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PER LE NOBILISSIME NOZZE
GRIMANI - FRACANZANI
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DA VENEZIA A COSTANTINOPOLI
DI M. PAOLO CONTARINI
nel 1580
VENEZIA
COI TIPI DI TERESA GATTEI
1856
Ott.3155.80
1
Al llobile Signor Conte
,
naggio la cui famiglia fu già congiunta coi
vincoli d'amicizia
, e di sangue a quella dell ot
tima di Lei Madre. E quando li alberghera
il suo pittoresco e delizioso castello di Aonte
sarà
per venire meno giammai.
Venezia, Aprile 1856.
Obbligatissimo Servo ed Amico
GIROLAMO OLIVIERI
av pertimento
V. LAZARI.
Partii di collegio il12 aprile 1880.Addi 2 maggio , il
lunedì notte venendo il martedì , partimmo col nome di Dio
da Venezia , ed a remi tutta la notte facemmo il nostro viag
gio . La mattina al levar del sole vedemmo l'Istria , e alle 19
ore arrivammo in porto di Parenzo, dal quale partimmo su
bito, messo un uomo di galera in terra ; e andammo a dirit
tura a Rovigno, e vi ci fermammo tutto il giorno, andando
poi a cena allo scoglio dei frati di sant Andrea .
Partimmo tre ore innanzi giorno, e felicemente passam
mo il Quarnaro , di mattina , e desinato continuammo il viag
gio a san Piero di Nembo, ed ivi ci fermammo a cena fino a tre
ore innanzi giorno, che levammo , ed andammo a messa a
Zara col clarissimo capitano, perchè era ammalato il clarissi
simo conte ; desinammo , e cenammo con sua clarissima signo
ria, e a due ore di notte montammo in galera , ed andammo a
remi ed a vela a desinare a Sebenico . Il clarissimo conte
2
7
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galleria parte coperta e parte discoperta , belli orti con cedri ,
aranci , e pergolati bellissimi ; all' entrare, un sottoportico
grande in colonne, ed una vaghissima peschiera , copiosa di
buoni pesci . In questa casa stemmo il lunedì, martedi , mer
coledì e giovedì fin dopo desinare ; nel qual tempo messer
Pasquale dragomano , venuto con due gianizzeri , l'uno chia
mato Cussein Brano e l'altro Musli, assai umano , andò fuori a
provveder dei cavalli per la mia andata .
Venne in questo tempo che mi fermai in porto santa
Croce il reverendissimo vescovo di Nona a ricercarmi ch' io
fossi contento che venisse meco al viaggio di Costantinopoli ;
io , che non avevo prima intesa cosa alcuna a Venezia ch' ei
fosse stato spedito da Sua Santità per andar a rivedere e rego
lare le chiese di Pera con l'autorità di Sua Santità , parendomi
la cosa nuova e d'importanza , lo ripresi moderatamente che
si avesse così leggermente messo a questa impresa , e gli con
siderai li rispetti e li accidenti che poteano occorrere avendo
fatto questa risoluzione, essendo suddito di questo serenissi
mo dominio , senza farne pur motto a Sua Serenità . Si escusò
in due modi, prima ch'è stato occupato di maniera che non
avea potuto far cosa alcuna , e che poi si era confidato negli
nfizi che avea in commissione di fare il reverendissimo nun
zio apostolico in Venezia , e mi mostrò la lettera dell'illustris
simo da Como scritta al nunzio in questo proposito a nome di
Sua Beatitudine. Gli dissi che avea compagnia così grossa che
non potevo accettarlo nella mia compagnia senza grandissimo
anzi certissimo pericolo di ritardare il viaggio per mancamen
to di cavalli ; chè oltre la mia famiglia avevo sei gentiluomini
veneziani , li magnifici messer Tomà Mocenigo, messer Maffeo
Venier , messer Almorò Nani , messer Filippo da Molin, messer
Piero Venier Mosson e messer Nicolò Michiel , le loro some e
i loro servitori , e quattro gentiluomini francesi ; perciò lo pre
gai ad avermi per iscusato perchè , oltre questo rispetto, non
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DA VENEZIA A COSTANTINOPOLI
DI M. PAOLO CONTARINI
nel 1580
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COI TIPI DI TERESA GATTEI
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permetta , Mobile Sig. Conte,che sotto
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Paolo Contarini, nato di Dionigi del casato soprannomi
nato dalle Figure, il dì 23 gennaio 1529, incominciò nel
1555 la sua carriera politica qual Savio agli ordini, e fu nel
57 eletto Sindaco in Levante. Sostenuta lodevolmente nel 62
la podestaria e capitaneria di Feltre, sedette nel 67 fra i Dieci
Savii sopra la decima, importante magistratura censuaria,
e l'anno appresso ſu Avvogadore del comune. Mandato nel
1571 Provveditore al Zante, seppe così accortamente indaga
re tutti i moti dell'armata turchesca, e così ne tenne raggua
gliati e il Senato Veneto e gli ammiragli della Cristianità,
che non poco contribuì ai fortunati successi della gloriosissi
ma ma infruttuosa giornata di Lepanto. Ripatriato, e Avvo
gadore per la seconda volta nel 73, fu inviato nel 75 Capita
no a Candia. Le molte benemerenze acquistatesi dal Contarini,
in patria e fuori, determinarono il Maggior Consiglio il 12
novembre 1579 a destinarlo al bailaggio di Costantinopoli,
vacante per la morte di Nicolò Barbarigo, e lo si munì della
relativa commissione il dì 19 marzo 1580. Tenne degnamen
te l'onorevolissimo e difficil mandato, e di quanto opero finchè
risiedette alla Porta egli stesso ce ne ha ragguagliati nel
la bella relazione che lesse ritornato in patria nel 1585. In
quest'anno medesimo ſu nominato Savio del consiglio, e nel
l'84 Provveditore Generale in Terraferma. Ricondottosi poi
a Venezia, quel degno patrizio finì nel giugno 1585 una vita
onorata, spesa tutta me servigi della sua patria.
Tale è l'uomo di cui il benevolo lettore seguirà ora i
passi, nello scorrere la narrazione dell'andata di lui alla ca
pitale dell'Impero Ottomano. Non sarà inutile l'accennare
che la ortografia de'nomi geografici si mantenne quale ci era
data dal testo a penna, di cui non si alterarono fuorchè le
forme antiquate, come pure si voltò nella lingua comune d'I
talia qualche vocabolo del nostro dialetto, che inintelligibile
sarebbe riescito al lettore non veneziano.
V. LAZARI.
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galleria parte coperta e parte discoperta, belli orti con cedri,
aranci, e pergolati bellissimi; all'entrare, un sottoportico
grande in colonne, ed una vaghissima peschiera, copiosa di
buoni pesci. In questa casa stemmo il lunedì, martedì, mer
coledì e giovedì fin dopo desinare; nel qual tempo messer
Pasquale dragomano, venuto con due gianizzeri, l'uno chia
mato Cussein Brano e l'altro Musli, assai umano, andò fuori a
provveder dei cavalli per la mia andata.
Venne in questo tempo che mi fermai in porto santa
Croce il reverendissimo vescovo di Nona a ricercarmi ch'io
fossi contento che venisse meco al viaggio di Costantinopoli;
io, che non avevo prima intesa cosa alcuna a Venezia ch'ei
fosse stato spedito da Sua Santità per andar a rivedere e rego
lare le chiese di Pera con l'autorità di Sua Santità, parendomi
la cosa nuova e d'importanza, lo ripresi moderatamente che
si avesse così leggermente messo a questa impresa, e gli con
siderai li rispetti e li accidenti che poteano occorrere avendo
fatto questa risoluzione, essendo suddito di questo serenissi
mo dominio, senza farne pur motto a Sua Serenità. Si escusò
in due modi, prima ch'è stato occupato di maniera che non
avea potuto far cosa alcuna, e che poi si era confidato negli
ufizi che avea in commissione di fare il reverendissimo nun
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l'avrei fatto senza farne prima motto con Sua Serenità. Venne
poi un turco spedito dall'agà de gianizzeri verso Venezia per
ricuperare un turco concambiato per volere di Sua Serenità
con un cristiano suddito di questo stato, e mi ricercò ch'io
dovessi accomodarlo di galera; lo feci accettar dal magnifico
messer Cristoforo Venier, ch'era venuto d'Istria fino a Ragu
si per accompagnarmi, di nostra conserva; il qual magnifico
gentiluomo era stato da me lasciato a Caoinmano, primo del
tenere dei signori ragusei, per avere la risoluzione d'un tur
co, ch'era stato concambiato dal clarissimo Barbarigo mio
predecessore di buona memoria con un alfiere del quondam
signor Alvise Martinengo, il qual era stato liberato sopra la
parola di esso clarissimo bailo dalli parenti del detto turco,
ed ora lo ricercavano con molta instanza. Tornò con la risposta
del clarissimo capitano del golfo, che fatta ogni diligente in
quisizione, non avea trovato detto turco nè sopra i libri delle
galere, nè sopra le galere istesse per diligente inquisizione
che abbia fatto.
Venne poi il secondo giorno dopo giunto a Ragusi il
chiaùs spedito per l'affare di Salomon tedesco per la nave
Girarda, ed alloggiato in Ragusi addimandò passaggio a quei
signori per Venezia ; essi vennero a me, e mi ricercarono di
farlo accettare dalle galere; dissi che alle galere, accompagna
to che mi aveano a Ragusi, non avevo autorità di comandare
in altro, perchè restavano all'obbedienza dei clarissimi capi
tani da mare, da quali avevano ordine d'andar subito a tro
varli. Mandò poi il detto chialis a ricercarmi l'istesso per ser
Pasquale dragomano; gli mandai a dire che una delle galere
, era già partita, e l'altra partiva allora allora, che andavano
alle sue guardie deputate contro Uscocchi, all'obbedienza dei
capitani da mare. Mi ricercò di scrivere a Venezia dell'arrivo
suo in Ragusi, e del desiderio che teneva d'esser accomodato
di una galera fino a Venezia; gli feci intendere che averia scrit
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to, ma che dubitavo che a questo tempo saria stato con diffi
coltà compiaciuto, essendo tutte le galere del golfo impiegate
alle guardie contro Uscocchi e contro corsari.
Arrivarono tutti li cavalli il mercoledì, vigilia dell'Ascen
sione, al tardi; e la mattina, fatta una buona colezione, mon
tammo a cavallo, accompagnati da due signori ragusei, che
vennero prima a far l'ufizio di complimento; ed entrati in Ra
gusi per una porta, ne uscimmo per l'altra. Feci dar le solite
cortesie al guardiano della casa, al comandadore deputato alla
nostra casa, alli guardiani di sanità, al vecchio soprastante, ed
a quello che mi portò sul partire sei scatole di confetti e sei
candele, ed uno zecchino alli soldati della porta. Mi accompa
gnarono li due signori ragusei fino fuori, e preser licenza.
Noi, continuando il nostro viaggio, montammo un'altis
sima montagna, con strada crudelissima, precipitosa e tutta di
sasso, con caldo eccessivo, essendo sul mezzogiorno; e per
la medesima strada, aspra più che l'alpe del Moncenisio di
Francia e l'Apennino, smontammo dopo fatte venti miglia, a
mezz'ora di notte, vicini ad una bella fiumaja detta Tribina,
presso ad una villa di Gomiliani; tirati li padiglioni ed acco
modate le some, si cenò così alla cavalcheresca, ma avemmo
buoni capretti arrostiti allora allora; e dormimmo saporita
mente. Li capretti furono portati da Marco Vanissirichi capo
della nostra carovana.
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schissima acqua. Desinato, e riposatici fino alle ore 18, man
dammo le some innanzi, e noi alle 19 e mezzo partimmo e se
guimmo il nostro viaggio. Passata la valle, pervenimmo alla
campagna detta Nissava, e lasciammo a parte sinistra la ter
ra detta Assarchioi in turco e in schiavo Pinor, appresso del
la quale corre il fiume Nissava, ed alloggiammo vicini alla
terra in una villa detta Siridurica.
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strada tra monti e boschi è tenuta cattiva per malandrini.
Riposati alquanto, dopo desinato, montammo a cavallo, e se
guimmo il nostro viaggio con un poco di pioggia, sul dorso
pure del monte per un pezzo, e poi per pianura, parte culta
e parte no, con molte selve di roveri, e pervenimmo ad una
villa detta Novoselo cioè Villanova, ove trovammo vino non
buono condottovi da Filippopoli, capretti ad aspri 18, ova a
sette all'aspro, polli cari, gente amorevole, ma disperata.
Ci partimmo la mattina all'alba e, passata una corrente
acquetta, giungemmo ad una gran campagna poco culta e
piena di selve di roveri, terreno sabbion negro, e così fino a
Basardich. Ma prima si guadò la fiumaja detta Casineleri, per
chè il bel ponte di sei vòlti di pietra era rotto. E prima tro
vammo un bellissimo luogo, e come un bosco di diversi frut
ti, che solea esser di un indovino di Sultan Suliman, che glielo
avea donato per suo diporto, ed ora va in rovina. Basardich,
assai maggiore di Fochia, mercantile e di passaggio, ha le case
coperte di coppi, molte moschee e bazari. Incontrammo molti
spaì che andavano a Sofia, ed alcuni detti salictari con ban
diere rosse e bianche, i quali non son soliti cavalcare se non
per gran bisogno, quando cavalca la persona del gransignore,
che gli vanno per guardia alla parte sinistra e sono al numero
di quattromila. Trovammo un bosco di roveri a parte destra,
vecchi e chiari, e poi passammo a guazzo una fiumaja assai
corrente, Corucai in turco e in schiavo Jano; e finalmente,
fatte miglia 12, ci cavammo mezzo miglio di strada per tro
var ombra, e andammo a riposare sotto alcuni frondosi roveri
con buonissimo pascolo, ma cattiv'acqua e non vino.
Partimmo a 16 ore, e per campagna, uscendo della Bul
garia, entrammo nella Romania e campagna di Filippopoli,
tutta coltivata, senz'alberi, e poc'acqua in certi pozzi. Ve
demmo per questa campagna de monticelli o tumuli, il ter
reno era parte sabbioniccio, parte carantoso, ma però le biade
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muraglia ch'è di tre cinte di muro, una sotto l'altra, con una
fossa assai larga. Ed entrando in un lunghissimo borgo ve
demmo la sepoltura di Mehemet Bassà e de'figliuoli, e poi ve
nimmo all'Acque dolci, dove aspettammo i cocchi e le some,
e desinammo sotto un padiglione di legname coperto di cop
pi e dipinto; nel quale si solea ridur alcuna volta Sultan
Selim pe piaceri della caccia dei falconi. Venne poi Mustafà
chiaùs accompagnato da altri che messe il padiglion suo poco
discosto dal nostro, e poi il Colombina per istare alla cura
nostra fin la mattina; i quali cenarono con noi, e poi ne con
dussero così a piedi a vedere li mulini e l'ingegno di raffinare
la polvere, fin dove si meschia l'acqua salsa con la dolce. Alli
15, la mattina di san Vito, montai a cavallo con tutta la com
pagnia, levato dal chias bassà, accompagnato da 60 chialis
e dall'agà delli spai, seguito da molti spai e da molti gianiz
zeri con li archibusi, da tutte le corti dei principi, e final
mente da tutti li mercanti cristiani, perotti, sciotti, veneziani
e d'altre nazioni, ſui condotto alla mia abitazione. Restarono
a desinar meco più di 200 persone, e il banchetto ſu grande
ed onorato.
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