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B - A - C - H

e la

Matematica

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C’era una volta

La mattina del 28 luglio 1750 Johann Sebastian Bach si svegliò da un incubo


buio e tenebroso e vide una luce, una luce che ormai non vedeva più da
molto tempo perché la vista del compositore si era affievolita e le operazioni
agli occhi non servirono a nulla, anzi sembra proprio che Bach fu portato via
da un collasso cardiaco causato delle numerose terapie da parte di un
oculista inglese che si trovava di passaggio a Lipsia, città dove il compositore
passò gli ultimi anni della sua vita.
E proprio quella mattina del 28 luglio Bach portò con sé il segreto del finale
del suo capolavoro “l’Arte della Fuga”, il Contrapunctus XIV, una fuga a tre
soggetti (in realtà sarebbero quattro).
Il tema dell’opera incompiuta suscita molto interesse nei critici musicali
perché permette di giocare molto con la fantasia.
Questo si ritrova anche in compositori più postumi a Bach.
Mozart, per esempio, lascia incompiuto il Requiem e sembra che questa
composizione sia stata commissionata proprio dall’acerrimo nemico Salieri
(“si dice”).
Anche sulla fuga incompiuta di Bach vi sono parecchie ipotesi: per molti la
composizione è rimasta tale perché Bach è morto, per i più appassionati
invece sembra che Bach volesse dare ai posteri la possibilità di poterla
terminare (molto spesso nei concerti il Contrapunctus XIV viene terminato,
talvolta addirittura improvvisando).
Altri pensano che Bach abbia lasciato incompiuta la fuga volutamente perché
non era del tutto soddisfatto del suo quarto soggetto (sembra infatti che nel
suo ultimo periodo della sua vita Bach abbia riscritto le sue vecchie opere
cercando di migliorale sempre di più) o comunque per altri motivi ancora
sconosciuti.
Questa ultima ipotesi non è da escludere visto che in letteratura anche altri
grandi maestri hanno lasciato incompiute le loro opere.
E’ il caso di Puccini con la sua Turandot (ipotesi attendibile visto che lo
spartito della bozza dell’opera si ferma proprio al momento della morte di
Liu).

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Che cos’è la Musica?

Molti definiscono la musica una forma di linguaggio irrazionale dove non


esistono regole precise, questo è proprio quello che ci danno a bere molti
giovani autori di musica leggera che sostengono di scrivere musica da
autodidatti e senza nemmeno conoscere il pentagramma (non credeteci
mai!).
C’è chi dice inoltre che la musica è magica perché fa molto bene alle piante
(sembra che queste crescano meglio…) e ai bambini (alle donne in
gravidanza si consiglia Mozart).
A mio avviso quello che è irrazionale è l’ascolto della musica e non la musica
stessa.
Come diceva Leibniz “la musica è l’esercizio matematico nascosto di una
mente che calcola inconsciamente”.
Infatti la musica è pura razionalità, basta pensare che quando suoniamo uno
strumento bisogna contare, quando componiamo qualcosa bisogna chiudere
correttamente le battute, trovare gli intervalli giusti e quindi assonanti (la
prima, la terza, la quinta e l’ottava) e tantissimi altri accorgimenti.
Come direbbe Bach la musica come un insieme di regole da seguire per
trovare “l’essenza di Dio”.
E proprio Bach ci ha lasciato la testimonianza che la Musica è Matematica (io
la definirei una Matematica Filosofica).
Non ci si deve stupire quindi se chi ama la Matematica è anche un
appassionato di Musica.
Da un’indagine di qualche anno fa sembra proprio che il compositore preferito
dei matematici sia proprio Bach proprio per la sua vicinanza con la
matematica e i numeri.

Diamo i Numeri…

Se c’è qualche appassionato di Bach che gioca al lotto consiglio di giocare i


numeri 14, 29, 55, 41, 10 (anche se non esiste la ruota di Eisenach, città
natale del musicista).
Perché proprio il 14? Iniziamo subito ad analizzare il nome BACH, “B-A-C-H”
non è altro che la scrittura in notazione tedesca di “si bemolle, la, do, si”, (non
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fatevi cogliere dall’errore di tradurlo in notazione inglese, che tradurrebbe B
come Si naturale e non bemolle, il Si in tedesco non è la B ma la H).
Bach era solito comporre con un sistema detto Ghematria, una tecnica
numerica che lui usava moltissimo nelle sue composizioni.
Questo è un codice crittografico facile da utilizzare perché assegna ad ogni
lettera un numero naturale (ad esempio A=1 B=2 C=3 D=4 e cosi via…).
Bach tradotto con questo sistema da come risultato B=2 A=1 C=3 H=8 e in
tutto fa proprio 14.
Bach aveva citato il proprio nome in musica in
momenti cruciali: lo considerava infatti una
rappresentazione della croce, a causa del suo
andamento a zig-zag sul pentagramma.
E guarda caso la fuga a tre soggetti incompiuta è proprio il Contrapunctus
XIV.
Un’altra curiosità che rappresenta un piccolo esempio della originalità di
Bach, si può ottenere osservando un ritratto dove si vede Bach con una
giacca che conta 14 bottoni.
Ma il numero 14 compare anche in altre opere, ad esempio,
nella Fantasia corale sul tema “Sto di fronte al tuo trono”,
l’ultima opera che Bach terminò: il tema è di 14 note, l’intera
melodia di 41 (l’inverso di 14).
Ecco che subentra il numero 41 che corrisponde proprio al
nome completo Johann Sebastian Bach (secondo la
Ghematria).
Se si sommano 14 + 41 = 55, che è l’unione tra Jesu= 52 e
dio=3 ( la j corrisponde al 9).
Come cita un aforisma di Bach “Lo scopo e fine ultimo di tutta la musica non
dovrebbe essere altro che la gloria di Dio e il ristoro dell'anima” ed anche il
suo nome nel sistema Ghematria dimostrava il suo essere di fronte a Dio,
non solo con la musica, ma con i numeri.
Si suppone che lui avesse piena consapevolezza di questi dati sopracitati
visto che nei suoi manoscritti si ritrovano due firme: SDG che sarebbe soli
deo gloria, e l'altra è JSB, che corrisponde al suo nome completo.
Sommando S=18 D=4 G=7 totale 29, J=9+S=18 B=2 totale sempre 29.
Infine risulta ovvio anche il numero 7, in quanto metà di 14, accompagnato fin
dall'antichità da innumerevoli valenze simboliche: il primo soggetto della fuga
quadrupla (contrappunto 14) è formato da 7 note, e spesso i soggetti
vengono esposti proprio per quel numero di volte all'interno delle fughe
dell'opera.
Un’altra osservazione di numerologia si può fare a proposito del tempo.

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Anticamente si utilizzava il tempo ¾ perché considerato il tempo per
eccellenza perché rappresentava la Santissima Trinità (veniva infatti
rappresentato come una O, simbolo della perfezione).
Ma il numero 3 non rappresenta solo Gesù, Dio e lo Spirito Santo ma tre
sono anche Le parche che segnano il trascorrere dela vita (Passato,
Presente e Futuro); l’inizio, il Centro e la Fine di un segmento.
Inoltre Cristo giace 3 notti nel sepolcro, per risorgere il Terzo giorno; nella
terza ora del giorno (Hora Nona) Cristo è condannato a morte.
Per la tradizione medievale, alla stessa ora Dio crea Adamo.
Bach però utilizza il tempo quaternario (tempo 4/4, rappresentato da una C
perché considerato imperfetto), perché il “divino” ritmo ternario si trasforma in
4/4 in corrispondenza dell’ “Et in terra Pax”.
Il numero quattro non rappresenta solo le stagioni, i punti cardinali, gli
elementi ma anche i quattro evangelisti e le quattro fasi della vita terrena di
Cristo : (Incarnazione, Passione, Risurrezione, Ascensione).
Lorenz Christoph Mizler, un allievo di Bach, fondò nel 1738 a Lipsia una
Società per le Scienze Musicali, con l’intento di mostrare i legami della
matematica con la musica.
Bach vi entrò nel giugno 1747, guarda caso, come quattordicesimo membro
(anche nel 1747 il 14 compare due volte).
Per l’ammissione bisognava produrre una composizione musicale di natura
matematica, e presentare un ritratto: Bach presentando un ritratto che lo
raffigura con lo spartito di un Canone triplo a sei voci in mano.
Alla fine di ogni anno i membri della Società (arrivarono a 19) dovevano
esibire una nuova composizione e Bach consegnò le sue ultime opere ma
non riuscì a consegnare l’Arte della fuga.
Voglio aggiungere una notazione del tutto personale, nella data di nascita di
Bach ritroviamo l’approssimazione del perimetro di una semicirconferenza di
raggio 14 (e la semicirconferenza è proprio il simbolo del tempo 4/4 usato da
Bach).
Bach è nato il 21 marzo 1685 e infatti se sommiamo 21+3+1+6+8+5 = 44
(14π=43,98).
Detto questo non dobbiamo stupirci se la battuta finale della fuga a tre
soggetti è proprio la 239 (2+3+9=14) e l’ultima battuta del tenore contiene
note che se si traducono in lettere secondo la notazione tedesca, si
trasformano tramite la in numeri in tutto viene fuori il numero 37, 3+7=10 e
10 sono i 10 comandamenti che (guarda caso) sono proprio suddivisi in
3 (rivolti a Dio) e 7 (rivolti al Prossimo).
Il 7 in questo caso allude all’Uomo, fatto di corpo (4) e anima (3).
E il 3 e il 7 sono proprio il mese di nascita e di morte di Bach.
Ci sono però i più scettici che sostengono che non vi è nessun significato
nella numerologia bachiana, tra questi ricordiamo Malcom Boyd che scrisse
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una biografia che (guarda caso) comprende 14 capitoli, 14 figure e 41 esempi
musicali.
Io credo che si può dire con certezza che Bach fosse sensibile a molti aspetti
logico-matematici della musica, com’era d’altronde nell’aria in quel periodo.

La Fuga

Il termine “fuga” risale al basso medioevo e al rinascimento e indicava il


canone ma ben presto si fece subito una distinzione tra la “fuga litigata”,
ovvero il canone e “fuga soluta”, libera dai vincoli del canone.
Dal Seicento, dopo l’introduzione dei procedimenti contrappuntistici, la fuga si
può definire come una composizione polifonica vocale, strumentale o mista
che, originata dall’antico mottetto locale e dalle successive forme strumentali
di canzona e ricercare.
Inizialmente la fuga è monotematica (ha un solo soggetto) ma ben presto,
nella prima metà del settecento, raggiunge il massimo splendore, in
particolarmente per le geniali e altissime realizzazioni dello stesso Bach che
ritroviamo nel “Clavicembalo ben temperato” e “Arte della Fuga”.
In questo periodo si adotta il pluritematismo (molteplicità di soggetti).
Successivamente la fuga entra come elemento vivificatore della forma in
molti e importanti lavori cameristici e sinfonici di grandi autori come Mozart e
Beethoven.
Il modello tecnico di questa forma è divisa in tre momenti fondamentali:
esposizione, divertimenti, stretti.
L’esposizione rappresenta nel modo più chiaro gli elementi tematici della
fuga in modo che questi si possano afferrare e ricordare durante il corso della
composizione.
Gli elementi cruciali da ricordare sono il soggetto, la risposta e il
controsoggetto.
Il Soggetto (risale a Zarlino) è il tema principale che è impostato saldamente
su un determinato tono (può modulare solo alla dominante), quasi tutti i
soggetti sono costruiti in modo da determinarne inequivocabilmente la
tonalità, pertanto qualsiasi soggetto inizierà sulla tonica o sulla dominante, e
si concluderà sulla tonica, sulla modale, sulla dominante, o sulla sensibile.
Rarissimi i casi in cui questa regola non è rispettata.
Di solito il soggetto è uno solo ma si possono presentare più soggetti.
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La Risposta non è altro che il soggetto stesso portato nel tono della
dominante.
La risposta è “reale”, ovvero mantiene inalterata la configurazione melodica
del soggetto (mantiene cioè gli stessi intervalli) ma talvolta può variare
l’intervallo, allora si dice “tonale”.
Nonostante ciò la risposta deve sempre risultare come un’imitazione del
soggetto.
In alcuni casi, invece, la forma del soggetto è tale da necessitare una risposta
non alla dominante, bensì alla sottodominante.
In tal caso alla dominante nel soggetto corrisponde la tonica nella risposta, e
alla tonica nel soggetto corrisponde la sottodominante nella risposta.
Questo ultimo tipo di risposta si chiama plagale. Esiste inoltre un tipo di fuga,
chiamato Controfuga, che subito dopo il soggetto propone come risposta
un'inversione del soggetto iniziale.
Sono controfughe per esempio i contrapuncti V, VI, VII, XII (rectus e inversus)
e XIII (rectus e inversus) de “L'Arte della Fuga” di Johann Sebastian Bach.
Il Controsoggetto è il contrappunto al soggetto (e quindi alla risposta) e tende
a rimanere entro i limiti dell'intervallo di nona (eccezionalmente arriva
all'undicesima), anche qui per evitare di incrociare le voci.
L'insieme di soggetto e controsoggetto tende a non andare oltre l'intervallo di
decima/dodicesima e non è altro che un tema che accompagna il soggetto e
con esso ha rapporti di “rovesciabilità” (contrappunto doppio).
Questo vuol dire che comunque si trovi rispetto al soggetto (o sopra o sotto
del pentagramma), il controsoggetto deve sempre essere in armonia con il
soggetto.
Il classico modello di esposizione presuppone 4 voci (soprano, contralto,
tenore, basso); il soggetto e la risposta passano alternativamente da un
soggetto all’altro.
La distanza fra le entrate delle voci non è sempre uguale: molto spesso
soggetto e controsoggetto sono collegati da una coda.
Il soggetto e la risposta possono anche trovarsi in stretto, cioè la risposta
inizia mentre ancora la voce iniziale non ha terminato di esporre il soggetto.
In questo caso si parla di esposizione in forma di stretto.
Non tutte le entrate naturalmente devono essere in stretto: talvolta solo una o
alcune entrate sono in stretto, mentre le altre no.
Talvolta , soprattutto nelle fughe Bachiane si può trovare un brevissimo
episodio che prende il nome di divertimento fra la seconda e la terza entrata.
Si può trovare nella seconda voce tra la risposta e il controsoggetto.
Generalmente il numero di voci è sempre costante, a parte alcune licenze
riscontrabili in certe fughe di Bach, di Händel, di Scarlatti, in cui talvolta una
voce viene raddoppiata, o si trasforma in un accordo: questo succede
soprattutto nella parte conclusiva o, più in generale, quando il tema vuole
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essere posto in grande evidenza espressiva. In linea di massima comunque,
il numero di voci spazia da 2 a 6.
Le fughe per organo sono tipicamente a quattro voci (perché la voce più
bassa viene affidata alla pedaliera), le fughe scritte per clavicembalo sono più
spesso a tre voci, in quanto la presenza di una sola tastiera.
Il tipo di fuga che predilige un numero alto di voci è la fuga-ricercare, mentre
la fuga-danza preferisce tre voci, per una composizione più agile e
scorrevole.
È raro trovare fughe a due voci: più spesso queste sono chiamate fughette,
duetti o invenzioni.
Rarissime sono le fughe a sei voci, per la grande difficoltà compositiva.
Un esempio famoso di fuga a sei voci è il Ricercare a 6 dell'Offerta Musicale
(Bach).
Lo schema base di una fuga a quattro voci è il seguente:

1 VOCE SOGG CONTROSOGG LIBERA LIBERA


2 VOCE --------------- RISP CONTROSOGG LIBERA
3 VOCE --------------- ---------------------- SOGG CONTROSOG
4 VOCE --------------- ---------------------- --------------------- RISP

Le quattro voci sono le due voci gravi (Contralto e Basso) e le due voci acute
(Soprano e Tenore) che si trovano a due a due ad un’ottava di distanza.
Indicando con le iniziali ciascuna voce, le combinazioni più usate a quattro
voci sono SCTB e TCSB.
Possibilità meno usate sono CTBS e CTAS, rare CSBT e TBSC, quasi
sconosciute SBTC e BCST.
A tre voci sono più usate SCT e CSB.
Per libera si intende le parti libere, ovvero linee melodiche non obbligate, tali
quindi che durante lo sviluppo della fuga (a differenza del soggetto e del
controsoggetto) non devono necessariamente ripresentarsi nelle stesse
forme ritmico-melodiche.
La loro funzione durante l'esposizione è di riempimento, e si presentano in
quelle linee melodiche che hanno già eseguito soggetto e controsoggetto.
Nel resto della fuga invece, anche queste parti vengono spesso riprese e
utilizzate in modo attivo.
A queste formule di base sono applicabili molte varianti: non mancano casi in
cui la successione di entrate non prevede l'esatta alternanza di soggetto e
risposta (vedere più avanti la fuga 1 del primo volume del Clavicembalo Ben
Temperato dove l'alternanza è soggetto, risposta, risposta, soggetto), casi in
cui delle quattro voci tre propongono il soggetto, e solo una la risposta.

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Sebbene Bach non abbia creato questa forma compositiva, l’ha portata ai
suoi vertici espressivi e formali, particolarmente ne L'Arte della Fuga,
L'Offerta Musicale e ne Il Clavicembalo Ben Temperato.
Nel tempo la fuga è sopravvissuta attraverso i secoli per diversi motivi: in
primo luogo perché il contrappunto era considerato un elemento importante
per la formazione di un compositore; in secondo luogo perché la fuga seppe
adattarsi ai tempi sia rinnovando il proprio stile a seconda di quello del tempo,
sia presentandosi come rievocazione del contrappunto barocco.
Nel periodo neoclassico la fuga perse molta della sua importanza proprio
perché il neoclassicismo nacque come reazione alle complessità barocche.
Questo fece sì che già la generazione successiva a quella di Bach praticasse
molto più raramente la fuga: gli stessi figli di Bach, Karl Philipp Emanuel Bach
e Johann Christian Bach, ne sono un esempio.
Il fulcro dell'arte divenne la città di Vienna, dove lo stile di tendenza fu quello
della forma-sonata, su cui si basavano la sonata, la sinfonia, il concerto, e i
pezzi della musica da camera mentre lo stile contrappuntistico venne
mantenuto dalle composizioni sacre.
L'Ottocento è il secolo in cui avviene la riscoperta della musica antica (che,
pur non essendo caduta nell'oblio, era sconosciuta alla stragrande
maggioranza del pubblico) infatti molti compositori del tempo studiarono le
opere di Bach, Shumann, per esempio, scrisse ben sei fughe sul tema BACH.
Nel Novecento la fuga prende due strade diverse: mentre alcuni compositori
utilizzano questa forma come rievocazione del passato (come Ravel), altri la
applicano alle nuove strade compositive aperte dall'atonalità e dalla
dodecafonia.
Da non dimenticare il jazz: nel 1960 Dave Brubeck incide la suite "Points on
Jazz" per due pianoforti, in cui include anche una Fuga.

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Un Esempio di Analisi: La Fuga in

Do Maggiore tratta dal 1 libro del

Clavicembalo Ben Temperato

Ho scelto come esempio di Analisi una fuga tratta dal Clavicembalo Ben
Temperato proprio per il carattere “scolastico” della fuga stessa.
La fuga è a quattro voci ed è trascritta su un pentagramma doppio: le due
voci femminili (soprano e contralto) sono scritte in chiave di SOL (o di violino)
mentre le maschili (tenore e basso) sono scritte in chiave di BASSO.
Il soggetto di questa fuga dura una battuta e mezzo ed inizia con una pausa,
questo fa sì che la prima nota non è accentata.
La struttura ritmica del soggetto, nonostante la sua brevità, non è affatto
semplice, basta osservare la croma puntata e le due note che seguono che
valgono un trentaduesimo.

Ecco lo schema base della fuga:

BATTUTE 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

10
S

BATTUTE 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27

Il Soggetto è rappresentato dal colore azzurro, la risposta (non è altro che il


Soggetto alla Dominante) è rappresentata dal colore fucsia.
Durante l’esecuzione si trova una variazione del soggetto (parte colorata di
blu) e nelle battute 15-16 (parte colorata in rosso) il Soprano inizia un
accenno della risposta per poi fermarsi al SI e ripartire con il soggetto.
Le parti colorate di verde rappresenta il soggetto trasportato a gradi diversi
dalla dominante, in particolare: battuta 10-12 lo troviamo alla sopratonica
(trasportato un un tono sopra), 12-13 alla modale mediante o caratteristica
(trasportato tre toni sopra), 17-18 il basso esegue il soggetto alla sopratonica,
il tenore alla sottodominante (3 toni e mezzo sopra), 19-20 il contralto esegue
il soggetto alla modale mentre il tenore alla sottodominante, 21-22 alla
modale, 24-25 alla sottodominante.
La particolarità di questa fuga è quella di non possedere il controsoggetto.
La figura predominante è lo stretto, ovvero l’esecuzione del soggetto (o la
risposta) quando un’altra voce non ha ancora completato l’esecuzione del
proprio soggetto (o risposta).

Osservando lo schema sopra è molto semplice rilevare gli stretti (basta


osservare quando i colori si sovrappongono), comunque la tabella che segue
li riassume tutti:

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BATTUTE VOCI
7 SOPRANO E TENORE
10 BASSO E CONTRALTO
14 CONTRALTO E TENORE
15 BASSO E CONTRALTO
16 SOPRANO E CONTRALTO,
TENORE E BASSO
19 TENORE E CONTRALTO
21-22 SOPRANO E TENORE
24 TENORE E CONTRALTO

Da notare che gli stretti sono fatti con una certa logica: nel primo gruppo (in
fucsia) troviamo inizialmente le voci acute e gravi raggruppate tra loro (S+T e
C+B).
Nel secondo gruppo (in verde) troviamo le voci accoppiate secondo la loro
posizione sul pentagramma (S+A, A+T, T+B) e il cerchio perfetto viene
richiuso accoppiando l’ultima voce con la prima (B+S).
L’ultimo gruppo (in giallo) lascia fuori il basso, la voce più grave maschile e
accoppia il tenore in tre diverse combinazioni.
E’ curioso fare la somma delle voci degli stretti assegnando al soprano 1, al
contralto 2, al tenore 3 e al basso 4.

1+3+4+2+2+3+4+1+1+2+3+4+3+2+1+3+3+4= 46

Ma dei 9 stretti che abbiamo elencato, ce n’è uno (battuta 19) in cui il tenore
non esegue il soggetto ma una variazione del soggetto, quindi è utile sottrarlo
perché non è uno stretto dal punto di vista ritmico.

46 - (2+3) = 41

E guarda caso, il risultato fa parte dei numeri Bachiani.


Nella fuga troviamo gli episodi, tipiche figure delle fughe Bachiane e sono gli
intervalli di tempo che intercorrono tra due esecuzioni vicine di soggetti (o
risposte).
In questa fuga ne segnaliamo due: tra la fine della battuta 13 e l’inizio della
battuta 14 e tra la fine 23 e l’inizio della 24.
Il tempo è 4/4 (si può scrivere anche con una C, anticamente era un
semicerchio) e l’andamento è calmo quando troviamo le semiminime e il
ritmo diventa incalzante con le crome e semicrome.
Nel soggetto abbiamo una nota puntata proprio per accentuare il soggetto.
Quando eseguiamo le fughe in genere il metronomo viene messo circa a 60.
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Importanti da sottolineare sono gli abbellimenti che si trovano nella battuta
13, 18 e 19.
In particolare troviamo due trilli (13 e 18) e un mordente (19).
Il trillo è un abbellimento molto usato nel barocco mentre il mordente è
utilizzato nella musica più tardiva, come quella di Mozart.
Questo sta a dimostrare la modernità di Bach.
Dal punto di vista dell’espressività nell’esecuzione del soggetto, abbiamo due
diverse interpretazioni:

INTERPRETAZIONE 1: il
soggetto viene diviso in due
parti: PIANO, FORTE
PIANO.

INTERPRETAZIONE 2: il
climax non segue il soggetto
ma l’andamento delle
battute.

La tonalità della fuga è DO maggiore, si può osservare dalle ultime note


(tenore e basso DO, il soprano SI, contralto MI-SOL) e dalla sensibile (SI)
eseguita dal soprano.

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L’Arte della Fuga

L'arte della fuga (Die Kunst der Fuge), BWV 1080, è un'opera incompiuta e
postuma di Johann Sebastian Bach composta negli anni 1748-1749 e
pubblicata dopo la sua morte avvenuta nel 1750.
Inizialmente si pensava che l’opera non potesse essere attribuita allo stesso
Bach perché non è stata scritta con la sua grafia, infatti sembra che la
scrittura sia di suo figlio primogenito perché il compositore negli ultimi anni
della Sua vita era praticamente cieco e non riusciva più a scrivere in modo
autonomo.
L’arte della fuga è composta da quattordici fughe e quattro canoni (il 14,
numero di Bach e il 4 Dio in terra).
Le fughe contenute sono tra le più complesse mai composte, ed in generale
l'opera viene ritenuta uno dei vertici più alti che la composizione musicale
abbia mai toccato.
L'arte della fuga si adatta all'estensione comunemente disponibile sugli
strumenti del tempo di Bach clavicembalo, organo, da quartetto d'archi,
quartetto di viole da gamba o piccola orchestra.
La cosa più curiosa è che le composizioni possono essere eseguite da
strumenti “moderni”, ovvero che non esistevano ancora ai tempi di Bach,
parliamo ad esempio del pianoforte.
Esistono inoltre delle versioni di queste fughe scritte per orchestra sinfonica.
Le fughe sono semplicemente intitolate "Contrapunctus" con un numero
romano progressivo, in qualche caso con delle descrizioni aggiuntive che
indicano il tipo di contrappunto utilizzato.
Le ipotesi sull'attribuzione del manoscritto de “L'Arte della Fuga” sono
molteplici.
C'è chi dice che questa opera sia stata interamente dettata da Bach sul letto
di morte ma in realtà questo componimento è talmente complesso che
sicuramente deve essere stato scritto in almeno 10-15 anni (quindi risale ad
un epoca in cui il compositore stava bene).
La grafia senza incertezze infatti dimostra che colui che scriveva non poteva
essere cieco e malato.
Il manoscritto in bella copia sembra risalire al 1742 (n.d.r. quarda caso
1+7+4+2 = 14) mentre l’edizione a stampa è del 1751 (sicuramente
posteriore alla morte di Bach).
È certo però che il corale, ultimo componimento dell' ”Arte della Fuga”, è
stato dettato da Bach, ormai sul letto di morte, al genero Johann Christoph

14
Altniko (il manoscritto originale è stato perduto ma nell'edizione di Lipsia
troviamo l'introduzione scritta appunto dal genero).

Il Contrapunctus XIV

Alcune edizioni chiamano erroneamente questa fuga Contrapunctus XIX (in


realtà è il quattordicesimo ma compare come diciannovesimo brano, esso
infatti segue i 13 contrappunti, le due variazioni del contrappunto XII e XIII e 5
corali)
Il Contrapunctus XIV è chiamato fuga a tre soggetti, per questo si può
suddividere in tre parti.
Le voci sono 4, infatti osserviamo un pentagramma quadruplo dove troviamo
la chiave di soprano, di contralto, di tenore e di basso.
La prima parte si apre con il basso che inizia con il soggetto:

Successivamente continua il tenore con la risposta. Questa risposta è di tipo


tonale perché non è esattamente il soggetto alla dominante.

Continua con l’entrata del contralto e del soprano.

Nello schema sottostante è indicato il soggetto (in blu) e la risposta (rosso):

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La tonalità della prima parte è il re minore.

L’alterazione in chiave è il sib, le ultime note sono (partendo dall’alto) il FA,


RE, LA, RE; troviamo inoltre la sensibile di re nella seconda battuta (DO #).

La seconda parte inizia con il contralto con un soggetto abbastanza lungo,


segue poi il soprano, il basso e il tenore.

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Ulteriore dimostrazione che anche questa seconda parte è in Re minore:

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Il Sib continua ad essere in chiave e vediamo rispettivamente finire questa
parte con SOL, SIb, SIb, SOL.
Nella penultima battuta troviamo il Mib, oltre che al sib. La tonalità modula dal
Re minore al Sib maggiore.
Nella terza parte il soggetto è molto breve: SIb, LA, DO, SI (che tradotto in
notazione tedesca diventa B-A-C-H).

Nella figura possiamo osservare il soggetto (in blu) e la risposta (rosso).


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Nella sesta battuta possiamo osservare un mordente superiore eseguito dal
tenore (se eseguirà quindi RE DO RE).
Questo tipo di abbellimento, poco usato nel barocco, dimostra che Bach ha
preceduto i tempi.

Questa terza parte è incompiuta:

Nella battuta 237 troviamo il FA#, DO#, nella 238 abbiamo di nuovo il DO#.
Nell’ultima battuta invece il DO ritorna naturale così come il SI che da
bemolle diventa Bequadro.
La battuta 239 è assente nel soprano, nel contralto e basso si trova solo ¼
della battuta 239 mentre per il tenore la battuta è completa.
La pagina autografa raffigurata nell'immagine in basso contiene una nota,
con la calligrafia di uno dei figli di Bach, Carl Philipp Emanuel Bach.
Il Contrapunctus XIV suscita a molti grande mistero.
Christoph Wolff (musicologo) sostiene che Bach abbia terminato la fuga su
altri fogli pentagrammati andati persi (ipotesi del “frammento x”), per alcuni
sembra che la grafia non sia quella di Bach ma sia del figlio o comunque di
qualche allievo (che sapeva imitare bene la scrittura del Maestro), altri invece
sostengono che Bach abbia scritto di suo pugno tutta l'”Arte della Fuga”
lasciando volutamente incompiuto il “Contrapunctus XIV”.
Un altro mistero intorno a questo contrappunto riguarda la nota autografata
dal figlio di Bach: come mai un bravo musicista come Carl Philiph Bach ha
scambiato il soggetto della fuga (B-A-C-H) per un controsoggetto? (errore
che qualsiasi
persona che studia musica non
avrebbe mai fatto!)
Il titolo "Fuga a 3 soggetti" non è
autografo ma fu dato da C.Ph.E.
Bach; inoltre il necrologio di Bach
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fa menzione a questo proposito di "una bozza per una fuga che doveva
contenere quattro temi in quattro voci".

La Matrice di permutazione

Nel 1991 è stata pubblicata da Zoltán Göncz una teoria in cui si dimostrava
l’aggiunta del quarto soggetto.
Riassumiamo adesso la durata dei soggetti e l’ordine delle voci, per
convenzione consideriamo le risposte come soggetti visto che non sono altro
che soggetti alla dominante.
Il primo soggetto inizia dalla misura 1 con il basso, viene ripetuto dal tenore,
dal soprano e termina alla misura 21 con il contralto.
Il secondo soggetto inizia dalla misura 114 con il contralto viene ripetuto dal
soprano, dal basso e termina alla misura 141 con il tenore.
Il terzo soggetto inizia dalla misura 193 con il tenore, viene ripetuto dal
contralto, dal soprano e termina alla misura 207 con il basso.
Costruiamo adesso per ogni soggetto una matrice in cui le righe
rappresentano le voci (partendo dall’alto soprano, contralto, tenore e basso)
mentre le colonne rappresentano la durata del soggetto.
Mettiamo gli zeri quando troviamo delle pause e quando la voce ha
completato di eseguire il soggetto.

0 0 0 1 0 2 0 0 0 0 3 0
0 0 1 0 2 0 0 0 0 3 0 0
0 1 0 0 0 0 0 2 3 0 0 0
1 0 0 0 0 0 2 0 0 0 0 3

Se sommiamo il tutto otteniamo:

0 2 3 1
2 3 1 0
3 1 0 2
1 0 2 3

Al posto degli zeri, possiamo inserire il quarto soggetto. Così facendo


otteniamo una matrice di permutazione, matrice che contiene come colonne
una permutazione di 4 oggetti.

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4 2 3 1
2 3 1 4
3 1 4 2
1 4 2 3

La scoperta della matrice di permutazione dimostra quindi che Bach al


momento della stesura avesse gia' programmato l'inserimento del quarto
soggetto.
Grazie a questa straordinaria scoperta, si e' potuto ottenere una ricostruzione
del Contrapunctus XIV, che potrebbe avvicinarsi alla forma originale
progettata da Bach.
Molti critici ritengono che la fuga incompiuta sia destinata per quattro
soggetti, Davitt Moroney e Christoph Wolff sostengono che il tema di apertura
del Contrapunctus I che doveva essere introdotto come quarto soggetto.
Ma l’ordine di entrata delle voci nel Contrapunctus I è Contralto, Soprano,
Basso e Tenore e affinché si formi la matrice di permutazione si dovrebbe
scambiare l’ordine di entrata delle voci eseguendole nell’ordine Soprano,
basso, tenore e contralto.

Un Finale non Finale

Molti musicisti e musicologi hanno operato delle congetture sulla parte finale
mancante al Contrapunctus XIV e hanno scritto una propria versione, tra
questi in particolare il teorico musicale Hugo Riemann, il musicologo Donald
Tovey (all'interno dell'edizione per quartetto d'archi dell'Arte della Fuga),
l'organista Helmut Walcha, e il musicologo e clavicembalista Davitt Moroney.
La "Fantasia Contrappuntistica" di Ferruccio Busoni è basata sul
Contrapunctus XIV, ma è più un'opera di Busoni che di Bach.
Il completamento di Moroney è il più breve, considerato da alcuni come il più
convincente.
La registrazione di Glenn Gould si interrompe volutamente a volume pieno
sul battere della misura 233 (il termine della versione a stampa del 1751); il
manoscritto continua fino al battere della misura 239 e la voce di tenore fino
alla fine della stessa misura.
Molti esecutori aggiungono queste battute, spesso "smorzando" sulle ultime
note.

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Non si può escludere che Bach volesse questa fuga incompiuta visto che il
manoscritto si interrompe dopo che il basso esegue interamente il primo
soggetto.
La struttura sembrerebbe quindi costruita come se fosse un cerchio: dopo
che si è percorso tutto si ritorna al punto di partenza.

Una Voce Nel Silenzio…

Nel 1968 Paolo Limiti e Elio Isola hanno scritto una bellissima canzone
intitolata “La Voce del Silenzio” interpretata per la prima volta da Dion Worrick
(zia di Witney Houston) e da Mario del Monaco.
Interpretazione strepitosa nel 1979 portata in scena alla Bussola dalla grande
Mina e altri interpreti come Massimo Ranieri, Francesco Renga e Andrea
Bocelli.
Gli appassionati di Bach possono benissimo riconoscere le note del Preludio
II tratto dal libro II del Clavicembalo ben Temperato (BWV 871).
Ma anche i ProculHorum hanno ripreso Bach, infatti l’introduzione del brano
A water Shade of Pale (è stata fatta la versione italiana “ Senza Luce”)
ricorda molto l’Aria sulla quarta corda.
Non dimentichiamo inoltre che la musica della celeberrima “Ave Maria” di
Gunod, è stata ripresa dal Preludio I del Clavicembalo Ben Temperato
(libro I).
Anche in “Settimaanima”, brano tratto dal Musical “Pia de’ Tolomei” di Gianna
Nannini ritroviamo un accenno della fuga incompiuta.
Recentemente anche Lucio Dalla ha scritto un Musical “Tosca, amore
disperato” in cui riprende non solo il grande maestro Puccini (quando Sidonia
canta “Amore disperato”, la melodia di questa frase ricorda molto la musica di
“Ah, quando vien lo sgelo” di Puccini) ma nello stesso musical Dalla riprende
il preludio II del Clavicembalo ben temperato di Bach (libro II) durante
l’introduzione della canzone cantata da Angelotti intitolata “Libertà”.
Purtroppo però Lucio Dalla ha dovuto cambiare qualche nota perché avrebbe
plagiato Elio Isola e non J.S.Bach. Sono questi i paradossi della SIAE (ma
questa è un’altra storia!).

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Ancora un altro Mistero…

Bach ed Haendel si incontrarono mai?


Questa domanda non ha ancora oggi una risposta definitiva.
Non esistono prove dell’avvenuto incontro, ma questo non lo esclude.
Pare che Johann Sebastian Bach manifestò un certo interesse verso il
maestro che fece un viaggio a Dussendorf alla ricerca di musicisti.
Sembra che lo stesso Bach abbia affrontato un viaggio di circa 20 miglia per
incontrarlo, ma lo mancò di pochi giorni.
Dieci anni dopo, Handel ripetè il viaggio in Europa alla ricerca nuovamente di
cantanti da scritturare e il primogenito di Bach, Wilhelm Friedemann, lo invitò
ad incontrare suo padre a Lipsia, ma pare che Handel declinò l’invito, non
perché non aveva stima ma fu rifiutato perché era intento a cercare cantanti.
L’ipotesi che Hendel abbia declinato l’invito perché disinteressato al maestro
è da escludere perché nella biblioteca di Hendel furono ritrovate alcune
pagine del grande Bach a testimonianza della stima che egli nutriva.
Probabilmente il suo mettere in secondo piano questo incontro non era da
attribuire all’indifferenza, quanto al fatto che non si sapeva chi fosse
veramente.
Chissà, forse pentito dalla scelta sbagliata può darsi che possa aver
raggiunto Bach a Lipsia scambiandosi i loro segreti musicali…

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Bibliografia

Jacques Chailley, L'Art de la fugue de J.-S. Bach. Étude critique des sources.
Remise en ordre du plan. Analyse de l'œuvre, Paris, Leduc 1971

Mario G.Genesi, L'Arte della Variazione,Bergamo,Ediz. Music. Carrara,1999.

Luigi Rossi “Teoria Musicale”

Cresti “Storia della Musica”

Renato Dionisi “Appunti di Analisi formale”

Le Garzatine Musica

Eddy Anselmi, Festival di Sanremo. Almanacco illustrato della canzone


italiana, edizioni Panini, Modena, alla voce Isola, Elio, pag. 744

Göncz, Z.: Ricostruzione del Contrapunctus finale di L'Arte della Fuga, in:
International Journal of Musicology Vol. 5

http://www.jsbach.org

http://www.bach-cantatas.com

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L’autrice

Caterina Ferri nasce a Camaiore nel 1985.


Canta dall'età di 3 anni e mezzo e nel 1989 vince il suo primo concorso di
canto. Suona la chitarra da 15 anni e ha studiato pianoforte per 3 anni.
Nel 2001 consegue il diploma di solfeggio presso il conservatorio Luigi
Boccherini di Lucca e spera di poter completare gli esami dopo aver
conseguito la Laurea Magistrale in Biologia Molecolare Cellulare.
Nel 2005 si appassiona di Musical e l'anno dopo diventa vice presidente del
gruppo teatrale tersicoreo di Angelo Polacci, compagnia teatrale di Forte dei
Marmi.
Nel 2007 dopo aver frequentato un corso di recitazione intraprende la strada
del teatro comico.
Nel 2009 fonda l'associazione culturale “Forte in...Canto” con sede a Forte
dei Marmi e inizia a studiare danza moderna.
Nel 2010 si laurea in Scienza Biologiche Molecolari.
Esibizioni in locali come La Capannina di Forte dei Marmi, La Bussola, Twiga
e in vari teatri della Toscana.
Collaborazioni con artisti come Alessandra del Paolo Limiti show e preso
parte agli spettacoli nell'ambito di “Estate al Forte” a Forte dei Marmi di
Aleandro Baldi, I nuovi Angeli, Andrea Mingardi, Tiziana Rivale e tanti altri...
Attualmente allestisce musicals e spettacoli musicali ricoprendo sempre il
ruolo di protagoinista e ogni estate porta in scena a Forte dei Marmi il suo
spettacolo “Caterina Ferri in concerto”

Contatto e-mail: mailto://forteincanto@tiscali.it

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