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DIRITTO PRIVATO
Docente: Alessandro Martini
L’interpretazione del contratto ha punti di contatto con l’interpretazione della legge, ma:
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l’operazione volta ad accertare il valore giuridico dell’atto.
- la verifica degli effetti: è l’accertamento degli effetti del contratto che hanno rilevanza
giuridica; es. il contratto esonera il debitore da responsabilità per inadempimento, ma la
clausola è valutata in tutto o in parte senza effetto perché contraria al divieto di legge: art.
1229 c.c.;
Il Codice civile prevede alcune norme in tema di interpretazione del contratto (art. 1362-
1371 c.c.) e precisamente
- «Nell'interpretare il contratto si deve indagare quale sia stata la comune intenzione delle
parti e non limitarsi al senso letterale delle parole (art. 1362, 1° comma, c.c.).
La comune intenzione:
L’intenzione comune delle parti si ricava anche dalla valutazione dal comportamento
complessivo, delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto (art. 1362, 2° comma
c.c.): ossia da ciò che le parti hanno detto e fatto prima e dopo l’emissione delle dichiarazioni
conclusive (interpretazione globale);
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- Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre,
attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell'atto (art. 1363 c.c.)
(interpretazione sistematica). Le clausole infatti concorrono a formare un tutto unitario e
l’esame deve riguardare tutte le clausole anche quelle eventualmente invalide poiché in sede di
interpretazione del contratto le clausole rilevano al fine della ricostruzione dell’intento dei
contraenti, salvo poi vedere se a tali disposizioni possa o no riconoscersi efficacia giuridica.
- Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede (art. 1366, c.c.)
(interpretazione di buona fede).
Si discute se tale regola si collochi tra quelle sulla interpretazione soggettiva o oggettiva.
- Il contratto o le singole clausole negoziali devono essere interpretate nel senso in cui
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possono avere qualche effetto anziché in quello in cui non ne avrebbero alcuno
(interpretazione utile); è un’applicazione del generale principio di conservazione del
contratto.
- Le clausole ambigue s’interpretano secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in
cui il contratto è stato concluso. Se una delle due parti è un imprenditore le clausole ambigue
devono intendersi secondo ciò che si pratica generalmente nel luogo in cui ha sede l’impresa
(art. 1368 c.c.).
Le pratiche generali cui si riferisce tale regola sono gli usi interpretativi che assolvono
una funzione interpretativa in quanto chiariscono le clausole ambigue.
- Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel
senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto (art. 1369 c.c.) (interpretazione
funzionale).
- e nel senso che realizzi l’equo contemperamento degli interessi delle parti se è a titolo
oneroso.
L’equità è il giusto contemperamento dei diversi interessi delle parti in relazione allo scopo
e alla natura dell’affare del contratto.
Con riguardo agli effetti del contratto si distingue l’effetto negoziale e l’effetto finale.
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c.c.):
- le cause di scioglimento del contratto possono essere dovute alla risoluzione del
contratto (per inadempimento, impossibilità sopravvenuta o per eccessiva onerosità) o
dipendere dall’esercizio della facoltà di recesso prevista dalla legge (recesso legale) o dalla
volontà: recesso convenzionale.
- con l’esercizio della facoltà che gli è attribuita dall’altra parte, eventualmente verso un
corrispettivo da pagarsi al momento del recesso (multa penitenziale);
- e che può esercitare sino a quando il contratto non abbia avuto un principio di esecuzione
o anche successivamente, nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ma in a tal caso il
recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.
Il contratto non produce, di regola, effetti diretti rispetto a soggetti estranei all’atto di
autonomia negoziale in virtù del principio della relatività del contratto secondo cui i diritti
ed obblighi che derivano dal contratto non possono né nuocere né beneficiare i terzi.
Terzi sono tutti coloro che non sono parte né formale né sostanziale del contratto né sono
parificati alla parte (es.: l’erede o il subacquirente).
Il contratto può, però, avere efficacia diretta verso i terzi nel contratto nei casi ammessi
dalle legge (art. 1372, 2° comma, c.c.) e precisamente nel caso di un contratto a favore di
terzi (art. 1411 c.c.) a condizione che:
- il destinatario degli effetti del contratto stipulato tra altre parti, può rifiutare tali effetti.
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Il contratto produce effetti indiretti (o riflessi) verso i terzi ogni volta che non rileva come
atto di autonomia, ma assume rilevanza come dato materiale, per il fatto che esiste come tale.
Es.: la conclusione del contratto ha rilievo per il mediatore perché a seguito di essa il
mediatore consegue il diritto a percepire la provvigione (art. 1755, 1° comma, c.c.); la
conclusione del contratto da parte del falso rappresentante fa sorgere per il soggetto
falsamente rappresentato il diritto a rendere efficace, con la ratifica, nei propri confronti il
contatto stipulato (art. 1399 c.c.).
La soluzione del conflitto tra più acquirenti, non può risolversi semplicemente con il
principio secondo il quale viene preferito colui al quale il diritto viene attribuito per primo.
Pertanto quando sorge un conflitto tra più aventi causa (acquirenti) del medesimo dante
causa (autore, alienante), per lo stesso diritto, in caso di:
- acquisto di diritti su beni immobili: è preferito colui che per primo ha provveduto alla
trascrizione del titolo di acquisto, che è una forma di pubblicità dichiarativa e requisito per la
opponibilità del contratto (art. 2644 c.c.);
Si ha contratto a favore di terzi quando una parte (stipulante) designa un terzo quale
avente diritto alle prestazioni dovute dalla controparte (promittente) (art. 1411 c.c.).
Il contratto a favore di terzi non è un contratto con causa autonoma, come la vendita,
la locazione ecc., ma un modo di essere di un contratto al quale è apposta una clausola
accessoria di sipulazione in forza della quale gli effetti sono deviati a favore del terzo.
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Es.: Tizio (stipulante) prende il locazione un appartamento da Caio (promittente) a favore
di suo figlio Sempronio (terzo); il contratto ha la tipica causa della locazione ed in più si ha un
clausola accessoria per la quale gli effetti si verificano immediatamente a favore non dello
stipulante Caio, ma del terzo beneficiario Sempronio.
- il terzo può rifiutare l’attribuzione dello stipulante; è una rinunzia di un diritto già
acquisito dal terzo;
- il promittente, quale parte del contratto, può opporre al terzo le eccezioni fondate sul
contratto e dal quale deriva il suo diritto, ma non quelle fondate su altri rapporti tra
promittente e stipulante (art. 1413 c.c.); es. l’invalidità del contratto.
Il Codice civile prevede un’ipotesi particolare di contratto a favore del terzo e dispone
che se la prestazione deve essere fatta al terzo dopo la morte dello stipulante:
- la prestazione deve essere eseguita a favore degli eredi del terzo se questi premuore allo
stipulante, purché il beneficio non sia stato revocato o lo stipulante non abbia disposto
diversamente (art. 1412, 2° comma, c.c.).
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d) La promessa dell’obbligazione o del fatto del terzo
Si ha promessa dell’obbligazione o del fatto del terzo (art. 1381 c.c.) quando:
La promessa è:
- un contratto sul patrimonio del terzo, nel senso che il terzo è il punto di riferimento
del contratto, ma è del tutto estraneo al contratto il quale non produce alcun effetto sul
terzo;
- un contratto fonte:
- il terzo non assume l’obbligazione; se però il terzo assume l’obbligazione e non adempie,
il promissario non avrà alcun diritto all’indennità.
Il legislatore parla di indennità e non di risarcimento perché nel caso in cui il terzo non
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adempie non si ha danno antigiuridico, perché esso non deriva da un atto illecito o da
inadempimento.