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DIRITTO PRIVATO
Docente: Alessandro Martini
a) Generalità
I requisiti del contratto indicati nel Codice civile (art. 1325 c.c.) sono:
1) l’accordo delle parti;
2) la causa;
3) l’oggetto;
4) la forma, quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità.
Gli elementi accidentali sono quelli che possono essere apposti liberamente dalla volontà
delle parti e che non sono essenziali in astratto per la validità del contratto, ma che una
volta apposti al contratto fanno parte del contenuto dello stesso e alla loro osservanza non
possono sottrarsi le parti.
Sono accidentali solo nel senso che le parti possono introdurli o meno, ma una volta inseriti
nel negozio diventano essenziali in concreto.
La dottrina meno recente individua anche elementi naturali del contratto che, in realtà,
sono effetti del contratto che derivano naturalmente, ossia automaticamente, dalla
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disciplina prevista dal legislatore per quel tipo di contatto e che possono essere esclusi dalla
contraria volontà delle parti.
Es.: la garanzia per i vizi della cosa (art. 1490 c.c.): il venditore è tenuto a garantire il
compratore da tutti quei vizi che rendono la cosa inidonea all’uso o che ne diminuiscono il
valore in modo apprezzabile; tale garanzia ha effetto anche se, al momento della conclusione
del contratto, le parti non la avessero esplicitamente pattuita; peraltro le parti, entro certi
limiti, possono escludere o limitare questa garanzia.
b) L’accordo
Un accordo parziale non ha alcun effetto vincolante anche se le parti abbiano annotato i
punti di convergenza in un apposito documento detto minuta del contratto: il mancato
accordo sui punti ancora da concordare farà saltare anche quelli già concordati, salva
l’eventuale responsabilità precontrattuale per violazione del principio di buona fede nelle
trattative della parte che abbia senza giustificazione interrotto le trattativa contrattuale.
- espresso quando risulta dalle dichiarazioni di volontà delle parti esternata mediante
mezzi di linguaggio ossia quei segni che nell’ambiente sociale sono considerati strumenti
comunicativi; es. parole, gesti o segni convenzionali;
La formazione dell’accordo avviene con l’accettazione della proposta (v. modulo 20°).
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c) La causa
- Secondo la teoria della causa in astratto (tradizionale) accolta dalla dottrina e nel
Codice civile, la causa è la funzione economico-sociale dell’atto di autonomia contrattuale;
è la funzione tipica e astratta del negozio. Tale funzione prescinde dagli scopi delle parti e dalle
finalità per le quali le parti intendono strumentalizzare il contratto; la causa è quella prevista
per ogni tipo contrattuale dalla legge; è il tipo previsto dalla legge; la causa non può dunque
mancare o essere illecita nei negozi tipici, che sono quelli previsti e disciplinati dalla legge con
una propria funzione economico-sociale.
Può aversi:
- difetto genetico della causa quando si verifica al momento della conclusione del
contratto; il difetto genetico ricorre:
- nei negozi tipici: quando la causa non svolge in concreto la funzione che gli è
propria; es. nel caso di acquisto di una cosa che già apparteneva all’acquirente, la
compravendita difetta della causa propria che è il trasferimento della cosa da una parte
all’altra;
- nei negozi atipici: quando il negozio è diretto a conseguire scopi non meritevoli
di tutela secondo l’ordinamento giuridico (art. 1322, 2° comma, c.c.).
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- Difetto funzionale della causa quando la causa viene a mancare in un momento
successivo a quello della stipulazione del contratto.
Tale difetto può verificarsi solo per i contratti a prestazione corrispettive e nei casi di:
In tali ipotesi il contratto non è nullo, ma la parte può chiedere la risoluzione del
contratto (art. 1453 ss. c.c.) e così sciogliersi dal vincolo contrattuale.
- all’ordine pubblico: sono quei principi non necessariamente espressi in norme, ma che
sono ricavabili dalle disposizioni inderogabili che costituiscono i postulati essenziali e che si
adeguano alle contingenti esigenze di vita e di sviluppo della società organizzata;
L’illiceità della causa comporta la nullità del negozio giuridico (art. 1418, 2° comma, c.c.).
All’illiceità della causa l’art. 1344 c.c. equipara la frode alla legge.
Il contratto in frode alla legge è quello che costituisce il mezzo per eludere l’applicazione
di una norma imperativa che vieta un determinato risultato.
Nella frode alla legge la norma è violata non direttamente, ma indirettamente mediante
una manovra di aggiramento.
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collegando il trasferimento della proprietà dell’inadempimento dell’obbligazione da parte del
debitore; tale contratto traslativo di un diritto è un mezzo per eludere il divieto del patto
commissorio (art. 2744 c.c.).
- Per la teoria oggettiva la frode alla legge richiede solo l’elemento oggettivo mentre è
irrilevante l’elemento soggettivo perché non è possibile far dipendere l’illiceità del negozio
dalla consapevolezza delle parti di sfuggire ad una norma di legge.
Tale teoria meglio si concilia con la tesi della causa in concreto che è lo scopo pratico che le
parti intendono raggiungere con il contratto. Un contratto tipico, pur essendo previsto dalla
legge con una causa astratta lecita, può avere la causa concreta illecita e pertanto essere
nullo.
Come si è visto, la causa è un requisito del contratto che non può mancare, perché è
requisito dello stesso.
- negozi causali nei quali la causa è elemento essenziale e costitutivo e che non
producono alcun effetto in caso di mancanza o illiceità della causa, perché sono invalidi;
- negozi astratti nei quali la causa ha una rilevanza indiretta e ritardata e resta
accantonata: i negozi astratti producono inizialmente effetti, che successivamente vengono
meno in quanto si potrà agire per la restituzione di quanto prestato in caso di mancanza o
illiceità della causa.
Esempio: il compratore Tizio rilascia al venditore Caio una cambiale con la quale promette
di pagare una somma pari al prezzo. Il venditore Caio gira la cambiale al terzo Sempronio.
Tizio non potrà rifiutare il pagamento nei confronti di Sempronio adducendo che il contratto di
vendita era nulla e perciò l’emissione della cambiale è stata priva di causa. La cambiale è un
negozio relativamente astratto e Tizio pertanto dovrà pagare a Sempronio la somma
risultante dal titolo della cambiale, ma potrà rivalersi nei confronti di Caio con l’azione di
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indebito arricchimento (art. 2041 c.c.) ed in ciò risulta la rilevanza indiretta e ritardata della
causa.
Di solito i motivi non sono comunicati alla controparte e non sono né conosciuti né
conoscibili dall’altro contraente e sono giuridicamente irrilevanti: sono un impulso psichico
che non si traduce nell’atto di volontà negoziale.
- la donazione può essere impugnata per errore sul motivo, sia esso di fatto o di
diritto, quando il motivo risulta dall’atto ed è il solo che ha determinato il donante alla liberalità
(art. 787, 2° comma, c.c.).
d) L’oggetto
L’oggetto del contratto è l’attribuzione patrimoniale, ossia l’attività che le parti si sono
impegnate a svolgere.
Precisamente l’oggetto del contratto è
- la prestazione di dare, fare o non fare che la regola contrattuale impone come obbligo;
- il risultato rappresentato dal trasferimento di diritti che consegue al contratto.
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Dall’oggetto del contratto si distingue il contenuto del contratto e l’oggetto della
prestazione.
Il contenuto:
L’oggetto della prestazione è il bene al quale la regola posta nel contratto ha riguardo.
- il contenuto è rappresentato dalla regola che dispone lo scambio tra la proprietà del
libro ed il prezzo;
L’oggetto del contratto deve essere possibile, lecito, determinato o determinabile (art.
1346 c.c.).
- possibile: si ha
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La possibilità va accertata al momento della conclusione del contratto; tuttavia è
ammessa la possibilità sopravvenuta dell’oggetto del contratto, ossia in un momento
successivo a quello della conclusione del contratto; infatti il contratto sottoposto a condizione
sospensiva o a termine è valido, se la prestazione inizialmente impossibile diviene
possibile prima dell’avveramento della condizione o della scadenza del termine (art.
1347 c.c.).
Il contratto può avere ad oggetto un bene futuro: la prestazione di cose future può
essere dedotta in contratto, salvi i particolari divieti di legge (art. 1348 c.c.). La norma si
riferisce non all’oggetto del contratto, cioè alla prestazione, ma alla cosa che costituisce
l’oggetto della prestazione.
La dottrina distingue:
- cose future in senso soggettivo: quelle che esistono in rerum natura, ma non
fanno parte del patrimonio del disponente, tuttavia si prevede che in seguito possano
appartenergli;
- cose future in senso oggettivo: quelle che non esistono nel patrimonio né del
disponente né di altra persona; non sono in rerum natura quali entità materiali o giuridiche,
ma di esse si prevede la futura esistenza; es. una casa da costruire, il diritto di autore di un
opera ancora da scrivere, i frutti civili non ancora maturati.
- Lecito: è l’oggetto che non è contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buona
costume. L’illiceità va valutata al momento in cui il contratto è stipulato e in base alla legge a
quel momento vigente. Esprime un giudizio di riprovevolezza da parte dell’ordinamento
giuridico; es.: vendita di droga o di cose rubate.
Es.: Tizio dà in appalto a Caio la costruzione di una villa per un corrispettivo che sarà
stabilito dal tecnico Sempronio.
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L’arbitratore deve procedere con equo apprezzamento (arbitrium boni viri) cioè
contemperando gli interessi dei contraenti; se
In ogni caso, nel determinare la prestazione il terzo deve tener conto anche delle
condizioni generali della produzione a cui il contratto eventualmente abbia riferimento (art.
1349, 3° comma, c.c.).
e) La forma
Ogni atto umano, per avere rilevanza sociale, deve necessariamente essere riconoscibile
cioè esteriorizzato.
In generale, la forma del contratto, come di ogni negozio giuridico, è il mezzo idoneo
attraverso il quale le parti manifestano il loro consenso: è lo strumento tecnico-giuridico
attraverso il quale la volontà delle parti si estrinseca e si esprime.
Un negozio privo di forma è inesistente in quanto non risulta socialmente e pertanto non
può assumere alcuna rilevanza giuridica.
Dalla forma come elemento necessario per l’esistenza del negozio giuridico va distinta la
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forma requisito del contratto quando risulta che è prescritta dalla legge sotto pena di nullità
(art. 1325,n. 4, c.c.).
Questa è quella speciale forma richiesta dal legislatore per determinati negozi la cui
mancanza rende nullo il contratto.
La prescrizione di forma quale elemento costitutivo del contratto risponde all’esigenza di:
- certezza dell’atto: una dichiarazione orale è percepita solo dai presenti e la prova
rimane affidata alla parola e memoria di coloro che l’hanno ascoltata; la scrittura privata affida
la dichiarazione ad un mezzo durevole di conoscenza.
Nel nostro ordinamento in tema di contratti e di negozi vige il principio della libertà di
forma: il consenso delle parti può essere manifestato con qualsiasi mezzo idoneo.
Tuttavia, in deroga la principio della libertà di forma, vi sono contratti detti contratti
formali per i quali la legge richiede una determinata forma scritta a pena di nullità (forma ad
substantiam): il consenso deve pertanto essere espresso in un forma vincolata o solenne.
L’atto pubblico:
- fa piena prova, fino a querela di della provenienza del documento dal pubblico ufficiale
che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale
attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (art. 2700 c.c.).
La scrittura privata:
- è il documento redatto per iscritto e sottoscritto dalle parti con firma autografa;
- fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza delle dichiarazioni da chi l’ha
sottoscritta, se colui contro il quale la scrittura è prodotta ne riconosce la sottoscrizione,
ovvero se questa e legalmente considerata come riconosciuta (art. 2702 c.c.).
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Il Codice civile, ad esempio, prescrive il requisito formale dell’atto pubblico a pena di nullità
per l’atto di donazione (art. 782, 1° comma, c.c.), per l’atto costitutivo della società per azioni
(art. 2328, 2° comma, c.c.) e per e convenzioni matrimoniali (art. 162, 1° comma, c.c.).
Il Codice civile, ad esempio, richiede la forma ad probationem per la transazione (art. 1967
c.c.), e per il contratto di alienazione dell’azienda (art. 2556, 1° comma, c.c.).
Il nostro Codice prevede anche forme che hanno la loro fonte nella volontà delle parti:
forme convenzionali (o volontarie).
L’onere di una determinata forma può essere stabilito mediante un patto scritto col quale le
parti hanno convenuto di adottare una determinata forma per la futura conclusione del
contratto (art. 1352 c.c.).
Il patto di forma:
- è formale, in quanto deve essere stipulato nella forma scritta (art. 1352 c.c.), trattandosi
di patto che limita l’autonomia privata in tema di libertà di forma;
- può prevedere una data forma per la futura conclusione del contratto:
- secondo alcuni (in particolare la giurisprudenza), ove si accerti che la forma è stata
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pattuita ad substantiam, il contratto è nullo perché manca la forma prescritta a pena di
nullità dalla volontà delle parti;
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