Marche: produzione pari a circa 1,8 milioni di capi macellati l'anno e circa 14.000
quintali di carne. l'80% dei produttori ed il 100% dei trasformatori regionali è riunito
in cooperativa, la CLAM (Coop.va Lavoratori, Allevatori Marchigiani), raggruppa. Le
Marche approvigionano alcune regioni del centro (Toscana, Lazio e Umbria) e la
Sicilia. In quanto alla tipologia del venduto, per il 90% si tratta di carne fresca, il
restante 10% è congelata. Le priorità a livello regionale attualmente sono
l'ammodernamento delle strutture di allevamento che presentano impianti obsoleti.

Per quanto riguarda i costi di produzione occorre fare un'ulteriore precisazione: una
componente non trascurabile di tali costi, è costituita dal costo dello smaltimento dei
sottoprodotti della macellazione. Solo nel comparto cunicolo i costi di smaltimento si
sono, nell'arco di pochi anni, decuplicati.
Tale problema sussiste in particolare nelle aziende di dimensione media e piccola che
non dispongono di propri impianti di smaltimento e devono rivolgersi realtà
imprenditoriali operanti a livello nazionale.

Abruzzo: 48 allevamenti professionali; negli ultimi 5 anni il 30% degli allevamenti ha


cessato la propria attività. La provincia più rappresentativa è L'Aquila; seguono
Teramo, Chieti e Pescara. Il numero di fattrici è di circa 30.000, per una produzione
stimata di 1.500.000 conigli/anno destinati al macello. Vi sono, però, allevamenti che
si dedicano solo all'ingrasso degli svezzati, per un totale di circa 400.000 conigli da
macello/anno e, di contro, allevamenti che producono esclusivamente svezzati. I
macelli cunicoli presenti in regione sono 2 ed hanno una capacità di circa 10.000 capi
macellati/settimana. Ad essi si affiancano 5 macelli aziendali, che lavorano
esclusivamente per gli allevamenti cui sono annessi. Gli animali sono pronti per il
macello ad un peso superiore ai 2,5 Kg (intorno ai 2,6 - 2,7 KG), per la produzione di
un coniglio cosiddetto pesante, il cui prezzo si allinea con quello di Verona.

Il mercato

La produzione italiana copre il 98% del fabbisogno nazionale per cui non vi è export di
prodotto finito. Minime quantità di carne di coniglio vengono importate
essenzialmente dalla Cina e dall’Ungheria. Secondo dati ISTAT il consumo pro capite
di carne di coniglio e selvaggina è stabile negli ultimi anni e nel 2000 si attestava sui
4,4 kg.

68
Al Nord il coniglio prodotto ha un peso alla macellazione di 2,6 - 2,8 Kg con punte di
3 Kg in Piemonte, in Centro Italia il peso scende a 2,4 - 2,5 Kg mentre al Sud si
macellano i conigli già attorno ai 2 Kg di peso vivo.

Dal punto di vista qualitativo e di immagine delle carni, la cunicoltura non ha subito
contraccolpi come altri comparti a causa delle emergenze sanitarie, per cui la
produzione ed il mercato mostrano una certa stabilità. Le carni vengono apprezzate per
le ottime caratteristiche organolettiche (rapporto proteine/grasso favorevole alle
proteine).

Le prospettive commerciali non lasciano intravedere ulteriori spazi di espansione


interna del mercato a meno di un cambiamento delle abitudini alimentari degli italiani
nel consumo di carne. Ancora più difficoltosa appare la collocazione del prodotto su
nuovi mercati come quelli del Nord Europa dove per ragioni culturali il coniglio viene
visto come animale da compagnia piuttosto che come alimento.

Sul fronte del biologico il comparto cunicolo è senz’altro quello che mostra meno
dinamicità nel settore zootecnico.

Problematiche di mercato

La produzione è molto frammentata e con difficoltà di rapporti con il mercato. Il


prodotto è posizionato sul mercato vivo od in prima lavorazione. Esistono ancora
poche strutture attrezzate per la trasformazione e valorizzazione del prodotto.

Questo espone il settore ad una forte volatilità di prezzo e, quindi, di programmazione.


Si tratta, cioè di una filiera che sta avviando ora i processi di integrazione verticale.

A differenza del mercato avicolo, le aziende effettuano solo produzione, senza


sviluppo di prodotti della macellazione a più elevato valore aggiunto, (non vi sono
prodotti di 3° e 4° gamma, non vi sono iniziative di valorizzazione del prodotto) per
cui devono ricorrere all'intermediazione del grossista.

Esiste una situazione di dipendenza strutturale del settore cunicolo da altre attività
zootecniche. Questo potrebbe rappresentare un limite non solo per l'aspetto di struttura,
ma anche per quello sanitario ed organizzativo, i quali potrebbero rappresentare vere e
proprie barriere ad un reale sviluppo economico del settore. Il sistema di consegna
predominante per tutte le aree è quello che riguarda un solo macello ( 91% dei casi). I
tempi di consegna del prodotto sono principalmente settimanali (47%), seguiti da
quelli quindicinali (32%), trisettimanali (19%) e a ciclo unico (2%).

La percentuale di prodotto scartato mensilmente è mediamente del 5.6%.

69
Conclusioni

La domanda, viene totalmente soddisfatta dalle ditte organizzate del Nord Italia.
Potrebbe essere tuttavia interessante per gli allevamenti intraprendere la strada
dell’adozione di un marchio privato per produzioni di qualità che sottostanno a
disciplinari sul tipo di alimentazione o allevamento. Data l’integrazione di filiera
esistente, la realizzazione di una completa tracciabilità delle carni di coniglio non
dovrebbe rappresentare un grosso ostacolo. Inoltre intraprendere la strada delle
produzioni certificate può rappresentare un salvagente nella prospettiva reale di un
progressivo aumento nelle quantità di carni importate anche da paesi extra europei (o
paesi comunitari) che vengono vendute a costi inferiori a quelle nazionali. Il costo
relativamente alto delle carni di coniglio rispetto alle altre carni è infatti uno dei fattori
limitanti il consumo, insieme all’assenza di prodotti innovativi sul mercato, come
avviene per le carni avicole. Dati i nuovi di stili di vita che accanto alla qualità
richiedono una sempre maggior valore aggiunto al prodotto, potrebbe essere
economicamente valida la commercializzazione di prodotti elaborati di 3a e 4a
generazione, ricalcando il notevole successo ottenuto dagli stessi prodotti ottenuto con
le carni avicole. Altre opportunità sono offerte dallo sviluppo dell’allevamento
biologico per aumentare il valore del prodotto e conquistarsi delle nicchie di mercato,
non sembra vi siano altri spazi per collocare le carni.

Il comparto equino

Alla data del 22 ottobre 2000 in Italia figuravano circa 184.838 capi equini ( cavalli,
asini, muli e bardotti), di cui 160.970 cavalli, divisi in poco più di 41.000 aziende.

Rispetto al censimento precedente (1990) come per altri settori, la flessione del
numero di cavalli è stata del 18%. Il patrimonio nazionale è suddiviso in 7 regioni, di
cui 4 al Nord in ordine di importanza Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia Romagna
e 3 al centro Lazio, Toscana, Sardegna. La dimensione media aziendale è stata nel
2000 pari a 4 capi ( 3 capi nel 1990).

Negli ultimi dieci anni il patrimonio equino in Italia è diminuito per diverse ragioni,
fra cui la scarsa o assente politica organica a difesa del settore.

Con il D.Lgs. 173/98 l’allevamento del cavallo è rientrato a far parte del mondo
agricolo, il possesso e l’allevamento del cavallo, è stato inteso come attività agricola,
non solo ristretta ad un numero limitato o privilegiato di persone, ma tradizionalmente
inserito in un ampio contesto socio-economico legato al territorio.

Inoltre sempre più diffuso è l’allevamento del cavallo per scopi diversi da quello
alimentare, per attività sportive, agonistiche che amatoriali, per il turismo equestre
(agriturismo) e per la riabilitazione equestre ( ippoterapia e onoterapia). Per i consumi
nazionale di carne di cavallo secondo dati ISTAT nel 2000 era di 0,8 kg pro capite –
70
essenzialmente stabile dal 1997 – anche se è probabile che a seguito della BSE, nel
2001 ci sia stato un aumento, considerato che le macellazioni di equini sul territorio
nazionale sono cresciute dal 2000 al 2001 del 23,8% (dati ISTAT).

Le rappresentanze tecniche del comparto.

Il D.Lgs. 449/99 sul riordino dell’UNIRE (Unione Nazionale per l’Incremento delle
Razze Equine) ha previsto, fra le altre misure, la confluenza di enti tecnici come il
Jockey Club Italiano per la disciplina del galoppo (purosangue inglese), l’ENCI (Ente
Nazionale del Cavallo Italiano da Sella) per l’area sella e l’ENCAT per il trotto (Ente
Nazionale Corse al Trotto) nell’UNIRE, che attualmente gestisce i libri genealogici dei
tre diversi settori (area purosangue inglese, area sella italiano, area trottatore).
L’articolo 3 dello stesso D.lgs. 499/99 prevede di destinare annualmente come
stabilito dal Mipaf, parte dei proventi delle scommesse alle Regioni e Province
Autonome per l’incentivazione di programmi diretti alla formazione e alla
qualificazione professionale degli addetti al settore.

L’UNIRE oltre alla gestione dei LG, per la quale, secondo quanto stabilito da decreto,
si avvale della collaborazione delle Associazioni Allevatori di Razza, riunisce
periodicamente la Commissione Tecnica Centrale e organizza i Performance Test.
A seguito della mancanza di dati precisi circa il numero dei soggetti iscritti ai LG, il
Mipaf ha nominato una commissione ministeriale che ha redatto una tabella con stime
relativamente all’anno 2000:

Italia Area P.S.I. (*) Area Sella Area Trotto (**)


Cavalli Allevamenti Cavalli Allevamenti Cavalli Allevamenti
1.621 641 4.276 1.896 9.134 2.211

(*): mancano i dati relativi alle fattrici


(**): mancano i dati relativi agli stalloni

Il totale dei cavalli iscritti nei LG tenuti dall’UNIRE al 2000 in Italia risulta pertanto di
circa 15.000 unità mancano tuttavia i dati relativi alle fattrici e agli stalloni.

Il settore equestre in Italia denuncia scarsa attenzione nei confronti del miglioramento
genetico e dell’addestramento, che di fatto rende l’equitazione in Italia poco
concorrenziale rispetto ad altri paesi. Va evidenziato che a seguito del crescente
sviluppo delle attività sportive amatoriali, del turismo equestre (agriturismo), della
riabilitazione, si sono potenziate numerose associazione di razza facenti parte
dell’Associazione Nazionale Allevatori (ANA) che a pieno titolo detengono
direttamente i LLGG, ( Ana Tiro rapido, quarter horse, murgese, aveglinese,
maremmano, trottatore, bardigiano, sella, cavallo arabo, halflinger ).

Altra evidente carenza del comparto è la mancanza di formazione professionale degli


addetti e degli operatori nel settore. Le professioni che ruotano intorno al mondo del
71
cavallo sono molteplici: grooming, allievi fantini, allenatori trotto e galoppo,
addestratori giovani cavalli, artieri, maniscalchi, infermieri veterinari, guide equestri.
Ognuna di queste figure necessita di una formazione professionale appropriata e
riconosciuta a livello istituzionale. Ciò potrebbe anche essere l’occasione per far
emergere la quota ancora importante di lavoro irregolare che ruota intorno ai maneggi.

Conclusioni

Il mondo del cavallo, che non comprende solo l’allevamento ma altre fasi complesse a
valle, è una realtà particolare nel contesto zootecnico ed agricolo che presenta
problemi del tutto peculiari.

Ancor più rispetto agli altri comparti, per l’allevamento del cavallo è necessario un
articolato Piano di Interventi, in luogo di interventi limitati operativamente e
temporalmente. Questo sarà possibile attraverso una programmazione che prenda in
considerazione tutti gli aspetti legati all’allevamento, alla gestione del cavallo e delle
attività ad esso collegate.

Le opportunità di sviluppo sono molteplici per questo comparto rispetto agli altri
facenti parte della zootecnia. Il cavallo può essere impiegato per attività turistiche,
terapiche, per l’alimentazione, quindi non solo per le competizioni agonistiche. A
fianco quindi di un allevamento finalizzato all’ottenimento di animali da concorso o
per le corse – attività che automaticamente richiedono la presenza di figure
professionali specializzate – si dovrà cercare di promuovere l’allevamento del cavallo
secondo principi tecnici e manageriali corretti, ma destinata ad un bacino di utenza
diverso e più ampio:, i turisti, i giovani, i disabili.

72
BOVINI - Numero di capi per provincia -
Classifica delle province maggiormente
rappresentative

1 BRESCIA 993.913
2 CUNEO 846.425
3 MANTOVA 682.566
4 VERONA 564.261
5 CREMONA 550.785
6 TORINO 491.341
7 TREVISO 467.665
8 PADOVA 381.639
9 VICENZA 343.590
10 REGGIO EMILIA 323.691
11 BERGAMO 316.801
12 PARMA 315.179
13 BOLZANO 291.076
14 LODI 230.196
15 MODENA 221.287
16 MILANO 216.113
17 SASSARI 196.771
18 PIACENZA 183.885
19 VENEZIA 150.950
20 ROMA 148.782
21 RAGUSA 139.570
22 MESSINA 133.155
23 ROVIGO 132.618
24 NUORO 129.786
25 BARI 127.357
26 SALERNO 123.383
27 UDINE 121.583
28 POTENZA 117.897
29 ORISTANO 115.030
30 BENEVENTO 109.016
31 LATINA 108.555
32 PALERMO 106.724
33 CASERTA 105.330
34 ALESSANDRIA 104.198
35 ENNA 103.160
36 PERUGIA 98.278
37 PAVIA 96.923
38 ASTI 95.714
39 TRENTO 93.095
40 COSENZA 92.578

73
41 BOLOGNA 86.734
42 TARANTO 86.685
43 FROSINONE 83.458
44 AOSTA 77.793
45 CAMPOBASSO 76.439
46 VITERBO 74.585
47 PORDENONE 74.182
48 AVELLINO 70.319
49 RIETI 63.582
50 FOGGIA 62.994
51 GROSSETO 60.266
52 CAGLIARI 57.527
53 FERRARA 56.985
54 SIRACUSA 55.837
55 TERAMO 54.475
56 SONDRIO 53.442
57 MACERATA 51.929
58 PESARO URBINO 51.566
59 NOVARA 49.428
60 L'AQUILA 44.839
61 BELLUNO 44.023
62 FORLI'-CESENA 43.206
63 COMO 40.956
64 MATERA 37.826
65 PESCARA 37.365
66 VARESE 37.348
67 ISERNIA 37.078
68 CATANIA 36.178
69 AREZZO 32.578
70 ASCOLI PICENO 32.003
71 BIELLA 31.953
72 CATANZARO 28.894
73 CHIETI 28.730
74 FIRENZE 28.121
75 SIENA 27.819
76 CROTONE 27.767
77 TERNI 27.748
78 VIBO VALENTIA 27.457
79 REGGIO CALABRIA 27.304
80 VERCELLI 24.199
81 LECCO 24.004
82 ANCONA 22.860
83 PISA 20.996
84 RAVENNA 20.343
85 AGRIGENTO 17.968
86 NAPOLI 16.985
74
87 LECCE 16.180
88 CALTANISSETTA 14.904
89 BRINDISI 12.403
90 LUCCA 11.824
91 GENOVA 10.775
92 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 9.928
93 GORIZIA 9.188
94 SAVONA 8.704
95 TRAPANI 8.464
96 PISTOIA 8.176
97 LA SPEZIA 7.896
98 MASSA-CARRARA 7.686
99 RIMINI 7.589
100 LIVORNO 7.568
101 IMPERIA 5.578
102 TRIESTE 1.439
103 PRATO 1.290

Fonte: ISTAT - 5° Censimento dell'Agricoltura

vecchia PAC (Politica Agricola Comunitaria) va in pensione per lasciare posto al sistema degli aiuti slegati dalla produzione. Infatti

75
BUFALINI - Numero di capi per provincia -
Classifica delle province maggiormente
rappresentative

1 CASERTA 188.556
2 SALERNO 69.514
3 LATINA 41.358
4 FROSINONE 22.778
5 FOGGIA 10.742
6 CREMONA 2.708
7 NAPOLI 2.552
8 BRESCIA 2.330
9 TREVISO 2.180
10 CAGLIARI 1.922
11 ROMA 1.430
12 PARMA 1.036
13 RIETI 1.000
14 LODI 988
15 NOVARA 936
16 GROSSETO 844
17 ASCOLI PICENO 690
18 VARESE 678
19 FERRARA 650
20 MILANO 634
21 PORDENONE 604
22 MATERA 598
23 ISERNIA 594
24 REGGIO EMILIA 580
25 COMO 560
26 UDINE 534
27 MANTOVA 498
28 POTENZA 496
29 PADOVA 486
30 VITERBO 470
31 AGRIGENTO 440
32 BARI 434
33 BENEVENTO 426
34 AVELLINO 416
35 CAMPOBASSO 384
36 MESSINA 380
37 MACERATA 256
38 PERUGIA 252
39 BERGAMO 228
40 REGGIO CALABRIA 198
76
41 CALTANISSETTA 170
42 PAVIA 162
43 TORINO 144
44 COSENZA 126
45 SIRACUSA 114
46 AREZZO 112
47 ALESSANDRIA 66
48 CHIETI 60
49 BOLZANO 44
50 PRATO 44
51 L'AQUILA 38
52 PIACENZA 36
53 ANCONA 36
54 BOLOGNA 32
55 SASSARI 30
56 LECCE 28
57 CUNEO 24
58 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 24
59 VENEZIA 24
60 RAVENNA 22
61 FIRENZE 22
62 RAGUSA 22
63 GENOVA 20
64 LA SPEZIA 20
65 VERONA 18
66 TERAMO 18
67 NUORO 16
68 ROVIGO 14
69 MASSA-CARRARA 10
70 CATANZARO 8
71 VICENZA 6
72 LIVORNO 6
73 VIBO VALENTIA 6
74 TRENTO 4
75 SIENA 4
76 PESARO URBINO 4
77 TARANTO 4
78 VERCELLI 2
79 MODENA 2
80 ASTI 0
81 BIELLA 0
82 AOSTA 0
83 SONDRIO 0
84 LECCO 0
85 IMPERIA 0
86 SAVONA 0
77
87 BELLUNO 0
88 GORIZIA 0
89 TRIESTE 0
90 FORLI'-CESENA 0
91 RIMINI 0
92 LUCCA 0
93 PISTOIA 0
94 PISA 0
95 TERNI 0
96 PESCARA 0
97 BRINDISI 0
98 CROTONE 0
99 TRAPANI 0
100 PALERMO 0
101 ENNA 0
102 CATANIA 0
103 ORISTANO 0

Fonte: ISTAT - 5° Censimento dell'Agricoltura

78
SUINI - Numero di capi per provincia -
Classifica delle province maggiormente
rappresentative

1 BRESCIA 2.226.199
2 MANTOVA 2.098.294
3 CUNEO 1.254.986
4 CREMONA 1.228.290
5 MODENA 991.876
6 REGGIO EMILIA 827.929
7 LODI 822.397
8 BERGAMO 525.951
9 PAVIA 494.546
10 VERONA 452.770
11 PERUGIA 446.960
12 PARMA 361.513
13 FORLI'-CESENA 310.010
14 TORINO 300.045
15 TREVISO 288.923
16 PIACENZA 248.977
17 PORDENONE 240.311
18 PADOVA 236.946
19 MILANO 225.123
20 ROVIGO 175.155
21 RAVENNA 164.475
22 AREZZO 156.768
23 CAGLIARI 152.756
24 POTENZA 138.687
25 UDINE 127.747
26 BOLOGNA 126.987
27 COSENZA 116.073
28 BENEVENTO 110.415
29 ASCOLI PICENO 107.265
30 NOVARA 106.768
31 SASSARI 102.666
32 NUORO 101.298
33 VICENZA 98.286
34 VENEZIA 90.338
35 SALERNO 84.384
36 ALESSANDRIA 81.706
37 MACERATA 81.149
38 TERAMO 80.762
39 CHIETI 76.972

79
40 BELLUNO 70.237
41 CAMPOBASSO 69.846
42 ANCONA 68.449
43 FROSINONE 63.618
44 FERRARA 59.420
45 TERNI 54.451
46 AVELLINO 48.795
47 SIENA 48.017
48 GROSSETO 47.549
49 PISA 45.542
50 VITERBO 44.854
51 ASTI 44.129
52 L'AQUILA 41.428
53 PESARO URBINO 39.523
54 VERCELLI 37.464
55 ORISTANO 35.725
56 BOLZANO 31.746
57 RIMINI 31.476
58 REGGIO CALABRIA 31.428
59 PESCARA 31.181
60 BIELLA 29.072
61 MATERA 27.642
62 ROMA 27.056
63 LATINA 26.236
64 NAPOLI 25.268
65 ISERNIA 25.143
66 RAGUSA 25.110
67 CATANZARO 23.546
68 VIBO VALENTIA 20.576
69 GORIZIA 20.558
70 FIRENZE 18.982
71 FOGGIA 18.742
72 CASERTA 18.172
73 BARI 17.880
74 MESSINA 16.834
75 RIETI 16.683
76 TRENTO 12.721
77 CROTONE 11.814
78 TRAPANI 10.952
79 LECCE 10.799
80 ENNA 9.876
81 PISTOIA 9.578
82 LECCO 9.478
83 MASSA-CARRARA 7.810
84 PALERMO 7.708
85 SONDRIO 6.108
80
86 TARANTO 5.052
87 LIVORNO 4.959
88 CATANIA 4.646
89 LUCCA 3.970
90 AGRIGENTO 3.881
91 SIRACUSA 3.831
92 COMO 3.564
93 AOSTA 2.829
94 VARESE 2.618
95 BRINDISI 1.872
96 TRIESTE 1.129
97 GENOVA 1.082
98 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 1.043
99 IMPERIA 877
100 SAVONA 727
101 LA SPEZIA 702
102 CALTANISSETTA 656
103 PRATO 536

Fonte: ISTAT - 5° Censimento dell'Agricoltura

81
AVICOLI - Numero di capi per provincia -
Classifica delle province maggiormente
rappresentative

1 VERONA 41.110.414
2 FORLI'-CESENA 36.050.408
3 BRESCIA 21.647.386
4 VICENZA 17.403.552
5 PADOVA 15.522.132
6 TREVISO 14.134.686
7 CUNEO 11.558.238
8 MANTOVA 11.445.930
9 UDINE 9.730.250
10 TERNI 8.979.152
11 BERGAMO 8.399.436
12 PERUGIA 7.361.412
13 CREMONA 7.031.092
14 PORDENONE 6.871.108
15 RAVENNA 6.726.760
16 ASTI 6.422.896
17 CAMPOBASSO 6.203.964
18 TORINO 6.044.654
19 NAPOLI 5.221.814
20 ASCOLI PICENO 5.211.868
21 ANCONA 4.697.296
22 VENEZIA 4.288.860
23 FERRARA 4.287.646
24 BOLOGNA 3.790.176
25 ROVIGO 3.264.006
26 MACERATA 3.236.546
27 TERAMO 3.125.206
28 VITERBO 2.772.560
29 PESARO URBINO 2.240.916
30 TRENTO 2.222.776
31 RIMINI 2.206.026
32 MODENA 2.179.794
33 FROSINONE 2.174.068
34 FOGGIA 2.143.192
35 AREZZO 2.087.850
36 BENEVENTO 2.068.406
37 PISA 2.048.626
38 PESCARA 2.033.592
39 ISERNIA 1.864.878
40 CHIETI 1.743.100
82
41 SALERNO 1.739.214
42 RAGUSA 1.620.578
43 SONDRIO 1.576.846
44 CASERTA 1.417.224
45 VERCELLI 1.400.930
46 NOVARA 1.385.400
47 MILANO 1.220.906
48 REGGIO EMILIA 1.191.554
49 AVELLINO 1.084.434
50 CAGLIARI 1.080.074
51 SIENA 991.558
52 PARMA 938.120
53 VARESE 877.746
54 LODI 845.760
55 PAVIA 830.616
56 CROTONE 794.246
57 ROMA 781.374
58 COSENZA 780.430
59 ALESSANDRIA 736.422
60 POTENZA 718.600
61 PIACENZA 703.450
62 BARI 691.132
63 VIBO VALENTIA 656.750
64 GORIZIA 647.506
65 FIRENZE 577.872
66 NUORO 569.764
67 BOLZANO 501.726
68 LATINA 497.288
69 GROSSETO 454.946
70 LECCO 431.168
71 RIETI 420.092
72 TARANTO 406.470
73 BRINDISI 401.028
74 SIRACUSA 375.648
75 CATANIA 350.144
76 LUCCA 341.178
77 REGGIO CALABRIA 330.814
78 MESSINA 325.740
79 SASSARI 325.728
80 LECCE 322.048
81 ORISTANO 303.080
82 L'AQUILA 301.818
83 PALERMO 275.112
84 MATERA 274.126
85 COMO 264.360
86 CATANZARO 258.050
83
87 GENOVA 250.830
88 BELLUNO 242.812
89 BIELLA 214.292
90 PISTOIA 187.190
91 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 170.436
92 TRAPANI 141.592
93 SAVONA 136.356
94 MASSA-CARRARA 130.682
95 AGRIGENTO 129.554
96 LIVORNO 120.680
97 LA SPEZIA 116.118
98 ENNA 85.988
99 CALTANISSETTA 52.554
100 IMPERIA 51.372
101 AOSTA 29.030
102 TRIESTE 27.922
103 PRATO 27.516

Fonte: ISTAT - 5° Censimento dell'Agricoltura

84
OVINI - Numero di capi per provincia -
Classifica delle province maggiormente
rappresentative

1 SASSARI 1.941.482
2 NUORO 1.743.348
3 CAGLIARI 1.082.554
4 ORISTANO 850.042
5 VITERBO 577.236
6 GROSSETO 564.488
7 POTENZA 526.840
8 ROMA 311.236
9 MESSINA 292.794
10 SIENA 256.332
11 ENNA 251.444
12 PALERMO 247.682
13 L'AQUILA 242.468
14 PERUGIA 227.838
15 FOGGIA 195.972
16 TERAMO 182.276
17 TRAPANI 170.354
18 RIETI 169.908
19 COSENZA 164.822
20 AGRIGENTO 162.722
21 FROSINONE 157.734
22 MATERA 144.674
23 BENEVENTO 138.674
24 CAMPOBASSO 132.474
25 CATANIA 127.680
26 MACERATA 127.028
27 AVELLINO 118.562
28 SALERNO 115.824
29 BARI 115.776
30 ISERNIA 93.846
31 CALTANISSETTA 88.620
32 PISA 88.262
33 CATANZARO 86.242
34 ASCOLI PICENO 85.804
35 REGGIO CALABRIA 83.652
36 BOLZANO 79.478
37 CASERTA 79.436
38 PESCARA 76.636
39 PESARO URBINO 75.658
40 CROTONE 74.062
85
41 TERNI 71.790
42 AREZZO 68.742
43 VIBO VALENTIA 65.146
44 CHIETI 61.846
45 TORINO 59.958
46 BERGAMO 57.822
47 CUNEO 57.396
48 LATINA 56.884
49 FIRENZE 55.002
50 SIRACUSA 49.628
51 LECCE 49.244
52 TARANTO 46.956
53 FORLI'-CESENA 45.986
54 BRESCIA 45.770
55 TRENTO 41.284
56 ANCONA 37.058
57 LUCCA 28.580
58 BRINDISI 27.978
59 RAGUSA 25.440
60 BOLOGNA 21.568
61 MASSA-CARRARA 19.314
62 SONDRIO 18.986
63 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 17.932
64 LIVORNO 15.774
65 BIELLA 15.612
66 FERRARA 15.330
67 REGGIO EMILIA 15.108
68 COMO 13.930
69 PADOVA 13.584
70 RAVENNA 13.242
71 PARMA 13.226
72 GENOVA 12.766
73 MILANO 12.414
74 VICENZA 12.174
75 RIMINI 11.728
76 MODENA 11.698
77 BELLUNO 11.230
78 ALESSANDRIA 10.982
79 VERONA 10.774
80 PISTOIA 10.662
81 SAVONA 9.620
82 PIACENZA 9.460
83 LECCO 8.750
84 VERCELLI 8.100
85 LA SPEZIA 8.056
86 TREVISO 8.054
86
87 PORDENONE 7.444
88 VARESE 7.346
89 PAVIA 5.932
90 CREMONA 5.086
91 IMPERIA 4.992
92 ROVIGO 4.554
93 MANTOVA 4.506
94 AOSTA 4.432
95 UDINE 3.578
96 NOVARA 3.540
97 ASTI 2.804
98 PRATO 2.202
99 NAPOLI 1.968
100 LODI 1.904
101 VENEZIA 1.450
102 TRIESTE 1.022
103 GORIZIA 496

Fonte: ISTAT - 5° Censimento dell'Agricoltura

87
CAPRINI - Numero di capi per provincia -
Classifica delle province maggiormente
rappresentative

1 CAGLIARI 185.162
2 NUORO 177.560
3 MESSINA 149.174
4 COSENZA 133.548
5 POTENZA 127.136
6 MATERA 67.954
7 SALERNO 67.110
8 REGGIO CALABRIA 63.830
9 FOGGIA 48.424
10 PALERMO 41.200
11 SASSARI 37.232
12 CROTONE 35.730
13 CATANZARO 35.370
14 BOLZANO 31.428
15 SONDRIO 31.170
16 FROSINONE 27.392
17 TORINO 24.928
18 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 21.110
19 BRESCIA 20.670
20 TARANTO 19.324
21 ORISTANO 19.020
22 CUNEO 18.942
23 LATINA 18.826
24 ENNA 17.418
25 COMO 15.884
26 L'AQUILA 15.464
27 BERGAMO 14.494
28 BENEVENTO 13.164
29 ROMA 12.764
30 LECCE 12.556
31 BRINDISI 12.278
32 CAMPOBASSO 11.820
33 BARI 11.688
34 TRENTO 10.926
35 VIBO VALENTIA 10.238
36 RIETI 9.716
37 CATANIA 9.074
38 VITERBO 9.000
39 CASERTA 8.896
40 ISERNIA 8.824
88
41 PERUGIA 8.534
42 AVELLINO 8.278
43 ALESSANDRIA 7.990
44 AGRIGENTO 7.822
45 UDINE 7.792
46 SIRACUSA 7.342
47 GROSSETO 7.324
48 CHIETI 7.116
49 AOSTA 6.798
50 LECCO 6.580
51 CALTANISSETTA 6.456
52 BIELLA 6.158
53 VICENZA 6.148
54 VARESE 6.106
55 ASTI 5.932
56 LUCCA 5.270
57 SAVONA 4.970
58 BOLOGNA 4.746
59 GENOVA 4.724
60 AREZZO 4.686
61 BELLUNO 4.636
62 PESARO URBINO 4.476
63 TERAMO 4.410
64 VERCELLI 4.276
65 PADOVA 4.160
66 FIRENZE 4.078
67 TERNI 4.070
68 MASSA-CARRARA 4.052
69 LA SPEZIA 3.922
70 PORDENONE 3.844
71 FORLI'-CESENA 3.838
72 PESCARA 3.816
73 TREVISO 3.396
74 MACERATA 3.380
75 PARMA 3.314
76 ASCOLI PICENO 3.142
77 VERONA 3.100
78 NOVARA 3.016
79 VENEZIA 2.980
80 RAGUSA 2.960
81 SIENA 2.948
82 ANCONA 2.860
83 TRAPANI 2.854
84 MILANO 2.462
85 PIACENZA 2.340
86 MODENA 2.180
89
87 PISA 2.080
88 IMPERIA 1.728
89 MANTOVA 1.620
90 PISTOIA 1.616
91 LIVORNO 1.610
92 NAPOLI 1.462
93 PAVIA 1.382
94 RAVENNA 1.340
95 REGGIO EMILIA 1.306
96 RIMINI 1.026
97 FERRARA 876
98 ROVIGO 874
99 PRATO 652
100 CREMONA 624
101 TRIESTE 408
102 LODI 262
103 GORIZIA 212

Fonte: ISTAT - 5° Censimento dell'Agricoltura

90
EQUINI - Numero di capi per provincia -
Classifica delle province maggiormente
rappresentative

1 ROMA 16.258
2 SASSARI 13.586
3 PERUGIA 12.498
4 L'AQUILA 11.504
5 NUORO 10.298
6 BERGAMO 9.942
7 RIETI 9.598
8 BOLZANO 9.450
9 FROSINONE 8.718
10 GROSSETO 8.696
11 POTENZA 7.758
12 VITERBO 7.298
13 TORINO 7.086
14 BRESCIA 6.754
15 TREVISO 5.964
16 BARI 5.896
17 PADOVA 5.720
18 BOLOGNA 5.448
19 FIRENZE 5.238
20 VICENZA 5.222
21 PARMA 4.994
22 ORISTANO 4.962
23 MILANO 4.958
24 PISA 4.780
25 SIENA 4.708
26 COSENZA 4.520
27 PALERMO 4.480
28 VARESE 4.396
29 MESSINA 4.392
30 AREZZO 4.352
31 COMO 4.288
32 SALERNO 4.266
33 REGGIO EMILIA 4.210
34 PESARO URBINO 4.170
35 CAGLIARI 4.128
36 MODENA 4.078
37 TRENTO 4.028
38 TERNI 4.004
39 CUNEO 3.882
40 TARANTO 3.838
91
41 LATINA 3.718
42 ALESSANDRIA 3.554
43 VERONA 3.498
44 FORLI'-CESENA 3.258
45 TERAMO 3.116
46 ISERNIA 2.974
47 PIACENZA 2.970
48 FOGGIA 2.958
49 MACERATA 2.906
50 ASTI 2.844
51 UDINE 2.758
52 RAVENNA 2.692
53 NOVARA 2.650
54 VENEZIA 2.646
55 GENOVA 2.530
56 CASERTA 2.504
57 MASSA-CARRARA 2.490
58 MATERA 2.428
59 MANTOVA 2.404
60 ENNA 2.362
61 BELLUNO 2.210
62 LIVORNO 2.090
63 FERRARA 1.990
64 CAMPOBASSO 1.974
65 SONDRIO 1.930
66 PAVIA 1.926
67 LUCCA 1.858
68 PISTOIA 1.806
69 ASCOLI PICENO 1.772
70 RIMINI 1.668
71 LECCO 1.624
72 BIELLA 1.526
73 CREMONA 1.504
74 LECCE 1.446
75 RAGUSA 1.432
76 BENEVENTO 1.380
77 PESCARA 1.366
78 LA SPEZIA 1.340
79 AVELLINO 1.296
80 PORDENONE 1.282
81 ANCONA 1.280
82 SIRACUSA 1.280
83 ROVIGO 1.226
84 PRATO 1.160
85 SAVONA 1.094
86 LODI 1.074
92
87 AGRIGENTO 1.064
88 VERBANO-CUSIO-OSSOLA 1.022
89 CROTONE 1.020
90 CATANIA 986
91 BRINDISI 962
92 VERCELLI 936
93 CHIETI 886
94 CATANZARO 626
95 CALTANISSETTA 602
96 REGGIO CALABRIA 580
97 AOSTA 520
98 VIBO VALENTIA 516
99 NAPOLI 488
100 GORIZIA 342
101 TRAPANI 308
102 TRIESTE 238
103 IMPERIA 206

Fonte: ISTAT - 5° Censimento dell'Agricoltura

93
Le prime 25 province italiane per numero di capi bovini

1 BRESCIA 993.913 13BOLZANO 291.076


2 CUNEO 846.425 14LODI 230.196
3 MANTOVA 682.566 15MODENA 221.287
4 VERONA 564.261 16MILANO 216.113
5 CREMONA 550.785 17SASSARI 196.771
6 TORINO 491.341 18PIACENZA 183.885
7 TREVISO 467.665 19VENEZIA 150.950
8 PADOVA 381.639 20ROMA 148.782
9 VICENZA 343.590 21RAGUSA 139.570
10 REGGIO EMILIA 323.691 22MESSINA 133.155
11 BERGAMO 316.801 23ROVIGO 132.618
12 PARMA 315.179 24NUORO 129.786
25BARI 127 357

94
Le prime 25 province per numero di capi bufalini

1 CASERTA 188.556 13RIETI 1.000


vecchia PAC (Politica Agricola 2 SALERNO 69.514 14LODI 988
Comunitaria) va in pensione per 3 LATINA 41.358 15NOVARA 936
lasciare posto al sistema degli aiuti 4 FROSINONE 22.778 16GROSSETO 844
5 FOGGIA 10.742 17ASCOLI PICENO 690
slegati dalla produzione. Infatti 6 CREMONA 2.708 18VARESE 678
7 NAPOLI 2.552 19FERRARA 650
8 BRESCIA 2.330 20MILANO 634
9 TREVISO 2.180 21PORDENONE 604
10 CAGLIARI 1.922 22MATERA 598
11 ROMA 1.430 23ISERNIA 594
12 PARMA 1.036 24REGGIO EMILIA 580
25COMO 560

95
Le prime 25 province per numero di capi suini

1 BRESCIA 2.226.199 13FORLI'-CESENA 310.010


2 MANTOVA 2.098.294 14TORINO 300.045
3 CUNEO 1.254.986 15TREVISO 288.923
4 CREMONA 1.228.290 16PIACENZA 248.977
5 MODENA 991.876 17PORDENONE 240.311
6 REGGIO EMILIA 827.929 18PADOVA 236.946
7 LODI 822.397 19MILANO 225.123
8 BERGAMO 525.951 20ROVIGO 175.155
9 PAVIA 494.546 21RAVENNA 164.475
10 VERONA 452.770 22AREZZO 156.768
11 PERUGIA 446.960 23CAGLIARI 152.756
12 PARMA 361.513 24POTENZA 138.687
25UDINE 127.747

96
Le prime 25 province per numero di capi avicoli

1 VERONA 41.110.414 13CREMONA 7.031.092


2 FORLI'-CESENA 36.050.408 14PORDENONE 6.871.108
3 BRESCIA 21.647.386 15RAVENNA 6.726.760
4 VICENZA 17.403.552 16ASTI 6.422.896
5 PADOVA 15.522.132 17CAMPOBASSO 6.203.964
6 TREVISO 14.134.686 18TORINO 6.044.654
7 CUNEO 11.558.238 19NAPOLI 5.221.814
8 MANTOVA 11.445.930 20ASCOLI PICENO 5.211.868
9 UDINE 9.730.250 21ANCONA 4.697.296
10 TERNI 8.979.152 22VENEZIA 4.288.860
11 BERGAMO 8.399.436 23FERRARA 4.287.646
12 PERUGIA 7.361.412 24BOLOGNA 3.790.176
25ROVIGO 3.264.006

97
Le prime 25 province per numero di capi ovini

1 SASSARI 1.941.482 13L'AQUILA 242.468


2 NUORO 1.743.348 14PERUGIA 227.838
3 CAGLIARI 1.082.554 15FOGGIA 195.972
4 ORISTANO 850.042 16TERAMO 182.276
5 VITERBO 577.236 17TRAPANI 170.354
6 GROSSETO 564.488 18RIETI 169.908
7 POTENZA 526.840 19COSENZA 164.822
8 ROMA 311.236 20AGRIGENTO 162.722
9 MESSINA 292.794 21FROSINONE 157.734
10 SIENA 256.332 22MATERA 144.674
11 ENNA 251.444 23BENEVENTO 138.674
12 PALERMO 247.682 24CAMPOBASSO 132.474
25CATANIA 127.680

98
Le prime 25 province per numero di capi caprini

1 CAGLIARI 185.162 13CATANZARO 35.370


2 NUORO 177.560 14BOLZANO 31.428
3 MESSINA 149.174 15SONDRIO 31.170
4 COSENZA 133.548 16FROSINONE 27.392
5 POTENZA 127.136 17TORINO 24.928
6 MATERA 67.954 18VERBANO-CUSIO-OSSOLA 21.110
7 SALERNO 67.110 19BRESCIA 20.670
8 REGGIO CALABRIA 63.830 20TARANTO 19.324
9 FOGGIA 48.424 21ORISTANO 19.020
10 PALERMO 41.200 22CUNEO 18.942
11 SASSARI 37.232 23LATINA 18.826
12 CROTONE 35.730 24ENNA 17.418
25COMO 15 884

99
Le prime 25 province per numero di capi equini

1 ROMA 16.258 13TORINO 7.086


2 SASSARI 13.586 14BRESCIA 6.754
3 PERUGIA 12.498 15TREVISO 5.964
4 L'AQUILA 11.504 16BARI 5.896
5 NUORO 10.298 17PADOVA 5.720
6 BERGAMO 9.942 18BOLOGNA 5.448
7 RIETI 9.598 19FIRENZE 5.238
8 BOLZANO 9.450 20VICENZA 5.222
9 FROSINONE 8.718 21PARMA 4.994
10 GROSSETO 8.696 22ORISTANO 4.962
11 POTENZA 7.758 23MILANO 4.958
12 VITERBO 7.298 24PISA 4.780
25SIENA 4.708

100
IL SETTORE DELL’ACQUACOLTURA

1. Quadro generale pag. 1


2. Tavole statistiche pag. 5
3. Le filiere produttive pag. 28
1. QUADRO GENERALE

Le produzioni di acquacoltura, a livello mondiale hanno raggiunto livelli


del tutto ragguardevoli.

Questo fenomeno riguarda anche i Paesi del Terzo Mondo, dove le


produzioni di acquacoltura sono sensibilmente aumentate, soprattutto per
quanto riguarda quelle della fascia di mercato medio-alta,
prevalentemente destinate all’esportazione nei paesi economicamente
più avanzati.

Anche l’acquacoltura europea ha segnato nell’ultimo decennio un forte


incremento determinato soprattutto dall’elevata crescita di salmone
passato dalle 590.000 ton. del 1999 alle 677.000 ton. del 2002 (con un
incremento pari al 13%). I maggiori incrementi produttivi si sono
registrati soprattutto in Norvegia, paese non aderente all’UE, ma che
trova nei mercati dei Paesi dell’Unione il principale sbocco
commerciale.

In aumento anche le produzioni di trota che in ambito europeo hanno


sfiorato nel 2002 il tetto delle 365.500 ton., con un trend di penetrazione
nel mercato caratterizzato da prezzi discontinui.

Dall’altra, le produzioni di specie marine, in forte espansione,


concentrate nei paesi del bacino del Mediterraneo, sono passate dalle
circa 4.200 ton. del 1990 alle oltre 140.000 ton. del 2002. L’incremento
maggiore per queste specie si è registrato soprattutto in Grecia, Paese
che ha nell’Italia il suo principale mercato bersaglio.

A livello nazionale il settore dell’acquacoltura ha rilevato un trend di


crescita positivo, specie a cavallo tra la fine degli anni ‘80 e la fine
degli anni ‘90, periodo caratterizzato da una forte espansione dei
consumi ittici nazionali, che trainati dallo sviluppo della GD e GDO,
sono passati da una media pro capite di circa 15 kg, della fine anni ’80,

1
ai 23,01 kg della fine degli anni ’90. Questo trend si è stabilizzato
intorno ai 22 Kg pro-capite nel primo scorcio degli anni 2000.

L’acquacoltura italiana rappresenta lo specchio di quasi tutte le specie


ittiche allevate in Europa, con una produzione, nel 2002, di circa 64.900
ton., pari a una P.L.V. di 255 milioni di euro, distribuita in circa un
migliaio di siti produttivi.

Le specie di acqua dolce rappresentano circa il 70% della produzione e


la trota iridea (Oncorhynchus mykiss) è la gran parte di questa. Il
restante 30% è dato da branzini o spigole (Dicentrarchus labrax) ed orate
(Sparus aurata) e in misura minore da cefalame, saraghi, ombrine ed
altre specie di acqua salata.

Nel 2002 la produzione di salmonidi (trota iridea Oncorhynchus mykiss,


fario Salmo trotta fario e salmerino Salvelinus alpinus e fontinalis) è
stata di circa 41.500 ton., con una riduzione di circa il 6% rispetto
all’anno precedente.

Le specie d’acqua marina hanno fatto segnare un incremento produttivo;


infatti nel 2002 la produzione di branzino/spigola (Dicentrarchus labrax)
è stata pari a 9.000 ton., quella di orata (Sparus aurata) ha raggiunto le
8.000 ton.. L’anguilla (Anguilla anguilla), pur a fronte di una molto
sensibile riduzione della produzione ha segnato le 1800 ton.

L’acquacoltura italiana risente della concorrenza oltre che dei paesi


dell’Unione Europea soprattutto dalle produzioni ittiche provenienti da
paesi terzi: infatti il mercato dei prodotti ittici risulta essere uno
dei

mercati più globalizzati. In questo contesto, premettendo che l'Italia


importa i 2/3 del pesce consumato, nel 2002, pur a fronte di una
riduzione dei consumi, l'import di prodotti ittici è stato pari a 779.000
ton. aumentando dell'1,3% rispetto l'anno precedente.

2
L’attività di allevamento ittico, nell’ultimo triennio, ha risentito
negativamente del:

− aumento dei costi burocratici;

− aumento dei costi gestionali;

− aumento dei costi energetici;

− aumento dei costi di produzione;

− rallentamento della domanda interna, conseguente le congiunture


economiche nazionali ed internazionali.

A fronte di uno scenario che potrebbe apparire con più ombre che luci,
non mancano elementi e prospettive di crescita, legati soprattutto alle
proprietà nutrizionali e organolettiche delle produzioni ittiche nazionali,
caratterizzate fra l’altro da elevati standard di freschezza, sicurezza
alimentare, reperibilità sul mercato, costi contenuti, ancora poco
conosciuti dalla grande massa dei consumatori italiani.

Da quanto sopra esposto emerge l’esigenza di un forte impegno teso al


rafforzamento del comparto e delle imprese in esso operanti, allo scopo
di renderle sempre più competitive e in grado di reggere il confronto in
un mercato, che come si è illustrato, risulta sempre più globalizzato ed
esigente.

In un contesto caratterizzato da una forte competitività e da una sempre


più accentuata internazionalizzazione dei flussi commerciali, le imprese
della piscicoltura italiana dovranno quindi tendere da un lato, a
consolidare i risultati raggiunti e, dall’altro, ad adeguare le proprie
produzioni alle indicazioni del mercato e di una opinione pubblica

sempre più attenta alle problematiche attinenti la sicurezza alimentare,


lo stato sanitario delle produzioni, la qualità delle stesse e la
sostenibilità ambientale.

3
Bisogna poi tenere conto di altri fattori quali:

− l’allargamento della Comunità Europea;

− i nuovi modelli di consumo;

− le nuove “sensibilità” del consumatore verso comportamenti


sostenibili.

Inoltre, bisogna considerare l’esigenza di adeguamento sia alle


normative comunitarie che disciplinano in particolare l’acquacoltura, sia
a quelle che riguardano le attività produttive in genere.

Dovrà poi essere implementata e incoraggiata, attraverso opportune


azioni di informazione, l’introduzione di sistemi di certificazione tali da
consentire una sempre maggiore standardizzazione produttiva, che non
lasci spazio all’improvvisazione, e promuova una più efficace
qualificazione al consumo delle produzioni della nostra acquacoltura.

Infine, poiché i margini di redditività per le imprese del settore


risulteranno sempre più contenuti, sarà indispensabile promuovere un
continuo adeguamento tecnologico, finalizzato all’ottimizzazione dei
sistemi di produzione e alla riduzione dei costi unitari.

I fattori di crisi, fin qui brevemente delineati risulteranno, in mancanza


di adeguate iniziative, inalterati in futuro. Anzi, è probabile un ulteriore
deteriorarsi dell'attuale situazione di fragilità strutturale che caratterizza
il comparto della piscicoltura nazionale se non saranno prese adeguate
misure.

4
2. TAVOLE STATISTICHE

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QUADRO GENERALE REGIONALE
ANNO 2002
Acqua dolce, salmasrta e marina.
TOTALE TOTALE TOTALE
REGIONE
Impianti Produzione PLV (in migliaia di €)
Abruzzo 11 2.870 6.120
Basilicata 4 95 496
Calabria 5 70 266
Campania 16 370 1.890
Emilia Romagna 10 300 1.170
Friuli V.G. 81 13.430 30.723
Lazio 16 2.430 11.910
Liguria 2 500 2.980
Lombardia 68 6.150 18.051
Marche 9 2.890 6.063
Molise 3 440 2.407
Piemonte 26 3.060 6.492
Puglia 25 2.770 16.124
Sardegna 29 2.755 16.004
Sicilia 21 3.330 19.279
Toscana 41 3.650 17.064
Trentino A.A. 54 1.700 3.460
Umbria 9 1.950 3.977
Valle d'Aosta 2 80 165
Veneto 114 13.130 34.600
TOTALE 546 61.970 199.241

16
QUADRO GENERALE REGIONALE
ANNO 2002
acqua dolce (trota)
Numero Impianti Produzione (ton) PLV (migliaia di €)
REGIONE
Acqua dolce Acqua dolce Acqua dolce

Abruzzo 9 70 408
Basilicata 1 15 31
Calabria 3 40 83
Campania 5 80 165
Emilia Romagna 6 160 330
Friuli V.G. 70 12.550 25.600
Lazio 8 600 1.224
Lombardia 61 6.150 18.051
Marche 8 2.850 5.815
Molise 1 40 83
Piemonte 24 3.000 6.120
Sardegna 2 15 31
Sicilia 1 20 41
Toscana 29 1.100 2.247
Trentino A.A. 54 1.700 3.460
Umbria 9 1.950 3.977
Valle D’Aosta 2 80 165
Veneto 86 11.200 23.100
TOTALE 379 41.620 90.931

17
QUADRO GENERALE REGIONALE
ANNO 2002
acqua dolce (trota e anguilla)
Numero Impianti Produzione (ton) PLV (migliaia di €)
REGIONE
Acqua dolce Acqua dolce Acqua dolce
Abruzzo 9 70 408
Basilicata 1 15 31
Calabria 4 60 207
Campania 8 180 785
Emilia Romagna 7 200 570
Friuli V.G. 71 12.580 25.786
Lazio 11 730 2.030
Lombardia 68 6.650 21.051
Marche 9 2.890 6.063
Molise 1 40 83
Piemonte 26 3.060 6.492
Puglia 3 70 434
Sardegna 8 155 31
Sicilia 2 30 103
Toscana 29 1.100 2.247
Trentino A.A. 54 1.700 3.460
Umbria 9 1.950 3.977
Valle D’Aosta 2 80 165
Veneto 102 12.000 27.900
TOTALE 421 43.490 101.389

18
QUADRO GENERALE REGIONALE
ANNO 2002
acqua dolce (anguilla)
Numero Impianti Produzione (ton) PLV ( migliaia di €)
REGIONE
Acqua dolce Acqua dolce Acqua dolce
Calabria 1 20 124
Campania 3 100 620
Emilia Romagna 1 40 240
Friuli V.G. 1 30 186
Lazio 3 130 806
Lombardia 7 500 3.000
Marche 1 40 248
Piemonte 2 60 372
Puglia 3 70 434
Sardegna 6 140 867
Sicilia 1 10 62
Veneto 16 800 4.800
TOTALE 42 1.870 11.325

19
QUADRO GENERALE REGIONALE
ANNO 2002
Acqua salmastra e marina
(Spigola/Branzino, Orata e altre specie marine)
Numero Impianti Produzione (ton) PLV (migliaia di €)
REGIONE Acqua Acqua Acqua
salmastra/marina salmastra/marina salmastra/marina
Abruzzo 2 2.800 5.712
Basilicata 3 80 465
Calabria 1 10 59
Campania 8 190 1.105
Emilia Romagna 3 100 600
Friuli V.G. 10 850 4.937
Lazio 5 1.700 9.880
Liguria 2 500 2.908
Molise 2 400 2.324
Puglia 22 2.700 15.690
Sardegna 21 2.600 15.106
Sicilia 19 3.300 19.176
Toscana 12 2.550 14.817
Veneto 12 1.130 6.700
TOTALE 122 18.910 99.479

20
QUADRO GENERALE REGIONALE
ANNO 2002
Vallicoltura
Si considera l'allevamento in valle come una policoltura con produzioni
difficilmente rilevabili su base annua
(riportiamo quindi i dati maggiormente rilevanti).
TOTALE TOTALE TOTALE
REGIONE
Impianti Produzione PLV

Emilia Romagna 1
Friuli V.G. 27 75 337
Lazio 1
Toscana 1
Veneto 49 600 2.700
TOTALE 79 675 3.037

21
QUADRO GENERALE PROVINCIALE
ANNO 2002
Acqua dolce, salmastra e marina
Classifica
PROVINCIA Numero Impianti
TRENTO 51
UDINE 43
TREVISO 39
PORDENONE 32
BRESCIA 25
VICENZA 27
LUCCA 21
VERONA 17
CAGLIARI 14
CUNEO 11
TRAPANI 11
VENEZIA 11
PERUGIA 9
PADOVA 9
FOGGIA 8
SALERNO 7
MILANO 7

22
QUADRO GENERALE PROVINCIALE
ANNO 2002
Acqua dolce (trota)
Classifica
PROVINCIA Numero Impianti
TRENTO 51
UDINE 37
TREVISO 35
PORDENONE 32
BRESCIA 25
VICENZA 25
LUCCA 21
VERONA 15
CUNEO 10
PERUGIA 9
MILANO 7
MACERATA 6
BELLUNO 5
BERGAMO 5
MANTOVA 5
MASSA CARRARA 5
TORINO 5

23
QUADRO GENERALE PROVINCIALE
ANNO 2002
Acqua dolce (anguilla)
Classifica
PROVINCIA Numero Impianti
PADOVA 5
TREVISO 4
MILANO 4
CAGLIARI 3
MANTOVA 2
LATINA 2
FOGGIA 2
VERONA 2
VICENZA 2
VENEZIA 2
SIRACUSA 2

24
QUADRO GENERALE PROVINCIALE
ANNO 2002
Acqua dolce (trota e anguilla)
Classifica
PROVINCIA Numero Impianti
TRENTO 51
UDINE 37
TREVISO 39
PORDENONE 32
BRESCIA 25
VICENZA 27
LUCCA 21
VERONA 17
CUNEO 11
MILANO 11
PERUGIA 9
PADOVA 8
MANTOVA 7
MACERATA 6
BERGAMO 5
TORINO 5
BELLUNO 5
VENEZIA 5
MASSA CARRARA 5

25
QUADRO GENERALE PROVINCIALE
ANNO 2002
Acqua salmastra e marina
(Spigola/Branzino, Orata e altre specie marine)
Classifica
PROVINCIA Numero Impianti
CAGLIARI 11
TRAPANI 11
GROSSETO 8
UDINE 6
VENEZIA 6
LECCE 6
FOGGIA 6
ROVIGO 5
SALERNO 4
LATINA 4
BARI 4
SASSARI 4
ORISTANO 4
AGRIGENTO 4
LIVORNO 4
NAPOLI 3
TRIESTE 3
TARANTO 3
BRINDISI 3

26
PRODUZIONE DELL'ACQUACOLTURA ITALIANA IN TONNELLATE
E CORRISPETTIVO VALORE IN MIGLIAIA DI EURO PER IL 2002
SPECIE Allevamento Allevamento
TOTALE VALORE
intensivo estensivo
(tonnellate) (migliaia di euro)
(tonnellate) (tonnellate)
SPIGOLA 9.000 600 9.600 61.440
ORATA 8.000 1.000 9.000 50.400
SARAGHI 400 400 2.280
ANGUILLA 1.800 100 1.900 11.400
CEFALI 3.000 3.000 10.200
TROTA 41.500 41.500 (*) 122.840
PESCE GATTO 600 600 2.400
CARPE 650 650 1.885
STORIONI 750 750 4.650
ALTRI PESCI (**) 2.200 2.200 11.000
TOTALE PESCI 64.900 4.700 69.600 278.495
MITILI (+pesca) 135.000 87.750
VONGOLA VERACE 40.000 184.000
TOTALE MOLLUSCHI 175.000 271.750
TOTALE 244.600 550.245
ACQUACOLTURA
(*) viene considerato anche il valore aggiunto per il prodotto trasformato fresco in azienda.
(**) ombrina, dentice, persico spigola, luccio, etc. ELABORAZIONI API 2004

27
3. LE FILIERE PRODUTTIVE

28
FILIERA DELLA TROTA
FLUSSI MATERIALI

Fase 1 - ALLEVAMENTO

MEZZI TECNICI DESTINAZIONE


DI ACQUISTO PRODUZIONI

• Riproduttori
• Mangimi completi
ALLEVAMENTO
Vendita
e medicati RIPRODUTTORI uova
• Disinfettanti Produzione embrionate
Uova embrionate

• Uova embrionate
• Mangimi completi AVANNOTTERIA
e medicati Produzione
Vendita
• Disinfettanti Avannotti
avannotti
• Sanitizzanti (2-5 giorni)

• Avannotti ALLEVAMENTO TROTA


• Mangimi completi,
medicati e per Preingrasso: trotelle Vendita
salmonatura Ingrasso: trota bianca trottelle
• Disinfettanti Salmonatura: trota salmonata
• Sanitizzanti

Fase 2 – POST-ALLEVAMENTO

al consumo
Trote
Cattura
Trota bianca
Devitalizzazione
Trota salmonata
Cernita
Confezione
Consegna
29 alla lavorazione
FILIERA DELLA TROTA
OPERATORI

PRODUZIONE E VENDITA FORNITURA DI MEZZI TECNICI


DI TROTE PER L’ACQUACOLTURA

Allevatori di trote Fornitori


da riproduzione di materie prime per mangimi

Produttori Produttori e distributori


di uova embrionate di mangimi completi

Produttori Produttori e distributori


di avannotti di mangimi medicati

Allevatori di trotelle Produttori e distributori


e trote di mangimi per salmonatura

Produttori e distributori
Frigotrasportatori
di disinfettanti

Produttori e distributori
Piccoli distributori
di attrezzature per l’acquacoltura

Grande distribuzione

30
FILIERA DELLA SPIGOLA E DELL’ORATA
FLUSSI MATERIALI

Fase 1 - ALLEVAMENTO

MEZZI DESTINO
TECNICI PRODUZIONE

• Riproduttori Uova e Larve:


• Uova embrionate RIPRODUZIONE vendita ad
• Mangimi Mantenimento riproduttori allevatori
• Alimenti larvali Uova embrionale e larve

• Larve AVANNOTTERIA
• Alimenti larvali Allevamento larve Avannotti:
• Mangimi Svezzamento vendita ad
• Disinfettanti Sviluppo avannotti allevatori
• Ossigeno

• Avannotti ALLEVAMENTO
• Mangimi In vasche In gabbie
• Disinfettanti A terra a mare
• Ossigeno Preingrasso
Ingrasso
Digiuno

Fase 2 – POST-ALLEVAMENTO

al consumo
Cattura
Devitalizzazione
• Ghiaccio Pesce
Cernita
• Cassette confezionato
Confezione
Consegna
alla lavorazione
31
FILIERA DELLA SPIGOLA E DELL’ORATA
OPERATORI

PRODUZIONE E VENDITA FORNITURA DI MEZI TECNICI


DI SPIGOLE E ORATE PER L’ACQUACOLTURA

Allevatori Fornitori
di riproduttori di materie prime per mangimi

Produttori Produttori e distributori


di uova embrionate e larve di alimenti larvali

Produttori Produttori e distributori


di avannotti di mangimi completi

Allevatori di spigole e orate Produttori e distributori


in vasche a terra di mangimi medicati

Allevatori di spigole e orate Produttori e distributori


in gabbie a mare di disinfettanti

Distributori e venditori Produttori e distributori


di pesce di attrezzature per l’acquacoltura

Grande distribuzione

32
Massimo Buzzao

La Filiera Lattiera Francese


Il settore lattiero caseario francese
si prepara alla gestione della riforma della PAC

Spunti di riflessione raccolti dai documenti di sintesi prodotti dai gruppi


di lavoro francesi che hanno lavorato nel 2004 sul tema e da colloqui con
alcuni attori del sistema lattiero caseario francese

Roma - 2004
INDICE

Un programma strategico a favore della filiera lattiera

Le tavole rotonde regionali

Analisi e confronto con le filiere lattiere europee

Approfondimento delle diverse tematiche

- La ristrutturazione industriale
- L'impiego nella filiera lattiera
- Necessità di finanziamento e sgravio degli oneri
- Il miglioramento delle relazioni - industrie / distribuzione
- Revisione della regolamentazione delle strutture lattiere e gestione
dell'offerta
- Promozione e immagine dei prodotti lattieri
- Ricerca e innovazione

Sigle e abbreviazioni

2
Un programma strategico a favore della filiera lattiera francese

Principali Orientamenti

Premessa

L'entrata in vigore nel 2004 delle decisioni prese dal Consiglio europeo
di Berlino del 1999, completate nel giugno 2003 dagli accordi di
Lussemburgo, modifica profondamente l'organizzazione comune dei
mercati (OCM) del latte e dei prodotti lattieri.

Al fine di accompagnare le evoluzioni della filiera lattiera francese, il


Ministro francese dell'agricoltura, dell'alimentazione, della pesca e degli
affari rurali ha chiesto ai corpi di ispezione del ministero di realizzare
uno studio prospettivo sull'evoluzione dell'allevamento lattiero e delle
industrie di trasformazione del latte in Francia.

Gli orientamenti generali contenuti nel rapporto è stata presentata nel


corso di una tavola rotonda che riuniva alcuni attori della filiera, nel
febbraio del 2004.

Sulla base delle constatazioni emerse, il Ministro francese ha auspicato


che venisse elaborato un programma strategico per adattare la filiera
latte francese alle nuove disposizioni contenute nella riforma della PAC.

Sulla scorta dell’indicazione del Ministro francese, sette gruppi di lavoro


a livello nazionale si sono riuniti da marzo a giugno 2004. Coordinati dai
servizi del Ministero e dell'ONILAIT, questi gruppi hanno messo insieme i
diversi gruppi professionali della filiera e le organizzazioni competenti
specializzate, ed hanno trattato i seguenti temi:

1. la ristrutturazione industriale lattiera;


2. l'impiego nella filiera lattiera (aziende e industrie agro-alimentari);
3. le necessità di finanziamento e di riduzione degli oneri a carico delle
aziende (messa a norma, edifici di allevamento.. .);
4. il miglioramento delle relazioni tra le industrie lattiere e la
distribuzione;
5. la revisione della regolamentazione relativa alle quote (trasferimenti
fondiari, politica delle strutture aziendali, aiuti alla cessazione
dell'attività lattiera) e la gestione della produzione lattiera;
6. l'immagine e la promozione dei prodotti lattieri;
7. la ricerca e l'innovazione nell'industria lattiera.
3
Parallelamente, le tavole rotonde che hanno riunito gli attori della filiera
lattiera sono state organizzate a livello regionale sotto l'egida dei
prefetti delle regioni ed in collaborazione con i prefetti di dipartimento.

Senza rimettere in causa le proposte stabilite sul piano nazionale, le


proposte permettono di distinguere strategie differenziate secondo le
regioni a forte densità lattiera, le zone di montagna con produzioni
orientate verso i formaggi, e le zone intermedie che temono un calo
dell'attività lattiera.

Tutte le regioni desiderano mantenere la produzione e consolidare,


prima del disaccoppiamento, le referenze delle aziende per il futuro. A
tale scopo, sono state proposte diverse soluzioni:

• consolidamento delle referenze storiche,


• reciprocità delle quote disponibili,
• ridistribuzione delle rimanenze,
• revisione dei progetti agricoli dipartimentali (PAD).

Qualora vi fossero delle divergenze sulle modalità di attribuzione dello


stanziamento di flessibilità e sulla minor rigidità della regolamentazione
relativa ai trasferimenti fondiari, è quasi generale l'unanimità per una
gestione europea delle quote.

Allo stesso modo, il problema di sviluppare e di meglio valorizzare i


prodotti con indicazione di qualità (AOC, IGP, BIO...) viene
frequentemente sottolineato.

La riduzione dei costi legati alla modernizzazione degli edifici e la messa


a norma delle aziende, così come le formule di lavoro suddiviso, sono
unanimemente sollecitati.

Sul piano della trasformazione, molte regioni si preoccupano delle


conseguenze di una riconversione eccessiva dei prodotti industriali (PI)
verso i prodotti di largo consumo (PLC). Alcuni raccomandano
l'intervento delle comunità locali per il finanziamento delle
ristrutturazioni dei siti industriali, per gli accessi alle reti stradali o
dell'energia.

4
A completamento dei lavori regionali, è stata richiesta agli addetti
agricoli francesi presenti negli Stati dell'Unione europea un'analisi delle
evoluzioni del settore lattiero dei vari partner europei.

In questi paesi, sottoposti ad un contesto comune (messa in opera della


riforma della PAC, aumento dell'obbligo di esportazione, abbassamento
del prezzo del latte), l'evoluzione del settore differisce sensibilmente dal
caso francese. In effetti, la ristrutturazione è iniziata da molti anni, in
particolare con una forte concentrazione sia della produzione (riduzione
del numero delle aziende, aumento della loro dimensione), sia della
trasformazione. Queste economie di scala non permettono gli allevatori
di ottenere redditi più alti, particolarmente in ragione degli oneri più
pesanti (fondiario, quote.. .).

I lavori condotti da febbraio a giugno 2004 confermano essenzialmente


le analisi e gli orientamenti del rapporto redatto dal COPERCI. I lavori
hanno permesso di affinare le proposte iniziali e di portare alla luce un
insieme di soluzioni, alcune delle quali hanno già dato luogo ad
applicazione regolamentare.

Il programma strategico messo a punto mira a rispondere agli obiettivi


prioritari seguenti:

· Mantenere il maggior numero di aziende lattiere vitali sull'insieme del


territorio. Ciò necessita di accompagnare la loro modernizzazione e di
ridurre i costi di gestione, diminuendo gli obblighi lavorativi. Ciò implica
anche, in parallelo, di migliorare la gestione delle quote lattiere e di
procedere ad un adattamento della politica delle strutture. La gestione
dei volumi sul piano europeo costituisce un obiettivo condiviso.

· Rafforzare la competitività del sistema lattiero francese preservando


l'impiego. Ciò necessita di identificare i bisogni della filiera in materia di
ristrutturazione industriale al fine di adattare quest'ultima al nuovo
contesto concorrenziale europeo e mondiale. Allo stesso modo, è
necessario aumentare la parte dei prodotti ben valorizzati nella
trasformazione lattiera, senza influenzare il loro mercato, tramite la
riconversione di una parte della produzione dei prodotti meno valorizzati:
prodotti industriali (burro e polveri), dato il calo delle restituzioni, o
prodotti di largo consumo (PLC), per i quali cresce la concorrenza
internazionale.

5
· L'innovazione, la creazione di valore aggiunto, una politica di marca e
di espansione dei mercati sono indispensabili per confortare in maniera
sostenibile la filiera lattiera.

Su questi tre obiettivi prioritari e strategici sono stati realizzati i


seguenti approfondimenti.

A. Mantenere il maggior numero di aziende lattiere vitali sull'insieme del


territorio.

Situazione e difficoltà

Tenuto conto del contesto della riforma della PAC, bisogna considerare
tre obiettivi:

1. Mantenere la competitività delle aziende ed assicurare la loro durata

La competitività delle aziende è particolarmente compromessa dagli


investimenti da realizzare, per migliorare il loro utile di produzione, per
intervenire:

· su n parco di edifici vetusti;


· su una serie di edifici non conformi alle norme ambientali;
· sul costo di ammodernamento in 20 anni stimato in 8,8 miliardi di Euro;
o 6,5 miliardi di Euro per l'ammodernamento;
o 2,3 miliardi di Euro per il blocco di mungitura;
· sul costo per la messa a norma ambientale stimato in 2 miliardi di Euro
per le 38.400 aziende coinvolte in zona vulnerabile, ed a 2,5 miliardi di
Euro per le 41.700 aziende coinvolte fuori dalle zone vulnerabili.

Ora, i mezzi di finanziamento delle aziende sono limitati in ragione di un


indebitamento relativamente alto (peso delle annualità su EBA del 35%)
e di redditi inferiori alla media delle aziende francesi. A questo
proposito, i lavori delle tavole rotonde regionali hanno sottolineato che
numerose aziende che non sono a norma, che dispongono di poche
referenze o sono gestite da agricoltori anziani, probabilmente
abbandoneranno la produzione lattiera nei prossimi anni.

6
2. Migliorare le condizioni di lavoro

La mungitura rappresenta circa il 55% del tempo di lavoro degli


allevamenti lattieri. Di conseguenza, il miglioramento delle condizioni di
lavoro costituisce un mezzo di mantenimento dello stesso: la posta in
gioco è tanto più importante in quanto è in seno alla filiera lattiera che si
registra la più alta percentuale di insediamenti.

3. Rispondere alle esigenze minime in materia di ambiente naturale, di


igiene e di benessere animale

Il rispetto delle norme fissate dalla regolamentazione comunitaria


diventa fondamentale e condizionante per le aziende che dovranno
investire al fine di adattare le loro strutture e continuare a beneficiare
degli aiuti pubblici.

Proposte

1. La messa a punto di un piano edifici tenendo in considerazione i


fabbisogni della filiera

La filiera lattiera ha chiesto di beneficiare del piano edifici: il Ministro ha


auspicato che questo piano sia operativo dallo gennaio 2005.

Le seguenti disposizioni potranno essere prese in considerazione per gli


edifici degli allevamenti lattieri:
· l'eleggibilità non deve basarsi su criteri geografici, né di misura
delle aziende, ma sulla validità di queste aziende;
· la priorità deve essere data al rinnovamento degli edifici esistenti,
per diminuire l'onere degli investimenti: deve quindi essere possibile
scegliere tra la creazione di nuovi edifici o il rinnovamento;
· una soglia minima di eleggibilità dovrà essere definita per gli
investimenti in caso di rinnovamento: è stata proposta una soglia di
15.000 Euro;
· il blocco della mungitura, lo stoccaggio del foraggio e gli accessi
all'industria lattiera devono essere eleggibili secondo questo piano
edificio;
· gli aiuti attribuiti ai giovani agricoltori beneficeranno di una
maggiorazione di lO punti del tasso di sovvenzione, e di una
soppressione dei massimali come conseguenza della sovvenzione per
una durata di 5 anni a partire dalla data di costruzione.

7
2. Altre proposte in materia di riduzione degli oneri aziendali

· economicità delle costruzioni: intraprendere lavori di ricerca e sviluppo


al fine di mettere a disposizione dei produttori soluzioni economiche che
limitino i costi di costruzione; l'Istituto dell'allevamento è invitato a
rispondere alla chiamata a progetto dell'Ente dello sviluppo agricolo e
rurale (ESAR) sul tema: "innovazioni dei sistemi di produzione e
organizzazione"
· accompagnare l'allevatore nel suo progetto personale: le modalità di
accompagnamento tecnico dell'allevatore ed il suo finanziamento
devono essere rivisti nella loro globalità assieme agli enti e agli altri
partner .
· la gestione collettiva del materiale: una messa in comune più ampia del
materiale costituisce uno dei mezzi per diminuire l'importanza della voce
meccanizzazione nelle aziende. Sono proposte le seguenti disposizioni:

o nel quadro degli aiuti a favore dei CUMA in zona di montagna,


dare una priorità alle domande di aiuto dei CUMA per le attività di
insilamento, di svuotamento dei silos e di raccolta dei foraggi;
o prendere in esame le conclusioni del gruppo di lavoro "montagna"
che mira da una parte a portare al 35% la percentuale dell'aiuto alla
meccanizzazione in zona di montagna per i CUMA, e dall'altra parte a
rendere eleggibili nuovi materiali;
o mettere in opera una diagnosi "meccanizzazione";
o instaurare dei servizi completi per l'agricoltore, come i servizi
"trattore-attrezzo-autista" o "attrezzo-automotrice-autista" (chiamata al
progetto ESAR da realizzare tramite la FNCUMA).

3. Il richiamo allo sviluppo del contratto di assunzione per gruppi di


lavoratori deve essere incoraggiato per migliorare le condizioni di lavoro.

Si è proposto di favorire lo sviluppo del particolare contratto per gruppi


di lavoratori attraverso l'esonero degli oneri contributivi per i lavoratori
assunti con contratto a tempo indeterminato, con riserva relativamente
alla compatibilità di questa misura con il diritto comunitario. Questa
disposizione potrà essere esaminata nel quadro del Proeetto di legge di
coesione sociale.

4. Il miglioramento della gestione delle quote latte per adattare le


aziende alla riforma della PAC costituisce un punto focale.

8
Si è stabilito un largo consenso sui seguenti argomenti:

· consolidare le quote prima del 31 marzo 2005 affinché le aziende


in futuro possano beneficiare di una somma di aiuto lattiero meglio
corrispondente alla loro produzione, e non solo alla loro quota;
· ridistribuire le quote alle aziende che continueranno la produzione
lattiera dopo il disaccoppiamento;
· conformare le aziende alle norme e questo vale anche per quelle
aziende che potenzialmente potranno farlo;
· favorire lo sviluppo di strutture associative in vista di una migliore
valorizzazione delle quote assicurando una migliore gestione dell'obbligo
lavorativo (messa in opera di una SCEA lattiera).

Tra le azioni proposte, è opportuno citare in particolare:

¾ ·la preparazione del disaccoppiamento dell'aiuto diretto lattiero


tramite lo sviluppo di una campagna per la ridistribuzione delle
quote provenienti dalle cessazioni spontanee del 2005/2006,
l'incoraggiamento ai trasferimenti per intero ai detentori che
proseguano l'attività lattiera prima del 1° aprile 2006;
¾ l'attualizzazione dei progetti agricoli dipartimentali (PAD): si è
proposto di considerare più esplicitamente il fattore lavoro, la
generalizzazione del principio di una attribuzione condizionale
all'impegno sostenibile ed efficace nell'attività lattiera. Alcune
misure sono già oggetto di disposizioni nelle cessazioni di
ripartizione delle quote per la campagna 2004/2005 (impegno di
buona prassi d'allevamento, soglia minima di attribuzione
aumentata a 5.000).
¾ l'armonizzazione regionale delle regole di attribuzione e la messa in
opera di una riserva regionale. Molte regioni propongono la messa
a punto di una commissione regionale di orientamento agricolo
(CROA), altre sono riservate.
¾ il mantenimento dell'architettura generale della regolamentazione
relativa ai trasferimenti fondiari. Le opinioni divergono su questo
punto. È stata considerata, dal gruppo di lavoro, un'applicazione
delle soglie di prelevamento così come un esonero dei
prelevamenti al di sotto della soglia minima di 150.000 per azienda.
¾ La riduzione, o almeno l'assenza di aumento, delle quote a livello
dell'Unione europea. È considerato fondamentale persuadere la
Commissione della necessità di una revisione delle ipotesi che
avevano fondato l'accordo di Lussemburgo, a causa di evoluzioni
del consumo e di negoziazioni internazionali, e di chiedere la
9
soppressione degli aumenti delle quote previste a partire dal
2006/2007.
¾ La gestione dell'offerta dei prodotti AOC. Questa gestione è
considerata necessaria per perseguire il miglioramento della
qualità di questi prodotti. Le riflessioni su questo punto devono
essere approfondite da un gruppo di lavoro ad hoc.

La questione dei prelevamenti nel caso di un mutamento della forma


societaria, così come la semplificazione delle procedure regolamentari,
restano da approfondire.

Risulta dalle tavole rotonde regionali che alcuni punti siano oggetto di
un disaccordo tra le zone in materia di gestione delle quote:

· La ridistribuzione delle Quote tra regioni: le regioni a forte densità


lattiera auspicano una maggiore mobilità delle quote, mentre le regioni
in zona intermedia lamentano una perdita della quota e una depressione;
questi ultimi auspicano, di conseguenza, di mantenere le quote, sia a
livello regionale, anzi dipartimentale, sia a livello del bacino di raccolta.

· L'attribuzione dello stanziamento supplementare: questo stanziamento


di 267 milioni di Euro, a partire dal 2006, è un aiuto che può essere
attribuito agli allevatori in maniera differenziata, in funzione di criteri
obiettivi. Le regioni a forte trasformazione industriale propongono di
attribuirlo alle aziende il cui latte serve alla fabbricazione di burro e di
polveri per compensare la loro debole valorizzazione. Al contrario alcune
regioni, quelle maggiormente agricole, spesso orientate alla produzione
di AOC, auspicano l'assegnazione ai primi 100 mila litri per azienda,
favorendo così le piccole strutture.

· Revisione del decreto trasferimento fondiario del 1996: alcune regioni


auspicano di definire regionalmente le modalità di applicazione dei
prelevamenti.

10
B. Rafforzare la competitività dell'industria lattiera francese

Situazione e difficoltà

Gli obiettivi di lavoro erano di:

· Definire i fabbisogni della filiera in materia di ristrutturazione


industriale, di razionalizzazione degli strumenti attuali e di adattamento
al nuovo contesto concorrenziale europeo e mondiale;
· Trovare le soluzioni per una migliore valorizzazione dei prodotti
lattieri, in particolare di quelli a basso valore aggiunto, grazie alla
riconversione gestita da una parte di questi prodotti verso i PLC,
addirittura alcuni PI, a più alto valore aggiunto;
· Anticipare le conseguenze delle mutazioni economiche per
l'impiego.

In particolare si deve rispondere alle seguenti domande:

‰ Come valorizzare e smaltire le eccedenze in materia grassa dopo il


2007?
‰ Come promuovere gli sbocchi potenziali per la polvere di latte
(cracking, prodotti a forte valore aggiunto tecnologico)?
‰ Come rispondere ai fabbisogni industriali (latte da week-end,
surplus stagionali.. .), che necessitano il mantenimento di un
minimo di prodotti industriali?
‰ Come ottimizzare la misura delle attrezzature industriali di
produzione in materia grassa?
‰ Come valorizzare la diversità della produzione di formaggi, in
particolare con l'aiuto alla messa a punto di strutture di grandezza
più importante?
‰ Come favorire la mobilità professionale e l'impiego, e avvicinare i
giovani alla formazione ed ai mestieri dell'industria lattiera?
‰ Come assicurare una remunerazione del latte al produttore che
meglio rifletta la sua valorizzazione?

Proposte

Le proposte principali sono le seguenti:

¾ Rafforzare la competitività industriale tramite:


o La riduzione dei costi;

11
o Il miglioramento del mix-product, aumentando la parte dei
prodotti ben valorizzati;
o La differenziazione delle gamme di produzione;
o La ricerca di nuovi sbocchi alimentari e non alimentari.

¾ Promuovere le materie di studio dell'industria agro-alimentare che


riguardano la filiera lattiera e incrementare le lauree professionali
in seno alle scuole d'industria lattiera, in collegamento con
l'insegnamento superiore;
¾ Sostenere un regime comunitario che favorisca lo smaltimento
della materia grassa lattiera dopo il 2007.

Le azioni da privilegiare consistono in:

·creazione di strumenti comuni per i formaggi;


·aiuto e cooperazione agli esportatori;
·creazione di nuovi strumenti adatti ai fabbisogni del mercato; .
·sostegno alla formazione professionale dei lavoratori minacciati;
· aumento dell'attrattività dei mestieri nell'industria lattiera, in
particolare per assicurare il rinnovamento del personale delle PMI
casearie;
· analisi delle qualifiche e competenze richieste per i lavoratori
dell'industria.

A tale scopo vengono messi in opera le seguenti azioni:

™ Una revisione della regolamentazione del piano settoriale, al fine di


permettere l'aiuto alla razionalizzazione delle strutture di
trasformazione burro - polveri, nel quadro di aggregazione di
strutture con chiusura dei siti. Questo provvedimento deve essere
oggetto di un accordo della Commissione europea nel quadro della
revisione 2004 del PSRN.
™ La messa a punto di un fondo di investimento, alimentato dalla
contribuzione volontaria obbligatoria (CVO) prelevata dal CNIEL e
omologato dai pubblici poteri; gli aiuti devono essere riservati alle
imprese che accettano di comunicare la loro compatibilità in
materia al fine di tener conto degli sforzi qualitativi fatti dai
produttori (AOC, BIO, latte di capra...)
™ In materia di impiego:
o La messa a punto di borse di lavoro;

12
o Un migliore riconoscimento delle competenze, in particolare
tramite passaggi certificati di qualifica professionale (CQP)
verso i diplomi (possibilità offerta agli studenti di cambiare
corso di studi durante gli stessi), soprattutto nel quadro della
certificazione degli elementi acquisiti dall'esperienza (CAE);

o La richiesta di concertazione in seno al Consiglio superiore


dell'impiego, a sostegno dell'osservatorio dei mestieri e delle
competenze previsto dall'accordo nazionale
interprofessionale sulla formazione professionale
continuativa.

o Le misure a favore dell'impiego saranno completate nel


quadro dell'elemento impiego del progetto di legge per la
coesione sociale e/o del progetto di legge di modernizzazione
dell' agricoltura.

C. Altre misure a favore dell'innovazione, delle relazioni tra le industrie e


la distribuzione, e della promozione.

Ricerca e sviluppo

Dopo aver tracciato uno stato dell'arte dei mezzi dedicati alla Ricerca ed
allo Sviluppo (R&S) in questo settore, verranno realizzate analisi sulle
previsioni concrete dell'evoluzione del dispositivo R&S, sia sul tema
della Ricerca che sulle modalità della messa in opera.

· Le seguenti azioni di R&S, mirate a produrre risultati tangibili in cinque


anni, saranno da ampliare:
o Azione sull' alimentazione animale e la genetica per gestire
l'eccesso di materia grassa;
o Valorizzazione delle materie proteiche e dei prodotti secondari;
o Gestione dei sistemi di allevamento sostenibili (sistemi
economici, innovativi);
o Migliore gestione dell'informazione (automatizzazione delle
registrazioni.. .);
o Nutrizione e salute (impatti degli alimenti sulle funzioni
digestive);
o Gestione dei processi in funzione dei costi (sensori, flora);
o La sicurezza sanitaria: identificare i fattori di rischio e di
contaminazione del latte in allevamento (es.: campylobacter nei prodotti
con latte crudo).
13
· Gli assets di lavoro riguardano:

o La sicurezza ambientale e i rischi conseguenti;


o Una migliore comprensione del comportamento del consumatore;
o Le valorizzazioni non alimentari.

· Riguardo le modalità di cooperazione tra centri di ricerca, organismi


privati e centri di trasferimento, e la ricerca pubblica e applicata, si è
proposto di:

o Fare del GIS AMALTHEE il luogo di orientamento e di


concertazione della R&S;
o Costruire progetti di R&S in partenariato avendo il sostegno da
poli di competenza (come Rennes, ad esempio);
o Sviluppare i lavori fondamentali nel quadro della ricerca pubblica,
in particolare sui temi legati alla nutrizione ed alla materia grassa;
o Disporre di luoghi di diffusione e di trasferimento: a monte da una
parte, tra l'Istituto di allevamento e le camere dell'agricoltura; sulle
questioni a valle dall'altra, tra gli ENIL e ARILAIT;
o Gestire il rinnovamento delle risorse umane e la sistemazione del
personale di R&S, in particolare per operatori le cui competenze e linee
di ricerca siano uniche in termine di capacità di expertise;
o Adattare i finanziamenti alla natura delle azioni R&S. Le questioni
di lungo termine che vertono su problemi generici e missioni di servizio
pubblico devono basarsi su finanziamenti ordinari;
o Mobilizzare le competenze in vista di una promozione delle nuove
applicazioni industriali (proteine, materie grasse, lattosio).

Miglioramento delle relazioni tra le industrie lattiere e la distribuzione

L'obiettivo è studiare i mezzi per migliorare la valorizzazione dei prodotti


lattieri tramite:
· lo studio della regolamentazione dei mercati;
· l'opportunità di creare un osservatorio dei prezzi e dei margini;
· una migliore cooperazione tra partner commerciali, al fine di lottare
contro il calo congiunturale o strutturale del consumo di prodotti come il
burro, il latte di consumo e alcuni formaggi.

Le soluzioni proposte per un rilancio del consumo passano attraverso la


crescita della concertazione tra l'interprofessione e il commercio (GMS,
grossisti o dettaglianti specializzati). Si è in particolare proposto
14
all'ONILAIT di riunire gli attori della filiera e l'INAO per meglio
valorizzare, presso il consumatore, l'immagine dei prodotti lattieri nei
negozi, in parallelo con le azioni del CNIEL.

Il dibattito deve essere perseguito nel quadro della concertazione


intrapresa tra gli industriali e i distributori per iniziativa del ministro
dell'economia francese.

Promozione e miglioramento dell'immagine dei prodotti lattieri

Sono raccomandate le seguenti azioni:

· Sul mercato nazionale: il recupero dell'immagine salutista: questo


punto costituisce un asse prioritario. Si tratta di comunicare meglio per
ristabilire una buona opinione sui prodotti lattieri, in particolare della
materia grassa lattiera, inserendosi nel piano nazionale nutrizione salute
(PNNS).

· Sui mercati "a portata di camion": le azioni di promozione devono


rivolgersi prioritariamente ai paesi dell'Europa allargata e a quelli del
bacino mediterraneo per rafforzare le posizioni attuali, in particolare
integrando i formaggi francesi negli usi di consumo locali, e rispondere
alla domanda del segmento delle paste pressate.

· Sulla "grande esportazione": è di fondamentale importanza sviluppare


la notorietà della Francia sul suo savoir-faire in materia di prodotti
lattieri. Il sostegno pubblico dovrà essere orientato sull'aiuto allo
sviluppo delle imprese (promozioni, saloni, studi di mercato...)
rafforzando i sostegni finanziari. Mantenendo la promozione compatibile
con le regole dell'OMC, conviene ottenere dalla Commissione un più
ampio sostegno alle imprese per far fronte alla possibile sparizione delle
restituzioni.

15
LE TAVOLE ROTONDE REGIONALI

Punti principali:

· Le tavole rotonde regionali hanno illustrato, oltre ad un contesto


comune, la diversità delle situazioni tra i grandi bacini lattieri, le zone
intermedie e le zone di montagna.
· L'insieme delle regioni manifesta la volontà di mantenere la
produzione lattiera; ciò necessita un'attualizzazione della gestione delle
quote latte, in particolare nel senso di un'armonizzazione regionale delle
modalità di gestione;
· La mobilità interregionale delle quote latte e la ridistribuzione
degli stanziamenti supplementari sono punti di disaccordo tra i grandi
bacini lattieri da una parte, le zone intermedie (per prime) e le zone di
montagna (per seconde) dall'altra.
· La difficile situazione del mercato del lavoro richiede uno sforzo
importante, addirittura fondamentale, del settore lattiero, che necessità
della razionalizzazione delle aziende così come dello sviluppo dei servizi
di reperimento e di selezione dei lavoratori.
· Tutte le regioni chiedono un contributo Statale per i costi elevati
della messa a norma e della modernizzazione delle aziende per
aumentare la loro redditività.
· Per quanto riguarda la trasformazione, la ristrutturazione
(alleanze, partenariati, raggruppamenti) delle imprese, in particolare
quelle che producano burro e polveri, è considerata indispensabile.
· La riconversione di prodotti industriali o in PLC di base verso PLC
più valorizzati è ritenuta inevitabile, anche se le regioni orientate verso
la produzione di PLC lamentano un "effetto domino" a causa di una
riconversione troppo rapida.
· Per facilitare una migliore valorizzazione, la ricerca deve essere
incrementata e soprattutto meglio coordinata tra aziende private e
settore pubblico.
· Allo stesso modo, la promozione dell'immagine locale e della
qualità è proposta come soluzione per aumentare la valorizzazione e
migliorare la commercializzazione dei prodotti lattieri.

16
Introduzione

Sono state organizzate tavole rotonde regionali per contribuire alla


elaborazione del programma strategico per la filiera lattiera francese.
Questa riflessione con gli attori regionali, almeno sui temi a forte
carattere locale (ristrutturazione, impiego, bisogni di finanziamento,
revisione della regolamentazione delle quote) è sembrata indispensabile
per contribuire all' elaborazione del piano nazionale.

Questa sintesi riprende i punti principali di queste tavole rotonde,


distinguendo:

. La constatazione delle situazioni regionali contrastanti, la cui


diversità è stata ben evidenziata soprattutto nelle discussioni a li vello
nazionale;
· Una generale preoccupazione, ma variabile secondo le specificità
regionali, per quanto riguarda le conseguenze della riforma della P AC;
· Soluzioni che si concentrino sulla produzione e la trasformazione,
con proposte in materia di mercato del lavoro e la richiesta di un
migliore sostegno per la ricerca pubblica.

Situazioni regionali contrastate

Quasi tutte le regioni, indistintamente dall'importanza e dalle specificità


della filiera lattiera, si sono mobilitate. Le tavole rotonde realizzate sul
territorio hanno in effetti riunito gli operatori della filiera, i servizi del
Ministero dell'Agricoltura, dell' Alimentazione, della Pesca e degli Affari
rurali (MAAP AR) e i rappresentanti delle collettività territoriali.

Sono risultate evidenti le perplessità della filiera di fronte alle scadenze


future, ma soprattutto la volontà di trovare soluzioni. Molti sono concordi
nel pensare che la presa di coscienza della nuova PAC sia stata più
tardiva in Francia rispetto alla Germania o ai Paesi Bassi; questa presa
di coscienza è ormai ben salda e l'urgenza delle soluzioni è
universalmente riconosciuta.

Si constatano situazioni regionale specifiche e ben note. È possibile


distinguere schematicamente le regioni a forte densità lattiera, le zone
di montagna con produzioni orientate verso i formaggi, e le zone
intermedie, dove comunque il latte resta spesso una produzione
significativa.

17
Consenso sulle difficoltà che la filiera deve risolvere

In tutte le regioni si conferma in particolare:

· il calo del prezzo del latte pagato al produttore:


· la difficoltà del lavoro, causa principale di abbandono di questa
produzione: questo aumento conferma i risultati dello studio SOFRES
richiesto dalla FNPL.
· L'inquietudine sulle prospettive di insediamento, ma anche sul
mantenimento delle aziende in loco, a causa di queste difficoltà di
lavoro, del livello di investimento necessario e delle prospettive incerte.
· il non-rinnovamento dei contratti tra industriali e cooperative di
raccolta, che delocalizzano i loro approvvigionamenti e le loro produzioni
(Ardennes).
· Il rischio che la riconversione dei prodotti industriali (PI) verso i
prodotti di largo consumo (PLC) destabilizzi questi mercati per "effetti
domino".
· Lo sviluppo dell'hard discount, che spinge i costi dei prodotti al
ribasso e pesa sul prezzo dei prodotti come il latte.
· il contesto internazionale minaccioso, in particolare con i
negoziati dell'OMC nel ciclo di Doha o il MERCOSUR.
· Il timore che la Commissione anticipi le decisioni di Lussemburgo.
· L'insufficienza di ricerca-sviluppo (R&S) nelle imprese di
trasformazione.

I grandi bacini lattieri

Queste regioni dispongono sin d'ora di aziende di dimensione importante.


L'economia di queste aziende è tuttavia direttamente colpita dalla
riforma della PAC e dal calo della valorizzazione dei prodotti industriali,
molto presenti in questi bacini.

Le zone intermedie

Queste regioni, come il Centro o la Borgogna, dove la percentuale delle


aziende può superare quella dei grandi bacini lattieri, lamentano un calo
della redditività della produzione lattiera. Questo si tradurrà in un
abbandono di questa produzione a vantaggio di altre, in particolare
vegetali: la Borgogna sottolinea a questo riguardo un tasso di abbandono
del 30%. Tuttavia, gli allevatori rifiutano questa analisi e manifestano la
loro fiducia nella durata della produzione lattiera, anche se consolidata
agli attuali livelli.
18
Una tale crisi lattiera rimetterà in gioco la gestione del territorio. Si
potrà avere come prima conseguenza che, al di sotto di un certo volume
di attività, i servizi di sostegno (CUMA, veterinari, controlli lattieri) non
vengano più assicurati.

Inoltre, le zone di produzione significative in seno a queste regioni, come


in Champagne Ardennes, soffrono per il non-rinnovo dei contratti e si
interrogano sulle intenzioni dei trasformatori.

Le zone di montagna

Le zone di montagna lamentano una crisi importante. Esse sono


caratterizzate da una dimensione aziendale inferiore alla media
nazionale e costi di produzione e di raccolta più alti. A seguito del
disaccoppiamento le aziende dovranno scegliere tra due opzioni:
specializzarsi o abbandonare il latte per una produzione alternativa.

Volontà di mantenere una produzione lattiera consolidata in tutte le


regioni

Tutte le regioni, indipendentemente dalle loro caratteristiche (grandi


bacini lattieri, zone intermedie, zone di montagna), mirano a mantenere
la produzione lattiera. Alcune zone intermedie, come la Borgogna, o il
Centro, stimano che qualora il disaccoppiamento portasse all'arresto
della produzione da parte di alcune aziende, la loro quota verrà presa da
altri allevatori. In tutti questi casi, questo consolidamento permetterà il
mantenimento di una produzione lattiera di volume globalmente identico
a livello regionale. Altre zone intermedie, come il Poitou-Charentes,
lamentano invece una fuga delle quote verso i bacini lattieri vicini.

Tutte le regioni chiedono un rinnovamento della gestione delle quote


latte e si allarga il consenso per armonizzare le regole di gestione, in
particolare di ridistribuzione, delle referenze disponibili sul piano
regionale. Si raccomanda una reciprocità delle eccedenze dipartimentali
a livello regionale, tuttavia con una priorità di ridistribuzione in seno ad
ogni dipartimento di origine. Questa reciprocità passa in particolare per
una revisione dei PAD e la sistemazione di una Commissione regionale di
orientamento agricolo (CROA) (Aquitania, Linguadoca-Roussillon e Midi-
Pirenei); alcune organizzazioni sindacali, come in Bretagna, si mostrano
tuttavia reticenti. Il Poitou-Charente chiede facilitazioni per
l'insediamento delle aziende che non dispongano di referenze storiche.
19
Questa regione ha, come la Vandea, messo in opera una reciprocità delle
quote liberate per realizzare una attribuzione complementare di 50.000 l,
a tutti i giovani allevatori. Nel Centro sono in compenso favorevoli
affinché tale reciprocità resti al livello del bacino di raccolta.

In compenso, la ridistribuzione delle quote tra regioni è oggetto di


divergenze: le regioni a forte densità lattiera (Bretagna, Paesi della
Loira) auspicano una maggiore mobilità delle quote, mentre le zone
intermedie (Borgogna, Centro, Champagne-Ardennes, Poitou-Charente)
lamentano un trasferimento delle quote ed una crisi: queste auspicano di
conseguenza di mantenere le quote sia a livello regionale, addirittura
dipartimentale, sia a livello del bacino lattiero.

L'attribuzione dello stanziamento supplementare non è più oggetto di


accordo: la Borgogna auspica che questo stanziamento resti allineato
alla produzione. La Bretagna e i Paesi della Loira propongono di
assegnare aiuti alle aziende il cui latte serve alla fabbricazione di burro
e polveri, per compensare la bassa valorizzazione di questi prodotti; ciò
eviterebbe il doppio prezzo del latte (uno per i PLC e l'altro per i PI) e
ridurrebbe l'effetto domino. Alcune regioni, in particolare di montagna
(Franca Contea, Rodano-Alpi), auspicano al contrario l'erogazione di
questo stanziamento ai primi 80 o 100 mila litri, favorendo così le
piccole aziende. Infine, la Bassa Normandia propone di erogare una
parte di questo stanziamento agli allevatori che si impegnino in un
sistema "a tutto pascolo", nel quadro di un accordo tipo il Contratto di
agricoltura sostenibile (CAS). L' Auvergne chiede una compensazione per
l'handicap montagna e la Franca-Contea un sostegno supplementare per
il sistema pascolo-fieno. In materia di alimentazione, le regioni Paesi
della Loira, Champagna-Ardennes e Bassa Normandia sostengono il
mantenimento dei prati: il Nord-Passo di Calais, raccomanda una
sostituzione del mais-soia con l'erba.

Tutte le regioni chiedono di accelerare la ridistribuzione delle quote


residue strutturali e il consolidamento delle referenze storiche al fine di
adeguare, al momento del disaccoppiamento, l'aiuto lattiero e la
produzione reale. L'obiettivo deve essere di erogare le quote alle aziende
che continueranno a produrre latte dopo il disaccoppiamento nel 2006,
rispettando un equilibrio tra referenze lattiere e forza lavoro.

20
Infine, l' Auvergne chiede una informativa sulle modalità di fine
campagna trasparente e la regione Rodano-Alpi il mantenimento del
sistema delle allocazioni provvisorie.

A livello aziendale, molte regioni (in particolare Bretagna, Paesi della


Loira, Nord-Passo di Calais) chiedono di assegnare quote alle aziende,
indipendentemente dalla loro dimensione, per ridare prospettive alla
produzione lattiera. Queste regioni valutano che la maggior parte degli
allevatori possa aumentare la propria produzione del 20% nei Paesi della
Loira o in Borgogna senza investimenti supplementari. Si raccomanda di
ridimensionare la regolamentazione relativa ai trasferimenti fondiari ed
alle forme societarie, in particolar modo alle GAEC (in Aquitania,
Linguadoca-Roussillon, Midi-Pirenei e Poitou-Charentes). La regione
Champagne-Ardennes propone la creazione di una SCEA lattiera.

Tuttavia questi punti non ricevono consenso: anche in seno a queste


regioni, alcuni valutano, citando gli studi dell'Istituto dell'Allevamento,
che l'ingrandimento non è garanzia di redditività: non permetterà
economie di scala e si scontra con gli obblighi temporali di lavoro. Molte
regioni, come l'Auvergne, ritengono che l'aumento della dimensione
dell'azienda non sia un obiettivo a se stante. La regione Rodano-Alpi
raccomanda di aumentare la quota alle aziende in zone di crisi lattiera.

Infine si fa appello:

· Ad una gestione della produzione a livello europeo, in particolare


tramite il rifiuto dell'aumento delle quote a partire dal 2006 (Paesi della
Loira, Borgongna, FranciaContea). Solo il Poitou-Charents ritiene che la
gestione dell'offerta a livello regionale non sia prioritaria, in quanto
difficilmente riesce a produrre la totalità della sua quota; la
preoccupazione di questa regione è che la quota possa essere trasferita
ad altri.

· Innanzitutto all’equilibrio nella gestione dei superamenti tra i paesi


europei, dove le regolamentazioni nazionali non sanzionano allo stesso
modo i superamenti individuali. Ne conseguono delle sotto-produzioni in
Francia e dei superamenti in altri paesi.

· Al mantenimento del sistema delle quote dopo il 2015 (Alsazia).

21
Gli obblighi della messa a norma, della modernizzazione e della difficoltà
del lavoro

I vincoli della messa a norma sono sottolineati da tutte le regioni. La


Bretagna chiede anche una applicazione leggera delle regole di eco-
condizionamento, uno sgravio delle procedure del PGIDA 2 e la
valutazione delle capacità di finanziamento delle aziende o dell'età degli
imprenditori. La Champagne-Ardennes chiede deroghe per chi ha un’età
maggiore di 50-55 anni e la regione Alsazia delle ulteriori proroghe. Un
contributo dello Stato e delle collettività territoriali è richiesto per
finanziare la messa a norma, in particolare al di fuori di zone vulnerabili,
come il Rodano-Alpi, in Francia-Contea, nel Centro, in Alsazia o in
Borgogna. L'insieme delle regioni auspica regole di condizionamento
comprensibili, applicabili e agevolmente controllabili.

La stessa preoccupazione di finanziamento si manifesta relativamente


alla modernizzazione delle strutture, vista come priorità, con la
necessità non solo di migliorare ma anche di ingrandire il reparto
lattiero. Il quadro del piano edifici è generalmente citato così come il
mantenimento degli aiuti dei contratti del piano Stato-regione (CPSR).
Questi aiuti sono giudicati indispensabili, in particolare in Poitou-
Charentes, per evitare l'abbandono della produzione lattiera; dovranno
essere mirati alle aziende in cui il reparto lattiero perdurerà. Vengono
proposte diverse voci di finanziamento, quali le condizioni di lavoro, il
benessere animale o la qualità del latte. La regione chiede anche
l'estensione della durata dei prestiti per facilitare le installazioni.

La difficoltà del lavoro nell'allevamento lattiero è unanimemente


denunciata. Il Nord-Passo di Calais ritiene che una migliore
organizzazione del lavoro, in particolare la razionalizzazione della
gestione del reparto lattiero, costituisca un mezzo per migliorare la
competitività. Per esempio, l'iniziativa PMQVAL (Progetto di
Miglioramento della Qualità della Vita in Allevamenti Lattieri) messa a
punto in Aquitania e finanziata dal CPSR, si basa su modelli elaborati nel
quadro di un largo partenariato; si tratta di aiutare gli allevatori lattieri a
fare un bilancio della loro situazione in termini di volume di lavoro e di
costrizione, in modo da proporre ed in seguito realizzare soluzioni.
L'Auvergne ritiene che non bisogna aspettarsi importanti economie di
scala dall'ingrandimento delle aziende in regioni di pascolo: chiede una
migliore comunicazione sul mestiere di allevatore lattiero, citando le
proprie azioni e il programma "vivere di latte". Anche il Poitou-Charente

22
mette in primo piano la comunicazione per mantenere un clima propizio
alla produzione lattiera.

La ricerca di produzioni meglio valorizzate

La riconversione di una parte della trasformazione in prodotti industriali


o in PLC di base verso PLC più valorizzati è considerata necessaria e
inevitabile. La Borgogna, la Bassa-Normandia e l'Auvergne
raccomandano lo sviluppo di prodotti con marchio di qualità (AOC o
montagna, per esempio), la valorizzazione del savoir-faire tradizionale ed
una migliore tracciabilità del latte e dei prodotti. La Bassa-Normandia e
l' Auvergne considerano inoltre una revisione del capitolato d'oneri delle
AOC per i formaggi, cosicché questi riflettano innanzi tutto le tipicità
locali. Il Limousin e la Borgogna, con l' AOC Chaource, mettono in prima
linea la ricerca di nicchie ancora da sfruttare. La Franca-Contea propone
misure volontarie di regolazione dell'offerta di formaggi AOC.

I Paesi della Loira insistono sulla necessità di incoraggiare alleanze,


partenariati e raggruppamenti di imprese. Questo partenariato è ritenuto
necessario sia per razionalizzare i circuiti di raccolta (Paesi della Loira,
Poitou-Charentes, Auvergne, Midi-Pirenei e Limousin), che per evitare
investimenti doppi (Bretagna). Così, la Francia-Contea sta valutando
l'installazione di macchinari per il formaggio per il Grande Est con
capacità da 40 a 50.000 t. di Emmental.

In materia di raccolta, le regioni Champagne-Ardennes e Rodano-Alpi


propongono di modificare la frequenza della raccolta, con un intervallo
da 2 a 3 giorni, salvo per le AOC.

Le industrie, in particolare in Bretagna, giudicano ineluttabile la messa a


punto di un doppio prezzo del latte in base alla valorizzazione dei
prodotti trasformati. Ciò aumenterebbe la competitività dei PLC
"comodità" come i formaggi fusi; questi prodotti sono spesso su mercati
in crescita, ma i loro costi di produzione, ai quali il latte concorre per il
60%, ne limita la competitività.

Quasi tutte le regioni chiedono aiuti pubblici per accompagnare la


ristrutturazione industriale, in particolare l'aumento dello stanziamento
POA. L'Auvergne chiede inoltre un aiuto per compensare i sovracosti
legati ai vincoli in zone di montagna. Nel bacino sud-ovest, la
ristrutturazione degli ultimi anni ha permesso di riorientare la
trasformazione essenzialmente verso i PLC. Il rischio di cessazione dei
23
contratti sulla polvere di latte e il burro certamente esiste; tuttavia la
priorità è ormai di seguire la riorganizzazione della raccolta piuttosto
che la ristrutturazione industriale.

Azioni su altre tematiche

In materia di impiego

Molte regioni, come Rodano-Alpi, Champagne-Ardennes o il Centro,


chiedono lo sviluppo di contratti per gruppi di lavoratori e di servizi di
sostituzione. L'obiettivo non è soltanto finanziario; queste misure mirano
ad una migliore organizzazione del lavoro e un miglioramento delle
condizioni di vita degli allevatori, al fine di mantenere un numero di
strutture sufficiente. Secondo la Bretagna, le formule che permettono
l'impiego condiviso devono essere rimesse in discussione: questa
regione raccomanda lo sviluppo del salario agricolo, a partire dal Centro
e dalla Bassa Normandia. Raccomanda la formazione di lavoratori
specializzati nella conduzione di greggi lattieri ed il rilancio di una
politica di formazione tenendo in considerazione i fabbisogni degli
allevatori.

L'Aquitania, la Linguadoca-Roussillon e il Midi-Pirenei chiedono esoneri


degli oneri contributivo obbligatori nel quadro dei gruppi di lavoratori o di
servizi di sostituzione ed un adattamento della regolamentazione dei
GAEC parziali; questa richiesta è condivisa da molte regioni
(PoitouCharentes, Rodano-Alpi, Bassa ed Alta Normandia). Il Poitou-
Charentes sostiene una riflessione sull' organizzazione del lavoro e la
gestione delle risorse umane nelle forme societarie

La regione Centro intende valutare i servizi e le strutture di


inquadramento professionale, come i laboratori di controllo.

In materia di trasformazione, i Paesi della Loira invitano ad una


riflessione sull'evoluzione dell'impiego e dei fabbisogni della formazione
nel settore lattiero, per esempio attraverso un contratto di studio
prospettico (CSP). La Francia-Contea propone, per far fronte al difficile
rinnovamento dei formaggiai, di favorire l'adattamento delle maestranze
per ridurne la difficoltà e sviluppare la formazione tramite
l'apprendimento e l'avvicendamento.

24
In materia di commercializzazione

Le regioni fanno appello ad un rafforzamento della comunicazione sugli


aspetti della qualità (Auvergne) o dietetica (Bassa Normandia) e della
promozione collettiva (Bretagna, Borgogna). Sono previste la messa a
punto di una IGP Bassa Normandia, valorizzata in particolare attraverso
le vendite dirette (ciò permetterà il mantenimento degli impieghi), e
campagne sull'origine bretone, alsaziana o borgognona. Allo stesso
modo, il rafforzamento dell'identità regionale è menzionato dal
Charentes-Poitou, in modo da meglio valorizzare i territori e le modalità
di produzione.

Molte regioni chiedono altresì una migliore suddivisione del valore


aggiunto tra gli stadi della filiera; considerano che il calo dei prezzi del
latte giova essenzialmente alla distribuzione ma non si ripercuote sui
consumatori. Questa divisione potrà essere riequilibrata a favore dei
trasformatori tramite la messa a punto di centrali di vendita, sul modello
delle centrali di acquisto della grande distribuzione.

In materia di ricerca, si richiede un maggiore sforzo ed un migliore


coordinamento tra ricerca pubblica e imprese.

L'esempio di Bretagna - Tecnologie - Alimentari è citato come modello.


L'applicazione di una simile iniziativa necessita tuttavia di servizi di R&S
al di fuori della portata delle piccole o medie latterie. La Bretagna ritiene
che una politica volontaristica sia necessaria per favorire il
trasferimento tecnologico.

La Bassa Normandia sottolinea la necessità di prodotti nuovi, sia per la


loro forma che per il loro condizionamento, generati dalla R&S; devono
essere adattati alla domanda dei consumatori in materia di salute e
sicurezza (Auvergne). Questo sforzo deve essere realizzato in comune
dalle imprese di trasformazione, con il sostegno delle collettività
territoriali e soprattutto valorizzando le risorse del territorio. Il quadro di
unità miste tecnologiche, come in Auvergne, sembra appropriato. Le
imprese hanno in particolare bisogno di un sostegno per il passaggio da
una tecnica allo stadio di ricerca, di base o applicata, allo stadio
industriale. La Francia-Contea chiede di riorentare una parte dell'attività
della rete regionale di ricerca agroalimentare e ambientale sul latte
standard, in un quadro geografico allargato.

25
Questo sforzo di ricerca deve ugualmente portare alla definizione di
nuovi sistemi di produzione (tempo di lavoro, modernizzazione
economica, benessere degli animali), in particolare nel caso di
accorpamenti di reparti lattieri (Rodano-Alpi).

26
ANALISI E CONFRONTO CON LE FILIERE LATTIERE EUROPEE

Punti principali:

. I paesi europei si confrontano con evoluzioni di natura simile a


quelle in corso in Francia, caratterizzato per un ritmo di ristrutturazione
più lento e un avvio più tardivo.
· A livello della produzione, questo ritmo potrà essere spiegato
dalla gestione delle quote "alla francese" e da sistemi di produzione
diversificati.
· L'industria lattiera francese si distingue anche per una
concentrazione media, che fa convivere forme giuridiche diverse e gradi
di internazionalizzazione variabili.
· Questa situazione implica che una crisi settoriale dell'economia
lattiera toccherà necessariamente la Francia, ma che i rischi di vedere
l'insieme degli attori della filiera colpiti allo stesso momento sono
limitati in confronto ai suoi concorrenti europei.
· D'altronde, questo ritardo nella ristrutturazione deve essere
messo in secondo piano rispetto a un progresso in alcuni settori più
portanti (Ricerca e Sviluppo, valorizzazione dei marchi) ed una
valorizzazione del latte superiore alla maggior parte dei grandi paesi
produttori.
· Queste opportunità richiederanno uno sforzo di ottimizzazione per
essere colte, ben sapendo che le altre economie lattiere europee
cercheranno di migliorare la loro produttività con una migliore
specializzazione ed una diversificazione internazionale.

Introduzione

Le filiere lattiere europee presentano differenze significative tra i vari


paesi. In alcuni casi, problematiche nazionali portano alla messa a punto
di strategie che non possono essere trasferite.

D'altronde, le pratiche di consumo, le abitudini alimentari o di marketing


sono diverse quanto le modalità di produzione, anche se questi
comportamenti sono più spesso omogenei all'estero rispetto alla
Francia.

Infine, in seno ai grandi paesi, molti tipi di agricoltura lattiera possono


convivere, ciò crea dei vincoli specifici e conferisce allo Stato membro
coinvolto l'importante ruolo di regolatore.
27
Un settore economico importante in corso di concentrazione e di perdita
di sbocchi esterni.

II peso economico del settore lattiero rimane importante ed in molti casi


è il primo (Germania, con un giro d'affari di 19 miliardi di Euro nel 2002,
Italia con 13 miliardi di Euro) o il secondo (Spagna, con un giro d'affari di
6,6 miliardi di Euro) settore dell'industria agroalimentare.

Una ristrutturazione della produzione è in corso in tutta l'Unione. Il


numero di mucche per azienda, le quote detenute per azienda e la
produzione lattiera per mucca sono in crescita da dieci anni,
dappertutto. In compenso, il livello di concentrazione delle aziende
rimane variabile e si situa su un asse Nord/Sud.

In Danimarca e in Svezia, la produzione per mucca supera 8.200 l. (8.780


l. in Svezia). Le aziende sono di dimensioni molto grandi; la Scozia segue
a sua volta questa strada (il 44% delle aziende ha più di 100 mucche). La
quota detenuta per azienda è raddoppiata in Danimarca in 1O anni per
raggiungere i 602.000 l. Nel Regno Unito, gli allevamenti inferiori a 100
animali regrediscono, ad un ritmo più elevato per gli allevamenti con
meno di 50 animali. La produzione per mucca è media (6.467 l) ma è
aumentata del 17% dal 1995/1996. La Germania mostra cifre simili, con
una forte disparità tra le aziende dell'Est (158 mucche per un rendimento
medio di 7.150 l/anno) e dell'Ovest (27 mucche, per 6.300 l/anno); e perde
il 5% delle aziende ogni anno. L'allevamento medio olandese raggiunge
la soglia delle 60 mucche (40 nel 1990).

Paesi come la Francia o l'Irlanda si situano a livello intermedio. Il 35%


dei produttori irlandesi si situano tra i 90.000 e i 180.000 l. Nel caso
francese, è utile ricordare che la ristrutturazione è più lenta: tra il 1996 e
il 2003, il numero di produttori si è ridotto solo del 23% contro il 40%
negli altri paesi lattieri europei.

Il fenomeno di concentrazione tocca anche i paesi del Sud. L'Italia ha


perso in 1O anni il 68% delle aziende con meno di 20 mucche. Ma
l'azienda media aveva, sempre nel 2000, 22 animali.

Infine, nei nuovi Stati membri, la messa a norma, dopo la lunga


recessione e l'uscita dall'economia socialista (l'Ungheria ha perso il 25%
della propria produzione, il 22% del proprio consumo), porterà alla
scomparsa delle strutture più piccole.
28
La concentrazione geografica è crescente e forte. L'Unione europea
conosce una specializzazione delle regioni lattiere:

™ L '85% della produzione danese si effettua nello Jutland;


™ Il 50% della produzione ed il 75% delle aziende spagnole si situano
nella zona cantabrica;
™ Il 75% della produzione italiana (68% delle mucche) si situa nel
Nord Italia;
™ L'80% del latte svedese viene dal Sud del paese.

Il prezzo del latte tende a calare, ad eccezione dei nuovi Stati membri.
Questo fenomeno trova spiegazione in una evoluzione della ripartizione
dei margini, più a vantaggio dei trasformatori e dei distributori, e nei
guadagni di produttività realizzati dai produttori. In Danimarca, il prezzo
del latte si situava intorno ai 284 DKK nel 1988/1989, nel 2002/2003 è a
251 DKK. Tra il 1996 e il 2000, il prezzo "uscito dalla fattoria" del latte
britannico è calato di un terzo e si colloca tra l'8 ed il 13% sotto ai prezzi
degli altri paesi europei (anche se queste evoluzioni risultano in parte
dovute a fenomeni di cambio). In Germania, i recenti cali (-15% in tre
anni) hanno portato a degli scioperi nelle consegne e a forti tensioni con
la distribuzione.

Nel caso della Francia, va segnalata la buona tenuta della


remunerazione degli imprenditori (17.400 Euro per UTAF) rispetto alla
situazione in Germania, nei Paesi Bassi, in Irlanda o in Danimarca.

Le industrie lattiere si ristrutturano e si concentrano, ma le differenze


sono importanti da un paese all'altro: si ritrova un asse Nord/Sud. L'Italia
conta più di 2.000 aziende lattiere, la Spagna 600, mentre il Regno Unito
ne conta più di 130 e la Germania 118 (contro le 360 nel 1990). Una
latteria tedesca trasforma in media 205.000 l e la concentrazione è
ancora più importante nei nuovi Lander. In Danimarca, sono passate da
59 nel 1993 a 41 dieci anni più tardi. La Svezia sembra in compenso aver
terminato la propria ristrutturazione maggiore alla fine degli anni '90.

La concentrazione progredisce anche quando il numero delle imprese è


importante. In Danimarca e in Svezia, Aria Foods è in posizione di quasi
monopolio (il 93% del latte lavorato). Nei Paesi Bassi, il duopolio
Friseland Coperco Dairy Foods / Campina controlla l'80% della raccolta e
della trasformazione. In Irlanda, tre grandi operatori si dividono il 70%
della trasformazione: Kerry, Glanbia e Dairygold. I primi 6 operatori
29
contano per l'80% e i primi 8 per il 90%. Il segmento del latte alimentare
italiano è molto concentrato con 2 leader nazionali Parmalat e
Granarolo, che rappresentano più del 60% del mercato. Il mercato degli
yogurt è ugualmente oggetto di una concentrazione: Danone, Muller e
Yomo controllano il 60% del mercato. Nel Regno Unito, 1O società
costituiscono il 91 % della produzione di latte liquido, 8 producono il 70%
del formaggio, 3 l'87% del burro, 4 il 57% delle polvere di latte e 4 il 95%
del latte concentrato. In Austria le prime 5 latterie rappresentano 2/3
della produzione. Non esiste invece un operatore leader per i formaggi.

Ad eccezione del Belgio, dove la specializzazione si accentua, i paesi


dell'Unione a 15 si allontanano dai prodotti industriali, in particolare
dalla materia grassa industriale. La parte della materia proteica
industriale è tuttavia leggermente progredita nei Paesi Bassi e in
Danimarca. Il peso dei prodotti industriali resta preponderante in Belgio
e in Irlanda. Danimarca, Francia e Finlandia sono al di sotto della media
dell'Unione a 15.

Le organizzazioni amministrative di filiera sono diverse, ma in ogni caso


lo Stato organizza o cerca di organizzare la conciliazione degli interessi
divergenti degli acquirenti e dei venditori. Le modalità di riuscita sono
diverse.

In Danimarca, il Danish Milk Board, che rappresenta tutte le professioni,


acquista e poi rivende tutta la produzione lattiera al fine di fissare un
prezzo unico. Gestisce un sistema di quote borsistiche. Una seconda
struttura il Danish Dairy Board si occupa della difesa e
dell'organizzazione della produzione. Gli interessi pubblici e privati si
fondono.

Sono distinti in Irlanda o nel Regno Unito. Nei Paesi Bassi,


l'interprofessione è incaricata di un vero e proprio servizio pubblico
delegato, con prerogative che vi si ricollegano. I paesi del Sud hanno
invece difficoltà nel mettere a punto delle interprofessioni o degli
organismi pubblici capaci di influire sull'evoluzione del prezzo del latte. Il
controllo della produzione rimane male assicurato; i trasformatori si
riforniscono all'estero.

Il commercio internazionale tende ad orientarsi verso l'Unione europea.


Alcuni Stati si sono specializzati nei prodotti lattieri per l'esportazione
(Irlanda, Danimarca). La Danimarca ha scelto di concentrarsi sui
formaggi, che assorbono il 38% del latte intero e il 51 % del latte
30
scremato. L'Irlanda si concentrava sui prodotti sostenuti, ma riorienta
ora la propria produzione verso i formaggi (+ 67% in 1O anni) avendo
dimezzato le fabbriche di burro. In entrambi i casi, l'80% della produzione
viene esportata, per l'80% verso l'UE. Questi due paesi esportatori
ripiegano sui mercati terzi a causa del calo delle restituzioni
all'esportazione. Sicuramente vale lo stesso discorso per la Germania,
che esporta il 17% della propria produzione. Anche i Paesi Bassi si sono
rivolti risolutamente verso l'Unione: qui si realizzano 3/4 delle proprie
esportazioni.

La Spagna ed il Regno Unito sono principalmente condizionati dal


mercato domestico che assorbe importanti quantità di latte liquido. La
produzione qui manca di valorizzazione e l'esportazione si limita ai sotto-
prodotti senza sbocchi sul mercato interno. Per l'Ungheria, il problema
più grande risiede neII'inadeguatezza tra l'offerta in eccedenza e la
domanda. Nel caso dell'Italia, la situazione è più complessa: un mercato
insoddisfatto di latte liquido si giustappone ad una industria orientata
sui formaggi. L'Italia importa alcuni prodotti lattieri e trasforma il suo
latte in prodotti meglio valorizzati.

Lo sviluppo armonioso della produzione e della trasformazione incontra


molte difficoltà

L'invecchiamento dei produttori lattieri è un problema per molti Stati


membri, in particolare per Danimarca e Paesi Bassi.

Le incertezze del periodo attuale, così come i vincoli alla produzione


lattiera, contribuiscono ad un blocco all’inserimento dei giovani
produttori. Alcuni Stati membri, come la Spagna, avevano provveduto ad
un ringiovanimento sensibile dell'età media dei lavoratori attivi,
incoraggiando i pensionamenti. In questo caso, il margine di manovra
demografica che facilita le ristrutturazioni si è ridotta: le evoluzioni
colpiranno gli attivi.

La gestione della produzione è affrontata in modo diverso dai diversi


Stati. Per ragioni di natura economica, ma anche ideologica, alcuni Stati
(Danimarca, Regno Unito) sono ostili alle quote, percepite come ostacolo
al mercato, nocive ad una buona allocazione delle risorse ed alla
determinazione di un costo marginale di produzione al prezzo di mercato.
I sostenitori di questa concezione sono gli Stati la cui produzione si
concentra in un numero ridotto di aziende.

31
I Paesi Bassi sembrano auspicare un calo dei costi di transazione
generati dalle loro borse alle quote, in cui queste ultime si scambiano
attualmente a 1,7 Euro al litro. A più lungo termine, è sembrato loro
logico abbandonare il sistema delle quote qualora ì corsi europei
avessero raggiunto quelli internazionali. L'aumento delle quote previsto
per il 2006 dovrebbe, secondo loro, essere oggetto di un attento esame
con un occhio alla situazione del mercato.

In Italia, le quote sono considerate come un obbligo comunitario


particolarmente vincolante ed iniquo, a causa del deficit italiano in
prodotti lattieri. Il controllo del rispetto delle quote al quale si sarebbe
attenuto l'attuale governo non è sicuro. In compenso, la Spagna sembra
aver progredito nel controllo, anche se il latte nero potrebbe ancora
rappresentare il 5% del volume. Inoltre, l'approccio spagnolo sembra
ispirarsi all'approccio francese (medio ricorso alla borsa, regolazione
pubblica, sistema di allocazioni provvisorie...)

L'Irlanda ufficialmente non ha espresso opinioni sulla questione delle


quote. La Germania dispone di una borsa delle quote da tre anni. Il
legame con il fondo si è alleviato grazie all'ampliamento del formaggio
verso l'Est, dove l'88% delle terre sono in affitto; questa ritiene di
rendere più vincolante la regolamentazione sul superamento e di
alleggerire quella sui trasferimenti.

L'articolazione tra la produzione e la trasformazione è una problematica


generale, ma che assume diverse modalità. L'Italia è un caso singolare,
con un divario importante tra la forza delle sue industrie di
trasformazione, giudicate competitive, e la debolezza della sua
produzione. Quindi le prime lavorano molto con materie importate e non
si sentono toccate dalle difficoltà dei produttori. Il Regno Unito si trova
in una situazione contraria: la produzione si è ristrutturata mentre
l'industria rimane poco performante (strumenti di trattamento del latte
sovradimensionati, deboli margini delle società intermedie, assenza di
innovazione).

Le industrie danesi ed irlandesi soffrono a causa di una penuria di


manodopera, il contrario della situazione est-tedesca: l'industria
ungherese, modernizzata all'80%, manca di capitali per assicurare una
crescita a lungo termine. La Spagna sembra cercare la propria strada:
una pletora di primi acquirenti (600) obera la redditività e nuoce alla
trasparenza di tutta la filiera. In aggiunta, altri produttori si raggruppano
per assicurare a loro stessi la trasformazione, mentre l'industria
32
spagnola rimane poco potente di fronte ai suoi omologhi europei, che la
compensano parzialmente.

La concorrenza pone diverse problematiche secondo gli Stati, ma


l'agricoltura rimane un settore a parte, almeno per i produttori. I Danesi
temono gli Oceanini e anche la sparizione delle restituzioni
all'esportazione, auspicata dal loro governo. In Svezia, il progresso dei
GSM e dei discounter (tedeschi) minaccia il latte svedese, che cerca
rifugio in senso patriottico. Questa strategia viene seguita anche in
Italia. Tuttavia, in alcuni casi, la concorrenza si sviluppa con profitto sui
segmenti poco sfruttati dalle industrie nazionali (yogurt in Svezia). Il
dominio di ArIa sulle economie lattiere scandinave suscita altrettante
reazioni: i distributori cercano di evitare il monopolio importando sotto
MDD i prodotti stranieri; i consumatori hanno organizzato dei boicottaggi
dei prodotti: i produttori, in particolare Svedesi, sono allertati.

Il problema particolare del pilotaggio del sistema lattiero si pone in


alcuni Stati e si propone anche quando le relazioni tra produttori e
trasformatori non sono convergenti. Per l'interprofessione sono momenti
difficili (Spagna, Italia). A volte, anche lo stesso organismo di intervento
ha difficoltà ad imporsi (Italia). Una delle strategie di uscita dal dilemma
è quindi l'internalizzazione della filiera, come in Spagna, dove le
cooperative si mettono a sviluppare attività di trasformazione. La
coesistenza di strutture private e cooperative è pratica corrente.
Nonostante ciò, in generale c'è un netto dominio di un tipo sull'altro.
L'equilibrio francese costituisce una eccezione.

I sistemi lattieri di molti Stati membri sono attraversati da tensioni


politiche alquanto vivaci. In particolare si fa riferimento a tutte le
problematiche di quote e di trasferimenti di quote: in generale si
mettono dei freni per ragioni ambientali, di sviluppo rurale o per
qualsiasi altra politica pubblica prioritaria. Queste misure e la posta in
gioco di gestione delle quote nel suo insieme hanno uno sbocco sui
dibattiti politici: nelle opinioni pubbliche, le quote passano per
proteggere i settori meno produttivi (zone sfavorite, montagne, isole
scozzesi.. .); è una percezione che in seguito si estende a livello
internazionale, dove la problematica è differente.

Esiste un confronto anche tra il nord della Svezia (piccole aziende,


sostenute dai partiti di sinistra) ed il sud produttivo, o tra il nord
dell'Italia e le regioni del sud e di montagna. In Spagna, il regionalismo
coinvolge anche le ristrutturazioni industriali, che vengono messe in
33
difficoltà. In Irlanda, ritornare sull'assegnazione delle quote in zone
sfavorite sarebbe politicamente complesso. In Germania, le disparità
regionali sono forti e l'applicazione della riforma della PAC, ispirata da
considerazioni ecologiche, mira a favorire le piccole aziende estensive.

Le strategie dei nostri partner coniugano il recupero delle loro


debolezze, l'investimento nei marchi, la ricerca e la valorizzazione.

Le diverse strategie non possono essere di colpo trasportate da uno


Stato all'altro: sono indotte dalle particolarità del sistema di produzione
e dalle modalità di consumo. Comunque è possibile tracciare qualche
asse comune.

La Germania si prepara a disporre solo di una trentina di trasformatori


nel 2014. Sembra che questa concentrazione sia, almeno in parte, una
risposta alla concentrazione della distribuzione ed allo sviluppo dei
discounter. In Danimarca, il numero dei produttori dovrebbe ridursi
ancora di metà entro 1O anni e la quota media detenuta superare 1,5
milioni di litri. I Paesi Bassi seguono una strategia simile, ma di minore
portata, con una proiezione di quota media superiore ai 700.000 l, contro
i 436.000 l nel 2004, ed una riduzione di un terzo delle aziende.

Alcune ristrutturazioni industriali sono già annunciate. Così, Aria


prevede una riduzione di 700 posti di lavoro (380 in Danimarca, 320 in
Svezia), un raddoppiamento della capacità della fabbrica di Taulov
(obiettivo di 60.000 t./anno), la chiusura dei siti di polveri di Mjolby, di
Kimstad ma l'apertura di una fabbrica specializzata a Vimmerby con una
capacità di 380 milioni di litri di latte/anno. I siti di produzione di
formaggi a pasta dura saranno particolarmente ristrutturati. Entro il
2005, Aria in Svezia, passerà da 20 unità di produzione, a 17. Il proprio
obiettivo è di ingrandirsi, procedendo, se necessario, a fusioni -
acquisizioni non ristrette alla Scandinavia.

La ristrutturazione dovrebbe seguire anche in Spagna, con operazioni


maggiori, tenuto conto delle posizioni assunte. Per l'Irlanda, il rapporto
"prospectus" raccomanda la fusione di 3 delle 5 più grosse industrie, per
ottenere entro il 2008 una unità sul 70% della produzione, una
diminuzione delle unità di produzione di burro - polvere - caseina da 11 a
4 (contro i 20 nel 1991), la messa a punto di 3 o 4 unità di produzione di
formaggio con capacità di 20.000 t./anno.

34
Nelle strategie, si distinguono l'investimento sui prodotti a valore
aggiunto più alto, lo sviluppo dei marchi, la separazione dei prodotti
industriali e l'integrazione verticale. In Germania, la riflessione sembra
più arretrata: le ristrutturazioni industriali sono percepite soprattutto
come conseguenza dell'evoluzione della geografia futura delle aziende.
Nei Paesi Bassi, si pone l'accento sullo sviluppo della valorizzazione dei
marchi, che si riorientano, mentre i progetti di fusione segnano il passo.
Una reciprocità di buone pratiche di allevamento è ricercata per la
produzione attraverso il programma KKM. L'accento si pone anzitutto su
una ottimizzazione permanente della capacità industriale, mentre la
diversificazione a fronte del rischio è operata tramite
l'internazionalizzazione piuttosto che attraverso lo sviluppo di altre
produzioni agricole.

II ruolo del potere pubblico nelle ristrutturazioni resta marginale e non


sembrano previsti piani pubblici settoriali. Infatti, lo stato continua a
condurre una politica attiva in Italia, in Ungheria, in Spagna,
principalmente per conformare il quadro regolamentare, oppure
semplicemente per farlo applicare. I Paesi Bassi sembrano aver messo a
punto una fiscalità specifica per facilitare l'ammortamento delle quote
acquisite. L'Italia e la Svezia comunicano sulla base patriottica dei loro
consumatori. La Germania pensa invece ad un aiuto alla riconversione a
livello federale: è una nuova riflessione, in quanto il governo non era
intervenuto sin qui, anche per l'integrazione della RDA. L'Austria si
accontenta del prodotto della modulazione come strumento, sapendo
che le riflessioni delle politiche industriali o di sviluppo rurale rimangono
in fase embrionale, malgrado la constatazione di una forte dispersione
dei lattieri di fronte ai distributori e di un fallimento ripetuto dei tentativi
di raggruppamento.

La ricerca/sviluppo appare uno degli assi strategici di espansione e di


sostenibilità. In Danimarca, si tratta di una vecchia preoccupazione,
alimentata dalla filiera stessa. In Spagna, si manifesta con uno sforzo
verso i prodotti probiotici, una R&S dinamica (PUELVA Biotech ha
investito quasi 7 milioni di Euro nel 2003), una diversificazione
(condizionamento del latte liquido e dell'ultra fresco). L'Irlanda vorrebbe
anch'essa sviluppare prodotti a più grande valore aggiunto e i consulenti
di KPMG hanno consigliato ai britannici uno sforzo di innovazione sui
segmenti dei formaggi e sui dolci a base di latte, con la messa a punto di
un forum dell'innovazione del settore lattiero, così come di un notevole
investimento nella politica dei marchi. KPMG sottolinea anche
l'opportunità di sviluppare l'efficienza dei reparti attraverso la messa a
35
punto comune delle pratiche migliori, un'annualizzazione della
produzione ed una razionalizzazione dello strumento industriale.

La Svezia si distingue per il suo sforzo di ricerca sulla produzione


attraverso il suo programma "come rimanere redditizi producendo latte a
0,275 E/I.", con la direzione di ArIa. Gli introiti della produttività sono
focalizzati sull' alimentazione, gli edifici, il bestiame, la mano d'opera o
la meccanizzazione; dovrebbe raggiungere il 2,65% annuo per
compensare gli effetti attesi dalla riforma della PAC. I nuovi modelli di
produzione saranno applicati nelle aziende a partire dall'autunno 2004,
utilizzando in particolar modo tecniche danesi, olandesi e tedesche.

36
APPROFONDIMENTO DELLE DIVERSE TEMATICHE

37
LA RISTRUTTURAZIONE INDUSTRIALE DEL SETTORE LATTIERO

Situazione attuale e difficoltà

Prodotti industriali con problematiche specifiche: materia grassa e


polveri di latte

La materia grassa è la componente del latte i cui sbocchi avranno


problemi in maniera crescente, a causa del calo del consumo domestico
e dell'utilizzo industriale. La quasi-stabilità del consumo globale verte
sul burro da pasticceria. In questo contesto, il mantenimento di un
regime che favorisca lo smaltimento della materia grassa lattiera si
rivela indispensabile dopo il 2007.

La polvere di latte, le cui principali componenti utilizzabili sono il


lattosio (50 - 52 gr/litro) e le proteine (34 gr/litro), si trova in una
situazione diversa: queste proteine (caseine e proteine solubili) hanno
sbocchi attuali e potenziali diversi anche quando possono essere
"craccate", quindi frazionate, o concentrate per dare dei "plus"
tecnologici a molteplici preparazioni alimentari come ausiliarie, o ancora
essere utilizzate per destinazioni non alimentari: quest'ultimo potenziale
rimane da esplorare. Per questo, la polvere di latte sembra il supporto di
un complesso proteine-lattosio, in seno al quale il lattosio è l'elemento
meno facilmente valorizzabile allo stato attuale della sua utilizzazione.

Per numerose ragioni (latte da week-end, surplus stagionali, fabbisogni


delle industrie alimentari), i prodotti cosiddetti industriali (materia
grassa e polveri) conserveranno un volume incomprimibile, difficile da
determinare, ma che non dovrà affatto situarsi in Francia oltre il 15 -
20% della raccolta, contro il 25 - 30% attuale.

Una migliore conoscenza della quantità di materia grassa e di polveri


disponibili nell'Unione europea per gli anni a venire dovrebbe essere
prossimamente accessibile attraverso i lavori ONILAIT/ZMP, dando così
una migliore leggibilità al mercato.

Le questioni del rapporto dei 2 miliardi di litri di latte "flottante" sul


mercato spot (latte fuori contratto di consegna regolare ad una latteria),
in particolare a seguito di rinnovamenti dei contratti, e della sensibilità
dei segmenti di mercato sui quali questo effetto domino si farà sentire,
devono essere approfonditi.

38
Strutture industriali

La dimensione delle strutture di trasformazione per la materia grassa e


le polveri necessita di essere ottimizzata, differenziando i fabbisogni
secondo il prodotto:

• per la materia grassa, una concentrazione delle strutture in


particolare per il grande bacino lattiero permetterebbe di lavorare
su volumi molto importanti, fornendo gamme di prodotti finiti
meglio rispondenti ai bisogni dei consumatori e dell'industria e
riducendo i costi di produzione, in particolare del bacino lattiero;

• per la polvere di latte e di lattosiero, sono attivi un centinaio di


torri (silos) di essiccazione; alcune sono in sotto-attività globale,
ma sembrano indispensabili per far fronte al picco di latte da aprile
a giugno.

La diminuzione considerevole di prodotto trasformato in polvere di latte


scremato (da 2,4 a 1 milione di t. nell'Unione europea in 20 anni) è in
parte compensata dallo sviluppo del lattosiero, che accompagna lo
sviluppo della produzione di formaggi. Quest'obbligo di essiccazione del
lattosiero, destinato alI'alimentazione animale o umana, rende difficile
l'arresto di un numero importante di strutture di essiccazione.

Alcuni accorpamenti strutturali e arresti di silos sembrano possibili nel


Grande Ovest, ma la preoccupazione principale di alcuni essiccatori è
innanzi tutto quella di procedere a sostituzioni di silos vecchi con silos
del tipo Multiple Stage Dryer (MSD). Questi ultimi permettono la
produzione di polveri speciali, che meglio si adattano alla domanda e a
miscele ben valorizzate.

L'industria lattiera francese dispone di strutture importanti per la


produzione di Emmental, paste molli e prodotti lattieri freschi.

La diversità della produzione formaggiera francese (specialità, AOC, ecc)


fa in modo che la messa a punto di grandi strutture non risponda
fnecessariamente ai fabbisogni di imprese che ricercano strumenti
performanti ma flessibili, ma anche ad assistere la realizzazione di
gamme di prodotti destinati a soddisfare il mercato. Su certi segmenti di
grande volume, i più esposti alla concorrenza internazionale, la
necessità di una maggiore competitività potrà comunque indurre a
progetti di dimensioni più importanti.
39
Proposte di intervento

Il mantenimento di un regime comunitario che favorisca lo smaltimento


della materia grassa lattiera dopo il 2007 è ritenuto indispensabile

Obiettivi strategici industriali:

• La riduzione dei costi


di raccolta (scambi di zone tra imprese);
di trasformazione (accorpamento di strutture burro-polveri in
seno ad un gruppo o tra gruppi, specializzazione più
importante di centri di PLC, continuazione della
modernizzazione delle attrezzature.. .);
a livello commerciale (concentrazione dell'offerta di fronte
alla grande distribuzione tramite un rafforzamento dei
marchi esistenti o la creazione di nuovi).

• Il miglioramento dei mix-product di numerose imprese o gruppi

• La differenziazione dei prodotti nel quadro della politica dei


riconoscimenti ufficiali di qualità, tramite la segmentazione di
gamme - prodotti.

• La ricerca di sbocchi nuovi, alimentari o non alimentari,


risultato di una ricerca - innovazione in cui si coniugano
innanzi tutto gli sforzi della ricerca pubblica e quelli
delle imprese;
risultato di collaborazioni esterne, di ricerche e applicazioni,
con il settore lattiero, condotte sul piano collettivo o
individuale;
all'esportazione.

Strumenti operativi:

1. investimenti in strutture di trasformazione adatte ai fabbisogni dei


nuovi tipi di consumo (gamme di materie grasse, porzionamento)
corollario dei fabbisogni di diversificazione delle gamme e
dell'innovazione.
2. creazione di una struttura infragruppi per il comparto dei formaggi
di grande capacità per fabbricare una pasta pressata di tipo olandese a

40
forte potenziale d'esportazione, nonostante il suo minor valore aggiunto
rispetto a quello della produzione formaggiera francese attuale.
3. migliore collaborazione con gli esportatori, soggetti a numerosi
vincoli (in particolare prove di arrivo a destinazione).
4. riduzione delle quote per una migliore gestione della produzione,
richiesta dai produttori e da certi operatori.

Oltre a questa gestione generale, la gestione della produzione di materia


grassa è particolarmente importante per le difficoltà di sbocchi di questo
prodotto. In quest'ambito, resta da approfondire una riflessione su un
prezzo del latte adatto alla sua valorizzazione.

Il piano settoriale "industria lattiera"

Le disposizioni attuali sul piano settoriale permettono sin d'ora


riconversioni di latte poco valorizzato in burro - polveri verso altre
trasformazioni.

Si prevede una revisione di questo piano, con riserva di un accordo della


Commissione, per includere investimenti destinati a razionalizzare le
attrezzature di trasformazione burro - polveri, nel quadro del
raggruppamento di strutture con chiusura dei siti. Alcuni operatori
contestano la pertinenza di tale sostegno, a causa dei rischi di
distorsione alla concorrenza che creerebbe per le imprese che hanno già
investito senza aiuti.

La riduzione del numero degli operatori e dei volumi dei prodotti a debole
valore aggiunto sarà uno degli obiettivi di questo piano rivisto.

La partecipazione dei produttori ai benefici dell'operazione costituisce,


per la Commissione, una delle condizioni di eleggibilità dei progetti per
questi sostegni. Questa condizione è considerata soddisfatta per le
cooperative, ma deve essere dimostrata per le imprese private, nel
quadro della loro politica di approvvigionamento.

La possibile messa in opera di un fondo di ristrutturazione alimentato


dalla contribuzione volontaria obbligatoria prelevata dal CNIEL e
omologata dai poteri pubblici.

41
OCCUPAZIONE NELLA FILIERA LATTIERA

Situazione attuale e difficoltà

L'occupazione nella filiera lattiera rappresenta una posta in gioco


importante: forti dei 310.000 attivi permanenti, le aziende lattiere
consegnano la loro produzione ad una industria di trasformazione che
conta 1.504 stabilimenti e 76.000 occupati.

Se, nel settore della produzione lattiera, l'occupazione dei salariati non
sembra essere globalmente minacciata, la forza lavoro non salariata
preoccupa seriamente le OPA presenti (FNPL, FNSEA, Confederazione
contadina, Coordinazione rurale). Tuttavia, gli effetti delle evoluzioni
riguardano la produzione lattiera (quote, prezzo del latte, divisione dei
diritti di produzione...) delle grandi aziende specializzate, mentre le
piccole e medie aziende diversificate sono ancora oggetto di dibattiti.

Nel settore della trasformazione lattiera, i sindacati dei lavoratori


ritengono che un forte movimento di ristrutturazioni colpirà le imprese e
che il piano strategico per la filiera lattiera deve comportare un
accompagnamento sociale, in particolare con borse di impiego (incentivi
economici) e cellule di mobilità (lavoratori agricoli).

La FNIL e la FNCL ritengono che il problema immediato riguardi i


pensionamenti naturali (10% dell'effettivo a cinque anni); questi
pensionamenti pongono la questione della difficoltà di assumere e
trasmettere il "know-how". Si preoccupano della permanenza dello
strumento di formazione iniziale e continuo (le quattro scuole
dell'industria lattiera) e si orientano verso la promozione di mestieri
specifici dell'industria lattiera per differenziarle dagli altri mestieri delle
lAA, e la riflessione a medio termine sull’evoluzione delle necessità di
impiego e qualifiche.

Proposte di soluzioni e di azioni da mettere in opera

Nel campo della produzione lattiera

Bisognerebbe aiutare la costituzione di raggruppamenti di imprenditori,


gli unici che possono migliorare le condizioni di lavoro e rendere il
mestiere nuovamente interessante:

42
· Portando dal 58 al 100% lo sgravio degli oneri sociali per imprenditori
che assumono lavoratori con contratto a tempo indeterminato (CTI);
· Sostenendo la costituzione di gruppo tramite un sostegno - consiglio
sui modi di organizzazione del lavoro e delle analisi concrete della
situazione. L'ONILAIT potrebbe ricorrere all'expertise dell'Istituto
dell'allevamento e trovare integrazioni, in particolare presso i consigli
regionali;
· Precisando, attraverso un regolamento interno standard o un accordo
di categoria, le condizioni di intervento per lavoratori dei gruppi di
imprenditori al fine di fidelizzarli e di evitare il turn-over.

La Reciprocità sociale agricola è invitata a rafforzare dal 2005 le proprie


azioni di miglioramento delle condizioni di lavoro a favore delle aziende e
dei lavoratori della produzione lattiera.

La riconversione, verso il mondo rurale ed agricolo, di coloro che


cessano la propria attività dovrà essere aiutata.

Nel campo della trasformazione lattiera

Sviluppare la previsione e anticipare le conseguenze delle mutazioni


economiche:

· Creando una richiesta di concertazione in seno al Consiglio superiore


dell'impiego; questa istanza potrebbe coprire l'insieme dell'ambito delle
IAA e sostenere l'osservatorio dei mestieri e delle competenze previsto
dall'accordo nazionale interprofessionale sulla formazione professionale
continua;
· Analizzando le evoluzioni delle necessarie qualifiche e competenze con
l'aiuto di un contratto di studi prospettivi, eventualmente preceduto da
un ampio sostegno tecnico.

Attrarre i giovani alla formazione ed ai mestieri:

· Confermando la vocazione delle scuole dell'industria lattiera,


sviluppando diplomi professionali in collaborazione con le scuole di
insegnamento superiore e prestazioni tecniche in funzione di un futuro
collocamento presso l'industria;
· Promuovendo i mestieri attraverso una convenzione di partenariato tra
il MAAPAR (insegnamento agricolo) e i professionisti.

Favorire la mobilità professionale e l'impiegabilità:


43
· Mettendo a punto delle borse di lavoro più vicine all'ambito lavorativo;
· Definendo, con un accordo di categoria, le condizioni
dell'accompagnamento della mobilità dei lavoratori che cambiano
azienda;
· prevedendo passaggi CQP - diplomi, in particolare nel quadro della
validazione delle competenze acquisite dall'esperienza (VAE);
· Sviluppando l'impiegabilità tramite la VAE (CQP e diplomi).

Continuare le riflessioni su un sostegno alla formazione professionale dei


lavoratori minacciati nel loro impiego da pratiche di tipo accordo
tripartito lattiero.

44
NECESSITA' DI FINANZIAMENTO E SGRAVIO DEGLI ONERI

Tenuto conto della riforma della PAC, sono da considerarsi 3 obiettivi


essenziali per la filiera:

• Assicurare il mantenimento delle aziende lattiere e la loro presenza


su tutto il territorio.

Mantenere la produttività e la competitività delle aziende lattiere


costituisce una posta in gioco importante per la filiera e il paese sia sul
piano economico-sociale che territoriale. La Francia è in effetti il 2°
produttore europeo di latte di mucca con 23,5 milioni di tonnellate di
latte all'anno. L'esportazione dei prodotti lattieri genera un utile
commerciale annuo di 2,5 miliardi di €. La filiera lattiera rappresenta
400.000 occupati, di cui 300.000 attivi permanenti a livello della
produzione. Contribuisce inoltre ad una occupazione equilibrata del
territorio: le aziende lattiere si situano in effetti su tutta la Francia ed in
particolare in zona di montagna.

• Migliorare le condizioni di lavoro.

Negli allevamenti lattieri, le attività legate alla mungitura rappresentano


in media il 55% del tempo di lavoro. Le condizioni di lavoro nella filiera
lattiera sono essenziali:
· promuovono il benessere degli animali;
· Determinano la qualità del lavoro e di vita dell'allevatore;
· Rappresentano un fattore importante nella continuità dell'attività e la
scelta del mestiere per le nuove generazioni (il reddito per tempo di
lavoro nella filiera latte è uno dei più bassi nell'agricoltura). La posta in
gioco è ancora più importante in quanto è in seno alla filiera del latte
che si conta il più alto tasso di insediamenti.

Migliorare le condizioni di lavoro costituisce una seria e permanente


preoccupazione per gli allevatori, come testimonia il peso crescente
della voce meccanizzazione; questa voce è la più pesante degli oneri
strutturali (30% del costo di produzione / 1O% per l'edificio).

• Rispondere alle esigenze minime in materia di ambiente naturale,


di igiene e di benessere animale.

La riforma della P AC a medio percorso ha previsto a partire del 1


gennaio 2005 l'allargamento del condizionamento degli aiuti dal 2° al l °
45
pilastro della P AC. Il rispetto delle norme fissate dalla regolamentazione
comunitaria diventa fondamentale per le aziende che dovranno investire
per adattare la loro struttura e così continuare a beneficiare degli aiuti
pubblici.

Sulla questione delle norme comunitarie relative agli effluenti di


allevamento in zona vulnerabile, la semplificazione dello strumento
PGIOA dovrebbe permettere di meglio accompagnare il settore lattiero
fino al 2006.

Analisi della situazione

Una ristrutturazione delle strutture di produzione accentuata dalla


diminuzione del numero delle aziende.

Si contavano 115.000 aziende lattiere nel 2003 e 380.000 nel 1980. Da


3.000 a 5.000 aziende lattiere, cioè il 5%, sono scomparse ogni anno. Si
tratta del più forte tasso di scomparsa delle aziende agricole francesi.

La riforma della PAC contribuirà a diminuire il numero delle aziende e a


rafforzare il fenomeno di concentrazione e di ristrutturazione delle
aziende lattiere che avranno bisogno di ingrandirsi e modernizzarsi per
rimanere competitive.

Gli edifici necessitano di uno sforzo di modernizzazione e di adattamento


importante:

· Un parco di edifici vetusti:


Il parco di edifici è vetusto in quanto il 60% degli edifici delle aziende è
stato costruito prima del 1980, con un rinnovamento importante dopo il
1994 a seguito della messa a punto del PGIOAl. Gli edifici sono per la
maggior parte attrezzati con stabulazioni libere costruite negli anni '70:
un terzo delle stalle rimane ancora a stabulazione fissa, in particolare
nei massicci montagnosi.

· Una serie di edifici non conformi alle norme ambientaIi:


Per quanto riguarda lo stoccaggio degli effluenti, la metà delle fosse è
antecedente al 1980, il 50% delle capacità di stoccaggio riguarda
costruzioni dopo il 1995 (SCEES).

Secondo l'istituto dell' Allevamento, su 115.000 edifici in aziende


lattiere:
46
o 80.000 hanno più di 20 anni e 65.000 non sono a norma;
o 35.000 hanno meno di 20 anni e 28.000 non sono a norma.

Su 93.000 aziende che non sono a norma, 45.000 si trovano in zona


vulnerabile. Nel 2001, su 61.000 aziende coinvolte dal PGIOA, due terzi
erano aziende lattiere.

Due difficoltà principali

A. Un costo di modernizzazione e di messa a norma elevato. In un


periodo di 20 anni, il 30% delle aziende lattiere potranno essere rimesse
a nuovo e il 50% rinnovate.
Il costo di modernizzazione globale in questo periodo sarà di 8,8 miliardi
di Euro:
· 6,5 miliardi di Euro per la modernizzazione;
· 2,3 miliardi di Euro per il blocco della mungitura.

Il costo della messa a norma ambientale globale in questo periodo sarà


di 4,5 miliardi di Euro:

· In zona vulnerabile, il costo della messa a norma ambientale è stato


valutato in 2 miliardi di Euro per 38.400 aziende che abbiano più di 25
UGB, cioè 850 €/UGB lattieri e 680 Euro dopo la sovvenzione. In oneri
annui, questo costo rappresenta 1,5 centesimi di Euro per litro di latte
includendo le sovvenzioni e le economie sugli acquisti di concimi
azotati.

· Zona non vulnerabile, il costo è stimato in 2,5 miliardi di Euro per


41.700 aziende che abbiano più di 25 UGB.

B. Mezzi di investimento limitati. Per quanto riguarda la situazione


economica e finanziaria delle aziende lattiere, consta:
• A livello dell'indebitamento, dati più positivi se paragonati ad altre
aziende:
· L'indebitamento totale stimato in 80.000 Euro è stabile dal 2000 e
inferiore alla media;
· Il peso delle annualità sull'EBA del 35% è in linea alla media;
· L'indebitamento è quindi elevato per quanto riguarda la media delle
aziende europee lattiere (Danimarca, Germania, Irlanda, Paesi Bassi).
• In compenso, in termini di redditi, risultano dati piuttosto
sfavorevoli alle aziende lattiere se paragonati all'insieme delle
aziende francesi:
47
· Redditi in ribasso inferiori alle altre aziende agricole: il risultato
corrente prima della tassa per unità di lavoro non salariato che si situa a
14.600 Euro, è inferiore alla media;
· La variabilità del reddito è importante: 1/3 delle aziende ha un
reddito disponibile per UTA familiare inferiore a 10.000 Euro, cioè il SMIC
netto.

L'opportunità di investimento si pone quindi in un settore in cui i redditi


sono già relativamente fragili e dove sono richiesti investimenti
significativi sia sul piano della messa a norma che su quello della
modernizzazione. Il finanziamento di questi investimenti non potrà
realizzarsi se non con la prospettiva di un aumento dell'indebitamento.

Proposte

Alla luce degli obiettivi considerati per la filiera lattiera e della


situazione delle aziende, sono state analizzate quattro poste prioritarie,
dalle quali deriveranno le proposte:

¾ La modernizzazione degli edifici: costituisce una posta in gioco


reale in riferimento alla vetustà del parco e la volontà di migliorare
le condizioni di lavoro (difficoltà e sicurezza) per rendere la filiera
più attraente in particolare per le giovani generazioni. Queste
specificità della filiera sono tenute in considerazione nel quadro
del "Piano Edifici".

¾ La gestione collettiva del materiale e del lavoro: la pesantezza


degli oneri di meccanizzazione e l'importanza del vincolo nel
settore lattiero fanno prevedere soluzioni collettive per l'utilizzo del
materiale e l'organizzazione del lavoro. Questo tema deve essere
affiancato alla problematica "occupazione".

¾ Il rinnovo generazionale: sostegni specifici sono necessari per


incitare le giovani generazioni a lavorare in seno alla filiera lattiera
dove la percentuale di insediamenti è più alta.

¾ Le modalità di finanziamento delle aziende lattiere, che potranno


essere adattate all'evoluzione delle strutture.

48
L'integrazione delle specifìcità della filiera lattiera nel "Piano Edifici"

La necessità di assicurare la permanenza della filiera e la validità delle


aziende implica soprattutto il mantenimento su tutto il territorio degli
allevatori lattieri e quindi l'accesso potenziale di tutti gli allevatori
all'aiuto attribuito al titolo del "Piano Edifici".

Proposta 1: Per accedere all'aiuto edifici, non sarà considerato nessun


criterio di esclusione geografico né di dimensione nella definizione delle
condizioni di eleggibilità per le aziende lattiere. L'instaurazione di criteri
più restrittivi all'occorrenza deriva dalla competenza regionale. In
compenso, dovrà essere dimostrata la validità delle aziende.

Modernizzare gli edifici per migliorare le condizioni di lavoro, il


benessere animale e l'ambiente, e garantire così la competitività degli
allevamenti costituiscono obiettivi equamente presi in considerazione
dal "Piano Edifici" .

Gli allevatori non dispongono di mezzi finanziari sufficienti per realizzare


nuove costruzioni in ragione dell'anzianità degli edifici e della possibilità
di investimenti limitati. Per questo, verrà data priorità al rinnovamento
degli edifici esistenti che può concorrere, così come la costruzione, alla
modernizzazione degli allevamenti, ma a costi ridotti.

Proposta 2: Nel dispositivo "Piano Edifici", il rinnovamento e la


costruzione di edifici costituiranno due alternative di finanziamento

Essendo obiettivo del "Piano Edifici" la modernizzazione degli edifici, le


domande di aiuto dovranno basarsi su una logica di progetto accentrato
sullo strumento di produzione. I piccoli sgravi che si sono rivelati
importanti per l'azienda non competono a questo piano che, per questo,
riterrà valide solo le richieste relative ad un certo volume di
investimento.

Proposta 3: Si propone una soglia minima di 15.000 Euro per l'eleggibilità


di un progetto di rinnovamento

Un certo numero di attrezzature e di edifici propri alla filiera lattiera


sono determinanti per il buon funzionamento dell'azienda.
Si tratta:
- del blocco di mungi tura (zona di mungitura e latteria), che contribuisce
sia alla diminuzione della difficoltà del lavoro, a una migliore sicurezza,
49
all'igiene degli animali ed alla qualità della produzione. Il blocco della
mungitura include le attrezzature per il trattamento degli effluenti poco
inquinanti.
- dell' edificio di stoccaggio del foraggio, in particolar modo in zona di
montagna, indispensabile per razionalizzare il lavoro in azienda. I volumi
di stoccaggio richiesti sono spesso importanti particolarmente in
ragione della durata del periodo invernale in zona di montagna e, in caso
di trasformazione della produzione lattiera di formaggi AOC, il foraggio
secco costituisce l'alimento esclusivo delle mucche da latte.
- dell'attrezzatura dei pascoli, come le recinzioni. Il pascolo permette di
gestire i costi di produzione e di diminuire i costi degli edifici.

Proposta 4: Sono eleggibili al "Piano Edifici" le voci specifiche della


filiera lattiera i seguenti: il blocco di mungitura, incluse le attrezzature
per il trattamento degli effluenti poco inquinanti, l'edificio di stoccaggio
del foraggio, le attrezzature dei pascoli, le vie d'accesso alla latteria ed
ai pascoli.

Inoltre:
- la razionalizzazione dei costi di modernizzazione degli edifici.
Essendo alti i costi della modernizzazione degli edifici, è stato chiesto
all'Istituto dell'Allevamento di dare un contributo alle soluzioni
economiche possibili in materia di alloggiamento degli animali. Si
auspica che la ricerca relativa alla limitazione dei costi di costruzione si
sviluppi e sia oggetto di informazione presso gli imprenditori.

Proposta 5: Orientare l'Istituto dell'Allevamento verso la chiamata a


progetto dell'ESAR sul tema "Innovazioni dei sistemi di produzione e
organizzazione" per proporre modalità di costruzione e/o di rinnovamento
degli edifici più economici.
- l'accompagnamento tecnico dell' allevatore.
L'accompagnamento tecnico proposto attualmente all'allevatore non è
più adatto per quanto riguarda la complessità dei progetti di costruzione
o di rinnovamento di un edificio che deve integrare un numero di
parametri crescenti: il costo dell'edificio, il miglioramento delle
condizioni di lavoro, il trattamento dei vincoli ambientali, la qualità
architettonica dell' edificio, il suo inserimento paesaggistico... la presa
in considerazione di tutti questi dati necessita il ricorso a esperti e
consigli che permettano in particolare l'ottimizzazione dell'investimento.
Se l'accompagnamento tecnico non è connesso in modo procedurale al
"Piano Edifici", la sua utilità risulta essere limitata e nel quadro di

50
questo piano non riesce a riflettere e realizzare un progetto adatto ai
bisogni dell'azienda.

Proposta 6: Le modalità di accompagnamento tecnico dell'allevatore ed


il suo finanziamento devono essere riviste nella loro totalità insieme agli
uffici ed agli altri partner: Istituto dell'Allevamento, APCA... Un gruppo di
lavoro sarà messo apunto dall'OFIVAL e dall'ONlLAIT a riguardo.

La gestione collettiva del materiale e del lavoro

Lo sgravio degli oneri di investimento riguardanti la meccanizzazione


contribuirebbe ad una migliore gestione dei costi di produzione. Una
comunanza più ampia del materiale potrebbe costituire una delle
modalità da mettere a punto per diminuire l'importanza della voce
meccanizzazione nelle aziende. Si prevede l'applicazione del tasso
massimo del 35% per i CUMA. .

Proposta 7: Nel quadro degli aiuti a favore dei CUMA in zona di


montagna, si è proposto di dare priorità alle richieste di aiuto dei CUMA
per le attività di insilamento, di svuotamento dei silos e di raccolta del
foraggio.
Peraltro, per dare all'allevatore una buon esempio dei vantaggi
dell'investimento collettivo ed invogliarlo ad impegnarsi in tal senso,
sarà necessario uno studio preliminare di tutti gli investimenti in materia
di meccanizzazione a livello aziendale.

Proposta 8: Da studiare modalità di realizzazione e di finanziamento di


una diagnosi "meccanizzazione" .

Alla luce degli studi condotti dai CER bretoni ed il FRCUMA dell'Ovest
presso le aziende lattiere, risulta che la delegazione di lavoro ad una
CUMA diminuisca il tempo di lavoro dell'allevatore di 70 ore per UTH e
per anno. Potranno essere previste la ricerca e la diffusione di dati
riguardanti una diversa organizzazione del lavoro.

Proposta 9: Orientare la FNCUMA verso la chiamata a progetto dell'ESAR


sul tema "Innovazioni dei sistemi di produzione e organizzazione" per
riflettere sulla messa a punto di "servizi completi" all'agricoltore, quali i
servizi "trattore-attrezzo-autista" o "attrezzo-automotrice-autista"

Proposta 10: Gli aiuti attribuiti nel quadro del "Piano Edifici" ai giovani
agricoltori saranno sottoposti alla maggiorazione di 10 punti del tasso di
51
sovvenzione degli investimenti ed alla soppressione dei massimali a
seguito della sovvenzione per una durata di 5 anni a partire dalla data di
installazione.

Le modalità di finanziamento: bonifico e sgravio degli oneri

Il principale sostegno dello Stato consiste nel bonifico dei prestiti che
completino le sovvenzioni in capitale attribuite per gli aiuti agli edifici ed
alla meccanizzazione.

I prestiti agevolati
I produttori lattieri beneficiano di due categorie principali di prestiti
agevolati sulle quali si basa la politica di aiuto all'insediamento ed
all'investimento per mezzo dell’agevolazione: i prestiti speciali di
modernizzazione (PSM) ed i prestiti a medio termine speciali di
insediamento ai giovani agricoltori (MTS-GA). Tuttavia, come il settore
delle produzioni vegetali speciali, anche l'allevamento beneficia di una
categoria di prestito agevolato complementare, i prestiti speciali di
allevamento (PSA).

In aggiunta a queste categorie di prestiti destinati alle aziende agricole,


le CUMA beneficiano di una categoria di prestito agevolato specifico
destinato a migliorare le condizioni di finanziamento dei materiali delle
CUMA.

Durata dell’agevolazione dei prestiti


La durata massima dei PSM è di 20 anni per il finanziamento degli edifici,
di 18 anni per i PSA e di 15 anni per i MTS-GA. La durata
dell’agevolazione è relativamente lunga, in quanto questa varia da 8 a 15
anni in funzione della categoria di prestito e della zona (zona di pianura o
zona svantaggiata) coinvolte. Queste durate sono di fatto conformi alle
caratteristiche (in particolare ammortamento) dei beni finanziati.

Tasso dei prestiti agevolati


Il tasso dei prestiti agevolati ai GA (MTS-GA come PSM) è del 3,5% in
zona di pianura e del 2% in zona svantaggiata, contro il 4% in pianura e il
3% in zona svantaggiata nel caso generale per i PSM. Il tasso dei PSE è
stato d'altronde ridotto nel 2003 dal 4,5% al 4%.

Dalla fine del 2001 e sino alla fine del 2003, il contesto è stato marcato
da un calo continuo dei tassi di mercato per i prestiti specializzati
agricoli a medio o lungo termine; ciò è stato favorevole per il mercato
52
agricolo che ha beneficiato di un basso costo di accesso al credito,
sempre attuale nel 2004. La tendenza si invertirà leggermente dopo il
2004, quando si noterà un aumento molto misurato dei tassi di mercato.
L’agevolazione, già attraente (il tasso di mercato medio per i prestiti
specializzati a medio e lungo termine nel 2003 era quasi del 5%), in
particolare per i giovani agricoltori in zona svantaggiata che devono
continuare a beneficiare dei tassi più bassi, lo diventa ancora di più, in
quanto i tassi dei prestiti agevolati erano fissati e non indicizzati sul
costo del credito.

Proposta 11: Le organizzazioni professionali si pronunciano a favore dei


prestiti "super agevolati" per il settore lattiero permettendo un
accompagnamento più importante degli allevamenti, soprattutto in
termini di investimenti.

Questa domanda supera la specificità del settore lattiero: i prestiti


agevolati costituiscono in effetti una misura orizzontale di aiuto
all'investimento la cui calibratura non dipende dalla situazione di un
settore in particolare. Questa deve essere sottoposta ad arbitraggio in
quanto i tassi sono fissati da ordinanza interministeriale firmata dai
ministri dell'agricoltura e delle finanze.

Sgravio dell'onere
Si raccomanda di prevedere sgravi degli oneri in caso di crisi. Tra gli
strumenti esistenti, sono stati istituiti i fondi di sgravio degli oneri (FSO)
per assumere in maniera massimale gli interessi delle scadenze dei
prestiti specializzati a lungo e medio termine, agevolatiati e non, in caso
di crisi settoriale o di rischi climatici subiti dalle aziende agricole.
Queste modalità non sono state accolte dalla Commissione nel 2002;
quest'ultima considera che si tratta di un aiuto al funzionamento
suscettibile di creare delle distorsioni di concorrenza. Il suo ambito di
intervento è limitato agli eventi eccezionali (crisi dell'ESB o rischi
climatici per esempio), con riserva di rispettare le linee direttrici
agricole in materia di aiuti statali. In ogni caso, l'intervento dell'FSO in
occasione di una crisi di mercato derivante da un disequilibrio tra
l'offerta e domanda non è possibile.

53
MIGLIORAMENTO DELLE RELAZIONI DELLE INDUSTRIE LATTIERE
CON LA DISTRIBUZIONE

Situazione e difficoltà

Dal 2002, il consumo: .


. di burro: diminuisce in volume e in valore;
. di latte di consumo: diminuisce anch'esso in valore;
. di crema: stagna, ma con degli spostamenti interni;
. di Yogurt: aumenta leggermente di volume ma cala di valore;
. di formaggio: diminuisce, mentre nell'Unione Europea
aumenta leggermente sulle paste dure, le PAI, la RHF.

Questo approccio a breve termine va messo in secondo piano, per il fatto


che nell'arco di 20/25 anni, la domanda globale di latte è in crescita dello
0,75%/anno.

Si constata una debole elasticità della domanda in rapporto al prezzo: un


calo dell' 1 % del prezzo aumenta in effetti il consumo solo dello 0,3%.
Le variazioni sono tuttavia forti tra i segmenti; l'elasticità è in
particolare aumentata per i formaggi ed i prodotti freschi.

Proposte di intervento

Creazione di un osservatorio dei prezzi e dei margini

L'ICEC dispone di dati di commercializzazione sui formaggi a partire


dalle quantità acquistate; l'approccio dell'INSEE è diverso e si basa
sull'analisi dei prezzi dei prodotti offerti. Il gruppo constata una grande
difficoltà nel comprendere questo settore a causa dell'importanza delle
vendite realizzate in hard discount e in RHF, che restano poco
conosciute.

La FCD è favorevole alla creazione di un osservatorio ma a condizione


che la distribuzione possa essere presente nell'interprofessione (non è
questo il caso) e che il gestore dell'osservatorio sia neutrale e
garantisca dei risultati obiettivi.

Si ricordano le difficoltà tecniche e di bilancio, in particolare


sull'obiettività delle analisi dei margini, che alcuni osservatori
incontrano in diverse filiere.

54
Vie e mezzi per una migliore cooperazione tra gli attori della filiera

Si riconosce l'importanza della promozione: il rilancio del consumo


dovrebbe passare innanzi tutto dalla concertazione tra l'interprofessione
ed il commercio a valle (GMS, grossisti o dettaglianti specializzati). Si
sottolinea in particolare il non collegamento delle campagne finanziate
dal CNIEL con i punti vendita.

L'ONILAIT potrà essere invitato a condurre una pratica simile a quella


avviata tra l'ONIVINS e la Federazione del commercio e della
distribuzione, per definire in maniera concertata azioni complementari
alla promozione dal CNIEL.

Si sottolinea il calo delle vendite nei reparti da taglio delle GSM; questi
hanno la tendenza ad essere sostituiti da prodotti ritenuti più redditizi.
Alcuni negozi considerano che questi piccoli reparti non generino
abbastanza fatturato da coprire gli oneri legati a questo tipo di vendita
assistita. L'INAO auspica un partenariato con la distribuzione per
coordinare la comunicazione sull'origine dei prodotti, i marchi di qualità
(AOP/IGP) e la loro collocazione in rapporto ai marchi.

L'Hard Discount e gli MDD partecipano a mercati crescenti, ma le


pratiche commerciali nel settore lattiero sono paragonabili a quelle di
altri prodotti freschi, con una forte concorrenza per l'accesso agli
scaffali.

La concorrenza tra distributori è considerata insufficiente dall'ICIC: 5


centrali di acquisto dispongono di un quasi monopolio. La FCD sottolinea
da parte sua che il settore dei prodotti lattieri è anch'esso molto
concentrato: la maggior parte delle vendite è realizzata da pochi
operatori. Ancora una volta questa situazione non è specifica per i
prodotti lattieri.

55
REVISIONE DELLA REGOLAMENTAZIONE DELLE STRUTTURE LATTIERE
E GESTIONE DELL'OFFERTA

Situazione attuale e difficoltà

Struttura della produzione

La Francia conta nel 2004 circa 115.000 aziende che consegnano latte di
vacca. Queste dispongono di un riferimento medio di 210.000 litri, uguale
al riferimento mondiale/europeo, ma di molto inferiore a quello di paesi
come i Paesi Bassi, il Regno Unito o la Danimarca. Queste aziende
impiegano poco meno di 280.000 attivi a tempo pieno, di cui il 5%
salariati.

Il calo dei prezzi di intervento previsto dalla riforma della PAC si tradurrà
in un calo medio del prezzo del latte stimato tra il 10% e il 20%. Sarà
compensato parzialmente da un aiuto diretto, che rappresenta poco più
del 10% del prezzo prima della riforma. Questo aiuto sarà diviso nel 2007
sulla base della quota dell'azienda al 31 marzo 2006, in ragione di 35,5
E/T (qualora lo stanziamento supplementare fosse allocato in funzione
della quota, come l'aiuto per tonnellata).

Le proiezioni dell'evoluzione del numero delle aziende, fondate


sull'analisi prospettica dei dati demografici ipotizzando un
mantenimento dei flussi attuali di insediamento, conducono ad un
numero di aziende di circa 75.000 nel 2010; il riferimento medio sarà
allora superiore ai 300.000 litri.

Queste aziende dovranno, al fine di assicurare la loro validità socio-


economica, risolvere molti vincoli:

. Una difficoltà del lavoro sostenibile, in particolare in materia di


vincoli;
. Un reddito sufficientemente attraente;
. La messa a norma delle aziende.

Gestione dell'offerta

Il regime comunitario delle quote latte è fondato sul contingentamento


dell'offerta in relazione ai mercati. Il rallentamento del consumo e degli
aumentati vincoli internazionali potranno comportare la saturazione dei

56
mercati. Una gestione rinforzata dell'offerta diventa quindi
indispensabile in questo nuovo contesto.

L'aumento delle quote programmate a partire dal 2006 al 2008 (0,5% per
anno per 3 campagne), indipendentemente dalle condizioni di mercato,
le cui prospettive sono state riviste per difetto, va incontro
all'adeguamento tra produzione lattiera e domanda. Una riduzione
dell'offerta in un solo Stato membro in seno ad un mercato unico ha
tuttavia un effetto limitato.

Proposte di intervento

Struttura delle aziende

È necessario:
. Consolidare le quote prima del 31 marzo 2006, mettendo queste
ultime in adeguamento con la produzione reale, in modo che beneficino
durevolmente dell'aiuto lattiero;
. Attribuire le quote alle aziende che continueranno la produzione
lattiera dopo il disaccoppiamento;
. Conformare le aziende alle norme e aiutare quelle che potranno
conformarsi;
. Favorire lo sviluppo delle strutture associative che permettano di
ridurre il vincolo lavoro.

Preparazione al disaccoppiamento dell'aiuto diretto lattiero

. Istruzione ai DDAF per una stretta applicazione delle disposizione


in materia di trattamento dei ricorsi sulle sotto produzioni strutturali dal
2004.
. Parallelamente, una istruzione simile sarà trasmessa dalle
federazioni di allevatori alle loro federazioni dipartimentali, per facilitare
l'applicazione di questa decisione congiunta dai DDAF.
. Promozione di una campagna per la ridistribuzione delle
cessazioni spontanee del 2005/2006.
. Anticipo della campagna di scambio tra quote e premi animali nel
2005/2006.
. Anticipo delle quietanze a titolo di aiuti alla cessazione lattiera
(ACAL) premiate nel 2005/2006.
. Favorire i trasferimenti in toto agli acquirenti che continuino
l'attività lattiera, prima del 1 aprile 2006 (accordo tra le parti a beneticio
dell' acquirente).
57
Aumento della selettività e armonizzazione regionale della
ridistribuzione e attualizzazione dei PAD

Verrà data istruzione ai DDAF per attualizzare e rendere più selettivi i


progetti agricoli dipartimentali (PAD), con:

. Una considerazione dell'impegno nelle pratiche di messa a norma


e di adesione al procollo di buona prassi (questa disposizione è stata
introdotta nell'ordinanza di ripartizione 2004/2005), più generalmente
dell'articolazione tra ridistribuzione e messa a punto del
condizionamento.
. Una considerazione più esplicita del fattore lavoro
(generalizzazione del principio valutazione del numero di UTH per
azienda nei PAD).
. La generalizzazione del principio di un attribuzione condizionata
all'impegno sostenibile ed effettivo nell'attività lattiera.
. L'aumento del fondo di attribuzione (questa soglia è stata portata
a 5.000 l. nell'ordinanza di ripartizione 2004/2005).
Inoltre, le politiche di ridistribuzione saranno armonizzate:
. Una reciprocità di una parte delle risorse a livello regionale, in
particolare attraverso la regionalizzazione totale delle quantità
reciproche a livello nazionale;
· L'armonizzazione regionale dei criteri di ridistribuzione nei PAD.

Attualizzazione del regime di trasferimento dei riferimenti

La discussione sull'evoluzione del regime dei trasferimenti di riferimento


non ha trovato un consenso. Alcuni propongono di fissare un tasso unico
di prelievo limitato al 10% o 15% e sistematicamente applicato. Altri
sono a favore dello status quo. Un certo consenso si registra sulle
seguenti basi:
· Mantenimento dell'economia generale dell'attuale dispositivo;
· Attualizzazione delle soglie;
· Introduzione di un esonero di prelievo per le quote più deboli;
· Clausola di revisione in 4 - 5 anni quando le condizioni del
disaccoppiamento saranno meglio valutate.

Un accordo sembrerebbe possibile ai seguenti termini:

· Esonero del prelievo al di sotto del fondo di 150.000 L per azienda.


· Aumento delle soglie di prelievo tradizionale di 100.000 L:

58
o 300.000 litri (invece di 200.000 l.): 30%;
o 400.000 litri (invece di 300.000 l.): 40%.

· A partire dal 1 aprile 2005, il prelievo sistematico delle quantità


attribuite in caso di trasferimento fondiario sarà limitato a quelle
attribuite da meno di cinque campagne. Le quantità di riferimento
attribuite, cosiddette "supplementari", saranno anche considerate
"storiche", a partire dalla 5^ campagna seguente alla loro attribuzione.

· Semplificazione della procedura regolamentare: il decreto relativo


ai trasferimenti fondiari è un decreto del Consiglio di Stato. Si è proposto
che la fissazione di alcuni criteri, quali le soglie di prelievo addizionale,
siano previste in un decreto semplice, per permettere una evoluzione più
facile.

Elaborazione di una nuova forma societaria che permetta il trasferimento


di riferimento senza imposta fondiaria e senza prelievo.

La partecipazione effettiva degli associati all'attività lattiera è tuttavia


una condizione indispensabile.

Gestione della produzione

Le evoluzioni del consumo e delle negoziazioni internazionali


necessitano di una revisione delle ipotesi alla base dell'accordo di
Lussemburgo.

Azione concertata dell'amministrazione e della professione per fare


evolvere il dispositivo comunitario.

È stato raggiunto un accordo generale per ridurre la quantità globale


garantita. Bisogna anche far valere alla Commissione la necessità di una
revisione delle ipotesi precedenti e chiedere la soppressione o il rinvio
degli aumenti delle quote previsti a partire dal 2006/2007.

Una azione a favore di una riduzione volontaria delle quote lattiere in


alcuni Stati membri (Francia, Germania, Paesi Bassi in particolare) è
stata ugualmente richiesta.

59
Annuncio anticipato dei rimborsi di fine campagna

Le modalità, in particolare le quote massime di rimborso, saranno


annunciate prima del termine della campagna lattiera, dal momento che
il rischio di superamento o di sotto-produzione potrà essere valutato in
maniera sufficientemente affidabile. La loro applicazione sarà tuttavia
subordinata alla condizione che il prelievo supplementare nazionale lasci
disponibilità di fondi per effettuare i rimborsi che saranno stati
annunciati.

Gestione dell'offerta di prodotti AOC

Questa gestione è considerata necessaria per continuare il


miglioramento della qualità di questi prodotti.

60
PROMOZIONE E IMMAGINE DEI PRODOTTI

Le azioni di promozione costituiscono un mezzo per raggiungere i


principali obiettivi di filiera: migliore valorizzazione del latte e
spostamento di una parte dell'offerta dei prodotti industriali (PI) verso i
prodotti a largo consumo (PLC), senza per questo destabilizzare il
mercato dei PLC.

L'analisi del mercato dei prodotti del latte ha permesso di identificare


tre assi di approccio:

1. il mercato nazionale, territorio di comunicazione dell'interprofessione;

2. il mercato "a portata di camion" comprendente l'Europa allargata e i


paesi del bacino del Mediterraneo;.

3. il mercato delle grandi esportazioni.

Situazione e difficoltà

Lo studio del mercato nazionale ha evidenziato 2 rischi principali:

- L'emarginazione progressiva dei prodotti del latte nel loro status


di elemento importante dell'alimentazione quotidiana. Nel secolo scorso
la "goccia di latte" illustrava l'importanza vitale del latte
nell'alimentazione dei bambini. Il terzo millennio rimette in discussione
questa importanza; il latte diventa un prodotto banale, al limite del mero
ingrediente.

- La "squalifica" della materia grassa del latte. Il burro è


sistematicamente ridotto, se non addirittura eliminato, da tutte le
raccomandazioni dei regimi alimentari; la priorità viene data ai prodotti
alleggeriti.

Le azioni di promozione condotte sul mercato "a portata di camion"


riguardano in primo luogo i formaggi.

L'88% delle esportazioni di formaggio francese è diretta in Europa, ma


una tendenza alla delocalizzazione delle unità di produzione complica le
azioni promozionali. Sul mercato europeo, l'offerta francese si trova in
una situazione di calo nei modi di consumo locale. I formaggi francesi
61
hanno più spesso un'immagine di prodotti di qualità, molto cari e
riservati ad alcune occasioni speciali.

Questo status di specialità non li colloca nelle nicchie di consumo


diffuso occupate dalle paste pressate.

La posizione della Francia è atipica sul mercato mondiale dei formaggi.

I formaggi francesi esportati in paesi terzi sono dei PLC, fonte di


plusvalore e di occupazione. In realtà, la Francia non è quasi mai
presente sul mercato dei formaggi industriali. In materia di prodotti
industriali, la maggioranza dei volumi si esporta sotto forma di polvere
grassa. Con il calo delle restituzioni, i prodotti francesi non potranno
restare competitivi, dal solo punto di vista della materia prima, se il
prezzo del latte utilizzato per PI destinati a paesi terzi cala. Allo stesso
modo, sul mercato dei formaggi industriali, i prodotti francesi non
potranno essere competitivi alle condizioni attuali.

Proposte

Diverse azioni possono essere messe in opera su ciascuno dei mercati


identificati.

Mercato nazionale: riconquistare la valenza salutistica

Occorre ristabilire una giusta opinione dei prodotti del latte, sulla quale
le marche potranno appoggiarsi, e riabilitare obiettivamente la materia
grassa del latte. La comunicazione dell'interprofessione sarà dunque
orientata sul tema del beneficio alla salute dei prodotti del latte, in
particolare per il calcio. Il lavoro dell'interprofessione continuerà a
inserirsi in una logica di immagine dei prodotti del latte. La
comunicazione su questo argomento, destinata a rafforzare le vendite,
deve rimanere di competenza delle imprese.

Una costrizione esiste quando la comunicazione sui temi della nutrizione


e della salute beneficia di sostegni pubblici. L'informazione data deve
inserirsi negli obiettivi del Piano nazionale di nutrizione e salute (PNNS)
ed è sottoposta al parere della Direzione generale della Salute (DGS). I
prodotti del latte sono naturalmente presi in considerazione nell'ambito
del PNNS, che raccomanda tre prodotti del latte al giorno, ma che
considera tuttavia il burro e la panna materie grasse e non prodotti del

62
latte. La DGS è aperta alla comunicazione sul burro, ma unicamente su
caratteristiche non nutrizionali come il piacere, la naturalezza o il gusto.

Gli argomenti scientifici utilizzati devono essere convalidati da un


dialogo con la Direzione generale della salute (DGS).

I bisogni complementari in materia di ricerca nutrizionale sono stati


identificati. Riguardano in particolare la specificità del calcio contenuto
nel latte e il suo ruolo, da studiare, nel controllo dell'aumento di peso,
così come gli effetti salutari della materia grassa del latte, nell'ambito di
apporti equilibrati tra le diverse famiglie di acidi grassi. La diffusione di
queste conoscenze verso i mezzi di opinione (stampa, ambiti medici) e la
popolazione in età scolastica possono ugualmente essere accompagnate
dai poteri pubblici.
D'altronde, le azioni di distribuzione del latte nella scuola devono essere
razionalizzate e sviluppate.

Due obiettivi per i mercati" a portata di camion":

- sostenere le posizioni francesi su questi mercati prioritari (Europa


allargata, bacino del Mediterraneo ),
- aumentare la visibilità delle campagne, principalmente sui PECO.

La prima azione riguarda l'integrazione dei formaggi francesi nei modi di


consumo locale. Uno degli assi delle campagne promozionali
attualmente condotte è di integrare i formaggi francesi nei modi di
consumo locali, facendo leva sui fondamentali dell'offerta francese
(qualità, diversità, savoir faire). Questa integrazione può essere facilitata
con un lavoro di adattamento dei prodotti alla domanda locale in termini
di confezione e aromatizzazione. In alcuni casi, i prodotti esportati
potrebbero essere utilizzati come test per nuovi prodotti utilizzabili di
conseguenza sul mercato nazionale.

L'orientamento della seconda azione consiste in una migliore


penetrazione dei circuiti RHF, dove i francesi sono poco rappresentati.

La terza azione consisterebbe nel prevedere una maggiore presenza nei


magazzini di grande e media superficie (GMS). Le vendite di specialità di
formaggi francesi potrebbero essere consolidate dalla loro associazione
a uno sbocco in volume, legato all'ammontare dello sconto. Questo
mercato potrebbe essere meglio affrontato spostando una parte
dell'offerta di prodotti industriali verso il segmento delle paste pressate
63
di primo prezzo, cuore del consumo tedesco in particolare, e segmento
in crescita. Il savoir faire francese in materia di emmenthal potrebbe
allora essere messo a profitto. In questo contesto, potrebbero essere
studiati degli aiuti alla riconversione o all'investimento.

Grande export: capitalizzare/sviluppare il savoir-faire francese

La scomparsa delle restituzioni penalizzerebbe la filiera e le imprese.


Restando le azioni promozionali compatibili per le regole dell'OMC
(scatola verde), è necessario ottenere dalla Commissione una partita
allargata di sostegni alle imprese.

Il deficit di competitività di prodotti francesi in termini di prezzo può


essere compensato da azioni che stimolino un'offerta migliore in termini
di servizi, per i formaggi di consumo diretto, compresa la RHD, così
come per gli altri prodotti come la panna e il burro. Questo passa in
particolare attraverso esportazioni più raggruppate (percorso di lavoro
sulla logistica). Questo savoir-faire francese, in una logica di "drogheria",
deve essere sviluppato.

Il finanziamento pubblico deve quindi essere orientato verso l'aiuto allo


sviluppo delle imprese (prospettive, studi di mercato, fiere...). Il
rafforzamento del sostegno amministrativo alle imprese permetterebbe
ugualmente di limitare gli effetti delle barriere non tariffarie, per
esempio sanitarie, particolarmente pesanti per le imprese di piccole
dimensioni.

Principali orientamenti all'esportazione

Lo sforzo della Francia deve quindi concentrarsi sul proprio savoir-faire:


è importante sviluppare la notorietà e la legittimità della Francia e dei
suoi prodotti del latte. Le azioni promozionali condotte nei paesi terzi
riguardano principalmente i formaggi. Un rafforzamento delle azioni a
destinazione della RHD permetterebbe di allargare la gamma, in
particolare per la panna e il burro. Il dispositivo di sostegno all'export
del MAAPAR partecipa anche allo sviluppo della presenza dei prodotti
francesi: migliore conoscenza dei mercati, immagine della Francia
(aperitivo alla francese che mira a rendere più accessibili i prodotti
francesi, settimane francesi, fiere...)

La scomparsa delle restituzioni minaccerebbe circa il 10% del latte


francese ed europeo. Due soluzioni complementari sono auspicabili:
64
· mantenimento sulla grande esportazione dei prodotti industriali ad
alta tecnicità, accompagnato da uno sforzo di promozione;
· decentramento sul mercato europeo allargato, eventualmente
sviluppando una presenza industriale e commerciale sulla nicchia delle
paste pressate, ugualmente accompagnato da uno sforzo di promozione.

Le campagne promozionali collettive a favore dei formaggi francesi per


l'Europa rappresentano nel 2004 un budget di poco più di 4 milioni di
Euro, il cui finanziamento è assicurato per i tre quarti
dall'interprofessione lattiera. Questo permette di raggiungere un livello
di visibilità appena sufficiente. I PECO sono molto poco toccati da
queste campagne. L'allargamento dell'UE dovrebbe tradursi per questi
paesi in un aumento del consumo di formaggi, per avvicinarsi alla media
europea; la differenza attuale è di circa 8 kg pro capite all'anno. È
essenziale che formaggi francesi partecipino a questo aumento di
consumo nei PECO. Un rafforzamento delle campagne promozionali
sembra necessario per raggiungere questo obiettivo a medio termine.

Una dotazione supplementare dei finanziamenti pubblici per la


promozione del latte dell'ordine di un milione di Euro all'anno
permetterebbe di mettere a punto delle campagne di ampiezza
sufficiente nei PECO, di migliorare la visibilità negli altri e di allargare le
campagne ad altri prodotti (panna, burro, PI ad alta tecnicità).

Infine, il sostegno pubblico può esprimersi attraverso azioni che mirino a


rafforzare l'immagine del latte europeo. La messa a punto di partenariati
con altri paesi lattieri europei (Italia, Paesi Bassi) può permettere la
mobilizzazione dei fondi europei destinati alle azioni promozionali
(finanziamento del 50% del budget da parte dell'UE, del 30% da parte dei
settori e del 20% da parte dello Stato Membro). D'altra parte, la
possibilità di finanziamento al 100% da parte della Commissione di
campagne di immagine a favore della "latteria Europa", vantaggiosa per
la Francia, deve essere studiata. Questa domanda deve essere
accompagnata da un'azione presso la Commissione mirante ad allargare
la gamma di prodotti del latte adatti alle campagne europee di
promozione nei paesi terzi (limitata attualmente ai formaggi e agli
yogurt).

65
MERCATO NAZIONALE

Gli acquisti delle famiglie sono diminuiti per tutti i prodotti del latte nel
2003, eccezion fatta per i prodotti ultra-freschi e la panna.

Gli acquisti di prodotti del latte delle famiglie (anno 2003)

Prodotto Quantità (in tonnellate) Evoluzione 2003/2002


LATTE LIQUIDO 2.562.289 -3,4%
BURRO 151.520 -6,0%
PANNA 142.271 +0,1%
FORMAGGI 587.708 -1,7%
ULTRA-FRESCHI 1.706.501 +3,7%
Fonte: CNIEL/SECODIP

MERCATO "A PORTATA DI CAMION"

I paesi vicini alla Francia rappresentano i principali sbocchi per i


formaggi. È importante aumentare il livello di visibilità delle campagne
su queste destinazioni.

Le esportazioni francesi di formaggi (freschi e bianchi)

1999 2000 2001 2002 2003 Evoluzione TCMA


03/02 99/03
Germania 131.746 134.143 121.318 111.446 119.259 7,0% -3,8%
Belgio 65.188 66.988 68.561 68.719 67.619 -1,6% 1%
Regno Unito 58.527 60.868 64.413 66.032 83.747 26,8% 8,3%
Italia 52.494 56.562 57.191 51.169 51.849 1,3% -1,2%
Spagna 31.193 36.896 42.844 43.766 46.476 6,2% 10,2%
Fonte: Dogane francesi - SOPEXA (clienti principali - scelta decrescente, valore 2003).

66
MERCATO GRANDI ESPORTAZIONI

L'offerta francese di formaggi (86.339 t) è caratterizzata da una diversità


importante, ripartita in piccole quantità su un gran numero di
destinazioni (149 destinazioni - 29 paesi rappresentano il 90% delle
esportazioni), secondo una logica di "drogheria".

Esportazioni francesi di formaggi verso i paesi terzi nel 2003

Fusi 38,22%
Formaggi freschi 5,66%
Roquefort 0,73%
Caprini, altre paste Molli 11,78%
Tipi italiani 3,39%
Formaggi Grattugiati 0,68%
Brie 9,47%
St Paulin e simili 3,07%
Cheddar, cantaI 0,27%
Feta 6,96%
Camembert 2,17%
Edam 0,21%
Emmental 6,84%
Altri blu 1,11 %
Gouda 0,11%
Altre paste dure 5,99%
Fontal, Larvati 1,07%
Al tri 2,27%

Fonte: Ubifrance - trattamento ONILAIT (ripartizione per famiglia).

67
RICERCA E INNOVAZIONE

Stato dell'arte e difficoltà

Punti di forza

· uno strumento di ricerca pubblica riconosciuto attorno all'INRA;


· un luogo che prefigura un polo di Formazione - ricerca - sviluppo a
Rennes (Agro campus);
· una interprofessione cosciente del vantaggio comparativo che
procura l'innovazione e la R&S;
· l'esistenza di luoghi di concertazione e di sintesi prospettive
specifiche alla filiera o più generali.

Punti di debolezza

· L'insufficienza dello sforzo privato in R&S, l'astrazione dei lavori di


formulazione e di innovazione nel marketing;
· l'assenza di innovazioni forti, quali l'ultra filtraggio, in un passato
recente;
· la tensione crescente tra la concentrazione e la parcellizzazione
della ricerca da una parte, e la diffusione della domanda di integrazione
delle conoscenze, accentuata dalla forte segmentazione di prodotti,
dall'altra;
· la difficoltà apparentemente crescente di superare lo stadio degli
scambi tra ricercatori e partner (centri tecnici, industriali...) per
condurre azioni congiunte in rapporto con le poste in gioco;
· l'assenza di uno strumento permanente di controllo scientifico e
tecnico su competenze e conoscenze.

Lo stato dei mezzi dedicati alla R&S della filiera è sintetizzato nelle
tabelle allegate. Si limita ai mezzi pubblici e si declina in funzione dei
tipi istituzionali, dei temi e dei luoghi. Questi mezzi pubblici raggiungono
300 elementi a tempo pieno, di cui la metà spetta all'INRA. Gli ENIL
sembrano ben collocati per gestire la tensione tra la necessità di
sviluppare le conoscenze fondamentali sulla materia prima, e quella di
rispondere in maniera rapida e semplice alle sollecitazioni di piccole
strutture che non dispongono di R&S ma si trovano su mercati stretti e
segmentati.

Come per la maggior parte delle filiere, un istituto tecnico (Istituto


dell'Allevamento) è incaricato delle questioni di produzione; dedica circa
68
40 ETP alla filiera. Un altro istituto tecnico è incaricato delle questioni
relative alla materia prima, alle biotecnologie, alla nutrizione e alla
sicurezza alimentare (Arilait).

Proposte

Gli assi prioritari: iI perché?

Si tratta di lavori da ampliare o di lavori in cui impegnarsi. Le sintesi


regionale ed europea condotte dalla DPEI confermano essenzialmente gli
orientamenti fissati dal gruppo. Questi emergono ugualmente dal
recente rapporto delle facoltà di agricoltura e tecnologie le cui
conclusioni sono allegate.

Assi di lavoro da ampliare

· Il problema cruciale è quello del dominio e della valorizzazione della


materia prima; riguarda in particolare:
o la materia grassa butirrica male adattata in termini di
composizione e di conseguenza per la nutrizione e la salute. Conviene
agire in primo luogo sull'alimentazione degli animali, ma anche sulla
conoscenza delle molecole incriminate, senza distinzione secondo
allegazioni spesso incantatorie;
o le materie proteiche;
o i co-prodotti: gli altri componenti sono insufficientemente
riconosciuti e quindi valorizzati

· la gestione di sistemi di allevamento durevoli che bisogna rafforzare


grazie alla genetica e allle modalità di allevamento;

· la gestione dell'informazione e la necessità sempre maggiore di


conciliare l'interoperabilità, la tracciabilità e l'ingegneria dei dati;

· la nutrizione e la salute, spiegando l'impatto degli alimenti e


dell'alimentazione sulle funzioni fisiologiche dell'uomo (cioè i
determinanti nutrizionali). Questa mancanza di informazione costituisce
oggi un freno all'aumento del consumo e sarà domani forse una ragione
della sua diminuzione.

· il dominio dei processi sulla base dei costi;

· la sicurezza sanitaria.
69
Assi di lavoro nuovi

· la sicurezza ambientale e i rischi relativi;

· la comprensione globale del comportamento del consumatore;

· la valorizzazione non alimentare.

Confermare un luogo unico di riflessione strategica e di concertazione


sulle questioni di R&S della filiera

Un luogo di scambi, il GIS AMALTHEE, esiste già. È stato creato su


iniziativa dell'interprofessione. È stato proposto che questo luogo diventi
una vera e propria area di orientamento e di concertazione della R&S
della filiera. Uno stato aggiornato dei lavori di R&S nella filiera, in
particolare in termini di protocolli sperimentali, dovrebbe esservi
disponibile, dedicandosi alla verifica dello sviluppo dei dati prodotti
(sono ben interpretati e soprattutto ben utilizzati?). Questo luogo servirà
da referenziale collettivo.

Disporre di un polo di competenze nazionale che permette di gestire le


questioni scientifiche e tecniche di medio e lungo termine e di integrare
le conoscenze.

Il luogo di concertazione non basta; è necessario coordinarsi nell'azione


per poter creare progetti concertati su una durata in rapporto con le
poste in gioco e gli oggetti. L'esperienza interessante del GIS CEREL su
Rennes, che deriva dai progetti di R&S tra gli attori dei 3 dispositivi FRD,
deve essere rilevato. È il tipo di sviluppo che la DGER vuole promuovere
per far emergere dei poli di competenze verificabili sul piano
internazionale, queste strutture esistono grazie ad individui capaci di
diagnosticare le questioni complesse e, conseguentemente, di integrare
le conoscenze.

È stato proposto che il partenariato tra il polo (composti di Unità miste


di ricerca interistituzionali) e i partner, che vengono per costruirvi dei
progetti in partenariato, si concretizzi attraverso la creazione di Unità
miste tecnologiche sui grandi temi identificati come prioritario.

70
Disporre di luoghi di diffusione e trasferimento ed anche di
contestualizzazione delle questioni tecniche

É il ruolo dell'Istituto di Allevamento, in relazione con le camere di


agricoltura delle regioni più interessate dal futuro della filiera. È il ruolo
degli ENIL e di Arilait sulle questioni di avallo.

Le condizioni di partenariato tra questi luoghi di rilascio e il polo di


competenze potrebbero dar luogo alla costituzione di reti tematiche
animate da responsabili di progetto come quelli che la DGER destina
negli EPL, sull'esempio di ciò che è stato fatto con l'ENIL di Poligny e di
ciò che sarà fatto quest'anno con l'ENIL di Aurillac.

La diffusione di conoscenze può essere fatta attraverso questi luoghi di


raccolta e sosta prima di procedere alla segmentazione della filiera.

Mobilitare la comunità scientifica al di là degli interlocutori tradizionali

Le scienze umane e sociali sono poco rappresentate tra i temi prioritari


in seno alla comunità agronomica. Si è raccomandata la costituzione di
reti tematiche per gli assi di lavoro in cui impegnarsi sulla sicurezza
ambientale e sulla comprensione del comportamento del consumatore.

Si è raccomandato di affidare l'animazione di queste reti a binomi "centri


tecnici - gruppo di ricerca leader". Questo presenta il vantaggio di
identificare e di testare le competenze scientifiche che è auspicabile
veder emergere adottando uno schema comparabile a quello dei giovani
gruppi nel campo accademico.

Gestire il rinnovamento delle risorse umane

C’è preoccupazione di vedere andare in pensione tra breve individui le


cui competenze ed esperienza permettono di integrare le conoscenze
per l'azione, la specializzazione e la consulenza. É essenziale poter
assicurare la loro sostituzione, ivi compresa la suddivisione in altro
modo delle responsabilità collettive (sperimentazione). Inoltre, sulle
questioni fondamentali è essenziale mettere in opera i termini del
contratto quadriennale tra l'INRA senza perdere di vista l'obiettivo di
ricerca costituito dalla materia prima (latte) e la definizione dei profili
professionali dei ricercatori da assumere.

71
Adattare i finanziamenti alla natura delle azioni di R&S

Le questioni di lungo termine che conducono a questioni generiche e a


missioni di servizio pubblico devono essere affrontate con un
finanziamento ordinario; questo passa attraverso le dotazioni degli
organismi, sia BCRD che ESARC (l ° e 2° programma).

Il finanziamento dei progetti e delle reti tematiche può essere fatto


grazie a crediti BCRD degli ACTA e ACTIA, attraverso il richiamo al
progetto dell'ESAR (3° programma) o creando una fondazione - ricerca,
dedicata o meno alla sola filiera del latte (legge sul mecenatismo del
2003).

ALLEGATO : R&S - SINTESI REGIONALE E INTERNAZIONALE

Sintesi regionale

In materia di ricerca, è richiesto un maggiore sforzo e un migliore


coordinamento tra ricerca pubblica e imprese

L'esempio di Bretagna - Biotecnologie - alimentari è citato come un


modello dai Paesi della Loira. La Bassa Normandia sottolinea il bisogno
di prodotti nuovi, anche per forma o confezione, derivata dalla ricerca-
sviluppo; devono essere adattati alle domande dei consumatori in
materia di sanità e di sicurezza (Auvergne). Questo sforzo deve essere
realizzato in comune dalle imprese di trasformazione, con il sostegno
delle collettività territoriali, e soprattutto in maggiore prossimità con il
territorio. L'ambito delle unità miste tecnologiche, come in Auvergne,
sembra appropriato. Le imprese hanno bisogno, in particolare, di un
appoggio per il passaggio da una tecnica dello stadio della ricerca, di
base o applicata, allo stadio industriale. La Franca-Contea richiede di
indirizzare nuovamente una parte dell'attività della rete regionale di
ricerca agro-alimentare e ambientale su qualità di latte standard, in un
quadro geografico allargato.

Questo sforzo di ricerca deve portare alla definizione di nuovi sistemi di


produzione (tempi di lavoro, modernizzazione economica, benessere
degli animali), in particolare nei raggruppamenti dei reparti lattieri.

72
Sintesi internazionale

La ricerca e lo sviluppo sembra uno degli assi di espansione e


durevolezza. In Danimarca, si tratta di una preoccupazione antica,
finanziata dalla filiera stessa. In Spagna, si traduce in uno sforzo verso i
prodotti probiotici, una R&S dinamica (PUELVA Biotech ha investito
quasi 7 milioni di Euro nel 2003), una diversificazione (confezione latte
liquido, ultra-fresco). L'Irlanda vorrebbe sviluppare prodotti a più alto
valore aggiunto e KPMG ha consigliato loro uno sforzo di innovazione sui
segmenti formaggi e dessert a base di latte (con realizzazione di un
forum dell'innovazione del settore lattiero) così come un maggiore
investimento nelle marche. Lo stesso gabinetto di controllo sottolinea
l'opportunità di sviluppare l'efficienza delle fabbriche mettendo in
comune delle pratiche migliori, rendendo annuale la produzione e
razionalizzando lo strumento industriale.

La Svezia si distingue per il suo sforzo di ricerca sulla produzione: il


programma "come restare redditizi producendo un latte a 0,275 € al
litro" sotto la direzione di Aria. I guadagni di produttività sono ricercati
sull'alimentazione, gli stabilimenti, il bestiame, la manodopera, o il
macchinario: bisognerebbe raggiungere il 2,65% all'anno per
compensare gli effetti attesi della riforma della PAC. I nuovi modelli di
produzione saranno applicati nei test di gestione sin da questo autunno,
utilizzando in particolare le tecniche danesi, olandesi e tedesche.

LA "FONDAZIONE - RICERCA"

Che cos'è una "Fondazione di Ricerca"?

Le "Fondazioni di utilità pubblica di ricerca" o ancora "Fondazioni di


utilità pubblica a carattere scientifico" hanno almeno uno dei seguenti
obiettivi:
· condurre o promuovere ricerche scientifiche;
· valorizzare le ricerche scientifiche;
· diffondere l'informazione scientifica o le biotecnologie.

I loro mezzi di azione possono essere, in particolare, il finanziamento di


programmi di ricerca realizzati in un laboratorio pubblico o in
partenariato tra il laboratorio pubblico, le PMI e le grandi imprese in
seguito a gare d'appalto selezionate dal consiglio scientifico della
Fondazione.

73
Conformemente agli statuti-tipo le Fondazioni di ricerca sono dotate di
un consiglio scientifico. Il Ministero della Ricerca, gli organismi di
ricerca o gli istituti di insegnamento superiore sono rappresentati nel
consiglio di amministrazione di queste Fondazioni.

Perché sviluppare delle Fondazioni di Ricerca in Francia?

Le Fondazioni consentono di:

· mobilitare finanziamenti privati provenienti da imprese o da privati, a


servizio di progetti di ricerca prioritari, e di aumentare così la parte
privata delle spese di R&S per avvicinarsi all'obiettivo del 2% del PIE
delle spese private entro il 2010. I vantaggi fiscali, instaurati dalla legge
relativa al mecenatismo e alle fondazioni di agosto 2003, sono
particolarmente attraenti per le loro imprese e vengono a sostegno di
questi accordi dal Credito di Imposta sulla Ricerca.

· sostenere grandi programmi di R&S su tematiche di ricerca definite, di


alta tecnologia e portatrici di crescita. Queste tematiche corrispondono
a un asse di ricerca pubblica competitivo in Francia, ma anche a un
bisogno di R&S industriale e a poste in gioco economiche e societarie.

· mutualizzare i mezzi finanziari e le competenze su una tematica di


ricerca per realizzare grandi progetti di R&S. La mutualizzazione
permette di sfruttare le complementarietà dei diversi partner, di ridurre
le durate, i costi e i rischi inerenti a ciascun progetto per uno stesso
attore.

· favorire un lavoro in partenariato tra ricerca pubblica e ricerca privata.

· diffondere la cultura di gestione per progetto nel mondo scientifico,


sostenendo progetti selezionati con bandi pubbliche.

· rafforzare il rapporto di fiducia tra le scienze e la società. I cittadini


beneficiano effettivamente di una rappresentanza privilegiata in seno
alle Fondazioni e contribuiscono volontariamente allo sforzo di ricerca
nazionale.

L'esperienza vissuta in altri paesi, così come in Francia grazie a queste


Fondazioni esistenti come la Fondazione Pasteur, l'Istituto Curie, la
Fondazione per la Ricerca Medica, mostra tutto l'interesse e la

74
mobilitazione dei Francesi attorno a questi lavori di ricerca nel momento
in cui corrispondono a poste in gioco chiare.

Quali misure per sviluppare le Fondazioni di Ricerca?

Il ministero incaricato della ricerca ha intrapreso iniziative al fine di


favorire la creazione di "Fondazioni di Ricerca", che costituiscono un
asse forte della nostra politica di ricerca e di innovazione.

Parallelamente alle sovvenzioni già accordate alle Fondazioni


nell'ambito della BCRD (budget annuale totale di 74 milioni di Euro
iscritto al BCRD 2004), altre azioni sono state realizzate:

· sostegno alle fondazioni di ricerca esistenti (essenzialmente su


tematiche legate alla sanità),
· aiuto alla creazione di nuove fondazioni di ricerca basate su
tematiche prioritarie e pertinenti, per esempio: sviluppo durevole,
sicurezza, energia, ambiente, diffusione del sapere, ecc.
· dotazione della fondazione in capitale di un nuovo fondo di 150
milioni di Euro, il fondo delle priorità di ricerca,
· sviluppo dei rapporti di fiducia tra fondatori e donatori.

La riforma delle fondazioni ha permesso di associare più strettamente i


donatori alla vita della fondazione attraverso la possibilità di
raggrupparli come "amici" della fondazione ed eventualmente di
assicurare la loro rappresentanza. Ha ugualmente accentuato il controllo
sull'utilizzo dei conti annuali certificati e la pubblicazione dei conti
annuali.

Inoltre, il ministero della Ricerca ha:

· diffuso l'informazione sugli statuti-tipo e la legge relativa al


mecenatismo e alle fondazioni presso le imprese e i cittadini,
· messo a punto una "Missione Fondazioni di Ricerca", che aiuta
ogni progetto di creazione di una fondazione e accompagna le fondazioni
esistenti, in collaborazione diretta con il ministero dell'Interno e il
Consiglio di Stato.

A titolo di esempio, i ministeri incaricati dell'agricoltura e dell'industria


hanno elaborato congiuntamente un progetto di fondazione di ricerca,
denominata "fondazione bio -risorse e industrie".

75
L'oggetto della Fondazione è di contribuire alla lotta contro l'effetto
serra, all'indipendenza energetica della Francia e alla creazione di
processi e filiere innovativi e alternativi, economicamente competitivi
per il mondo rurale.

LA RETE TEMATICA

A completamento delle unità miste tecnologiche (UMT), si tratta di


promuovere la creazione di reti che permettono di intraprendere obiettivi
chiaramente definiti e ottenere risultati specifici applicabili.

La rete dovrà accogliere i partner della ricerca e/o dell'insegnamento.

La sua durata di vita va dai 3 a 5 anni al massimo; in funzione del tema


sostenuto, questa può essere allungata senza superare 8 anni. Al
termine di questa durata, la problematica relativa alla ricerca e/o
l'insegnamento deve essere presentata attraverso una delle reti di
operatori del 1° e del 2° programma.

Dovrà superare l'oggetto sociale di ciascuno dei membri, che lo


costituiscono e in particolare le questioni specifiche ad un operatore del
1° e del 2° programma.

Può trattarsi, a titolo di esempio, di temi trasversali come il terreno e


considerazioni atti a fornire indicatori di durevolezza, i sistemi di
informazione geografica, i paesaggi, la biodiversità, le questioni socio
economiche...

Le spese eleggibili riguarderanno:

· la gestione, la diffusione e il trasferimento delle conoscenze in seno


alla rete e poi alla diffusione,

· la valutazione attraverso la convalida dei lavori dei poli di competenza


mobilitati dalla rete,

· la valorizzazione.

La complementarietà di questa modalità con quella dell'Unità Mista


Tecnologica deve essere precisata: l'UMT è un concetto di
programmazione e di azioni condivise per trattare una questione precisa
e complessa nell'ambito di un dispositivo sperimentale o di
76
investigazione mutualizzato. La rete tematica, dal canto suo, mira a
mettere in comune questioni di sviluppo e, attraverso scambi di
informazione, a rispondervi collettivamente elaborando strumenti di cui
gli agenti di sviluppo potranno ulteriormente appropriarsi.

77
Sigle e abbreviazioni
ACTA - Associazione di coordinamento tecnico agricolo
ACTIA - Associazione di coordinamento tecnico per l'industria agro-
alimentare
ESAR - Ente di sviluppo agricolo e rurale
F- Fatturato
BCRD - Budget civile di ricerca e sviluppo
CAS - Contratto da agricoltura sostenibile
CSP - Contratto da studio prospettivo
CNIEL - Centro nazionale interprofessionale dell'economia lattiera
CPSR - Contratto piano Stato Regione
COPERCI - Comitato permanente di coordinamento delle ispezioni
CQP - Comitato di qualificazione professionale
CROA - Commissione regionale di orientamento agricolo
CUMA - Cooperativa di utilizzo del materiale in comune
CVO - Contributo volontario obbligatorio
DGS - Direzione generale della sanità
EBA - Eccedente lordo d'azienda
FSO - Fondi di sgravio degli oneri
FCD - Federazione del commercio e della distribuzione
FNCL - Federazione nazionale delle cooperative lattiere
FNIL - Federazione nazionale dell' industria lattiera
GMS - Grandi e medie superfici
GlS - Gruppo di interesse scientifico
FNPL - Federazione nazionale dei produttori di latte
IAA - Industria agricola e alimentare
IGP - Indicazione geografica protetta
ICIC - Istituto di collegamento delle industrie e del commercio
MTS-GA - Prestiti a medio termine speciali giovani agricoltori
OPA - Organizzazioni professionali agricole
OCM - Organizzazione comune dei mercati
PAD - Progetto agricolo dipartimentale
PSRN - Programma di sviluppo rurale nazionale
PMQVAL- Progetto di miglioramento della qualità della vita negli
allevamenti lattieri
PLC - Prodotto di largo consumo
PGIOA - Programma di gestione degli inquinanti di origine agricola
PI - Prodotto industriale
POA - Premio di orientamento agricolo
PNNS - Piano nazionale nutrizione salute
PSA - Prestiti speciali di allevamento
78
ANALISI DEL COMPARTO FLORICOLO E INDIVIDUAZIONE
DELLE PROVINCE
MAGGIORMENTE RAPPRESENTATIVE

1
INDICE

Il quadro internazionale pag. 3

Il quadro nazionale pag. 10

Problemi e prospettive pag. 29

Il florovivaismo e l’ambiente pag. 31

Appendice statistica pag. 54

2
1. IL QUADRO INTERNAZIONALE

L’eterogeneità e la parzialità delle rilevazioni statistiche disponibili non


consentono di descrivere con completezza e precisione le caratteristiche
della floricoltura a livello mondiale.

Tuttavia, sulla base dai dati forniti da alcune organizzazioni internazionali,


in particolare l’International Association of Horticoltural Producers
(AIPH) e l’Europe-Asia-Caribbean-Pacific Liaison Committee (COLE-
ACP) è possibile delineare un quadro di massima delle aree di produzione,
delle quantità prodotte, dei flussi di esportazione e di importazione, nonché
della tendenza di lungo periodo di tali aggregati.

1.1 Aree di produzione di fiori e piante in vaso

I principali paesi produttori di fiori e piante in vaso sono raggruppati in sei


grandi aree: Europa, Medio Oriente, Africa, Asia-Pacifico, Nord America,
America Latina.

Le superfici coltivate e il valore delle produzioni sono riassunti nella tabel-


la 1.

3
Tabella 1 – Superfici coltivate e valore della produzione
di fiori e piante in vaso a livello mondiale

Valore della
Grandi aree Superfici produzione
di produzione (ettari) (milioni di Euro)
Europa 59.724 10.771
Medio Oriente 3.306 272
Africa 6.622 342
Asia-Pacifico 173.608 *38.000
Nord America 24.172 3.024
America Latina 30.343 1.406
Totale mondiale 297.775 54.392

Fonte: International Statistics Flowers and Plants 2002, AIPH – (* 2001)

All’interno delle grandi aree di produzione, vengono individuati i principali


paesi produttori.

In Europa, l’Olanda detiene la superficie più vasta, sia in piena aria che in
serra, ed è al primo posto anche per il valore della produzione, che rappre-
senta circa un terzo di tutta la produzione europea. Al secondo posto per
superficie e valore, l’Italia. Seguono Germania, Francia, Spagna e Gran
Bretagna.

In Medio Oriente, la produzione è concentrata quasi totalmente in Israele,


seguito dalla Turchia.

In Africa, i principali paesi produttori sono il Kenya, lo Zimbabwe, il Sud


Africa, la Costa d’Avorio, lo Zambia, l’Uganda e il Marocco.

In Asia-Pacifico, accanto al Giappone, paese tradizionalmente produttore,


le superfici più vaste si trovano in Cina, in India, in Corea e in Australia.

4
In Nord America, gli Stati Uniti detengono la quasi totalità della superficie
coltivata a fiori e piante.

In America Latina, il principale produttore è la Colombia, seguita da Brasi-


le, Messico, Costa Rica e Ecuador.

1.2 Le tendenze di lungo periodo

Non esistono serie di dati che descrivano compiutamente l’andamento delle


produzioni delle diverse aree nel lungo periodo. I dati frammentari, presen-
tati da N.S.P. De Groot alla World Conference on Horticultural Research
di Roma, nel 1998, lasciano intravedere una tendenza espansiva sostenuta
in tutte le aree considerate, sia pure con misure e caratteristiche diverse.

Nel periodo 1980-1995, la produzione è aumentata del 240% in Europa e


del 157% negli Stati Uniti. Tra il 1984 e il 1994, la superficie a fiori e pian-
te del Giappone è raddoppiata, raggiungendo i 18.000 ettari per i fiori e i
2.000 ettari per le piante in vaso. I grandi paesi asiatici si sono orientati de-
cisamente verso le colture floricole: in India, la superficie a fiori è passata
da 30.000 ettari nel 1990 a 45-50.000 ettari nel 1995; in Cina, la produzio-
ne complessiva è quadruplicata nel giro di tre anni.

Anche negli ultimi anni, secondo gli annuari statistici dell’AIPH 2000-
2002, le superfici coltivate sono aumentate in tutte le grandi aree mondiali
ed è parallelamente aumentato il valore delle produzioni.

5
Le caratteristiche del fenomeno non sono dovunque le stesse. Nei tradizio-
nali paesi produttori, l’aumento di produzione dipende essenzialmente
dall’incremento di produttività, mentre nei paesi di nuova produzione di-
pende dalla riconversione produttiva di ampie superfici agricole.

Ad ogni modo, siamo di fronte ad un processo espansivo dell’offerta, che si


prevede in continuazione, in relazione all’aumento dei redditi, al conse-
guente aumento della domanda dei prodotti floricoli e all’apertura del mer-
cato mondiale.

1.3 I flussi di importazioni ed esportazioni

Le statistiche sul commercio estero, più aggiornate rispetto a quelle sulle


coltivazioni, confermano, da un lato, la consistenza delle aree di produzio-
ne e, dall’altro, rivelano la potenzialità delle diverse aree e dei singoli paesi
produttori, rispetto alle opportunità che il mercato mondiale offre.

Regioni essenzialmente esportatrici sono l’America Latina, l’Africa e il


Medio Oriente.

La principale regione esportatrice è l’America Latina, che destina il 60%


delle esportazioni al Nord America e il 40% all’Europa; i principali paesi
esportatori della regione sono la Colombia, l’Ecuador, il Costa Rica e il
Guatemala.

L’Africa esporta quasi tutta la sua produzione in Europa; i principali paesi


esportatori sono il Kenya e lo Zimbabwe.

6
Il Medio Oriente, che si riduce sostanzialmente a Israele, ha come principa-
le destinazione l’Europa.

Il Nord America è un’area prevalentemente importatrice, oltre che


dall’America Latina, dall’Europa e dall’Asia.

L’Europa è, nello stesso tempo, il più grande esportatore e il più grande


importatore di fiori e piante. Più della metà delle esportazioni sono coperte
dall’Olanda, seguita da Italia, Danimarca, Belgio, Germania, Francia e
Spagna.

L’Asia svolge un ruolo modesto nel commercio internazionale di fiori e


piante.

La figura 1 illustra i flussi di importazione ed esportazione tra le diverse a-


ree mondiali.

Figura 1 – Flussi di importazione ed esportazione tra le aree mondiali


(milioni di SFR – 1996)

7
Fonte – De Groot, WCHR, 1998

Le più aggiornate statistiche sul commercio internazionale floricolo, pub-


blicate da Pathfast Publishing, sulla base dei dati Eurostat e USDA, con-
fermano l’analisi di De Groot ed evidenziano anche i progressi o i regressi
compiuti dai singoli paesi nel volume di esportazioni.

La tabella 2 presenta il valore e la posizione dei principali paesi esportatori


nel 2002.

Come si può osservare, alcuni paesi migliorano costantemente le loro posi-


zioni; si tratta prevalentemente di paesi africani, come Kenya, Uganda,
Zambia e Tanzania, ma anche di alcuni paesi europei, come Germania,
Gran Bretagna e Austria, e latino-americani, come il Guatemala e il Cile
Peggiora la posizione di USA, Israele, Tailandia, Australia e Taiwan.

8
Tabella 2 – Principali paesi esportatori di prodotti floricoli (000$)

Paese Valore Rank


2002 2001 2000 1999 1998
Olanda 4.350.352 1 1 1 1 1
Colombia 551.218 2 2 2 2 2
Italia 546.448 3 5 3 3 4
Danimarca 527.271 4 6 5 4 3
Belgio 353.620 5 4 4 5 6
Germania 296.368 6 8 8 9 10
Kenya 238.018 7 10 9 12 13
USA 236.682 8 7 6 7 5
Canada 214.900 9 3 nd 6 7
Francia 214.288 10 14 13 14 14
Spagna 212.493 11 11 12 13 12
Israele 178.957 12 12 11 10 8
Costa Rica 156.264 13 13 10 11 11
Ecuador 155.828 14 9 7 8 9
Zimbabwe 69.501 15 15 15 17 15
Guatemala 67.251 16 16 17 18 18
Messico 64.870 17 17 14 15 17
Gran Bretagna 63.809 18 19 19 21 24
Nuova Zelanda 51.944 19 22 20 22 22
Cina 43.825 20 23 29 20 20
Sud Africa 38.649 21 21 21 23 19
Polonia 38.096 22 20 22 24 25
Tailandia 33.523 23 18 16 16 16
Uganda 23.378 24 28 31 37 37
Zambia 23.231 25 26 28 29 29
Turchia 21.704 26 30 30 27 28
India 21.529 27 25 23 25 21
Austria 20.600 28 36 36 42 48
Brasile 18.019 29 37 32 31 31
Portogallo 16.752 30 29 33 33 32
Tanzania 13.893 31 32 35 35 40
Cile 11.367 32 38 46 34 41
Australia 11.106 33 34 25 26 27
Taiwan 9.738 34 27 18 19 23
Ungheria 8.447 35 42 38 36 34
Fonte: International floriculture trade statistics, Pathfast Publishing, 2002

9
2. IL QUADRO NAZIONALE

Il florovivaismo italiano è caratterizzato da un grande assortimento produt-


tivo, che va dai fiori recisi alle piante in vaso, a quelle ornamentali da giar-
dino e da parco. Presenta inoltre delle peculiarità produttive, rappresentate
dagli agrumi e olivi ornamentali e dalle tipiche piante mediterranee.

Si tratta di un comparto agricolo in crescita anche dal punto di vista occu-


pazionale, innovativo, che ha saputo rispondere all’aumento della domanda
interna ed estera, con un saldo commerciale attivo in costante crescita.

Ai fini della nostra indagine, ci limitiamo a delineare un quadro essenziale


del settore, sulla base dei dati della superficie investita e delle aziende, del-
la produzione lorda vendibile e degli addetti.

2.1 Superfici e aziende

Secondo i dati dell’ultimo censimento agricolo, nel 2000 le aziende che si


dedicavano al florovivaismo erano circa 33.000, su una superficie di circa
40.000 ettari.

Il 48% delle aziende si dedicava esclusivamente alla floricoltura, il 43%


esclusivamente al vivaismo, il restante 9% ad entrambe le attività.

La floricoltura in piena aria occupava 7.200 ettari, quella su superfici pro-


tette (serre, tunnel, campane, ecc.) 5.500 ettari. Il 34% delle aziende si de-

10
dicava solo alla coltivazione in piena aria, il 38% solo alla coltivazione pro-
tetta, il restante 28% ad entrambe le coltivazioni.

Il confronto con i dati censuari del 1990 permette di delineare l’evoluzione


strutturale del settore florovivaistico italiano nel decennio considerato. Dal
confronto dei dati, appare un suo complessivo potenziamento, con un au-
mento del numero di aziende (+2.275) e della superficie investita (+9.288
ha), in netta controtendenza rispetto agli altri comparti agricoli.

Tale fenomeno risulta peraltro da due andamenti divergenti: quello del sub-
comparto vivaistico, che ha segnato un consistente aumento (+7.000 azien-
de e +10.000 ha), e quello del sub-comparto floricolo, che ha subito un calo
di quasi 2.900 aziende e di 1.000 ettari di superfici, anche se va registrato,
all’interno del sub-comparto floricolo, un aumento della superficie protetta
di 538 ettari, a fronte di una diminuzione di 942 aziende, indice di
un’evoluzione strutturale verso dimensioni aziendali più efficienti.

Dal confronto dei dati censuari emerge dunque un processo di ridimensio-


namento del sub-comparto floricolo e di crescita di quello vivaistico, pre-
sente anche a livello regionale: per il sub-comparto floricolo, le aziende
diminuiscono in tutte le aree del paese tranne che in Molise, Puglia, Basili-
cata e Sicilia; per quello vivaistico, le aziende aumentano in tutte le regioni
tranne che in Umbria.

2.2 Produzione

11
La produzione lorda vendibile del comparto florovivaistico ha raggiunto
nel 2002 un valore di circa 2,5 miliardi euro.

Essa rappresenta circa il 6% della produzione agricola nazionale e circa un


quarto della produzione florovivaistica europea.

Il segmento piante e fiori rappresenta circa il 64% della produzione totale,


quello dei vivai il 36%.

Nel periodo 1996-2002, il valore della produzione lorda vendibile è aumen-


tato del 19% a prezzi correnti, ma solo dell’1% a prezzi costanti.

Il dato complessivo, tuttavia, risulta da due andamenti molto diversi relati-


vi, da un lato, alla produzione dei fiori e delle piante in vaso e, dall’altro, a
quella dei vivai. Infatti, mentre la produzione di fiori e piante in vaso è di-
minuita del 20% circa a prezzi correnti e del 15% circa a prezzi costanti, la
produzione di piante ornamentali è aumentata del 70% a prezzi correnti e
del 57% a prezzi costanti.

Le serie dei dati delle tabelle 3 e 4 illustrano adeguatamente la differente


dinamica dei due sub-comparti che formano il comparto florovivaistico na-
zionale.

Tabella 3 – Produzione florovivaistica 1996-2002 a prezzi correnti


(milioni di €)
12
Fiori e piante Piante ornamenta- Totale
Anno in vaso li
valore indice valore indice valore indice
1996 1.920 100 518 100 2.038 100
1997 1.887 98 531 102 2.418 119
1998 1.875 97 568 110 2.443 120
1999 1.724 90 550 106 2.274 112
2000 1.613 84 622 120 2.235 110
2001 1.616 84 711 137 2.327 114
2002 1.550 81 885 171 2.435 119

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Istat

Tabella 4 – Produzione florovivaistica 1996-2002 a prezzi costanti


(milioni di €)

Fiori e piante Piante ornamenta- Totale


Anno in vaso li
Valore indice Valore indice valore indice
1996 1.863 100 508 100 2.371 100
1997 1.850 98 532 105 2.382 101
1998 1.854 95 552 109 2.406 102
1999 1.848 96 563 111 2.411 102
2000 1.776 94 631 124 .2.407 101
2001 1.746 94 703 138 2.449 103
2002 1.587 85 799 157 2.386 101

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Istat

2.3 Il lavoro

Secondo il Censimento del 2000, nelle 33.000 aziende florovivaistiche pre-


stavano la loro attività più di 112.000 addetti, il 57% dei quali era formato
dai conduttori e dai loro familiari e il 42% da mano d’opera salariata.

13
La media degli addetti per azienda era di 3,4 persone.

Nell’annata agraria 1999-2000, nelle aziende florovivaistiche erano state


svolte circa 15,8 milioni di giornate di lavoro, per due terzi fornite da mano
d’opera familiare e per un terzo da mano d’opera salariata.

Di questo terzo, pari a 5.372.000 giornate, il 57%, pari a 3.072.000 giornate


era stato fornito da lavoratori a tempo determinato; l’altro 43%, pari a
2.320.000 giornate, era stato fornito da lavoratori a tempo indeterminato.
La media annua di giornate per lavoratore era di 231,8 per i lavoratori a
tempo indeterminato e a di 81,5 per i lavoratori a tempo determinato.

I dati sulle giornate di lavoro sono riassunti nella tabella 5.

Tabella 5 – Giornate di lavoro nelle aziende florovivaistiche


nell’annata agraria 1999-2000

Giornate
Giornate Occupati per
lavoratore
Mano d’opera familiare 10.388.232 103.582 100,3
Mano d’opera salariata a tempo 2.320.320 10.010 231,8
indeterminato
Mano d’opera salariata a tempo 3.072.260 37.683 81,5
determinato
Totale 15.780812 151.275 104,3

Fonte: Istat

Dati più recenti sulla occupazione nel settore sono offerti dalle statistiche
del Sistema informativo Excelsior, gestito da Unioncamere, in collabora-
zione con il Ministero del lavoro.

14
La rilevazione effettuata nel 2001 nelle imprese agricole con almeno un di-
pendente ha conteggiato 24.553 dipendenti addetti al florovivaismo, di cui
9.989 fissi.

Le assunzioni previste nel 2002 riguardavano 1.018 lavoratori fissi e


24.737 stagionali. Per i lavoratori fissi, il saldo positivo tra entrate e uscite
era di 739 addetti.

Le caratteristiche del settore, rispetto all’agricoltura tradizionale, sono la


dinamica delle assunzioni e la qualificazione dei lavoratori, riassunte nelle
tabelle 6 e 7.

Circa la dinamica del comparto florovivaistico, essa appare nettamente su-


periore a quella complessiva dell’agricoltura: il tasso di entrata previsto per
l’anno 2002 nel comparto era del 10,2% contro il 7,8% del totale; il tasso di
variazione previsto era del 7,4% contro il 4,7%.

Circa la qualificazione dei lavoratori, l’indagine Excelsior evidenzia il


maggiore livello di qualificazione richiesto nel comparto florovivaistico. La
richiesta di operai specializzati nel comparto era dell’82,8%, contro il
24,2% nell’agricoltura, mentre la richiesta di personale non qualificato era
solo del 10,1%, contro il 45,4% dell’agricoltura.

Le principali figure professionali assunte nel 2001 erano 541 “giardinieri”,


302 “vivaisti”, e 54 “floricoltori”, che nelle previsioni del 2002 diventava-
no rispettivamente 529, 494 e 155.

15
Tabella 6 – Dinamica delle assunzioni nel settore agricolo
e florovivaistico (Previsioni per il 2002)

Tasso Tasso Tasso di % %


di di variazione specializzati non quali-
entrata uscita ficati
Dipendenti agricoli 7,8 3,1 4,7 24,2 45,4
Dipendenti florovi- 10,2 2,8 7,4 82,8 10,1
vaisti

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Unioncamere

Tabella 7 – Assunzioni per figure professionali


nel settore florovivaistico (2001-2002)

Assunzioni Assunzioni %
Figure professionali effettuate previste extra
nel 2001 nel 2002 comunitari
Giardiniere 541 529 18
Vivaista 302 494 42
Floricoltore 54 155 58

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Unioncamere

Altre informazioni desunte dall’indagine Unioncamere riguardano:

- le previsioni circa la localizzazione delle assunzioni, che erano 574 al


Nord, 379 al Centro, 65 nel Sud e nelle Isole;

- le previsioni circa il ricorso a mano d’opera extracomunitaria, che era del


18% del totale per i giardinieri, del 42% per i vivaisti e del 58% per i flori-
coltori;

- la difficoltà di reperimento delle figure professionali richieste, che veniva


denunciata da più della metà delle aziende.

16
2.4 Le aree di produzione

La produzione florovivaistica è presente in qualche misura in tutte le regio-


ni italiane, ma è concentrata particolarmente in alcune regioni e in alcune
province, fino a formare dei distretti floricoli o vivaistici, che caratterizza-
no aree contigue di regioni e province diverse.

La concentrazione regionale

Considerando la superficie complessiva investita a florovivaismo, le regio-


ni più importanti, alla data del censimento agricolo del 2000, erano la To-
scana (con una superficie pari a circa il 20% di quella nazionale), seguita
da Lombardia, Liguria, Veneto, Sicilia, Emilia Romagna, Piemonte, Friuli
Venezia Giulia, Puglia, Lazio e Campania. Queste regioni rappresentavano
più del 90% della superficie destinata a florovivaismo.

Considerando separatamente la superficie investita a fiori e piante in vaso,


le regioni più importanti erano la Liguria (con una superficie pari a circa il
22% di quella nazionale), seguita da Toscana, Lombardia, Campa-
nia,Sicilia, Lazio, Veneto, Puglia, Piemonte ed Emilia Romagna, che in-
sieme rappresentavano più del 90% della superficie a fiori e piante in vaso.

Con riferimento alle sole superfici vivaistiche, le regioni più importanti e-


rano la Toscana (19% circa del totale), seguita da Lombardia, Veneto, Emi-
lia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Piemonte, Sicilia, Puglia, Marche e
Lazio.

17
Le tabelle 8 e 9 presentano le prime dieci regioni per quota di superficie
destinata rispettivamente alla floricoltura e al vivaismo

Come si può osservare, alcune regioni presentano una marcata specializza-


zione, come la Liguria, la Campania e il Lazio per la floricoltura, il Friuli
Venezia Giulia e le Marche per il vivaismo, mentre le altre regioni presen-
tano quote significative in entrambi i settori.

Tabella 8 - Principali regioni per quota di superficie floricola nel 2000

Regione Superficie floricola

ha %
Liguria 2.750,84 21,6
Toscana 1.807,89 14,2
Lombardia 1.332,14 10,5
Campania 1.177,67 9,3
Sicilia 1.017,76 8,0
Lazio 986,88 7,7
Veneto 806,92 6,3
Puglia 584,71 4,6
Piemonte 566,74 4,4
Emilia Romagna 487,09 3,8

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Istat

Tabella 9 - Principali regioni per quota di superficie a vivai nel 2000

Regione Superficie a vivai

ha %
Toscana 4.815,81 18,6
Lombardia 3.626,19 14,0

18
Veneto 2.970.05 10,4
Emilia Romagna 2.678,47 7,6
Friuli Venezia Giulia 1.832,99 7,1
Puglia 1.618,97 6,3
Piemonte 1.553,01 6,0
Sicilia 1.552,40 6,0
Marche 1.114,89 4,3
Lazio 787,92 3,0

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Istat

I dati censuari offrono una rappresentazione statica del peso che le diverse
regioni rivestono nel settore florovivaistico.

Una rappresentazione più attuale, che rispecchia le modifiche produttive e


strutturali intervenute, può essere offerta dai dati sulla produzione lorda
vendibile delle regioni, tenendo distinte, anche in questo caso, la produzio-
ne di fiori e piante in vaso da quella di piante da vivaio.

Per quanto riguarda i fiori e le piante in vaso, più del 95% della produzione
è concentrato in dieci regioni: la Liguria, che da sola copre il 30% della
produzione nazionale, seguita da Campania, Sicilia, Lazio, Puglia, Lom-
bardia, Veneto, Emilia Romagna, Toscana e Piemonte.

Anche per quanto riguarda le piante da vivaio, più del 93% della produzio-
ne è concentrato in nove regioni: la Toscana, che da sola copre più del 40%
della produzione nazionale, seguita da Lombardia, Emilia Romagna, Sici-
lia, Piemonte, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Lazio e Campania.

19
Il peso e la dinamica delle singole regioni sono riassunti nelle tabelle 10 e
11.

Tabella 10 – Quota delle regioni sul valore della produzione


di fiori e piante in vaso 1996-2002

Quota % Rank
Regione 1996 2002 1996 2002
Liguria 29,4 29,7 1 1
Campania 13,5 13,8 2 2
Sicilia 11,8 12,1 3 3
Lazio 5,0 8,6 7 4
Puglia 11,4 8,6 4 4
Lombardia 5,6 6,5 6 6
Veneto 4,6 5,4 8 7
Emilia Romagna 2,4 5,1 9 8
Toscana 8,1 4,6 5 9
Piemonte 2,3 1,2 9 10

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Istat

Tabella 11 – Quota delle regioni sul valore


della produzione vivaistica 1996 e 2002

Quota % Rank
Regione 1996 2002 1996 2002
Toscana 34,8 41,1 1 1
Lombardia 12,4 12,9 2 2
Emilia Romagna 6,5 7,3 4 3
Sicilia 7,9 6,9 3 4

20
Piemonte 6,4 6,4 5 5
Puglia 5,6 5,1 6 6
Friuli Venezia Giulia 5,3 4,8 7 7
Veneto 3,3 3,8 8 8
Lazio 3,0 3,0 9 9
Campania 1,5 1,9 10 10

Fonte: Elaborazione Agriform su dati Istat

Come si può osservare, per quanto concerne il valore della produzione flo-
ricola, la Liguria è nettamente al primo posto e consolida la sua posizione
di leader nel periodo 1996-2002. Nello stesso periodo, migliora nettamente
il suo peso il Lazio, che passa dal 7° a 4° posto, migliorano il Veneto e
l’Emilia Romagna, che guadagnano una posizione, e consolidano la propria
quota di produzione Campania e Sicilia; perde posizioni, invece, la Tosca-
na.

Per quanto concerne il valore della produzione vivaistica, la Toscana mi-


gliora la sua posizione e si consolida leader incontrastato, migliora la sua
posizione l’Emilia Romagna, consolidano la propria quota la Lombardia e
il Veneto, perde quota e posizione la Sicilia e perdono leggermente quota la
Puglia e il Friuli Venezia Giulia.

I “distretti” florovivaistici

All’interno delle regioni a maggiore “vocazione” florovivaistica, la produ-


zione è concentrata in aree caratterizzate da elevata specializzazione pro-
duttiva, tanto che, dove si è creata una forte integrazione tra le istituzioni

21
locali e gli operatori economici, di questi tra di loro e con gli altri settori
produttivi, si può parlare di veri e propri “distretti florovivaistici”.

Le principali aree produttive di fiori recisi sono quelle della Riviera di Po-
nente in Liguria, di Pescia e della Versilia in Toscana, di Latina nel Lazio,
di Napoli-Salerno in Campania, di Terlizzi e di Lecce in Puglia, di Marsala,
Scicli e Vittoria in Sicilia.

Le principali aree produttive di piante ornamentali in vaso si trovano in


Lombardia (province pedemontane e Mantova), nel Veneto (Padova), in
Emilia Romagna (Ferrara, Ravenna, Forlì e Bologna), in Toscana (Lucca),
Lazio e Campania (litorale tirrenico).

La principali aree produttive di piante ornamentali da esterno si trovano in


Toscana, in Lombardia, nel Veneto, nelle Marche, nel Lazio e in Sicilia.

“Distretti” florovivaistici possono essere considerati quelli della Riviera li-


gure, del Lago Maggiore, di Saonara (Padova), di Canneto sull’Oglio
(Mantova), del Pistoiese, dell’Agro Pontino, del Messinese, della costiera
ionica catanese, di Grottammare (Ascoli Piceno).

Le principali province produttrici

La mancanza di dati provinciali sulla produzione e sulla occupazione del


settore ha circoscritto i criteri di classificazione alla superficie investita e al
numero di aziende.

22
Utilizzando questi criteri, sono state elaborate due classifiche: una delle
prime venticinque province per superficie destinata alla floricoltura e una
delle prime venticinque province per superficie destinata al vivaismo.

Le prime 25 province per superficie floricola sono: Imperia, Napoli, Pi-


stoia, Savona, Lucca, Roma, Torino, Salerno, Milano, Ragusa, Latina, Pa-
dova, Lecce, Bergamo, Varese, Messina, Bari, Como, Brescia, Verona,
Treviso, Catania, Cagliari, Venezia, Grosseto.

Le prime 25 province per superficie a vivai sono: Pistoia, Padova, Treviso,


Pordenone, Ascoli Piceno, Mantova, Arezzo, Taranto, Lecce, Milano, Bre-
scia, Bari, Trapani, Messina, Como, Venezia, Catania, Bologna, Varese,
Torino, Grosseto, Cuneo, Roma, Perugia, Verona.

Allo scopo di tener conto del dato produttivo, sono state prese in considera-
zione le province che ricadevano nelle prime dieci regioni per produzione
lorda vendibile. In questo modo, si è formata una griglia che evidenzia la
quota di superficie floricola e vivaista di ciascuna provincia all’interno del-
la regione di appartenenza (Tabelle 12 e 13).

Dalla griglia sono rimaste escluse, data l’esiguità della produzione delle re-
gioni di appartenenza, le province di Cagliari e Perugia, presenti nella clas-
sifica per superfici. E’ stata invece inclusa la provincia di Forlì, data la con-
sistenza della plv della regione di appartenenza.

Dalla comparazione delle due tabelle, emerge che:

23
- 9 province sono specializzate nella produzione floricola: Imperia, Savona,
Bergamo, Forlì, Lucca, Latina, Napoli, Salerno, Ragusa;

- 8 province sono specializzate nella produzione vivaistica: Cuneo, Manto-


va, Pordenone, Bologna, Arezzo, Ascoli Piceno, Taranto, Trapani;

- 16 province si dedicano contemporaneamente alle due produzioni: Tori-


no, Varese, Como, Brescia, Milano, Verona, Padova, Treviso, Venezia, Pi-
stoia, Grosseto, Roma, Bari, Lecce, Messina, Catania.

Ai fini della nostra indagine, l’individuazione delle 25 province su cui con-


centrare la rilevazione dei profili professionali più richiesi e dei fabbisogno
formativi, è stata fatta escludendo le province che presentano un minor pe-
so relativo nella regione di appartenenza.

Inoltre, data la contiguità con il distretto del Lago Maggiore è stata inserita
la provincia di Novara, che si trova al 26° posto nella classifica delle pro-
vince floricole.

Tabella 12 – Principali province per superficie a fiori


per regione di appartenenza

% su Plv % su Sau
Regioni naz.le Province reg.le
2002 2000
LIGURIA 29,7 Imperia 76,6
Savona 19,6

24
CAMPANIA 13,8 Napoli 58,7
Salerno 19,6
SICILIA 12,1 Ragusa 35,0
Catania 19,0
Messina 17,7
LAZIO 8,6 Latina 46,2
Roma 42,8
PUGLIA 8,6 Lecce 37,8
Bari 35,5
LOMBARDIA 6,5 Milano 18,6
Bergamo 14,9
Como 12,8
Varese 12,4
VENETO 5,4 Padova 25,3
Verona 23,5
Treviso 15,3
Venezia 13,8
EMILIA ROMA- 5,1 Forlì 15,4
GNA
TOSCANA 4,6 Pistoia 39,7
Lucca 26,1
Grosseto 11,3
PIEMONTE 1,2 Torino 43,0

25
Tabella 13 – Principali province per superficie a vivai
per regione di appartenenza

Regioni % su Plv Province % su Sau


naz.le prov. 2000
2002
TOSCANA 41,1 Pistoia 64,7
Arezzo 10,1
Grosseto 6,7
LOMBARDIA 12,9 Mantova 28,8
Milano 11,6
Brescia 9,8
Como 9,4
Varese 9,0
EMILIA ROMA- 7,3 Bologna 28,7
GNA
SICILIA 6,9 Catania 23,0
Trapani 22,5
Messina 16,1
PIEMONTE 6,4 Torino 37,8
Cuneo 35,5
PUGLIA 5,1 Lecce 28,2
Taranto 27,4
Bari 23,9
FRIULI VENEZIA 4,8 Pordenone 85,1
G.
VENETO 3,8 Padova 30,0
Treviso 27,8
Venezia 14,5
Verona 12,9
LAZIO 3,0 Roma 46,9
MARCHE 1,8 Ascoli Piceno 42,7

26
Principali aree produttive di fiori recisi

Fonte: Ismea

27
Principali aree e sub-aree produttive
di piante ornamentali in vaso

Fonte: Ismea

28
3. PROBLEMI E PROSPETTIVE

Negli ultimi anni, il settore florovivaistico ha risentito della sostanziale sta-


gnazione dell’economia europea, che ha ridotto la propensione a spendere
in beni non di prima necessità.

Inoltre, il rafforzamento dell’euro e la liberalizzazione commerciale hanno


favorito la concorrenza di paesi europei come la Spagna (che ha raddoppia-
to in pochi anni la superficie floricola), o di paesi terzi come il Kenya, il
Costa Rica, la Colombia e l’Ecuador.

Di conseguenza, i dati recenti sulla produzione e sulle esportazioni florovi-


vaistiche italiane, anche se confermano la buona tenuta delle nostre posi-
zioni, evidenziano tuttavia segni di indebolimento.

Dalla metà degli anni ’90, le esportazioni di fiori verso l’Europa sono di-
minuite, mentre sono aumentate le importazioni di fiori dall’Olanda. Nono-
stante questo, la bilancia commerciale si è mantenuta positiva per merito
del consistente saldo attivo delle piante ornamentali

Il mercato europeo è ancora la principale area di produzione e di scambio,


ma tende verso la saturazione, evidenziata dai prezzi calanti registrati nelle
aste olandesi, e deve misurarsi con l’accresciuta competitività dei paesi ter-
zi.

Al di là di questi segnali, le prospettive per il mercato florovivaistico ven-


gono giudicate positive.
29
Secondo le previsioni dell’Ufficio olandese dei fiori, tra il 200 e il 2007 è
previsto un incremento della domanda dei fiori e delle piante in vaso di più
del 10%, per un valore di produzione che viene stimato in 6 miliardi di euro
nel 2007 e 7,2 miliardi di euro nel 2012. Ancora più consistente dovrebbe
essere l’aumento per il vivaismo ornamentale.

Si prevede un aumento rilevante nei consumi dei paesi dell’Est Europa, de-
gli Usa e della Cina. Ma, nello stesso tempo, si prevede una concorrenza
intensificata da parte dei paesi africani, asiatici e latinoamericani.

Spazi di sviluppo dovrebbero quindi aprirsi anche per la floricoltura italia-


na, che ha sicuramente dei punti di forza nell’assortimento produttivo e nel-
la peculiarità delle piante mediterranee e degli agrumi ornamentali, che si
sono affermati nelle nostre regioni meridionali, consentendo il recupero di
vaste superfici prima destinate alla agrumicoltura.

Spazi di sviluppo che dovrebbero essere favoriti dal superamento dei punti
di debolezza del sistema.

In particolare, dovrebbero essere migliorate le dimensioni aziendali, le


strutture commerciali di servizio, la programmazione e la concentrazione
dell’offerta da parte dei produttori, la ricerca e la preparazione professiona-
le degli addetti.

Inoltre, dovrebbe essere adeguata la normativa comunitaria, al fine di ga-


rantire la qualità delle produzioni. Oggi, l’unico riferimento normativo a li-
vello europeo è rappresentato dal Regolamento CEE n. 316 del 12 marzo

30
1968, relativo alla determinazione di norme di qualità per i fiori recisi e il
fogliame fresco, che gli esperti giudicano troppo generico.

4. IL FLOROVIVAISMO E L’AMBIENTE

Le principali problematiche ambientali che il settore si trova ad affrontare


sono essenzialmente due: elevato consumo di acqua e di energia.

Negli ultimi anni si sono avviate alcune iniziative nei singoli “distretti” al
fine di affrontare le suddette tematiche, offendo in queste sedi non solo una
maggiore informazione circa le problematiche in esame, ma anche alcune
soluzioni tecnologiche e/o organizzative, che sono state di fatto impiegate
e che potrebbero avere una maggiore diffusione, consentendo così di af-
frontare con maggiore efficacia i problemi ambientali.

Infine, occorre sottolineare che molte di queste iniziative sono state con-
dotte in collaborazione con istituti di ricerca e università, a dimostrazione
di come si possa giungere a positivi risultati quando si innescano meccani-
smi di collaborazione tra le diverse parti, con ricadute benefiche in termini
di innovazione tecnologica e gestionale e di qualità dell’occupazione pro-
dotta.

L'industria del verde si trova di fronte a molti problemi, non solo economi-
ci (costi di produzione, prezzi e richiesta di mercato, le sfide dei paesi e-
mergenti) ma anche ambientali (qualità del terreno e dell'acqua irrigua,
stress per le colture ecc.). Questa situazione si ripercuote anche sull'indu-
stria dell'arredo urbano verde (progettazione, realizzazione e gestione di

31
parchi, giardini, aree verdi ecc.) oltre che sulla clientela ed sul pubblico in
generale.

Il florovivaismo è senza dubbio la forma di produzione agricola più inten-


siva essendo basata su di un ingente impiego di acqua, fertilizzanti e fito-
farmaci distribuiti alle piante con l'intento di ottenere prodotti di qualità (e-
levato valore estetico) in tempi relativamente brevi. Ad esempio, in vivaio
si è progressivamente passati dalla coltura in terreni minerali a quella in
terreni molto arricchiti di sostanza organica ed infine alla coltura in conte-
nitore (coltura fuori suolo o idroponica). In questi sistemi occorre irrigare
molto frequentemente in quanto la riserva idrica è assai limitata.

Inoltre, considerando che l'acqua, i fertilizzanti e i fitofarmaci costano rela-


tivamente poco se confrontati con la manodopera, l'energia e il trasporto
post-coltura, si incorre nel rischio di eccedere nell’uso. Così l'entità delle
perdite delle sostanze chimiche (concimi, insetticidi, fungicidi e diserbanti)
con le acque di drenaggio (runoff) è notevole con ovvie conseguenze dal
punto di vista ambientale. Non si può certo negare che negli anni a venire
una delle maggiori sfide al settore floroivaistico sia costituito dall'uso ra-
zionale dell'acqua, dei concimi e dei fitofarmaci e dal tentativo di abbassa-
re i costi energetici. Ciò vale in particolare in un paese come il nostro dove
la bolletta energetica grava pesantemente sulle attività produttive e dove i
margini di redditività, a causa di nuova e agguerrita concorrenza, rischiano
di assottigliarsi se non si sfruttano le economie di scala e se non si poten-
ziano i punti forti del settore e non si aggrediscono quelli di debolezza.

4.1 L’energia

32
L’energia costituisce sicuramente una voce di spesa significativa per le im-
prese florovivaistiche che risultano essere sicuramente tra le attività ener-
givore, avendo necessità di forti quantitativi di energia e calore per suppor-
tare la produzione. Considerando il quadro geopolitico internazionale che
si è venuto a creare (specie nel settore energetico) e il fatto che, qualunque
soluzione il nostro paese sceglierà di adottare come sistema a livello strut-
turale e strategico, e che l’applicazione di tale soluzione ad ogni modo ri-
chiederà tempo (siamo nell’ordine di una decina di anni almeno), sarebbe
opportuno che le aziende si impegnino a trovare adeguate soluzioni, singo-
larmente o in forme collaborative, ad un problema che già costituisce e
rappresenterà sempre più, una delle voci maggiormente significative di
spesa e, quindi, di competitività. Tale costo di produzione, si presta ad es-
sere diminuito e razionalizzato e il consumo energetico reso più efficiente
anche dal punto di vista ambientale. Infatti, le soluzioni tecnologiche e or-
ganizzative per ridurre il consumo energetico sono possibili sia dal punto
di vista tecnico che normativo.

L’attuale disciplina consente ai clienti, sia individualmente che come con-


sorzio, che consumano oltre un certo quantitativo di energia elettrica, di
poter accedere al mercato libero, scegliendo quindi quale fornitore sulla
base di valutazioni legate al prezzo e alle caratteristiche della fornitura. Ciò
in altri settori ha consentito di abbassare notevolmente il costo della bollet-
ta energetica.

Le tecnologie a minore consumo energetico e, quindi, a minore impatto


ambientale sono tecnicamente disponibili a costi economici paragonabili,
se non più convenienti, rispetto a un investimento di tipo tradizionale.

33
La scelta di tali comportamenti maggiormente rispettosi dell’ambiente ma,
a questo punto, anche economicamente convenienti, andrebbero adeguata-
mente incentivati da parte pubblica e resi più comuni, come succede in altri
paesi, e occorrerebbe che sia la parte pubblica che quella privata, e i centri
di ricerca e di formazione esistenti, si impegnassero a collaborare mettendo
a disposizione professionalità, conoscenze, risorse e competenze

L’adozione di impianti di cogenerazione, ad esempio, risulta fattibile, con-


sentendo notevoli risparmi energetici e una maggiore autonomia nella pro-
grammazione delle produzioni.

Inoltre, sono stati effettuati alcuni interessanti esperimenti consistenti


nell’applicazione di temperature differenti giorno-notte per alcune produ-
zioni: adottando una temperatura diurna maggiore di quella notturna (DIF
positivo giorno notte) si ottiene una maggiore efficienza nella fotosintesi,
che si traduce in una migliore e più vigorosa crescita.

Si tratta di un sistema semplice e immediato, che comporta semplicemente


un uso diverso delle strutture tecnologiche esistenti – senza quindi
l’effettuazione di particolari innovazioni e investimenti - che, però, laddo-
ve è stato applicato ha consentito un risparmio energetico fino al 27% e
con piante di qualità, in termini di sviluppo in altezza e nel diametro della
pianta, paragonabili e in alcuni casi superiore rispetto all’adozione di una
stessa temperatura durante tutta la giornata.

Inoltre, occorre adeguatamente sostenere e promuovere l’utilizzo di fonti


energetiche rinnovabili, anche per produzioni biologiche e integrate.
34
4.2 L’acqua

Diversi ordini di motivi spingono e spingeranno sempre di più i florovivai-


sti a razionalizzare l’impiego dell’acqua. La disponibilità dell’acqua per usi
irrigui, infatti, sta diminuendo rapidamente sia per l’irregolarità delle pre-
cipitazioni atmosferiche, che ne rendono più difficile e inefficiente
l’utilizzazione, sia per la competizione per l’uso dell’acqua con altri settori
(ad esempio, quello turistico, ma anche civile tout court: poiché molta par-
te delle serre e dei vivai è dislocato in vicinanza delle città, si sta creando
una situazione di forte competizione per l'acqua tra i flovorivaisti e la po-
polazione urbana). In alcune zone costiere, inoltre, le falde idriche sono in-
teressate dalla salinizzazione delle falde, con evidenti ripercussioni su col-
ture sensibili allo stress salino come quelle florovivaistiche e, in particola-
re, le piante ornamentali, un settore che, come abbiamo visto, risulta in for-
te espansione, tale da compensare la diminuzione della produzione di fiori
e piante in vaso.

Il rifornimento di acqua per la popolazione e molti degli usi economici di-


pende dall'acqua di falda. Questo fatto spiega la grand'attenzione rivolta
verso l'uso massiccio di composti che possono inquinare le falde idriche,
come sono appunto i fertilizzanti e i pesticidi, che contengono sostanze no-
cive per l’uomo e per l’ambiente. Inoltre, i fertilizzanti preoccupano anche
per i fenomeni di eutrofizzazione.

Pertanto, le aziende florovivaistiche si trovano ad operare in uno scenario


contraddistinto da una diminuzione e da un peggioramento delle risorse i-
driche per l’irrigazione. Molte aziende italiane, quelle all’avanguardia, già

35
impiegano tecniche e tecnologie in grado di aumentare l’efficienza
dell’irrigazione. Il problema è il trasferimento di queste tecnologiche nelle
aziende più piccole e più deboli economicamente.

Occorre quindi individuare le idonee strategie che, a livello di singole a-


ziende e di infrastrutture, possono consentire un uso più efficiente
dell’acqua nelle colture florovivaistiche.

In realtà, con riferimento all’uso della risorsa idrica nel settore, il problema
è duplice: non è solo relativo alla quantità di acqua utilizzata a scopi irri-
gui, ma anche di qualità della stessa, sia in entrata che in uscita dal proces-
so produttivo.

Nel proseguo della trattazione si affronteranno le principali problematiche


e alcune soluzioni tecnologiche e/gestionali adottate, senza pretesa di esau-
stività, ma solo con l’intenzione di dare un quadro della situazione del set-
tore il più completo possibile, così da meglio essere utili agli scopi di que-
sta analisi, cioè l’identificazione dei fabbisogni professionali nel florovi-
vaismo.

4.3 L'acqua come risorsa e bene prezioso

L'acqua è stata considerata per anni un bene di scarso valore in quanto rite-
nuta di fatto inesauribile e di nessun costo reale.

36
In passato, infatti, a seguito di questa distorta e poco corretta visione, nes-
suna azienda agricola si è mai veramente preoccupata di fare un uso accor-
to e tecnicamente corretto di questo elemento, anche quando l'acqua viene
di fatta pagata sulla base di specifici parametri economici.

Solo in paesi aridi le si è dato un valore considerandola di fatto un fattore


di produzione con un costo proprio e un proprio rendimento monetario. Ad
esempio, nella realtà israelita, l'acqua d'irrigazione è sempre stata conside-
rata un elemento fondamentale di produzione di cui tenere conto sia del co-
sto d'utilizzo sia del ricavo marginale che deriva dal suo impiego. Non a
caso, le soluzioni tecnologiche e gestionali adottate in quel paese sono un
raro esempio di buone prassi applicate a condizioni climatiche certamente
più difficili delle nostre.

Tali concetti, pur non essendo estranei alla nostra coltura, non hanno mai
trovato un'applicazione estesa, in quanto il concetto che l'acqua fosse un
bene privo di costo monetario ha fatto aggio su ogni altra considerazione.

Attualmente, anche a seguito d'iniziative legislative in sede U.E. ed alle


susseguenti leggi nazionali da queste derivate, si sta facendo largo una va-
lutazione dell'acqua come di una risorsa limitata di cui fare un uso corretto
al fine di non dissipare un bene che è considerato patrimonio di tutti. Tale
maggiore attenzione anche a seguito della carenza di acqua che, di fatto,
negli ultimi anni interessa non solo zone del meridione, ma anche del cen-
tro nord, a causa della diminuzione delle precipitazioni piovose e concen-
trazione in pochi mesi, nell'aumento della temperatura media, aggravati
dalla generale inefficienza del sistema di trasporto ed utilizzo dell'acqua,
ma anche per usi confliggenti tra i diversi settori economici.

37
E’ opportuno per le aziende agricole, soprattutto quelle che per la loro spe-
cializzazione colturale utilizzino grandi volumi d'acqua, un ripensamento
sui modi d'utilizzo dell'acqua irrigua individuando metodi d'irrigazione e
d'utilizzazione che riducano al minimo gli sprechi di questa risorsa.

METODI TRADIZIONALI PER LA CONCIMAZIONE E L'IRRIGA-


ZIONE

Come detto le colture florovivaistiche richiedono grossi input di acqua,


concimi e fitofarmaci. Ad esempio, i fabbisogni annuali di N di queste col-
ture arrivano fino 5.000 kg/ha e più nel caso di colture da fiore in serra o
delle piante in contenitore, mentre i consumi minimi delle colture in piena
terra sono di poco inferiori a 200 kg/ha. Le piante ornamentali hanno tassi
di crescita relativamente elevati e si ritiene che siano necessari delle con-
cimazioni e delle irrigazioni abbondanti per ridurre i tempi di coltivazione,
per aumentare la taglia delle piante, per migliorarne la qualità e in definiti-
va per ottenere margini di guadagno più alti.

Occorre però dire che per molte colture non si hanno dati sufficienti sulle
effettive esigenze di acqua e nutrienti. L’assorbimento di alcune sostanze,
come l’azoto ad esempio, è di tipo asintotico.

Inoltre, essendo l'assorbimento nutritivo un processo attivo che richiede


energia ed è regolato metabolicamente, non necessariamente un aumento
della disponibilità di un nutriente nella zona radicale si traduce in un au-
mento dell'assorbimento radicale, mentre aumenta la lisciviazione ed il ri-
schio della tossicità minerale o dello stress salino.
38
In suolo poco profondi o in banquette, cioè in sistemi caratterizzati da un
ridotto volume di substrato/terreno, si richiedono irrigazioni e fertilizza-
zioni frequenti: le abbondanti e frequenti irrigazioni aumentano le perdite
per lisciviazione dei nutrienti, che così devono essere forniti in continua-
zione e così via.

Infine, altri due fattori contribuiscono all'uso eccessivo di acqua e di ferti-


lizzanti nelle colture florovivaistiche: i) per comprensibili ragioni commer-
ciali non si ammettono sintomi, neppure lievi, di disordini nutrizionali; ii) i
costi per l'acqua e per i fertilizzanti incidono molto poco sui costi totali di
produzione rispetto ad altri fattori produttivi come la manodopera e l'ener-
gia. Tutto ciò è all'origine della scarsa efficienza d'uso dell'acqua e dei fer-
tilizzanti e delle notevoli perdite di nutrienti, fino al 50-60% di quelli di-
stribuiti con le concimazioni e le fertirrigazioni, con evidenti ricadute sul-
l'ambiente circostante.

L'eccessiva fertilizzazione azotata può aumentare la salinità del terreno, ri-


ducendo la crescita e lo sviluppo delle piante, e per ovviare alla salinizza-
zione, occorre irrigare abbondantemente e frequentemente, ma questo au-
menta la lisciviazione dei nutrienti.

Nei vivai di piante in contenitore, invece, è assai diffuso il ricorso ai con-


cimi a lento rilascio (CLR), anche se spesso sono integrati con la fertirriga-
zione. Così, i nutrienti tendono ad essere maggiormente disponibili nelle
prime fasi di crescita, quando minori sono i fabbisogni delle piante; al con-
trario, la loro concentrazione nel substrato può essere insufficiente nelle
seconda parte della stagione di coltivazione obbligando ad intervenire con
concimazioni manuali e/o con la fertirrigazione.

39
Generalmente le specie floricole ornamentali di serra e di vivaio sono sen-
sibili alla salinità soprattutto per le caratteristiche estetiche della pianta fi-
nita. L'impiego nel florovivivaismo, per le ragioni indicate in precedenza,
dei sistemi di coltivazione a ciclo chiuso (cioè, con recupero e riutilizzo
delle acque di drenaggio) rende cruciale gestire la fertilizzazione in modo
da evitare la salinizzazione.

La tecnica irrigua impiegata condiziona moltissimo l'efficienza d'uso del-


l'acqua e dei fertilizzanti. L'irrigazione a pioggia (sprinkler) è assai poco
efficiente: il rapporto tra l'acqua somministrata e quella resa effettivamente
disponibile per l'assorbimento in questo sistema irriguo è infatti abbastanza
bassa, tra il 72 e l'87%, per ragioni legate alle perdite di carico lungo la li-
nea, la scarsa qualità degli erogatori, la ridotta manutenzione degli impian-
ti. Maggiore l’efficienza utilizzando sistemi goccia a goccia.

Nella realtà del vivaismo possono essere messi in pratica diversi accorgi-
menti per risparmiare acqua e fertilizzanti, con benefici effetti per
l’ambiente, accorgimenti che non presentano difficoltà o grossi investi-
menti. Senza addentrarci in eccessivi tecnicismi le possibili strade che pos-
sono essere seguite sono di seguito individuate.

Come premessa generale, la definizione precisa delle esigenze idriche e


minerali delle numerose specie d'interesse florovivaistico è essenziale per
aumentare l'efficienza dell'irrigazione e della concimazione e ridurne gli
effetti sull'ambiente. Le osservazioni e le valutazioni empiriche dei coltiva-
tori sono molto utili, ma occorre aumentare la ricerca ad hoc sull'andamen-
to stagionale dell'assorbimento d'acqua e di elementi nutritivi delle specie

40
ornamentali sia in serra che in vivaio. In molti casi si è notato un andamen-
to ciclico che si esprime a livello stagionale (mensile), settimanale, giorna-
liera e perfino orario che suggerisce la possibilità di modulare la distribu-
zione dell'acqua e dei fertilizzanti su scale temporali diverse.

a) recupero delle acque e loro riutilizzo

La possibilità di recuperare l'acqua usata per l'irrigazione e di riutilizzarla


successivamente è una pratica già molto diffusa nelle aziende vivaistiche.

In pratica tutte le aziende la cui disponibilità di acqua di falda è inferiore


alle necessità irrigue attuano il recupero delle acque in bacini posti a valle
dell'impianto di irrigazione al fine di evitare ogni inutile dispersione di un
bene che per loro è limitato e quindi prezioso.

Gli impianti per il ricircolo dell’acqua sono assai diversi per tecnologia
impiegata e costi di investimento e presentano comunque alcuni problemi.

Sono tre i fattori principali che possono frenare l’impiego di questi sistemi:

1. la ampia disponibilità di acqua di falda costituisce un disincentivo al


recupero delle acque

2. l'opinione diffusa, anche se infondata, che il riutilizzo delle acque


possa essere una fonte di potenziale dannosità per le piante, in quan-
to veicolo di malattie

3. lo sviluppo di popolazioni algali nelle vasche di recupero delle ac-


que costituisce un elemento di alterazione del buon funzionamento
degli impianti irrigui.
41
Con riferimento al primo punto, per quanto utilitaristico e sostanzialmente
egoistico, questo modo di pensare ha una sua logica che fino ad oggi era
difficile da negare. Al momento attuale però con l'entrata in vigore del
D.L. 152/1999 e della successiva integrazione del D.L. n° 258/2000, tale
posizione deve essere rivista e ciò in quanto dette leggi pur non modifican-
do la possibilità di emungere acqua di falda per fini irrigui pongono limiti
alla possibilità che le acque utilizzate a fini irrigui possano essere scaricate
in corsi d'acqua superficiali. Limiti stringenti che possono essere facilmen-
te superati in tutte le coltivazioni intensive.

Circa il pregiudizio che il recupero delle acque possa essere causa di un in-
cremento delle malattie delle piante possiamo semplicemente affermare
che non ci sono mai state evidenze che questa possibilità corrisponda a ve-
rità.

Al contrario il punto 3 costituisce uno dei punti dolenti del processo di re-
cupero delle acque. Le alghe sono l’effetto della presenza di fertilizzanti e
sostanze nutrienti nelle acque recuperate.

Il problema è ben conosciuto dagli addetti al settore e vari sono stati i ri-
medi proposti ma pochi i risultati ottenuti.

Anche in questo caso però una corretta gestione del recupero delle acque
può venire in aiuto per limitare i danni: l’ abbattimento mediante tecniche
di fitodepurazione può costituire un grosso contributo alla soluzione di
questa problema.

42
Inoltre, se un trattamento di fitodepurazione fosse attuato anche alle acque
in uscita dai depuratori di acque urbane avremo meno nitrati nei corsi d'ac-
qua e, per logica conseguenza, meno alghe nelle vasche di irrigazione delle
aziende che attingono acqua a valle di un depuratore.

Un vivaio a ciclo chiuso richiede un bacino di raccolta delle acque adegua-


tamente dimensionato, dei canali aperti o interrati di recupero del runoff,
degli invasi di sedimentazione e degli impianti di filtrazione e disinfezione
dell'acqua immediatamente a monte degli impianti di irrigazio-
ne/fertirrigazione. Oltre ai costi iniziali per la realizzazione degli impianti,
notevoli sono i fabbisogni di energia, di prodotti chimici e di manodopera
per la gestione (inclusa la manutenzione); il costo dell'acqua, però, rimane
inferiore a quello dell'acqua municipale e infine si ha un notevole rispar-
mio sull'acquisto dei fertilizzanti, oltre evidentemente ad una sostanziale
riduzione dell'inquinamento.

L’utilizzo di un sistema di lotta integrata e biologica rimanda al florivivai-


smo biologico e alle sue potenzialità, che verrà sinteticamente messo in lu-
ce successivamente.

b) migliori metodi di distribuzione delle acque irrigue

E’ ovvio che uno dei metodi per ridurre il consumo di acqua nel settore
consiste nell’adozione di un adeguato sistema di irrigazione che aumenti
l'efficienza di distribuzione e di conseguenza ne diminuisca il consumo: se
tutte le aziende sostituissero gli impianti di irrigazione aerei con impianti a
goccia il consumo di acqua subirebbe un calo drastico.
43
L'irrigazione localizzata, negli ultimi anni si è notevolmente estesa, a sca-
pito del sovrachioma, perché permette di apportare ad ogni singola pianta il
volume di acqua ad essa necessaria e perché è rilasciata direttamente nel
contenitore di allevamento, evitando inutili sprechi fuori dal vaso. Si ritie-
ne, a titolo indicativo, che un impianto a goccia consumi fino a dieci volte
di meno rispetto a quello a pioggia.

Sempre all'interno del vivaismo, possono essere attuate altre pratiche per
incrementare l'efficienza dell'irrigazione, contenendo le perdite. La pro-
grammazione degli interventi irrigui sulla base di una attenta valutazione
del fabbisogno di ogni singola specie è una delle azioni prioritarie, oltre
all’irrigazione nelle ore più fresche o tecniche per limitare le perdite per
evapotraspirazione (teli ombreggianti).

La microrrigazione e l'irrigazione ciclica sono le innovazioni più importan-


ti dal punto di vista dell'efficienza d'uso dell'acqua nei vivai.

Queste due tecniche sono sicuramente economicamente convenienti nel ca-


so di piante allevate in contenitori di grosse dimensione. L'irrigazione a
goccia può consentire risparmi di acqua fino all'80% rispetto all'irrigazione
a pioggia. Per quanto riguarda l'irrigazione ciclica (più interventi nell'arco
della giornata), questa tecnica può ridurre sensibilmente il runoff idrico-
minerale, soprattutto se accoppiata alla microirrigazione.

Un altro metodo di irrigazione a basso consumo d'acqua è la sub irrigazio-


ne o irrigazione a flusso, pratica molto conosciuta e diffusamente utilizzata
nelle coltivazioni di piante da interno allevate su bancali. E’usata perlopiù
44
in serra e richiede notevoli investimenti, oltre ad una manodopera più pre-
parata essendo più difficile la gestione della soluzione nutritiva ricircolan-
te.

Un’altra possibilità di ridurre i consumi di acqua e di fertilizzanti è la rac-


colta e il riutilizzo delle acque di drenaggio.

c) utilizzo di acqua derivate da impianti di depurazione

La possibilità di attingere acqua irrigua da fonti diverse dalle falde o dalla


pioggia è un modo ulteriore di risparmio idrico. Una potenziale soluzione,
per utilizzare più efficacemente le risorse idriche, potrebbe essere quindi
quella d'impiegare per l'agricoltura "acque reflue" ossia provenienti dal
drenaggio degli impianti di depurazione urbani ed industriali.

L'uso in agricoltura dei reflui permetterà anche di rispettare la Legge Galli


del '94 che prevede la destinazione delle acque di maggiore qualità per i bi-
sogni primari della comunità ed in particolare per quello idropotabile. Le
acque reflue anche se trattate dagli appositi impianti di depurazione con-
tengono sempre una certa quantità di nutrienti come N, P, K e sostanze or-
ganiche che se scaricate in laghi, fiumi o mare provocano il processo di eu-
trofizzazione. Utilizzando però queste acque nell'irrigazione delle colture si
ottiene una specie di "fitodepurazione" che migliora la qualità chimico-
biologica dell'acqua prima che sia restituita al ciclo idrologico. Inoltre que-
ste sostanze fertilizzanti svolgono un'azione concimante nei confronti delle
colture irrigue, riducendo la necessità d'apportare concimi artificiali.

45
In conclusione, i risultati ottenuti in alcune ricerche per verificare
l’utilizzabilità delle acque reflue nel florovivasimo e che hanno riguardato
diverse specie di piante in vaso, non hanno messo in luce particolari pro-
blemi ed anzi emerge una sostanziale validità dell'acqua reflua urbana co-
me risorsa idrica alternativa per l'irrigazione in vivaio.

Il D.L. 258/2000 prevede delle normative specifiche per l'impiego di acque


reflue a fini irrigui. Per raggiungere i livelli di disinfezione richiesti dalla
normativa per la riutilizzazione dei reflui nell'irrigazione, sono stati realiz-
zati in alcuni impianti di depurazione utilizzati per questa sperimentazione,
in coda all'impianto centrale un impianto pilota per effettuare tre tipi di
trattamenti: filtrazione a doppio stadio, raggi UV e aggiunta di acido pera-
cetico.

I vantaggi di utilizzare per l'irrigazione acque derivate da impianti i depu-


razione di reflui urbani o industriali possono essere così riassunti:

¾ risparmio di acqua di qualità da destinarsi all'uso umano;

¾ miglioramento della qualità delle acque reflue dato che il loro utiliz-
zo per fini irrigui può essere paragonato ad una fitodepurazione;

¾ riduzione, come diretta conseguenza di quanto sopra detto, dei quan-


titativi di fertilizzanti da somministrare alle piante;

¾ certezza della disponibilità di acqua irrigua anche nei periodi estivi


in quanto il flusso di acque reflue è quasi costante durante tutto l'arco
dell'anno.

Per contro devono essere attentamente valutati due aspetti:

46
¾ sanitario per quanto riferibile ai reflui urbani

¾ di possibili danni alle piante derivati da reflui industriali.

In assoluto possiamo affermare che mentre il rischio sanitario derivato da


acque reflue urbane può essere facilmente risolto con specifici trattamenti,
il rischio di tossicità derivata da scarichi industriali, anche se depurati, de-
ve essere valutato con estrema attenzione caso per caso. Se in futuro saran-
no riutilizzate le acque reflue dal depuratore, sarà necessario realizzare una
rete di distribuzione che raggiunga i singoli vivai ed un invaso di raccolta
per soddisfare i mesi estivi con maggior fabbisogno idrico. La necessità di
una programmazione dell’intero sistema territoriale piuttosto che una per
settori, emerge chiaramente anche da quest’ultima considerazione.

4.4 il florovivaismo biologico

Le produzioni, il commercio e i consumi dei prodotti biologici sono in cre-


scita non solo in Europa, in Giappone e nel nord America, ma anche in tan-
ti Paesi in rapido sviluppo sociale ed economico come l'India e la Cina.
Forti sono anche le pressioni sulla pubblica amministrazione affinché si de-
finiscano regole precise anche per le coltivazioni biologiche no food;
d’altronde la domanda che proviene da consumatori esigenti, attenti al
danno ambientale, è in crescita.

L’approfondimento delle tematiche tecniche, economiche, giuridiche rela-


tive a questo tipo di florovivaismo (realizzato con metodi quanto più natu-
rali, senza OGM e senza l'impiego di prodotti chimici di sintesi nei fertiliz-
zanti, negli insetticidi, nei diserbanti, come antibiotici, ecc. quindi nel
complesso a basso impatto ambientale), costituisce sicuramente una neces-
47
sità per ottenere una ulteriore qualificazione dei prodotti e intercettare una
nuova tipologia di domanda, prima che venga fatto da paesi esteri più vi-
vaci.

Si tratta, evidentemente, di nuovi campi d'azione che, in quanto tali, vanno


preventivamente esplorati con appositi programmi di ricerca da attivare,
per indagare sugli tutti gli aspetti, così da evitare agli operatori di rischiare
in proprio e senza un’adeguata programmazione.

Vi è l'esigenza, quindi, di predisporre un progetto o dei progetti di ricerca


di vasto respiro per il futuro sviluppo del florovivaismo biologico naziona-
le che siano utili sia per risolvere talune questioni in sospeso – agronomi-
che, sanitarie, economiche - anche per la valorizzazione dei cicli produttivi
orientati verso il risparmio energetico e di acqua.

4.5 prospettive future

Da quanto detto appare chiaro come la possibilità di ridurre i consumi di


risorse naturali e fertilizzanti sia non solo alla portata di ogni azienda ma,
sempre di più, si ponga come una necessità.

Il settore florovivaistico è profondamente influenzato dagli alti costi ener-


getici, dalla carenza d’acqua, dalla sempre più severa legislazione ambien-
tale e dagli usi conflittuali tra settori economici; il suo futuro dipende, per-
tanto, dal modo in cui sono e saranno affrontati i problemi relativi alla
quantità e alla qualità dell'acqua irrigua ed all'inquinamento. Tutti sembra-
no d'accordo che nel prossimo futuro le serre ed i vivai avranno meno ac-

48
qua a disposizione e che quindi si renderà necessario un aumento consi-
stente dell'efficienza d'uso sia dell'acqua sia dei fertilizzanti. L'adozione di
tecniche innovative riguardanti l'irrigazione e la fertilizzazione è il primo
passo in quella direzione.

Il mondo della ricerca sta studiando il modo di integrare l'irrigazione e la


fertilizzazione sulla base dell'effettiva esigenza della coltura, in modo da
somministrare l'acqua ed i concimi nella giusta quantità e nel giusto mo-
mento.

Un'altra strategia è quella di identificare, selezionare e coltivare le piante


più efficienti dal punto di vista idrico e minerale e più resistenti agli stress.
Sembra necessario quindi allargare i criteri con cui gli ibridatori e gli stessi
agricoltori scelgono le specie da coltivare; alle caratteristiche estetiche, al
rapido tasso di crescita e alla facilità di propagazione occorre aggiungere
anche la resistenza a stress come la mancanza d'acqua e/o l'eccessiva sali-
nità. Sono in corso anche altri programmi nazionali o regionali per identifi-
care le specie ornamentali più efficienti nell'uso delle risorse e maggior-
mente resistenti agli stress.

E’ da ritenere che una attenzione migliore a questo problema possa contri-


buire non poco a migliorare gli standard produttivi e la qualità totale del
prodotto e del modo di gestione dell’azienda in relazione all’ambiente cir-
costante.

Anche “l’istituzionalizzazione” dei distretti produttivi e la creazione di e-


coregioni, dove i limiti ambientali nell’uso delle risorse (acqua, energia) e
nell’impiego di sostanze nutrienti siano più restrittivi, appaiono come solu-

49
zioni gestionali di tipo territoriale che possono aiutare nel superamento dei
problemi ambientali e nell’innalzamento della qualità complessiva del pro-
dotto.

L’attività florovivaistica, infatti, è fortemente concentrata in alcune territo-


ri, formando così dei distretti. Si potrebbe perciò “sfruttare” il vantaggio di
“essere distretto”, cioè la presenza di attività similari concentrate su un ter-
ritorio relativamente circoscritto, in cui, per la logica che sottende ai di-
stretti, si dovrebbero creare dei rapporti informali tra i soggetti tali da po-
tenziare la circolazione di informazioni, quindi di conoscenze.

Già in alcuni di questi si sono segnalate esperienze di attività di collabora-


zione tra i diversi soggetti per la soluzione di alcune problematiche comu-
ni. Bisognerebbe favorire in tali distretti la realizzazione di un sistema di
gestione delle loro attività capace di ridurre fortemente l’impatto ecologico
sul territorio, cioè a “ciclo chiuso”, stabilendo un sistema di relazioni inte-
raziendali fondato sulla gestione comune delle problematiche ambientali e
incentrato sullo scambio dei materiali di scarto e sul loro reimpiego come
materie prime all’interno delle filiere produttive.

Il livello di cooperazione tra imprenditori, tra imprenditori e parti sociali e


istituzioni risulta, però, diverso da zona a zona.

Occorrerebbe invece potenziare la creazione di reti tra gli imprenditori, le


parti sociali e le istituzioni locali per l’individuazione di un percorso co-
mune al fine di risolvere i problemi del florovivaismo, non solo di tipo
ambientale ma in generale per fronteggiare le nuove sfide seguendo per-
corsi più collaborativi. Alcuni esempi di attività che potrebbero essere
svolte in maniera più cooperativa, a vantaggio di tutti e sfruttando le siner-

50
gie, così da superare i problemi tipici della piccola dimensione aziendale,
sono i seguenti:

¾ Analisi tecniche e socioeconomiche: un’attività che mira a indivi-


duare ed analizzare i fattori che ostacolano la diffusione nel settore
florovivaistico delle tecnologie più innovative e più efficienti in ter-
mini di gestione dell'acqua e dei fertilizzanti, oltre che di risparmio
energetico. La simulazione dei costi aziendali e sociali legati all'ac-
qua e alle risorse naturali;

¾ Inventari delle conoscenze disponibili su problematiche di interesse,


ad esempio le materie riutilizzabili nell’area; tecnologie e modifiche
organizzative per il risparmio idrico ed energetico disponibili, sia a
livello di singola azienda che come soluzione cooperativa del territo-
rio;

¾ Prove sperimentali e studi di fattibilità, in collaborazioni con univer-


sità ed enti di ricerca;

¾ Analisi di marketing a supporto della internazionalizzazione (ricerca


di nuovi mercati, intesi sia come paesi, che come produzio-
ni/clientela) e alla produzione market oriented: far maturare una co-
noscenza critica dello scenario della floricoltura mondiale nonché la
capacità di operare in un segmento produttivo market oriented con
approcci e metodi propri della tecnica industriale applicati a produ-
zioni regolate, sostanzialmente, da fenomeni biologici;

51
¾ Attività di ricerca, sviluppo e divulgazione delle principali innova-
zioni, sia tecnologiche che gestionali, con riferimento particolare alle
PMI.

Strutture di questo genere, già operanti in alcune zone, dovrebbero offrire


all' utente, in particolare PMI per superare le difficoltà intrinseche di que-
sto tipo di aziende, servizi specializzati di qualità, nell'ottica della realizza-
zione di una attività "ecocompatibile".

In sintesi, il florovivaismo si troverà ad affrontare in un futuro breve alcu-


ne sfide ambientali molto importanti, costrette per un verso da vincoli e
pressioni, sociali ed economiche, che bisogna però trasformare in opportu-
nità di rilancio. Ciò richiede anzitutto un’azione di tipo strategico e coordi-
nata, ma soprattutto l’innalzamento del livello qualitativo delle produzioni,
ottenibile solo attraverso importanti investimenti in innovazione e forma-
zione.

Il settore florovivaistico è un settore agricolo estremamente eterogeneo per


approccio tecnologico (colture high-tech e colture biologiche), impiego di
risorse e mercato di riferimento. Le aziende florovivaistiche sono general-
mente caratterizzate da un elevato grado di professionalità e di specializza-
zione e, per le sfide che si trova a dover sostenere in termini di competitivi-
tà internazionale e di qualificazione del prodotto, anche in termini di soste-
nibilità, richiede una preparazione professionale particolare.

52
APPENDICE STATISTICA

53
Superfici e aziende florovivaiste
Per regione (2000)

Sau n. Az.
PIEMONTE 1867,5 2121
VALLE D'AOSTA 6,86 34
LOMBARDIA 4618,4 3917
TRENTINO A. A. 195,68 568
VENETO 2899,4 3143
FRIULI-V.G. 1836,2 800
LIGURIA 2915,4 8428
E.ROMAGNA 2037,4 1748
TOSCANA 6279,2 5258
UMBRIA 453,7 432
MARCHE 982,21 929
LAZIO 1627,6 1900
ABRUZZO 422,38 565
MOLISE 58,98 83
CAMPANIA 1557,1 3482

54
PUGLIA 1820 2234
BASILICATA 154,13 228
CALABRIA 497,84 507
SICILIA 2312,5 2912
SARDEGNA 583,26 940
ITALIA 33126 40229

Fonte: Censimento Istat 2000

Aziende e superfici floricole per provincia


Censimento 2000

Province Floricoltura in complesso Floricoltura in piena aria Floricoltura protetta


e Aziende Superficie Aziende Superficie Aziende Superficie
Regioni
numero ettari numero ettari numero ettari
Torino 338 251,30 224 187,07 256 64,23
Vercelli 23 9,42 13 5,64 20 3,78
Novara 125 110,72 82 71,20 103 39,52
Cuneo 101 32,50 54 16,29 69 16,21
Asti 52 29,85 28 14,72 39 15,13
Alessandria 48 39,28 21 12,01 41 27,27
Biella 40 47,03 24 36,01 30 11,02
Verbano-Cusio-Ossola 65 46,64 51 36,14 47 10,50
Piemonte 792 566,74 497 379,08 605 187,66
Aosta 11 3,47 7 1,26 8 2,21
Valle d'Aosta 11 3,47 7 1,26 8 2,21
Varese 194 186,12 135 129,80 158 56,32
Como 183 185,48 127 146,01 146 39,47
Sondrio 14 7,10 6 4,39 11 2,71
Milano 272 274,17 182 215,19 223 58,98
Bergamo 204 204,99 128 106,14 165 98,85
Brescia 206 134,16 104 80,64 176 53,52
Pavia 56 64,96 37 55,50 38 9,46
Cremona 51 55,35 37 48,05 23 7,30
Mantova 99 85,20 28 22,68 89 62,52
Lecco 101 86,47 59 61,70 75 24,77
Lodi 22 48,14 13 32,85 16 15,29
Lombardia 1.402 1.332,14 856 902,95 1.120 429,19
Bolzano 101 41,59 68 20,41 93 21,18
Trento 121 34,50 47 14,37 103 20,13

55
Trentino-Alto Adige 222 76,09 115 34,78 196 41,31
Verona 144 200,10 62 119,22 123 80,88
Vicenza 116 93,13 61 60,27 97 32,86
Belluno 36 10,66 17 4,91 33 5,75
Treviso 200 118,65 72 65,35 180 53,30
Venezia 183 123,43 76 58,75 148 64,68
Padova 318 216,05 160 130,16 254 85,89
Rovigo 91 44,90 26 15,54 85 29,36
Veneto 1.088 806,92 474 454,20 920 352,72
Udine 121 92,18 46 41,91 107 50,27
Gorizia 23 12,36 12 7,41 21 4,95
Trieste 35 5,41 28 3,71 22 1,70
Pordenone 64 28,82 24 12,49 59 16,33
Friuli-Venezia Giulia 243 138,77 110 65,52 209 73,25
Imperia 4.611 2.139,30 3792 1.484,01 2219 655,29
Savona 975 532,02 743 320,48 714 211,54
Genova 161 63,61 118 36,13 119 27,48
La Spezia 44 15,91 23 7,36 36 8,55
Liguria 5.791 2.750,84 4.676 1.847,98 3.088 902,86
Piacenza 46 32,00 27 17,47 40 14,53
Parma 32 32,91 16 23,67 21 9,24
Reggio nell'Emilia 48 54,18 19 43,39 41 10,79
Modena 103 65,68 54 43,60 74 22,08
Bologna 105 65,97 48 46,22 85 19,75
Ferrara 94 67,52 28 31,32 84 36,20
Ravenna 74 76,63 27 59,15 64 17,48
Forlì-Cesena 108 65,59 61 44,05 85 21,54
Rimini 35 26,61 18 17,55 34 9,06
Emilia Romagna 645 487,09 298 326,42 528 160,67
Massa-Carrara 30 14,39 12 7,43 24 6,96
Lucca 618 483,30 407 264,18 488 219,12
Pistoia 858 765,65 582 565,47 538 200,18
Firenze 106 89,05 76 47,59 78 41,46
Livorno 67 36,00 40 18,17 50 17,83
Pisa 59 41,05 33 29,74 45 11,31
Arezzo 119 65,24 65 39,29 81 25,95
Siena 24 85,14 14 7,51 17 77,63
Grosseto 103 204,36 68 184,51 53 19,85
Prato 9 23,71 8 23,26 5 0,45
Toscana 1.993 1.807,89 1.305 1.187,15 1.379 620,74
Perugia 110 62,47 45 27,51 91 34,96
Terni 32 45,96 22 9,02 14 36,94
Umbria 142 108,43 67 36,53 105 71,90
Pesaro e Urbino 87 54,91 51 32,78 53 22,13
Ancona 53 50,58 28 37,85 44 12,73
Macerata 44 25,75 20 15,49 35 10,26
Ascoli Piceno 124 88,23 79 68,38 75 19,85
Marche 308 219,47 178 154,50 207 64,97
Viterbo 53 30,94 35 22,47 31 8,47
Rieti 11 3,97 8 3,26 8 0,71
Roma 448 473,67 348 274,90 286 198,77
Latina 273 455,43 117 179,45 214 275,98

56
Frosinone 200 22,87 172 13,84 39 9,03
Lazio 985 986,88 680 493,92 578 492,96
L'Aquila 22 15,15 14 12,33 10 2,82
Teramo 53 31,98 26 13,94 42 18,04
Pescara 102 54,72 40 24,76 91 29,96
Chieti 67 34,33 29 20,30 52 14,03
Abruzzo 244 136,18 109 71,33 195 64,85
Campobasso 21 7,07 16 4,14 11 2,93
Isernia 6 0,89 4 0,72 2 0,17
Molise 27 7,96 20 4,86 13 3,10
Caserta 48 41,74 37 24,66 18 17,08
Benevento 28 17,48 20 6,69 14 10,79
Napoli 1.765 741,10 753 252,78 1332 488,32
Avellino 86 70,60 75 62,89 18 7,71
Salerno 409 306,75 139 75,41 311 231,34
Campania 2.336 1.177,67 1.024 422,43 1.693 755,24

57
Foggia 42 85,66 31 61,23 15 24,43
Bari 246 205,71 115 60,30 165 145,41
Taranto 64 17,55 58 12,52 10 5,03
Brindisi 160 39,89 136 18,05 29 21,84
Lecce 397 235,90 99 86,48 338 149,42
Puglia 909 584,71 439 238,58 557 346,13
Potenza 61 34,42 53 11,73 13 22,69
Matera 12 7,21 3 2,29 10 4,92
Basilicata 73 41,63 56 14,02 23 27,61
Cosenza 67 49,44 36 11,91 37 37,53
Catanzaro 31 26,72 17 6,28 17 20,44
Reggio di Calabria 45 43,76 19 8,40 32 35,36
Crotone 7 9,62 3 2,25 6 7,37
Vibo Valentia 20 50,26 8 6,26 14 44,00
Calabria 170 179,80 83 35,10 106 144,70
Trapani 140 117,51 82 42,66 77 74,85
Palermo 64 22,10 45 9,23 27 12,87
Messina 269 186,21 212 132,98 120 53,23
Agrigento 71 41,51 31 8,45 45 33,06
Caltanissetta 21 11,54 9 1,95 12 9,59
Enna 77 14,74 71 11,37 9 3,37
Catania 195 197,52 160 136,71 86 60,81
Ragusa 412 385,11 79 42,68 366 342,43
Siracusa 32 41,52 21 23,89 21 17,63
Sicilia 1.281 1.017,76 710 409,92 763 607,84
Sassari 109 70,40 87 50,96 44 19,44
Nuoro 23 13,25 12 4,25 15 9,00
Cagliari 193 145,62 102 48,16 130 97,46
Oristano 23 33,69 9 16,97 22 16,72
Sardegna 348 262,96 210 120,34 211 142,62
-
ITALIA 19.010 12.693,40 11.914 7.200,87 12.504 5.492,53
Fonte: Istat

58
Aziende e superfici vivaistiche di fiori e piante ornamentali
Censimento 2000

Province Vivai Piantine flor. Piantine ort. Piante Frutt.


e totali ed ornam. ed altre ornam. ed altri
regioni Az. Sup. Az. Sup. Az. Sup. Az. Sup. Az. Sup.
n ha n ha n ha n ha n ha
Torino 270 384,19 52 15,00 68 59,50 121 149,84 104 159,85
Vercelli 29 31,45 6 2,27 7 2,11 12 8,7 10 18,37
Novara 107 115,37 21 7,11 13 3,07 68 81,23 29 23,96
Cuneo 182 376,34 22 26,64 44 27,57 44 81,55 96 240,58
Asti 122 168,55 5 0,91 22 12,29 18 16,05 85 139,30
Alessandria 125 231,79 15 4,33 30 47,53 32 44,82 68 135,11
Biella 72 125,37 10 1,97 6 4,06 52 114,57 15 4,77
Verbania 92 119,95 11 3,36 7 0,43 75 112,84 8 3,32
Piemonte 999 1.553,01 142 61,59 197 156,56 422 609,60 415 725,26
Aosta 19 3,63 5 0,99 6 0,29 4 1,38 8 0,97
Valle d'Aosta 19 3,63 5 0,99 6 0,29 4 1,38 8 0,97
Varese 196 307,54 48 12,80 44 11,21 139 267,17 31 16,36
Como 189 313,50 49 18,28 31 6,84 141 281,36 21 7,02
Sondrio 12 2,60 3 0,18 6 0,79 5 1,22 2 0,41
Milano 234 393,85 51 20,20 31 10,82 163 337,26 39 25,57
Bergamo 185 204,96 41 27,06 33 24,10 108 114,94 52 38,86
Brescia 249 409,94 39 22,95 41 69,32 141 231,6 95 86,07
Pavia 77 161,58 16 5,13 25 29,03 20 45,78 30 81,64
Cremona 116 523,99 10 6,94 29 39,77 64 439,76 23 37,52
Mantova 289 1.040,01 26 68,89 61 64,75 154 694,96 66 211,41
Lecco 108 202,86 21 4,24 13 2,86 87 190,74 11 5,02
Lodi 30 65,36 4 0,60 12 34,57 13 24,38 7 5,81
Lombardia 1.685 3.626,19 308 187,27 326 294,06 1.035 2.629,17 377 515,69
Bolzano 91 128,40 25 5,31 35 6,07 20 10,74 42 106,28
Trento 182 172,53 16 3,01 49 9,16 41 24,61 95 135,75
Trentino-A. A. 273 300,93 41 8,32 84 15,23 61 35,35 137 242,03
Verona 252 543,34 34 16,98 77 62,72 69 114,33 103 349,31
Vicenza 210 226,71 28 21,10 66 19,66 81 137,43 76 48,52
Belluno 38 22,15 9 0,88 20 2,14 18 14,32 8 4,81
Treviso 453 592,36 56 24,60 73 32,70 240 384,24 153 150,82
Venezia 283 401,97 27 10,50 66 25,78 137 214,41 98 151,28
Padova 558 989,49 48 25,52 72 63,47 330 465,44 230 435,06
Rovigo 104 194,03 19 10,63 36 49,01 35 50,75 33 83,64
Veneto 1.898 2.970,05 221 110,21 410 255,48 910 1.380,92 701 1.223,44
Udine 175 325,24 40 10,57 72 75,37 34 75,01 64 164,29
Gorizia 27 30,10 7 0,78 1 0,18 5 13,74 16 15,40
Trieste 33 3,61 7 0,40 30 1,31 3 1,9 -
Pordenone 301 1.474,04 19 6,05 40 27,18 30 81,27 235 1.359,54
Friuli-V. G. 536 1.832,99 73 17,80 143 104,04 72 171,92 315 1.539,23
Imperia 223 79,33 102 31,74 51 13,37 47 14,19 34 20,03
Savona 143 60,12 59 16,97 57 15,13 25 13,1 27 14,92
Genova 127 40,70 40 17,25 53 6,56 18 4,03 35 12,86
La Spezia 56 25,13 9 1,29 34 8,69 10 3,01 15 12,14
Liguria 549 205,28 210 67,25 195 43,75 100 34,33 111 59,95

59
Piacenza 78 81,22 15 2,60 36 11,02 19 32,71 27 34,89
Parma 57 83,84 5 1,78 25 17,98 14 34,71 21 29,37
Reggio Emilia 146 242,36 10 5,67 17 28,97 53 95,7 92 112,02
Modena 161 215,44 11 12,04 14 5,04 62 90,88 93 107,48
Bologna 186 495,34 16 7,22 30 40,77 90 367,93 62 79,42
Ferrara 146 724,63 5 1,72 44 247,49 28 38,48 84 436,94
Ravenna 128 579,84 18 11,98 30 54,91 35 186,53 65 326,42
Forlì-Cesena 142 202,04 25 7,29 86 59,58 24 52,68 26 82,49
Rimini 58 53,76 10 4,06 25 7,97 18 21,67 19 20,06
Emilia Romagna 1.102 2.678,47 115 54,36 307 473,73 343 921,29 489 1.229,09
Massa-Carrara 51 4,01 7 0,92 40 2,09 8 1 -
Lucca 189 266,62 67 35,12 52 19,77 57 79,41 50 132,32
Pistoia 1.381 2.870,29 123 37,04 33 10,40 1087 2553,87 261 268,98
Firenze 138 158,53 18 7,26 26 26,64 58 61,72 66 62,91
Livorno 99 95,57 16 7,54 42 29,53 36 32,12 23 26,38
Pisa 108 247,72 16 6,27 21 15,59 31 40 65 185,86
Arezzo 295 511,93 36 17,16 58 30,81 94 192,28 161 271,68
Siena 110 254,52 7 6,66 23 28,73 27 77,55 66 141,58
Grosseto 165 357,23 22 36,34 26 28,83 73 201,58 54 90,48
Prato 45 49,39 4 2,36 2 0,12 30 37,29 15 9,62
Toscana 2.581 4.815,81 316 156,67 323 192,51 1.501 3.276,82 761 1.189,81
Perugia 228 351,66 30 12,51 83 90,69 67 80,74 87 167,72
Terni 55 57,10 10 3,96 10 5,82 17 19,93 28 27,39
Umbria 283 408,76 40 16,47 93 96,51 84 100,67 115 195,11
Pesaro e Urbino 65 143,23 4 1,37 26 59,28 30 72,62 15 9,96
Ancona 86 314,80 14 2,99 30 14,64 38 79,31 42 217,86
Macerata 81 180,88 15 44,62 45 48,65 25 40,05 20 47,56
Ascoli Piceno 341 475,98 27 9,62 20 45,99 269 365,91 54 54,46
Marche 573 1.114,89 60 58,60 121 168,56 362 557,89 131 329,84
Viterbo 116 134,17 12 7,60 36 69,40 48 23,67 36 33,50
Rieti 30 59,52 6 0,68 14 3,03 10 42,1 18 13,71
Roma 331 272,61 52 44,67 129 36,51 124 119,09 88 72,34
Latina 140 251,82 38 92,66 53 95,23 27 37,92 31 26,01
Frosinone 167 69,80 28 7,13 94 18,21 39 32,12 41 12,34
Lazio 784 787,92 136 152,74 326 222,38 248 254,90 214 157,90
L'Aquila 46 28,92 6 1,61 13 6,57 6 8,51 29 12,23
Teramo 78 102,73 7 3,85 16 12,48 28 52,99 34 33,41
Pescara 48 80,29 5 0,54 13 12,38 26 62,73 13 4,64
Chieti 125 119,24 9 1,64 27 19,80 14 9,82 84 87,98
Abruzzo 297 331,18 27 7,64 69 51,23 74 134,05 160 138,26
Campobasso 36 52,88 6 0,66 12 7,45 4 2,58 19 42,19
Isernia 22 6,98 2 0,15 7 0,96 6 2,47 11 3,40
Molise 58 59,86 8 0,81 19 8,41 10 5,05 30 45,59
Caserta 124 110,20 13 6,44 53 25,50 20 26,7 52 51,56
Benevento 129 98,03 10 16,71 58 23,44 15 19,85 57 38,03
Napoli 269 157,60 78 28,72 102 76,75 74 39,53 52 12,60
Avellino 149 58,50 13 3,38 64 13,06 32 15,09 57 26,97
Salerno 321 332,19 59 26,62 153 195,59 65 50,5 91 59,48
Campania 992 756,52 173 81,87 430 334,34 206 151,67 309 188,64

60
Foggia 114 242,71 4 4,86 29 47,58 4 12,05 78 178,22
Bari 396 483,05 24 10,53 68 74,97 124 84,53 203 313,02
Taranto 299 371,37 14 1,72 30 32,01 107 26,8 165 310,84
Brindisi 307 123,24 121 11,67 75 35,97 88 30,41 61 45,19
Lecce 300 398,60 36 17,78 75 49,64 94 65,54 137 265,64
Puglia 1.416 1.618,97 199 46,56 277 240,17 417 219,33 644 1.112,91
Potenza 142 89,32 27 3,79 55 19,32 25 23,05 49 43,16
Matera 45 76,53 3 3,86 15 43,54 9 4,31 23 24,82
Basilicata 187 165,85 30 7,65 70 62,86 34 27,36 72 67,98
Cosenza 198 145,64 10 2,87 116 97,37 29 16,44 51 28,96
Catanzaro 97 187,51 11 7,64 50 21,46 18 31,04 32 127,37
Reggioi Calabria 146 86,96 13 1,54 91 26,28 29 32,76 37 26,38
Crotone 20 54,42 9 27,26 6 22,57 8 4,59
Vibo Valentia 145 85,65 9 10,48 127 51,29 6 1,28 11 22,60
Calabria 606 560,18 43 22,53 393 223,66 88 104,09 139 209,90
Trapani 237 313,07 8 0,83 12 11,13 33 14,41 187 286,70
Palermo 118 113,42 11 2,79 25 11,07 41 11,84 54 87,72
Messina 674 330,37 28 4,73 96 10,11 132 74,96 487 240,57
Agrigento 100 106,70 2 2,93 5 4,06 34 18,52 68 81,19
Caltanissetta 66 116,11 3 25,50 3 0,37 34 23,14 30 67,10
Enna 86 27,61 3 0,33 11 7,22 55 7,48 24 12,58
Catania 195 315,73 13 5,65 26 10,30 100 227,48 65 72,30
Ragusa 130 126,26 21 8,76 19 11,71 41 27,45 55 78,34
Siracusa 45 103,13 5 2,37 9 11,60 25 80,49 11 8,67
Sicilia 1.651 1.552,40 94 53,89 206 77,57 495 485,77 981 935,17
Sassari 166 128,27 24 20,36 26 60,31 69 14,28 69 33,32
Nuoro 124 82,10 13 6,52 32 21,87 14 5,56 79 48,15
Cagliari 227 238,42 33 22,01 106 37,44 32 13,13 70 165,84
Oristano 52 55,72 2 1,01 12 23,42 5 4,05 37 27,24
Sardegna 569 504,51 72 49,90 176 143,04 120 37,02 255 274,55

ITALIA 17.058 25.847,40 2.313 1.163,12 4.171 3.164,38 6.586 11.138,58 6.364 10.381,32
Fonte: Istat

61
Aziende e superfici florovivaistiche per provincia -
Censimento 2000

Province Florovivaismo Floricoltura Vivaismo


e Aziende Superficie Aziende Superficie Aziende Superficie
Regioni
numero ettari numero ettari numero ettari
Torino 510 635,49 338 251,30 270 384,19
Vercelli 40 40,87 23 9,42 29 31,45
Novara 186 226,09 125 110,72 107 115,37
Cuneo 264 408,84 101 32,50 182 376,34
Asti 162 198,40 52 29,85 122 168,55
Alessandria 156 271,07 48 39,28 125 231,79
Biella 93 172,40 40 47,03 72 125,37
Verbano-Cusio-Ossola 135 166,59 65 46,64 92 119,95
Piemonte 1.546 2.119,75 792 566,74 999 1.553,01
Aosta 27 7,10 11 3,47 19 3,63
Valle d'Aosta 27 7,10 11 3,47 19 3,63
Varese 301 493,66 194 186,12 196 307,54
Como 288 498,98 183 185,48 189 313,50
Sondrio 19 9,70 14 7,10 12 2,60
Milano 395 668,02 272 274,17 234 393,85
Bergamo 323 409,95 204 204,99 185 204,96
Brescia 383 544,10 206 134,16 249 409,94
Pavia 113 226,54 56 64,96 77 161,58
Cremona 155 579,34 51 55,35 116 523,99
Mantova 352 1.125,21 99 85,20 289 1.040,01
Lecco 161 289,33 101 86,47 108 202,86
Lodi 41 113,50 22 48,14 30 65,36
Lombardia 2.531 4.958,33 1.402 1.332,14 1.685 3.626,19
Bolzano 156 169,99 101 41,59 91 128,40
Trento 261 207,03 121 34,50 182 172,53
Trentino-Alto Adige 417 377,02 222 76,09 273 300,93
Verona 351 743,44 144 200,10 252 543,34
Vicenza 280 319,84 116 93,13 210 226,71
Belluno 51 32,81 36 10,66 38 22,15
Treviso 577 711,01 200 118,65 453 592,36
Venezia 415 525,40 183 123,43 283 401,97
Padova 786 1.205,54 318 216,05 558 989,49
Rovigo 168 238,93 91 44,90 104 194,03
Veneto 2.628 3.776,97 1.088 806,92 1.898 2.970,05
Udine 250 417,42 121 92,18 175 325,24
Gorizia 40 42,46 23 12,36 27 30,10
Trieste 58 9,02 35 5,41 33 3,61
Pordenone 338 1.502,86 64 28,82 301 1.474,04
Friuli-Venezia Giulia 686 1.971,76 243 138,77 536 1.832,99
Imperia 4.742 2.218,63 4.611 2.139,30 223 79,33
Savona 1.067 592,14 975 532,02 143 60,12
Genova 251 104,31 161 63,61 127 40,70
La Spezia 87 41,04 44 15,91 56 25,13
Liguria 6.147 2.956,12 5.791 2.750,84 549 205,28

62
Piacenza 96 113,22 46 32,00 78 81,22
Parma 78 116,75 32 32,91 57 83,84
Reggio nell'Emilia 172 296,54 48 54,18 146 242,36
Modena 237 281,12 103 65,68 161 215,44
Bologna 259 561,31 105 65,97 186 495,34
Ferrara 222 792,15 94 67,52 146 724,63
Ravenna 191 656,47 74 76,63 128 579,84
Forlì-Cesena 230 267,63 108 65,59 142 202,04
Rimini 82 80,37 35 26,61 58 53,76
Emilia Romagna 1.567 3.165,56 645 487,09 1.102 2.678,47
Massa-Carrara 75 18,40 30 14,39 51 4,01
Lucca 751 749,92 618 483,30 189 266,62
Pistoia 2.019 3.635,94 858 765,65 1.381 2.870,29
Firenze 214 247,58 106 89,05 138 158,53
Livorno 145 131,57 67 36,00 99 95,57
Pisa 148 288,77 59 41,05 108 247,72
Arezzo 360 577,17 119 65,24 295 511,93
Siena 128 339,66 24 85,14 110 254,52
Grosseto 248 561,59 103 204,36 165 357,23
Prato 51 73,10 9 23,71 45 49,39
Toscana 4.139 6.623,70 1.993 1.807,89 2.581 4.815,81
Perugia 294 414,13 110 62,47 228 351,66
Terni 82 103,06 32 45,96 55 57,10
Umbria 376 517,19 142 108,43 283 408,76
Pesaro e Urbino 143 198,14 87 54,91 65 143,23
Ancona 118 365,38 53 50,58 86 314,80
Macerata 109 206,63 44 25,75 81 180,88
Ascoli Piceno 433 564,21 124 88,23 341 475,98
Marche 803 1.334,36 308 219,47 573 1.114,89
Viterbo 159 165,11 53 30,94 116 134,17
Rieti 36 63,49 11 3,97 30 59,52
Roma 731 746,28 448 473,67 331 272,61
Latina 386 707,25 273 455,43 140 251,82
Frosinone 336 92,67 200 22,87 167 69,80
Lazio 1.648 1.774,80 985 986,88 784 787,92
L'Aquila 63 44,07 22 15,15 46 28,92
Teramo 117 134,71 53 31,98 78 102,73
Pescara 143 135,01 102 54,72 48 80,29
Chieti 184 153,57 67 34,33 125 119,24
Abruzzo 507 467,36 244 136,18 297 331,18
Campobasso 52 59,95 21 7,07 36 52,88
Isernia 26 7,87 6 0,89 22 6,98
Molise 78 67,82 27 7,96 58 59,86
Caserta 170 151,94 48 41,74 124 110,20
Benevento 150 115,51 28 17,48 129 98,03
Napoli 1.950 898,70 1.765 741,10 269 157,60
Avellino 227 129,10 86 70,60 149 58,50
Salerno 696 638,94 409 306,75 321 332,19
Campania 3.193 1.934,19 2.336 1.177,67 992 756,52

63
Foggia 151 328,37 42 85,66 114 242,71
Bari 620 688,76 246 205,71 396 483,05
Taranto 358 388,92 64 17,55 299 371,37
Brindisi 427 163,13 160 39,89 307 123,24
Lecce 660 634,50 397 235,90 300 398,60
Puglia 2.216 2.203,68 909 584,71 1.416 1.618,97
Potenza 195 123,74 61 34,42 142 89,32
Matera 53 83,74 12 7,21 45 76,53
Basilicata 248 207,48 73 41,63 187 165,85
Cosenza 248 195,08 67 49,44 198 145,64
Catanzaro 119 214,23 31 26,72 97 187,51
Reggio di Calabria 184 130,72 45 43,76 146 86,96
Crotone 24 64,04 7 9,62 20 54,42
Vibo Valentia 161 135,91 20 50,26 145 85,65
Calabria 736 739,98 170 179,80 606 560,18
Trapani 371 430,58 140 117,51 237 313,07
Palermo 177 135,52 64 22,10 118 113,42
Messina 912 516,58 269 186,21 674 330,37
Agrigento 171 148,21 71 41,51 100 106,70
Caltanissetta 87 127,65 21 11,54 66 116,11
Enna 157 42,35 77 14,74 86 27,61
Catania 368 513,25 195 197,52 195 315,73
Ragusa 528 511,37 412 385,11 130 126,26
Siracusa 76 144,65 32 41,52 45 103,13
Sicilia 2.847 2.570,16 1.281 1.017,76 1.651 1.552,40
Sassari 248 198,67 109 70,40 166 128,27
Nuoro 139 95,35 23 13,25 124 82,10
Cagliari 381 384,04 193 145,62 227 238,42
Oristano 73 89,41 23 33,69 52 55,72
Sardegna 841 767,47 348 262,96 569 504,51
- -
ITALIA 33.181 38.540,80 19.010 12.693,40 17.058 25.847,40
Fonte: Istat

64
Produzione ai prezzi di base di fiori e piante
(Milioni di euro a prezzi correnti)
Quota Quota
% %
Regioni 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002
Reg. Reg.
'96 '02
Piemonte 44 44 43 40 21 21 19 2,3 1,2
Valle d'Aosta 0 0 0 0 0 0 0 - -
Lombardia 108 108 109 97 99 101 101 5,6 6,5
Trentino A.A. 10 10 9 8 5 4 4 0,5 0,3
Veneto 88 86 86 80 79 82 84 4,6 5,4
Friuli V.G. 24 24 23 20 18 18 18 1,3 1,2
Liguria 565 559 558 549 528 521 460 29,4 29,7
Emilia Romagna 46 45 44 37 78 79 79 2,4 5,1
Toscana 156 152 149 140 77 82 72 8,1 4,6
Umbria 5 4 4 4 4 4 4 0,2 0,2
Marche 23 22 22 20 14 14 14 1,2 0,9
Lazio 96 91 88 83 133 139 133 5,0 8,6
Abruzzo 18 17 17 16 15 15 15 0,9 0,9
Molise 0 0 0 0 0 0 0 - -
Campania 260 260 260 213 203 207 214 13,5 13,8
Puglia 219 210 209 196 145 134 133 11,4 8,6
Basilicata 1 1 1 1 1 0 1 0,1 -
Calabria 11 10 10 10 7 7 6 0,6 0,4
Sicilia 227 225 223 193 182 184 188 11,8 12,1
Sardegna 20 19 19 17 6 6 6 1,0 0,4
Italia 1.920 1.887 1.875 1.724 1.613 1.616 1.550 100,0 100,0

(Milioni di euro a prezzi 1995)


Piemonte 44 44 43 43 24 23 21 2,4 1,3
Valle d'Aosta - - - - - - - - -
Lombardia 103 102 102 103 109 110 103 5,5 6,5
Trentino Alto Adige 9 9 9 9 5 5 5 0,5 0,3
Veneto 85 85 85 84 85 87 83 4,6 5,2
Friuli Venezia Giulia 22 22 22 21 20 19 19 1,2 1,2
Liguria 583 579 583 581 583 564 480 31,3 30,2
Emilia Romagna 40 40 39 39 86 86 81 2,1 5,1
Toscana 161 160 160 160 89 93 78 8,6 4,9
Umbria 5 5 5 5 5 5 4 0,3 0,3
Marche 21 21 21 21 10 10 10 1,1 0,6
Lazio 90 90 89 88 131 134 121 4,8 7,6
Abruzzo 17 17 17 17 16 16 15 0,9 0,9
Molise - - - - - - - - -
Campania 228 226 227 230 230 230 222 12,2 14,0
Puglia 212 211 212 211 163 149 138 11,4 8,7
Basilicata 1 1 1 1 1 1 1 0,0 0,0
Calabria 11 11 10 10 8 7 6 0,6 0,4
Sicilia 211 209 208 207 203 201 196 11,3 12,3
Sardegna 19 19 19 18 7 7 6 1,0 0,4
Italia 1.863 1.850 1.854 1.848 1.776 1.746 1.587 100,0 100,0
Fonte: Ismea su dati Istat

65
Produzione ai prezzi di base del settore vivaistico
(Milioni di euro a prezzi correnti)
% Reg. % Reg.
1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002
'96 '02
Piemonte 33 34 35 35 41 43 57 6,4 6,4
Valle d'Aosta 0 0 0 0 0 0 0 - 0,0
Lombardia 64 66 70 62 71 82 114 12,4 12,9
Trentino A.A. 2 2 2 2 2 2 2 0,3 0,3
Veneto 17 17 18 17 18 20 34 3,3 3,8
Friuli V. G. 28 28 30 29 31 34 43 5,3 4,8
Liguria 1 2 1 1 2 2 5 0,3 0,5
Emilia Romagna 33 34 36 34 38 42 65 6,5 7,3
Toscana 180 185 210 206 243 290 363 34,8 41,1
Umbria 3 3 3 3 3 4 4 0,6 0,4
Marche 14 14 14 14 15 16 16 2,7 1,9
Lazio 15 16 16 17 19 22 26 3,0 3,0
Abruzzo 4 4 4 4 4 5 6 0,7 0,7
Molise 1 1 1 1 1 1 1 0,1 0,1
Campania 8 9 9 9 10 11 17 1,6 1,9
Puglia 29 30 31 31 34 38 45 5,6 5,1
Basilicata 3 3 3 3 3 3 2 0,6 0,3
Calabria 10 10 10 9 9 10 9 1,9 1,0
Sicilia 41 42 43 42 45 50 61 7,9 6,9
Sardegna 32 33 35 33 36 39 15 6,2 1,7
Italia 518 531 568 550 622 711 885 100,0 100,0

(Milioni di euro a prezzi 1995)


Piemonte 33 34 36 35 41 42 50 6,4 6,3
Valle d'Aosta - - - - - 0 0 - -
Lombardia 64 66 63 64 72 81 102 12,6 12,7
Trentino A.A. 2 2 2 2 2 2 2 0,3 0,3
Veneto 16 16 17 17 19 20 30 3,1 3,7
Friuli V. G. 27 28 29 30 31 33 39 5,3 4,8
Liguria 1 1 1 1 2 2 4 0,3 0,5
Emilia Romagna 33 34 35 35 38 42 56 6,5 7,0
Toscana 174 189 201 210 247 287 330 34,3 41,3
Umbria 3 3 3 3 3 4 3 0,6 0,4
Marche 14 14 15 15 15 16 15 2,8 1,9
Lazio 16 16 17 17 19 22 25 3,1 3,1
Abruzzo 4 4 4 4 4 5 5 0,8 0,7
Molise 1 1 1 1 1 1 1 0,1 0,1
Campania 9 9 9 9 10 11 17 1,7 2,1
Puglia 29 30 31 31 34 38 41 5,7 5,1
Basilicata 3 3 3 3 3 3 2 0,5 0,3
Calabria 9 9 9 9 9 9 7 1,8 0,8
Sicilia 40 41 43 43 46 50 57 7,9 7,1
Sardegna 31 32 34 34 36 38 14 6,1 1,7
Italia 508 532 552 563 631 703 799 100,0 100,0
Fonte: Ismea su dati Istat

66
Graduatoria province "floricole"

Floricoltura
Sau n.Aziende
1 Imperia 1 2172,97 1 6241 2
2 Napoli 3 765,46 2 2220 5
3 Pistoia 2 808,44 4 1285 6
4 Savona 5 556,49 3 1584 8
5 Lucca 7 530,89 5 1012 12
6 Roma 6 536,07 6 730 12
7 Torino 10 310,83 7 589 17
8 Salerno 9 349,65 8 553 17
9 Milano 11 297,07 9 534 20
10 Ragusa 8 394,4 12 474 20
11 Latina 4 579,48 17 381 21
12 Padova 13 260,05 10 514 23
13 Lecce 12 262,04 11 501 23
14 Bergamo 17 238,93 15 385 32
15 Varese 20 199,34 13 401 33
16 Messina 21 195,08 14 399 35
17 Bari 15 246,12 21 333 36
18 Como 19 205,62 18 375 37
19 Brescia 22 188,82 16 384 38
20 Verona 16 242,77 27 268 43
21 Treviso 24 157,49 19 355 43
22 Catania 18 209,96 25 276 43
23 Cagliari 23 179,52 20 336 43
24 Venezia 26 142,46 24 279 50
25 Grosseto 14 254,78 44 157 58
26 Novara 32 118,13 28 233 60
27 Vicenza 29 123,72 31 216 60
28 Perugia 28 131,52 33 212 61
29 Udine 36 109,47 29 228 65
30 Sassari 27 139,76 39 182 66
31 Forli'-Cesena 38 100,89 30 217 68
32 Genova 47 81,87 22 299 69
33 Ascoli Piceno 33 117,09 36 194 69
34 Mantova 25 155,88 45 155 70
35 Firenze 35 110,46 37 185 72
36 Trapani 31 121,43 41 174 72
37 Arezzo 43 87,91 35 204 78
38 Lecco 41 92,16 38 182 79
39 Ravenna 30 121,94 52 124 82
40 Brindisi 60 54,17 23 295 83
41 Cosenza 34 114,09 53 123 87
42 Rovigo 44 87,59 46 145 90
43 Ferrara 42 91,39 48 135 90
44 Modena 48 80,78 43 159 91
45 Bologna 51 75,96 40 175 91
46 Avellino 45 82,51 49 135 94
47 Cuneo 55 64 42 165 97
48 Bolzano-Bozen 67 48,46 32 215 99

67
49 Viterbo 40 94,85 61 94 101
50 Pescara 54 67,31 47 145 101
51 Pavia 52 75,6 56 105 108
52 Frosinone 83 36,3 26 271 109
53 Trento 77 41,1 34 204 111
54 Alessandria 49 79,47 63 93 112
55 Pesaro e Urbino 58 60,38 54 121 112
56 Verbania-Cusio-Ossola 64 50,19 51 128 115
57 Potenza 68 48,31 50 131 118
58 Macerata 50 78,17 70 82 120
59 Cremona 46 81,97 75 76 121
60 Caserta 56 62,98 65 92 121
61 Foggia 37 109,26 84 55 121
62 Livorno 70 47,87 55 118 125
63 Reggio di Calabria 59 60,14 66 89 125
64 Siena 39 100,43 87 51 126
65 Pisa 69 48,25 58 101 127
66 Chieti 71 46 57 102 128
67 Reggio nell'Emilia 57 61,67 72 81 129
68 Vibo Valentia 53 72,26 80 68 133
69 Pordenone 74 43,93 60 94 134
70 Agrigento 66 48,5 69 85 135
71 Biella 63 51,5 76 75 139
72 Piacenza 81 37,98 64 93 145
73 Palermo 87 27,23 59 98 146
74 Ancona 80 39,19 68 88 148
75 Catanzaro 65 49,23 83 59 148
76 Teramo 78 40,83 71 82 149
77 Terni 62 51,67 88 50 150
78 Taranto 89 22,54 62 94 151
79 Benevento 73 44,04 79 70 152
80 Lodi 61 53,7 92 39 153
81 Enna 91 21,32 67 89 158
82 Siracusa 72 44,79 86 52 158
83 Asti 86 32,25 73 78 159
84 Rimini 85 35,17 77 75 162
85 La Spezia 90 21,8 74 78 164
86 Nuoro 79 39,33 85 53 164
87 Parma 76 41,44 89 48 165
88 Belluno 95 12,19 78 74 173
89 Massa-Carrara 93 16,6 82 62 175
90 Matera 75 42,49 100 21 175
91 Oristano 84 35,56 94 36 178
92 Caltanissetta 82 37,41 97 27 179
93 Trieste 100 5,98 81 63 181
94 Gorizia 94 13,14 91 46 185
95 Vercelli 96 12,07 90 46 186
96 L'Aquila 92 19,36 95 35 187
97 Prato 88 26,13 101 18 189
98 Campobasso 99 7,88 93 36 192
99 Sondrio 98 8 98 26 196
100 Rieti 101 5,84 96 28 197

68
101 Crotone 97 9,62 103 9 200
102 Aosta 102 4,61 99 24 201
103 Isernia 103 1,26 102 9 205

Graduatoria province "vivaiste"

Vivaismo
Sau n.Aziende
1 Pistoia 1 2748,9 1 1261 2
2 Padova 4 563,87 3 415 7
3 Treviso 5 521,44 4 368 9
4 Pordenone 2 1416,2 7 259 9
5 Ascoli Piceno 8 403,87 5 304 13
6 Mantova 3 873,11 11 207 14
7 Arezzo 7 436,05 9 230 16
8 Taranto 13 309,11 8 252 21
9 Lecce 11 318,85 12 206 23
10 Milano 10 353,77 15 180 25
11 Brescia 14 297,78 13 200 27
12 Bari 22 270,78 6 296 28
13 Trapani 21 273,26 10 218 31
14 Messina 30 196,7 2 443 32
15 Como 17 286,6 19 152 36
16 Venezia 20 273,43 16 175 36
17 Catania 18 279,15 18 154 36
18 Bologna 9 400,53 29 124 38
19 Varese 19 274,32 20 150 39
20 Torino 27 202,39 17 171 44
21 Grosseto 16 286,97 30 123 46
22 Cuneo 15 288,99 32 117 47
23 Roma 33 176,89 14 182 47
24 Perugia 24 227,65 24 133 48
25 Verona 23 243,45 28 125 51
26 Reggio nell'Emilia 29 199,77 23 135 52
27 Vicenza 32 179,94 22 135 54
28 Modena 34 172,62 21 136 55
29 Cremona 6 463,76 50 76 56
30 Bergamo 39 124,9 25 132 64
31 Udine 25 217,09 40 89 65
32 Ravenna 12 315,66 56 69 68
33 Lecco 31 191,76 39 90 70
34 Asti 38 132,12 34 98 72
35 Siena 26 213,92 47 85 73
36 Pisa 28 202,02 46 85 74
37 Alessandria 35 166,64 42 87 77
38 Firenze 44 114,44 36 96 80
39 Lucca 37 145,16 45 85 82

69
40 Salerno 53 84,79 31 123 84
41 Ragusa 46 94,09 38 91 84
42 Cagliari 48 89 37 95 85
43 Novara 45 102,5 43 86 88
44 Foggia 36 164,99 52 75 88
45 Brindisi 62 62,15 26 127 88
46 Verbania-Cusio-Ossola 42 115,57 49 80 91
47 Agrigento 50 87,17 41 89 91
48 Trento 59 69,63 33 106 92
49 Chieti 51 86,65 44 86 95
50 Palermo 47 93,14 48 83 95
51 Ancona 41 121,15 60 60 101
52 Sassari 77 42,57 27 126 104
53 Biella 43 115,46 63 56 106
54 Napoli 75 43,27 35 98 110
55 Pavia 40 124,7 71 47 111
56 Caltanissetta 49 88,3 62 58 111
57 Viterbo 70 52,17 54 72 124
58 Teramo 57 78,54 68 52 125
59 Rovigo 58 72,14 69 51 127
60 Benevento 69 52,25 59 66 128
61 Latina 64 61,13 65 55 129
62 Potenza 68 54,07 61 59 129
63 Pesaro e Urbino 56 79,47 74 41 130
64 Forli'-Cesena 55 81,17 76 39 131
65 Macerata 54 82,89 77 39 131
66 Livorno 66 55,44 66 54 132
67 Imperia 82 33,34 51 76 133
68 Piacenza 60 65,49 75 40 135
69 Siracusa 52 85,56 84 34 136
70 Nuoro 83 30,67 53 75 136
71 Frosinone 80 38,34 58 67 138
72 Avellino 85 30,06 55 71 140
73 Reggio di Calabria 71 51,36 70 48 141
74 Caserta 78 42,12 67 54 145
75 Pescara 61 63,57 86 31 147
76 Cosenza 84 30,54 64 56 148
77 Ferrara 67 54,83 82 35 149
78 Catanzaro 63 61,24 87 31 150
79 Prato 74 43,52 78 38 152
80 Enna 95 14,99 57 68 152
81 Parma 65 58,71 88 28 153
82 Bolzano-Bozen 81 36,49 73 43 154
83 Terni 76 42,86 79 37 155
84 Rimini 79 41,35 83 35 162
85 Rieti 72 46,57 92 20 164
86 Campobasso 73 44,57 91 21 164
87 Genova 96 14,73 72 46 168
88 Oristano 88 26,85 80 37 168
89 Savona 92 20,15 81 35 173
90 L'Aquila 93 20,12 85 32 178
91 Gorizia 87 28,47 94 18 181

70
92 Vercelli 90 25,36 93 19 183
93 Lodi 86 29,42 97 16 183
94 Belluno 94 18,84 89 23 183
95 La Spezia 97 14,04 90 21 187
96 Crotone 89 26,51 99 11 188
97 Vibo Valentia 91 22,85 98 13 189
98 Isernia 99 5,27 95 17 194
99 Matera 98 9,26 96 17 194
100 Aosta 100 2,25 100 10 200
101 Sondrio 102 1,22 102 5 204
102 Trieste 101 1,9 103 3 204
103 Massa-Carrara 103 1 101 8 204

71
Metodologia dell'indagine e le aziende intervistate

La predisposizione del piano di rilevazione

Le ricerca, nell’obiettivo di raccogliere informazioni riguardanti i fabbisogni formativi e


professionali nelle aziende zootecniche e florovivaistiche, sulla scorta anche di quanto
già emerso nelle analisi dei due comparti, ha seguito le seguenti fasi di lavoro:

studio e analisi dei processi produttivi dei due settori,


interviste e focus group con esperti e testimoni privilegiati per un primo
screening sulle figure professionali necessarie ed emergenti nei due settori,
formulazione di quesiti e predisposizione del relativo questionario,
realizzazione di una indagine parziale-campionaria,
la raccolta e l’elaborazione dei dati.

Il campione sul quale è stata effettuata l’indagine può essere definito di tipo ragionato,
dal momento che l’individuazione degli intervistati è stata effettuata da coloro che
hanno predisposto il piano di rilevazione dell’indagine, seguendo criteri di scelta
prefissati:

sulla scorta delle analisi settoriali svolte nella fase di avvio della ricerca, sono state
determinate regioni e province maggiormente significative per le produzioni dei due
settori (si vedano i primi capitoli del presente lavoro): le aziende da intervistare
dovevano prima di tutto ricadere all'interno di tali territori;

l'obiettivo dell'indagine non era quello della mera rappresentazione statistica dei
fabbisogni generali presente nell'intero universo delle aziende italiane dei settori
zootecnico e florovivaistico, ma l'individuazione di figure e tipologie professionali
nuove o emergenti o da riqualificare. Tenendo conto che la stragrande maggioranza
delle aziende agricole italiane, anche dei due settori oggetto di indagine, sono di
dimensioni molto ridotte, non impiegano manodopera assunta e non inglobano al
loro interno tutti i processi produttivi (produzione-trasformazione-

1
commercializzazione), come per le indagini già svolte per gli altri comparti agricoli,
per andare ad intercettare la “domanda” di professionalità specifiche lungo l'intera
filiera produttiva, si è scelto di intervistare un campione di aziende predefinite nel
numero e nella tipologia, adatto a rispondere a tale esigenza.

La metodologia adottata, ha permesso di ottenere una selezione del campione snella con
tempi di realizzazione rapidi e costi contenuti.

Le aziende intervistate

L'indagine, impostata secondo i criteri indicati, è stata realizzata tra luglio e settembre
2005 e sono state intervistate le seguenti aziende per i due settori:

Aziende intervistate per


comparto zootecnico

Suini 27
Bovini da carne 25
Bovini da latte 52
Bufalini 8
Ovicaprini 31
Cavalli 12
Avicoli 25
Ittici 16
Totale 196

2
Aziende zootecniche intervistate per comparto e provincia (v.a. e v.%)

Comparto produttivo

Provincia Bovini da Bovini da


Suini Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici Totale
carne latte
per
v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% prov.

L'Aquila 4 12,9% 3 25,0% 7


Arezzo 5 20,0% 1 3,2% 6
Bergamo 1 4,0% 5 9,8% 1 4,2% 7
Benevento 5 20,0% 5
Brindisi 2 12,5% 2
Brescia 4 14,8% 4 16,0% 3 12,5% 1 6,3% 12
Bolzano 5 9,8% 5
Caserta 4 50,0% 4
Cuneo 4 14,8% 5 20,0% 5 9,8% 4 16,7% 1 6,3% 19
Cremona 2 3,9% 2
Foggia 4 12,9% 3 12,5% 2 12,5% 9
Frosinone 1 4,2% 1
Messina 4 12,9% 4
Mantova 4 14,8% 5 9,8% 9
Modena 2 7,4% 3 5,9% 1 3,2% 6
Matera 5 16,1% 5
Pesaro 1 4,2% 1
Perugia 4 14,8% 3 25,0% 4 16,7% 1 6,3% 12
Pordenone 1 6,3% 1
Parma 1 3,7% 3 5,9% 1 4,2% 5
Potenza 4 14,8% 4
Reggio Emilia 4 14,8% 4
Ragusa 6 11,8% 6
Roma 2 3,9% 2 6,5% 1 8,3% 1 6,3% 6
Salerno 4 50,0% 1 6,3% 5
Siena 3 9,7% 3
Sassari 5 9,8% 4 12,9% 3 25,0% 12
Taranto 1 6,3% 1
Terni 2 8,3% 2
Treviso 5 9,8% 2 12,5% 7
Udine 2 12,5% 2
Venezia 1 6,3% 1
Verona 5 20,0% 5 9,8% 4 16,7% 14
Viterbo 3 9,7% 2 16,7% 5
Totale 27 25 51 8 31 12 24 16

3
Aziende intervistate per comparto zootecnico (%)

8,2% 13,8%
12,8%
12,8%
6,1%

15,8%
4,1% 26,5%

Suini Bovini da carne Bovini da latte Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici

Aziende florovivaistiche
intervistate per provincia
(v.a. e v.%)

Aziende

Provincia
v.a. %

Imperia 3 11,1%
Latina 4 14,8%
Napoli 2 7,4%
Messina 4 14,8%
Padova 5 18,5%
Pistoia 3 11,1%
Ragusa 5 18,5%
Roma 1 3,7%
Totale 27 100,0%

4
Dati i particolari criteri di scelta, che sono alla base dell’individuazione delle aziende
che compongono il campione su cui è stata effettuata l’indagine, i risultati ottenuti non
sono statisticamente generalizzabili all'intero universo dei due comparti, sebbene essi
possano comunque essere ritenuti indicativi e attendibili per il fenomeno che si vuole
rappresentare.

Infatti, le aziende intervistate sono specializzate nel loro specifico settore produttivo ed
hanno per lo più dimensioni medio-grandi (per fatturato, numero di capi in allevamento,
sau specializzata florovivaistica), caratteristiche che consentono di ritenere che le
esigenze manifestate riguardino le aziende più interessate a fenomeni di innovazione e
sviluppo dei processi produttivi collegate alla richiesta di nuove professionalità.

Aziende zootecniche intervistate per percentuale della produzione specializzata


sul fatturato aziendale (v.a. e v.%)

Comparto
% produzione
Ovicaprini
Bovini da

Bovini da

specializzata sul
Bufalini

Cavalli
Avicoli

Totale
carne

Suini

Ittici
latte

fatturato aziendale %

fino al 25% 2 1 1 1 9 14 7,4%


tra il 26% e il 50% 2 2 8 1 1 14 7,4%
tra il 51% e il 75% 3 2 3 5 1 14 7,4%
tra il 76% e il 99% 26 14 1 7 4 4 4 60 31,6%
100% 19 10 7 10 15 15 2 10 88 46,3%

5
Bovini da latte – Aziende intervistate per
numero di vacche in lattazione (v.a e v.%)

Vacche in lattazione v.a %


Fino a 60 14 27,5%
Tra 61 e 100 13 25,5%
Tra 101 e 400 18 35,3%
Oltre 400 6 11,8%
Totale 51 100,0%

Bovini da carne - Aziende intervistate per


numero di capi all'ingrasso o vacche
(v.a e v.%)

Capi all’ingrasso v.a %


Fino a 100 10 40,0%
Tra 101 e 500 6 24,0%
Oltre 500 9 36,0%
Totale 25 100,0%

Vacche v.a %
Fino a 50 8 61,5%
Tra 51 e 100 5 38,5%
Totale 13 100,0%

Bufalini – Aziende intervistate per


numero di bufale in lattazione
(v.a e v.%)

Bufale in lattazione v.a %


Fino a 250 5 62,5%
Oltre 250 3 37,5%
Totale 8 100,0%

6
Avicoli – Aziende intervistate per numero
di galline ovaiole o broiler (v.a e v.%)

Galline ovaiole v.a %


Fino a 10.000 2 15,4%
Tra 10.001 e 50.000 5 38,5%
Oltre 50.000 6 46,2%
Totale 13 100,0%

Broiler v.a %
Fino a 30.000 4 30,8%
Tra 30.001 e 300.000 6 46,2%
Oltre 300.000 3 23,1%
Totale 13 100,0%

Ovinicaprini – Aziende intervistate per


numero di capi adulti (v.a e v.%)

Ovini adulti v.a %


Fino a 100 3 12,5%
Tra 101 e 500 11 45,8%
Oltre 500 10 41,7%
Totale 24 100,0%

Caprini adulti v.a %


Fino a 100 7 46,7%
Tra 101 e 300 6 40,0%
Oltre 300 2 13,3%
Totale 15 100,0%

7
Suini – Aziende intervistate per numero di
scrofe o capi all’ingrasso (v.a e v.%)

Scrofe v.a %
Fino a 100 4 17,4%
Tra 101 e 500 8 34,8%
Oltre 500 11 47,8%
Totale 23 100,0%

Capi all’ingrasso v.a %


Fino a 1.000 4 23,5%
Tra 1.001 e 7.000 9 52,9%
Oltre 7.000 4 23,5%
Totale 17 100,0%

Equini – Aziende intervistate per numero


di capi adulti (v.a e v.%)

Capi adulti v.a %


Fino a 10 3 27,3%
Tra 11 e 30 6 54,5%
Oltre 30 2 18,2%
Totale 11 100,0%

Ittici – Aziende intervistate per numero di


avannotti (mln) e quintali capi all’ingrasso
(v.a e v.%)

Avannotti v.a %
Fino a 300.000 5 62,5%
Oltre 300.000 3 37,5%
Totale 8 100,0%

Quintali v.a %
Fino a 5.000 8 50,0%
Tra 5.001 e 10.000 5 31,3%
Oltre 10.000 3 18,8%
Totale 16 100,0%

8
Aziende zootecniche intervistate per comparto e fatturato aziendale 2004 (v.a e v.%)

Comparto

Ovicaprini
Bovini da

Bovini da

Bufalini

Avicoli
Cavalli
Fatturato
carne
Suini

Ittici
latte

Totale
2004
%

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

meno di 50.000
35 18,1%
euro 2 7,7% 7 28,0% 15 48,4% 6 50,0% 5 20,8%
da 50.001 a
35 18,1%
100.000 euro 2 7,7% 2 8,0% 9 17,3% 1 14,3% 11 35,5% 4 33,3% 6 25,0%
da 100.001 a
51 26,4%
500.000 euro 5 19,2% 5 20,0% 24 46,2% 3 42,9% 4 12,9% 1 8,3% 7 29,2% 2 12,5%
da 500.001 a
1.000.000 di 26 13,5%
euro 8 30,8% 1 4,0% 10 19,2% 2 28,6% 1 8,3% 3 12,5% 1 6,3%
oltre 1.000.000
46 23,8%
di euro 9 34,6% 10 40,0% 9 17,3% 1 14,3% 1 3,2% 3 12,5% 13 81,3%
Totale 26 25 52 7 31 12 24 16 193

Aziende zootecniche intervistate per numero di lavoratori ( v.a. e v.%)

Fino a 5 Tra 6 e 10 Tra 11 e 15 Tra 16 e 50 Oltre 50 Totale


Aziende aziende
%
v.a % v.a % v.a % v.a % v.a %
Per n° totale di
103 64,8% 31 19,5% 8 5,0% 13 8,2% 4 2,5% 159 100,0%
lavoratori

Per n° operai OTI 82 71,9% 17 14,9% 8 7,0% 5 4,4% 2 1,8% 114 100,0%
Per n° operai OTD 92 86,8% 9 8,5% 3 2,8% 1 0,9% 1 0,9% 106 100,0%
Per n° impiegati 31 91,2% 1 2,9% 2 5,9% 34 100,0%
Per n° quadri 5 83,3% 1 16,7% 6 100,0%
Per n° dirigenti 11 100,0% 11 100,0%

Per n° lavoratori
67 93,1% 5 6,9% 72 100,0%
immigrati

9
Aziende florovivaistiche intervistate per percentuale della produzione
specializzata sul fatturato aziendale (v.a. e v.%)

Numero di risposte per comparto

% produzione Fiori recisi Vivai Totale


specializzata sul
fatturato v.a. % v.a. % v.a. %
aziendale
10% 1 0,0% 0 0,0% 1 3,6%
90% 0 0,0% 1 0,0% 1 3,6%
100% 8 88,9% 18 94,7% 26 92,9%
Totale risposte 9 100,0% 19 100,0% 28 100,0%

Aziende florovivaistiche intervistate per superficie agricola


specializzata (SAS) e superficie coltivata a serre (v.a. e v.%)
Superfici v.a %
Fino a 10 HA di SAS e tra 0 e 1.000 m di serre 10 37,0%
Fino a 10 HA di SAS e tra 1.001 e 10.000 m di serre 1 3,7%
Fino a 10 HA di SAS e oltre 10.000 m di serre 5 18,5%
Tra 10 e 50 HA di SAS e tra 0 e 1.000 m di serre 1 3,7%
Tra 10 e 50 HA di SAS e tra 1.001 e 10.000 m di serre 4 14,8%
Tra 10 e 50 HA di SAS e oltre 10.000 m di serre 1 3,7%
Oltre 50 HA di SAS e tra 0 e 1.000 m di serre 4 14,8%
Oltre 50 HA di SAS e oltre 10.000 m di serre 1 3,7%
Totale 27 100,0%

Aziende florovivaistiche intervistate per fatturato aziendale


2004 (v.a. e v.%)
Fatturato 2004 v. a. %
meno di 50.000 euro 2 8,3%
da 50.001 a 100.000 euro 5 20,8%

da 100.001 a 500.000 euro 8 33,3%

da 500.001 a 1.000.000 di euro 4 16,7%

oltre 1.000.000 di euro 5 20,8%

Totale 24 100,0%

10
Aziende florovivaistiche intervistate per numero di lavoratori ( v. a. e v.%)

Fino a 10 Tra 11 e 50 Oltre 50


Aziende Totale %
v.a % v.a % v.a %

Per n° totale di lavoratori 16 69,6% 5 21,7% 2 8,7% 23 100,0%

Per n° operai OTI 13 86,7% 1 6,7% 1 6,7% 15 100,0%


Per n° operaiOTD 19 82,6% 2 8,7% 2 8,7% 23 100,0%
Per n° impiegati 6 100,0% 6 100,0%
Per n° quadri 1 100,0% 1 100,0%
Per n° dirigenti 1 100,0% 1 100,0%

Per n° lavoratori immigrati 18 100,0% 18 100,0%

Il questionario e le interviste

Per quanto riguarda il questionario (riportato integralmente nel cd rom allegato al


volume), la versione definitiva è stata messa a punto ricorrendo ad un focus group
partendo da una bozza predisposta dal gruppo di lavoro di Agriform, anche sulla base di
strumenti già elaborati per indagini analoghe.

Con l’obiettivo di predisporre uno strumento il più possibile chiaro, semplice e breve,
sono stati individuati ed eliminati i quesiti ridondanti, è stata ridotta l’ambiguità di
alcune domande, è stata rivolta particolare attenzione all’ordine di presentazione delle
domande per meglio rispettare l’importanza accordata alla conoscenza di taluni aspetti,
riducendo al minimo la probabilità di commettere errori di compilazione.

La scelta finale ha però solo in parte potuto ottemperare al criterio della brevità dal
momento che, per individuare i fabbisogni formativi, sono state predisposte numerose

11
schede tecniche - per figura professionale e processo produttivo - individuando, per
ciascuna, anche conoscenze-competenze-mansioni richieste.

La validazione dello strumento è stata effettuata nell’ambito di una più ampia iniziativa
di fine tuning dell’indagine di campo, che si è concretizzata nella realizzazione di un
seminario di formazione degli intervistatori, con l’obiettivo di ridurre la possibilità di
commettere errori di compilazione.

La tecnica di indagine utilizzata – l’intervista diretta – ha richiesto di sensibilizzare gli


intervistatori sull’importanza del loro ruolo e sul fatto che l’intervista dovesse
rappresentare un processo:

• In relazione al ruolo, le raccomandazioni maggiori hanno riguardato l’atteggiamento


degli intervistatori che non doveva attirare l’attenzione, né destare sospetti,
rimanendo il più possibile neutrale: il rapporto con l’intervistato doveva svolgersi in
un clima di simpatia per ottenere risposte spontanee e veritiere. Si è fatto inoltre
rilevare come la presenza di domande “sensibili” come, ad esempio, quelle relative al
fatturato aziendale, comportino la opportunità di gestire la conversazione senza
produrre forzature sul rispondente.

• In relazione al processo, si è ricordato come l’intervista crei una inevitabile


interazione tra intervistatore e intervistato, anche se l’unità di rilevazione e,
soprattutto, l’esistenza di quesiti specifici, riducano la possibilità che eventuali
comportamenti assunti dall’intervistatore possano facilitare o ostacolare il colloquio.

12
Tabella A.1 -Aziende zootecniche per comparto (v.a e v.%)

Comparto v.a v.%


Suini 27 13,8%
Bovini da carne 25 12,8%
Bovini da latte 52 26,5%
Bufalini 8 4,1%
Ovicaprini 31 15,8%
Cavalli 12 6,1%
Avicoli 25 12,8%
Ittici 16 8,2%
Totale 196 100,0%

Grafico A.1 -Aziende zootecniche per comparto ( v.%)

Aziende intervistate per comparto zootecnico (%)

8,2% 13,8%
12,8%
12,8%
6,1%

15,8%
4,1% 26,5%

Suini Bovini da carne Bovini da latte Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici
Tabella A.2 -Aziende zootecniche per comparto e provincia (v.a. e v.%)

Comparto produttivo

Provincia Bovini da Bovini da


Suini Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici Totale
carne latte
per
v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% prov.

L'Aquila 4 12,9% 3 25,0% 7


Arezzo 5 20,0% 1 3,2% 6
Bergamo 1 4,0% 5 9,8% 1 4,2% 7
Benevento 5 20,0% 5
Brindisi 2 12,5% 2
Brescia 4 14,8% 4 16,0% 3 12,5% 1 6,3% 12
Bolzano 5 9,8% 5
Caserta 4 50,0% 4
Cuneo 4 14,8% 5 20,0% 5 9,8% 4 16,7% 1 6,3% 19
Cremona 2 3,9% 2
Foggia 4 12,9% 3 12,5% 2 12,5% 9
Frosinone 1 4,2% 1
Messina 4 12,9% 4
Mantova 4 14,8% 5 9,8% 9
Modena 2 7,4% 3 5,9% 1 3,2% 6
Matera 5 16,1% 5
Pesaro 1 4,2% 1
Perugia 4 14,8% 3 25,0% 4 16,7% 1 6,3% 12
Pordenone 1 6,3% 1
Parma 1 3,7% 3 5,9% 1 4,2% 5
Potenza 4 14,8% 4
Reggio Emilia 4 14,8% 4
Ragusa 6 11,8% 6
Roma 2 3,9% 2 6,5% 1 8,3% 1 6,3% 6
Salerno 4 50,0% 1 6,3% 5
Siena 3 9,7% 3
Sassari 5 9,8% 4 12,9% 3 25,0% 12
Taranto 1 6,3% 1
Terni 2 8,3% 2
Treviso 5 9,8% 2 12,5% 7
Udine 2 12,5% 2
Venezia 1 6,3% 1
Verona 5 20,0% 5 9,8% 4 16,7% 14
Viterbo 3 9,7% 2 16,7% 5
Totale 27 25 51 8 31 12 24 16

Mancanti: 2
Tabella A.2.1 -Aziende zootecniche per comparto e ripartizione geografica (v.a. e
v.%)

Ripartizione geografica
Comparto Nord Centro Sud e isole Totale
v.a v.% v.a v.% v.a v.%
Suini 19 19,0% 4 11,8% 4 6,7% 27
Bovini da carne 15 15,0% 5 14,7% 5 8,3% 25
Bovini da latte 44 44,0% 2 5,9% 5 8,3% 51
Bufalini 8 13,3% 8
Ovicaprini 1 1,0% 9 26,5% 21 35,0% 31
Cavalli 6 17,6% 6 10,0% 12
Avicoli 13 13,0% 6 17,6% 5 8,3% 24
Ittici 8 8,0% 2 5,9% 6 10,0% 16
Totale 100 100,0% 34 100,0% 60 100,0% 194
% per ripartizione
51,5% 17,5% 30,9% 100,0%
geografica

Mancanti: 2

Grafico A.2.1 -Aziende zootecniche per comparto e ripartizione geografica (v.a. )

Nord Centro Sud e isole

44

21
19
15
13

8 9 8
6 6 6 6
4 4 5 5 5 5
2 2
1
e

l li
tt e

i
i
i

ici
in

ol
lin
in

rn

va
pr

ic
la

Itt
Su

fa
ca

Ca

Av
ca
Bu
a
id
a

vi
id

O
vin
vin

Bo
Bo
Tabella A.3 -Aziende zootecniche per percentuale sul fatturato del comparto (v.a. e v.%)

Comparto
% del comparto

Bovini da latte

Ovicaprini
Bovini da
sul fatturato

Bufalini

Avico li

Cavalli

Totale
carne

Suini

Ittici
aziendale %

fino al 25% 2 1 1 1 9 14 7,4%


tra il 26% e il 50% 2 2 8 1 1 14 7,4%
tra il 51% e il 75% 3 2 3 5 1 14 7,4%
tra il 76% e il 99% 26 14 1 7 4 4 4 60 31,6%
100% 19 10 7 10 15 15 2 10 88 46,3%
Totale 52 25 8 21 31 25 12 16 190 100,0%

Mancanti 6
Tabella A.4 -Aziende zootecniche per comparto e ragione sociale (v.a. e v.%)

Comparto
Ragione sociale
Bovini Bovini
Suini Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici Totale %
da carne da latte
D.i. 11 12 23 6 28 7 12 86 44,3%
Coop. 2 1 1 2 4 2,1%
S.s. 13 10 24 1 3 8 3 56 28,9%
S.r.l. 2 2 2 6 4 2,1%
S.a.s 1 1 1 2 3 1,5%
S.p.a. 1 1 1 1 4 3 1,5%
Altre forme
societarie non 1 1 1 0,5%
specificate
Totale 26 25 51 8 31 12 25 16 194 100,0%

Mancanti 2
Tabella A.5.1 -Bovini da latte - vacche in lattazione (v.a e v.%)

Vacche in
v.a v.%
lattazione
Fino a 60 14 27,5%
Tra 61 e 100 13 25,5%
Tra 101 e 400 18 35,3%
Oltre 400 6 11,8%
Totale 51 100,0%

Mancanti 1

Tabella A.5.2 -Bovini da carne- capi all'ingrasso e vacche (v.a e v.%)

Capi all'ingrasso v.a v.%


Fino a 100 10 40,0%
Tra 101 e 500 6 24,0%
Oltre 501 9 36,0%
Totale 25 100,0%

Vacche v.a v.%


Fino a 50 8 61,5%
Tra 51 e 100 5 38,5%
Totale 13 100,0%

Non fanno linea vacca-vitello 12

Tabella A.5.3 -Bufalini- bufale in lattazione (v.a e v.%)

Bufale in lattazione v.a v.%


Fino a 250 5 62,5%
Oltre 250 3 37,5%
Totale 8 100,0%
Tabella A.5.1 -Bovini da latte - vacche in lattazione (v.a e v.%)

Vacche in
v.a v.%
lattazione
Fino a 60 14 27,5%
Tra 61 e 100 13 25,5%
Tra 101 e 400 18 35,3%
Oltre 400 6 11,8%
Totale 51 100,0%

Mancanti 1

Tabella A.5.2 -Bovini da carne- capi all'ingrasso e vacche (v.a e v.%)

Capi all'ingrasso v.a v.%


Fino a 100 10 40,0%
Tra 101 e 500 6 24,0%
Oltre 501 9 36,0%
Totale 25 100,0%

Vacche v.a v.%


Fino a 50 8 61,5%
Tra 51 e 100 5 38,5%
Totale 13 100,0%

Non fanno linea vacca-vitello 12

Tabella A.5.3 -Bufalini- bufale in lattazione (v.a e v.%)

Bufale in lattazione v.a v.%


Fino a 250 5 62,5%
Oltre 250 3 37,5%
Totale 8 100,0%
Tabella A.6 -Aziende zootecniche per Comparto e fatturato aziendale 2004 (v.a e v.%)

Comparto

Ovicaprini
Bovini da

Bovini da

Bufalini

Avicoli
Cavalli
carne
Suini

Ittici
latte
Fatturato 2004

Totale
%

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

meno di 50.000
35 18,1%
euro 2 7,7% 7 28,0% 15 48,4% 6 50,0% 5 20,8%
da 50.001 a 100.000
35 18,1%
euro 2 7,7% 2 8,0% 9 17,3% 1 14,3% 11 35,5% 4 33,3% 6 25,0%
da 100.001 a
51 26,4%
500.000 euro 5 19,2% 5 20,0% 24 46,2% 3 42,9% 4 12,9% 1 8,3% 7 29,2% 2 12,5%
da 500.001 a
26 13,5%
1.000.000 di euro 8 30,8% 1 4,0% 10 19,2% 2 28,6% 1 8,3% 3 12,5% 1 6,3%
oltre 1.000.000 di
46 23,8%
euro 9 34,6% 10 40,0% 9 17,3% 1 14,3% 1 3,2% 3 12,5% 13 81,3%
Totale 26 25 52 7 31 12 24 16 193

Mancanti 3
Tabella A.6.1 -Aziende zootecniche per Comparto e variazione del fatturato aziendale tra il 2003 e il 2004 (v.a e
v.%)

Comparto

Fatturato 2004 Suini Bovini da carne Bovini da latte Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici
Totale %
v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

In crescita 5 20,0% 4 16,7% 11 21,2% 3 42,9% 7 24,1% 3 13,6% 8 50,0% 41 22,0%

stabile 3 12,0% 17 70,8% 27 51,9% 4 57,1% 10 34,5% 5 45,5% 10 45,5% 7 43,8% 83 44,6%

in diminuzione 17 68,0% 3 12,5% 14 26,9% 12 41,4% 6 54,5% 9 40,9% 1 6,3% 62 33,3%

Totale 25 100,0% 24 100,0% 52 100,0% 7 100,0% 29 100,0% 11 100,0% 22 100,0% 16 100,0% 186 100,0%

Mancanti 10
Tabella A.7 -Aziende zootecniche per numero di lavoratori ( v.a. e v.%)

Fino a 5 Tra 6 e 10 Tra 11 e 15 Tra 16 e 50 Oltre 50


Totale
Aziende aziende
%
v.a % v.a % v.a % v.a % v.a %

Per n° totale di
lavoratori 103 64,8% 31 19,5% 8 5,0% 13 8,2% 4 2,5% 159 100,0%

Per n° operai OTI 82 71,9% 17 14,9% 8 7,0% 5 4,4% 2 1,8% 114 100,0%
Per n° operai OTD 92 86,8% 9 8,5% 3 2,8% 1 0,9% 1 0,9% 106 100,0%
Per n° impiegati 31 91,2% 1 2,9% 2 5,9% 34 100,0%
Per n° quadri 5 83,3% 1 16,7% 6 100,0%
Per n° dirigenti 11 100,0% 11 100,0%

Per n° lavoratori
immigrati 67 93,1% 5 6,9% 100,0%
72

Mancanti 37
Tabella A.8 -Utilizzo delle consulenze specialistiche nelle aziende zootecniche nel 2004 ( v.a. e
v.%)

Comparto
Utilizzo Bovini da Bovini da
Suini
carne latte
Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici Totale %
consulenze
v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%
no 2 7,7% 2 8,3% 1 2,2% 1 12,5% 4 13,3% 1 8,3% 4 16,7% 0,0% 15 8,1%
si 24 92,3% 22 91,7% 45 97,8% 7 87,5% 26 86,7% 11 91,7% 20 83,3% 16 100,0% 171 91,9%
Totale 26 100,0% 24 100,0% 46 100,0% 8 100,0% 30 100,0% 12 100,0% 24 100,0% 16 100,0% 186 100,0%

Mancanti 10

Tabella A.8.1 -Ricorso a consulenze specialistiche nei prossimi 2/3 anni ( v.a. e v.%)

Comparto
Ricorso a
Bovini da Bovini da
consulenze Suini
carne latte
Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici Totale %
specialistiche
v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%
In crescita 6 23,1% 6 24,0% 14 28,6% 5 71,4% 6 19,4% 1 9,1% 4 17,4% 5 31,3% 47 25,0%
Stabile 18 69,2% 19 76,0% 29 59,2% 2 28,6% 21 67,7% 9 81,8% 15 65,2% 10 62,5% 123 65,4%
In diminuzione 2 7,7% 6 12,2% 4 12,9% 1 9,1% 4 17,4% 1 6,3% 18 9,6%
Totale 26 100,0% 25 100,0% 49 100,0% 7 100,0% 31 100,0% 11 100,0% 23 100,0% 16 100,0% 188 100,0%

Mancanti 8
Tabella A.9 -Tipo di consulenza specialistica utilizzata nel 2004 dalle aziende zootecniche ( v.a.e v.%)

Comparto

Bovini da Bovini da Totale


Tipo di consulenze Suini Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici %
carne latte risposte

v.a v.a v.a


v.% v.% v.a. v.% v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%
. . .
Agronomiche 12 12,8% 6 7,8% 16 8,0% 1 5,3% 13 18,3% 4 13,8% 5 7,5% 57 9,9%
Veterinarie 23 24,5% 23 29,9% 49 24,6% 6 31,6% 21 29,6% 11 37,9% 13 19,4% 6 28,6% 152 26,3%
Zootecniche (mangimistica) 12 12,8% 15 19,5% 37 18,6% 3 15,8% 11 15,5% 3 10,3% 10 14,9% 2 9,5% 93 16,1%
Zootecniche (genetica) 5 5,3% 5 6,5% 15 7,5% 1 5,3% 1 1,4% 1 3,4% 1 4,8% 29 5,0%
Zootecniche (altro) 2 2,1% 0 0,0% 1 0,5% 2 2,8% 1 3,4% 5 7,5% 3 14,3% 14 2,4%
Amministrativo/contabili 15 16,0% 11 14,3% 33 16,6% 5 26,3% 14 19,7% 6 20,7% 15 22,4% 2 9,5% 101 17,5%
Legali 9 9,6% 5 6,5% 12 6,0% 2 10,5% 2 2,8% 1 3,4% 4 6,0% 2 9,5% 37 6,4%
Informatiche 4 4,3% 3 3,9% 9 4,5% 1 3,4% 3 4,5% 1 4,8% 21 3,6%
Commerciali 4 4,3% 3 3,9% 11 5,5% 1 5,3% 2 2,8% 3 4,5% 2 9,5% 26 4,5%
Per certificazione 5 5,3% 5 6,5% 15 7,5% 4 5,6% 1 3,4% 6 9,0% 36 6,2%
Altro 3 3,2% 1 1,3% 1 0,5% 1 1,4% 3 4,5% 2 9,5% 11 1,9%
100,0 100,0 19 100,0 100,0
Totale 94 77 19 71 100,0% 29 100,0% 67 100,0% 21 100,0% 577 100,0%
% % 9 % %

Comparto

Bovini da Bovini da Totale


Altre consulenze zootecniche Suini Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici %
carne latte risposte

v.a v.a v.a


v.% v.% v.a. v.% v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%
. . .
ambiente (biologo) 1 50,0% 1 33,3% 2 14,3%
analisi chimiche 1 20,0% 1 7,1%
benessere animali 1 20,0% 1 7,1%
commerciali 1 50,0% 1 20,0% 2 14,3%
consulenze per alimentazione animale in zootecnia biologica 2 100,0% 2 14,3%
impiantistica/stalla 1 100,0% 2 40,0% 3 21,4%
maniscalco 1 100,0% 1 7,1%
certificazione ISO 1 33,3% 1 7,1%
HACCP/informatica 1 33,3% 1 7,1%
100,0 100,0
Totale 2 0 1 0 2 100,0% 1 100,0% 5 100,0% 3 100,0%
% % 14 100,0%
Comparto

Bovini da Bovini da Totale


Altre consulenze Suini Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici %
carne latte risposte

v.a v.a v.a


v.% v.% v.a. v.% v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%
. . .
consulenze tramite coldiretti 1 33,3% 1
impiantistica (elettrica, idraulica) 2 66,7% 1 50,0% 3
l. 626 - leggi ambientali 1 33,3% 1
meccanico 2 66,7% 1 100,0% 3
mediatore 1 100,0% 1
geometra 1 50,0% 1
contabile 0,0% 1 100,0% 1
100,0 100,0 100,0
Totale 3 1 1 0 1 100,0% 0 3 100,0% 2 100,0%
% % % 11
Tabella B.1 -Aziende zootecniche per comparto, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

Comparto

Nuove assunzioni Suini Bovini da carne Bovini da latte Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici Totale %

v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

si 19 70,4% 19 76,0% 41 78,8% 4 50,0% 22 71,0% 10 83,3% 22 91,7% 10 62,5% 147 75,4%

no 8 29,6% 6 24,0% 11 21,2% 4 50,0% 9 29,0% 2 16,7% 2 8,3% 6 37,5% 48 24,6%

Totale 27 100,0% 25 100,0% 52 100,0% 8 100,0% 31 100,0% 12 100,0% 24 100,0% 16 100,0% 195 100,0%

Mancanti 1

Comparto

Totale
Tipologia Suini Bovini da carne Bovini da latte Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici %
risposte

v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

apprendisti 1 12,5% 1 9,1% 1 11,1% 1 16,7% 1 16,7% 5 9,3%


operai generici 1 11,1% 3 37,5% 4 36,4% 2 50,0% 4 44,4% 1 100,0% 2 33,3% 17 31,5%
operai qualificati 1 11,1% 1 12,5% 2 18,2% 1 25,0% 3 33,3% 2 33,3% 3 50,0% 13 24,1%
operai specializzati 6 66,7% 2 25,0% 4 36,4% 1 25,0% 1 11,1% 2 33,3% 16 29,6%
Impiegati 1 11,1% 1 12,5% 1 16,7% 3 5,6%
Totale 9 100,0% 8 100,0% 11 100,0% 4 100,0% 9 100,0% 1 100,0% 6 100,0% 6 100,0% 54 100,0%

B.1.1 - Comparto Suini - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 10 dipendenti 6 40,0% 0 0,0% 6 27,3%

Oltre 500.000 euro e con un numero di


9 60,0% 7 100,0% 16 72,7%
dipendenti anche superiore a 10

Totale 15 100,0% 7 100,0% 22 100,0%


B.1.2 - Comparto Bovini da carne - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 10


7 50,0% 3 50,0% 10 50,0%
dipendenti

Oltre 500.000 euro e con un numero di


7 50,0% 3 50,0% 10 50,0%
dipendenti anche superiore a 10

Totale 14 100,0% 6 100,0% 20 100,0%

B.1.3 - Comparto Bovini da latte - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 10


17 53,1% 5 71,4% 22 56,4%
dipendenti

Oltre 500.000 euro e con un numero di


15 46,9% 2 28,6% 17 43,6%
dipendenti anche superiore a 10

Totale 32 100,0% 7 100,0% 39 100,0%

B.1.4 - Comparto Bufalini - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 10


1 33,3% 3 75,0% 4 57,1%
dipendenti

Oltre 500.000 euro e con un numero di


2 66,7% 1 25,0% 3 42,9%
dipendenti anche superiore a 10

Totale 3 100,0% 4 100,0% 7 100,0%


B.1.5 - Comparto Ovicaprini - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 15 dipendenti 17 94,4% 9 100,0% 26 96,3%

Oltre 500.000 euro e con un numero di dipendenti anche superiore a 15 1 5,6% 0 0,0% 1 3,7%

Totale 18 100,0% 9 100,0% 27 100,0%

B.1.6 - Comparto Cavalli - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 10 dipendenti 7 87,5% 2 100,0% 9 90,0%

Oltre 500.000 euro e con un numero di dipendenti anche superiore a 10 1 12,5% 0 0,0% 1 10,0%

Totale 8 100,0% 2 100,0% 10 100,0%

B.1.7 - Comparto Avicoli - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 10 dipendenti 11 68,8% 0 0,0% 11 64,7%

Oltre 500.000 euro e con un numero di dipendenti anche superiore a 10 5 31,3% 1 100,0% 6 35,3%

Totale 16 100,0% 1 100,0% 17 100,0%


B.1.8 - Comparto Ittico - Aziende zootecniche per dimensione aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

No Si
Dimensione aziendale Totale %
v.a. v.% v.a. v.%

fino a 500.000 euro e fino a 10 dipendenti 2 20,0% 0 0,0% 2 12,5%

Oltre 500.000 euro e con un numero di dipendenti anche superiore a 10 8 80,0% 6 100,0% 14 87,5%

Totale 10 100,0% 6 100,0% 16 100,0%


Tabella B.2 -Figure necessarie nei prossimi anni - qualifica e mansione ( v.a. e v.%)

Comparto

Bovini da Totale
Qualifica Suini Bovini da latte Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici %
carne risposte

v.a v.a v.a


v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.% v.% v.%
. . .
operai 14 87,5% 14 63,6% 29 60,4% 7 77,8% 15 75,0% 2 33,3% 12 63,2% 8 40,0% 101 63,1%
impiegati 3 13,6% 8 16,7% 1 5,0% 2 33,3% 3 15,8% 7 35,0% 24 15,0%
quadri 1 2,1% 1 11,1% 1 16,7% 2 10,0% 5 3,1%
dirigenti 3 6,3% 1 5,0% 4 2,5%
consulenti 2 12,5% 5 22,7% 7 14,6% 1 11,1% 4 20,0% 1 16,7% 4 21,1% 2 10,0% 26 16,3%
Totale 16 100,0% 22 100,0% 48 100,0% 9 100,0% 20 100,0% 6 100,0% 19 100,0% 20 100,0% 160 100,0%

Comparto

Bovini da Totale
Mansione Suini Bovini da latte Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici
carne risposte

v.a v.a v.a


v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.% v.% v.%
. . .
accoglienza turistica 1 1
A-C-E 1 1
addetto 1 1
addetto allevamento 1 1
addetto macellazione 1 1
addetto stalla 2 1 3
addetto al governo degli animali 1 1
addetto pratiche per rintracciabilità 1 1
addetto sala parto 1 1
agronomo 1 1
aiuto ai titolari nelle lavorazioni/gestione animali 1 1
amministrazione 2 2
capo azienda 2 2
carico prop. Trasformati 1 1
casaro 2 2 4
coadiuva l'allevamento e le… 1 1
coadiuvare conduzione terreni e cura animali 1 1
comunicazione didattica 1 1
conduttore azienda 1 1
consulenza tecnico sanitaria 1 1
consulenze specifiche 1 1 2
controllo salute animali 1 1
cura allevamento 2 2
cura animali 2 1 3
cura dei rapporti con gli acquirenti 1 1
cura documentazione 1 1
cura macchine 1 1
cura stalla e animali 1 1
cura, allevamento, trattorista 1 1
curare i rapporti con gli acquirenti 1 1
cure animali e gestione terreni 1 1
elaborazioni casearie aziendali 1 1
esperti assetto territoriale 1 1
fecondazione suina 1 1
generale 1 1 2
generale 1 1
gestione amministrativa aziendale, studio programmazione commerciale, mungitore 1 1
gestione impianti 1 1
gestione marketing 1 1
gestione stalla 1 1
gestione tecnica degli animali (consulenze) 1 1
governo animali 1 1
in laboratorio 1 1
lavorazioni campi 4 4
lavorazioni stalla 1 1 2
mungitore 1 2 3
operatore di mercato 1 1
operatore mezzi meccanici 1 1
pastore 2 2
pianificazione e organizzzazione 1 1
pubblicità 1 1
raporti con gli acquirenti e i mercati di riferimento 1 1
responsabile alla pro 1 1
responsabile allevamento 1 1
responsabile aziendale 1 1
responsabile tecnico gestione animali 1 1
responsabili gestione animali 1 1
specializzati 1 2 1 1 5
specializzati nelle varie fasi di gestione degli animali (parto, cura suinetti, ecc.) 1 1
specializzati, responsabili del proprio settore 1 1
stalla 1 1
stalliere 3 2 5
supervisori 1 1
tecnico 1 1
tecnico multisettoriale 1 1
tecnico produttiva, adempimenti burocratici 1 1
tecnologo 2 2
trasformazione del latte in formaggio 1 1
trasformazione prodotti 1 1 2
trattorista 2 1 1 4
trattorista addetto alla stalla 1 1
trattorista-stalliere 2 2
tutte 1 1
vendita 1 1
vendita al dettaglio 1 1
vendita del prodotto 1 1
vendita enti pubblici appalti di fornitura 1 1
veterinario specialista 1 1
Totale 12 22 27 6 17 3 17 7 111
Tabella B.2.1 -Figure necessarie nei prossimi anni-area ( v.a. e v.%)

Comparto
Bovini da Bovini da Totale
Area Suini
carne latte
Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici %
risposte
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%
gestionale/amministrativa 2 10,5% 2 8,0% 6 14,0% 2 50,0% 3 15,8% 1 8,3% 16 10,8%
lavorazioni di campo 2 10,5% 7 28,0% 8 18,6% 2 25,0% 1 25,0% 4 21,1% 7 58,3% 31 20,9%
cura animali/stalla 14 73,7% 11 44,0% 18 41,9% 2 25,0% 11 61,1% 1 25,0% 10 52,6% 4 33,3% 71 48,0%
trasformazione prodotti 1 5,3% 4 9,3% 3 37,5% 3 16,7% 2 10,5% 13 8,8%
commercializzazione 5 20,0% 7 16,3% 1 12,5% 4 22,2% 17 11,5%
Totale 19 100,0% 25 100,0% 43 100,0% 8 100,0% 18 100,0% 4 100,0% 19 100,0% 12 100,0% 148 100,0%
Tabella B.3 -Commenti generali

Comparto
Commenti Bovini Bovini Totale
Suini Bufalini Ovicaprini Cavalli Avicoli Ittici
da carne da latte

"per come vanno oggi le cose non credo proprio (di poter assumere nuovo personale)" 1 1
Ampliamento caseificazione 1 1
Azienda estensiva a regime biologico, stabilizzata nel regime produttivo e nell'assetto gestionale.
Imprenditore di media età con buone capacità manageriali e tecniche. Linea produttiva carne:
capretto leggero quasi esclusivamente 1 1
Azienda in regime di agricoltura biologica. Giovane imprenditore recentemente insediatosi in
azienda. Buone capacità tecniche ed imprenditoriali. Interessanti prospettive di crescita
dell'impresa. Attualmente l'azienda produce solo carne: capretto legger 1 1
Azienda operante da diversi anni, stabilizzata negli assetti gestionali ed operativi. Si produce
esclusivamente capretto leggero. Gli animali sono tenuti al pascolo per l'intero anno e vengono
ricoverati solo i nuovi nati fino all'età della macellazione 1 1
Beneficia dello scambio di manodopera agricola fra agricoltori 1 1
C16, C11, C10, C12 non sono stati biffati sul questionario 1 1
è in soccida con completa assistenza tecnica, il carico polli è meccanizzato 1 1
è socio di un OP che fornisce completa consulenza 1 1
il personale addetto all'allevamento deve svolgere più funzioni. Le definizioni dei profili devono
essere sommate, perché si dia più stabilità del lavoro. Ad es. il trattorista facendo solo quella
mansione lavorerebbe solo qualche giorno: vi è la necessi 1 1
il proprietario è agronomo e quindi segue direttamente i settori produttivi dell'azienda 1 1
Impresa stabilizzata negli assetti operativi e gestionali. Imprenditore anziano poco incline a
modifiche gestionali. Azienda estensiva con alimentazione esclusivamente al pascolo. Si produce
esclusivamente carne: capretto leggero e limitatamente capretto 1 1
in soccida, si avvale di coop.carico polli; giudica pesantissima la crisi da inflazione aviaria ed è
pessimista sul proseguo attività 1 1
la crisi di mercato comporta una contrazione del ricorso a consulenze esterne; necessità della
figura specifica del mungitore 1 1
La figura professionale non è facilmente rintracciabile in zona 1 1
L'azienda da circa 2 anni ha iniziato la trasformazione in proprio. Gestisce un punto vendita
prodotti casari con peersonale famigliare 1 1
l'azienda ritiene di avere bisogno di un veterinario specializzato nel settore, con molta esperienza
pratica e che offra reperibilità continua 1 1
le assunzioni eventuali dovrebbero essere a tempo determinato 1 1
le ditte commerciali che forniscono mezzi tecnici garantiscono, pr poter vendere, consulenza
completa 1 1

l'impiegato dovrebbe essere fornito dalle associazioni di categoria e seguire più aziende agricole di
grosse dimensioni. Ad esempio potrebbe essere presente in ogni azienda circa 1 giorno a settimana 1 1
Non ci sono figure professionali formate 1 1
non si ritiene necessaria l'acquisizione di nuove figure professionali 1 1
sarebbe auspicabile trovare operai più specializzati 1 1
si avvale dello scambio di manodopera agricola (fra agricoltori) 1 1
si ritiene di assumere solo figure professionali già esistenti in azienda 1 1
utilizza coop. carico polli, si avvale di scambio di manodopera fra agricoltori, è in soccida e
beneficia di completa assistenza tecnica 1 1
Totale 1 4 4 0 9 1 7 0 26
Tabella A.1 -Aziende florovivaistiche per provincia (v.a. e
v.%)

Aziende

Provincia
v.a. v.%

Imperia 3 11,1%
Latina 4 14,8%
Napoli 2 7,4%
Messina 4 14,8%
Padova 5 18,5%
Pistoia 3 11,1%
Ragusa 5 18,5%
Roma 1 3,7%
Totale 27 100,0%
Tabella A.2 -Percentuale dei comparti fiori recisi e vivai sul fatturato delle
aziende florovivaistiche (v.a. e v.%)

Numero di risposte per comparto


% del comparto
sul fatturato Fiori recisi Vivai Totale
aziendale
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

10% 1 0,0% 0 0,0% 1 3,6%


90% 0 0,0% 1 0,0% 1 3,6%
100% 8 88,9% 18 94,7% 26 92,9%
Totale risposte 9 100,0% 19 100,0% 28 100,0%
Tabella A.3 -Aziende florovivaistiche per ragione sociale (v.a. e v.%)

Aziende
Ragione sociale
v.a. v.%

D.i. 13 48,1%
Coop. 2 7,4%
S.s. 11 40,7%
S.r.l. 1 3,7%
Totale 27 100,0%
Tabella A.4 -Aziende florovivaistiche per superficie agricola
specializzata (SAS) e superficie coltivata a serre (v.a. e v.%)

Superfici v.a %
Fino a 10 HA di SAS e tra 0 e 1.000 m di serre 10 37,0%
Fino a 10 HA di SAS e tra 1.001 e 10.000 m di serre 1 3,7%
Fino a 10 HA di SAS e oltre 10.000 m di serre 5 18,5%
Tra 10 e 50 HA di SAS e tra 0 e 1.000 m di serre 1 3,7%
Tra 10 e 50 HA di SAS e tra 1.001 e 10.000 m di serre 4 14,8%
Tra 10 e 50 HA di SAS e oltre 10.000 m di serre 1 3,7%
Oltre 50 HA di SAS e tra 0 e 1.000 m di serre 4 14,8%
Oltre 50 HA di SAS e oltre 10.000 m di serre 1 3,7%
Totale 27 100,0%
Tabella A.5 -Aziende florovivaistiche per fatturato aziendale 2004 (v.a. e
v.%)

Aziende

Fatturato 2004
Totale %

meno di 50.000 euro 2 8,3%

da 50.001 a 100.000 euro 5 20,8%

da 100.001 a 500.000
8 33,3%
euro
da 500.001 a 1.000.000 di
4 16,7%
euro

oltre 1.000.000 di euro 5 20,8%

Totale 24 100,0%

Mancanti 3

Tabella A.5.1 -Aziende florovivaistiche per trend del fatturato tra il 2003 e 2004 (v.a e
v.%)

Aziende

Fatturato 2004
Totale %

In crescita 9 36,0%

Stabile 10 40,0%

In diminuzione 6 24,0%

Totale 25 100,0%

Mancanti 2
Tabella A.6 -Aziende florovivaistiche per numero di lavoratori ( v.%)

Fino a 10 Tra 11 e 50 Oltre 50


Aziende Totale %
v.a % v.a % v.a %

Per n° totale di lavoratori 16 69,6% 5 21,7% 2 8,7% 23 100,0%

Per n° operai OTI 13 86,7% 1 6,7% 1 6,7% 15 100,0%


Per n° operaiOTD 19 82,6% 2 8,7% 2 8,7% 23 100,0%
Per n° impiegati 6 100,0% 6 100,0%
Per n° quadri 1 100,0% 1 100,0%
Per n° dirigenti 1 100,0% 1 100,0%

Per n° lavoratori immigrati 18 100,0% 18 100,0%

Mancanti 4
Utilizzo consulenze nelle aziende florovivaistiche nel 2004 (%)
Tabella A.7 -Utilizzo delle consulenze specialistiche nelle aziende
florovivaistiche nel 2004 ( v.a. e v.%)
26,9
no
si
Utilizzo Aziende
consulenze 73,1

v.a v.%
no 7 26,9%
si 19 73,1%
Totale 26 100,0%

Mancanti 1

Tabella A.8.1 -Ricorso a consulenze specialistiche nelle aziende


florovivaistiche nei prossimi 2/3 anni ( v.a. e v.%) Ricorso a consulenze nelle aziende
florovivaistiche nei prossimi 2/3 anni (% )

Ricorso a Aziende
consulenze 10%
specialistiche in diminuzione 33%
v.a v.% in crescita
In crescita 7 33,3% In crescita stabile
Stabile 12 57,1% Stabile
In
In diminuzione 2 9,5% diminuzione
Totale 21 100,0%
57%

Mancanti 6
Tabella A.9 -Tipo di consulenza specialistica utilizzata nel 2004 dalle aziende florovivaistiche ( v.a. e v.%)

Tipo di consulenze v.a. v.%

Fisiopatologiche 8 26,7%
Meristematiche 2 6,7%
Genetiche 0 0,0%
Gestione pedoclimatica 0 0,0%
Agronomiche (altro) 1 3,3%
Amministrativo/contabili 7 23,3%
Legali 4 13,3%
Informatiche 3 10,0%
Commerciali 2 6,7%
Per certificazione 0 0,0%
Altro 3 10,0%
Totale 30 100,0%

Altre consulenze florovivaistiche v.a. v.%

Gestione rifiuti 1 100,0%


Totale 1 100,0%

Altre consulenze v.a. v.%

Consulenze di direzione 1 33,3%


Risorse umane 1 33,3%
Consulenza per 626 1 33,3%
Totale 3 100,0%
Tabella B.1 -Aziende florovivaistiche per nuove assunzioni e
loro tipologia nei prossimi due/tre anni ( v.a.)

Nuove si
v.a. v.% 63
assunzioni
no 37
si 17 63,0%
no 10 37,0%
Totale 27 100,0%

Totale
Tipopologia %
risposte
apprendisti 2 20,0%
operai
60,0%
qualificati 6
operai
20,0%
specializzati 2
Totale 10 100,0%

Tabella B.1.1 -Aziende florovivaistiche per dimensione


aziendale, nuove assunzioni e loro tipologia nei prossimi due/tre
anni ( v.a.)

Dimensione aziendale
da 100.001 a oltre
da 100.001 a
Nuove fino a 100.000 euro 1.000.000 di 1.000.000 di oltre 1.000.000 di
1.000.000 di euro e
e con fino a 10
con fino a 10
euro e con euro e con euro e con oltre 50 Totale %
assunzioni lavoratori tra 11 e 50 tra 11 e 50 lavoratori
lavoratori
lavoratori lavoratori
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

si 1 16,7% 6 60,0% 1 50,0% 1 50,0% 1 50,0% 10 45,5%

no 5 83,3% 4 40,0% 1 50,0% 1 50,0% 1 50,0% 12 54,5%

Totale 6 100,0% 10 100,0% 2 100,0% 2 100,0% 2 100,0% 22 100,0%


Mancanti 5

Dimensione aziendale
da 100.001 a oltre
da 100.001 a
Tipo di fino a 100.000 euro 1.000.000 di 1.000.000 di oltre 1.000.000 di
1.000.000 di euro e
e con fino a 10
con fino a 10
euro e con euro e con euro e con oltre 50 Totale %
personale lavoratori tra 11 e 50 tra 11 e 50 lavoratori
lavoratori
lavoratori lavoratori
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%
apprendisti 2 50,0% 0,0% 0,0% 2 25,0%
operai
qualificati 1 100,0% 2 50,0% 0,0% 1 100,0% 0,0% 4 50,0%
operai
specializzati 0,0% 0,0% 1 100,0% 0,0% 1 100,0% 2 25,0%
Totale 1 100,0% 4 100,0% 1 100,0% 1 100,0% 1 100,0% 8 100,0%
Mancanti 2
Tabella B.2 -Figure necessarie nei prossimi anni - qualifica, mansione e area ( v.a. e v.%)

Totale
Qualifica %
risposte
operai 14 58,3%
impiegati 4 16,7%
dirigenti 3 12,5%
consulenti 3 12,5%
Totale 24 100,0%

Totale
Mansione
risposte
addetto all'irrigazione e alla fertilizzazione 1
curatore fase commerciale e nuovi mercati 2
esperto commerciale 1
generico 1
giardiniere 1
operaio specializzato 1
operaio 2
raccoglitore fiori -addetto all'irrigazione e capo operaio 1
raccolta 1
raccolta e lavorazione fiori 1
responsabile produzione 1
trattorista, autista 1
venditore 1
agronomo esperto 1
funzioni amministrative 1
informatica 1
comunicazione 1
marketing 1
Totale 20

Totale
Area %
risposte
gestionale/amministrativa 3 14,3%
lavorazioni di campo 11 52,4%
commercializzazione 7 33,3%
Totale 21 100,0%

Figure necessarie nei prossimi 2/3 anni nelle


aziende florovivaistiche intervistate (% )

consulenti 12,5

dirigenti 12,5

impiegati 16,7

operai 58,3

% 0 10 20 30 40 50 60 70
Tabella B.3 -Commenti generali florovivaistico

Commenti

Azienda di dimensioni medio-grandi, ben strutturata e commercilamente affermata che opera nel
settore da diversi decenni. Buone le capacità imprenditoriali del conduttore che controlla e gestisce
le fasi produttive e coimmerciali. La gran parte della pr

Azienda di medie dimensioni che opera da 18 anni nella produzione di viti selvatiche ed innestate,
agrumi ed olivi. L'azienda possiede già un buon grado di stabilità economica e produttivae,
conseguentemente, l'impiego di manodopera è sostanzialmente fer

Aziende vivaistica di limitata dimensioni economiche che opera da circa 20 anni, stabile nele
attività e nel personale impiegato. Si producono piante ornamentali da esterno.

Giovane imprenditore, insediato ai sensi della normativa comunitaria, da soli 2 anni che gestisce
un'azienda ancora non ben strutturata dal punto di vista produttivo e commerciale
Tabella C.1 -Aziende del comparto suini per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti

v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 0 0,0% no 13 50,0% no 19 73,1%


minimo 13 50,0% si 13 50,0% si 7 26,9%
gestione degli forte 13 50,0% Totale 26 100,0% Totale 26 100,0%
animali Non Non
Totale 1 1
26 100,0% pertinenti pertinenti
Non pertinenti 1
assente 2 7,7% no 15 57,7% no 21 80,8%
minimo 10 38,5% si 11 42,3% si 5 19,2%

alimentazione forte 14 53,8% Totale 26 100,0% Totale 26 100,0%


degli animali Non Non
Totale 1 1
26 100,0% pertinenti pertinenti
Non pertinenti 1
assente 1 3,8% no 16 66,7% no 20 80,0%
minimo 10 38,5% si 8 33,3% si 5 20,0%
gestione delle forte 15 57,7% Totale 24 100,0% Totale 25 100,0%
deiezioni Non Non
Totale 1 1
26 100,0% pertinenti pertinenti
Non pertinenti 1 Mancanti 1
assente 1 5,3% no 9 52,9% no 13 72,2%
minimo 12 63,2% si 8 47,1% si 5 27,8%
vendita e forte 6 31,6% Totale 17 100,0% Totale 18 100,0%
macellazione Non Non
Totale 8 8
19 100,0% pertinenti pertinenti
Non pertinenti 8 Mancanti 2 Mancanti 1
assente 5 50,0% no 5 62,5% no 7 77,8%
minimo 1 10,0% si 3 37,5% si 2 22,2%
trasformazione forte 4 40,0% Totale 8 100,0% Totale 9 100,0%
e vendita Non Non
Totale 17 17
10 100,0% pertinenti pertinenti
Non pertinenti 17 Mancanti 2 Mancanti 1
assente 2 8,0% no 8 34,8% no 19 82,6%
minimo 12 48,0% si 15 65,2% si 4 17,4%
gestione e cura forte 11 44,0% Totale 23 100,0% Totale 23 100,0%
macchine e Non Non
attrezzature Totale 2 2
25 100,0% pertinenti pertinenti
Non pertinenti 2 Mancanti 2 Mancanti 2
Tabella C.2 -Aziende del comparto bovini da carne per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 4 16,7% no 12 50,0% no 18 75,0%


minimo 12 50,0% si 12 50,0% si 6 25,0%
coltivazione per forte 8 33,3% Totale 24 100,0% Totale 24 100,0%
alimentazione
animali Totale 24 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
assente 0 0,0% no 10 40,0% no 15 60,0%
minimo 14 56,0% si 15 60,0% si 10 40,0%
gestione degli forte 11 44,0% Totale 25 100,0% Totale 25 100,0%
animali Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
25 100,0%
Non pertinenti 0
assente 3 12,0% no 11 44,0% no 15 60,0%
minimo 10 40,0% si 14 56,0% si 10 40,0%

alimentazione forte 12 48,0% Totale 25 100,0% Totale 25 100,0%


degli animali
Totale 25 100,0% Non pertinenti 0 Non pertinenti 0

Non pertinenti 0
assente 0 0,0% no 10 40,0% no 13 52,0%
minimo 13 52,0% si 15 60,0% si 12 48,0%
gestione delle forte 12 48,0% Totale 25 100,0% Totale 25 100,0%
deiezioni Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
25 100,0%
Non pertinenti 0
gestione e cura assente 1 4,2% no 13 54,2% no 17 70,8%
macchine e minimo 16 66,7% si 11 45,8% si 7 29,2%
attrezzature forte 7 29,2% Totale 24 100,0% Totale 24 100,0%
Totale 24 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
assente 1 4,5% no 3 13,6% no 6 27,3%
minimo 9 40,9% si 19 86,4% si 16 72,7%
percorsi di forte 12 54,5% Totale 22 100,0% Totale 22 100,0%
certificazione Totale Non pertinenti 3 Non pertinenti 3
22 100,0%
Non pertinenti 3
assente 6 26,1% no 10 43,5% no 13 56,5%
minimo 13 56,5% si 13 56,5% si 10 43,5%
forte 4 17,4% Totale 23 100,0% Totale 23 100,0%
trasformazione
Totale 23 100,0% Non pertinenti 2 Non pertinenti 2

Non pertinenti 2
assente 2 8,3% no 13 54,2% no 18 75,0%
minimo 16 66,7% si 11 45,8% si 6 25,0%
forte 6 25,0% Totale 24 100,0% Totale 24 100,0%
vendita
Totale 24 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
Tabella C.3 -Aziende del comparto bovini da latte per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti

v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 6 11,5% no 26 55,3% no 32 68,1%


minimo 25 48,1% si 21 44,7% si 15 31,9%
coltivazione per forte 21 40,4% Totale 47 100,0% Totale 47 100,0%
alimentazione
animali Totale 52 100,0% Non pertinenti 0 Non pertinenti 0

Non pertinenti 0 Mancanti 5 Mancanti 5


assente 2 3,8% no 21 45,7% no 29 63,0%
minimo 20 38,5% si 25 54,3% si 17 37,0%
gestione degli forte 30 57,7% Totale 46 100,0% Totale 46 100,0%
animali Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
52 100,0%
Non pertinenti 0 Mancanti 6 Mancanti 6
assente 1 2,0% no 15 34,1% no 22 50,0%
minimo 22 44,9% si 29 65,9% si 22 50,0%

alimentazione degli forte 26 53,1% Totale 44 100,0% Totale 44 100,0%


animali
Totale 49 100,0% Non pertinenti 3 Non pertinenti 3

Non pertinenti 3 Mancanti 5 Mancanti 5


assente 7 14,0% no 22 50,0% no 32 72,7%
minimo 20 40,0% si 22 50,0% si 12 27,3%
forte 23 46,0% Totale 44 100,0% Totale 44 100,0%
mungitura
Totale 50 100,0% Non pertinenti 2 Non pertinenti 2

Non pertinenti 2 Mancanti 5 Mancanti 5


deposito e consegna assente 11 23,4% no 28 66,7% no 40 95,2%
latte minimo 25 53,2% si 14 33,3% si 2 4,8%
forte 11 23,4% Totale 42 100,0% Totale 42 100,0%
Totale 47 100,0% Non pertinenti 5 Non pertinenti 5

Non pertinenti 5 Mancanti 5 Mancanti 5


assente 7 13,5% no 25 54,3% no 33 71,7%
minimo 23 44,2% si 21 45,7% si 13 28,3%

gestione delle forte 22 42,3% Totale 46 100,0% Totale 46 100,0%


deiezioni
Totale 52 100,0% Non pertinenti 0 Non pertinenti 0

Non pertinenti 0 Mancanti 6 Mancanti 6


assente 2 3,9% no 23 47,9% no 34 75,6%

minimo si si
gestione e cura 32 62,7% 25 52,1% 11 24,4%
macchine e forte 17 33,3% Totale 48 100,0% Totale 45 100,0%
attrezzature Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
51 100,0%
Non pertinenti 1 Mancanti 3 Mancanti 6
assente 13 35,1% no 18 56,3% no 19 59,4%
minimo 16 43,2% si 14 43,8% si 13 40,6%
forte 8 21,6% Totale 32 100,0% Totale 32 100,0%
trasformazione
Totale 37 100,0% Non pertinenti 15 Non pertinenti 15

Non pertinenti 15 Mancanti 5 Mancanti 5


assente 12 33,3% no 12 41,4% no 20 66,7%
minimo 16 44,4% si 17 58,6% si 10 33,3%
forte 8 22,2% Totale 29 100,0% Totale 30 100,0%
commercializzazione
Totale 36 100,0% Non pertinenti 16 Non pertinenti 16

Non pertinenti 16 Mancanti 7 Mancanti 6


assente 12 33,3% no 11 35,5% no 19 61,3%
minimo 14 38,9% si 20 64,5% si 12 38,7%
percorsi di forte 10 27,8% Totale 31 100,0% Totale 31 100,0%
certificazione Totale Non pertinenti 16 Non pertinenti 16
36 100,0%
Non pertinenti 16 Mancanti 5 Mancanti 5
Tabella C.4 -Aziende del comparto bufalini per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 0 0,0% no 1 14,3% no 3 42,9%


minimo 5 71,4% si 6 85,7% si 4 57,1%
coltivazione per forte 2 28,6% Totale 7 100,0% Totale 7 100,0%
alimentazione
animali Totale 7 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
assente 0 0,0% no 3 42,9% no 4 57,1%
minimo 5 71,4% si 4 57,1% si 3 42,9%
gestione degli forte 2 28,6% Totale 7 100,0% Totale 7 100,0%
animali Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
7 100,0%
Non pertinenti 1
assente 1 14,3% no 3 42,9% no 4 57,1%
minimo 3 42,9% si 4 57,1% si 3 42,9%
alimentazione degli forte 3 42,9% Totale 7 100,0% Totale 7 100,0%
animali Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
7 100,0%
Non pertinenti 1
assente 1 14,3% no 2 28,6% no 4 57,1%
minimo 3 42,9% si 5 71,4% si 3 42,9%
forte 3 42,9% Totale 7 100,0% Totale 7 100,0%
mungitura
Totale 7 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
deposito e consegna assente 0 0,0% no 5 71,4% no 6 85,7%
latte minimo 4 57,1% si 2 28,6% si 1 14,3%
forte 3 42,9% Totale 7 100,0% Totale 7 100,0%
Totale 7 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
assente 1 14,3% no 6 85,7% no 7 100,0%
minimo 4 57,1% si 1 14,3% si 0 0,0%
gestione e cura Totale Totale
forte 2 28,6% 7 100,0% 7 100,0%
macchine e
attrezzature Totale 7 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
assente 2 28,6% no 4 57,1% no 4 57,1%
minimo 4 57,1% si 3 42,9% si 3 42,9%
forte 1 14,3% Totale 7 100,0% Totale 7 100,0%
trasformazione
Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
7 100,0%
Non pertinenti 1
assente 1 14,3% no 5 83,3% no 4 57,1%
minimo 5 71,4% si 1 16,7% si 3 42,9%
forte 1 14,3% Totale 6 100,0% Totale 7 100,0%
commercializzazione
Totale 7 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1 Mancanti 1


Tabella C.5 -Aziende del comparto ovicaprini per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti

v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 3 9,7% no 9 30,0% no 16 53,3%


minimo 12 38,7% si 21 70,0% si 14 46,7%
gestione degli forte 16 51,6% Totale 30 100,0% Totale 30 100,0%
animali Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
31 100,0%
Non pertinenti 0 Mancanti 1 Mancanti 1
assente 3 10,3% no 15 51,7% no 17 56,7%
minimo 11 37,9% si 14 48,3% si 13 43,3%
alimentazione degli forte 15 51,7% Totale 29 100,0% Totale 30 100,0%
animali Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
29 100,0%
Non pertinenti 1 Mancanti 1
assente 3 13,0% no 10 45,5% no 14 66,7%
minimo 6 26,1% si 12 54,5% si 7 33,3%
mungitura e forte 14 60,9% Totale 22 100,0% Totale 21 100,0%
stoccaggio del latte Totale Non pertinenti 8 Non pertinenti 8
23 100,0%
Non pertinenti 8 Mancanti 1 Mancanti 2
assente 7 35,0% no 10 50,0% no 13 65,0%
minimo 7 35,0% si 10 50,0% si 7 35,0%
produzione di forte 6 30,0% Totale 20 100,0% Totale 20 100,0%
formaggio Totale Non pertinenti 11 Non pertinenti 11
20 100,0%
Non pertinenti 11
assente 10 45,5% no 10 47,6% no 13 61,9%
minimo 2 9,1% si 11 52,4% si 8 38,1%
percorsi di forte 10 45,5% Totale 21 100,0% Totale 21 100,0%
certificazione Totale Non pertinenti 9 Non pertinenti 9
22 100,0%
Non pertinenti 9 Mancanti 1 Mancanti 1
assente 5 21,7% no 12 52,2% no 17 73,9%
minimo 12 52,2% si 11 47,8% si 6 26,1%
gestione e cura forte 6 26,1% Totale 23 100,0% Totale 23 100,0%
macchine e
attrezzature Totale Non pertinenti 8 Non pertinenti 8
23 100,0%
Non pertinenti 8
assente 7 28,0% no 8 32,0% no 9 36,0%
minimo 11 44,0% si 17 68,0% si 16 64,0%
commercializzazione/ forte 7 28,0% Totale 25 100,0% Totale 25 100,0%
vendita Totale Non pertinenti 6 Non pertinenti 6
25 100,0%
Non pertinenti 6
Tabella C.6 -Aziende del comparto cavalli per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 5 41,7% no 8 66,7% no 10 83,3%


minimo 1 8,3% si 4 33,3% si 2 16,7%
gestione degli forte 6 50,0% Totale 12 100,0% Totale 12 100,0%
animali Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
12 100,0%
Non pertinenti 0
assente 4 36,4% no 8 72,7% no 9 81,8%
minimo 1 9,1% si 3 27,3% si 2 18,2%
alimentazione degli forte 6 54,5% Totale 11 100,0% Totale 11 100,0%
animali Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
11 100,0%
Non pertinenti 1
assente 3 27,3% no 7 63,6% no 9 81,8%
minimo 1 9,1% si 4 36,4% si 2 18,2%
forte 7 63,6% Totale 11 100,0% Totale 11 100,0%
gestione della stalla
Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
11 100,0%
Non pertinenti 1
assente 3 27,3% no 7 63,6% no 8 72,7%
minimo 1 9,1% si 4 36,4% si 3 27,3%
forte 7 63,6% Totale 11 100,0% Totale 11 100,0%
assistenza sanitaria
Totale 11 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
percorsi di assente 6 60,0% no 9 90,0% no 7 77,8%
certificazione minimo 1 10,0% si 1 10,0% si 2 22,2%
forte 3 30,0% Totale 10 100,0% Totale 9 100,0%
Totale 10 100,0% Non pertinenti 2 Non pertinenti 2

Non pertinenti 2 Mancanti 1


assente 3 27,3% no 4 36,4% no 10 90,9%
minimo 6 54,5% si 7 63,6% si 1 9,1%
gestione e cura forte 2 18,2% Totale 11 100,0% Totale 11 100,0%
macchine e
attrezzature Totale Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
11 100,0%
Non pertinenti 1
Tabella C.7 -Aziende del comparto avicoli per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 3 12,0% no 13 52,0% no 19 76,0%


minimo 4 16,0% si 12 48,0% si 6 24,0%
gestione degli forte 18 72,0% Totale 25 100,0% Totale 25 100,0%
animali Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
25 100,0%
Non pertinenti 0
assente 4 16,0% no 15 60,0% no 18 75,0%
minimo 4 16,0% si 10 40,0% si 6 25,0%
alimentazione degli forte 17 68,0% Totale 25 100,0% Totale 24 100,0%
animali Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
25 100,0%
Non pertinenti 0
assente 4 16,7% no 16 66,7% no 18 78,3%
minimo 13 54,2% si 8 33,3% si 5 21,7%
gestione delle forte 7 29,2% Totale 24 100,0% Totale 23 100,0%
deiezioni Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
24 100,0%
Mancanti 1 Mancanti 1
assente 3 12,5% no 13 54,2% no 17 70,8%
minimo 7 29,2% si 11 45,8% si 7 29,2%
gestione e cura forte 14 58,3% Totale 24 100,0% Totale 24 100,0%
macchine e
attrezzature Totale 24 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1

Non pertinenti 1
assente 2 33,3% no 5 83,3% no 5 83,3%
minimo 2 33,3% si 1 16,7% si 1 16,7%
forte 2 33,3% Totale 6 100,0% Totale 6 100,0%
trasformazione
Totale 6 100,0% Non pertinenti 19 Non pertinenti 19

Non pertinenti 19
assente 5 41,7% no 8 66,7% no 9 75,0%
minimo 4 33,3% si 4 33,3% si 3 25,0%
forte 3 25,0% Totale 12 100,0% Totale 12 100,0%
commercializzazione
Totale Non pertinenti 13 Non pertinenti 13
12 100,0%
Non pertinenti 13
Tabella C.8 -Aziende del comparto ittico per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti

v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 0 0,0% no 4 36,4% no 1 9,1%


minimo 5 45,5% si 7 63,6% si 10 90,9%
riproduzione Totale Totale
forte 6 54,5% 11 100,0% 11 100,0%
gestione degli
animali Totale 11 100,0% Non pertinenti 5 Non pertinenti 5

Non pertinenti 5
assente 1 9,1% no 7 70,0% no 3 30,0%
minimo 7 63,6% si 3 30,0% si 7 70,0%
riproduzione
forte 3 27,3% Totale 10 100,0% Totale 10 100,0%
alimentazione degli
animali Totale 11 100,0% Non pertinenti 5 Non pertinenti 5

Non pertinenti 5 Mancanti 1 Mancanti 1


assente 3 27,3% no 8 80,0% no 5 50,0%
minimo 5 45,5% si 2 20,0% si 5 50,0%
riproduzione forte 3 27,3% Totale 10 100,0% Totale 10 100,0%
gestione dei residui Totale Non pertinenti 5 Non pertinenti 5
11 100,0%
Non pertinenti 5 Mancanti 1 Mancanti 1
assente 1 8,3% no 7 70,0% no 2 16,7%
minimo 6 50,0% si 3 30,0% si 10 83,3%
avannottera gestione forte 5 41,7% Totale 10 100,0% Totale 12 100,0%
degli animali Totale Non pertinenti 4 Non pertinenti 4
12 100,0%
Non pertinenti 4 Mancanti 2
assente 2 18,2% no 9 90,0% no 3 30,0%
minimo 7 63,6% si 1 10,0% si 7 70,0%
avannottera forte 2 18,2% Totale 10 100,0% Totale 10 100,0%
alimentazione degli
animali Totale 11 100,0% Non pertinenti 5 Non pertinenti 5

Non pertinenti 5 Mancanti 1 Mancanti 1


assente 2 18,2% no 8 80,0% no 3 30,0%
minimo 7 63,6% si 2 20,0% si 7 70,0%
avannottera gestione forte 2 18,2% Totale 10 100,0% Totale 10 100,0%
dei residui Totale Non pertinenti 5 Non pertinenti 5
11 100,0%
Non pertinenti 5 Mancanti 1 Mancanti 1
assente 1 6,3% no 9 60,0% no 2 12,5%
minimo 9 56,3% si 6 40,0% si 14 87,5%
allevamento gestione forte 6 37,5% Totale 15 100,0% Totale 16 100,0%
degli animali Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
16 100,0%
Non pertinenti 0 Mancanti 1
assente 0 0,0% no 9 64,3% no 3 21,4%
minimo 13 81,3% si 5 35,7% si 11 78,6%
allevamento forte 3 18,8% Totale 14 100,0% Totale 14 100,0%
alimentazione degli
animali Totale 16 100,0% Non pertinenti 0 Non pertinenti 0

Non pertinenti 0 Mancanti 2 Mancanti 2


assente 1 6,3% no 9 64,3% no 2 13,3%
minimo 10 62,5% si 5 35,7% si 13 86,7%
allevamento gestione forte 5 31,3% Totale 14 100,0% Totale 15 100,0%
dei residui Totale Non pertinenti 0 Non pertinenti 0
16 100,0%
Non pertinenti 0 Mancanti 2 Mancanti 1
assente 0 0,0% no 5 35,7% no 2 14,3%
minimo 2 14,3% si 9 64,3% si 12 85,7%
gestione e cura forte 12 85,7% Totale 14 100,0% Totale 14 100,0%
macchine e
attrezzature Totale 14 100,0% Non pertinenti 2 Non pertinenti 2

Non pertinenti 2
assente 1 9,1% no 2 18,2% no 2 20,0%
minimo 1 9,1% si 9 81,8% si 8 80,0%
forte 9 81,8% Totale 11 100,0% Totale 10 100,0%
trasformazione
Totale 11 100,0% Non pertinenti 5 Non pertinenti 5

Non pertinenti 5 Mancanti 1


assente 1 8,3% no 5 45,5% no 3 27,3%
minimo 5 41,7% si 6 54,5% si 8 72,7%
forte 6 50,0% Totale 11 100,0% Totale 11 100,0%
commercializzazione
Totale 12 100,0% Non pertinenti 4 Non pertinenti 4

Non pertinenti 4 Mancanti 1 Mancanti 1


assente 4 30,8% no 5 50,0% no 4 33,3%
minimo 1 7,7% si 5 50,0% si 8 66,7%
Integrazione forte 8 61,5% Totale 10 100,0% Totale 12 100,0%
processi di filiera Totale Non pertinenti 3 Non pertinenti 3
13 100,0%
Non pertinenti 3 Mancanti 3 Mancanti 1
Tabella C.9 -Figure comparto suini (v.a. e v.%)
Fase 1- Gestione degli animali

Veterinario
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 17 73,9% 6 26,1% 0 0,0% 23 100,0%

Attività 19 82,6% 4 17,4% 0 0,0% 23 100,0%

20 87,0% 1 4,3% 2 8,7% 23 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 21 91,3% 2 8,7% 0 0,0% 23 100,0%

Segmento della 15 65,2% 4 17,4% 4 17,4% 23 100,0%


produzione

Requisiti/Conoscenze 16 69,6% 7 30,4% 0 0,0% 23 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

Tipologia di personale da
personale
già formato
formare in Totale
personale azienda

15 68,2% 7 31,8% 22 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 11 47,8% 12 52,2% 23 100,0%

A livello nazionale 9 47,4% 10 43,5% 19 100,0% Mancanti 4

Addetto ai verri-fecondatore
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%


Definizione 18 81,8% 4 18,2% 0 0,0% 22 100,0%

Attività 21 95,5% 1 4,5% 0 0,0% 22 100,0%

14 63,6% 7 31,8% 1 4,5% 22 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 20 90,9% 2 9,1% 0 0,0% 22 100,0%

Segmento della 21 95,5% 1 4,5% 0 0,0% 22 100,0%


produzione

Requisiti/Conoscenze 19 86,4% 2 9,1% 1 4,5% 22 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale
Tipologia di personale già formato
formare in Totale
azienda

9 42,9% 12 57,1% 21 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 16 72,7% 6 27,3% 22 100,0%

A livello nazionale 13 81,3% 3 18,8% 16 100,0% Mancanti 6

Addetto sala parto


Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 21 91,3% 1 4,3% 1 4,3% 23 100,0%

Attività 11 47,8% 11 47,8% 1 4,3% 23 100,0%

19 86,4% 1 4,5% 2 9,1% 22 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 20 87,0% 3 13,0% 0 0,0% 23 100,0%

Segmento della 22 95,7% 1 4,3% 0 0,0% 23 100,0%


produzione
Requisiti/Conoscenze 15 65,2% 5 21,7% 3 13,0% 23 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale
Tipologia di personale già formato
formare in Totale
azienda

13 56,5% 10 43,5% 23 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 14 60,9% 9 39,1% 23 100,0%

A livello nazionale 11 61,1% 7 38,9% 18 100,0% Mancanti 5

Fase 2- Alimentazione degli animali


Nutrizionista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 21 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 21 100,0%

Attività 20 95,2% 0 0,0% 1 4,8% 21 100,0%

17 81,0% 1 4,8% 3 14,3% 21 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 18 85,7% 2 9,5% 1 4,8% 21 100,0%

Segmento della 19 90,5% 1 4,8% 1 4,8% 21 100,0%


produzione

Requisiti/Conoscenze 19 90,5% 2 9,5% 0 0,0% 21 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale
Tipologia di personale già formato
formare in Totale
azienda

18 90,0% 2 10,0% 20 100,0% Mancanti 1


difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del
lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale
Mancanti
A livello locale 4 19,0% 17 81,0% 21 100,0%
1
A livello nazionale 3 18,8% 13 81,3% 16 100,0% Mancanti 5

Addetto al mangimificio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 23 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 23 100,0%

Attività 21 91,3% 2 8,7% 0 0,0% 23 100,0%

19 86,4% 0 0,0% 3 13,6% 22 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 16 69,6% 7 30,4% 0 0,0% 23 100,0%

Segmento della 21 91,3% 1 4,3% 1 4,3% 23 100,0%


produzione

Requisiti/Conoscenze 15 65,2% 6 26,1% 2 8,7% 23 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale
Tipologia di personale già formato
formare in Totale
azienda

14 63,6% 8 36,4% 22 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 9 42,9% 12 57,1% 21 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 6 37,5% 10 62,5% 16 100,0% Mancanti 5


Tabella C.10 -Figure comparto bovini da carne (v.a. e v.%)
Fase 2- Gestione degli animali
Trattorista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 14 87,5% 2 12,5% 0 0,0% 16 100,0%

Attività 10 62,5% 5 31,3% 1 6,3% 16 100,0%

15 93,8% 1 6,3% 0 0,0% 16 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 81,3% 3 18,8% 0 0,0% 16 100,0%

Segmento della produzione 13 81,3% 3 18,8% 0 0,0% 16 100,0%

Requisiti/Conoscenze 16 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 16 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

13 100,0% 0 0,0% 13 100,0% Mancanti 3

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire la
figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 11 68,8% 5 31,3% 16 100,0%

A livello nazionale 14 87,5% 2 12,5% 16 100,0%

Veterinario ginecologo e patologo


Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%


Definizione 14 87,5% 2 12,5% 0 0,0% 16 100,0%

Attività 10 62,5% 5 31,3% 1 6,3% 16 100,0%

15 93,8% 1 6,3% 0 0,0% 16 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 81,3% 3 18,8% 0 0,0% 16 100,0%

Segmento della produzione 13 81,3% 3 18,8% 0 0,0% 16 100,0%

Requisiti/Conoscenze 16 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 16 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

13 100,0% 0 0,0% 13 100,0% Mancanti 3

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 5 31,3% 11 68,8% 16 100,0%

A livello nazionale 2 12,5% 14 87,5% 16 100,0%

Tecnico analista veterinario


Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

Attività 5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%

6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%


Segmento della produzione 5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%

Requisiti/Conoscenze 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

6 100,0% 0 0,0% 6 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 3 50,0% 3 50,0% 6 100,0%

A livello nazionale 3 50,0% 3 50,0% 6 100,0%

Podologo
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Attività 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Segmento della produzione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Requisiti/Conoscenze 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0% 1 100,0%

Tipologia di personale Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
formato
formare in Totale
azienda
1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%

A livello nazionale 1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%

Stalliere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 14 93,3% 1 6,7% 0 0,0% 15 100,0%

Attività 11 73,3% 4 26,7% 0 0,0% 15 100,0%

13 86,7% 2 13,3% 0 0,0% 15 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 9 60,0% 6 40,0% 0 0,0% 15 100,0%

Segmento della produzione 12 80,0% 3 20,0% 0 0,0% 15 100,0%

Requisiti/Conoscenze 13 86,7% 1 6,7% 1 6,7% 15 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

5 33,3% 10 66,7% 15 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 7 46,7% 8 53,3% 15 100,0%

A livello nazionale 9 60,0% 6 40,0% 15 100,0%


Fase 3- Alimentazione degli animali
Stalliere trattorista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 4 66,7% 2 33,3% 0 0,0% 6 100,0%

Attività 4 66,7% 2 33,3% 0 0,0% 6 100,0%

5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%

Segmento della produzione 4 66,7% 2 33,3% 0 0,0% 6 100,0%

Requisiti/Conoscenze 5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

3 50,0% 3 50,0% 6 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 3 50,0% 3 50,0% 6 100,0%

A livello nazionale 3 50,0% 3 50,0% 6 100,0%

Alimentarista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%


Definizione 16 76,2% 5 23,8% 0 0,0% 21 100,0%

Attività 14 66,7% 7 33,3% 0 0,0% 21 100,0%

18 85,7% 1 4,8% 2 9,5% 21 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 17 81,0% 4 19,0% 0 0,0% 21 100,0%

Segmento della produzione 17 81,0% 4 19,0% 0 0,0% 21 100,0%

Requisiti/Conoscenze 20 95,2% 1 4,8% 0 0,0% 21 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

14 87,5% 2 12,5% 16 100,0% Mancanti 5

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 10 50,0% 10 50,0% 20 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 8 40,0% 12 60,0% 20 100,0% Mancanti 1

Fase 4- Gestione deiezioni


Agronomo specializzato nella gestione deiezioni
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 7 70,0% 3 30,0% 0 0,0% 10 100,0%

Attività 8 80,0% 2 20,0% 0 0,0% 10 100,0%

9 90,0% 1 10,0% 0 0,0% 10 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 8 80,0% 2 20,0% 0 0,0% 10 100,0%


Segmento della produzione 10 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 10 100,0%

Requisiti/Conoscenze 7 70,0% 1 10,0% 2 20,0% 10 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

5 100,0% 0 0,0% 5 100,0% Mancanti 5

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 3 30,0% 7 70,0% 10 100,0%

A livello nazionale 3 30,0% 7 70,0% 10 100,0%

Fase 6- percorsi di certificazione


Certificatore di processo
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 15 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 15 100,0%

Attività 15 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 15 100,0%

13 86,7% 2 13,3% 0 0,0% 15 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 86,7% 2 13,3% 0 0,0% 15 100,0%

Segmento della produzione 14 93,3% 1 6,7% 0 0,0% 15 100,0%

Requisiti/Conoscenze 11 73,3% 3 20,0% 1 6,7% 15 100,0%

Tipologia di personale Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:


personale da
personale già
formato
formare in Totale
azienda

11 100,0% 0 0,0% 11 100,0% Mancanti 4

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 9 60,0% 6 40,0% 15 100,0%

A livello nazionale 3 20,0% 12 80,0% 15 100,0%

Fase 2- Gestione animali - nuova figura

Specifiche Altro: Veterinario sanitario e podologo

Veterinario specializzato in patologie infettive tipiche


Definizione dell'ingrasso

Attività Assistenza sanitaria all'allevamento da ingrasso

Consulente
Posizione nell’azienda
competenze in malattie infettive. Piani di profilassi e
Competenze metafilassi

Segmento della produzione Gestione animali. Ispezione, trattamenti, assistenza sanitaria

laurea in med. Veterinaria. Specializzazione nel settore dei


Requisiti/Conoscenze bovini da ingrasso

Fase 6- Gestione e cura macchine e attrezzature - nuova figura

Specifiche Altro: Meccanico agricolo

Operaio generico che si occupa della cura e manutenzione


Definizione delle macchine e attrezzature aziendali

Gestisce la manutenzione ordinaria e straordinaria delle


Attività macchine e attrezzature

Dipendente
Posizione nell’azienda
Conosce e utilizza le usuali macchine e atrezzature, norme di
Competenze sicurezza ed effettua manutenzioni e riparazioni

Segmento della produzione Gestione e utilizzo delle macchine e attrezzature


Requisiti/Conoscenze Almeno licenza media ed esperienza nel settore

Fase 7- Trasformazione - nuova figura


Altro: Consulenti per organizzazione del
Specifiche prodotto

Definizione Tecnico esperto nella filiera della carne

Integrano la fase produttiva con le attività di vendita e


Attività trasformazione

Consulenti esterni
Posizione nell’azienda
Conoscenza del processo produttivo e delle successive fasi di
Competenze trasformazione e vendita

Segmento della produzione Tutte le fasi (produzione, trasformazione e vendita)

Laurea in agraria/veterinaria/scienze produzionni animali.


Requisiti/Conoscenze Conoscenza settore zootecnico e agroalimentare

Specifiche Altro: Addetto alla macellazione

Definizione Operaio che provvede alla macellazione

Attività Abbattimento, scuoiamento, sezionamento parti

Dipendente
Posizione nell’azienda

Competenze Taglio delle carni e conoscenze sanitarie

Segmento della produzione Trasformazione

Requisiti/Conoscenze Titolo di istruzione medio

Fase 8- Vendita - nuova figura

Specifiche Altro: Responsabile commmerciale

Definizione Responsabile delle attività di vendita


Gestisce le operazioni commerciali, mantiene i rapporti con i
Attività clienti, si occupa delle operazioni di marketing

Titolare dell'azienda
Posizione nell’azienda

Competenze Conoscenza del settore, dell'azienda e del prodotto

Segmento della produzione Vendita

Requisiti/Conoscenze Livello di studi medio/alto, esperienza nel settore


Tabella C.11 -Figure comparto bovini da latte (v.a. e v.%)
Fase 1- Coltivazione per alimentazione animali
Bergamino stalliere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 39 90,7% 3 7,0% 1 2,3% 43 100,0%

Attività 36 83,7% 5 11,6% 2 4,7% 43 100,0%

42 97,7% 1 2,3% 0 0,0% 43 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 40 93,0% 3 7,0% 0 0,0% 43 100,0%

Segmento della produzione 35 81,4% 7 16,3% 1 2,3% 43 100,0%

Requisiti/Conoscenze 39 92,9% 3 7,1% 0 0,0% 42 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

20 47,6% 22 52,4% 42 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 33 76,7% 10 23,3% 43 100,0%

A livello nazionale 30 78,9% 8 18,6% 38 100,0% Mancanti 5


Fase 2- Gestione degli animali
Bergamino stalliere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 39 90,7% 3 7,0% 1 2,3% 43 100,0%

Attività 36 83,7% 5 11,6% 2 4,7% 43 100,0%

42 97,7% 1 2,3% 0 0,0% 43 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 40 93,0% 3 7,0% 0 0,0% 43 100,0%

Segmento della produzione 35 81,4% 7 16,3% 1 2,3% 43 100,0%

Requisiti/Conoscenze 39 92,9% 3 7,1% 0 0,0% 42 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

20 47,6% 22 52,4% 42 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 33 76,7% 10 23,3% 43 100,0%

A livello nazionale 30 78,9% 8 18,6% 38 100,0% Mancanti 5


Capo stalla
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 35 85,4% 5 12,2% 1 2,4% 41 100,0%

Attività 37 90,2% 3 7,3% 1 2,4% 41 100,0%

30 75,0% 7 17,5% 3 7,5% 40 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 40 97,6% 1 2,4% 0 0,0% 41 100,0%

Segmento della produzione 35 85,4% 4 9,8% 2 4,9% 41 100,0%

Requisiti/Conoscenze 37 90,2% 3 7,3% 1 2,4% 41 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

29 72,5% 11 27,5% 40 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 35 87,5% 5 12,5% 40 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 31 81,6% 7 18,4% 38 100,0% Mancanti 3


Veterinario
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 46 97,9% 1 2,1% 0 0,0% 47 100,0%

Attività 37 78,7% 10 21,3% 0 0,0% 47 100,0%

45 95,7% 1 2,1% 1 2,1% 47 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 36 76,6% 11 23,4% 0 0,0% 47 100,0%

Segmento della produzione 44 93,6% 2 4,3% 1 2,1% 47 100,0%

Requisiti/Conoscenze 43 91,5% 3 6,4% 1 2,1% 47 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

38 90,5% 4 9,5% 42 100,0% Mancanti 5

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 10 21,3% 37 78,7% 47 100,0%

A livello nazionale 7 15,2% 39 84,8% 46 100,0% Mancanti 1


Trattorista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 32 80,0% 7 17,5% 1 2,5% 40 100,0%

Attività 38 95,0% 2 5,0% 0 0,0% 40 100,0%

35 87,5% 3 7,5% 2 5,0% 40 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 35 87,5% 5 12,5% 0 0,0% 40 100,0%

Segmento della produzione 35 87,5% 5 12,5% 0 0,0% 40 100,0%

Requisiti/Conoscenze 34 85,0% 4 10,0% 2 5,0% 40 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

28 70,0% 12 30,0% 40 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 23 57,5% 17 42,5% 40 100,0%

A livello nazionale 26 65,0% 14 35,0% 40 100,0%


Fase 3- Alimentazione degli animali
Bergamino stalliere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Attività 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Segmento della produzione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Requisiti/Conoscenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%

A livello nazionale 1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%


Alimentarista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 42 95,5% 2 4,5% 0 0,0% 44 100,0%

Attività 41 93,2% 1 2,3% 2 4,5% 44 100,0%

42 95,5% 0 0,0% 2 4,5% 44 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 42 95,5% 0 0,0% 2 4,5% 44 100,0%

Segmento della produzione 43 97,7% 1 2,3% 0 0,0% 44 100,0%

Requisiti/Conoscenze 37 86,0% 0 0,0% 6 14,0% 43 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

36 94,7% 2 5,3% 38 100,0% Mancanti 6

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 9 20,5% 35 79,5% 44 100,0%

A livello nazionale 7 16,7% 35 83,3% 42 100,0% Mancanti 2


Fase 4- Mungitura
Bergamino/stalliere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Attività 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Segmento della produzione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Requisiti/Conoscenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

0 0,0% 1 100,0% 1 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 0 0,0% 1 100,0% 1 100,0%

A livello nazionale 0 0,0% 0 0,0% 0 0,0% Mancanti 1


Fase 7- Gestione e cura macchine e attrezzature
Meccanico
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 33 91,7% 2 5,6% 1 2,8% 36 100,0%

Attività 31 86,1% 4 11,1% 1 2,8% 36 100,0%

18 50,0% 7 19,4% 11 30,6% 36 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 32 88,9% 4 11,1% 0 0,0% 36 100,0%

Segmento della produzione 35 97,2% 1 2,8% 0 0,0% 36 100,0%

Requisiti/Conoscenze 26 72,2% 7 19,4% 3 8,3% 36 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

33 94,3% 2 5,7% 35 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 20 55,6% 16 44,4% 36 100,0%

A livello nazionale 1 100,0% 0 0,0% 1 100,0% Mancanti 35


Fase 11- Gestione amministrazione aziendale
Responsabile aziendale
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 34 91,9% 2 5,4% 1 2,7% 37 100,0%

Attività 36 97,3% 1 2,7% 0 0,0% 37 100,0%

26 70,3% 2 5,4% 9 24,3% 37 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 33 89,2% 1 2,7% 3 8,1% 37 100,0%

Segmento della produzione 32 86,5% 1 2,7% 4 10,8% 37 100,0%

Requisiti/Conoscenze 30 81,1% 3 8,1% 4 10,8% 37 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

23 63,9% 13 36,1% 36 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 27 75,0% 9 25,0% 36 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 0 0,0% 1 100,0% 1 100,0% Mancanti 36


Fase 1- Coltivazioni per alimentazione animali- nuova figura

Specifiche addetto lavorazioni di campo / trattorista

Definizione tecnico che gestisce e programma tutte le lavorazioni di campo

Attività gestisce le operazioni di semina - raccolta - concimazione.

Titolare
Posizione nell’azienda
conoscenze agronomiche - lavorazione terreni. Conoscenza
Competenze maccchinari

Segmento della produzione Coltivazione terrreni

Requisiti/Conoscenze studi medio-alti. Esperienza in azienda


Tabella C.12 -Figure comparto bufalini (v.a. e v.%)
Fase 1- Coltivazioni per allevamento degli animali
Addetto alla gestione dei foraggi ed insilati
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%

Attività 2 33,3% 4 66,7% 0 0,0% 6 100,0%

4 66,7% 1 16,7% 1 16,7% 6 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%

Segmento della produzione 1 16,7% 5 83,3% 0 0,0% 6 100,0%

Requisiti/Conoscenze 2 33,3% 3 50,0% 1 16,7% 6 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

6 100,0% 0 0,0% 6 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 3 50,0% 3 50,0% 6 100,0%

A livello nazionale 0 0,0% 1 16,7% 1 100,0% Mancanti 5


Fase 2- Gestione degli animali
Addetto ai vitelli
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

Attività 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 2 33,3% 4 66,7% 0 0,0% 6 100,0%

Segmento della produzione 5 83,3% 1 16,7% 0 0,0% 6 100,0%

Requisiti/Conoscenze 4 66,7% 1 16,7% 1 16,7% 6 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

6 100,0% 0 0,0% 6 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 5 83,3% 1 16,7% 6 100,0%

A livello nazionale 1 100,0% 0 0,0% 1 100,0% Mancanti 5


Fase 4- Mungitura
Mungitore
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 7 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0%

Attività 6 85,7% 1 14,3% 0 0,0% 7 100,0%

6 85,7% 1 14,3% 0 0,0% 7 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 4 57,1% 2 28,6% 1 14,3% 7 100,0%

Segmento della produzione 6 85,7% 1 14,3% 0 0,0% 7 100,0%

Requisiti/Conoscenze 3 42,9% 4 57,1% 0 0,0% 7 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

5 71,4% 2 28,6% 7 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 4 57,1% 3 42,9% 7 100,0%

A livello nazionale 0 0% 0 0,0% 0 0,0%


Fase 6- Gestione e cura macchine e attrezzature
Mungitore
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Attività 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Segmento della produzione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Requisiti/Conoscenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 1 100,0% 0 0,0% 1 100,0%

A livello nazionale 1 0% 0 0,0% 1 100,0%


Tabella C.13 -Figure comparto ovicaprini (v.a. e v.%)
Fase 1- Gestione animali
Pastore
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 25 89,3% 0 0,0% 3 10,7% 28 100,0%

Attività 23 82,1% 4 14,3% 1 3,6% 28 100,0%

18 64,3% 5 17,9% 5 17,9% 28 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 26 92,9% 1 3,6% 1 3,6% 28 100,0%

Segmento della produzione 26 92,9% 2 7,1% 0 0,0% 28 100,0%

Requisiti/Conoscenze 20 71,4% 5 17,9% 3 10,7% 28 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

20 71,4% 8 28,6% 28 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 5 17,9% 23 82,1% 28 100,0%

A livello nazionale 4 16,7% 20 71,4% 24 100,0% Mancanti 4


Addetto stalla
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 23 92,0% 2 8,0% 0 0,0% 25 100,0%

Attività 17 68,0% 5 20,0% 3 12,0% 25 100,0%

17 68,0% 6 24,0% 2 8,0% 25 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 21 84,0% 2 8,0% 2 8,0% 25 100,0%

Segmento della produzione 21 84,0% 4 16,0% 0 0,0% 25 100,0%

Requisiti/Conoscenze 15 60,0% 6 24,0% 4 16,0% 25 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

20 80,0% 5 20,0% 25 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 23 92,0% 2 8,0% 25 100,0%

A livello nazionale 4 33,3% 8 66,7% 12 100,0% Mancanti 13


Tabella C.14 -Figure comparto cavalli (v.a. e v.%)
Fase 1- Gestione animali
Artiere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 83,3% 1 8,3% 1 8,3% 12 100,0%

Attività 5 62,5% 3 37,5% 0 0,0% 8 100,0%

7 63,6% 2 18,2% 2 18,2% 11 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 6 50,0% 5 41,7% 1 8,3% 12 100,0%

Segmento della produzione 11 91,7% 0 0,0% 1 8,3% 12 100,0%

Requisiti/Conoscenze 9 81,8% 0 0,0% 2 18,2% 11 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

8 72,7% 3 27,3% 11 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 9 75,0% 3 25,0% 12 100,0%

A livello nazionale 3 42,9% 4 33,3% 7 100,0% Mancanti 5


Stalloniere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 6 85,7% 1 14,3% 0 0,0% 7 100,0%

Attività 7 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0%

6 85,7% 0 0,0% 1 14,3% 7 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 7 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0%

Segmento della produzione 7 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0%

Requisiti/Conoscenze 7 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

5 83,3% 1 16,7% 6 100,0% mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 6 85,7% 1 14,3% 7 100,0%

A livello nazionale 6 85,7% 1 14,3% 7 100,0%


Trainer
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 7 77,8% 1 11,1% 1 11,1% 9 100,0%

Attività 9 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 9 100,0%

6 66,7% 1 11,1% 2 22,2% 9 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 7 77,8% 1 11,1% 1 11,1% 9 100,0%

Segmento della produzione 8 88,9% 1 11,1% 0 0,0% 9 100,0%

Requisiti/Conoscenze 8 88,9% 1 11,1% 0 0,0% 9 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

9 100,0% 0 0,0% 9 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 8 88,9% 1 11,1% 9 100,0%

A livello nazionale 4 50,0% 4 50,0% 8 100,0%


Fase 4- Assistenza sanitaria
Trainer
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 8 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 8 100,0%

Attività 7 87,5% 1 12,5% 0 0,0% 8 100,0%

8 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 8 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 8 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 8 100,0%

Segmento della produzione 6 75,0% 1 12,5% 1 12,5% 8 100,0%

Requisiti/Conoscenze 7 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

8 100,0% 0 0,0% 8 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 4 50,0% 4 50,0% 8 100,0%

A livello nazionale 0 0,0% 1 100,0% 1 100,0% Mancanti 7


Tabella C.15 -Figure comparto avicoli (v.a. e v.%)
Fase 1- Gestione animali
Responsabile dell'incubatoio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

Attività 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

Segmento della produzione 2 66,7% 1 33,3% 0 0,0% 3 100,0%

Requisiti/Conoscenze 2 66,7% 1 33,3% 0 0,0% 3 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

1 33,3% 2 66,7% 3 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 0 0,0% 3 100,0% 3 100,0%

A livello nazionale 0 0,0% 3 100,0% 3 100,0%


Addetto all'incubatoio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

Attività 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

2 66,7% 1 33,3% 0 0,0% 3 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

Segmento della produzione 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

Requisiti/Conoscenze 1 33,3% 2 66,7% 0 0,0% 3 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

2 66,7% 1 33,3% 3 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 2 66,7% 1 33,3% 3 100,0%

A livello nazionale 0 0,0% 0 0,0% 0 0,0% Mancanti 1


Addetto al carico dei polli
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 18 81,8% 4 18,2% 0 0,0% 22 100,0%

Attività 11 50,0% 6 27,3% 5 22,7% 22 100,0%

11 50,0% 4 18,2% 7 31,8% 22 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 17 77,3% 3 13,6% 2 9,1% 22 100,0%

Segmento della produzione 22 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 22 100,0%

Requisiti/Conoscenze 19 86,4% 2 9,1% 1 4,5% 22 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

8 44,4% 10 55,6% 18 100,0% Mancanti 4

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 13 68,4% 6 31,6% 19 100,0% Mancanti 3

A livello nazionale 0 0,0% 1 100,0% 1 100,0% Mancanti 21


Fase 2- Alimentazione animali
Alimentarista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 14 93,3% 1 6,7% 0 0,0% 15 100,0%

Attività 14 93,3% 1 6,7% 0 0,0% 15 100,0%

14 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 14 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 92,9% 1 7,1% 0 0,0% 14 100,0%

Segmento della produzione 15 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 15 100,0%

Requisiti/Conoscenze 14 93,3% 1 6,7% 0 0,0% 15 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

11 78,6% 3 21,4% 14 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 4 33,3% 8 66,7% 12 100,0% Mancanti 3

A livello nazionale 2 16,7% 10 83,3% 12 100,0% Mancanti 3


Fase 3- Gestione deiezioni
Addetto alla pulizia dei pollai
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 23 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 23 100,0%

Attività 20 87,0% 1 4,3% 2 8,7% 23 100,0%

17 73,9% 3 13,0% 3 13,0% 23 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 18 78,3% 5 21,7% 0 0,0% 23 100,0%

Segmento della produzione 20 87,0% 2 8,7% 1 4,3% 23 100,0%

Requisiti/Conoscenze 21 91,3% 2 8,7% 0 0,0% 23 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

10 43,5% 13 56,5% 23 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 13 59,1% 9 40,9% 22 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 4 66,7% 2 33,3% 6 100,0% Mancanti 17


Fase 4- Gestione e cura macchine e attrezzature
Addetto agli impianti
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 7 87,5% 1 12,5% 0 0,0% 8 100,0%

Attività 7 87,5% 1 12,5% 0 0,0% 8 100,0%

4 50,0% 4 50,0% 0 0,0% 8 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 7 87,5% 1 12,5% 0 0,0% 8 100,0%

Segmento della produzione 7 87,5% 1 12,5% 0 0,0% 8 100,0%

Requisiti/Conoscenze 3 37,5% 4 50,0% 1 12,5% 8 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

7 100,0% 0 0,0% 7 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 4 57,1% 3 42,9% 7 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 0 0,0% 2 100,0% 2 100,0% Mancanti 6


Fase 1- Gestione animali- nuova figura

Specifiche Altro responsabile di allevamento (avicolo)

Tecnico che sovrintende alle attività legate alla produzione di


Definizione uova

Gestisce l'allevamento e tuttte le attività connesse con la


Attività produzione di uova

Dipendente
Posizione nell’azienda
Conosce le modalità di gestione dell'alllevamento. Effettua
Competenze tutte le operazioni connesse

Segmento della produzione Gestione degli animali

Requisiti/Conoscenze Istruziione medio-bassa. Esperienza nel settore


Tabella C.16 -Figure comparto ittico (v.a. e v.%)
Fase 1- Riproduzione -Gestione animali
Responsabile parco riproduttori incubatoio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 4 80,0% 1 20,0% 0 0,0% 5 100,0%

Attività 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 4 80,0% 0 0,0% 1 20,0% 5 100,0%

Segmento della produzione 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

Requisiti/Conoscenze 4 80,0% 0 0,0% 1 20,0% 5 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

1 25,0% 3 75,0% 4 100,0% Mancanti

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 0 0,0% 5 100,0% 5 100,0%

A livello nazionale 2 40,0% 3 60,0% 5 100,0%


Fase 4- Avannotera -Gestione animali
Responsabile avannotteria
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 9 90,0% 1 10,0% 0 0,0% 10 100,0%

Attività 6 60,0% 3 30,0% 1 10,0% 10 100,0%

8 80,0% 2 20,0% 0 0,0% 10 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 6 60,0% 3 30,0% 1 10,0% 10 100,0%

Segmento della produzione 10 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 10 100,0%

Requisiti/Conoscenze 5 50,0% 4 40,0% 1 10,0% 10 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

3 30,0% 7 70,0% 10 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 7 70,0% 3 30,0% 10 100,0%

A livello nazionale 6 0,0% 4 0,0% 10 0,0%


Fase 5- Avannotera -Gestione alimentazione
Addetto produzione alimenti vivi
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

Attività 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 2 66,7% 1 33,3% 0 0,0% 3 100,0%

Segmento della produzione 3 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 3 100,0%

Requisiti/Conoscenze 2 66,7% 1 33,3% 0 0,0% 3 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

3 100,0% 0 0,0% 3 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 3 100,0% 0 0,0% 3 100,0%

A livello nazionale 3 100,0% 0 0,0% 3 100,0%


Fase 10- Gestione e cura macchine e attrezzature
Responsabile tecnologie allevamento
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Attività 9 81,8% 2 18,2% 0 0,0% 11 100,0%

10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 11 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 11 100,0%

Segmento della produzione 11 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 11 100,0%

Requisiti/Conoscenze 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

7 63,6% 4 36,4% 11 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 9 81,8% 2 18,2% 11 100,0%

A livello nazionale 9 81,8% 2 18,2% 11 100,0%


responsabile tecnologie informatiche
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 11 84,6% 1 7,7% 1 7,7% 13 100,0%

Attività 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

7 53,8% 3 23,1% 3 23,1% 13 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

Segmento della produzione 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

Requisiti/Conoscenze 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

10 76,9% 3 23,1% 13 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 5 38,5% 8 61,5% 13 100,0%

A livello nazionale 3 23,1% 10 76,9% 13 100,0%


Fase 11- Trasformazione
Responsabile laboratorio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 10 100,0%

Attività 9 90,0% 0 0,0% 1 10,0% 10 100,0%

9 90,0% 1 10,0% 0 0,0% 10 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 10 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 10 100,0%

Segmento della produzione 10 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 10 100,0%

Requisiti/Conoscenze 4 40,0% 3 30,0% 3 30,0% 10 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

4 40,0% 6 60,0% 10 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 8 80,0% 2 20,0% 10 100,0%

A livello nazionale 4 40,0% 6 60,0% 10 100,0%


Fase 12- Commercializzazione
Responsabile commerciale innovazione prodotti
e rapporti con il laboratorio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
Specifiche opinione intervistato

concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 11 78,6% 3 21,4% 0 0,0% 14 100,0%

Attività 13 92,9% 0 0,0% 1 7,1% 14 100,0%

9 64,3% 2 14,3% 3 21,4% 14 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 92,9% 0 0,0% 1 7,1% 14 100,0%

Segmento della produzione 13 92,9% 0 0,0% 1 7,1% 14 100,0%

Requisiti/Conoscenze 11 78,6% 2 14,3% 1 7,1% 14 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

10 71,4% 4 28,6% 14 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 7 50,0% 7 50,0% 14 100,0%

A livello nazionale 3 21,4% 11 78,6% 14 100,0%


Fase 13- Integrazione processi di filiera

Responsabile controllo qualità/certificazioni

Livello di concordanza tra definizione degli esperti e


Specifiche opinione intervistato

concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 15 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 15 100,0%

Attività 15 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 15 100,0%

10 66,7% 3 20,0% 2 13,3% 15 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 14 93,3% 1 6,7% 0 0,0% 15 100,0%

Segmento della produzione 13 86,7% 1 6,7% 1 6,7% 15 100,0%

Requisiti/Conoscenze 13 86,7% 1 6,7% 1 6,7% 15 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

7 50,0% 7 50,0% 14 100,0% Mancanti 2

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 11 73,3% 4 26,7% 15 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 12 80,0% 3 20,0% 15 100,0% Mancanti 1


Addetto agli adempimenti burocratici e
adempimenti con la PA
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 16 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 16 100,0%

Attività 16 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 16 100,0%

14 87,5% 1 6,3% 1 6,3% 16 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 14 87,5% 1 6,3% 1 6,3% 16 100,0%

Segmento della produzione 16 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 16 100,0%

Requisiti/Conoscenze 15 93,8% 1 6,3% 0 0,0% 16 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

11 68,8% 5 31,3% 16 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 9 56,3% 7 43,8% 16 100,0%

A livello nazionale 6 37,5% 10 62,5% 16 100,0%


Tabella C.1 -Aziende del comparto florovivaistico per fasi di processo, grado di innovazione, figure da
aggiornare/riqualificare e emergenti (v.a. e v.%)

Figure da aggiornare e Figure professionali


Grado di innovazione
Fase processo qualificare emergenti
v.a. v.% v.a. v.% v.a. v.%

assente 2 8,3% no 11 52,4% no 11 45,8%


minimo 16 66,7% si 10 47,6% si 13 54,2%
Moltiplicazione delle forte 6 25,0% Totale 21 100,0% Totale 24 100,0%
piante Totale Non pertinenti 3 Non pertinenti 3
24 100,0%
Non pertinenti 3 Mancanti 3
assente 3 12,0% no 15 75,0% no 17 68,0%
minimo 13 52,0% si 5 25,0% si 8 32,0%
forte 9 36,0% Totale 20 100,0% Totale 25 100,0%
Preparazione terreno
Totale 25 100,0% Non pertinenti 2 Non pertinenti 2

Non pertinenti 2 Mancanti 5


assente 1 3,7% no 16 61,5% no 16 66,7%
minimo 16 59,3% si 10 38,5% si 8 33,3%
forte 10 37,0% Totale 26 100,0% Totale 24 100,0%
Lavorazioni colturali
Totale
27 100,0%
Mancanti 1 Mancanti 3
assente 0 0,0% no 6 25,0% no 9 36,0%
minimo 15 55,6% si 18 75,0% si 16 64,0%
forte 12 44,4% Totale 24 100,0% Totale 25 100,0%
Concimazioni
Totale 27 100,0%
Mancanti 3 Mancanti 2
assente 2 7,4% no 9 40,9% no 13 48,1%
minimo 13 48,1% si 13 59,1% si 14 51,9%
forte 12 44,4% Totale 22 100,0% Totale 27 100,0%
Irrigazione
Totale 27 100,0%
Mancanti 5
assente 1 3,7% no 7 29,2% no 9 37,5%
minimo 14 51,9% si 17 70,8% si 15 62,5%
Prevenzione e lotta forte 12 44,4% Totale 24 100,0% Totale 24 100,0%
malattie e insetti Totale 27 100,0%
Mancanti 3 Mancanti 3
assente 10 43,5% no 14 77,8% no 15 68,2%
minimo 3 13,0% si 4 22,2% si 7 31,8%
forte 10 43,5% Totale 18 100,0% Totale 22 100,0%
Raccolta
Totale 23 100,0% Non pertinenti 4 Non pertinenti 4

Non pertinenti 4 Mancanti 5 Mancanti 1


assente 11 44,0% no 12 60,0% no 17 68,0%
minimo 4 16,0% si 8 40,0% si 8 32,0%
forte 10 40,0% Totale 20 100,0% Totale 25 100,0%
Conservazione
Totale 25 100,0% Non pertinenti 2 Non pertinenti 2

Non pertinenti 2 Mancanti 5


assente 9 33,3% no 16 76,2% no 19 73,1%
minimo 8 29,6% si 5 23,8% si 7 26,9%
forte 10 37,0% Totale 21 100,0% Totale 26 100,0%
Confezionamento
Totale 27 100,0%
Mancanti 6 Mancanti 1
Commercializzazione assente 0 0,0% no 6 28,6% no 13 50,0%
minimo 19 73,1% si 15 71,4% si 13 50,0%
forte 7 26,9% Totale 21 100,0% Totale 26 100,0%
Totale 26 100,0% Non pertinenti 1 Non pertinenti 1
Non pertinenti 1 Mancanti 5
assente 1 4,3% no 9 50,0% no 13 61,9%
minimo 13 56,5% si 9 50,0% si 8 38,1%
forte 9 39,1% Totale 18 100,0% Totale 21 100,0%
Gestione rifiuti
Totale 23 100,0% Non pertinenti 4 Non pertinenti 4

Non pertinenti 4 Mancanti 5 Mancanti 2


assente 1 4,3% no 5 26,3% no 9 40,9%
minimo 14 60,9% si 14 73,7% si 13 59,1%
Gestione delle forte 8 34,8% Totale 19 100,0% Totale 22 100,0%
strutture Totale Non pertinenti 4 Non pertinenti 4
23 100,0%
Non pertinenti 4 Mancanti 4 Mancanti 1
assente 10 50,0% no 11 73,3% no 16 80,0%
minimo 7 35,0% si 4 26,7% si 4 20,0%
Contenuti culturali e forte 3 15,0% Totale 15 100,0% Totale 20 100,0%
paesaggistici Totale Non pertinenti 7 Non pertinenti 7
20 100,0%
Non pertinenti 7 Mancanti 5
Tabella C.2 -Figure comparto florovivaistico (v.a. e v.%)
Fase 1- Moltiplicazione delle piante
Ibridatore
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 9 69,2% 3 23,1% 1 7,7% 13 100,0%

Attività 12 92,3% 1 7,7% 0 0,0% 13 100,0%

9 69,2% 1 7,7% 3 23,1% 13 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

Segmento della produzione 12 92,3% 1 7,7% 0 0,0% 13 100,0%

Requisiti/Conoscenze 12 92,3% 1 7,7% 0 0,0% 13 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

10 76,9% 3 23,1% 13 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 7 53,8% 6 46,2% 13 100,0%

A livello nazionale 7 58,3% 5 41,7% 12 100,0% Mancanti 1


Tecnico di laboratorio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 8 88,9% 1 11,1% 0 0,0% 9 100,0%

Attività 10 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 10 100,0%

10 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 10 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 9 90,0% 1 10,0% 0 0,0% 10 100,0%

Segmento della produzione 8 80,0% 2 20,0% 0 0,0% 10 100,0%

Requisiti/Conoscenze 9 90,0% 0 0,0% 1 10,0% 10 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

9 100,0% 0 0,0% 9 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 4 50,0% 4 50,0% 8 100,0% Mancanti 2

A livello nazionale 4 57,1% 3 37,5% 7 100,0% Mancanti 3


Fase 2- Preparazione del terreno
Capo operaio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 76,9% 0 0,0% 3 23,1% 13 100,0%

Attività 11 84,6% 2 15,4% 0 0,0% 13 100,0%

13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

Segmento della produzione 9 69,2% 3 23,1% 1 7,7% 13 100,0%

Requisiti/Conoscenze 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

5 38,5% 8 61,5% 13 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Difficoltà di reperire
la figura sul mercato
Si No Totale

A livello locale 8 66,7% 4 33,3% 12 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 6 46,2% 7 58,3% 13 100,0%


Tecnico di laboratorio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Attività 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Segmento della produzione 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Requisiti/Conoscenze 1 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 1 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

0 0,0% 1 100,0% 1 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 0 0,0% 0 0,0% 0 0,0% Mancanti 1

A livello nazionale 0 0,0% 0 0,0% 0 0,0% Mancanti 1


Trattorista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

Attività 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

4 80,0% 0 0,0% 1 20,0% 5 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

Segmento della produzione 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

Requisiti/Conoscenze 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

4 0,0% 1 20,0% 5 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 0 0,0% 3 60,0% 5 100,0%

A livello nazionale 0 0,0% 3 60,0% 5 100,0%


Fase 3- Lavorazioni colturali
Capo operaio
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 3 75,0% 1 25,0% 0 0,0% 4 100,0%

Attività 3 75,0% 1 25,0% 0 0,0% 4 100,0%

3 75,0% 1 25,0% 0 0,0% 4 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 2 50,0% 2 50,0% 0 0,0% 4 100,0%

Segmento della produzione 4 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 4 100,0%

Requisiti/Conoscenze 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

2 50,0% 2 50,0% 4 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 3 75,0% 1 25,0% 4 100,0%

A livello nazionale 2 66,7% 1 33,3% 3 100,0% Mancanti 1


Trattorista
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 8 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 8 100,0%

Attività 7 87,5% 1 12,5% 0 0,0% 8 100,0%

6 85,7% 0 0,0% 1 14,3% 7 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 7 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 7 100,0%

Segmento della produzione 3 42,9% 3 42,9% 1 14,3% 7 100,0%

Requisiti/Conoscenze 7 87,5% 0 0,0% 1 12,5% 8 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

4 66,7% 2 33,3% 6 100,0% Mancanti 2

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 3 42,9% 4 57,1% 7 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 2 40,0% 3 60,0% 5 100,0% Mancanti 3


Potatore
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 9 81,8% 2 18,2% 0 0,0% 11 100,0%

Attività 7 63,6% 4 36,4% 0 0,0% 11 100,0%

9 81,8% 2 18,2% 0 0,0% 11 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 8 72,7% 3 27,3% 0 0,0% 11 100,0%

Segmento della produzione 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Requisiti/Conoscenze 8 72,7% 3 27,3% 0 0,0% 11 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

6 60,0% 4 40,0% 10 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 5 55,6% 4 44,4% 9 100,0% Mancanti 2

A livello nazionale 2 33,3% 4 66,7% 6 100,0% Mancanti 5


Giardiniere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 5 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 5 100,0%

Attività 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

4 66,7% 2 33,3% 0 0,0% 6 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

Segmento della produzione 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

Requisiti/Conoscenze 6 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 6 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

4 66,7% 2 33,3% 6 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 4 80,0% 1 20,0% 5 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 3 0,0% 0 0,0% 3 0,0% Mancanti 3


Fase 4- Concimazione
Specializzato nella concimazione e fertilizzazione
del terreno
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 13 72,2% 5 27,8% 0 0,0% 18 100,0%

Attività 18 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 18 100,0%

11 61,1% 5 27,8% 2 11,1% 18 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 16 94,1% 1 5,9% 0 0,0% 17 100,0%

Segmento della produzione 18 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 18 100,0%

Requisiti/Conoscenze 17 94,4% 0 0,0% 1 5,6% 18 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

13 72,2% 5 27,8% 18 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 11 64,7% 6 35,3% 17 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 6 37,5% 10 62,5% 16 100,0% Mancanti 2


Fase 5- Irrigazione
Addetto all'irrigazione
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 16 88,9% 2 11,1% 0 0,0% 18 100,0%

Attività 14 82,4% 3 17,6% 0 0,0% 17 100,0%

14 82,4% 3 17,6% 0 0,0% 17 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 17 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 17 100,0%

Segmento della produzione 17 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 17 100,0%

Requisiti/Conoscenze 17 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 17 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

4 26,7% 11 73,3% 15 100,0% Mancanti 3

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 9 56,3% 7 43,8% 16 100,0% Mancanti 3

A livello nazionale 6 46,2% 7 53,8% 13 100,0% Mancanti 5


Fase 6- Prevenzione e lotta malattie e insetti
Fitopatologo
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 13 92,9% 1 7,1% 0 0,0% 14 100,0%

Attività 14 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 14 100,0%

12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 92,9% 1 7,1% 0 0,0% 14 100,0%

Segmento della produzione 14 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 14 100,0%

Requisiti/Conoscenze 13 92,9% 1 7,1% 0 0,0% 14 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

13 92,9% 1 7,1% 14 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 9 64,3% 5 35,7% 14 100,0%

A livello nazionale 6 42,9% 8 57,1% 14 100,0%


Esperto somministrazione sostanze fito-sanitarie
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 83,3% 2 16,7% 0 0,0% 12 100,0%

Attività 10 83,3% 2 16,7% 0 0,0% 12 100,0%

10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 11 91,7% 1 8,3% 0 0,0% 12 100,0%

Segmento della produzione 12 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 12 100,0%

Requisiti/Conoscenze 11 91,7% 1 8,3% 0 0,0% 12 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

3 30,0% 7 70,0% 10 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 2 16,7% 10 83,3% 12 100,0%

A livello nazionale 0 0,0% 11 100,0% 11 100,0% Mancanti 1


Fase 8- Conservazione
Magazziniere
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Attività 10 90,9% 0 0,0% 1 9,1% 11 100,0%

11 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 11 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Segmento della produzione 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Requisiti/Conoscenze 11 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 11 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

4 36,4% 7 63,6% 11 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 3 27,3% 8 72,7% 11 100,0%

A livello nazionale 2 18,2% 9 81,8% 11 100,0%


Fase 9- Commercializzazione
Addetto commerciale
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 15 83,3% 3 16,7% 0 0,0% 18 100,0%

Attività 15 83,3% 2 11,1% 1 5,6% 18 100,0%

15 83,3% 2 11,1% 1 5,6% 18 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 16 88,9% 2 11,1% 0 0,0% 18 100,0%

Segmento della produzione 16 88,9% 2 11,1% 0 0,0% 18 100,0%

Requisiti/Conoscenze 12 66,7% 5 27,8% 1 5,6% 18 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

14 87,5% 2 12,5% 16 100,0% Mancanti 2

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 14 82,4% 3 17,6% 17 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 7 53,8% 6 46,2% 13 100,0% Mancanti 5


Fase 10- Gestione rifiuti
Addetto alla gestione dei rifiuti aziendali
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 12 92,3% 1 7,7% 0 0,0% 13 100,0%

Attività 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

10 76,9% 2 15,4% 1 7,7% 13 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

Segmento della produzione 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

Requisiti/Conoscenze 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

8 66,7% 4 33,3% 12 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 7 53,8% 6 46,2% 13 100,0%

A livello nazionale 3 25,0% 9 75,0% 12 100,0% Mancanti 1


Fase 11- Gestione delle strutture
Responsabile impianti
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 17 94,4% 1 5,6% 0 0,0% 18 100,0%

Attività 15 83,3% 3 16,7% 0 0,0% 18 100,0%

14 77,8% 1 5,6% 3 16,7% 18 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 17 94,4% 0 0,0% 1 5,6% 18 100,0%

Segmento della produzione 17 94,4% 0 0,0% 1 5,6% 18 100,0%

Requisiti/Conoscenze 13 72,2% 2 11,1% 3 16,7% 18 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

12 70,6% 5 29,4% 17 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 12 66,7% 6 33,3% 18 100,0%

A livello nazionale 7 43,8% 9 56,3% 16 100,0% Mancanti 2


Conduttore impianti energetici
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Attività 11 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 11 100,0%

10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 10 90,9% 1 9,1% 0 0,0% 11 100,0%

Segmento della produzione 11 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 11 100,0%

Requisiti/Conoscenze 9 81,8% 2 18,2% 0 0,0% 11 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

8 80,0% 2 20,0% 10 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 6 54,5% 5 45,5% 11 100,0%

A livello nazionale 5 45,5% 6 54,5% 11 100,0%


Fase 13- Competenze trasversali
Responsabile di produzione
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

Attività 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

10 76,9% 1 7,7% 2 15,4% 13 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 13 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 13 100,0%

Segmento della produzione 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

Requisiti/Conoscenze 10 76,9% 3 23,1% 0 0,0% 13 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

6 50,0% 6 50,0% 12 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 7 58,3% 5 41,7% 12 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 5 45,5% 6 54,5% 11 100,0% Mancanti 2


Capo squadra
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 14 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 14 100,0%

Attività 13 92,9% 0 0,0% 1 7,1% 14 100,0%

14 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 14 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 14 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 14 100,0%

Segmento della produzione 12 85,7% 1 7,1% 1 7,1% 14 100,0%

Requisiti/Conoscenze 14 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 14 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

5 38,5% 8 61,5% 13 100,0% Mancanti 1

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 7 50,0% 7 50,0% 14 100,0%

A livello nazionale 3 23,1% 10 76,9% 13 100,0% Mancanti 1


Sistemista floricolo
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 9 81,8% 2 18,2% 0 0,0% 11 100,0%

Attività 11 100,0% 0 0,0% 0 0,0% 11 100,0%

10 90,9% 0 0,0% 1 9,1% 11 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 9 81,8% 1 9,1% 1 9,1% 11 100,0%

Segmento della produzione 10 90,9% 0 0,0% 1 9,1% 11 100,0%

Requisiti/Conoscenze 9 81,8% 1 9,1% 1 9,1% 11 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

8 72,7% 3 27,3% 11 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 5 50,0% 5 50,0% 10 100,0% Mancanti 1

A livello nazionale 4 40,0% 6 60,0% 10 100,0% Mancanti 1


Assistente amministrativo
Livello di concordanza tra definizione degli esperti e
opinione intervistato
Specifiche
concordo abbastanza no Totale

v.a v.% v.a v.% v.a v.% v.a v.%

Definizione 10 76,9% 1 7,7% 2 15,4% 13 100,0%

Attività 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

10 76,9% 2 15,4% 1 7,7% 13 100,0%


Posizione nell’azienda

Competenze 11 84,6% 2 15,4% 0 0,0% 13 100,0%

Segmento della produzione 12 92,3% 0 0,0% 1 7,7% 13 100,0%

Requisiti/Conoscenze 9 69,2% 1 7,7% 3 23,1% 13 100,0%

Per questa figura preferirebbe assumere / utilizzare:

personale da
personale già
Tipologia di personale formato
formare in Totale
azienda

8 61,5% 5 38,5% 13 100,0%

difficoltà a trovare la figura professionale sul mercato del


lavoro
Tipologia di personale
Si No Totale

A livello locale 4 30,8% 9 69,2% 13 100,0%

A livello nazionale 4 36,4% 7 63,6% 11 100,0% Mancanti 2


Fase 1- Coltivazioni per alimentazione animali- nuova figura
Specifiche addetto lavorazioni di campo / trattorista

Definizione tecnico che gestisce e programma tutte le lavorazioni di campo

Attività gestisce le operazioni di semina - raccolta - concimazione.

Titolare
Posizione nell’azienda
conoscenze agronomiche - lavorazione terreni. Conoscenza
Competenze maccchinari

Segmento della produzione Coltivazione terrreni

Requisiti/Conoscenze studi medio-alti. Esperienza in azienda


MESSA A PUNTO DI UN SISTEMA PER LA RACCOLTA E L’ANALISI DEI
CONTRATTI COLLETTIVI DI LAVORO DEL SETTORE AGRICOLO.

Nel corso della prima annualità della Ricerca è stata messa a disposizione dell’analisi
teorica sui fabbisogni formativi, nel settore ortofrutticolo, un primo studio su quanto
era stato prodotto dalla contrattazione circa le figure professionali di settore in dieci
Province italiane.
Quello studio era basato su una comparazione della distribuzione della forza-lavoro
agricola sul territorio in rapporto all’inquadramento, all’assetto retributivo ed alla sua
distribuzione parametrale, così come regolamentati dagli accordi fra le Parti Sociali ai
vari livelli.
I principali “risultati” del lavoro furono:

1. la conferma della complessità del sistema per come si era venuto a


determinare nel tempo grazie alle “autonomie negoziali” esercitate sulla
professionalità dal 1994 in poi;

2. l’identificazione di significative “contraddizioni” o “paradossi” nella lettura


dei dati raccolti, frutto della profonda ed efficace caratterizzazione territoriale
di quegli accordi: ad eguaglianze nelle definizioni adottate per la
classificazione del personale potevano non corrispondere eguaglianze
retributive e di inquadramento e viceversa; a diversità nominalistiche,
potevano corrispondere uguali caratteristiche salariali e professionali;

3. la conferma di un progressivo consolidarsi di “nuovi modelli produttivi”


insieme alla tradizionale “vecchia agricoltura” in termini di tecnologie,
prodotti e professionalità.

Nel corso della seconda annualità, intervenendo sui settori vitivinicolo ed olivicolo,
si è proseguito con un’indagine parallela sulla classificazione del personale presente
negli accordi definiti dalle Parti Sociali.
Sono stati analizzati 28 Contratti Provinciali di Lavoro identificandone la struttura
distributiva in livelli ed aree di inquadramento, oltre a svilupparne la comparazione
con quanto veniva suggerito dagli esperti coinvolti nella ricerca.

I principali risultati del lavoro sono stati:


1
1. la diversa distribuzione fra Nord, Centro e Sud delle figure analizzate sulla
base del grado di specializzazione e di autonomia e la loro coerente relazione
con i modelli organizzativi e produttivi sottesi;

2. la diversa quantificazione e qualificazione delle figure di tipo specialistico


rispetto a quelle di tipo trasversale e/o generico negli accordi dei diversi
territori esaminati (che avevano però in comune la vocazione vitivinicola ed
olivicola);

3. La parziale discordanza fra le caratteristiche principali delle posizioni


professionali descritte nei CPL (Contratti Provinciali di Lavoro) esaminati e
quelle delle figure professionali suggerite dal gruppo di esperti coinvolti e da
cui emergeva una certa “lentezza” del lavoro contrattuale nell’adeguarsi alla
domanda del sistema (di figure maggiormente specialistiche e medio alte).

Nel corso di questa terza annualità di ricerca si è invece intervenuti sulla


strumentazione di analisi e gestione degli impianti descrittivi della
professionalità dei settori zootecnico, florovivaistico ed agrituristico.
Il lavoro di ricerca realizzato, ha consentito di evidenziare la “contraddizione” di un
sistema di relazioni sindacali, la quale consente alle Parti Sociali di realizzare
importanti e complessi confronti negoziali a livello nazionali e nelle realtà
provinciali ma, tuttavia, non si dà gli strumenti adeguati per analizzare e gestire il
complesso sistema di informazioni sull’organizzazione del lavoro del settore che ne
risulta.
Si è quindi ritenuto opportuno, proseguendo il lavoro delle prime due annualità, di
analizzare le condizioni per la messa a punto un software per la gestione delle oltre
3.000 figure professionali definite dall’insieme degli accordi di primo e secondo
livello.
Il lavoro è stato indirizzato verso la parte più significativa e “calda”, ai fini della
ricerca, dei contratti esaminati, cioè la cosiddetta “Classificazione del Personale” di
cui, all’interno di parametri guida definiti dai CCNL – Contratti Collettivi Nazionali
di Lavoro - (valori minimi, massimi e struttura delle aree di riferimento), i Contratti
Provinciali di Lavoro sviluppano tutti i dettagli: la descrizione delle singole posizioni
di lavoro, il loro livello di inquadramento, il loro valore salariale.
A queste soluzioni negoziali sulla professionalità, autonomamente sviluppate in ogni
Provincia, si aggiungono tutte le cosiddette voci accessorie: indennità e compensi
per determinate prestazioni temporanee e non, regolamentazioni e benefits in termini
di orario, salario, ecc. che però non si è ritenuto indispensabile inserire in questa fase
sperimentale.
2
Sono stati analizzati 20 Contratti Provinciali di Lavoro suddivisi in modo omogeneo
sul territorio ed i principali CCNL del settore identificando ed archiviando il
seguente sistema di figure professionali, relative ai soli settori analizzati (zootecnia –
florovivaismo – agriturismo):

1° livello 2° livello 3° livello totale


I° area 205 246 79 530

II° area 25 51 8 84

III° area 67 39 7 113


772

DISTRIBUZIONE DECLARATORIE dbase

250
200
150
100
50
0
I° area II° area III°area

1° livello 2° livello 3° livello

3
Il lavoro di impostazione del database ha mostrato i principali aspetti critici e come la
complessità di questa prima sperimentazione si esprima già nella fase di
codificazione delle declaratorie.
Infatti, come era già emerso dai lavori della prima e della seconda annualità, i modi di
definire le professionalità nei diversi territori si traducono in un moltiplicarsi “senza
limiti” delle declaratorie, con la conseguenza di rendere molto complessa la codifica
omogenea e comprensibile o, come nel caso di declaratorie uguali ma corrispondenti
a figure professionali diverse (per le diverse organizzazioni del lavoro, ecc.), di
poterne cogliere le differenze e tradurle in differenti codici.
D’altra parte, per poter sviluppare un “motore di ricerca” elettronico che consenta di
analizzare le migliaia di informazioni sulla professionalità, gli inquadramenti, le
retribuzioni, ecc. è stato necessario trasformare le definizioni, le terminologie e le
gergalità territoriali e settoriali con cui si descrive il “modo di lavorare”, in forme
appropriate dal punto di vista informatico (codici e stringhe gestibili dal software)
Per affrontare il problema si sono individuati tre diverse modalità di “interpretazione”
delle declaratorie:

1. il caso di declaratorie “immediatamente traducibili in modo semplice ed


efficace” in una codifica appropriata, ad es.:
“addetto alla vendita” = ADD per addetto + VEN per vendita = ADDVEN

2. il caso di declaratorie “arricchite di terminologie accessorie, non strettamente


indispensabili”, in cui si è dovuto omettere una parte del testo, ad es.:
“Preparatore di mi-
scele semplici o com- = PRE per ANT per antipa-
preparatore + rassitario = PREANT
poste per trattamenti
antiparassitari”

3. il caso di declaratorie indicative solo di un modo diverso di definire figure


professionali già codificate e che quindi non sono state inserite, ad es.:
“Fattoretto” vedi Fattore = FAT

4. il caso di declaratorie troppo particolari ed impiegate solo in un territorio e che


quindi non sono state inserite, ad es.:
“Responsabile disidratazione erba medica” (CPL Ancona)
“Fatutto” (CPL Latina)
“Naliero” (CPL Brindisi)

4
Si sono quindi realizzati due elenchi di codifiche e declaratorie distinte:

a. un elenco composto dalle codifiche corrispondenti a tutti i termini delle


declaratorie che sono stati inseriti;

b. un elenco dei termini che si è deciso di non inserire nel database conservandone
però memoria e collocazione.

che vengono implementati costantemente dal lavoro di analisi e codifica dei vari
contratti provinciali e nazionali.

DECLARATORIA ORIGINALE
“Addetto alle operazioni necessarie al trattamento dei pesci comprese quelle di
riproduzione e allevamento nonché alla diagnosi dei sintomi interni ed esterni delle
malattie, con capacità di individuazione di adeguate misure di trattamento”

SINTESI PER CODIFICA


“addetto allevamento pesci”

Addetto = ADD Allevamento = ALL Pesci, Pesca, Itticoltura = ITT

codifica immessa:
ADDALLITT

Pur sulla base del numero esiguo di Contratti inseriti è possibile “estrarre”
informazioni interessanti sul complesso sistema di relazioni sindacali che
intervengono sulla definizione della classificazione del personale in agricoltura.

5
Per esempio, la verifica dell’esistenza di figure di CUOCO e/o ADDETTO, AIUTO,
ecc. IN AGRITURISMO per qualsiasi livello di inquadramento dell’AREA II ha dato
questi risultati:

- figure presenti in 14 CPL su 20;

‰ come OPEAGR (operaio in agriturismo) a Vicenza liv. 1 € 1.151,43


‰ “ ” “ ” a Verona liv. 1 € 1.169,54

‰ “ ADDAGR (addetto in agriturismo) a Agrigento liv. 1 € (n.d.)


‰ “ “ “ “ “ a Macerata liv. 1 € 1.092.45
‰ “ “ “ “ “ a Benevento liv. 1 € 1.159,11

‰ “ AIUCUO (aiuto cuoco) a Roma liv. 1 € 1.088,19


‰ “ ““ “ “ a Benevento liv. 1 € 1.159,11
‰ “ “ “ “ “ a Lecce liv. 1 € 1.066,61
‰ “ “ “ “ “ a Como liv. 2 € 1.134,61
‰ “ “ “ “ “ a Livorno liv. 2 € 948,77

‰ “ CUO (cuoco) a Livorno liv. 1 € (n.d.)

che descrive modelli organizzativi, socio-economici e professionali “diversi” o dove


si impiegano in modo differente gli stessi parametri.
Appare evidente che il lavoro, in questa fase di “messa a punto”, apre un interessante
confronto interno agli attori della bilateralità nel settore agricolo sui problemi della
contrattazione della professionalità oltre che sui profondi legami che intercorrono
necessariamente fra azioni formative e quadri descrittivi di riferimento delle posizioni
professionali cui si riferiscono e, quindi, del grande problema della certificazione
della formazione e della classificazione ed identificazione in generale dei “mestieri” o
delle “singole parti che li costituiscono”.
In questo senso già il lavoro prodotto ha mostrato nuovi terreni di confronto bilaterale
sul lavoro svolto in questi anni sul territorio nazionale e sulle principali tendenze del
settore:

6
• un allargamento del settore su terreni professionali innovativi per
competenza e specializzazione (agriturismo e attività collaterali,
ecc);

• una forte spinta alla gestione completa della filiera produttiva che
tende ad inglobare professionalità finora allocate in segmenti
diversi della filiera (commercializzazione, ricerca, ecc);

• una forte dicotomia fra figure professionali di medio alta


specializzazione che sono “trasversali” a piccole e medie aziende
sul territorio ed altre, tipiche di grandi aziende e Gruppi, in cui al
medesimo titolo corrispondono competenze spesso ridistribuite
anche su altre figure sia in alto che in basso.

Nel caso in cui il lavoro di codifica venisse allargato a tutti i sub settori della
contrattazione agricola, si stima di poter elaborare circa 10.000 posizioni lavorative
che, attualmente, sono identificate in modo completamente autonomo da ogni realtà
provinciale.
Per la prima volta esse potrebbero essere osservate da un punto di vista nuovo e
mostrare i margini di sviluppo o di contrazione che intervengono sulle professionalità
del mondo agricolo.
Inoltre l’archivio elettronico svolgerebbe la funzione di “dizionario” con cui tutti gli
operatori delle Parti Sociali potrebbero confrontarsi ed arricchirsi reciprocamente con
soluzioni specifiche ed originali - espresse dai territori - ma potendo anche
“rinunciare” a ridefinizioni nominalistiche che, attualmente, sono solo di ostacolo per
un mercato del lavoro efficiente.
Non esistono nel nostro Paese altre esperienze di questo tipo e - se si potrà proseguire
nella sperimentazione allargandola alle figure a Tempo Determinato, inserendo i dati
parametrali e di addensamento salariale, comprendendo le voci accessorie, ecc. - si
potrà offrire uno strumento di analisi del settore, delle sue professionalità e dei suoi
fabbisogni formativi anche e principalmente in funzione della reale organizzazione
del lavoro esistente e non sulla base di “ipotesi generali” determinate da una
necessariamente superficiale lettura e codifica nazionale.
Attualmente il software utilizzato è di largo impiego e non particolarmente complesso
da gestire ed utilizzare, quindi potrà essere messo a disposizione di tutti gli operatori
del settore, sia per consultazione che per implementazione del sistema stesso.

7
L’ANALISI DEI FABBISOGNI NEL SETTORE AGRITURISTICO

Roma - ottobre 2004


INDICE

PREMESSA – AGRITURISMO E TURISMO RURALE PAG. 3

DEFINIZIONE DEL SETTORE PAG. 31

EVOLUZIONE E CARATTERISTICHE DELL’AGRITURISMO PAG. 32

LA DOMANDA PAG. 35

L’OFFERTA PAG. 38

LE NORME E I MODELLI AZIENDALI PAG. 40

CONSISTENZA E CARATTERISTICHE DELL’AGRITURISMO


ITALIANO PAG. 43

LE TIPOLOGIE AZIENDALI PAG. 50

LA GESTIONE AGRITURISTICA PAG. 53

LE AREE DI MIGLIORAMENTO PAG. 64

GLI ESITI DELLE ISPEZIONI PUBBLICHE PAG. 76

L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO PAG. 80

LE MANSIONI DELL’AGRITURISMO PAG. 83

LE CERTIFICAZIONI DI QUALITÀ PAG. 96

I PROGRAMMI FORMATIVI PAG. 98

LE SCHEDE DELLE FIGURE PROFESSIONALI PAG. 101

LA RICERCA PAG. 112

2
PREMESSA – AGRITURISMO E TURISMO RURALE

Nella nostra realtà agricola il territorio rurale si presenta in modo via via
più rilevante come uno spazio in cui si incontrano risorse che hanno un
valore naturalistico, culturale e paesaggistico da promuovere, conservare e
tutelare. In tale contesto prende forma con intensità crescente, il turismo
rurale inteso in senso ampio, comprensivo quindi di “agriturismo” e
“turismo rurale” in senso stretto.

Tale fenomeno si presenta pertanto come uno strumento in grado di


armonizzare le esigenze legate alla valorizzazione degli interessi culturali,
naturalistici, storici, paesaggistici con la protezione di quelli economici del
territorio rurale.

Alla luce di ciò, risulta interessante considerare l’evoluzione profonda che


ha caratterizzato la concezione giuridica di paesaggio. La Legge 29 giugno
1939, n. 1497 “Protezione delle bellezze naturali”, ne offriva una visione di
protezione, per arrivare poi con il decreto legge 27 giugno 1985, n. 312
convertito nelle legge 8 agosto 1985, n. 431 (legge “Galasso”), ad una
concezione “territoriale”.

A partire dagli anni ’80, anche sullo scenario della normativa comunitaria
si è fatta strada la concezione di paesaggio inteso in senso globale e come
bene culturale, aspetto che emerge in modo particolare nella Convenzione
europea del paesaggio siglata a Firenze il 29 ottobre del 2000 dagli Stati
membri del Consiglio d’Europa. Tale Convenzione designa con il termine

3
paesaggio “una determinata parte del territorio, così com’è percepita dalle
popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e
dalle loro interrelazioni”.

Agriturismo e turismo rurale si collocano pertanto in un complesso di


definizioni che riguardano il paesaggio, il territorio e l’ambiente e si
presentano come due realtà che sembrano rifarsi a discipline differenziate
sotto il profilo legislativo.

Il primo consiste in una pluralità di servizi turistici che l’imprenditore


agricolo offre all’ospite utilizzando le potenzialità polifunzionali della
propria azienda e in connessione con le attività agrarie che devono
rimanere principali.

Nel caso del turismo rurale si comprende invece una serie di offerte di
ospitalità turistica in campagna caratterizzate da un’ospitalità rurale
proveniente da strutture estranee all’azienda agricola, dalla fruibilità del
patrimonio ambientale, nonché delle risorse naturali.

Pertanto agriturismo e turismo rurale hanno un fondo comune costituto dal


contesto ambientale in cui si svolge la pratica turistica, ma si differenziano
sia per i soggetti imprenditori sia per le leggi che ne disciplinano il
funzionamento.

La normativa di questo multiforme fenomeno, è complessa e stratificata a


vari livelli.

4
A favore dell’agriturismo intervengono politiche e strumenti diversi che
possono essere raggruppati a seconda delle finalità principali che si
propongono.

Ad esempio, oltre che dalla legge quadro, da quelle regionali e da quella di


orientamento del settore agricolo, l’agriturismo viene promosso e sostenuto
anche nell’ambito dei programmi finanziati dai fondi strutturali, della legge
394/91 (art. 7) “legge quadro sulle aree protette”, della legge n. 426/98
“nuovi interventi in campo ambientale”.

In linea generale, l’elemento che accomuna questi strumenti è il ruolo


chiave assegnato all’agriturismo nel favorire processi di sviluppo
sostenibile.

La normativa comunitaria

Negli ultimi anni l’attenzione verso agriturismo e turismo rurale è cresciuta


di pari passo con l’evoluzione delle strategie di intervento attivate
dall’Unione Europea a favore delle aree rurali.

Si è infatti passati dall’impostazione settoriale delle politiche di sviluppo


rurale all’inclusione di queste in una strategia più generale attraverso
interventi integrati.

Tale evoluzione si è concretizzata proprio nelle varie fasi di Riforma dei


Fondi Strutturali e di attuazione dell’Iniziativa Comunitaria LEADER che
in una prima fase, vale a dire sotto Leader II conclusosi nel 1999, ha
considerato il turismo rurale come asse strategico, per poi passare con

5
Leader Plus a sostenere l'asse valorizzazione del patrimonio naturale e del
patrimonio culturale, consentendo comunque il finanziamento delle azioni
di investimento e di formazione nel settore del turismo.

Per l'Unione Europea il turismo rurale é una nozione molto ampia


comprendente qualsiasi attività turistica svolta in ambiente rurale compreso
il turismo nelle aziende agricole o agriturismo (Com (88) 501 del 29 luglio
1988). Secondo questa interpretazione, per i termini turismo rurale ed
agriturismo, è pressoché impossibile pervenire ad una definizione univoca
o operare una differenziazione in funzione delle strutture utilizzate e delle
attività svolte.

In Europa non esiste una normativa di riferimento (direttiva o regolamento)


in materia di agriturismo e turismo rurale. Esistono invece programmi e
iniziative comunitarie di sostegno alle forme di turismo nelle aree rurali.

Le prime misure a favore del turismo rurale si collocano nell’ambito della


politica comunitaria regionale volta a eliminare gli squilibri fra alcune
regioni. Il fenomeno è pertanto sostenuto economicamente in quanto
strumento di integrazione del reddito di chi opera in quelle aree.

Già nei primissimi anni ’80 furono previste le prime incentivazioni


finanziarie del turismo in determinate aree rurali : è il caso dei due
Regolamenti, il n. 2615/80 del 7 ottobre 1980 e il 214 del 18 gennaio 1984,
che si presentavano come strumenti di integrazione del reddito di chi
operava in aree rurali.

6
Successivamente , con il Regolamento CEE 797/85, nel quadro di sostegno
strutturale alle aziende agricole, la Comunità aveva previsto investimenti di
"carattere turistico" o artigianale da effettuare nelle aziende agricole
ubicate nelle zone svantaggiate come delimitate dalla direttiva 268/75.

La seconda fase dell’intervento comunitario si caratterizza per l’adozione


di politiche e misure ispirate ad una maggiore consapevolezza dello stretto
legame esistente tra agricoltura, ambiente e territorio, pertanto il turismo
rurale viene incentivato, non solo come forma di integrazione del reddito,
ma anche come strumento di valorizzazione del territorio rurale dal punto
di vista paesaggistico, culturale ed ambientale: fondamentali in tal senso
sono i Regolamenti n. 3808/89 del 12 dicembre 1989, n. 2328/91 del 15
luglio 1991, n. 950/97.

Inoltre, negli stessi anni, nell’ambito della politica di coesione economica e


sociale (articolo 158 Trattato Ce ) e quindi nell’intento di ridurre il divario
tra i diversi livelli di sviluppo delle varie regioni d’Europa, comprese le
zone rurali, la Comunità ha emanato i regolamenti CEE 2052/88, 4253/88,
1260/99, che al loro interno possono prevedere misure di sostegno al
turismo rurale.

La Comunità europea ha quindi sempre ritenuto non praticabile


l’elaborazione di una normativa valida per tutti gli Stati membri, in quanto
risultano essere troppo diversificate le esigenze non solo tra Stato e Stato,
ma anche tra Regione e Regione, e ha quindi favorito la valorizzazione
delle tradizioni locali e il progresso del mondo rurale, lasciando la

7
possibilità di disciplinare la cosiddetta attività turistica rurale ai singoli
Stati e Regioni che hanno qualificato di volta in volta tali attività come
agricole o commerciali. La Comunità europea ha pertanto ritagliato per se
stessa il ruolo di polmone finanziario del fenomeno.

La Commissione ha elaborato un documento dal titolo "Misure comunitarie


per la promozione del turismo rurale" COM/ 90/438 , che si rivela utile
per la ricerca di una definizione di turismo rurale e la delimitazione di tale
concetto. Sotto il profilo terminologico infatti gli interventi comunitari
ignorano il termine “agriturismo” ed utilizzano esclusivamente
l’espressione “turismo rurale”, che comprende quindi l’agriturismo, ma non
si esaurisce in esso.

L’approccio del legislatore comunitario è quindi quello di sostenere


economicamente l’erogazione dei servizi di ospitalità turistica in aree
rurali, solo in funzione del collegamento che le lega al territorio.

In tal senso il Regolamento fondamentale per il sostegno allo sviluppo


rurale risulta essere il Regolamento n. 1257/99 del 17 maggio 1999.

Quest’ultimo riunisce per la prima volta in un unico strumento normativo


tutte le misure di sviluppo rurale. Esso agli artt. 4 e 33 permette agli Stati
membri e/o alle Regioni di destinare parti importanti delle risorse
finanziarie comunitarie all'agriturismo e/o al turismo rurale.

Nello specifico l'art. 4 prende in considerazione la promozione della


diversificazione delle attività nell'azienda agricola, mentre l'art.33 parla di

8
incentivazione delle attività turistiche e artigianali e ricomprende al proprio
interno le misure di sviluppo rurale.

Il regolamento in oggetto segna inoltre la nascita del II° pilastro della PAC,
accorpando tutti i regolamenti esistenti in materia di sviluppo rurale e
individuando tre obiettivi strategici generali:

- potenziamento del settore agricolo e forestale;

- miglioramento della competitività delle zone rurali;

- salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio rurale.

Agli obiettivi tradizionali della politica di sviluppo rurale se ne affiancano


di innovativi, tra i quali figura la diversificazione delle attività agricole e
incentivazione di attività alternative.

Tuttavia il primo tentativo “ufficiale” a livello europeo di definire un


modello di agricoltura multifunzionale nel quale coniugare i requisiti di
competitività, redditività, qualità, sicurezza alimentare, sviluppo integrato,
eco-compatibilità e tutela del territorio nelle aree rurali, si ha nel 1997
quando la Commissione pubblica il documento: “Agenda 2000 - Per
un’Unione più forte e più ampia”.

Nel contesto dell’Agenda 2000 la politica agricola comune "è


principalmente orientata a soddisfare le domande della società
relativamente alla sicurezza alimentare, alla qualità alimentare, alla
differenziazione dei prodotti, al benessere degli animali, alla qualità

9
ambientale e alla conservazione della natura e dello spazio rurale".

Nella proposta di regolamento comunitario della Commissione 490/2004


adottata il 14 luglio 2004, proposta che dovrà disciplinare la politica di
sviluppo rurale nel periodo di programmazione 2007-2013 e sostituire il
regolamento 1257/99, si afferma:

“L’agenda 2000 ha stabilito una politica di sviluppo rurale come secondo


pilastro della PAC (politica agricola comunitaria) per accompagnare la
nuova riforma della politica di mercato nel territorio dell’Unione. La
politica di sviluppo rurale conseguentemente non può essere separata dal
proprio ruolo di secondo pilastro della politica agricola comune
sottolineando il termine «comune», vale a dire la scelta che è stata presa di
organizzare il settore agricolo a livello dell’Unione. Questo aspetto è
particolarmente pertinente per quel che riguarda la necessità di assicurare
una coerenza di strumenti ed obiettivi politici tra i due pilastri”.

La Comunicazione sulle prospettive finanziare per il periodo 2007-2013,


riflettendo le conclusioni della Conferenza di Salisburgo (novembre 2003)
e gli orientamenti strategici del consiglio di Lisbona e di Göteborg che
sottolineano gli elementi economici, sociali ed ambientali della
sostenibilità, ha fissato i seguenti tre obiettivi principali per la politica dello
sviluppo rurale:

– migliorare la competitività del settore agricolo sostenendo la


ristrutturazione;

10
– migliorare l’ambiente e lo spazio rurale attraverso un sostegno alla
gestione del territorio (comprendendo le iniziative di sviluppo rurale
legate ai siti natura 2000);

– migliorare la qualità di vita nelle zone rurali e promuovere la


diversificazione delle attività economiche tramite le misure che si
rivolgono al settore agricolo e ad altri attori rurali.

L’aiuto comunitario all’investimento agricolo ha per oggetto


l’ammodernamento delle imprese agricole e l’incremento della loro
redditività economica tramite il miglioramento dell’utilizzo di fattori di
produzione (compresa anche l’introduzione di nuove tecnologie),
l’individuazione di target della qualità e la diversificazione all’interno o
all’esterno dell’azienda verso attività non agricole, incluso il settore non
alimentare. L’aiuto comunitario è volto, inoltre, a migliorare la situazione
delle aziende in termini di rispetto dell’ambiente, di sicurezza sul luogo di
lavoro, di igiene e di benessere degli animali, nonché accompagnare i
cambiamenti nelle zone rurali al fine di promuovere l’occupazione e
migliorare i servizi di base.

La nuova proposta di regolamento prevede, all'Asse 3 "Diversificazione


dell'economia rurale e qualità della vita in ambiente rurale", diverse misure
tra cui l'incentivazione di attività turistiche. Il sostegno alle attività
turistiche riguarda in particolare le seguenti operazioni:

a) le piccole infrastrutture come i centri di informazione, la segnaletica


relativa ai siti turistici;

11
b) le infrastrutture ricreative di accesso agli spazi naturali e gli alloggi con
capacità di accoglienza ridotta;

c) lo sviluppo e l’immissione sul mercato di prodotti turistici legati al


turismo rurale.

Le politiche per lo sviluppo rurale si inseriscono in un cambiamento del


quadro di intervento più generale: infatti si è passati da una organizzazione
di mercato dei prodotti agricoli caratterizzata da garanzie illimitate di
assorbimento delle produzioni ad un quadro di contingentamento
territoriale delle stesse.

Ciò porta a una differenziazione delle politiche dell'Unione nelle diverse


realtà locali, nonché a uno slittamento di accento delle finalità della politica
unitaria dallo sviluppo agricolo allo sviluppo rurale.

L’importanza sempre crescente che lo sviluppo rurale ha assunto nel


quadro della politica comunitaria, emerge anche nel Parere del Comitato
delle regioni sul tema «Progetto giovani per l’agricoltura europea» (2001/C
357/08). In tale documento si conviene : “ […] sulla necessità che lo
sviluppo rurale passi attraverso un’agricoltura multifunzionale” e pertanto
si : “ […] ritiene urgente che Unione europea, Stati e Regioni, ciascuno per
le rispettive competenze, assicurino le condizioni per l’esercizio della
pluriattività da parte degli imprenditori e degli addetti all’agricoltura”
consentendo “specie nelle zone montane e marginali, l’effettuazione di
attività connesse alla foresta, alla sorveglianza e gestione delle zone
protette e dei parchi, alla manutenzione delle infrastrutture rurali e civili,
alla gestione dei beni culturali, ai servizi, al turismo stagionale, ecc.”;

12
sempre nel Parere si sottolinea che “ va definito, infine, un nuovo statuto
d’impresa rurale diversificata (pluriattiva) nella quale ogni attività
ammissibile sia conforme alla logica d’impresa agricola che resti
prevalente”; infine il Comitato delle regioni “ ritiene utile che nello
sviluppo ulteriore delle iniziative tendenti a realizzare interventi
agroambientali, di agricoltura biologica, di agriturismo e turismo rurale, di
sostegno, promozione e commercializzazione di prodotti alimentari tipici e
rurali, di qualità e caratteristici dell’ambiente di produzione di
valorizzazione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti del
bosco e del sottobosco, siano da considerare prioritariamente le presenze,
singole o associate, di giovani agricoltori”.

La normativa comunitaria ha da sempre avvertito la grande opportunità


costituita da un uso intelligente dello strumento turistico per lo sviluppo
delle aree rurali grazie alla crescente richiesta urbana di attività ricreative (e
anche culturali) in ambito agricolo e ha individuato nel cosiddetto “turismo
rurale” lo strumento più adeguato al mantenimento delle popolazioni
agricole sul territorio.

La normativa italiana

Il legislatore italiano, a differenza del legislatore comunitario, con la legge


quadro 5 dicembre 1985, n. 730, ha operato una netta distinzione
nell’ambito dell’ospitalità in aree agricole tra turismo rurale in senso stretto
ed agriturismo, riservando solo a quest’ultimo le misure di sostegno
economico e destinando le forme di turismo rurale nell’impresa turistica,

13
soggetta allo statuto dell’imprenditore commerciale.

La legge 730 definisce agrituristica ogni attività di "ricezione ed ospitalità


esercitate dagli imprenditori agricoli attraverso l'utilizzazione della propria
azienda, in rapporto di connessione e complementarità, rispetto alle attività
di coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento del bestiame, che
devono comunque rimanere principali".

Tuttavia la prima legge nazionale che fa riferimento, sia pure in modo


disorganico, al fenomeno agrituristico, è la legge quadro sul turismo, 17
maggio 1983 n. 217.

Tale legge, in particolare, delinea le caratteristiche delle imprese che


possono esercitare attività di organizzazione, di produzione di viaggi e di
soggiorni turistici, quelle degli operatori turistici e definisce le strutture
ricettive.

Tale norma ha condotto il fenomeno agrituristico nell’alveo dell’attività


commerciale e ne ha ridotto la portata ad un semplice problema di alloggi.
Infatti, l’art. 6 include tra le strutture ricettive gli alloggi, che chiama
"agroturistici", definendoli come fabbricati rurali nei quali è data ospitalità
a turisti da imprenditori agricoli. I limiti derivano dal fatto che in questo
modo si pone un’unica disciplina amministrativa sia per la
regolamentazione delle più modeste attività turistico – rurali, sia per i
grandi complessi turistico - alberghieri.

14
Pertanto, è solo con la legge 5 dicembre 1985 n. 730 (in seguito chiamata
anche legge nazionale o legge quadro), che si ha una legge organica
sull’esercizio dell’attività agrituristica.

Tale legge stabilisce i principi fondamentali e inderogabili cui,


successivamente, il legislatore regionale farà riferimento nel porre in essere
la cosiddetta legislazione regionale di dettaglio. Nella legge si possono
individuare quattro componenti fondamentali:

a) le finalità della normativa (art. 1);


b) la definizione delle attività e dell'operatore agrituristico (art. 2-4);
c) gli aspetti disciplinari dell'attività (art. 5-9);
d) le linee generali per la programmazione e promozione locale dell'attività
agrituristica (art. 10-15).

Le finalità indicate dalla legge-quadro sono molteplici e perseguite


mediante la promozione di idonee forme di turismo nelle campagne.
Vanno dagli obiettivi economici, quali l'integrazione dei redditi aziendali
ed il miglioramento delle condizioni di vita, ad obiettivi socioculturali,
quali la promozione del rapporto tra città e campagna e la promozione delle
tradizioni ed iniziative culturali del mondo rurale, ad obiettivi di riequilibro
territoriale, quali lo sviluppo dell'agricoltura e la permanenza dei produttori
agricoli nelle zone rurali, sino ad obiettivi di salvaguardia e valorizzazione
del territorio, quali la migliore utilizzazione del patrimonio aziendale
naturale ed edilizio e la conservazione dell'ambiente.

15
L’art. 2 riconduce l’agriturismo nell’ambito dell’attività agricola
definendola attività di ricezione ed ospitalità esercitata dagli imprenditori
agricoli ai sensi dell’art. 2135 c.c., singoli o associati e dai loro familiari di
cui all’art. 230 bis del Codice Civile, attraverso l’utilizzazione della propria
azienda. Rientrano tra le finalità: dare stagionalmente ospitalità,
somministrare pasti e/o bevande (che devono essere costituiti per lo più da
prodotti propri), organizzare attività ricreative o culturali nell’ambito
dell’azienda.

Gli unici soggetti che possono esercitare le attività agrituristiche sono gli
imprenditori agricoli, singoli o associati, ed i loro familiari (quali il coniuge
e parenti sino al terzo grado ed affini sino al secondo) che le possono
svolgere mediante l'utilizzazione della propria azienda. Tali attività, inoltre,
non possono essere svolte in maniera disgiunta dalle attività agricole, ma in
rapporto di connessione e complementarietà a quelle di coltivazione del
fondo, di allevamento del bestiame e di silvicoltura. In quanto tale, l'attività
agrituristica viene considerata dalla norma nazionale un’attività agricola
per connessione.

L’agriturismo per il carattere di complementarietà non può né sussistere al


di fuori di un’azienda agricola, né prevalere sulle attività tipicamente
agricole che devono rimanere principali. Possono quindi ricevere
autorizzazione a svolgere attività agrituristiche solo i lavoratori autonomi
dell’agricoltura che esercitano attività di impresa.

Le attività agrituristiche in quanto attività di natura agricola vanno


ricondotte ad un regime proprio di quello dell'impresa agricola, che risulta

16
fortemente differenziato da quello dell'impresa commerciale.

Il compito centrale di esercitare un controllo sulle relazioni di connessione


e complementarietà viene delegato, dall'art. 4, alle Regioni, che devono
fissare i criteri e limiti di svolgimento dell'attività in funzione dell'azienda e
del fondo interessati. Allo Stato è attribuito il compito di dettare i principi
fondamentali della materia (attraverso l’emanazione di leggi quadro o
cornice), mentre alle regioni spetta il compito di emanare la c.d.
legislazione di dettaglio.

Gi aspetti disciplinatori dell'attività sono definiti dagli articoli compresi tra


il 5 ed il 9. L'articolo 5, in particolare, indica le norme igienico sanitarie
generali che debbono essere rispettate nell'attività di produzione,
preparazione, confezionamento e somministrazione degli alimenti e
bevande ed assegna alle regioni la competenza di definire le norme che
debbono rispettare gli immobili e le attrezzature impiegate per l'attività
agrituristica.

Gli articoli dal 6 al 9 dettano la disciplina amministrativa ed assegnano le


specifiche competenze.

La legge prevede l’istituzione, da parte delle regioni, di un elenco (che


diverse regioni, in sede d’applicazione, chiameranno "albo"), in cui
iscrivere i soggetti abilitati ad esercitare l’attività stessa.
L’iscrizione è concessa alla presenza di determinati requisiti oggettivi
(svolgimento di attività agricola, presenza di locali all’interno dell’azienda,
richiesta di iscrizione proveniente dal titolare d’azienda o da altro familiare

17
ricompreso nell’articolo 230 bis c.c. e dedito all’attività agricola) e
soggettivi (assenza di determinate condanne penali nel triennio precedente,
assenza di misure di prevenzione o di dichiarazione di delinquenza
abituale, ecc.).

Le linee generali per la programmazione e promozione locale dell'attività


agrituristica sono indicate dagli articoli compresi tra il 10 ed il 15.
L'articolo 10, in particolare, tende a legare lo sviluppo dell'attività
agrituristica alle finalità di riequilibro e conservazione indicate nell'articolo
1. In particolare, introduce il concetto di piano per l'agriturismo connesso
ad un programma di vitalizzazione delle aree rurali. Tale piano deve
indicare le aree suscettibili di sviluppo agrituristico ed una serie di loro
caratteristiche. Agli imprenditori che operano all'interno di queste aree
possono essere concessi degli incentivi, come previsto dall'articolo 14. Le
regioni in collaborazione con gli enti locali e le associazioni agrituristiche,
devono promuovere studi e ricerche sull'agriturismo, curare la formazione
professionale (art. 11) e incentivare e coordinare la promozione delle
attività agrituristiche.

Nella direzione di emancipazione dell’ospitalità turistica in area rurale


dallo stretto collegamento con l’azienda agricola, si registrano nel
panorama legislativo nazionale due provvedimenti che per la prima volta
incentivano dal punto di vista economico il turismo rurale. Si tratta della
legge 29 marzo 2001, n. 135 “Riforma della legislazione nazionale del
turismo”, la quale all’art. 1 sollecita la Repubblica a sostenere l’uso
strategico degli spazi rurali in chiave turistica nel contesto di uno sviluppo
rurale integrato. La legge 27 marzo 2001, n. 122 all’art. 23, “Ospitalità

18
rurale familiare” presenta lo stesso orientamento e chiama le regioni a
disciplinare l’attività relativa al servizio di alloggio e di prima colazione
nella propria abitazione, precisando che se dette attività hanno carattere
professionale e continuativo e sono esercitate da imprenditori agricoli
rientrano tra le attività agrituristiche.

Queste nuove tendenze si collocano sulla scia del più recente orientamento
comunitario e vedono l’offerta di ospitalità turistica in aree rurali come uno
strumento di valorizzazione del territorio rurale in ogni suo aspetto. Inoltre
l’impresa agricola si prospetta in una dimensione più moderna che ne esalta
la sua multifunzionalità, come una struttura erogatrice di servizi in
collaborazione con altre iniziative imprenditoriali e culturali che si
collocano all’interno delle aree rurali spogliata del suo tradizionale abito di
mero produttore di beni.

Possono ricevere autorizzazione ad esercitare l'agriturismo solo i lavoratori


autonomi dell'agricoltura che a qualunque titolo e forma esercitano attività
di impresa: ciò vale per tutti gli imprenditori agricoli (imprenditori a titolo
principale o a titolo parziale), per tutti i familiari purché siano partecipi
dell'impresa agricola a conduzione familiare.

Le attività agrituristiche possono essere esercitate esclusivamente in una


azienda agricola utilizzando il fondo e i fabbricati rurali, tutti o in parte,
esistenti che non vengono più utilizzati per la normale attività agricola o
per gli usi abitativi dell'imprenditore e della sua famiglia. E' escluso l'uso di
edifici, anche se di proprietà dell'imprenditore, non pertinenti l'azienda

19
agricola e ubicati in luogo diverso dal fondo ove si intende esercitare
l'agriturismo. Ogni altra forma turistica esercitata in campagna, anche
all'interno di una azienda agricola, con criteri difformi dalla legge 730
viene considerata turismo rurale ed è quindi inquadrata dalla legge quadro
n. 217 del 17 maggio 1983. In questo caso l'attività comporta: la
deruralizzazione degli edifici e del fondo interessati; la necessità di fare
richiesta di variazione nella destinazione d'uso del territorio dei comuni
competenti; il rischio per l'imprenditore di perdere la qualifica di
imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto, per
l'esistenza di un consistente reddito extragricolo. Nei casi in cui la
normativa in vigore per l'agriturismo e il turismo rurale non fornisca
specifiche direttive bisogna fare riferimento alle leggi vigenti in materia di
turismo, commercio, igiene e sanità.

La definizione che la legge 730 dà di agriturismo, deve essere letta alla


luce delle novità e delle integrazioni introdotte dalla recente legge di
orientamento e modernizzazione del settore agricolo D.Lgs. 18 maggio
2001, n. 228 - Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a
norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, N.57.

Tale norma al terzo comma dell’art. 1 , ha ampliato le attività connesse a


quella agricola, l’art. 2135 c.c. considerava connesse solo le attività dirette
alla trasformazione o alienazione dei prodotti agricoli, mentre adesso “si
intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo
imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad
oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del

20
bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura
di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse
dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi
comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e
forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

L’innovazione è rintracciabile nel fatto che si riqualifica l’agriturismo


dandogli una definitiva natura agricola e si favorisce il processo di
modernizzazione e diversificazione dell’agricoltura.
Questo articolo è rilevante proprio perché riqualifica l’agriturismo. Inoltre
sostituisce l’art. 2135 in base al quale la legge 730/85 “disciplina
dell’agriturismo” definiva la figura di imprenditore agricolo che poteva
esercitare l’agriturismo.

La legge 730 riconduceva all’agriturismo “esclusivamente le attività di


ricezione ed ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all’art.
2135 c.c., singoli o associati, e da loro familiari, di cui all’art. 230 bis c.c.,
attraverso l’utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione e
complementarità rispetto all’attività di coltivazione del fondo, silvicoltura,
allevamento del bestiame, che devono comunque rimanere principali”
sostenendo anche che lo svolgimento di attività agrituristiche “non
costituisce distrazione della destinazione agricola dei fondi e degli edifici
interessati.

L’art. 3 della legge di orientamento introduce ulteriori novità e integrazioni


alla 730/85, esso infatti oltre a fare riferimento ad una serie di attività
ricomprese tra quelle che possono svolgere gli iscritti agli elenchi degli
operatori agrituristici, fornisce chiarificazioni in merito ad alcuni aspetti

21
amministrativi e gestionali.

E’ ora possibile infatti organizzare iniziative per condurre gli ospiti alla
degustazione dei prodotti aziendali compresa la mescita del vino, ai sensi
della legge n. 268 del 27 luglio 1999 intitolata “Disciplina delle strade del
vino”, nonché alla scoperta dell’ambiente naturale, paesaggistico, culturale
e artistico in cui si colloca l’azienda agricola, come nel caso delle fattorie
didattiche.

Pur intendendo la definizione con una certa elasticità, possiamo definire


tali esperienze come aziende agricole che ricevono ospiti (per lo più
studenti accompagnati dai propri maestri e professori), per una visita o un
periodo di soggiorno il cui scopo è quello di far conoscere uno o più aspetti
specifici della attività aziendale o dell'ambiente rurale e naturalistico del
territorio che circonda l'azienda.

Tale conoscenza si può trasmettere:

- facendo visitare coltivazioni, allevamenti e attrezzature dell'azienda,


- consentendo di assistere allo svolgersi di attività agricole e artigianali,
- promuovendo la visita a luoghi di interesse naturalistico,
- illustrando l’ambiente e le attività tramite personale adeguatamente
preparato,
- proponendo in sale allestite appositamente , dibattiti e proiezioni,
- distribuendo documentazione che accompagni e integri la visita alla
fattoria didattica.

Un primo censimento nazionale di questo tipo di strutture è stato fatto nel

22
2001. Dall'indagine, sono emerse 273 esperienze di fattorie didattiche
(ubicate prevalentemente nel Nord Italia) gestite sia da cooperative che da
singoli imprenditori e 3 "city farms".

Con la legge n. 57 del 5 marzo 2001, viene quindi esaltata la


multifunzionalità della impresa agricola. C’è in tale provvedimento
legislativo, il richiamo ad un ruolo polivalente dell’imprenditore agricolo.
Infatti, nell’ Articolo 1 si legge:

“L’articolo 2135 del Codice Civile è sostituito dal seguente:

E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività:


coltivazione del fondo, silvicoltura,allevamento di animali […]nonché le
attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione
prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda, normalmente impiegate
nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione
del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di
ospitalità come definite dalla legge”.

L’ospitalità, continua a essere esercitata all’interno dell’azienda in


fabbricati rurali secondo il dettato della legge n. 730/85, la legge di
orientamento chiarisce che la stagionalità si riferisce alla durata del
soggiorno degli ospiti e non, quindi, come a volte è stato interpretato in
alcune disposizioni regionali, al periodo di esercizio dell’attività
agrituristica da parte dell’imprenditore.

Il secondo comma dell’ art. 3, qualifica in modo inequivocabile come


lavoratori agricoli gli addetti alle attività agrituristiche, siano essi lavoratori
dipendenti a tempo indeterminato, determinato o parziale, siano essi

23
familiari ai sensi dell’art. 230 bis c.c.

Per una corretta identificazione dell’imprenditore agricolo, e quindi del


soggetto che può esercitare l’agriturismo, occorre far riferimento anche ai
principi contenuti in altri articoli del c.c. (2082, 2083 e 1647) e alla dottrina
e alla giurisprudenza prevalenti.

In tale contesto è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività


economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di merci e
servizi in modo continuativo, ossia non in modo occasionale, ma non
necessariamente esclusivo. Devono essere quindi considerati imprenditori
agricoli a tutti gli effetti anche coloro che esercitano la professione anche
non a titolo principale, mentre non sono considerati tali i proprietari che
concedono in affitto il fondo, i salariati e gli impiegati agricoli.

Secondo l’art. 230 bis c.c. sono considerati partecipi dell’impresa i


familiari (ossia il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il
secondo grado) che in modo continuativo prestano la loro attività
nell’azienda agricola o nella famiglia.

I familiari hanno diritto a partecipare alle decisioni, da adottarsi a


maggioranza, relative agli indirizzi produttivi, l’impiego degli utili e degli
incrementi e l’eventuale cessazione dell’impresa; ai sensi dell’art. 230 bis
c.c., l’impresa agrituristica è una comunità dove la parità di diritti e doveri
è indipendente dalla titolarità.

Tuttavia, l’attività agrituristica è collocata in un regime fiscale diverso da


quella agricola, dalla quale deve comunque dimostrare di originarsi

24
restandone connessa.

La normativa regionale

La legge 16 maggio 1970 n. 281 stabilisce che i principi generali, cui le


regioni devono attenersi, in assenza di una legge quadro nazionale, devono
desumersi dall’insieme delle leggi vigenti, indi dall’insieme
dell’ordinamento giuridico. E’ questa la norma che, negli anni settanta, ha
consentito alle regioni di legiferare in materia agrituristica anche in assenza
della norma nazionale di riferimento. A tal proposito è utile sottolineare
che il legislatore regionale ha avuto non poche difficoltà nel distinguere tra
precetti che vincolano la propria attività legislativa, perché stabiliscono
principi fondamentali e disposizioni che possono essere meglio sviluppate
in relazione alle esigenze e alle caratteristiche di ogni singola regione.

Le norme regionali sull’agriturismo possono essere raggruppate in tre


grandi gruppi:

a) le disposizioni emanate prima della legge-quadro nazionale del 1985;


b) le norme successive a tale legge;
c) le disposizioni legislative successive alla comunicazione della
Commissione Europea sul futuro del mondo rurale e da essa influenzate.

Le Regioni che hanno adottato delle norme prima della legge quadro nel
1985, sono state tredici Prime ad emanare norme specifiche erano state nel
1973 la regione Valle D'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano,
fissando la massima ricettività delle unità che potevano accede ad un

25
contributo regionale. Tuttavia tali norme erano caratterizzate da un’
ambiguità derivante dall'assenza di un quadro normativo consolidato. Così,
la disciplina dell'agriturismo veniva ricondotta a quella del turismo extra-
alberghiero (affittacamere), con tutte le conseguenti difficoltà interpretative
ed attuative.

Con l’entrata in vigore della legge quadro c’è stata una riedizione delle
norme sull'agriturismo e la legiferazione da parte delle regioni che non
avevano ancora prodotto una normativa in materia.

Nelle norme regionali, si può osservare oltre alla coerenza con la


legislazione comunitaria e nazionale; l’indicazione dell'imprenditore
agricolo e dei suoi familiari come i soggetti che possono essere abilitati
all'esercizio delle attività agrituristiche; nonché una definizione delle
attività di agriturismo modellata sul paradigma dell'art. 2 della norma
nazionale.

Le regioni alla luce della legge quadro devono:

a) determinare i criteri e i limiti per lo svolgimento dell'attività,


b) determinare gli obblighi delle imprese e dei requisiti igienico-sanitari dei
locali e delle attrezzature,
c) disciplinare degli interventi per il recupero del patrimonio edilizio rurale,
d) definire, all'interno del quadro programmatorio regionale, delle forme di
incentivazione delle zone a particolare interesse agrituristico.

Le norme regionali, spesso, in merito ai limiti per lo svolgimento


dell’attività, tendono ad individuare dei semplici vincoli quantitativi nel

26
numero di posti letto e dei campeggiatori; tali soluzioni si presentano in
modo semplificativo rispetto ai criteri individuati dalla legge nazionale,
vale a dire: la complementarietà dei redditi agrituristici ai redditi agricoli
principali, le caratteristiche del territorio, le dimensioni dell’azienda e del
fondo.

A livello di normativa regionale si può osservare: una variabilità inter-


regionale di soglie di ricettività agrituristica; la differenziazione di tali
soglie a seconda delle dimensioni del fondo ristretta a poche regioni; l’
articolazione limitata di tali soglie a seconda della zona; nonché
l'introduzione, in taluni casi, di criteri non previsti dalla legge-quadro,
quale la forma societaria o il ricorso alle soglie massime previste per gli
affittacamere.

Anche per quanto concerne le incentivazioni finanziarie, relative il


recupero dei fabbricati e l'acquisto di arredi ed attrezzature, si osservano
indicazioni molto differenziate.

Alcune regioni italiane hanno affiancato all’agriturismo un’altra forma di


turismo rurale (designata così) disciplinandola con norme inserite in un
apposito titolo della loro legislazione agrituristica.

È il caso ad esempio della regione Emilia-Romagna che all’art.20 della


L.R. 26/1994 dà la seguente definizione “per turismo rurale si intende una
specifica articolazione dell’offerta turistica regionale composta da un
complesso di attività che può comprendere ospitalità, ristorazione, attività
sportive, del tempo libero e di servizio,finalizzate alla corretta fruizione dei

27
beni naturalistici, ambientali e culturali del territorio rurale”.

A fianco all’attività agrituristica è prevista così anche quella di esercizio


del turismo rurale, possono svolgere quest’ultima attività imprenditori
commerciali:

a) che gestiscono strutture di ristorazione, o di ricezione alberghiera o


extra-alberghiera, o di supporto alle attività sportive, o all'aria aperta, o di
tempo libero in territori non urbanizzati,

b) che offrono prodotti alimentari tipici della zona (e prevalentemente


preparati con materie prime prodotte da aziende agricole locali) ed
utilizzano arredi e servizi consoni alla cultura agricola.

Per una più dettagliata esplicazione delle caratteristiche strutturali degli


edifici e quelle funzionali dei servizi, la norma rimanda ad un successivo
regolamento regionale.

All’incirca nello stesso senso la legge della regione Marche 28/10/ 1999 n.
27.

La norma dell’Emilia-Romagna riprende alcune indicazioni contenute nelle


raccomandazioni della Commissione Europea per l'avvio di una nuova
politica per il futuro del mondo rurale. Essa, modifica parzialmente alcune
norme sull'attività agrituristica e ne introduce altre relative al turismo
rurale.

28
Per quanto riguarda le attività agrituristiche, tale legge menziona due
componenti dell'attività aziendale non esplicitamente indicate nella legge-
quadro del 1985, quali la commercializzazione diretta delle produzioni
aziendali (o dei beni ricavati da materie prime aziendali) e l'allevamento di
cavalli o di altre specie al fine di richiamo turistico. Tali attività (come tutte
le attività agrituristiche) possono essere esercitate esclusivamente da
imprenditori agricoli (o loro familiari) che siano impegnati in tale attività
da almeno un biennio e che abbiano frequentato uno specifico corso.
Per quanto riguarda la complementarietà il criterio assunto è quello
temporale.

Viene quindi mantenuta una netta distinzione tra imprenditore agricolo


(che esercita le attività di agriturismo) ed imprenditore commerciale (che
esercita quelle di turismo rurale), le loro attività sono inquadrate in modo
differente dal punto di vista fiscale, assicurativo e tributario, risulta comune
solo il piano di promozione commerciale.

Conclusioni

Alla luce di questa analisi possiamo concludere che la crescente attenzione


da parte del legislatore comunitario, nazionale nonché delle singole regioni
verso il turismo rurale e l’agriturismo è dettata dalla funzione fondamentale
che queste tipologie esercitano, esse sono non solo una buona fonte
d'integrazione del reddito agricolo, ma anche un fattore trainante per lo
sviluppo delle aree rurali in termini oltre che economici anche della tutela
dell'ambiente e della crescita del mondo rurale.

29
La loro funzione è fondamentale, essi infatti si presentano non solo come
elementi che racchiudono i caratteri distintivi del patrimonio storico,
artistico, culturale, folcloristico, religioso, paesaggistico, ecc. dell'ambiente
in cui si inseriscono, ma anche come occasione di conoscenza di una realtà,
quella agricola e rurale, ricca di interessanti risorse.

Turismo rurale e agriturismo rappresentano pertanto un importante


strumento per il recupero delle aree interne sia dal punto di vista produttivo
che sociale ed ambientale.

30
1. DEFINIZIONE DEL SETTORE

L’agriturismo, secondo la definizione della legge quadro di settore (Legge


5 dicembre 1985, n. 730) e successivamente della ridefinizione
dell’articolo n. 2135 del codice civile contenuta nel Decreto Legislativo 17
maggio 2001, n. 228, è attività propria dell’impresa agricola da intendersi,
purchè svolta secondo i limiti di legge, connessa alle principali attività di
coltivazione, allevamento, silvicoltura. Competenti, per la disciplina di
dettaglio in materia, sono le Regioni che hanno tutte in vigore una propria
legge.

L’attività di agriturismo consiste nella offerta di ricezione e ospitalità,


apprestata dall’imprenditore agricolo mediante l’uso della propria azienda,
in rapporto di connessione e complementarità rispetto all’attività agricola
che deve rimanere principale.

In concreto, nell’attività agrituristica, possono essere offerti i seguenti


servizi:

- alloggio;

- somministrazione di pasti e di bevande;

- allestimento di aree per la sosta di campeggiatori;

- attività ricreative, sportive e culturali.

31
Alcuni aspetti della connessione con l’attività agricola sono precisati dalla
legge:

- le attività agrituristiche devono svolgersi in edifici già esistenti


nell’azienda e non più utili alla conduzione del fondo;

- i pasti e le bevande somministrati agli ospiti devono essere composti in


prevalenza da prodotti propri, eventualmente trasformati presso laboratori
esterni all’azienda.

La legge evidenzia, come in precedenza richiamato, che l’ospitalità deve


essere prestata “mediante l’utilizzazione della propria azienda”. Questo
significa, come pure sottolineato dall’art. 3 del già citato Decreto
Legislativo n. 228/2001, che la manodopera impiegata nell’attività
agrituristica deve intendersi come manodopera agricola in quanto
l’esercizio dell’attività di agriturismo non configura un’azienda e
un’impresa autonoma rispetto a quella agricola, trattandosi di attività
finalizzata al miglior impiego delle strutture, del prodotto e della
manodopera dell’azienda agricola.

2. EVOLUZIONE E CARATTERISTICHE DELL’AGRITURISMO

L’agriturismo italiano nasce nella prima metà degli anni “sessanta”


prendendo spunto da esperienze di accoglienza turistica già organizzata da
agricoltori in Francia e Gran Bretagna.

32
Si può identificare la data di nascita del settore, con la data di costituzione
della prima associazione di settore, l’Agriturist, nel 1965, per iniziativa
della Confagricoltura.

In quel momento l’agricoltura italiana era interessata da profonde


trasformazioni: l’introduzione della meccanizzazione e dell’impiego di
fitofarmaci e concimi di sintesi, aumentava la produttività e riduceva
massicciamente la necessità di manodopera; un numero sempre più
rilevante di edifici rurali veniva abbandonato da famiglie, prima occupate
nel settore agricolo, che si trasferivano in città per lavorare nell’industria e
nel terziario, settori che offrivano redditi più elevati con orari di lavoro
meno gravosi e con una percezione di maggior dignità. Nelle campagne si
selezionava, via via, una nuova figura di “contadino”, spesso proprietario
della terra, ora impegnato in prima persona nel coordinare razionalmente i
fattori della produzione. Nasceva, in sostanza, l’imprenditore agricolo.

Cambiava, di conseguenza, il profilo generale dell’occupazione in


agricoltura. Venivano superati gli antichi contratti di mezzadria. La
dimensione familiare del lavoro agricolo, pur in molti casi conservata, si
indirizzava verso ruoli e specializzazioni del tutto nuovi, superando la
precedente “commistione” fra residenzialità e lavoro.

Cambiava anche il profilo organizzativo dell’azienda, finalizzato non più


esclusivamente alla produzione vegetale o animale, ma anche alla offerta

33
di servizi connessi, secondo una concezione multifunzionale dell’impresa
agricola.

L’agriturismo si è inserito in questo contesto, proponendosi una serie di


obiettivi che così possiamo sintetizzare:

¾ costituire, soprattutto per le zone agricole svantaggiate, una fonte di


reddito integrativa che prevenga l’abbandono dell’agricoltura e quindi del
territorio;

¾ recuperare ad un uso economico, e quindi all’automantenimento,


edifici rurali spesso di significativo valore paesaggistico;

¾ favorire la vendita diretta del prodotto agricolo mediante la cessione


in azienda e la somministrazione al consumo tramite i pasti;

¾ orientare la produzione verso colture ed allevamenti di pregio


suscettibili di valorizzazione turistica, con beneficio sui valori aggiunti
agricoli;

¾ cointeressare gli agricoltori alla tutela del paesaggio e dell’ambiente,


in quanto risorse positive per la qualità turistica del territorio;

¾ mantenere o aumentare, e meglio qualificare, l’occupazione agricola;

¾ attivare sinergie economiche con altri servizi turistici sul territorio;

¾ ristabilire un collegamento fra cultura urbana e cultura rurale.

I primi sviluppi dell’agriturismo sono stati soprattutto di carattere culturale,


sostenuti da manifestazioni dimostrative finalizzate a coinvolgere in primo
luogo il mondo politico, accademico e giornalistico, ciascuno funzionale

34
alla costituzione di presupposti concreti per il suo sviluppo. La presenza di
alcune preesistenti e spontanee iniziative di ospitalità in azienda agricola,
ha costituito lo “starter” per coinvolgere nuove imprese.

Si devono tuttavia attendere i primi anni settanta per trovare nella


normativa regionale e delle provincie autonome, riferimenti espliciti
all’agriturismo. Ma solo nel 1985, la già ricordata legge dello Stato n.
730/85, interviene per dare al settore una disciplina di riferimento, che le
Regioni recepiranno successivamente nell’arco di un decennio.

Oggi l’agriturismo italiano conta circa 13 mila aziende, con 135 mila posti
letto e 300 mila posti tavola.

3. LA DOMANDA

La domanda di agriturismo ha fatto registrare un costante e rapido aumento


fino al 2000. Nell’arco di 25 anni, a partire dal 1975 anno in cui è stata
pubblicata la prima guida specializzata di settore, dall’Agriturist, si può
stimare che circa 10 milioni di persone abbiano praticato almeno per una
volta questo tipo di vacanza.

I primi agrituristi interpretavano in pieno il carattere nuovo e alternativo di


questo tipo di vacanza che tendeva a proporre un forte coinvolgimento
dell’ospite nello stile di vita dell’agricoltore, sottolineando sostanziali
differenze fra le abitudini urbane o del turismo di massa, e le abitudini
rurali. L’azienda agricola organizzava generalmente l’ospitalità in modo

35
molto semplice, e lo spirito di adattamento dell’ospite era compensato dalla
“sincerità” di una esperienza che concedeva poco al comfort e a richieste di
servizi accessori.

L’agriturismo attuale è profondamente cambiato. L’apertura a mercati più


vasti ha portato con sè un progressivo ingentilimento dell’accoglienza, per
renderla gradita a fasce più vaste di domanda, con caratteristiche culturali e
sociali molto più eterogenee.

E’ cambiato anche il profilo dell’imprenditore che organizza l’attività


agrituristica, anche questo caratterizzato da una più evidente eterogeneità,
dal punto di vista professionale e culturale.

L’agriturismo di oggi offre quindi un ventaglio di offerte che va dalla


sistemazione molto semplice, pur dotata dei comfort essenziali, a forme di
accoglienza molto complesse, sia per dimensione ricettiva, sia per varietà
di servizi, sia per il grado di caratterizzazione in senso rurale e tradizionale.

Una influenza importante sulla evoluzione dell’agriturismo, hanno avuto


anche tante leggi finalizzate a garantire sicurezza e standard minimi di
accoglienza sempre più verificabili e vicini alle aspettative medie del
turista. Sono così andate progressivamente scomparendo, come peraltro
avvenuto anche nel turismo di massa, soluzioni di ospitalità in precedenza
largamente diffuse, come, ad esempio, la condivisione del bagno con altri
ospiti.

36
Il punto distintivo e di forza dell’agriturismo è comunque rimasta la
caratterizzazione agricola dell’accoglienza. Non è più pensabile
immaginarla, come nei primi sviluppi del settore, sotto forma di diretta
partecipazione dell’ospite alle attività agricole, partecipazione che peraltro
già allora collideva con norme sindacali e antinfortunistiche. Ma
l’aspettativa di essere comunque vicino all’agricoltura, alla creazione dei
suoi prodotti “da tavola”, all’esperienza enogastronomica e naturalistica dei
diversi territori, resta nell’ospite ed è potente fattore attrattivo a
disposizione dell’agricoltore. Nell’agriturismo di oggi si manifesta in
forme più organizzate e protette, che richiedono lo sviluppo di sempre
nuove professionalità.

D’altra parte, proprio per effetto dell’evoluzione che abbiamo descritto,


l’agriturismo rischia in molti casi di confondersi con una qualsiasi forma di
ospitalità turistica in campagna, generando negli ospiti più esigenti
atteggiamenti critici, se non di rifiuto. Si tratta dunque di sperimentare
sempre nuove forme organizzative, che riescano a coniugare felicemente,
aspetti diversi della “soddisfazione del cliente”: confortevolezza,
autenticità, animazione, relazione fra gli ospiti e con chi ospita.

Gestire un’azienda agrituristica non è più facile come prima, ma può


rendere molto più di prima: il prezzo basso, un tempo indicato come
motivazione importante della scelta di questo tipo di vacanza, oggi non lo è
più, e prevale un attento esame del rapporto qualità prezzo, dove la qualità
ha ampi spazi di manifestazione, e il prezzo di conseguenza.

37
I comportamenti della domanda sono comunque molto cambiati nel tempo,
sia perchè, come ricordato, l’agriturismo interessa ormai tutti i settori del
mercato turistico e quindi risente delle tendenze generali, sia perchè le
stesse tendenze generali sono mutate. Così ai soggiorni di lunga durata (la
“villeggiatura” per molti durava un mese) si vanno sostituendo permanenze
più brevi, fino a qualche anno fa attestate sulla settimana, oggi, anche in
alta stagione, addirittura meno. Sono invece molto più diffuse le presenze
per fine settimana, che tendono a distribuirsi nell’intero arco dell’anno. Le
prenotazioni, anche per effetto di questa tendenza alla vacanza “spot”,
tendono a spostarsi sempre più vicine all’ultimo momento. Sommando
queste tendenze, si constata come anche la gestione delle prenotazioni
richieda oggi una attività più intensa e complessa, dovendosi gestire, a
parità di presenze, un numero di arrivi molto più elevato che nel passato.

4. L’OFFERTA

Alcuni profili evolutivi dell’offerta sono già delineati dalla sintetica analisi
della domanda proposta nel capitolo precedente. Dalla logica semplicistica
del “metti una camera di casa tua a disposizione dell’ospite”, oppure
“aggiungi un posto a tavola”, immaginata agli albori dell’agriturismo, si è
passati ad una organizzazione puntuale dell’accoglienza, alla soddisfazione
delle esigenze più diverse dell’ospite, alla ricerca di un’offerta di alta
qualità.

Questa tendenza già si avverte nei progetti di recupero del patrimonio


edilizio, dove alla sommaria sistemazione degli spazi interni si è sostituita

38
una ricerca di stile e funzionalità resa particolarmente complessa e costosa
dalla necessità di conservare le caratteristiche di ruralità dell’edificio. La
soluzione di restaurare gli edifici ricavandone degli appartamenti
sostanzialmente corrispondenti a quelli preesistenti, spesso è ora messa da
parte a favore della realizzazione di camere con bagno quotidianamente
assistite dal personale aziendale per il rifacimento dei letti e i cambi di
biancheria.

L’attività di ristorazione, nel rispetto di norme igienico sanitarie forse


troppo poco sensibili alla dimensione delle attività, sono chiamate ad
impegnativi investimenti per realizzare cucine professionali, con la
conseguenza che, per ammortizzare i costi, i posti tavola sono aumentati,
andando in qualche caso oltre la dimensione complementare stabilita dalla
legge. Solo nel caso di attività ricettive particolarmente ridotte va ora
facendosi strada una deroga che consente l’uso della cucina domestica. Un
uso che, solo pochi anni fa, sembrava assolutamente normale.

Nè l’agriturismo può mostrarsi “fuori del tempo” nell’ignorare alcuni


comfort ormai largamente diffusi nel turismo e in qualche caso anche nelle
mura domestiche. E’ il caso, ad esempio, della piscina, considerata
indispensabile per poter offrire un’accoglienza di buon livello, o dell’aria
condizionata. I “filosofi” gridano allo scandalo perchè questi servizi non
appartengono alla tradizione; ma senza di essi, molti agriturismi sarebbero
fuori mercato.

39
Ma l’innovazione dell’offerta si concentra soprattutto sulle attività
ricreative, sportive e culturali, e in modo particolare su quelle culturali,
riferite alla presentazione ed al racconto dell’agricoltura, dei suoi prodotti,
delle tradizioni connesse, delle sue relazioni con l’ambiente naturale. Qui
possono emergere le peculiarità dell’agriturismo, qui l’agriturismo può far
valere una propria specificità difficilmente imitabile da altro tipo di
ospitalità. Così la capacità di raccontare l’agricoltura e il suo “mondo”,
attraverso le iniziative più diverse, diventa una nuova professionalità, una
attitudine all’“interpretazione”, così come già esistono gli “interpreti
ambientali”.

5. LE NORME E I MODELLI AZIENDALI

Il riconoscimento dell’attività agrituristica come propria dell’impresa


agricola ha rappresentato una novità nel tradizionale sistema di distinzione
giuridica dei diversi settori di attività. Infatti, l’agriturismo si inserisce,
come attività di servizio, in un quadro imprenditoriale, quello agricolo, in
precedenza individuato solo per la produzione di beni ottenuti dal
“governo” dei processi biologici naturali.

Con l’agriturismo si è dunque realizzata la prima forma di


multifunzionalità agricola, cogliendo un orientamento (quello, appunto,
della multifunzionalità) che, all’epoca in cui l’agriturismo è nato, trovava le
sue prime teorizzazioni soltanto in Francia, nel quadro del più vasto
problema della “rianimazione” rurale.

40
In verità l’agricoltura aveva già sconfinato nel settore del commercio con la
normativa che autorizzava la vendita diretta al consumatore dei prodotti
propri (Legge 9 febbraio 1963, n. 59). Ed è proprio da lì che ha preso le
mosse la legge sull’agriturismo, con l’estensione della vendita diretta alla
somministrazione diretta dei prodotti propri, attraverso la preparazione di
pasti.

Anche questa evoluzione ha tenuto conto di un fenomeno spontaneo. La


vendita diretta, infatti, era spesso accompagnata da assaggi del prodotto.
Assaggi che gli stessi acquirenti, arrivati sul posto nel quadro di una gita, o
perchè in vacanza nelle vicinanze, chiedevano di arricchire con qualcosa di
più... un piatto caldo, una tavola dove sedersi. Fino a domandare se non
fosse possibile fermarsi a dormire, se non fosse possibile “assaggiare”
anche i luoghi, non solo i prodotti. Così è arrivata anche l’idea di prevedere
l’offerta di alloggio, un’offerta che permettesse appunto di “degustare”
anche l’autenticità dei luoghi, quindi rispettosa del paesaggio, dei modelli
architettonici esistenti. D’altra parte si trattava pur sempre di una azienda
agricola, di una zona urbanisticamente agricola... il recupero del patrimonio
edilizio esistente era l’unica soluzione possibile, anche se in seguito le
spinte per consentire nuove costruzioni per l’agriturismo, si sono fatte
sentire e si fanno ancora sentire.

Anche la previsione di poter offrire spazi attrezzati per la sosta di


campeggiatori, ha seguito questa stessa logica. E così l’offerta di attività
ricreative, sportive e culturali, sempre connesse con l’attività agricola, si è
rivelata un’altra opportunità per far “degustare” i luoghi oltre che i prodotti
dei luoghi. Così oggi, andando oltre quanto già stabilito dalla legge quadro

41
statale per l’agriturismo (Legge n. 730/85), la nuova formulazione
dell’articolo 2135 del Codice Civile di cui al Decreto Legislativo n.
228/2001, prevede, fra le attività connesse dell’agricoltura, anche le
iniziative volte alla conoscenza e alla valorizzazione del paesaggio, del
territorio e del patrimonio naturalistico (...ivi comprese le attività di
valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale), estendendo
quindi l’azione imprenditoriale dell’agricoltore oltre i confini della propria
azienda.

Siamo così arrivati alle nuove “funzioni” dell’agricoltura, alla possibilità di


prestazione di servizi, alla cosiddetta multifunzionalità. Che determina,
inevitabilmente, una rivoluzione anche nelle professionalità, nelle
mansioni, degli occupati in agricoltura e necessita del supporto di una più
articolata formazione professionale.

Il profilo organizzativo delle aziende agricole ha subito, per effetto di


queste nuove opportunità, trasformazioni più o meno profonde, i cui
sviluppi sono tuttora in corso e lo saranno prevedibilmente per molto
tempo ancora.

Possiamo individuare due casi tipo opposti per inquadrare la “variabilità”


che caratterizza i nuovi assetti. Da una parte abbiamo aziende che
proseguono senza sostanziali modifiche la propria attività agricola, e poi
affiancano ad essa l’agriturismo stabilendo fra le sue attività (agricola e
agrituristica) le connessioni possibili. Dall’altra abbiamo aziende che, per
effetto della scelta agrituristica, hanno invece modificato i propri

42
ordinamenti produttivi, utilizzando così appieno l’agriturismo come
strumento di valorizzazione dei prodotti, attraverso sia la ristorazione, sia la
vendita diretta, anche per corrispondenza.

Si conferma, comunque, che l’agriturismo non è più attività “riservata” alle


piccole aziende a gestione familiare o alle aziende estensive situate in zone
collinari e montane dove la produzione agricola, da sola, stenta ad offrire
redditi sufficienti. Oggi anche grandi aziende ad alta specializzazione, ad
esempio del settore vitivinicolo o zootecnico, colgono le opportunità
offerte dall’agriturismo, restaurando il patrimonio immobiliare,
organizzando la ristorazione, proponendosi come fattorie didattiche, anche
in località dove il paesaggio e le risorse territoriali non incoraggiano
soggiorni di lunga durata.

6. CONSISTENZA E CARATTERISTICHE DELL’AGRITURISMO ITALIANO

I dati che seguono, e quelli riportati nelle tabelle dei capitoli successivi,
sono il risultato di una ricerca effettuata dall’Agriturist sulla consistenza
generale del settore agrituristico e, più in dettaglio, su un campione di 1588
aziende pubblicate sulla Guida Agriturist 2004.

I dati sulle aziende autorizzate e loro dislocazione geografica, sono stati


raccolti presso le amministrazioni regionali. Gli altri dati di consistenza
generale sono stati stimati tenendo conto di quanto riscontrato sul
campione, salvo alcuni correttivi dovuti al fatto che il campione ha una
composizione mista costituita da aziende propriamente agrituristiche

43
(quindi munite di autorizzazione per agriturismo) e aziende agricole che
offrono ospitalità turistica con autorizzazione amministrativa diversa da
quella agrituristica.

Si è ritenuto di comporre il campione in questo modo, poichè la necessità


di diversa autorizzazione agrituristica dipende essenzialmente dai limiti di
ricettività posti dalle leggi regionali in materia di agriturismo, sicchè capita
che aziende con uguali caratteristiche, in una Regione rientrano
nell’agriturismo e in un’altra no. Si ritiene peraltro che il profilo
organizzativo e le esigenze formative delle une e delle altre non abbiano
caratteristiche significativamente diverse.

Servizi offerti dalle aziende agrituristiche italiane

agricampeggio 8%

attività didattiche 10%

vendita diretta 15%

agr. Biologica 25%

disabili 40%

ristorazione 60%

alloggio 80%

totale

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000

Come in precedenza accennato, l’agriturismo italiano ha raggiunto quota


13.000 aziende (dato stimato riferito a giugno 2004). Il servizio più offerto

44
è l’alloggio, che interessa circa l’80% dei casi. Segue la ristorazione poco
oltre il 60%; le aziende con produzione biologica hanno raggiunto il 25%,
quelle che vendono i propri prodotti in locali organizzati anche per la
degustazione sono il 15%, le attività didattiche interessano ormai quasi il
10%, mentre l’agricampeggio è proposto dal 8%. Le aziende offrono in
generale più servizi. La combinazione più frequente è quella fra alloggio e
ristorazione (45%). Circa il 40% è attrezzato per accogliere disabili.

LE CIFRE DELL'AGRITURISMO:
CONSUNTIVO 2003 - PREVISIONI 2004

consuntivo consuntivo previsione previsione %


2002 2003 2004 03/04

N° Aziende agrituristiche 11.500 12.600 13.500 + 6,7

di cui con offerta di alloggio 9.200 10.000 10.700 + 6,5

N° Posti letto (migliaia) 118 129 139 + 7,2

N° Posti letto per azienda 12,8 12,9 13 + 0,8

Arrivi (migliaia) 2.200 2.220 2.500 + 11,2

Di cui stranieri (%) 25% 21% 23% +9


Presenze (milioni di pernottamenti) 11,3 11,1 12,5 + 11,2

Utilizzo alloggi (gg/anno) 96 86 90 + 4,5

Durata media soggiorno (gg) 5,1 5,0 5,0 ---

Aziende con ristorazione 7.300 7.800 8.300 + 6,1


di cui senza offerta di alloggio
2.100 2.300 2.400 + 4,2

Aziende con agricampeggio 920 930 930 ---

Aziende con cavalli 1.550 1520 1.500 - 1,3

Giro d’affari (milioni di €) 710 780 880 + 11,4

G. d’affari medio per azienda(€) 61.740 61.900 65.185 + 5,0


(fonte Agriturist)

45
La dislocazione geografica dell’offerta agrituristica italiana evidenzia due
aree con sviluppo sensibilmente superiore al resto del territorio nazionale:
la prima interessa il nord-est (Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli Venezia
Giulia), con circa 4000 aziende; la seconda riguarda invece le regioni
(Toscana, Marche e Umbria) in cui più alta è stata la diffusione della
mezzadria (che ha lasciato sul territorio un patrimonio edilizio
particolarmente ingente), con circa 3900 aziende. Queste due aree, con le
sei in esse comprese, partecipano all’offerta agrituristica nazionale per
circa il 60%. Le restanti 14 regioni rappresentano dunque il 40%.

46
CONSISTENZA DELL'AGRITURISMO ITALIANO
Aziende autorizzate 1999/2003

Regione 1999 2000 2001 2002 2003


Valle d'Aosta 50 52 51 53 54
Piemonte 390 444 479 554 603
Lombardia 454 530 633 680 706
Trentino 167 174 176 187 185
Alto Adige 2.736 1.991 2.352 2.163 2.589
Friuli V. Giulia 230 250 279 319 363
Veneto 648 713 728 805 830
Emilia Romagna 291 320 448 480 510
Liguria 140 190 240 280 270
Toscana 1406 1.950 2.105 2.430 2.606
Marche 369 375 377 408 433
Umbria 365 487 615 635 719
Lazio 132 205 238 260 320
Abruzzo 290 350 385 410 420
Molise 35 42 50 53 57
Campania 200 250 349 444 507
Puglia 165 179 212 228 205
Basilicata 60 190 250 280 261
Calabria 130 118 160 177 177
Sicilia 150 197 230 267 241
Sardegna 330 350 360 374 547
TOTALE 8.738 9.357 10.707 11.487 12.603
Fonte: Agriturist

47
Regioni che raccolgono il 60% dell'offerta agrituristica italiana

48
Consistenza dell'agriturismo nelle regioni italiane

oltre 2000 aziende

tra 500 e 1000 aziende

tra 250 e 500 aziende

meno di 250 aziende

I prezzi, oltre agli effetti dell’inflazione, sono costantemente aumentati


nell’arco degli ultimi dieci anni per l’intervento concomitante di tre fattori:
domanda molto sostenuta, miglioramento generale dei servizi, ricorso
sempre più frequente ad agenzie di intermediazione. In generale, comunque
si mantegono contenuti: in quattro aziende su cinque, un pernottamento
costa meno di 40 euro. Ma la fascia di offerta che propone il pernottamento
a meno di venti euro è quasi azzerata (5%) e le due fasce tra 20 e 30 e tra
30 e 40, si dividono più o meno equamente (40% ciascuna).

49
7. LE TIPOLOGIE AZIENDALI

Come in precedenza richiamato, l’agriturismo interessa ormai tutto lo


scenario agricolo: aziende piccole e grandi, collocazioni di pianura come di
collina e montagna, orientamenti produttivi specializzati o no, conduzione
esclusivamente familiare oppure con quote più o meno rilevanti di
personale dipendente.

La conduzione familiare resta quella più idonea a trasmettere all’ospite un


“messaggio” di accoglienza personalizzata capace di interpretare nel modo
più accattivante i contenuti culturali dell’agriturismo. Inoltre è la soluzione
più flessibile dal punto di vista del migliore impiego delle risorse umane
dell’azienda, essendo meno vincolata alla definizione di mansioni precise.

La conduzione mista, famiglia affiancata da collaboratori esterni, è tuttavia


la soluzione più realistica. Per un agriturismo chiamato ad offrire all’ospite
servizi sempre più diversificati, la famiglia, anche se non raramente
numerosa, non basta più. L’importante è la scelta dei collaboratori, affinchè
siano il più possibile integrati nello “spirito” dell’azienda, così da apparire
all’ospite come componenti di un gruppo fortemente omogeneo, capace di
condividere uno stile di accoglienza comune.

Difficile immaginare un agriturismo senza l’impronta personale del


“padrone di casa”. La sua assenza, la delega dell’attività a personale
dipendente, rappresenta uno dei fattori di debolezza dell’accoglienza tra i
più segnalati dagli ospiti. Un investimento anche rilevante, anche ben

50
indirizzato, rischia di essere in gran parte ridimensionato nei propri ritorni,
proprio dalla latitanza di chi dovrebbe “raccontarlo”. Eccezioni di
collaboratori capaci di sostituire “alla pari” il titolare dell’attività, esistono,
ma sono una eccezione e spesso non durano.

Le aziende piccole o medie sono quelle più pronte a connettere strettamente


l’attività agricola all’ospitalità, sperimentando, soprattutto ai fini della
ristorazione, una forte diversificazione delle colture e degli allevamenti.
Decisamente più “resistenti”, in questo senso, sono le aziende medie o
grandi fortemente specializzate, ma è una resistenza che va indebolendosi
di fronte ai convincenti ritorni economici del rapporto diretto col
consumatore e di fronte ai ritorni molto più precari di un agriturismo “al
minimo” che offra soltanto alloggio.

Oltre l’impronta personale del conduttore, della sua famiglia o dei


collaboratori che lo affiancano, l’azienda agrituristica si caratterizza per il
patrimonio edilizio eventualmente storico e tradizionale, e per il contesto
paesaggistico in cui si inserisce.

Spiccano, sotto questo aspetto, i masi dell’Alto Adige, i piccoli borghi


montani di Valle d’Aosta e Trentino, le cascine padane, le ville e i casolari
del Centro Italia, le masserie del Mezzogiorno, con quel fenomeno
eccezionale e circoscritto che sono i trulli pugliesi oppure gli storici centri
aziendali di antiche grandi proprietà reperibili un po’ ovunque sia pure con
caratteristiche architettoniche diverse.

51
Il rapporto fra edifici e terra sconta le divisioni successorie, il mancato
adattamento alle nuove logiche di impresa da parte dei vecchi proprietari,
l’esigenza di ridimensionare le superfici a vantaggio di una gestione più
intensiva, le vendite per necessità familiari. Così, insieme a situazioni in
cui le proporzioni originarie sono sostanzialmente integre, abbiamo borghi
ormai quasi senza terra, oppure singoli edifici intorno ai quali si accorpano
diversi poderi le cui case sono tuttavia passate a proprietari non agricoltori.
Nei casi più “squilibrati” evidentemente l’agriturismo è arrivato troppo
tardi, oppure gli investimenti necessari per il restauro di alcuni edifici sono
stati pagati con la vendita di altri edifici.

Alcuni contesti conservano tuttavia una sostanziale “rigidità”. Come le


piccole aziende della montagna alpina, per le quali l’agriturismo costituisce
una fonte di reddito pressocchè indispensabile. O le grandi aziende
vitivinicole e olivicole della Toscana, dell’Umbria o della Puglia. Oppure
le cerealicolo-zootecniche padane, e quelle solo cerealicole del
Mezzogiorno. Il ridimensionamento degli aiuti dell’Unione Europea sta
tuttavia mettendo in moto, sia pur lentamente, un ripensamento su
ordinamenti produttivi consolidati nei secoli e l’agriturismo è un
acceleratore verso la diversificazione delle colture e la piantagione, o
l’allevamento, di varietà e razze da tempo abbandonate. Anche su questo
fronte il contributo della formazione professionale, lo sviluppo di
aggregazioni fra le imprese, la creazione di impianti di trasformazione
indirizzati verso l’alta qualità, possono fare molto. Si tenga presente che, ai
fini della ristorazione agrituristica, sono considerati propri anche i prodotti
trasformati fuori dell’azienda purchè provenienti da materie prime

52
dell’azienda: questa importante opportunità è però ancora scarsamente
sfruttata dalle aziende agrituristiche.

8. LA GESTIONE AGRITURISTICA

La gestione agrituristica si può distinguere in tre settori principali:

1) creazione e aggiornamento del “prodotto”;

2) realizzazione dell’accoglienza;

3) promozione.

8.1. La creazione e l’aggiornamento del “prodotto”

Il primo settore riguarda la progettazione dell’attività, sia iniziale, sia nel


corso dell’attività stessa. L’agriturismo si articola in una molteplicità di
possibili servizi, che l’imprenditore sceglie o meno di attivare in funzione
delle strutture e del personale disponibili, della domanda di mercato, delle
proprie esperienze e inclinazioni personali, della propria capacità di
investimento finanziario, delle produzioni dell’azienda.

Questa scelta si attua di solito per gradi, partendo evidentemente dal


servizio che si ritiene più “facile” da attivare o comunque prioritario ai fini
della valorizzazione delle risorse aziendali.

53
Nella maggior parte dei casi, il servizio con il quale ha inizio l’attività
agrituristica, è la dazione di alloggio, collegata al recupero di uno o più
fabbricati esistenti nell’azienda e non più utili alla conduzione del fondo.
E’ tuttavia anche frequente un avvio dell’attività basato sulla ristorazione,
soprattutto quando la disponibilità di locali da recuperare a fini agrituristici
è limitata, e quando le produzioni aziendali sono suscettibili di essere
proficuamente commercializzate attraverso la ristorazione.

Recentemente, poi, è maturata una notevole attenzione per le fattorie


didattiche, attività che richiede investimenti strutturali e organizzativi
limitati, trattandosi della presentazione, alle scolaresche in visita, di quanto
avviene nell’azienda agricola.

54
CAMPIONE AGRITURIST 2004 - Distribuzione regionale
delle aziende e dei posti letto (valori assoluti)

Regione Aziende Posti letto Posti letto Posti letto Posti letto
totali / azienda camere appartamento

Val d'Aosta 12 126 10,5 53 73


Piemonte 85 943 11,1 698 245
Lombardia 50 854 17,1 323 531
Trentino 60 864 14,4 396 468
Alto Adige 37 505 13,6 166 339
Friuli V.G. 32 452 14,2 245 207
Veneto 81 1.238 15,3 733 505
E.Romagna 62 977 15,8 631 346
Liguria 20 366 18,3 193 173
Toscana 465 11.079 23,8 2.560 8.519
Marche 71 1.409 19,8 571 838
Umbria 216 5.127 23,8 1.422 3.911
Lazio 66 1.402 21,2 690 763
Abruzzo 46 672 14,6 359 313
Molise 12 176 14,6 157 19
Campania 50 881 17,6 588 293
Puglia 58 1.508 26,0 512 996
Basilicata 10 296 29,6 116 180
Calabria 30 622 20,7 272 350
Sicilia 78 1.401 18,0 742 659
Sardegna 40 505 11,6 415 90

NORD 439 6.325 14,4 3.438 2.887


CENTRO 871 19.758 22,7 5.620 14.138
SUD 278 5.389 19,4 2.802 2.587
TOTALE 1.588 31.472 19,8 11.860 19.612

55
Alloggio e ristorazione tendono nel tempo a combinarsi: si comincia con
l’alloggio e, una volta consolidata la clientela, si organizza la ristorazione;
oppure si comincia con la ristorazione, si riscontra dalla clientela una
richiesta anche di soggiorno, e si avvia l’allestimento degli alloggi. Nella
maggior parte dei casi, intraprendere la ristorazione comporta anche una
modifica degli ordinamenti produttivi aziendali, allo scopo di raggiungere
la quota di autoapprovvigionamento prevista dalla legge. L’impianto di
coltivazioni e allevamenti adatti alla tavola comporta anche uno sviluppo
della trasformazione e della vendita diretta del prodotto, essendo la
ristorazione un momento importante di presentazione del prodotto stesso, al
quale segue, da parte degli ospiti, una richiesta di acquisto per la dispensa
di casa.

Chi dispone di poche cubature da allestire per l’accoglienza, può puntare


anche sull’agricampeggio. Si tratta, tuttavia, di una attività ancora
scarsamente diffusa (circa il 10% delle aziende), soprattutto per la forte
concentrazione stagionale degli ospiti, la brevità dei periodi di sosta, e per
il lavoro di costante vigilanza e cura del piazzale e dei servizi comuni.

Le attività culturali, sportive e ricreative, salvo rari casi (come quello, già
ricordato, delle fattorie didattiche, o come i centri di turismo equestre), si
svolgono come complementi dell’alloggio. Esse rappresentano un efficace
momento di caratterizzazione dell’ospitalità e sono molto importanti per
creare motivi di richiamo, nei diversi periodi dell’anno, legati alle fasi
dell’attività agricola (es. vendemmia, raccolta delle olive, ecc.) o alle
tradizioni locali (fine settimana per eventi folcloristici).

56
Intorno ad alloggio e ristorazione, come peraltro intorno all’assetto
complessivo di accoglienza dell’azienda, vi è la scelta, non solo di proporre
o meno il servizio, ma anche di come realizzarlo: a che livello di comfort e
organizzazione, per quale “target” di ospite e, di conseguenza, per quale
prezzo. Si può scegliere, ad esempio, di offrire il pernottamento in camere
con bagno privato (provvedendo quotidianamente al rifacimento dei letti e
alle pulizie), oppure in appartamenti autonomi (dove l’ospite non richiede
alcuna assistenza per tutto il periodo di soggiorno, salvo la periodica
fornitura del cambio biancheria). E si può scegliere una ristorazione a menu
fisso che varia di giorno in giorno, oppure scelte di più piatti affidate al
gusto dell’ospite.

57
CAMPIONE AGRITURIST 2004 - Distribuzione regionale delle aziende
e incidenza entro la Regione dei diversi servizi (dati %).

Regione aziende camping ristoro Ospitalità turismo piscina


disabili equestre

Val d'Aosta 0,8 0 41 16 8 0


Piemonte 5,3 8 67 23 18 19
Lombardia 3,1 10 64 36 12 20
Trentino 3,8 0 40 50 5 2
Alto Adige 2,3 8 22 16 3 11
Friuli V.G. 2,0 0 59 47 13 16
Veneto 5,1 9 43 30 15 12
E.Romagna 3,9 10 81 58 29 16
Liguria 1,3 15 60 5 15 15
Toscana 29,2 2 31 39 14 71
Marche 4,4 10 51 55 17 39
Umbria 13,6 2 39 49 17 39
Lazio 4,6 4 62 51 33 32
Abruzzo 2,9 19 61 24 4 22
Molise 0,8 8 91 25 33 8
Campania 3,1 26 94 32 16 34
Puglia 3,7 12 77 33 32 21
Basilicata 0,6 10 100 50 40 40
Calabria 1,9 10 87 27 40 40
Sicilia 4,9 13 68 64 21 35
Sardegna 2,5 25 93 53 10 0
TOTALE 100 7 51 41 17 43

NORD 439 6 55 36 14 14
CENTRO 877 4 38 43 16 63
SUD 278 16 82 44 24 26
TOTALE 1.588 7 51 41 17 43

58
Nel corso dell’attività, sia per correggere soluzioni che l’esperienza
dimostra poco efficaci, sia per offrire qualcosa di più e di nuovo,
l’organizzazione dei diversi servizi ha bisogno di costante osservazione e
aggiornamento, soprattutto per quanto riguarda servizi accessori e proposte
tematiche adatti a richiamare clientela, ad esempio, nei periodi di bassa
stagione.

Dal quadro che abbiamo brevemente tracciato, si evince la complessità del


compito dell’imprenditore agrituristico, la molteplicità delle “materie” di
cui deve occuparsi, la necessità di offrire, a chi comincia come a chi deve
aggiornarsi, una informazione costante.

8.2. La realizzazione dell’accoglienza

L’attuazione del progetto di ospitalità, e i suoi successivi aggiornamenti,


richiedono complesse competenze di carattere organizzativo ed economico.

La gestione dell’agriturismo, infatti, è ormai ben lungi dall’idea


semplicistica delle origini, secondo cui bastava allestire qualche camera
nella casa dell’agricoltore e aggiungere un posto a tavola, per arrivare allo
scopo. Le mutate esigenze della domanda turistica, unite alla necessità di
dare adeguato ritorno economico agli investimenti, hanno
progressivamente indirizzato l’ospitalità in fattoria, verso dimensioni
ricettive più elevate e verso l’apprestamento di servizi sempre più articolati,
ognuno dei quali richiede una specifica competenza di gestione, oltre che la
conoscenza e il rispetto di un gran numero di norme, soprattutto in materia

59
di sicurezza e di igiene, ma non solo... Ogni attività che si intende svolgere,
ha propri regolamenti, propri limiti, proprie specifiche problematiche
organizzative ed economiche.

Tali problematiche emergono subito nella fase di allestimento delle


strutture da destinare ai diversi servizi: dal tipo di intervento per adattare il
patrimonio edilizio all’accoglienza, alla scelta degli arredi; dalla scelta del
sistema di riscaldamento da adottare, all’acquisto delle attrezzature di
cucina. Problemi pratici, legati alla funzionalità del “sistema”, si incrociano
con problemi di “stile” legati alla definizione di una “personalità”
dell’accoglienza.

Anche in questo caso occorre che l’imprenditore acquisisca competenze


complesse, sappia discernere fra tante proposte che il mercato e le ditte di
settore avanzano, si faccia per questo una idea concreta di ciò che vuole
realizzare visitando altre aziende già avviate, coordini la propria idea di
accoglienza con il meglio che i diversi fornitori possono offrire per
realizzarla, mettendo d’accordo costi e risultato finale.

Una volta preparata l’azienda all’ospitalità, occorre mettere a punto le


procedure più efficaci per gestirla in modo razionale, stabilendo le
competenze del personale esistente, acquisendo, se necessario, altro
personale, creando una “squadra” di collaboratori motivati, ben affiatati,
competenti, capaci tutti di contribuire all’immagine di qualità e familiarità
che l’azienda deve offrire ai propri ospiti.

60
L’operazione non è semplice perchè l’azienda agrituristica resta comunque
una piccola azienda turistica, con ricettività limitata, con periodi di
accoglienza spesso molto discontinui, con tanti “piccoli” servizi che
raramente arrivano ad occupare a tempo pieno un addetto. Ogni addetto
deve dunque avere più mansioni e, spesso, vista l’intersezione fra
accoglienza e attività agricola, essere capace di sostituire altri addetti
all’ospitalità temporaneamente impegnati da urgenti incombenze agricole.

E’ facile dedurre, da queste brevi note, quanto sia complessa, pur nelle sue
dimensioni ricettive contenute, la gestione dell’attività agrituristica. Quanto
l’imprenditore debba saper coordinare con attenzione la manodopera
disponibile. Quanto si tratti di un lavoro “multifunzione”, certamente mai
troppo ripetitivo e quindi “noioso”, ma altrettanto certamente bisognoso di
una versatilità e di una intelligenza non facili da reperire “già pronte” sul
mercato del lavoro.

Sotto questo profilo, la gestione familiare è particolarmente adatta ad una


buona gestione agrituristica perchè impegna soggetti direttamente motivati
al miglior funzionamento dell’azienda. Ed è comunque molto importante,
ove si debba ricorrere alla collaborazione di personale dipendente, che si
stabilisca una fidelizzazione solida di questo personale alle sorti
dell’azienda. La formazione professionale può contribuire a dare dei
riferimenti generali utilissimi, ma l’esperienza e l’adattamento alle
specifiche condizioni di ciascuna azienda, sono essenziali.

61
8.3. La promozione

Una volta che il “prodotto ospitalità” funziona, è evidentemente essenziale


saperlo commercializzare al meglio. L’azienda agrituristica non ha
certamente fatturati che consentano di tenere un apposito ufficio per questa
competenza, nè che possano finanziare delle vere e proprie campagne
pubblicitarie. Anche in questo caso, dunque, razionalizzando al massimo
tempo e risorse finanziarie, occorre avere una conoscenza ampia delle
opzioni pubblicitarie possibili e poi compiere scelte molto selettive che
ottimizzino l’investimento, conciliando la diversificazione dei canali
pubblicitari con la necessità di evitare eccessive frammentazioni del piano
di comunicazione che ne renderebbero la gestione oltremodo complessa.

E’ ormai opinione consolidata che l’agriturismo debba notevolmente


crescere sotto questo aspetto, poichè la domanda potenziale appare in
costante crescita, ma solo una parte delle aziende (stimate intorno al 50%)
adotta soluzioni di comunicazione col mercato idonee a percepire tale
crescita e tradurla in aumento delle presenze. La recente crisi della
domanda turistica generale ha infatti evidenziato forti differenze di effetto
sul sistema agriturismo: alcune aziende non hanno affatto risentito della
crisi, altre hanno invece fatto segnare flessioni rilevanti.

Considerando che l’agriturismo rappresenta una quota minima dell’offerta


turistica, fortemente caratterizzata e, come ricordato, in crescita di
attenzione da parte del mercato, si ritiene che, almeno in questo momento,
non dovrebbe essere più di tanto “sensibile” alle tendenze generali del

62
mercato stesso. D’altra parte, la sofferenza di alcuni settori dell’offerta
agrituristica, trova conferma nella ancora insufficiente capacità di
utilizzazione del computer e di internet in modo particolare. Si stima che
almeno un 30% delle aziende agrituristiche non abbia un proprio sito
internet, e un 15% non abbia, o non usi con la dovuta continuità, il
collegamento di posta elettronica.

In generale le strategie pubblicitarie delle aziende agrituristiche sono


ancora basate su scelte “per tentativi”, in parte condizionate dalla forte
pressione che i fornitori di servizi promozionali esercitano sul settore,
proponendo una miriade di offerte a prezzi molto contenuti, ma la cui
efficacia complessiva raggiunge valori piuttosto modesti. E’ così per i
moltissimi portali in internet dedicati all’agriturismo, così per le numerose
guide “su carta” che si contendono, negli scaffali delle librerie, un mercato
stimato intorno alle 50 mila copie, e tendenzialmente portato a ridursi
proprio per effetto della ricchezza di informazioni attingibile gratuitamente
tramite internet.

L’agriturismo sconta l’abitudine ad un lungo periodo in cui gli ospiti


arrivavano “da soli”, anche per effetto della minima dimensione
dell’offerta complessiva registrata fino a qualche anno fa. Oggi, almeno in
alcune zone (Toscana e Umbria, in modo particolare) gli effetti della
concorrenza cominciano a farsi sentire, ed occorre per questo rivolgere alle
strategie di commercializzazione maggiore impegno e un investimento
finanziario metodico e razionalmente indirizzato. Per questo è anche
necessario adottare metodi di analisi, sia pure molto semplici, che
verifichino il più obiettivamente possibile il “ritorno” delle diverse

63
soluzioni adottate, non affidandosi a percezioni generiche spesso non
veritiere.

Questo determina anche la necessità di razionalizzare il sistema di raccolta


delle prenotazioni, cercando di registrare, ad esempio, le dichiarazioni dei
richiedenti circa la fonte attraverso la quale hanno raggiunto l’azienda.
Questo comporta la messa a punto di semplici procedure condivise da tutti
coloro che sono abilitati a dare corso ad una prenotazione.

9. LE AREE DI MIGLIORAMENTO

L’agriturismo continua a guadagnarsi l’attenzione di sempre nuovi settori


dell’opinione pubblica. Ma, molti di coloro che lo praticano da diversi anni,
cominciano a farsi un’idea complessiva dell’offerta e ad esprimere
perplessità. Si direbbe che una parte non più marginale delle aziende
agrituristiche dia l’impressione di “tradire” le promesse, i contenuti, su cui
l’agriturismo ha costruito la propria popolarità. Andiamo a vedere quali
sono le critiche più ricorrenti, per poi provare a tracciare soluzioni.

9.1. Definizione del prezzo

I prezzi dei servizi agrituristici hanno fatto registrare, negli ultimi cinque
anni una generalizzata tendenza al rialzo.

Le ragioni di tale tendenza sono molteplici, ne indichiamo tre principali:

64
- forte eccesso di domanda rispetto all’offerta;

- sempre più frequente ricorso alla intermediazione di agenzia;

- applicazione diffusa di norme di sicurezza che richiedono, per adeguarsi,


investimenti rilevanti.

Per completare il quadro, occorre anche tenere presente che, almeno nel
primo periodo di sviluppo, l’agriturismo è stato “raccontato” (soprattutto
dai mas media) come vacanza, magari spartana, ma anche molto
economica. Vi è quindi, nel consumatore, una inerzia culturale che lo porta
a sottolineare il prezzo senza tenere conto che attualmente, di spartano,
nell’agriturismo c’è ben poco, anche per effetto degli standard di
confortevolezza richiesti dalle normative.

Oggi, per effetto del mutato quadro economico, l’eccesso di domanda tende
a ridursi.

Occorre dunque, per conservare le quote di mercato conquistate in


precedenza, modulare meglio i prezzi in funzione della stagione e
dell’offerta turistica circostante, e soprattutto migliorare la qualità delle
attrezzature e dei servizi.

Difficilmente l’ospite è disposto a pagare poco in cambio di “scomodità”,


se poi paga addirittura il normale, allora il prezzo appare eccessivo. Tanto
più che molti conservano l’idea secondo cui l’agriturismo, per principio,

65
deve costare poco. In realtà l’ospite il prezzo lo conosce al momento in cui
fa la prenotazione, e, se lo ha accettato, evidentemente, non si dimostra
indisponibile a spendere la cifra concordata. Il problema sta in quello che si
aspetta in cambio per quella cifra. Ogni motivo di insoddisfazione, come
una informazione preventiva fuorviante, o un alloggio poco pulito, fanno
immediatamente giudicare il prezzo eccessivo. Evidente che il correttivo a
questa percezione negativa sta in un accurato controllo di ogni aspetto della
qualità di accoglienza, e nella scelta di offrire magari meno servizi ma tutti
accuratamente organizzati.

66
CAMPIONE AGRITURIST 2004 - Distribuzione regionale delle
aziende secondo fascia di prezzo (pernottamento - dati %)

Regione Prezzo 1 Prezzo 2 Prezzo 3 Prezzo 4


oltre 40 Euro fino 40 Euro fino 30 Euro fino 20 Euro
Val d'Aosta 0 0 100 0
Piemonte 22 35 40 3
Lombardia 16 32 40 12
Trentino 0 18 64 18
Alto Adige 0 22 43 35
Friuli V.G. 31 25 31 13
Veneto 17 42 23 9
E. Romagna 31 41 23 5
Liguria 25 55 20 0
Toscana 46 40 13 1
Marche 17 41 37 5
Umbria 26 50 21 3
Lazio 34 41 24 1
Abruzzo 7 37 37 19
Molise 0 42 50 8
Campania 22 36 34 8
Puglia 10 46 38 6
Basilicata 20 70 10 0
Calabria 30 20 40 10
Sicilia 15 53 32 0
Sardegna 7 35 51 7

NORD 100 17 33 40 10
CENTRO 100 36 42 19 3
SUD 100 15 42 37 6
TOTALE 100 26 36 32 6

67
La prevalente occupazione dell’operatore agrituristico nell’attività agricola,
determina spesso, soprattutto quando coltivazioni ed allevamenti
richiedono maggior impegno, carenze di controllo sull’organizzazione
dell’ospitalità. La giustificazione ricorrente è: non siamo albergatori.
Oppure: siamo in campagna, la nostra è una accoglienza rustica. Giuste
osservazioni se intese come caratterizzazione in senso “familiare”
dell’ospitalità, se intese a sottolineare gli aspetti peculiari del contesto
agricolo e della informalità del rapporto fra ospite e ospitante. Non “giuste”
se invece si intendono come “licenza” di approssimazione, scarsa
sensibilità verso le legittime aspettative degli ospiti.

D’altra parte, al di là delle giustificazioni contingenti, vi è una valutazione


di fondo da fare sempre: un ospite scontento è comunque un insuccesso per
chiunque investa dei capitali nell’accoglienza turistica. Vi è poi il caso in
cui la critica al prezzo è preventiva: non ho scelto quell’agriturismo perchè
costava troppo. Evidentemente un atteggiamento del genere, da parte
dell’ospite, prescinde dalla qualità reale di quanto offerto dall’azienda
“scartata”, e magari fa i conti soltanto con le proprie disponibilità
finanziarie. Se si tratta di un atteggiamento “isolato”, se dipende solo da
problemi soggettivi di bilancio familiare, non vi è ragione di
approfondimento da parte dell’imprenditore.

Ma se l’attività registra un livello basso di presenze nell’arco dell’anno, un


approfondimento è assolutamente necessario: chi inizia un agriturismo
deve partire da prezzi contenuti, verificare e consolidare la soddisfazione
della propria clientela, e poi, ove si registri un eccesso di domanda rispetto
alle disponibilità ricettive, aumentare con prudenza i prezzi, tenendo

68
presente che, come sta accadendo in questi ultimi tre anni, una crisi
economica complessiva può incidere in misura rilevante sulla disponibilità
a spendere, di tutto il mercato.

9.2. La caratterizzazione agricola

Per un’ospitalità che, già nella propria definizione, evidenzia una


connotazione “agri”, la visibilità dell’agricoltura e il contatto personale con
l’agricoltore, sono fattori di qualità molto importanti. Ove sono poco
evidenti, l’agriturismo si espone alla concorrenza di ogni altra forma di
turismo in campagna, rispetto alla quale è proprio l’ “agri” che lo distingue.

In effetti l’avvicinamento all’agriturismo di aziende di grande dimensione,


a volte addirittura condotte da società di capitali, spersonalizza
l’accoglienza e rende complicata la percezione dell’attività agricola
mancando la figura del “padrone di casa” che guida i propri ospiti alla
conoscenza di quello che si coltiva o si alleva. In altri casi, pur essendo
l’agricoltore presente, non dimostra sufficiente sensibilità verso l’interesse
che chi proviene dalla città rivolge all’agricoltura. Lo sviluppo di questa
sensibilità, del saper raccontare il proprio ambiente e il proprio lavoro, può
essere proficuamente aiutato da appropriate attività formative.

9.3 La qualità degli alloggi

In alcuni casi, l’ospitalità agrituristica denuncia carenze nella dotazione


degli alloggi e nel loro stato igienico.

69
Per quanto riguarda la pulizia, siamo di fronte a un tipico caso di
professionalità insufficiente, tanto più considerando che una casa di
campagna, tanto più se antica, è oggettivamente più esposta alla presenza di
insetti, di polvere proveniente dall’esterno. Gli addetti alle pulizie sono, di
solito, o familiari che dividono il proprio tempo fra tante incombenze,
oppure personale esterno privo di specifica esperienza. E sul lavoro degli
uni e degli altri raramente viene esercitato un puntuale controllo da parte
della direzione aziendale. Anche in questo caso una breve attività formativa
può risolvere il problema.

Per quanto riguarda invece l’allestimento degli alloggi, non è raro il ricorso
a mobilio smesso, magari di pregevole fattura e quindi coerente con il
contesto, ma non adeguatamente restaurato. Talvolta gli arredi sono anche
insufficienti o fastidiosamente eterogenei sotto il profilo estetico. E magari
l’illuminazione è fioca e mal distribuita. La sensazione complessiva che
l’ospite ha è quella di un ambiente squallido e non rustico.

Gli effetti negativi sul gradimento della vacanza sono, in questi casi,
dirompenti, soprattutto, poi, se il prezzo è sostenuto. Correggere questi
difetti con la formazione, non è facile: si tratta di esaminare casistiche
esemplificative concrete, aprendo su ciascuna di esse una discussione
attraverso la quale stabilire almeno dei principi base di buon gusto;
evidentemente più semplice è trasmettere indicazioni precise circa gli
aspetti di funzionalità.

70
9.4. La qualità della ristorazione

La caratterizzazione della ristorazione, è un fattore di qualità


dell’agriturismo molto “pesante”. Anche perchè rappresenta concretamente
la connessione fra l’attività agricola e il servizio agrituristico, e
contribuisce in misura decisiva alla visibilità dell’attività agricola.
Difficilmente un’azienda agrituristica che organizza bene la propria
ristorazione, ha poi problemi di fidelizzazione dei propri ospiti.

Le ragioni che determinano più spesso un giudizio negativo sono da


ricondurre ai seguenti aspetti:

‰ cuoco “esterno” (dipendente) con preparazione “convenzionale” e


quindi incapace di interpretare la creazione gastronomica in funzione della
tradizione locale (magari è bravissimo ad eseguire specialità della cucina
internazionale);

‰ cuoco (di solito, cuoca) “di famiglia”, non abbastanza esperto da


saper eseguire con cura i diversi piatti, pur ispirati alla tradizione locale o
familiare;

‰ ordinamenti produttivi dell’azienda non funzionali ad


approvvigionare la ristorazione (al riguardo, fra l’altro, esistono anche
limiti di legge che vanno rispettati);

‰ ricorso a camerieri esterni poco preparati nell’illustrare agli ospiti le


caratteristiche dei piatti disponibili nel menù;

‰ previsione di menù troppo diversificati e quindi di difficile gestione


in una logica di ristorazione tradizionale;

71
‰ impostazione dei menù senza le necessarie spiegazioni sulle
caratteristiche essenziali dei piatti che si offrono e dei prodotti utilizzati per
prepararli;

‰ insufficiente impegno, o sensibilità culturale, dell’imprenditore nel


coordinare scelte gastronomiche e formazione del personale per una
corretta impostazione del servizio ristorativo.

Fra i più importanti correttivi a queste deficienze riscontrate dagli ospiti, è


evidente il ruolo della formazione, rivolta “in primis” all’imprenditore, per
quanto riguarda gli indirizzi generali della proposta ristorativa e la sua
connessione con la produzione aziendale e la possibile vendita diretta dei
prodotti. Altri destinatari di formazione possono essere poi i cuochi e il
personale di servizio in sala.

9.5. Presenza e qualità dei servizi ricreativi e culturali

Esiste un agriturismo di “appoggio” per vacanze orientate verso


motivazioni diverse (visita di città d’arte, balneare, escursionistico-
ecologica) e un agriturismo tendenzialmente “stanziale” che cioè si aspetta
di trovare all’interno dell’azienda in cui è accolto, o comunque su
indicazione di essa, spunti di interesse che vivacizzino la vacanza.
Evidentemente è più conveniente per l’operatore agrituristico questa
seconda categoria di ospiti, in quanto più disponibile ad utilizzare i servizi
dell’azienda (e quindi a “spendere” in azienda) e più fidelizzabile in vista
di possibili futuri “ritorni” o passaparola.

72
Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante ai fini del
consolidamento di una clientela affezionata, che può, nei casi più
favorevoli, raggiungere e superare il 50% delle presenze con evidenti
benefici sugli investimenti promozionali tesi a reperire dal mercato nuovi
clienti. Anche in questo caso, i correttivi investono soprattutto
l’atteggiamento complessivo dell’imprenditore nell’organizzare l’attività
agrituristica. Tanto più tale organizzazione tende a valorizzare il lavoro
dell’azienda, i suoi prodotti, le sue risorse ambientali, e il territorio ad essa
circostante, tanto più l’ospite riconosce nell’agriturismo una offerta di
vacanza “diversa” dalle altre, ricca di attrattive che meritano di essere
rinnovate con nuovi soggiorni nello stesso luogo... tanto maggiore sarà il
beneficio per l’azienda in termini di reddito e qualità del lavoro.

Così, accanto ad occasioni ricreative che comportano una gestione


“tecnica”, come l’impianto di una piscina, di un piccolo campo sportivo, di
un parco giochi per i bambini, vi è tutta una serie di attività gestite insieme
agli ospiti che possono rappresentare attrattive molto potenti: è il caso del
turismo a cavallo, delle escursioni in bicicletta, delle attività didattiche
legate ai diversi aspetti dell’agricoltura e del suo seguito gastronomico, del
collegamento a tradizioni artigianali della zona. Questo si rende
particolarmente necessario quando l’azienda si trovi in un territorio
turisticamente poco attrezzato, dove quindi scarseggino i servizi ricreativi o
culturali all’ esterno dell’azienda stessa. E si rende anche necessario per
favorire le presenze in periodi di bassa stagione, soprattutto nei fine
settimana.

73
CAMPIONE AGRITURIST 2004
Distribuzione regionale di alcuni servizi

Aziende R.A.C (1) Degustazione Fattorie


Regione biologiche prodotti in didattiche
azienda
Valle d'Aosta 2 - - -
Piemonte 9 8 23 19
Lombardia 10 4 5 10
Trentino 7 - 2 -
Alto Adige 5 2 - -
Friuli V. Giulia 5 1 7 3
Veneto 14 - 16 11
Emilia Romagna 24 3 8 15
Liguria 7 3 - 1
Toscana 119 19 71 9
Marche 20 6 14 11
Umbria 55 20 20 7
Lazio 22 5 16 16
Abruzzo 17 5 6 2
Molise 6 - 6 4
Campania 17 7 11 8
Puglia 23 5 11 7
Basilicata 3 - 3 2
Calabria 12 3 6 5
Sicilia 36 1 14 8
Sardegna 8 3 8 6
TOTALE 438 95 240 144
TOTALE % 28 6 15 9

(1) Ristori Agrituristici Conviviali - Le aziende agrituristiche così denominate aderiscono ad un


disciplinare volontario dell'Agriturist relativo ai requisiti della ristorazione.

74
9.6. La trasparenza della pubblicità

La comunicazione con l’ospite è un punto estremamente sensibile per la


buona gestione dell’attività agrituristica. E comincia proprio dal primo
contatto che l’ospite (ancora potenziale) ha con gli strumenti pubblicitari
che l’azienda utilizza per farsi conoscere. A volte, effettivamente, le
aziende si descrivono in modo generico, confondendo ciò che organizzano
con ciò che l’ospite può fare autonomamente, evidenziando nel corredo
fotografico solo alcuni aspetti “più belli”, cercando, in sostanza, di attrarre
invece di informare in modo puntuale.

Il giusto equilibrio sta nel saper raccontare quello che realmente si offre,
facendo attenzione a dire “tutto” per attrarre, ma facendo anche attenzione
a non dire più di quello che effettivamente un ospite medio può trovare e
gradire. Promettere più di quello che poi si è in grado di offrire, è un errore:
si avranno ospiti scontenti, che creano problemi per qualsiasi cosa, e che
certamente non ritorneranno ne suggeriranno ad altri di farlo. Nella
maggior parte dei casi, l’informazione non corretta è involontaria, non
risponde ad un atteggiamento consapevolmente insincero; essa nasce da
una scarsa identificazione nelle aspettative di chi visita l’agriturismo, e non
tiene conto del fatto che molti ospiti hanno una idea non sempre nitida di
cosa effettivamente sia “agriturismo”.

D’altra parte, ogni imprenditore tende a considerare giusto esempio di


“agriturismo” soltanto la propria azienda, senza rendersi conto che
l’agriturismo ha molte manifestazioni diverse, sostanzialmente coerenti e

75
valide, che il nuovo ospite potrebbe aver già sperimentato creandosi così un
determinato tipo di aspettative. Solo una informazione obiettiva e non
“emotiva” può superare questi inevitabili problemi di comprensione.

10. GLI ESITI DELLE ISPEZIONI PUBBLICHE

L’agriturismo, dopo una fase iniziale in cui era raramente oggetto di


controlli pubblici (evidentemente a causa del limitato numero di aziende e
dalla scarsa visibilità), è ora spesso visitato, a scopo ispettivo, da diverse
autorità pubbliche: guardia di finanza, nuclei antisofisticazioni dei
carabinieri (NAS), aziende sanitarie locali (ASL), funzionari dell’ufficio
imposte dirette, vigili municipali, ispettori del lavoro, ispettori regionali.

Gli esiti di queste ispezioni, dopo un primo periodo di disorientamento


(anche legato alla poca competenza in materia agrituristica da parte delle
stesse autorità), sono generalmente confortanti, a dimostrazione di una
buona conoscenza delle normative da parte delle imprese, di solito ben
assistite dalle Associazioni di Categoria. Non mancano, tuttavia, infrazioni
ricorrenti che impongono una attenta riflessione allo scopo di migliorare
l’organizzazione aziendale.

10.1. I controlli fiscali

In premessa è opportuno ricordare che l’attività agrituristica è considerata


fiscalmente separata rispetto all’attività agricola, e per essa deve pertanto
essere tenuta una autonoma contabilità. Il reddito dell’agriturismo non si

76
calcola, dunque, sulla base degli estimi catastali, come avviene per il
reddito agrario, ma si calcola sulla base degli introiti e delle spese
effettivamente afferenti all’attività di accoglienza.

Con legge n. 413/91, è stato istituito, per l’agriturismo, un regime forfetario


di determinazione del reddito imponibile, secondo il quale il reddito stesso
equivale al 25% dei ricavi al netto dell’IVA. Anche la determinazione
dell’IVA da versare all’erario, secondo questa norma, avviene con metodo
forfetario: si calcola nella misura del 50% dell’IVA complessivamente
incassata per le prestazioni turistiche offerte. Ogni contribuente può
tuttavia rinunciare al sistema forfetario previsto dalla legge 413/91,
calcolando reddito imponibile e IVA col sistema ordinario o semplificato,
comunque per differenza costi/ricavi, iva incassata/iva pagata.

Indipendentemente dalla adozione del metodo forfetario o dalla rinuncia al


metodo stesso, vanno comunque tenute scritture contabili complete
(registrazione degli acquisti e dei corrispettivi).

Le contravvenzioni più ricorrenti in materia fiscale riguardano:

• mancata emissione di ricevute fiscali;

• mancata indicazione, fra i ricavi, dei contributi pubblici ricevuti


(riguarda solo le aziende che hanno optato per la rinuncia al regime
forfetario di determinazione del reddito);

• insussistenza della condizione di complementarità dell’attività


agrituristica rispetto all’attività agricola (e quindi decadenza del diritto al
regime forfetario di determinazione del reddito);

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• mancata annotazione dei passaggi interni, cioè dei prodotti propri
“passati” dalla contabilità agricola (cessioni) alla contabilità agrituristica
(acquisti).

10.2. I controlli amministrativi e di pubblica sicurezza

In premessa è opportuno ricordare che per l’esercizio dell’attività


agrituristica occorre dotarsi di una specifica autorizzazione comunale
rilasciata a seguito di una preliminare istruttoria regionale o provinciale che
accerti la consistenza dell’attività agricola e la sua principalità rispetto
all’attività agrituristica, con criteri diversi stabiliti con legge regionale. La
principalità dell’attività agricola rispetto all’attività agrituristica, si calcola
generalmente per confronto fra tempo di lavoro convenzionale necessario
per coltivazioni ed allevamenti, e il tempo di lavoro convenzionale
necessario per i diversi servizi agrituristici prestati. In alcune regioni,
tuttavia, continua a vigere un sistema basato sul confronto fra la
produzione lorda vendibile agricola e il fatturato agrituristico, largamente
diffuso fino a metà degli anni novanta e poi abbandonato dalla maggior
parte delle regioni per le sue evidenti contraddizioni applicative.

Le contravvenzioni più ricorrenti in materia amministrativa riguardano:

• esercizio dell’attività senza autorizzazione;

• numero di posti letto e posti tavola superiore a quello consentito


nell’autorizzazione;

78
• mancata esposizione dei prezzi all’interno di ciascuna unità abitativa;

• decadenza della condizione di complementarità dell’attività


agrituristica rispetto all’attività agricola;

• opere di ristrutturazione edilizia non preventivamente autorizzate;

• mancata comunicazione, alle autorità di pubblica sicurezza,


dell’arrivo delle persone alloggiate.

10.3. I controlli igienico-sanitari

In premessa è opportuno ricordare che l’autorizzazione che il Sindaco


rilascia, per l’esercizio dell’attività agrituristica, necessita del preventivo
nulla osta dell’autorità sanitaria (ASL) sulla idoneità igienico-sanitaria dei
locali e delle attrezzature. Nel corso dell’attività, ASL e NAS compiono
controlli per verificare l’osservanza delle norme igienico-sanitarie.

Le contravvenzioni più ricorrenti in materia igienico-sanitaria riguardano:

• camere da letto non rispondenti alle dimensioni stabilite, e al


rapporto fra cubatura e superficie finestrata;

• cattive condizioni igieniche dei locali di accoglienza e di servizio;

• mancanza del manuale di autocontrollo igienico-sanitario, per le


aziende che trattano sostanze alimentari (degusutazioni, ristorazione);

• detenzione di prodotti mal conservati, scaduti o privi delle necessarie


etichettature identificative;

79
• somministrazione o vendita, come propri, di prodotti acquistati sul
mercato e resi in seguito “anonimi”.

In taluni casi le contravvenzioni sono la conseguenza di comportamenti


deliberatamente fraudolenti, in altri sono invece da ricondurre ad ignoranza
delle norme e a scarsa conoscenza (in campo igienico-sanitario) dei rischi
per la salute pubblica che possono derivare da comportamenti non
adeguatamente metodici e rigorosi. Per questi ultimi due aspetti, il
contributo di una costante attività formativa può essere risolutivo.

11. L’ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO

Le informazioni contenute nei capitoli seguenti, relative al profilo


dell’occupazione nelle aziende agrituristiche, sono ricavate da una ricerca
condotta su un campione di 120 aziende mediante la somministrazione di
un questionario, per corrispondenza e telefonica, e mediante la discussione
nell’ambito di riunioni di operatori convocate a livello regionale o
provinciale.

L’effetto socioeconomico principale dell’agriturismo consiste nel restituire


solidità economica, e quindi occupazionale, alle aziende agricole,
soprattutto a quelle che, per dimensioni e per collocazione, non hanno
molte possibilità di riconversione produttiva agricola capace di produrre di
per se stessa significativi incrementi di reddito.

80
L’ospitalità, e, attraverso essa, la ristorazione, consente di “saltare” tutte le
intermediazioni alla cessione dei prodotti, conservando all’azienda agricola
tutti i possibili valori aggiunti, fino alla somministrazione diretta ai
consumatori. Valori aggiunti che evidentemente si realizzano attraverso
maggiori e diversificate prestazioni di lavoro, talune di alta qualità
professionale.

La stessa attività agricola muta. Alle coltivazioni estensive, infatti, si


sostituiscono coltivazioni adatte all’immediato uso nella ristorazione:
ortaggi, legumi, frutta. Coltivazioni che, grazie appunto alla ristorazione,
pur spesso poco produttive, compensano le rese limitate con la migliore
qualità e con il valore aggiunto del servizio direttamente in tavola. Lo
stesso vale per gli allevamenti, scarsamente convenienti su piccola scala
quando la carne o il latte sono destinati al mercato, e invece di nuovo
convenienti quando finalizzati ad alimentare un punto di ristoro.

E’ una “terza via” dell’agricoltura: non quella di autoconsumo del passato,


non quella necessariamente specializzata che si è affermata dalla seconda
metà del secolo scorso. E può anche essere un’agricoltura “di territorio”
dove ciascuno conserva le proprie specializzazioni, facendo poi confluire i
prodotti nei ristori agrituristici. Quest’ultima soluzione consente di
coinvolgere immediatamente nello sviluppo agrituristico, sia le aziende
tendenzialmente specializzate, sia quelle che hanno scelto di diversificare
le produzioni. Tra l’altro la diversificazione è anche funzionale ad una più
saggia gestione della fertilità del terreno nel quadro di pratiche
agronomiche biologiche o biodinamiche.

81
E’ facile dedurre che, grazie all’agriturismo, la professionalità agricola può
compiere notevoli progressi, affrancando intere zone del Paese dalla
dipendenza dai grandi mercati agricoli, dove i prezzi si allineano verso il
basso, stabiliti dalle zone più produttive del pianeta.

Alla crescita di professionalità agricola, in senso stretto, si collega anche


una ritrovata diffusione dei piccoli impianti di trasformazione artigianale
del prodotto, capaci di restituirci davvero, ben oltre la retorica della
pubblicità industriale, gli “antichi sapori”, attraverso una ampia varietà di
materie prime, tipi di lavorazione, aromi. Anche la trasformazione
artigianale sta riattivando professionalità fino a pochi anni fa del tutto
scomparse o in via di estinzione.

Vi è poi una nuova professionalità agricola prettamente legata all’esercizio


dell’accoglienza, simile certo a quella già consolidata nelle gestioni
alberghiere e ristorative, ma in realtà molto diversa e complessa proprio per
il suo “incardinarsi” nell’organizzazione dell’azienda agricola e anche della
vita privata agricola. Non è esagerato affermare che l’agriturismo
rappresenta una vera rivoluzione del lavoro “dei campi”, sotto il profilo sia
della quantità, sia della qualità.

All’ora di pranzo non ci si ritrova più intorno alla tavola di famiglia, ma si


prepara il pasto per gli ospiti. La famiglia, se di conduzione familiare si
tratta, è tutta impegnata: cucina, allestimento della sala da pranzo, raccolta
dei prodotti freschi da utilizzare per le preparazioni gastronomiche.

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Le stagioni morte dell’attività agricola, un tempo dedicate alle riparazioni,
ai lavori di preparazione per la nuova buona stagione, ora sono dedicate
anche alla manutenzione degli alloggi, alla attuazione di nuove attività per
rendere l’accoglienza più gradevole e attraente. E magari, almeno nel punto
di ristoro, almeno nel fine settimana, gli ospiti ci sono sempre. E verso
Natale ordinano cesti regalo composti con i prodotti dell’azienda. In vista
della stagione delle vacanze, si partecipa alle borse turistiche dove
incontrare tour operator ai quali presentare i programmi di soggiorno, e si
aggiorna il sito internet affinchè sia sempre più incisivo, sempre più capace
di esprimere i tratti salienti di quel che l’azienda agrituristica può offrire.
Arrivano anche ospiti stranieri, si imparano così rapidamente le lingue,
prima arrangiandosi con l’inglese, poi anche col tedesco o il francese, con
l’aiuto dei figli che ne apprendono dalla scuola le prime nozioni. Qualcuno
mette a frutto una buona conoscenza dei cavalli dotandosi del patentino di
istruttore accompagnatore, qualcun altro prende l’abilitazione di guida
escursionistica. Aumenta anche il lavoro di ufficio, per tenere la contabilità,
gestire le prenotazioni, rispondere quotidianamente alla posta elettronica.

12. LE MANSIONI DELL’AGRITURISMO

Riteniamo che siano sufficienti le note molto sintetiche del capitolo


precedente per dare la misura della rivoluzione delle professionalità
agricole cui si accennava. E non è più soltanto questione di mantenere
l’occupazione già esistente... ci sono, come ben si può capire, ampi margini
per incrementarla.

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Ma si tratta di un lavoro molto “sui generis”, nel quale una sola persona
deve essere capace di fare tante cose, difficile da codificare nei tradizionali
mansionari dei contratti collettivi, sempre bisognoso di aggiornamenti.

Per grandi linee, proviamo tuttavia ad individuare, se non le figure


professionali, almeno le mansioni che l’agriturismo richiede. Alcune di
esse possono essere identificate in una sola persona, altre vanno combinate
insieme per fare “il lavoro” di una sola persona. Anche in questa
architettura delle risorse umane, si dimostra quanto l’agriturismo sia attività
complessa, che mette seriamente alla prova le qualità dell’imprenditore, di
chi deve organizzare e supervedere l’insieme.

12.1. L’impresa agrituristica

Non è esatta la definizione di imprenditore agrituristico. La usiamo per


individuare quella “parte” dell’imprenditorialità agricola che si applica
all’organizzazione dei fattori della produzione relativi all’agriturismo che,
come abbiamo più volte ricordato in precedenza, trovano la propria
migliore realizzazione in una sinergia con le scelte imprenditoriali che
riguardano l’agricoltura. Non è quindi pensabile, come peraltro a volte
accade, di separare le due imprenditorialità: da una parte l’imprenditore
agricolo in senso stretto, dall’altra l’imprenditore agrituristico, socio o
parente che sia. Alcuni aspetti di congiunzione fra queste due figure
occorre costantemente tenerli aperti, sia nella fase di avvio dell’attività
agrituristica, sia nel corso dello sviluppo dell’attività stessa.

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L’imprenditore agrituristico è una figura professionalmente molto
complessa. Deve infatti saper coordinare e valorizzare obiettivi e risorse,
molteplici e interdisciplinari.

La prima risorsa da coordinare è quella umana: fin da quando si decide di


investire somme rilevanti nella ristrutturazione di edifici e nell’allestimento
dei locali di accoglienza, va tenuto presente che occorre una elevata
capacità progettuale, una spiccata capacità di interlocuzione con chi
effettuerà i lavori, una buona esperienza di viaggio (almeno per saper
proiettare su ciò che si realizza, quello che, in altre occasioni è stato vissuto
da ospite) o una preparazione specifica in campo turistico (questa,
ragionevolmente, rara), molto gusto nell’imprimere personalità e
caratterizzazione alla scelta di arredi e accessori, e tanto equilibrio nel
conciliare il “meglio” con l’economia. Tenendo presente che alcune scelte
dell’inizio non sono facilmente correggibili in seguito.

Difficilmente, chi è già impegnato nel seguire l’attività agricola, può


assolvere a tutti questi compiti, assommare in sè tutte queste caratteristiche.
Occorre dunque avvalersi di una o più collaborazioni, per poter
realisticamente affrontare il tratto iniziale della strada.

L’imprenditore agrituristico deve poi saper organizzare il lavoro di normale


conduzione dell’ospitalità. Non è facile farlo in prima persona, visti i
presumibili impegni nella conduzione agricola, e occorre dunque delegare
la direzione esecutiva a una persona con capacità adeguate. Nella maggior
parte dei casi, ci troviamo di fronte ad aziende fortemente improntate alla

85
gestione familiare, nelle quali il marito dirige l’agricoltura e la moglie
dirige l’agriturismo. Questa soluzione si conferma anche in aziende di
grandi dimensioni condotte con alcuni dipendenti, mentre è raro che la
direzione dell’attività agrituristica sia affidata ad un dipendente.

L’imprenditore decide l’investimento, ne verifica dunque preliminarmente


le opportunità di “ritorno” economico, interagisce, sia pure a livello di
supervisione, con chi dirige l’attività agrituristica, monitorandone via via i
risultati e valutando quali altri investimenti, anche in ambito agricolo,
possano contribuire ad ottimizzare il risultato economico.

12.2. La direzione agrituristica

Il direttore dell’attività agrituristica presiede alla ordinaria gestione


dell’attività stessa, coordinando mansioni relative soprattutto a:

™ pubblicità,

™ gestione della corrispondenza e delle prenotazioni,

™ amministrazione (autorizzazioni, fisco, normative varie),

™ responsabilità per la sicurezza e l’igiene aziendale,

™ ricevimento, assistenza e congedo degli ospiti

™ pulizia e preparazione degli alloggi,

™ pulizia dell’agricampeggio,

™ organizzazione della ristorazione,

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™ organizzazione delle attività ricreative e culturali,

™ manutenzione generale,

™ monitoraggio, gestione dei reclami, analisi economiche.

Ovviamente non è obbligatorio svolgere contemporaneamente tutte le


attività di ricezione (alloggio, agricampeggio, ristorazione), quindi
ciascuno sceglierà quali realizzare in funzione delle risorse e delle
opportunità esistenti.

Dipende dalle dimensioni dell’attività ricettiva e dai servizi posti in essere,


la definizione di quali di queste mansioni siano poi svolte in prima persona
dallo stesso direttore agrituristico, oppure quali siano delegate ad altri
operatori. Comunque, sia che se ne occupi anche per gli aspetti esecutivi,
sia che si limiti alla pura e semplice funzione direttiva, il direttore
agrituristico deve essere capace di una professionalità multidisciplinare e
può avvalersi proficuamente di percorsi formativi che lo pongano a
confronto con l’esperienza di altre aziende e lo aggiornino sugli sviluppi
delle materie più sensibili e dinamiche (es. legislazione, informatica).

In generale, viste le dimensioni contenute della gran parte delle aziende


agrituristiche, la figura del direttore assolve anche ad alcune mansioni
esecutive come:

™ creazione, in collaborazione con fornitori, dell’immagine e degli


strumenti di pubblicità dell’azienda;

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™ gestione della corrispondenza e delle prenotazioni, tramite telefono,
computer e, ormai raramente, posta;

™ adempimenti di legge, con la collaborazione, per quanto riguarda la


materia fiscale, di un servizio di commercialista;

™ responsabilità della sicurezza e dell’igiene aziendale con particolare


riferimento alla applicazione delle disposizioni previste dal manuale di
autocontrollo sull’igiene alimentare di cui al D.L.vo n. 155/97;

™ ricevimento, assistenza e congedo degli ospiti;

™ gestione dei reclami, monitoraggio delle presenze, delle provenienze


della risposta dei mezzi pubblicitari, analisi economiche.

12.3. La segreteria agrituristica

Quando la dimensione ricettiva è più impegnativa, molte aziende


agrituristiche affiancano il direttore con un elemento con funzione di
segreteria e di alter ego dello stesso direttore per alcune mansioni.

La segreteria agrituristica si occupa generalmente di:

™ assistenza esecutiva alla realizzazione degli strumenti pubblicitari


(es. correzione di bozze, relazioni con tipografi e realizzatori di siti
internet);

™ gestione della corrispondenza e delle prenotazioni;

™ rilascio delle ricevute fiscali;

™ ricevimento, assistenza e congedo degli ospiti.

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E’ molto importante, soprattutto per ciò che riguarda le relazioni con gli
ospiti, anche nella fase di prima informazione (ospiti potenziali) che
l’addetto alla segreteria agrituristica sia ben inserito nella filosofia di
conduzione dell’azienda, trasmettendo negli interlocutori una autorevolezza
e una capacità di informazione il più possibile paragonabile a quella
espressa dal direttore.

12.4. Gli addetti alle pulizie

Questa è la mansione più frequentemente delegata a personale esterno. E’


una mansione che di solito non esige capacità particolari di relazione con
gli ospiti, ma è essenziale che sia eseguita con competenza e accuratezza,
sia per la buona conservazione di arredi e accessori, sia per evitare uno dei
più ricorrenti motivi di protesta da parte degli ospiti: la pulizia poco
accurata, appunto. E’ molto importante che il direttore eserciti un controllo
attento e periodico sulla esecuzione delle pulizie, fino a portare gli addetti
(solitamente poco partecipi della filosofia generale di conduzione
dell’azienda) ad una sensibilità adeguata per il grado di igiene richiesto da
una struttura ricettiva turistica, che non è lo stesso al quale siamo abituati
nelle abitazioni private. Così come non è così “istintivo” eseguire
sistematicamente e velocemente la pulizia e il riassetto di numerosi alloggi,
impiegando i detergenti e gli strumenti appropriati per non danneggiare
arredi e rivestimenti, e al tempo stesso eliminando scrupolosamente ogni
traccia della presenza di altri ospiti. In materia sono sempre più frequenti le
offerte di corsi di formazione, anche di breve durata (una sola giornata),
anche per la gestione delle pulizie di piccole strutture ricettive.

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12.5. Gli addetti alla ristorazione

L’organizzazione della ristorazione è certamente l’attività più complessa


che un’azienda agrituristica può affrontare. E, naturalmente, la complessità
è molto diversa in funzione del numero di pasti che si preparano
contemporaneamente.

Le fasi principali di tale organizzazione riguardano:

™ progettazione dei singoli piatti e dei menù;

™ raccolta, trattamento e conservazione dei prodotti propri;

™ scelta, acquisto e conservazione, dei prodotti non propri;

™ preparazione e conservazione di specialità gastronomiche non


soggette a consumo immediato (sughi, salse, antipasti
semiconservati);

™ preparazione dei piatti espressi;

™ servizio a tavola;

™ pulizia, al termine di ogni turno di ristorazione, della sala e della


cucina;

™ lavaggio di stoviglie e tovagliati;

™ eventuale trattamento dei rifiuti organici per ricavarne concime;

™ manutenzione delle attrezzature.

90
Non è possibile individuare modelli organizzativi prestabiliti. Molto
dipende dalla dimensione dell’attività e dalla qualità degli operatori. Si
può, in linea del tutto orientativa, distinguere aziende che preparano un
limitato numero di pasti per i soli ospiti che pernottano, e aziende che
gestiscono un punto di ristoro che accoglie anche ospiti che non pernottano.
Non mancano, in funzione delle diverse norme regionali, aziende che,
avendo un numero rilevante di posti letto, svolgono una attività di
ristorazione molto impegnativa anche limitandosi alla preparazione dei
pasti solo per chi pernotta, ed aziende che ricevono solo ospiti “esterni” ma
con un numero di posti tavola molto contenuto.

Dal punto di vista organizzativo possiamo quindi distinguere, in linea del


tutto esemplificativa, due modelli “opposti” di gestione:

™ uno sostanzialmente riconducibile al modello domestico (10-15


ospiti), affidato a due addetti (almeno uno dei quali appartenente alla
famiglia conduttrice) che collaborano sia in cucina, sia nel servizio di
tavola, e curano tutte le operazioni connesse;

™ l’altro, corrispondente a una gestione più complessa (60-80 ospiti),


che impegna, orientativamente, tre addetti in cucina e due addetti per il
servizio di sala; di solito sono gli addetti alla cucina che curano gli
approvvigionamenti e la gestione della dispensa.

La progettazione dei piatti e dei menù viene di solito concordata con il


direttore agrituristico che, non di rado (essendo di norma membro della

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famiglia conduttrice), partecipa, eventualmente in modo saltuario,
all’attività di cucina, imprimendo alla ristorazione il profilo stabilito “dalla
casa”.

E chiaro che quando si opera vicino al primo modello, la professionalità di


chi cucina è un’incognita: può essere portatore di una preziosa spontanea
alta cultura gastronomica familiare, può essere uno scrupoloso e quindi
capace autodidatta, può aver frequentato corsi di specializzazione, come
può essere un modesto e magari maldestro esecutore di ricette poco
convincenti. Raramente l’ultima ipotesi fatta si realizza, perchè chi non sa
cucinare di solito non ama cucinare, e questo è un conforto. Tuttavia una
recente ricognizione condotta dallo Slow-food in molte aziende
agrituristiche che offrono ristorazione, ha dato risultati non proprio
esaltanti, sia per la scelta dei piatti, sia per la loro esecuzione, ritenuta
spesso poco curata. E una indagine svolta dall’Insor in più di cento ristori
agrituristici del Lazio, ha evidenziato un uso poco fantasioso e poco
tradizionale delle “materie prime” aziendali.

Non meno importante del profilo professionale del cuoco, è il profilo


professionale di chi serve in tavola. Spetta infatti a chi ha questa mansione
spiegare le caratteristiche dei piatti offerti, evidenziandone le peculiarità
propriamente agrituristiche. Se si tratta di prodotti propri, ad esempio, è
importante non solo chiarirne la provenienza, ma anche informare l’ospite
sul tipo di coltivazione o allevamento adottati (es. biologico) e sulla
varietà vegetale o razza animale (con relative connessioni alla tradizione
locale). Se si tratta di prodotti acquistati all’esterno è importante indicare il
criterio di scelta e le caratteristiche (spesso le aziende agrituristiche

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acquistano da altri agricoltori, scegliendo prodotti con caratteristiche
particolari). Dalla “qualità” di queste “spiegazioni” dipendono quei
contenuti culturali della ristorazione agrituristica che, combinati con il
“gusto”, contribuiscono a determinare il gradimento dell’ospite e la
preferenza verso l’agriturismo.

12.6. Gli addetti alle attività ricreative e culturali

Le attività ricreative e culturali rappresentano un universo eterogeneo e


sostanzialmente indefinito, per cui solo alcuni aspetti generali del profilo
professionale degli addetti possono essere individuati. Può comunque
giovare costruire un inventario delle attività di questo genere
maggiormente presenti nell’agriturismo allo scopo di indirizzare la
riflessione in termini più concreti:

- piscina;

- pesca;

- caccia;

- maneggio e organizzazione di escursioni a cavallo;

- campo sportivo (calcetto, tennis, bocce...);

- parco giochi per bambini;

- campo da golf;

- tiro con l’arco;

- percorsi di caccia simulata;

- campo di volo per ultraleggeri;

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- area atterraggio elicotteri;

- calcio balilla, ping pong, minigolf;

- escursioni in bicicletta;

- escursioni a piedi e visite a siti ecologici;

- visite culturali;

- osservazione delle attività agricole (cantina, caseificio, apicoltura, ecc.);

- fattoria didattica;

- raccolta di antichi attrezzi agricoli;

- corsi di cucina;

- corsi di artigianato (ceramica, cesteria, tessitura, ecc.);

- corsi di pittura;

- corsi di fotografia naturalistica;

- beauty farm;

- vacanze per bambini.

Sono soltanto alcuni esempi, dai quali è tuttavia già possibile distinguere
alcune caratteristiche di queste attività:

- all’interno o all’esterno dell’azienda;

- assistite dal personale aziendale oppure semplicemente “suggerite” agli


ospiti;

- svolte o meno con l’ausilio di professionalità esterne all’azienda;

- puramente ludiche oppure culturali, legate o no alla specificità agricola.

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L’approccio imprenditoriale alle attività ricreative e culturali può
schematizzarsi in due modelli sostanzialmente opposti:

o aziende che percepiscono la “necessità” di intrattenere i propri ospiti,


ma si trovano in difficoltà organizzative di varia natura (attività agricola
molto impegnativa, episodicità e bassa redditività delle attività ricreative e
culturali, difficoltà di reperire addetti idonei a gestirle);

o aziende che invece vedono nelle attività di intrattenimento una


“opportunità” di valorizzare maggiormente le risorse aziendali ed utilizzare
meglio la manodopera (spesso familiare).

Per tutti, comunque, esiste la difficoltà di rendere compatibili con le


normative attività spesso svolte per brevi periodi e con una organizzazione
molto semplice, oppure con caratteristiche imprenditoriali talmente
complesse da non potersi ricondurre alla nozione di attività complementare
dell’agricoltura, propria dell’agriturismo (es. beauty farm, campo da golf).

D’altra parte, sulla scelta imprenditoriale ed organizzativa delle attività


ricreative e culturali da offrire, influiscono diversi fattori, come la domanda
del mercato (è il caso della ormai frequente realizzazione di piscine), le
passioni personali dell’imprenditore e dei suoi familiari (es. fotografia
naturalistica, raccolte di antichi attrezzi agricoli), professionalità e
competenze già acquisite (es. creazione di un centro di turismo equestre o
di un centro vacanze per bambini), opportunità di collaborazione con

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personale dipendente, o con “soci” che abbiano specifiche competenze in
materia, presenza sul territorio di attività artigianali (es. corsi di ceramica,
cesteria, tessitura, ecc.).

Le opportunità di crescita per questo settore sono moltissime, e la


formazione professionale può dare un contributo di grande effetto,
consentendo di offrire una occupazione soprattutto ai giovani, e
rispondendo a una domanda già rilevante e tendenzialmente crescente.

13. LE CERTIFICAZIONI DI QUALITÀ

Già da tempo presenti in molti settori dell’industria e dei servizi, le


certificazioni di qualità stanno affacciandosi anche in agricoltura e
nell’agriturismo. Al di là degli effetti commerciali che il rilascio di un
marchio da parte di un ente terzo indipendente può produrre, l’adesione a
un sistema di certificazione di qualità costituisce una sorta di formazione
permanente a distanza, mediante l’acquisizione di tutta una serie di
“regole” di conduzione, la applicazione delle quali si propone di attivare un
sistema metodico di autocontrollo.

L’atteggiamento degli imprenditori e degli operatori dell’agriturismo verso


queste nuove offerte del mercato, è generalmente di diffidenza, anche a
causa di esperienze poco felici in materia. Infatti, sono state avviate
iniziative su finanziamento pubblico, e quindi gratuite, le quali dopo il
primo o il secondo anno di attività si sono praticamente esaurite per il venir
meno del finanziamento.

96
Ma, oltre gli aspetti di natura economica, la diffidenza verso le
certificazioni di qualità, nasce da radicata mentalità di conduzione
“pragmatica” dell’accoglienza, che mal sopporta sia pur contenuti aggravi
di lavoro resi necessari dall’esigenza di un monitoraggio accurato della
gestione al fine di ottimizzarne le diverse fasi.

In realtà, una volta vinta la diffidenza, in chi si mette in discussione


attraverso queste esperienze di certificazione, e quindi di “esame” del
proprio operato, si avverte una esplicita soddisfazione, proprio perchè la
novità più importante non è tanto nella verifica annuale cui bisogna
prestarsi, ma soprattutto nella verifica quotidiana in cui ognuno è ispettore
di se stesso. E questo, man mano che si consolida un atteggiamento
culturale costruttivo, aiuta a razionalizzare tanti aspetti dell’organizzazione,
stabilisce un clima di maggior ordine e quindi maggior sicurezza, migliora
il rapporto con gli ospiti.

L’effetto più evidente di questi processi di maturazione dell’imprenditore si


avverte nel superamento di uno stato d’animo tipicamente in contrasto con
una evoluta professionalità turistica, secondo il quale l’ospite è gradito fino
a quando si adegua alle “indicazioni” di chi lo accoglie; appena crea dei
problemi, vuol dire che non ha capito il vero spirito dell’ospitalità di
campagna. L’operatore agricolo conserva spesso questo approccio emotivo
verso l’attività agrituristica, sicuramente positivo laddove trasmette
all’ospite un “clima” non convenzionale, ma negativo quando invece si
trova in difficoltà nel gestire eventuali conflitti con l’ospite.

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14. I PROGRAMMI FORMATIVI

L’offerta attuale di corsi di formazione nell’agriturismo ha generalmente la


caratteristica di essere ridondante e poco mirata. I corsi hanno spesso una
durata di diversi mesi, con una o due lezioni di mezza giornata alla
settimana per non arrecare disagio ai partecipanti nel seguire le attività
aziendali. Cominciano con gli allievi al completo, finiscono con soltanto la
metà. La difficoltà di reperire partecipanti induce a impostare i programmi
in modo generico in modo che si adattino sia a chi ancora non ha
cominciato l’attività e vuole avere delle basi di partenza, sia a chi già opera.

Facile immaginare che difficilmente si riesce a soddisfare le esigenze di


categorie con esperienze tanto difformi. Raramente i corsi sono tenuti da
persone con esperienza specifica di agriturismo, per cui si assiste, ad
esempio, a lezioni di marketing “tagliate” su esperienze alberghiere o
industriali del tutto avulse dal contesto in cui i partecipanti al corso
formativo operano. Lo stesso vale per il cuoco che spiega la buona
conduzione di cucina, o per l’ecologo che suggerisce come condurre una
escursione. Così alcune nozioni generali colgono nel segno e comunque
offrono utili spunti di crescita, ma la “produttività” del corso resta bassa.

E’ evidentemente necessario distinguere i programmi formativi rivolti a chi


deve ancora iniziare l’attività da quelli destinati a chi è già operativo.

I primi saranno necessariamente programmi di ampio respiro, senza


eccessivi approfondimenti dovendo privilegiare la composizione di un

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quadro di insieme che indirizzi al meglio il progetto di futura attività. Per
questo sono sufficienti 24 ore, ripartite in sei lezioni di durata non
superiore alle 4 ore (oltre questo limite l’attenzione tende rapidamente a
decrescere e di solito molti si allontanano dall’aula prima della
conclusione).

Il programma del corso introduttivo può articolarsi come segue:

- definizione generale di agriturismo;

- la legislazione regionale (autorizzazioni, contributi) e le altre normative


(fiscale, igienico-sanitaria, ecc.);

- le attività dell’agriturismo (alloggio, ristorazione, agricampeggio, attività


culturali e ricreative);

- la promozione dell’offerta;

- esperienze e modelli di aziende agrituristiche (intervento di operatori);

- discussione di quesiti e approfondimenti proposti dai partecipanti.

Per quanti hanno già intrapreso l’attività, è opportuno realizzare corsi brevi,
su temi specifici, a carattere squisitamente pratico. La durata può variare
dalle 8 alle 16 ore, sempre ripartite in lezioni di 4 ore ciascuna. Ogni
operatore sceglierà l’argomento che ritiene di voler approfondire, e non è
opportuno che gli siano proposte nel “pacchetto” lezioni su materie che non
lo riguardano (es. ristorazione se non offre ristorazione).

I temi che riscuotono di solito maggiore interesse sono:

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- disciplina fiscale con prove pratiche di assolvimento dei diversi
adempimenti;

- tecniche razionali di pulizia (nozioni sui detergenti, igiene delle camere,


dei bagni, delle cucine, trattamento dei diversi materiali e dei diversi tipi di
“sporco”)

- ristorazione, trattando di igiene alimentare, cultura gastronomica del


territorio, composizione dei menù, coordinamento dell’attività agricola con
le esigenze della ristorazione;

- trasformazione artigianale di prodotti agricoli, con riferimento


all’allestimento di locali e attrezzature idonei, alle norme igienico-sanitarie,
alle apparecchiature disponibili sul mercato, al trattamento dei prodotti più
diffusi al confezionamento e alla etichettatura;

- trasformazione di specifici prodotti (approfondimento del precedente, per


singolo prodotto);

- allevamento del cavallo, organizzazione di un maneggio, escursionismo a


cavallo;

- organizzazione di una fattoria didattica, con specifico riferimento alla


elaborazione dei programmi di visita, al linguaggio di comunicazione con

100
ragazzi di età diverse, alla produzione di documenti informativi, alla
sicurezza;

- uso razionale del computer nell’attività agrituristica (esperienza diretta su


applicazioni utili, organizzazione della posta elettronica, uso di internet,
servizi, efficacia e costi).

E’ molto importante che il programma del corso, e quindi il dettaglio di


trattazione dei diversi argomenti, sia elaborato da persona che conosca bene
il “mondo” dell’agriturismo; e che i docenti, ove trattino materie generali
“applicate” all’agriturismo, partecipino ad una sessione preliminare dalla
quale acquisiscano gli elementi necessari per dare alla propria lezione
appropriata attinenza col contesto del corso.

E’ peraltro auspicabile che gli enti pubblici che approvano e finanziano


progetti formativi, scoraggino programmi troppo lunghi e di scarso
contenuto pratico, verifichino attentamente l’esperienza dei docenti, ed
escludano apparentamenti di materie o soluzioni didattiche, vistosamente
incoerenti.

15. LE SCHEDE DELLE FIGURE PROFESSIONALI

Le figure professionali di seguito indicate riguardano le attività più


frequentemente proposte da una azienda agrituristica. In relazione con la
dimensione ricettiva, ciascuna di esse può essere in capo a un solo
operatore, oppure uno stesso operatore può assolverne diverse.

101
Denominazione proposta DIRETTORE AGRITURISTICO

Attività/mansioni Coordinamento dei diversi operatori


Monitoraggio delle attività
Gestione dei reclami
Elaborazione delle strategie pubblicitarie

Nuove Competenze Controllo e certificazione della qualità


Conoscenza del mercato turistico
Capacità di gestione dei rapporti con operatori
turistici (relazioni con Tuor Operators)

Segmento della Filiera Fasi gestionali e di organizzazione generale

Conoscenze Quadro legislativo


Strumenti informatici
Lingue straniere
Pubbliche relazioni

Titolo di studio Laurea

Impiegabilità Dipendente in aziende di grandi dimensioni

102
Denominazione proposta SEGRETARIO AGRITURISTICO

Attività/mansioni Affiancamento del direttore


Gestione della corrispondenza
Raccolta prenotazioni
Ricevimento ospiti
Amministrazione

Nuove Competenze Capacità di gestione delle relazioni tramite


mezzi informatici
Conoscenze informatiche per l’aggiornamento
del sito internet e dei messaggi pubblicitari

Segmento della Filiera Fasi gestionali e di organizzazione generale

Conoscenze Strumenti informatici


Lingue straniere
Pubbliche relazioni

Titolo di studio Laurea – Diploma superiore

Impiegabilità Dipendente in aziende di grandi dimensioni

103
Denominazione proposta ADDETTO AGLI SPAZI APERTI

Attività/mansioni Cura del verde negli spazi aperti destinati agli


ospiti
Pulizia della piscina e di altri spazi ricreativi

Nuove Competenze Impianto e allevamento di essenze autoctone

Segmento della Filiera Cura e manutenzione impianti e strutture

Conoscenze Giardinaggio
Uso dei mezzi di pulizia meccanizzata

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Generalmente dipendente azienda agricola

Denominazione proposta ADDETTO AGLI ALLOGGI

Attività/mansioni Preparazione degli alloggi prima degli arrivi


Pulizie e cambio biancheria

Nuove Competenze Conoscenza e capacità di applicazione di


disciplinari di qualità
Capacità di cogliere e segnalare esigenze degli
ospiti

Segmento della Filiera Cura degli alloggi per il pernottamento

Conoscenze Uso dei detergenti


Metodi razionali di pulizia
Comfort turistico

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Dipendente in aziende di grandi dimensioni –


Collaborazione

104
Denominazione proposta CUOCO

Attività/mansioni Piano dei menu


Approvvigionamenti alimentari
Direzione della cucina
Preparazione dei piatti
Pulizia della cucina

Nuove Competenze Conoscenza e capacità di selezione delle materie prime


alimentari
Capacità specifica nella preparazione di piatti
tradizionali

Segmento della Filiera Ristorazione

Conoscenze Trattamento e conservazione degli alimenti


Prodotti tradizionali
Cucina tradizionale
Igiene alimentare

Titolo di studio Diploma specifico

Impiegabilità Dipendente

105
Denominazione proposta COLLABORATORE DI CUCINA

Attività/mansioni Preparazione dei piatti secondo le istruzioni del cuoco


Pulizia della cucina

Nuove Competenze Nozioni di cucina tradizionale

Segmento della Filiera Ristorazione

Conoscenze Trattamento e conservazione degli alimenti


Igiene alimentare

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore

Denominazione proposta ADDETTO DI SALA (CAMERIERE)

Attività/mansioni Raccolta delle ordinazioni


Consegna dei piatti preparati
Pulizia e preparazione della sala

Nuove Competenze Conoscenza delle caratteristiche tradizionali dei piatti


Capacità di illustrazione delle caratteristiche
tradizionali dei piatti

Segmento della Filiera Ristorazione

Conoscenze Gestione del servizio di sala


Lingue straniere
Nozioni di cucina tradizionale

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore – Dipendente in strutture di grandi


dimensioni

106
Denominazione proposta ADDETTO ALL’AGRICAMPEGGIO

Attività/mansioni Manutenzione delle attrezzature


Pulizia del parco e dei servizi igienici
Vigilanza

Nuove Competenze Assistenza agli ospiti

Segmento della Filiera Agricampeggio

Conoscenze Uso dei mezzi meccanici di pulizia


Uso dei detergenti e metodi razionali di pulizia
Nozioni di comunicazione
Lingue straniere

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore

107
Denominazione proposta ADDETTO AL TURISMO EQUESTRE

Attività/mansioni Governo dei cavalli


Manutenzione delle sellerie
Istruttore equestre e cura del maneggio
Accompagnatore equestre

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Valorizzazione delle risorse territoriali e naturali
Programmazione degli itinerari

Segmento della Filiera Attività ricreative

Conoscenze Nozioni di storia del territorio


Allevamento del cavallo
Apprendimento equestre
Morfologia e cultura del territorio
Lingue straniere

Titolo di studio Diploma di artiere

Impiegabilità Collaboratore

108
Denominazione proposta ADDETTO AL CICLOTURISMO

Attività/mansioni Manutenzione delle biciclette


Accompagnamento dei gruppi

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Valorizzazione delle risorse territoriali e naturali
Programmazione degli itinerari

Segmento della Filiera Attività ricreative

Conoscenze Meccanica e uso della bicicletta


Morfologia e cultura del territorio
Nozioni di storia del territorio
Lingue straniere

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore

Denominazione proposta ADDETTO ALLA “FATTORIA DIDATTICA”

Attività/mansioni Programmazione delle visite


Relazioni con le scuole
Accompagnamento dei gruppi

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Progettazione e programmazione di esercitazioni

Segmento della Filiera Attività culturali

Conoscenze Organizzazione dell’azienda agricola


Nozioni di biologia e di agronomia
Nozioni di didattica e pedagogia
Nozioni di comunicazione

Titolo di studio Diploma o Laurea in agronomia

Impiegabilità Collaboratore

109
Denominazione proposta ADDETTO ALLE ATTIVITA’ RICREATIVE

Attività/mansioni Manutenzione delle attrezzature


Organizzazione della fruizione
Assistenza agli ospiti

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Assistenza alla pratica delle attività sportive

Segmento della Filiera Attività ricreative

Conoscenze Nozioni teoriche e pratiche relative alle attività sportive


Gestione delle attrezzature
Regolamenti attinenti le pratiche sportive
Norme di sicurezza

Titolo di studio Diploma ISEF

Impiegabilità Collaboratore

110
Denominazione proposta ADDETTO AI CORSI E AGLI INCONTRI
CULTURALI

Attività/mansioni Programmazione dei corsi e degli incontri


Relazioni con i docenti
Accompagnamento dei gruppi

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Progettazione delle attività e presentazione dei temi

Segmento della Filiera Attività culturali

Conoscenze Tradizioni artigianali, culturali ed enogastronomiche


del territorio
Organizzazione didattica
Comunicazione
Lingue straniere

Titolo di studio Laurea umanistica

Impiegabilità Collaboratore

111
16. LA RICERCA

La ricerca è stata condotta somministrando un questionario composto da


otto domande a 120 aziende agrituristiche.

Il questionario proposto era il seguente:

Agriturist

Studio su “Le esigenze di formazione professionale nell’agriturismo”

realizzato in collaborazione con Agriform e Ministero del Lavoro

Nel quadro di questa ricerca, Agriturist intende raccogliere indicazioni


sulla situazione dell’occupazione nell’agriturismo e sulle reali necessità di
formazione professionale del settore.

1. Nella Vostra azienda quante persone si occupano a tempo pieno


dell’agriturismo?

2. Nella Vostra azienda quante persone si occupano a tempo parziale


dell’agriturismo?

3. Le persone che se ne occupano a tempo pieno sono (di ciascuno indicare


le mansioni principali - aggiungere figli o dipendenti secondo necessità):

112
a) titolare....

b) coniuge...

c) figlio/a...

d) dipendente...

4. Le persone che se ne occupano a tempo parziale sono (di ciascuno


indicare le mansioni principali - aggiungere figli, dipendenti o aziende
esterne, secondo necessità):

a) titolare....

b) coniuge...

c) figlio/a...

d) dipendente...

5. Nella Vostra azienda quante persone o aziende esterne di servizio


partecipano all’agriturismo in veste di consulenti, o fornitori esterni
(indicare, per ciascun consulente o fornitore, il servizio o la mansione -
aggiungere consulenti o aziende esterne, secondo necessità)?

a) consulente...

b) azienda esterna...

113
6. Potreste indicare quali sono gli aspetti dell’attività che ritenete
maggiormente importante migliorare e per i quali, quindi, gradireste l’aiuto
di corsi formativi? (scrivere sì accanto alle voci che interessano, aggiungete
altre voci che ritenete importanti)

a) amministrazione, normative, fiscalità

b) gestione degli alloggi

c) gestione della ristorazione

d) trasformazione dei prodotti

e) gestione di attività culturali

f) gestione di attività ricreative

g) turismo a cavallo

e) fattoria didattica

f) uso dei mezzi informatici

g) strategie pubblicitarie

h) altro....

7. Per corsi formativi sulle materie suggerite al punto precedente, sareste


disposti ad investire denaro (si/no)?

8. Se siete disposti ad investire denaro, annualmente quanto? (indicare “sì”


accanto alla voce scelta)

a) non più di 300 euro

114
b) da 300 a 600 euro

c) da 600 a 900 euro

e) più di 900 euro

I risultati della ricerca sono sintetizzati nella tabella che segue.

Occupati a tempo pieno per azienda 1,72


Di cui familiari 73%
Occupati a tempo parziale per azienda 2,23
Di cui familiari 52%
Disponibilità all’investimento per la formazione (aziende) 57%
Di cui fino a 300 euro per anno 62%
Di cui fino a 600 euro per anno 26%
Di cui fino a 900 euro per anno 12%

Per quanto riguarda i temi formativi più richiesti, i risultati sono sintetizzati
nella tabella che segue.

Strategie pubblicitarie 59%


Uso degli strumenti informatici 42%
Amministrazione e fiscalità 42%
Gestione degli alloggi 32%
Trasformazione dei prodotti 31%
Attività culturali 31%
Attività ricreative 26%
Fattoria didattica 26%
Gestione della ristorazione 23%
Turismo equestre 9%

115
La ricerca ha evidenziato innanzitutto una forte incidenza del lavoro
familiare nella gestione dell’attività agrituristica, soprattutto per quanto
riguarda l’impegno a tempo pieno. Nella maggior parte dei casi una unità
lavorativa a tempo pieno si riferisce alla moglie dell’imprenditore agricolo.
I dipendenti a tempo pieno sono soprattutto presenti nelle aziende con
servizio di ristorazione. L’impiego dei figli è poco frequente a tempo pieno
(circa 10% delle aziende), mentre cresce a tempo parziale (circa 30%). I
dipendenti a tempo parziale sono impegnati soprattutto nella attività di
governo degli alloggi.

Applicando alle prestazioni a tempo pieno il coefficiente 1, e a quelle a


tempo parziale il coefficiente 0,3, si arriva ad una media convenzionale di
posti di lavoro a tempo pieno di 2,4 unità lavorative per azienda. Questo
porta a stimare in oltre 30.000 i posti di lavoro convenzionali prodotti
attualmente dall’attività agrituristica nelle 12.600 aziende censite operative
al 31 dicembre 2003. A conclusione del 2004, questo valore dovrebbe
attestarsi sulle 32.000 unità.

Oltre il 70% delle aziende ricorre a servizi e consulenze esterne per quanto
riguarda il lavaggio della biancheria, la tenuta della contabilità e i contratti
di lavoro.

Ad una domanda rilevante di formazione su molti aspetti della gestione


agrituristica (in particolare, le strategie pubblicitarie, l’uso dei mezzi
informatici e l’amministrazione), non corrisponde tuttavia una adeguata
disponibilità ad investire. Se sommiamo le aziende che dichiarano di non

116
voler investire nulla in formazione e quelle che non intendono investire più
di 300 euro l’anno, arriviamo al 75% del campione. Questo atteggiamento
non corrisponde realmente a una sottovalutazione del momento formativo,
ma trova ragione nella frequenza di corsi di formazione organizzati
gratuitamente dalla Pubblica Amministrazione o dalle Associazioni di
settore su finanziamento pubblico. Con queste premesse, il 25% di aziende
che si è dichiarato disponibile ad investire dai 600 ai 900 euro l’anno,
costituisce un segno di crescente attenzione per l’aggiornamento
professionale e per una ulteriore diversificazione dei servizi agrituristici.

Non sorprende che fra gli argomenti formativi più richiesti vi sia ai primi
posti la combinazione fra le strategie pubblicitarie e l’uso dei mezzi
informatici (che attualmente costituiscono un efficace strumento di
pubblicità). Suscita tuttavia qualche riflessione il divario di incidenza fra la
prima e la seconda voce (59% contro 42%), che fa pensare non tanto ad una

diffusa dimestichezza con il computer, quanto ad una ancora persistente


sottovalutazione delle potenzialità che lo strumento informatico può
esprimere.

Significativa anche l’incidenza combinata della trasformazione dei prodotti


(31%) e della gestione della ristorazione (23%), di cui la trasformazione in
proprio dei prodotti costituisce un importante caratterizzazione. In molti
casi (circa il 30%), questa opzione riguarda aziende che ancora non offrono
servizio di ristorazione ma sono intenzionate ad avviarlo, constatando come
la domanda di agriturismo sia particolarmente interessata a tale opportunità

117
(oltre l’80% degli agrituristi dichiara di voler consumare almeno un pasto
nell’azienda in cui pernotta).

Una osservazione conclusiva riguarda la gestione degli alloggi e le fattorie


didattiche. Il fatto che il 32% delle aziende ritenga utile migliorare la
propria professionalità nella gestione degli alloggi, che rappresenta
l’attività più “semplice” fra quelle agrituristiche, dimostra una crescente
sensibilità verso la cura di ogni aspetto della qualità di accoglienza. Per
quanto riguarda il 26% di aziende che intendono impegnarsi o perfezionarsi
nella attività di fattoria didattica, è positivo constatare come, attraverso tale
servizio, si vada affinando anche una sensibilità culturale degli operatori di
agriturismo, con la consapevolezza che l’agricoltura deve rappresentare
sempre un potente fattore di caratterizzazione dell’ospitalità.

118
L’ANALISI DEI FABBISOGNI NEL SETTORE DELLA CERTIFICAZIONE
NEI COMPARTI AGRICOLO E AGROALIMENTARE

Settembre 2005

1
Indice

- Premessa pag. 3

- La qualità nel settore agroalimentare pag. 5


I requisiti impliciti o prerequisiti
I requisiti essenziali
I requisiti psicologici e culturali
I requisiti di servizio
I requisiti di sistema

- Le strategie di qualità pag. 10


La realizzazione di una strategia di qualità
La certificazione e la normazione volontaria

- Diverse forme di certificazione pag. 20


Certificazione di sistema per la gestione della qualità
Certificazione dei sistemi di gestione ambientale
Certificazione di gestione etica
Certificazione integrata di sistema
Certificazione di prodotto regolamentata e volontaria
Denominazioni di origine protetta
Le produzioni biologiche
Altre forme di certificazione di prodotto regolamentata
Certificazione di prodotto volontaria
Una particolare tipologia di certificazione di prodotto: la rintracciabilità
Gli standard internazionali
Alcune problematiche del sistema

- Le figure professionali nei sistemi di certificazione pag. 47


Le nuove figure professionali nell’azienda
Le nuove figure professionali nella consulenza
Il valutatore operante negli organismi di certificazione
La formazione attuale delle figure professionali nella qualità certificata
Descrizione delle figure professionali

- Glossario essenziale pag. 84

- Bibliografia consultata pag. 87

2
Premessa

Lo sviluppo delle strategie di qualità nell’agricoltura e nell’agroalimentare richiede


profonde innovazioni di prodotto, di processo e soprattutto organizzative.

Tra le innovazioni organizzative, gli schemi di certificazione di parte terza assumono


sempre più rilevanza ed interesse come strumenti di garanzia per i consumatori e, più
in generale, per la società.

La diffusione delle diverse tipologie di certificazione nelle imprese e nelle filiere


agroalimentari richiede lo sviluppo sia di nuove conoscenze ed abilità negli operatori,
sia di nuove figure professionali con competenze diversificate, complesse e, talvolta,
sconosciute, nel settore.

La ricerca realizzata da Agriform è finalizzata ad evidenziare le figure professionali


innovative più importanti e a definirne le caratteristiche peculiari.

Lo studio è articolato essenzialmente in tre parti:

¾ Nella prima si riporta un’analisi sulle strategie di qualità agroalimentare più


interessanti per il nostro Paese e sui principali problemi operativi riscontrati.

¾ Nella seconda parte si definiscono e si tratteggiano gli schemi di certificazione


relativi alle strategie indicate.

¾ Nella terza parte si elencano e si descrivono sinteticamente le figure


professionali innovative individuate.

La ricerca rappresenta uno strumento di orientamento per il sistema formativo per


potenziare l’offerta e per migliorare la programmazione delle attività, in risposta ai
nuovi fabbisogni e ad alcune situazioni/problemi in essere nelle imprese e nel settore.

Il carattere particolarmente innovativo del settore analizzato – la certificazione


nell’agroalimentare – non ha permesso un’indagine con l’utilizzazione di strumenti di
tipo quantitativo tradizionale rivolti a campioni rappresentativi. Bisogna considerare
infatti che i principali schemi di certificazione sono stati introdotti
nell’agroalimentare da pochissimi anni e che la nozione stessa di certificazione nel
settore di riferimento non è ancora pienamente compresa e consolidata, perdurando
una certa ambiguità tra i concetti di qualità e di assicurazione (o garanzia) della
qualità.

In questa situazione gli strumenti di indagine tradizionali avrebbero sicuramente


messo in risalto il fabbisogno latente di strumenti e professionalità a supporto delle

3
strategie di qualità, ma non avrebbero evidenziato le specifiche figure professionali e
le competenze da sviluppare.

Per questo motivo è stata preferita la metodologia dell’intervista ad esperti,


osservatori e testimoni privilegiati dei mutamenti di scenario in atto nel settore.

La ricerca, oltre che sull’analisi della vasta documentazione esistente in materia, è


stata svolta, principalmente, raccogliendo le esperienze e le opinioni di operatori
economici, esperti del mondo accademico, rappresentanti delle istituzioni e delle
organizzazioni professionali, dirigenti e tecnici delle società di consulenza e
certificazione della qualità.

4
La qualità nel sistema agroalimentare

La qualità è l’insieme delle caratteristiche che conferiscono ad un’entità (prodotto,


processo, competenza professionale) la capacità di soddisfare esigenze implicite o
esplicite.

Questa definizione, contenuta nella norma ISO (International Organization for


Standardization) 8402:1995, rappresenta il punto di partenza di quella cultura della
qualità che si sta imponendo nei sistemi economici moderni.

Successivamente (2000) l’ISO ha fornito una nuova definizione di qualità, come


grado di soddisfazione delle esigenze implicite o esplicite. La nuova definizione è più
corretta, perché introduce un principio di gradualità nella capacità di soddisfazione,
ma non modifica i principi di fondo.

Nel sistema agricolo ed alimentare le esigenze da soddisfare sono espresse dai


consumatori e dai clienti acquirenti delle materie prime e dei semilavorati.

Questa è un’acquisizione abbastanza recente nel dibattito tra gli operatori, gli addetti
ai lavori, opinionisti e mondo scientifico. Per molto tempo, infatti, il ruolo dei
consumatori è stato relativamente sottovalutato e l’attenzione è stata rivolta quasi
esclusivamente alle caratteristiche qualitative intrinseche dei prodotti.

I consumatori esprimono attese relative ai prodotti agricoli ed ai servizi connessi.


Negli scambi lungo le filiere agricole ed alimentari, però, acquistano importanza
anche le caratteristiche tecnologiche e le relazioni contrattuali tra le parti.

Nel dibattito sulla qualità negli anni passati si è sviluppata una forte contrapposizione
tra una visione della qualità cosiddetta mediterranea ed una anglosassone.

La prima, sostenuta soprattutto in Italia ed in Francia, fa riferimento ai requisiti di


qualità del prodotto, alla tipicità, alla differenziazione dovuta al legame con il
territorio e con le tradizioni culturali, agricole ed alimentari delle comunità locali.

La seconda fa riferimento, invece, soprattutto alla sicurezza ed alla standardizzazione,


ottenibili con adeguati controlli di processo.

Oggi questa contrapposizione, anche se tutt’ora riscontrabile, sta perdendo di


rilevanza. Sempre più, infatti, questi diversi approcci convergono verso un quadro
sostanzialmente unitario della normazione e della certificazione. Anche i prodotti
tipici, legati al territorio, necessitano di sistemi di certificazione per fornire garanzie
al consumatore ed è sempre più posizione condivisa che le norme UNI EN ISO
possono rappresentare questo contesto unitario di riferimento.

5
La qualità di prodotto è la base delle strategie vincenti nei sistemi agricolo-
alimentari; ma occorre anche fornire garanzie al mercato ed al consumatore sulle
caratteristiche dichiarate nei prodotti e sulla loro costanza nel tempo.

In quest’ottica diventa importante il concetto di garanzia (o assicurazione) della


qualità. Con questo termine il sistema ISO 9000 definisce: l’insieme delle attività
pianificate e sistematiche, attuate nell’ambito di un sistema qualità, e di cui per
quanto occorre viene data dimostrazione, messe in atto per dare adeguata confidenza
che un’entità soddisferà i requisiti per la qualità.

Nel settore agricolo-alimentare, a causa dell’origine biologica dei prodotti, delle


caratteristiche del processo di consumo, dell’interazione con bisogni diversificati
degli individui, siamo di fronte a modelli della qualità caratterizzati da particolare
complessità.

Si riporta un modello scaturito dalla sintesi di posizioni diverse e viste nell’ottica dei
diversi stakeholders della qualità agroalimentare e, in particolare, del consumatore
finale. E’ evidente che i singoli prodotti alimentari non possono sempre soddisfare
tutte le attese elencate in tabella, ma la qualità di un prodotto agricolo alimentare è
sempre l’insieme complesso di vari requisiti, in risposta a bisogni impliciti ed
espliciti dei consumatori.

Tabella 1 – I requisiti di qualità di un prodotto agroalimentare


Requisiti impliciti o prerequisiti - sicurezza
- legittimità
- tutela
Requisiti essenziali - organolettici e sensoriali
- nutrizionali e salutistici
Requisiti psicologici e culturali - evocativi e culturali
- etici
Requisiti di servizio - funzionali e tecnologici
- informazione
Requisiti di sistema - costanza degli attributi di qualità
- logistica
- giusto rapporto qualità/prezzo

I requisiti impliciti o prerequisiti

I requisiti impliciti rispondono essenzialmente a tre attese del consumatore:

- di sicurezza igienico sanitaria


- di legittimità (cioè di corrispondenza alle leggi di settore)
6
- di tutela in generale (cioè di corrispondenza tra quanto dichiarato in
etichetta e quanto effettivamente acquistato).

Tra questi requisiti di gran lunga più importanti sono quelli relativi alla sicurezza. In
questo contesto c’è una grande attenzione dei consumatori ed è in atto una profonda
trasformazione della legislazione di riferimento, basata sull’estensione
dell’autocontrollo documentato, sull’obbligo della tracciabilità, sull’azione di un
Autority europea.

I requisiti essenziali

Con questa espressione si definiscono normalmente due importanti categorie di


fattori della qualità:

- requisiti organolettici e sensoriali;


- requisiti nutrizionali e salutistici.

In questi ultimi anni si sta assistendo da un lato ad un “ritorno” di attenzione da parte


dei consumatori ai caratteri organolettici dei prodotti freschi e trasformati, dall’altro
ad una ricerca di valori salutistici. Con questa espressione non si intende il
prerequisito della sicurezza, ma la complessa interrelazione tra alimenti e salute, che
ha rappresentato una costante della ricerca medica e farmacologica tradizionali.

I consumatori sono attenti al contenuto nutrizionale dovuto alle componenti principali


degli alimenti (carboidrati, lipidi, proteine, vitamine e sali minerali), ma sempre di
più anche alle componenti minori, che in molte circostanze sono utili per il
miglioramento della salute (si pensi ai fattori antiossidanti, ai coadiuvanti
dell’assorbimento del ferro, eccetera).

I requisiti psicologici e culturali

L’alimentazione da secoli, oltre a rispondere ai bisogni primari degli uomini, ha una


forte componente culturale. Tale componente non è solo funzione del reddito del
consumatore, ma coinvolge tutte le classi sociali, basti pensare al peso storico dei
tabù alimentari.

Oltre alle componenti di immagine e di status, infatti, le attese dei consumatori


riguardano anche requisiti evocativi e culturali, relativi alla storia, alla tradizione, al
paesaggio di origine, al modo di utilizzare e consumare un determinato alimento.

Come già accennato, questi aspetti sono centrali per lo sviluppo dei sistemi agricoli
italiani e per impostare delle strategie di qualità legate al territorio.

7
Tra i requisiti psicologici devono essere considerati anche i cosiddetti requisiti etici. I
consumatori orientano il proprio processo di consumo anche in forza di valori
generali.

Importante è, per esempio, la relazione tra alimenti e tutela ambientale: la domanda di


prodotti ottenuti con metodi biologici è sostenuta, oltre che da considerazioni
salutistiche, da attese di questo tipo: come se si volesse in qualche modo premiare o
comunque partecipare indirettamente all’impegno dell’agricoltore in difesa
dell’ambiente. Questo aspetto è importante perché crea una connessione tra biologico
e territorio, che è diversa da quella del prodotto tipico, ma egualmente significativa.

Esistono poi attese genericamente definite etiche, che motivano diversi


comportamenti dei consumatori.

Esempi a riguardo sono la diffusione del commercio ecologico e solidale, le


campagne promozionali con scopi di beneficenza, il rifiuto ad acquistare prodotti
provenienti da Paesi nei quali non vengono rispettati fondamentali diritti umani o di
multinazionali che utilizzano il lavoro minorile.

E’ importante sottolineare che anche queste attese etiche valorizzano comportamenti


del mondo produttivo miranti alla garanzia dell’origine, alla rintracciabilità, alla
trasparenza ed alla corretta informazione e quanto siano anacronistiche certe
posizioni di alcune lobbies che tendono a contrastare questi comportamenti.

I requisiti di servizio

Questi requisiti rispondono ad attese diversificate degli operatori della filiera e dei
consumatori.

Per quanto riguarda la filiera si devono considerare i cosiddetti requisiti funzionali e


tecnologici: attitudine al trasporto, alla conservazione, alla manipolazione e
trasformazione.

Per quanto riguarda i consumatori, invece, assumono significatività la comodità


d’uso, la conservabilità, l’informazione.

Da varie indagini e ricerche si evidenzia che queste attese hanno un’enorme influenza
nel determinare i comportamenti di acquisto dei consumatori.

Spesso questi requisiti di servizio vengono contrapposti a quelli essenziali e


psicologici, come se potessero essere valorizzati solo dai prodotti industriali
standardizzati.

8
Questo raramente è vero. Se si pensa all’informazione, per esempio, una etichetta
esauriente e di facile lettura può accompagnare un prodotto industriale
standardizzato, ma anche un prodotti tipico (in questo caso possono essere fornite
informazioni sulla storia, sugli usi tradizionali, eccetera). Questo stesso discorso,
però, può essere esteso a quasi tutti i requisiti di servizio.

I requisiti di sistema

L’ultima categoria di requisiti riguarda direttamente il sistema produttivo e


commerciale.

Prima di tutto occorre garantire la costanza degli attributi di qualità. Questo requisito
è di intuitiva comprensione se visto nell’ottica dell’operatore commerciale o del
consumatore, ma spesso ha generato discussioni e confronti accesi.

E’ evidente che i prodotti agricolo-alimentari, per la loro origine biologica,


manifestano sempre una certa variabilità, ma questa non può raggiungere livelli tali
da rendere ingovernabile il sistema produttivo e commerciale.

Se un consumatore acquista una bottiglia di Brunello di Montalcino si aspetta un


certo livello minimo di attributi di qualità. Il fatto che esistano differenze di annata o
tra i produttori non inficia questo principio di base.

La contrapposizione nel concetto di qualità tra standardizzazione e differenziazione si


risolve nel contesto di riferimento:

- qualità è differenziazione a livello macroeconomico;


- qualità è standardizzazione a livello di azienda o di linea produttiva (nel
caso contrario saremmo destinati ad un’ingestibile casualità).

Confondere i due piani, o invertire le definizioni, comporta errori di tipo logico e


situazioni di paradosso.

L’importanza della regolarità negli scambi, della capacità di predefinire le modalità


del conferimento e del rispetto delle clausole contrattuali, soprattutto nelle relazioni
intersettoriali di filiera è evidente. Nelle politiche di qualità di filiera, inoltre,
l’importanza della logistica ha significative conseguenze sull’organizzazione
aziendale, interaziendale e territoriale.

Tra i cosiddetti requisiti di sistema deve essere infine considerato quello del giusto
rapporto qualità/prezzo. Questo fattore potrebbe essere espresso in questo modo: se si
vuole vendere un prodotto ad un prezzo superiore al minimo di mercato è necessario
fornire evidenza al cliente e/o al consumatore del di più che sta acquistando, rispetto
allo standard minimo di mercato.

9
Le strategie di qualità

La maggior parte degli osservatori ritiene che le strategie di qualità sono centrali per
l’ulteriore sviluppo dei sistemi agricoli ed agroalimentari italiani.

Si tratta di diverse possibili strategie in grado di garantire competitività, perché


fondate sulla differenziazione di prodotto e sulla segmentazione di mercato.

Pur dovendo ricercare l’efficienza produttiva e l’abbattimento, per quanto possibile,


dei costi di produzione, infatti, le strategie competitive basate fondamentalmente sui
prezzi appaiono anacronistiche per la nostra realtà, caratterizzate da fattori strutturali
non paragonabili ai sistemi produttivi nordamericani e da costi di base (in particolare
del lavoro) non confrontabili a quelli dei nostri competitori nei Paesi in via di
sviluppo.

La complessità dei requisiti di qualità dei prodotti agroalimentari rappresenta una


importante risorsa perché permette l’implementazione di molteplici strategie della
qualità sulla base delle caratteristiche intrinseche dei prodotti, degli specifici target di
consumo, delle strutture produttive e delle diverse organizzazione di filiera.

In questi anni sono state avanzate diverse proposte e sviluppati dibattiti molto accesi.
Qualsiasi tentativo di classificazione evidenzia limiti e rischi di eccessiva
semplificazione rispetto alle tante variabili in gioco.

Una prima distinzione da tracciare è quella tra strategie aziendali e di filiera.

Molte aziende vendono direttamente i propri prodotti a consumatori locali, con i quali
si instaurano relazioni di conoscenza ed amicizia. In questi casi la garanzia più che
sulla certificazione è fondata sulla conoscenza diretta. Molte aziende raggiungono
anche livelli di eccellenza, adottando, di fatto, dei sistemi di qualità che non hanno
alcun bisogno di certificare. Devono semplicemente implementare un sistema di
autocontrollo igienico sanitario documentato, secondo il metodo haccp (Hazard
Analysis, Critical Control Point) introdotto con il D.lgs 155/97 ed ulteriormente
sviluppato, con il cosiddetto “pacchetto igiene” definito dalla Unione Europea, che
entrerà in vigore dal primo gennaio 2006.

Si tratta di una tipologia di imprese interessante ed in crescita, ma che rappresenta in


ogni caso un segmento limitato del panorama imprenditoriale italiano.

Più complesse sono le aziende agricole che trasformano il prodotto e lo


commercializzano con proprio marchio, attivando relazioni con la distribuzione
locale tradizionale, con ristoranti, talvolta anche con la grande distribuzione. Si tratta
di aziende medie o medio/grandi che avrebbero discreti vantaggi nell’implementare
sistemi di gestione per la qualità e schemi di certificazione.

10
Ancora più complesse sono le strategie della qualità che coinvolgono più
direttamente le filiere e/o il territorio. In questo ambito troviamo:
- filiere del fresco (per esempio carne ed ortofrutta);
- i prodotti cosiddetti tradizionali, fortemente caratterizzati dall’origine,
trasformati in azienda o in piccole imprese artigianali;
- filiere agroindustriali con stabilimenti di trasformazione (piccoli o medi) che
operano, in genere, a livello regionale o interregionale.

In tutte queste situazioni appare interessante la certificazione di prodotto volontaria.


Per i prodotti ortofrutticoli freschi può trattarsi anche di una certificazione molto
semplice, fondata su disciplinari che indicano la traccibilità, l’origine, il controllo dei
residui, la conformità varietale.

Quando i prodotti sono più caratterizzati, come quelli tradizionali o quelli


agroindustriali, chiaramente i disciplinari diventano più articolati e possono contenere
diverse specifiche di prodotto e di processo.

L’aspetto fondamentale è l’organizzazione territoriale e/o della filiera.

Le imprese agricole devono essere organizzate mediante Organizzazioni di Produttori


o Consorzi. Sono queste le strutture che devono gestire i disciplinari, attuare i
controlli interni e commercializzare i prodotti.

In alcuni casi può essere l’industria locale a gestire il disciplinare, ma anche in questa
situazione l’organizzazione dei produttori della materia prima garantisce una migliore
razionalizzazione degli approvvigionamenti e dei controlli interni, una maggiore
forza contrattuale del mondo agricolo ed una più equa distribuzione del valore
aggiunto.

Più complessa appare la situazione dei prodotti cosiddetti tradizionali (D.lgs 173/98).
In questo caso, la struttura organizzatrice ha una valenza territoriale e può assumere
diverse forme: per esempio Consorzi promossi dalla Regione con la partecipazione
delle organizzazioni imprenditoriali e delle Camere di Commercio; oppure possono
essere direttamente le tecnostrutture regionali a gestire il disciplinare, registrare il
marchio ed attuare i controlli interni, mentre la commercializzazione può essere
gestita dalle singole aziende produttrici.

Quando un prodotto tipico riveste una notevole reputazione, raggiunge (o


potenzialmente può raggiungere nel medio periodo) una certa soglia di produzione e
può essere commercializzato anche al di fuori dell’ambito locale, la strada da
percorrere è quella della certificazione di prodotto regolamentata, mediante
denominazioni di prodotto registrate e tutelate: Dop ed Igp. L’importanza di queste

11
strategie è nota; ma sono note anche le difficoltà che molte denominazioni incontrano
prima di essere attivate, commercializzate e valorizzate.
Infine, dobbiamo considerare le grandi filiere agroindustriali, con politiche di qualità
che travalicano di molto l’ambito regionale e spesso anche quello nazionale, talvolta
con prodotti molto innovativi, con forte implementazione di nuove tecnologie. In
queste situazioni, le strategie della qualità devono riguardare l’intera filiera e
ricercare il reciproco beneficio tra fornitori e trasformatori. Gli schemi di
certificazione sono complessi ed integrati, con requisiti di prodotto di sistema e,
sempre di più, anche agroambientali.

In Italia, la maggior parte delle strategie competitive di qualità sono fondate sui
fattori della tipicità e della territorialità.
Le motivazioni che stanno alla base del successo delle strategie della qualità legate al
territorio sono ampiamente note. In questa sede sono riportate sinteticamente.

• I prodotti tipici rappresentano un grande patrimonio di saperi perfezionati nel


tempo, di tecnologie selezionate ed adattate a specifici ambiti territoriali,
produttivi e culturali.

• Questo patrimonio è stato costruito e ci è stato tramandato dalle comunità


locali: il territorio rappresenta una somma di storie, di culture e di tradizioni.

• Queste produzioni trovano un crescente interesse nei consumatori, in risposta


ad attese di gratificazione culturale e psicologica, oltre che nutrizionale e
sensoriale, riconducibili a diversi fattori:

- storicità: queste produzioni richiamano valori culturali originali delle


comunità locali e del loro stretto rapporto con l’ambito territoriale di
riferimento;
- familiarità: le produzioni agricole tradizionali rappresentano delle
opportunità concrete di dare vita alla memoria ed alla evocazione delle
proprie radici;
- riscoperta: la fruizione di questi prodotti, in quanto alternativi a quelli di
massa, viene vissuta come esito di una azione attiva di ricerca da parte di
molti consumatori;
- eccellenza: sia perché caratterizzati da profili organolettici particolari, sia
perché frutto del lavoro artigianale ed espressione dell’arte del particolare.

• I prodotti tipici, evoluti nel tempo, se correttamente assunti presentano spesso


degli alti valori salutistici ed in generale si avvantaggiano del riconoscimento

12
scientifico e del rinnovato interesse intorno alla cosiddetta “dieta
mediterranea”.

• Anche quando non si tratta di prodotto tipico, ma di semplice indicazione di


origine, comunque, la garanzia della provenienza e la visibilità delle filiere
sono sempre fattori apprezzati dai consumatori

• Il forte legame con il territorio, rappresenta un’importante opportunità di


sviluppo locale e rurale: la crescita del prodotto tipico e tradizionale richiede e
nello stesso tempo favorisce lo sviluppo generale di un’area, l’indotto,
l’occupazione locale, il turismo

• Le strategie legate al territorio ristrutturano completamente il concetto di


marginalità: in linea di principio non esistono aree marginali rispetto ai
prodotti tipici specifici del luogo.

• I prodotti tipici hanno una forte propensione all’esportazione per quattro


sostanziali fattori: la memoria delle proprie radici (per le comunità italiane
all’estero); il richiamo alla storia ed alla cultura italiana; l’evocazione ed il
ricordo di un viaggio o vacanza (per i turisti tornati nei propri paesi); la
sinergia forte con l’immagine della cucina italiana.

La realizzazione di una strategia di qualità

Nella realizzazione di tutte le strategie della qualità sono riscontrabili quattro macro
fasi comuni: la pianificazione della qualità, la creazione di un sistema qualità, la
certificazione, la promozione.

Al fine di valutare e definire i nuovi fabbisogni formativi è particolarmente


importante distinguere ed approfondire i concetti di sistema gestionale per la qualità e
di certificazione.

L’esperienza di questi anni, verificata e confermata da esperti ed operatori, dimostra


che nell’agroalimentare la qualità può interessare il prodotto, può interessare il
processo, ma sempre coinvolge l’organizzazione del sistema produttivo aziendale e di
filiera. Anche per un prodotto dop, per esempio, punta di diamante della qualità
agroalimentare italiana, l’innovazione modifica poco il prodotto (che per definizione
mantiene le caratteristiche tipiche acquisite nel tempo), può coinvolgere il processo
(inserendo progresso tecnico vincolato però al mantenimento delle caratteristiche di
tipicità), ma coinvolge radicalmente l’organizzazione produttiva, con la formazione
di nuovi soggetti come “il consorzio di tutela”, l’implementazione di un sistema di
controllo e certificazione, la creazione di nuove strategie di commercializzazione.
Mentre l’innovazione di prodotto e di processo creano soprattutto il consumo di
nuove competenze nelle figure professionali già attive in azienda, quella
13
organizzativa e di sistema creano il fabbisogno di figure professionali, del tutto
nuove, specie nell’agricoltura e nell’agroalimentare.

Tabella 2 – Le macro fasi di una strategia di qualità

Macrofasi Descrizione
La pianificazione Si definisce il profilo della qualità dei prodotti
sulla base della propria strategia competitiva
ed i relativi processi.
La creazione di un sistema qualità Si pianificano e realizzano tutte le attività di
produzione e di controllo per garantire
all’interno dell’azienda o della filiera il
raggiungimento degli obiettivi pianificati ed il
loro miglioramento nel tempo, al minimo
costo.
La certificazione E’ il principale strumento per dare evidenza ai
consumatori, agli operatori di mercato ed alle
istituzioni della conformità dei prodotti e/o del
sistema di gestione agli obiettivi pianificati.
La promozione Una volta realizzata e certificata la qualità
deve essere opportunamente promossa al
proprio target di mercato sulla base della
strategia competitiva predefinita dall’azienda
e/o dalla filiera.

Queste considerazioni dimostrano che, a prescindere dalla loro eventuale


certificazione, qualità di prodotto e qualità di sistema non siano alternative ma
complementari: si ottiene un prodotto di qualità, se l’azienda e la filiera sono
organizzate secondo logiche di qualità e se in esse operano persone
professionalmente competenti. Questa affermazione, oltre che da esperti ed operatori
qualificati, trova conferma nell’esperienza italiana ed europea di questi anni, che
mostra come strutture operanti nell’ambito della qualità di prodotto (per esempio nel
sistema della denominazione protetta “Parmigiano Reggiano”) abbiano trovato
opportuno e conveniente anche implementare e certificare un sistema per la gestione
qualità, soprattutto per favorire la commercializzano e l’esportazione del prodotto.
Oppure strutture che in un primo momento avevano adottato un sistema qualità,
hanno poi trovato conveniente implementare una delle diverse forme di certificazione
di prodotto (biologico, tracciabilità, filiera controllata di qualità).

E’ importante sottolineare l’ordine delle macrofasi indicate per la realizzazione di una


strategia di qualità: pianificazione, sistema organizzativo e gestionale, certificazione e
promozione. Queste fasi, inoltre, devono essere coerenti con la strategia competitiva
adottata.
14
In molte strutture produttive, invece, spesso si parte dalla certificazione e si risale alla
pianificazione della qualità.

Questa errata impostazione, riscontrata sia in aziende certificate ISO 9000, sia in
sistemi territoriali dop ed igp, evidenzia diversi problemi operativi e limita
fortemente i vantaggi della scelta della qualità e della stessa certificazione.

I principali problemi sono:

• errato affidamento sulla certificazione come unico fattore strategico e non


come una delle componenti fondamentali di una strategia competitiva orientata
al consumatore;
• sottovalutazione della necessità di implementare logiche sistemiche a
prescindere dalla certificazione ISO 9000;
• separazione tra sistema organizzativo e gestionale reale e sistema certificato,
che viene visto come insieme di adempimenti burocratici e spesso trattati come
tali;
• oppure (in alternativa al punto precedente) implementazione di un sistema
organizzativo e gestionale, calato dall’alto, non pianificato per quella specifica
realtà produttiva con alti costi gestionali e difficoltà operative.

La separazione tra pianificazione e certificazione della qualità e la piena


comprensione del ruolo della certificazione sono fattori critici, con importanti
conseguenze anche nella definizione delle nuove figure professionali della qualità e
nella loro formazione.

E’ necessario, inoltre, che le strutture di consulenza che aiutano l’imprenditore a


definire la propria politica della qualità, siano nettamente separate da quelle della
certificazione.

La certificazione e la normazione volontaria

La certificazione è l’attività svolta da un organismo debitamente autorizzato per


attestare, con adeguata attendibilità, la conformità di un prodotto (o sistema qualità
o competenza professionale), ai requisiti prefissati da una specifica norma o altro
documento normativo.

La certificazione, nata come procedura per creare confidenza tra le parti, sta
assumendo sempre più, soprattutto per l’azione dell’Unione Europea, il ruolo di
strumento informativo a valenza generale, nei confronti dei consumatori e delle
amministrazioni pubbliche.

15
La certificazione è fondamentalmente un atto di garanzia verso terzi, i consumatori, i
propri clienti, le istituzioni.

Le imprese e/o le organizzazione di filiera che, adottando un sistema produttivo ed


organizzativo di qualità, si assicurano il raggiungimento di determinati obiettivi di
qualità predefiniti, con la certificazione garantiscono i propri clienti ed il resto del
mondo su quali siano questi obiettivi, sull’impegno profuso e sull’effettivo loro
raggiungimento.

Gli organismi di certificazione devono dimostrare di possedere effettivi requisiti di:

- imparzialità e indipendenza economica;


- rappresentatività, che si ottiene con la partecipazione negli organi direttivi
di tutte le parti interessate (rappresentanze di categorie produttive, dei
consumatori, della pubblica amministrazione) senza che nessuna abbia un
ruolo preponderante o prevalente sulle altre;
- trasparenza, documentando adeguatamente sia il funzionamento interno,
che l’attività di certificazione.
- competenza tecnica nei settori specifici di intervento.

Gli organismi di certificazione operano sulla base di specifiche norme di riferimento


e devono, a loro volta, essere dichiarati idonei e controllati da organismi di
accreditamento.

Tabella 3 - Il sistema di accreditamento

Ambito di Denominazione Settore di intervento


riferimento

Internazionale IAF (International Accreditation Forum) Organismi di


certificazione
ILAC (International Laboratory Accreditation Laboratori di analisi e
Conference) prova

Europeo EAC (European Accreditation of Certification) Organismi di


certificazione
EAL (European Cooperation for Accreditation of Laboratori di analisi e
Laboratories) prova

Italiano SINCERT (Sistema nazionale per l’accreditamento Organismi di


degli organismi di certificazione) certificazione
SINAL (Sistema nazionale per l’accreditamento dei Laboratori di analisi e
laboratori prova
SICEV (Sistema italiano di certificazione dei Valutatori
valutatori)

16
In Italia il SINCERT si è formalmente costituito nel 1991, ha natura giuridica di
associazione senza fini di lucro.

Sono soci di SINCERT: gli organismi di normazione UNI e CEI, il CNR, l’ENEA,
molti Ministeri, l’Unioncamere, la maggior parte delle rappresentanze delle categorie
professionali, associazioni ed organismi interessati a vario titolo nelle problematiche
della qualità.

Il SINCERT è membro dell’EAC ed è uno dei promotori e firmatari dell’EAC


Multilateral Agreement, un accordo per il mutuo riconoscimento degli accreditamenti
effettuati nei propri paesi di intervento, garantendo sulla equivalenza dei principi, dei
metodi e delle procedure.

Attualmente è in fase avanzata una profonda riforma del sistema di accreditamento in


Italia, con la creazione di una struttura unica: sia per gli organismi di certificazione,
sia per i laboratori di prova.

Gli obiettivi, maggiormente condivisi, di questa riforma sono:

- qualificare il sistema di accreditamento con un più puntuale controllo degli


organismi di certificazione
- favorire una maggiore presenza dell’operatore pubblico e delle
rappresentanze sociali nell’organismo unico di accreditamento
- sviluppare competenze professionali specifiche nei vari schemi di
certificazione e nei diversi settori produttivi
- favorire più forti relazioni internazionali ed accrescere l’immagine del
nostro sistema di certificazione/accreditamento all’estero.

L’Unione Europea negli ultimi venti anni, a partire dalla risoluzione conosciuta
come Nuovo Approccio (1985), ha progressivamente incrementato gli interventi e le
indicazioni nel campo della normazione e certificazione di qualità.

Nella realizzazione di queste politiche l’Unione Europea conferma costantemente il


riconoscimento - in molti casi si può parlare di vera e propria legittimazione -
dell’impianto normativo volontario definito dal sistema EN ISO, sia per quanto
riguarda la normazione, considerata più semplice, flessibile ed efficace rispetto
all’emanazione di leggi verticali nei vari settori produttivi, sia, soprattutto, per quanto
riguarda il sistema di certificazione ed accreditamento.

In questo senso viene sempre di più sollecitato ed incentivato lo sviluppo e l’adozione


delle norme ISO 9000 e viene sempre più indicata la necessità che i sistemi di
controllo, anche per regolamentazioni pubbliche (come per il biologico, per le
denominazioni d’origine protette, per l’etichettatura obbligatoria delle carni bovine)

17
siano conformi ai principi ed ai metodi delle norme EN 45000, relative alla
certificazione volontaria.

La normazione viene definita, in ambito ISO, come l’attività volta a fornire regole,
linee guida o caratteristiche tecniche per la soluzione di problemi effettivi o
potenziali, nel campo della scienza, della tecnica e dell’economia.

I principi della normazione volontaria sono, pertanto, la partecipazione ed il


consenso, mentre il suo obiettivo primario è la trasparenza degli scambi.

Le norme volontarie sono documenti:

- accessibili da chiunque;
- proposti ed elaborati dalle parti interessate;
- emessi da organismi competenti e riconosciuti a livello nazionale ed
internazionale;
- evolutivi, sottoposti cioè a verifiche continue sulla base dell’esperienza e
delle nuove acquisizioni scientifiche e tecnologiche.

Per questo impianto normativo, divenuto riferimento istituzionale e culturale a livello


europeo, è facile prevedere un’ulteriore crescita di influenza a livello mondiale,
soprattutto dopo il riconoscimento dei suoi obiettivi, principi e metodi, operato dal
WTO (Word Trade Organization).

In linea di massima esistono due sistemi di organismi di normazione: uno, più antico,
per il settore elettrotecnico, l’altro generale per tutti gli altri settori. Il settore
elettrotecnico ha svolto storicamente un ruolo di precursore per evidenti necessità di
garantire standard e sicurezza, ma, attualmente, i due sistemi sono sempre più
integrati.

Tabella 4 - Il sistema di normazione volontaria

Ambito di riferimento Denominazione Sigla della


norma

Internazionale ISO - International Organization for Standardization ISO


IEC - International Eletrotechnical Commission

Europeo CEN – Comitato Europeo di Normazione EN


CENELEC – Comitato Europeo di normazione
elettrotecnica

Italiano UNI - Ente nazionale di Unificazione UNI


CEI - Comitato Elettrotecnico Italiano CEI

18
Gli organismi di normazione dei principali paesi industrializzati sono stati fondati
all’inizio del secolo (in Italia: il CEI nel 1906 e l’UNI - al tempo denominato UNIM -
nel 1921).

L’ISO è stata fondata a Londra nel 1947. Ad esso aderiscono gli organismi di
normazione di oltre cento Paesi.

19
Diverse forme di certificazione

La certificazione, pure riferendosi a principi e metodi comuni, in concreto si articola


in diversi schemi, adattati alle diverse esigenze e strategie organizzative.

Nella Tabella successiva si riportano sinteticamente i principali schemi di


certificazione, che interessano i settori agricolo ed agroalimentare, specie in Italia.

Tabella 5 – Principali schemi di certificazione nell’agroalimentare

Tipologia di certificazione Denominazione Norma di riferimento


Certificazione di sistema Sistema di gestione per la UNI EN ISO 9001:2000
Qualità
Sistema di gestione ambientale UNI EN ISO 14000; EMAS
Sistema di gestione etica SA 8000

Certificazione di prodotto Denominazioni di origine Reg.CE 2081 e 2082/92


regolamentata
Produzioni biologiche Reg CE 2092/91
Etichettatura volontaria carni
bovine
Prodotti a marchi collettivo Leggi Regionali
promossi da leggi regionali
(esempio: Agriqualità Toscana)

Certificazione di prodotto Marchi aziendali con UNI CEI EN 45020


volontaria disciplinari di qualità di
prodotto certificati
Marchi collettivi con UNI CEI EN 45020
disciplinari di qualità certificati
Tracciabilità UNI 10939, UNI 11020
Filiera di qualità controllata UNI CEI EN 45020
Prodotto OGM free Protocolli Sincert
Standard internazionali Eurepgap, BRC, IFS

Certificazione di sistema per la gestione della qualità

La norma di riferimento è l’UNI EN ISO 9001:2000, detta anche vision 2000, come
evoluzione di due versioni precedenti: la norma ISO 29000 e le ISO 9000:94. Più che
una norma tecnica, rappresenta una potente linea guida per le organizzazioni che
intendono adottare le logiche del “total quality”.

Il suo grande successo è legato a due fattori fondamentali:

20
• eccezionale flessibilità: può essere adottata da qualsiasi forma di
organizzazione: piccole e grandi aziende, istituzioni pubbliche, strutture del
terzo settore;

• riconoscimento internazionale: è riconosciuta in ambito ISO in oltre 100 Paesi.

La norma ISO più che per i consumatori è orientata a favorire gli scambi ed a creare
confidenza tra gli operatori economici. In questo ambito rappresenta uno strumento di
facilitazione dell’organizzazione delle filiere agroalimentari e di supporto alla
esportazione.

La norma è fondata su “otto principi della qualità” che riportiamo nella tabella 6.

Tabella 6 – I principi della gestione per la qualità

Principi della qualità Descrizione


Orientamento al cliente Le organizzazioni devono conoscere le esigenze dei
clienti, soddisfare i requisiti richiesti e cercare di
superare le loro aspettative
Leadership Le direzioni devono sviluppare politiche di qualità e
creare un ambiente interno motivato per il
raggiungimento degli obiettivi della qualità
Coinvolgimento del personale Gli operatori a tutti i livelli devono conoscere,
comprendere e sostenere la politica e le procedure di
qualità dell’organizzazione
Approccio per processi Gli obiettivi della qualità si raggiungono più
facilmente quando le attività dell’organizzazione sono
gestite come processi, cioè come trasformazioni di
input in output
Approccio sistemico alla gestione Tutti i processi aziendali sono correlati ed ognuno
crea valore aggiunto per la soddisfazione del cliente e
l’efficienza organizzativa
Miglioramento continuo La qualità è sempre dinamica e si persegue con il
miglioramento sistematico delle perfomances
organizzative
Decisioni basate su dati di fatto Le decisioni aziendali devono fondarsi su dati ed
informazioni opportunamente raccolte, analizzate e
sistematizzate
Rapporti di reciproco beneficio con i I migliori risultati per i clienti si hanno quando tra
fornitori organizzazione si sviluppano relazioni cooperative.

Questi principi hanno una grande validità per le aziende e le filiere agroalimentari e
la loro applicazione è opportuna anche se le aziende intendono adottare sistemi di
certificazione di prodotto.

21
Tabella 7 – Le certificazioni ISO 9000 in Italia (tutti i settori)*

Anno Organizzazioni
certificate ISO
9000
1992 457
1994 2.336
1996 7.370
1998 18.283
2000 39.411
2002 62.214
*Nostra elaborazione su dati Sincert

Tabella 8 – Certificazione ISO 9000 in agricoltura e nell’agroalimentare

Regioni Settore 01 * Settore 03 **


Abruzzo 2 102
Basilicata 2 42
Calabria 2 65
Campania 11 270
Emilia Romagna 63 717
Friuli Venezia Giulia 10 66
Lazio 28 135
Liguria 6 33
Lombardia 84 458
Marche 5 78
Molise 0 39
Piemonte 15 169
Puglia 6 155
Sardegna 9 172
Sicilia 30 143
Toscana 22 162
Trentino Alto Adige 31 54
Umbria 20 87
Valle d’Aosta 10 10
Veneto 76 477
Totale Italia 432 3.434
* Settore 01: agricoltura - **Settore 3: Alimenti e Bevande
Nostra elaborazione su dati SINCERT (dati 31 marzo 2005)

In solo dieci anni la crescita di certificazioni è stata esponenziale. Tutto lascia


prevedere che questa crescita sia pure a ritmi meno sostenuti debba continuare nel
breve e medio periodo.
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Sono spinte alla certificazione:

- le aziende agricole medio grandi che commercializzano direttamente il


prodotto in Italia e soprattutto all’estero;
- le organizzazioni economiche (cooperative ed Organizzazioni dei
produttori) nelle relazioni con l’industria e la distribuzione;
- le industrie agroalimentari.

Certificazione dei sistemi di gestione ambientale

La norma di riferimento è l’UNI EN ISO 14001. L’impostazione generale è omologa


alla norma ISO 9000, ma con l’obiettivo di controllare e migliorare gli impatti
ambientali connessi ai prodotti/servizi ed ai processi produttivi.

La norma ha come prerequisito il rispetto della legislazione ambientale, ma prevede


anche l’analisi iniziale e la quantificazione degli aspetti ambientali, il monitoraggio
delle prestazioni e degli impatti ed il loro miglioramento nel tempo.

I principali fattori che la Norma ISO 14001 prende in considerazione sono:

- l’uso di materie prime e delle risorse naturali;


- la presenza di residui e sostanze inquinanti e/o tossiche nei prodotti;
- l’utilizzo di sostanze pericolose e/o tossiche per l’uomo e per l’ambiente;
- gli scarichi nei corpi idrici e le relative attrezzature ed impianti di trattamento;
- le emissioni in atmosfera ed i relativi impianti di abbattimento;
- la gestione dei rifiuti e degli effluenti;
- il risparmio di energie non rinnovabili;
- gli impatti specifici sugli ecosistemi in particolare protetti;
- altri aspetti ambientali legati alla comunità (rumori, odori, altro).

Tabella 9 – Certificazioni ISO 14000 in Italia (tutti i settori)

Anno Organizzazioni
certificate ISO 14000
1996 31
1998 156
2000 717
2002 2.117
Nostra elaborazione su dati SINCERT

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Tabella 10 – Certificazioni ISO 14000 in agricoltura e nell’agroalimentare

Regioni Settore 01* Settore 03**


Abruzzo 1 6
Basilicata 0 11
Calabria 0 7
Campania 1 61
Emilia Romagna 9 109
Friuli Venezia Giulia 0 3
Lazio 7 9
Liguria 1 9
Lombardia 2 33
Marche 0 5
Molise 0 6
Piemonte 1 15
Puglia 0 55
Sardegna 0 34
Sicilia 0 59
Toscana 0 12
Trentino Alto Adige 1 1
Umbria 6 7
Valle d’Aosta 0 0
Veneto 7 17
Totale Italia 36 459
*Settore 01: Agricoltura - **Settore 03: Alimenti e Bevande
Nostra elaborazione su dati Sincert (31 marzo 2005)

Nei primi mesi del 2005 è stata emanata una nuova versione della norma, la ISO
14001:2004, che specifica meglio gli obiettivi della qualità ambientale, accresce la
compatibilità con i principi, i metodi e le procedure della norma ISO 9001:2000 e
impone una maggiore attenzione ai requisiti cogenti.

La Norma Iso 14001 riguarda la gestione ambientale di un’organizzazione


(un’azienda, ma anche un Comune o altro ente pubblico), ma in questi ultimi anni,
soprattutto nel Nord Europa, si tende ad estendere l’impegno ambientale lungo tutto
la filiera produttiva, mediante uno strumento chiamato LCA (Life Cycle Assessment,
letteralmente “valutazione del ciclo di vita”). Secondo la definizione del SETAC
(Society of Environmental Toxicology and Chemistry) lo LCA è un processo che:

- analizza gli effetti ambientali di un prodotto, processo o attività;


- valuta gli impatti sull’ambiente dei consumi di energia, dei rifiuti e degli
effluenti;
- identifica le opportunità di migliorare tali effetti ed impatti.
24
Per realizzare un LCA il sistema ISO ha emanato una serie di norme di riferimento:

- UNI EN ISO 14040 – Principi di riferimento della gestione ambientale e


della valutazione del ciclo di vita;

- UNI EN ISO 14041 – Definizione degli obiettivi, del campo di applicazione


e dell’analisi d’inventario nella gestione ambientale e nella valutazione del
ciclo di vita;

- UNI EN ISO 14042 – Valutazione d’impatto del ciclo di vita;

- UNI EN ISO 14043 – Interpretazioni relative al Ciclo di vita.

Nonostante lo LCA sia relativo al prodotto esso rimane di pertinenza delle


organizzazioni che adottano sistemi di gestione ambientale, senza fornire alcun logo
o possibile riferimento alla certificazione da apporre sul prodotto commercializzato.
A questo fine in Europa si sta diffondendo un ulteriore strumento l’EPD
(Environmental Product Declaration letteralmente, dichiarazione ambientale di
prodotto), come strumento comunicativo rivolto essenzialmente ai consumatori. Lo
schema di certificazione dell’EPD è di origine svedese (MSR 1999:2) con riferimento
alle norme ISO 14020 (certificazione ambientale di prodotto).

Un altro modo, più istituzionale, per comunicare l’impegno aziendale per l’ambiente
è costituito dalla Registrazione EMAS, normata dalla Unione Europea.

La registrazione EMAS consiste in un sistema di gestione ambientale certificato,


conforme all’ISO 14001, nel quale, però, la dichiarazione ambientale iniziale (che
include la valutazione ambientale dei siti e dei processi produttivi e la definizione
degli obiettivi di miglioramento) viene approvata da un organismo pubblico
autorizzato (in Italia dalle Agenzie regionali per l’Ambiente). La registrazione EMAS
viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale Europea e permette l’utilizzo sui prodotti di
uno specifico logo (un delfino azzurro).

La certificazione di gestione ambientale non mostra un trend di crescita come la


certificazione per la qualità, in particolare nei settori agricolo ed agroalimentare
italiani. Secondo la maggior parte degli esperti questa situazione dipende da tre fattori
principali:

- la ridotta sensibilità ambientale in Italia rispetto ai Paesi del Centro e del


Nord Europa;
- il fatto che il settore agricolo ed agroalimentare non appare particolarmente
critico rispetto all’ambiente;

25
- la preferenza del consumatore italiano per le certificazione biologica, più
conosciuta e considerata efficace anche e soprattutto relativamente agli
impatti ambientali.

Nonostante queste considerazioni si ritiene che le imprese italiane saranno sempre più
interessate anche a questi schemi di certificazione, soprattutto se intenzionate ad
espandersi nei mercati scandinavi e, più in generale, nord europei ed anglosassoni.

Ai fini della valutazione dei fabbisogni formativi, inoltre, bisogna tener conto che gli
aspetti ambientali, e le competenze professionali relative, interessano sempre di più
tutti gli schemi di certificazione, più o meno integrati.

Certificazione di gestione etica

In questi anni, soprattutto dopo alcune situazioni incresciose relative allo


sfruttamento del lavoro minorile da parte di strutture in outsourcing di importanti
multinazionali, cresce l’attenzione di fasce importanti dei consumatori riguardo alla
“responsabilità sociale” delle imprese.

Il CEP (Council on economic priorities), fondato nel 1969, da associazioni sindacali,


organizzazioni non governative ed imprese operanti a livello internazionale, per
favorire la trasparenza dei comportamenti sociali, ha pubblicato nel 1997 lo standard
internazionale SA 8000 sulla responsabilità sociale delle aziende.

Il CEP ha anche costituito il CEPAA: Agenzia di accreditamento del CEP, per le


strutture di certificazione relativamente alla norma SA 8000.

Lo standard SA 8000, fa riferimento alla Dichiarazione Universale dei Diritti


dell’Uomo ed alla Convenzione ONU per i diritti del fanciullo, e, in conformità con
le indicazioni dell’ILO (Organizzazione Internazionale del lavoro), fornisce una serie
di prescrizioni minime e di sistemi gestionali di controllo, relativi essenzialmente a:
- sicurezza sul lavoro e tutela della salute dei lavoratori;
- rimozione di tutte le discriminazioni sul lavoro (etnia, religione e idee
politiche);
- pari opportunità tra uomini e donne e rimozione dello sfruttamento
femminile;
- libertà di associazionismo;
- orario massimo di lavoro, diritto alle ferie ed al riposo settimanale;
- annullamento del lavoro minorile e possibilità dei bambini di frequentare la
scuola;
- salario minimo per un sostentamento dignitoso sulla base del costo della
vita vigente nel Paese di riferimento.

26
Lo standard SA 8000 non ha avuto, per il momento una grande diffusione in Italia,
specie nei settori agricolo ed agroalimentare, soprattutto perché le prescrizioni
indicate sono, in genere, inferiori a quanto previsto dalla legislazione vigente in
materia di lavoro e dagli accordi sindacali in essere.

In altri Paesi Europei, lo Standard SA 8000 comincia ad essere richiesto alle imprese
anche agroalimentari, che importano e trasformano materie prime e semilavorati da
Paesi in via di sviluppo e con limitate tutele sindacali e/o legali del lavoro. Al
momento, questa sensibilità sembra meno evidente o, comunque, più limitata in
Italia.

Certificazione integrata di sistema

Le norme ISO 9001 e SO 14001 sono fondate sugli stessi principi e sugli stessi
metodi gestionali e sistemici. Questo isomorfismo permette alle organizzazione di
integrarle facilmente, mettendo sotto controllo sia i processi relativi alla qualità ed
alla soddisfazione dei clienti, sia tutti gli aspetti ed impatti ambientali.

Secondo molti esperti questa integrazione potrebbe garantire un approccio orientato


alla qualità totale ai più bassi costi possibili per le imprese.

Le imprese, inoltre, implementerebbero in modo organico e sistematico tutte le


procedure richieste dalle diverse normative cogenti relative alla qualità ed
all’ambiente, razionalizzando gli adempimenti burocratici, sistematizzando la
gestione e garantendosi più efficacemente, nei confronti delle Autorità di Vigilanza
Pubblica, dal rischio di trasgressioni e sanzioni.

L’interesse per la certificazione integrata di sistema per le aziende agroalimentari


potrebbe ulteriormente crescere per la recente emanazione della norma ISO relativa ai
sistemi di gestione per la sicurezza alimentare, la ISO 22000.

La norma si propone di garantire:

- la pianificazione, l’attuazione ed il miglioramento del sistema di


autocontrolli igienico-sanitario, secondo il metodo haccp;
- la gestione delle procedure di tracciabilità, gestione delle emergenze e
richiamo dal mercato;
- l’identificazione di tutti gli attori coinvolti nel sistema, incluso i fornitori di
materie prime, pesticidi, coadiuvanti tecnologici ed imballaggi;
- la comunicazione interna ed esterna all’azienda;
- la qualificazione del personale.

Con queste ulteriori implementazioni, ed eventualmente includendo anche principi di


gestione etica e di responsabilità sociale delle imprese, si ha quell’approccio, definito

27
“total quality food oriented”, che si imporrà, secondo molti esperti ed osservatori,
come standard di riferimento negli scambi alimentari internazionali.

Questo approccio ha, come si vedrà meglio in seguito, conseguenze anche nella
definizione delle figure professionali e dei relativi fabbisogni di formazione e
qualificazione, rendendo necessario sia competenze sistemiche generali, sia
specialistiche.

Certificazione di prodotto regolamentata e volontaria

La certificazione di sistema favorisce gli scambi, migliora le relazioni economiche


lungo la filiera, nei rapporti con la GDO (Grande Distribuzione Organizzata) e nel
commercio internazionale. Essa però non ha forti valenze comunicative con i
consumatori finali, specie in realtà sociali come nel nostro Paese, dove è tuttora
limitata la diffusione delle associazioni dei consumatori.

I consumatori, individualmente, non hanno modo di accedere alle fonti informative e


documentali dei sistemi di gestione certificati (norme, manuali, documenti di
pianificazione della qualità, dichiarazioni di intenti, eccetera), non hanno modo di
valutarne l’estensione e l’efficacia, rimangono disorientati rispetto a segnali della
qualità relativi a diverse tipologie merceologiche di prodotti e servizi, agroalimentari
e non.

In alcuni Paesi sono le Associazioni dei consumatori a svolgere questo ruolo di


interfaccia comunicativa, informando i propri associati dei reali impegni
imprenditoriali delle aziende e stimolando le imprese ad orientarsi verso determinati
obiettivi di qualità.

Per questi motivi i consumatori soprattutto italiani, in un quadro generale di scarsa


informazione, sembrano preferire la certificazione di prodotto, che è finalizzata a
garantire specifiche caratteristiche degli alimenti immessi sul mercato e/o del loro
processo produttivo.

Il consumatore percepisce, infatti, la qualità nella rispondenza tra requisiti dichiarati e


le proprie attese prioritarie e nello stesso tempo ricerca garanzie di veridicità su
quanto dichiarato in etichetta o, più in generale, nei vari strumenti comunicativi
dell’impresa produttrice.

Nella certificazione di prodotto l’organismo terzo accreditato fornisce adeguata


garanzia di conformità tra le caratteristiche del prodotto immesso sul mercato e le
specifiche predeterminate in un documento normativo (il più delle volte definito
disciplinare) relativo alle caratteristiche stesse del prodotto o al processo produttivo.

28
I principi ed i metodi della certificazione di prodotto sono leggermente differenti da
quella di sistema. Per questo motivo le norme di riferimento per l’accreditamento
sono diverse EN 45011 per i prodotti, EN 45012 per i sistemi gestionali.

Si distingue tra:

- certificazione di prodotto regolamentata, quando le indicazioni di fondo


nella realizzazione dei disciplinari e degli altri documenti normativi sono
fissate da leggi ed i prodotti ottengono un riconoscimento o
un’autorizzazione pubblica (dop, igp, biologico)

- certificazione volontaria, quando le indicazioni di fondo nella realizzazione


dei disciplinari e degli altri documenti normativi sono fissate dal sistema
normativo volontario.

Le due tipologie non sono distinte, ma strettamente integrate. La legislazione,


soprattutto comunitaria fissa alcuni principi di fondo, in conformità agli obiettivi che
intende raggiungere, e poi delega al sistema volontario l’organizzazione dei controlli
e della certificazione.

Dal punto di vista organizzativo e procedurale, in definitiva, la certificazione di


prodotto regolamentata, corrisponde a quella volontaria, con alcune indicazioni e
prescrizioni aggiuntive stabilite per legge.

Denominazioni di origine protetta

Rappresentano le più importanti strategie italiane di qualità legata al territorio.

In Italia il sistema di prodotti a denominazione d’origine ha una storia consolidata e


complessa. Basti pensare che la normativa nazionale sui formaggi risale al 1954 e
che, con apposite leggi, sono state riconosciute le denominazioni di prodotti quali il
Parmigiano, prosciutto di Parma e quello di San Daniele.

Ad ognuna di queste produzioni corrispondeva un Consorzio di tutela riconosciuto


che svolgeva funzioni di tutela, di valorizzazione, di vigilanza e di controllo. Questi
consorzi sono nati per lo più sulla base dell’iniziativa dell’industria di trasformazione
ed a volte della cooperazione.

Il Consorzio con queste caratteristiche ha assunto un ruolo centrale e determinante


nella definizione delle politiche di qualità (disciplinare), nei rapporti con la filiera e le
istituzioni, nella programmazione delle produzioni e nella promozione e
comunicazione sul mercato.

29
Questo lavoro ha consentito l’affermarsi di filiere e distretti produttivi, che hanno
costituito un primo sistema delle denominazioni, con un peso culturale ed economico
significativo sia in sede nazionale che internazionale. Tutto questo è andato di pari
passo con il crescente interesse dei consumatori verso i prodotti tipici.

Con il Regolamento Comunitario 2081/92 abbiamo assistito ad un notevole


ampliamento delle produzioni tutelate e si è posto il problema di una evoluzione
normativa ed organizzativa del sistema, nonostante che nel Regolamento non si
facesse menzione dei Consorzi di tutela.

Questo, infatti, è un elemento caratteristico del sistema italiano (anche in Francia per
la verità esiste un sistema di filiera delle Dop a carattere interprofessionale assai
avanzato).

Nella maggior parte dei casi i comitati promotori delle Dop e Igp non erano Consorzi
già costituiti e la presenza di nuovi settori produttivi (vedi olio e ortofrutta) ha posto
l’esigenza anche di nuove forme organizzative.

Queste esigenze hanno comportato un adeguamento della legislazione italiana


preesistente con la normativa comunitaria, in particolare per quanto riguarda la
distinzione netta fra compiti e funzioni dei Consorzi e ruolo degli organismi di
controllo/certificazione.

Per ogni prodotto deve essere individuato un organismo di controllo/certificazione


indipendente. Questo organismo deve essere autorizzato dal Mipaf e deve operare in
modo conforme a quanto indicato nella norma EN 45011 (certificazione di prodotto).
Per questo motivo la maggior parte degli organismi autorizzati dal Ministero sono
anche accreditati dal Sincert.

La scelta dell’organismo spetta al Consorzio o, in sua assenza, alla Regione.

I prodotti Dop hanno le seguenti caratteristiche:

‰ tutta la filiera produttiva, dalla produzione delle materie prime e la


trasformazione sino al prodotto finito deve essere inserita nell’area
geografica delimitata di cui il prodotto porta il nome;

‰ le caratteristiche qualitative del prodotto devono essere determinate


esclusivamente o essenzialmente dal territorio di origine (includendo
in questo termine non solo i fattori climatici e pedologici, ma anche
storici e culturali): i prodotti Dop sono irripetibili altrove.

Nei prodotti Igp, invece, parte della filiera, per esempio la produzione delle materie
prime, può essere esterna all’area geografica di riferimento, ma è da questo territorio

30
che il prodotto assume le sue essenziali caratteristiche qualitative che lo rendono,
anche in questo caso, irripetibile altrove.

Il documento normativo di base dei prodotti Dop ed Igp è il disciplinare che deve
essere approvato e pubblicato dall’Unione Europa.

Concettualmente il disciplinare di produzione, ha funzione di norma di riferimento


per tutta la filiera, contenendo, oltre alle specifiche di qualità di prodotto e di
processo, anche prescrizioni relative alla distribuzione e alla commercializzazione.

Fondamentalmente è costituito dai seguenti elementi:

- nome del prodotto agricolo o della derrata alimentare, che riguarda la


denominazione di origine o l'indicazione geografica;

- descrizione del prodotto comprendente le principali caratteristiche fisiche,


chimiche, microbiologiche e/o organolettiche del prodotto stesso;

- delimitazione dell'area geografica;

- elementi comprovanti che il prodotto è originario dell'area geografica


(indicazioni storiche);

- descrizione del processo di produzione secondo metodi locali e tradizionali;

- elementi che giustificano il legame con l'ambiente geografico;

- elementi specifici di etichettatura.

Su un totale europeo di poco più di 600 denominazioni, quelle italiane sono 149 (101
dop e 48 Igp), contro le 141 della Francia, le 93 del Portogallo, le 90 della Spagna e
via via gli altri Paesi.

Tabella 11 – Denominazioni di origine in Italia


Tipologie merceologiche Dop ed Igp italiane
Formaggi 31
Olive da tavola 2
Prodotti a base di carne 28
Ortofrutticoli, cereali e legumi 40
Carne 2
Panetteria 3
Olio di oliva 36
Altri (aceti balsamici, bergamotto, miele,..) 7
149
Nostra elaborazione su dati Mipaf (31 agosto 2005)

31
Con un’impostazione simile a quella delle Dop e delle Igp, il Regolamento
Comunitario 2082/92 disciplina l’attribuzione a prodotti agroalimentari
dell’attestazione di specificità (STG – specialità tradizionale garantita). Per essere
registrato il nome deve essere specifico, chiaramente distinto da eventuali prodotti
simili. In questo caso non è il territorio di origine a caratterizzare il prodotto, ma il
suo metodo di produzione tradizionale. A differenza di quanto accade per le Dop e le
Igp, qualsiasi produttore dell’Unione Europea può utilizzare l’attestazione STG,
rispettando le indicazioni e le prescrizioni del disciplinare registrato e sottoponendosi
ad adeguate forme di controllo/certificazione.

Attualmente solo due prodotti hanno ottenuto la registrazione e tra questi, nel nostro
Paese, la Mozzarella italiana. Sono state, inoltre, avanzate le proposte di registrazione
del Miele Vergine Integrale, dell’Antico Cioccolato Artigianale e del Gallo Ruspante.

Nonostante l’alto numero di registrazioni solo una minoranza delle Dop e delle Igp
italiane sono realmente commercializzate con il marchio. Questa situazione è
determinata da diversi fattori interagenti:

- difficoltà organizzative nella istituzione del Consorzio di tutela;


- limiti nella redazione del disciplinare con conseguente difficoltà a
strutturare schemi di controllo e certificazione a costi accettabili
- difficoltà organizzative nelle filiere produttive a fronte degli schemi di
controllo e certificazione.

Nonostante queste difficoltà, che evidenziano la necessità di formare personale


operante nei Consorzi e nelle filiere produttive con competenze sistemiche ed
organizzative orientate alla qualità, si ritiene che l’importanza di queste strategie
nello sviluppo dell’agricoltura e dell’agroalimentare italiano determinerà anche nel
prossimo futuro una crescita del numero di denominazioni, delle aziende interessate e
delle quantità di prodotto commercializzato.

Nell’ambito delle denominazioni di origine un discorso a parte è da riservare al


settore vitivinicolo, normato da una serie di regolamenti comunitari e leggi nazionali
di tipo verticale, relativi ai Vini di Qualità Prodotti in Regioni Determinate
(VQPRD).

Tra questi si distinguono:

- Vini a Denominazione di Origine Controllata a Garantita (DOCG)


- Vini a Denominazione di Origine Controllata (DOC)
- Vini ad Indicazione Geografica Tipica (IGP)

32
Anche in questo caso è il disciplinare di produzione, registrato attualmente con
Decreto Dirigenziale del Mipaf, a rappresentare il documento normativo di base,
mentre i controlli di conformità sono al momento svolti essenzialmente dalle Camere
di Commercio. In Italia i vini di qualità con origine controllata sono oltre 450, con
continue ulteriori implementazioni.

Tabella 12 – Le denominazioni di origine nel vino

Regione DOCG DOC IGT Totale


Valle d’Aosta 1 1
Piemonte 6 45 51
Lombardia 2 16 12 30
Veneto 23 9 32
Trentino Alto Adige 12 4 16
Friuli Venezia Giulia 10 3 13
Liguria 7 1 8
Emilia Romagna 2 20 10 32
Toscana 6 34 5 45
Marche 11 1 12
Umbria 2 10 7 19
Lazio 25 5 30
Abruzzo 3 9 12
Molise 3 2 5
Campania 1 18 9 28
Puglia 25 6 31
Basilicata 1 1 2
Calabria 12 13 25
Sicilia 18 6 24
Sardegna 1 20 15 36
Totale Italia 20 314 118 452
Nostra elaborazione su dati Mipaf (31 marzo 2005)

In questo settore le strategie di qualità si caratterizzano per la ricerca dell’eccellenza


enologica per i vini di fascia alta o per la ricerca dell’equilibrio prezzo/qualità per
quelli di fascia media o medio/alta.

Per questi ultimi l’implementazione di un sistema certificato di gestione per la qualità


può rappresentare un’utile opportunità per migliorare l’organizzazione produttiva,
ridurre i costi, garantire una certa costanza nei requisiti di qualità e di servizio,
favorire la commercializzazione e l’esportazione.

Le produzioni biologiche

33
L’agricoltura biologica si è molto diffusa nel nostro Paese insieme alla crescente
sensibilità ecologica ed ambientalista della società ed ha ricevuto un forte impulso dai
regolamenti di sostegno alle tecniche agroambientali della Pac. Attualmente gli
operatori sottoposti al sistema di controllo/certificazione sono circa 50.000, con oltre
un milione di ettari di superficie interessata (considerando anche quella in fase di
conversione).

L’agricoltura biologica è stata normata con il Regolamento CEE 2092/91, che, tra
l’altro, prevede un sistema di controllo esterno conforme alla Norma EN 45011. Si
tratta quindi operativamente di un sistema di controllo/certificazione di parte terza.

Gli organismi operanti in Italia ed autorizzati dal Mipaf sono attualmente 17, molti
dei quali anche accreditati dal Sincert, per favorire la conformità alla EN 45011.

Tabella 13 – Gli operatori biologici certificati in Italia

Regione Operatori biologici


Abruzzo 1.123
Basilicata 1.678
Calabria 4.382
Campania 1.730
Emilia Romagna 4.719
Friuli Venezia Giulia 377
Lazio 2.776
Liguria 471
Lombardia 1.528
Marche 1.813
Molise 422
Piemonte 3.024
Trentino Alto Adige 777
Puglia 4.621
Sardegna 4.762
Sicilia 8.410
Toscana 2.736
Umbria 1.350
Valle d’Aosta 69
Veneto 1.705
Totale Italia 48.473
Nostra elaborazione su dati Mipaf (31 marzo 2005)

34
Nel biologico i documenti normativi di riferimento sono gli strumenti di
pianificazione aziendale, che devono essere conformi alle indicazioni della
regolamentazione comunitaria.

L’agricoltura biologica si è radicata in Italia, prima che si diffondesse una moderna


cultura gestionale della qualità. Questa situazione ha comportato alcuni limiti:

- una certa commistione tra strutture di consulenza ed assistenza e strutture di


controllo e certificazione (per alcuni anni, sono stati quasi esclusivamente i
tecnici del biologico a promuovere l’applicazione del Reg.CEE 2092/91)

- un’approccio fortemente tecnico ed aziendalistico, che ha limitato, di fatto


al di là delle intenzioni dei tecnici, l’organizzazione di filiere biologiche

Relativamente al secondo punto c’è da considerare che ancora oggi parte significativa
della produzione biologica viene commercializzata come convenzionale, per assenza
di canali di commercializzazione specifici, e che, nel settore, si evidenziano alti costi
logistici e di transazione, che ne frenano l’ulteriore sviluppo.

La conformità alla normativa non è sufficiente, inoltre, per soddisfare tutte le


aspettative che i diversi target di consumatori esprimono: informazioni, servizi
connessi, comodità d’uso, costanza dei requisiti, rapporto prezzo/qualità.

Anche in questo settore, pertanto, si verifica un forte fabbisogno di innovazioni


organizzative soprattutto di filiera o, comunque, post raccolta. Tra queste, per gli
scopi di questo lavoro, è opportuno considerare: l’implementazione di sistemi di
gestione per la qualità e la customer satisfaction.

Altre forme di certificazione di prodotto regolamentata

Oltre a quelle indicate si stanno diffondendo altre forme di certificazione di prodotto


regolamentata:

ƒ sistemi di tracciabilità ed etichettatura della carne bovina con la possibilità


di inserire anche requisiti di qualità volontari

ƒ produzioni a marchio collettivo promossi da Leggi Regionali.

Il primo caso nasce della regolamentazione comunitaria sviluppata a seguito della


crisi della BSE, ma che con il tempo assume un orientamento alla qualità, specie per
la possibilità di implementare requisiti volontari oltre quelli obbligatori relativi
essenzialmente alla tracciabilità.

35
Il secondo caso è relativo ad iniziative delle Regioni, che hanno cercato di favorire
una valorizzazione commerciale ai sistemi di agricoltura integrata, sviluppati a
seguito delle cosiddette misure agroambientali comunitarie: i disciplinari sono
predisposti dalla Regione (tramite propri enti strumentali) mentre il
controllo/certificazione viene delegato ad organismi terzi accreditati dal Sincert.

Certificazione di prodotto volontaria

La certificazione di prodotto volontaria si sta lentamente diffondendo nel settore


agroalimentari italiano, ma la maggior parte degli esperti e degli osservatori ritiene
che si svilupperà moltissimo nei prossimi mesi ed anni.

A favore di questi schemi di certificazione giocano:

ƒ il maggior impatto nei confronti dei consumatori, rispetto alla certificazione


di sistema;

ƒ la grande flessibilità e dinamicità, rispetto agli impianti regolamentati che


poggiando su basi legislative, di questi acquisiscono i vantaggi
(autorevolezza), ma anche gli svantaggi (tempi lunghi di regolazione e
revisione, rigidità, approccio tendenzialmente erga omnes).

Nella certificazione di prodotto volontaria, un organismo terzo attesta, con fondata


attendibilità, che un determinato prodotto possiede le caratteristiche indicate in un
disciplinare di riferimento.

La certificazione più precisamente, attesta che:


- i prodotti commercializzati hanno le caratteristiche specificate nel
disciplinare di riferimento;
- i produttori e/o trasformatori gestiscono un sistema di “autocontrolli”
specificati nel disciplinari ed efficaci a perseguire gli obiettivi di qualità del
prodotto predefiniti;
- che i controlli, le visite ispettive e le eventuali prove effettuate
dall’organismo terzo confermano la conformità dei prodotti, l’efficacia
degli autocontrolli e, in generale, il buon funzionamento del sistema
produttivo;
- che le eventuali non conformità riscontrate internamente o esternamente
(per esempio da reclami) vengono opportunamente gestite.

Il documento base è il disciplinare che contiene una parte pubblica con l’indicazione
degli obiettivi e dei requisiti della qualità, la descrizione del prodotto, i riferimenti
legislativi e normativi e che dovrebbe essere portata a conoscenza dei consumatori.

36
La seconda parte, invece, è più tecnica e contiene le procedure di controllo e di
sistema.

Normalmente questa parte è stata sottovalutata, per esempio nei disciplinari


regolamentati delle dop e delle igp, con il risultato che il disciplinare stesso diventa
difficilmente gestibile o che le procedure di certificazione siano particolarmente
costose.

In ogni caso per essere certificabili i disciplinari devono contenere requisiti


specificati, controllabili e verificabili, diversi o più restrittivi di quelli cogenti.

Per avere il necessario successo di mercato, inoltre, i disciplinari devono contenere


requisiti realmente apprezzati e valorizzanti per lo specifico target di consumatori, ai
quali il prodotto è rivolto.

Tutto ciò dimostra che la realizzazione di un disciplinare è operazione delicata e


richiede competenze diverse, aggiuntive alla conoscenza del prodotto e delle tecniche
di produzione. Di questo occorre tenere conto nella definizione e descrizione dei
fabbisogni formativi.

Come si intuisce da queste sintetiche indicazioni, la certificazione volontaria di


prodotto ha implementato alcune procedure di “sistema”, che accrescono fortemente
la sua efficacia.

Prima di tutto è riscontrabile almeno un triplice livello di controlli:

1. gli “autocontrolli” pianificati svolti dagli stessi operatori


impegnati nei processi produttivi;
2. un controllo da parte di un “valutatore” interno, che verifica
l’applicazione dei requisiti pianificati nel disciplinare e la sua
efficacia;

3. un controllo “esterno” da parte dei valutatori dell’organismo di


certificazione.

Il cosiddetto controllo interno può essere svolto da personale specificatamente


finalizzato e formato, distinto dal personale impegnato nei processi produttivi, nelle
grandi aziende di trasformazione; oppure da consulenti incaricati, nelle piccole
aziende. In alcuni casi, specie nell’agroalimentare, questi valutatori interni, assumono
una valenza di filiera: per esempio possono essere impegnati in Organizzazioni di
Prodotto o in strutture di manipolazione, confezionamento, trasformazione e svolgere
il controllo anche nelle aziende agricole conferenti o fornitrici del fresco o delle
materie prime.

37
Altro aspetto importante è la cosiddetta gestione delle non conformità. E’ evidente
che in tutte le fasi del processo produttivo i controlli evidenziano una certa
percentuale di non conforme (se tutto fosse sempre conforme il controllo sarebbe
inutile!).

Gestire il non conforme vuol dire non limitarsi ad evidenziare la sua segregazione,
ma pianificare la possibilità di rilavorazione per raggiungere i requisiti di
accettabilità, oppure di vendita declassata (fuori certificazione), oppure, nei casi
peggiori, di scarto. In ogni caso una corretta e documentata gestione del non
conforme fornisce, oltre a maggiori garanzie sul rispetto dei requisiti pianificati,
anche elementi fondamentali da analizzare e valutare per ridurre il ripetersi di
situazioni indesiderate e/o migliorare i processi produttivi.

Tabella 14 – Schema tipo di un disciplinare di prodotto

Sezione A – parte pubblica Sezione B – parte interna


- Obiettivi e motivazioni - Schematizzazione del processo
- Descrizione depositario del disciplinare - Individuazione punti critici per la qualità
- Descrizione del prodotto (specifiche di qualità) - Piano di sicurezza igienico sanitario
- Descrizione commerciale del prodotto - Identificazione e tracciabilità
- Riferimenti Legislativi e normativi - Piano dei controlli
- Gestione delle non conformità
- Azioni correttive
- Verifiche ispettive interne
- Riesame
- Piano di formazione
- Gestione della documentazione

Come è possibile immaginare gli schemi di certificazione di prodotto comprendono


diverse tipologie e possono supportare diverse strategie di qualità aziendale, di filiera
e territoriale.

Riguardo le tipologie si possono distinguere:

- certificazioni orientate ai requisiti essenziali – per esempio quando si


vuole evidenziare specifiche caratteristiche organolettiche e/o salutistiche
del prodotto (basso contenuto in grassi, oppure acidità inferiore a…,
contenuto in antiossidanti naturali,eccetera);

- certificazioni orientate ai requisiti di processo – per esempio quando si


vuole evidenziare che le materie prime sono ottenute con metodi di lotta
integrata;

38
- certificazioni orientate ai requisiti di servizio – ad esempio quando si
vuole evidenziare l’identificazione e la tracciabilità degli alimenti e delle
materie prime;

- certificazioni integrate – quando si comprendono diversi requisiti


appartenenti alle tre tipologie precedentemente indicate (in questa tipologia
rientra, ad esempio, la certificazione di filiera di qualità controllata che
evidenzia l’origine delle materie prime, le tecniche di processo e le
caratteristiche d qualità del prodotto).

Questa ricchezza di opportunità evidenzia ancora la flessibilità dello strumento e la


sua capacità di supportare diverse strategie di qualità non solo aziendali e di filiera,
ma anche territoriali.

In questo caso depositario del disciplinare (o dei disciplinari) è un istituzione


territoriale (Comune, Comunità Montana, Ente Parco, Camera di commercio,
Consorzio tra privati) e la certificazione può riguardare diversi produttori della stessa
specialità, ricadenti nella stessa area geografica, o di diverse specialità prodotte in
una stessa area geografica. Per molti aspetti si tratta di una situazione intermedia tra
la certificazione di prodotto volontaria e quella regolamentata.

Attualmente le filiere commerciali interessate da certificazioni di qualità controllata


sono alcune decine (si stima in poco più di un centinaio), soprattutto nei comparti
carne e derivati, ortofrutta e florovivaismo, lattiero caseario. Sono molti a ritenere,
però, che si tratta di uno schema di certificazione che avrà in futuro un forte
incremento, per il suo impatto positivo con i consumatori e per la sua adattabilità alle
diverse situazioni produttive e commerciali.

L’opportunità data dalla certificazione di prodotto volontaria, sia pure non ancora
molto sfruttata, è stata proposta anche per promuovere organizzativamente e
commercialmente i cosiddetti prodotti tradizionali, di cui all’art.8 del D-lgs 173/98.

Si tratta attualmente di oltre 2000 specialità iscritte negli atlanti regionali dei prodotti
tradizionali, nati per l’interesse del legislatore di garantire autorizzazioni sanitarie
specifiche che favorissero il permanere di metodiche produttive tradizionali, efficaci
per la sicurezza igienica anche se non standardizzate; ma che rappresentano in
generale delle grandi opportunità di sviluppo locale.

Spesso si esaltano questi cosiddetti “giacimenti gastronomici e culturali”, ma ben


poco si fa per organizzare e garantire efficacemente queste produzioni. E’ necessario,
invece, definire con maggiore accortezza gli atlanti, redigere correttamente i
disciplinari (attualmente i prodotti sono identificati con brevi descrizioni senza alcuna
valenza operativa), organizzare sistemi di certificazione efficaci e sostenibili per i

39
produttori, promuovere accuratamente le specialità sui mercati locali e verso i
consumatori.

Una particolare tipologia di certificazione di prodotto: la rintracciabilità

La rintracciabilità di filiera è la possibilità di ricostruire la storia di un alimento, delle


diverse materie prime ed ingredienti, delle fasi di produzione e degli operatori che
hanno contribuito alla loro realizzazione, trasformazione e commercializzazione.

Talvolta si distingue tra “rintracciabilità” come possibilità di risalire la filiera dal


prodotto finito all’origine delle materie prime e “tracciabilità” come evidenziazione
documentata delle varie fasi della filiera “dal campo alla tavola”. Per molti si tratta di
una distinzione un po’ capziosa, perché, stante il flusso dato dalla filiera produttiva,
un prodotto per essere “rintracciato” deve essere opportunamente “tracciato”. Di
valenza diversa e più importante è, invece, il dibattito su quali siano gli elementi
specifici ed i fattori produttivi da tracciare.

Da alcuni anni questi concetti, sono usciti dall’ambito ristretto degli addetti ai lavori
dei sistemi operativi e gestionali della qualità (la tracciabilità è un requisito
necessario dei sistemi qualità già a partire dalla norma ISO 29000 degli anni ‘80) per
diventare motivo di discussione tra operatori, esperti, istituzioni, organizzazioni
professionali e dei consumatori.

Il motivo di questo interesse è da ricercarsi in due fattori di fondo. Il primo è dato


dalla volontà del legislatore, prima di tutto europeo, di avere uno strumento utile
nell’ambito delle politiche tendenti a garantire la sicurezza igienico sanitaria. Dopo le
crisi europee della BSE e della carne contaminata da PCB, si ritiene necessario avere
un sistema di tracciabilità cogente in grado di:
- individuare e sanzionare le eventuali responsabilità lungo tutta la filiera;
- isolare i focolai di contaminazione in modo da poter operare efficaci ritiri
dal mercato ed evitare che le crisi assumano, come è successo, dimensioni
europee;
- avere un ulteriore deterrente verso comportamenti non conformi alle leggi.

Il secondo fattore che ha alimentato l’interesse è dato da settori del mondo produttivo
agricolo, che hanno riscontrato nella tracciabilità la possibilità di rendere cogenti
sistemi di etichettatura, che menzionassero l’origine dei prodotti agricoli.

Questo interesse ha spinto alla emanazione di due norme volontarie, la UNI 10939
sulla tracciabilità di filiera e la UNI 11020 per la tracciabilità aziendale.

Un certo interesse è stato riscontrato al momento specie per la prima, per il fatto che
la tracciabilità può dare valore aggiunto, perché, interessa al consumatore soprattutto
quando riguarda tutto il processo produttivo dal campo alla tavola, mentre la seconda

40
può interessare le aziende agricole, che vendono direttamente proprie produzioni e/o
che intendono garantirsi maggiormente rispetto alla vigilanza pubblica.

La norma UNI 10939 segue l’impianto della certificazione di prodotto volontario e


richiede di tracciare oltre i prodotti, le materie prime e gli ingredienti minori, anche
tutti gli elementi che possono impattare sulla sicurezza igienico sanitaria, per esempio
i fitofarmaci nelle produzioni agricole o gli altri coadiuvanti tecnologici che entrano a
contatto con gli alimenti.

Nonostante l’interesse, alcuni osservatori ed esperti ritengono che la norma si


avvantaggia del gran parlare intorno alla tracciabilità, ma ha un limite di fondo. Essa
richiede l’implementazione di adempimenti e procedure di gestione (controlli,
documentazione, gestione delle non conformità), ma fornisce garanzie limitate alla
tracciabilità ed alla sicurezza, tralasciando altri aspetti importanti della qualità e
spesso valorizzanti per i consumatori: sarebbe in ultima analisi sproporzionata nel
rapporto costo/benefici rispetto ad altri schemi di certificazione di prodotto, come
quella relativa alla “filiera di qualità controllata”, che include la tracciabilità e la
sicurezza, ma permette ai produttori di valorizzare altri eventuali requisiti.

Attualmente le filiere commerciali certificate a fronte della norma UNI 10939 sono
stimate in circa duecento, per le considerazioni esposte la maggior parte degli
osservatori ritiene che l’incremento futuro sarà sempre più limitato, a vantaggio della
certificazione volontaria di prodotto e di filiera e degli standard internazionali.

Gli standard internazionali

In questi anni si stanno diffondendo alcuni schemi di certificazione definiti


“standard” nazionali o internazionali o anche sistemi di gestione o di prodotto
“richiesti dal cliente”.

Si tratta di “regole” proposte da organismi in qualche modo autorevoli, al di fuori del


sistema internazionale di normazione (ISO), ma che per la loro applicazione si
servono degli organismi terzi accreditati, operanti nel sistema internazionale di
certificazione, sulla base di norme ISO 45000.

Uno standard è, come abbiamo visto, lo SA 8000, definito dal CEP per la gestione
etica.

Di una certa importanza per i sistemi agricolo ed agroalimentari italiani sono gli
standard BRC (British Retail Consortium), IFS (International Food Standard) ed
EUREPGAP.

Sono standard proposti dalla Grande Distribuzione Organizzata, che deve la sua
autorevolezza alla posizione dominante assunta nelle filiere commerciali.

41
Proponendo e/o imponendo questi standard la GDO opera verso la qualificazione dei
propri fornitori e riduce i costi dei propri controlli, riversandoli, sui fornitori stessi
che si accollano le spese della certificazione.

L’utilizzo della certificazione per creare fiducia tra le parti, per qualificare prodotti ed
organizzazioni produttive e per ridurre, in generale, i costi di transazione rappresenta,
come abbiamo visto, una grande opportunità.

L’aspetto che alcuni considerano negativo, relativamente a questi standard, è che


sono in qualche modo unilaterali: è la qualità vista dalla GDO, che potrebbe non
considerare o sottovalutare elementi importanti per i produttori agricoli ed i
trasformatori industriali. Per loro natura, per esempio, questi standard non
considerano gli aspetti della tipicità e della tradizionalità.

Occorre considerare, comunque, che questi standard non nascono dal nulla o
cervelloticamente, ma da analisi approfondite dei requisiti richiesti dai consumatori e
dalla legislazione.

Un altro rischio, sottolineato da esperti, è il moltiplicarsi di standard diversi con


l’istaurarsi di rigidità nelle relazioni commerciali, di vincoli e canali preferenziali, in
pratica il ritorno ad una situazione “ante ISO 9000”. Per evitare questo rischio sono
state proposte diverse azioni. In generale sembra molto opportuna una maggiore
integrazione tra certificazione di sistema e di prodotto, insieme con la necessaria
sottolineatura del carattere dinamico-evolutivo e non tecnico-burocratico dei sistemi
qualità ISO. Importantissima è anche la qualificazione di tutto il personale impegnato
nei sistemi di consulenza e certificazione.

Una valutazione economica e politica approfondita di questi standard esula dagli


obiettivi di questo lavoro; importante è registrare la loro forte diffusione dovuta in
sintesi a quattro fattori:

- il ruolo della GDO nella commercializzazione dei prodotti agricoli ed


agroalimentari;
- il rapporto stretto tra GDO e consumatori;
- le difficoltà del mondo produttivo, soprattutto agricolo, di organizzarsi e
proporre direttamente validi schemi di certificazione;
- la fiducia e, in generale, il ruolo positivo svolto dal sistema della
certificazione nell’organizzazione delle filiere e nelle transazioni
commerciali.

Il BRC è uno standard proposto da un consorzio formato dalle più importanti centrali
della GDO inglese in collaborazione con l’UKAS, l’ente di accreditamento britannico
(corrispondente al nostro SINCERT).

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Il BRC, rivolto ai prodotti a marchio delle aziende agroalimentari, richiede
fondamentalmente:

- una rigida applicazione dell’autocontrollo igienico sanitario secondo il


metodo haccp;
- alcuni elementi del sistema di gestione per la qualità conformi alla norma
ISO 9001, anche se non è richiesta obbligatoriamente la certificazione ISO
9001;
- alcuni buone pratiche relativamente agli impatti ambientali;
- sistematiche procedure di controllo dei prodotti e di processo.

Lo standard non ha elementi di particolare originalità, ma rappresenta un’efficace


aggregazione di diversi requisiti di qualità, con una forte e puntuale attenzione agli
aspetti igienico sanitari.

Il BRC, inoltre, prevede due livelli di adesione: foundation (di base) ed higher (livello
superiore) e fornisce strumenti, metodi e raccomandazioni per il miglioramento.

Il sistema di controllo e certificazione di BRC è coordinato da ISA (International


Supplier Auditing), un’organizzazione internazionale di certificazione, ma
fondamentalmente inglese, che opera in molti Paesi, compreso l’Italia con
convenzioni con altri organismi di certificazione accreditati e ritenuti affidabili.

Analogo al BRC è lo standard IFS, proposto dall’Associazione dei retailer tedeschi. I


requisiti sono molto simili, con alcune significative differenze: l’IFS, per esempio,
richiede sostanzialmente produzioni OGM free.

L’EUREPGAP (Euro Retailer Produce Working Group Good Agricolture Practises) è


uno standard sempre di origine tedesca, ma con la partecipazione di retailer di diversi
Paesi Europei, rivolta essenzialmente ai produttori di ortofrutta fresca, con una forte
attenzione alle buone pratiche agricole.

I requisiti richiesti dall’Eurepgap sono suddivisi in 15 capitoli:

1. tracciabilità
2. gestione della documentazione
3. varietà e portinnesti
4. gestione dei siti produttivi
5. gestione del terreno e dei substrati
6. impiego dei fertilizzanti
7. irrigazione
8. difesa integrata delle colture
9. raccolta

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10. trattamenti post raccolta
11. gestione dei rifiuti
12. salute, sicurezza sul lavoro e condizione dei lavoratori
13. aspetti ambientali
14. gestione dei reclami
15. audit interno

Lo standard EUREPGAP, richiede, per ogni aspetto trattato, requisiti aggiuntivi oltre
il livello cogente e suddivisi in obbligatori e raccomandati. L’impiego degli OGM
non è espressamente vietato, ma deve essere effettuato in conformità alla legislazione
vigente sia nel Paese del produttore, sia in quello del cliente.

Lo standard EUREPGAP, sta diventando di fatto obbligatorio per esportare, nei Paesi
dell’Europa Centro Settentrionale, prodotti ortofrutticoli freschi e ciò è alla base della
sua rapida diffusione in Italia.

Secondo alcuni le maggiori difficoltà che incontrano i produttori italiani alla


certificazione EUREPGAP rappresenta uno dei fattori della perdita di competitività
internazionale del nostro settore ortofrutticolo.

Importante è anche sottolineare il suo carattere sistemico e dinamico evolutivo.


Considerarlo solo un adempimento burocratico commerciale o, peggio, approcciarlo
in modo “furbo”, cercando di aggirare piuttosto che risolvere eventuali problemi
applicativi, può comportare nel medio periodo un crollo della nostra competitività
internazionale.

Tutto ciò ha profonde implicazioni politiche e culturali, ma anche – e in questa sede è


quello che più interessa – profonde implicazioni nella definizione delle competenze e
dei profili professionali richiesti.

Attualmente le aziende certificate a fronte degli standard BRC e IFS sono alcune
centinaia (si stima circa trecento), le aziende interessate singolarmente o in gruppo
allo standard EUREPGAP sono ancora di più. Moltissime (difficili da stimare) hanno
avviato l’iter di certificazione. Nei prossimi mesi questo numero è destinato a
crescere rapidamente, per la dipendenza effettiva delle filiere dalla GDO e per la
difficoltà delle aziende agricole (e delle loro associazioni di prodotto) di
implementare schemi di certificazione “autodeterminati” ma anche affidabili per le
fasi a valle della filiera commerciale.

Alcune problematiche del sistema

L’analisi dei principali schemi di certificazione, che in questa fase si stanno


diffondendo nei settori agricolo ed agroalimentare, ha evidenziato una serie di

44
problemi, che influiscono direttamente sulla definizione e formazione delle figure
professionali richieste.

Ai fini di questo lavoro è opportuno evidenziarne, in modo schematico,


essenzialmente quattro:

‰ assenza (o carenza) di una visione strategica da parte degli operatori


imprenditoriali;
‰ sottovalutazione e difficoltà ad affrontare gli aspetti organizzativi
della qualità;
‰ rapporto spesso conflittuale, invece che cooperativo e sinergico, tra
istituzioni pubbliche ed operatori privati;
‰ carenze di autorevolezza e di competenza del sistema di
certificazione/accreditamento italiano.

Questi problemi interagiscono tra di loro e, complessivamente, mostrano ancora un


certo ritardo nella cultura della qualità agroalimentare nel nostro Paese, nonostante la
situazione sia molto diversa rispetto a solo qualche anno fa. Appare però paradossale
che questo ritardo non permette di valorizzare le enormi potenzialità del settore,
peraltro da tutti riconosciute e declamate.

Una visione strategica orientata alla qualità deve poter coniugare in modo coerente le
aspettative dei consumatori, le risorse aziendali e territoriali, le aspirazioni ed i
comportamenti imprenditoriali. In assenza o carenza di questa visione competitiva i
tanti schemi di certificazione invece di rappresentare una risorsa, perché favoriscono
la flessibilità e l’adattabilità degli stessi alle diverse condizioni e realtà operative,
rappresentano un problema, perché sono adottati in modo estemporaneo sulla base di
valutazione di vario genere (richieste immediate del mercato, mode, sollecitazioni
non sempre ben ponderate di consulenti ed esperti, prese di posizioni delle
Istituzioni).

In questa situazione sono disorientati sia i consumatori che i produttori. I primi sono
frastornati da ciò che appare come una “giungla” di segnali della qualità, dove, tra
l’altro, i loghi della qualità certificata, si confondono con quelli istituzionali e cogenti
e con quelli commerciali. Gli imprenditori, invece, cominciano ad evidenziare segni
di frustrazione di fronte al mancato riscontro economico e tendono a considerare
inefficace in generale la certificazione di qualità, invece di verificare la coerenza e la
validità complessiva della propria strategia competitiva.

La sottovalutazione degli aspetti organizzativi della qualità è già stata più volte
evidenziata. E’ doveroso sottolineare la sproporzione tra l’enfatizzazione (peraltro
corretta e sostenuta da valide argomentazioni) del tipico e la reale capacità di
commercializzazione: un prodotto tipico non organizzato rimane un’aspirazione o un
“alimento souvenir”.

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Questi problemi sono rafforzati da diversi fattori:

- la complessità del settore: è più difficile organizzare una filiera produttiva che
un’impresa;
- sproporzione dei rapporti di forza contrattuali tra produzione e distribuzione;
- difficoltà di aggregazione organizzata soprattutto dei produttori agricoli con
evidenti carenze dell’associazionismo di prodotto che rappresentano, invece,
un nodo fondamentale per le strategie di qualità di filiera.

Caratteristica della realtà italiana, e forse conseguenza di particolari approcci


culturali, è la contrapposizione tra pubblico e privato nella qualità. A differenza di
quanto evidenziato ed anche normato dall’Unione Europea, spesso le Istituzioni
pubbliche hanno visto nel sistema di certificazione di parte terza un concorrente,
piuttosto che un supporto operativo da regolare e promuovere efficacemente. Il
concetto di “controllo” (tenere sotto controllo) invece che essere generalizzato e
considerato come la “via maestra per la qualità” è stato per troppo tempo confuso con
quello di vigilanza istituzionale, di intrinseca spettanza del pubblico.

Occorre sottolineare però che questa situazione sta mutando, anche se molto
lentamente ed in modo non uniforme: alcune Regioni, per esempio, dedicano una
maggiore attenzione a questi approcci, rispetto al Governo Statale. Il ritardo e la
lunga gestazione della riforma del sistema di certificazione ed accreditamento (in
discussione a livello ministratale da alcuni anni) rappresenta, secondo molti esperti ed
osservatori, una conferma di questo problema.

Tutte queste considerazioni accrescono le carenze generali del nostro sistema di


certificazione, che evidenzia un numero esorbitante di organismi operanti, con un
limitato, peraltro, livello di specializzazione ed una eccessiva commistione tra
competenze ed attività di consulenza e certificazione.

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Le figure professionali nei sistemi di certificazione

Implementare una strategia di qualità certificata significa operare un’innovazione di


sistema, che modifica radicalmente le competenze professionali coinvolte nel
processo produttivo. Si evidenzia contemporaneamente sia la necessità di
acquisizione di nuove competenze nel personale già impegnato, sia la necessità di
nuove figure professionali.

Per affrontare in modo più semplice e schematico questa problematica è opportuno


distinguere tre ambiti operativi:

- l’impresa (la filiera o la rete di imprese)

- la struttura di consulenza per la pianificazione ed implementazione del sistema


di qualità e di controllo

- la struttura di certificazione.

Come si vedrà in seguito questa distinzione non sempre risponde pienamente alle
situazioni operative: è più logica che reale; ma è comoda per un approccio razionale
al problema.

Le nuove figure professionali nell’azienda

L’azienda è l’ambito operativo dove viene implementata la strategia di qualità. In


essa si modificano radicalmente le professionalità e si sviluppano nuove competenze,
infatti la qualità:

- può richiedere una modifica del prodotto (anche solo, nei casi più semplici,
per gli aspetti relativi al confezionamento ed all’etichettatura)
- può richiedere una modifica dei processi produttivi (per esempio l’adozione
di tecniche tradizionali e/o a basso impatto ambientale)
- richiede una generalizzata adozione di sistemi di autocontrollo documentato
non solo relativamente agli aspetti legati alla sicurezza, ma anche, per
esempio, ai requisiti della tracciabilità e della stessa qualità intrinseca dei
prodotti
- richiede una particolare attenzione alle esigenze del cliente: consumatore
(con l’adozione di tecniche di customer satisfaction) o del cliente
commerciale (anche solo per una corretta gestione degli ordini e degli
aspetti logistici)
- richiede una pianificata gestione del prodotto non conforme e l’adozione di
metodi di miglioramento continuo.

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Si tratta di competenze nuove spesso di grande impatto. Per esempio nelle aziende
agricole o nelle piccole aziende di trasformazione agroalimentare la semplice
documentazione di ciò che si fa, attraverso una gestione pianificata di documenti e
moduli di registrazione incontra, spesso, resistenze di tipo culturale molto forti.

Più in generale, la qualità richiede una modifica nei comportanti della leadership, il
passaggio da un approccio per funzioni a quello sistematico per processi, il pieno
coinvolgimento del personale.

La qualità certificata richiede anche l’implementazione in azienda di nuove figure


professionali, in linea generale si possono individuare:

- il manager della qualità (quality manager)


- il responsabile dell’assicurazione qualità
- il valutatore interno (richiesto sia dagli schemi di certificazione di sistema
che di prodotto)
- il responsabile della gestione della documentazione
- il responsabile della sicurezza igienico sanitaria

Rispetto a queste nuove figure professionali occorre fare due importanti


considerazioni.

La prima riguarda la tipologia di azienda: sono intuitive le differenze che possono


intercorrere tra piccole e grandi aziende.

Nella grande azienda di trasformazione agroalimentare con molti dipendenti le figure


indicate possono concretizzarsi in specifiche funzioni, articolate in diverse
competenze.

Nella piccola azienda, invece, molto spesso diverse competenze vengono assunte
dalle stesse persone e talune funzioni sono obbligatoriamente esternalizzate.

Molto spesso è esternalizzata la figura del valutatore interno, svolta dalla società di
consulenza convenzionata o da personale operante lungo la filiera (per esempio il
valutatore opera, per conto dell’organizzazione di prodotto o della cooperativa di
trasformazione, in tutte le aziende agricole associate e conferitrici del prodotto o della
materia prima).

Nelle aziende agricole, talvolta, (per esempio in alcune certificazioni di filiera di


qualità) anche la funzione di gestione della documentazione viene esternalizzata,
utilizzando sistemi informativi territoriali, gestiti dalle Associazioni o Organizzazioni
di Prodotto, dalle strutture tecniche delle Organizzazioni Professionali, dai Centri di
Assistenza Agricola, da tecnostrutture regionali.

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A differenza di quanto può intuitivamente apparire, questa necessità di
esternalizzazione rappresenta un fattore di complessità e pone complessi problemi
organizzativi: una cosa è pianificare e gestire la documentazione di un’azienda, ed
un’altra è pianificare e gestire la documentazione di più aziende diverse, anche se per
alcuni aspetti omogenee.

Si pensi, per fare un altro esempio, alla figura del valutatore interno: esternalizzare
questa figura è, anche letteralmente, un ossimoro. Una cosa è un responsabile
aziendale che vive i problemi dell’azienda e che, su incarico della direzione, svolge
un’azione di audit, verificando l’applicazione e l’efficacia del sistema di qualità o del
piano degli autocontrolli; cosa molto diversa è quando questa figura è un tecnico
convenzionato o un operatore della struttura alla quale l’azienda conferisce i prodotti.
Queste differenze sono sostanziali ed impattano anche sui percorsi formativi, per
esempio relativamente alle diverse competenze comunicative in gioco.

Queste differenze nella realtà attuale sono molto spesso sottovalutate e talvolta non
considerate affatto, con l’errata, ma diffusa, convinzione che la qualità sia possibile
solo nella grande impresa, con molto personale.

Questi approcci favoriscono, per esempio nelle aziende agricole, l’opinione che
queste funzioni non siano esternalizzate, ma esterne; non a servizio dell’impresa, ma
imposte da altri. Da qui a considerare le procedure del controllo di qualità come
adempimenti burocratici il passo è brevissimo, con il rischio di vanificare le logiche e
la filosofia di fondo della qualità.

La seconda considerazione riguardo le figure professionali indicate, è che esse sono


state in prima battuta, descritte come generiche. In realtà, nella complessità del
sistema agroalimentare e nella varietà delle strategie di qualità (con i relativi schemi
di certificazione) possibili, molto spesso è necessario operare una certa
specializzazione con l’acquisizione di competenze aggiuntive a quelle di base.

Il valutatore interno (l’auditor) nel biologico deve possedere competenze


agronomiche, diverse da quelle tecnologiche alimentari di un valutatore operante in
una strategia di qualità certificata di prodotto o di quelle richieste in un sistema di
gestione ambientale.

Le nuove figure professionali nella consulenza

Nella maggior parte di casi l’adozione di una strategia della qualità certificata
richiede l’azione di strutture di consulenza.

La consulenza viene svolta da diversi soggetti:

- società private di consulenza o liberi professionisti;

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- centri di assistenza tecnica regionali;
- strutture tecniche promosse dalle organizzazioni professionali.

La situazione attuale è molto variegata: accanto ad esperienze di eccellenza e


possibile trovare strutture professionalmente carenti o improvvisate.

Il consulente non dovrebbe mai sostituirsi all’imprenditore (o alla dirigenza


dell’impresa), ma aiutarlo, favorendo la crescita della sua consapevolezza e della sua
cultura della qualità. Tutto ciò non sempre avviene.

I problemi che si riscontrano più frequentemente, ma che non vanno assolutamente


generalizzati, sono:

‰ consulenti esperti sulle norme in generale, ma non sempre in grado di adattarle


efficacemente alle specifiche esigenze dei settori agricolo ed agroalimentare
(questo problema in realtà era molto più sentito qualche anno fa, anche per il
relativo ritardo con cui i sistemi e le logiche della qualità hanno interessato
questi settori rispetto ad altri comparti industriali);

‰ consulenti improvvisati con un approccio esclusivamente “tecnico” alle norme,


senza la capacità di sviluppare realmente i principi della qualità e che finiscono
con il rafforzare l’opinione diffusa della qualità come adempimento;

‰ consulenti “superficiali” che rispondono alle richieste immediate delle imprese,


cioè all’ottenimento della certificazione, senza valutare approfonditamente con
l’impresa l’efficacia e la coerenza dell’intera strategia competitiva di qualità;

‰ consulenti ‘esuberanti’ che invece di cercare di rendere autonoma l’azienda ne


accrescono la dipendenza alla struttura di consulenza, per prolungare ed
accrescere la collaborazione professionale;

‰ consulenti “specialisti”, che spesso in perfetta buona fede tendono ad


approcciare i problemi sulla base delle proprie competenze e del proprio
vissuto professionale (per esempio chimici che tendono a sopravvalutare il
ruolo delle analisi di laboratorio o agronomi che ingigantiscono i problemi dei
processi produttivi agricoli).

Il ruolo della formazione per abbattere o limitare questi problemi è fondamentale.

Anche in questo caso è necessario distinguere opportunamente alcune figure


professionali, operanti genericamente nella consulenza, ma con competenze diverse:

- consulente della qualità nell’impresa (o consulente strategico della qualità)


- consulente animatore della qualità territoriale e/o di filiera

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- consulente dei sistemi qualità gestionali e di prodotto

Le prime due figure hanno una valenza strategica, pur conoscendo approfonditamente
i diversi schemi di certificazione, svolgono una funzione diversa dalla “semplice”
definizione di un sistema di qualità o di controllo di qualità. Queste figure sono
particolarmente importanti nei nostri settori di riferimento, caratterizzati da piccole e
medie aziende, non sempre con una strategia competitiva definita ed esplicitata.

Il consulente di qualità nell’impresa più che aiutare l’azienda ad implementare le


procedure delle norme, la supporta nell’acquisizione dei principi e nella utilizzazione
degli strumenti della qualità, al fine di valutare concretamente la situazione aziendale,
i suoi problemi e le sue opportunità.

Gli obiettivi principali sono:

- aiutare l’imprenditore a definire una visione imprenditoriale orientata alla


qualità;
- aiutare l’imprenditore a pianificare una strategia di qualità competitiva;
- favorire nell’impresa un’autonoma capacità di utilizzo degli strumenti di
valutazione della qualità e del miglioramento continuo.

Il consulente di qualità di filiera o territoriale è una figura più complessa, rivolta


principalmente ai sistemi agricoli, caratterizzati dalla necessità di mettere in campo
strategie interaziendali. Di fronte alle diverse opportunità offerte dalla qualità e dai
vari schemi di certificazione aiuta le associazioni di produttori, le reti aziendali,
gruppi di produttori a pianificare una strategia cooperativa e comune. Il suo compito
è quello di aiutare le imprese a valutare e scegliere in modo oculato la strategia più
opportuna: è conveniente, per esempio, orientarsi verso le denominazioni dop ed igp
oppure verso sistemi di certificazione volontaria di prodotto? Ci sono le condizioni
per una strategia di marchio collettivo per prodotti tipici certificati? Oppure per una
diffusa conversione al biologico? E’ sufficiente adottare uno standard richiesto dalla
GDO oppure è più opportuno promuovere una certificazione di filiera di qualità
controllata?

Si tratta di figure professionali operanti presso le Associazioni di prodotto, le


Organizzazioni professionali o amministrazioni locali importanti per accrescere
l’autonomia delle aziende agricole e, di conseguenza, garantire un più diffuso e
consolidato sviluppo territoriale.

Il consulente dei sistemi di qualità gestionali e di prodotto è invece l’evoluzione


dell’attuale figura di consulente che opera o con imprese che hanno esplicitato la
propria politica della qualità, oppure che interviene in seguito o in collaborazione con
i consulenti “strategici” per l’implementazione concreta dei sistemi e delle procedure
di controllo.

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Queste figure sono quelle consolidate anche a livello internazionale, che, sulla base
soprattutto della certificazione dei sistemi di gestione per la qualità, distinguono:

- il quality professional, consulente che opera per instaurare un sistema


qualità in una piccola o media a azienda o in una parte di una grande
azienda;

- il quality sistem manager, consulente che opera per instaurare un sistema


qualità in azienda medio grande, con la capacità di coordinare e gestire
diverse azioni e funzioni (da qui il richiamo al concetto di managerialità).

Oltre a questa distinzione, che mantiene una certa validità operativa, però, occorre
considerare che, per la ricchezza di opportunità dettate dai vari schemi di
certificazione e per la loro dinamica evolutiva, è sempre più richiesta una certa
specializzazione di queste figure, con la possibilità, in taluni casi, di lavorare in
equipe.

Nei nostri settori di riferimento, sarebbe opportuno considerare:

- il consulente per la gestione della qualità


- il consulente per la gestione della qualità ambientale
- il consulente per la gestione dell’autocontrollo igienico sanitario
- il consulente per la certificazione di qualità di prodotto
- il consulente per la gestione dei sistemi biologici di produzione
- il consulente per la gestione di standard internazionali (BRC, EUREPGAP)

Il valutatore operante negli organismi di certificazione

La figura centrale operante negli organismi di certificazione è quella del valutatore


della qualità, che corrisponde alla figura internazionale, con riferimento
all’applicazione della norma ISO 9000, del Quality auditor. Si tratta di un
professionista in grado di verificare, attraverso l’analisi documentale e le visite
ispettive pianificate, la conformità di un sistema qualità, la sua applicazione e la sua
efficacia.

In genere la figura professionale del valutatore non viene distinta tra valutatore
interno (o più correttamente di parte prima) e valutatore dell’organismo di
certificazione (o più correttamente di parte terza).

La nostra analisi, invece, ha verificato la necessità di questa distinzione. E’ evidente


che molte competenze sono comuni, ma alcune soprattutto relazionali sono diverse. Il
valutatore di parte prima finalizza la propria azione al miglioramento continuo
interno all’azienda, il valutatore di parte terza all’attestazione di conformità per il
resto del mondo. Non operare questa distinzione porta due conseguenze negative:

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- un’esaltazione in ogni caso del fattore tecnico su quello relazionale;
- una spinta alla commistione tra azioni di valutazione e consulenza.

Anche in questo caso per la ricchezza degli schemi di certificazione possibili


nell’agroalimentare, è opportuno distinguere:

- il valutatore di sistemi qualità


- il valutatore di sistemi qualità ambientale
- il valutatore di qualità certificata di prodotto
- il valutatore per il biologico
- il valutatore per gli standard internazionali (BRC ed EUREPGAP)

La formazione attuale delle figure professionali nella qualità certificata

Prima di passare alla descrizione delle figure professionali indicate è opportuno fare
qualche considerazione sui processi formativi che attualmente coinvolgono le
tematiche della qualità in agricoltura e nell’agroalimentare.

Anche in questo caso la necessaria schematizzazione, funzionale agli obiettivi di


questo lavoro, rischia di rappresentare una generalizzazione che non tiene conto né di
azioni di eccellenza svolte da più parti, né del generale miglioramento delle attività
formative, soprattutto nei settori agricolo ed agroalimentare, da tutti riconosciuto in
questi ultimi anni.

Attualmente il sistema di formazione (e training) professionale su queste tematiche,


può essere schematizzato in tre sub-sistemi fondamentali:

- il sistema formativo regionale che attiva diversi Enti di Formazione ed altre


società e strutture accreditate;

- il sistema di “alta” formazione, più o meno collegato al mondo


universitario, con diverse attività, master, progetti ISTF, altro;

- il sistema “privato” nel campo della certificazione legato essenzialmente al


SINCERT, all’UNI, agli organismi di certificazione ed all’Associazione
AICQ (Associazione Italiana per la Qualità).

E’ anche evidente che la schematizzazione è di comodo e fra i tre sub sistemi esistono
contatti, zone grigie e diverse forme di collaborazione operativa.
Il sistema definito regionale di formazione professionale, ma che fa anche ampio
ricorso ai fondi comunitari FSE, è finalizzato alla preparazione di figure professionali
ed all’acquisizione di nuove competenze legate in vario modo alla qualità. In generale
svolge un’importante azione di base, di riqualificazione professionale ed anche azioni

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di formazione continua, centrate soprattutto, ma non esclusivamente, sui processi
produttivi e commerciali, senza, in genere, poter affrontare le tematiche organizzative
e strategiche (se non a livello di informazione e prefigurazione di scenario).

Il sistema definito di alta formazione è impegnato nella preparazione di figure


professionali, consulenti e competenze aziendali, importanti, ma anche talvolta un po’
artificiose, frutto più di impostazioni teoriche che di un’approfondita analisi dei
fabbisogni e dei problemi.

Il sistema definito “privato” svolge essenzialmente due tipologie di azioni. Da una


parte forma i valutatori, con schemi standardizzati legati al sistema normativo
volontario (Norma UNI EN ISO 19011 – Linee guida per l’audit dei sistemi di
gestione per la qualità e ambientale), aggiornandoli anche sui vari schemi di
certificazione.

Dall’altra, nelle azioni di consulenza dirette all’impresa, svolge le collegate azioni


formative nelle imprese, per lo sviluppo dei sistemi di gestione di qualità e per gli
altri schemi di certificazione.

In generale l’impostazione operativa di questo sub sistema è fortemente legata alle


Norme, più che alla strategie della qualità e, in qualche misura rinforza, al di là,
spesso, delle stesse intenzioni degli operatori la commistione tra valutatori e
consulenti.

In questo quadro, descritto necessariamente in modo molto sintetico, la definizione di


figure professionali, operata da Agriform, può rappresentare, senza alcuna ambizione
a “voler mettere ordine nel sistema”, un utile strumento di orientamento, confronto e
discussione, soprattutto per gli operatori della formazione, per finalizzare meglio i
programmi e le attività e per cercare di sopperire a limiti e lacune attuali del sistema.

Descrizione delle figure professionali

Di seguito si riportano alcune schede sintetiche sulle nuove figure professionali


relative ai vari schemi di certificazione. Per le finalità di questo lavoro le schede
saranno riferite ai settori di interesse, cioè alle imprese ed ai sistemi agricoli ed
agroalimentari. Per questo molte indicazioni specifiche relative al ruolo, all’ambito
operativo ed all’impiegabilità saranno contestualizzate in questi settori, anche
quando, come per esempio per la figura del manager della qualità (quality manager),
hanno molti elementi in comune con altre organizzazioni delle economie evolute.
Lo sviluppo delle strategie di qualità e degli schemi di certificazione in agricoltura e
nell’agroalimentare comporta una reale trasformazione dell’intera organizzazione
produttiva e la necessità di attivare processi formativi, di acquisizione di competenze,
riqualificazione o semplice addestramento per tutte le figure professionali ed
operative aziendali.

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L’analisi e la descrizione di questi fabbisogni, che si iscrivono nella logica della
formazione continua lungo tutto l’arco della vita (almeno) lavorativa, non rientrano
negli scopi di questo lavoro, anche perché significherebbe tratteggiare i fabbisogni
formativi complessivi dei sistemi agricolo ed agroalimentare.

Allo stesso modo, occorre puntualizzare che nell’adozione delle diverse strategie di
qualità, vengono coinvolte, molto spesso, figure specialistiche consulenziali, esperte
di particolari segmenti del processo produttivo: per esempio analisti chimici,
tecnologi alimentaristi, informatici, ma anche enologi, fitopatologi o esperti nella
lavorazione della carne. Anche questi fabbisogni, che in genere vengono soddisfatti
da professionisti, società specializzate, Università e centri di ricerca, sono
assolutamente compositi e diversificati ed esulano dagli obiettivi di questo lavoro.

La nostra analisi, pertanto, si limita ai fabbisogni attuali e del prossimo futuro,


relativi alle figure più specifiche della pianificazione, organizzazione e certificazione
della qualità nei settori di riferimento.

Queste figure, come già indicato, saranno distinte in tre sottosistemi interagenti:

- sottosistema impresa
- sottosistema consulenza
- sottosistema organismo di certificazione.

Si riportano nelle pagine successive delle schede sintetiche che descrivono 19 figure
professionali necessarie ed innovative nei sistemi di certificazione.

Tra queste, alcune appaiono particolarmente importanti sia per il ruolo che dovranno
svolgere in questa fase di riconversione dell’agricoltura e dell’agroalimentare
italiano, sia per la carenza attuale di operatori qualificati, sia perché marginalmente
toccati dall’offerta formativa tradizionale.

In particolare si sottolineano cinque figure professionali (due relative al sistema


impresa e tre al sistema consulenza):

¾ il manager della qualità (carente nelle filiere agroalimentare, nelle


associazioni, organizzazioni di prodotto, nella piccola e media industria
alimentare)
¾ il valutatore interno dei sistemi di qualità di prodotto (carente nelle stesse
strutture indicate per il manager della qualità)

¾ il consulente strategico per la qualità (opera a supporto delle imprese)

55
¾ il consulente animatore per la qualità territoriale e di filiera (opera a
supporto delle strutture territoriali )

¾ il consulente per la qualità di prodotto e di filiera (opera a supporto delle


imprese)

56
Sottosistema impresa

Il manager della qualità (quality manager)

Denominazione Il manager della qualità

Ambito operativo Opera nelle imprese agroalimentari medio grandi, nelle


Organizzazioni dei Produttori (OP) impegnati in strategie di filiera,
nella grande distribuzione organizzata.
Nelle imprese piccole e medie è una competenza manageriale
“inclusa” nella figura dell’imprenditore, del direttore generale o
altra figura equivalente.
Ruolo E’ una figura manageriale con il compito di coordinare le varie
funzioni operative legate alla qualità e di rendere coerenti le
politiche della qualità con la strategia competitiva imprenditoriale.
Svolge un ruolo centrale nella pianificazione della qualità, nella
revisione del sistema, nella comunicazione interna ed esterna sulla
qualità, nelle strategie del miglioramento continuo.
Requisiti di base E’ una figura ad alta professionalità ed esperienza.
E’ richiesta una laurea (economia, agraria, tecnologie alimentari,
altro equivalente), un’attività di training post laurea sul
management, la comunicazione ed il marketing, o in alternativa una
lunga esperienza aziendale (almeno 5 anni) nelle funzioni del
marketing e/o della pianificazione strategica..
Conoscenze Conoscenza approfondita sugli strumenti della qualità.
Conoscenza delle principali norme di riferimento.
Conoscenza delle tecniche organizzative e comunicative.
Abilità e capacità Capacità organizzative
Aggregazione delle conoscenze in senso divergente
Capacità relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Assertività,
comportamenti Motivazione al cambiamento
Leadership
Contenuti fondamentali Analisi ed organizzazione dei sistemi complessi
del percorso formativo Processi del consumo, comportamento dei consumatori, conoscenza
delle dinamiche del mercato
Customer satisfaction
Strategie e tecniche della qualità
Sistemi qualità e norme relative
Gestione dei gruppi
Relazioni e comunicazione
Impiegabilità Ampia, soprattutto nelle imprese agroalimentari.
Si forma, in genere, mediante acquisizione di competenze da parte
di quadri di esperienza o giovani dopo un periodo di collaborazione
all’interno dell’azienda.
Note

57
Responsabile della qualità

Denominazione Responsabile della qualità (o Responsabile assicurazione


qualità)
Ambito operativo Opera nelle aziende agroalimentari, nelle Organizzazioni dei
Produttori (OP) certificate, nelle strutture cooperative di
trasformazione e/o commercializzazione. Nelle aziende agricole o
nelle piccole imprese dell’artigianato alimentare questa funzione è
“inclusa” nella figura dell’imprenditore o di un suo collaboratore
manageriale (per esempio: il direttore tecnico)
Ruolo Pianifica e gestisce il sistema qualità, ne verifica costantemente
l’applicazione collaborando con le varie funzioni aziendali, riferisce
alla Direzione e/o al Manager della Qualità sull’andamento del
sistema, proponendo misure di miglioramento e/o input alla
revisione del sistema. Nella maggior parte dei casi gestisce la
documentazione del sistema. E’ il primo referente dell’organismo di
certificazione.
Requisiti di base E’ richiesta una laurea o diploma con almeno 5 anni di esperienza
nelle funzioni organizzative aziendale.
Conoscenze Conoscenza approfondita delle norme di riferimento (in particolare
della famiglia delle ISO 9000)
Conoscenza informatica di base
Tecniche di comunicazione
Conoscenze tecniche nei processi produttivi di riferimento
Abilità e capacità Capacità relazionali e comunicative
Capacità di affrontare, analizzare e risolvere problemi
Orientamento al raggiungimento degli obiettivi
Capacità di osservazione e lettura dei processi (causa/effetto)
Atteggiamenti e Coscienziosità
comportamenti Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione
Contenuti fondamentali Organizzazione aziendale, dinamiche relazionali e comunicazione
del percorso formativo Strumenti della qualità
Norma ISO 9001
Norma ISO 22000
Approccio per processi
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento
Impiegabilità Molto ampia, in tutte le aziende agroalimentari piccole, medie e
grandi, nelle cooperative di manipolazione, trasformazione e
commercializzazione, nelle Organizzazioni dei Produttori, eccetera.
Nelle piccole aziende si sovrappone, acquisendone le competenze,
alla figura del manager della qualità.
Note

58
Valutatore interno dei sistemi gestionali (auditor di parte prima)

Denominazione Valutatore interno (auditor dei sistemi di gestione per la qualità


e/o per l’ambiente)
Ambito operativo Opera nelle grandi imprese agroalimentari e nelle holding con
diverse strutture operative. Spesso è un professionista che opera su
incarico dell’imprese, le cui dimensioni non permettono un auditor
interno (dipendente).
Ruolo Il compito del valutatore interno è di effettuare verifiche ispettive
per esaminare l’applicazione del sistema e la sua efficacia. La sua
azione è determinante nell’attivazione dei processi di
miglioramento e revisione del sistema e delle sue procedure.
Requisiti di base Laurea ed almeno 3 anni di esperienza relativa all’organizzazione
ed alla gestione per la qualità, oppure diploma e 5 anni di
esperienza lavorativa.
Conoscenze Conoscenza approfondita della norma ISO 9001, della norma ISO
22000, della norma 19011, e, eventualmente delle Norme ISO
14000 (se interessato anche al sistema di gestione ambientale –
SGA-)
Tecniche di comunicazione.
Conoscenze del settore di riferimento e della relativa della
legislazione cogente e, eventualmente, delle principali
problematiche ambientali (se interessato anche al SGA)
Abilità e capacità Capacità di osservazione e lettura dei processi
Capacità di focalizzare i problemi
Tecniche relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Obiettività
comportamenti Stabilità emotiva
Empatia
Accettazione di responsabilità
Cooperatività
Contenuti fondamentali Norma ISO 9001
del percorso formativo Norma ISO 19011
Norma ISO 22000
Norma ISO 14000 (solo se interessato anche ai SGA)
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento
Impiegabilità Discreta nelle grandi aziende agroalimentari, ampia come
professionista privato convenzionato con le imprese
Note Talvolta le piccole e medie imprese, per svolgere l’auditing del
sistema di gestione per la qualità, più che incaricare un
professionista, forma un proprio dipendente incaricandolo di questa
funzione insieme ad altre.
Tale scelta non sempre risulta molto efficace per due motivi
principali: limitata competenza specifica e possibili problemi nella
valutazione delle funzioni e/o dei processi operativi che
coinvolgono direttamente il dipendente

59
Valutatore interno dei sistemi qualità riferiti al prodotto (auditor di parte
prima)

Denominazione Valutatore interno nella certificazione di prodotto


Ambito operativo Opera nelle organizzazioni di filiera o territoriali: per esempio in
una struttura associativa, con compiti di verifica ispettiva anche
sulle aziende aderenti, conferitrici del prodotto fresco o della
materia prima alimentare - Può operare in strutture titolari di uno
schema di certificazione di prodotto relativa a marchi collettivi
(prodotti tradizionali, prodotti di qualità controllata, eccetera) -
Talvolta è un professionista che opera su incarico di organizzazioni,
che per dimensioni o opportunità non possono impiegare un
valutatore interno.
Ruolo Il compito del valutatore interno è di effettuare attività ispettive per
verificare l’applicazione del disciplinare di prodotto, il sistema di
autocontrollo e la gestione delle non conformità - I riferimenti
normativi sono relativi alla certificazione di prodotto volontaria o a
standard internazionali come l’EUREPGAP, BRC, IFS - La sua
azione è determinante nell’attivazione dei processi di
miglioramento, valutazione e revisione del disciplinare di prodotto e
delle relative procedure.
Requisiti di base Laurea e 3 anni di esperienza relativa all’organizzazione ed alla
gestione per la qualità, oppure diploma di scuola media superiore e
5 anni di esperienza lavorativa.
Conoscenze Conoscenza dei principi e degli strumenti della qualità
Conoscenza approfondita della norma ISO 19011 e della ISO
22000.
Tecniche relazionali e di comunicazione.
Conoscenze del settore di riferimento e della relativa legislazione
cogente e normativa volontaria.
Abilità e capacità Capacità di osservazione e lettura dei processi
Capacità di focalizzare i problemi
Tecniche relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Obiettività
comportamenti Stabilità emotiva
Empatia
Accettazione di responsabilità
Cooperatività
Contenuti fondamentali Principi della qualità, strumenti e tecniche della qualità
del percorso formativo Norma ISO 19011 ed ISO 22000
Organizzazione aziendale ed interaziendale dei sistemi agricoli
(filiera, distretto, reti di imprese)
Tecniche relazionali e di comunicazione e di auditing
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento
Impiegabilità Ampia nelle filiere di qualità che intendono certificarsi, nei distretti
agricoli o agroalimentari con schemi di certificazione di prodotto
relativi a marchi collettivi di diverso genere (prodotti tradizionali,
processi produttivi di qualità, eccetera)
Note

60
Responsabile sicurezza igienico-sanitaria

Denominazione Responsabile sistemi sicurezza igienico sanitaria


Ambito operativo Opera in alcune imprese della filiera agroalimentare medio grandi,
nella commercializzazione, della distribuzione alimentare e nel
catering: ovunque il sistema di gestione dell’autocontrollo igienico
sanitario assume caratteri di particolare criticità e complessità.
Ruolo Il suo ruolo è pianificare il sistema di autocontrollo, la
documentazione relativa, il piano dei monitoraggi e delle analisi di
laboratorio, la gestione delle non conformità e delle eventuali
situazioni di rischio.
Verifica l’applicazione e l’efficacia del sistema, predispone le
eventuali misure correttive e preventive.
Requisiti di base Laurea in biologia, chimica, tecnologie alimentari o altro corso
universitario equivalente; oppure diploma e 3 anni di esperienza nel
settore.
Conoscenze Principi e degli strumenti della qualità
Metodo haccp e tecniche di valutazione del rischio
Principi di chimica e microbiologia
Norma ISO 9001 ed ISO 22000
Conoscenze relative ai processi produttivi nel settore di riferimento
Abilità e capacità Capacità di osservazione e lettura dei processi
Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igieinico-sanitari
Capacità decisionale
Tecniche relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Assertività
comportamenti Accettazione di responsabilità
Contenuti fondamentali Principi strumenti e tecniche gestionali
del percorso formativo Principi di biologia, microbiologia e chimica
Tecnologie alimentari
Tecniche e strumenti di valutazione dei pericoli
Metodo haccp
Norma ISO 9001 ed ISO 22000
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Legislazione igienico sanitaria
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento
Impiegabilità Discreta, all’interno dei ruoli manageriali connessi con la gestione e
la qualità, assume una certa rilevanza in alcune tipologie di aziende
agroalimentari (aziende producono alimenti per bambini, precotti,
aziende di catering, eccetera).
Note

61
Responsabile gestione della documentazione

Denominazione Responsabile gestione della documentazione


Ambito operativo Opera nelle imprese agroalimentari o nelle organizzazioni di filiera
e/o territoriali, con sistemi informativi centralizzati.
Ruolo Cura la gestione dei dati e delle informazioni operative relative alla
tracciabilità, alla sicurezza igienico sanitaria ed alla qualità. Quasi
sempre è una figura che unisce responsabilità relative al sistema
qualità, con quelle inerenti alle normative cogenti sulla privacy.
Requisiti di base Diploma
Formazione informatica di base
Conoscenze Principi e metodi della qualità
Informatiche relative alla gestione dei sistemi informativi
Normative cogenti sulla privacy
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento
Abilità e capacità Tecniche di progettazione e gestione data base relazionali
Capacità organizzative, relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Precisione
comportamenti Orientamento all’efficienza
Contenuti fondamentali Principi e metodi della qualità
del percorso formativo Documentazione della qualità e gestione relativa
Sistemi informativi complessi
Tecniche organizzative e comunicative
Legislazione sulla privacy
Legislazione cogente del settore di riferimento
Impiegabilità Ampia, assume una certa rilevanza soprattutto nei sistemi
organizzativi di filiera e/o territoriali, quando il sistema informativo
acquista una valenza interaziendale.
Note

62
Sottosistema consulenza

Consulente strategico per la qualità d’impresa

Denominazione Consulente per la qualità ed il miglioramento (consulente


strategico per la qualità)
Ambito operativo Opera a supporto delle piccole e medie imprese agroalimentari o
nelle aziende agricole medio grandi che commercializzano
direttamente i propri prodotti.
Ruolo E’ un consulente professionista che analizza i fabbisogni espliciti e
latenti dell’organizzazione committente e, partendo dai problemi del
“qui ed ora” supporta l’impresa nell’implementazione di un sistema
qualità coerente con la propria visione imprenditoriale e strategia
competitiva.
Requisiti di base Laurea in economia, agraria, ingegneria o altro corso universitario
equivalente; periodo di training in una struttura di consulenza
all’impresa.
Conoscenze Principi e metodi della qualità
Principi di marketing e di management
Norma ISO 9000
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Tendenze e scenari di mercato
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Tecniche di problem solving
Business plan e gestione dei progetti
Metodi di approccio all’innovazione ed al cambiamento
Visione strategica
Atteggiamenti e Empatia
comportamenti Flessibilità
Pensiero divergente
Curiosità
Controllo emotivo
Atteggiamento positivo e socievolezza
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Management strategico
Principi della qualità e norma ISO 9000
Strumenti della qualità
Elementi di psicosociologia
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di
riferimento
Impiegabilità Molto vasta per il grande numero potenziale di aziende agricole ed
agroalimentari che non hanno la possibilità di definire
autonomamente una strategia competitiva di qualità, orientata al
mercato ed al consumatore
Note E’ una figura fondamentale che attualmente soffre della diffusa
genericità relativa al concetto di consulenza.

63
Consulente strategico animatore per la qualità territoriale e/o di filiera

Denominazione Consulente animatore per la qualità territoriale e/o di filiera


Ambito operativo Opera nei sistemi agricoli e/o agroalimentari territoriali (distretti
agricoli, distretti agroalimentari, distretti rurali)
Ruolo E’ un consulente professionista che opera non su scala aziendale,
ma territoriale, con committenza (o alle dipendenze) di istituzioni
pubbliche, organizzazioni di rappresentanza, unioni ed associazioni
dei produttori, enti locali, Camere di commercio.
Analizza i fabbisogni, i problemi e le opportunità delle imprese
ricadenti nel territorio di riferimento, sensibilizza e supporta le
imprese alla creazione di una visione strategica territoriale, comune
e condivisa, e facilita la pianificazione di strategie imprenditoriali
coerenti e cooperative.
Requisiti di base Laurea in economia, agraria, ingegneria o altro corso universitario
equivalente; esperienza di almeno tre anni nella consulenza,
divulgazione, assistenza tecnica in agricoltura e nell’agroalimentare
.
Conoscenze Economia del territorio e dello sviluppo rurale
Analisi dei sistemi complessi
Principi di marketing e di management
Strategie competitive
Strategie di qualità e principali schemi di certificazione
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Tecniche di problem solving
Gestione dei progetti
Tecniche di divulgazione
Capacità di motivazione
Tecniche di negoziazione e contrattazione
Atteggiamenti e Empatia
comportamenti Curiosità
Pensiero divergente
Controllo emotivo
Atteggiamento positivo
Leadership
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Organizzazione del territorio
Economia distrettuale (agricola, agroalimentare e rurale)
Management strategico
Principi e strumenti della qualità
Strategie di qualità e principali schemi di certificazione
Elementi di psicosociologia e sociologia rurale
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di
riferimento
Impiegabilità E’ la figura fondamentale per l’implementazione della qualità in
agricoltura: strategica perché orientata allo sviluppo di relazioni
cooperative tra le imprese, piuttosto che di dipendenza alle strutture
che operano a valle della filiera.

64
Consulente per la gestione della qualità

Denominazione Consulente per la gestione della qualità


Ambito operativo Opera a supporto delle imprese agricole ed agroalimentari che
intendono implementare un sistema di gestione per la qualità.
Ruolo E’ un consulente professionista che, sulla base del piano strategico
dell’impresa, aiuta l’organizzazione ad implementare e gestire un
sistema di qualità e l’accompagna alla certificazione.
Requisiti di base Laurea e due anni di esperienza nella consulenza e/o in funzioni
gestionali ed organizzative; oppure diploma e cinque anni di
esperienza nella consulenza e/o in funzioni gestionali ed
organizzative.
Conoscenze Principi e metodi della qualità
Conoscenza approfondita della Norma ISO 9000
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Capacità di sintesi e di decisione
Capacità progettuali ed organizzative
Atteggiamenti e Empatia
comportamenti Agilità mentale nell’affrontare i problemi
Controllo emotivo
Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Principi della qualità e norma ISO 9000
Norma ISO 22000
Strumenti della qualità
Documentazione della qualità e relativa gestione
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di
riferimento
Impiegabilità Discreta per il grande numero potenziale di aziende che intende
implementare un sistema di gestione per la qualità
Note E’ una figura professionale che si differenzia dal consulente
strategico perché opera con un forte orientamento alla norma ed alla
sua applicazione. Anche se questa distinzione non è attualmente
diffusa e consolidata, essa è fondamentale specie in settori
caratterizzati da imprese pmi ed in profonda trasformazione.
La prima è orientata alla definizione strategica, focalizzata sui
problemi e sulle opportunità ed è finalizzata alla valutazione e scelta
tra le diverse strategie della qualità. L’altra è focalizzata sulla
norma ed è finalizzata all’implementazione di un sistema gestionale
efficace ed efficiente.
E’ evidente che queste due figure hanno ambiti operativi distinti,
ma interagenti e possono anche coesistere e collaborare negli stessi
programmi e strutture di consulenza.

65
Consulente per la gestione della qualità ambientale

Denominazione Consulente per la gestione della qualità ambientale


Ambito operativo Opera a supporto delle imprese agricole ed agroalimentari che
intendono implementare un sistema di gestione per la qualità
ambientale
Ruolo E’ un consulente professionista che, sulla base del piano strategico
dell’impresa, aiuta l’organizzazione ad implementare e gestire un
sistema di qualità ambientale e l’accompagna alla certificazione.
Requisiti di base Laurea, preferibilmente in una disciplina scientifica, e due anni di
esperienza nella consulenza e/o in funzioni gestionali ed
organizzative; oppure diploma e cinque anni di esperienza nella
consulenza e/o in funzioni gestionali ed organizzative.
Conoscenze Principi e metodi della qualità
Conoscenza approfondita della Norma ISO 9000, ISO 14000 ed
ISO 22000
Finalità e procedure della registrazione EMAS
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento
Scienze “ambientali“e tecnologie relative
Problematiche relative agli impatti ambientali dei siti e dei processi
produttivi.
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Tecniche di analisi e valutazione multicriterio
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità di sintesi e di decisione
Capacità progettuali ed organizzative
Atteggiamenti e Empatia
comportamenti Agilità mentale nell’affrontare i problemi
Attitudine ad affrontare sistemi e problemi complessi
Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Principi della qualità e norma ISO 9000, ISO 14000 ed ISO 22000
Regolamento EMAS
Documentazione della qualità e relativa gestione
Ecologia e problematiche ambientali
Principi e tecniche di abbattimento e/o riduzione degli impatti
ambientali
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Normative ambientali
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di
riferimento
Impiegabilità Discreta per il grande numero potenziale di aziende che intende
approcciare un sistema di gestione per la qualità ambientale.
Note Concretamente rappresenta un’evoluzione, con acquisizione di
competenze, della figura di consulente per la gestione della qualità.
Anche nelle funzioni consulenziali, pertanto, è opportuno ribadire
che le due figure sono interagenti e che la gestione sistemica della
66
qualità rappresenta un elemento di base ed un fattore facilitante
l’implementazione dei sistemi di gestione ambientale.
Per queste considerazioni le due figure professionali, logicamente
distinte, possono coesistere nella stessa persona e rappresentare
delle tappe evolutive di un unico percorso professionale.

67
Consulente sistemi gestionali di autocontrollo igienico sanitario

Denominazione Consulente per l’autocontrollo igienico sanitario


Ambito operativo Opera in tutte le filiere agroalimentari. L’implementazione di un
sistema di autocontrollo igienico sanitario è obbligatoria per tutte le
aziende che svolgono fasi produttive successive alla raccolta delle
materie prime. Dal 1 gennaio 2006, con l’entrata in vigore del
cosiddetto “pacchetto igiene” emanato dalla Unione Europea,
l’obbligo si estenderà a tutte le aziende agricole. La sicurezza
igienico sanitaria è un requisito cogente, centrale e critico in
qualsiasi schema di certificazione nell’agroalimentare.
Ruolo E’ un consulente professionista che supporta l’impresa nell’analisi
dei pericoli, nella pianificazione del sistema di controllo e nella
definizione delle relative procedure, incluso quelle di sistema.
Requisiti di base Laurea in biologia, chimica, tecnologie alimentari o altro corso
universitario equivalente, o diploma scientifico con cinque anni di
esperienza nel settore
Conoscenze Principi e strumenti dei sistemi gestionali
Metodo haccp e tecniche di valutazione dei pericoli
Norma ISO 22000
Principi di biologia, microbiologia e chimica
Tecnologie alimentari
Metodiche analitiche
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Capacità progettuali ed organizzative
Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igienico-sanitari
Atteggiamenti e Agilità mentale nell’affrontare i problemi
comportamenti Accettazione di responsabilità
Obiettività e precisione
Contenuti fondamentali Organizzazione e sistemi complessi
del percorso formativo Tecnologie alimentari
Principi di biologia, microbiologia e chimica
Principi e tecniche gestionali e sistemiche
Metodo haccp
Norma ISO 22000
Documentazione del sistema e relativa gestione
Metodi e tecniche della consulenza
Normativa cogente in materia di sicurezza alimentare
Impiegabilità Molto ampia per l’estensione generalizzata del fabbisogno di questa
competenza professionale in tutte le imprese agricole e d
agroalimentari.
Note Nonostante il forte fabbisogno, questa esigenza viene attualmente
soddisfatta da diverse figure professionali di tipo tecnico, che in
molti casi sottovalutano gli aspetti organizzativi del sistema e la sua
stretta interazione con i sistemi di controllo della qualità.

68
Il consulente per la qualità di prodotto e la tracciabilità di filiera

Denominazione Consulente per la qualità di prodotto e la tracciabilità di filiera


Ambito operativo Opera a supporto delle filiere agroalimentari, per l’implementazione
di sistemi di qualità di prodotto, di tracciabilità certificata o di
filiera di qualità certificata
Ruolo Supporta il richiedente la certificazione nella redazione del
disciplinare tecnico di tracciabilità e/o di qualità, nella
organizzazione del piano dei controlli, nella definizione delle
procedure di gestione delle non conformità e di sistema - Supporta
il richiedente nella definizione della documentazione e segue le fasi
di accompagnamento alla certificazione.
Requisiti di base Laurea e due anni di esperienza nella consulenza e/o in funzioni
gestionali ed organizzative; oppure diploma e cinque anni di
esperienza nella consulenza e/o in funzioni gestionali ed
organizzative.
Conoscenze Principi e metodi della qualità
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Sistema normativo volontario e principali norme di riferimento
Principi della qualità di prodotto e dei relativi documenti normativi
(il disciplinare tecnico, lo schema di certificazione, eccetera)
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento
Profili di qualità dei prodotti agroalimentari (griglie interpretative e
di orientamento)
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Capacità di sintesi e di decisione
Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igienico sanitari
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità progettuali ed organizzative
Atteggiamenti e Agilità mentale nell’affrontare i problemi
comportamenti Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Metodi e strumenti di gestione della qualità
Sistema normativo volontario: principi della norma ISO 9000, ISO
22000, norma UNI 10939, UNI 11020, eccetera
Documentazione della qualità e relativa gestione
La qualità di prodotto, processo e servizi connessi
Logiche, metodi e strumenti della tracciabilità
Progettazione e gestione data base
Metodo haccp
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di
riferimento
Impiegabilità Molto ampia nelle filiere agricolo-alimentari e nei sistemi
territoriali di prodotti tradizionali e/o con processi produttivi
controllati ed orientati alla qualità
Note Operativamente è una figura professionale evolutiva rispetto al
consulente per la gestione della qualità, con l’acquisizione di
69
competenze specialistiche relative alla qualità di prodotto.

70
Consulente per i sistemi biologici di produzione

Denominazione Consulente per la gestione dei sistemi biologici di produzione


Ambito operativo Opera nei sistemi territoriali agricoli a supporto della conversione
aziendale ai metodi biologici di produzione
Ruolo Supporta l’impresa agricola e la filiera agroalimentare alla
conversione al biologico. Pianifica, insieme all’imprenditore, le
metodologie e le tecniche produttive. Lo aiuta a definire la
documentazione e le procedure di gestione e lo accompagna
nell’iter di certificazione.
Requisiti di base Laurea in scienze agrarie e due anni di esperienza nel settore della
assistenza tecnica e della divulgazione; oppure diploma di perito
agrario (o equivalente) e cinque anni di esperienza nel settore
dell’assistenza tecnica e della divulgazione
Conoscenze Agroecologia
Agronomia in senso lato e metodi biologici di produzione
Zootecnia in senso lato e metodi biologici di produzione
Tecnologie alimentari
Regolamentazione sul biologico e relativo iter di
controllo/certificazione
Principi di gestione della qualità
Normativa igienico sanitaria e metodi di autocontrollo (haccp)
Norma ISO 22000
Organizzazione e pianificazione di sistemi gestionali complessi
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Capacità di sintesi e di decisione
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità progettuali ed organizzative
Atteggiamenti e Agilità mentale nell’affrontare i problemi
comportamenti Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione
Contenuti fondamentali Agroecologia
del percorso formativo Il suolo ed i principi della fertilità
Agronomia, zootecnia
Organizzazioni e sistemi complessi
Metodi e strumenti di gestione della qualità
Sistema normativo volontario e sistema di controllo/certificazione
La normativa comunitaria e nazionale sul biologico
Documentazione della qualità e relativa gestione
Normativa igienico sanitaria, metodo haccp, norma ISO 22000
Logiche, metodi e strumenti della tracciabilità
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di
riferimento
Impiegabilità Ampia nei sistemi agricoli territoriali.
Note Si tratta di una figura professionale di agronomo specializzato con
competenze gestionali ed organizzative orientate alla qualità.

71
Consulente per la gestione degli standard internazionali di qualità di prodotto
agroalimentare

Denominazione Consulente per la gestione degli standard internazionali (BRC,


IFS, EUREPGAP)
Ambito operativo Opera nei sistemi agricoli territoriali e a supporto delle imprese
agroalimentari
Ruolo Supporta il richiedente la certificazione nella redazione del
disciplinare, nella organizzazione del piano dei controlli, nella
definizione delle procedure di gestione delle non conformità e di
sistema, secondo gli specifici standard BRC, IFS, EUREPGAP.
Supporta il richiedente nella definizione della documentazione e
segue le fasi di accompagnamento alla certificazione.
Requisiti di base Laurea in agraria o tecnologie alimentari e due anni di esperienza
nella consulenza e/o in funzioni gestionali ed organizzative; oppure
diploma e cinque anni di esperienza nella consulenza e/o in funzioni
gestionali ed organizzative.
Conoscenze Principi e metodi della qualità
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Sistema normativo volontario e principali norme di riferimento
Conoscenza approfondita degli standard BRC, IFS, EUREPGAP.
Sicurezza igienico sanitaria, metodo haccp
Metodi e strumenti della traciabilità
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento
Legislazione in materia ambientale, della sicurezza sul lavoro e
dell’autocontrollo igienico-sanitario
Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative
Capacità di sintesi e di decisione
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità progettuali ed organizzative
Atteggiamenti e Assertività
comportamenti Agilità mentale nell’affrontare i problemi
Accettazione di responsabilità
Obiettività e precisione
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Metodi e strumenti di gestione della qualità
Sistema normativo volontario
Standard BRC, IFS, EUREPGAP
Documentazione della qualità e relativa gestione
Logiche, metodi e strumenti della tracciabilità aziendale e di filiera
Sicurezza igienico sanitarie e metodo haccp
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Tecniche di audit
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di
riferimento
Impiegabilità Molto ampia nelle filiere agricole ed agricolo-alimentari.
Note Operativamente è una figura professionale evolutiva rispetto al
consulente per la gestione della qualità, con l’acquisizione di

72
competenze specialistiche relative alla qualità di prodotto.

73
Sottosistema valutazione di parte terza (organismi di certificazione)

Valutatore dei sistemi qualità (auditor di parte terza)

Denominazione Valutatore dei sistemi qualità


Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di
certificazione.
Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità
(manuale, procedure, istruzioni, moduli di registrazione) e visite
ispettive nelle strutture produttive, redige un verbale di auditing,
che sottopone al Comitato Tecnico dell’Organismo terzo
accreditato, per il rilascio della certificazione del sistema di gestione
per la qualità. Successivamente mediante visite ispettive periodiche
“sorveglia” che il sistema di gestione sia correttamente applicato,
oltre che conforme alla norma di riferimento.
Requisiti di base Laurea (tecnologie alimentari, agraria, ingegneria, economia o corsi
universitari equivalenti) e tre anni di esperienza nel settore, oppure
diploma e cinque anni di esperienza.
Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità
Conoscenza approfondita della norma ISO 9001 e della norma ISO
19011
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento
Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi
Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Assertività
comportamenti Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed
accreditamento
Norma UNI EN ISO 9001
Metodo haccp
Documentazione del sistema qualità e relativa gestione
Norma UNI EN ISO 19011
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento
Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di
certificazione nel settore agroalimentare
Note In genere l’auditing viene effettuato da un team di valutatori, con la
presenza di un responsabile e di una figura di valutatore junior
(talvolta è presente un esperto del settore di riferimento). Questa
distinzione permette la prefigurazione di una certa carriera
professionale.

74
La formazione è standardizzata sulla base delle indicazioni della
norma ISO 19011 ed è sottoposta alla vigilanza di strutture di
accreditamento. Questa formazione rappresenta però un minimo
indispensabile e potrebbe essere accompagnata da attività di
approfondimento e sviluppo di competenze connesse.
In genere, attualmente, non esiste in concreto differenza tra auditor
e consulente e tra auditor di parte prima e terza. Queste distinzioni
andrebbero, invece, operativamente sviluppate in futuro, sia per
accrescere la funzionalità dell’intero sistema, sia per rappresentare
un elemento di definizione di percorsi professionali (acquisizione di
competenze e specializzazione).

75
Valutatore dei sistemi di qualità ambientale

Denominazione Valutatore per i sistemi di qualità ambientale


Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di
certificazione.
Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità
(manuale, procedure, istruzioni, moduli di registrazione) e visite
ispettive nelle strutture produttive redige un verbale di auditing, che
sottopone al Comitato Tecnico dell’Organismo terzo accreditato,
per la concessione della certificazione del sistema di gestione per la
qualità ambientale. Successivamente mediante visite ispettive
periodiche “sorveglia” che il sistema di gestione sia correttamente
applicato, efficace e conforme alla norma di riferimento.
Requisiti di base Laurea in facoltà scientifiche e tre anni di esperienza nel settore
oppure diploma e cinque anni di esperienza.
Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità
Conoscenza approfondita della norma ISO 9001 e della norma ISO
19011, ISO 14000, ISO 22000
Regolamentazione EMAS
Tecniche di comunicazione e di auditing
Ecologia ed impatti ambientali
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative ambientali cogenti
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento
Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi
Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Assertività
comportamenti Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Attitudine ad affrontare sistemi e problemi connessi
Socievolezza
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed
accreditamento
Principi della norma UNI EN ISO 9000
Norma UNI EN ISO 14000
Norma ISO 22000
Regolamentazione EMAS
Norme ed indicazioni LCA
Documentazione del sistema e relativa gestione
Norma UNI EN ISO 19011
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento
Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di
certificazione nel settore agroalimentare
Note Come per la consulenza, operativamente è opportuno prefigurare
questa figura professionale, come evolutiva rispetto al valutatore di
76
sistemi qualità, con acquisizione di competenze e sviluppo della
professionalità.

77
Valutatore per la qualità di prodotto e la tracciabilità

Denominazione Valutatore per la qualità di prodotto e la tracciabilità


Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di
certificazione.
Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità
(disciplinare tecnico, procedure, istruzioni, moduli di registrazione)
e visite ispettive nelle strutture produttive redige un verbale di
auditing, che sottopone al Comitato Tecnico dell’Organismo terzo
accreditato, per la concessione della certificazione di tracciabilità
e/o di qualità del prodotto. Successivamente mediante visite
ispettive periodiche “sorveglia” che il sistema sia correttamente
applicato.
Requisiti di base Laurea in agraria, tecnologie alimentari o corsi universitari
equivalenti e tre anni di esperienza nel settore oppure diploma e
cinque anni di esperienza.
Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità
Conoscenza approfondita della norma ISO 19011
Sistema di qualità di prodotto, relativa documentazione e gestione
Principi e metodi della tracciabilità
Tecnologie alimentari
Problematiche relative alla sicurezza igienico sanitaria, metodo
haccp, norma ISO 22000
Metodi di monitoraggio e misura dei parametri di qualità
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento
Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi
Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Assertività
comportamenti Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Sistemi agricoli ed agroalimentari territoriali e di filiera
Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed
accreditamento, norma UNI 10939, UNI 11020
Sistema di qualità di prodotto e di tracciabilità
Disciplinare tecnico, documentazione della qualità e relativa
gestione
Norma UNI EN ISO 19011 ed ISO 22000
La sicurezza igienico sanitaria ed il metodo haccp
Metodi e tecniche di monitoraggio e misura dei parametri e degli
indicatori di qualità
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento

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Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di
certificazione, nel settore agricolo ed agroalimentare, specie per
quanto riguarda la certificazione di prodotti di qualità, con filiera
tracciata e controllata
Note Operativamente è opportuno prefigurare questa figura professionale
come evolutiva rispetto al valutatore di sistemi qualità, con
acquisizione di competenze e sviluppo della professionalità.

79
Valutatore dei sistemi di produzione biologica

Denominazione Valutatore per i sistemi biologici di produzione


Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di controllo e
certificazione, autorizzati dal Mipaf.
Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità e visite
ispettive nelle strutture produttive ed eventuali analisi di
laboratorio, redige un verbale di auditing, che sottopone al Comitato
Tecnico dell’Organismo terzo autorizzato, per la concessione della
certificazione biologica. Successivamente mediante visite ispettive
periodiche “sorveglia” che il sistema sia correttamente applicato.
Requisiti di base Laurea in agraria, tecnologie alimentari o corsi universitari
equivalenti e tre anni di esperienza nel settore oppure diploma e
cinque anni di esperienza.
Conoscenze Agroecologia e sinecologia della fertilità
Metodi biologici di produzione
Principi, metodi e strumenti della qualità
Conoscenza approfondita della regolamentazione biologica
Conoscenza approfondita della norma ISO 19011
Tecnologie alimentari
Problematiche relative alla sicurezza igienico sanitaria e metodo
haccp
Metodi di monitoraggio e misura dei parametri di qualità
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento
Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi
Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Assertività
comportamenti Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Agroecologia e sinecologia della fertilità
I metodi e le tecniche biologiche di produzione
La regolamentazione sul biologico e sull’iter di
controllo/certificazione
Sistema di qualità di prodotto e di tracciabilità
Norma UNI EN ISO 19011
La sicurezza igienico sanitaria ed il metodo haccp
Metodi e tecniche di monitoraggio e misura dei parametri e degli
indicatori di qualità
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento
Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di
controllo e certificazione, nell’ambito dei sistemi biologici di
produzione.
80
Note Anche in questo settore che, per le modalità di evoluzione e
diffusione e per le specificità tecniche, rappresenta un ambito
specifico della qualità agroalimentare, è opportuno favorire la netta
distinzione tra figura di consulente e di controllore/valutatore.

81
Valutatore per la gestione degli standard internazionali di qualità di prodotto
agroalimentare

Denominazione Valutatore per la certificazione secondo standard internazionali


(BRC, IFS, EUREPGAP)
Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di
certificazione.
Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità
(disciplinare tecnico, procedure, istruzioni, moduli di registrazione),
visite ispettive nelle strutture produttive redige un verbale di
auditing, che sottopone al Comitato Tecnico dell’Organismo terzo
accreditato ed autorizzato per la concessione della certificazione,
secondo gli specifici standard internazionali di riferimento.
Successivamente mediante visite ispettive periodiche “sorveglia”
che il sistema sia correttamente applicato.
Requisiti di base Laurea in agraria, tecnologie alimentari o altro corso universitario
equivalente e tre anni di esperienza nel settore oppure diploma e
cinque anni di esperienza.
Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità
Conoscenza approfondita della norma ISO 19011
Standard internazionali e schemi di certificazione BRC, IFS,
EUREPGAP
Sistema di qualità di prodotto, relativa documentazione e gestione
Principi e metodi della tracciabilità
Tecnologie alimentari
Problematiche relative alla sicurezza igienico sanitaria e metodo
haccp
Metodi di monitoraggio e misura dei parametri di qualità
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento
Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi
Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igienico sanitari
Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative
Atteggiamenti e Assertività
comportamenti Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza
Contenuti fondamentali Organizzazioni e sistemi complessi
del percorso formativo Sistemi agricoli ed agroalimentari territoriali e di filiera
Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed
accreditamento
Sistema di qualità di prodotto e di tracciabilità
Standard internazionali e schemi di certificazione BRC, IFS,
EUREPGAP
Disciplinare tecnico, documentazione della qualità e relativa
gestione

82
Norma UNI EN ISO 19011
La sicurezza igienico sanitaria ed il metodo haccp
Metodi e tecniche di monitoraggio e misura dei parametri e degli
indicatori di qualità
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento
Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di
certificazione nel settore agricolo ed agroalimentare.
Note Operativamente è opportuno prefigurare questa figura professionale
come evolutiva rispetto al valutatore di sistemi qualità, con
acquisizione di competenze e sviluppo della professionalità

83
Glossario essenziale

Riconoscimento formale di idoneità di un organismo di


Accreditamento certificazione o di un laboratorio di analisi.
In Italia l’accreditamento degli organismi di certificazione è
affidata al SINCERT, quello dei laboratori al SINAL.
Assicurazione qualità Tutte le attività pianificate attuate nell’ambito del sistema qualità
svolte per fornire adeguata confidenza che un sistema soddisferà i
requisiti della qualità predefiniti.
L’assicurazione qualità (detta anche Garanzia di qualità) può
avere finalità interne e/o esterne: nel primo caso serve per dare
sufficienti garanzie alla direzione generale (o all’imprenditore);
nel secondo caso ai clienti, ai consumatori, alle istituzioni.
Autocontrollo Corrisponde all’organizzazione e gestione delle attività
pianificate di controllo (o connesse al controllo) che l’azienda
mette in atto per garantirsi ( e per garantire) che i prodotti
ottenuti siano conformi a certi requisiti predeterminati.
Dal 2006, con l’entrata in vigore del cosiddetto pacchetto igiene,
l’obbligo dell’autocontrollo si estenderà a tutte le imprese
agricole ed agroalimentari.
Azione correttiva Provvedimento adottato in azienda in seguito al verificarsi di non
conformità al fine di precludere o ridurre il ripetersi di queste
situazioni indesiderate.
Azione preventiva Provvedimento adottato in azienda per eliminare le cause di
potenziali e probabili non conformità o altre situazioni
indesiderate.
CEN Comitato Europeo di Normazione, libera associazione fondata
per sviluppare l’attività normativa a livello europeo e per
armonizzare quella degli Stati membri. L’Italia è rappresentata
dall’UNI.
Certificazione L’attività svolta da un Organismo debitamente autorizzato
(accreditato) per fornire adeguata confidenza sulla conformità di
un sistema qualità o di un prodotto a requisiti predeterminati.
Conformità Rispondenza di un prodotto o di un servizio o di un processo
produttivo a requisiti predeterminati.
Consorzio di tutela Organismi interprofessionali, ufficialmente riconosciuti, ai quali
è affidata la gestione e la tutela di una denominazione di origine.
Controllo Attività svolta per prevenire ogni tipo di problema e per garantire
il conseguimento degli obiettivi prefissati.
Oltre a quello di verifica, nei sistemi qualità assume soprattutto
un significato preventivo, dei “tenere sotto controllo”.
Costi aziendali della qualità Sono degli investimenti aziendali. Riguardano la pianificazione e
la gestione del sistema qualità e comprendono le spese di
consulenza e di eventuale certificazione. Molto spesso questi
investimenti sono immediatamente ripagati dal miglioramento
dell’efficienza gestionale.
Costi aziendali della non Sono i costi che l’azienda deve valutare per accertare se esiste un
qualità problema della qualità. Sono rappresentati dagli scarti del
processo produttivo, dalle inefficienze interne, ma anche dalla
eventuale perdita di clienti o dalle difficoltà di collocarsi sul

84
mercato, per mancanza di garanzie da offrire sul proprio processo
produttivo.
Disciplinare di produzione E’ un documento normativo che indica le caratteristiche di un
prodotto e del processo produttivo necessario per ottenerlo.
Haccp Hazard Analysis Critical Control Point. Metodo di analisi che
individua i rischi per la salute dei consumatori relativi
all’assunzione di sostanze alimentari e le misure di preventive per
il loro controllo.
ISO International Organization for Standardization. Organizzazione
internazionale cui aderiscono gli enti di normazione di oltre 100
Paesi.
Lo scopo dell’ISO è di armonizzare le norme di qualità a livello
internazionale.
L’ISO è una organizzazione volontaria basata sui principi della
partecipazione e del consenso.
Le norme ISO 9000 sono relative ai sistemi di assicurazione
qualità.
Lotto di produzione Quantità definita di un prodotto o di una materia prima ottenuta,
nei limiti del possibile, nelle medesime condizioni.
La definizione dei lotti di produzione è indispensabile per gestire
un sistema di rintracciabilità del prodotto.
Manuale della qualità E’ il primo documento di un sistema qualità ISO: enuncia la
politica di qualità dell’organizzazione (azienda) e descrive il suo
sistema qualità.
Marchio Genericamente il termine marchio viene utilizzato per indicare un
segnale della qualità. Più nello specifico il marchio è un titolo di
proprietà, normato in Italia dal D.lgs 480/92 ed indica una parola,
un segno, una figura che contraddistingue i prodotti di un
determinato soggetto, generalmente imprenditoriale.
Marchio collettivo E’ un marchio utilizzato su concessione del suo titolare da diversi
produttori sulla base di un regolamento d’suo del marchio stesso.
Il D.lgs 480/92 estende la possibilità di registrare un marchio
collettivo a qualsiasi soggetto che si proponga di garantire
determinati requisiti di qualità o caratteristiche dei prodotti.
Miglioramento continuo L’insieme delle azioni intraprese in seguito all’analisi ed alle
verifiche del sistema qualità per accrescere l’efficacia e
l’efficienza delle attività e dei processi a vantaggio sia
dell’azienda che dei clienti.
E’ una delle caratteristiche più importanti dei sistemi di qualità.
Non conformità Non soddisfacimento di requisiti predeterminati.
Norma In ambito ISO è un documento, prodotto mediante consenso ed
approvato da organismi riconosciuti, che fornisce indicazioni,
regole, linee guida per svolgere determinate attività; in questo
caso si parla di norma volontaria.
Il termine norma viene usato anche per indicare prescrizioni di
legge; talvolta in questa accezione viene usato il termine norma
cogente.
Organismo di certificazione Organismo, pubblico o privato che effettua la certificazione di
conformità: di prodotto (in base alla norma ISO 45011) e/o di
sistema (norma ISO 45012).
L’organismo di certificazione è sottoposto al controllo da parte di

85
Enti di Accreditamento.
Politica della qualità Con questo termine in genere si indicano gli indirizzi e gli
obiettivi di un’azienda (o di una organizzazione) orientata alla
qualità.
Procedura Documento della qualità che descrive come deve essere eseguita
una determinata attività.
Processo Insieme di attività e di risorse organizzate per ottenere dei
prodotti o dei servizi a partire da materie prime, mezzi tecnici ed
informazioni.
Prodotto Risultato di un processo o di un’attività.
Qualità Il grado con cui un insieme di caratteristiche di un’entità (per
esempio un prodotto, un sistema gestionale, una figura
professionale) soddisfano esigenze dei consumatori, dei clienti o
degli utenti di servizi.
Qualità totale La qualità totale corrisponde alla politica di un’azienda che
adotta un sistema qualità fondato sul miglioramento continuo
della propria gestione per soddisfare le esigenze dei clienti, per
accrescere i benefici di tutti gli operatori aziendali e della
collettività.
Tra i benefici della collettività devono essere considerati per
esempio l’apporto allo sviluppo locale, l’occupazione, la tutela e
la valorizzazione dell’ambiente.
Requisiti per la qualità Rappresentano le caratteristiche di un prodotto e/o di un servizio
individuate per soddisfare le esigenze del cliente, del
consumatore e/o dell’utente.
Responsabilità da Indica in generale l’obbligo di un produttore di risarcire gli
prodotto/servizio eventuali danni arrecati ai consumatori causati da un prodotto o
da un servizio difettoso.
Riesame del sistema qualità E’ l’attività di verifica e di analisi del sistema qualità, per
controllare la sua efficacia ed efficienza e per favorire il
miglioramento continuo della gestione.
Rintracciabilità Capacità di ricostruire la storia di un prodotto a partire dalla sua
origine.
SICEV L’organismo che certifica i valutatori dei sistemi qualità.
Sicurezza Assenza di rischi non accettabili. La sicurezza igienico sanitaria è
un prerequisito della qualità.
SINAL Associazione senza fini di lucro che accredita e controlla in Italia
i laboratori di analisi.
SINCERT Associazione senza fini di lucro che accredita e controlla in Italia
gli organismi di certificazione.
Sistema qualità Rappresenta l’insieme delle attività e dei controlli svolti in modo
pianificato per garantire il perseguimento degli obiettivi della
qualità, al minimo costo.
Soddisfazione del cliente E’ la principale finalità di una politica della qualità.
Terza parte Indica l’indipendenza di una persona o di un organismo rispetto
alle parti coinvolte in un contratto o in una relazione economica.
UNI Organismo italiano di normazione, aderente all’ISO. Opera in
tutti i settori, eccetto quelli elettrico ed elettronico, nei quali
agisce il CEI (Comitato Elettrotecnico Italiano).

86
Bibliografia consultata
Caldarini C. Giarè F., Formazione e divulgazione. Sistemi locali e dispositivi globali per lo sviluppo
dell’agricoltura, Inea, Roma, 1999
Caldarini C. Satta M., Metodologia della divulgazione, Inea, Cifda Sicilia e Sardegna, Cagliari,
2000
Cipat (a cura di), Linee per lo sviluppo di un sistema di gestione per la qualità e per l’autocontrollo
igienico sanitario nelle aziende agroalimentari, Università del Molise, Campobasso, 2002
De Stefano F.(a cura di), Qualità e valorizzazione nel mercato dei prodotti agroalimentari tipici,
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2000
Gregori M. e Prestamburgo M., Produzioni biologiche e adattamenti d’impresa, Franco Angeli,
Milano 1996
Inea, Le politiche comunitarie per lo sviluppo rurale" - Un bilancio di metà percorso
Rapporto 2003/2004, Inea, Roma, 2005
Malevoli I., Evoluzione strutturale dell’agricoltura e fabbisogni formativi, Agritec, Firenze, 2001
Mantino F. (a cura di), L’impresa agraria ed dintorni, Inea, Roma, 1995
Mariani A. (a cura di), Sviluppo dei sistemi di qualità nelle filiere agroalimentari del Mezzogiorno,
Università del Molise, Campobasso, 2001.
Mattana G., Qualità, affidabilità, certificazione, Franco Angeli, IX ed, Milano 1995
Micheli M. Moretti G., Qualità in Agricoltura e Agroindustria, Edagricole, Bologna, 2005
Nomisma (a cura di), La qualità per competere. Nuove sfide per l’agroalimentare italiano, Indicod
AGRA, Roma, 2003
Peri C., Qualità: Concetti e metodi, Franco Angeli, Milano II ed., 1995
Reda C., Del Gobbo G., Le verifiche ispettive interne della qualità nelle ISO 9000, Franco Angeli,
Milano, 1998
Weiller G., La gestione della qualità nell’azienda medio-piccola, Franco Angeli, Milano, 2002
Sacconi L., Economia Etica Organizzazione, Laterza, Bari, 1997
Marcantoni C. Torresani A., Guida alla vision 2000, Franco Angeli, Milano, 2000
Inea, Rapporto sullo stato dell’Agricoltura 2004, Inea, Roma, 2005.
Eurispes, Rapporto Italia 2004, Eurispes, Roma, 2004
UNI (a cura di), ISO 9000 per le piccole imprese, UNI, Milano 1997
Hoyle D. e Thompson J., Conoscere le ISO 9000:2000. Trasformare un sistema qualità con
l’approccio per processi, UNI, Milano 2001

87
LE FIGURE PROFESSIONALI EMERSE DALL’INDAGINE

Il settore zootecnico

BOVINI DA CARNE

ATECO: A.01.21.0 ISCO: 8.3.3.2 ISTAT: 7.4.3.1

Denominazione TRATTORISTA

Definizione
Operaio specializzato addetto alla conduzione di trattrici e altre macchine
operatrici e alla loro manutenzione

Attività
Provvede alla conduzione di trattori, pale meccaniche, carri miscelatori ed
alla manutenzione ordinaria dei mezzi meccanici

Posizione Dipendente o proprietario (nel caso di conduzione diretta)


nell’ azienda

Competenze
Conoscere l’uso delle macchine e avere competenze meccaniche di base

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – GESTIONE DELLA STALLA


produzione GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE

Requisiti/
Conoscenze Livello studi MEDIO

1
ATECO: A.01.2.85.20 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 2.3.1.4

Denominazione Veterinario ginecologo e patologo

Definizione Figura professionale veterinaria specializzata in pratica ginecologica,


problematiche riproduttive delle bovine, malattie neonatali dei vitelli e
patologie infettive tipiche dell’ingrasso

Attività Assistenza ostetrica al parto, cura della fertilità delle fattrici, cure delle
malattie neonatali dei vitelli, piani di profilassi.

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda

Competenze
Competenze ginecologiche e ostetriche nelle fattrici, competenze nelle
malattie neonatali dei vitelli, competenze malattie infettive

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – ISPEZIONE, TRATTAMENTI,


produzione ASSISTENZA SANITARIA

Requisiti/ LAURE IN MEDICINA VETERINARIA , INDIRIZZO ZOOTECNICO


Conoscenze

2
ATECO: A.01.21.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione STALLIERE

Definizione Operaio specializzato addetto in via generale alla pratica di allevamento del
bestiame, capace anche nell’uso delle macchine

Attività Provvede: alla movimentazione degli animali nelle varie fasi


dell’allevamento (entrata uscita, carico scarico, spostamenti interni); al
controllo dello stato sanitario del bestiame e alle terapie di base; alla pulizia
delle stalle, impagliatura dei box; alle disinfezioni; alla contabilità
zootecnica.

Posizione Dipendente o proprietario (nel caso di conduzione diretta)


nell’ azienda

Competenze
Figura specializzata che deve conoscere tutte le manualità nel maneggio e
contenimento del bestiame; il comportamento animale ( etologia) e avere
competenze sanitarie di base (presidi disinfettanti e loro applicazione); le
normative di legge per la registrazione degli animali (anagrafe bovina).

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – MOVIMENTAZIONE, GESTIONE


produzione STALLA, CONTABILITA’ ZOOTECNICA

Livello studi MEDIO


Requisiti/
Conoscenze

3
ATECO: A.01.21.0 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.2

Denominazione Stalliere - TRATTORISTA


ALIMENTARISTA

Definizione Professionista addetto all’elaborazione delle razioni alimentari, specializzato


nelle tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti

Attività Definisce le tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti (insilati,


fieni). Prepara le razioni per le varie fasi di allevamento

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda

Competenze
Conoscenze agronomiche, alimentaristiche, nelle varie fasi di allevamento,
ingrasso e fattrici

Segmento della ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI - STOCCAGGIO ALIMENTI,


produzione PREPARAZIONE DISTRIBUZIONE

Requisiti/ LAUREA IN MEDICINA VETERINARIA – AGRONOMIA - SCIENZE


Conoscenze DELLA PRODUZIONE ANIMALE

4
ATECO: K.74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 3.1.5.2

Denominazione Certificatore di processo e consulente tecnico di processo di certificazione

Definizione
Tecnico che provvede alla realizzazione e consulenza specialistica del
processo di certificazione

Attività Provvede al controllo della documentazione, alla consulenza in azienda


necessaria al protocollo di certificazione e assistenza specialistica (es.
omeopatia)

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda

Competenze
Conoscenza dei disciplinari di produzione, omeopatia veterinaria

Segmento della CERTIFICAZIONE DI PROCESSO


produzione

Requisiti/ Livello studi superiore, laurea


Conoscenze

5
BOVINI DA LATTE

ATECO: A.01.21.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione BERGAMINO/STALLIERE

Definizione
Operaio addetto alla stalla ed alla cura degli animali

Attività Cura la mandria e le fasi di mungitura, pulizia locali mungitura, cura i vitelli,
e si occupa di tutte le attività inerenti alla cura del bestiame

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze Saper seguire e governare la mandria. Approfondita conoscenza degli


animali. Deve saper intervenire per risolvere i problemi elementari che
possano insorgere riguardo alla mungitura, cura delle mastiti, assistenza ai
parti, ecc.

Segmento della Gestione degli animali – Alimentazione degli animali - Mungitura


produzione

Istruzione media. Deve avere approfondite conoscenze sul comportamento


Requisiti/
dei bovini e conoscenze di base relative alle patologie più frequenti e sulle
Conoscenze
tecniche di assistenza al parto. E’ necessaria esperienza nel settore.

6
ATECO: A.01.21.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione CAPO STALLA

Definizione E’ il responsabile della mandria aziendale

Gestisce e controlla tutti i lavori e le attività inerenti la mandria e la stalla


Attività

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Approfondita conoscenza degli animali, dei lavori e attività di stalla, delle
attrezzature ed impianti aziendali. Ha conoscenze di base che gli permettono
di assistere il veterinario e gestire la programmazione dei piani di
fecondazione.

Segmento della Gestione degli animali – Alimentazione degli animali - Mungitura


produzione

Requisiti/ Istruzione media. Deve avere approfondite conoscenze sul comportamento


Conoscenze dei bovini e conoscenze di base relative alle patologie più frequenti e sulle
tecniche di assistenza al parto. E’ necessaria molta esperienza nel settore.

7
ATECO: A.01.2.85.20 ISCO:2.2.1.1 ISTAT: 2.3.1.4

Denominazione VETERINARIO

Colui che cura l’aspetto sanitario dell’allevamento e su richiesta del


Definizione proprietario o responsabile procede negli interventi sanitari

Attività Gestisce e controlla lo stato di salute degli animali. Provvede ai necessari


interventi sanitari sugli animali, direttamente o tramite i responsabili della
mandria aziendale. Cura i programmi di fecondazione e l’assistenza ai parti.

Posizione Consulente
nell’ azienda

Competenze Conoscenze e capacità proprie della sua professione. Particolare competenza


nella cura dei bovini, nell’assistenza al parto, nelle tecniche di fecondazione,
nella tenuta dei libri genealogici.

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Laurea in Medicina veterinaria. E’ necessaria la specifica conoscenza delle


Requisiti/ norme che regolano il settore.
Conoscenze

8
ATECO: A.01.21.0 ISCO: 8.3.3.2 ISTAT: 7.4.3.1

Denominazione TRATTORISTA

Definizione
Operaio specializzato addetto in via generale alla pratica di allevamento del
bestiame, capace anche nell’uso delle macchine

Attività
Provvede a stoccare i foraggi e mangimi. Prepara e distribuisce la razione.
Provvede alla gestione del liquame e letame.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Conosce le pratiche di alimentazione, usa le macchine e attrezzature per
l’alimentazione e la gestione delle deiezioni

Segmento della ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI - STOCCAGGIO ALIMENTI,


produzione PREPARAZIONE DISTRIBUZIONE - DEIEZIONI FLUIDE E LETAME

Requisiti/ Livello studi MEDIO


Conoscenze

9
ATECO: A.01.21.0 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.2

Denominazione ALIMENTARISTA

Definizione
Professionista addetto all’elaborazione delle razioni alimentari, specializzato
nelle tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti

Attività Definisce le tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti (insilati,


fieni). Prepara le razioni per le varie fasi di allevamento

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda

Competenze
Conoscenze agronomiche, alimentaristiche, nelle varie fasi di allevamento.

Segmento della ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI


produzione

Requisiti/ LAUREA IN MEDICINA VETERINARIA – AGRONOMIA - SCIENZE


Conoscenze DELLA PRODUZIONE ANIMALE

10
BUFALINI

ATECO: A.01.21.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione ADDETTO ALLA GESTIONE DEI FORAGGI ED INSILATI

Definizione
Operaio che cura la gestione dei foraggi ed insilati

Attività Segue tutte le procedure (semina – coltivazione - raccolta – stoccaggio)


relative ai foraggi aziendali.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze Buona esperienza e conoscenza agronomica delle colture foraggere e delle


tecniche proprie di ogni fase, dalla semina allo stoccaggio.

Segmento della Coltivazioni per alimentazione animali


produzione

Istruzione medio bassa. Conoscenza approfondite della cura agronomica


Requisiti/ delle foraggere acquisita per esperienza.
Conoscenze

11
ATECO: A.01.21.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione
ADDETTO AI VITELLI

Definizione
Operaio a cui è affidata la cura e la responsabilità dei vitelli aziendali

Attività
Si occupa dello svezzamento – nutrizione, pulizia è e cura sanitaria di base
dei vitelli

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Ottima conoscenza della fisiologia e patologie del vitello e delle tecniche di
nutrizione.

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Requisiti/ Istruzione medio bassa. Ottima conoscenza del comportamento animale e


Conoscenze delle tecniche di nutrizione, acquisite soprattutto per esperienza.

12
ATECO: A.01.21.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione
MUNGITORE

Definizione
Operaio specializzato addetto alla mungitura

Attività Si occupa della mungitura delle bufale e della cura dei locali e dei
macchinari di mungitura. Gestisce la raccolta degli animali, la loro pulizia,
con particolare riferimento alla salute della mammella. E’ responsabile
dell’igiene della sala di mungitura e del corretto funzionamento e
manutenzione dell’impianto di mungitura

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Ottima conoscenza della fisiologia e patologie degli animali soprattutto
relativamente alle mammelle ed all’apparato produttivo del latte. Conosce i
macchinari della sala di mungitura e sa usarli correttamente. Ha approfondite
conoscenze sulle tecniche di igienizzazione degli animali, delle attrezzature
e dei locali.

Mungitura
Segmento della
produzione

Requisiti/
Conoscenze Istruzione medio bassa. Ottima conoscenza del comportamento animale.
Buona conoscenza sanitaria della mammella e delle sue eventuali anomalie o
patologie. Buona conoscenza tecnica dell’impianto di mungitura.

13
SUINI

ATECO: A.01.2.85.20 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 2.3.1.4

Denominazione VETERINARIO

Definizione Responsabile dello stato sanitario dell’allevamento e del rispetto delle


normative sanitarie e della sicurezza alimentare del prodotto

Attività Studia la semeiotica di stalla e controlla l’epidemologia. Appronta protocolli


di bio-sicurezza e di profilassi. Indica e gestisce le terapie. Predispone i piani
vaccinali. Effettua le ecografie.

Posizione Consulente esterno – Nel caso di aziende di grandi dimensioni può essere
nell’ azienda dipendente.

Competenze
Quelle proprie della professione medico-veterineria. Particolari conoscenze
dei suini. Capacità di utilizzo delle specifiche strumentazioni tecniche.
Capacità di organizzare e gestire le procedure e le attività sanitarie aziendali.
Conosce e sa gestire tutte le problematiche relative alla qualità igienico-
sanitaria della produzione.

Segmento della Gestione degli animali – Alimentazione degli animali – Macellazione -


produzione Trasformazione

Requisiti/ Laurea in medicina veterinaria. Specializzazione nel comparto. Conoscenze


Conoscenze di gestione haccp e sistemi di qualità.

14
ATECO: A.01.23.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 6.4.2

Denominazione ADDETTO AI VERRI-FECONDATORE

Tecnico che si occupa della gestione della fase di inseminazione artificiale


Definizione con “seme” di origine esterna o interna all’azienda.

Attività Si occupa del prelievo del materiale seminale nel caso dei centri verri
aziendali e della fecondazione delle scrofe.

Posizione Dipendente o consulente esterno appartenente ad un centro specializzato


nell’ azienda esterno

Competenze
Conoscenza della fisiologia dell’apparato riproduttivo del verro e della
scrofa. Conoscenza delle tecniche specifiche di inseminazione strumentale e
particolare attitudine nel processo di inseminazione e nell’uso degli
strumenti. Capacità di valutare la qualità del materiale seminale. Sa
riconoscere i calori nelle scrofe.

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Requisiti/ Deve aver frequentato un corso per l’abilitazione allo svolgimento della
Conoscenze fecondazione strumentale ed acquisito le necessarie capacità nell’uso delle
strumentazioni e del trattamento degli animali.

15
ATECO: A.01.23.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 6.4.2

Denominazione ADDETTO ALLA SALA PARTO

Definizione Operaio che segue la fase di fine gestazione e parto delle scrofe.

Attività E’ costantemente presente (sia di giorno che di notte) in sala parto, seguendo
le scrofe nelle ultime fasi della gestazione e nel parto. Sorveglia e cura gli
animali, provvedendo alle loro necessità, anche sanitarie, in queste
specifiche fasi. Si occupa dei neonati nei primi giorni di vita.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Deve avere elementari conoscenze di fisiologia e patologia del suino.
Conosce in modo particolare la fisiologia e le più comuni patologie connesse
alle fasi di gestazione e parto delle scrofe. Sa intervenire per risolvere i
problemi di ordine sanitario più comuni connessi a queste fasi e sa
somministrare i farmaci necessari. Sa valutare la sanità ed il benessere dei
neonati. Deve avere molta esperienza e particolare attitudine al trattamento
degli animali.

Segmento della
Gestione degli animali
produzione

Requisiti/ Grado di istruzione medio basso. Si richiede molta esperienza nello specifico
Conoscenze settore e nella particolare mansione.

16
ATECO: A.01.23.0 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.2

Denominazione NUTRIZIONISTA

Definizione Addetto alla formulazione dei mangimi

Attività E’ responsabile e prepara le formulazioni delle razioni alimentari. Sceglie le


materie prime e ne verifica natura e qualità. Dispone e controlla lo
stoccaggio e le modalità di somministrazione degli alimenti.

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda

Competenze Conoscenze proprie conseguite negli studi per acquisire diplomi o lauree nel
settore agrario, nutrizionale o veterinario. Deve conoscere le tecniche e le
attrezzature che si usano per lo stoccaggio e conservazione degli alimenti. Ha
conoscenza approfondita della normativa sanitaria di riferimento. Deve saper
effettuare il monitoraggio della produzione (incrementi ponderali, indici di
conversione, ecc.). Di concerto col veterinario, deve saper gestire e
interpretare il monitoraggio dello stato sanitario degli animali.

Segmento della Alimentazione degli animali


produzione

Requisiti/
Conoscenze Diploma o laurea in veterinaria o agronomia. Conoscenze specialistiche
sull’alimentazione del suino e le relative tecniche e strumentazioni.

17
ATECO: A.01.23.0 ISCO: 3.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.2.

Denominazione ADDETTO AL MANGIMIFICIO

Definizione Operaio addetto alla preparazione del mangime e al trasporto nei silos

Attività Riceve le materie prime, le controlla e prepara le miscele secondo le


formulazioni indicate dal nutrizionista. Se del caso, aggiunge integratori e
medicamenti prescritti. Si occupa anche dello stoccaggio.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Sa gestire e operare sui sistemi informatici che governano e controllano il
mangimificio. Conosce le materie prime, gli integratori ed i medicamenti
impiegati e sa utilizzarli per la preparazione degli alimenti. Ha conoscenze di
base che gli consentono di comprendere le indicazioni dell’alimentarista.
Conosce molto bene i macchinari (mulino, miscelatore, coclea, ecc) e sa
utilizzarli correttamente. Conosce e applica le norme di prevenzione e
sicurezza.

Segmento della Alimentazione degli animali


produzione

Requisiti/ Grado di istruzione medio alto, preferibilmente con diplomi di tipo tecnico.
Conoscenze Patenti o abilitazioni speciali per l’utilizzo di macchinari o l’impiego di
integratori e medicamenti.

18
OVICAPRINI

ATECO: A.01.22.1 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 6.4.2.1

Denominazione PASTORE

Definizione
Operaio responsabile della gestione degli animali

Attività Conduce e governa il gregge al pascolo. E’ responsabile della cura degli


animali e provvede a tutte le loro necessità durante il pascolo.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare degli
ovicaprini ) ed esperienza nella loro cura e modalità di movimentazione.
Conosce le minime regole di fisiologia e gli elementari rudimenti di
patologie e malattie degli armenti e sa intervenire di conseguenza con
operazioni di pronto intervento sanitario. Deve saper gestire il gregge al
pascolo. Riconosce le varie essenze di cui si nutrono gli animali.

Gestione degli animali


Segmento della
produzione

Requisiti/ Grado di istruzione medio basso. Specifica esperienza in materia di


Conoscenze allevamento ovicaprino e gestione del gregge al pascolo.

19
ATECO: A.01.22.1 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione ADDETTO DI STALLA

Definizione Operaio addetto alla gestione della stalla

Attività Gestisce la stalla, l’alimentazione degli animali, gli accoppiamenti e la


gestione dei gruppi di monta. In particolare provvede alla cura dei montoni e
degli agnelli.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Ha buone conoscenze nelle tecniche di gestione e somministrazione degli
alimenti. Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in
particolare dei montoni) e esperienza nella loro cura e movimentazione.
Conosce le tecniche e sa gestire i gruppi di monta. Conosce e sa provvedere
alle cure basilari dei giovani capi.

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Requisiti/ Grado di istruzione medio basso. Specifica esperienza in materia di


Conoscenze allevamento ovicaprino.

20
AVICOLI

ATECO: A.01.24.0 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 6.4.2.4

Denominazione ADDETTO AL CARICO DEI POLLI

Definizione
Operaio addetto al carico degli animali sugli automezzi.

Attività Carica, generalmente la notte e preferibilmente a mano, gli animali sugli


automezzi per l’invio al macello.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Questa figura attualmente non necessita di particolari competenze tecniche,
ma con l’introduzione delle norma di benessere dovrà essere formato e
conoscere aspetti pratici del maneggiamento degli animali e concetti di stress
negli animali.

Gestione degli animali


Segmento della
produzione

Istruzione bassa ed esperienza nel settore avicolo.


Requisiti/
Conoscenze

21
ATECO: A.01.24.0 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.2

Denominazione ALIMENTARISTA

Definizione
Professionista addetto all’elaborazione delle razioni alimentari, specializzato
nelle tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti

Attività Definisce le tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti. Prepara le


razioni per le varie fasi di allevamento.

Posizione Consulente esterno – Nelle aziende più grandi può essere dipendente
nell’ azienda

Competenze
Conoscenze alimentaristiche, nelle varie fasi di allevamento, specifiche per il
settore avicolo. Conosce le tecniche e gli strumenti di distribuzione delle
razioni alimentari proprie degli allevamenti avicoli.

Segmento della Alimentazione degli animali


produzione

Requisiti/ Laurea in medicina veterinaria – agronomia - scienze della produzione


Conoscenze animale.

22
ATECO: A.01.24.0 ISCO: 8.3.3.2 ISTAT: 7.4.3.1

Denominazione TRATTORISTA ADDETTO ALLA PULIZIA DEI POLLAI

Definizione
Operaio addetto alle operazioni di asportazione della lettiera, di lavaggio e di
disinfezione del capannone.

Attività
Provvedono, prima dell’accasamento, alla sistemazione della lettiera e al
riscaldamento dei capannoni con lampade solitamente I.R. Possono essere
utilizzate macchine ed attrezzature quali ad esempio idropulitrice a getto
d’acqua e vapore in pressione.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
L’addetto deve saper condurre il trattore e deve saper utilizzare eventuali
pompe per la distribuzione di disinfettanti o detergenti. Spesso alla
produzione di vapore è associata una centrale termica, di cui deve conoscere
il funzionamento.

Segmento della Gestione delle deiezioni


produzione

Istruzione bassa e requisiti necessari alla guida di trattrici.


Requisiti/
Conoscenze

23
ATECO: A.01.24.0 ISCO: 7.2.3.3 ISTAT: 6.2.3.5

Denominazione ADDETTO AGLI IMPIANTI

Definizione
Tecnico che gestisce gli impianti che controllano i fattori ambientali,
(riscaldamento, ventilazione, raffreddamento)

Attività Gestisce la centralina elettronica che mediante computer controlla e comanda


gli impianti di riscaldamento, ventilazione, raffreddamento.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Deve avere conoscenze in campo elettronico, meccanico, idraulico per
eventuali interventi immediati sui sistemi di condizionamento ambientale e
buon utilizzo delle macchine e delle attrezzature, sia per tenerle efficienti sia
per effettuare le riparazioni di emergenza in caso di guasti. Deve conoscere
la legislazione di riferimento relativamente alla sicurezza sul lavoro.

Segmento della Gestione macchine e attrezzature


produzione

Requisiti/
Diploma tecnico ed esperienza nel settore impiantistico.
Conoscenze

24
EQUINI

ATECO: A.01.22.2 ISCO: 9.2.1.1 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione ARTIERE

Definizione
Operaio specializzato che ha la responsabilità della cura giornaliera e
dell’alimentazione del cavallo

Attività Collabora con il responsabile dell’allevamento nella definizione del piano di


allenamento e cura dei cavalli, nella pulizia e nel controllo dello stato di
salute dei cavalli, nell' allenamento del cavallo in base alle attività che deve
svolgere e infine guida l'animale nelle attività previste sfruttando le sue
caratteristiche fisiche e psicologiche al meglio.

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare dei


cavalli) ed esperienza nella loro cura e modalità di movimentazione. Ha
sufficienti conoscenze di veterinaria, lingua estera (inglese o francese),
dietetica, cultura ippica, pronto soccorso ed igiene degli animali, storia e
geografia del cavallo. Conosce molto bene e sa usare correttamente le
tecniche di scuderizzazione, grooming, equitazione di base, impostazioni a
cavallo.

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Requisiti/ Grado di istruzione medio basso. Specifica esperienza in materia di


Conoscenze allevamento del cavallo e possibilmente qualifica professionale specifica.

25
ATECO: A.01.24.0 ISCO: 3.4.7.5 ISTAT: 5.3.1.3

Denominazione TRAINER

Definizione Figura professionale addetta all’addestramento degli animali

Attività Gestisce la preparazione tecnico sportiva degli animali. Si occupa dei puledri
in tutte le fasi dalla doma alla preparazione sportiva.

Posizione Consulente
nell’ azienda

Competenze
Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare dei
cavalli). Ha nozioni di fisiologia e patologia equina. Conosce molto bene
regolamenti ippici, storia e geografia del cavallo, e sa utilizzare
correttamente le tecniche di corsa, scuderizzazione, grooming, equitazione di
base, volteggio, cavallo meccanico, impostazioni a cavallo, ecc.

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Grado di istruzione indifferente. Abilitazione e/o qualifica professionale


Requisiti/ specifica acquisita in corsi specializzati. Grande esperienza acquisita nella
Conoscenze pratica coi cavalli.

26
ITTICOLTURA

ATECO: B. 05.02.1 - 2 ISCO: 3.1.1.5 ISTAT: 6.4.5.1

Denominazione RESPONSABILE TECNOLOGIE ALLEVAMENTO

Definizione Tecnico addetto all’innovazione e manutenzione delle macchine ed


attrezzature.

Segue la manutenzione e l’acquisizione di nuove tecnologie e la formazione


Attività
degli operai nell’utilizzo delle attrezzature.

Posizione Dipendente – nelle aziende di dimensioni minori coincide con il titolare


nell’ azienda dell’azienda

Competenze
Conoscenze di base di meccanica e idraulica. Conosce gli impianti e le
attrezzature, sa usarli correttamente ed è in grado di adempiere alle
operazioni di manutenzione ordinaria. Deve essere aggiornato sulle nuove
tecnologie e trasmettere (e quindi istruire) le conoscenze al personale
dipendente.

Segmento della
produzione

Requisiti/
Conoscenze

27
ATECO: B. 72.60.0 ISCO: 3.1.2.1 ISTAT: 3.1.1.3

Denominazione ADDETTO ALLE TECNOLOGIE INFORMATICHE

Definizione
Addetto alla gestione dei sistemi informatici.

Attività Provvede alla gestione e sviluppo delle tecnologie informatiche relative


all’allevamento e all’amministrazione aziendale

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Deve essere in possesso delle conoscenze informatiche e
amministrativo/contabili. Deve saper utilizzare sistemi applicativi quali:
software di elaborazione testi e/o di gestione dati, fogli di calcolo elettronico,
programmi di gestione vasche (alimentazione, stock allevamento e parametri
chimico-fisici.

Segmento della Gestione e cura macchine e attrezzature e informatizzazione aziendale.


produzione

Requisiti/ Istruzione media ed esperienza nel settore informatico.


Conoscenze

28
ATECO: B. 05.02.1 - 2 ISCO: 3.1.1.1 ISTAT: 6.4.5.1

Denominazione RESPONSABILE LABORATORIO

Definizione
Tecnico che sovraintende alle fasi di macellazione e/o trasformazione del
prodotto ittico

Attività Coordina le attività di acquisizione, di macellazione, di trasformazione,di


stoccaggio e confezionamento dei prodotti ittici..

Posizione Dipendente – nelle aziende di dimensioni minori coincide con il titolare


nell’ azienda dell’azienda

Competenze
Conoscenze ed esperienza nel campo dell’acquacoltura e lavorazione e
conservazione degli alimenti. Capacità di gestione e formazione del
personale.

Trasformazione.
Segmento della
produzione

Requisiti/ Istruzione medio alta, laurea e grande esperienza nella filiera alimentare.
Conoscenze

29
ATECO: B. 05.02.1 - 2 ISCO: 3.4.1.9.3 ISTAT: 3.3.4.9

RESPONSABILE COMMERCIALE INNOVAZIONE PRODOTTI E RAPPORTI CON


Denominazione LA DISTRIBUZIONE

Definizione
Tecnico addetto alle ricerche di mercato per l’innovazione dei prodotti e alle
relazioni con la distribuzione.

Attività Gestisce la commercializzazione, lo sviluppo di nuovi prodotti ed i rapporti


con i clienti (grossisti, dettaglianti, GDO).

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Deve avere conoscenze di marketing aziendale, del mercato locale, nazionale
ed internazionale. Deve saper gestire i rapporti con i clienti relativamente
alla contrattazione dei prezzi e quantità, conoscere le linee di produzione per
lo sviluppo dei prodotti innovativi.

Commercializzazione
Segmento della
produzione

Istruzione medio alta, laurea, grande esperienza nel settore marketing e


Requisiti/ agroalimentare.
Conoscenze

30
ATECO: B.05.02.1 - 2 ISCO: 4.1.2.1 ISTAT: 4.1.4

Denominazione ADDETTO AGLI ADEMPIMENTI BUROCRATICI E ADEMPIMENTI CON LA


P.A.

Definizione
Addetto alla gestione burocratico/amministrativa dell’azienda.

Attività Cura gli adempimenti di legge relativi all’attività di acquacoltura e i rapporti


con la Pubblica Amministrazione.

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Competenze
Propensione alle relazioni pubbliche e conoscenze di base relative alla
normativa di settore. Deve avere capacità di archiviazione, aggiornamento
della normativa, predisposizione a compilare la documentazione e la
modulistica relativa agli adempimenti burocratici e a piani di sviluppo
aziendali (finanziamenti).

Segmento della Integrazione processo di filiera


produzione

Requisiti/ Istruzione media con conoscenza amministrativa.


Conoscenze

31
Il settore florovivaistico

ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.1

Denominazione SPECIALIZZATO PER LA CONCIMAZIONE E FERTILIZZAZIONE DEL


TERRENO

Definizione Tecnico specializzato che ha la responsabilità delle fasi di concimazione e


fertilizzazione del terreno. Può anche essere responsabile di produzione dal
taleggio alla crescita.

Gestisce la fertilizzazione della coltura utilizzando le diverse tecniche


Attività possibili (fertirrigazione) in relazione alle caratteristiche del terreno e delle
piante (concimazione in piano campo, concimazione in vasetteria, creazione
di mix adeguati di fertirrigazione).

Posizione
Dipendente. Quadro tecnico - Assistente di produzione.
nell’ azienda

Competenze Conoscenza del ciclo produttivo


Conoscenza del ciclo biologico/fabbisogno delle piante
Conoscenza dei riferimenti legislativi in materia di somministrazione di
sostanze fertilizzanti
Conoscenze degli effetti ambientali e ricadute sulla salute umana

Segmento della Concimazione


produzione

Diploma in agraria integrato da una idonea formazione aziendale. Alta


Requisiti/ conoscenza di base in agronomia supportata da una formazione ad hoc. Può
Conoscenze essere utile il patentino per la somministrazione delle sostanze.

32
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.1

Denominazione ADDETTO ALL’IRRIGAZIONE

Definizione Tecnico che sovrintende alle operazioni di irrigazione.

Attività Gestisce l’impianto di irrigazione, ne garantisce l’efficienza, e nello stesso


tempo riduce gli sprechi nel consumo delle acque in relazione ai fabbisogni
delle colture e al clima. Ha autonomia di concetto/esecutiva, gestisce le fasi
del processo e un gruppo di lavoro

Posizione
Dipendente. Quadro tecnico - Assistente di produzione.
nell’ azienda

Competenze
Conoscenza dei cicli biologici delle diverse specie colturali, anche in
relazione al clima e al suo impatto. Conoscenza delle diverse tecniche irrigue
e capacità di gestire/utilizzare gli impianti e gli strumenti per l’irrigazione.

Segmento della Irrigazione


produzione

Requisiti/ Metodistica di irrigazione e conoscenze specifiche sulle migliori tecniche di


Conoscenze irrigazione e fabbisogni delle colture
Istruzione media superiore.

33
ATECO: A.01.12.3 – 4 ISCO: 3.4.1.9.3 ISTAT: 3.3.4.9

Denominazione ADDETTO COMMERCIALE

Definizione Specialista che organizza e programma ogni fase di commercializzazione e


di marketing dei prodotti aziendali

Attività Cura la commercializzazione dei prodotti e ne studia ogni realtà di riscontro.


Analizza ipotesi di inserimento in nuovi mercati. Coordina catena di
rappresentanti in Italia e all’estero.

Posizione
Dipendente in azienda di grandi dimensioni – Consulente in altre realtà
nell’ azienda
aziendali.

Competenze Conosce e sa applicare le tecniche di strategia di marketing. Sa studiare i


contesti territoriali di riferimento commerciale. Particolare conoscenza dei
mercati e delle tecniche di commercializzazione dei prodotti florovivaistici.
Sa gestire i rapporti con agenti di rappresentanza.

Commercializzazione
Segmento della
produzione

Istruzione medio alta – Laurea in facoltà economiche. Esperienze specifiche


Requisiti/ nel settore. Conoscenze specifiche dei prodotti e dei mercati. Esperienza di
Conoscenze programmazione in fase di localizzazione e posizionamento della
produzione.

34
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.1

Denominazione RESPONSABILE IMPIANTI

Tecnico specializzato che ha la responsabilità della gestione e manutenzione


Definizione degli impianti aziendali.

Attività Coordina una squadra di operai specializzati nella gestione e nella


manutenzione dei diversi impianti: irrigazione, riscaldamento, strutture,
serre. Collabora strettamente con il direttore e il responsabile di produzione

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze
Ha conoscenza tecnico pratica per la gestione degli impianti. Ha elementi di
base relativi alla progettazione e costruzione degli impianti. Capacità di
gestione di gruppi di lavoro e di programmazione per la gestione delle
operazioni di manutenzione.

Segmento della Gestione e manutenzione impianti e strutture


produzione

Requisiti/
Diploma specifico per gli studi di impiantistica e formazione di base
Conoscenze
specifica a seconda dei diversi tipi di impianto: elettrico, idraulico, e di
struttura. Esperienza elevata e formazione in ambito aziendale.

35
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 3.2.2.1

Denominazione IBRIDATORE

Definizione E’ un agronomo o un biologo specializzatosi nelle tecniche di


moltiplicazione per via genetica.

Attività Selezionare e riprodurre materiali idonei alla successiva coltivazione

Posizione
Collaboratore stabile o occasionale alle dirette dipendenze dell’imprenditore
nell’ azienda

Competenze
Oltre alle competenze scientifiche proprie relative agli studi e
specializzazioni effettuate come agronomo o biologo, occorre una buona
conoscenza delle varietà commerciali già esistenti, con ottima conoscenza
dei mercati nazionali e internazionali. Capacità spiccata di capire le esigenze
dei consumatori e finalizzare l’attività di ricerca.

Segmento della Moltiplicazione delle piante – Lavorazioni colturali


produzione

Laurea in Agronomia o Biologia. Conoscenza e pratica delle tecniche di


Requisiti/ laboratorio. Particolare conoscenza del ciclo produttivo delle principali
Conoscenze colture floricole. Conoscenza delle lingue (in modo particolare inglese) e
degli strumenti, processi e programmi informatici specialistici.

36
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 6.1 ISTAT: 3.2.2.1

Denominazione TECNICO
CAPO OPERAIO
DI LABORATORIO

Definizione Operaio esperto nelle pratiche colturali e nelle tecniche di produzione da


pieno campo.

Attività Organizza il proprio lavoro e quello del gruppo. In particolare coordina


l’attività della manodopera per pratiche di coltivazioni particolari
(imperticatura, preparazione dei siti di coltura, livellamento dei terreni etc)

Posizione
Dipendente
nell’ azienda

Competenze Capacità di seguire le indicazioni sulle tecniche colturali, con capacità di


stabilire tempi e modalità di lavorazioni con conoscenza specifica della
modalità di vendita dell’azienda. Buona conoscenza delle scelte aziendali,
capacità di programmare l’attività lavorativa in funzione delle necessità
dell’azienda.

Preparazione del terreno – Lavorazioni colturali


Segmento della
produzione

Requisiti/ Conoscenza delle caratteristiche delle varie tipologie di produzione


Conoscenze dell’azienda e del ciclo produttivo delle principali colture flovivaistiche.

37
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 2.3.1.3

Denominazione FITOPATOLOGO

Definizione Agronomo o biologo con conoscenze specifiche di patologia applicate al


settore florovivaistico.

Attività Studia e previene le patologie delle piante attuando interventi preventivi e


curativi in linea con le esigenze produttive della pianta; seleziona i presidi
sanitari più idonei alla corretta vegetazione delle produzioni.

Posizione
Collaboratore stabile o occasionale alle dirette dipendenze dell’imprenditore.
nell’ azienda

Competenze
Oltre alle conoscenze proprie derivanti dagli studi effettuati, deve possedere
anche buona conoscenza delle varietà coltivate nel settore florovivaistico,
con ottima conoscenza delle patologie più comuni.

Segmento della Prevenzione e lotta malattie e insetti


produzione

Laurea in agronomia o biologia. Conoscenza approfondita del ciclo


Requisiti/ produttivo delle principali colture floricole. Conoscenza delle lingue.
Conoscenze

38
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 8.3.3 ISTAT: 3.1.5.4

Denominazione ADDETTO ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI AZIENDALI

Definizione Addetto alla raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti aziendali, che
organizza le diverse operazioni necessarie al loro corretto smaltimento.

Attività Cura tutte le fasi di raccolta, gestione e corretto smaltimento dei diversi
rifiuti, organici, residui speciali e plastica. Organizza lo schema migliore di
raccolta differenziata: olii – fitosanitari- plastiche. Opera in stretto contatto
con esperti esterni, sia del Consorzio che di ditte esterne che vendono i
prodotti che più andranno smaltiti.

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze
Sa riconoscere e selezionare i differenti tipi di rifiuti. Ne gestisce le diverse
fasi di raccolta, trasporto, smaltimento, in completa sicurezza per sé, per i
lavoratori tutti e per l’ambiente.

Segmento della
produzione Gestione dei rifiuti

Non elevato livello di istruzione di base ma formazione specifica ed interna


Requisiti/ sulle modalità di trattamento dei diversi tipi di rifiuti, sulla loro pericolosità e
Conoscenze sui possibili percorsi di recupero e/o di riutilizzazione.

39
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 6.1 ISTAT: 3.2.2.1

CAPO SQUADRA
Denominazione

Definizione
Operaio con capacità tecniche nel settore della produzione, che gestisce una
squadra di lavoratori.

Attività Gestione della squadra operativa, ricezione ed esecuzione delle indicazioni


relative alle modalità produttive del responsabile tecnico di produzione.

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze
Oltre alle conoscenze e capacità proprie di un operaio specializzato del
settore, deve saper organizzare e gestire una squadra di operatori.

Segmento della Figura Trasversale


produzione

Requisiti/
Conoscenze Istruzione medio bassa e professionalità acquisita soprattutto con
l’esperienza in azienda.

40
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.1.2.1 ISTAT: 2.1.1.4

SISTEMISTA FLORICOLO
Denominazione

Definizione
Consulente per l’implementazione di sistemi informatici gestionali per
l’impiantistica e la logistica, specifici per il settore florovivaistico.

Attività Sulla base delle scelte aziendali, sviluppa (e gestisce) sistemi gestionali
informatici dedicati all’automazione ed al corretto funzionamento delle
strutture produttive e della logistica.

Posizione
nell’ azienda Consulente

Competenze
Elevate conoscenze gestionali informatiche. Conoscenza specifica del settore
florovivaistico. Buon livello di conoscenza di informazioni strategiche di
mercato. Conoscenza di base della normativa di certificazione.

Segmento della Figura Trasversale


produzione

Requisiti/
Diploma o laurea in informatica. Conoscenze di base di meccanica e di
Conoscenze
idraulica. Specifica esperienza nel settore florovivaistico.

41
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione ASSISTENTE AMMINISTRATIVO

Definizione Tecnico qualificato mediante scuola di segreteria con specializzazione nel


settore floricolo.

Attività Cura, dal punto di vista amministrativo, la corretta gestione della


documentazione relativa alle vendite, interagendo con le altre figure
aziendali per il necessario raccordo coi magazzini e la contabilità
dell’azienda.

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze
Conoscenza approfondita dell’area amministrativa specifica del settore
florovivaistico. Conoscenza di almeno una lingua straniera. Conoscenza
della normativa di settore nei paesi di sbocco della produzione.

Segmento della Figura Trasversale


produzione

Requisiti/
Diploma specifico del settore. E’ necessaria esperienza nel settore
Conoscenze
florovivaistico.

42
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione IBRIDATORE

Definizione E’ un agronomo o un biologo specializzatosi nelle tecniche di


moltiplicazione per via genetica.

Attività Selezionare e riprodurre materiali idonei alla successiva coltivazione

Posizione
nell’ azienda Collaboratore stabile o occasionale alle dirette dipendenze dell’imprenditore

Competenze
Oltre alle competenze scientifiche proprie relative agli studi e
specializzazioni effettuate come agronomo o biologo, occorre una buona
conoscenza delle varietà commerciali già esistenti, con ottima conoscenza
dei mercati nazionali e internazionali. Capacità spiccata di capire le esigenze
dei consumatori e finalizzare l’attività di ricerca.

Segmento della Moltiplicazione delle piante – Lavorazioni colturali


produzione

Laurea in Agronomia o Biologia. Conoscenza e pratica delle tecniche di


Requisiti/ laboratorio. Particolare conoscenza del ciclo produttivo delle principali
Conoscenze colture floricole. Conoscenza delle lingue (in modo particolare inglese) e
degli strumenti, processi e programmi informatici specialistici.

43
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione TECNICO DI LABORATORIO

Definizione Soggetto addetto alla verifica della qualità del terreno/terricci e scelta e
selezione dei composti in collegamento con i rappresentanti addetti.

Attività Organizza il proprio lavoro e quello del gruppo. In particolare coordina


l’attività della manodopera per pratiche di coltivazioni particolari
(imperticatura, preparazione dei siti di coltura, livellamento dei terreni etc)

Posizione
Dipendente
nell’ azienda

Competenze Capacità di seguire le indicazioni sulle tecniche colturali, con capacità di


stabilire tempi e modalità di lavorazioni con conoscenza specifica della
modalità di vendita dell’azienda. Buona conoscenza delle scelte aziendali,
capacità di programmare l’attività lavorativa in funzione delle necessità
dell’azienda.

Segmento della Preparazione del terreno – Lavorazioni colturali


produzione

Conoscenza delle caratteristiche delle varie tipologie di produzione


Requisiti/
dell’azienda e del ciclo produttivo delle principali colture flovivaistiche.
Conoscenze

44
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione FITOPATOLOGO

Definizione Agronomo o biologo con conoscenze specifiche di patologia applicate al


settore florovivaistico.

Attività Studia e previene le patologie delle piante attuando interventi preventivi e


curativi in linea con le esigenze produttive della pianta; seleziona i presidi
sanitari più idonei alla corretta vegetazione delle produzioni.

Posizione
Collaboratore stabile o occasionale alle dirette dipendenze dell’imprenditore.
nell’ azienda

Competenze Oltre alle conoscenze proprie derivanti dagli studi effettuati, deve possedere
anche buona conoscenza delle varietà coltivate nel settore florovivaistico,
con ottima conoscenza delle patologie più comuni.

Segmento della Prevenzione e lotta malattie e insetti


produzione

Requisiti/ Laurea in agronomia o biologia. Conoscenza approfondita del ciclo


Conoscenze produttivo delle principali colture floricole. Conoscenza delle lingue.

45
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione ADDETTO ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI AZIENDALI

Definizione Addetto alla raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti aziendali, che
organizza le diverse operazioni necessarie al loro corretto smaltimento.

Attività Cura tutte le fasi di raccolta, gestione e corretto smaltimento dei diversi
rifiuti, organici, residui speciali e plastica. Organizza lo schema migliore di
raccolta differenziata: olii – fitosanitari - plastiche. Opera in stretto contatto
con esperti esterni, sia del Consorzio che di ditte esterne che vendono i
prodotti che più andranno smaltiti.

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze
Sa riconoscere e selezionare i differenti tipi di rifiuti. Ne gestisce le diverse
fasi di raccolta, trasporto, smaltimento, in completa sicurezza per sé, per i
lavoratori tutti e per l’ambiente.

Segmento della Gestione dei rifiuti


produzione

Requisiti/
Non elevato livello di istruzione di base ma formazione specifica ed interna
Conoscenze
sulle modalità di trattamento dei diversi tipi di rifiuti, sulla loro pericolosità e
sui possibili percorsi di recupero e/o di riutilizzazione.

46
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione CAPO SQUADRA


Definizione
Operaio con capacità tecniche nel settore della produzione, che gestisce una
squadra di lavoratori.

Attività Gestione della squadra operativa, ricezione ed esecuzione delle indicazioni


relative alle modalità produttive del responsabile tecnico di produzione.

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze
Oltre alle conoscenze e capacità proprie di un operaio specializzato del
settore, deve saper organizzare e gestire una squadra di operatori.

Segmento della Figura Trasversale


produzione

Requisiti/
Istruzione medio bassa e professionalità acquisita soprattutto con
Conoscenze
l’esperienza in azienda.

47
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione SISTEMISTA FLORICOLO

Definizione
Consulente per l’implementazione di sistemi informatici gestionali per
l’impiantistica e la logistica, specifici per il settore florovivaistico.

Attività Sulla base delle scelte aziendali, sviluppa (e gestisce) sistemi gestionali
informatici dedicati all’automazione ed al corretto funzionamento delle
strutture produttive e della logistica.

Posizione
nell’ azienda Consulente

Competenze
Elevate conoscenze gestionali informatiche. Conoscenza specifica del settore
florovivaistico. Buon livello di conoscenza di informazioni strategiche di
mercato. Conoscenza di base della normativa di certificazione.

Segmento della Figura Trasversale


produzione

Requisiti/
Conoscenze Diploma o laurea in informatica. Conoscenze di base di meccanica e di
idraulica. Specifica esperienza nel settore florovivaistico.

48
ATECO: A.01.12.3 - 4 ISCO: 3.4.3.3 ISTAT: 4.1.2.3

Denominazione ASSISTENTE AMMINISTRATIVO

Definizione Tecnico qualificato mediante scuola di segreteria con specializzazione nel


settore floricolo.

Attività Cura, dal punto di vista amministrativo, la corretta gestione della


documentazione relativa alle vendite, interagendo con le altre figure
aziendali per il necessario raccordo coi magazzini e la contabilità
dell’azienda.

Posizione
nell’ azienda Dipendente

Competenze
Conoscenza approfondita dell’area amministrativa specifica del settore
florovivaistico. Conoscenza di almeno una lingua straniera. Conoscenza
della normativa di settore nei paesi di sbocco della produzione.

Segmento della Figura Trasversale


produzione

Requisiti/
Diploma specifico del settore. E’ necessaria esperienza nel settore
Conoscenze
florovivaistico.

49
Il settore dell’agriturismo

ATECO: H 55.23.5 ISCO: 3.4.1.4 - 1.2.2.5 ISTAT: 5.2.2.1

Denominazione proposta DIRETTORE AGRITURISTICO

Attività/mansioni Coordinamento dei diversi operatori


Monitoraggio delle attività
Gestione dei reclami
Elaborazione delle strategie pubblicitarie

Nuove Competenze Controllo e certificazione della qualità


Conoscenza del mercato turistico
Capacità di gestione dei rapporti con operatori turistici
(relazioni con Tuor Operators)

Segmento della Filiera Fasi gestionali e di organizzazione generale

Conoscenze Quadro legislativo


Strumenti informatici
Lingue straniere
Pubbliche relazioni

Titolo di studio Laurea

Impiegabilità Dipendente in aziende di grandi dimensioni

50
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 4.1.1.5 ISTAT: 5.2.1.3

Denominazione proposta SEGRETARIO AGRITURISTICO

Attività/mansioni Affiancamento del direttore


Gestione della corrispondenza
Raccolta prenotazioni
Ricevimento ospiti
Amministrazione

Nuove Competenze Capacità di gestione delle relazioni tramite


mezzi informatici
Conoscenze informatiche per l’aggiornamento del sito internet
e dei messaggi pubblicitari

Segmento della Filiera Fasi gestionali e di organizzazione generale

Conoscenze Strumenti informatici


Lingue straniere
Pubbliche relazioni

Titolo di studio Laurea – Diploma superiore

Impiegabilità Dipendente in aziende di grandi dimensioni

51
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 6.1.1.3 ISTAT: 8.2.2

Denominazione proposta ADDETTO AGLI SPAZI APERTI

Attività/mansioni Cura del verde negli spazi aperti destinati agli ospiti
Pulizia della piscina e di altri spazi ricreativi

Nuove Competenze Impianto e allevamento di essenze autoctone

Segmento della Filiera Cura e manutenzione impianti e strutture

Conoscenze Giardinaggio
Uso dei mezzi di pulizia meccanizzata

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Generalmente dipendente azienda agricola

52
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 5.1.2.3 ISTAT: 5.2.2.3

Denominazione proposta ADDETTO AGLI ALLOGGI

Attività/mansioni Preparazione degli alloggi prima degli arrivi


Pulizie e cambio biancheria

Nuove Competenze Conoscenza e capacità di applicazione di disciplinari di qualità


Capacità di cogliere e segnalare esigenze degli ospiti

Segmento della Filiera Cura degli alloggi per il pernottamento

Conoscenze Uso dei detergenti


Metodi razionali di pulizia
Comfort turistico

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Dipendente in aziende di grandi dimensioni – Collaborazione

53
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 5.1.2.2 ISTAT: 5.2.2.1

Denominazione proposta CUOCO

Attività/mansioni Piano dei menu


Approvvigionamenti alimentari
Direzione della cucina
Preparazione dei piatti
Pulizia della cucina

Nuove Competenze Conoscenza e capacità di selezione delle materie prime alimentari


Capacità specifica nella preparazione di piatti tradizionali

Segmento della Filiera Ristorazione

Conoscenze Trattamento e conservazione degli alimenti


Prodotti tradizionali
Cucina tradizionale
Igiene alimentare

Titolo di studio Diploma specifico

Impiegabilità Dipendente

54
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 5.1.2.2 ISTAT: 5.2.2.1

Denominazione proposta COLLABORATORE DI CUCINA

Attività/mansioni Preparazione dei piatti secondo le istruzioni del cuoco


Pulizia della cucina

Nuove Competenze Nozioni di cucina tradizionale

Segmento della Filiera Ristorazione

Conoscenze Trattamento e conservazione degli alimenti


Igiene alimentare

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore

55
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 5.1.2.3 ISTAT: 5.2.2.3

Denominazione proposta ADDETTO DI SALA (CAMERIERE)

Attività/mansioni Raccolta delle ordinazioni


Consegna dei piatti preparati
Pulizia e preparazione della sala

Nuove Competenze Conoscenza delle caratteristiche tradizionali dei piatti


Capacità di illustrazione delle caratteristiche tradizionali dei piatti

Segmento della Filiera Ristorazione

Conoscenze Gestione del servizio di sala


Lingue straniere
Nozioni di cucina tradizionale

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore – Dipendente in strutture di grandi dimensioni

56
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 9.1.4.1 - 5.1.2.3 ISTAT: 8.2.2.1

Denominazione proposta ADDETTO ALL’AGRICAMPEGGIO

Attività/mansioni Manutenzione delle attrezzature


Pulizia del parco e dei servizi igienici
Vigilanza

Nuove Competenze Assistenza agli ospiti

Segmento della Filiera Agricampeggio

Conoscenze Uso dei mezzi meccanici di pulizia


Uso dei detergenti e metodi razionali di pulizia
Nozioni di comunicazione
Lingue straniere

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore

57
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 3.3.4.0 ISTAT: 8.5.2.2

Denominazione proposta ADDETTO AL TURISMO EQUESTRE

Attività/mansioni Governo dei cavalli


Manutenzione delle sellerie
Istruttore equestre e cura del maneggio
Accompagnatore equestre

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Valorizzazione delle risorse territoriali e naturali
Programmazione degli itinerari

Segmento della Filiera Attività ricreative

Conoscenze Nozioni di storia del territorio


Allevamento del cavallo
Apprendimento equestre
Morfologia e cultura del territorio
Lingue straniere

Titolo di studio Diploma di artiere

Impiegabilità Collaboratore

58
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 5.1.1.3 ISTAT: 3.4.4

Denominazione proposta ADDETTO AL CICLOTURISMO

Attività/mansioni Manutenzione delle biciclette


Accompagnamento dei gruppi

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Valorizzazione delle risorse territoriali e naturali
Programmazione degli itinerari

Segmento della Filiera Attività ricreative

Conoscenze Meccanica e uso della bicicletta


Morfologia e cultura del territorio
Nozioni di storia del territorio
Lingue straniere

Titolo di studio Non richiesto

Impiegabilità Collaboratore

59
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 3.4.4

Denominazione proposta ADDETTO ALLA “FATTORIA DIDATTICA”

Attività/mansioni Programmazione delle visite


Relazioni con le scuole
Accompagnamento dei gruppi

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Progettazione e programmazione di esercitazioni

Segmento della Filiera Attività culturali

Conoscenze Organizzazione dell’azienda agricola


Nozioni di biologia e di agronomia
Nozioni di didattica e pedagogia
Nozioni di comunicazione

Titolo di studio Diploma o Laurea in agronomia

Impiegabilità Collaboratore

60
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 3.3.1.0 ISTAT: 3.4.4

Denominazione proposta ADDETTO ALLE ATTIVITA’ RICREATIVE

Attività/mansioni Manutenzione delle attrezzature


Organizzazione della fruizione
Assistenza agli ospiti

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Assistenza alla pratica delle attività sportive

Segmento della Filiera Attività ricreative

Conoscenze Nozioni teoriche e pratiche relative alle attività sportive


Gestione delle attrezzature
Regolamenti attinenti le pratiche sportive
Norme di sicurezza

Titolo di studio Diploma ISEF

Impiegabilità Collaboratore

61
ATECO: H 55.23.5 ISCO: 5.1.1.3 ISTAT: 3.4.4

Denominazione proposta ADDETTO AI CORSI E AGLI INCONTRI CULTURALI

Attività/mansioni Programmazione dei corsi e degli incontri


Relazioni con i docenti
Accompagnamento dei gruppi

Nuove Competenze Organizzazione e gestione di gruppi


Progettazione delle attività e presentazione dei temi

Segmento della Filiera Attività culturali

Conoscenze Tradizioni artigianali, culturali ed enogastronomiche del territorio


Organizzazione didattica
Comunicazione
Lingue straniere

Titolo di studio Laurea umanistica

Impiegabilità Collaboratore

62
Il settore della certificazione

Sottosistema impresa
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Il manager della qualità

Ambito operativo Opera nelle imprese agroalimentari medio grandi, nelle Organizzazioni
dei Produttori (OP) impegnati in strategie di filiera, nella grande
distribuzione organizzata.
Nelle imprese piccole e medie è una competenza manageriale “inclusa”
nella figura dell’imprenditore, del direttore generale o altra figura
equivalente.

Ruolo E’ una figura manageriale con il compito di coordinare le varie funzioni


operative legate alla qualità e di rendere coerenti le politiche della qualità
con la strategia competitiva imprenditoriale.
Svolge un ruolo centrale nella pianificazione della qualità, nella revisione
del sistema, nella comunicazione interna ed esterna sulla qualità, nelle
strategie del miglioramento continuo.

Requisiti di base E’ una figura ad alta professionalità ed esperienza.


E’ richiesta una laurea (economia, agraria, tecnologie alimentari, altro
equivalente), un’attività di training post laurea sul management, la
comunicazione ed il marketing, o in alternativa una lunga esperienza
aziendale (almeno 5 anni) nelle funzioni del marketing e/o della
pianificazione strategica..

Conoscenze Conoscenza approfondita sugli strumenti della qualità.


Conoscenza delle principali norme di riferimento.
Conoscenza delle tecniche organizzative e comunicative.

Abilità e capacità Capacità organizzative


Aggregazione delle conoscenze in senso divergente
Capacità relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Assertività,
comportamenti
Motivazione al cambiamento
Leadership

Contenuti fondamentali del Analisi ed organizzazione dei sistemi complessi


percorso formativo
Processi del consumo, comportamento dei consumatori, conoscenza delle
dinamiche del mercato
Customer satisfaction
Strategie e tecniche della qualità
Sistemi qualità e norme relative

63
Gestione dei gruppi
Relazioni e comunicazione

Impiegabilità Ampia, soprattutto nelle imprese agroalimentari.


Si forma, in genere, mediante acquisizione di competenze da parte di
quadri di esperienza o giovani dopo un periodo di collaborazione
all’interno dell’azienda.

ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Responsabile della qualità (o Responsabile assicurazione qualità)

Ambito operativo Opera nelle aziende agroalimentari, nelle Organizzazioni dei Produttori
(OP) certificate, nelle strutture cooperative di trasformazione e/o
commercializzazione. Nelle aziende agricole o nelle piccole imprese
dell’artigianato alimentare questa funzione è “inclusa” nella figura
dell’imprenditore o di un suo collaboratore manageriale (per esempio: il
direttore tecnico)

Ruolo Pianifica e gestisce il sistema qualità, ne verifica costantemente


l’applicazione collaborando con le varie funzioni aziendali, riferisce alla
Direzione e/o al Manager della Qualità sull’andamento del sistema,
proponendo misure di miglioramento e/o input alla revisione del sistema.
Nella maggior parte dei casi gestisce la documentazione del sistema. E’ il
primo referente dell’organismo di certificazione.

Requisiti di base E’ richiesta una laurea o diploma con almeno 5 anni di esperienza nelle
funzioni organizzative aziendale.

Conoscenze Conoscenza approfondita delle norme di riferimento (in particolare della


famiglia delle ISO 9000)
Conoscenza informatica di base
Tecniche di comunicazione
Conoscenze tecniche nei processi produttivi di riferimento

Abilità e capacità Capacità relazionali e comunicative


Capacità di affrontare, analizzare e risolvere problemi
Orientamento al raggiungimento degli obiettivi
Capacità di osservazione e lettura dei processi (causa/effetto)

Atteggiamenti e Coscienziosità
comportamenti
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione

Contenuti fondamentali del Organizzazione aziendale, dinamiche relazionali e comunicazione


percorso formativo
Strumenti della qualità

64
Norma ISO 9001
Norma ISO 22000
Approccio per processi
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento

Impiegabilità Molto ampia, in tutte le aziende agroalimentari piccole, medie e grandi,


nelle cooperative di manipolazione, trasformazione e
commercializzazione, nelle Organizzazioni dei Produttori, eccetera.
Nelle piccole aziende si sovrappone, acquisendone le competenze, alla
figura del manager della qualità.

65
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Valutatore interno (auditor dei sistemi di gestione per la qualità e/o per
l’ambiente)

Ambito operativo Opera nelle grandi imprese agroalimentari e nelle holding con diverse
strutture operative. Spesso è un professionista che opera su incarico
dell’imprese, le cui dimensioni non permettono un auditor interno
(dipendente).

Ruolo Il compito del valutatore interno è di effettuare verifiche ispettive per


esaminare l’applicazione del sistema e la sua efficacia. La sua azione è
determinante nell’attivazione dei processi di miglioramento e revisione
del sistema e delle sue procedure.

Requisiti di base Laurea ed almeno 3 anni di esperienza relativa all’organizzazione ed alla


gestione per la qualità, oppure diploma e 5 anni di esperienza lavorativa.

Conoscenze Conoscenza approfondita della norma ISO 9001, della norma ISO 22000,
della norma 19011, e, eventualmente delle Norme ISO 14000 (se
interessato anche al sistema di gestione ambientale – SGA-)
Tecniche di comunicazione.
Conoscenze del settore di riferimento e della relativa della legislazione
cogente e, eventualmente, delle principali problematiche ambientali (se
interessato anche al SGA)

Abilità e capacità Capacità di osservazione e lettura dei processi


Capacità di focalizzare i problemi
Tecniche relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Obiettività
comportamenti
Stabilità emotiva
Empatia
Accettazione di responsabilità
Cooperatività

Contenuti fondamentali del Norma ISO 9001


percorso formativo
Norma ISO 19011
Norma ISO 22000
Norma ISO 14000 (solo se interessato anche ai SGA)
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento

Impiegabilità Discreta nelle grandi aziende agroalimentari, ampia come professionista

66
privato convenzionato con le imprese

Note Talvolta le piccole e medie imprese, per svolgere l’auditing del sistema di
gestione per la qualità, più che incaricare un professionista, forma un
proprio dipendente incaricandolo di questa funzione insieme ad altre.
Tale scelta non sempre risulta molto efficace per due motivi principali:
limitata competenza specifica e possibili problemi nella valutazione delle
funzioni e/o dei processi operativi che coinvolgono direttamente il
dipendente

67
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Valutatore interno nella certificazione di prodotto

Ambito operativo Opera nelle organizzazioni di filiera o territoriali: per esempio in una
struttura associativa, con compiti di verifica ispettiva anche sulle aziende
aderenti, conferitrici del prodotto fresco o della materia prima alimentare -
Può operare in strutture titolari di uno schema di certificazione di prodotto
relativa a marchi collettivi (prodotti tradizionali, prodotti di qualità
controllata, eccetera) - Talvolta è un professionista che opera su incarico
di organizzazioni, che per dimensioni o opportunità non possono
impiegare un valutatore interno.

Ruolo Il compito del valutatore interno è di effettuare attività ispettive per


verificare l’applicazione del disciplinare di prodotto, il sistema di
autocontrollo e la gestione delle non conformità - I riferimenti normativi
sono relativi alla certificazione di prodotto volontaria o a standard
internazionali come l’EUREPGAP, BRC, IFS - La sua azione è
determinante nell’attivazione dei processi di miglioramento, valutazione e
revisione del disciplinare di prodotto e delle relative procedure.

Requisiti di base Laurea e 3 anni di esperienza relativa all’organizzazione ed alla gestione


per la qualità, oppure diploma di scuola media superiore e 5 anni di
esperienza lavorativa.

Conoscenze Conoscenza dei principi e degli strumenti della qualità


Conoscenza approfondita della norma ISO 19011 e della ISO 22000.
Tecniche relazionali e di comunicazione.
Conoscenze del settore di riferimento e della relativa legislazione cogente
e normativa volontaria.

Abilità e capacità Capacità di osservazione e lettura dei processi


Capacità di focalizzare i problemi
Tecniche relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Obiettività
comportamenti
Stabilità emotiva
Empatia
Accettazione di responsabilità
Cooperatività

Contenuti fondamentali del Principi della qualità, strumenti e tecniche della qualità
percorso formativo
Norma ISO 19011 ed ISO 22000
Organizzazione aziendale ed interaziendale dei sistemi agricoli (filiera,
distretto, reti di imprese)
Tecniche relazionali e di comunicazione e di auditing
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento

68
Normative cogenti del settore di riferimento

Impiegabilità Ampia nelle filiere di qualità che intendono certificarsi, nei distretti
agricoli o agroalimentari con schemi di certificazione di prodotto relativi a
marchi collettivi di diverso genere (prodotti tradizionali, processi
produttivi di qualità, eccetera)

69
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.2.1.1 ISTAT: 2.3.1

Denominazione Responsabile sistemi sicurezza igienico sanitaria

Ambito operativo Opera in alcune imprese della filiera agroalimentare medio grandi, nella
commercializzazione, della distribuzione alimentare e nel catering:
ovunque il sistema di gestione dell’autocontrollo igienico sanitario
assume caratteri di particolare criticità e complessità.

Ruolo Il suo ruolo è pianificare il sistema di autocontrollo, la documentazione


relativa, il piano dei monitoraggi e delle analisi di laboratorio, la gestione
delle non conformità e delle eventuali situazioni di rischio.
Verifica l’applicazione e l’efficacia del sistema, predispone le eventuali
misure correttive e preventive.

Requisiti di base Laurea in biologia, chimica, tecnologie alimentari o altro corso


universitario equivalente; oppure diploma e 3 anni di esperienza nel
settore.

Conoscenze Principi e degli strumenti della qualità


Metodo haccp e tecniche di valutazione del rischio
Principi di chimica e microbiologia
Norma ISO 9001 ed ISO 22000
Conoscenze relative ai processi produttivi nel settore di riferimento

Abilità e capacità Capacità di osservazione e lettura dei processi


Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igieinico-sanitari
Capacità decisionale
Tecniche relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Assertività
comportamenti
Accettazione di responsabilità

Contenuti fondamentali del Principi strumenti e tecniche gestionali


percorso formativo
Principi di biologia, microbiologia e chimica
Tecnologie alimentari
Tecniche e strumenti di valutazione dei pericoli
Metodo haccp
Norma ISO 9001 ed ISO 22000
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Legislazione igienico sanitaria
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento

70
Impiegabilità Discreta, all’interno dei ruoli manageriali connessi con la gestione e la
qualità, assume una certa rilevanza in alcune tipologie di aziende
agroalimentari (aziende producono alimenti per bambini, precotti, aziende
di catering, eccetera).

71
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Responsabile gestione della documentazione

Ambito operativo Opera nelle imprese agroalimentari o nelle organizzazioni di filiera e/o
territoriali, con sistemi informativi centralizzati.

Ruolo Cura la gestione dei dati e delle informazioni operative relative alla
tracciabilità, alla sicurezza igienico sanitaria ed alla qualità. Quasi sempre
è una figura che unisce responsabilità relative al sistema qualità, con
quelle inerenti alle normative cogenti sulla privacy.

Requisiti di base Diploma


Formazione informatica di base

Conoscenze Principi e metodi della qualità


Informatiche relative alla gestione dei sistemi informativi
Normative cogenti sulla privacy
Problematiche tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti del settore di riferimento

Abilità e capacità Tecniche di progettazione e gestione data base relazionali


Capacità organizzative, relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Precisione
comportamenti
Orientamento all’efficienza

Contenuti fondamentali del Principi e metodi della qualità


percorso formativo
Documentazione della qualità e gestione relativa
Sistemi informativi complessi
Tecniche organizzative e comunicative
Legislazione sulla privacy
Legislazione cogente del settore di riferimento

Impiegabilità Ampia, assume una certa rilevanza soprattutto nei sistemi organizzativi di
filiera e/o territoriali, quando il sistema informativo acquista una valenza
interaziendale.

72
Sottosistema consulenza

ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Consulente per la qualità ed il miglioramento (consulente strategico


per la qualità)

Ambito operativo Opera a supporto delle piccole e medie imprese agroalimentari o nelle
aziende agricole medio grandi che commercializzano direttamente i propri
prodotti.

Ruolo E’ un consulente professionista che analizza i fabbisogni espliciti e latenti


dell’organizzazione committente e, partendo dai problemi del “qui ed ora”
supporta l’impresa nell’implementazione di un sistema qualità coerente
con la propria visione imprenditoriale e strategia competitiva.

Requisiti di base Laurea in economia, agraria, ingegneria o altro corso universitario


equivalente; periodo di training in una struttura di consulenza all’impresa.

Conoscenze Principi e metodi della qualità


Principi di marketing e di management
Norma ISO 9000
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Tendenze e scenari di mercato

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Tecniche di problem solving
Business plan e gestione dei progetti
Metodi di approccio all’innovazione ed al cambiamento
Visione strategica

Atteggiamenti e Empatia
comportamenti
Flessibilità
Pensiero divergente
Curiosità
Controllo emotivo
Atteggiamento positivo e socievolezza

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Management strategico
Principi della qualità e norma ISO 9000
Strumenti della qualità
Elementi di psicosociologia
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza

73
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di riferimento

Impiegabilità Molto vasta per il grande numero potenziale di aziende agricole ed


agroalimentari che non hanno la possibilità di definire autonomamente
una strategia competitiva di qualità, orientata al mercato ed al
consumatore

Note E’ una figura fondamentale che attualmente soffre della diffusa genericità
relativa al concetto di consulenza.

74
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Consulente animatore per la qualità territoriale e/o di filiera

Ambito operativo Opera nei sistemi agricoli e/o agroalimentari territoriali (distretti agricoli,
distretti agroalimentari, distretti rurali)

Ruolo E’ un consulente professionista che opera non su scala aziendale, ma


territoriale, con committenza (o alle dipendenze) di istituzioni pubbliche,
organizzazioni di rappresentanza, unioni ed associazioni dei produttori,
enti locali, Camere di commercio.
Analizza i fabbisogni, i problemi e le opportunità delle imprese ricadenti
nel territorio di riferimento, sensibilizza e supporta le imprese alla
creazione di una visione strategica territoriale, comune e condivisa, e
facilita la pianificazione di strategie imprenditoriali coerenti e
cooperative.

Requisiti di base Laurea in economia, agraria, ingegneria o altro corso universitario


equivalente; esperienza di almeno tre anni nella consulenza, divulgazione,
assistenza tecnica in agricoltura e nell’agroalimentare .

Conoscenze Economia del territorio e dello sviluppo rurale


Analisi dei sistemi complessi
Principi di marketing e di management
Strategie competitive
Strategie di qualità e principali schemi di certificazione

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Tecniche di problem solving
Gestione dei progetti
Tecniche di divulgazione
Capacità di motivazione
Tecniche di negoziazione e contrattazione

Atteggiamenti e Empatia
comportamenti
Curiosità
Pensiero divergente
Controllo emotivo
Atteggiamento positivo
Leadership

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Organizzazione del territorio
Economia distrettuale (agricola, agroalimentare e rurale)

75
Management strategico
Principi e strumenti della qualità
Strategie di qualità e principali schemi di certificazione
Elementi di psicosociologia e sociologia rurale
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di riferimento

Impiegabilità E’ la figura fondamentale per l’implementazione della qualità in


agricoltura: strategica perché orientata allo sviluppo di relazioni
cooperative tra le imprese, piuttosto che di dipendenza alle strutture che
operano a valle della filiera.

76
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Consulente per la gestione della qualità

Ambito operativo Opera a supporto delle imprese agricole ed agroalimentari che intendono
implementare un sistema di gestione per la qualità.

Ruolo E’ un consulente professionista che, sulla base del piano strategico


dell’impresa, aiuta l’organizzazione ad implementare e gestire un sistema
di qualità e l’accompagna alla certificazione.

Requisiti di base Laurea e due anni di esperienza nella consulenza e/o in funzioni gestionali
ed organizzative; oppure diploma e cinque anni di esperienza nella
consulenza e/o in funzioni gestionali ed organizzative.

Conoscenze Principi e metodi della qualità


Conoscenza approfondita della Norma ISO 9000
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Capacità di sintesi e di decisione
Capacità progettuali ed organizzative

Atteggiamenti e Empatia
comportamenti
Agilità mentale nell’affrontare i problemi
Controllo emotivo
Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Principi della qualità e norma ISO 9000
Norma ISO 22000
Strumenti della qualità
Documentazione della qualità e relativa gestione
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di riferimento

Impiegabilità Discreta per il grande numero potenziale di aziende che intende


implementare un sistema di gestione per la qualità

Note E’ una figura professionale che si differenzia dal consulente strategico


perché opera con un forte orientamento alla norma ed alla sua

77
applicazione. Anche se questa distinzione non è attualmente diffusa e
consolidata, essa è fondamentale specie in settori caratterizzati da imprese
pmi ed in profonda trasformazione.
La prima è orientata alla definizione strategica, focalizzata sui problemi e
sulle opportunità ed è finalizzata alla valutazione e scelta tra le diverse
strategie della qualità. L’altra è focalizzata sulla norma ed è finalizzata
all’implementazione di un sistema gestionale efficace ed efficiente.
E’ evidente che queste due figure hanno ambiti operativi distinti, ma
interagenti e possono anche coesistere e collaborare negli stessi
programmi e strutture di consulenza.

78
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.3.1

Denominazione Consulente per la gestione della qualità ambientale

Ambito operativo Opera a supporto delle imprese agricole ed agroalimentari che intendono
implementare un sistema di gestione per la qualità ambientale

Ruolo E’ un consulente professionista che, sulla base del piano strategico dell’impresa,
aiuta l’organizzazione ad implementare e gestire un sistema di qualità ambientale
e l’accompagna alla certificazione.

Requisiti di base Laurea, preferibilmente in una disciplina scientifica, e due anni di esperienza
nella consulenza e/o in funzioni gestionali ed organizzative; oppure diploma e
cinque anni di esperienza nella consulenza e/o in funzioni gestionali ed
organizzative.

Conoscenze Principi e metodi della qualità


Conoscenza approfondita della Norma ISO 9000, ISO 14000 ed ISO 22000
Finalità e procedure della registrazione EMAS
Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento
Scienze “ambientali“e tecnologie relative
Problematiche relative agli impatti ambientali dei siti e dei processi produttivi.

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Tecniche di analisi e valutazione multicriterio
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità di sintesi e di decisione
Capacità progettuali ed organizzative

Atteggiamenti e Empatia
comportamenti Agilità mentale nell’affrontare i problemi
Attitudine ad affrontare sistemi e problemi complessi
Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo Principi della qualità e norma ISO 9000, ISO 14000 ed ISO 22000
Regolamento EMAS
Documentazione della qualità e relativa gestione
Ecologia e problematiche ambientali
Principi e tecniche di abbattimento e/o riduzione degli impatti ambientali
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza

79
Normative ambientali
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di riferimento

Impiegabilità Discreta per il grande numero potenziale di aziende che intende approcciare un
sistema di gestione per la qualità ambientale.

Note Concretamente rappresenta un’evoluzione, con acquisizione di competenze, della


figura di consulente per la gestione della qualità. Anche nelle funzioni
consulenziali, pertanto, è opportuno ribadire che le due figure sono interagenti e
che la gestione sistemica della qualità rappresenta un elemento di base ed un
fattore facilitante l’implementazione dei sistemi di gestione ambientale.
Per queste considerazioni le due figure professionali, logicamente distinte,
possono coesistere nella stessa persona e rappresentare delle tappe evolutive di un
unico percorso professionale.

80
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.2.1.1 ISTAT: 2.3.1

Denominazione Consulente per l’autocontrollo igienico sanitario

Ambito operativo Opera in tutte le filiere agroalimentari. L’implementazione di un sistema


di autocontrollo igienico sanitario è obbligatoria per tutte le aziende che
svolgono fasi produttive successive alla raccolta delle materie prime. Dal
1 gennaio 2006, con l’entrata in vigore del cosiddetto “pacchetto igiene”
emanato dalla Unione Europea, l’obbligo si estenderà a tutte le aziende
agricole. La sicurezza igienico sanitaria è un requisito cogente, centrale e
critico in qualsiasi schema di certificazione nell’agroalimentare.

Ruolo E’ un consulente professionista che supporta l’impresa nell’analisi dei


pericoli, nella pianificazione del sistema di controllo e nella definizione
delle relative procedure, incluso quelle di sistema.

Requisiti di base Laurea in biologia, chimica, tecnologie alimentari o altro corso


universitario equivalente, o diploma scientifico con cinque anni di
esperienza nel settore

Conoscenze Principi e strumenti dei sistemi gestionali


Metodo haccp e tecniche di valutazione dei pericoli
Norma ISO 22000
Principi di biologia, microbiologia e chimica
Tecnologie alimentari
Metodiche analitiche

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Capacità progettuali ed organizzative
Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igienico-sanitari

Atteggiamenti e Agilità mentale nell’affrontare i problemi


comportamenti
Accettazione di responsabilità
Obiettività e precisione

Contenuti fondamentali del Organizzazione e sistemi complessi


percorso formativo
Tecnologie alimentari
Principi di biologia, microbiologia e chimica
Principi e tecniche gestionali e sistemiche
Metodo haccp
Norma ISO 22000
Documentazione del sistema e relativa gestione
Metodi e tecniche della consulenza
Normativa cogente in materia di sicurezza alimentare

81
Impiegabilità Molto ampia per l’estensione generalizzata del fabbisogno di questa
competenza professionale in tutte le imprese agricole e d agroalimentari.

Note Nonostante il forte fabbisogno, questa esigenza viene attualmente


soddisfatta da diverse figure professionali di tipo tecnico, che in molti casi
sottovalutano gli aspetti organizzativi del sistema e la sua stretta
interazione con i sistemi di controllo della qualità.

82
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Consulente per la qualità di prodotto e la tracciabilità di filiera

Ambito operativo Opera a supporto delle filiere agroalimentari, per l’implementazione di


sistemi di qualità di prodotto, di tracciabilità certificata o di filiera di
qualità certificata

Ruolo Supporta il richiedente la certificazione nella redazione del disciplinare


tecnico di tracciabilità e/o di qualità, nella organizzazione del piano dei
controlli, nella definizione delle procedure di gestione delle non
conformità e di sistema - Supporta il richiedente nella definizione della
documentazione e segue le fasi di accompagnamento alla certificazione.

Requisiti di base Laurea e due anni di esperienza nella consulenza e/o in funzioni gestionali
ed organizzative; oppure diploma e cinque anni di esperienza nella
consulenza e/o in funzioni gestionali ed organizzative.

Conoscenze Principi e metodi della qualità


Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Sistema normativo volontario e principali norme di riferimento
Principi della qualità di prodotto e dei relativi documenti normativi (il
disciplinare tecnico, lo schema di certificazione, eccetera)
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento
Profili di qualità dei prodotti agroalimentari (griglie interpretative e di
orientamento)

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Capacità di sintesi e di decisione
Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igienico sanitari
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità progettuali ed organizzative

Atteggiamenti e Agilità mentale nell’affrontare i problemi


comportamenti
Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Metodi e strumenti di gestione della qualità
Sistema normativo volontario: principi della norma ISO 9000, ISO 22000,
norma UNI 10939, UNI 11020, eccetera
Documentazione della qualità e relativa gestione
La qualità di prodotto, processo e servizi connessi
Logiche, metodi e strumenti della tracciabilità

83
Progettazione e gestione data base
Metodo haccp
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di riferimento

Impiegabilità Molto ampia nelle filiere agricolo-alimentari e nei sistemi territoriali di


prodotti tradizionali e/o con processi produttivi controllati ed orientati alla
qualità

Note Operativamente è una figura professionale evolutiva rispetto al consulente


per la gestione della qualità, con l’acquisizione di competenze
specialistiche relative alla qualità di prodotto.

84
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 2.3.1

Denominazione Consulente per la gestione dei sistemi biologici di produzione

Ambito operativo Opera nei sistemi territoriali agricoli a supporto della conversione
aziendale ai metodi biologici di produzione

Ruolo Supporta l’impresa agricola e la filiera agroalimentare alla conversione al


biologico. Pianifica, insieme all’imprenditore, le metodologie e le
tecniche produttive. Lo aiuta a definire la documentazione e le procedure
di gestione e lo accompagna nell’iter di certificazione.

Requisiti di base Laurea in scienze agrarie e due anni di esperienza nel settore della
assistenza tecnica e della divulgazione; oppure diploma di perito agrario
(o equivalente) e cinque anni di esperienza nel settore dell’assistenza
tecnica e della divulgazione

Conoscenze Agroecologia
Agronomia in senso lato e metodi biologici di produzione
Zootecnia in senso lato e metodi biologici di produzione
Tecnologie alimentari
Regolamentazione sul biologico e relativo iter di controllo/certificazione
Principi di gestione della qualità
Normativa igienico sanitaria e metodi di autocontrollo (haccp)
Norma ISO 22000
Organizzazione e pianificazione di sistemi gestionali complessi

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Capacità di sintesi e di decisione
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità progettuali ed organizzative

Atteggiamenti e Agilità mentale nell’affrontare i problemi


comportamenti
Accettazione di responsabilità
Atteggiamento positivo
Obiettività e precisione

Contenuti fondamentali del Agroecologia


percorso formativo
Il suolo ed i principi della fertilità
Agronomia, zootecnia
Organizzazioni e sistemi complessi
Metodi e strumenti di gestione della qualità
Sistema normativo volontario e sistema di controllo/certificazione
La normativa comunitaria e nazionale sul biologico

85
Documentazione della qualità e relativa gestione
Normativa igienico sanitaria, metodo haccp, norma ISO 22000
Logiche, metodi e strumenti della tracciabilità
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di riferimento

Impiegabilità Ampia nei sistemi agricoli territoriali.

Note Si tratta di una figura professionale di agronomo specializzato con


competenze gestionali ed organizzative orientate alla qualità.

86
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Consulente per la gestione degli standard internazionali (BRC, IFS,


EUREPGAP)

Ambito operativo Opera nei sistemi agricoli territoriali e a supporto delle imprese
agroalimentari

Ruolo Supporta il richiedente la certificazione nella redazione del disciplinare,


nella organizzazione del piano dei controlli, nella definizione delle
procedure di gestione delle non conformità e di sistema, secondo gli
specifici standard BRC, IFS, EUREPGAP.
Supporta il richiedente nella definizione della documentazione e segue le
fasi di accompagnamento alla certificazione.

Requisiti di base Laurea in agraria o tecnologie alimentari e due anni di esperienza nella
consulenza e/o in funzioni gestionali ed organizzative; oppure diploma e
cinque anni di esperienza nella consulenza e/o in funzioni gestionali ed
organizzative.

Conoscenze Principi e metodi della qualità


Sistemi complessi ed organizzazioni d’impresa
Sistema normativo volontario e principali norme di riferimento
Conoscenza approfondita degli standard BRC, IFS, EUREPGAP.
Sicurezza igienico sanitaria, metodo haccp
Metodi e strumenti della traciabilità
Processi, tecniche e normative relative al settore di riferimento
Legislazione in materia ambientale, della sicurezza sul lavoro e
dell’autocontrollo igienico-sanitario

Abilità e capacità Competenze relazionali e comunicative


Capacità di sintesi e di decisione
Metodi e tecniche di problem solving
Capacità progettuali ed organizzative

Atteggiamenti e Assertività
comportamenti
Agilità mentale nell’affrontare i problemi
Accettazione di responsabilità
Obiettività e precisione

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Metodi e strumenti di gestione della qualità
Sistema normativo volontario
Standard BRC, IFS, EUREPGAP

87
Documentazione della qualità e relativa gestione
Logiche, metodi e strumenti della tracciabilità aziendale e di filiera
Sicurezza igienico sanitarie e metodo haccp
Tecniche relazionali e comunicative
Metodi e tecniche della consulenza
Tecniche di audit
Elementi relativi alla legislazione sull’impresa e sui settori di riferimento

Impiegabilità Molto ampia nelle filiere agricole ed agricolo-alimentari.

Note Operativamente è una figura professionale evolutiva rispetto al consulente


per la gestione della qualità, con l’acquisizione di competenze
specialistiche relative alla qualità di prodotto.

88
Sottosistema valutazione di parte terza (organismi di certificazione

ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.3.1

Denominazione Valutatore dei sistemi qualità

Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di certificazione.

Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità (manuale,


procedure, istruzioni, moduli di registrazione) e visite ispettive nelle
strutture produttive, redige un verbale di auditing, che sottopone al
Comitato Tecnico dell’Organismo terzo accreditato, per il rilascio della
certificazione del sistema di gestione per la qualità. Successivamente
mediante visite ispettive periodiche “sorveglia” che il sistema di gestione
sia correttamente applicato, oltre che conforme alla norma di riferimento.

Requisiti di base Laurea (tecnologie alimentari, agraria, ingegneria, economia o corsi


universitari equivalenti) e tre anni di esperienza nel settore, oppure
diploma e cinque anni di esperienza.

Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità


Conoscenza approfondita della norma ISO 9001 e della norma ISO 19011
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento

Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi


Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Assertività
comportamenti
Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed
accreditamento
Norma UNI EN ISO 9001
Metodo haccp
Documentazione del sistema qualità e relativa gestione
Norma UNI EN ISO 19011
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing

89
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento

Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di


certificazione nel settore agroalimentare

Note In genere l’auditing viene effettuato da un team di valutatori, con la


presenza di un responsabile e di una figura di valutatore junior (talvolta è
presente un esperto del settore di riferimento). Questa distinzione permette
la prefigurazione di una certa carriera professionale.
La formazione è standardizzata sulla base delle indicazioni della norma
ISO 19011 ed è sottoposta alla vigilanza di strutture di accreditamento.
Questa formazione rappresenta però un minimo indispensabile e potrebbe
essere accompagnata da attività di approfondimento e sviluppo di
competenze connesse.
In genere, attualmente, non esiste in concreto differenza tra auditor e
consulente e tra auditor di parte prima e terza. Queste distinzioni
andrebbero, invece, operativamente sviluppate in futuro, sia per
accrescere la funzionalità dell’intero sistema, sia per rappresentare un
elemento di definizione di percorsi professionali (acquisizione di
competenze e specializzazione).

90
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.3.1

Denominazione Valutatore per i sistemi di qualità ambientale

Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di certificazione.

Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità (manuale,


procedure, istruzioni, moduli di registrazione) e visite ispettive nelle
strutture produttive redige un verbale di auditing, che sottopone al
Comitato Tecnico dell’Organismo terzo accreditato, per la concessione
della certificazione del sistema di gestione per la qualità ambientale.
Successivamente mediante visite ispettive periodiche “sorveglia” che il
sistema di gestione sia correttamente applicato, efficace e conforme alla
norma di riferimento.

Requisiti di base Laurea in facoltà scientifiche e tre anni di esperienza nel settore oppure
diploma e cinque anni di esperienza.

Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità


Conoscenza approfondita della norma ISO 9001 e della norma ISO 19011,
ISO 14000, ISO 22000
Regolamentazione EMAS
Tecniche di comunicazione e di auditing
Ecologia ed impatti ambientali
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative ambientali cogenti
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento

Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi


Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Assertività
comportamenti
Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Attitudine ad affrontare sistemi e problemi connessi
Socievolezza

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed
accreditamento
Principi della norma UNI EN ISO 9000
Norma UNI EN ISO 14000

91
Norma ISO 22000
Regolamentazione EMAS
Norme ed indicazioni LCA
Documentazione del sistema e relativa gestione
Norma UNI EN ISO 19011
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento

Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di


certificazione nel settore agroalimentare

Note Come per la consulenza, operativamente è opportuno prefigurare questa


figura professionale, come evolutiva rispetto al valutatore di sistemi
qualità, con acquisizione di competenze e sviluppo della professionalità.

92
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Valutatore per la qualità di prodotto e la tracciabilità

Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di certificazione.

Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità (disciplinare


tecnico, procedure, istruzioni, moduli di registrazione) e visite ispettive
nelle strutture produttive redige un verbale di auditing, che sottopone al
Comitato Tecnico dell’Organismo terzo accreditato, per la concessione
della certificazione di tracciabilità e/o di qualità del prodotto.
Successivamente mediante visite ispettive periodiche “sorveglia” che il
sistema sia correttamente applicato.

Requisiti di base Laurea in agraria, tecnologie alimentari o corsi universitari equivalenti e


tre anni di esperienza nel settore oppure diploma e cinque anni di
esperienza.

Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità


Conoscenza approfondita della norma ISO 19011
Sistema di qualità di prodotto, relativa documentazione e gestione
Principi e metodi della tracciabilità
Tecnologie alimentari
Problematiche relative alla sicurezza igienico sanitaria, metodo haccp,
norma ISO 22000
Metodi di monitoraggio e misura dei parametri di qualità
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento

Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi


Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Assertività
comportamenti
Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Sistemi agricoli ed agroalimentari territoriali e di filiera
Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed

93
accreditamento, norma UNI 10939, UNI 11020
Sistema di qualità di prodotto e di tracciabilità
Disciplinare tecnico, documentazione della qualità e relativa gestione
Norma UNI EN ISO 19011 ed ISO 22000
La sicurezza igienico sanitaria ed il metodo haccp
Metodi e tecniche di monitoraggio e misura dei parametri e degli
indicatori di qualità
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento

Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di


certificazione, nel settore agricolo ed agroalimentare, specie per quanto
riguarda la certificazione di prodotti di qualità, con filiera tracciata e
controllata

Note Operativamente è opportuno prefigurare questa figura professionale come


evolutiva rispetto al valutatore di sistemi qualità, con acquisizione di
competenze e sviluppo della professionalità.

94
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 3.1.1.9 ISTAT: 2.3.1

Denominazione Valutatore per i sistemi biologici di produzione

Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di controllo e


certificazione, autorizzati dal Mipaf.

Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità e visite


ispettive nelle strutture produttive ed eventuali analisi di laboratorio,
redige un verbale di auditing, che sottopone al Comitato Tecnico
dell’Organismo terzo autorizzato, per la concessione della certificazione
biologica. Successivamente mediante visite ispettive periodiche
“sorveglia” che il sistema sia correttamente applicato.

Requisiti di base Laurea in agraria, tecnologie alimentari o corsi universitari equivalenti e


tre anni di esperienza nel settore oppure diploma e cinque anni di
esperienza.

Conoscenze Agroecologia e sinecologia della fertilità


Metodi biologici di produzione
Principi, metodi e strumenti della qualità
Conoscenza approfondita della regolamentazione biologica
Conoscenza approfondita della norma ISO 19011
Tecnologie alimentari
Problematiche relative alla sicurezza igienico sanitaria e metodo haccp
Metodi di monitoraggio e misura dei parametri di qualità
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento

Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi


Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Assertività
comportamenti
Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo
Agroecologia e sinecologia della fertilità
I metodi e le tecniche biologiche di produzione
La regolamentazione sul biologico e sull’iter di controllo/certificazione

95
Sistema di qualità di prodotto e di tracciabilità
Norma UNI EN ISO 19011
La sicurezza igienico sanitaria ed il metodo haccp
Metodi e tecniche di monitoraggio e misura dei parametri e degli
indicatori di qualità
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento

Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di


controllo e certificazione, nell’ambito dei sistemi biologici di produzione.

Note Anche in questo settore che, per le modalità di evoluzione e diffusione e


per le specificità tecniche, rappresenta un ambito specifico della qualità
agroalimentare, è opportuno favorire la netta distinzione tra figura di
consulente e di controllore/valutatore.

96
ATECO: K 74.30.2 ISCO: 2.4.1.9.2 ISTAT: 2.5.1.3

Denominazione Valutatore per la certificazione secondo standard internazionali


(BRC, IFS, EUREPGAP)

Ambito operativo Opera alle dipendenze o su incarico degli organismi di certificazione.

Ruolo Mediante la valutazione della documentazione della qualità (disciplinare


tecnico, procedure, istruzioni, moduli di registrazione), visite ispettive
nelle strutture produttive redige un verbale di auditing, che sottopone al
Comitato Tecnico dell’Organismo terzo accreditato ed autorizzato per la
concessione della certificazione, secondo gli specifici standard
internazionali di riferimento. Successivamente mediante visite ispettive
periodiche “sorveglia” che il sistema sia correttamente applicato.

Requisiti di base Laurea in agraria, tecnologie alimentari o altro corso universitario


equivalente e tre anni di esperienza nel settore oppure diploma e cinque
anni di esperienza.

Conoscenze Principi, metodi e strumenti della qualità


Conoscenza approfondita della norma ISO 19011
Standard internazionali e schemi di certificazione BRC, IFS, EUREPGAP
Sistema di qualità di prodotto, relativa documentazione e gestione
Principi e metodi della tracciabilità
Tecnologie alimentari
Problematiche relative alla sicurezza igienico sanitaria e metodo haccp
Metodi di monitoraggio e misura dei parametri di qualità
Tecniche di comunicazione e di auditing
Problematiche e tecniche relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori di riferimento
Normative cogenti relative ai settori produttivi di riferimento

Abilità e capacità Capacità di osservazione, analisi e lettura dei processi


Capacità di focalizzare i problemi ed i pericoli igienico sanitari
Capacità di orientamento e selezione dati ed informazioni
Abilità relazionali e comunicative

Atteggiamenti e Assertività
comportamenti
Stabilità emotiva
Accettazione di responsabilità
Coscienziosità ed obiettività
Socievolezza

Contenuti fondamentali del Organizzazioni e sistemi complessi


percorso formativo

97
Sistemi agricoli ed agroalimentari territoriali e di filiera
Sistema normativo volontario e sistema di certificazione ed
accreditamento
Sistema di qualità di prodotto e di tracciabilità
Standard internazionali e schemi di certificazione BRC, IFS, EUREPGAP
Disciplinare tecnico, documentazione della qualità e relativa gestione
Norma UNI EN ISO 19011
La sicurezza igienico sanitaria ed il metodo haccp
Metodi e tecniche di monitoraggio e misura dei parametri e degli
indicatori di qualità
Tecniche relazionali e di comunicazione
Tecniche di auditing
Problematiche, tecnologie e processi del settore di riferimento
Normative cogenti relative al settore di riferimento

Impiegabilità Discreta nei prossimi anni e relativa all’attività degli organismi di


certificazione nel settore agricolo ed agroalimentare.

Note Operativamente è opportuno prefigurare questa figura professionale come


evolutiva rispetto al valutatore di sistemi qualità, con acquisizione di
competenze e sviluppo della professionalità

98
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Allevamenti avicoli

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Bovini da latte ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Bovini da carne ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Bufalini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Avicoli ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Ovini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Caprini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Suini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Equini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare il numero di capi in allevamento: Bovini da latte – Vacche in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Bovini da carne - A. Capi all’ingrasso |_|_|_|_|_|_|_|


B. N° vacche |_|_|_|_|_|_|_|
(linea vacca-vitello)

Bufalini – Bufale in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Avicoli - A. Galline ovaiole |_|_|_|_|_|_|_|


B. Boiler |_|_|_|_|_|_|_|

Ovini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Caprini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Suini - A. Ciclo chiuso : N° scrofe |_|_|_|_|_|_|_|


B. Ingrasso: N° capi |_|_|_|_|_|_|_|

Equini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰
6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti ¾ N° totale di lavoratori |_|_|_|_|
sono stati i lavoratori dipendenti? dipendenti
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche ‰
ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda,
sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Apprendisti ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – c) cura animali/stalla -
d) trasformazione prodotti – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
AVICOLI – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per la sua
azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali nuove/emergenti o la
presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

Figure Figure da
Grado di innovazione
GESTIONE DEGLI professionali aggiornare
ANIMALI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEGLI ANIMALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE DELLE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEIEZIONI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE E CURA
MACCHINE E Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
ATTREZZATURE Si ‰ Si ‰
Forte ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
TRASFORMAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
COMMERCIALIZ Assente ‰ emergenti riqualificare
ZAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰
AVICOLI – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo sono state
individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su questo punto,
potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 1 RESPONSABILE DI INCUBATOIO ‰

Figura 2 ADDETTO ALL’INCUBATOIO ‰


Figura 3 ADDETTO AL CARICO DEI POLLI ‰
ALTRO ‰

B. ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI: Figura 4 ALIMENTARISTA ‰

ALTRO ‰

C. GESTIONE DELLE DEIEZIONI: Figura 5 TRATTORISTA ADDETTO ALLA


PULIZIA DEI POLLAI ‰
ALTRO ‰

D. GESTIONE MACCHINE E ATTREZZATURE:Figura 6 ADDETTO AGLI IMPIANTI ‰


ALTRO ‰

E. TRASFORMAZIONE: ALTRO ‰

F. COMMERCIALIZZAZIONE: ALTRO ‰
AVICOLI – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni date
dagli esperti?

Denominazione 1. RESPONSABILE DI INCUBATOIO

Definizione Tecnico che sovraintende alle diverse attività legate all’incubazione delle
uova, effettuate sotto la sua responsabilità e coordinamento, da operai
addetti.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce l’incubatoio aziendale e tutte le fasi connesse all’incubazione delle


uova.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente – nelle aziende di dimensioni minori coincide con il titolare


nell’ azienda dell’azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve conoscere il funzionamento della macchina incubatrice e conoscere e


gestire le fasi di sviluppo dell’uovo. Deve saper effettuare tutte le operazioni
connesse (sessatura, debeccaggio, vaccinazioni, pulizia dell’ incubatoio,
ecc.)

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione medio alta e grande esperienza nel settore avicolo.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 2. ADDETTO ALL’INCUBATOIO

Definizione Operaio che svolge le diverse attività legate all’incubazione delle uova,
sotto la guida del responsabile del settore.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Opera sulla macchina incubatrice, provvede alla sessatura, al debeccaggio,


alle vaccinazioni, alla pulizia dell’ incubatoio.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve avere conoscenza delle fasi di sviluppo dell’uovo. Deve poter
riconoscere le diverse fasi dello sviluppo embrionale, evidenziare eventuali
morti embrionali, separare e scartare eventuali uova inidonee; saper sessare i
soggetti, saper utilizzare eventuali pompe per la distribuzione di disinfettanti
o detergenti per la pulizia

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Istruzione medio bassa e grande esperienza nel settore avicolo.


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 3. ADDETTO AL CARICO DEI POLLI

Definizione Operaio addetto al carico degli animali sugli automezzi.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Carica, generalmente la notte e preferibilmente a mano, gli animali sugli


automezzi per l’invio al macello.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Questa figura attualmente non necessita di particolari competenze tecniche,


ma con l’introduzione delle norma di benessere dovrà essere formato e
conoscere aspetti pratici del maneggiamento degli animali e concetti di stress
negli animali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Istruzione bassa ed esperienza nel settore avicolo.


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 4. ALIMENTARISTA

Definizione Professionista addetto all’elaborazione delle razioni alimentari, specializzato


nelle tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Definisce le tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti. Prepara le


razioni per le varie fasi di allevamento.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno – Nelle aziende più grandi può essere dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze alimentaristiche, nelle varie fasi di allevamento, specifiche per il


settore avicolo. Conosce le tecniche e gli strumenti di distribuzione delle
razioni alimentari proprie degli allevamenti avicoli.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Alimentazione degli animali


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Laurea in medicina veterinaria – agronomia - scienze della produzione


Conoscenze animale.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
5. TRATTORISTA ADDETTO ALLA PULIZIA DEI POLLAI

Definizione Operaio addetto alle operazioni di asportazione della lettiera, di lavaggio e di


disinfezione del capannone.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvedono, prima dell’accasamento, alla sistemazione della lettiera e al


riscaldamento dei capannoni con lampade solitamente I.R. Possono essere
utilizzate macchine ed attrezzature quali ad esempio idropulitrice a getto
d’acqua e vapore in pressione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze
L’addetto deve saper condurre il trattore e deve saper utilizzare eventuali
pompe per la distribuzione di disinfettanti o detergenti. Spesso alla
produzione di vapore è associata una centrale termica, di cui deve conoscere
il funzionamento.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione delle deiezioni


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Istruzione bassa e requisiti necessari alla guida di trattrici.


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
6. ADDETTO AGLI IMPIANTI

Definizione Tecnico che gestisce gli impianti che controllano i fattori ambientali,
(riscaldamento, ventilazione, raffreddamento)

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la centralina elettronica che mediante computer controlla e comanda


gli impianti di riscaldamento, ventilazione, raffreddamento.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve avere conoscenze in campo elettronico, meccanico, idraulico per


eventuali interventi immediati sui sistemi di condizionamento ambientale e
buon utilizzo delle macchine e delle attrezzature, sia per tenerle efficienti sia
per effettuare le riparazioni di emergenza in caso di guasti. Deve conoscere
la legislazione di riferimento relativamente alla sicurezza sul lavoro.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione macchine e attrezzature


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Diploma tecnico ed esperienza nel settore impiantistico.


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Bovini da carne

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Bovini da latte ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Bovini da carne ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Bufalini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Avicoli ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Ovini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Caprini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Suini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Equini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare il numero di capi in allevamento: Bovini da latte – Vacche in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Bovini da carne - A. Capi all’ingrasso |_|_|_|_|_|_|_|


B. N° vacche |_|_|_|_|_|_|_|
(linea vacca-vitello)

Bufalini – Bufale in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Avicoli - A. Galline ovaiole |_|_|_|_|_|_|_|


B. Boiler |_|_|_|_|_|_|_|

Ovini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Caprini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Suini - A. Ciclo chiuso : N° scrofe |_|_|_|_|_|_|_|


B. Ingrasso: N° capi |_|_|_|_|_|_|_|

Equini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰
6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti sono ¾ N° totale di lavoratori dipendenti |_|_|_|_|
stati i lavoratori dipendenti?
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche ‰
ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda, sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Apprendisti ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – c) cura animali/stalla -
d) trasformazione prodotti – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
BOVINI DA CARNE – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per
la sua azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali
nuove/emergenti o la presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

COLTIVAZIONI PER Figure da Figure


Grado di innovazione
ALIMENTAZIONE aggiornare professionali
ANIMALI Assente ‰ riqualificare emergenti
Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure da Figure
Grado di innovazione
aggiornare professionali
Assente ‰ riqualificare emergenti
GESTIONE DEGLI Si ‰ Si ‰
Minimo ‰
ANIMALI No ‰ No ‰
Forte ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEGLI ANIMALI Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure da Figure
Grado di innovazione
aggiornare professionali
GESTIONE DELLE Assente ‰ riqualificare emergenti
DEIEZIONI Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure da Figure
Grado di innovazione
GESTIONE E CURA aggiornare professionali
MACCHINE E Assente ‰ riqualificare emergenti
ATTREZZATURE Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure da Figure
Grado di innovazione
aggiornare professionali
PERCORSI DI Assente ‰ riqualificare emergenti
CERTIFICAZIONE Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure da Figure
Grado di innovazione
aggiornare professionali
TRASFORMAZIONE Assente ‰ riqualificare emergenti
Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure da Figure
Grado di innovazione
aggiornare professionali
VENDITA Assente ‰ riqualificare emergenti
Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰
BOVINI DA CARNE – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo
sono state individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su
questo punto, potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. COLTIVAZIONI PER ALIMENTAZIONE ANIMALI: ALTRO ……………………… ‰

ALTRO ……………………… ‰

B. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 1 TRATTORISTA ‰

Figura 2 VETERINARIO GINECOLOGO


E PATOLOGO ‰
Figura 3 TECNICO ANALISTA

VETERINARIO ‰

Figura 4 PODOLOGO ‰

Figura 5 STALLIERE ‰

ALTRO ……………………… ‰

C. ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI: Figura 6 STALLIERE TRATTORISTA ‰

Figura 7 ALIMENTARISTA ‰

ALTRO ……………………… ‰

D. GESTIONE DELLE DEIEZIONI: Figura 8 AGRONOMO SPECIALIZZATO

NELLA GESTIONE DEIEZIONI ‰

ALTRO ……………………… ‰

E. GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE: Figura 9 TRATTORISTA ‰

ALTRO ………………………. ‰

F. PERCORSI DI CERTIFICAZIONE: Figura 10 CERTIFICATORE DI

PROCESSO ‰

ALTRO ………………………… ‰

G. TRASFORMAZIONE: ALTRO ……………………… ‰

H. VENDITA ALTRO ……………………… ‰


BOVINI DA CARNE – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle
definizioni date dagli esperti?

Denominazione FIG. 1-9 TRATTORISTA

Definizione Operaio specializzato addetto alla conduzione di trattrici e altre macchine


operatrici e alla loro manutenzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvede alla conduzione di trattori, pale meccaniche, carri miscelatori ed


alla manutenzione ordinaria dei mezzi meccanici

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente o proprietario (nel caso di conduzione diretta)


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscere l’uso delle macchine e avere competenze meccaniche di base

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – GESTIONE DELLA STALLA


produzione GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Livello studi MEDIO


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 2 Veterinario ginecologo e patologo

Definizione Figura professionale veterinaria specializzata in pratica ginecologica,


problematiche riproduttive delle bovine, malattie neonatali dei vitelli e
patologie infettive tipiche dell’ingrasso
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Assistenza ostetrica al parto, cura della fertilità delle fattrici, cure delle
malattie neonatali dei vitelli, piani di profilassi.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Competenze ginecologiche e ostetriche nelle fattrici, competenze nelle


malattie neonatali dei vitelli, competenze malattie infettive

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – ISPEZIONE, TRATTAMENTI,


produzione ASSISTENZA SANITARIA

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/
LAURE IN MEDICINA VETERINARIA , INDIRIZZO ZOOTECNICO
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 3 Tecnico analista veterinario

Definizione Figura professionale veterinaria specializzata nelle analisi di laboratorio


malattie infettive e parassitario, nella produzione di vaccini stabulogeni

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Analisi di laboratorio sierologiche, diagnostiche. Produzione di vaccini


stabulogeni
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno privato o pubblico (Istituto Zooprofilattico)


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Competenze specifiche malattie infettive e parassitarie

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – ISPEZIONE, TRATTAMENTI,


produzione ASSISTENZA SANITARIA

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

LAUREA IN MEDICINA VETERINARIA


Requisiti/
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 4 Podologo

Definizione Figura professionale specializzata nella cura e manutenzione dei piedi degli
animali

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvede alla toilettatura e pareggio funzionale degli unghioni nella terapia e
prevenzione delle zoppie
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente o proprietario (nel caso di conduzione diretta)-consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Mascalcia – Conosce l’anatomia, fisiologia, biomeccanica e patologia del


piede bovino – Sa operare sui piedi degli animali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – ISPEZIONE, TRATTAMENTI,


produzione ASSISTENZA SANITARIA

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Livello studi SUPERIORE


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 5 Stalliere

Definizione Operaio specializzato addetto in via generale alla pratica di allevamento del
bestiame, capace anche nell’uso delle macchine

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvede: alla movimentazione degli animali nelle varie fasi


dell’allevamento (entrata uscita, carico scarico, spostamenti interni); al
controllo dello stato sanitario del bestiame e alle terapie di base; alla pulizia
delle stalle, impagliatura dei box; alle disinfezioni; alla contabilità
zootecnica.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente o proprietario (nel caso di conduzione diretta)


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Figura specializzata che deve conoscere tutte le manualità nel maneggio e
contenimento del bestiame; il comportamento animale ( etologia) e avere
competenze sanitarie di base (presidi disinfettanti e loro applicazione); le
normative di legge per la registrazione degli animali (anagrafe bovina).

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della GESTIONE DEGLI ANIMALI – MOVIMENTAZIONE, GESTIONE


produzione STALLA, CONTABILITA’ ZOOTECNICA

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Livello studi MEDIO
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 6 Stalliere - TRATTORISTA

Definizione Operaio specializzato addetto in via generale alla pratica di allevamento del
bestiame, capace anche nell’uso delle macchine

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvede a stoccare i foraggi e mangimi. Prepara e distribuisce la razione.


Provvede alla gestione del liquame e letame.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente o proprietario (nel caso di conduzione diretta)


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conosce le pratiche di alimentazione, usa le macchine e attrezzature per


l’alimentazione e la gestione delle deiezioni

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI - STOCCAGGIO ALIMENTI,


produzione PREPARAZIONE DISTRIBUZIONE, DEIEZIONI FLUIDE E LETAME

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Livello studi MEDIO


Requisiti/
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 7 Alimentarista

Definizione Professionista addetto all’elaborazione delle razioni alimentari, specializzato


nelle tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Definisce le tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti (insilati,


fieni). Prepara le razioni per le varie fasi di allevamento

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze agronomiche, alimentaristiche, nelle varie fasi di allevamento,


ingrasso e fattrici

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI - STOCCAGGIO ALIMENTI,


produzione PREPARAZIONE DISTRIBUZIONE

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

LAUREA IN MEDICINA VETERINARIA – AGRONOMIA - SCIENZE


Requisiti/ DELLA PRODUZIONE ANIMALE
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 8 Agronomo specializzato nello smaltimento delle deiezioni

Definizione Figura professionale specializzata nelle pratiche agrarie in genere e in


particolare nelle concimazioni e nella definizione del piano di smaltimento
delle deiezioni
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Predispone il piano di smaltimento deiezioni

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Tecniche di concimazione


Conoscenza specifica sulle normative relative allo smaltimento deiezioni

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della GESTIONE DEIEZIONI


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

LAUREA IN AGRONOMIA
Requisiti/
Conoscenze Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione FIG. 10 Certificatore di processo e consulente tecnico di processo di
certificazione
Definizione Tecnico che provvede alla realizzazione e consulenza specialistica del
processo di certificazione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvede al controllo della documentazione, alla consulenza in azienda


necessaria al protocollo di certificazione e assistenza specialistica (es.
omeopatia)

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenza dei disciplinari di produzione, omeopatia veterinaria

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della CERTIFICAZIONE DI PROCESSO


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Livello studi superiore, laurea


Requisiti/
Conoscenze Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Bovini da latte

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Bovini da latte ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Bovini da carne ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Bufalini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Avicoli ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Ovini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Caprini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Suini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Equini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare il numero di capi in allevamento: Bovini da latte – Vacche in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Bovini da carne - A. Capi all’ingrasso |_|_|_|_|_|_|_|


B. N° vacche |_|_|_|_|_|_|_|
(linea vacca-vitello)

Bufalini – Bufale in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Avicoli - A. Galline ovaiole |_|_|_|_|_|_|_|


B. Boiler |_|_|_|_|_|_|_|

Ovini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Caprini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Suini - A. Ciclo chiuso : N° scrofe |_|_|_|_|_|_|_|


B. Ingrasso: N° capi |_|_|_|_|_|_|_|

Equini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰
6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti ¾ N° totale di lavoratori |_|_|_|_|
sono stati i lavoratori dipendenti? dipendenti
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche ‰
ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda,
sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Apprendisti ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – c) cura animali/stalla -
d) trasformazione prodotti – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
BOVINI DA LATTE – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per
la sua azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali
nuove/emergenti o la presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

Figure Figure da
Grado di innovazione
COLTIVAZIONI PER professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
ANIMALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE DEGLI Assente ‰ emergenti riqualificare
ANIMALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEGLI ANIMALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
MUNGITURA Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
DEPOSITO E Assente ‰ emergenti riqualificare
CONSEGNA DEL Minimo ‰
LATTE Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE DELLE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEIEZIONI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE E CURA Assente ‰ emergenti riqualificare

MACCHINE E Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
ATTREZZATURE
No ‰ No ‰
Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
TRASFORMAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
COMMERCIALIZ professionali aggiornare
ZAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
Assente ‰ emergenti riqualificare
PERCORSI DI
Minimo ‰
CERTIFICAZIONE Si ‰ Si ‰
Forte ‰
No ‰ No ‰
BOVINI DA LATTE – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo
sono state individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su
questo punto, potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. COLTIVAZIONI PER ALIMENTAZIONE ANIMALI: ALTRO ‰

B. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 1 BERGAMINO/STALLIERE ‰

Figura 2 CAPO STALLA ‰

Figura 3 VETERINARIO ‰

Figura 4 TRATTORISTA ‰

ALTRO ‰

C. ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI: Figura BERGAMINO/STALLIERE ‰

Figura CAPO STALLA ‰


Figura 5 ALIMENTARISTA ‰
ALTRO ‰

D. MUNGITURA: Figura BERGAMINO/STALLIERE ‰

Figura CAPO STALLA ‰

ALTRO ‰

E. DEPOSITO E CONSEGNA DEL LATTE: ALTRO ‰

F. GESTIONE DELLE DEIEZIONI: ALTRO ‰

G. GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE: Figura 6 MECCANICO ‰

ALTRO ‰

H. TRASFORMAZIONE: ALTRO ‰

I. COMMERCIALIZZAZIONE: ALTRO ‰

L. CERTIFICAZIONE: ALTRO ‰

M. GESTIONE E AMMINISTRAZIONE AZIENDA: Figura 7 RESPONSABILE


AZIENDALE ‰
ALTRO ‰
BOVINI DA LATTE – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni
date dagli esperti?

Denominazione 1. BERGAMINO/STALLIERE

Definizione Operaio addetto alla stalla ed alla cura degli animali

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Cura la mandria e le fasi di mungitura, pulizia locali mungitura, cura i vitelli,
e si occupa di tutte le attività inerenti alla cura del bestiame

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Saper seguire e governare la mandria. Approfondita conoscenza degli


animali. Deve saper intervenire per risolvere i problemi elementari che
possano insorgere riguardo alla mungitura, cura delle mastiti, assistenza ai
parti, ecc.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali – Alimentazione degli animali - Mungitura


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione media. Deve avere approfondite conoscenze sul comportamento
Conoscenze dei bovini e conoscenze di base relative alle patologie più frequenti e sulle
tecniche di assistenza al parto. E’ necessaria esperienza nel settore.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 2. CAPO STALLA

Definizione E’ il responsabile della mandria aziendale

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce e controlla tutti i lavori e le attività inerenti la mandria e la stalla

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Approfondita conoscenza degli animali, dei lavori e attività di stalla, delle
attrezzature ed impianti aziendali. Ha conoscenze di base che gli permettono
di assistere il veterinario e gestire la programmazione dei piani di
fecondazione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali – Alimentazione degli animali - Mungitura


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………

Requisiti/ Istruzione media. Deve avere approfondite conoscenze sul comportamento


Conoscenze dei bovini e conoscenze di base relative alle patologie più frequenti e sulle
tecniche di assistenza al parto. E’ necessaria molta esperienza nel settore.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 3. VETERINARIO

Definizione Colui che cura l’aspetto sanitario dell’allevamento e su richiesta del


proprietario o responsabile procede negli interventi sanitari

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce e controlla lo stato di salute degli animali. Provvede ai necessari


interventi sanitari sugli animali, direttamente o tramite i responsabili della
mandria aziendale. Cura i programmi di fecondazione e l’assistenza ai parti.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente
nell’ azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze e capacità proprie della sua professione. Particolare competenza


nella cura dei bovini, nell’assistenza al parto, nelle tecniche di fecondazione,
nella tenuta dei libri genealogici.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………

Requisiti/ Laurea in Medicina veterinaria. E’ necessaria la specifica conoscenza delle


Conoscenze norme che regolano il settore.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 4. TRATTORISTA

Definizione Operaio specializzato addetto in via generale alla pratica di allevamento del
bestiame, capace anche nell’uso delle macchine

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvede a stoccare i foraggi e mangimi. Prepara e distribuisce la razione.


Provvede alla gestione del liquame e letame.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conosce le pratiche di alimentazione, usa le macchine e attrezzature per


l’alimentazione e la gestione delle deiezioni

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI - STOCCAGGIO ALIMENTI,


produzione PREPARAZIONE DISTRIBUZIONE - DEIEZIONI FLUIDE E LETAME

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Livello studi MEDIO


Requisiti/
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 5. ALIMENTARISTA

Definizione Professionista addetto all’elaborazione delle razioni alimentari, specializzato


nelle tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Definisce le tecniche di produzione e stoccaggio degli alimenti (insilati,


fieni). Prepara le razioni per le varie fasi di allevamento

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze agronomiche, alimentaristiche, nelle varie fasi di allevamento.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

LAUREA IN MEDICINA VETERINARIA – AGRONOMIA - SCIENZE


Requisiti/ DELLA PRODUZIONE ANIMALE
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 6. MECCANICO

Definizione Operaio specializzato che si occupa della cura e manutenzione delle


macchine e attrezzature aziendali

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la ordinaria e straordinaria manutenzione delle macchine e


attrezzature. Interviene per riparare i guasti ed i malfunzionamenti.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conosce le usuali macchine e attrezzature aziendali. Sa usare le attrezzature


necessarie per le manutenzioni e riparazioni. Conosce le norme di
prevenzione e sicurezza.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione e cura macchine e attrezzature


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………

Requisiti/ Grado di istruzione medio basso. Istruzione professionale di settore ed


Conoscenze esperienza acquisita nelle officine aziendali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 7. RESPONSABILE AZIENDALE

Definizione Figura che rappresenta il datore di lavoro/proprietario aziendale, e tiene i


contatti tra la proprietà e i dipendenti

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Controllare e dirigere i lavori e le attività svolti nell’azienda sia in stalla che
nei campi. Si rapporta con la proprietà aziendale e gestisce il personale.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Competenze specifiche di tipo agronomici/zootecnico. Conosce e applica le


tecniche di mangement e gestione aziendale. Deve essere in grado di gestire
rapporti interpersonali a vario livello.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione e amministrazione azienda


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………

Requisiti/ Grado di istruzione alto (laurea o diploma). E’ necessaria molta esperienza


Conoscenze acquisita direttamente in azienda.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Bufalini

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Bovini da latte ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Bovini da carne ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Bufalini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Avicoli ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Ovini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Caprini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Suini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Equini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare il numero di capi in allevamento: Bovini da latte – Vacche in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Bovini da carne - A. Capi all’ingrasso |_|_|_|_|_|_|_|


B. N° vacche |_|_|_|_|_|_|_|
(linea vacca-vitello)

Bufalini – Bufale in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Avicoli - A. Galline ovaiole |_|_|_|_|_|_|_|


B. Boiler |_|_|_|_|_|_|_|

Ovini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Caprini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Suini - A. Ciclo chiuso : N° scrofe |_|_|_|_|_|_|_|


B. Ingrasso: N° capi |_|_|_|_|_|_|_|

Equini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰
6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti ¾ N° totale di lavoratori |_|_|_|_|
sono stati i lavoratori dipendenti? dipendenti
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche ‰
ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda,
sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Apprendisti ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – c) cura animali/stalla -
d) trasformazione prodotti – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
BUFALINI – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per la sua
azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali nuove/emergenti o la
presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
COLTIVAZIONI PER
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
ANIMALI
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure da Figure
Grado di innovazione
aggiornare professionali
GESTIONE DEGLI Assente ‰ riqualificare emergenti
ANIMALI Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEGLI ANIMALI Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
MUNGITURA Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure Figure da
DEPOSITO E Grado di innovazione
professionali aggiornare
CONSEGNA DEL Assente ‰ emergenti riqualificare
LATTE Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
GESTIONE E CURA professionali aggiornare
MACCHINE E Assente ‰ emergenti riqualificare
ATTREZZATURE Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
TRASFORMAZIONE
Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰

Figure Figure da
COMMERCIALIZ Grado di innovazione
professionali aggiornare
ZAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰ Si ‰ Si ‰
Forte ‰ No ‰ No ‰
BUFALINI – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo sono state
individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su questo punto,
potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. COLTIVAZIONI PER ALIMENTAZIONE ANIMALI: Figura 1 ADDETTO ALLA GESTIONE


DEI FORAGGI ED INSILATI ‰
ALTRO ‰

B. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 2 ADDETTO AI TORI ‰

Figura 3 ADDETTO AI VITELLI ‰

ALTRO ‰

C. ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI: ALTRO ‰

D. MUNGITURA: Figura 4 MUNGITORE ‰


ALTRO ‰

E.DEPOSITO E CONSEGNA DEL LATTE: ALTRO ‰

F. GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE: ALTRO ‰

G. TRASFORMAZIONE: ALTRO ‰

H. COMMERCIALIZZAZIONE: ALTRO ‰
BUFALINI – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni date
dagli esperti?

Denominazione
1. ADDETTO ALLA GESTIONE DEI FORAGGI ED INSILATI

Definizione Operaio che cura la gestione dei foraggi ed insilati

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Segue tutte le procedure (semina – coltivazione - raccolta – stoccaggio)


relative ai foraggi aziendali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Buona esperienza e conoscenza agronomica delle colture foraggere e delle


tecniche proprie di ogni fase, dalla semina allo stoccaggio.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Coltivazioni per alimentazione animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Istruzione medio bassa. Conoscenza approfondite della cura agronomica


Requisiti/ delle foraggere acquisita per esperienza.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
2. ADDETTO AI TORI

Definizione Operaio a cui è affidata la cura e la responsabilità dei tori aziendali

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Nutre, accudisce e movimenta i tori.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Figura specializzata che deve conoscere tutte le manualità nel maneggio e
contenimento del bestiame; il comportamento animale e specificamente dei
tori e avere competenze sanitarie di base (presidi disinfettanti e loro
applicazione).

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Istruzione medio bassa. Ottima conoscenza del comportamento e dei rischi


Requisiti/ legati alla movimentazione e gestione dei tori.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
3. ADDETTO AI VITELLI

Definizione Operaio a cui è affidata la cura e la responsabilità dei vitelli aziendali

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Si occupa dello svezzamento – nutrizione, pulizia è e cura sanitaria di base


dei vitelli

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ottima conoscenza della fisiologia e patologie del vitello e delle tecniche di
nutrizione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Istruzione medio bassa. Ottima conoscenza del comportamento animale e


Requisiti/ delle tecniche di nutrizione, acquisite soprattutto per esperienza.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
4. MUNGITORE

Definizione Operaio specializzato addetto alla mungitura

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Si occupa della mungitura delle bufale e della cura dei locali e dei
macchinari di mungitura. Gestisce la raccolta degli animali, la loro pulizia,
con particolare riferimento alla salute della mammella. E’ responsabile
dell’igiene della sala di mungitura e del corretto funzionamento e
manutenzione dell’impianto di mungitura

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ottima conoscenza della fisiologia e patologie degli animali soprattutto


relativamente alle mammelle ed all’apparato produttivo del latte. Conosce i
macchinari della sala di mungitura e sa usarli correttamente. Ha approfondite
conoscenze sulle tecniche di igienizzazione degli animali, delle attrezzature
e dei locali.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Mungitura


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/
Conoscenze Istruzione medio bassa. Ottima conoscenza del comportamento animale.
Buona conoscenza sanitaria della mammella e delle sue eventuali anomalie o
patologie. Buona conoscenza tecnica dell’impianto di mungitura.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Equini

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Bovini da latte ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Bovini da carne ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Bufalini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Avicoli ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Ovini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Caprini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Suini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Equini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare il numero di capi in allevamento: Bovini da latte – Vacche in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Bovini da carne - A. Capi all’ingrasso |_|_|_|_|_|_|_|


B. N° vacche |_|_|_|_|_|_|_|
(linea vacca-vitello)

Bufalini – Bufale in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Avicoli - A. Galline ovaiole |_|_|_|_|_|_|_|


B. Boiler |_|_|_|_|_|_|_|

Ovini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Caprini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Suini - A. Ciclo chiuso : N° scrofe |_|_|_|_|_|_|_|


B. Ingrasso: N° capi |_|_|_|_|_|_|_|

Equini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰
6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti sono ¾ N° totale di lavoratori dipendenti |_|_|_|_|
stati i lavoratori dipendenti?
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche ‰
ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda,
sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Apprendisti ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – c) cura animali/stalla -
d) trasformazione prodotti – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
EQUINI (Cavalli) – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per la
sua azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali nuove/emergenti o
la presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

Figure Figure da
Grado di innovazione
GESTIONE DEGLI professionali aggiornare
ANIMALI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEGLI ANIMALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE DELLA Assente ‰ emergenti riqualificare
STALLA Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
ASSISTENZA professionali aggiornare
SANITARIA Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
PERCORSI DI Assente ‰ emergenti riqualificare
CERTIFICAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE E CURA
MACCHINE E Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
ATTREZZATURE Si ‰ Si ‰
Forte ‰
No ‰ No ‰
EQUINI (Cavalli) – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo sono
state individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su questo
punto, potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 1 ARTIERE ‰

Figura 2 STALLONIERE ‰

Figura 3 TRAINER ‰

ALTRO ‰

B. ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI: ALTRO ‰

C. GESTIONE DELLA STALLA: Figura ARTIERE ‰

ALTRO ‰

D. ASSISTENZA SANITARIA: Figura 4 MANISCALCO ‰

ALTRO ‰

E. PERCORSI DI CERTIFICAZIONE: ALTRO ‰

F. GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE: ALTRO ‰


EQUINI (Cavalli) – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni
date dagli esperti?

Denominazione 1. ARTIERE

Definizione Operaio specializzato che ha la responsabilità della cura giornaliera e


dell’alimentazione del cavallo

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Collabora con il responsabile dell’allevamento nella definizione del piano di


allenamento e cura dei cavalli, nella pulizia e nel controllo dello stato di
salute dei cavalli, nell' allenamento del cavallo in base alle attività che deve
svolgere e infine guida l'animale nelle attività previste sfruttando le sue
caratteristiche fisiche e psicologiche al meglio.

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare dei


cavalli) ed esperienza nella loro cura e modalità di movimentazione. Ha
sufficienti conoscenze di veterinaria, lingua estera (inglese o francese),
dietetica, cultura ippica, pronto soccorso ed igiene degli animali, storia e
geografia del cavallo. Conosce molto bene e sa usare correttamente le
tecniche di scuderizzazione, grooming, equitazione di base, impostazioni a
cavallo.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Grado di istruzione medio basso. Specifica esperienza in materia di


Conoscenze allevamento del cavallo e possibilmente qualifica professionale specifica.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 2. STALLONIERE

Definizione Professionista addetto agli stalloni

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce le fasi di riproduzione degli animali attraverso metodi riproduttivi


diversi che includono la monta brada, fecondazione naturale e la
fecondazione artificiale con seme fresco, refrigerato e congelato. Cura la
monta degli animali e le sue implicazioni organizzativo-tecniche. Questo
avviene direttamente o attraverso un centro specializzato riconosciuto
ufficialmente dal Ministero della Salute.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare degli


stalloni). Conoscenze professionali di tipo sanitario e veterinarie e di
tecniche specifiche di gestione degli stalloni e dei cavalli in genere. Conosce
in maniera approfondita e sa usare le tecniche e gli strumenti della monta e
della fecondazione (naturale e artificiale).

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Grado di istruzione medio alto. Abilitazione e/o qualifica professionale
Requisiti/ specifica acquisita in corsi specializzati.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 3. TRAINER

Definizione Figura professionale addetta all’addestramento degli animali

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la preparazione tecnico sportiva degli animali. Si occupa dei puledri
in tutte le fasi dalla doma alla preparazione sportiva.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare dei


cavalli). Ha nozioni di fisiologia e patologia equina. Conosce molto bene
regolamenti ippici, storia e geografia del cavallo, e sa utilizzare
correttamente le tecniche di corsa, scuderizzazione, grooming, equitazione di
base, volteggio, cavallo meccanico, impostazioni a cavallo, ecc.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/
Conoscenze Grado di istruzione indifferente. Abilitazione e/o qualifica professionale
specifica acquisita in corsi specializzati. Grande esperienza acquisita nella
pratica coi cavalli.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 4. MANISCALCO

Definizione Figura professionale addetta alla cura degli zoccoli dell’animale

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Si occupa specificamente della ferratura degli zoccoli dei cavalli: "ferratura
normale" - "ferratura correttiva" - "ferratura terapeutica".
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente – nelle aziende più grandi può essere dipendente


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare dei


cavalli). Ha conoscenze altamente professionali di mascalcia equina.
Conosce e sa utilizzare correttamente le tecniche e gli strumenti propri
dell’attività professionale.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Assistenza sanitaria


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/
Conoscenze Grado di istruzione indifferente. Abilitazione e/o qualifica professionale
specifica acquisita in corsi specializzati. Grande esperienza acquisita nella
pratica professionale.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Mo
difiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Suini

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Bovini da latte ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Bovini da carne ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Bufalini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Avicoli ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Ovini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Caprini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Suini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Equini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare il numero di capi in allevamento: Bovini da latte – Vacche in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Bovini da carne - A. Capi all’ingrasso |_|_|_|_|_|_|_|


B. N° vacche |_|_|_|_|_|_|_|
(linea vacca-vitello)

Bufalini – Bufale in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Avicoli - A. Galline ovaiole |_|_|_|_|_|_|_|


B. Boiler |_|_|_|_|_|_|_|

Ovini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Caprini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Suini - A. Ciclo chiuso : N° scrofe |_|_|_|_|_|_|_|


B. Ingrasso: N° capi |_|_|_|_|_|_|_|

Equini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰
6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti sono ¾ N° totale di lavoratori dipendenti |_|_|_|_|
stati i lavoratori dipendenti?
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche ‰
ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda,
sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Apprendisti ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – c) cura animali/stalla -
d) trasformazione prodotti – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
SUINI – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per la sua
azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali nuove/emergenti o la
presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

Figure Figure da
Grado di innovazione
GESTIONE DEGLI professionali aggiornare
ANIMALI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEGLI ANIMALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE DELLE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEIEZIONI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
VENDITA E Assente ‰ emergenti riqualificare
MACELLAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
TRASFORMAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE E CURA
MACCHINE E Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
ATTREZZATURE Si ‰ Si ‰
Forte ‰
No ‰ No ‰
SUINI – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo sono state
individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su questo punto,
potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 1 VETERINARIO ‰

Figura 2 ADDETTO AI VERRI-FECONDATORE ‰

Figura 3 ADDETTO ALLA SALA PARTO ‰

ALTRO ‰

B. ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI: Figura 4 NUTRIZIONISTA ‰

Figura 5 ADDETTO AL MANGIMIFICIO ‰


ALTRO ‰

C. GESTIONE DELLE DEIEZIONI: ALTRO ‰

D. VENDITA E MACELLAZIONE: ALTRO ‰

E. TRASFORMAZIONE / VENDITA: ALTRO ‰

F. GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE: ALTRO ‰


SUINI – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni date dagli
esperti?

Denominazione 1. VETERINARIO

Definizione Responsabile dello stato sanitario dell’allevamento e del rispetto delle


normative sanitarie e della sicurezza alimentare del prodotto
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Studia la semeiotica di stalla e controlla l’epidemologia. Appronta protocolli


di bio-sicurezza e di profilassi. Indica e gestisce le terapie. Predispone i piani
vaccinali. Effettua le ecografie.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno – Nel caso di aziende di grandi dimensioni può essere
nell’ azienda dipendente.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Quelle proprie della professione medico-veterineria. Particolari conoscenze


dei suini. Capacità di utilizzo delle specifiche strumentazioni tecniche.
Capacità di organizzare e gestire le procedure e le attività sanitarie aziendali.
Conosce e sa gestire tutte le problematiche relative alla qualità igienico-
sanitaria della produzione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali – Alimentazione degli animali – Macellazione -


produzione Trasformazione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/
Conoscenze Laurea in medicina veterinaria. Specializzazione nel comparto. Conoscenze
di gestione haccp e sistemi di qualita’.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 2. ADDETTO AI VERRI-FECONDATORE

Definizione Tecnico che si occupa della gestione della fase di inseminazione artificiale
con “seme” di origine esterna o interna all’azienda.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Si occupa del prelievo del materiale seminale nel caso dei centri verri
aziendali e della fecondazione delle scrofe.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente o consulente esterno appartenente ad un centro specializzato


nell’ azienda esterno

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenza della fisiologia dell’apparato riproduttivo del verro e della


scrofa. Conoscenza delle tecniche specifiche di inseminazione strumentale e
particolare attitudine nel processo di inseminazione e nell’uso degli
strumenti. Capacità di valutare la qualità del materiale seminale. Sa
riconoscere i calori nelle scrofe.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Deve aver frequentato un corso per l’abilitazione allo svolgimento della
Conoscenze fecondazione strumentale ed acquisito le necessarie capacità nell’uso delle
strumentazioni e del trattamento degli animali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 3. ADDETTO ALLA SALA PARTO

Definizione Operaio che segue la fase di fine gestazione e parto delle scrofe.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività E’ costantemente presente (sia di giorno che di notte) in sala parto, seguendo
le scrofe nelle ultime fasi della gestazione e nel parto. Sorveglia e cura gli
animali, provvedendo alle loro necessità, anche sanitarie, in queste
specifiche fasi. Si occupa dei neonati nei primi giorni di vita.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve avere elementari conoscenze di fisiologia e patologia del suino.


Conosce in modo particolare la fisiologia e le più comuni patologie connesse
alle fasi di gestazione e parto delle scrofe. Sa intervenire per risolvere i
problemi di ordine sanitario più comuni connessi a queste fasi e sa
somministrare i farmaci necessari. Sa valutare la sanità ed il benessere dei
neonati. Deve avere molta esperienza e particolare attitudine al trattamento
degli animali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/
Conoscenze Grado di istruzione medio basso. Si richiede molta esperienza nello specifico
settore e nella particolare mansione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 4. NUTRIZIONISTA

Definizione Addetto alla formulazione dei mangimi

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività E’ responsabile e prepara le formulazioni delle razioni alimentari. Sceglie le


materie prime e ne verifica natura e qualità. Dispone e controlla lo
stoccaggio e le modalita’ di somministrazione degli alimenti.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze proprie conseguite negli studi per acquisire diplomi o lauree nel
settore agrario, nutrizionale o veterinario. Deve conoscere le tecniche e le
attrezzature che si usano per lo stoccaggio e conservazione degli alimenti. Ha
conoscenza approfondita della normativa sanitaria di riferimento. Deve saper
effettuare il monitoraggio della produzione (incrementi ponderali, indici di
conversione, ecc.). Di concerto col veterinario, deve saper gestire e
interpretare il monitoraggio dello stato sanitario degli animali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Alimentazione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Diploma o laurea in veterinaria o agronomia. Conoscenze specialistiche


Conoscenze sull’alimentazione del suino e le relative tecniche e strumentazioni.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 5. ADDETTO AL MANGIMIFICIO

Definizione Operaio addetto alla preparazione del mangime e al trasporto nei silos

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Riceve le materie prime, le controlla e prepara le miscele secondo le


formulazioni indicate dal nutrizionista. Se del caso, aggiunge integratori e
medicamenti prescritti. Si occupa anche dello stoccaggio.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Sa gestire e operare sui sistemi informatici che governano e controllano il


mangimificio. Conosce le materie prime, gli integratori ed i medicamenti
impiegati e sa utilizzarli per la preparazione degli alimenti. Ha conoscenze di
base che gli consentono di comprendere le indicazioni dell’alimentarista.
Conosce molto bene i macchinari (mulino, miscelatore, coclea, ecc) e sa
utilizzarli correttamente. Conosce e applica le norme di prevenzione e
sicurezza.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Alimentazione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/
Conoscenze Grado di istruzione medio alto, preferibilmente con diplomi di tipo tecnico.
Patenti o abilitazioni speciali per l’utilizzo di macchinari o l’impiego di
integratori e medicamenti.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Ovicaprini

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Bovini da latte ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Bovini da carne ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Bufalini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Avicoli ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Ovini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Caprini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Suini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Equini ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare il numero di capi in allevamento: Bovini da latte – Vacche in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Bovini da carne - A. Capi all’ingrasso |_|_|_|_|_|_|_|


B. N° vacche |_|_|_|_|_|_|_|
(linea vacca-vitello)

Bufalini – Bufale in lattazione |_|_|_|_|_|_|_|

Avicoli - A. Galline ovaiole |_|_|_|_|_|_|_|


B. Boiler |_|_|_|_|_|_|_|

Ovini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Caprini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

Suini - A. Ciclo chiuso : N° scrofe |_|_|_|_|_|_|_|


B. Ingrasso: N° capi |_|_|_|_|_|_|_|

Equini - Capi adulti |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰
6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti sono ¾ N° totale di lavoratori |_|_|_|_|
stati i lavoratori dipendenti? dipendenti
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche ‰
ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda,
sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Apprendisti ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – c) cura animali/stalla -
d) trasformazione prodotti – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
OVICAPRINI – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per la sua
azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali nuove/emergenti o la
presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

Figure Figure da
Grado di innovazione
GESTIONE DEGLI professionali aggiornare
ANIMALI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
ALIMENTAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEGLI ANIMALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
MUNGITURA E professionali aggiornare
STOCCAGGIO DEL Assente ‰ emergenti riqualificare

LATTE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
PRODUZIONE DI professionali aggiornare
FORMAGGIO Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
PERCORSI DI Assente ‰ emergenti riqualificare
CERTIFICAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE E CURA
MACCHINE E Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
ATTREZZATURE Si ‰ Si ‰
Forte ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
COMMERCIALIZ- Assente ‰ emergenti riqualificare
ZAZIONE / Minimo ‰
VENDITA Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰
OVICAPRINI – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo sono
state individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su questo
punto, potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 1 PASTORE ‰

Figura 2 ADDETTO DI STALLA ‰

ALTRO ‰

B. ALIMENTAZIONE DEGLI ANIMALI: ALTRO ‰

C. MUNGITURA E STOCCAGGIO DEL LATTE: ALTRO ‰

D. PRODUZIONE DI FORMAGGIO: ALTRO ‰

E. PERCORSI DI CERTIFICAZIONE: ALTRO ‰

F. GESTIONE E CURA MACCHINE E ATTREZZATURE: ALTRO ‰

G. COMMERCIALIZZAZIONE / VENDITA: ALTRO ‰


OVICAPRINI – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni date
dagli esperti?

Denominazione 1. PASTORE

Definizione Operaio responsabile della gestione degli animali

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Conduce e governa il gregge al pascolo. E’ responsabile della cura degli


animali e provvede a tutte le loro necessità durante il pascolo.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in particolare degli


ovicaprini) ed esperienza nella loro cura e modalità di movimentazione.
Conosce le minime regole di fisiologia e gli elementari rudimenti di
patologie e malattie degli armenti e sa intervenire di conseguenza con
operazioni di pronto intervento sanitario. Deve saper gestire il gregge al
pascolo. Riconosce le varie essenze di cui si nutrono gli animali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Grado di istruzione medio basso. Specifica esperienza in materia di
Conoscenze allevamento ovicaprino e gestione del gregge al pascolo.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 2. ADDETTO DI STALLA

Definizione Operaio addetto alla gestione della stalla

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la stalla, l’alimentazione degli animali, gli accoppiamenti e la


gestione dei gruppi di monta. In particolare provvede alla cura dei montoni e
degli agnelli.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ha buone conoscenze nelle tecniche di gestione e somministrazione degli


alimenti. Ha approfondite conoscenze del comportamento animale (in
particolare dei montoni) e esperienza nella loro cura e movimentazione.
Conosce le tecniche e sa gestire i gruppi di monta. Conosce e sa provvedere
alle cure basilari dei giovani capi.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione degli animali


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Grado di istruzione medio basso. Specifica esperienza in materia di


Requisiti/ allevamento ovicaprino.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE ZOOTECNICO

Allevamenti ittici

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Spigola/orata ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


(indicare una sola risposta) Trota ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%
Altro ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

(specificare………………………………………………………………….)

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare la produzione aziendale: Avannotteria – mln. di avannotti |_|_|_|_|_|_|_|

Allevamento (ingrasso) in quintali |_|_|_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰

6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti ¾ N° totale di lavoratori dipendenti |_|_|_|_|
sono stati i lavoratori dipendenti?
- di cui OTI |_|_|_|_|
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|

7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne?

SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Veterinarie ‰
ƒ Zootecniche a. mangimistica ‰
b. genetica ‰
c. Altro ‰ (specificare……………………….……………………)
ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Per certificazioni ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda,
sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni, prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si)


Tirocinante/Stagista ‰
Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.


** Area: a) gestionale/amministrativa – b) produzione/allevamento-
c) trasformazione prodotti – d) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
ITTICOLTURA – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per la
sua azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali nuove/emergenti o
la presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

RIPRODUZIONE

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE ANIMALI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
Assente ‰ emergenti riqualificare
GESTIONE ALIMENTAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE RESIDUI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

AVANNOTTERIA

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE ANIMALI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
Assente ‰ emergenti riqualificare
GESTIONE ALIMENTAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE RESIDUI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰
ALLEVAMENTO

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE ANIMALI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
Assente ‰ emergenti riqualificare
GESTIONE ALIMENTAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE RESIDUI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
GESTIONE E CURA Grado di innovazione
professionali aggiornare
MACCHINE E Assente ‰ emergenti riqualificare
ATTREZZATURE E Minimo ‰
INFORMATIZZAZIONE Forte ‰ Si ‰ Si ‰
AZIENDALE No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
Assente ‰ emergenti riqualificare
TRASFORMAZIONE
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
COMMERCIALIZ Assente ‰ emergenti riqualificare
ZAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
INTEGRAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
PROCESSO DI Minimo ‰
FILIERA Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰
ITTICOLTURA – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo sono
state individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su questo
punto, potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

RIPRODUZIONE

A. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 1: RESPONSABILE PARCO RIPRODUTTORI INCUBATOIO ‰

ALTRO ‰

B. GESTIONE ALIMENTAZIONE: ALTRO ‰

C. GESTIONE RESIDUI: ALTRO ‰

AVANNOTTERIA

A. GESTIONE DEGLI ANIMALI: Figura 2: RESPONSABILE AVANNOTTERIA ‰

ALTRO ‰

B. GESTIONE ALIMENTAZIONE: Figura 3: ADDETTO PRODUZIONE ALIMENTI VIVI ‰


(Rotiferi/Artemia)
ALTRO ‰

C. GESTIONE RESIDUI: ALTRO ‰

ALLEVAMENTO

A. GESTIONE DEGLI ANIMALI: ALTRO ‰

B. GESTIONE ALIMENTAZIONE: ALTRO ‰

C. GESTIONE RESIDUI: ALTRO ‰


GESTIONE E CURA
MACCHINE E
ATTREZZATURE E
INFORMATIZZAZIONE
AZIENDALE

Figura 4: RESPONSABILE TECNOLOGIE ALLEVAMENTO ‰

Figura 5: ADDETTO ALLE TECNOLOGIE INFORMATICHE ‰

ALTRO ‰

TRASFORMAZIONE

Figura 6: RESPONSABILE LABORATORIO ‰

ALTRO ‰

COMMERCIALIZ
ZAZIONE

Figura 7: RESPONSABILE COMMERCIALE INNOVAZIONE PRODOTTI E RAPPORTI CON LA DISTRIBUZIONE ‰

ALTRO ‰

INTEGRAZIONE
PROCESSO DI
FILIERA

Figura 8: RESPONSABILE CONTROLLO QUALITA’ / CERTIFICAZIONI ‰

Figura 9: ADDETTO AGLI ADEMPIMENTI BUROCRATICI E ADEMPIMENTI CON LA P.A. ‰

ALTRO ‰
ITTICOLTURA – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni
date dagli esperti?

Denominazione 1. RESPONSABILE PARCO RIPRODUTTORI INCUBATOIO

Definizione Tecnico che sovraintende alla selezione e alla gestione dei riproduttori e alle
diverse attività legate all’incubazione delle uova, effettuate sotto la sua
responsabilità e coordinamento, da operai addetti.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce il parco riproduttori e tutte le fasi connesse all’incubazione delle


uova.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente – nelle aziende di dimensioni minori coincide con il titolare


nell’ azienda dell’azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve conoscere la biologia e la tecnologia della riproduzione e dello


sviluppo delle uova fecondate,avere delle basi di genetica e conoscere le
modalità di funzionamento e manutenzione delle attrezzature presenti in
incubatoio (incubatori e impianti idraulici)
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della RIPRODUZIONE - Gestione degli animali


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione medio alta, in taluni casi laurea e/o grande esperienza nel settore
Conoscenze acquacoltura.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 2. RESPONSABILE AVANNOTTERIA

Definizione Tecnico che segue le diverse fasi operative in avannotteria.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce tutte le operazioni connesse alle attività dell’avannotteria compresa


la gestione sanitaria.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente – nelle aziende di dimensioni minori coincide con il titolare


nell’ azienda dell’azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve avere nozioni di biologia e patologia dello sviluppo dell’avannotto ed


essere in possesso delle tecniche di allevamento. Deve quindi essere in grado
di grado di valutare lo stato di accrescimento, la presenza di malattie
infettive e l’opportunità di svolgere delle selezioni. Deve inoltre essere in
grado di porre in atto le misure preventive e terapeutiche per evitare o
limitare l’insorgenza di patologie. Deve essere in grado di gestire
l’alimentazione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della AVANNOTTERIA - Gestione degli animali


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione media e grande esperienza nel settore acquacoltura.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
3. ADDETTO PRODUZIONE ALIMENTI VIVI (Rotiferi/Artemia)

Definizione Addetto alla produzione di prede vive (Rotiferi e Artemia) per lo sviluppo
delle larve di specie euraline.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la produzione di prede vive (Rotiferi e Artemia).

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conosce il ciclo biologico delle prede vive, gestisce l’impianto di produzione
di fito e zoo plancton. E’ in grado di far funzionare le attrezzature e le
strutture dedicate al processo e di eseguire le opere di manutenzione
ordinaria.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della AVANNOTTERIA - Gestione alimentazione


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Istruzione media ed esperienza nel settore acquacoltura.


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 4. RESPONSABILE TECNOLOGIE ALLEVAMENTO

Definizione Tecnico addetto all’innovazione e manutenzione delle macchine ed


attrezzature.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Segue la manutenzione e l’acquisizione di nuove tecnologie e la formazione


degli operai nell’utilizzo delle attrezzature.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente – nelle aziende di dimensioni minori coincide con il titolare


nell’ azienda dell’azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze di base di meccanica e idraulica. Conosce gli impianti e le


attrezzature, sa usarli correttamente ed è in grado di adempiere alle
operazioni di manutenzione ordinaria. Deve essere aggiornato sulle nuove
tecnologie e trasmettere (e quindi istruire) le conoscenze al personale
dipendente.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione e cura macchine e attrezzature e informatizzazione aziendale.


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione media ed esperienza nel settore meccanico e idraulico.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
5. ADDETTO ALLE TECNOLOGIE INFORMATICHE

Definizione Addetto alla gestione dei sistemi informatici.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Provvede alla gestione e sviluppo delle tecnologie informatiche relative


all’allevamento e all’amministrazione aziendale
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze
Deve essere in possesso delle conoscenze informatiche e
amministrativo/contabili. Deve saper utilizzare sistemi applicativi quali:
software di elaborazione testi e/o di gestione dati, fogli di calcolo elettronico,
programmi di gestione vasche (alimentazione, stock allevamento e parametri
chimico-fisici.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Gestione e cura macchine e attrezzature e informatizzazione aziendale.


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione media ed esperienza nel settore informatico.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
6. RESPONSABILE LABORATORIO

Definizione Tecnico che sovraintende alle fasi di macellazione e/o trasformazione del
prodotto ittico

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Coordina le attività di acquisizione, di macellazione, di trasformazione,di


stoccaggio e confezionamento dei prodotti ittici..
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente – nelle aziende di dimensioni minori coincide con il titolare


nell’ azienda dell’azienda

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze ed esperienza nel campo dell’acquacoltura e lavorazione e


conservazione degli alimenti. Capacità di gestione e formazione del
personale.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Trasformazione.


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Istruzione medio alta, laurea e grande esperienza nella filiera alimentare.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 7. RESPONSABILE COMMERCIALE INNOVAZIONE PRODOTTI E RAPPORTI CON
LA DISTRIBUZIONE

Definizione Tecnico addetto alle ricerche di mercato per l’innovazione dei prodotti e alle
relazioni con la distribuzione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la commercializzazione, lo sviluppo di nuovi prodotti ed i rapporti


con i clienti (grossisti, dettaglianti, GDO).
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve avere conoscenze di marketing aziendale, del mercato locale, nazionale
ed internazionale.Deve saper gestire i rapporti con i clienti relativamente alla
contrattazione dei prezi e quantità, conoscere le linee di produzione per lo
sviluppo dei prodotti innovativi.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Commercializzazione


produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione medio alta, laurea, grande esperienza nel settore marketing e
Conoscenze agroalimentare.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

3. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

4. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
8. RESPONSABILE CONTROLLO QUALITA’ / CERTIFICAZIONI

Definizione Tecnico o professionista che segue il controllo della qualità e gli iter di
certificazione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Si occupa del controllo di qualità (HACCP, Buone pratiche di allevamento,


ecc.) e degli iter relativi alla certificazione ed alla tracciabilità.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente o consulente esterno


nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve avere conoscenze specifiche di tutte le fasi della filiera e dei protocolli
di certificazione. Conosce e sa applicare le procedure legate alla
certificazione. De essere l’anello di congiunzione tra il certificatore, le
esigenze aziendali ed il fabbisogno formativo del personale dipendente.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Integrazione processo di filiera


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Istruzione medio alta e grande esperienza nella filera alimentare e nel settore
Conoscenze certificazioni. Preferibilmente essere in possesso della qualifica di
certificatore (aver seguito dei corsi di certificazione).

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

5. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

6. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione
9. ADDETTO AGLI ADEMPIMENTI BUROCRATICI E ADEMPIMENTI CON LA P.A.

Definizione Addetto alla gestione burocratico/amministrativa dell’azienda.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Cura gli adempimenti di legge relativi all’attività di acquacoltura e i rapporti


con la Pubblica Amministrazione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Posizione Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Propensione alle relazioni pubbliche e conoscenze di base relative alla


normativa di settore. Deve avere capacità di archiviazione, aggiornamento
della normativa, predisposizione a compilare la documentazione e la
modulistica relativa agli adempimenti burocratici e a piani di sviluppo
aziendali (finanziamenti).
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Segmento della Integrazione processo di filiera


produzione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Istruzione media con conoscenza amministrativa.


Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

7. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

8. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
AGRIFORM

ANALISI DEI FABBISOGNI FORMATIVI


IN AGRICOLTURA

3^ annualità – DD 195/I/2004

QUESTIONARIO PER LA RILEVAZIONE


DEI FABBISOGNI NELLE AZIENDE
DEL SETTORE FLOROVIVAISTICO

Tutte le informazioni fornite verranno utilizzate


nel rispetto della legge sulla tutela della privacy
(L. n. 196/2003)

Cognome e nome dell’intervistatore ____________________________________ |_|_|

Data intervista: ___ / ___ / 2005

Numero del questionario (progressivo per ogni intervistatore) |_|_|

Nominativo dell’intervistato: (facoltativo)___________________________________________


SEZIONE A. CARATTERISTICHE GENERALI DELL’AZIENDA

1. Provincia sede dell’azienda (sigla): |_|_|

2. Comparto: Fiori recisi ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%


Vivai ‰ % sul fatturato aziendale |_|_|_|%

- Impresa individuale/Diretto coltivatrice ‰


3. Tipologia aziendale: (una sola risposta) - Società (spec.__________________ _______) ‰
- Cooperativa ‰
- Altro (spec.__________________ _______) ‰

4. Indicare:

1. la superficie totale aziendale: SAU totale ha |_|_|_|_|_|_|_|

2. la superficie specializzata: SAU specializzata ha |_|_|_|_|_|_|_|

di cui serre mq |_|_|_|_|_|

5. Indicare il fatturato aziendale del 2004: meno di 50.000 € ‰ Rispetto al 2003:


Da 50.000 a 100.000 € ‰
Da 100.001 a 500.000 € ‰ In crescita ‰
Da 500.001 a 1.000.000 € ‰ Stabile ‰
Oltre 1.000.000 € ‰ In diminuzione ‰

¾ N° totale di lavoratori dipendenti |_|_|_|_|


6. Nel 2004, nella sua azienda, quanti sono - di cui OTI |_|_|_|_|
stati i lavoratori dipendenti?
- di cui OTD |_|_|_|_|
- di cui impiegati |_|_|_|_|
- di cui quadri |_|_|_|_|
- di cui dirigenti |_|_|_|_|
- di cui immigrati |_|_|_|_|
7. Sempre nell’anno 2004, sono state utilizzate consulenze specialistiche esterne? SI ‰ NO ‰

Se SI, di che tipo (indicare l’area di competenza):

ƒ Agronomiche: 1. fitopatologiche ‰
2. meristematiche ‰
3. genetiche ‰
4. gestione pedoclimatica ‰
5. altro …………………….. ‰

ƒ Amministrative/contabili ‰
ƒ Legali ‰
ƒ Informatiche ‰
ƒ Commerciali ‰
ƒ Certificazione ‰
ƒ Altro ‰ (specificare…………………………………………………………………………)

8. Nei prossimi due/tre anni ritiene che il ricorso a consulenze specialistiche esterne, nella sua azienda, sarà:

In crescita ‰ Stabile ‰ In diminuzione ‰


SEZIONE B – PROPENSIONE ALL’ASSUNZIONE

1. Nei prossimi due/tre anni prevede di assumere nuovo personale,


aggiuntivo rispetto a quello utilizzato nel 2004? SI ‰ NO ‰

2. (Se ha risposto si) Apprendisti ‰


Può indicare quale tipo di personale prevede
di assumere?
Operai generici ‰
(sono possibili più risposte – indicare con una x nelle caselle)

Operai qualificati ‰

Operai specializzati ‰

Impiegati ‰

Quadri ‰

Dirigenti ‰

3. A prescindere dall’assunzione, potrebbe indicare se esistono figure professionali di cui potrebbe avere
bisogno nei prossimi anni? (Se ne possono descrivere, in ordine di importanza, una, due o tre a seconda delle esigenze
aziendali espresse)

Figure professionali necessarie (attualmente non presenti nell’azienda)

Qualifica* mansione Area**


1.

2.

3.

* Qualifica: A operai – B impiegati – C quadri – D dirigenti – E consulenti.

** Area: a) gestionale/amministrativa – b) lavorazioni di campo – e) commercializzazione

Eventuali commenti
SEZIONE C – FIGURE PROFESSIONALI
FLOROVIVAISMO – Per ogni fase del processo produttivo indicata di seguito, potrebbe indicare(per
la sua azienda) il grado di innovazione presente e le necessità di figure professionali
nuove/emergenti o la presenza di figure professionali da aggiornare/riqualificare?

Figure Figure da
Grado di innovazione
MOLTIPLICAZIO- professionali aggiornare
NE DELLE PIANTE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
PREPARAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
DEL TERRENO Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
LAVORAZIONI Assente ‰ emergenti riqualificare
COLTURALI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
CONCIMAZIONI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
IRRIGAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
PREVENZIONE E professionali aggiornare
LOTTA MALATTIE Assente ‰ emergenti riqualificare
E INSETTI Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
RACCOLTA Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰
Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
CONSERVAZIONE Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
CONFEZIONAMEN- Assente ‰ emergenti riqualificare
TO Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
COMMERCIALIZ- Assente ‰ emergenti riqualificare
ZAZIONE Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
GESTIONE DEI professionali aggiornare
RIFIUTI Assente ‰ emergenti riqualificare
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
GESTIONE DELLE
Assente ‰ emergenti riqualificare
STRUTTURE
Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
No ‰ No ‰

Figure Figure da
Grado di innovazione
professionali aggiornare
CONTENUTI Assente ‰ emergenti riqualificare

CULTURALI E Minimo ‰
Forte ‰ Si ‰ Si ‰
PAESAGGISTICI
No ‰ No ‰
FLOROVIVAISMO – Con il contributo di esperti del settore, per ogni fase del processo produttivo
sono state individuate alcune figure professionali particolarmente importanti/innovative. Anche su
questo punto, potrebbe dirmi se tali indicazioni sono valide anche per la sua azienda?
(indicare con una X quando si concorda)

A. MOLTIPLICAZIONE DELLE PIANTE: Figura 1 IBRIDATORE ‰

Figura 2 TECNICO DI LABORATORIO ‰

ALTRO ‰

B. PREPARAZIONE DEL TERRENO: Figura 3 CAPO OPERAIO ‰

Figura TECNICO DI LABORATORIO ‰


Figura 4 TRATTORISTA ‰
ALTRO ‰
C. LAVORAZIONI COLTURALI: Figura CAPO OPERAIO ‰
Figura TRATTORISTA ‰
Figura 5 POTATORE ‰
Figura 6 GIARDINIERE ‰
ALTRO ‰

D. CONCIMAZIONE: Figura 7 SPECIALIZZATO NELLA


CONCIMAZIONE E FERTILIZZAZIONE
DEL TERRENO ‰
ALTRO ‰

E. IRRIGAZIONE: Figura 8 ADDETTO ALL’IRRIGAZIONE ‰


ALTRO ‰

F. PREVENZIONE E LOTTA MALATTIE E


INSETTI: Figura 9 FITOPATOLOGO ‰
Figura 10 ESPERTO SOMMINISTRAZIONE
SOSTANZE FITO-SANITARIE ‰
ALTRO ‰

G. RACCOLTA: ALTRO ‰

H. CONSERVAZIONE: Figura 11 MAGAZZINIERE ‰


ALTRO ‰

I. CONFEZIONAMENTO: ALTRO ‰

L. COMMERCIALIZZAZIONE: Figura 12 ADDETTO COMMERCIALE ‰


ALTRO ‰

M. GESTIONE RIFIUTI: Figura 13 ADDETTO ALLA GESTIONE DEI


RIFIUTI AZIENDALI ‰
ALTRO ‰
N. GESTIONE DELLE STRUTTURE: Figura 14 RESPONSABILE IMPIANTI ‰
Figura 15 CONDUTTORE IMPIANTI
ENERGETICI ‰
ALTRO ‰

O. CONTENUTI CULTURALI E PAESAGGISTICI: ALTRO ‰

COMPETENZE TRASVERSALI: Figura 16 RESPONSABILE DI PRODUZIONE ‰


Figura 17 CAPO SQUADRA ‰
Figura 18 SISTEMISTA FLORICOLO ‰
Figura 19 ASSISTENTE AMMINISTRATIVO ‰
FLOROVIVAISMO – Per le figure che anche lei ha indicato, può segnalarci il suo grado di accordo rispetto alle definizioni
date dagli esperti?

Denominazione 1. IBRIDATORE

Definizione E’ un agronomo o un biologo specializzatosi nelle tecniche di


moltiplicazione per via genetica.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Selezionare e riprodurre materiali idonei alla successiva coltivazione

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Collaboratore stabile o occasionale alle dirette dipendenze dell’imprenditore
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Oltre alle competenze scientifiche proprie relative agli studi e


specializzazioni effettuate come agronomo o biologo, occorre una buona
conoscenza delle varietà commerciali già esistenti, con ottima conoscenza
dei mercati nazionali e internazionali. Capacità spiccata di capire le esigenze
dei consumatori e finalizzare l’attività di ricerca.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Moltiplicazione delle piante – Lavorazioni colturali
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Requisiti/ Laurea in Agronomia o Biologia. Conoscenza e pratica delle tecniche di
Conoscenze laboratorio. Particolare conoscenza del ciclo produttivo delle principali
colture floricole. Conoscenza delle lingue (in modo particolare inglese) e
degli strumenti, processi e programmi informatici specialistici.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 2. TECNICO DI LABORATORIO

Definizione Soggetto addetto alla verifica della qualità del terreno/terricci e scelta e
selezione dei composti in collegamento con i rappresentanti addetti.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Studio e analisi delle diverse caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche
Attività del terreno/terricci, anche in relazione al clima, alla varietà colturale e
tipologia di produzione. Se responsabile del settore, stabilisce direttive
tecniche e trasferisce nozioni/competenze al tecnico che eseguirà il lavoro.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Figura interna se l’azienda ha una certa dimensione, altrimenti ci si affida a
nell’ azienda
figure e/o strutture esterno.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Competenze nel campo delle analisi fisico-chimiche, biologiche e


strumentazione di laboratorio

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Moltiplicazione delle piante – Preparazione del terreno
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Biologia, chimica, alta conoscenza di base nella tecnica delle analisi di
Conoscenze laboratorio integrata da formazione specifica e dalla conoscenza dei cicli
biologici del terreno. Alta conoscenza di base integrata con formazione
specifica.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 3. CAPO OPERAIO

Definizione Operaio esperto nelle pratiche colturali e nelle tecniche di produzione da


pieno campo.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Organizza il proprio lavoro e quello del gruppo. In particolare coordina


l’attività della manodopera per pratiche di coltivazioni particolari
(imperticatura, preparazione dei siti di coltura, livellamento dei terreni etc)
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Capacità di seguire le indicazioni sulle tecniche colturali, con capacità di


stabilire tempi e modalità di lavorazioni con conoscenza specifica della
modalità di vendita dell’azienda. Buona conoscenza delle scelte aziendali,
capacità di programmare l’attività lavorativa in funzione delle necessità
dell’azienda.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Preparazione del terreno – Lavorazioni colturali
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Conoscenza delle caratteristiche delle varie tipologie di produzione


Conoscenze dell’azienda e del ciclo produttivo delle principali colture flovivaistiche.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 4. TRATTORISTA

Definizione Operaio capace di utilizzare mezzi meccanici semoventi e di intervenire per


la loro ordinaria manutenzione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Utilizza i trattori aziendali e gli altri mezzi meccanici semoventi soprattutto
nella preparazione del terreno per la fase di produzione. Cura l’ordinaria
manutenzione dei mezzi ed è capace di intervenire per le piccole riparazioni.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Uso e movimentazione dei mezzi agricoli.


Nozioni di sicurezza sul lavoro relativamente all’uso di questi mezzi.
Nozioni di meccanica e conoscenze relative al funzionamento delle
attrezzature.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Preparazione del terreno – Lavorazioni colturali
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Patente. Livello di studi non elevato ma preparazione specifica nell’uso dei
Conoscenze mezzi agricoli
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 5. POTATORE

Definizione Esegue la potatura artistico-figurativa di piante ornamentali ed alberi di alto


fusto. Studia ed organizza progettazioni paesaggistiche.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Cura le varie fasi relative alla manutenzione del verde con estro intuitivo ed
artistico. Partecipa alla progettazione di carattere paesaggistico.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente o collaboratore.
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Particolare destrezza nell’esecuzione di potature artisco-figurative e nell’uso


dei relativi strumenti. Conoscenze minime necessarie per seguire la
progettazione paesaggistica e sua proiezione ai vari livelli di contesto
territoriale.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Lavorazioni colturali
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Non elevata istruzione di base ma formazione specifica in materia di cura e


Requisiti/ manutenzione del verde ornamentale. Elevata formazione in materia di
Conoscenze costruzione paesaggistica studiata nel completo rispetto di caratteri quali
l’arredo urbano e l’ordine ambientale.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 6. GIARDINIERE

Definizione Tecnico specializzato assistente di produzione che gestisce un settore e/o un


ambito di produzione specifico.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Sotto la supervisione del responsabile di produzione, individua i lavori di


sistemazione del terreno, la concimazione, i semi, esegue i dosaggi
fitosanitari anche per la cura delle malattie e stabilisce, in sintonia col
responsabile di produzione, quando, come e in che quantità dare acqua.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente.
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenza del ciclo produttivo, del ciclo biologico e del fabbisogno delle
colture. Conoscenza dei riferimenti sia tecnici che legislativi in materia di
somministrazione di sostanze fertilizzanti e conoscenza degli effetti
ambientali e sulla salute umana della somministrazione di sostanze idonee
per la lotta fitosanitaria.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Lavorazioni colturali
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Diploma in agraria integrato da una idonea formazione aziendale; oppure


Requisiti/ diploma specializzazione post diploma per diventare “giardinieri” che è una
Conoscenze scuola di specializzazione che esiste solo in alcune regioni d’Italia. Patentino
per la somministrazione delle sostanze.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 7. SPECIALIZZATO PER LA CONCIMAZIONE E FERTILIZZAZIONE
DEL TERRENO

Definizione Tecnico specializzato che ha la responsabilità delle fasi di concimazione e


fertilizzazione del terreno. Può anche essere responsabile di produzione dal
taleggio alla crescita.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la fertilizzazione della coltura utilizzando le diverse tecniche


possibili (fertirrigazione) in relazione alle caratteristiche del terreno e delle
piante (concimazione in piano campo, concimazione in vasetteria, creazione
di mix adeguati di fertirrigazione).
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
nell’ azienda Dipendente. Quadro tecnico - Assistente di produzione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenza del ciclo produttivo


Conoscenza del ciclo biologico/fabbisogno delle piante
Conoscenza dei riferimenti legislativi in materia di somministrazione di
sostanze fertilizzanti
Conoscenze degli effetti ambientali e ricadute sulla salute umana
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Concimazione
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Diploma in agraria integrato da una idonea formazione aziendale. Alta


Requisiti/ conoscenza di base in agronomia supportata da una formazione ad hoc. Può
Conoscenze essere utile il patentino per la somministrazione delle sostanze.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 8. ADDETTO ALL’IRRIGAZIONE

Definizione Tecnico che sovrintende alle operazioni di irrigazione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce l’impianto di irrigazione, ne garantisce l’efficienza, e nello stesso


tempo riduce gli sprechi nel consumo delle acque in relazione ai fabbisogni
delle colture e al clima. Ha autonomia di concetto/esecutiva, gestisce le fasi
del processo e un gruppo di lavoro
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente. Quadro tecnico - Assistente di produzione.
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenza dei cicli biologici delle diverse specie colturali, anche in
relazione al clima e al suo impatto. Conoscenza delle diverse tecniche irrigue
e capacità di gestire/utilizzare gli impianti e gli strumenti per l’irrigazione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Irrigazione
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Metodistica di irrigazione e conoscenze specifiche sulle migliori tecniche di


Requisiti/ irrigazione e fabbisogni delle colture
Conoscenze
Istruzione media superiore.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 9. FITOPATOLOGO

Definizione Agronomo o biologo con conoscenze specifiche di patologia applicate al


settore florovivaistico.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Studia e previene le patologie delle piante attuando interventi preventivi e


curativi in linea con le esigenze produttive della pianta; seleziona i presidi
sanitari più idonei alla corretta vegetazione delle produzioni.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Collaboratore stabile o occasionale alle dirette dipendenze dell’imprenditore.
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Oltre alle conoscenze proprie derivanti dagli studi effettuati, deve possedere
anche buona conoscenza delle varietà coltivate nel settore florovivaistico,
con ottima conoscenza delle patologie più comuni.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Prevenzione e lotta malattie e insetti
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Laurea in agronomia o biologia. Conoscenza approfondita del ciclo


Requisiti/ produttivo delle principali colture floricole. Conoscenza delle lingue.
Conoscenze
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 10. ESPERTO IN SOMMINISTRAZIONE SOSTANZE FITOSANITARIE

Definizione Tecnico specializzato che, sotto le direttive del fitopatologo (ove esistente) o
sotto la propria responsabilità, gestisce la somministrazione delle sostanze
fitosanitarie coordinando anche il lavoro degli operai addetti.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività In relazione alle tipologie colturali aziendali fornisce i quadri di riferimento


relativi alle tecniche di somministrazione, alle quantità di utilizzo ed agli
effetti di ricaduta di carattere salutare, ambientale ed igienico delle sostanze
fito-sanitarie.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente o Collaboratore stabile.
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenze ed esperienze approfondite nel ramo fito-sanitario, con


appropriate conoscenze e capacità di gestione delle migliori tecniche di
riferimento. Particolari conoscenze ed esperienze specifiche su salute,
sicurezza ed ambiente.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Prevenzione e lotta malattie e insetti
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Possesso del patentino di somministratore di sostanze. Formazione medio


Requisiti/ alta su somministrazione ed uso sostanze fito-sanitarie. Formazione su
Conoscenze tecniche di prevenzione su salute e ambiente. E’ preferibile avere esperienze
lavorative in vari contesti territoriali ed ambientali.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 11. MAGAZZINIERE

Definizione Operaio specializzato nelle tecniche di conservazione dei fiori recisi, con
buona conoscenza dei principi di gestione del magazzino.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestisce la conservazione della produzione ripartendola per caratteristiche e


per ordine di lavorazione ed esitazione.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente.
nell’ azienda
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Buona conoscenza delle proprietà specifiche relative alle varietà coltivate in
azienda, con conoscenza e capacità di utilizzare le tecniche di conservazione
e di applicare la normativa fitosanitaria.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Conservazione
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Grado di istruzione medio basso. Oltre alle competenze proprie della


Requisiti/ funzione, conoscenza dei tempi e modalità di spedizione e di vendita,
Conoscenze caratteristiche della merce in funzione delle esigenze del consumatore finale.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 12. ADDETTO COMMERCIALE

Definizione Specialista che organizza e programma ogni fase di commercializzazione e


di marketing dei prodotti aziendali
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Cura la commercializzazione dei prodotti e ne studia ogni realtà di riscontro.


Analizza ipotesi di inserimento in nuovi mercati. Coordina catena di
rappresentanti in Italia e all’estero.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
Dipendente in azienda di grandi dimensioni – Consulente in altre realtà
nell’ azienda
aziendali.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conosce e sa applicare le tecniche di strategia di marketing. Sa studiare i


contesti territoriali di riferimento commerciale. Particolare conoscenza dei
mercati e delle tecniche di commercializzazione dei prodotti florovivaistici.
Sa gestire i rapporti con agenti di rappresentanza.

Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
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Segmento della Commercializzazione
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Istruzione medio alta – Laurea in facoltà economiche. Esperienze specifiche


Requisiti/
nel settore. Conoscenze specifiche dei prodotti e dei mercati. Esperienza di
Conoscenze
programmazione in fase di localizzazione e posizionamento della
produzione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
13. ADDETTO ALLA GESTIONE DEI RIFIUTI AZIENDALI
Denominazione
Definizione
Addetto alla raccolta, gestione e smaltimento dei rifiuti aziendali, che
organizza le diverse operazioni necessarie al loro corretto smaltimento.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Cura tutte le fasi di raccolta, gestione e corretto smaltimento dei diversi
rifiuti, organici, residui speciali e plastica. Organizza lo schema migliore di
raccolta differenziata: olii – fitosanitari - plastiche. Opera in stretto contatto
con esperti esterni, sia del Consorzio che di ditte esterne che vendono i
prodotti che più andranno smaltiti.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
nell’ azienda Dipendente
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Sa riconoscere e selezionare i differenti tipi di rifiuti. Ne gestisce le diverse


fasi di raccolta, trasporto, smaltimento, in completa sicurezza per sé, per i
lavoratori tutti e per l’ambiente.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Gestione dei rifiuti
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Non elevato livello di istruzione di base ma formazione specifica ed interna


Conoscenze sulle modalità di trattamento dei diversi tipi di rifiuti, sulla loro pericolosità e
sui possibili percorsi di recupero e/o di riutilizzazione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
14. RESPONSABILE IMPIANTI
Denominazione
Definizione
Tecnico specializzato che ha la responsabilità della gestione e manutenzione
degli impianti aziendali.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Coordina una squadra di operai specializzati nella gestione e nella


manutenzione dei diversi impianti: irrigazione, riscaldamento, strutture,
serre. Collabora strettamente con il direttore e il responsabile di produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
nell’ azienda Dipendente
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Ha conoscenza tecnico pratica per la gestione degli impianti. Ha elementi di


base relativi alla progettazione e costruzione degli impianti. Capacità di
gestione di gruppi di lavoro e di programmazione per la gestione delle
operazioni di manutenzione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Gestione e manutenzione impianti e strutture
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Diploma specifico per gli studi di impiantistica e formazione di base


Conoscenze specifica a seconda dei diversi tipi di impianto: elettrico, idraulico, e di
struttura. Esperienza elevata e formazione in ambito aziendale.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
15. CONDUTTORE DI IMPIANTI ENERGETICI
Denominazione
Definizione
E’ il Capo settore (specializzato) che ha la responsabilità di gestire, condurre
e mantenere gli impianti di produzione energetica dell’azienda.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
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Attività Conduce gli impianti di produzione energetica aziendali. Gestisce varie


tipologie di intervento in relazione al risparmio energetico, all’utilizzazione
di procedure rispettose dell’impatto ambientale, della salute e conformi alla
sicurezza generale.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
nell’ azienda Dipendente
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Deve saper condurre un impianto di produzione di energia avendo riguardo


alla sua massima efficienza operativa anche in relazione alle tipologie
colturali ed alle diversità climatiche.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
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Segmento della Gestione e manutenzione impianti e strutture
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Possesso dell’apposita patente di abilitazione alla conduzione di impianti


Conoscenze energetici (caldaie). Adeguate conoscenze di impiantistica idraulica.
Conoscenza del ciclo biologico e produttivo e dei fabbisogni energetici, in
relazione alle caratteristiche climatiche ed alla analisi delle procedure di
conduzione delle macchine.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
16. RESPONSABILE DI PRODUZIONE
Denominazione
Definizione
Quadro tecnico che dirige una squadra di operai, con diverso livello di
specializzazione, e collabora con altri soggetti in diversi settori della
produzione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
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Attività Definisce standard qualitativi di consegna, li controlla e li rispetta, prova i


nuovi tipi di prodotto. Verifica qualità e sanità del singolo prodotto.
Concimazione di vaso e di campagna. Supervisiona la creazione del mix
adeguato di trattamento fitosanitario e quantità/tipologia di irrigazione per
ogni tipo di prodotto
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
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Posizione
nell’ azienda Dipendente in aziende medio grandi e grandi
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
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Competenze Conoscenza del ciclo biologico e delle caratteristiche agronomiche delle


diverse colture; delle tecnologie produttive; dei fenomeni climatici che
influenzano il sistema suolo-vegetazione; pianifica nel tempo e nello spazio
la produzione organizzando le risorse disponibili. E’ in grado di interagire
con i vari soggetti all’interno dell’azienda e del settore.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Figura Trasversale
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Alta conoscenza di base, normalmente acquisita attraverso un diploma o un


Conoscenze corso di laurea specifico; la conoscenza di base si integrata con una
formazione particolare in azienda.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
17. CAPO SQUADRA
Denominazione
Definizione
Operaio con capacità tecniche nel settore della produzione, che gestisce una
squadra di lavoratori.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Gestione della squadra operativa, ricezione ed esecuzione delle indicazioni


relative alle modalità produttive del responsabile tecnico di produzione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
nell’ azienda Dipendente
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Oltre alle conoscenze e capacità proprie di un operaio specializzato del


settore, deve saper organizzare e gestire una squadra di operatori.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Figura Trasversale
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Istruzione medio bassa e professionalità acquisita soprattutto con


Conoscenze l’esperienza in azienda.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

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18. SISTEMISTA FLORICOLO
Denominazione
Definizione
Consulente per l’implementazione di sistemi informatici gestionali per
l’impiantistica e la logistica, specifici per il settore florovivaistico.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Sulla base delle scelte aziendali, sviluppa (e gestisce) sistemi gestionali
informatici dedicati all’automazione ed al corretto funzionamento delle
strutture produttive e della logistica.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
nell’ azienda Consulente
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Elevate conoscenze gestionali informatiche. Conoscenza specifica del settore


florovivaistico. Buon livello di conoscenza di informazioni strategiche di
mercato. Conoscenza di base della normativa di certificazione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Figura Trasversale
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Diploma o laurea in informatica. Conoscenze di base di meccanica e di


Conoscenze idraulica. Specifica esperienza nel settore florovivaistico.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

Eventuali commenti
Denominazione 19. ASSISTENTE AMMINISTRATIVO

Definizione Tecnico qualificato mediante scuola di segreteria con specializzazione nel


settore floricolo.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Attività Cura, dal punto di vista amministrativo, la corretta gestione della


documentazione relativa alle vendite, interagendo con le altre figure
aziendali per il necessario raccordo coi magazzini e la contabilità
dell’azienda.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Posizione
nell’ azienda Dipendente
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Competenze Conoscenza approfondita dell’area amministrativa specifica del settore


florovivaistico. Conoscenza di almeno una lingua straniera. Conoscenza
della normativa di settore nei paesi di sbocco della produzione.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
Segmento della Figura Trasversale
produzione
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰
Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….

Requisiti/ Diploma specifico del settore. E’ necessaria esperienza nel settore


Conoscenze florovivaistico.
Concordo: si ‰ abbastanza ‰ no ‰

Modifiche/integrazioni:………………………………………………………………………………………
………………………………………………………………………………………………………………….
1. Per questa figura professionale, preferirebbe assumere/utilizzare... (leggere) (una sola risposta)

¾ personale già formato per la mansione …

¾ personale da formare opportunamente in azienda …

2. Secondo Lei ci sono difficoltà a trovare questo tipo di figura professionale sul mercato del lavoro?

ƒ A livello locale Si … No …
ƒ A livello nazionale Si … No …

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