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Ott
3155
80
Ott.3155.80

Harvard College Library


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COLLECTION ON TURKEY AND THE


EASTERN QUESTION
GIFT OF

JOSEPH RANDOLPH COOLIDGE


LL.B. 1854
OF BOSTON

FROM THE LIBRARY OF

M. CHARLES SCHEFER , OF PARIS


Received June 1 , 1899
Ott.3155,80
3barbarù (College Library

00LLE0TION 0N TURKEY AND THE


EASTERN QUESTION
GIFT OF

JOSEPH RANDOLPH COOLIDGE


LL. E. 18524

OF BOSTON

FROM THE LIBRARY OF

M. CHARLES SCHEFER, of PARIs


Received June 1, 1899
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PER LE NOBILISSIME NOZZE

GRIMANI - FRACANZANI

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DI DE

DA VENEZIA A COSTANTINOPOLI

DI M. PAOLO CONTARINI

CHE ANDAVA BAILO

PER LA REPUBBLICA VENETA ALLA PORTA OTTOMANA

nel 1580

ORA PER LA PRIMA VOLTA PUBBLICATO


) n
Ve

VENEZIA
COI TIPI DI TERESA GATTEI
1856
Ott.3155.80

Harvard College Library ,


Gift of
Joseph Ranioloh Coolidge ,
june, 1899 .

1
Al llobile Signor Conte

MARCO ANTONIO GRIMANI

Ciambellano di S. M. I. R. A. , Deputato provinciale

Mi permetta, Nobile Sig. Conte,che sotto

l'egida del Suo nome io copra questo lieve pe

gro dei sentimenti, che provo bisogno di ester


nare in cosi fausta occasione.Mi dà diritto e

più che diritto, un dolce dovere, di prendere


parte alla comune esultanza la costante beneva
lenza e oltre
Cantica amicizia con cui por

mezzo secolo fui legato alla di " Lei illustre


con buon
Famiglia. Voglia Ella accogliere

animo queste poche pagine che non saranno

agradité a chi è amante delle venete cose , e

onora il Veneto Patriziato. Ella vorrà presen

tarle agliSposi come l'opera d'un illustre perso

,
naggio la cui famiglia fu già congiunta coi
vincoli d'amicizia
, e di sangue a quella dell ot
tima di Lei Madre. E quando li alberghera
il suo pittoresco e delizioso castello di Aonte

galda, nel rammentare che da Piucchebella


Contarini dalle Figure, moglie del doge

Wicolo Dona,proveniva efo nelladi Lei


il
Famiglia, forse ricorderanno efi ancora
debile omaggio della mia riconoscenza.
Il cielo che ha esaudito le e
mie preci,

compito i miei voti e quando li innalzava per

Lei fanciullo,equandonefesteggiava le feicfime


nozze
, non mancherà ancora questa volta di
ascoltarmi, e benedire al matrimonio del figlio,

come ha benedetto pienamente al matrimonia


del padre

E me ne è caparra sicura l'esperienza ,

che da nobile pianta non può germogliare che

nobile frutto, é che l'opera che si appoggia sulle


dell'amo
basi più secure età amorere non
dellapi
piet à e dell

sarà
per venire meno giammai.
Venezia, Aprile 1856.
Obbligatissimo Servo ed Amico
GIROLAMO OLIVIERI
av pertimento

Le descrizioni dei viaggi di veneti baili ed oratori alla


Porta Ottomana devono a buon dritto noverarsi tra le più
curiose fonti dalle quali possiamo attingere interessanti par
ticolari intorno ai paesi ed agli abitanti di una notevol parte
d'Europa, che dal XV al XVIII secolo ebbe scarsi visitatori.
Primo a pubblicarne fu Benedetto Ramberti che accompagnò
nel 1533 Daniello de Ludovici inviato dalla Repubblica di
Venezia a Sultan Solimano , e questo viaggio vide la luce coi
tipi d'Aldo nel 1539. Carlo Renzo stampo a Torino nel 1616
la descrizione dell'andata a Costantinopoli di Jacopo Soranzo
spedito oratore a congratularsi con Murad III del suo esal
tamento al trono nel 1575 ; siccome quella dell'ultimo viag
gio del Soranzo medesimo, inviato alla Porta nel 1582 per
assistere alla circoncisione di Mohammed figliuolo di Sultan
Murad , si diede l'anno 1844 nel VI volume delle Relazioni
degli Ambasciatori Veneti del secolo XVI edite a Firenze dal
benemerito prof. Eugenio Albèri. Antonio Benetti narrò molto
particolareggiatamente l'andata e il ritorno del bailo Giam
batista Donà dal 1680 all'84, e questo lavoro si pubblico a
Venezia colle stampe del Poleti nel 1688 .
Invitato pertanto dal nob . sig . Girolamo Olivieri a por
gergli il modo di festeggiare cospicue nozze, divisai che non
sarebbe tornato inopportuno lo scegliere a tal uopo il diario
del viaggio di Paolo Contarini bailo per la nostra Repubblica
alla Porta dal 1580 all' 82 ; diario già da me accennato nel
l'avvertimento che premisi alla relazione letta dal Contarini
in Senato, reduce dalla legazione nel 1583, la quale ho inse
rita nel IX volume della collezione fiorentina edito nel 1855.
Il manoscritto di tal diario serbasi nel Museo Correr segna
to B. 2. 8, ed è copia stesa al declinare del secolo XVI.
B
8

Paolo Contarini , nato di Dionigi del casulo soprannomi


nato dalle Figure , il di 23 gennajo 1529 , incominciò nel
1555 la sua carriera politica qual Sario agli ordini, e fu nel
57 eletto Sindaco in Lerante . Sostenuta lodevolmente nel 62
la podesiuria e capitaneria di Feltre, sedetle nei 67 fra i Dieci
Suvii sopra la decima , importante magistratura censuaria ,
e l'anno appresso fu Arvogadore del comune. Mandato nel
1571 Provveditore al Zante , seppe così accortamente indaga
re tutt ' i moti dell'armata turchesca , e cosi ne tenne raggua
gliati e il Senato Veneto e gli ammiragli della Cristiunità ,
che non poco contribui ai fortunati successi della gloriosissi
ma ma infrultuosa giornata di Lepanto. Ripatriato, e Avvo
gadore per la seconda volta nel 73, fu inviato nel 75 Capita
no a Candia. Le molie benemerenze acquistatesi dal Contarini,
in patria e fuori, determinarono il Maggior Consiglio il 12
novembre 1579 a destinarlo al bailaggio di Costantinopoli,
vacante per la morte di Nicolò Barbarigo, e lo si muni della
relativa commissione il di 19 marzo 1580. Tenne degnamen
te ſonorevolissimo e difficil mandato, e di quanto operò finchè
risiedette alla Porta egli stesso ce ne ha ragguagliati nel
la bella relazione che lesse ritornato in patria nel 1583. In
quest'anno medesimo ſu nominato Savio del consiglio, e nel
84 Provveditore Generale in Terraferma. Ricondotiosi poi
a Venezia, quel degno patrizio fini nel giugno 1585 una vita
onorata , spesa tuita ne' servigi della sua patria .
Tale è l'uomo di cui il benevolo lettore seguirà ora i
passi, nello scorrere la narrazione dell'andata di lui alla cu
pitale dell'Impero Ottomano. Non sarà inutile l'accennare
che la ortografia de nomigeografici si mantenne quale ci era
data dal testo a penna, di cui non si alterarono fuorchè le
forme antiquate, come pure si voltò nella lingua comune d'l
taliu qualche vocabolo del nostro dialetlo, che inintelligibile
sarebbe riescito al lellore non veneziano.

V. LAZARI.
Partii di collegio il12 aprile 1880.Addi 2 maggio , il
lunedì notte venendo il martedì , partimmo col nome di Dio
da Venezia , ed a remi tutta la notte facemmo il nostro viag
gio . La mattina al levar del sole vedemmo l'Istria , e alle 19
ore arrivammo in porto di Parenzo, dal quale partimmo su
bito, messo un uomo di galera in terra ; e andammo a dirit
tura a Rovigno, e vi ci fermammo tutto il giorno, andando
poi a cena allo scoglio dei frati di sant Andrea .
Partimmo tre ore innanzi giorno, e felicemente passam
mo il Quarnaro , di mattina , e desinato continuammo il viag
gio a san Piero di Nembo, ed ivi ci fermammo a cena fino a tre
ore innanzi giorno, che levammo , ed andammo a messa a
Zara col clarissimo capitano, perchè era ammalato il clarissi
simo conte ; desinammo , e cenammo con sua clarissima signo
ria, e a due ore di notte montammo in galera , ed andammo a
remi ed a vela a desinare a Sebenico . Il clarissimo conte

venne a visitarmi in galera e, conferite meco le cose di quei


confini che tutte passavano quiete, partimmo di subito per il
nostro viaggio ; e parte a řemi e parte a vela andammo ad
ancorare in porto Dravenico ; e tolti rinfrescamenti d'insalata
e fava, la mattina innanzi giorno tre ore andammo ad udir
messa col clarissimo conte di Liesina , e vedemmo il clarissimo

2
7

provveditort all eutrare del porto, che con un altra gaiera


velizgiava di ſuvri degli sevgi verso pouenit, e il ciarissimo
capitano del gollo tenera la rotta del poric, e arrivò poco
dupy uvi ; cul quale razionalo che avemmo , ed aruie le iníor
i
mazioui debite dal clarissimo coute che le cose di quei confini
passavauv quicte Evu Satislazione dei comuni sudditi, e che
uyu sarta seutito da molti giorni alcun moio di Escocchi,
evuforme a quauto avevo initso a Zara ed a Sebenico, desi
tammy da wesser liuceuzio Quirini casit lado e camerlingo,
cou multa satisfazivu di tutti, e poi e imbarcammo per Ragu
sí, e la sera ci fermamno a Curzola ; ed avuto colloquio col
clarissimo messer Baldisserra Doliu di ser Tettore conie, ce
uammo, e la mattina innanzi giorno tre ore andammo per il
nostro viaggio ; ed alle 21 ore arrivammo in porto di sania
Croce, trallati dal maguilico messer Girolamo Gradenigo del
clarissimo messer Bartolomeo con tulla quella maggiore oDo
revolezza ed amore olezza che si poteva desiderare ; cenam
mo la sera con sua magnificenza, che cosi de pregò che ro
lessisso fare, avressimo ancor potuto far altramente, che
non avevanno casa in terra .
Vennero alle 23 ore due maguifici ambasciatori della ma
gnifica signoria di Ragusi, e falti li debiti ufizi di complimento
dall' una parte e dall'altra ci presentarono sei capretti, tre
paja di capponi, sei scatole di confetti, sei candele di cera ,
una cesta di carciofi, una di lava ed una d’insalata, a nome
della loro signoria ; feci dar, a quelli l'aveano portati, zec
chini duc, e ricercai sue signorie a farmi favore di accomo
darmi di una casa grande per alloggiare tre o quattro giorni,
linchè venivano li cavalli , coi quali potessi partire per il mio
viaggio. M'accomodarono cortesemente della prima casa a
parle sinistra nell' entrare del porto , di messer Luca Sorgo,
comodissima od onoratissima quanto altra che sia in quel
porto , con buonissime stanze, e soprattutto ha una bellissima

SES ero
galleria parte coperta e parte discoperta , belli orti con cedri ,
aranci , e pergolati bellissimi ; all' entrare, un sottoportico
grande in colonne, ed una vaghissima peschiera , copiosa di
buoni pesci . In questa casa stemmo il lunedì, martedi , mer
coledì e giovedì fin dopo desinare ; nel qual tempo messer
Pasquale dragomano , venuto con due gianizzeri , l'uno chia
mato Cussein Brano e l'altro Musli, assai umano , andò fuori a
provveder dei cavalli per la mia andata .
Venne in questo tempo che mi fermai in porto santa
Croce il reverendissimo vescovo di Nona a ricercarmi ch' io
fossi contento che venisse meco al viaggio di Costantinopoli ;
io , che non avevo prima intesa cosa alcuna a Venezia ch' ei
fosse stato spedito da Sua Santità per andar a rivedere e rego
lare le chiese di Pera con l'autorità di Sua Santità , parendomi
la cosa nuova e d'importanza , lo ripresi moderatamente che
si avesse così leggermente messo a questa impresa , e gli con
siderai li rispetti e li accidenti che poteano occorrere avendo
fatto questa risoluzione, essendo suddito di questo serenissi
mo dominio , senza farne pur motto a Sua Serenità . Si escusò
in due modi, prima ch'è stato occupato di maniera che non
avea potuto far cosa alcuna , e che poi si era confidato negli
nfizi che avea in commissione di fare il reverendissimo nun
zio apostolico in Venezia , e mi mostrò la lettera dell'illustris
simo da Como scritta al nunzio in questo proposito a nome di
Sua Beatitudine. Gli dissi che avea compagnia così grossa che
non potevo accettarlo nella mia compagnia senza grandissimo
anzi certissimo pericolo di ritardare il viaggio per mancamen
to di cavalli ; chè oltre la mia famiglia avevo sei gentiluomini
veneziani , li magnifici messer Tomà Mocenigo, messer Maffeo
Venier , messer Almorò Nani , messer Filippo da Molin, messer
Piero Venier Mosson e messer Nicolò Michiel , le loro some e
i loro servitori , e quattro gentiluomini francesi ; perciò lo pre
gai ad avermi per iscusato perchè , oltre questo rispetto, non
G IO
AG
O VI
I
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DI D

DA VENEZIA A COSTANTINOPOLI

DI M. PAOLO CONTARINI

CHE ANDAVA BAILO

PER LA REPUBBLICA VENETA ALLA PORTA OTTOMANA

nel 1580

ORA PER LA PRIMA VOLTA PUBBLICATO

VENEZIA
COI TIPI DI TERESA GATTEI
1856
Ott.3155.80

Harvard College Library ,


Giſt of
Joseph Randolph Coolidge ,
I june , 1899 .
Al Nobile Signor Conte

MARCO ANTONIO GRIMANI

Ciambellano di S. M. I. R. A., Deputato provinciale eo, eo .

Mi
permetta , Mobile Sig. Conte,che sotto

l'egida del Suo nome io copra questo lieve pe

gro dei sentimenti, che provo bisogno di ester


nare in cosi fausta occasione. Midà diritto e

più che diritto, un dolce dovere, di prendere


parte alla comune esultanza la costante benevo
lenza e l'antica amicizia con cuii por ollre

mezzo secolo fui legato alla di Lei illustre


con buon
Famiglia. Voglia Ella accogliere

animo queste poche pagine che non saranno

sgradite a chi è amante delle vendte cose , e


onora il Veneto Patriziato . Ella vorrà presen

tarle agli Sposi come l'opera d'un illustre perso

naggio, la cui famiglia fu già congiunta coi


vincoli d'amicizia
, é di sangue a quella dellot
tima di Lei Madre. E quandoli alberghera

il suo pittoresco e delizioso castello di Monte

galda, nel rammentare che da Piucchebella


Contarini dalle Figure, moglie del doge

Nicolo Dona, proveniva efso nella di Lei


Famiglia ,forse ricorderanno efi ancora il

debile omaggio della mia riconoscenza.


Il cielo che ha esaudilo le e
mie preci,

compilo i miei voti e quando li innalzava per


Lei fanciullo,e quando nefesteggiava le felicifime

nozze, non mancherà ancora questa volta di


ascoltarmi, e benedire al matrimonio del figlio,

come ha benedetto pienamente al matrimonia


del padre

E me ne è caparra sicura l'esperienza,

che da nobilepiania non puo germogliare che

nobile frutto , e che l'opera che si appoggia sulle


basipiù 'amore non
secure della pietà e della

sarà per venire meno giammai.


Venezia, Aprile 1856.
Obbligatissimo Servo ed Amico
GIROLAMO OLIVIERI
avvertimento

Le descrizioni dei viaggi di veneti baili ed oratori alla


Porta Ottomana devono a buon dritto noverarsi tra le più
curiose fonti dalle quali possiamo attingere interessanti par
ticolari intorno ai paesi ed agli abitanti di una notevol parte
d'Europa, che dal XV al XVIII secolo ebbe scarsi visitatori.
Primo a pubblicarne fu Benedetto Ramberti che accompagnò
nel 1533 Daniello de Ludovici inviato dalla Repubblica di
Venezia a Sultan Solimano, e questo viaggio vide la luce coi
tipi d'Aldo nel 1539. Carlo Renzo stampo a Torino nel 1616
la descrizione dell'andata a Costantinopoli di Jacopo Soranzo
spedito oratore a congratularsi con Murad III del suo esal
tamento al trono nel 1575 ; siccome quella dell'ultimo viag
gio del Soranzo medesimo, inviato alla Porta nel 1582 per
assistere alla circoncisione di Mohammed figliuolo di Sultan
Murad , si diede l'anno 1844 nel VI volume delle Relazioni
degli Ambasciatori Veneti del secolo XVI edite a Firenze dal
beneinerito prof. Eugenio Albèri. Antonio Benetti narrò molto
particolareggiatamente l'andata e il ritorno del bailo Giam
batista Donà dal 1680 all'84, e questo lavoro si pubblico a
Venezia colle stampe del Poleti nel 1688 .
Invitato pertanto dal nob . sig. Girolamo Olivieri a por
gergli il modo di festeggiare cospicue nozze, divisai che non
sarebbe tornato inopportuno lo scegliere a tal uopo il diario
del viaggio di Paolo Contarini bailo per la nostra Repubblica
alla Porta dal 1580 all' 82 ; diario già da me accennato nel
l'avvertimento che premisi alla relazione letta dal Contarini
in Senato , reduce dalla legazione nel 1583, la quale ho inse
rita nel IX volume della collezione fiorentina edito nel 1855 .
Il manoscritto di tal diario serbasi nel Museo Correr segna
to B. 2. 8, ed è copia stesa al declinare del secolo XVI.

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Paolo Contarini, nato di Dionigi del casato soprannomi
nato dalle Figure, il dì 23 gennaio 1529, incominciò nel
1555 la sua carriera politica qual Savio agli ordini, e fu nel
57 eletto Sindaco in Levante. Sostenuta lodevolmente nel 62
la podestaria e capitaneria di Feltre, sedette nel 67 fra i Dieci
Savii sopra la decima, importante magistratura censuaria,
e l'anno appresso ſu Avvogadore del comune. Mandato nel
1571 Provveditore al Zante, seppe così accortamente indaga
re tutti i moti dell'armata turchesca, e così ne tenne raggua
gliati e il Senato Veneto e gli ammiragli della Cristianità,
che non poco contribuì ai fortunati successi della gloriosissi
ma ma infruttuosa giornata di Lepanto. Ripatriato, e Avvo
gadore per la seconda volta nel 73, fu inviato nel 75 Capita
no a Candia. Le molte benemerenze acquistatesi dal Contarini,
in patria e fuori, determinarono il Maggior Consiglio il 12
novembre 1579 a destinarlo al bailaggio di Costantinopoli,
vacante per la morte di Nicolò Barbarigo, e lo si munì della
relativa commissione il dì 19 marzo 1580. Tenne degnamen
te l'onorevolissimo e difficil mandato, e di quanto opero finchè
risiedette alla Porta egli stesso ce ne ha ragguagliati nel
la bella relazione che lesse ritornato in patria nel 1585. In
quest'anno medesimo ſu nominato Savio del consiglio, e nel
l'84 Provveditore Generale in Terraferma. Ricondottosi poi
a Venezia, quel degno patrizio finì nel giugno 1585 una vita
onorata, spesa tutta me servigi della sua patria.
Tale è l'uomo di cui il benevolo lettore seguirà ora i
passi, nello scorrere la narrazione dell'andata di lui alla ca
pitale dell'Impero Ottomano. Non sarà inutile l'accennare
che la ortografia de'nomi geografici si mantenne quale ci era
data dal testo a penna, di cui non si alterarono fuorchè le
forme antiquate, come pure si voltò nella lingua comune d'I
talia qualche vocabolo del nostro dialetto, che inintelligibile
sarebbe riescito al lettore non veneziano.

V. LAZARI.

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Parti di collegio il 12 aprile 1580. Addì 2 maggio, il


lunedì notte venendo il martedì, partimmo col nome di Dio
da Venezia, ed a remi tutta la notte facemmo il nostro viag
gio. La mattina al levar del sole vedemmo l'Istria, e alle 19
ore arrivammo in porto di Parenzo, dal quale partimmo su
bito, messo un uomo di galera in terra; e andammo a dirit
tura a Rovigno, e vi ci fermammo tutto il giorno, andando
poi a cena allo scoglio dei frati di sant'Andrea.
Partimmo tre ore innanzi giorno, e felicemente passam
mo il Quarnaro, di mattina, e desinato continuammo il viag
gio a san Piero di Nembo, ed ivi ci fermammo a cena fino a tre
ore innanzi giorno, che levammo, ed andammo a messa a
Zara col clarissimo capitano, perchè era ammalato il clarissi
simo conte; desinammo, e cenammo con sua clarissima signo
ria, e a due ore di notte montammo in galera, ed andammo a
remi ed a vela a desinare a Sebenico. Il clarissimo conte
venne a visitarmi in galera e, conferite meco le cose di quei
confini che tutte passavano quiete, partimmo di subito per il
nostro viaggio; e parte a femi e parte a vela andammo ad
ancorare in porto Dravenico; e tolti rinfrescamenti d'insalata
e fava, la mattina innanzi giorno tre ore andammo ad udir
messa col clarissimo conte di Liesina, e vedemmo il clarissimo
-ez-: 10 :«ce

provveditore all'entrare del porto, che con un'altra galera ,


veleggiava di fuori degli scogli verso ponente, e il clarissimo
capitano del golfo teneva la rotta del porto, e arrivò poco
dopo noi; col quale ragionato che avemmo, ed avute le infor
mazioni debite dal clarissimo conte che le cose di quei confini
passavano quiete con satisfazione dei comuni sudditi, e che
non s'avea sentito da molti giorni alcun moto di Uscocchi,
conforme a quanto avevo inteso a Zara ed a Sebenico, desi
nammo da messer Vincenzio Quirini castellano e camerlingo,
con molta satisfazion di tutti, e poi c'imbarcammo per Ragu
si, e la sera ci fermammo a Curzola; ed avuto colloquio col
clarissimo messer Baldisserra Dolfin di ser Vettore conte, ce
nammo, e la mattina innanzi giorno tre ore andammo per il
nostro viaggio; ed alle 21 ore arrivammo in porto di santa
Croce, trattati dal magnifico messer Girolamo Gradenigo del
clarissimo messer Bartolomeo con tutta quella maggiore ono
revolezza ed amorevolezza che si poteva desiderare; cenam
mo la sera con sua magnificenza, che così ne pregò che vo
lessimo fare, nè avressimo ancor potuto far altramente, chè
non avevamo casa in terra.

Vennero alle 23 ore due magnifici ambasciatori della ma


gnifica signoria di Ragusi, e fatti li debiti ufizi di complimento
dall'una parte e dall'altra ci presentarono sei capretti, tre
paja di capponi, sei scatole di confetti, sei candele di cera,
una cesta di carciofi, una di fava ed una d'insalata, a nome
della loro signoria; feci dar, a quelli l'aveano portati, zec
chini due, e ricercai sue signorie a farmi favore di accomo
darmi di una casa grande per alloggiare tre o quattro giorni,
finchè venivano li cavalli, coi quali potessi partire per il mio
viaggio. M'accomodarono cortesemente della prima casa a
parte sinistra nell'entrare del porto, di messer Luca Sorgo,
comodissima ed onoratissima quanto altra che sia in quel
porto, con buonissime stanze, e soprattutto ha una bellissima

º
= vi 1 1 3 cee- ,
galleria parte coperta e parte discoperta, belli orti con cedri,
aranci, e pergolati bellissimi; all'entrare, un sottoportico
grande in colonne, ed una vaghissima peschiera, copiosa di
buoni pesci. In questa casa stemmo il lunedì, martedì, mer
coledì e giovedì fin dopo desinare; nel qual tempo messer
Pasquale dragomano, venuto con due gianizzeri, l'uno chia
mato Cussein Brano e l'altro Musli, assai umano, andò fuori a
provveder dei cavalli per la mia andata.
Venne in questo tempo che mi fermai in porto santa
Croce il reverendissimo vescovo di Nona a ricercarmi ch'io
fossi contento che venisse meco al viaggio di Costantinopoli;
io, che non avevo prima intesa cosa alcuna a Venezia ch'ei
fosse stato spedito da Sua Santità per andar a rivedere e rego
lare le chiese di Pera con l'autorità di Sua Santità, parendomi
la cosa nuova e d'importanza, lo ripresi moderatamente che
si avesse così leggermente messo a questa impresa, e gli con
siderai li rispetti e li accidenti che poteano occorrere avendo
fatto questa risoluzione, essendo suddito di questo serenissi
mo dominio, senza farne pur motto a Sua Serenità. Si escusò
in due modi, prima ch'è stato occupato di maniera che non
avea potuto far cosa alcuna, e che poi si era confidato negli
ufizi che avea in commissione di fare il reverendissimo nun

zio apostolico in Venezia, e mi mostrò la lettera dell'illustris


simo da Como scritta al nunzio in questo proposito a nome di
Sua Beatitudine. Gli dissi che avea compagnia così grossa che
non potevo accettarlo nella mia compagnia senza grandissimo
anzi certissimo pericolo di ritardare il viaggio per mancamen
to di cavalli; chè oltre la mia famiglia avevo sei gentiluomini
veneziani, li magnifici messer Tomà Mocenigo, messer Maffeo
Venier, messer Almorò Nani, messer Filippo da Molin, messer
Piero Venier Mosson e messer Nicolò Michiel, le loro some e
i loro servitori, e quattro gentiluomini francesi; perciò lo pre
gai ad avermi per iscusato perchè, oltre questo rispetto, non
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l'avrei fatto senza farne prima motto con Sua Serenità. Venne
poi un turco spedito dall'agà de gianizzeri verso Venezia per
ricuperare un turco concambiato per volere di Sua Serenità
con un cristiano suddito di questo stato, e mi ricercò ch'io
dovessi accomodarlo di galera; lo feci accettar dal magnifico
messer Cristoforo Venier, ch'era venuto d'Istria fino a Ragu
si per accompagnarmi, di nostra conserva; il qual magnifico
gentiluomo era stato da me lasciato a Caoinmano, primo del
tenere dei signori ragusei, per avere la risoluzione d'un tur
co, ch'era stato concambiato dal clarissimo Barbarigo mio
predecessore di buona memoria con un alfiere del quondam
signor Alvise Martinengo, il qual era stato liberato sopra la
parola di esso clarissimo bailo dalli parenti del detto turco,
ed ora lo ricercavano con molta instanza. Tornò con la risposta
del clarissimo capitano del golfo, che fatta ogni diligente in
quisizione, non avea trovato detto turco nè sopra i libri delle
galere, nè sopra le galere istesse per diligente inquisizione
che abbia fatto.
Venne poi il secondo giorno dopo giunto a Ragusi il
chiaùs spedito per l'affare di Salomon tedesco per la nave
Girarda, ed alloggiato in Ragusi addimandò passaggio a quei
signori per Venezia ; essi vennero a me, e mi ricercarono di
farlo accettare dalle galere; dissi che alle galere, accompagna
to che mi aveano a Ragusi, non avevo autorità di comandare
in altro, perchè restavano all'obbedienza dei clarissimi capi
tani da mare, da quali avevano ordine d'andar subito a tro
varli. Mandò poi il detto chialis a ricercarmi l'istesso per ser
Pasquale dragomano; gli mandai a dire che una delle galere
, era già partita, e l'altra partiva allora allora, che andavano
alle sue guardie deputate contro Uscocchi, all'obbedienza dei
capitani da mare. Mi ricercò di scrivere a Venezia dell'arrivo
suo in Ragusi, e del desiderio che teneva d'esser accomodato
di una galera fino a Venezia; gli feci intendere che averia scrit
Sgº eS)g
a ZjS CV
D -. –izo: 13 :-c=
(i D

to, ma che dubitavo che a questo tempo saria stato con diffi
coltà compiaciuto, essendo tutte le galere del golfo impiegate
alle guardie contro Uscocchi e contro corsari.
Arrivarono tutti li cavalli il mercoledì, vigilia dell'Ascen
sione, al tardi; e la mattina, fatta una buona colezione, mon
tammo a cavallo, accompagnati da due signori ragusei, che
vennero prima a far l'ufizio di complimento; ed entrati in Ra
gusi per una porta, ne uscimmo per l'altra. Feci dar le solite
cortesie al guardiano della casa, al comandadore deputato alla
nostra casa, alli guardiani di sanità, al vecchio soprastante, ed
a quello che mi portò sul partire sei scatole di confetti e sei
candele, ed uno zecchino alli soldati della porta. Mi accompa
gnarono li due signori ragusei fino fuori, e preser licenza.
Noi, continuando il nostro viaggio, montammo un'altis
sima montagna, con strada crudelissima, precipitosa e tutta di
sasso, con caldo eccessivo, essendo sul mezzogiorno; e per
la medesima strada, aspra più che l'alpe del Moncenisio di
Francia e l'Apennino, smontammo dopo fatte venti miglia, a
mezz'ora di notte, vicini ad una bella fiumaja detta Tribina,
presso ad una villa di Gomiliani; tirati li padiglioni ed acco
modate le some, si cenò così alla cavalcheresca, ma avemmo
buoni capretti arrostiti allora allora; e dormimmo saporita
mente. Li capretti furono portati da Marco Vanissirichi capo
della nostra carovana.

La mattina avanti giorno montammo a cavallo, e venim


mo per una pianura lungo il detto fiume fino al ponte di Tre
bina, di Mehemet Bassà, il quale fece detto ponte ed un bellis
simo caravanserà coperto di piombo per alloggiare viandanti
per l'amore d'un suo figliuolo ch'era morto sangiacco di que
sta provincia di Cherzegò; e perchè il ponte era stato portato
via dalla correntia dell'acqua, convenne con due tronchi inca
vati tragittare tutte le some e li uomini, e far nuotare tutti i
cavalli, e consumammo cinque ore di tempo; e fin che passa
– e ; 14 ; ce=

rono le some, facemmo colezione, e ne portarono ova dure


a sei all'aspro, focacce che non si poteano mangiare, latte
agro e buonissimo vino; e mal avressimo fatto di pane se non
avevamo del biscotto con noi. Passati li cavalli, andammo
sei miglia innanzi per malissima strada, ascendendo e poi di
scendendo un monte Innutoglam, ed alloggiammo la sera (che
fu alli 13) in campagna ad una villa detta Mausco, ove trovam
mo buon acqua, ova, formaggio fresco, e non vino.
La mattina, un'ora innanzi giorno, il padiglione venne
abbasso, chè la calza si era slargata; convenne levar subito
e montar a cavallo, e venimmo a trovar l'origine del fiume
sopraddetto chiamato Tribina, e venimmo alla valle di Belli
chia, villa ov'è il caravanserà di Assan Bei, assai grande ma
non così bello; e fatta colezione in quel luogo, inviando le
some innanzi, montammo poi ancor noi a cavallo, e facem
mo altre quattro miglia, fino ad una villa detta Trinova ove
sono due caravanserà di poca importanza, fatti per conto del
gransignore per l'amore di Dio; e trovammo buon vino, ova,
formaggio, latte, galline ad aspri nove o dieci al pajo, capretti
al medesimo prezzo l'uno, ed alloggiammo in campagna;
acqua non buona ma calda.
Partimmo da Trinova e, cavalcando per luoghi assai a
spri, venimmo a Cernizza, quattordici miglia lontano da Tri
nova; e nel discender il monte avemmo grandissima pioggia
e tempesta che ne accompagnò fin a Cernizza; ivi incontram
mo messer Alvise Mazza che venne con sei cavalli ad incon
trarci. Desinammo a Cernizza nel caravanserà, spingendo in
nanzi le some. Dal sopraddetto intesi che a Narenta le cose
passavano bene, che lasciavano caricare senz'altra contrad
dizione, che il sangiacco di Cherzegò si accontentava, come
gli altri turchi, che le due galere assicurassero quella scala;
ma che quei che aveano carico delle fuste, che si voleano me
nare, aspettavano occasione che seguisse qualche disordine, e
-)
–C
2)

-=>: 15 ; ce

che le galere per bisogno di biscotto o per altro partissero,


per indi uscire; mi disse ch'erano venuti nuovamente alcuni
gianizzeri ch'erano stati in Persia, e dicevano che avevano pa
tito tutti grandemente, e di dugento n'erano tornati solamente
venti, li altri erano morti; mi disse ancora che riferivano li
turchi essere assediati dal Persiano, che avea diviso le sue
genti in quattro parti, con le quali teneva assediato l'esercito,
nel quale era carestia grandissima di tutte le cose. Disse an
cora che gli ungheri aveano fatto correria fin a Zighet, che
perciò erano stati revocati li spai di poco timaro e rimandati
alle frontiere d'Ungheria.
Nella valle che lasciai prima di Cernizza, sopra un diru
po vi è un castello assai forte, nel quale stanno 25 turchi.
Cernizza è più bassa, ed accanto le è un fiume detto Dobu,
che ha buonissime trote. Partimmo dopo desinare da Cerniz
za, e venimmo sopra una bellissima campagna di lunghezza,
a mio giudizio, di miglia 30; e attraversatala venimmo alla
costiera del monte ad alloggiare in campagna a Lazaricchia
ovvero Casco, che così è nominato il paese; trovammo focac
ce al solito, agnelli, castrati, ova ma care a dieci e dodici
aspri l'uno. La notte a sette ore cascò il padiglione rompen
dosi l'asta, ed era pioggia; si racconciò l'asta, e si tornò a
dormire fino alle 12 ore. Levati, si fece su le bagaglie, e s'in
viò le some innanzi, e desinato che avemmo, seguimmo il no
stro viaggio, e venimmo per grande spazio per valle lungo un
fiume detto Innoi, che tien del torrente, luoghi aspri. Mon
tammo di poi la montagna Camerdaglaion, salita crudele e
precipitosa, tenendo a parte destra un'altra montagna folta
di bellissimi boschi di faggi alti da far remi; e montata la
montagna con molta difficoltà venimmo ad una bellissima pra
teria. Cominciammo poi a discendere per un bosco delli so
praddetti faggi, e discendemmo sempre, che parea che andas
simo in profondo, fin alla villa detta Ternovaluca, ed allog


i ſ

ſ. -= -: 16 : cee

giammo tutti in sei case fatte di legname, circondate da altis


simi monti e boschi, vicino ad una fiumaja detta di Ternova
luca.
Dalla villa la mattina seguente, un'ora innanzi giorno,
fummo tutti a cavallo continuando lungo la fiumaja, tenendo
a parte destra una montagna grandissima con dirupi spaven
tevoli, carica tutta di pini messi in quei dirupi nel sasso sen
za terreno, che rendevano uno spettacolo bellissimo da ve
dere; e passata la fiumaja, entrammo in un paese di colline
assai piacevole, e venimmo al caravanserà di Temista, gran
de e molto onorevole. Continuammo dopo desinare il viaggio
sempre per colline fino a Prisnovaluca accanto il fiume Dri
no, ove tirammo il nostro padiglione; ma sopravvenuto verso
la sera un nembo con pioggia, fummo astretti a ritirarci nel
caravanserà ch'è piccolo, e pioveva da ogni parte; non si
trovando alcuna cosa per il vivere, mandammo a Fochia a
pigliar del vino. La fiumaja è molto bella e rapida, a simili
tudine della Piave, ed il suo principio è a Ternovaluca, e mu
ta poi il nome. La notte fece pioggia grandissima e neve so
pra tutti i monti d'intorno.
La mattina innanzi giorno fummo tutti a cavallo, e ve
nimmo a Fochia, ma prima passammo con molta difficoltà la
fiumaja con una barca grande, e dal luogo della notte a Fo
chia sono miglia tre solamente. Passammo per Fochia, ch'è
sopra la detta fiumaja, copiosissima di case, tutte di legname,
e li coperti ancora; vedemmo molte moschee; ma passata di
nuovo la fiumana sopra il ponte che divide Caiut, vedemmo
una moschea con un'aguglia bellissima, con la fontana di
nanzi, secondo l'uso, fatta da un Nasir Ascohia. Ci fornimmo
di vino buono, pane negro ma assai sufficiente, castrati, ed
ova, e desinammo fuor di Fochia a una fonte in campagna.
Camminando poi per piacevol paese per buon tratto di colli
ne, che faceano molto bella vista, incominciammo a salir il
–so: 17 ºcte

monte con pioggia, neve e vento assai freddo, e cavalcam


mo fin diciotto miglia, e venimmo al caravanserà di Bracha
fabbricato dal Nasir. Era questo caravanserà assai capa
ce, ma da una parte il colmo era rotto, dalla buona banda
era alloggiato un vaivoda, che facemmo levar dal luogo, e ci
accomodammo noi, ed egli dall'altra parte; facemmo poi
buona amicizia ed io lo presentai di tre pani di zucchero.
Trovammo alcune poche focacce mal cotte, galline, capretti
ed agnelli ad aspri 10 l'uno, ova ad otto all'aspro, galline ad
aspri due.
Cilevammo la mattina, che fu il giovedì, all'alba, e pas
sammo una montagna altissima con molta neve e freddo cru
dissimo, finchè calammo la montagna e venimmo poi per
colline incolte con boschi di pini, e cacciati dal freddo e dal
la neve procedemmo lasciando le some a buon'ora a Plevia,
e trovammo un caravanserà grande e capace coperto di piom
bo, fatto da Hussim Bassà vicino al fiume Brenopesnizza con
bella fontana dinanzi, vicino ad una superba moschea fatta
dal medesimo. Il quale lasciò anco buona entrata sì per te
nere in acconcio il caravanserà, come per tenere ufiziata la
moschea; la quale è tenuta con tanta politezza quanta si pos
sa desiderare; e trovai un vecchione che la ufiziava, con cui
ebbi lunghi ragionamenti, e parvemi sensatissimo e molto ac
corto, e dimostrava esser uomo di molta bontà. È partita la
terra in due parti, in una abitano li turchi, vicino alla fiuma
ja, e nell'altra di sopra abitano li cristiani serviani di rito
greco. Trovammo ova a 15 all'aspro, galline ad aspri 3 l'una,
formaggio ed un poco di vino mal buono; aceto non ne tro
vammo da Fochia fin a Prepaglia dalli calogeri di santo Saba.
Si verificò la nuova avuta a Fochia della morte di Acmat Bassà,
e dell'assunzione di Mustafà Bassà in primo visir, e intendemmo
che le strade erano sicure, che tutto il paese era netto di con
tagio, che a Novobazar solamente erano due case di sospetto.
Lroº- SS
v
C'NO
ſ -ez-: 18 ; ce il
Partimmo la mattina del venerdi all'alba, e passata la
campagnuola vicina alla terra di Plevia, ascendemmo una
montagna fredda e inculta con boschi di pini, ove stanno le
guardie per assicurare le strade da genti di malaffare; e so
no per questa causa esentati alcuni casali d'intorno dal pa
gare il carazo. Al principio della calata del monte trovammo
una fontana, e ci fermammo a desinare, e poi cominciammo
una gran calata del detto monte, tenendo a parte destra col
line ben coltivate, ed a basso trovammo un torrente di poca
importanza che va nel Lino fiume assai grande e molto cor
rente; e cavalcando per una valle venimmo al sopraddetto fiu
me Lino, e perchè il ponte era rotto convenne tragittare con
barca tutti, e però ci fermammo a Prepaglia per far che le
robe passassero comodamente. Trovammo focacce bianche,
non lievite e mal cotte, ova a 14 all'aspro, latte e vino non
buono, e portato da Ragusi e Narenta, avemmo pesce fresco
della fiumaja, e salato grande del Danubio; alloggiammo nel
caravanserà grande, coperto di piombo, fabbricato da Assan
Bei ch'era sangiacco di Cherzegò, figliuolo di Mehemet Bassà
morto, ed ora è bassà di Damasco. Prepaglia è assai buona
villa, abitata per la metà da cristiani serviani di rito greco, e
parte da turchi; e facemmo in tutto miglia sedici. Per via di
mercanti intendemmo ch'era vera la morte di Acmat Bassà, e
che in luogo suo era stato assunto Mustafà Bassà, che il be
glierbei di Grecia era stato fatto bassà, e l'agà de gianizzeri
beglierbei. Trovammo focacce in quantità, ova a 14 l'aspro,
latticini, vino non molto buono e caro, portato da Narenta.
Cenammo comodamente, e poi andammo a piacere lungo il
fiume cogliendo luppoli appo le case, perchè li piantano a
posta per cavarne la cervogia che usano in luogo del vino.
La mattina all'alba montammo a cavallo, e cavalcammo
passato un lunghissimo ponte per non breve cammino lungo
un torrente detto Miles per paese poco coltivato, e ci con

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A

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i –e vi 19 ce

ducemmo al monastero de'calogeri di santo Saba, il quale fu


edificato da Ladislao re di Servia nipote di santo Saba, il
qual santo ridusse quel luogo in monastero e vi fini la vita
sua. Vi è il suo corpo intero, per quanto dicono i calogeri; lo
vedemmo colle mani giunte in croce e non altro, perchè dice
vano che l'uomo che li guarda la faccia si spaventa per mo
do che non può vivere; li facemmo elemosina, e fummo alla
chiesa tenuta benissimo; ov'è una bella croce grande di legno
dorato, molte pitture di profeti con lettere serviane, e belli
adornamenti; vi sono tre cappelle che introducono d'una in al
tra; ufiziano nel rito greco in lingua serviana, hanno entrata
assai buona di pane, vino ed animali, ma sono spesso travaglia
ti da turchi che vanno a mangiare il loro, sebbene paghino al
gransignore tolleri 50 di tributo. Oltre l'arca di santo Saba,
ch'è tutta guernita di fuori d'argento a figure dorate, ne ha
un'altra verso levante, nella quale dicono essere il corpo di
santo Simeone il qual si chiamava prima Stefano Nemagna,
ed era padre di santo Saba, e si fece monaco al Montesanto,
e venne poi al detto monastero e fu chiamato Simeone; e nella
medesima arca è il corpo di re Ladislao.
Partiti, venimmo al castello Milesenas, sopra un diru
po assai forte, ma che può essere battuto, ed è di mura debo
lissime; sotto il dirupo corre il fiume Miles. Montammo poi
una montagna altissima, tutta di terreno, freddissima chè di
poco era smarrita la neve, e venimmo lungo detta montagna
per più di un'ora. Incominciammo poi a discender assai pre
cipitosamente, trovando molte acque e fontane, e finalmente
si venne ad un luogo detto Milesenadraga, che divide il san
giaccato di Cherzegò da quello di Bossina, e desinammo so
pra quel torrente, e dormimmo un pezzo, mandando le some
innanzi; e poi montammo a cavallo e ascendemmo un altro
monte lunghissimo, sopra il quale cavalcammo più di tre ore.
E poi cominciammo a discendere, e trovammo il paese assai
(

S
S&se
-
i–

bene abitato, e venimmo ad un torrente, e camminammo a


lungo fino al caravanserà fatto da Memissa Nasir, e venimmo
sopra una campagna detta Sinisfa; e fatte tre miglia, allog
giammo in campagna, vicini ad una villa detta Dumaizza, ove
non trovammo nè legna, nè pane, nè vino, ma agnelli sola
mente.

Addì 22, giorno di domenica, partimmo, e camminato


un pezzo per campagna, montammo un colle, ed a piedi di
esso passammo a guazzo un torrente detto Rasca, appresso
del quale era un caravanserà coperto di coppi, fatto da Muthe
Vilia daziere dei mulini, e venimmo a desinare, passata prima
una vallata di 5 in 6 miglia ; entrando poi in una campagna
o valle lungo il fiume Rasca fino a Novobazar, ove alloggiam
mo tutto il giorno in un caravanserà coperto di coppi, grande,
fatto dal sopraddetto Muthe Vilia; desinammo alla cavalche
resca, e poi ci fermammo tutto il giorno fin la mattina seguen
te a due ore di sole per mutar cavalli.
È Novobazar terra di seimila case, tutte di turchi, eccetto
cento di cristiani, e vi è un fondaco di ragusei; sono in essa
sedici moschee ed un bazar lunghissimo, nel quale sono bot
teghe d'ogni sorte, e fanno particolar professione di lavorare
di ferramenta, mazze ferrate, lucchetti alla turchesca di ogni
maniera, e rami stagnati, e cavano il ferro da Glucanizza. È
buona gente. Camminammo per tutto con un gianizzero assai
onoratamente; trovammo un medico francese amico di messer
Imperiale Contarini, che ne presentò di vino e pane, trovam
mo pani a due all'aspro grandi, ova a 15 all'aspro, agnelli,
vino assai buono ma caro. Li cristiani che abitano Novobazar
e tutto il paese di Bossina pagano aspri 25 per testa, quan
do li putti cominciano aver cinque o sei anni; pagano ancora
di tutto il frutto che produce la terra la settima od ottava par
te a' turchi, cioè a timarioti, e per ogni animale un aspro.
Cenammo la sera comodamente, e dormimmo fino a

4
- e2
-= : 21 : Eze

giorno; la mattina a due ore di giorno montammo a cavallo,


e camminammo lungo il fiume Rasca. Trovammo a parte sini
stra due monasteri di calogeri di santo Saba, che fanno il rito
greco, il monastero di sopra posto sopra una collina in forma
di castello, e vi stanziano calogeri in numero di 15, ed in
quel di sotto due, e si chiama quel di sopra san Giorgio e
quel di sotto san Piero. Camminammo poi lungo il detto
fiume, e valicammo un ponte di pietra, e giunti in una valle
lungo il fiume Rasca desinammo all'ombra de' salici, e man
dammo le some innanzi, acciò passassero il fiume Ibar; seb
bene i cavalli potevano passar a guazzo; ma per non bagnare
le some li facemmo tragittare con la barca.
Partiti dal detto luogo a 18 ore, e viaggiato per monta
gna inculta fino al fiume, trovammo le robe tragittate, e pas
sammo ancor noi, li cavalli a guazzo, noi con la barca, sotto
la villa detta Zigoli, ed ivi era del vino. Salimmo la montagna
e andammo per sei miglia sul monte Copaono fino ad una fon
tana alla radice della montagna dell'argento, ed alloggiammo
alla fontana, tardi; e cenato di quel ch'era cotto, si andò a
dormire.
La mattina de 24 montammo a cavallo innanzi le otto
ore, ed ascendemmo fin sotto il vertice della montagna del
l'argento, vedendo bellissimi pascoli, acque in quantità, e
gran vallate, con precipizii altissimi che faceano spavento; e
passata la montagna dell'argento incominciammo a discen
derne per boschi e luoghi inculti, finchè arrivammo ad una
villa detta Gerastiani, sotto la quale corre un torrente detto
Toplizza. Percorso lungo spazio lungo detto torrente, ed arri
vati ad un mulino con eccellente pascolo per li cavalli, acqua
e buon alloggiamento, tutti desinammo, e desinato riposam
mo fino alle 15 ore; il luogo è chiamato Sundinno.
Dal detto luogo camminando per ispazio di ore sei lun
go il torrente per una molto bella ed amena valle, con prati
– C CNA,
C a N, S

i - : 22 : tze- S )

e boschi sopra i monti d'Innerno che facevano mirabil vista,


venimmo ad alloggiare in un bellissimo prato, vicino all'acqua
ov'erano molti vignali accosto il monte, sito il più lieto ed
ameno ove abbiamo alloggiato per ancora in tutto questo
viaggio. Trovammo vino, ova, polli e capretti ad aspri 10
l'uno, e stemmo la notte con molta comodità sotto il padi
glione. La detta valle è detta Toplizza, ed è luogo per la mag
gior parte inculto per non vi essere abitatori; ma è tanto
amena e tanto fertile che si faria bellissima valle sopra tutte.
Partimmo la mattina all'alba, e camminammo ancora per |
mezz'ora per la detta valle, e poi la lasciammo a man destra,
ed entrammo in un'altra sterile e sassosa, ed incominciammo
a scendere il monte di terreno; poi a poco a poco calando
per colli onestamente culti venimmo ad una buonissima villa
detta Gherguri, e bevemmo tutti del latte di capra, e volem
mo capretti e luppoli; e poi continuammo per una campa
gna bella, ma poco coltivata per tre ore continue, e venim
mo ad una villa detta Dragonani vicino alla quale sono molte
ville dette Cliani ed altre. Indi ascendemmo un colle ameno, e
venimmo a desinare sotto foltissimi roveri prossimi all'acqua
corrente, ad una villa detta Suarsco ov'era ottimo pascolo per
li cavalli. Ci fermammo per ispazio di ore quattro nel detto
luogo, e poi montammo a cavallo e proseguimmo il nostro
cammino per colli e per campagna per ispazio di ore quattro,
che fu alli 25 maggio, attraversando una valletta culta. Ascen
demmo una collina parte culta e parte no; e così di collina
in collina e di valle in valle, parte culte parte no, venimmo
dopo quattro ore, fatte miglia 11, a fermarci vicino ad una
villa detta Gostisinei, ov'era buon pascolo per cavalli, buo
n'acqua, capretti ad aspri 10, biada da cavalli a buonissimo
mercato, vino a miglior prezzo delli altri luoghi e buono, e
dicevano ch'era di tre anni, e persone assai cortesi. Il magni
fico Molin ammazzò collo schioppo una cicogna, con mormo
( )


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-=s : 23 i ces

razione de turchi, perchè stimano esser animale sacro e di


cono che accompagnò Macometto alla Mecca, e i cristiani le
hanno in rispetto perchè fanno nido nelle case loro; perciò
convenne sotterrarla nel padiglione, levatele le penne. Tro
vammo colà buoni latticini.
Addì 26, giovedì, partimmo innanzi giorno, e procedem
mo per colline e valli fino alla villa di Crelintzi, buona villa;
e poi entrati in una bellissima campagna, per essa cammi
nammo dalle 10 fino alle 11 ore, e vedemmo molte cicogne
che domesticamente andavano pascendo per campi e prati, e
per tutto il viaggio di ieri e d'oggi trovammo spesso acque
correnti, alberi che facean ombra, e così fino al fiume Mora
va. È il detto fiume, come il Bacchiglione, assai placido; lo
passammo con li cavalli a guazzo, e per dar animo agli altri
io fui il primo dopo il gianizzero; il fiume era alto fino alla
sella dei cavalli, e lo passammo felicemente. Le some e la let
tiga lasciammo che andassero con la barca, e noi guadato il
fiume (che nasce a Lubava e sbocca nel Danubio), cavalcam
mo innanzi al luogo del desinare, e fatte sei miglia giungem
mo ad una villetta vicina alla terra di Nissa, castello prossimo
ad una fontana.
Nissa è castello abitato da turchi e da pochi cristiani;
le case sono coperte di coppi, ha molte moschee, può far fuo
chi 1500, è stesa lungo il fiume Nissava ed è luogo di passo
e fra due strade, una che va in Ungheria, l'altra che va a Ra
gusi a Narenta ed altre scale. Ha questa terra una campagna
fertilissima nel mezzo dei monti, da una parte colli ameni e
fertili con molte vigne, e più fertili sariano se fossero meglio
coltivati tutti, dall'altra parte monti assai placidi, e fertili. È
luogo abbondevole di pane, vino e carni; non ha mura, ma
solamente una torre o castello rovinato. Dopo desinare fa
cemmo marciare le some innanzi, e noi partimmo un'ora do
po, intorno le ore 19, e camminammo tre ore per una cam
(2-2 Ce
2 º
C =>: 24 : cre
pagna fertilissima, detta Nissava dal fiume che le corre per
mezzo, e poi entrammo in una valle stretta tra monti detta
Cunonizza, e camminato due ore per detta valle, femmo sosta
a 23 ore ad una villa detta Cunonizza. In detta valle erano
quantità di carri, tirati da due bufali ognuno, che andavano
con risi in Ungheria.
Di qui incomincia la Bulgaria, e le donne sono molto
domestiche, portano orecchini di grandissimo peso alle orec
chie, e due per orecchia, e portano fino due piastre d'argento
di peso alle orecchie; e tengono le giovani li capelli distesi
con molte trecciuole degli stessi capelli fatte di sopra via. E
nota che il paese di Toplizza incomincia sotto il monte del
l'argento e si estende fin alla fiumaja detta Morava, e dalla
Morava in poi il paese è detto Nissava. Avemmo latticini, vi
no caro e focacce; e nota che la Bulgaria s'estende da Mora
va fiume fino a Filippopoli.
Addì 27 maggio, venerdi, partimmo due ore innanzi gior
no, e camminammo per detta valle tre ore continue tra mon
ti, per dove vanno anco li carri e le carrette, e venimmo fi
nalmente ad una bella e fertile campagna tra monti ameni ma
non coltivati, e viaggiato un pezzo accosto i monti discen
demmo poi alla campagna per mezzo della quale corre il fiu
me Nissava assai rapido, e lo passammo sovresso un ponte.
Il fiume in questo luogo è come il nostro Bacchiglione; ritor
mammo ancora per costa del monte, ed arrivammo ad una
villa detta Cherbin in turco, ed in serviano Clissma; le don
ne della quale ne vennero incontro con molte focacce e cirie
gie mal mature. Sopra la strada è una buonissima fontana;
montammo poi una collina sassosa e sterile, discendemmo in
una valle assai buona, ma per la maggior parte inculta, e
camminammo tanto che facemmo in tutta quella mattina mi
glia 18, fermandoci ad una collina con buona ombra e con
bella vista, sotto della quale fuori d'un sasso usciva una fre

2.
CN
ZA.
- T (7 s
schissima acqua. Desinato, e riposatici fino alle ore 18, man
dammo le some innanzi, e noi alle 19 e mezzo partimmo e se
guimmo il nostro viaggio. Passata la valle, pervenimmo alla
campagna detta Nissava, e lasciammo a parte sinistra la ter
ra detta Assarchioi in turco e in schiavo Pinor, appresso del
la quale corre il fiume Nissava, ed alloggiammo vicini alla
terra in una villa detta Siridurica.

La mattina innanzi giorno montammo a cavallo, e per


una campagna tra monti, passando addi 28, sabbato, a guaz
zo una fiumaja detta Sugorizza, pervenimmo poi in un'altra
campagna tra monti; e lungamente cavalcando per essa tro
vammo a mano stanca una fiumaja detta Giesarizza; e lascia
tala a mano stanca, sopra ponti passammo diverse acque che
correvano per detta campagna, e poi giungemmo in una val
letta profonda detta Dragoman, sassosa, sterile, con monti
dirupati, pieni di boschi, di mezzo la quale corre un torrente
d'acqua senza nome; e desinammo in alcuni prati circondati
da monti e boschi. Questo luogo è assai pericoloso d'assassi
ni, e però vi stanno le guardie ordinariamente. Seguì quivi
certo rumore tra i nostri della carovana e quei del paese, ma
la cosa si risolvette che il gianizzero levò a quei villani due
castrati.
Partimmo alle 19 ore tutti, e usciti dalla valle cammi
nando per colline da pascolo, lasciando a parte sinistra quel
la villa detta Dragoman Chioi, entrammo in una campagna
grande, tutta pascoli, senz'alberi, e per essa cavalcammo tre
ore; finalmente ascendendo una collina, alloggiammo vicini
ad una villa detta Aldomirosi in turco, e ci trovammo aglio,
poche ova e latticini.
La mattina per tempo montammo a cavallo, e calati nel
piano, inviate le some innanzi, e fatto partire Pasquale con un
gianizzero e il primo spenditore per trovarne alloggiamento,
e per apparecchiarne il desinare, cavalcammo per cinque ore
a2:42
a Z7 -, -

CZ )
7 – zi-: 20 :-c –

continue per campagna rasa parte coltivata parte no, e per


monti non culti ma lasciati a pascolo; oltrepassate le some,
venimmo finalmente a 14 ore a Sofia, ed essendo stati mala
mente guidati in un caravanserà furfantissimo, mercè di chi
ne avea l'incarico, vedutolo, ci partimmo con animo d'andare
ad alloggiare in campagna; ma guidati finalmente da signori
ragusei alloggiammo in una casa assai comoda d'un gentil
uomo raguseo; e scaricate le robe, desinato e riposati alquan
to, vedemmo tutta la città, la quale è di fabbriche private as
sai povera perchè le case tutte sono coperte di legname; ha
botteghe assai ben fornite, una ruga è tutta fornita da calzo
i laj con bellissimi lavori di scarpe stivaletti e cose simili, una
tutta di briglie e fornimenti da cavallo, una tutta di coperte,
stregghie cavezze balzi e cinghie da cavalli, una tutta di la
vori di rame stagnato, una di sarti di feltri e d'altri lavori,
una di cose da mangiare, lente, piselli, fava, zibibbi, fichi sec
chi, erbaggi ed altro, pane in abbondanza fatto in forma di
ciambelle e giallognolo, susimani a convenientissimo prezzo;
carne di capretto, agnelli e castrati in abbondanza, vino non
molto buono e caro. Cenammo e dormimmo riposatamente, e
la mattina del lunedì, a 50, udimmo messa nella chiesa dei
ragusei, devotamente tenuta, ma modesta per timor de tur
chi; e desinato che avemmo s'attese ad accomodar li for
zieri ch'erano tutti rovinati, a far acconciare la lettiga e ad
altre cose bisognevoli per il viaggio. Scrivemmo a Venezia
dell'arrivo nostro in Sofia, delli rumori d'Ungheria, delli 200
spaì ch'erano passati la notte precedente mentr'eramo allog
giati alla villa Aldomirosi sopraddetta. Vennero alcuni turchi
a farci vedere una leonessa, a far molte cose a modo loro, ed
alcuni a suonare di nacchere, ed una ragazza a ballare con
certi stromenti, ai quali tutti fu data la mancia.
Sofia è terra mercantile di molto traffico, e residenza per
ordinario del beglierbei della Grecia il quale, ritrovandosi a

º
i 27

Costantinopoli per li moti d'Ungheria, era stato nuovamente


inviato alla sua residenza , e non potemmo incontrarlo . Ha
molte moschee e grandi fino al numero di settanta , e dodici
chiese di calogeri greci ed una di ragusei; ha caravanserà ,
uno tra gli altri assai bello con camere di sopra a vôlti e con
fontane ove avremmo alloggiato volentieri se li nostri drago
mani avessero fatto il debito loro ; ma perchè non hanno la
mira ad altro che all'interesse proprio, fanno di questi e si
mili errori . Ha questa città un bagno di acque calde, tepide
e fredde, che vengono dalla montagna vicina, nel qual ba
gno verso sera si riducono le persone per lavarsi e per sani
tà ; ed in essa principalmente si fa grandissime faccende di
cuoi da suole , lane, feltri, e cose simili ; essa può far in tutto
fuochi quindicimila .
Partiti il martedì addì 31 maggio , a ore 10, con cinque
cocchi , la lettiga , e gli altri a cavallo, seguimmo il nostro
viaggio cavalcando per amena campagna con bei monti dalle
bande, e passammo il fiume Iscar ( che ha origine nel monte
Rillo e corre in Danubio ) sopra un ponte lunghissimo , ac
canto d'una villa detta Cazizane, e camminammo sempre per
campagna bellissima , poco coltivata ; e cavalcando per essa
quattr’ore continue, nel mostrarsi d'una collina ci soffermam
mo a desinare sotto alcuni alberi appresso una villa da ' tur
chi detta Azibedro, Oternava da’ bulgari . Montammo a caval
lo , desinato che avemmo, dubitando di pioggia ; passammo
detta villa ed ascendemmo una collina , e camminando lungo
una selva di roveri trovammo una valle parte coltivata e par

te no ; e ascesa un'altra collina entrammo tra colline incolte ,


e selve di roveri bassi . Il terreno avea del sabbioniccio, e par
te della strada era incomoda per li carretti stante le molte
ascese e discese e i sassi , e così continuammo per ispazio d'ore
tre, finchè venimmo ad una villa detta Vacareo , e discen
demmo in una bella valle di forma circolare . Poi continuammo
ſ. so -Ca
CA Èg
ºS
7 C.
º – zº: 28 : cie- º,

per dorsi di colline, per ore tre ancora, la maggior parte


boscose, venendo da ultimo ad un torrente, e poi sopra una
campagna, ed arrivando ad una villa detta Sarizino, cioè vil
la della Signoria; e per tutto questo viaggio vedevamo le
grandi montagne di Samoco cariche di neve, dalle quali ca
vano i turchi il ferro in gran quantità per li lavori che fanno.
La campagna tutta vicina al luogo ove alloggiammo si chia
ma Schirman.
La mattina montammo a cavallo a ore 8, e camminammo
per tre ore di seguito lungo una bella campagna, circondata
d'intorno da amenissimi monti e colli, parte dei quali erano
coltivati e parte no, e v'erano accanto i detti monti dei casali
assai onestamente fabbricati; e poi incominciammo ascendere
un monte alto, e credevamo di scoprire in un'altra campagna
li padiglioni del beglierbei di Grecia, ch'era stato alloggiato
in quel luogo la notte precedente; ma dal fosco non poteva
mo discerner bene. E incominciando a discendere trovam

mo una villa detta in turco Capidervent, e giungemmo ad


un'altra villa detta in schiavo Vitrin; colà trovammo fra
gole in quantità, latticini e vino; e passati di sotto una porta
grande antica, fatta di pietre cotte, con li fondamenti di pie
tra viva, continuando il cammino di discesa, vedemmo le ve
stigia di una fabbrica antica che si chiama Vitrin, luogo di
Giacomo vaivoda della Bossina. Andando pur per ischiena di
monti sempre per buona strada, anco per le carrette, con bo
schi dall'una e l'altra parte, camminammo in tutta la mattina
ore sette, incontrando sempre molti spai, a due, a quattro, a
sei e a dieci per volta ad ordine, di tutto punto, che segui
vano il beglierbei, il quale in Sofia dovea far la mossa delle
sue genti. E passato il torrente Stipoli, fummo a riposarci
sotto alcuni peri con cattivo pascolo e cattiv'acqua, aspettando
le carrette e le some; venute le carrette, desinammo, e le
some andarono di lungo perchè non aveano pascolo. Questa
a-
CN ſo
S ps S

È
strada tra monti e boschi è tenuta cattiva per malandrini.
Riposati alquanto, dopo desinato, montammo a cavallo, e se
guimmo il nostro viaggio con un poco di pioggia, sul dorso
pure del monte per un pezzo, e poi per pianura, parte culta
e parte no, con molte selve di roveri, e pervenimmo ad una
villa detta Novoselo cioè Villanova, ove trovammo vino non
buono condottovi da Filippopoli, capretti ad aspri 18, ova a
sette all'aspro, polli cari, gente amorevole, ma disperata.
Ci partimmo la mattina all'alba e, passata una corrente
acquetta, giungemmo ad una gran campagna poco culta e
piena di selve di roveri, terreno sabbion negro, e così fino a
Basardich. Ma prima si guadò la fiumaja detta Casineleri, per
chè il bel ponte di sei vòlti di pietra era rotto. E prima tro
vammo un bellissimo luogo, e come un bosco di diversi frut
ti, che solea esser di un indovino di Sultan Suliman, che glielo
avea donato per suo diporto, ed ora va in rovina. Basardich,
assai maggiore di Fochia, mercantile e di passaggio, ha le case
coperte di coppi, molte moschee e bazari. Incontrammo molti
spaì che andavano a Sofia, ed alcuni detti salictari con ban
diere rosse e bianche, i quali non son soliti cavalcare se non
per gran bisogno, quando cavalca la persona del gransignore,
che gli vanno per guardia alla parte sinistra e sono al numero
di quattromila. Trovammo un bosco di roveri a parte destra,
vecchi e chiari, e poi passammo a guazzo una fiumaja assai
corrente, Corucai in turco e in schiavo Jano; e finalmente,
fatte miglia 12, ci cavammo mezzo miglio di strada per tro
var ombra, e andammo a riposare sotto alcuni frondosi roveri
con buonissimo pascolo, ma cattiv'acqua e non vino.
Partimmo a 16 ore, e per campagna, uscendo della Bul
garia, entrammo nella Romania e campagna di Filippopoli,
tutta coltivata, senz'alberi, e poc'acqua in certi pozzi. Ve
demmo per questa campagna de monticelli o tumuli, il ter
reno era parte sabbioniccio, parte carantoso, ma però le biade
0 30 30

eran belle assai, segale ed orzi ; e pervenimmo ad un fiume


detto Colatovo dalla villa, ma è veramente il fiume Marizza
che si va sempre ingrossando. Giunti finalmente alli due col
li , che da lontano m'era stato mostrato che sotto di essi era
la città di Filippopoli , ed entrati, trovammo le stalle grandi a
parte sinistra delle razze del gransignore; e poi , passato sopra
un ponte di legno lungo 300 passi il fiume Marizza che fa
bellissima vista , andammo ad alloggiare oltre il ponte a parte
destra nel caravanserà coperto di piombo , in alcune stanze a
parte assai comode ; e , riposatici, girammo tutta la città ,
nella quale sono molte moschee, molti caravanserà, ed ora se
ne fabbrica uno magnifico dalla madre del gransignore, che
sarà cosa superba . Ha molti bagni, è piena di traffico , ha mol
ti bazari . Partimmo il venerdì mattina alli 3 giugno al levar
del sole . Filippopoli si chiamava Plondin per il castello ch'è
in essa , che pur ora è similmente chiamato Plondin , ed era
del vaivoda di Bossina. È di fuochi cinquemila , e vi sono mol
ti greci cristiani , li quali hanno le loro chiese . Vi è un solo
mercante raguseo, gli altri sono partiti o morti . Camminam
mo sempre accanto detto fiume Marizza, il qual fassi ognora
maggiore e fa molte isole . È mal tenuto, e si potria rendere
navigabile da Filippopoli in Andrinopoli per dove passa . Ri
passato detto fiume sopra un ponte di pietra viva con tre ar
chi, e cavalcato per campagna sempre poco lontani dal fiume,
e poi per due ore per un bosco accanto il fiume, che ha gran
dissimi roveri, e guadati alcuni rami del fiume, venimmo ad
una villa detta in greco Papaselo, e in serviano Poponosilo
cioè Villa del prete, e ad istanza dei vetturini ci fermammo
a desinare ed a cena , e ci trovammo insalata, ciriegie, ova a
7 all'aspro , pane, vino buono, formaggio fresco .
La mattina de’4, sabbato , partimmo tre ore innanzi gior
no e cavalcammo sempre per campagna , ma però di colle in
colle essendo il paese fatto a onde ; terreni inculti per la mag
Sºſ E2
C a
l

C -es : 51 ; ce

gior parte, e sono coltivati quei solamente che stanno vicini


alle ville. Sono luoghi da ladri, ed incontrammo molti spai,
e dopo cinque ore di cammino trovammo una villa grossa
detta in turco Dervent Caialù, in schiavo Scronizza, ove avea
pesce fresco, cotto, e ciriegie selvatiche. Procedemmo per li
medesimi luoghi inculti ancora quattro ore, ed arrivammo ad
una fontana e luogo detto Curisimen; ivi riposammo fino al
le 18 ore. Cambiai il cavallo della lettiga, e perdei Rado por
talettere che venne tre ore dopo. E camminando per i mede
simi luoghi inculti, valli grandi, e colli piccoli, e di onda in
onda, giungemmo ad un casale detto Semischie in turco ed in
schiavo Coslodizza, sotto cui corre un torrente piccolo, e fa
cendo li caterghi molta istanza per esser li cavalli stracchi,
alloggiammo. Ci avea pane, vino, poche ova, e capponi ad
aspri 22 ma grandi, ciriegie e latticini; cenammo, e poscia an
dammo sotto il padiglione, con molta pioggia, a 5 ore.
Levati la mattina della domenica addì 5, camminato quat
tr'ore continue per campagna inabitata, inculta, con molte
selve, dopo le quattro ore trovammo una campagnuola assai
ben coltivata, detta Vironi in schiavo, e camminammo innanzi
tra colli, boschi, e luoghi inculti, per altre ore tre, fino ad
un monte detto Slanoinizza, tutto boscoso, e lo varcammo in
un'ora, e pervenimmo al piano; gran paese a parte sinistra
tutto bosco e disabitato, e sopra il detto monte la guardia po
sta per assicurare la strada a viandanti. A basso trovammo di
nuovo il fiume Marizza che avevamo lasciato, e paesi a colli ed
a onde, inculti, e per la maggior parte selve; e pervenimmo
ad un'acqua, ov'è un buon caravanserà fatto da Casambei, ed
una fontana. Il luogo si chiama Carmanlia; vedemmo di qua dal
caravanserà botteghe di greci che vendeano vino, e di là di
turchi che vendeano risi, uva secca, ed altri rinfrescamenti;
e un turco in una bottega ch'era di una smisurata grassezza
e pareva uomo selvaggio, con tutta la schiena pelosa. L'acqua
S 2 º CeS g
( -- = -: 52 :-ce

del torrente si chiama Uluderen e va in Marizza. Tre miglia


º
innanzi, trovammo una villa dei cristiani accanto il fiume Ma
rizza, chiamata in turco Unechi, in schiavo Ugles, nome pro
prio del re di quei tempi, il quale fu morto da un suo servo
mentre riposava alla fontana ch'è di eccellente acqua. E par
timmo dopo desinato; e, riposato, alle 17 ore, movendo per
buona strada sabbioniccia, incontrando molti spai che anda
vano a Sofia, e per una campagna tra due colline lungo il
fiume Marizza inculta per gran parte, ove ammazzammo una
biscia, camminato che avemmo per cinque ore per paese in
culto e sterile e selve di spini e roveri, venimmo ad allog
giare in una villa detta in turco Caralicz Dervent, cioè Valle
scura, vedemmo passare molti spai, e la notte cinque vlacchi;
uno venia di Ungheria, e quattro andavano sollecitando li
spai che andassero a trovar il beglierbei. Non avemmo che
polli solamente, perchè li capretti ed agnelli erano stati man
dati con le mandre alla montagna, nel passar del beglierbei.
Partimmo un'ora solamente innanzi giorno, perchè era
no stati smarriti cinque cavalli da soma, ed a mezz'ora di
giorno arrivammo al ponte di Mustafà Bassà, di archi 21,
tutto di pietra, con una iscrizione al mezzo del ponte sopra
una gran pietra in lettere turche. Dicesi che Sultan Suliman
fu ricercato dalla sorella, ch'era moglie di Mustafà, che gl'im
prestasse denari per fornir detta opera, avendo speso quanto
avea nelle due teste del ponte; il gransignore rispose che lo
voleva far lui, ma la sultana persuase il marito a vendere tutto
il suo mobile e finirlo; e se l'ebbe Sultan Suliman tanto a
male, che giurò non passarvi mai, e nella guerra di Zighet
non lo passò, nè vivo nè morto, ma fece la strada di là dalla
Marizza. La Rossa (Rossolana) poi fece il caravanserà ch'è
passato il ponte, e la moschea con tante botteghe da vendere
roba da vivere, e là comprammo delle ciriegie. Vedemmo un
vlacco che mancava da Costantinopoli da tre giorni, e ne disse
N

ch'eramo aspettati a Costantinopoli, che si sollecitasse il viag


gio; camminammo lungo una collina lasciando una campa
gnuola a parte destra, e la Marizza fiume, e trovammo molti
spai, e in una gran prateria 200 cammelli del gransignore che
erano al pascolo; e vedemmo alcuni mucchi di terreno che si
sogliono fare quando il signore passa per alcun luogo; e per
venimmo finalmente dopo un lungo viaggio ad una villa detta
Casan, che ha appresso un ponte di un arco solo non molto
grande fatto da Sultan Suliman. Desinammo, e riposammo al
l'ombra di molti mori, e dopo aver desinato e riposato un
pezzo, avendo mandato a procurare d'aver stanza, e inviate
le some innanzi, montai in lettiga, li nobili in cocchio, gli
altri a cavallo, ed alle 18 ore entrammo in Andrinopoli.
Andammo ad alloggiare in un bellissimo caravanserà di
pietra viva a vòlti, con buone stanze in solaio ed onorato,
fatto per lo addietro da Mehemet Bassà. Occupammo quasi
tutte le stanze e tutto il caravanserà, eccettuate tre stanze so
lamente, ed alloggiammo benissimo. Vicino a questo è il ser
raglio ch'era di Mehemet Bassà; nel primo entrar a parte si
nistra è il luogo delli schiavi, ch'è peggior assai che la stalla
dei cavalli, e dinanzi è il luogo dello scrivano che tien con
to d'essi, il luogo da vender le robe del vivere, ed intorno
intorno i luoghi delle guardie; è oscuro molto, e li schiavi,
quando ne sono, stanno a quattro a quattro legati con le ca
tene. In questo luogo soleva il bassà tenerne 800. Andai in
nanzi e trovai un cortile assai spazioso, nel mezzo del quale
da una parte, salendo alcuni scalini, trovai un salotto quasi
quadro sostenuto nel mezzo da due colonne, e li banchi da
sedere in giro. Questo luogo è detto il divano del bassà, a
parte destra del quale era una bella stanza come una camera
di audienza secreta. S'entra poi le stanze del bassà, rivesti
te alcune di esse con bellissime majoliche, soffittate con molti -
ori lavorati all'agemina, belle nappe, belli armadi, alcuni in

è
SS
ſi
-'
–ize: 34 :-ce

calcinati di bianco, che par che siano di marmo. Dalle stanze


del bassà, che possono essere una sala e otto stanze, si va per
luoghi secreti alle stanze della sultana che ne ha altrettante e
più appartate; ognuna ha la sua stufa e il suo bagno e l'or
to; vi sono le stanze dei giovani del bassà, scrittori, musici,
ed altre virtù, quelle delle damigelle, delli eunuchi, della mae
stra della sultana, delle donzelle e di tutto il resto della cor
te del bassà, le stalle con le stanze de'lavoratori di selle e di
fornimenti da cavalli, de maniscalchi e d'altri. Quest'ordine
medesimo tiene il serraglio del gransignore e degli altri; ve
demmo quello del signore medesimo al di fuori, ma non po
temmo entrare, perchè erano dentro 500 azamoglani; vedem
mo la grande moschea di Sultan Amurat, che ha molto del
grande, è fatta con altissime colonne di serpentino e marmi
greci, col bagno appresso e la fontana nel vestibolo, e quat
tro campanili. Vedemmo poi quella di Sultan Selim, ed en
trammo in essa scalzi, e la osservammo tutta minutamente;
è bella certo, e tenuta con grandissima pulizia, e adornata
dentro con leggiadre pitture, e di forma quadra, con tre cu
pole per facciata ed una cupola grande nel mezzo, coperte
tutte di piombo con ballatoi d'intorno al di dentro, con una
magnifica scala ehe va al poggiuolo onde si dice l'orazione.
Nel mezzo è il luogo dei sacerdoti, nella parte sinistra è il
luogo rilevato ove il gransignore sta ad udire l'orazione. Ha
bellissimo cortile dinanzi, da tre parti serrato di muro di pie
tra viva; di fuori all'intorno volea fare un luogo da studenti,
ma fu dalla morte interrotto. Vedemmo poi il bel bazaro fatto
da Mehemet Bassà, tutto ad archi, alto di buonissima altezza,
e largo quanto si conviene, di 500 passi di lunghezza con bot
teghe dall'una e dall'altra parte; fa bellissimo vedere; poi,
molti altri bazari. La città è grande, e di mezzo le passano
tre fiumi, Marizza, Tunsa ed Ardachi; è congiunta con ponti di
-

marmo a molti archi; è mercantile assai, ha abbondanza


'Cep

onestamente di pane, vino, carne d'agnello, castrati, manzi,


pollame, colombi, e l'inverno di molta selvaggina, pernici,
fagiani; ha molte frutta, e vi trovammo armellini, ciriegie,
marasche, insalate, ravani, cipolle, aglio e droghe. È grande
che grandissima difficoltà saria stata a camminarla tutta, ha
poco meno di cinquantamila fuochi, ma per quanto dicono gli
abitanti è manco abitata al presente di quello era per lo pas
sato; ma le guerre, e il non venirci il signore ogni anno co
me soleva, a starvi, l'ha fatta in parte manco abitata.
Stemmo a riposare il martedì; e il mercordi, mandando
Pietro e M. Antonio innanzi a Costantinopoli ad apparecchiare
la nostra entrata, partimmo di mattina, e passammo di mez
zo la città dopo fatta colezione alle 11 ore e mezza; e pas
sate le vigne e la fontana, trovammo una campagna tutta col
tivata, senz'alberi, con qualche altura, ed ardeva dal sole; e
cavalcammo per ore due continue per detta campagna, finchè
venimmo ad una collina e vedemmo due casali poco lontani
dalla strada uno a destra e l'altro a sinistra con molti alberi;
il terreno era carantoso, e sopra la strada vedemmo un albe
ro con buona ombra ed acqua fresca; ascendemmo poi una
buona collina, e trovammo un paese fatto tutto a valli e col
line, coltivato medesimamente, e più innanzi quasi niente col
tivato ma tutto bruciato; e cavalcato ancor un'ora e mezza,
scorgemmo a parte sinistra un buon casale, ed a parte destra
un boschetto di diversi alberi, e sulla strada un pozzo di ot
tima acqua. Cavalcando un'altra ora per paese bruciato come
di sopra, venimmo ad una terra detta Caſsa, fabbricata da
Mehemet Bassà; in cui egli ha fatto prima una bella moschea,
e uscendo dalla moschea si trova un altissimo vòlto coperto
di piombo, che fa come da porta d'una città, e si entra in un
cortile con sottoportici d'intorno da alloggiare, ove allog
giammo noi, ed ha una fontana nel mezzo. Vi ha poi due stal
le grandi da alloggiare 24 uomini e li cavalli, e nel mezzo
zo -,

S.( %-
º A
-

N
–eo: 56 ; c e

r una casa grande quadra, da mettere le robe, ha fatto molte


botteghe di pietra viva da vender robe per bisogno del vian
danti. V'è ancora un luogo appartato per le donne. Trovam
mo frutta ed ova; v'ha un bagno bello assai per li uomini in
mezzo, e sopra per le donne. Danno da mangiare a quei che
alloggiano nelle 88 stanze delli due caravanserà; nell'entrata
è un sito quadro con quattro archi di pietra viva, e la cupola
nel mezzo, coperto di piombo; vi è la cucina, magazzini da
salvar risi, farine ed altre cose da vivere; danno due volte al
giorno pane, risi e carne alli alloggiati; ed a questa moschea
è applicata, oltra l'altre entrate, quella del caravanserà d'An
drinopoli.
Partimmo la mattina de 9, e fu di giovedì, un'ora avan
ti giorno, e per i medesimi luoghi cavalcato un'ora trovam
mo una villa. Cavalcammo un'altra ora, e trovammo un'altra
villa a banda destra e molti alberi; dopo un'altra ora un'al
tra villa; e dopo un'altra un casale grande. Vedemmo molti
carri di polacchi, che aveano sei fin otto cavalli per uno, ed a
Costantinopoli conduceano merci di Alemagna. Un'ora dopo,
vedemmo un luogo detto Chibiba, dov'è una moschea fatta
da Ali Bassà, ed un caravanserà assai buono, ma non entram
mo in esso; andammo fuori all'ombra di certi alberi vicini
all'acqua. La moschea ha una cupola grande, ed otto minori,
coperte di piombo. Montammo a cavallo, e cavalcato un'ora
trovammo due casali, poco discosti dalla strada, e finalmente
arrivammo a Borgassi, ov'è una moschea fabbricata da Mehe
met Bassà, con un gran cortile dinanzi serrato, come un chio
stro di certosini, con celle tutte a vòlto, e le sue cupole di
piombo e altissimi alberi, che da noi non si trovano, nel cortile
per far ombra, ed un orto grande dietro la moschea, fatto da
Mehemet Bassà, ed un bagno bellissimo, un caravanserà diviso
in due parti con 24 stanze per luogo, ed un cortile in mezzo,
quadro, intorno al quale sottoportici a vòlto, coperti di piom
g
– : 57 : c =

bo, e quattro grandi portoni, due servivano per l'entrata, uno


per le donne e l'altro per la cucina e luogo del pane, fatti
pur tutti a vòlto di buonissima maniera e coperti di piombo.
Danno da mangiare tre volte il giorno a quei che alloggiano
nelle 48 stanze, la mattina e la sera, risi, pane e carne, e al
mezzogiorno mele e pane; a noi non fu data nè offerta cosa
alcuna, sì perchè alloggiammo tardi, sì perchè eramo allog
giati nelle stanze di fuori; ma vi erano anco due camere
nelle quali alloggiammo, oltre i luoghi di fuori. Nel mezzo è
una bella fontana; vedemmo ancora un serraglio fatto dal
medesimo Mehemet Bassà con una superba fabbrica nel mez
zo di un orto che gli va d'intorno serrato di mura ed una
galleria all'usanza loro, che va all'ingiro con peschiera sotto
da una banda. Ci avemmo buonissimi armellini dall'azamo
glano che governava. Eranvi alloggiati molti spai che parti
rono a mezzanotte per Sofia, e sempre ne abbiamo trovato da
Sofia a Costantinopoli, e per viaggio e per strada, gran quan
tità, e molti che passavano nella notte; molti vlacchi ogni di
andavano di Ungheria a Costantinopoli e di Costantinopoli in
Ungheria.
Ci levammo la mattina un'ora avanti giorno, e cavalcan
do per paese arido e montuoso, sabbioniccio, senz'alberi, per
tre ore, trovammo una villa detta Calistrada, e finalmente a
14 ore arrivammo ad una villa de turchi detta Carastini, di
Mehemet Bassà. E volendo andar a fermarci per desinar sotto
alcuni alberi ove corre un'acqua, li turchi incominciarono ad
opporsi al dragomano ed a gianizzeri, ed uno alzò un legno
per dar al gianizzero; però avventatisi tutti e due li gianiz
zeri contra d'esso gli dettero di buone bastonate col busdega
no, sì che acquietati andammo a riposare e a desinare a quel
le ombre. Desinato, partimmo subito, e nel partire essendo
rimasto uno della compagnia, cioè Alvise Marchesini, s'accor
sero i gianizzeri che li turchi venivano per serrarli la porta

pS - ze4)S
– zº: 38 ; ce -

d'un cortile e serrarvelo dentro, e si fecero fuori alla porta.


Sdegnato un turco tirò un sasso sulla mano al gianizzero, e
l'offese gravemente e scampò subito via; per il che l'altro
gianizzero gli tirò una frecciata. Il rumore si fece grande, e
però saltai fuori della lettiga, e montai subito a cavallo e cor
remmo tutti al rumore, facendoci alla porta, non lasciandovi
entrare li turchi che da diverse parti accorrevano; ed acque
tato il rumore rimontammo tutti a cavallo, e muovemmo ver
so Zurlic, cavalcando per paese arido e montuoso, senza al
beri; e venimmo a Zurlich e alloggiammo in un caravanserà
ben grande, ma pieno di fetore d'animali e caldo; la terra è
vasta ma non molto abitata, il pane v'è caro; trovammo mo
re bianche, ciriegie, insalata, latte agro, ova a 9 all'aspro;
vedemmo una buona moschea con un cortile dinanzi, con do
dici stanze, sei davanti e sei di dietro, per alloggiare amma
lati e viandanti, ch'erano tutte occupate; a quali si dà due
volte al giorno pane, risi e carne; trovammo un bagno bel
lissimo, un imaretto con molte stanze da abitare per quei
che imparano la legge, e d'incontro a questo v'era un luogo
per alloggiar donne. Tutte queste case sono coperte di piom
bo, e furono fatte da Acmat Bassà che ribellò il Cairo, e fu
ammazzato da uno schiavo, al quale furono confiscati li beni
ed assegnate molte entrate a questi luoghi pii.
Partimmo la mattina un'ora innanzi giorno, che fu il sa
bato a ott'ore, agli 11 giugno, e cavalcato per l'istesso paese
arido sabbioniccio per quattr'ore, trovammo una villa abi
tata da greci, detta Arrapli, e vedemmo altre ville d'intorno
abitate da greci e turchi; e passato il luogo di un torrente e
salita di nuovo la montagna scoprimmo il mare, e cavalcato
ancora tre ore arrivammo al ponte di legno di Silivrea, in
contrando molti spai. E perchè avevo fatto intendere a tutti
che si dovesse camminare uniti e fecero il contrario, li coc
chi andarono un poco innanzi, e per altra strada della mia,
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sicchè non li raggiunsi se non a Silivrea. Messer M. Antonio


Stanga, che avea cavalcato molto innanzi di noi, fu incontra
to da un vlacco che gli voleva togliere il mio cavallo, ma poi
lo lasciò e gli tolse il cortello solamente, ma poscia lo resti
tuì alli gianizzeri. Entrammo a Silivrea in un'assai buona ca
sa di turchi fatta per alloggiare forestieri; ove trovammo un
pesce detto niza, grande, e cinque astici, e demmo di tutto
80 aspri; trovammo il console nostro, uomo vecchio da Na
poli di Malvasia. Alcun poco innanzi l'entrata di Silivrea ve
demmo una fossa principiata che abbracciava un grandissimo
giro, ove i turchi prima che abitassero Costantinopoli dise
gnavano fare la città metropoli dell'imperio ; ma avvedutisi
che non avea porto lasciarono l'impresa. La terra è messa sul
mare; due ponti attraversano la palude che fa il mare, la qua
le fa come un lago. È città vecchia e cinta di muraglia, anti
chissima, abitata quasi tutta da greci, e nei borghi abitano li
turchi; trovammo buon vino. Andammo a vedere il castello
il qual è tenuto assai civilmente da greci, ed in esso vedem
mo alcune belle donne greche. Discendemmo poi alla marina
e vedemmo una galeotta e li schiavi cristiani di essa. Carica
vano coppi, che si fanno in questo luogo; femmo elemosina
due volte ad essi poveri schiavi, e poi venimmo a cena. Os
servammo molti colombi, che sono tenuti da particolari e la
sciati la mattina e la sera, i quali fanno molte buffonerie nel
l'aere; ed è da notare che non è creduto il testimonio di quel
che li tiene perchè è stimato ladro, disviando que del vicino.
Alli 12, la mattina di domenica, innanzi giorno partim
mo e trovammo, fatte quattro miglia, una villa chiamata Pli
nates con una torre antica e rovinata, e poi un'altra villa,
due miglia da questa lontana, detta Conusua, pur con una
torre, abitate tutt'e due da greci, e sopra il lido del mare; e
poi venimmo a desinare, fatte miglia 17, a Biuchi Chicime
ge cioè al ponte grande, ed entrammo nel caravanserà gran
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de, coperto di piombo, fatto da Sultan Suliman. Il ponte
grande è tutto di pietra, e sono quattro ponti che si con
giungono l'uno con l'altro, di grandissima spesa; e furono
fatti in anni sei, lavorandovi sempre fin quattromila perso
ne; la cura fu data a Pertav Bassà. Vicino al caravanserà è
una moschea fatta fare da Mehemet Bassà; vi sono molte
botteghe, ed è luogo assai frequentato, con 200 case.
Partimmo dopo desinare e ascendemmo un monte, e nel
discender vedemmo un boschetto ben tenuto e custodito da

azamoglani con una buona fontana sopra la strada, ed ha bel


la pianura dinanzi, ch'è del gransignore, il qual si riduce
in quello al tempo delle quaglie per la caccia di esse. Venim
mo poi sopra un monticello, ed incominciammo a scoprire le
torri di Costantinopoli, e fatte dodici miglia in 5 ore fummo
a Chiuchiuc, cioè al ponte piccolo, ed alloggiammo in un
meslu eretto da un deſterdaro con buoni luoghi da abitare,
ove alloggiammo comodamente, ed era tutto coperto di
piombo, e davano da mangiare a poveri viandanti una volta
al giorno, cioè la sera, carne, risi, e pane; ma a noi non die
dero cosa alcuna, anzi pagammo l'alloggiamento. Venne il
sangiacco di Clissa, ch'era fatto bassà di Tripoli di Barberia
in luogo di Assan Agà, riposò un poco e parti subito. Fui
presentato da tre poveri cristiani di ciriegie, cocomeri e in
salate, e ci fermammo, così consigliati dal segretario Cavazza
che venne a trovarne, tutto il lunedì.
La mattina del martedì partimmo di buon'ora, alli 14,
e cavalcato un'ora cominciammo a vedere molti palazzi e ser
ragli, così del signore come de'diversi bassà, e vicino alla città
incontrammo l'ambasciatore di Transilvania che partiva ac
compagnato da un chias e da molti transilvani, e ci salutam
mo senza dir altro, e venimmo finalmente alla porta di Costan
tinopoli detta la porta d'Andercapi, ch'è quella per la quale
Sultan Mehemet entrò con l'esercito, e cavalcammo lungo la
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muraglia ch'è di tre cinte di muro, una sotto l'altra, con una
fossa assai larga. Ed entrando in un lunghissimo borgo ve
demmo la sepoltura di Mehemet Bassà e de'figliuoli, e poi ve
nimmo all'Acque dolci, dove aspettammo i cocchi e le some,
e desinammo sotto un padiglione di legname coperto di cop
pi e dipinto; nel quale si solea ridur alcuna volta Sultan
Selim pe piaceri della caccia dei falconi. Venne poi Mustafà
chiaùs accompagnato da altri che messe il padiglion suo poco
discosto dal nostro, e poi il Colombina per istare alla cura
nostra fin la mattina; i quali cenarono con noi, e poi ne con
dussero così a piedi a vedere li mulini e l'ingegno di raffinare
la polvere, fin dove si meschia l'acqua salsa con la dolce. Alli
15, la mattina di san Vito, montai a cavallo con tutta la com
pagnia, levato dal chias bassà, accompagnato da 60 chialis
e dall'agà delli spai, seguito da molti spai e da molti gianiz
zeri con li archibusi, da tutte le corti dei principi, e final
mente da tutti li mercanti cristiani, perotti, sciotti, veneziani
e d'altre nazioni, ſui condotto alla mia abitazione. Restarono
a desinar meco più di 200 persone, e il banchetto ſu grande
ed onorato.

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