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LE FIBRE TESSILI
1. Introduzione
Da millenni l’uomo utilizza prodotti naturali con matrice fibrosa per trasformarli in
filati, dai quali ottenere tessuti per coprirsi, difendersi dal freddo, per adornarsi ed
anche per ostentare il proprio stato sociale ed economico.
rappresentano i prodotti tessili più antichi le cui origini sono quasi sempre partite
dall’oriente per espandersi successivamente nell’occidente, infatti:
la seta già utilizzata da millenni dai cinesi, solo nel 300 d.c., arrivò in occidente quando
la sericultura approdò sulle sponde del Mediterraneo;
il lino già utilizzato dai popoli dell’Asia e dagli Egiziani, approdò successivamente in
Europa;
la lana già utilizzata nell’Asia Centrale, ha avuto in Europa, e più recentemente in
Inghilterra, il maggior sviluppo per le lane più famose e pregiate;
successivamente anche l’Australia, il Sud Africa e l’Argentina sono divenuti
grandi produttori di lana;
il cotone già utilizzato nell’India, arriva in Europa intorno al 1200 e successivamente
approdò anche in America; fu solo l’invenzione della sgranatrice dei fiocchi di
cotone che consentì a questa fibra di diventare la più importante e diffusa tra le
fibre naturali.
Le fibre tessili chimiche, sono invece il frutto della tecnologia dall’inizio secolo ai
giorni nostri.
Le fibre tessili chimiche si sono evolute partendo dalle:
Il cotone Negli anni ’30 la tecnologia applicata alla coltivazione ha prodotto cambiamenti
nella fibra tali da poter offrire sul mercato:
- cotone organico o ecologico = coltivato senza pesticidi, quindi un cotone
ecologico
- cotone colorato naturale = coltivato con particolari selezioni di semi che
consentono di ottenere cotoni già colorati naturalmente in rosso mattone,
verde salvia, e marrone
- cotone transgenico = ottenuto con manipolazioni genetiche apportate
dall’uomo; sono in corso studi per ottenere fibre colorate e per migliorare le
prestazioni naturali.
Il lino La tecnologia ha interessato marginalmente la preparazione della fibra ovvero il
processo di macerazione, passando:
- dalla macerazione alla rugiada dei prati,
- alla macerazione in torrenti (acqua corrente),
- alla macerazione in vasca,
- alla macerazione in tino o meccanica, ed infine alla
- macerazione chimica
incidendo sull’aumento di produttività a discapito della colorazione e della
resistenza della fibra stessa, ottenendo un fibra di lino in genere più scura e
meno resistente.
Attualmente si stanno studiando nuove tecnologie relative alla fibrillazione della
fibra di lino per renderla più facilmente filabile.
La lana Non si registrano a tutt’oggi innovazioni tecnologiche applicate alla fibra.
La seta Non si registrano a tutt’oggi innovazioni tecnologiche applicate alla fibra.
L’evoluzione delle fibre chimiche
Dagli inizi del 1900 le fibre chimiche hanno vissuto una evoluzione che può essere
riassunta nella tabella seguente.
Fibre artificiali
Nitrocellulosa La prima fibra artificiale ottenuta per sintesi da Chardonnett Anni ‘20
nel 1884.
Acetato
Triacetato
Cupro
Viscosa
Fibre sintetiche
Poliammide La prima fibra sintetica ottenuta per sintesi dalla Du Pont nel Anni ‘40-’60
Poliestere 1939
Acrilica
Polipropilenica
Polivinilica
Fibre chimiche con modifiche tecnologiche
Polinosiche Artificiali rigenerate, modificate nella resistenza agli alcali. Anni ‘50-’70
High Water Module Artificiali rigenerate, modificate nella resistenza ad umido e nel
(HWM) grado di elasticità.
Aramidi Sintetiche di natura poliammidica, modificate per ottenere una
(HVM) notevole resistenza alla fiamma (i marchi esistenti più diffusi
sono Kevlar e Nomex)
Elastan Sintetiche composte da poliuretano, con elevatissimo modulo
elastico.
Flame Retardant Artificiali e sintetiche che hanno proprietà di:
(FR) - antifiamma in quanto non producono fiamma, oppure la
ritardano
- ignifughe, in quanto non lasciano propagare la fiamma
oltre alla zona carbonizzata.
Fibre chimiche ad elevata tecnologia
Microfibre Modificazione della filatura delle fibre poliestere, poliammidica, Anni ‘80-’90
acrilica e modal, per ottenere fibre il cui diametro è compreso
fra 0,3-1 decitex (massimo); mentre con titoli inferiori a 0,3
decitex sono “super-microfibre”.
Lyocell Fibra artificiale modificata di natura cellulosica ottenuta con
processo di filatura in solvente. E’ una fibra con elevato grado
di resistenza.
High Tech Sono materiali tessili per impiego tecnico che rispondono ad
alte esigenze tecnico-qualitative e conferenti loro l’attitudine
ad adattarsi ad una funzione tecnica ed al suo ambiente. Sono
classificabili in 11 gruppi di prodotti, quali:
- compositi
- reti di protezione
- protezione del corpo
- tessuti industriali
- tessuti per filtrazione
- materiale per l’imballaggio
- geotessili
- tessili per uso medico ospedaliero
- tessuti per trasporti
- tessili per protezione contro alte temperature
- tessili militari
Le fibre tessili per l’abbigliamento nell’attualità
L’evoluzione delle fibre tessili, da quelle naturali, alle artificiali, per approdare a
quelle sintetiche è stata dettata dalla crescente necessità di soddisfare le mutevoli
richieste del mercato in termini di comfort, moda ed economicità del prodotto tessile,
ricercando nelle fibre chimiche alcune caratteristiche peculiari e specifiche per
migliorare o semplicemente completare le caratteristiche delle fibre naturali.
Per rendere più efficace il senso evolutivo delle fibre tessili, riportiamo qui a seguito
in una tabella, i vantaggi e gli aspetti tecnici più rilevanti, che caratterizzano i due
gruppi di fibre messi a confronto.
L’utilizzo delle fibre chimiche da sole o in mista con le fibre naturali, ha consentito di
raggiungere gli alti livelli di qualità e performance nella confezione di manufatti
tessili tali da soddisfare le più sofisticate e specifiche esigenze di comfort di tutti i
capi di abbigliamento, sportivo, casual e classico.
3. Definizione di fibra tessile e sua natura polimerica
La definizione riportata nel testo della Norma UNI 5955/86 e nel D.L. 22/05/99 n. 194,
(attuazione della direttiva 95/74/CE), indica che:
“una fibra tessile è un elemento caratterizzato da flessibilità, finezza ed elevato
rapporto tra lunghezza e dimensioni trasversali e da un orientamento preferenziale
delle molecole in direzione longitudinale”.
Tutte le fibre tessili sia naturali sia chimiche hanno come caratteristica comune la
struttura chimica basata sul “sistema polimerico”.
Un polimero è una grossa molecola formata da una catena i cui anelli sono i
“monomeri” o elementi di base della fibra stessa. Il numero di monomeri che
costituiscono il polimero è detto “grado di polimerizzazione”.
Nella disposizione di legge, di cui art. 8 legge n°883 26/11/1973 e attuale legge n°
194/99 “la disciplina delle denominazioni e della etichettatura dei prodotti tessili, e
successive modifiche”, sono riportate le denominazioni ufficiali delle fibre tessili in
linea con le normative dei Paesi Europei della CE.
La denominazione della fibra o delle fibre componenti il manufatto deve essere
indicata per esteso sull'etichetta di composizione.
Nella tabella seguente si riporta a titolo esemplificativo, l'elenco delle più diffuse
denominazioni e sigle internazionali delle principali fibre tessili, con il relativo codice
meccanografico elaborato da Comitextil.
Nel caso delle fibre naturali molte denominazioni si rifanno direttamente alla
tipologia di fibra impiegata per la realizzazione del manufatto.
Sono un esempio il cotone Makò (nome derivato da una varietà di fibra di origine
egiziana) o la lana Merino, che si rifanno sia a specifiche provenienze geografiche
delle fibre, che alle proprietà intrinseche delle stesse, quali ad esempio i valori medi
di lunghezza e di finezza o di altre proprietà, che conferiscono alle fibre ed ai relativi
manufatti caratteristiche particolari in termini di mano e comfort.
A titolo di esempio citiamo gli elastomeri o le microfibre, che oggi sono riconosciuti
anche dagli utilizzatori finali, attraverso l'identificazione del marchio o marchi di
riferimento dei produttori.
Anche in questo caso però, le fibre presentano valori medi delle proprietà che si
rifanno a quelli delle classi di appartenenza.
Nella tabella sono riportati i valori da utilizzare per il calcolo della massa
commerciale delle fibre contenute in un prodotto tessile.
Sezione
Rappresenta la conformazione trasversale o longitudinale tipica di ogni fibra.
Le fibre naturali hanno sezione definita, tipica di ciascuna classe di appartenenza,
mentre le fibre artificiali e sintetiche presentano sezioni trasversali in funzione della
diversa conformazione del foro della filiera di estrusione e del processo di filatura.
Ripresa di umidità
Esprime l’attitudine delle fibre tessili ad assorbire e trattenere acqua. Indica
l’igroscopicità delle fibre: le fibre naturali sono le più igroscopiche, le fibre sintetiche
le meno igroscopiche.
La legge italiana 883 del 73 e l’attuale 194/99 sull’etichettatura dei tessili ed alcune
normative internazionali, indicano i tassi di ripresa ufficiali da applicare nelle
trattative commerciali dei prodotti tessili e le condizioni standard di rilevamento.
Tenacità
E' la forza rapportata alla massa lineare. Indica la maggiore o minore attitudine di
una fibra a resistere alla trazione. Si parla anche di carico di rottura. La tenacità può
essere indicata con diversi sistemi di misura: i più diffusi sono i g/den, g/dtex e i
cN/tex.
Le fibre ed i filati possono essere sottoposti a prove di tenacità a secco o a umido.
Nel caso delle prove di tenacità ad umido solitamente si ha una diminuzione più o
meno accentuata della tenacità del materiale, tranne nel caso delle fibre vegetali, che
presentano un incremento del valore.
Allungamento a rottura
E’ l’espressione quantificata dell’estensibilità di un materiale tessile, ossia della sua
capacità di allungarsi in presenza di una sollecitazione a trazione.
L’allungamento a rottura è l’espressione in % della differenza fra la lunghezza
iniziale del materiale e la sua lunghezza al momento della rottura.
Modulo elastico
Il modulo elastico o modulo di Young è una misura dell'inclinazione del tratto iniziale
della curva di carico-allungamento.
Rappresenta la relazione fra carico ed allungamento ed esprime la forza necessaria a
provocare l’allungamento unitario del materiale.
Nel caso dei materiali tessili si indica il modulo iniziale, cioè corrispondente alle
deformazioni ai bassi carichi, che simulano l’effetto delle sollecitazioni di lavorazione
e d’uso.
Un modulo elastico molto elevato indica una bassa deformabilità della fibra, che sarà
piuttosto rigida, resiliente e poco gualcibile.
Un basso modulo elastico indica una elevata deformabilità della fibra, che sarà più
morbida, meno resistente, facilmente gualcibile.
Una fibra ad alto modulo elastico, elevata elasticità e buona resilienza, consente di
ottenere prodotti tessili caratterizzati da proprietà “wash and wear” o “lava e
indossa”.
Elasticità
E’ la capacità di un materiale tessile di recuperare l’assetto iniziale dopo aver subito
una deformazione quale un allungamento, una compressione, una flessione.
Resilienza
E’ la capacità di un materiale tessile di riprendere il proprio spessore dopo essere
stato sottoposto ad una determinata pressione superficiale.
Gualcitura o gualcibilità
Si intende la perdita di elasticità di un tessuto, che tende a non recuperare più la
forma iniziale dopo le deformazioni subite, generalmente conseguenti ad un’azione di
piegatura.
Resistenza U.V.
Indica la capacità di una fibra di non mutare le proprie caratteristiche dopo
esposizione ai raggi ultravioletti. Di particolare importanza alcune fibre sintetiche ed
artificiali di nuova generazione, in grado di proteggere la pelle dall’esposizione ai
raggi U.V.
Infiammabilità
Capacità di un materiale di entrare e permanere in stato di combustione, con
emissione di fiamma, durante o dopo che lo stesso è stato sottoposto all’azione di una
sorgente di calore.
Punto di rammollimento
Rappresenta la temperatura alla quale le fibre cominciano a rammollire, diventando
appiccicose.
Punto di fusione
Rappresenta la temperatura alla quale il polimero passa dallo stato solido allo stato
fluido o liquido.
9. Le proprietà delle fibre
Diametro
Lunghezza
Proprietà Sezione Tipo Fagiolo Poligonale Rotonda Triangolare
Fisiche Densità g/cm3 1,48-1,52 1,48-1,50 1,32-1,35 1,25-1,36
Ripresa di umidità % 8,5-12 12 17-18 11
Resistenza raggi U.V. e intemperie Tipo ++ ++ + +
a caldo + + +++ +
Forti
Resistenz a freddo + + +++ +
a agli acidi a caldo ++ ++ +++ +++
Deboli
a freddo +++ +++ +++ +++
a caldo ++ ++ + +
Proprietà Resistenz Forti
a freddo ++ ++ + +
Chimiche a agli
alcali a caldo +++ +++ ++ +++
Deboli
a freddo +++ +++ ++ +++
Resistenza agli ossidanti +++ +++ + +
Resistenza ai solventi +++ +++ +++ +++
Resistenza ai microrganismi + ++ + +
Decompone
Punto di rammollimento C° - - -
a 150°
Punto di fusione C° non fonde non fonde non fonde non fonde
rapida e rapida e lenta e più rapida
Combustione Tipo
Proprietà continua continua carbonizza della lana
Termiche Fiamma Colore Arancio Arancio - -
Comportamento alla
fiamma Carta Carta Corno Corno
Odore Tipo
bruciata bruciata bruciato bruciato
Molto Voluminosa
Cenere Tipo Leggera Friabile
leggera e friabile
Unità Rigenerate
CARATTERISTICHE di
Cupro Viscosa Modal Polinosico
misura
Diametro
Lunghezza
Rotonda o Rotonda Rotonda Rotonda
Proprietà Sezione Tipo
ovoidale dentellata (liscia) (liscia)
Fisiche
Densità g/cm3 1,50-1,52 1,50-1,53 1,52 1,50-1,53
Ripresa di umidità % 13 13 13 8
Resistenza raggi U.V. e intemperie Tipo ++ ++ +++ ++
a caldo + + + +
Forti
Resistenz a freddo + + + +
a agli acidi a caldo ++ ++ ++ ++
Deboli
a freddo ++ ++ ++ ++
a caldo + + ++ ++
Proprietà Resistenz Forti
a freddo + + ++ ++
Chimiche a agli
alcali a caldo +++ +++ +++ +++
Deboli
a freddo +++ +++ +++ +++
Resistenza agli ossidanti ++ ++ ++ ++
Resistenza ai solventi +++ +++ +++ +++
Resistenza ai microrganismi + + + +
Brucia a
Punto di rammollimento C° 125° 190° -
180°
Punto di fusione C° Non fonde Non fonde Non fonde Non fonde
Rapida e Rapida e Rapida e Rapida e
Combustione Tipo
Proprietà continua continua continua continua
Termiche Fiamma Colore Arancio Arancio Arancio Arancio
Comportamento alla
fiamma Carta Carta Carta Carta
Odore Tipo
bruciata bruciata bruciata bruciata
Molto Molto Molto Molto
Cenere Tipo
leggera leggera leggera leggera
Diametro
Lunghezza
Rotonda Rotonda
Sezione Tipo -
(multilobata) (multilobata)
Proprietà Densità g/cm3 - 1,33 1,33
Fisiche Ripresa di umidità % 13 9 7
Resistenza raggi U.V. e intemperie Tipo - ++ ++
a caldo - + +
Forti
Resistenz a freddo - + +
a agli acidi a caldo - ++ +++
Deboli
a freddo - ++ +++
a caldo - + +
Resistenz Forti
a freddo - + ++
a agli
alcali a caldo - + ++
Proprietà Deboli
a freddo - ++ +++
Chimiche Resistenza agli ossidanti - ++ ++
Resistenza ai solventi - + ++
Resistenza ai microrganismi - + +++
Unità di
CARATTERISTICHE Acrilica Modacrilica Poliestere
misura
Diametro
Lunghezza
Rotonda
Proprietà Sezione Tipo Varie Varie
multilobata
Fisiche
Densità g/cm3 1,16-1,20 1,24-1,37 1,36-1,40
Ripresa di umidità % 2 0,4-4 3
Resistenza raggi U.V. e intemperie Tipo +++ ++ +++
a caldo ++ +++ ++
Forti
Resistenz a freddo +++ +++ +++
a agli acidi a caldo +++ +++ +++
Deboli
a freddo +++ +++ +++
a caldo + + +
Proprietà Resistenz Forti
a freddo + + ++
Chimiche a agli
alcali a caldo + + +
Deboli
a freddo ++ ++ ++
Resistenza agli ossidanti +++ +++ +++
Resistenza ai solventi +++ +++ ++
Resistenza ai microrganismi +++ +++ +++
Legenda: +++ Buono ++ Medio + Scarso *Si decompone - Dato non disponibile
Diametro e lunghezza: i valori medi variano al variare delle caratteristiche della fibra
SCHEDA PROPRIETA’ DELLE FIBRE SINTETICHE
Diametro
Lunghezza
Rotonda
Proprietà Sezione Tipo Varie Varie
(multilobata)
Fisiche
Densità g/cm3 1,12-1,14 1,14 1,04
Ripresa di umidità % 6,25 6,25 3,5
Resistenza raggi U.V. e intemperie Tipo + + +
a caldo + + +
Forti
Resistenz a freddo + + ++
a agli acidi a caldo ++ ++ ++
Deboli
a freddo ++ ++ ++
a caldo +++ +++ +++
Proprietà Resistenz Forti
a freddo +++ +++ +++
Chimiche a agli
alcali a caldo +++ +++ +++
Deboli
a freddo +++ +++ +++
Resistenza agli ossidanti + + +
Resistenza ai solventi ++ ++ ++
Resistenza ai microrganismi ++ ++ +
Unità di
CARATTERISTICHE Elastan Polipropileniche Clorofibre
misura
Diametro
Lunghezza
Rotonda o
Proprietà Sezione Tipo Rotonda liscia Rotonda liscia
quadrata
Fisiche
Densità g/cm3 1,16-1,20 0,91-0,95 1,38-1,44
Ripresa di umidità % 0,3-1,4 0,05-0,5 0,05-0,5
Resistenza raggi U.V. e intemperie Tipo ++ + ++
I FILI ED I FILATI
1. Introduzione
Le fibre tessili, per poter essere impiegate nella realizzazione dei diversi manufatti,
vengono trasformate, nella maggior parte dei casi, in fili o filati.
Il processo di trasformazione, che prende generalmente il nome di filatura, si
compone di diverse fasi di lavorazione, in funzione del tipo di fibra considerata e del
tipo di filo o filato che si vuole ottenere.
Una prima distinzione è relativa alle fibre naturali ed alle fibre chimiche.
Le fibre naturali (a parte la seta) hanno lunghezza definita e si presentano come una
massa disordinata. La filatura permette di disporre le fibre a formare un insieme di
elevata lunghezza, nel quale esse risultano essere più o meno orientate secondo un
asse comune e coesionate fra loro tramite una forza di attrito denominata torsione.
Con questo termine si indicano, secondo la norma DIN 61210, “le superfici tessili
flessibili ottenute per coesionatura di veli di fibre”.
In questo caso il manufatto tessile è il risultato di un procedimento di coesionatura di
fibre tessili, che può essere attuato secondo differenti sistemi di fabbricazione.
In questo modo la fibra viene trasformata direttamente in tessuto, senza richiedere il
passaggio intermedio di filatura.
Attualmente l’impiego mondiale di “non tessuti” è in fase di incremento, in
particolare nei campi relativi all’abbigliamento professionale (indumenti protettivi,
per rinforzo), ai prodotti sanitari (lenzuola, indumenti chirurgici), ai prodotti igienici
(pannolini), agli impieghi industriali (filtri, isolanti, materiali edili).
2. Definizione di filo e filato
Con il termine generico di filo si identifica, secondo quanto indicato nella norma UNI
5955/86: “L’elemento tessile di grande lunghezza che può assumere diverse forme,
designate specificatamente con i termini: filato, filato voluminoso, filo continuo
testurizzato, lamella fibrillata, binato, accoppiato, ritorto semplice, ritorto composto”.
Se con filo possiamo indicare il materiale così come si presenta nelle diverse forme di
impiego, con i termini di “filo” e “filato” possiamo fornire una più precisa definizione
dello stesso, in funzione di determinate caratteristiche.
Nella tabella seguente sono indicati i più importanti sistemi di filatura, classificati in
funzione del prodotto finale: filo o filato.
La finezza è uno degli elementi che determinano la valutazione economica delle fibre
e dei fili: in generale più la finezza aumenta (fibra o filo più sottile) maggiore è il
valore del materiale.
La finezza delle fibre influisce sulle proprietà dei fili e quindi su quelle dei manufatti
prodotti.
Idealmente la fibra ed il filo (inteso come filo o filato) sono dei materiali tessili che
presentano un certo diametro.
Sembrerebbe logico poter esprimere la finezza di un materiale tessile attraverso la
misurazione del suo diametro.
Questa soluzione non è applicabile sulle fibre tessili naturali e su alcune chimiche, in
quanto presentano una sezione irregolare nè tantomeno sui fili, in quanto il diametro
non ha una dimensione costante, essendo influenzato da diversi fattori.
Ecco allora la necessità di indicare con una diversa espressione la finezza dei
materiali tessili: il titolo o massa lineare.
Il titolo indica la finezza, espressa quale relazione fra il peso (o massa) e la lunghezza
di un materiale tessile.
Sistemi di titolazione
Titolazione diretta: T Titolazione indiretta: N
Quante unità di peso (P) occorrono per formare Quante unità di lunghezza (L) occorrono per formare
una unità di lunghezza (L) una unità di peso (P)
P L
T = ---- N = -----
L P
Nelle formule di calcolo si sono introdotte le unità di misura del sistema metrico
decimale:
- il peso in grammi
- la lunghezza in metri.
Per poter trasformare le unità di misura originali nelle corrispondenti del sistema
metrico decimale, si utilizzano delle costanti di trasformazione, indicate nelle formule
di calcolo.
Formula di calcolo
Sistema Titolo Simbolo Unità di misura originali sistema metrico
decimale
P
Quantità di grammi che occorre per
Tex tex tex = ---- x 1.000
formare il peso di 1.000 metri di filo.
L
P
Quantità di grammi che occorre per
Diretta Decitex dTex dtex = ---- x 10.000
formare il peso di 10.000 metri di filo.
L
Quantità di denari (1 denaro = 0,05 g) che P
Denari Td o den occorre per formare il peso di una Td = ---- x 9.000
matassina di 450 metri di filo. L
L
Quantità di metri di filato che occorre per
Metrico Nm Nm = ----
formare il peso di un grammo.
P
Indiretta
Quantità di matasse o hanks (1 hank = L
Inglese
768 m) che occorre per formare il peso di Ne = ---- x 0,59
cotone Ne
una libbra (circa 454 g). P
Ogni titolo può essere trasformato nei corrispondenti valori degli altri titoli, secondo
le seguenti formule.
Come descritto precedentemente, i fili sono costituiti da fasci di fibre che possono
essere o meno coesionati tramite torsione. In alcuni casi si possono avere fili formati
da due o più fili, aventi identico titolo, che vengono uniti fra loro per mezzo di
torsione. Questi fili sono denominati ritorti.
Il titolo dei fili ritorti viene indicato e calcolato come negli esempi di seguito riportati.
Il numero 2 indica che il ritorto è costituito da due Il numero 2 indica che il ritorto è costituito da due capi
capi (o fili). (o fili).
Il titolo complessivo del ritorto è dato da: Il numero complessivo del ritorto è dato da:
Titolo Descrizione
Indica un filato definito “unico”, cioè costituito da fibre discontinue
Ne 30/1 unite fra loro da torsione. La cifra 30, si riferisce al Numero del filato,
Nm 1/30 mentre la cifra 1, si riferisce al fatto che il filato è formato da un solo
capo.
Indica un filato definito “ritorto” di fibre discontinue.
Ne 60/3 La cifra 60, si riferisce al Numero di ciascuno dei capi (fili) che
Nm 3/60 compongono il ritorto, mentre la cifra 3, si riferisce al numero di capi
(fili) che compongono il ritorto.
Indica un filato di fibre discontinue definito “ritorto composto”.
Ne 60/3/2 In questo caso il filato è costituito da 2 capi ritorti fra loro, ciascuno
composto da un ritorto a 3 capi, ciascuno dei quali di Numero 60.
Indica un filo di fibre continue costituito da un solo filamento.
Il filo può essere definito “monofilamento”.
Td 60/1
La cifra 60 indica il Titolo del filamento, che in questo caso
corrisponde al titolo del filo.
Indica un filo unico di fibre continue. La cifra 110 si riferisce al Titolo
del filo, mentre la cifra 78 indica il numero delle bave o filamenti che
tex 110/78
costituiscono il filo. A volte può essere posta una “f” prima del numero
di filamenti: tex 110f78.
Indica un filo di fibre continue ritorto. La cifra 2 indica il numero dei
capi di titolo tex 110, ciascuno di 78 filamenti, che compongono il
tex 110/78/2
ritorto. A volte il numero dei capi che compongono il ritorto è
preceduto dal segno “x”: tex 110/78x2.
5. La torsione
Senso di torsione
Identifica la direzione delle spire che vengono formate dalle fibre in un filato unico o
dai singoli capi in un filato ritorto (Fig. 1).
FIGURA 1
Nell’esempio (Fig. 2) abbiamo un filato “ritorto composto”, che risulta costituito da:
- quattro capi unici aventi torsione S,
- che sono uniti a coppie a formare due filati ritorti, ciascuno a due capi, aventi
torsione Z,
- uniti a loro volta a formare un ritorto composto con torsione finale S.
Angolo di torsione
E’ l’angolo che le fibre esterne formano rispetto al proprio asse (Fig. 3).
FIGURA 3
Per una valutazione del livello di torsione di un filato vengono utilizzati i coefficienti
di torsione. Essi si riferiscono al titolo o numero del filo o filato considerato:
giri/” = αe · Ne
giri/m = αm · Nm
αm = 30,3 · αe
αtex = 31,6 · αm
αtex = 958 · αe
- usare filati con coefficiente di torsione basso (per filati di cotone l’ideale è αe 3,8)
- immagliare nel tessuto alternativamente filati con torsione S e Z
- ricorrere a particolari lavorazioni in fase di finissaggio dei tessuti a maglia.
La torsione nei fili continui non ha lo scopo di conferire resistenza ai fili, ma consente
di modificarne alcuni comportamenti e caratteristiche.
Descrivere in modo sintetico i vari cicli di filatura può risultare assai complesso, in
quanto ogni fibra, per essere trasformata in filo o filato, richiede l’esecuzione di
specifiche fasi di lavorazione.
Le fibre discontinue
Nel tempo due dei sistemi di filatura tipici delle fibre naturali, sono stati presi a
riferimento per la produzione della maggior parte dei filati attualmente realizzati.
Il cotone
Sistema di
Caratteristiche
filatura
E’ il sistema di filatura più diffuso nel mondo.
Pettinato Consente la produzione di filati caratterizzati da un buon livello di pulizia e regolarità .
Viene ottenuto per filatura ad anello o Ring.
Ring: le fibre vengono trasformate in filato
Presenta un livello di pulizia e regolarità
tramite torsione su filatoio ad anello.
inferiore rispetto a quello del filato pettinato.
Cardato Open-end: le fibre ricevono torsione
L’operazione di filatura viene realizzata con
filatoio Ring o filatoio Open-end. tramite un sistema a rotore od Open-end
(O.E.)
Una caratteristica comune ai diversi sistemi di filatura cotoniera sta nelle fasi di
lavorazione che vanno dalla mischia alla cardatura: queste infatti sono esattamente
uguali per tutti i sistemi e solo nelle fasi successive il materiale trasformato viene
sottoposto ad operazioni diversificate, come indicato nel diagramma di lavorazione
seguente (Fig. 4).
FIGURA 4
Il lino
Il ciclo di filatura delle fibre di lino vale anche per le fibre di canapa.
La fase iniziale di trasformazione della pianta in un materiale filabile è la
macerazione in acqua, che causa lo sfaldamento dei cementi naturali che contengono
salde fra loro le fibre elementari.
Le fibre dopo macerazione vengono suddivise in due classi di lunghezza:
FIGURA 5
La lavorazione della lana pettinata può prevedere l’inserimento di fibre chimiche per
la realizzazione di filati in mischia.
Nel diagramma di lavorazione (Fig. 6), sono indicate le fasi della pettinatura ed i
possibili punti di realizzazione della mischia con fibre chimiche.
FIGURA 6
La seta
Operazione Descrizione
E’ la fase di ricerca del capofilo del bozzolo e di purga della bava. I bozzoli
sono posti in una bacinella con bagno acquoso riscaldato e vi galleggiano in
Scopinatura superficie. Un sistema di spazzole strofina la parte esterna del bozzolo
facendo distaccare il capofilo. Il bagno acquoso svolge anche la funzione di
purgare le bave.
Un certo numero di bave viene accoppiato a formare, mediante la torta di
Formazione del filo
filanda, il filo di seta greggia.
Aspatura Il filo umido, ottenuto nella fase precedente, viene avvolto su un aspo.
Riannaspatura Questa operazione viene effettuata solo in alcuni casi.
Pantinatura E’ l’operazione di legatura delle matasse di filo.
Nel ciclo di lavorazione della seta riveste una certa importanza anche la
trasformazione dei prodotti secondari, quali il banco, la strusa, la strazza, che
forniscono materie prime per la filatura dei cascami o altro, come indicato nel
diagramma seguente (Fig. 7). Questo tipo di filato viene denominato "Schappe".
FIGURA 7
Le fibre chimiche
La filatura delle fibre chimiche, sia sintetiche che artificiali, ha inizio con la
trasformazione del polimero dallo stato solido a quello liquido-viscoso.
Questa operazione viene attuata per mezzo di fusione o soluzione.
Il polimero viene successivamente spinto, tramite una pompa, attraverso una filiera
forata.
La filiera è un disco di metallo che presenta un certo numero di fori di diametro
definito. Il polimero allo stato liquido-viscoso, passando attraverso la filiera, acquista
una dimensione determinata dal foro: tanto più i fori sono piccoli, tanto più il
polimero verrà estruso con un diametro ridotto.
Questa fase è detta estrusione o filatura.
Le più recenti tecnologie consentono di realizzare filiere con fori del diametro di pochi
millesimi di millimetro, come quelle impiegate nella realizzazione delle microfibre.
Una volta che il polimero esce dalla filiera, viene solidificato, formando tante singole
fibre (dette anche filamenti o bave).
FIGURA 8
- Filatura ad umido
- Filatura a secco
Il polimero viene portato allo stato liquido attraverso fusione per calore. Subito
dopo l’estrusione il polimero viene in contatto con un flusso di aria fredda che
solidifica e consolida la fibra.
Dopo la fase di filatura le varie fibre vengono raccolte assieme a formare un unico
filo.
Solitamente, subito dopo la fase di filatura, sul filo viene applicato un olio chiamato
enzimaggio, che serve a lubrificare il filo, coesionare le singole fibre, proteggerle dalla
formazione di cariche elettrostatiche.
A volte il filo viene sottoposto all’azione di un getto d’aria a pressione controllata, che
facendo sbattere le fibre contro una parete, fa sì che possano ingarbugliarsi fra loro in
alcuni punti. Questa tecnica è chiamata interlacciatura ad aria e consente di formare
un certo numero di punti di interlacciatura lungo il filo.
Ciclo tecnologico
Top da
Top pettinato Top pettinato Top da Top da
strappo
da fiocco da converter converter strappo HB
fissato
Macchina da Macchina da Macchina da Macchina da
Taglio Taglierina
taglio taglio strappo strappo
Stabilizzazione - - - Autoclave Autoclave
Ristrappo - A cilindri A cilindri A cilindri A cilindri
Carda
Cardatura - - - -
semplice
Fasi Passaggio Passaggio
Preparazione stiratoio stiratoio - - -
intersecting intersecting
Pettinatrice Pettinatrice
Pettinatura - - -
Rettilinea Rettilinea
Stiro riunitore Stiro riunitore
Finissaggio + + Stiro finitore Stiro finitore Stiro finitore
stiro finitore stiro finitore
7. Operazioni del ciclo di filatura
I processi di filatura delle varie fibre, sono composti da una serie di diverse
operazioni, che possono essere indicate come:
- operazioni primarie
- operazioni secondarie
- operazioni complementari
Operazioni primarie
Seta Trattura: ovvero l’insieme delle operazioni che consentono di accoppiare un certo numero di fibre
a formare un filato (vedi punto 7).
Operazioni secondarie
Si tratta di operazioni che possono essere effettuate tra i vari passaggi delle fasi di
lavorazione tessile normale, per conferire alle fibre caratteristiche particolari.
- Lisciatura
Serve per migliorare l’aspetto delle fibre di lana.
Viene eseguita fra i passaggi di riunitura e stiratura precedenti la fase di filatura
ring dei filati pettinati. La lisciatura consiste nell’introduzione dei nastri in un
bagno acquoso contenente sapone e sbiancanti e successivamente in un
risciacquo. Quindi i nastri vengono asciugati, facendoli passare fra cilindri
riscaldati a vapore e successivamente vengono sfeltrati tramite passaggio in
macchina intersecting.
La lisciatura conferisce alle fibre una mano morbida e setosa, anche se a volte può
causarne una riduzione della resistenza.
- Carbonizzo
Lo scopo del carbonizzo o carbonizzazione, è di eliminare le parti vegetali presenti
sulla lana lavata e sui cascami.
Il carbonizzo viene effettuato sulle lane che vengono impiegate nei cicli
semipettinato e cardato. Si tratta di un processo chimico-fisico, che sfrutta la
capacità delle fibre di lana di resistere, senza subire alterazioni, all’azione degli
acidi minerali, che invece degradano la cellulosa. La lana viene trattata in un
bagno contenente acido solforico, quindi viene spremuta e centrifugata.
Successivamente si procede all’essiccazione ed alla battitura. Quest’ultima fase
consente di eliminare le parti vegetali ridotte a polvere.
- Sgommatura
E' l'operazione che consente di eliminare la sericina da un prodotto di seta
greggia (filo, filato o tessuto). Comporta una perdita di circa il 20-25% della massa
del materiale e viene ottenuta mediante un trattamento in acqua a 95°C, in
presenza di sapone tipo marsiglia o di detersivi sintetici.
- Trattamento HB
Si tratta di un’operazione applicata per i tops di fibre sintetiche, in particolare
per i tops di fibra acrilica. Il termine HB sta per “high bulk” o procedimento di
voluminizzazione.
Viene applicato ai filati destinati alla produzione di articoli di maglieria.
Il 50% del tow già strappato, viene sottoposto a fissaggio tramite vaporizzazione
(top fissato). Quindi il top vaporizzato viene miscelato con il top solo strappato
(top retrattile). Il nastro così formato passa in una ristrappatrice e
successivamente alla fase di filatura. Il filato così ottenuto viene sottoposto
nuovamente ad una azione di vaporizzo che causa una retrazione delle fibre
retrattili, mentre le fibre fissate non subiscono modifiche. In questo modo si
produce un arricciamento delle fibre già fissate ed un accorciamento del filo, con
formazione di un effetto di voluminosità e di sofficità simili a quelli dei filati di
lana.
Operazioni complementari
Si tratta di operazioni che vengono effettuate sui fili e filati dopo che questi sono stati
completamente formati.
- Roccatura
E’ l’operazione che consente di trasferire, o stracannare, il filo da un supporto di
partenza ad un altro supporto, avvolgendolo a spire incrociate. Il filo viene
solitamente avvolto attorno ad un tubetto, formando la rocca. La roccatura
consente
inoltre di rilevare ed eliminare alcune difettosità presenti sul filo e consente di
applicare al materiale i prodotti lubrificanti.
- Stribbiatura
E’ l’operazione che permette di eliminare i difetti di irregolarità nel diametro del
filo. Viene effettuata per mezzo di dispositivi denominati stribbie, che possono
essere di tipo meccanico o elettronico. Attualmente l’impiego di stribbie
elettroniche è molto elevato. Queste oltre che a rilevare il difetto presente sul filo,
intervengono nella rimozione dello stesso, ricongiungendo automaticamente i
capi del filo con un nodo o con altro sistema.
- Paraffinatura o lubrificazione
Anche questa operazione viene eseguita durante la roccatura del filo.
In particolare questa operazione viene realizzata sui fili per maglieria, al fine di
migliorarne il grado di scorrevolezza.
La difficoltà principale risiede nella quantità di lubrificante da apporre sul filo
per ottenere il minor coefficiente di attrito. Infatti ad un incremento di
lubrificazione del filo superiore a quello ottimale, si ha come risultato un
peggioramento della scorrevolezza.
Le variabili da considerare nella lubrificazione del filo sono:
- la natura del filo,
- l’umidità presente sul materiale,
- il tipo di lubrificante,
- le condizioni ambientali.
In funzione del tipo di materiale, vengono applicate paraffine solide (le più
diffuse) o sostanze allo stato liquido.
- Aspatura
E’ l’operazione che permette di svolgere il filato avvolto su rocche e formare una
matassa.
Questa operazione si rende necessaria nel caso di:
- filati per aguglieria, che vengono commercializzati in matassa
- filati per tintura in matassa.
- Dipanatura
E’ l’operazione che permette di svolgere il filo da matassa e formare una rocca.
Viene eseguita su normali macchine roccatrici, dotate di un particolare supporto
per le matasse da svolgere.
- Accoppiatura
Detta anche binatura, ha lo scopo di riunire due o più fili, su un’unica rocca.
Questa operazione si esegue quale preparazione dei fili che devono
successivamente essere ritorti fra loro.
- Ritorcitura
E’ l’operazione che permette di unire fra loro due o più fili per mezzo della
torsione.
Scopo della ritorcitura è di conferire al filo maggiore resistenza alla trazione,
all’abrasione, maggiore regolarità, minore nervosità, possibilità di ottenere effetti
particolari.
- Gasatura
La gasatura viene effettuata principalmente sui filati di cotone allo scopo di
eliminare l’effetto di pelosità superficiale, dovuto alla presenza di fibre
parzialmente sporgenti dal corpo del filato.
Viene effettuata prima della roccatura finale, sui filati greggi. Nel caso del cotone
la gasatura viene effettuata sui filati destinati alla mercerizzazione, in quanto
l’eliminazione della pelosità superficiale aumenta il grado di brillantezza del
filato dopo tintura.
La gasatura consiste in un passaggio del filato attraverso una fiamma, ad una
velocità tale che si abbia la bruciatura delle fibre sporgenti e nessuna modifica
delle fibre che compongono il filato.
La gasatura riduce di circa il 7% il titolo del filato trattato.
- Mercerizzazione
E’ un trattamento chimico che interessa i filati ed i tessuti di cotone: la fibra di
cotone, se trattata con soda caustica, subisce una modifica strutturale
irreversibile.
In particolare la fibra si accorcia, assume una sezione più regolare, quasi
cilindrica, spariscono le tipiche convoluzioni.
A livello di caratteristiche del filato, si ha un incremento della resistenza, un
maggiore grado di tingibilità, una maggiore brillantezza, una maggiore elasticità.
La mercerizzazione dei filati di cotone viene solitamente eseguita in matassa.
Denominazione Descrizione
Filato formato da fibre discontinue unite da torsione.
Unico Filo formato da fibre continue riunite con o senza torsione. Nel caso in cui il filo è
costituito da una sola fibra, viene definito monofilamento.
Binato Filo composto da uno o più capi riuniti tra loro senza torsione
Filo ottenuto dalla ritorcitura di due capi di uguale titolo. La torsione di ritorcitura è di
Ritorto semplice
senso opposto a quella dei capi singoli.
Filo ottenuto dalla ritorcitura di due o più capi di fili ritorti semplici. Ogni operazione di
Ritorto composto ritorcitura deve avere senso di torsione opposto a quella dei fili che vengono uniti fra
loro.
Filo ottenuto dalla ritorcitura di due o più capi uniti fra loro con uguale senso di
Cordonetto
torsione dei fili unici.
Costituito da un filo principale detto anima, attorno al quale viene avvolto un secondo
Ondè filo avente una leggera sovralimentazione. L’effetto finale è una superficie che
presenta ondulazioni di ampiezza limitata e regolare.
Costituito da 3 componenti: un filo d’anima attorno al quale vengono ritorti un filo
d’effetto ed un filo di legatura. Il filo di legatura viene ritorto con senso di torsione
Frisè opposto rispetto al filo d’effetto. Il filo d’effetto ha una leggera sovralimentazione.
L’aspetto finale è una superficie granulosa e crespata, caratterizzata dalla presenza di
ondulazioni marcate e fitte.
Costituito da almeno 3 componenti, come il filo Frisè. Il filo d’effetto è caratterizzato da
Bouclè
forte sovralimentazione, che porta alla formazione superficiale di evidenti asole.
Costituito da 2 componenti come il filo Ondè. Il filo di effetto presenta un elevato grado
Vrillè di torsione, tanto che le asole superficiali tendono a torcersi sul proprio asse, fino a
formare dei piccoli ricci.
Moulinè Costituito da 2 o più capi aventi diverso colore, ritorti fra loro.
Jaspè Costituito da 3 capi di diverso colore e a volte di diverso titolo, ritorti fra loro.
Caratterizzato da ingrossamenti del diametro, presenti a intervalli regolari, aventi
Fiammato lunghezza e spessore variabili, molto simili alle irregolarità del filato dette
“fiammature”.
Caratterizzato dalla presenza superficiale di accumuli sferici di fibre colorate o
Bottonato
“bottoni”, aventi varia colorazione.
Costituito da 2 fili ritorti fra loro, che serrano un terzo filo, d’effetto, sovralimentato in
modo da formare delle asole che fuoriescono dal corpo del filo. Il filo d’effetto ha
voluminosità elevata. Una speciale operazione taglia la parte terminale delle asole,
Ciniglia
consentendo lo sfioccamento del filo. In questo modo sulla superficie si presentano
tanti ciuffetti di fibre che conferiscono elevata voluminosità e superficie “vellutata” al
filo.
Ricoperto Costituito da un filo d’anima, solitamente elastico, attorno al quale vengono avvolti,
Spiralato con diversi sistemi, uno o più fili di diversa natura.
Costituito da 3 fili. Attorno al primo filo, o anima, che solitamente è un filo elastico,
Corespun
vengono ritorti con senso di torsione opposto due fili, solitamente di fibre sintetiche.
Costituito da un filo di anima, solitamente elastico, attorno al quale vengono avvolti,
Interlacciato
per mezzo di getti d’aria, dei filamenti di fibre sintetiche.
CAP. 3
I TESSUTI A MAGLIA
1. I telai e le macchine per maglieria: classificazione
I tessuti a maglia sono suddivisi in due classi, aventi diverse caratteristiche sia per
quanto riguarda l’alimentazione del filo che per i processi di immagliatura applicati
(Fig. 9).
FIGURA 9
La formazione della maglia viene ottenuta mediante il movimento che gli aghi danno
al filo o ad i fili.
I tipi di ago comunemente impiegati nella realizzazione di tessuti a maglia sono tre
(Fig. 11).
FIGURA 11
L’ago a becco (Fig. 11a) è stato il primo tipo di ago impiegato nella realizzazione di
tessuti a maglia. Per poter formare maglia necessita della presenza di un elemento
meccanico esterno, denominato pressa, che consenta la chiusura dell’uncino elastico.
Al termine della pressione l’uncino torna, per forza elastica, alla posizione originale.
L’ago a linguetta (Fig. 11b) è detto anche ago automatico, in quanto è lo scorrimento
del filo che provoca la chiusura e apertura dell’ago, senza necessità di altri organi
meccanici esterni. Nella parte sottostante l’uncino dell’ago, si trova imperniata una
piccola leva di metallo, denominata “linguetta”, che ha la possibilità di ruotare e di
chiudersi rispetto all’uncino dell’ago. Il movimento di apertura e chiusura è dato dalla
presenza del filo.
L’ago a slitta (o pistone o compound, Fig. 11c) è costituito da due parti distinte: l’ago
vero e proprio e la slitta o pistone. La slitta è posizionata all’interno di una
scanalatura presente nel corpo principale dell’ago, ed ha possibilità di movimento
proprio. La slitta si muove in modo tale da andare ad aprire o chiudere l’uncino
dell’ago.
Le parti componenti l’ago (Fig. 12) sono:
FIGURA 12
Nel caso dei telai in catena e Raschel l’impiego dell’ago a slitta è attualmente il più
diffuso.
Nelle macchine per calze e nelle macchine circolari a doppio cilindro vengono
utilizzati aghi a doppio uncino.
3. Il concetto di finezza
Con il termine finezza si indica il numero degli aghi presenti nella frontura, in una
determinata unità di lunghezza. La finezza rappresenta una caratteristica delle
macchine e dei telai per maglieria.
Esiste un preciso rapporto tra la finezza di una macchina o telaio per maglieria e la
gamma di titoli di filo utilizzabile. Tale corrispondenza rappresenta uno dei limiti di
impiego di macchine o telai.
Diversi sono i sistemi di indicazione della finezza delle macchine e dei telai per
maglieria: i principali sono indicati di seguito.
Il tessuto è una superficie che presenta continuità sia in senso longitudinale che
trasversale. Perché possa essere realizzato è necessario che le maglie, oltre che
allacciate nel senso della lunghezza, siano anche collegate nel senso della larghezza.
In primo luogo è indispensabile che siano disponibili più aghi e la larghezza del
tessuto ottenibile sarà determinata, in prima istanza, dal numero di aghi in lavoro.
In secondo luogo questi aghi devono essere equidistanti fra di loro e la fittezza del
tessuto in senso trasversale sarà condizionata, dal numero di aghi collocati appunto
in un centimetro o in un'altra unità di misura equivalente. Per la lavorazione a
maglia è dunque fondamentale il concetto di "finezza" precedentemente descritto.
Secondo il modo in cui il filo o i fili sono alimentati agli aghi distinguiamo la
lavorazione a maglia in trama (Fig. 14), da quella a maglia in catena (Fig. 13).
FIGURA 13 FIGURA 14
- il sistema deve essere alimentato con un numero di fili almeno uguale a quello
degli aghi; questi fili devono essere preparati avvolti parallelamente su corpi
cilindrici chiamati "subbi";
- ogni singola maglia, tranne casi particolari molto rari, non può essere collegata
con boccole nello stesso rango, ma con maglie in ranghi diversi; quindi le
intermaglie sono disposte prevalentemente in senso longitudinale;
FIGURA 15
Nella produzione di tessuti a maglia si hanno due diversi cicli di formazione del
tessuto:
- maglia in trama
- maglia in catena.
Sono le macchine per maglieria più diffuse. Hanno una sola serie di aghi e per poter
realizzare il tessuto a maglia, oltre agli aghi, abbiamo la presenza di un elemento
meccanico aggiuntivo: la platina, P (Fig. 16).
FIGURA 16
Il ciclo di formazione maglia sulle macchine rettilinee può essere suddiviso in sei fasi
(Fig. 17).
FIGURA 17
A. Posizione di inizio lavoro. Gli aghi si trovano all’interno dei canaletti delle
fronture.
B. Gli aghi iniziano la fase di salita e la vecchia maglia, trattenuta verso il basso dal
sistema di tiraggio, scorre lungo la linguetta degli aghi.
In generale questo ciclo vale anche per le macchine circolari doppia frontura, seppure
presentino una diversa disposizione delle fronture.
Ciclo di formazione maglia con telai in catena
Viene descritto il ciclo di formazione maglia con aghi a linguetta, tipico dei telai
Raschel (Fig. 18).
FIGURA 18
B. Gli aghi stanno per arrivare al punto di massima salita. Dopo che le linguette si
sono aperte, per evitare che possano chiudersi accidentalmente, vengono a
trovarsi a contatto con un filo di acciaio.
C. Prima che gli aghi arrivino al punto di massima salita, i pettini effettuano la
volata verso la parte posteriore del telaio. Le platine di trattenuta iniziano il
movimento di arretramento.
D. Gli aghi raggiungono il punto di massima salita ed i pettini, che ora si trovano
davanti al becco degli aghi, eseguono la gettata sopra.
I pettini compiono la volata verso la parte anteriore del telaio e gli aghi, con un
leggero ritardo, iniziano la discesa. Le platine di trattenuta si ritraggono
completamente.
Nella pratica sono solo i pettini anteriori che eseguono la gettata sopra l’ago e
immagliano il filo, gli altri effettuano delle tramature.
E. Gli aghi proseguono la discesa. La vecchia maglia scorre lungo la linguetta degli
aghi, facendola chiudere.
I tessuti a maglia in trama sono costituiti da una unità elementare chiamata maglia.
La maglia è una porzione definita di filo, che viene ripiegato durante la fase di
immagliatura, in modo da formare un riccio (Fig. 19).
Ogni maglia è collegata a quella che la precede, a quella seguente ed a quelle laterali.
FIGURA 19
Nella sua struttura più semplice, il tessuto a maglia (Fig. 20) è costituito da una
grande quantità di maglie disposte in:
- fila (sequenza B della Fig. 20)
- rango (sequenza A della Fig. 20)
FIGURA 20
- Elasticità del filo. Il riccio di maglia tende a scaricare le tensioni elastiche proprie
del filo, sia in lunghezza che in larghezza.
- Punti di contatto tra le maglie. Ogni maglia presenta quattro punti di contatto
con le altre maglie che la circondano. Questi punti di contatto creano delle zone di
attrito che impediscono al filo di perdere le tensioni accumulate e mantengono la
maglia in una situazione di instabilità. Le tensioni presenti all’interno della
maglia vengono rilasciate nel momento in cui la maglia è sottoposta ad un’azione
meccanica in presenza di liquido: il lavaggio domestico.
- Variabili di processo. Si tratta delle variabili che si riferiscono ai cicli precedenti
e successivi alla realizzazione del tessuto a maglia, quali la filatura, la tessitura
stessa, la tintura, il finissaggio, il confezionamento del capo finale. La diversa
combinazione delle fasi del ciclo di lavorazione e l’insieme delle variazioni delle
componenti, possono causare modifiche significative nella struttura di un tessuto
a maglia, con particolare riferimento alla massa areica o peso/m2, altezza o
larghezza, ranghi e file al centimetro, stabilità dimensionale al lavaggio.
L’attrito presente nei punti di contatto e la tensione presente nel riccio di maglia,
dipendono dalla curvatura della boccola di filo e dal rapporto esistente fra l’area
occupata dal filo rispetto ad un’area di riferimento.
Per poter fornire una misura di tale rapporto si fa riferimento al fattore di copertura,
indicato con FC, che si ottiene dalla seguente formula:
tex
FC =----------
LFA
in cui tex è il titolo del filo ed LFA la lunghezza di filo assorbito, cioè la lunghezza in
cm di una singola maglia che compone l’intreccio.
Considerando la formula del FC, nel momento in cui noi manteniamo invariata la
LFA e aumentiamo il titolo tex di un filo, avremo una maggiore quantità di materiale
presente rispetto alla superficie di riferimento: aumenteremo la copertura dell’area,
cioè la fittezza del tessuto e aumenteremo gli attriti nei punti di contatto.
Dagli studi realizzati è stato possibile definire i valori minimi del Fattore di
Copertura che il tessuto deve presentare per rientrare in un giudizio di qualità Bassa,
Media o Alta.
JERSEY
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
14,5 15,5
JERSEY DA MERCERIZZARE
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
14 15
COSTINA
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
15,5 16
COSTINA DA MERCERIZZARE
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
15 15,5
INTERLOCK
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
11,5 12,5
INTERLOCK DA MERCERIZZARE
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
11 11,5
FELPA VISIBILE
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
14 14,5
FELPA INVISIBILE
Qualità Bassa Qualità Media Qualità Alta
13,5 14
Il modello Starfish
Sarà questa la base sulla quale eseguire tutte le misurazioni ed i calcoli relativi.
Consideriamo un campione di tessuto di forma quadrata, con lati di 100 cm di
dimensione e sottoponiamolo ad una serie di lavaggi fino a quando presenti un
mantenimento delle dimensioni. Ipotizziamo di avere come risultato finale una
larghezza di 70 cm ed una lunghezza di 80 cm.
Se si volesse ottenere un tessuto con stabilità finale del 10% in accorciamento e del
20% in restringimento basterà calcolare le nuove dimensioni del tessuto in funzione
del suo stato di riferimento:
70 80
Larghezza = ------- = cm 87,5 Lunghezza = ------ = cm 88,9
0,8 0,9
Questa determinazione può essere effettuata tramite l’elaborazione dei parametri che
intervengono nella realizzazione del tessuto.
Titolo del filato: nel caso specifico è importante utilizzare quale espressione del titolo
del filato, il titolo tex, che viene più comunemente utilizzato a livello internazionale
nell’indicazione dei titoli nei calcoli tessili.
Lunghezza di Filo Assorbito: i tessuti jersey, costa ed interlock, sono costituiti da una
sola serie di fili e quindi da una sola LFA. Le felpe visibili sono invece costituite da un
filo di legatura e da un filo di stoppino e quindi presentano due LFA. Le felpe
invisibili oltre ai due fili della felpa visibile presentano un filo di copertura e quindi
presentano tre LFA.
Fattore di Copertura: per la definizione del valore dei tessuti jersey, costa e interlock
è valida la formula precedentemente descritta. Nel caso della felpa visibile per il
calcolo del FC si considereranno i valori riferiti al titolo ed alla LFA del solo filo di
legatura, che determina la costruzione del tessuto. Il filo di stoppino può essere
considerato ininfluente.
Diverso il caso della felpa invisibile, dove occorre considerare la presenza del filo di
legatura e del filo di copertura, che possono anche presentare titoli ed LFA differenti.
Per il calcolo del FC si considererà quindi la radice quadrata della somma dei titoli
del filo di legatura e di copertura, divisa per la LFA minima, ricavata per confronto
fra la LFA del filo di legatura e quella del filo di copertura:
Tex1 + Tex2
FC = -----------------------
LFA minima
Peso al metro quadrato o massa areica del tessuto, Q: per l’applicazione delle formule
occorre considerare il tipo di tessuto di riferimento.
LFA · R · F · Tex
Tessuti jersey Q = ----------------------------
10
LFA · R · F · Tex
Tessuti costa ed interlock: Q = ----------------------------- · 2
10
Dove LFA1, Tex1, LFA2, Tex2 e LFA3, Tex3, si riferiscono rispettivamente al filo di
legatura, al filo di copertura e di stoppino.
Altezza del tessuto: o larghezza del tessuto. Principalmente è determinata dal
diametro della macchina circolare e può essere variata in misura relativamente
contenuta. Occorre ricordare che nel caso del tessuto costa il valore delle file visive F,
applicato nella formula, deve essere moltiplicato per due.
Ranghi e file al centimetro: sono l’espressione del numero di maglie presenti nel
tessuto. Il rapporto fra ranghi e file é strettamente correlato alla LFA.
Nei calcoli occorrerà considerare quanto segue.
- Per i tessuti jersey, felpa visibile, e felpa invisibile, verranno utilizzati per i calcoli il
numero di ranghi e di file visivamente rilevati sul tessuto.
- Per i tessuti costa il numero delle file rilevato visivamente, per essere utilizzato nei
calcoli, dovrà essere moltiplicato per 2.
- Per i tessuti interlock il numero dei ranghi rilevato visivamente, per essere
utilizzato nei calcoli, dovrà essere moltiplicato per 2.
Nel sistema la determinazione del numero dei ranghi (R) e delle file (F) al cm è data
dalle seguenti formule:
b
R = a + ---------- + c Tex
LFA
b1
F = a1 + ---------- + c1 Tex
LFA
dove a, b, c ed a1, b1, c1, sono i coefficienti caratteristici di ogni ciclo di lavorazione di
tintura, che intervengono nella variazione dei valori dei vari parametri.
I coefficienti applicati nei calcoli non possono comunque considerare le variabili che il
filato subisce in relazione, ad esempio alle differenze di torsione del filato, oppure alle
differenti lavorazioni fisico-chimiche cui è sottoposto il tessuto, quali ad esempio il
sanforizzo o compattazione e la garzatura.
Considerazioni conclusive
La massa areica o peso al m2, indica la consistenza del tessuto: infatti ad un basso
peso al m2, corrisponde una struttura di maglia leggera, che si presta facilmente alle
deformazioni. Se consideriamo le formule di calcolo della massa areica, si rileva che
per aumentare il peso si deve diminuire la LFA. Oppure, mantenendo invariata la
LFA si deve modificare il titolo del filo o fili utilizzati.
L'altezza o la larghezza del tessuto, riveste una notevole importanza nelle operazioni
di taglio del capo, in quanto influenza il piazzamento dei teli e quindi il consumo di
tessuto per produrre il capo. La larghezza o altezza H del tessuto è correlata al
numero di aghi della macchina circolare, come indicato precedentemente. Essendo
le file un valore variabile al variare della LFA, è vero che anche l'altezza del tessuto
dipende dalla LFA: all’aumentare della LFA aumenta anche la larghezza o altezza del
tessuto.
Il corretto uso dei simboli e delle diciture riportate spetta in prima persona ai
produttori/trasformatori dell’intera filiera tessile: infatti a partire dalla fibra,
elemento base della realizzazione di un manufatto tessile, si avrà l’identificazione
della composizione del materiale e delle relative prestazioni.
La legge pone delle precise indicazioni circa la composizione dei manufatti tessili,
indica le tolleranze ammesse, disciplina i metodi di valutazione e controllo (ad
esempio fornisce i valori di riferimento dei tassi convenzionali di ripresa delle fibre).
Lo scopo della legge è quello di fornire una più approfondita informazione a difesa del
consumatore e di favorire una trasparente circolazione dei prodotti tessili fra i
componenti la filiera tessile, che porti alla rimozione delle difficoltà che ancora
ostacolano una sua totale applicazione.
Inoltre, occorre tenere presente che, a livello internazionale, le leggi in vigore nei vari
paesi possono differire rispetto alla legge italiana e quindi devono essere considerate
per i prodotti destinati all’esportazione.
Nella pratica tale etichetta trova una vasta applicazione anche in campo nazionale, in
quanto fornisce le indicazioni relative alla manutenzione domestica del prodotto.
In particolare essa prevede l’impiego di diciture e di simboli grafici per la definizione
delle condizioni di:
- lavaggio a umido, simbolo grafico "vaschetta"
- candeggio al cloro, simbolo grafico "triangolo"
- stiratura, simbolo grafico "ferro da stiro"
- lavaggio a secco, simbolo grafico "cerchio"
- asciugatura in tumbler o tamburo, simbolo grafico "quadrato"
Basti pensare al classico errore di lavaggio dei manufatti di colore bianco con
manufatti colorati, ad esempio di colore rosso: il risultato è l’ottenimento di prodotti
con toni di colore nelle sfumature dal rosa al rosso.
Ma una corretta conservazione dei prodotti tessili deve considerare anche altre
componenti.
5. Indicazioni per la conservazione dei manufatti a maglia
La luce
Una prolungata o continua esposizione alla luce solare o alle luci artificiali, in
particolare nelle vetrine dei negozi, rappresentano un pericolo di danneggiamento.
Ad esempio i colori chiari, in generale, risultano essere maggiormente vulnerabili, i
prodotti trattati con azzurranti ottici usati nei bianchi tendono ad ingiallire, la
poliammide tende a degradarsi per la scarsa resistenza ai raggi ultravioletti della
luce solare.
L’atmosfera
Se l’ossigeno presente nell’aria può raramente produrre una ossidazione ed il
conseguente invecchiamento delle fibre e sbiadimento delle tinte, l’atmosfera
contaminata dai gas di combustione degli autoveicoli o dai fumi di certe lavorazioni
industriali, può condurre ad una più rapida degradazione.
Anche l’atmosfera eccessivamente umida e ricca di salsedine marina, caratteristica di
certe zone costiere, può essere dannosa per i colorati: infatti combinandosi con
l’azione del sudore, l’umidità atmosferica attacca i coloranti, ne diminuisce la solidità,
causa sbiadimenti e macchie.
L’umidità e le muffe
L’umidità rappresenta il terreno di cultura ideale per generare muffe o
microrganismi che attaccano le fibre naturali e artificiali in modo irreversibile. Un
attacco da muffe si distingue per la formazione di macchie giallastre (o di colore
verde-nero quando l’attacco è profondo), per l’odore e per la perdita di resistenza del
tessuto. Se l’attacco è rilevato nella sua fase iniziale, si può rimediare con un buon
lavaggio e un leggero trattamento con acqua ossigenata. Se l’attacco è in fase
avanzata non vi sono invece rimedi. Il miglior consiglio per evitare la formazione di
muffe è quello di non lasciare esposti per troppo tempo i tessuti bagnati e umidi.
Le fibre sintetiche invece non vengono attaccate da muffe.
Gli insetti
Le fibre che possono essere danneggiate dall’attacco di insetti sono in particolare le
fibre proteiche, lana e seta. L'attacco più comune è dato dalle tarme.
Le migliori difese sono rappresentate dagli antitarmici e dalla pulizia frequente.
Prima buona norma è di non eccedere nel periodo di indossamento del capo, in quanto
lo sporco accumulato richiederebbe un più energico trattamento di pulizia.
Altri fattori determinanti sono i seguenti.
- Sudore e liquidi fisiologici: causano scolorimento nei punti più delicati quali le
ascelle, il torace e il collo.
Lavaggio in lavatrice
L'impiego sempre più diffuso del lavaggio a macchina anche per i capi in maglia ha
portato ad una maggiore attenzione verso il problema connesso alla variazione
dimensionale del tessuto al lavaggio. In alcuni casi, ad esempio per strutture di
maglia instabili, non sempre è possibile utilizzare il lavaggio a macchina ed in questi
casi si ricorre al lavaggio a mano oppure al lavaggio a secco.
- Tipo di fibra.
- Tipo di struttura: gli intrecci più fitti tendono a prendere le pieghe con una certa
facilità, mentre intrecci più radi possono dar luogo a restringimenti.
- Colore: sul capo bianco si potrà eseguire anche un candeggio particolare. Un capo
colorato in tinta unita dovrà essere lavato separatamente. Un capo a righe, a
jacquard o stampato, richiederà ancora maggiore attenzione circa la degradazione
o scarico dei colori.
Risciacquo
Il risciacquo consente l'asportazione di detergenti dal tessuto, evitando l’eventuale
rideposito di particelle di sporco dal bagno all’indumento: pertanto un buon risciacquo
è una fase fondamentale di un appropriato ciclo di lavaggio.
Asciugamento
La struttura tendenzialmente instabile dei tessuti in maglia richiede una certa
attenzione nell'esecuzione dell'asciugatura.
Per prima cosa l'asciugamento non va mai portato all'eccesso, in quanto un tessuto
completamente secco tende a mantenere le pieghe o le deformazioni che ha subito
durante il lavaggio.
Quando il capo viene estratto dalla lavatrice, deve essere delicatamente riportato alle
sue dimensioni iniziali.
Quindi viene fatto asciugare o in appeso (nel senso della lunghezza), o in piano, o
mediante l’utilizzo del tumbler.
La lavatura a secco
I capi di abbigliamento che non possono essere sottoposti a lavaggio manuale o che
presentano tracce di sporco non eliminabile con tale trattamento, possono essere
sottoposti al lavaggio a secco.
I solventi usati nel lavaggio a secco possono appartenere a diverse categorie:
Benzine minerali - Allo stato attuale non vengono utilizzate nei trattamenti di
lavaggio in considerazione dell’elevato grado di infiammabilità degli impianti.
Di notevole importanza l'indicazione posta sull'etichettatura, che consiglia il solvente
da utilizzare o esclude il lavaggio a secco per quel prodotto.
La stiratura
La fase finale della manutenzione del capo è rappresentata dalla stiratura.
La tendenza attuale è quella di realizzare prodotti denominati "lava-indossa", in
grado di ritenere le pieghe in modo limitato.
Diverso il caso dei tessuti a maglia, in quanto grazie alla loro estrema elasticità
fissano le pieghe con minore intensità rispetto i tessuti a navetta.
La più diffusa causa di danneggiamento durante lo stiro dei prodotti è conseguente
alla termoplasticità di alcune fibre, che a causa di una temperatura di stiro non
adeguata, potrebbero raggiungere i punti di rammollimento o alterazione, tali da
danneggiare in modo irreversibile le caratteristiche chimiche/fisiche della fibra
stessa.
Ecco l'importanza dell’etichetta con l’indicazione del ferro da stiro e la temperatura di
stiratura massima tollerata dal prodotto.
BIBLIOGRAFIA
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Ameublement - Ediz. 1987;
A. Tremelloni/L. Ceriani - Manuale tecnico per l’Industria della maglieria - Vol. 1 e Vol. 2;
F.H. Burkitt - Il progetto STARFISH: un approccio integrato al controllo del restringimento dei
tessuti di cotone a maglia - Tinctoria n. 4 Aprile 1989;