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UNISU - Facoltà di Giurisprudenza

DIRITTO PRIVATO
Docente: Alessandro Martini

19° MODULO DIDATTICO


Principi generali sui contratti

Sommario: a) Il concetto di contratto. - b) Le


classificazioni- c) L’autonomia contrattuale. – d) I contratti
tipici.- e) I contratti atipici.

a)Il concetto di contratto

Nel nostro ordinamento giuridico non è né prevista né disciplinata la categoria


generale del negozio giuridico, ma previsto e disciplinato è il contratto, che è una specie
del genere negozio giuridico.
Al riguardo il Codice civile détta nel Libro Quarto una disciplina «Dei contratti in generale»
(Titolo II artt. 1321-1469-bis c.c.) e una disciplina specifica «Dei singoli contratti» (Titolo III
artt. 1479-1986 c.c.).

Il contratto è «l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o estinguere tra
loro un rapporto giuridico patrimoniale» (art. 1321 c.c.).
Il contratto:
- è un negozio giuridico: ossia l’atto di volontà diretto a produrre effetti giuridici che
l’ordinamento produce «in quanto voluti»;
- vincola le parti contraenti in quanto ha forza di legge tra le parti e non può essere
sciolto che per mutuo consenso o per le altre cause ammesse dalla legge (art. 1372, 1° e 2°
comma, c.c.) (principio di vincolatività del contratto);
- non produce effetto rispetto ai terzi che nei casi previsti dalla legge (art. 1372, 3°
comma, c.c.) (principio di relatività del contratto);

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- ha una struttura bilaterale o plurilaterale in quanto si perfeziona con il consenso
di due o più parti; quindi non è contratto il negozio unilaterale;
- ha la funzione di:
- costituire:ossia di creare un nuovo rapporto giuridico;
- regolare: ossia di modificare un preesistente rapporto giuridico;
- estinguere: ossia di porre fine ad un preesistente rapporto giuridico;
- ha ad oggetto un rapporto
- giuridico: non sociale o di cortesia;
- e patrimoniale: ossia suscettibile di valutazione economica; la
patrimonialità del rapporto non dipende dalla natura dell’interesse
perseguito dalle parti, che può essere anche non patrimoniale, ma sta ad
indicare che le prestazioni, cui le parti sono obbligate, sono suscettibili di
valutazione economica; quindi non è contratto il matrimonio o l’atto che regola i
diritti di famiglia.

Per quanto riguarda la natura giuridica del contratto in relazione all’elemento della
volontà (l’accordo) si distinguono varie teorie.

Per la teoria della volontà (o dogma della volontà) l’essenza del contratto, e più in
generale del negozio giuridico, risiede nella volontà creatrice dell’individuo: il soggetto
determina con la sua volontà gli effetti giuridici e l’ordinamento si limita a prendere atto della
sovranità del volere individuale. La volontà deve manifestarsi esternamente, ma una
manifestazione alla quale non corrisponda una reale volontà del soggetto non avrebbe valore
di negozio: perciò nel caso di divergenza tra volontà e dichiarazione prevale la volontà
interna.

Per la teoria della dichiarazione l’essenza del contratto, e più in generale del negozio
giuridico, risiede nella dichiarazione e non nella volontà psichica del dichiarante: perciò nel
caso di divergenza tra volontà e dichiarazione prevale la dichiarazione esterna.

Per la teoria precettiva il contratto, e più in generale il negozio giuridico, è un precetto,


vale a dire una norma di diritto privato. Il negozio non è il fatto psicologico della volontà del
soggetto, che è meramente interno, inafferrabile ed incontrollabile, né è il dato materiale della
dichiarazione, ma è un fenomeno sociale che si identifica nella disposizione con la quale il
soggetto regola da sé i propri interessi in rapporto ad altri. Il negozio è l’autoregolamento di
interessi che si distacca dalla volontà dalla quale deriva.

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Per la teoria dell’affidamento, che oggi è la più seguita, la dichiarazione di un
soggetto che ha determinato l’affidamento del destinatario realizza il momento
sociale del negozio e questo assume rilevanza giuridica.

Pertanto chi emette una dichiarazione negoziale o tiene un comportamento che ha un


significato negoziale suscita nel destinatario l’affidamento che l’atto sia serio e conforme al suo
obiettivo significato ed è assoggettato alle conseguenze di queste dichiarazioni o
comportamenti.

Il dichiarante deve sopportare tutte le conseguenze giuridiche che discendono


dalla sua dichiarazione e assume il rischio di rimanere vincolato a quanto da lui
dichiarato anche se non corrisponde alla sua volontà, nei limiti in cui sia stato generato
l’affidamento del destinatario della dichiarazione. La tutela dell’affidamento prevale sulla tutela
del dichiarante perché occorre tutelare la certezza del traffico giuridico piuttosto che la volontà
del dichiarante.

b) Le classificazioni

Riguardo al modo e al momento di perfezionamento del vincolo contrattuale si


distinguono:

- contratti consensuali: sono quelli che si perfezionano con il semplice consenso, ossia
quando si forma l'accordo tra le parti; es.: vendita, locazione, mandato;

- contratti reali: sono quelli che si perfezionano con il consenso e la consegna della
cosa, che è elemento costitutivo del contratto e non effetto che deriva dal contratto; es. mutuo
deposito, comodato, pegno.

Con riguardo agli effetti del contratto si distinguono:

- contratti ad effetti reali (o contratti traslativi): sono quelli che hanno come effetto
il trasferimento della proprietà di una cosa determinata, la costituzione o il trasferimento di un
diritto reale ovvero il trasferimento di un altro diritto; con il consenso legittimamente
manifestato avviene il trasferimento del diritto reale o di credito (art. 1376 c..c); es. la vendita
della proprietà, la cessione del credito, la costituzione di un diritto di usufrutto;

L'efficacia reale può essere differita quando il trasferimento del diritto avviene in un
momento successivo alla conclusione del contratto; es. nella vendita di cose generiche, altrui o
future (vendita obbligatoria o ad effetti reali differiti) il trasferimento avviene, rispettivamente,
al momento della specificazione delle cose generiche, dell’acquisto della cosa altrui, della
venuta ad esistenza della cosa futura;

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- contratti ad effetti obbligatori: sono quelli che hanno come effetto la costituzione di
un rapporto obbligatorio; il contratto è espressamente indicato come fonte di obbligazioni (art.
1173 c.c.); es. il mandato in cui il mandatario ha l’obbligo di compiere atti giuridici per conto
del mandante che ha l’obbligo, se previsto, di versare il corrispettivo al mandatario (artt. 1703,
1709 c.c.).

Con riguardo al momento di produzione degli effetti contrattuali ed il loro


perdurare nel tempo si distinguono:

- contratti ad esecuzione istantanea: sono quelli che esauriscono i loro effetti in un solo
momento; es.: la vendita;

- contratti di durata: sono quelli la cui esecuzione si protrae nel tempo per soddisfare un
interesse del creditore che si estende anche esso nel tempo; si distinguono:

- contratti ad esecuzione continuata in cui la prestazione è unica ed


ininterrotta nel tempo; es.: locazione, affitto, somministrazione;
- contratti ad esecuzione periodica in cui si hanno più prestazioni che
vengono effettuate in date prestabilite; es.: rendita; o in certo tempo su richiesta di
una delle parti; es.: conto corrente.

Nei contratti di durata il recesso o la risoluzione non hanno efficacia retroattiva, e, quindi,
non incidono sulle prestazioni già eseguite che hanno gia soddisfatto l’interesse del creditore
(artt. 1373, 2° comma, e 1458, 1° comma, c.c.).

Con riguardo alle prestazioni si distinguono:

- contratti a titolo oneroso: sono quelli in cui all’attribuzione in favore di un soggetto fa


riscontro un’attribuzione a carico dello stesso; es. vendita;

- contratti a titolo gratuito: sono quelli in cui all’attribuzione in favore di un soggetto non
fa riscontro un’attribuzione a carico dello stesso; es. comodato;

- contratti con prestazioni corrispettive: sono quelli nei quali si hanno due prestazioni
contrapposte e tra di esse si ha un nesso di corrispettività (sinallagma); ogni prestazione è
causa dell’altra; più in generale si deve aver riguardo non a prestazioni ma ad attribuzioni
patrimoniali, comprendendo anche il trasferimento del diritto che non è una prestazione
in senso tecnico; si distingue:

- il sinallagma genetico che sussiste al momento della conclusione del contratto e


se manca rende nullo il contratto;

- il sinallagma funzionale che sussiste durante la vita del contratto e che se viene
meno porta alla risoluzione del contratto;

- contratti unilaterali (o con obbligazioni a carico di una sola parte) sono quelli nei quali
l'obbligo della prestazione sorge solo per una parte;

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- contratti con comunione di scopo sono quelli in cui due o più parti conferiscono beni o
servizi per il conseguimento di uno scopo comune; es. contratto di società.

Con riguardo al rapporto tra la prestazione e la controprestazione, si distinguono:

- contratti commutativi: sono quelli in cui le parti al momento della conclusione del
contratto sono a conoscenza dell’entità del vantaggio e del sacrificio che avranno dal contratto;

- contratti aleatori: sono quelli nei quali l’entità della prestazione dipende da un fattore
di incertezza (alea) che può volgere il vantaggio di un contratto verso una parte o l’altra;
quindi alla prestazione certa di una parte corrisponde una prestazione incerta dell'altra; es.
assicurazione, (art. 1882 c.c.); o si ha incertezza per entrambe le parti; es. scommessa (art.
1933 c.c.).

Secondo l’art. 1469 c.c., i contratti aleatori si distinguono in:

- contratti aleatori per natura: nei quali l’alea e l’assunzione del rischio fanno
parte dello schema economico del contratto; es.: contratto vitalizio, gioco, scommessa,
assicurazione;

- contratti aleatori per volontà delle parti: sono quei contratti commutativi
che le parti modificano, mediante l'aggiunta di un rischio che è estraneo al suo schema
tipico, e così rendono aleatori; es.: la vendita di cose future (art. 1472 c.c.), cioè la
vendita che ha per oggetto cose non ancora venute ad esistenza, diviene aleatoria
quando le parti assumono specificamente il rischio che la cosa non venga ad esistenza
(c.d. emptio spei); in tal caso, anche se la cosa non viene ad esistenza, la vendita è
valida e il compratore deve comunque pagare il prezzo.
Ai contratti aleatori, ove non vi è esigenza di tutelare un rapporto tra le prestazioni, non si
applicano gli istituti della rescissione per lesione (art. 1448, 4° comma, c.c.) e della
risoluzione per eccessiva onerosità (art. 1469 c.c.).

In tema di contratti e, più in generale di negozi, si distinguono negozi collegati, negozi


indiretti e negozi fiduciari.

I negozi collegati sono due o più negozi che perseguono una finalità comune, in quanto
tra loro si ha un nesso di interdipendenza.

Ciascuno dei negozi utilizzati produce gli effetti giuridici che gli sono propri, ma tali effetti
sono in stretta interdipendenza e concorrono ad un unico risultato per cui se un negozio viene
meno, cadono i negozi collegati.

L’interdipendenza tra i negozi può essere:

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- bilaterale (o reciproca): quando la sorte di ciascun negozio è legata alla sorte dell’altro;
in tal caso le vicende in un contratto come la invalidità, risolubilità si estendono agli altri;

- unilaterale: quando la sorte di un negozio che è principale si ripercuote sull’altro che è


subordinato o accessorio, ma non viceversa; es. il negozio ipotecario dipende dal negozio di
mutuo; in tal caso le vicende del contratto principale coinvolgono il negozio accessorio, ma non
viceversa.

Il collegamento può essere:

- volontario: quando l’interdipendenza tra i negozi è voluta dalle parti; es. la vendita
di una merce è collegato al contratto di trasporto della merce;

- necessario (o funzionale): quando l’interdipendenza tra i negozi risulta dalla legge,


perché i vari negozi posti in essere tendono a realizzare un fine pratico unitario; es. il contratto
preliminare è collegato a quello definitivo; il negozio di procura è collegato al negozio concluso
dal rappresentante.

Il negozio indiretto è quello volto al conseguimento di un risultato ulteriore che non è


normale o tipico del negozio.

Es.: gli effetti economici della compravendita possono raggiungersi in modo indiretto senza
trasferire la proprietà dei beni, bensì mediante un mandato irrevocabile a vendere senza
rendiconto.

L’effetto di conseguire la nazionalità può raggiungersi contraendo matrimonio con un


soggetto in modo da acquisire la sua cittadinanza.

Il negozio fiduciario è quello mediante il quale un soggetto (il fiduciante) aliena un diritto
per uno scopo ulteriore che l’alienatario (il fiduciario) si obbliga a realizzare ritrasferendo il
diritto stesso al fiduciante o a un terzo.

Il negozio fiduciario ha:

- effetti reali (o traslativi), perché trasferisce un diritto dal fiduciante al fiduciario


producendo effetti che, come di regola, sono opponibili erga omnes;

- effetti obbligatori: perché il fiduciario con un patto obbligatorio (pactum fiduciae) si


obbliga a ritrasferire il diritto al fiduciante o a un terzo; tale patto produce effetti solo tra le
parti.

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Es.: patto di retrovendita: il soggetto vende un bene ad altro soggetto e così gli
conferisce di fronte ai terzi una posizione di pieno proprietario, ma gli impone col pactum
fiduciae l’obbligo di ritrasferirgli il bene.

Il fiduciario ha sempre la possibilità di abuso, ossia di non rispettare il patto di fiducia


perché potrebbe rifiutarsi di effettuare il ritrasferimento e rendersi inadempiente.

Per quanto riguarda la causa del negozio fiduciario si distingue:

- la fiducia cum amico: ha funzione di attribuire la proprietà dei beni ad un fiduciario,


che gode di particolare considerazione da parte del fiduciante, con l’obbligo di amministrarli e
ritrasferirli secondo il patto di fiducia; es. un soggetto deve fuggire all’estero a causa di una
persecuzione politica e trasferisce fiduciariamente i suoi beni ad un amico perché li conservi e li
restituisca quando torna; il fiduciario può utilizzare i beni ricevuti, essendo proprietario, ma si
è obbligato a restituirli al fiduciante quando torna;

- la fiducia cum creditore: ha funzione di attribuire un bene dal debitore (fiduciante) al


creditore (fiduciario) a garanzia di un credito di quest’ultimo, il quale si obbliga a restituire il
bene trasferito al debitore che ha adempito l’obbligazione. Spesso il negozio fiduciario con
funzioni di garanzia costituisce violazione del patto commissorio e pertanto è nullo (art. 2744
c.c.).

c) L’autonomia contrattuale

In generale l’autonomia privata indica il potere dei soggetti di regolare i propri interessi e
rapporti.

In materia di contratti si parla di autonomia contrattuale per indicare che:

- «Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti
imposti dalla legge» » (art. 1322, 1° comma, c.c.);
- «Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi
una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di
tutela secondo l'ordinamento giuridico» (art. 1322, 2° comma, c.c.).

Più in generale l’autonomia contrattuale designa la libertà contrattuale e può essere


intesa in senso negativo ed in senso positivo.

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- In senso negativo la libertà contrattuale significa che nessuno può essere spogliato dei
propri beni o essere costretto ad eseguire prestazioni a favore di terzi contro o
indipendentemente dalla propria volontà; e che nessuno può essere vincolato, se la legge non
lo consente, dalla volontà altrui.

- In senso positivo la libertà contrattuale significa che i privati possono disporre dei
propri beni e possono obbligarsi ad eseguire prestazioni a favore di altri; pertanto essi hanno:

- la libertà di concludere o meno il contratto;


- la libertà di scelta tra diversi tipi di contratto previsti dalla legge, a seconda
degli scopi che i privati si prefiggono;
- la libertà di scegliere la persona del contraente;
- la libertà di determinare il contenuto del contratto, o arricchendo il
regolamento rispetto a quanto già fissato dalla legge ovvero restringendone la
portata con l’eliminazione di situazioni dettate da norme derogabili; es.:
stabilendo le modalità, il prezzo, le condizioni, i termini, ecc.;
- la libertà di concludere contratti atipici o innominati; ossia contratti non
previsti né disciplinati dalla legge.

L’autonomia contrattuale incontra numerosi limiti:


- obblighi a contrarre: la volontà privata o la legge può prevedere obblighi a
contrarre; es: il contratto preliminare obbliga a stipulare il contratto definitivo; chi esercita un
impresa in condizioni di monopolio legale ha l’obbligo di contrattare con chiunque richieda le
prestazioni che formano l’oggetto dell’impresa, osservando la parità di trattamento (art. 2597
c.c.);
- obblighi a scegliere la persona del contraente: la legge in alcuni casi prevede
che qualora un soggetto decidesse di concludere un contratto questo deve essere stipulato
con una determinata persona e solo se questa rifiuta può scegliersi altro contraente
(prelazione legale); es.: il coerede, che vuole alienare a un estraneo la sua quota o parte di
essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali
hanno diritto di prelazione (art. 732 c.c.), ossia hanno diritto ad essere preferiti, a parità di
condizioni ad altri acquirenti;
- illiceità: non può stipularsi un contratto contrario a norme imperative, all’ordine
pubblico o al buon costume (cfr. art. 1343 c.c. in tema di causa); tale contratto, se stipulato, è
nullo;
- determinazione del contenuto del contratto: talora il contenuto del contratto
non deriva dalla volontà dei privati, ma è imposto dalla legge che interviene sostituendo le
determinazioni delle parti con altre clausole imposte dalla pubblica autorità e che sono

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automaticamente inserite nel contratto, anche in sostituzione delle clausole difformi poste dalle
parti (art. 1339 c.c.); es.: la determinazione autoritativa da parte organi pubblici, in
particolare il Comitato interministeriale prezzi, dei prezzi di vendita di beni di prima necessità,
come i medicinali.

Il contratto è atto di autonomia privata perché con esso le parti regolano tra loro i
propri interessi e, una volta posto in essere, il contratto «ha forza di legge tra le parti» (art.
1372, 1° comma, c.c.): le parti sono tenute a rispettare quanto stipulato nel loro
autoregolamento.

Il Codice civile prevede l’integrazione del contratto, ossia che « il contratto obbliga le
parti non solo a quanto è nel medesimo espresso, ma anche a tutte le conseguenze che ne
derivano secondo la legge, o, in mancanza, secondo gli usi e l'equità» (art. 1374 c.c.).
Pertanto fonti del regolamento contrattuale sono fonti autonome (volontà delle parti) e
fonti eteronome (legge, usi ed equità) e precisamente:
- la volontà delle parti, che dà vita al contratto e determina il contenuto;
- la legge: cioè le norme imperative e dispositive poste dalla legge; il riferimento alla
legge previsto all’art. 1374 c.c. deve intendersi come riassuntivo di tutti i singoli richiami alle
singole norme integratici del contratto;
- in mancanza della legge, gli usi: sono gli usi normativi (o consuetudine) che si
applicano ogni volta che manchi la legge, a prescindere dal singolo richiamo di una specifica
norma; gli usi normativi sono quelle norme non scritte che un ambiente sociale osserva
costantemente nel tempo come norme giuridiche vincolanti.
Gli usi vincolano le parti indipendentemente dalla circostanza che le parti vi avessero fatto
sia pure tacito riferimento e dalla circostanza che ne avessero conoscenza.
Diversi dagli usi normativi, come fonte di integrazione del contratto, sono gli usi negoziali
(o clausole d’uso) che sono le abituali pratiche contrattuali suscettibili di applicazione
costante e generalizzata in un dato luogo o settore di affari. Le clausole d’uso si intendono
inserite nel contratto se non risulta che non sono state volute dalle parti (art. 1340 c.c.); es.
se si compra da un abituale venditore e non si sia determinato espressamente il prezzo, si
presume che le parti abbiano voluto riferirsi al prezzo normalmente praticato dal venditore;
- in mancanza della legge e degli usi, l’equità che indica il giusto contemperamento
dei diversi interessi delle parti in relazione allo scopo e alla natura dell’affare. L’equità è un
precetto di giustizia contrattuale che ha come destinatarie le parti e che trova applicazione
al fine di colmare in via suppletiva le lacune del regolamento contrattuale; è la norma del
caso concreto creata dal giudice. In alcuni casi eccezionali la legge consente l’intervento
del giudice che interviene ad es. per ridurre ad equità la clausola penale (art. 1384 c.c.). L’art.
1374 c.c. richiama espressamente l’equità come fonte integratrice del contratto ed essa

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consiste in un giudizio motivato emesso dal giudice non sulla base di norme extragiuridiche,
ma sulla base di norme soprattutto costituzionali e comunitarie come ad es. il principio della
solidarietà sociale (art. 2 Cost.) e di eguaglianza formale e sostanziale (art. 3 Cost.).

c) I contratti tipici

I contratti tipici sono quelli previsti e disciplinati dalla legge.


Limitandoci ai contratti previsti nel Codice civile agli artt. 1470 ss. c.c., a seconda della loro
funzione si distinguono:

- i contratti traslativi:

- la vendita: è il contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una


cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo (art. 1470 c.c.);

- il riporto: è il contratto per il quale il riportato trasferisce in proprietà al


riportatore titoli di credito di una data specie per un determinato prezzo, e il riportatore
assume l'obbligo di trasferire al riportato, alla scadenza del termine stabilito, la proprietà di
altrettanti titoli della stessa specie, verso rimborso del prezzo, che può essere aumentato o
diminuito nella misura convenuta (art. 1548 c.c.);

- la permuta: è il contratto che ha per oggetto il reciproco trasferimento della


proprietà di cose, o di altri diritti, da un contraente all'altro (art. 1552 c.c.);

- il contratto estimatorio: è quello con cui una parte consegna una o più cose
mobili all'altra e questa si obbliga a pagare il prezzo, salvo che restituisca le cose nel
termine stabilito (art. 1556 c.c.);

- la somministrazione (o fornitura): è il contratto con il quale una parte si obbliga,


verso corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell'altra, prestazioni periodiche o
continuative di cose (art. 1559 c.c.);

- contratti di godimento:

- la locazione è il contratto col quale una parte si obbliga a far godere all'altra una cosa
mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo (art. 1571 c.c.);

- l’affitto si ha quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva,


mobile o immobile,; in tal caso l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della
destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione e a lui spettano i frutti e le
altre utilità della cosa (art. 1615 c.c.);

- i contratti di prestito:

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- il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o
immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di
restituire la stessa cosa ricevuta (art. 1803 c.c.);

- il mutuo è il contratto col quale una parte consegna all'altra una determinata quantità di
danaro o di altre cose fungibili, e l'altra si obbliga a restituire altrettante cose della stessa
specie e qualità (art. 1813 c.c.);

- i contratti per la prestazione di servizi:

- l'appalto: è il contratto col quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi
necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un'opera o di un servizio verso
un corrispettivo in danaro (art. 1655 c.c.);

- il contratto d’opera: si ha quando una persona si obbliga a compiere verso un


corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di
subordinazione nei confronti del committente (art. 2222 c.c.);

- il trasporto: è il contratto con cui il vettore si obbliga, verso corrispettivo a


trasferire persone o cose da un luogo a un altro (art. 1678 c.c.);

- il mandato: è il contratto col quale una parte si obbliga a compiere uno o più atti
giuridici per conto dell'altra (art. 1703 c.c.);

- la commissione: è un mandato che ha per oggetto l'acquisto o la vendita di beni


per conto del committente e in nome del commissionario. (art. 1731 c.c.);

- la spedizione: è un mandato col quale lo spedizioniere assume l'obbligo di


concludere, in nome proprio e per conto del mandante, un contratto di trasporto e di
compiere le operazioni accessorie (art. 1737 c.c.);

- l’agenzia: è il contratto con cui una parte assume stabilmente l'incarico di


promuovere, per conto dell'altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona
determinata (art. 1742 c.c.);

- la mediazione: mediatore è colui che mette in relazione due o più parti per la
conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di
collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza (art. 1754 c.c.);

- il deposito: è il contratto col quale una parte riceve dall'altra una cosa mobile con
l'obbligo di custodirla e di restituirla in natura (art. 1766 c.c.);

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- i contratti aleatori:
- la rendita perpetua: è il contratto con cui una parte conferisce all'altra il diritto di
esigere in perpetuo la prestazione periodica di una somma di danaro o di una certa
quantità di altre cose fungibili, quale corrispettivo dell'alienazione di un immobile o della
cessione di un capitale (art. 1861 c.c.);
- la rendita vitalizia: è il contratto con cui una parte trasferisce la proprietà di un
bene o di un capitale mentre l’altra si obbliga ad effettuare una prestazione periodica in
denaro o altre cose fungibili per la durata della vita del beneficiario o di un terzo (art. 1872
c.c.);
- l’assicurazione: è il contratto col quale l'assicuratore, verso pagamento di un
premio, si obbliga a rivalere l'assicurato, entro i limiti convenuti, del danno ad esso
prodotto da un sinistro, ovvero a pagare un capitale o una rendita al verificarsi di un evento
attinente alla vita umana. (art. 1882 c.c.);
- il gioco e la scommessa: è il contratto con i quale una parte si obbliga a versare
una somma di denaro o comunque ad eseguire una prestazione di carattere patrimoniale in
relazione all’esito di un giuoco o di un evento incerto; la legge dispone che non compete
azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco
o di scommessa non proibiti (art. 1933 c.c.).

- contratti diretti a costituire una garanzia:


- la fideiussione: fideiussore è colui che, obbligandosi personalmente verso il
creditore, garantisce l'adempimento di un'obbligazione altrui (art. 1936 c.c.);
- il mandato di credito si ha quando una persona si obbliga verso un'altra, che le ha
conferito l'incarico, a fare credito a un terzo, in nome e per conto proprio, e quella che ha dato
l'incarico risponde come fideiussore di un debito futuro (art. 1958 c.c.);
- l’anticresi è il contratto col quale il debitore o un terzo si obbliga a consegnare un
immobile al creditore a garanzia del credito, affinché il creditore ne percepisca i frutti,
imputandoli agli interessi, se dovuti e quindi al capitale (art. 1960 c.c.).

- contratti diretti a dirimere una controversia:


- la transazione è il contratto col quale le parti, facendosi reciproche concessioni,
pongono fine a una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro
(art. 1965 c.c.);
- cessione dei beni ai creditori è il contratto col quale il debitore incarica i suoi
creditori o alcuni di essi di liquidare tutte o alcune sue attività e di ripartire tra loro il
ricavato in soddisfacimento dei loro crediti (art. 1977 c.c.);
- il sequestro convenzionale è il contratto col quale due o più persone affidano a
un terzo una cosa o una pluralità di cose, rispetto alla quale sia nata tra esse controversia,

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perché la custodisca e la restituisca a quella a cui spetterà quando la controversia sarà
definita (art. 1798 c.c.).

e) I contratti atipici

L’autonomia contrattuale si esplica, nel modo più ampio, nel potere dei privati di porre in
essere negozi che non corrispondono ai tipi previsti e disciplinati dalla legge, ossia nella
possibilità di “inventare” contratti per perseguire determinati interessi.
Accanto a contratti tipici, vale a dire previsti e disciplinati dalla legge, si hanno quindi
contratti atipici (o innominati), vale a dire «contratti che non appartengono ai tipi aventi una
disciplina particolare» (art. 1322, 2° comma, c.c.).

La legge comunque dispone alcuni norme per la conclusione di contratti atipici e stabilisce
che essi
- devono essere diretti a realizzare un interesse meritevole di tutela secondo
l’ordinamento giuridico (art. 1322, 2° comma, c.c.); poiché il contratto non corrisponde al tipo
legale, occorre ricercare la causa concreta del contratto che non deve violare i limiti generali
imposti all’autonomia privata e deve essere meritevole di tutela;
- sono soggetti alle norme generali previste in tema di contratti (art. 1323 c.c.);
i requisiti, il procedimento di formazione, l’interpretazione, gli effetti, l’invalidità, la risoluzione
e la rescissione dei contratti atipici sono comunque regolate dal Codice civile, come per ogni
contratto.

Nell’ambito dei contratti atipici si distinguono:


- i contratti innominati sono quelli formati fuori dagli schemi previsti
dall’ordinamento e che nulla hanno in comune con altri contratti tipici; es. contratto di
pubblicità;
- i contratti misti: sono quelli in cui concorrono gli elementi di più negozi tipici che si
fondono in un’unica causa; es.: nel contratto di posteggio confluisce la causa della locazione
(riguardo lo spazio occupato dall’auto) e la causa del deposito (riguardo l’obbligo di custodia).
La dottrina ha osservato che può aversi anche un unico rapporto con una duplicità di
autonome cause; es. vendita mista a donazione. In tal caso l’incompatibilità dei due schemi
(vendita e donazione) e delle due funzioni (scambio e liberalità) comporta che non è possibile
ipotizzare un contratto misto perché non si ha fusione delle due cause: in concreto si ha
un’attribuzione che in parte si giustifica nella causa della vendita e in parte si giustifica nella
causa della donazione.
Si discute quale sia la disciplina dei contratti misti in cui si ha fusione di più cause:

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- per la teoria dell’assorbimento (o della prevalenza) al contratto misto sono applicabili
in via diretta le norme che disciplinano il contratto la cui funzione, nella combinazione degli
elementi, è in concreto prevalente sugli altri; es.: nel caso del posteggio sarebbe preferibile
applicare le norme sul deposito essendo la funzione di custodia prevalente su quella della
locazione del suolo;
- per la teoria della applicazione analogica: al contratto misto sono applicabili per
analogia le norme che disciplinano il contratto tipico che è simile a quello da disciplinare;
- per la teoria della combinazione: al contratto misto sono applicabili combinandole tra
loro, le norme che disciplinano ciascun contratto tipico che compongono il contratto misto.

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