DIRITTO PRIVATO
Docente: Alessandro Martini
a) Il danno ingiusto
Secondo l’art. 2043 c.c. per aversi risarcimento occorre che il danno sia ingiusto.
In generale l’ingiustizia può interpretarsi in diversi modi a seconda del modo di concepire
la norma sulla responsabilità per fatto illecito o aquiliana (art. 2043 c.c.).
Secondo la concezione tradizionale, la norma di cui art. 2043 c.c. è una norma
secondaria (o sanzionatoria):
- la tutela aquiliana presuppone che il bene leso sia già attribuito ad un
soggetto in forza di una norma diversa (norma primaria) e quindi è subordinata alla
violazione di obblighi e doveri posti da altre norme di legge (norme primarie), che tutelano
essenzialmente diritti soggettivi assoluti (proprietà, immagine, nome);
- l’illecito civile è, quindi, tipico in quanto è violazione di una specifica norma
primaria, sanzionata dalla norma secondaria di cui all’art. 2043 c.c.;
- la responsabilità aquiliana ha una funzione sanzionatoria della violazione di tale
preesistente norma primaria e dei divieti ad essa connessi;
- la responsabilità civile è uno strumento per sanzionare la condotta colposa o
dolosa del danneggiante.
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personalità) (contra ius) in assenza di un diritto del danneggiante al compimento
dell’atto che ha causato il danno (non iure).
Secondo la concezione moderna e prevalente, invece, la norma di cui art. 2043 c.c. è
una clausola generale ed è una norma primaria (o attributiva):
- la tutela aquiliana non presuppone che il bene leso sia oggetto di una
precedente espressa norma primaria, e pertanto la responsabilità di cui all’art. 2043 c.c.
ha la funzione di attribuire ad un tale bene una rilevanza giuridica che altrimenti non avrebbe;
- l’illecito civile è atipico in quanto non è possibile individuare in via preventiva
gli interessi meritevoli di tutela, ma deriva dalla violazione di un dovere giuridico
generico: quello di astenersi da ogni comportamento che possa recar danno ad altri
(neminem laedere), salvo che il comportamento sia giustificato;
- la responsabilità civile è uno strumento per attribuire rilevanza giuridica a
beni e interessi giuridicamente rilevanti, spetta, pertanto, al giudice:
- effettuare un giudizio di comparazione tra gli interessi in conflitto, quello
del danneggiato e quello del danneggiante, con riferimento ai principi costituzionali di
solidarietà (artt. 2 e 41, 2° comma, Cost.);
- per accertare se, e con quale intensità, l'ordinamento appresta tutela
risarcitoria all'interesse del danneggiato, ovvero comunque lo prende in considerazione sotto
altri profili, manifestando, in tal modo, una esigenza di protezione.
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Pubblica Amministrazione, posto in essere con dolo o colpa.
La tutela aquiliana del credito può aversi anche nei casi di:
- induzione all’inadempimento: il terzo induce il debitore all’inadempimento; es.
l’assunzione di un dipendente altrui (storno dei dipendenti);
- lesione del diritto del promittente acquirente: il terzo coopera nell’inadempimento
altrui quando acquista un bene sapendo che questo è stato promesso in vendita al promittente
acquirente in base ad un contratto preliminare non trascritto.
Danno ingiusto è la lesione della libertà negoziale, ossia la violazione del diritto di
determinarsi liberamente nello svolgimento dell’attività negoziale relativa al patrimonio (diritto
all’integrità del patrimonio).
Es.: la parte che è stata vittima del vizio della volontà dolo o violenza, ha diritto al
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risarcimento del danno, perché tali vizi, oltre a rendere annullabile il contratto (artt. 1427 ss.
c.c.), sono atti lesivi della libertà negoziale.
Alcune di queste cause sono previste nel diritto penale, ma sono applicabili anche nel diritto
privato. Esse sono:
- l’esercizio di un diritto (art. 51 c.p.): chi esercita un diritto non è responsabile se, da
questo esercizio, deriva la lesione di un interesse altrui;
Altre cause di giustificazione sono previste espressamente nel Codice civile e sono:
- la legittima difesa (art. 2044 c.c.): non è responsabile colui che compie il fatto
dannoso per legittima difesa di sé o di altri. E’ un forma di autotutela privata consentita se
sussiste il pericolo attuale e inevitabile di un danno ingiusto; l’offesa proviene da altri e la
difesa è proporzionale all’offesa: altrimenti la reazione eccessiva non è giustificata e si è
responsabili del danno provocato in eccesso;
- lo stato di necessità (art. 2045 c.c.): non è responsabile colui che si trova costretto a
compiere un fatto lesivo al fine di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla
persona, non volontariamente causato né altrimenti evitabile. Al danneggiato è dovuta una
indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice.
Es.: il conducente di un veicolo frena bruscamente per evitare lo scontro con un’altra
macchina e provoca lesioni alle persone trasportare.
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In tali casi l’ordinamento attribuisce al singolo la facoltà di sacrificare il diritto altrui per
salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona.
Il pericolo non deve essere stato determinato, neppure per colpa, dalla persona che
assume di essersi trovata in stato si necessità; es.: risponde integralmente dei danni colui che
conducendo con velocità folle un’automobile, per non andare a schiantarsi contro un’altra auto,
investe un passante.
Il danno risarcibile è la conseguenza pregiudizievole che discende dal danno ingiusto (la
lesione) e che rappresenta il contenuto di un’obbligazione risarcitoria a carico di colui che ha
commesso il fatto illecito (il danneggiante).
- il lucro cessante è il guadagno patrimoniale che viene meno per l’illecito civile; è
la ricchezza non conseguita dalla vittima dell’illecito; deve essere valutato con equo
apprezzamento delle circostanze del caso (art. 2056, 2° comma, c.c.); normalmente è un
danno futuro da valutarsi in via equitativa.
Es.: in caso di incidente stradale di un ballerino che riporta la frattura delle gambe, il danno
emergente è costituto dalle spese per la cure e per la riabilitazione, il lucro cessante è
costituito dal mancato reddito che poteva derivargli dagli spettacoli ai quali è impossibilitato a
partecipare.
Il danno risarcibile è quello che è conseguenza immediata e diretta del fatto illecito (art
1223 richiamato dall’art. 2056, 1° comma, c.c.): tra fatto e danno deve sussistere un nesso di
casualità.
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determinabile in via equitativa a seconda delle probabilità dell’occasione perduta.
Sono anche risarcibili i danni futuri: quei danni che si prevede con ragionevole certezza il
verificarsi in un tempo successivo alla domanda di risarcimento.
Es.: è danno futuro quello che soffrono i parenti di una persona uccisa ai quali mancherà
l’apporto dei contributi assistenziali della vittima.
Sono ancora risarcibili i danni riflessi ossia i danni subiti da persone diverse dalla vittima
dell’illecito, ma che sono direttamente portatrici dell’interesse leso.
Es.: in caso di uccisione i congiunti della vittima hanno diritto al risarcimento del danno
patrimoniale e non patrimoniale.
Il danno deve essere liquidato, ossia accertato nel suo ammontare pecuniario.
Secondo i principi generali, colui che vuol far valer il proprio diritto al risarcimento del
danno deve provare i fatti costitutivi del suo diritto (art. 2967, 1° comma, c.c.) e quindi deve
fornire la prova degli elementi costitutivi del danno sofferto.
Quando il danneggiato è nell’impossibilità di fornire la prova del danno nel suo preciso
ammontare, il giudice provvederà alla sua determinazione con valutazione equitativa (art
1226 richiamato dall’art. 2056, 1° comma, c.c.).
Se oltre al danno, nella sfera del danneggiato si produce, per effetto dello stesso illecito, un
vantaggio, il risarcimento è decurtato nella corrispondente misura di questo vantaggio
(compensazione del lucro col danno, compensatio lucri cum damno).
Il danno non patrimoniale è la lesione di interessi non economici, ossia di interessi che
non sono suscettibili di valutazione economica.
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Essi sono risarcibili «solo nei casi determinati dalla legge» (art. 2059 c.c.).
Alcune leggi prevedono, poi, casi di espresso riconoscimento del risarcimento del danno
non patrimoniale anche al di fuori dell'ipotesi di reato in relazione alla compromissione di valori
personali: danni non patrimoniali derivanti dalla privazione della libertà personale cagionati
dall'esercizio di funzioni giudiziarie (art. 2 della legge n. 117/1988); dall’adozione di atti
discriminatori per motivi razziali etnici o religiosi (art. 44, 7° comma, del decreto legislativo n.
286/1998); dal mancato rispetto del termine ragionevole di durata del processo (art. 2 della
legge n. 89/2001).
In conclusione il rinvio ai casi in cui la legge consente la riparazione del danno non
patrimoniale (art. 2059 c.c.) può essere riferito, dopo l'entrata in vigore della Costituzione
(anno 1948), anche alle previsioni della Carta costituzionale, posto che il riconoscimento
nella Costituzione dei diritti inviolabili inerenti alla persona non aventi natura economica
implicitamente, ma necessariamente, ne esige la tutela, ed in tal modo configura un caso
determinato dalla legge, al massimo livello, di riparazione del danno non patrimoniale.
Tra gli interessi essenziali della persona sono indubbiamente rilevanti, la famiglia, la
reputazione, la libertà di pensiero, la salute, ecc.
Nel danno non patrimoniale sono quindi ricompresi non solo il danno morale soggettivo,
ma anche il danno biologico e il danno esistenziale.
E’ il danno alla salute che non rimane allo stadio di mero dolore o patema d'animo
interiore, come il danno morale soggettivo, ma si manifesta in una patologia obiettivamente
riscontrabile; es.: malattia psico-fisica, esaurimento nervoso, ecc..
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- o in via equitativa;
- o ricorrendo ai criteri stabiliti da atti normativi; come avviene con il nuovo Codice
delle Assicurazioni (Decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209) che, in materia dei sinistri
derivanti dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, prevede i criteri risarcitori del
danno biologico, riferendosi al
- danno biologico per lesioni di non lieve entità (c.d. macropermanenti) (art.
138);
- danno biologico per lesioni di lieve entità (c.d. micropermanenti) (art. 139)
pari o inferiori a nove punti di invalidità;
- oppure, ancora, ricorrendo alle misure stabilite da apposite tabelle predisposte dai
singoli Tribunali.
E’ un danno alle attività realizzatrici della persona umana e che, a differenza del
danno morale, non ha natura meramente emotiva ed interiore e, a differenza del danno
biologico, prescinde dall’accertabilità medico-legale.
Per effetto di tale danno il soggetto fa scelte dì vita diverse da quelle che avrebbe adottato
se non si fosse verificato l'evento dannoso, con obiettiva incidenza in senso negativo nella
sfera del danneggiato, il cui equilibrio e abitudini di vita vengono alterate.
Es.: il danno da morte di congiunto: è il danno sofferto iure proprio dagli stretti
congiunti per la morte di un parente, come quello patito da un figlio per la morte del padre a
seguito di un incidente stradale; l’evento morte è comporta l’estinzione del rapporto parentale
con i congiunti della vittima, i quali vengono direttamente lesi nell'interesse all'intangibilità
della sfera degli affetti reciproci e alla scambievole solidarietà che connota la vita familiare
(art. 29 Cost.) e questo è un danno risarcibile.
L’ammontare del danno esistenziale potrà essere determinato non secondo il sistema
tabellare, come per la lesione dell’integrità psico-fisica, ma in via equitativa.
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L’autore del danno è obbligato alla compensazione pecuniaria del danno (risarcimento per
equivalente) o, se ne ricorrono le condizioni, alla sua rimozione diretta (risarcimento in forma
specifica).
Tuttavia il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la
reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore (art. 2058,
2° comma, c.c.) nel senso che il costo della riparazione è sproporzionato rispetto al danno e al
vantaggio che ne deriva al danneggiato.
Es.: in caso di danni ad un veicolo il danneggiato può chiedere la riparazione dello stesso a
spese del danneggiante; ma se la riparazione importa una spesa superiore al valore di mercato
del veicolo, la reintegrazione in natura è esclusa.
La prescrizione del diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito (art.
2947 c.c.):
- se per il reato è stabilita una prescrizione più lunga questa si applica all’azione
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civile;
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