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Non sono per nulla favorevole alla tabula rasa di Aristotele, e c’è
qualcosa di solido in quel che Platone chiamava reminiscenza. C’è anzi
qualcosa di più. Non abbiamo infatti soltanto una reminiscenza di tutti i
nostri pensieri passati, ma anche un presentimento di tutti inostri
pensiero futuri. È vero che lo abbiamo confusamente e senza
distinguerli […]. Così […] è vero che non soltanto le nostre idee, ma
anche le nostre sensazioni nascono dal nostro proprio fondo, e che
l’anima è più indipendente di quanto si pensi (p. 15).
§ 2. Leibniz e Spinoza
non c’è un mezzo per spiegare come una monade possa essere alterata o
modificata nella sua interiorità da qualche altra creatura […]. Le
monadi non hanno finestre, attraverso le quali qualcosa possa entrare o
uscire (283, § 7).
Poiché, infatti, per l’armonia prestabilita, nulla può variare per un punto
di vista senza che insieme qualcosa varî per tutti i punti di vista, quello
che propriamente agisce anche, qui, è il tutto del mondo, che agisce su
se stesso […] una connessione del tutto con se stesso (35-36).
Come può quell’azione tutta interna alla sostanza, che è l’atto della
realtà metafisica, tradursi in azione fisica che, come tale, sembra
esigere il concorso di infinite sostanze prese insieme, mentre ciascuna
sostanza non dovrebbe avere nessun rapporto diretto con le altre? Come
può un’anima, che è una sostanza individuale e perfetta per sé,
costituire, per un altro verso, la «forma di un corpo organico» che no
può appartenerle se non a titolo di rappresentazione? (39).