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UNISU - Facoltà di Giurisprudenza

DIRITTO PRIVATO
Docente: Alessandro Martini

3° MODULO DIDATTICO
Le situazioni giuridiche soggettive

Sommario: a) Fatti ed atti giuridici. - b) La nozione di negozio giuridico. - c) La pubblicità


del fatto giuridico. – d) La prova del fatto giuridico. - e) La prescrizione e la decadenza.

a) Fatti ed atti giuridici

Fatto giuridico è ogni accadimento, naturale o umano, al verificarsi del quale


l’ordinamento giuridico ricollega un qualsiasi effetto giuridico.

Gli effetti giuridici possono essere


- costitutivi: se sono diretti alla formazione di un rapporto giuridico;
- modificativi: se intervengono su un rapporto giuridico già esistente per modificarlo;
- estintivi: se determinano l’estinzione di un rapporto giuridico già esistente.

Una prima distinzione dei fatti giuridici è quella tra:


- fatti naturali, quando l’accadimento è del tutto indipendente dalla partecipazione
dell’uomo; es. il decorso di un termine, la morte di una persona, il fulmine, l’alluvione, ecc.;
- atti giuridici, quando l’accadimento dipende dalla partecipazione dell’uomo; es. un
testamento, una sentenza, un contratto, un atto amministrativo, una legge, ecc.

Questa ripartizione non vale in assoluto perché ciò che importa è la rilevanza o meno che
l’ordinamento giuridico attribuisce alla volontà dell’uomo alla causazione dell’effetto.

Così si distinguono:

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- fatti giuridici in senso stretto quando manca la volontà dell’uomo (es. la morte di un
uomo) oppure quando la volontà dell’uomo sussiste, ma è considerata non rilevante (es. la
piantagione, la semina);
- atti giuridici quando si tratta di un atto umano che produce effetti giuridici in quanto
l’ordinamento considera rilevante la volontà umana per la produzione di effetti.

Gli atti giuridici si distinguono in atti illeciti ed atti leciti:


- atti illeciti sono quelli contrari al diritto e perciò vietati e che producono conseguenze
contrarie all’interesse dell’agente; es. l’inadempimento e il fatto illecito extracontrattuale che
obbligano l’autore al risarcimento del danno cagionato (artt. 1218 e 2043 c.c.);
- atti leciti sono quelli conformi al diritto.

Gli atti leciti in relazione al rapporto che sussiste tra la volontà del soggetto e le
conseguenze giuridiche si distinguono in atti in senso stretto e negozi giuridici.

Gli atti in senso stretto (o meri atti giuridici o atti non negoziali) sono comportamenti
volontari e consapevoli che rilevano come presupposto di effetti giuridici; sono atti tipici,
ossia previsti dalla legge, che ricollega a quel comportamento determinati effetti giuridici sul
presupposto che tali atti siano volontari e consapevoli.

Gli atti giuridici in senso stretto presuppongono:

- la volontarietà dell’atto;
- la consapevolezza del comportamento tenuto, che è necessario per imputare le
conseguenze dell’atto al soggetto. La consapevolezza è esclusa quando il soggetto è incapace
di intendere e di volere al momento dell’atto (artt. 428; 2046 c.c.).Sono ad es., atti giuridici in
senso stretto: l’impossessamento (art. 1140 c.c.); l’adempimento di un’obbligazione (art. 1176
e 2726 c.c.)

Negli atti giuridici in senso stretto non è richiesta la volontà e consapevolezza degli effetti.
Quando rileva non solo la volontarietà e consapevolezza del comportamento (il fatto), ma
anche la volontà degli effetti giuridici, si è davanti ad un negozio giuridico.

b) La nozione di negozio giuridico

Il negozio giuridico è l’atto di volontà diretto a produrre effetti giuridici che


l’ordinamento produce «in quanto voluti».

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Con il negozio giudico il soggetto regola da sé i propri interessi dettando regole vincolanti,
nell’ambito dell’autonomia che l’ordinamento gli riconosce quando gli interessi che intende
perseguire con il negozio siano meritevoli di tutela (art. 1322 c.c.) e non illeciti (art. 1343
c.c.).
Il privato può creare con il suo atto di volontà la regola anche al di fuori degli schemi
previsti dalla legge (atti atipici).
Se poi la volontà manca o è viziata, il negozio giuridico non produce i suoi effetti ed è
invalido.
Il negozio giuridico è un atto dispositivo, perché ha la funzione di disporre degli interessi
regolamentandoli.

Nel nostro ordinamento e, in particolare nel codice civile, non si fa menzione di negozio
giuridico, che è una categoria astratta espressamente disciplinata nel Codice civile tedesco
(B.G.B.) del 1900.
Sono invece previsti e regolati alcuni atti come il contratto, il matrimonio, il testamento,
che sono dichiarazioni di volontà dirette alla produzione di effetti giuridici e quindi negozi
giuridici.
Ed anzi proprio dalla disciplina dei contratti si risale alla disciplina generale dei negozi
giuridici.

I negozi giuridici si distinguono:

- in relazione al numero delle parti, ossia del centro di interessi in


- negozi unilaterali: se si perfezionano con la dichiarazione di volontà di una
sola parte: es.: remissione del debito (art. 1236 c.c.), l’atto costitutivo di una
fondazione (art. 14 c.c.); i negozi unilaterali possono essere:
- recettizi (“che devono esser ricevuti”): quando per produrre
l’effetto giuridico devono essere portati a conoscenza di una determinata
persona alla quale devono essere comunicati o notificati: es. la proposta
di concludere un contratto;
- non recettizi: quando producono l’effetto appena la volontà si
sia esteriorizzata; es. testamento;
- negozi bilaterali: se si perfezionano con la dichiarazione di volontà di due
parti; es. il contratto di compravendita tra Tizio e Caio;
- negozi plurilaterali: se si perfezionano con la dichiarazione di volontà di più
di due parti: es. il contratto di società tra Tizio, Caio e Sempronio;

- in relazione alla natura dei rapporti oggetto dei negozi in:

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- negozi patrimoniali se l’oggetto è valutabile patrimonialmente; es. contratto;
- negozi non patrimoniali (o familiari) se attengono alla sfera di rapporti non
patrimoniali, es. il matrimonio.

- In relazione al momento in cui esplicano la loro efficacia si distinguono:


- negozi mortis causa, se sono destinati a regolare le vicende giuridiche per il tempo
successivo alla morte; es. il testamento;
- negozi inter vivos, se hanno effetto durante la vita del soggetto; es. la compravendita;

-In relazione ai vantaggi e sacrifici che comportano in:


- negozi a titolo oneroso, quando all’attribuzione in favore di un soggetto fa riscontro
una attribuzione a carico dello stesso; es. la compravendita;
- negozi a titolo gratuito, quando all’attribuzione in favore di un soggetto non fa
riscontro una attribuzione a carico dello stesso e il patrimonio altrui è accresciuto senza che vi
sia un corrispettivo; es. dare ripetizioni gratuite ad uno studente; il mutuo senza interessi; il
contratto di comodato; dal negozio gratuito si distingue la liberalità, ossia il negozio con cui si
ha il depauperamento di una parte e l’arricchimento dell’altra; es. la donazione.

c) La pubblicità del fatto giuridico

Abbiamo già visto che la legge, fonte di norme giuridiche, deve poter essere conosciuta dai
consociati e perciò si provvede alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
La stessa esigenza di conoscibilità vale per i fatti giuridici ed è assolta con la pubblicità.

La pubblicità ha la funzione di rendere conoscibile ai terzi un negozio già esistente, e non


va confusa con la forma che è il modo di estrinsecazione della volontà stessa del negozio; la
forma quando è richiesta ad substantiam è elemento essenziale del negozio, prescritto dalla
legge per richiamare l’attenzione del soggetto sull’importanza dell’atto che compie.

Nel nostro ordinamento si hanno diversi tipi di pubblicità:


- la pubblicità notizia: ha funzione puramente informativa; non incide sulla validità e
efficacia dell’atto; l’omissione dà luogo ad una sanzione pecuniaria o penale; è quindi un
obbligo e non un onere. Es.: le pubblicazioni matrimoniali (art. 93 e 134 c.c.); la pubblicità dei
registri dello stato civile (nascita, morte, matrimonio e cittadinanza art. 452 c.c.);
- la pubblicità dichiarativa: ha la funzione di rendere opponibile il negozio ai terzi o ad
alcuni terzi; l’omissione non determina l’invalidità dell’atto che produce effetto tra le parti essa
costituisce un onere per la parte interessata. Es. la trascrizione che consiste nella pubblicità di
alcuni atti che trasferiscono diritti immobiliari ed ha la funzione tipica di risolvere eventuali

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conflitti tra due aventi causa dal medesimo dante causa, mediante il sistema della
inopponibilità degli atti non trascritti o trascritti posteriormente a quello tra i due aventi causa
che ha trascritto per primo il proprio titolo;
- la pubblicità costitutiva: ha la funzione di costituire la fattispecie e quindi è richiesta
per l’esistenza dell’atto pubblicizzato; senza pubblicità il negozio non produce effetto nemmeno
tra le parti e non si può opporre ai terzi. Es.: l’ipoteca si costituisce mediante l’iscrizione nei
registri immobiliari (art. 2808); la società per azioni acquista la personalità giuridica con
l’iscrizione in appostiti registri (art. 2331 c.c.);
- la pubblicità sanante: si ha quando la trascrizione ha la funzione di sanare eventuali
vizi dell’atto; l’atto, nei confronti dei terzi, si considera valido. Es.:art. 2652 n.6, c.c.

Accanto al sistema di pubblicità legale, prevista, cioè, dalla legge ed organizzata da appositi
uffici pubblici, si ha una
- pubblicità di fatto: che consiste nel fatto della conoscenza che il terzo abbia avuto del
negozio o del fatto giuridico non pubblicizzato, per effetto della divulgazione avvenuta con
mezzi diversi dall’inserzione in pubblici registri. Es. le vicende dell’impresa se non sono state
iscritte nei registri, non possono essere opposte ai terzi, se non si provi che questi ne hanno
avuto conoscenza (art. 2193 c.c)

d) La prova del fatto giuridico

Le prove sono gli strumenti processuali per mezzo dei quali il giudice forma il suo
convincimento circa la verità o meno dei fatti affermati dall'una o dall'altra parte.
Nel processo civile vige il principio dispositivo: il giudice decide esclusivamente in base
alle prove fornite in giudizio dalle parti; solo se la controversia ha ad oggetto diritti indisponibili
il principio dispositivo convive con il principio inquisitorio, secondo cui le prove sono
acquisite anche ad iniziativa del giudice o del Pubblico Ministero.

Il principio dispositivo si fonda sull’onere della prova (art. 2697 c.c.):


- chi vuole far valere un diritto in giudizio ha l’onere di provare i fatti che ne costituiscono il
fondamento;
- mentre chi eccepisce l’inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato
o estinto deve provare i fatti su cui l’eccezione si fonda.

Possono aversi casi di inversione dell’onere della prova:


- inversione convenzionale: quando l’onere della prova può essere pattiziamente
invertito o modificato; in tal caso, tuttavia, l’inversione dell’onere non deve rendere ad una
parte eccessivamente difficile l’esercizio del diritto stesso (art. 2698 c.c.);

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- inversione legale: quando è stabilita dalla legge stessa.

Il mezzo di prova è qualsiasi cosa o fatto idoneo a consentire al giudice di valutare se i


fatti corrispondono a verità.
Sono di due tipi:
- precostituita (o documentale) detta così perché già esistente prima del giudizio. La
parte ha solo l'onere di produrla in giudizio.
Le prove documentali sono:
- l’atto pubblico: è il documento redatto con le richieste formalità da un
notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato ad attribuirgli pubblica fede nel luogo
ove l’atto è formato; l’atto pubblico fa piena prova fino a querela di falso della
provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle
dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti
in sua presenza o da lui compiuti (art. 2699 c.c.);
- la scrittura privata è il documento redatto per iscritto e sottoscritto dalle
parti con firma autografa. Fa piena prova della provenienza delle dichiarazioni da
chi l’ha sottoscritta, se colui contro il quale è prodotta ne riconosce la
sottoscrizione, o se è legalmente considerata come riconosciuta (autenticata da
un notaio o pubblico ufficiale) (art 2702 c.c. ).

- costituenda: quella che viene formata soltanto nel processo attraverso una particolare
attività detta di assunzione del mezzo di prova.
Sono:
- la confessione: è la dichiarazione che una parte fa della verità dei fatti ad
essa sfavorevoli e favorevoli all’altra parte (at. 2730 c.c.). Non è un negozio
giuridico, ma una dichiarazione di scienza. Può essere:
- giudiziale: se resa in giudizio; fa piena prova contro colui che
l’ha fatta (art. 2733 c.c.); può essere fatta spontaneamente, ma in
genere è provocata mediante l’interrogatorio formale dell’altra parte
(228 cod.proc.civ.).
- stragiudiziale: se resa fuori dal giudizio (alla parte o a chi la
rappresenta, fa piena prova, come la confessione giudiziale; se resa a
un terzo o se contenuta in un testamento è liberamente apprezzata
dal giudice (art. 2735 c.c.).

- la testimonianza: è la prova per testi; teste è qualsiasi individuo che senza avere
interesse nella causa riferisca sotto giuramento su fatti o circostanze di cui sia venuto a
conoscenza direttamente o indirettamente. La testimonianza consiste nella narrazione fatta al
giudice da una persona estranea alla causa in relazione a fatti controversi di cui il teste abbia

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conoscenza ( art. 2721 c.c.). E’ considerata dal legislatore con un certa diffidenza per i possibili
interessi del teste e le deformazioni inconsapevoli;
- il giuramento: è la dichiarazione con cui una parte asserisce come vero un fatto nella
forma solenne prevista dalla legge. E’ necessario essere capaci di disporre del diritto a cui i
fatti si riferiscono; il giuramento non è ammissibile per: diritti indisponibili.
Esistono due tipi di giuramento (art. 2736 c.c.):
- decisorio: è quello che una parte deferisce all’altra per farne
dipendere la decisione totale o parziale della causa;
- supplettorio: è quello che è deferito d’ufficio dal giudice ad una
delle parti al fine di decidere la causa quando le domande o eccezioni
non sono pienamente provate, ma non sono del tutto sfornite di prova
(semiplena probatio); un tipo di giuramento suppletorio è il
giuramento estimatorio che è quello deferito d’ufficio dal giudice
per stabilire il valore della cosa domandata se non può essere
accertato altrimenti.

Le prove si distinguono ancora in:


- prove storiche: se hanno ad oggetto lo stesso fatto da accertare;
- prove critiche: se consentono al giudice di argomentare da fatti noti per ritenere
provata l’esistenza di fatti non strettamente provati.

La più importante prova critica è quella basata su presunzioni.


Le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per
risalire a un fatto ignorato (art. 2727 c.c.).
Le presunzioni si dividono in:
- legali quando è la legge che attribuisce ad un fatto valore di prova in ordine ad un altro
fatto che quindi viene presunto; es. presunzione che chi ha il possesso di una cosa altrui sia in
buona fede art. 1147 c.c. Si dividono in:
- assolute (iuris et de iure): quando non ammettono prova contraria; in tal caso
la legge fissa una equipollenza sostanziale tra fatto produttivo di un determinato
effetto ed altro fatto a questo equiparato (es. presunzione della durata della
gestazione art. 232 c.c.; presunzione di interposizione di cui all’art. 599 c.c.);
- relative (iuris tantum): quando ammettono prova contraria; es. art. 1142 c.c.
- semplici (o hominis): quando non sono prestabilite della legge, ma lasciate al prudente
apprezzamento del giudice, che non deve ritenere provato un fatto di cui manchino prove
dirette se non quando ricorrano indizi «gravi, precisi e concordanti» (art. 2729 c.c.)

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e) La prescrizione e la decadenza

Il Codice civile prevede che «Ogni diritto si estingue per prescrizione quando il titolare non
lo esercita per il tempo determinato dalla legge.
Non sono soggetti a prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge»
(art. 2934 c.c.).

La prescrizione è, dunque, il mancato esercizio di un diritto per un dato tempo, e si verifica


quando sussistono i seguenti presupposti:
- un diritto soggettivo che può essere esercitato dal suo titolare;
- il mancato esercizio di tale diritto;
- il decorso del tempo previsto dalla legge.

La ratio per cui l’ordinamento giuridico all’inerzia del titolare, protratta per un certo tempo,
riconnette l’estinzione del diritto consiste nell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici; infatti
se un diritto non viene esercitato per un certo tempo, si forma nella generalità dei soggetti la
convinzione che il diritto non esiste o che è stato abbandonato, rendendo così difficile
dimostrare la nascita e l’esistenza di un rapporto giuridico.

La prescrizione è un istituto di ordine pubblico e la sua disciplina è inderogabile,


pertanto è:
- è nullo ogni patto diretto a modificare la disciplina legale della prescrizione (art. 2936
c.c.):.
- le parti non possono rinunciare alla prescrizione prima che questa si compia. (art.
2937, 2° comma, c.c.)
- il giudice non può rilevare d’ufficio la prescrizione non opposta dalla parte
convenuta in giudizio (art. 2938 c.c.).

Non tutti i diritti si prescrivono.


Sono imprescrittibili:
- i diritti indisponibili: che possono essere oggetto di atti di disposizione solo da parte
del titolare, es. diritti della personalità (es diritto al nome), gli status (cittadinanza), la potestà
dei genitori;
- il diritto di proprietà: come risulta dalla imprescrittibilità dell’azione di rivendicazione
(art 948 3° comma, c.c.).
- le facoltà che formano il contenuto di un diritto soggettivo, salvo che si estingua il diritto
soggettivo o il potere di cui costituiscono le manifestazioni; es. il proprietario non perde mai la
facoltà di chiudere i proprio fondo;

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- gli altri diritti indicati dalla legge: es. il diritto dell’erede di chiedere il riconoscimento
della sua qualità di erede contro chiunque possegga beni ereditari (art. 533 c.c. ); il diritto di
agire per chiedere la nullità del contratto (art. 1422 c.c.).

La prescrizione è il mancato esercizio di un diritto per un dato tempo.


La durata della prescrizione è stabilita inderogabilmente dalla legge in misura variabile.

Si distingue:
- la prescrizione ordinaria: si ha col decorso di dieci anni, se la legge non dispone
diversamente (art. 2946 c.c.);
- la prescrizione breve: si ha quando i termini sono più brevi e giustificati dalle
peculiarità di alcuni rapporti:
- si prescrive in 5 anni:
- il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito; per la
circolazione dei veicoli il termine è di 2 anni (art. 2947 c.c.);
- il diritto ad alcune prestazioni periodiche, es. crediti per pigioni,
interessi, annualità di rendi e pensioni (art. 2948 c.c.);
- l’azione di annullamento (art. 1442 c.c.) e l’azione revocatoria (art
2903 c.c.);
- si prescrive in 1 anno:
- il diritto derivanti da alcuni contratti (spedizione, trasporto,
assicurazione) (artt. 2951 e 2952 c.c.);
- l’azione di rescissione (art. 1449 c.c.).

Si hanno prescrizioni presuntive quando la legge, trascorso un breve periodo (ad es. 6
mesi) presume che il debito si sia estinto; in tal caso il debito si estingue, ma si presume che si
sia estinto e il debitore, che intende avvalersi della prescrizione per rifiutare l’adempimento del
debito, è esonerato dall’onere di provare in giudizio l’estinzione dell’obbligazione.
Le prescrizioni presuntive non operano, dunque, sul piano del diritto sostanziale, ma si
risolvono in una presunzione iuris tantum di pagamento che ammettono la prova contraria.

La decorrenza del termine di prescrizione inizia dal giorno in cui il diritto può essere fatto
valere (art. 2945 c.c.).
Se quindi il diritto deriva da un negozio sottoposto a condizione sospensiva o a termine
iniziale, la prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata o il termine è
scaduto.

La prescrizione non opera allorché sopraggiunga una causa che giustifichi l’inerzia stessa o
se l’inerzia viene meno.

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Si hanno al riguardo i due istituti della sospensione e dell’interruzione della prescrizione.

La sospensione della prescrizione si verifica quando l’inerzia del titolare del diritto è
giustificata da particolari situazioni previste tassativamente dalla legge dipendenti da:
- particolari rapporti tra le parti, es. tra i coniugi, tra il genitore che esercita la potestà ed
i figli art. 2941 c.c.);
- dalle condizioni soggettive del titolare, es. minori non emancipati e interdetti
giudiziali sena rappresentante legale art. 2942 c.c.

La sospensione della prescrizione ha come effetto quello di rinviare l’inizio della decorrenza
o di sospenderla, ed opera come una parentesi nel corso della prescrizione.
Durante la causa di sospensione la prescrizione non decorre e riprende a decorrere quando
la causa di sospensione cessa; per calcolare il termine di prescrizione occorre sommare il
periodo precedente alla sospensione con quello nuovo e successivo alla cessazione della causa
di sospensione.

Si ha interruzione della prescrizione quando l’inerzia del titolare del diritto viene a
mancare e quindi comincia a decorrere un nuovo periodo di tempo che non va sommato a
quello precedente.

L’interruzione può avvenire:


- perché il titolare del diritto compie un atto con il quale esercita il diritto medesimo es.
una domanda giudiziale o un qualsiasi atto di costituzione in mora (art. 2943 c.c.);
- perché il diritto stesso viene riconosciuto dal soggetto passivo del rapporto (art. 2944
c.c.).

Distinta dalla prescrizione è la decadenza.


La decadenza comporta la perdita della possibilità di esercitare un diritto per il mancato
compimento di una determinata attività, o atto, nel termine previsto (art. 2964 ss. c.c.).

La decadenza produce l’estinzione del diritto in virtù del fatto oggettivo del decorso del
tempo e, a differenza della prescrizione non è considerato il fatto soggettivo dell’inerzia del
titolare del diritto.
Pertanto la decadenza non ammette né sospensione né interruzione del decorso del
termine; né la volontà del titolare né circostanze obiettive possono incidere sul decorso del
tempo: il diritto deve essere esercitato tempestivamente e se non viene esercitato nel termine
stabilito dalla legge o dalla volontà privata, non potrà più essere esercitato.
La decadenza può essere impedita solo dall’esercizio del diritto mediante il compimento
dell’atto previsto.

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Si distingue:
- la decadenza legale: quando è prevista dalla legge; è istituto eccezionale perché deroga
al principio secondo il quale l’esercizio dei diritti soggettivi non è sottoposto a termine.
Tale decadenza può essere stabilita
- nell’interesse generale: quando riguarda diritti indisponibili; la
disciplina è inderogabile, la decadenza è irrinunciabile dalle parti (art. 2968 c.c.)
ed è rilevabile d’ufficio dal giudice (art. 2969 c.c.). Es. di decadenza sono i termini
previsti per l’azione di disconoscimento della paternità (art. 244 c.c.);
- nell’interesse individuale di una delle parti: quando riguarda diritti
disponibili; la sua disciplina è derogabile dalla parti, la decadenza è rinunziabile;
può essere fatta valere solo se è eccepita da una parte e può essere impedita dal
riconoscimento del diritto proveniente dalla persona contro la quale si deve fare
valere il diritto soggetto a decadenza (art. 2966 c.c.). Es.: il compratore deve
denunciare al venditore i vizi occulti della cosa che ha acquistato entro il termine
di decadenza di otto giorni dalla scoperta (art. 1495, 1° comma, c.c.);

- la decadenza convenzionale (o contrattuale o negoziale): quando è stabilita dalla


volontà privata, a condizione che:
- riguardi diritti disponibili;
- il termine stabilito non renda eccessivamente difficile a una delle parti
l’esercizio del diritto (art. 2965 c.c.).

La disciplina della decadenza convenzionale è la medesima prevista per la decadenza legale


stabilita in riferimento ai diritti disponibili.

Si noti come con la decadenza convenzionale la parte possa prevedere un termine di


decadenza breve laddove la legge ha predisposto un più lungo termine di prescrizione.

Non è sempre agevole stabilire se un termine sia previsto dalla legge a pena di decadenza
o di prescrizione.
Dottrina e giurisprudenza hanno elaborato vari criteri interpretativi secondo i quali si è
rilevato che:
- il termine di decadenza è più breve del termine di prescrizione;
- la prescrizione riguarda sempre e solo l’esercizio di diritti, mentre la decadenza riguarda
anche atti conservativi strumentali all’esercizio del diritto stesso.

Un diritto esposto a decadenza può essere soggetto anche a prescrizione: es. il compratore
deve denunciare al venditore i vizi occulti della cosa che ha acquistato entro il termine di

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decadenza di otto giorni dalla scoperta; se non denuncia entro tale termine decade dal potere
di proporre azione di garanzia per i vizi stessi; se invece l’azione di garanzia non è proposta
entro 1 anno dalla consegna della cosa il relativo diritto si prescrive (art. 1495 c.c.).

Del tutto distinta dalla decadenza appena indicata è la decadenza a titolo di pena.
Questa è una decadenza sanzionatoria che è prevista per l’inosservanza di norme
imperative, è che non riguarda invece, la scadenza di un termine.
Es. il giudice può pronunziare la decadenza della potestà quando il genitore viola o
trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio
(art. 330 c.c.).

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