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Visto dalla parte italiana, il Tetto delle Alpi[8] non è poi così
appariscente rispetto alle altre vette che lo circondano. A differenza dell'altro grande gigante delle Alpi, il
monte Rosa, visibile in tutta la Pianura Padana nord-occidentale fino alle prime alture appenniniche, il
monte Bianco compare solo all'ultimo momento lungo la strada per Courmayeur, nascosto da una miriade di
satelliti minori. Guardandolo da ovest è invece ben visibile da molto lontano, dalle alture del Massiccio
Centrale francese, da quelle dei Vosgi, dalle alture del Giura, dalla Svizzera, dalla Foresta Nera.
È perennemente innevato e si trova nella parte centrale di una
catena di monti che si estende in lunghezza per 40 km, in
larghezza dagli 8 ai 15 km, su territori di tre diversi stati,
occupando una superficie di circa 645 km²: il massiccio del
Monte Bianco[9]. Se si esclude la parete est del Monte Rosa di
Macugnaga, la più alta delle Alpi, in questo massiccio sono
presenti alcune tra le pareti più elevate del sistema alpino quali la
Brenva e la nord delle Grandes Jorasses e sono raggruppate
Il versante sud del Monte Bianco visto quaranta cime al di sopra dei 4.000 m, con un terzo di superficie a
dalla Valdigne (alta Valle d'Aosta) una quota non inferiore ai 3.000 m[10]. L'azione degli agenti
erosivi sulle rocce granitiche ha formato nel tempo creste
acuminate e vette a guglia di particolare bellezza che richiamano
nella regione alpinisti da ogni parte del mondo.
Altezza
Nell'agosto del 1986 la misurazione ortometrica rilevata tramite satellite risultava di 4.804 m.
Successivamente l'altezza ufficiale è stata per lungo tempo 4.807 m, per poi passare nel 2001 a 4.810 m; nel
2003 a 4.808 m; nel 2005 fu di 4.808 m; nel 2007 a 4.810 m; nel 2009 4.810 m[12] e nell'ultima misurazione
del settembre 2015 a 4.808 m, più basso rispetto alla precedente misurazione di 1,29 m. Queste variazioni
sono dovute ai venti che accumulano la neve sulla cima, determinandone conseguentemente l'altezza. Se
durante l'anno si registrano meno giorni ventosi rispetto all'anno precedente, di conseguenza si accumulerà
meno neve condizionandone l'altezza. A causa delle continue variazioni della calotta ghiacciata a partire dal
2001 ogni due anni viene fatto un rilevamento ufficiale. Le misurazioni vengono effettuate a cura della
Camera provinciale dei geometri dell'Alta Savoia in collaborazione con una società specializzata in
rilevamenti tramite GPS. Dopo la siccità del 2003 la misurazione effettuata nel mese di settembre di
quell'anno attestava l'altezza a 4.808,45 m e si constatò in quell'occasione che la cima si era spostata di
0,75 cm verso nord-ovest rispetto alla posizione del 2001.
Durante quella campagna di misurazioni sono stati sistemati sulla calotta sommitale più di 500 punti fissi di
riferimento al fine di studiare con precisione il variare del volume di ghiaccio al di sopra dei 4.800 m che nel
2003 era di 14.600 m³, 14.300 m³ nel 2005 per arrivare ai 24.100 m³ attuali[13]. Il monte Bianco è la
montagna più alta di tutta la catena alpina e considerata anche la più alta dell'Europa[2]. Nonostante le fonti
più autorevoli non considerino il Caucaso come limite geografico orientale del continente[14], tuttavia talora
vengono citate quali vette più alte d'Europa quelle situate in territorio russo e georgiano, come l'Elbrus che
culmina a 5.642 m, il Dykh Tau con 5.203 m, il Shkhara a 5.200 m e il Kazbek 5.047 m[15].
Geologia
i graniti, che si distinguono nella parte centrale del Massiccio per le creste a guglia e le forme
acute dei rilievi. Benché molto dura, questa roccia non resiste agli effetti dell'erosione
provocata dai ghiacci.
Le rocce metamorfiche, che circondano i graniti. Queste rocce contengono le stesse famiglie
di cristalli dei graniti, ma la loro resistenza all'erosione è minima e presentano forme più
slanciate rispetto alle altre.
Le rocce sedimentarie, che vengono raggruppate generalmente in due grandi famiglie, ossia le
rocce basiche (calcari, dolomie, calcescisti, carniole), e le rocce acide (gres, scisti argillosi,
quarzite).
I quarzi del Monte Bianco
A 3,462 m di quota, a Punta Helbronner, sulla Terrazza dei Ghiacciai si trova una mostra permanente di
cristalli provenienti dal Massiccio e tra i 150 minerali esposti si possono ammirare le più particolari varietà
di quarzo di rocca, di morioni ialini e fumé[19]; le vesuviane e i granati rinvenuti presso Châtillon, i minerali
delle antiche miniere, tra i quali i campioni di oro nativo di Brusson e di violano di Saint Marcel, unica
località di ritrovamento al mondo. La conoscenza che Jacques Balmat aveva del massiccio era dovuta anche
al fatto che lui stesso era un cercatore di cristalli (oltre che un cacciatore di camosci), e se il quarzo e la
fluorite sono i minerali sovrani del monte Bianco, se ne possono trovare molti altri ancora come: l'Adularia
(KAlSi3O8); l'Ankerite (Ca(Fe++, Mg, Mn) (CO3)2); il Berillo (Be3Al2Si6O18); la Calcite (CaCO3); la
Dolomite (MgCa(CO3)2); l'Ematite (Fe2O3); la Fluorapatite (Ca5(PO4)3F); la Galena (PbS); la Siderite
(FeCO3); il Titanite (CaTiSiO5); l'Epidoto (Ca2(Fe+++, Al)3(SiO4)3(OH)).[20]
Clima
Sopra i 3.800 m la totalità delle precipitazioni sono di carattere nevoso e garantiscono un forte accumulo di
neve ai ghiacciai che attorniano la montagna. Queste precipitazioni si trasformano spesso in vere e proprie
tempeste di neve, specialmente sulle quote più alte e sulla parte sommitale dove durante queste bufere gli
accumuli di neve fresca arrivano fino a 4 metri di spessore. Si possono stimare tra i 150 e i 160 il numero
dei giorni di precipitazioni nevose oltre i 3500 m, con una intensità delle precipitazioni sulla vetta di circa
20 cm di neve (corrispondenti a circa 20 mm di acqua) giornalieri[20]. Durante l'anno, tra il 15 di giugno e il
15 di luglio, a cavallo del solstizio d'estate, sulla parte sommitale si può assistere a una sorta di disgelo, con
temperature massime che raggiungono i 3 °C. L'azione del sole fonde la neve superficiale creando acqua che
filtra negli strati inferiori per poi gelarsi rapidamente.
Oltre alle abbondanti nevicate, anche i venti giocano un ruolo determinante per la formazione e la
conservazione della calotta ghiacciata sommitale. Se da una parte quelli secchi d'inverno spazzano via la
neve, dall'altra i venti umidi primaverili, caratterizzati da abbondanti precipitazioni, ne apportano grandi
quantità[20]. Sulla cima la velocità dei venti può raggiungere i 150 km/h e la temperatura i – 40 °C. Sono
frequenti anche le perturbazioni causate dal foehn, un vento caldo che spira proveniente dalla Val Ferret, e
nel superare i contrafforti del versante valdostano perde umidità provocando forti nevicate in alta quota, per
ridiscendere verso la valle dell'Arve ancora più caldo favorendo giornate soleggiate. Durante le escursioni
sulla montagna, il vento rafforza la sensazione di freddo e la temperatura percepita risulta inferiore a quella
effettiva nell'ambiente circostante (effetto Windchill).
Ghiacciai
Il massiccio del Bianco è una delle più vaste zone alpine ricoperte
dai ghiacci e i suoi ghiacciai, in tutto 65, occupano un'area di
165 km²[22]. I più estesi sono localizzati sul versante francese
dove i pendii sono meno ripidi ed esposti a nord. Tra questi il
ghiacciaio dei Bossons e la mer de Glace che arrivano fin quasi
alla vallata di Chamonix. Nelle Alpi quest'ultimo è il terzo per
grandezza, con circa 40 km² di estensione, dopo quello di Aletsch
nelle Alpi Bernesi in Svizzera e quello del Gorner nel Monte Il ghiacciaio della Brenva
Rosa sempre in Svizzera. Sul versante meridionale, quello
italiano, sono presenti i ghiacciai del Freney, della Brenva, del
Miage, del monte Bianco, del Triolet, di Pré de Bar, per citarne alcuni. Tra i paesaggi glaciali alpini, quello
della Val Veny è uno dei più singolari: due imponenti fiumane gelate scendono dalla cima del Bianco fino a
quota 1.200 m sul fondo della valle sbarrandone l'ingresso. Continuando nella valle stessa, un'altra lingua
glaciale, quella del ghiacciaio del Miage, irrompe nella vallata occupandola per tutta la larghezza per quasi
tre km di lunghezza[23].
Attualmente il monte Bianco è sottoposto a continui monitoraggi per meglio conoscere e capire quanto
accade ai ghiacci sulla calotta sommitale. A causa dei cambiamenti climatici e del conseguente generalizzato
incremento termico, da alcuni decenni quelli del Bianco (e in generale lungo tutto l'arco alpino) sono in forte
regresso, specialmente i più piccoli. Secondo dati provenienti dalle più recenti ricerche, negli ultimi anni si
assiste a un particolare fenomeno che fa aumentare considerevolmente la coltre ghiacciata oltre i 4.000 m,
tanto che la cima del monte è aumentata di 2,15 m e tutta la calotta sommitale di 10.000 m³ di ghiaccio.
Secondo i meteorologi, questo incremento è spiegato dal fatto che negli ultimi anni è aumentato il numero
delle giornate caratterizzate da venti provenienti da occidente, ossia quelli che spingono verso le Alpi le
perturbazioni oceaniche molto ricche di umidità. Tale umidità si trasforma in neve ad alta quota, e in pioggia
a quote più basse.
Flora e fauna
Nel territorio su cui svetta il monte Bianco i pendii delle montagne sono ripidi e levigati dai ghiacciai, con
suoli prevalentemente acidi, conseguentemente l'ambiente è piuttosto povero di flora. Generalmente le nevi
persistono oltre i 2.800 m di altitudine. Sulla parte ovest le prime pendici si situano sui 3.500 m mentre
sull'opposto versante partono dai fondovalle valdostani. Date le
condizioni estreme, la vita delle specie vegetali e animali è molto
limitata, ma tra i crepacci o al riparo tra le pareti granitiche,
alcune specie di piante riescono a sopravvivere sino ai 4.000 m,
come il ranuncolo dei ghiacciai. A quelle altitudini si trovano
anche muschi e licheni. A quote più basse i suoli spesso
originano da calcescisti, o da rocce calcaree e le condizioni di
vita per le piante sono meno estreme, pur rimanendo
caratteristiche di un severo ambiente di montagna.
Il Monte Bianco di Courmayeur visto
A queste altitudini prevalgono le foreste di conifere, popolate
dalla cima del Bianco
soprattutto dall'abete rosso e dal larice, ma localmente anche dal
pino cembro e dal pino uncinato. Nella prateria alpina invece si
possono osservare molte specie di fiori tra cui le vistose infiorescenze gialle dell'Hugueninia tanacetifolia,
una pianta endemica del settore occidentale delle Alpi, e l'Anemone narcissiflora, e ancora la genziana
(Gentiana clusii), la notissima stella alpina, la rara campanula gialla. Nel sottobosco si può trovare
l'orchidea scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus), l'orchidea Dactylorhiza sambucina, il giglio
martagone (Lilium martagon), l'aquilegia, la viola (Viola calcarata), e le comuni genzianelle blu (Gentiana
verna e Gentiana acaulis). Interessante la presenza dell'ibrido tra la genziana purpurea (Gentiana purpurea)
e la genziana punteggiata (Gentiana punctata). Salendo più in alto si incontrano arbusti come il rododendro
(Rhododendron ferrugineum) e il mirtillo.
Talvolta si può osservare il volo circolare dell'avvoltoio degli agnelli, il gipeto estinto sull'arco alpino
all'inizio del XX secolo e reintrodotto di recente. Sono presenti anche il fagiano di monte, il francolino di
monte (nella Savoia e nel Vallese, ma non più nella Valle d'Aosta) e il corvo imperiale. Poche sono invece le
specie di rettili e si trovano comunque a quote relativamente basse, tra questi la natrice dal collare, mentre
dove il terreno è pietroso e soleggiato si può incontrare l'aspide.
Storia
Un antico documento curato in latino risalente al 1091 parla di
una Rupes che a Chamonix veniva chiamata Alba e Rupes Alba è
stato un toponimo del monte Bianco, che variò molte volte nel
corso dei secoli. Si ha infatti notizia della denominazione di Says
o Scez Blans nel 1319; nel 1532 di Mont Sainct Bernard;
Glaciales Montes nel 1581; Mont Malay, Mont Malet o
Montagne Maudite tra il 1606 e il 1743, ma anche La Glacière,
Les Glacières o Les Glassières tra 1741 e il 1743[11]. Ben visibile
da Ginevra, in questa città era conosciuto sia come Montagne
Maudite sia con il nome di Mont Maudit e con tale nome fu La Aiguille della Brenva posta lungo il
indicato su una carta geografica riguardante i territori intorno al ghiacciaio della Brenva: l'erosione delle
[25]
lago Lemano , pubblicata ad Amsterdam nel 1606 a opera del rocce granitiche ha formato creste
cartografo ginevrino Jacques Goulart (1580-1622), mentre il acuminate.
nome attuale in francese apparve per la prima volta in Inghilterra
nel 1744 su una carta geografica edita a Londra[26]. A quei tempi
l'intero massiccio era situato nel mezzo dei possedimenti di terra ferma del Regno di Sardegna e i sovrani di
Casa Savoia, futuri re d'Italia, per secoli ne erano stati i legittimi proprietari fino alla cessione della Savoia
alla Francia nel 1861.
Le disparità cartografiche
Le carte geografiche
dell'I.G.N - (Institut
Geographique National
de France) mostrano la
vetta del monte Bianco
interamente in territorio
francese, in netto
contrasto con le carte Carta topografica italiana in cui la vetta
geografiche dell'I.G.M - del Monte Bianco segna il confine italo-
(Istituto Geografico francese.
Militare di Firenze), nelle
quali il confine tra i due
Stati passa esattamente sulla cima. Un trattato bilaterale concluso nel
1861, tuttora legalmente valido, indica inequivocabilmente la cima
come frontaliera, cioè divisa a metà tra i due Stati.
Frontespizio della carta topografica Tale trattato fu sospeso durante tutta la durata della seconda guerra
del cap. J.J. Mieulet, 1865: è dovuta
mondiale. Il 10 febbraio 1947, con il Trattato di Parigi[27], le autorità
a questa carta topografica la nascita
francesi decisero di mettere fine alla sospensione. La Convenzione
delle future disparità cartografiche.
di delimitazione, dopo diversi cambiamenti, fu allora rimessa in
vigore. Sul vecchio tracciato stabilito nel 1861 le autorità transalpine
pretesero quattro rettificazioni.
La più importante di queste riguardava la valle del Roia, Briga Marittima, Tenda, e tre minori: una sul
versante italiano del Colle del Monginevro, un'altra sul Colle del Moncenisio, e poi sul Piccolo San
Bernardo. Sulla vetta del monte Bianco la frontiera non subì nessun cambiamento. Nella seconda metà del
XIX secolo, su dei rilievi effettuati da un cartografo dell'esercito francese, il capitano J. J. Mieulet, venne
pubblicata in Francia una carta topografica, che arbitrariamente inglobava la vetta in territorio francese,
facendo fare al confine di stato una deviazione dalla linea spartiacque, e dando in questo modo origine alle
differenze con le carte pubblicate in Italia nello stesso periodo, differenze che la cartografia ufficiale italiana
sin dall'inizio mai riconobbe. Secondo gli autori di un libro apparso anni fa nelle librerie italiane e francesi,
la carta topografica del 1865 è un clamoroso falso storico senza alcun valore giuridico, in contrasto con gli
accordi sottoscritti tra i due Stati sin dal 1860 e ribaditi nel 1947[28][29].
Nel 2002 i due enti cartografici menzionati, i rispettivi Club Alpini, le regioni frontaliere e gli Stati
interessati hanno pubblicato una carta topografica condivisa. Questa nuova carta, parte del progetto Alpi
senza frontiere, fa un passo avanti rispetto alle vecchie carte, ma manca ancora di chiarezza sulle vette
contese e le crocette che segnano i confini appaiono volutamente distanziate, anche se le differenze con la
carta "I.G.N. top 25" del 1998 sono evidenti.
Nel settembre 2013 alcune guide francesi sbarrarono il passaggio alla vetta con un cancello che alcuni giorni
dopo fu rimosso dagli italiani[30]. Dal 2017 Google Earth utilizza le cartografie dell'I.G.M. e della NATO.
Quest'ultima riprende i dati da quelli italiani dell'I.G.M., basati sui passati trattati ufficiali in vigore ed è
essenziale a livello militare internazionale in caso di un'eventuale disputa. Il territorio che va dal rifugio
Torino sino alla vetta più alta del massiccio del monte Bianco è sotto il controllo delle autorità
italiane[31][32][33].
Con gli attuali sconvolgimenti climatici, la Protezione civile italiana ha evidenziato la necessità di un
chiarimento tra le due amministrazioni in modo da evitare fraintendimenti sulle competenze riguardanti la
sorveglianza del ghiacciaio sulla displuviale le cui acque, in caso di scioglimento, coinvolgerebbero
totalmente il territorio italiano[34].
Le scuole militari
Alla fine del secolo XIX nelle nazioni dell'arco alpino vennero creati
reparti speciali addestrati per la guerra in montagna. L'alpinismo entrò
così a far parte della preparazione militare, insieme all'uso degli sci. Il 9
gennaio 1934 ad Aosta venne costituita la Scuola Militare di Alpinismo,
con distaccamenti a La Thuile e Courmayeur. Il primo comandante
della scuola fu il tenente colonnello Luigi Masini. La Francia già si era
dotata nel 1932 del l'ècole de Haute Montagne (E.H.M) con sede a
Chamonix[35]. Il grandioso scenario del gruppo del Bianco fu teatro
allora delle spettacolari esercitazioni delle scuole militari dei due paesi,
con manovre in alta quota di reparti specializzati. Alla scuola di Aosta,
diventata l'Università dell'alpinismo, affluirono dalle valli alpine
italiane i nomi migliori dell'alpinismo e dello sci nazionale. In breve Cerimonia di riapertura della
furono organizzate e portate a termine imprese che all'epoca destarono Scuola Militare Alpina di Aosta
grande ammirazione[36]. nel 1948.
La Scuola Militare di Alpinismo di Aosta divenne in pochi anni famosa e conosciuta a livello internazionale.
Successivamente, relativamente proprio al Monte Bianco, venne istituito il Reparto Autonomo Monte
Bianco, costituito dagli elementi migliori degli alpini. Il compito del reparto (corrispondente come organico
a una compagnia) era di presidiare la zona del Bianco dal Colle della Seigne al Col Ferret. Per meglio
organizzarlo, fu diviso in tre schieramenti comandati da nomi celebri dell'alpinismo italiano come Giusto
Gervasutti (il Miage), Renato Chabod (il Gigante) ed Emanuele Andreis (il Ferret). La scuola partecipò fin
dagli esordi a eventi agonistici nell'ambito degli sport invernali e vinse nel 1936 a Garmisch la gara olimpica
di pattuglia militare. Nel triennio 1935-1937 vinse inoltre il Trofeo Mezzalama di sci alpinismo.
Nel corso della seconda guerra mondiale il monte Bianco divenne il campo di battaglia d'Europa più alto in
quota[37]. Prima il rifugio Torino (3 375 m), poi il col du Midi (3 564 m) furono teatro di sanguinosi scontri
tra soldati tedeschi e partigiani francesi e italiani. Ancora prima, nel 1940, Benito Mussolini, fino ad allora
non belligerante, persuaso che il conflitto stava terminando, dichiarò guerra alla Francia. Il 10 giugno 1940
il 5º Reggimento alpini e il Battaglione Duca degli Abruzzi sferrarono l'attacco partendo dalle pendici del
Bianco, in Val Veny, verso il col della Seigne, incontrando oltrefrontiera una forte resistenza nelle
fortificazioni francesi a Sélonges in Val de Glaciers.
Le ostilità sul fronte occidentale durarono poco tempo e 14 giorni dopo, con l'armistizio del 24 giugno 1940,
le operazioni si fermarono impedendo ulteriori avanzate italiane. Quattro anni più tardi, dopo lo sbarco
alleato in Normandia e quello in Provenza nell'agosto del 1944, i tedeschi (Wehrmacht) iniziarono il
ripiegamento verso la Germania risalendo la valle del Rodano inseguiti dagli americani della 7ª Armata del
generale Alexander Patch e dai francesi del generale Jean de Lattre de Tassigny. Alla Resistenza francese gli
americani assicuravano rifornimenti di viveri e armi. Dal cielo piovevano in Savoia contenitori pieni di
fucili, mitra, pistole, bombe, bazooka, granate, munizioni di ogni tipo. Il 13 agosto il comando delle forze
libere francesi chiese il sostegno della Resistenza valdostana per la liberazione della Savoia[38].
Dopo violenti combattimenti il presidio di Chamonix si arrese il 17 agosto. Due mesi dopo, in ottobre, a
difesa del Massiccio fu creato in Francia il battaglione Mont Blanc, formato da tre compagnie nelle quali
confluirono le formazioni di partigiani dell'alta Valle dell'Arve, guide di Chamonix, maestri di sci e guide
del C.A.F. (Club Alpin Français). Il loro compito era quello di occupare e presidiare i rifugi di alta quota. Al
rifugio Simond, al col du Midi, fu inviata una sezione di S.E.S (Section d'Eclaireurs-Skieurs), ossia una
sezione di esploratori con sci del corpo dei Cacciatori alpini francesi al comando del tenente Jacques
Rachel[38].
Finita una bufera di neve che nel frattempo imperversava, verso le 10:30 sferrarono a sorpresa un violento
attacco contro gli occupanti del rifugio che si difesero strenuamente prima di arrendersi. Nella battaglia
persero la vita tre partigiani francesi e uno italiano, gli altri vennero fatti prigionieri e portati a valle. Il
rifugio venne poi danneggiato per renderlo inutilizzabile dalla Resistenza. Venticinque giorni dopo la
battaglia, il 27 ottobre, Sandro Pertini, futuro presidente della Repubblica, ritornando in Italia dopo l'esilio,
passò la notte proprio nel rifugio Torino semidistrutto in quell'azione[38]. Il giorno successivo i partigiani
valdostani lo accompagnarono verso zone non controllate dai tedeschi.
La battaglia al Col du Midi
I tedeschi scesero attraverso la Vallée Blanche diretti al rifugio Simond. Il loro piano prevedeva un attacco
centrale sostenuto dal grosso delle forze mentre due distaccamenti investivano il col du Rognon sulla destra
e sulla sinistra le rocce del Tacul[38]. Il tenente Rachel non volle farsi sorprendere e decise di andare incontro
al nemico con il quale prese contatto già nella notte. Dopo un violento scontro i francesi decisero di ritirarsi
arrampicandosi sulla cresta del Rognon, ma la loro posizione si rivelò ben presto indifendibile[38].
Ripiegarono nuovamente attraversando la Vallée Blanche sotto il tiro di una mitragliatrice tedesca.
Raggiunsero le forze rimaste al col du Midi e si arroccarono rispondendo al fuoco tedesco. La radio dei
tedeschi era fuori uso cosicché questi non ebbero modo di utilizzare l'artiglieria mentre la loro posizione
diventava sempre più critica[38]. Decisero di ritirarsi mentre un aereo francese, comparso improvvisamente,
buttava granate dall'alto[39]. Ripiegarono e si disposero a difesa sul colle del Gigante. L'attacco a sorpresa al
rifugio Simond era fallito. I tedeschi subirono la perdita di nove soldati mentre i francesi contarono una sola
perdita[38].
Il caso Vincendon-Henry
Il caso Vincendon Henry fu una tragica vicenda alpinistica che coinvolse due giovani scalatori: Jean
Vincendon, parigino di 24 anni, e François Henry, 22 anni, di Bruxelles. I due partirono il 22 dicembre 1956
per passare il Capodanno sullo Sperone della Brenva, maestosa sommità rocciosa nel versante est del Monte
Bianco. Durante il percorso di avvicinamento incontrano Walter Bonatti e Silvano Gheser che si avviavano
verso l'ascensione invernale della Via della Poire. L'ascensione di entrambe le cordate iniziò alle 4 del
mattino di Natale, orario ideale per l'itinerario di Vincendon e Henry, ma già troppo tardi per quello che
avrebbero dovuto percorrere Bonatti e Gheser. Infatti, dopo qualche ora di sole le condizioni del ghiaccio
peggiorarono e la cordata di Bonatti fu costretta a discendere sulla Brenva e a seguire la cordata di
Vincendon.
I quattro alpinisti vennero però colti da una violenta tempesta che li costrinse a un drammatico bivacco di 18
ore a quota 4.100 m. Bonatti e Gheser riuscirono a raggiungere il rifugio Gonella dove vennero salvati, il 30
dicembre, dalle guide alpine Gigi Panei, Sergio Viotto, Cesare Gex e Albino Pennard. Gheser, colpito da
gravi congelamenti, avrà alcune dita di entrambi i piedi e di una mano amputate. Vincendon e Henry, che
optarono per raggiungere direttamente Chamonix, morirono dopo cinque giorni di freddo a 4 000 m di
altezza nell'attesa che le squadre di soccorso, bloccate dal maltempo, li prelevassero (ancora vivi li
raggiungerà un elicottero che però cadrà sul ghiacciaio). I corpi dei due giovani alpinisti furono recuperati
solo nel marzo del 1957. La tragedia segnerà l'istituzione del PGHM, il gruppo militare di soccorso alpino
francese (Peloton spécialisé de haute montagne)[40].
Nel mese di luglio del 1961 sul versante italiano del Bianco si
consumò una delle vicende più drammatiche della storia
dell'alpinismo[41]. Il Pilone Centrale del Freney era una meta
molto ambita dagli scalatori di tutto il mondo, una delle ultime
non ancora conquistate. La sua parete di granito rosso era
difficilissima da scalare e per molti addirittura ritenuta
impossibile. Walter Bonatti e Pierre Mazeaud, già entrambi
Il versante est del Monte Bianco. Da
leggende dell'alpinismo, si incontrarono domenica 9 luglio al
sinistra verso destra: la parete est
Bivacco della Fourche diretti verso lo stesso obiettivo e decisero dell'Aiguille Blanche de Peuterey, i
di unire le forze per tentare la scalata insieme. piloni del Freney che emergono da
dietro la cresta di Peuterey, la rocciosa
Con loro Andrea Oggioni, Roberto Gallieni, Pierre Kohlmann,
parete est del Grand Pilier d'Angle al
Robert Guillaume e Antoine Vieille, tutti rocciatori conosciuti ed centro, la parete della Brenva a destra
esperti. Il tempo era buono ed erano previste condizioni stabili. sovrastata dalla vetta del Monte
Dopo una giornata e mezza di avvicinamento, raggiunsero la Bianco.
Chandelle, ossia la cuspide sommitale del pilone, a 4.500 m di
quota. Quando mancavano 120 m alla fine della scalata, la
cordata fu investita da un'improvvisa bufera di neve che li bloccò sulla parete. Erano le 2 del pomeriggio di
martedì 11 luglio: il tempo era cambiato velocemente come spesso accade sul Monte Bianco. Fu impossibile
continuare, bisognava ritirarsi per trovare riparo nel rifugio Gamba (attuale rifugio Monzino). Intanto le
guide alpine Gigi Panei e Alberto Tassotti sono i primi a mettersi alla ricerca delle due cordate Bonatti-
Mazeaud e a comprendere la disperata situazione dei sette alpinisti scoprendone le tracce al Bivacco della
Fourche. A Courmayeur accorsero giornalisti e curiosi e tutta l'Italia seguì lo sviluppo della tragedia
raccontata ora per ora in diretta televisiva e radiofonica dai giornalisti Emilio Fede e Andrea Boscione[42].
Panei, dopo aver letto sul libro blu del rifugio il messaggio di Bonatti ("Meta il Pilastro Centrale di
Freney"), si precipitò nella sede della Società delle Guide Alpine di Courmayeur, evitò Emilio Fede che
avrebbe voluto intervistarlo, e andò diretto verso il consigliere delle Guide Toni Gobbi per dargli la
notizia[43]. Partirono subito i soccorsi, coordinati da Ulisse Brunod per rintracciare gli alpinisti oramai
bloccati da tre giorni.
Mentre Bonatti indicava la via verso la salvezza, stremato dal freddo e dalla fatica perse la vita Antoine
Vieille la mattina di sabato 15 luglio ai Rochers Gruber, dopo 5 bivacchi in parete. Robert Guillaume nella
serata dello stesso giorno precipitò in un crepaccio del ghiacciaio del Freney. Nella notte tra sabato e
domenica 16 luglio fu Andrea Oggioni a perdere la vita sul colle dell'Innominata a soli tre quarti d'ora dal
rifugio Gamba. I superstiti si avvicinavano lentamente alla salvezza, ma appena prima di giungere al rifugio
Pierre Kohlmann crollò nella neve privo di vita[44]. Alle 3 del mattino di domenica, Walter Bonatti e Gallieni
giunsero finalmente al rifugio Gamba dove trovarono gli uomini delle squadre di soccorso. Subito dopo
raggiunsero Mazeaud rimasto indietro, salvandolo.
Aviazione
11 febbraio 1914: Agénor Parmelin è il primo aviatore a
sorvolare il Gruppo del Bianco[45].
1955: Jean Moine è il primo pilota ad atterrare sulla cima
con un elicottero (un Bell 47 G).
23 giugno 1960: l'aviatore Henri Giraud atterra sulla cima
del Monte Bianco su una "pista" lunga appena 30 m[46].
1973: il primo decollo dalla vetta in deltaplano fu fatta da
Rudy Kishazy.
Bombardiere B17 Fortezza volante. 1982: il primo decollo in parapendio fu effettuato da Roger
Fillon.
1º luglio 1986: Dominique Jacquet e Jean-Pascal Oron
sono i primi ad atterrare con un paracadute sulla vetta.
I disastri aerei
Sul versante italiano del Bianco, caratterizzato da aspre pareti ricadenti nel territorio comunale di
Courmayeur, si sono verificati diversi incidenti aerei che hanno causato la perdita di molte vite umane. Nella
loro discesa verso il fondovalle, i ghiacciai trasportano testimonianze di quelle tragedie restituendo parti di
carlinghe, resti di motori e di eliche, spoglie umane e vestiario che insieme ad altri reperti aiutano a
ricostruire quanto accaduto. Il 1º novembre del 1946 un bombardiere americano B17 Fortezza volante
esplose sulla cresta sud-ovest dell'Aiguille des Glaciers in alta Val Veny[47]. Era un quadrimotore di 23 m di
lunghezza e 32 m di apertura alare, con numero di serie 43-39338 appartenente al 61st Troop Carrier Group
di stanza in Italia. Partiva da Napoli ed era diretto verso Londra con a bordo otto passeggeri, fra i quali
figuravano tre ufficiali: due tenenti colonnelli e un maggiore[47]. Le cause non sono mai state accertate ma
molto probabilmente le cattive condizioni meteorologiche ebbero un ruolo determinante. I primi relitti
insieme a resti umani furono scoperti nel 1970 nei pressi del rifugio Elisabetta, trasportati dal ghiacciaio
dell'Estelette. Successivamente, sul versante francese, il Glacier des Glaciers restituì altri resti di soldati
americani membri dell'equipaggio[47].
Il 5 novembre, con il miglioramento del tempo, un aereo svizzero avvistò un'ala dell'aereo conficcata nei
ghiacci del versante italiano. L'aereo si era schiantato a 4.677 m d'altitudine, appena sotto la cima del Monte
Bianco nei pressi del Rocher de la Tournette, della Grande Bosse e della Petite Bosse (Bosses du
Dromadaire) a circa 1.000 m dalla capanna Vallot[49]. La neve fresca di novembre complicò l'arrivo dei
soccorsi aumentando la possibilità di valanghe e dissimulando crepacci. Uno di questi fu fatale per René
Payot, guida di Chamonix, che perse la vita a 100 metri dal luogo dove nel 1936, per tragica coincidenza del
destino, scomparve il fratello travolto da una valanga[49]. Non si salvò nessuno dei 48 passeggeri (40 + 8
componenti dell'equipaggio) e le esatte cause non furono mai accertate. Nel 2008, una studentessa inglese, al
seguito del glaciologo Tim Reyd che studiava il ghiacciaio del Miage in Val Veny, dopo essersi inoltrata per
2 km tra i crepacci, trovò affiorante tra i ghiacci un contenitore blu nel cui interno erano conservate 75
lettere del 1950 tutte dirette in America[50]. Erano parte del carico del Malabar Princess che trasportava,
oltre ai passeggeri, bauli di corrispondenza[51].
Il 15 settembre 1986 nel versante francese, sul ghiacciaio dei Bosson a 1.900 m di altitudine, riaffiorò tra i
ghiacci uno dei motori, e un secondo fu rinvenuto il 22 settembre del 2008, a 2000 m sempre sullo stesso
ghiacciaio[52]. Il 24 gennaio 1966 la stessa sorte fu riservata al Boeing 707 Kangchenjunga, in volo sulla
tratta Bombay – New York con scali intermedi a Beirut, Ginevra e Londra. L'aereo, seguito dai radar di
Milano mentre si apprestava a sorvolare il Monte Bianco, improvvisamente scomparve dagli schermi.
Tramite elicotteri, i soccorritori raggiunsero rapidamente il luogo del disastro. Dei 117 passeggeri non si
salvò nessuno. Tra le vittime si trovava il fisico nucleare Homi Jehangir Bhabha, padre dell'atomica indiana.
Nel suo cargo l'aereo trasportava 200 scimmie destinate a un laboratorio medico. Secondo le testimonianze
dei soccorritori alcune sopravvissero allo schianto. Nell'estate del 1985 due alpinisti piemontesi nella loro
ascesa al Monte Bianco si imbatterono nella coda del Kangchenjunga che sotto un velo luccicante di
ghiaccio lasciava trasparire la silhouette di una danzatrice del ventre, simbolo della compagnia aerea[51]. Si
disse all'epoca della scomparsa dell'aereo che a bordo c'era un marajà e si fantasticò che la stiva del Boeing
contenesse una grande quantità di gioielli e che l'estate successiva non pochi si cimentarono tra i ghiacci in
una sorta di caccia al tesoro[51]. Entrambi gli aerei si schiantarono quasi sulla cima e i rottami vennero
disseminati dappertutto anche oltre la frontiera in territorio francese. Nel lento scorrere verso valle i ghiacci
restituiscono pezzi di carlinga e delle ali, tenendo sempre vivo il ricordo di quelle tragedie.
Ascensioni
Prima ascensione
Dopo alcuni tentativi di ricognizione effettuati insieme alla guida valdostana Jean-Laurent Jordaney a partire
dal 1784,[53] la prima ascensione fu realizzata da Jacques Balmat (24 anni, cercatore di cristalli) e da Michel
Gabriel Paccard, (29 anni, medico condotto), entrambi di Chamonix. Furono sollecitati all'impresa dallo
scienziato Horace-Bénédict De Saussure, il quale era solito osservarne la vetta dalla sua casa in Ginevra. Fu
proprio De Saussure a promettere nel 1760 un premio di tre ghinee a chi lo avesse scalato. Passarono 26
anni prima che il suo sogno si avverasse. L'impresa era stata preceduta da alcune ricognizioni, in una delle
quali Balmat si perse e fu costretto a passare la notte nella neve, eventualità allora considerata
pericolosissima, tale da non lasciar speranze, per via delle temperature.
L'ascesa fu seguita costantemente con il cannocchiale dal barone prussiano Adolf Von Gersdorff che da un
poggio sopra il paese di Chamonix seguiva passo per passo gli spostamenti annotandoli su un diario.[26]
Secondo i resoconti, a un certo momento della salita Balmat avrebbe voluto tornare indietro perché
fortemente preoccupato per la salute della figlia di pochi giorni. Paccard, che non ne era al corrente, lo
convinse a proseguire.[26] Raggiunsero la vetta l'8 agosto 1786 alle 18:23, passando fra i Rochers Rouges, e
fu Paccard il primo a calpestare la neve sulla cima dopo quattordici
ore e mezza dalla partenza. Vi restarono per 34 minuti, il tempo utile
per effettuare dei rilevamenti sulla pressione atmosferica, con il
barometro di Torricelli, confermando le teorie di Florin Perier
(cognato di Blaise Pascal), di un secolo prima, sulla riduzione
esponenziale della pressione al crescere dell'altitudine. Le
misurazioni servirono anche per la prima approssimativa
misurazione dell'altezza della vetta, che però fu notevolmente
sovrastimata. Alle 18:57 ripartirono e dopo quattro ore raggiunsero
la capanna dalla quale la mattina stessa erano partiti. Vi trascorsero
la notte e rientrarono a Chamonix alle 8 del mattino dove Balmat
apprese la notizia della morte della figlioletta il giorno prima, a
conferma dei suoi brutti presentimenti.[26]
La prima ascensione invernale assoluta fu compiuta il 31 gennaio 1876 da Miss Isabella Straton, Jean
Charlet, Sylvain Couttet, per i Grand Mulets e la cresta delle Bosses.[54]
La prima traversata invernale fu compiuta il 5 gennaio 1887 da Alessandro, Corradino, Erminio e Vittorio
Sella, Émile Rey, Jean Joseph, Baptiste e Daniel Maquignaz, e due portatori. Salirono per la via dei Rocher
de la Tournette e discesero dai Grand Mulets in giornata.[54]
La prima donna a raggiungere la cima fu Marie Paradis il 14 luglio 1808 accompagnata dal figlio Gédéon di
14 anni e da Jacques Balmat come guida. L'impresa le valse l'appellativo di Marie du Mont Blanc. La
seconda ascensione femminile è invece stata fatta da Henriette d'Angeville il 4 settembre 1838, mentre la
prima donna a fare la scalata durante il periodo invernale è stata Isabella Straton il 31 gennaio 1876 insieme
a Jean Charlet, Sylvain Couttet e Michel Balmat. A Marguette Bouvier, nel 1929, si deve la prima discesa
con gli sci fatta da una donna.
Concatenamenti
Trilogia del Frêney: via Ratti-Vitali sull'Aiguille Noire de Peuterey, via Gervasutti-Boccalatte sul
Picco Gugliermina e via classica al Pilone Centrale del Freney - 1-15 febbraio 1982 -
Concatenamento realizzato da Renato Casarotto in invernale solitaria e senza depositi di
rifornimenti.[62]
Grand Pilier d'Angle e Pilone Centrale del Freney - 13 marzo 1983 - Concatenamento di Eric
Escoffier della Via Boivin-Vallençant sul Grand Pilier d'Angle in tre ore e della via classica sul
Pilone Centrale in dieci ore.[63]
Quattro Piloni del Freney - 19 luglio 1984 - Concatenamento in giornata del Pilone Nord,
Pilone Centrale, Pilone Nascosto e Pilone Sud di Christophe Profit e Dominique Radigue. I
due hanno salito il Pilone Nord in 4h:30, la via Jöri Bardill al Pilone Centrale in cinque ore, il
Pilone Nascosto in due ore e hanno concluso con il Pilone Sud.[64]
Grand Pilier d'Angle, Pilone Centrale del Freney, Cresta dell'Innominata - 22 luglio 1984 -
Concatenamento in giornata di Christophe Profit e Thierry Renault della parete nord del Grand
Pilier d'Angle, delle vie Jöri Bardill e classica sul Pilone Centrale e della cresta
dell'Innominata.[65]
Vie alpinistiche
In questa sezione sono descritte le principali vie alpinistiche del Monte Bianco.
Vie normali
la via dei Grands Mulets a nord, 2.500 metri di dislivello e difficoltà PD. La prima ascensione
della via dei Grands Mulets e per la cresta delle Bosses fu compiuta il 29 luglio 1859 da E.
Headland, G.C. Hodgkinson, C. Hudson e G.C. Joad con Melchior Anderegg, François Couttet
e altre due guide.[66]
la via normale francese a nord-ovest, 2.450 metri di dislivello e difficoltà PD-. La prima salita di
questa via, dall'Aiguille du Goûter fino al colle del Dôme, fu compiuta il 17 settembre 1784 da
Jean Marie Couttet e François Cuidet.[67] L'ascensione completa per Aiguille du Goûter, il
Dôme du Goûter e la cresta delle Bosses fu compiuta solo il 18 luglio 1861, più di settanta
anni dopo, da Leslie Stephen e Francis Fox Tuckett con le guide Melchior Anderegg, Johann-
Josef Bennen e Peter Perren.[68][69]
la via dei Trois Mont Blanc a nord-est, 1.700 metri di dislivello e difficoltà PD+. La prima salita
fu compiuta il 13 agosto 1863 da Robert William Head con le guide Julien Grange, Adolphe
Orset e Jean-Marie Perrod.[70][71][72]
la via normale italiana a sud-ovest, 3.210 metri di dislivello e difficoltà PD+. L'itinerario fu
percorso per la prima volta in discesa il 1º agosto 1890 da Luigi Graselli, Giovanni Bonin e
Achille Ratti, il futuro papa Pio XI, con le guide Joseph Gadin e Alexis Proment. Gli alpinisti
erano saliti dallo Sperone della Tournette.[73][74][75]
Creste
Cresta di Peuterey - 14-16 agosto 1893 -
Prima salita di Émile Rey, Christian Klucker,
César Ollier, Paul Güssfeldt.[76] La sola parte
superiore della cresta di Peuterey, quella oltre
il Grand Pilier d'Angle, era già stata salita da
James Eccles, Michel-Clement e Alphonse
Payot nel 1877, giungendo dal couloir Eccles.
Cresta del Brouillard - 18-20 luglio 1901 -
Prima salita di Giuseppe Gugliermina,
Giovanni Battista Gugliermina e Joseph
Brocherel.[77] La cresta integrale di Peuterey.
Cresta dell'Innominata - 19-20 agosto 1920 -
Prima salita di Adolphe Rey e Henri Rey,
Adolf Aufdenblatten, S. L. Courtald ed E. G. Oliver, 800 m IV/D.[78]
"Cresta dell'Innominata" - 25 marzo 1953 - Prima salita invernale di Gigi Panei e Sergio
Viotto.[79]
Cresta Integrale di Peuterey - 24-26 luglio 1953 - Prima salita di Richard Hechtel e Günther
Kittelmann.[80]
Versante sud-ovest
Sperone della Tournette - 2 luglio 1872 - Prima salita di Thomas Stuart Kennedy, Jean-Antoine
Carrel e Johann Fischer, 1000 m III/AD 3c.[103]
Couloir Greloz-Roch - 9 agosto 1946 - Prima salita di Robert Gréloz, André Roch e Ruedi
Schmid, 1100 m IV/AD.[104]
Discese in sci
Couloir Saudan - 25 giugno 1973 - Prima discesa di Sylvain Saudan. Rappresenta la prima
discesa del versante sud-ovest del Monte Bianco.[103]
Sperone della Brenva e variante Güssfeldt - 30 giugno 1973 - Prima discesa di Heini
Holzer.[105]
Gran couloir della Brenva - 28 aprile 1978 - Prima discesa di Toni Valeruz in 35 minuti. La
salita è avvenuta in elicottero.[99]
Via Major - 7 settembre 1979 - Prima discesa di Stefano De Benedetti. In salita e discesa è
accompagnato a piedi da Gianni Comino.[99]
Couloir Greloz-Roch - settembre 1980 - Prima discesa di Stefano De Benedetti.[104]
Gran couloir del Frêney - luglio 1981 - Prima discesa di Stefano De Benedetti.[92]
Cresta dell'Innominata - 11 giugno 1986 - Prima discesa di Stefano De Benedetti.[106]
Economia e infrastrutture
Turismo
Rifugi
L'ambiente del Monte Bianco, per la sua vastità e per la sua importanza storica, essendo meta di esploratori
e alpinisti dalla fine del Settecento, diede un grande impulso alla nascita del mestiere di guida alpina. Qui
nacquero le prime società di guide:
la Compagnie des guides de Chamonix, nata il 24 luglio 1821, è stata la prima società di guide
al mondo. Il 9 maggio 1823 tramite un manifesto della Camera dei deputati di Torino, il re di
Sardegna, Carlo Felice di Savoia, ne rendeva ufficiale la sua creazione.
la Società Guide Alpine Courmayeur, nata nel 1850, è stata la prima società di guide alpine
italiana e la seconda al mondo dopo quella di Chamonix. La sua storica sede divenne nel 1929
un museo: il Museo alpino Duca degli Abruzzi dove sono raccolti importanti cimeli provenienti
da spedizioni non solo nel massiccio del Monte Bianco ma anche in Tibet, nell'Himalaya, in
Africa, in India. Le guide si distinsero durante i primi tentativi effettuati per raggiungere la vetta
del Bianco partendo da Courmayeur, ma anche durante le scalate sul Cervino dove furono
protagoniste con Jean-Antoine Carrel e Jean-Joseph Maquignaz.
Dal 2011 sono stati effettuati lavori di ristrutturazione dell'intera tratta italiana con la costruzione di una
nuova stazione di partenza e l'eliminazione di quella presso il Rifugio Torino, oltre alla sostituzione delle
cabine con strutture più moderne e sicure. I lavori sono stati avviati il 10 aprile 2012 e sono terminati il 29
maggio 2015. Il 30 maggio 2015 la funivia rinnovata ha riaperto al pubblico con la nuova denominazione di
SkyWay Monte Bianco. Il secondo tratto della nuova funivia porta direttamente dal Pavillon di Monte Frety
alla Punta Helbronner. In tal modo si evita la tappa intermedia al rifugio Torino, per cui l'intera traversata è
adesso suddivisa in solo cinque tronconi, e non più sei come in precedenza.
L'afflusso di così tanti turisti, benché costituisca una ricchezza, è di per sé un pericolo per l'ambiente. Le
comunità valdostane, savoiarde e vallesi, con l'aiuto delle regioni e degli Stati interessati, con un approccio
transfrontaliero alle problematiche relative alla protezione e valorizzazione del territorio hanno trovato un
accordo per dar vita al progetto Spazio Monte Bianco. Questa iniziativa di cooperazione coinvolge 35
comuni tra Savoia, Alta Savoia, Valle d'Aosta e Vallese ed è coordinato della Conferenza Transfrontaliera
Monte Bianco. Sotto la presidenza di uno dei ministri dell'ambiente, la Conferenza riunisce per ciascuna
nazione 5 rappresentanti dello Stato e delle collettività territoriali.[109] Complessivamente lo Spazio Monte
Bianco occupa una superficie di circa 2.800 km² e comprende 35 comuni: 15 in Savoia e Alta Savoia, 5 in
Valle d'Aosta e 15 nel Vallese. In totale l'intera area conta circa 100.000 abitanti.[110] Recentemente il sito
del Massiccio del Monte Bianco è stato candidato presso l'Unesco per essere classificato come Patrimonio
dell'umanità.[111]
Rispetto alla frontiera, il traforo passa esattamente sotto la verticale (l'aplomb) de l'Aiguille du Midi, dove lo
spessore di copertura granitica raggiunge i 2.480 m, misura record per le gallerie autostradali e ferroviarie.
La sua altezza è di 4,35 m e la sua larghezza di 8 m (2x3,5 m per le corsie, e 2x0,5 m di passaggio laterale).
Il raddoppio del tunnel, già progettato, non è mai stato realizzato per l'opposizione degli abitanti delle valli
interessate, preoccupati per un eccessivo aumento della circolazione dei camion e del conseguente
inquinamento. Il traforo è stato inaugurato il 19 luglio 1965 e la sua gestione, su base paritetica, è divisa tra
due società concessionarie: l'italiana S.I.T.M.B (Società italiana per il Traforo del Monte Bianco), creata il
1º settembre 1957 e la francese A.T.M.B (Autoroutes et tunnels du Mont-Blanc), creata il 30 aprile 1958. È
rimasto per lungo tempo il traforo autostradale più lungo al mondo. Dal 1965 al 2004 vi hanno transitato 45
milioni di veicoli con una media giornaliera di 17.745.
In passato si cercò di costruirne anche sulla cima. Nel 1891, lo scienziato francese Pierre Janssen, si adoperò
per costruire un centro di osservazione sulla vetta, nella speranza di effettuare in modo ottimale misure e
ricerche sullo spettro solare. La mancanza di fondamenta solide e i movimenti continui del ghiaccio sulla
calotta sommitale, indussero nel 1906 gli scienziati ad abbandonarlo, essendo divenuto pericolante. Nel
1890, sul versante francese, a quota 4.365 m, il botanico e meteorologo Joseph Vallot costruì uno chalet
laboratorio a vocazione pluridisciplinare, tra le quali l'astronomia: l'Osservatorio Vallot.
Cinema e televisione
La rosa sulle rotaie, (La rue), (1923) : film della durata di 273 minuti di Abel Gance su una
famiglia della Francia orientale.[113]
Tempeste sul Monte Bianco (Stürme über dem Mont Blanc), (1930), con Leni Riefenstahl
come attrice e Arnold Fanck come regista: tratta di Hannes, uno scienziato che lavora
nell'osservatorio del Monte Bianco.[114]
Premier de cordée, (1943): il film tratta di Pierre Servettaz, un giovane aspirante guida di
montagna il quale, nonostante un incidente che sconvolge i suoi progetti e la sua carriera,
riesce tra tante difficoltà a raggiungere i suoi obiettivi.[115] È basato su un racconto
dell'esploratore Roger Frison-Roche.
La montagna, (1956) di Edward Dmytryk, con Spencer Tracy e Robert Wagner: il film è ispirato
al disastro aereo del Malabar Princess nel 1950.[116]
La Terre, son visage, (1984): documentario di Jean-Luc Prévost prodotto per la televisione
francese. Fa parte della serie Haroun Tazieff racconta la sua terra, vol. 1.[117]
Malabar Princess (2004), di Gilles Legrand con Jacques Villaret e Michele Laroque: il film
racconta il tragico incidente aereo avvenuto nel 1950 sulla cima del Monte Bianco.[118]
Monte Bianco - Sfida verticale (2015), reality show italiano in cui i concorrenti guidati da guide
alpine cercano di raggiungere la vetta del Monte Bianco.
Nella letteratura
Storia di una escursione di sei settimane, di Percy Bysshe Shelley e Mary Shelley.
Kordian, di Juliusz Słowacki (1809-1849).
Mont Blanc di Percy Bysshe Shelley.
La legenda dei secoli (1877), di Victor Hugo (1802-1885)[119].
Tartarino sulle Alpi (1885), di Alphonse Daudet (1810-1897).
Quarantième ascension française au Mont-Blanc, di Jules Verne (1828-1905).
Premier de cordée, di Roger Frison-Roche (1906-1999).
Hugo et le Mont Blanc, di Colette Cosnie.
Hymn Before Sunrise, in the Vale of Chamouni, di Samuel Taylor Coleridge.
Frankenstein, Frankenstein il moderno Prometeo, di Mary Shelley.
Point Blanc, di Anthony Horowitz.
The Prelude Book VI, di William Wordsworth.
Remember Me?, di Sophie Kinsella.
La Littérature alpine, di Claire-Éliane Engel (1903-1976).
Freney 1961, Un Viaggio Senza Fine, di Marco Albino
Ferrari.
Naufragio sul Monte Bianco - La Tragedia di Vincendon ed
Henry, di Yves Ballu.
Galleria d'immagini
Il versante sud del Il versante sud del Il versante est del Il versante sud-
Monte Bianco, Monte Bianco, Monte Bianco, detto ovest del Monte
costituito dai bacini dettaglio della vetta versante della Bianco
del Brouillard e Brenva
Frêney, separati al
centro dalla cresta
dell'Innominata
Il versante sud- Panoramica sui Panoramica del Punta Helbronner
ovest del Monte ghiacciai Massiccio
Bianco, dettaglio
della vetta
Note
1. ^ (FR) 4808,72 mètres: le mont Blanc a perdu 1 cm depuis 2015, su ledauphine.com, 14
settembre 2017. URL consultato il 14 settembre 2017.
2. Molti testi anglosassoni (con l'importante eccezione dell'Enciclopedia Britannica) includono il
territorio del Caucaso in Europa. Seguendo questo criterio, il monte Bianco viene superato in
altezza dal monte Elbrus e da altre montagne della catena del Caucaso. Nella letteratura
geografica italiana, russa e di altri paesi, invece, il confine sud-orientale viene posto lungo la
depressione del Kuma-Manyč, e il Caucaso è considerato parte dell'Asia. Questa seconda
soluzione fu indicata nel 1730 dal geografo e cartografo svedese Philip Johan von
Strahlenberg ed adottata dalla Società Geografica Russa. Tra i testi che non considerano
europea la regione del Caucaso (e che conseguentemente ritengono che il Monte Bianco sia il
più alto d'Europa) si citano:
AA. VV., Calendario Atlante De Agostini 2013, edito da De Agostini, 2012, ISBN
9788851117054 (consultabile su Google ricerca libri: vedi pagina 80 (http://books.google.it/
books?id=2RjYJd0YQ1YC&pg=PA80&dq=Philip+Johan+von+Strahlenberg&hl=it&sa=X&ei
=VzeHUoOKMITOsgbYnIDYCg&ved=0CD0Q6AEwAQ#v=onepage&q=Philip%20Johan%2
0von%20Strahlenberg&f=false)).
Voce Европа (Europa) della Grande Enciclopedia Sovietica (Большая советская
энциклопедия)
voce Europe (Europa) dell'Enciclopedia Britannica [1] (https://www.britannica.com/place/Eu
rope) (Europe - Encyclopaedia Britannica).
3. ^ Tra le fonti che includono il Monte Elbrus come la montagna più alta d'Europa si citano:
l'Encicopedia Treccani, alla voce Alpinismo, che considera l'Elbrus la montagna più alta
d'Europa annoverandolo tra le seven summits, (cime più alte dei sette continenti)
http://www.treccani.it/enciclopedia/alpinismo_%28Enciclopedia-dello-Sport%29/
La versione italiana della guida turistica Lonely Planet - Lonely Planet - Russia (https://book
s.google.it/books?id=yLkXUgpb0lsC&pg=PA454&lpg=PA454&dq=elbrus+%22montagna+p
i%C3%B9+alta+d%27europa%22&source=bl&ots=khbGdyDy77&sig=ACfU3U1-QloE6tYgV
0Opvz1YeO9jIpuHcA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwitp4bw9oDqAhXARxUIHUd-BpI4FBDoAT
ADegQIChAB#v=onepage&q=elbrus%20%22montagna%20pi%C3%B9%20alta%20d'euro
pa%22&f=false)
Il National Geographic, alla voce Mount Elbrus (https://www.nationalgeographic.org/encyclo
pedia/elbrus/#:~:text=It%20is%20the%20highest%20point,around%202.5%20million%20ye
ars%20old.)
4. ^ Tour del Monte Bianco: guida al trekking sul Re delle Alpi (https://www.expedia.it/vc/magazin
e/rubriche/trekking-sentieri-e-cammini/tour-del-monte-bianco-guida-al-trekking-sul-re-delle-alpi)
5. ^ Navigatore cartografico, Valle d'Aosta-Vallée d'Aoste Geonavigatore, su
websitr.regione.vda.it. URL consultato il 20 ottobre 2010.
6. ^ Franco Brevini, Una sfida romantica diventa uno sport di massa. Alpinisti in colonna, come
turisti sulle autostrade, Corriere della Sera, 5 agosto 1997. URL consultato il 14 settembre 2015
(archiviato dall'url originale il 28 settembre 2015).
7. ^ G.Strata(2015), p. 22.
8. ^ Monte Bianco: Il tetto delle Alpi!, su followtheguide.it, 8 agosto 2017. URL consultato l'11 giugno
2020.
9. ^ Guida d'Italia del Touring Club Italiano, Guide rosse, Volume 2, Torino e Valle d'Aosta,
Edizioni Touring, 1996, pagina 652
10. ^ Sul sito della Regione Autonoma Valle d'Aosta, notizie sul Gruppo del Bianco La catena del
Monte Bianco, su regione.vda.it. URL consultato il 21 ottobre 2010.
11. Monte Bianco , su angeloelli.it. URL consultato il 24 gennaio 2011.
12. ^ Notizie sui risultati dell'ultima campagna di misure nel settembre 2009 (FR) L'altitude du Mont
Blanc reste stable, su lefigaro.fr. URL consultato il 21 ottobre 2010.
13. ^ Luigi Bignami, Monte Bianco in controtendenza il ghiacciaio aumenta di volume,
www.repubblica.it. URL consultato il 21 ottobre 2010.
14. ^ L'Encyclopaedia Britannica (http://kids.britannica.com/elementary/art-68675/Europe) pone il
limite orientale lungo la depressione del Kuma-Manich. L'Enciclopedia Treccani (http://www.tre
ccani.it/enciclopedia/europa/) pone il limite orientale lungo la linea ideale che unisce le foci del
Don (Rostov) e della Dvina Settentrionale (Arcangelo).
15. ^ Peakbagger, Montagne Euro-asiatiche oltre i 4500-me, su www.Peakbagger.com. URL
consultato il 20 ottobre 2010.
16. ^ Alpi senza frontiere, Guida n. 16, Petit Saint Bernard – Mont Blanc, p. 145
17. ^ I minerali del Monte Bianco, Minerali e geologia del Monte Bianco, su minerali.it. URL
consultato il 25 ottobre 2010 (archiviato dall'url originale il 14 novembre 2011).
18. ^ L'antica miniera di Trou les Romans, Trou des Romains, su regione.vda.it. URL consultato il 25
ottobre 2010.
19. ^ Crystals of the Monte Bianco, Crystals of the Monte Bianco, su summitpost.org. URL consultato
il 24 gennaio 2011.
20. Jean Corbel, Ghiacciai e clima nel massiccio del Monte Bianco (PDF), su persee.fr. URL
consultato il 9 novembre 2010 (archiviato dall'url originale il 24 settembre 2015).
21. ^ IGM/IGN-CAI/CAF, Firenze 2002, Guida Alpi senza frontiere, Guida n. 16, Petit Saint Bernard
– Mont Blanc, pagina 145
22. ^ Bruno Martinis, La fragilità del Bel Paese, geologia dei paesaggi italiani, pagina 77
23. ^ La Catena delle Alpi, Il Monte Bianco - La catena delle Alpi, su xoomer.virgilio.it. URL
consultato il 25 ottobre 2010.
24. ^ Fonte: sito del Giardino alpino Saussurea (http://www.saussurea.net/)
25. ^ Jacques Goulart, Carta geografica Lago Lemano di J. Goulart, su swaen.com. URL consultato il
26 gennaio 2011.
26. Umberto Pelazza, L'epopea al veleno della conquista del Bianco, su ana.it. URL consultato il 26
gennaio 2011.
27. ^ Treaty Series United Nations, Trattato di pace di Parigi (1947) (PDF), su treaties.un.org. URL
consultato il 9 settembre 2015.
28. ^ Claudio Colombo, La mappa francese del 1865 ? Un falso.., su archiviostorico.corriere.it. URL
consultato il 26 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 1º agosto 2012).
29. ^ Club Alpino Italiano, Ridateci il nostro Monte Bianco (Pag. 6) (PDF), su www.cai.it. URL
consultato il 26 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 20 gennaio 2013).
30. ^ http://www.lastampa.it/2015/09/13/societa/montagna/italia-contro-francia-la-guerra-del-
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Voci correlate
Punti più elevati delle regioni italiane
Osservatorio del Monte Bianco
Frontiera sul Monte Bianco
Traforo del Monte Bianco
Funivia dei Ghiacciai
Alpinismo
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