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SFUMATURE ANARCHICHE
IN
Simone Weil DI MONICA GIORGI
“
I miei contemporanei hanno preferito giudicarmi in
mille modi diversi ma bastava semplicemente che ammettessero che
l’oggetto della mia ricerca era l’umanità e l’oggetto del mio amore
”
erano gli ultimi, i diseredati.
Simone Weil
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la necessità, nella tensione verso la trascen- entra in campo, la sua parola è l’antideolo-
denza, nella libertà spirituale che cresce nel- gico per eccellenza. È quel suo essere e non
l’obbligo d’amore per il mondo. essere al contempo che mi induce a dichia-
rare Simone Weil più realista del re. In tra-
duzione adeguata al contesto in cui mi tro-
vo, è meglio dire, più anarchica di chi anar-
chica/o espressamente si dichiara.
Dunque: obbligo (diritto dell’altro), ten-
sione alla trascendenza, rapporto con dio, spi-
rito e libertà nella necessità sono istanze che
fanno forse rabbrividire chi si appella alla sto-
ria libertaria e anarchica. Ma lasciate che sia
Simone Weil a dispiegarle, a partire da sé co-
me parte di sé senza assolutizzazioni, citan-
dole una per una:
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un rapporto tra desiderio e soddisfazio- ta come il suo pensiero sia lavorato sempre
ne, ma da un rapporto tra pensiero e su due piani: uno a carattere teologico e l’al-
azione. Non nella impossibile quanto for- tro politico, con l’effetto di provare un’uni-
male coerenza logica tra pensiero e azio- tà di impegno che risulta trasformativa di sé
ne, ma nella consapevolezza della loro ma- e dello stato di cose presenti. In altre parole
teriale virtualità d’espressione: il pensiero si mette in gioco nel cercare l’efficacia sim-
è agente e l’azione dà da pensare… bolica tra spazio pubblico e privato.
Simone Weil rappresenta un punto di
riferimento privilegiato, se non addirittura ori-
ginale, per la politica delle donne, che è chia-
mata anche politica del simbolico. La filosofa
francese ha sempre trascurato, anzi rifiutato
quando richiesta, di mettere a tema la don-
na e la sua condizione. Di sé considera una
sfortuna essere nata donna. Questa sua, per
certi aspetti oscura avversione, è recuperata,
in forma altra, nell’attenzione riversata agli
effetti sul corpo rispetto alle pratiche di la-
voro e di riflessione, effetti che hanno e so-
no immediatamente effetti d’anima. Come
dire, stretta connessione nella vita della men-
Simone e André a Mayenne, te in anima e corpo. Mi sento di poter af-
1915 - 1916. fermare che proprio l’essere andata al di là del
femminismo emancipazionista, con l’assun-
Occorre ricordare che fin quando Gustave zione della singolarità del corpo e dei corpi
Thibon, il filosofo e agricoltore presso il - anima e anime incluse – rende Simone
quale Simone si reca a lavorare come conta- Weil una madre simbolica del femminismo
dina negli anni dell’esilio a Marsiglia(1940- della differenza e della politica del simboli-
1942), non pubblica La pesanteur et la grâ- co. Per questi temi rimando al saggio di
ce nel 1947, (pubblicazione postuma come Wanda Tommasi, alla folta bibliografia in es-
quasi tutti gli scritti della filosofa francese, ap- so presente e ai molteplici scritti pubblicati
prontati sempre per interlocuzioni e studi ri- dalla comunità filosofica femminile Diotima.
chiesti dalle problematiche del momento), la
notorietà di Weil era rimasta confinata ne-
gli ambienti sindacali e politici della sinistra, Due parole
considerata un’intellettuale presente con una a immagine di un linguaggio
carica radicale in tutti i dibattiti sociali e
ideologici degli anni ’30. Il merito di quel- Vorrei spendere due parole per limitare
la pubblicazione sta nell’aver rivelato al pub- un discorso infinito. Le due parole, alla let-
blico, ma anche a quanti l’avevano frequen- tera, sono: apeiron e anarchè. Le ho scelte per
tata da vicino, un pensiero filosofico-reli- ovvi motivi.
gioso nuovo e per molti aspetti sconcertan- Nei Quaderni, l’apeiron è citato spesso in-
te. A me preme sottolineare ancora una vol- sieme al suo autore, Anassimandro, filosofo
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presocratico ed uno dei primi fisici natura- finito lo si intuisce dal finito, la giustizia
listi. Simone Weil lo annota come spunto di dall’ingiustizia, l’increato dal creato, l’im-
riflessione ulteriore relativamente al discor- materiale dal materiale, il positivo dal nega-
so sulla scienza e la conoscenza. Lo abbina tivo, il fare dal disfare, e così via? La formu-
inoltre ad un contesto per certi versi spiaz- la dei contrari di Anassimandro, dipanata nel
zante: le fiabe araucane, Fiabe «de nunca aca- lemma apeiron, si dispiega secondo Weil in
bar», ossia Fiabe che non finiscono mai. In- “rotture compensate”.
finite dunque, come infinito, indefinito so-
no alcune delle traduzioni date al termine gre-
co. Di fatto Simone Weil, che conosce il gre-
co antico, lo scrive in originale e lo traduce
in più sensi: immateriale, caso, illimitato,
Dio. Le sue traduzione avvengono non solo
alla lettera, dal greco al francese e qui, ma-
lamente da parte mia, nell’italiano, ma su pia-
ni-mondi che concernono l’immagine creante
realtà, come dimostrano i significanti di ca-
so e di Dio. Sono in circolazione mondo, pa-
rola, linguaggio, realtà e qualche barlume di
verità. Ciò che intriga la filosofa francese è
inoltre la cosiddetta formula di Anassiman-
dro: “Le cose che sono difatti subiscono l’una
dall’altra punizione e vendetta per la loro
ingiustizia, secondo il decreto del Tempo”. La
formula (le) sembra una dichiarazione della
presenza del male, in senso ontologico e non
Simone e André a Penthièvre,
morale, che rimanda ad un bene puro, infi- 1918 - 1919.
nito…Tanto che l’insito carattere negativo-
distruttivo è impresso in termini positivi-
creanti quando lei scrive: “L’apeiron di Anas- L’altra parola da spendere è anarché. Il mo-
simandro è la madre del Timeo, la materia tivo è ancora più ovvio: mostrare le sfuma-
pura, indifferente, specchio della giustizia. È ture anarchiche. Stando ai miei riscontri, Si-
il contrario del bene, ma non è il male; è il mone Weil la cita una sola volta come so-
correlativo del bene. Il male non è il contrario stantivo e nell’accezione negativa di disordi-
del bene, come l’errore non lo è della veri- ne: “[…]anarchia della produzione”, che de-
tà”. L’assunzione del conflitto è da lei rilet- termina spreco, guerra, sovrapproduzione,
ta all’origine delle cose quando così trascri- stoccaggio, concorrenza ecc, ecc. Come ag-
ve: “Anassimandro, ingiustizia della cose. Se gettivo è più spesso usata e viene fissata nel-
le cose non fossero ingiuste, ci sarebbe equi- l’idealità, nella purezza: anarchè come mas-
librio, cioè immobilità. Il divenire è il male. sima espressione dell’ordine, ricorda Eliseo
Al contrario l’indeterminato origine e fine de- Reclus. Anche Simone allude ad un’armonia
gli esseri, nutrice e tomba, è di per sé per- atemporale, eterna e impossibile nel mondo
fettamente puro”. Sembra stia a dire che l’in- terreno ma non meno reale, sebbene avver-
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tita nella forma dell’irreale. Come quel- cipio, disordine. Dunque apeiron e anarchè con-
l’apeiron indeterminato, origine e fine degli tengono nell’immateria la materia e la non-
esseri, di per sé perfettamente puro. “Un fu- materia, ossia la materia pura, e nel non-
turo del tutto impossibile, come l’ideale de- principio il principio e il non principio, al-
gli anarchici spagnoli, è molto meno degra- trimenti detto increazione ab aeterno, senza
dante, differisce molto meno dall’eterno che inizio e senza fine.
non un futuro possibile. Anzi, non degrada I suggestivi logoi di affermare negando e
affatto se non per l’illusione di possibilità. Se negare affermando sono riportati nell’erme-
è concepito come impossibile, trasporta nel- neutica (De interpretatione) di Aristotele co-
l’eterno. Il possibile è il luogo dell’immagi- me le due specificazioni del discorso enun-
nazione, e quindi della degradazione. Biso- ciativo. Catafatico indica l’affermazione, apo-
gna volere o ciò che precisamente esiste, o ciò fatico la negazione. Entrambi vengono in
che non può affatto essere; meglio ancora am- seguito utilizzati nell’ambito del discorso
bedue. Ciò che è e ciò che non può essere so- teologico. La teologia affermativa costruisce
no ambedue fuori del divenire”, scrive nei un discorso positivo riguardo a Dio in quan-
Quaderni. to gli attribuisce al grado sommo tutte le
perfezioni appartenenti al mondo creato. La
teologia negativa dichiara invece l’impossi-
bilità di affermare alcunché di positivo su Dio.
Per la teologia negativa Dio è Nulla, perché
i caratteri della sua esistenza sfuggono a ogni
sforzo di definizione umana. Il riferimento
ad Aristotele mi serve per dire che, a ridos-
so dei due lemmi considerati, l’essere e il
non-essere convivono in un solo essere dici-
Simone e André a Knokkele-Zoute, in Belgio, bile in tono apocatafatico. Ora la teologia wei-
1922. liana e l’ideale anarchico condividono un
dio impotente, un concreto nulla di dio e un
Apeiron e Anarché, contemplandole come costrutto decreante. La linguistica ha anche
meri segni, riflettono, o meglio a me fanno un puntuale modo di definire la relazione tra
intuire, una incontrovertibile semiotica del i segni. La chiama relazione partecipativa.
mistero, al di là del loro rispettivo, seppur va- Distinguendola da quella oppositiva e fun-
gamente assonante, significato e oltre ogni con- zionale, essa trascrive A≠B in tal forma:
feribile significazione. I due lemmi sono ar- A≠nonA+A
ticolati in radice negativa: alfa privativo in pei- Le due parole a immagine di linguaggio
ron e alfa privativo in archè. La ricongiunzione mi sembrano parlare una lingua con-sonan-
con il prefisso negativo, per entrambi, in-a- tica. Dicono di un principio sottrattivo ri-
materia (peiron=materia) e in-a-principio scontrabile nella pratica dell’astensionismo
(archè=principio, ordine, inizio) determina anarchico; riecheggiano la pars construens nel
un significante del tutto sensato, un seme- motivo del destruens. Simone Weil coglie la
ma sufficientemente preciso da non far per- doppia realtà nel Tao che è via e verità, me-
dere il filo del senno, per non uscir folli: im- ta e fine, azione non-agente e non-azione
materiale, amateriale, imprincipio, non prin- agente. L’immagine weiliana della creazione
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consiste nel mettere al mondo in gesto sot- Ciò mi sembra molto anarchico e sicura-
trattivo, come la madre mette al mondo la mente è(stato)molto weiliano.
propria creatura ritraendosi. La propensio-
ne verso l’ordine ideale – per quanto im-
possibile – è decifrabile attraverso lo specchio Alcuni dati biografici
rovesciato di ciò che non si è, di ciò che esi- …per dire il tipo…
ste in assenza. La disposizione ad accogliere
una porzione pur minima di infinito è pon- Filosofa, insegnante, operaia, contadina,
derabile attraverso quel che manchiamo; se- scrittrice, mistica, credente e miscredente, den-
condo la dicitura lacaniana, amare è dare ciò tro le cose divine e fuori dalla chiesa, Simo-
che non si ha. “Dio - risponde Simone Weil ne Weil mi appare la singolare guerriera sen-
a padre Perrin, l’interlocutore dell’ultima za eserciti, la cui breve esistenza - muore a tren-
ora che in lei riconosce il dono della grazia taquattro anni, il 24 agosto del 1943 – oc-
divina - Dio si compiace dei rifiuti; pratica correrebbe misurare in base all’intensità, al-
il recupero degli scarti”. la profondità con cui è stata vissuta. Si in-
tuirebbe, forse, che i due ordini di misura so-
no di ordine sghembo, particolare; non coin-
cidono affatto, nemmeno secondo una pro-
porzionalità indiretta; trovano contatto in un
punto di mistero che resta la cifra di quel mi-
stero riflesso che compone la Vita.
Di intelligenza precoce, si laurea nel 1931
e si dedica all’insegnamento. La scoperta del-
la condizione operaia l’avvicina ben presto al
sindacalismo rivoluzionario e la spinge an-
che a vivere quella condizione in prima per-
sona (1934). Nel '36 si unisce alla colonna
Durruti, “come soldato, nei ranghi”. Al 1938,
dopo una settimana trascorsa a Solesmes, ri-
sale l’interesse, qualcosa di più vivente di un
interesse culturale, per i problemi religiosi,
destinati a diventare centrali nell’ultimo scor-
Simone Weil dodicenne a Baden-Baden, cio della sua vita. L’attenzione ad essi rivol-
1921.
ta non diminuisce l’impegno per quelli ope-
rai e sindacali, anzi li approfondisce e li si-
Le due parole sono diventate un lungo di- gnifica sotto una diversa concezione della
scorso in cui sto rischiando di perdermi. Vo- politica non più ristretta nei luoghi deputa-
glio dire semplicemente che lottare sulla ba- ti dei costituiti poteri temporali.
se di un non starci al miraggio del potere e All’arrivo dei tedeschi lascia Parigi per ri-
della delega è un lottare affermativo molto fugiarsi con la famiglia a Marsiglia; nel ’42 si
più di un’adesione irriflettuta e convenzio- imbarca con i genitori per l’America da dove
nalmente accettata. La sottrazione è un’ope- riesce caparbiamente a ricongiungersi alla re-
razione magica (meno per meno dà più). sistenza di France libre a Londra, con l’inten-
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to di essere impiegata nella lotta antinazista in Alain (Emile Chartier), il filosofo maestro
azioni di sabotaggio, “preferibilmente peri- durante gli studi alla Normale parigina, nel com-
colose”, come da sua richiesta. L’addio ai ge- mento al prezioso scritto intitolato Manifesto
nitori viene da Simone “giustificato” in que- per la soppressione dei partiti politici, la consi-
sti termini: “Se avessi più vite ve ne dediche- dera “una mente di prim’ordine”; i politici di
rei una, ma ho solo questa”. A Londra redige professione nei raggruppamenti della sinistra
il Progetto di una formazione di infermiere di di lei dicono: «…ci chiedeva la luna…».
prima linea: donne, lei compresa, disposte al Padre Perrin riporta, nell’introduzione
sacrificio della vita per prestare i primi soccorsi per Attesa di Dio, una serie di riscontri espres-
ai feriti direttamente sul campo di battaglia, si su di lei e da lei. Un giovane operaio, suo
presenza che avrebbe dato coraggio morale, ben compagno di lotta racconta: «Simone non ha
diverso dal fanatismo dei nazisti, ai combat- mai fatto politica. Se tutti fossero come lei,
tenti. L’azione, che non avrebbe posto ecces- non vi sarebbero più sventurati». “Le Puy fu
sivi problemi organizzativi, avrebbe avuto la sua prima cattedra, scrive Perrin, là poté
un’efficacia simbolica nello scenario della guer- testimoniare concretamente la sua autentica
ra. Il progetto fu sottoposto a De Gaulle, che comunione con la miseria altrui. Per aver
però non l’approva. Si dice anche che abbia diritto al sussidio di disoccupazione gli ope-
esclamato: «Ma è pazza?». rai erano costretti a dure fatiche. Simone li
Gustave Thibon, il filosofo contadino vedeva, per esempio, spaccare pietre; e come
che possiede una fattoria nell’Ardèche e pres- loro e con loro volle maneggiare il piccone.
so il quale Simone svolge lavori agricoli, rac- Li accompagnò in non so quale tentativo di
conta così: “Ogni sera si sedeva su una pan- rivendicazione in prefettura. Giunse al pun-
china di pietra vicino alla fontana[…]e là mi to di trattenere per sé soltanto una somma
leggeva a lungo Platone sostenendo, con mil- corrispondente al sussidio di disoccupazio-
le spiegazioni, il mio incerto procedere di gre- ne, distribuendo il resto dello stipendio agli
cista. I suoi doni pedagogici erano prodi- altri. Il giorno in cui riscuoteva lo stipendio,
giosi: se essa sopravvalutava volentieri le pos- la porta della giovane professoressa di filosofia
sibilità di cultura di tutti gli uomini, sapeva era assediata da una fila di suoi protetti. Più
anche mettersi al livello di chiunque per in- tardi spinse la sua delicatezza sino a donare
segnargli qualsiasi cosa. Sia nell’insegnare la largamente il suo tempo, strappato ai libri tan-
regola del tre a un ragazzino ritardato sia to amati, per giocare a carte con qualcuno di
nell’iniziarmi agli arcani della filosofia pla- loro, per tentare di cantare con altri”. L’es-
tonica, essa metteva se stessa e tentava di ot- sersi messa, in quanto richiesta dagli stessi di-
tenere dal suo discepolo quella qualità di soccupati, alla testa di quel movimento sca-
estrema attenzione che, nella sua dottrina, si tena grande scandalo nella stampa conser-
identificava alla preghiera”2. vatrice. Si fanno pressioni grossolane sulle au-
Simone Pétrement, l’amica che scriverà torità accademiche perché venga allontana-
la più completa biografia sulla Weil, la incontra ta dal liceo, ma queste, anche per la solida-
per l’ultima volta a metà settembre del 1941. rietà del sindacato, delle sue stesse allieve e
È colpita soprattutto dalla sua grande dolcezza della Lega dei diritti dell’uomo, preferisco-
e serenità: “Di una bontà più tenera, più no non intervenire con sanzioni disciplina-
calma, ora la sua compagnia era, più che ri. Al contrario la lotta dei disoccupati ha suc-
mai, di un fascino estremo”. cesso. Un duro commento di Simone alla cam-
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pagna di stampa promossa contro di lei in ne prego, fatemi venire a Londra, non la-
quanto insegnante e donna è espresso nel- sciatemi consumare di dolore qui!..Sono sul-
l’articolo Une survivance du régime des castes. l’orlo della disperazione”. Una volta a Lon-
In L’azzurro del cielo, Georges Bataille, in- dra, affossato dalla Commissione per la guer-
tellettuale del Cercle communiste democrati- ra il suo progetto di essere paracadutata sul
que, conosciuto dalla Weil nell’ambito del- campo di battaglia nella Francia occupata, si
la collaborazione alla rivista La Critique so- nutre per quel poco a cui i razionamenti del
ciale, delinea una trasfigurazione di Simone periodo di guerra costringevano la popola-
Weil nel personaggio di Louise Lazare: “Era zione francese.
sui venticinque anni, brutta e visibilmente Poco prima di morire, in una toccante let-
sporca… Il cognome, Lazare, si addiceva al tera alla madre, Simone, commentando le fi-
suo aspetto macabro meglio del nome pro- gure dei folli nelle tragedie di Shakespeare e
prio. Era strana, anzi piuttosto ridicola…Era, nella pittura di Velazquez, scrive: «Cara M.,
in quel momento, la sola persona che mi non senti l’affinità, l’analogia profonda tra que-
aiutasse a sfuggire alla prostrazione…Porta- sti folli e me – malgrado la Scuola Norma-
va abiti neri, sgraziati e macchiati. Pareva le, l’agrégation e gli elogi della mia “intelli-
non vedesse nulla davanti a sé, spesso urta- genza“?…Scuola, ecc., sono nel mio caso
va i tavoli passando. Senza cappello, i capel- delle ironie in più. Si sa bene che una gran-
li corti, irti e spettinati le creavano ali di cor- de intelligenza è spesso paradossale, e tal-
vo intorno alla faccia. Aveva un gran naso di volta farnetica un po’… Gli elogi della mia
ebrea magra, la carnagione giallastra usciva intelligenza hanno lo scopo di evitare la do-
da quelle ali sotto gli occhiali cerchiati d’ac- manda “Dice il vero o no?” La mia reputa-
ciaio…Esercitava un suo fascino, e per la zione d‘“intelligenza” è l’equivalente pratico
lucidità e per le sue idee di allucinata. Quel dell’etichetta di folli di questi folli. Come pre-
che mi interessava di più in lei, era l’avidità ferirei la loro etichetta!».
morbosa che la spingeva a dare la sua vita e
il suo sangue alla causa dei diseredati. Ri-
flettevo: dev’essere un sangue povero di ver- Oltre Proudhon
gine sporca”. e Marx: confronti
In una particolare circostanza, quando è
arrestata sotto l’accusa di gollismo, interro- Dire che Simone Weil è un’outsider ren-
gata a lungo viene minacciata di essere get- de conto solo in parte della raffinatezza e del
tata in carcere dove “lei, professoressa di fi- rigore con cui la filosofa francese esprime il
losofia, si sarebbe trovata a contatto con le lavoro del pensiero. Mai dimentica il rapporto
prostitute”, Simone replica: «Ho sempre de- tra pensiero e azione, giacché in tal rappor-
siderato conoscere quell’ambiente e l’unico to legge la “libertà autentica”. Non di una coe-
modo per potervi entrare sarebbe per me renza tra il pensato e l’agito si tratta; viceversa
proprio la prigione». A queste parole, il giu- l’abbinamento indìce un’analogia asimmetrica,
dice ordina di rimetterla in libertà come una non perfettamente coincidente l’uno sull’al-
folle innocua. tra. Apre spazi dove circolano la libertà di pen-
Giunta a New York, ricorre a tutte le co- sare e di agire, a partire da sé, dalla propria
noscenze e vecchie amicizie per farsi richia- riconosciuta parzialità che non sconfessa la
mare a Londra ed entrare nella resistenza: “Ve parzialità dell’altro e di altro impensato. Cre-
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do che l’appellativo di “guerriera”, conferi- re assume la contraddizione come leva del suo
to a Simone da Nadia Fusini, trovi senso trattare. Una certa affinità tra lui e lei è ri-
proprio in questa analogia. In altra immagi- scontrabile, almeno a prima vista. Nell’in-
ne, la vedo come chi, sul filo della contrad- troduzione a questo voluminoso testo, Alfredo
dizione, procede senza risolverne i termini, Bonanno considera Proudhon essere un pen-
con passi di ulteriorità che nessuna rete di sal- satore “contraddittorio”, non solo come giu-
vataggio sostiene. E, di certo, non per di- dice di una situazione contraddittoria ma
mostrare un compiacente coraggio che Simone anche come indagatore utilizzante un metodo
mostra avere in sé, ma che è coraggio visibi- contraddittorio, nella piena coscienza dei li-
le solo allo sguardo dell’altro. miti del metodo stesso.
L’analisi di Proudhon sulla proprietà (Che
cos’è la proprietà) scorre su due valenze: la pro-
prietà come struttura portante del privilegio so-
ciale; la proprietà quale cardine della resisten-
za degli individui e dei gruppi al dominio del-
lo stato. La proprietà è un furto, la proprietà
è la libertà. Secondo Proudhon, quel che ap-
partiene a ciascuno non è quel che ciascuno può
possedere, ma quel che ciascuno ha il “diritto
di possedere; e ciò che abbiamo il diritto di pos-
sedere è ciò che basta al nostro lavoro e al no-
stro consumo”. La soluzione proudhoniana
evidenzia un margine problematico che resta
inconsiderato: il nostro – di chi?, chi lo definisce?,
come lo si riconosce? come lo si mette in cir-
colo, eventualmente?…
Simone Weil a casa dei genitori, in una L’approccio di Weil articola un discorso
fotografia scattata in occasione della visita di che, se inizialmente ha un’affinità, ricon-
una famiglia indiana ospite di André, 1933 (?).
ducibile alla struttura contraddittoria della
proprietà, successivamente se ne distanzia.
Filosofa dunque della contraddizione, Il “diritto di possedere” proudhoniano è su-
della libertà correlata, a sua volta, alla necessità perato in questi termini: “il senso della pro-
accolta quale radicamento dove operare me- prietà non è un’appropriazione giuridica ma
todicamente. In una pagina dei Quaderni, Si- del pensiero che si appropria delle cose tra
mone annota: “Proudhon, Verhaeren… sfug- cui l’uomo spende la vita”. Trascurando
gire alla necessità? come i bambini? ma ci si l’astrazione giuridica anche nella forma giu-
perderebbe questa vita preziosa e ciò si paga snaturalistica, Weil allude ad una necessità
con una schiavitù di altro tipo – innanzitutto obbligante agganciata al pensare e all’agire
di fronte alle passioni – poi di fronte alla po- in presenza, nel qui-ora. Con l’attenzione ri-
tenza collettiva della società”. volta alle condizioni di esistenza, allo stato
Tra i molti scritti di Proudhon, va ricor- presente delle cose.
dato il Sistema delle contraddizioni economi- Nell’analisi puntuale delle contraddizioni
che. Filosofia della miseria. Nel titolo l’auto- economiche, l’attenzione di Proudhon sullo sta-
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to dell’economia slitta nelle proposte organiz- congedo «per studi personali». Il 4 dicembre
zative di associazioni con funzione autonoma è assunta presso una delle officine della socie-
in cui il massimo di libertà individuale do- tà Alsthom a Parigi, impiegata alla pressa.
vrebbe conciliarsi con il massimo di armonia
sociale. Si tratta di proposte auspicabili e con-
divisibili, ma sono appunto auspicabili. La di- La condizione
stanza fra la situazione di quel tempo allora pre- operaia
sente e una situazione a venire è colmata teo-
ricamente con uno scatto nel futuro. Il movi- Nel diario di fabbrica, Journal d’usine, si
mento simbolico di Proudhon sembra dar coglie la fatica penosa aggravata da terribili mal
conto di una insostenibilità della contraddizione, di testa da cui Simone è afflitta. Il diario di
percepita come qualcosa da risolvere, almeno fabbrica non rappresenta affatto un mezzo per
teoricamente. Simone Weil fa della contrad- sfogare le proprie sofferenze. È luogo di ri-
dizione il luogo del pensiero pensante e agen- flessione, di annotazione puntigliosa sugli ef-
te in contesto. La sua attenzione è rivolta alle fetti fisici e morali che quel regime produt-
condizioni di esistenza, al regime accettabile nel- tivo determina o non determina, a partire da
la realtà di quel luogo che è la fabbrica “taylo- sé ma sempre rigorosamente in relazione a chi
rizzata”. Per lei, la necessità è il punto di ap- le è accanto. Scrive a Thévenon che l’aveva aiu-
poggio d’Archimede: radicamento su cui far le- tata per l’assunzione in fabbrica: “Non sono
va per ri-sollevarsi. In altre parole, come già ac- delusa d’aver fatto questo dopo averlo so-
cennato, la libertà trova le sue radici nella ne- gnato così a lungo. Penso sempre più che la
cessità. liberazione (relativa) degli operai deve avve-
nire innanzitutto in fabbrica, e mi sembra ar-
riverò a cogliere in parte da cosa dipende”.
Il suo desiderio di sperimentare in prima
persona la condizione operaia non è dettato
da una coerenza moralisticheggiante, ma da
un bisogno di capire che si esprime come sa-
pere dell’esperienza, sapere del corpo e nel cor-
po, per il quale più donne che uomini han-
no riguardo. Come lei dice, in riferimento al
fatto che il regime accettabile non sia stato trat-
tato da Marx e sia stato appena accennato da
Proudhon, “da teorici non si può conoscere
la realtà di essere trattati come ingranaggi”.
Occorre aggiungere come nel contesto
della fabbrica la contraddizione in Weil vie-
ne mantenuta “positivamente” nella consta-
Simone Weil in Svizzera, tazione che la macchina (della catena), in fun-
probabilmente a Montana, febbraio 1935.
zione di migliorare la produttività a pre-
scindere dagli esseri umani che ad essa ven-
Giugno del 1934: l’insegnante di filosofia gono sottoposti, da un lato ha reso il lavoro
Simone Weil chiede al Ministero un anno di vivo servile con conseguente alienazione
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umana, ma dall’altro ha creato anche l’ope- il cui fattore decisivo di vittoria è la produ-
raio specializzato. Il contrappunto tra aspi- zione industriale. La forza della borghesia
razioni umane e produzione - necessità da cui per mantenere questo potere consiste nel
non è possibile sfuggire, come non è possi- propagare guerre per incentivare l’industria
bile sfuggire dal lavoro per assolverla - deli- bellica. Di Marx Weil accetta inoltre la pre-
nea una concezione della proprietà in termini ziosità del metodo materialista, secondo cui
del tutto impensati dalle categorie prou- nella società e nella natura tutto si svolge
dhoniane e da quelle marxiane che alle pri- mediante trasformazioni materiali. Questa idea
me si rifanno. “La proprietà è privata, secondo preziosa è stata però completamente trascu-
Weil, della connessione all’essere umano; rata dallo stesso Marx. In primo luogo quan-
non è il furto di un oggetto, ma il furto di do "da metodo di indagine diventa dottrina
quella connessione”. Lo sguardo weiliano capace di rendere conto di ogni cosa" e inol-
focalizza il fatto che il movente del lavoro è tre quando con “la teoria dello sviluppo del-
sempre esterno al lavoratore. L’andamento sim- le forze produttive, quale motore della sto-
bolico di Weil delinea un procedere verso la ria, Marx introduce un elemento mitico, il-
libertà nel lavoro e non dal lavoro. lusorio, addirittura messianico”.
Al cuore delle Riflessioni sulle cause della
libertà e dell’oppressione sociale, la cui stesu-
ra occupa Simone quasi un intero anno, il
1934, sta una domanda su un’idea centrale:
“Il capitalismo ha realizzato l’affrancamen-
to della collettività umana rispetto alla natu-
ra (tempo libero considerevole (se…), metodo,
ecc). Ma questa collettività, in rapporto al-
l’individuo, ha ereditato la funzione oppres-
siva esercitata un tempo dalla natura. Que-
sto è vero anche materialmente. La colletti-
vità si è impadronita del fuoco, dell’acqua,
ecc., ecc., ecc., di tutte quelle forze della na-
tura «che superano infinitamente le forze
dell’uomo». Problema: è possibile trasferire
all’individuo questo affrancamento conqui-
stato dalla società?”. Le Riflessioni riportano
Fototessera di Simone Weil, operaia alla
come esergo all’opera un aforisma di Spino- Renault, dal 6 giugno al 9 (?) agosto 1935.
za, che dice: Riguardo alle cose umane non ri-
dere, non piangere, non indignarsi, ma capire.
Weil riconosce a Marx di aver spiegato mi- Il linguaggio marxiano-marxista parla di
rabilmente il meccanismo dell’oppressione ca- “missione storica del proletariato”, liberato dal
pitalistica, tanto da far fatica a raffigurarsi in lavoro nella società comunista. A discapito
qual modo questo meccanismo potrebbe di un metodo prezioso, questo e quel frain-
smettere di funzionare; sottolinea, d’altro tendimento sortiscono effetti particolarmente
canto, che lo sfruttamento non è legato alla nocivi per la ricerca della verità. Nel primo
proprietà privata ma alla lotta per il potere, caso il metodo dialettico della lotta di clas-
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se resta impigliato nell’idealizzazione stori- zione generale del lavoro le viene impedito
cistica, imputata da Engels, nella Sacra fa- di parlare dalla maggioranza stalinista. In
miglia, alla destra hegeliana. In sfumata sin- seguito viene censurata la recensione da lei
tonia a distanza con Weil, Alfredo Bonanno redatta a Materialismo ed empirocriticismo di
nell’introduzione all’opera proudhoniana Si- Lenin, del quale critica il materialismo gros-
stema delle contraddizioni economiche, avver- solano e il metodo “consistente nel riflette-
te che per Hegel e per Marx “il metodo dia- re per refutare, essendo la soluzione pronta
lettico non è un metodo, è la realtà nella sua prima di iniziare la ricerca”.
essenza più intima; l’uno e l’altro ricom- In secondo luogo, Weil vede sorgere dal-
pongono la contraddizione in una sintesi l’elemento mitico del discorso marxiano-
superiore”. marxista, (secondo cui l’avvento della socie-
Quanto meno bizzarro è riconoscere co- tà comunista è, magicamente garantito dal-
me le sfumature anarchiche in Simone Weil lo sviluppo delle forze produttive), una pro-
siano avvertite indirettamente, sulla base paganda rivoluzionaria altrettanto illusoria.
cioè delle reazioni denigranti la sua indi- Simone Weil, nel mettere in luce tali derive,
pendenza simbolica rispetto alla critica ver- denuncia l’impatto fuoriviante rispetto al
so la dottrina e la propaganda rivoluziona- presente della situazione reale e allo stato ef-
ria di stampo marxista-leninista: reazioni de- fettivo dei movimenti operai, fino a farle di-
nigratorie e ricorrenti non dissimili a quelle re essere non la religione l’oppio del popo-
rivolte contro teorie politiche di pensatori e lo, ma la rivoluzione.
rivoluzionari anarchici3. L’ambiente in cui matura la precisa cri-
Quando Simone scrive nella rivista Ri- tica alla concezione rivoluzionaria è quello del-
volution proletarienne sul fallimento della ri- la rivista La critique sociale che esprimeva gli
voluzione russa, sulla disfatta del movimen- orientamenti di un gruppo di intellettuali ade-
to operaio in Germania e sulla situazione renti al Cercle communiste democratique, do-
drammatica del movimento operaio france- ve spiccava la figura di George Bataille. Ta-
se, quali effetti di un’oppressione di nuova spe- le riferimento biografico è necessario per
cie, esercitata in nome della funzione pro- precisare la posizione di Simone Weil verso
duttiva di cui si va appropriando la classe de- ambienti e persone della sinistra rivoluzionaria
gli amministratori e dei burocrati, ed espli- sindacalista con cui condivide esperienze di
cita altresì la necessità di un’analisi di un or- lotta e di riflessioni sin dall’inizio del suo im-
dine di problemi indipendente da quelli po- pegno politico. Occorre tuttavia precisare
sti in gioco dall’economia capitalista, Trotz- che la collaborazione a La critique sociale è do-
ky l’accusa di “pregiudizi piccolo-borghesi tra vuta essenzialmente all’amicizia e alla stima
i più reazionari”. Quando Simone sostiene per Boris Souvarine, ma senza coinvolgi-
l’insufficienza di eliminare la proprietà ca- mento diretto nella problematica ideologica
pitalistica per ottenere una società socialista, e nei progetti politici del Cercle. La critica al-
occorrendo altresì che lo stesso lavoro pro- la concezione rivoluzionaria nasce nell’am-
duttivo divenga la funzione dominante, in mo- bito di relazioni vive, per quanto conflittua-
do da spezzare la separazione tra lavoro ma- li siano. Nei Quaderni e in una lettera all’amica
nuale e intellettuale (l’unico mediatore tra i Simone Pétrement si legge infatti: “…la pa-
quali è la macchina), allora la cosa è addirittura rola rivoluzione è stata sempre usata come pa-
inaudibile. Al congresso della Confedera- rola priva di senso. Così ciascuno vi mette il
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senso che preferisce. Per alcuni lo sviluppo fascino della rivoluzione porta a dire che la
della produzione (L.D.)4 - una catastrofe situazione è oggettivamente rivoluzionaria,
con sacrifici – l’abolizione del lavoro – l’abo- manca solo quel dato soggettivo come se il
lizione di tutto ciò che ostacola il libero svi- dato soggettivo che dovrebbe trasformare il
luppo degli istinti (surrealismo); regime in cui regime non fosse un carattere ‘oggettivo’ del-
l’uomo sia rispettato (Serge)…La rivoluzio- la situazione attuale”, commenta Simone.
ne è per lui [Bataille] il trionfo dell’irraziona- È uno scritto del 1933-34, Esame critico
le; per lui una catastrofe, per me un’azione me- delle idee di rivoluzione e di progresso, a dare
todica di cui ci si deve sforzare di limitare i gua- una diretta testimonianza dell’attenzione, e
sti, per lui la liberazione degli istinti, e preci- di riflesso della valorizzazione, riservata da Si-
samente di quelli che sono correntemente mone alle concezioni anarchiche e libertarie.
considerati come patologici, per me una mo- A partire da una critica sempre più serrata del
ralità superiore. Cosa c’è di comune? So che pensiero marxista per la concezione del mec-
B.5 è d’accordo con me, e spero anche altri”. canismo sociale che presiede alle rivoluzio-
ni, per cui una rivoluzione ha luogo solamente
quando un nuovo ceto si è già in gran par-
Il ribaltamento te impadronito del potere, e la credenza nel-
fini-mezzi l’avvento di una prossima rivoluzione, per la
quale manca ogni presupposto, dato lo sta-
Mi preme sottolineare l’occorrenza di to di totale asservimento del proletariato,
una più alta moralità verso cui promuovere Simone ribadisce come questa illusione ab-
l’azione politica, giacché si ricollega alla pro- bia gravemente nuociuto allo spirito rivolu-
pensione weiliana di rendere (“in atto e in pra- zionario, caricandolo di elementi pseudo-
tica”) il fine ideale quanto più possibile pre- scientifici e di eloquenza messianica, tanto da
sente nei mezzi per realizzarlo. Nei partiti po- ritenere necessario il ritorno a “una fonte di
litici, nel denaro, nel potere, nei diplomi ispirazione in ciò che Marx e i marxisti han-
scolastici, nella produzione organizzata su no combattuto e follemente disprezzato: in
ritmi in funzione di un più alto rendimen- Proudhon, nei gruppi operai del ’48, nella tra-
to della macchina, a prescindere dagli uomini dizione sindacale, nello spirito anarchico”. Oc-
che dietro essa operano, Simone Weil ri- corre ricordare che “spirito” in Weil è sino-
scontra il mortale e mortifero ribaltamento nimo di libertà e quest’ultima sta in rap-
tra mezzi e fini. Il mezzo, che dovrebbe porto analogico con pensiero e azione. È
adempiere al fine di migliorare le condizio- pertanto sostenibile la vicinanza di Simone
ni di esistenza degli essere umani e del loro Weil allo spirito anarchico: vicinanza sim-
grado di moralità, ha come risultato quello bolicamente sfumata in un andirivieni tra pia-
di diventare fine per se stesso. Sin dalle pri- no ‘naturale’ e piano ‘soprannaturale’. La lo-
me pagine delle Riflessioni sulle cause della li- ro inconciliabilità dà movimento sia al pen-
bertà e dell’oppressione sociale, l’esame critico siero che all’azione, sul filo della contraddi-
di Weil all’idea di rivoluzione concepita nel- zione. Apre un vuoto che non va colmato, che
la propaganda marxista-leninista tiene con- non degrada, come riportato precedente-
to sia dell’effettivo ribaltamento mezzi-fini, mente, il valore dell’ideale anarchico. Anzi,
sia dell’abbaglio dimentico della presenza lo proietta nell’eternità, in virtù della sua
viva di chi in quelle situazioni si spende. “Il stessa impossibilità ad essere realizzato. Ri-
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peto quel che scrive Simone nel Quaderno III, insiste nel sapere se è possibile concepire un’or-
pag.271, 331 in proposito: “Se concepito ganizzazione che, impotente a eliminare le
come impossibile [l’ideale degli anarchici necessità naturali e la costrizione sociale che
spagnoli], trasporta nell’eterno. Il possibile ne risulta, consenta di esercitarsi senza schiac-
è il luogo della degradazione. Bisogna vole- ciare sotto l’oppressione lo spirito e i corpi.
re o ciò che precisamente esiste (necessità) o “L’unico contributo reale di Marx alla
ciò che non può affatto essere; meglio ancora scienza sociale è di averne sostenuta la necessità.
ambedue”. È molto, è immenso; ma siamo sempre allo
Concludo il confronto diretto con Marx. stesso punto. Ne occorre sempre una”. Da que-
Il discorso weiliano apre una differente pro- sta citazione si precisa una movenza che ta-
spettiva rispetto al discorso marxiano sulla glia con la modalità simbolica della cultura
scienza e sulla teoria sociale. scientifica tesa a generalizzare invece di stu-
Richiamandosi al rapporto tra funzione diare le condizioni di un fenomeno, e che apre
e organo come è stato espresso da Darwin e al contempo al pensare agendo e all’agire
Lamark (per questi è la funzione che crea l’or- pensando in contesto vivente: nel qui-ora,
gano, per l’altro è l’organo che crea la fun- avendo sgombrato il campo dalle ideologie
zione) e applicandolo agli organismi socia- precostituite e dai regimi di verità dogmati-
li, Weil sostiene che Marx, per quanto amas- ca. La ricerca, in Simone Weil, è continua sia
se credere di essere in linea con Darwin, di in relazione alle cose che agli esseri umani in
fatto è lamarkiano, giacché pone la produ- carne ed ossa, che tra le cose spendono la vi-
zione, ossia la funzione sociale, come causa ta. La libertà si radica e si esprime nella ne-
dell’oppressione, ossia dell’organo sociale. cessità; non è concepita per rapporto auto-
La teoria marxiana prevede infatti che basta referente tra desiderio e soddisfazione, ma da
cambiare la produzione capitalistica per non un rapporto tra pensiero e azione: pensiero
avere più oppressione. Le cause dell’evoluzione pensante, non pensiero di già pensato e azio-
sociale vanno ricercate per Simone “negli ne agente non su modello già agito. L’enig-
sforzi quotidiani degli uomini come indivi- ma implicito nel rapporto tra il pensare e l’agi-
dui”; tenuto conto che le condizioni di esi- re lo guadagna attraverso la lettura e lo stu-
stenza sono ignorate dagli uomini stessi che dio del Tao cinese, come pure dalle traduzioni
vi si sottomettono ed agiscono condannan- di alcuni passi dei testi dell’epica indù (Weil
do all’inefficacia tutti gli sforzi rivolti in di- studia il sanscrito nel periodo di Marsiglia).
rezione che esse vietano. Il metodo dialettico È l’enigma a dare nutrimento alla ricerca
di Marx non preserva da un simile errore. weiliana e al senso dei suoi originali, fertili
“Marx, scrive Simone, non spiega perché l’op- quanto spiazzanti contributi.
pressione è invincibile finché è utile. Perché
gli oppressi in rivolta non sono mai riusciti a
costituire una società non oppressiva sia sul- La bellezza:
la base delle forze produttive che sulla re- prima condizione
pressione. Quali sono i meccanismi per cui l’op- per un lavoro non servile
pressione viene sostituita da un’altra?” Per lei
l’oppressione, diversamente da Marx, non è Weil ritiene la vita meno inumana quan-
un’usurpazione di un privilegio, ma l’organo to più grande è l’attitudine individuale a pen-
di una funzione sociale. La ricerca di Weil sare e ad agire. Il discorso marxista, e più
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sica agli strumenti usati e al gesto compiu- mento autistico, come avviene per quello
to. In tal senso prendono consistenza le pro- dell’operaio alla catena di montaggio della pro-
poste concrete per un lavoro non servile che duzione taylorizzata, il rimedio senza scelta
coinvolge la trasformazione della scienza e la a questa condizione di servilismo è la bellezza.
trasformazione sociale. Il valore del bello è di essere una finalità pri-
Destinato a Economia e Umanesimo, ri- va di fine e “l’operaio ha bisogno di bellez-
vista gestita dai domenicani di Marsiglia, za più che di pane”, dichiara Simone. Il pun-
che ritengono necessario apportare consi- to unitario del lavoro intellettuale e lavoro ma-
stenti cambiamenti al testo con l’inserimen- nuale è la contemplazione, un’attenzione
to di citazioni tratte dai discorsi del maresciallo cioè che va oltre ogni obbligo sociale. Pro-
Pétain, così da renderlo accettabile dal governo prio quel movimento autistico, cui l’opera-
di Vichy, lo scritto Prima condizione di un la- io è sottoposto e che non gli consente nep-
voro non servile è del 1936. Ripreso dall’au- pure l’effetto di assopimento, reso impossi-
trice nel 1942 ed elaborato contemporanea- bile dai rimproveri per non riuscire a stare al
mente a Il cristianesimo e la vita nei campi, ritmo della macchina, allertato dai pericoli
viene pubblicato postumo nel 1947 sulla ri- per l’incolumità del proprio corpo, agitato dal-
vista Cheval de Troie 7. All’esperienza di lavoro la paura di sbagliare e di essere licenziato…,
in fabbrica, Simone unisce quella del lavoro occorre che trapassi in attenzione e in sen-
agricolo. Trascorre periodi estivi presso la satezza. Occorre avere una visione d’insieme
fattoria di una zia nel Giura, come in quel- di quello che si sta facendo; occorre restituire
la di Gustave Thibon nell’Ardeche e parte- all’operaio la dignità di aver restaurato il pat-
cipa alla vendemmia con la gioia che la bel- to originario dello spirito con l’universo; oc-
lezza di quella vita ispira. corre un sapere teorico, tecnico, geometrico
Per entrambi i lavori, quello in fabbrica intrecciato da nozioni di fisica, a partire dal
e quello nei campi, Simone è intenta a rive- quale sia possibile contemplare la bellezza ne-
larne la bellezza recondita, oscurata com’è da gli strumenti di lavoro come nelle fasi del pro-
moventi posti all’esterno dei gesti e dei mec- cesso produttivo. “Nessuna intimità lega gli
canismi che li regolano. operai ai luoghi e agli oggetti fra i quali si con-
La fabbrica dovrebbe essere un luogo di gio- suma la loro vita e l’officina fa di loro, nella
ia, dove se anche è inevitabile che il corpo e loro stessa patria, degli stranieri, degli esiliati,
l’anima soffrano, se ne possa gustare una gio- degli sradicati”, osserva Simone. I lineamenti
ia. Come? Mutando la natura degli stimoli al didattici di sollecitamento alla bellezza che
lavoro, darne un senso che non lo comprima animano lo spirito educazionista delle sue pro-
sullo scopo di ricevere denaro. “I borghesi, os- poste potrebbero essere nominati in termi-
serva Simone, sono stati molto ingenui quan- ni di semiotica degli strumenti di lavoro.
do hanno creduto che la buona ricetta consi- In Prima condizione per un lavoro non
stesse nel proporre al popolo quel medesimo servile sono evocate immagini meravigliose,
fine che governa la loro vita, cioè l’acquisizione bellissime appunto, esemplificanti in una ri-
del denaro. Sono giunti al limite del possibi- corrente circolarità di piani, (dal naturale al
le con il lavoro a cottimo e l’estensione degli soprannaturale, dall’immanenza all’ideale,
scambi fra la città e la campagna”. dal pensiero alle parole per dirlo) l’orienta-
In un luogo dove il pensiero si accartoc- mento, l’efficacia e la realizzazione di quel che
cia in gesti insensati e secondo un movi- va proponendo. “I soli oggetti sensibili sui qua-
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formulazioni, la dimensione morale e quel- de Londres et dernières lettres per l’edizioni Gal-
la politica nell’ordine orientante dell’essere (fat- limard.
tuale e ideale), i cui attributi nell’argomen- Probabilmente Simone lo scrive verso il
tazione weiliana, sono il sentire e il pensare. ’34 poco prima di entrare in fabbrica, per-
Laddove la classe dirigente separa lavoro ma- ché in una lettera all’amica e biografa Si-
nuale e lavoro intellettuale, svalorizzando il mone Pétrement si intravede, tra l’altro, l’ur-
primo per avere il privilegio di dominare genza di attingere ricerca e impegno fuori dai
con il secondo, Weil li reintegra in una pro- luoghi autoreferenziali delle organizzazioni
va di verità: la bellezza appunto. politiche: “Ho deciso di ritirarmi del tutto
Nella storia della filosofia, l’argomento on- da ogni specie di politica, salvo per quel che
tologico è trattato prevalentemente come riguarda la ricerca teorica. Ciò non esclude
prova logica dell’esistenza di Dio, deducen- per me nel modo più assoluto l’eventuale
dola dal concetto di perfezione. Nell’im- partecipazione ad un grande movimento di
pianto monolitico della metafisica raziona- massa spontaneo (nei ranghi, come soldato)
listica, il movimento di Weil è uno strappo ma non voglio nessuna responsabilità per
che ripristina un’eccedenza esperenziale: il cor- quanto piccola, neppure indiretta, perché
po toccato dalla verità della bellezza. Mi sono sicura che tutto il sangue che verrà ver-
sembra più appropriato chiamare la prova “on- sato verrà versato invano, e che si è battuti
tologica” di Weil: prova “ontoestetica”. E in partenza”.
l’“esistenza” di Dio: “esperienza” di Dio, il ca- Occorre tener presente che fin dalle pri-
so essendo libera necessità. me pagine delle Riflessioni sulle cause della li-
Colgo la sfumatura anarchica in Simone bertà e dell’oppressione sociale, Weil ritiene
Weil in una mai persa visione d’armonia che essere la mancanza di pensiero pensante a ren-
agisce all’interno-esterno del suo pensiero, sì dere possibile la costituzione dei fascismi e
che nelle proposte si rivela il tentativo di av- dei regimi totalitari. A onor del vero, questi
vicinamento a rendere effettivo “il patto ori- non hanno bisogno, almeno nella fase iniziale
ginario dello spirito con l’universo”. del loro avvento, di reprimere alcunchè, giac-
chè proprio quella mancanza ne costituisce
la condizione favorevole. La ricerca storica e
Manifesto per la soppressione politica di Weil mette in chiaro come, nel pre-
dei partiti politici sente dei tempi, il movente del pensiero non
è più il desiderio incondizionato, indefinito,
Lo scritto viene pubblicato per la prima della verità, ma il desiderio della conformi-
volta sul n° 26 della rivista La table ronde nel tà a un insegnamento prestabilito.
febbraio del 1950. Poco dopo la pubblicazione, Scrive a Thévenon, nel febbraio del 1933:
André Breton ne parla sul quotidiano Com- “È soprattutto il momento – e soprattutto per
bat e Alain (Èmile Chartier) nel successivo i giovani – di impegnarsi seriamente a rive-
numero di aprile di La table ronde. Entram- dere tutte le nozioni, invece di adottare al
bi lo considerano come uno dei più penetranti 100% una qualsiasi piattaforma d’anteguer-
dell’autrice e richiedono che il Manifesto sia ra, ora che tutte le organizzazioni operaie
destinato “alla maggiore diffusione possibi- hanno completamente fallito […]. Io non in-
le”: cosa che per altro non avviene. Sola- tendo più ammettere nessuna di quelle no-
mente nel ’57 è integrato nel volume Ècrits zioni che prima della guerra si erano tra-
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sulle conclusioni di questo vigoroso esame dei della forza siano innocenti riguardo alle vio-
problemi rivoluzionari della guerra, gioverà lenze che si verificano, e, quindi, se si met-
a quanti si compiacciono nutrire illusioni te la forza nelle loro mani, esse ne faranno un
cullanti la loro inerzia. È tempo di pensare uso giusto. Ma, se si eccettuano quelli che so-
chiaramente e di volere con fermezza. La no almeno assai prossimi alla santità, le vit-
guerra si avvicina a rapidi passi; e dobbiamo time sono macchiate dalla forza quanto i
esaminare il da farsi per fare. Pubblicando que- carnefici. Il male che è all’impugnatura del-
sto scritto abbiamo fatto opera utile. Ne sia- la spada si trasmette alla punta. E così le vit-
mo certi; e speriamo che tutti i compagni fa- time, pervenute ai fastigi e inebriate dal cam-
ranno quanto è loro possibile per facilitarne biamento, fanno altrettanto o più male, poi
la diffusione”. ricadono ben presto. […] Il socialismo con-
Il saggio costituisce, a mio avviso, il più siste nel collocare il bene nei vinti; il razzi-
prezioso dei contributi che la filosofa fran- smo, nel collocarlo nei vincitori. Ma l’ala ri-
cese ha donato al mondo. La ragione che mi voluzionaria del socialismo si serve di quel-
porta a dare questa valutazione risiede, es- li che, benché nati in basso, sono per natu-
senzialmente, nella precisione storica di una ra e per vocazione vincitori; e così approda
ricerca aderente ad una più alta moralità con alla stessa etica”.
cui vengono portate avanti le riflessioni sul- Per sciogliere il nodo gordiano che si pro-
la guerra. Scritte nel ’33, anticipano, con fila sulla questione della guerra, Weil trova
evidenza premonitrice, gli eventi del prossi- una mediazione, teologica e morale al con-
mo futuro rispetto al presente di allora e ap- tempo, nel testo dell’epica indiana Bhagavad
portano altresì una vena di attualità riguar- Gita dove si narra la storia di Arjuna. Que-
do a quelli odierni, assumendo il profilo di sti, trovandosi nella condizione di dover
opera eterna. fronteggiare una guerra fratricida (tutte le guer-
Fra i meccanismi dell’oppressione socia- re sono fratricide) tra rami della stessa fami-
le e quelli che presiedono, in forma ancora glia, è ispirato dal dio Krishna a partecipare
più acuta, allo stato di belligeranza Weil di- al conflitto accanto ai membri della propria
mostra la perfetta continuità. famiglia, con la consapevolezza che uccide-
L’elemento che caratterizza la cultura eu- re è anche accettare di essere uccisi. Arjuna
ropea è la forza. A partire dalla storia greca, inoltre viene ispirato dal dio nel senso di
attraverso la lettura dell’Iliade, definito da Weil cancellare in sé l’intenzione, per farla fran-
“poema della forza”, tale elemento viene col- ca, a dare la morte con sotterfugi e di disporsi
to in un duplice orientamento: la forza su- a rifiutare i frutti di un’eventuale vittoria.
bìta e la forza imposta. Al primo senso cor- In base allo spirito con cui Weil “risolve”
rispondono lo sradicamento e la propensio- la drammaticità della scelta belligerante, cre-
ne verso il tradimento, anche nella forma del do di poter dire che non si tratta di pacifi-
collaborazionismo; al secondo corrispondo- smo per principio. Si tratta, e la cosa appa-
no i regimi nazionalisti e totalitari. re ancora più evidente nelle Riflessioni sulla
Già attraverso la critica all’illusione ri- guerra, di antimilitarismo vero e proprio.
voluzionaria Weil sottolinea il doppio laccio Sono gli apparati militare, burocratico e po-
che la forza impone a vinti e vincitori. Nel liziesco le forze agenti, simboliche e reali, a
Quaderno III, si legge: “L’illusione della ri- condurre al massacro della guerra, definito
voluzione consiste nel credere che le vittime da Weil “la forma più radicale dell‘oppres-
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sione”. In ultima istanza potrei dire che l’au- addirittura discrepante per l’unità del prole-
trice considera “rivoluzionaria” soltanto la tariato. Lo evidenzia il fatto che “la celebre
guerra che non c’è. frase di Liebknecth, «il nostro principale ne-
Le Riflessioni svolgono un’analisi storica mico è in casa nostra», assegna alle frazioni
delle varie concezioni a partire dal 1792, pe- nazionali del proletariato un nemico diver-
riodo in cui matura l’idea della guerra rivo- so, opponendo così, almeno in apparenza, le
luzionaria. Si sognavano guerre liberatrici e une contro le altre”. Si arriva all’assurdo, per
se ne facevano eloquenti apologie. Anche su cui una frazione del proletariato lotterebbe
Proudhon la guerra ha esercitato un certo pre- contro il governo del proprio paese favoren-
stigio, indotto probabilmente dall’aleatorio do di fatto la vittoria dell’imperialismo, rap-
quanto illusorio termine di “rivoluzionaria” presentato dal governo nemico contro il qua-
ad essa impresso. Gli eventi bellici del 1870 le deve lottare l’altra frazione nazionale del
obbligano le organizzazioni proletarie, in proletariato.
primis l’Internazionale, a prendere un atteg-
giamento concreto di fronte alla guerra: at-
teggiamento impostato sull’opposizione a
qualsiasi tentativo di conquista, ferma re-
stando la difesa del paese.
La concezione di Engels del 1892, fatta suc-
cessivamente propria da Plekanov e Mehring,
sostiene che per giudicare un conflitto biso-
gna vedere quale ne sarebbe l’epilogo più fa-
vorevole al proletariato internazionale e com-
portarsi di conseguenza. In pratica Engels in-
vita i socialdemocratici di Germania, il caso
occorrendo, ad intervenire con tutte le pro-
prie forze in una guerra combattuta contro la
Germania dalla Francia alleata della Russia.
“Non si trattava più di difesa o di attacco –
osserva Weil – ma di preservare, con l’offen- Simone Weil in Spagna
siva o la difensiva, il paese dove il movimen- dopo il suo ritorno dal fronte, 1936.
to operaio era più forte e di schiacciare il pae-
se più reazionario”.
Da Lenin e i bolscevichi proviene un sì Se dunque nella tradizione marxista regna
deciso alle guerre nazionali e rivoluzionarie; la confusione per quanto riguarda le concezioni
sono gli spartachisti, Rosa Luxembourg e e i relativi atteggiamenti da assumere di fron-
Karl Liebknecth, a opporre una qualche di- te alla guerra, persiste nondimeno un unico
versa nozione: lei con l’assenso solo per le guer- tratto comune che, nella riflessione weiliana,
re rivoluzionarie, lui con la considerazione che risulta essere peggiore delle suddette implica-
il principale nemico del proletariato è in ca- zioni. Esso consiste nel “rifiuto di condanna-
sa propria. Nella tradizione marxista-leni- re categoriacamente la guerra in sé”.
nista riguardo alla guerra, Weil mostra la ge- Dove Kautsky e Lenin, parafrasando la
nerale confusione del quadro teorico, quadro massima di Clausewitz, vedono nella guerra
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fronte esplicitano questo legame anche sim- tico e militare. E non è il nemico che abbia-
bolicamente. “Si tratta dell’annichilimento mo di fronte, perché lo è solo nella misura in
totale dell’individuo davanti alla burocrazia cui è quello dei nostri fratelli, ma è il nemi-
dello stato grazie a un fanatismo esasperato. co che dice d’essere il nostro difensore e fa di
Se il sistema capitalistico si trova più o me- noi degli schiavi. Il peggior tradimento pos-
no danneggiato nella faccenda ciò non può sibile, in qualunque circostanza, consiste sem-
essere che a discapito, non a profitto, dei pre nell’accettare di sottostare a questo apparato
valori umani e del proletariato, per quanto e di calpestare in se stessi e negli altri, per ser-
oltre possa in certi casi spingersi la demago- virlo, tutti i valori umani”.
gia”, scrive Weil.
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be nel modo più assoluto vietato “l’eventua- La lettera a Georges Bernanos costituisce
le partecipazione ad un grande movimento di una testimonianza di fedeltà alla verità. Per
massa spontaneo (nei ranghi, come soldato)”. molti aspetti risulta essere anche una testi-
E nei ranghi come soldato si arruola. monianza sconcertante per chi vede il male
schierato tutto dalla parte dell‘altro e stru-
mentalizza il bene come mezzo per raggiun-
gere un fine che è fuori dal bene stesso: so-
lo il bene è fine a sé. Simone si rivolge allo
scrittore per aver letto I grandi cimiteri sotto
la luna e per esserne stata colpita sulla base
dell’esperienza che Bernanos ebbe della guer-
ra civile spagnola, rivissuta in quel suo libro.
“Io ho avuto un’esperienza che corrisponde
Simone Weil e Lanza del Vasto, alla sua, scrive Simone, benché assai più bre-
Marsiglia, primavera 1941. ve, meno profonda, collocata altrove e vissuta
in apparenza – solo in apparenza – con tut-
Un’emozione particolare dell’esperienza t’altro spirito”.
spagnola nelle fila anarchiche viene espressa Parla (cosa inusitata in lei il riferimento
nello scritto, progettato per un articolo, Non- personale) delle sue simpatie che, fin dal-
intervento generalizzato (inverno 36-37). Il gior- l’infanzia, sono andate ai raggruppamenti
no in cui Leon Blum ha deciso di non in- che si richiamano agli strati più disprezzati
tervenire in Spagna, si è assunto una grave della gerarchia sociale, finché non ha preso
responsabilità, argomenta Weil. “[…] Ebbene! coscienza del fatto che questi raggruppa-
Se noi abbiamo accettato di sacrificare i mi- menti risultano essere di natura tale da sco-
natori delle Asturie, i contadini affamati di raggiare ogni simpatia. “L’ultimo ad avermi
Aragona e di Castiglia, gli operai libertari di ispirato un po’ di fiducia, prosegue Simone,
Barcellona piuttosto che scatenare una guer- è stato la CNT spagnola […] avevo visto nel
ra mondiale, nient’altro al mondo deve por- movimento anarchico l’espressione natura-
tarci a scatenare la guerra. Niente, né l’Alsa- le della grandezza [del popolo spagnolo] e dei
zia-Lorena, né le colonie, né i trattati. Non suoi difetti, delle sue aspirazioni, quelle più
si dirà che qualcosa al mondo ci sia più ca- e quelle meno legittime. La CNT, la FAI
ro della vita del popolo spagnolo”. erano un miscuglio sorprendente, dove si
accettava chiunque, e dove, di conseguenza,
erano a stretto contatto l’immoralità, il ci-
nismo, il fanatismo, la crudeltà, ma anche
l’amore, lo spirito di fraternità, e soprattut-
to la rivendicazione dell’onore, che è così
bella negli uomini umiliati”.
In quel che Georges Bernanos riesce ad
emanare con I grandi cimiteri sotto la luna,
Weil riconosce “l’odore di guerra civile, di san-
Simone Weil e Jean Lambert, gue e di terrore” respirato durante la sua breve
Marsiglia, primavera 1941.
esperienza. Benché non abbia visto né sentito
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di ricevere una lettera da una persona sco- epistolare con Antonio Atarés, trova ancora
nosciuta; ma un suo vecchio compagno di pri- la sua splendida attestazione nelle pagine che
gionia, Nicolas, mi ha parlato di Lei in un mo- dicono Le forme dell’amore implicito di Dio:
do tale che mi sembra di conoscerla […] So- “L’amicizia è il miracolo grazie al quale un es-
no stata, per qualche tempo, nel suo bel pae- sere umano accetta di guardare a distanza e
se […] Non ho mai dimenticato i contadini senza avvicinarsi quello stesso essere che gli
che ho visto nelle campagne; mi hanno lasciato è necessario come un nutrimento”.
un’impressione indimenticabile. Per questo,
quando Nicolas mi ha parlato di Lei, mi è par-
so di conoscerla da tanto tempo”. Simone la- Prologo in conclusione
scia l’amico, senza perderlo, alla verità della
bellezza che le fa dire, nell’ultima lettera (non Gli obblighi sono molti, devo ripetere.
datata): “Alle stelle, alla luna, al sole, all’az- Ma per aver tentato di assolverne qualcuno,
zurro del cielo, al vento, agli uccelli, alla lu- occorre averli circoscritti in piccola parte, al-
ce, all’immensità dello spazio, a tutte queste l’ombra di quell’obbligo immenso verso Simone
cose che ti sono sempre accanto, affido i miei Weil. Sì, proprio verso di lei, in umile ascol-
pensieri per te, perché ti donino ogni giorno to, chinata sulle parole e sui pensieri che ha
la gioia che desidero per te e che tu meriti si- lasciato come eredità senza testamento: una mi-
curamente. Credi alla mia profonda amicizia”. riade di scritti colmi di passione e di incertezze,
La vertiginosa concezione dell’amicizia, che di verità pungenti e di rilanci inesauribili, di
Simone Weil vive nella concreta relazione compiutezza circolante e di ordine rigoroso.
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Obbligo e necessità sono i significanti essere ingiunge e molto spesso comporta spre-
che mi hanno aperto orizzonti impensati. Li chi di sofferenza e di dolore.
avevo resi invisibili, cancellati da una posizione L’orientamento verso altro è dono d’es-
assunta come scelta tra i significati già ri- sere relazionale; fa posto e apre a qualcosa d’al-
scontrati nella tradizione del pensiero anar- tro che non siano le certezze assolute del
chico. È avvenuto non un rinnegamento, proprio “io”, anche nella forma di ribaltamento
bensì un ampliamento di quella tradizione e dell‘immagine della propria certezza: acqui-
di quel pensiero. Obbligo e necessità sono se- sizioni pregresse verso il futuro per eterniz-
mi-frutti che arricchiscono, con il vento del- zarle in un delirio di onnipotenza. Che mi-
le parole, il presente in virtù del passato e il sconosce la limitatezza, la fragilità e l’espo-
passato vive la presenza del ripensamento. sizione relazionale della condizione umana.
Obbligo: il diritto dell’altro. Necessità: il ri-
conoscimento di altro. Che c’è e con cui oc- ■ Monica Giorgi
corre fare i conti, non per un vantaggio a sen-
so unico, come si fa in proprio tornaconto, ma
per obbligo verso l’altro: mondo creato e cu-
rato in relazione vivente, anche quando è re-
lazione impersonale. L’obbligo e il diritto di-
cono che chi si lascia aiutare è di aiuto a chi
dispensa aiuto, credendosi forte di realizzarlo
per la propria magnanimità senza tener con-
to della condizione dell’altro. La necessità e il
riconoscimento dicono che il bene agisce an-
che nella realtà del male, considerato tale nel-
la convinzione, cieca e innocente, più ignorante
che colpevole, di chi riconosce come assoluto 1 cfr.Wanda Tommai, Simone Weil. Esperienza reli-
il proprio bene. E lo dispensa come se il bene giosa, esperienza femminile, Liguori 1997.
dell’altro non esistesse se non nella forma del 2 Gustave Thibon, Simone Weil telle que nous l’avons
proprio e fosse, per ciò stesso, male se non la connue.
3 In verità quanto da me notato mostra più l’intran-
riflette a pieno. Non intendo discernere tra be-
sigenza dottrinaria e la tendenza totalitaria delle
ne e male come concezioni opposte su cui im- formazioni partitiche piuttosto che la stretta affinità
prontare la moralità generale, intendo il bene tra le posizioni weiliana e anarchico-libertaria. Ri-
una necessità che la necessità del non-bene tengo invece verosimile leggere la singolarità di lei
– outsider, estraneità rispetto al linguaggio domi-
attesta. A tal proposito, ricordo una conside- nante – alla luce della differenza sessuale: taglio che
razione di Luisa Muraro, espressa in riferi-
mento al senso della libertà in relazione all’al- nel contesto tematico di questo mio studio ho la-
sciato che restasse implicito.
tro, che per me resta un insegnamento folgo- 4 Iniziali del nome di Troztkj, Lev Davidovic.
rante, semplice e così vero, da non far fatica a 5 Boris Souvarine.
tenerlo in mente: «Una concezione della libertà 6 Il testo di riferimento, databile all’inizio del ’37, si
non è una concezione libera; la libertà è la trova tra i saggi e le lettere che compongono La con-
dizione operaia.
non-libertà dell’altro». Sono due enunciati 7 cfr. nota precedente per il reperimento bibliografi-
contigui, non due opposte definizioni che mi co di Prima condizione per un lavoro non servile.
fanno capire questo: l’essere orienta, il dover 8 Il corsivo è di Weil.
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Bibliografia di riferimento
Quaderni, 4 volumi, Adelphi 1982
La condizione operaia, Edizioni di Comunità 1974
Riflessioni sulle cause della libertà e oppressione sociale, Adelphi 1983
Attesa di Dio, Rusconi 1999
L’ombra e la grazia, edizioni di Comunità 1951
L’amore di Dio, Borla 1968
Lettera a un religioso, Adelphi, I ed. 1966, V ed. 2008
Manifesto per la soppressione dei partiti politici, Castelvecchi 2008
Sulla guerra, Pratiche editrice 1998
L’amicizia pura. Un itinerario spirituale, Città aperta 2005.
Fra gli innumerevoli saggi su S.W. segnalo, unitamente agli studi e alle prefazioni di Gian-
carlo Gaeta, la biografia di Simone Pétrement, La vita di Simone Weil, Adelphi 1994, ai
quali più volte mi sono riferita nello svolgimento del testo.
Per l‘incidenza che S. W. esercita sul pensiero della differenza sessuale e sulla politica del-
le donne richiamo, tra i molti, il lavoro di Wanda Tommasi, Simone Weil. Esperienza re-
ligiosa esperienza femminile, Liguori 1997 e quello della Libreria delle donne di Milano,
Non credere di avere dei diritti, Rosenberg & Sellier 1987. Per il valore e il significato sim-
bolico che S.W. attribuisce all’azione non agente – il wu-wei del tao – raccomando il pre-
zioso libricino di Chiara Zamboni, L’azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1989.
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SFUMATURE ANARCHICHE
IN
Simone Weil DI MONICA GIORGI