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DIRITTO PRIVATO
Docente: Alessandro Martini
1° MODULO DIDATTICO
Il diritto e l’ordinamento giuridico
a) Nozioni introduttive
Ogni aggregazione umana non può esistere senza un complesso di regole che disciplinano i
rapporti tra i soggetti che la compongono ed un insieme di organi preposti alla conservazione,
applicazione e rispetto di queste regole.
La regola, socialmente garantita nella vita di relazione, è denominata norma giuridica ed
essa costituisce il diritto in senso oggettivo, ossia la norma agendi formulata secondo i
caratteri della generalità, astrattezza e coercibilità (per questi caratteri v. oltre lett. d) che
disciplina le relazioni di un gruppo organizzato di persone.
Distinto dal diritto oggettivo è il diritto in senso soggettivo, ossia la facùltas agendi, cioè
il potere attribuito al soggetto di agire per il soddisfacimento dei propri interessi.
Il diritto soggettivo è, dunque, una posizione di vantaggio tutelata dalla norma giuridica, e
perciò un potere riconosciuto e garantito dal diritto oggettivo.
In un’accezione più generale, si parla di diritto per indicare la scienza giuridica che ha ad
oggetto lo studio delle norme.
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b) Partizioni del diritto: diritto privato e diritto pubblico
- il diritto privato è la parte del diritto che regola i rapporti tra soggetti privati; o tra
soggetti privati e soggetti pubblici quando questi agiscono iure privatorum, cioè su un piano di
perfetta parità usando strumenti di diritto privato, come se fossero soggetti privati, senza fare
ricorso ai loro poteri pubblici per la tutela di un pubblico interesse.
In base alle materie regolate, il diritto privato si suddivide in diritto civile, che disciplina i
rapporti giuridici patrimoniali, ad es.: i contratti, e i testamenti, familiari, ad. es.: il
matrimonio; in diritto commerciale, che disciplina le attività economiche, ad es. l’impresa e le
società, e le vicende che riguardano tali attività; in diritto del lavoro, che disciplina i rapporti di
lavoro, ad. es. il contratto di lavoro subordinato;
- il diritto pubblico è la parte del diritto che disciplina i rapporti tra lo Stato (o gli enti
pubblici) e soggetti, privati o pubblici, quando lo Stato (o i soggetti pubblici) agiscono iure
imperii, cioè su un piano non paritario in cui uno dei soggetti del rapporto, l’ente pubblico,
utilizzando poteri o potestà pubbliche per la tutela di un interesse pubblico, è in una posizione
di supremazia o autorità sull'altro, costretto a subire le decisioni altrui.
In base alle materie regolate, il diritto pubblico si suddivide in diritto costituzionale, che
regola la struttura e l’organizzazione dei poteri dello Stato; in diritto amministrativo, che
disciplina l’attività della Pubblica amministrazione, ossia delle strutture del potere esecutivo e
degli enti pubblici; in diritto penale, che disciplina la potestà punitiva dello Stato; in diritto
tributario, che disciplina la potestà tributaria dello Stato; in diritto processuale, che disciplina i
diversi procedimenti davanti ai giudici inerenti le controversie relative all’applicazione del
diritto civile, penale e amministrativo, così distinguendosi un diritto processuale civile
(processo e procedimenti davanti alla magistratura ordinaria civile); un diritto processuale
penale (processo e procedimenti davanti alla magistratura ordinaria penale) ed, infine, un
diritto processuale amministrativo (processo e procedimenti davanti alla magistratura speciale
amministrativa).
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c) L’ordinamento giuridico
Il diritto, inteso come complesso di norme, è una necessità per ogni società in quanto non
può esistere una società civile che non avverta la fondamentale esigenza di darsi una
regolamentazione.
Con una locuzione latina si dice ubi societas, ibi ius: «dove esiste una società, lì esiste il
diritto», con ciò indicando come il diritto sia il principio di coesione di una collettività aggregata
ed organizzata secondo un dato ordine disciplinato da norme giuridiche.
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sviluppa tutto l’ordinamento normativo. Secondo tale teoria l’ordinamento giuridico è unico
anche se al suo interno esso può dar vita a più ordinamenti particolari (teoria monista
dell’ordinamento giuridico);
La norma giuridica è quella regola che impone a tutti i consociati una determinata condotta
(precetto), minacciando l’irrogazione di una conseguenza sfavorevole (sanzione) in caso di
inosservanza della medesima.
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- a formazione progressiva (o procedimento); ad es.: l’acquisto di un
diritto sotto condizione sospensiva richiede un contratto traslativo (l’atto di
compravendita) e l’avveramento della condizione.
Ritornando ai caratteri della norma osserviamo che, oltre alla generalità ed astrattezza,
essa presenta il carattere della
- coercibilità, in quanto l’osservanza della norma è garantita da sanzioni esterne, ossia
dalla minaccia e dall’irrogazione di conseguenze sfavorevoli in caso di inosservanza della
norma.
La sanzione può comportare la privazione di un bene o di un effetto giuridico ed è diversa a
seconda del ramo del diritto nelle quale interviene. Ad esempio nel diritto penale le sanzioni
tendono ad infliggere al trasgressore una pena patrimoniale o personale (privazione della
libertà).
Nel diritto privato, invece, la sanzione può consistere solo nella realizzazione coattiva della
situazione voluta dalla regola inosservata (sanzioni esecutorie) oppure nella condanna al
pagamento di una somma di denaro (sanzioni risarcitorie), oppure nel privare di efficacia l’atto
compiuto in violazione della norma (sanzioni invalidatorie).
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-per la loro applicazione le norme si distinguono in norme:
- inderogabili o cogenti, quando si applicano a prescindere dalla volontà dei
destinatari della norma; es.: le norme penali e, nel diritto privato, l’art. 1350 del codice
civile che sanziona con la nullità alcuni contratti stipulati senza la forma scritta;
- derogabili, tipiche del diritto privato e che a loro volta si distinguono in
- dispositive, quando prevedono una regola che si applica se i privati
non hanno previsto una regola difforme (es. l’art. 957 del codice civile, secondo cui
l’enfiteusi è regolata dalla legge, salvo che il titolo, cioè il contratto o il testamento,
non dispongano diversamente);
- suppletive, quando prevedono una regola in mancanza della volontà
delle parti, e che quindi presuppongono una lacuna delle parti che viene colmata
con la norma suppletiva (es. l’art. 1182 del codice civile, che dispone che se il
luogo dell’adempimento non è determinato dalle parti o dagli usi e non può
desumersi dalla natura della prestazione o da altre circostanza si osservano le
norme di legge).
- le fonti di produzione: cioè ogni atto e fatto abilitato dell’ordinamento a creare una
norma giuridica (ad es. le leggi approvate dal Parlamento, secondo il procedimento legislativo;
i decreti legislativi, emanati dal Governo, secondo la legge di delega ed il procedimento di
approvazione del decreto legislativo);
- le fonti di cognizione: cioè i documenti formali e le pubblicazioni ufficiali attraverso i
quali il testo delle norme giuridiche viene portato a conoscenza del cittadino (Gazzetta
Ufficiale, Bollettini Ufficiali Regionali, siti ufficiali che pubblicano legislazione).
Le fonti di diritto appartengono a diverse categorie ciascuna delle quali ha una diversa
efficacia normativa dipendente dall’ordine al quale esse appartengono (gerarchia delle
fonti).
Le fonti del nostro ordinamento giuridico sono elencate all’art. 1 delle Disposizioni sulla
legge in generale (dette anche preleggi), che sono disposizioni anteposte al Codice civile del
1942.
Secondo tale articolo sono fonti del diritto:
1) le leggi;
2) i regolamenti;
3) le norme corporative,
4) gli usi.
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La disposizione appena ricordata ha subìto varie modifiche e sul sistema delineato dal
Codice civile sono intervenute ulteriori fonti:
- nel 1944, si è abrogato l’ordinamento corporativo (lgs. lgt. 23 novembre 1944, n. 369);
- nel 1948 è entrata in vigore la Costituzione Repubblica;
- nel 1960 sono state introdotte anche le leggi regionali.
Inoltre, occorre precisare che accanto alle fonti del diritto italiano, esistono anche le fonti
derivanti dall’adesione della Repubblica italiana all’Unione Europea, alla Comunità Europea e ai
vari trattati internazionali, che entrano a far parte della gerarchia delle fonti.
Non è fonte di diritto la giurisprudenza che è l’insieme delle sentenze che vengono
emesse dagli organi giudiziari, né la dottrina, che è il prodotto, l’opera che proviene degli
studiosi di diritto.
In materia di diritto privato importante fonte di diritto è il Codice civile (che viene citato
«c.c.» o «cod. civ.» ).
Il Codice è entrato in vigore nel 1942 (con il Regio Decreto del 16 marzo 1942, n. 262
Approvazione del testo del Codice Civile, Pubblicato nella edizione straordinaria della Gazzetta
Ufficiale, n. 79 del 4 aprile 1942) ed ha sostituito il previgente Codice civile del 1865 ed il
Codice del commercio del 1882.
Sebbene il codice civile regola gran parte della materia privatistica, compreso il diritto
commerciale, è chiaro che la vastità della materia richieda ulteriori fonti normative di
disciplina.
Esse, nel loro complesso, costituiscono la legislazione speciale, speciale in quanto non è
contenuta e, perciò, si distingue dal codice civile (es. la legge sul divorzio, la legge sull’affitto,
la legge sull’adozione, il codice del consumo).
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- Libro Primo intitolato Delle Persone e della Famiglia, (artt.1-455), che contiene la
disciplina della capacità delle persone, dei diritti della personalità, delle organizzazioni
collettive, della famiglia;
- Libro Secondo intitolato Delle Successioni, (artt. 456-809), che contiene la disciplina
delle successioni a causa di morte e del contratto di donazione;
- Libro Terzo intitolato Della Proprietà, (artt. 810-1172), che contiene la disciplina della
proprietà e degli altri diritti reali;
- Libro Quarto intitolato Delle Obbligazioni, (artt. 1173-2059), che contiene la disciplina
delle obbligazioni e delle loro fonti, cioè principalmente dei contratti e dei fatti illeciti (la
cosiddetta responsabilità civile);
- Libro Quinto intitolato Del Lavoro, (artt.2060-2642), che contiene la disciplina
dell'impresa in generale, del lavoro subordinato e autonomo, delle società aventi scopo di lucro
e della concorrenza;
- Libro Sesto intitolato Della tutela dei diritti, (artt. 2643-2969), che contiene la disciplina
della trascrizione, delle prove, della responsabilità patrimoniale del debitore e delle cause di
prelazione, della prescrizione.
Gli articoli di cui si compone il codice portano ciascuno una propria numerazione ed una
intitolazione detta rubrica.
Ogni articolo può dividersi in più periodi separati da un a capo detti commi.
e sono seguiti da
- Disposizioni per l'attuazione del Codice Civile e Disposizioni transitorie, costituite
da 256 articoli, contenenti norme per l’attuazione del disposto di alcuni articoli del codice civile
e norme per disciplinare rapporti ancora pendenti al momento dell’entrata in vigore del codice
medesimo.
L’efficacia di una norma giuridica e della sua fonte, attraversa diversi momenti temporali.
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- Si dice che la legge entra in vigore quando comincia ad esplicare la sua efficacia
normativa.
Per il nostro ordinamento giuridico le leggi entrano in vigore il 15° giorno successivo a
quello della loro pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale, salvo che sia altrimenti disposto e tale
pubblicazione avviene dopo la promulgazione da parte del Capo dello Stato (artt. 10 preleggi
cod.civ.; 73, 3° comma, Cost.).
L’intervallo di tempo intercorrente tra la pubblicazione della legge e la sua entrata in vigore
è detta, con espressione latina, vacatio legis ed ha la funzione di consentire a ciascun
cittadino di venire a conoscenza, con l’ordinaria diligenza, della legge pubblicata.
Trascorso tale periodo la legge è obbligatoria per tutti e nessuno può invocarne la non
conoscenza (ignorantia legis non excusat).
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Per il principio di irretroattività la norma giuridica non detta regole che valgono per un
tempo anteriore a quello della sua entrata in vigore: la legge non dispone che per l’avvenire
(art. 11 preleggi cod.civ.).
Il principio risponde all’esigenza della certezza del diritto: i destinatari della norma devono
essere in grado di sapere quali conseguenze giuridiche derivano dai loro comportamenti nel
momento in cui hanno posto in essere tali comportamenti.
Il sopravvenire di una nuova legge può originare problemi di applicazione della nuova legge
alle situazioni sorte sotto il vigore della vecchia legge (successione di leggi nel tempo).
Di regola il legislatore prevede in tali casi disposizioni transitorie (dette anche diritto
intertemporale) con le quali disciplina il conflitto delle leggi nel tempo; v. ad es. le disposizioni
transitorie al codice civile del 1942.
In mancanza di disposizioni transitorie, occorre ricavare un criterio per determinare la
legge applicabile al caso concreto.
Al riguardo si delineano due teorie:
-la teoria dei diritti quesiti, secondo cui il soggetto non può essere privato da una norma
successiva dei diritti già acquisiti in base alla norma precedente; tale tesi è criticata perché è di
incerta applicazione in quanto non delimita la nozione di diritto rispetto a quella di aspettativa
e perché precluderebbe alla nuova normativa di modificare i diritti destinati a durare nel
tempo;
- la teoria del fatto compiuto (o dei fatti passati o delle situazioni già maturate facta
praeterita), secondo cui la nuova legge non tocca gli effetti già prodotti in base a fattispecie
perfezionate in vigore della precedente legge, sebbene gli effetti siano ancora pendenti; tale
tesi è accolta dalla giurisprudenza.
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gli artt.17-31 delle preleggi, che originariamente dettavano alcune norme di diritto
internazionale privato.
Si ricordi che la legge straniera non si applica quando i suoi effetti sono contrari all’ordine
pubblico (art. 16, legge n. 218/1995).
L’applicazione della norma giuridica è la concreta realizzazione di ciò che è previsto dalla
medesima norma giuridica.
L’interpretazione si distingue:
- in relazione ai soggetti che la compiono, in
- interpretazione giudiziale: quando è compiuta dal giudice nell’esercizio della
funzione giurisdizionale;
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- interpretazione dottrinale: quando è compiuta, senza alcuna efficacia
vincolante, dagli studiosi di materie giuridiche;
- interpretazione autentica: quando avviene dallo stesso autore della norma, e,
in particolare, dal legislatore, che può emanare alcune norme interpretative, per
chiarire il significato di norme preesistenti, con efficacia retroattiva, e, come ogni legge,
vincolante erga omnes.
In ogni ordinamento giuridico non possono mancare lacune, ossia fattispecie che non sono
espressamente regolamentate, ma che necessitano di una disciplina, che deve ricercarsi in
sede di interpretazione dal giudice quando questi deve risolvere un caso pratico.
Per colmare le lacune l’interprete può utilizzare due strumenti alternativi con i quali si
integra l’ordinamento giuridico.
Essi sono:
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- l’argomento a contrario, secondo cui tutto ciò che non è contemplato nella norma, va
escluso dall’applicazione della norma medesima (ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit);
- il ragionamento per similitudine, su cui si fonda l’analogia (ubi eadem ratio, ibi eadem
dispositio).
L’analogia (di legge o analogia legis) è il criterio in base al quale alla fattispecie non
prevista dalla norma giuridica si applica la norma regolatrice di fattispecie simili (art. 12, 2°
comma, disp. prel. c.c.).
E’ un procedimento ispirato al principio dell’uguaglianza di trattamento, secondo cui i casi
simili devono essere regolati da norme simili.
Il procedimento analogico non è ammesso per le legge penali sfavorevoli al reo e rispetto
alle leggi eccezionali (art. 14 disp. prel. cod.civ.).
Qualora non sia individuabile una norma per disciplinare una fattispecie non regolata
dall’ordinamento giuridico, occorre comunque ricercare una norma di chiusura, ossia una
norma che consenta di provvedere alla disciplina del caso concreto.
Tale norma di chiusura è prevista all’art. 12, 2° comma, disp. prel. cod. civ., che rinvia ai
principi generali dell’ordinamento giuridico.
Il procedimento che porta all’applicazione di questi principi generali, è detto analogia di
diritto (o analogia iuris).
I principi generali che il giudice deve applicare per risolvere il caso sottoposto al suo esame
sono essenzialmente i principi ricavabili dalle norme costituzionali.
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