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Le crociate e il Regno di Gerusalemme

Franco Cardini
Il movimento crociato nasce nel corso dell’XI secolo, impiantandosi senza dubbio
su una lunga tradizione di lotte islamo-cristiane, ma senza alcun rapporto con
imminenti pericoli da parte cristiana ad opera di aggressioni musulmane: in real-
tà, esso è parte del generale processo di risveglio demografico, economico e sociale
del mondo euro-occidentale che si proietta sull’universo mediterraneo. Dalla spedi-
zione del 1096-1099, che ormai è in uso definire “prima crociata”, nasce parados-
salmente la prima monarchia feudale europea superiorem non recognoscens.

I SECOLARI RAPPORTI CRISTIANI-MUSULMANI

È ormai invalsa, nella tradizione storiografica come nella manualistica in uso nel-
le scuole, l’uso di definire “crociate ” una serie di spedizioni militari che
s’inaugurarono con un’impresa originata nell’Europa del 1095-1096 e approdata
nel 1099 alla conquista della città di Gerusalemme da parte di alcune colonne di
guerrieri guidati da principi provenienti dall’Europa occidentale e che dà luogo a
una serie di spedizioni tese al mantenimento o al recupero delle conquiste in quel-
la che gli occidentali definiscono, e che ancor oggi viene chiamata, “Terrasanta”:
vale a dire l’area territoriale che fu il teatro della maggior parte delle vicende bi-
bliche nonché la testimone della vita terrena di Gesù.

L'evoluzione delle crociate


Il termine crociata è per la verità tardo: emerge solo sporadicamente nel corso del
XIII secolo, e non viene adottato in modo definitivo se non a partire dal Trecen-
to/Quattrocento. La storia delle crociate testimonia un processo evolutivo comples-
so, che conosce varie fasi e obiettivi diversi: si fanno infatti crociate volte alla con-
quista e alla cristianizzazione del nord-est europeo, crociate dirette a contrastare e
reprimere la diffusione delle eresie e crociate politicamente intese a battere i nemici
politici del papato; infine, dal XIV-XV secolo fino al XVIII secolo, scopo di spedizio-
ni che vennero sovente definite crociate o a esse assimilate è il costituire un ante-
murale europeo di fronte alla potenza espansionistica turco-ottomana.
Solo riduttivamente e semplicisticamente, quindi, le crociate possono essere inter-
pretate come una fase della “secolare lotta” tra cristianità e islam: anche perché la
guerra è solo un aspetto saltuario, ancorché frequente, del profondo rapporto tra
mondo cristiano (sia occidentale, cioè latino, che orientale, cioè greco ma anche
arabo e armeno) e mondo musulmano, che si espresse in uno stretto e articolato
scambio economico, culturale e diplomatico. In realtà, il “movimento crociato” da
un lato non esaurisce per nulla il vasto ambito dei rapporti cristiano-
musulmano, dall’altro va ben al di là di essi, riguardando anche l’espansione
dell’Europa e il suo equilibrio politico e religioso interno a cominciare dalla storia

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dei rapporti tra le Chiese latina e greca e tra l’autorità ecclesiastica ufficiale e i
gruppi ereticali.
Naturalmente, fra cristiani e musulmani si erano già verificati ripetuti scontri sia
marinari, sia terrestri, tra VII e XI secolo: e nel corso di essi si era da entrambe le
parti fatto ricorso alle rispettive fedi, in una comune e opposta “santificazione del-
la guerra” che sia la cristianità, sia l’islam giustificavano. Si è d’altronde in un’età
profondamente religiosa, nella quale tutti gli atti dell’esistenza (dai momenti più
importanti della vita ai gesti del lavoro quotidiano) venivano sacralizzati: e la
guerra non può certo sfuggire da questa regola generale. Ciò non impedisce mai
tuttavia né la stipula di trattati di pace, né perfino alleanze “incrociate” che condu-
cono a scontri nei quali si vedono cristiani e musulmani combattere alleati contro
leghe nemiche, anch’esse religiosamente parlando miste. Gli scontri frequentissimi
durante l’XI secolo sia nella penisola iberica, sia in Sicilia , sia nel Mediterraneo, e
che hanno come scopo la conquista o l’egemonia su aree territoriali, scali portuali,
isole e rotte commerciali marittime, hanno questo carattere.

Pellegrini e guerrieri
Nel corso di tale secolo, tuttavia, una rinnovata energia espansiva e commerciale
delle genti dell’Occidente europeo, alla base della quale era anche un forte slancio
demografico documentabile già alla fine del secolo precedente, provoca una forte
mobilità che si riscontra sia nell’ampliamento dei centri demici esistenti, sia nella
fondazione di insediamenti nuovi, così come nell’espansione delle terre messe a
coltura e nella rinnovata frequentazione dei santuari da parte di gruppi anche
molto numerosi di pellegrini – abitudine che dà luogo all’uso sempre più fre-
quente delle vie di comunicazione di terra, sia alla fondazione di mercati. Sulle vie
di pellegrinaggio si sviluppano le leggende dei santi e i cantari epici che i mari-
nai-mercanti-corsari delle città portuali italiche – quali Pisa , Genova , un po’ più
tardi Venezia – diffondono in tutto il bacino mediterraneo.
In questo contesto nasce quella che abitualmente si definisce “prima crociata”.
L’avvio di quell’inatteso e per molti versi ancora stupefacente movimento, che
coinvolge probabilmente qualche decina di migliaia di persone tra guerrieri e pel-
legrini almeno originariamente inermi, fu tuttavia inatteso e quasi casuale.

LA PRIMA CROCIATA
Nel novembre del 1095, a Clermont in Alvernia , papa Urbano II , si trova
in Francia per riorganizzare la Chiesa appena uscita da una profonda riforma
istituzionale e morale. Alla fine di un concilio che aveva raccolto alcuni prelati
della regione, tiene un breve discorso rivolto alle aristocrazie militari della zona,
esortandole ad accorrere in soccorso dei “cristiani d’Oriente” minacciati da alcune
genti barbare venute dalla Persia. In effetti, nel corso del secolo, le tribù turche da
poco islamizzate riunite sotto l’egemonia della tribù dei Selgiuchidi, provenienti

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dall’Asia centrale attraverso l’altopiano iranico, avevano dilagato nei territori do-
minati dal califfato abbaside di Baghdad ; divenuti presto il nerbo delle milizie
musulmane di tutta l’area, avevano preso a minacciare sia l’Impero bizantino, sia
il califfato sciita fatimide d’Egitto.

L'appello di Clermont
Gli imperatori bizantini erano stati duramente sconfitti da loro negli anni Settan-
ta ed erano essi a ricorrere spesso al servizio mercenario dei cavalieri pesantemen-
te armati d’origine occidentale, specie normanni. In realtà, intenzione originaria
del pontefice a Clermont (come fa qualche mese dopo, in primavera, durante un
concilio tenuto presso Piacenza ) è quella di convogliare verso l’Oriente, in un
servizio spiritualmente meritorio di difesa della cristianità locale ed economica-
mente redditizio, i riottosi e violenti cavalieri che infestava-
no Italia centrosettentrionale, Francia eGermania occidentale con le loro continue
guerre private e che, con il disordine di cui erano protagonisti, impedivano alla
Chiesa di procedere nella riorganizzazione della società del tempo.
Ma l’appello di Clermont ottiene un successo inatteso e molto probabilmente non
voluto. Mentre alcuni aristocratici accolgono l’appello pontificio, l’Europa occiden-
tale del tempo viene percorsa da predicatori itineranti e spesso indisciplinati che
predicano la penitenza, predicono la prossimità del giudizio universale e indica-
no Gerusalemme come meta finale d’una cristianità rigenerata. Il più famoso di
questi prophetae è Pietro d’Amiens , detto “l’Eremita”. Dietro a loro, si organizzano
orde di pellegrini inermi che si mettono in marcia verso Oriente e che, in tempi e
momenti diversi, finiscono con il seguire i gruppi armati che intanto convergono
su Costantinopoli e che da lì – spinti anche dall’imperatore di Bisanzio Alessio I ,
preoccupato per questi troppo numerosi, indisciplinati e inattesi ospiti – procedo-
no verso l’Anatolia, attraversandola tra 1097 e 1098. Raggiunta Gerusalemme , la
prendono d’assalto e la conquistano il 15 luglio del 1099 sottoponendola a sac-
cheggio e massacrandone la popolazione musulmana ed ebrea. La città viene
quindi ripopolata dai cristiano-orientali che ne erano stati espulsi e da altri loro
correligionari siriaci e armeni: almeno in un primo tempo, difatti, viene proibito
a musulmani ed ebrei di soggiornarvi.

IL REGNO DI GERUSALEMME

Come i capi della spedizione si siano decisi a puntare su Gerusalemme , resta un


punto sul quale non si è mai fatta piena luce: ed è molto probabile che essi si sia-
no fatti a loro volta trascinare dalla forza carismatica dei prophetae che guidavano
i pellegrini. Va al tempo stesso fatto notare che l’impresa non è guidata da nobili o
da cavalieri di modesta origine, per quanto ce ne siano molti di tale livello sociale
tra i gregari.

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Il coinvolgimento dei grandi principi
In realtà, partono nel 1096 dall’Europa anche grandi principi, i quali però, per un
motivo o per l’altro, sentono che il loro spazio politico si era ridotto e preferiscono
cercar nuova fortuna altrove. I principali tra loro sono Raimondo di Saint-Gilles ,
conte di Tolosa e marchese di Provenza , Goffredo di Buglione , duca della Bas-
sa Lorena , Roberto conte di Fiandra , Roberto duca di Normandia – figlio
di Guglielmo il Conquistatore e fratello di Guglielmo Rufo, re d’Inghilterra –
, Boemondo d’Altavilla – figlio di Roberto il Guiscardo.

La diocesi latina di Gerusalemme


Nessuno di questi principi aveva gran voglia di tornare in Europa , per quanto
alcuni poi lo facessero. La maggior parte decide di rimanere in Terrasanta e di ri-
tagliarsi lì nuovi domini. Ma insorge la necessità di organizzare e inquadrare in
qualche modo le nuove conquiste. Sul piano giuridico, esse avrebbero dovuto es-
sere restituite all’imperatore di Bisanzio, in quanto si trattava di territori apparte-
nenti all’impero romano d’Oriente, che i musulmani avevano conquistato durante
il VII secolo. Ma nessuno aveva intenzione di farlo e viene immediatamente usato
come alibi il fatto che i bizantini siano, dal 1054, scismatici rispetto alla Chiesa la-
tina. Tra i capi di quelli che già si definivano cruce signati (una croce di stoffa
sulle vesti era stata l’insegna con la quale si simbolizzava l’adesione all’invito
espresso dal papa a Clermont ) si fa strada l’idea di offrire la sovranità eminente
delle nuove conquiste al papa, come già era accaduto in Inghilterra , in Spagna e
in Sicilia . Ma il pontefice non può accettare una proposta che avrebbe scavato
un’irreversibile fossato tra lui e Costantinopoli, rendendo definitivo lo scisma. I
principi, tra i quali nessuno voleva cedere ai concorrenti, stabiliscono pertanto di
dichiarare che le nuove conquiste siano da considerare terre della diocesi latina
di Gerusalemme e del suo patriarca, custode e protettore sotto il profilo politico-
militare (un advocatus, secondo la terminologia allora in uso); per questo ruolo si
elegge l’anziano e ammalato Goffredo di Buglione. La scelta vuole tendere a evitare
che l’Advocatus Sancti Sepulchri sia un personaggio troppo forte ed energico, che
avrebbe potuto imporsi alla loro volontà. Difatti, Goffredo accetta con umiltà
l’ufficio, rifiutando secondo la tradizione di essere incoronato re perché mai
avrebbe portato corona d’oro là dove il Cristo era stato incoronato di spine; ma
sopravvive alla nomina appena un anno. Nel 1000, la carica è di nuovo vacante.
Alcuni cavalieri insediati nella zona, per impedire che a quel punto un potere ec-
cessivo fosse assunto dal patriarca che aveva l’appoggio del papa, chiedono al fra-
tello di Goffredo – cioè a Baldovino , conte di Boulogne, che già dal 1098 si era
impadronito della città armena di Edessa in Anatolia meridionale (oggi Urfa
in Turchia ) erigendola arbitrariamente in contea – di accorrere a Gerusalemme .
Egli raccoglie l’invito, ma ottiene dai principi “franchi” (come gli Arabi chiama-
vano gli Europei occidentali) quel che suo fratello non aveva ottenuto – o, come
dicono i cronisti, aveva rifiutato –: cioè di essere incoronato re di Gerusalemme .
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In quel tempo non esiste potere terreno che non sia in qualche modo soggetto a
un’autorità universale: o quella di uno dei due imperatori (il bizantino o il ro-
mano-germanico) o quella del pontefice romano. Ma il nuovo Regno
di Gerusalemme non è emanazione di alcune di queste volontà ecumeniche, per
quanto ricevesse tacitamente, poi, un riconoscimento de facto. Si trattava di una
nuova e strana situazione giuridica: il regno nasce come obiettivamen-
te superiorem non recognoscens. In un certo senso, dalla prima crociata trae ori-
gine fuori d’Europa la prima monarchia “laica” e “moderna” dell’Europa cristiana.
Un paradosso.

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