Sei sulla pagina 1di 8

Come scrivere una storia – L’idea

Come inizia una storia?


Molte storie che abbiamo ascoltato iniziano con tre parole magiche: “C’era una volta… Noi aggiungiamo:
C’era una volta… un personaggio! Perché ci serve un soggetto che ci aiuti a raccontarla.

Cosa deve raccontare una storia?


Le storie devono avere in sé un significato da trasmettere, ovvero un evento significativo che riesca ad
esprimere una precisa visione della vita riguardo un tema.
Storia=evento che esprime una visione di vita.
Dobbiamo sfruttare il personaggio come veicolo per raccontare una serie di eventi che esprimano una precisa
visione di vita riguardo una determinata questione.

Cosa deve fare il personaggio di una storia?


Per esprimere una precisa visione di vita, un personaggio ci deve raccontare un evento significativo
accadutogli che ha cambiato la sua visione di vita. Ci deve raccontare come questo evento abbia modificato
il suo comportamento e lo abbia spinto verso un percorso di crescita personale.
Quindi, è accaduto un evento e il personaggio ha reagito a questo facendo qualcosa di significativo che ha
cambiato la sua visione di vita.

Il cambiamento di pensiero
L’obiettivo finale della storia è dunque giungere a un cambiamento esistenziale del personaggio (e raccontare
tutto il percorso suscitando nel pubblico delle specifiche emozioni).
Mostrare un cambiamento di un personaggio significa che non dobbiamo mostrare la sola visione della vita
di un personaggio, ma come si è instaurata quella visione di vita nel personaggio (o meglio come si
instaurerà, visto che la storia non è ancora successa ma la dobbiamo creare).
In pratica, dobbiamo raccontare come avverrà questa sorta di “conversione morale” del personaggio.
Quello che ci serve è raccontare un percorso (basato su una serie di eventi) in grado di cambiare la visione
della vita del personaggio.

Come scrivere una storia – Dove portare la storia


Il percorso di crescita (di conversione morale) del personaggio
Come far avvenire questo percorso di crescita interiore?
Bisogna utilizzare il conflitto. Una storia deve raccontare di un personaggio che vuole qualcosa (ha un
obiettivo) che viene impedito da un problema. Per poter raggiungere l’obiettivo, quindi, il personaggio deve
affrontare il problema e superarlo.
Il problema principale del personaggio è fondamentale per capire che tipo di storia vogliamo raccontare. Ci
porta a scoprire “il tema della storia” che vogliamo raccontare.
La storia deve spingere il personaggio a fare delle “scelte” che lo portino a risolvere i suoi problemi, per
poter raggiungere il suo obiettivo (desiderio). E quali sono le scelte difficili? Quelli che lo spingono verso
una sola direzione: davanti al pericolo, ovvero di fronte alle sue paure più profonde.
Il percorso del protagonista, all’interno della storia, per creare interesse nel pubblico, dev’essere scandagliato
da scelte che lo avvicinino ai suoi più forti desideri e allo stesso tempo alle sue paure più profonde. Quindi, è
necessario mettere il protagonista in bilico tra i suoi desideri e le sue paure, in modo che, se vuole esaudire il
suo desiderio, deve percorrere una strada rischiosa e impervia, in cui dovrà affrontare le sue paure più
profonde.
Dobbiamo stuzzicarlo un po’, avvicinandolo agli obiettivi che si prefigge, in modo da spronarlo a non
mollare, e mettendolo in difficoltà, attraverso l’affronto con le sue paure.

Cosa deve suscitare una storia al pubblico?


La curiosità di sapere come andrà a finire la sfida tra il personaggio e il suo problema per la conquista
dell’obiettivo.
È questo il punto cruciale che spinge il lettore a proseguire la storia, perché vuole scoprire se il protagonista
raggiungerà il suo desiderio o soccomberà alla sua paura rinunciandoci per sempre.
Ed essendo così strutturata, in qualunque punto noi volessimo interrompere il racconto la storia, questa
lascerebbe aperte delle domande, che creerebbero nell’ascoltatore la voglia di sapere dell’altro, di conoscere
le risposte e arrivare al finale.

Il finale della storia


La storia NON deve raccontare esperienze poco significative della vita del personaggio (ad esempio, non
deve raccontare com’è una sua giornata tipo, a meno ché non sia superman e le sue giornata siano molto
interessanti). Deve raccontare esperienze che tocchino profondamente il personaggio nell’ambito umano
morale e sociale, che tocchino e modifichino la sua scala di valori.
È importante che le storie abbiano un senso per il protagonista, che trovandolo e comprendendolo, nel finale
della storia, deve lasciare un messaggio al pubblico.
Non è una cosa concreta, è un qualcosa di interiore (un particolare significato) che il personaggio capisce
attraverso l’esperienza che ha vissuto.

Come scrivere una storia – Gli elementi essenziali per creare una storia
Gli elementi che compongono una storia

Affinché una storia sia interessante agli occhi del pubblico, deve essere progettata con delle basi solide, che ora andremo ad
analizzare.
La prima precisazione da fare è che la tecnica narrativa più utilizzata, sia per romanzi, cinema, tv e teatro, è quella che suddivide la
storia in 3 atti. E vorrei usare questo metodo, che anch’io uso quando scrivo, anche per aiutarti ad assimilare le informazioni al
meglio.

Struttura in 3 atti (versione modificata di Mckee)

La suddivisione in tre atti che andrò ad esporre, nel prossimo articolo, si basa sulla versione creata da Robert Mckee, un grande
maestro di Hollywood, che è una versione a suo volta modificata di un altro grande maestro di nome Syd Field.
Andiamo ad analizzare per ordine gli elementi che compongono questi tre atti. Partiamo dall’inizio, con il primo atto.

IL PRIMO ATTO (il capitolo introduttivo)


Il primo atto della storia, ovvero quello introduttivo, dura circa un terzo del racconto.
Introduce i personaggi e l’ambiente in cui si sviluppa la storia. Mostra la problematica che il personaggio
deve affrontare per raggiungere il suo obiettivo, e affronta l’inizio del percorso di cambiamento del
protagonista.
Il primo atto è formato da questi 6 elementi essenziali che ne rafforzano l’efficacia di narrazione:

• Creazione del personaggio;


• Desiderio;
• Paura;
• Incidente iniziale;
• Ostacoli e Conflitti (Antagonisti e Forze Antagoniste);
• Prima svolta.
• Andiamo a vedere nel dettaglio cosa sono e come svilupparli.

Creazione del personaggio


Il valore di una storia è dato dal personaggio protagonista. Se il pubblico non si immedesima in lui e non tifa
per il raggiungimento della vittoria, non serve a niente raccontarla.
Capirai bene che la prima cosa essenziale da fare per creare una storia è definire un buon personaggio: il
primo elemento della storia. Vediamo come fare.
Per creare un buon personaggio, devi evidenziare fin da subito i suoi desideri e punti di forza, e le sue
fragilità, per renderlo più credibile e fare in modo che la gente possa immedesimarsi in lui.
Devi dargli un ruolo preciso all’interno dell’ambiente in cui vive (anche se è un fannullone, è sempre un
ruolo). Da ogni ruolo derivano delle responsabilità. Come le affronta queste responsabilità? Lotta o fugge?
Definisci il suo comportamento abituale di fronte alla vita e passa al secondo elemento per strutturare una
storia: il desiderio del personaggio.

Desiderio/Obiettivo del personaggio


Il secondo elemento della storia è un forte desiderio. Inizia con il dare al protagonista un desiderio di
cambiamento dal punto in cui si trova adesso. Dagli un forte desiderio che possa concretizzarsi in un
obiettivo reale.
Il desiderio del personaggio crea empatia con il pubblico, che inizia a tifare affinché questa possa
raggiungere l’obiettivo desiderato.
Dal desiderio/obiettivo si inizia a costruire il percorso del personaggio, percorso che, ricordo, deve portare
verso un cambiamento. Si sviluppano gli ostacoli che il personaggio dovrà affrontare per raggiungere il suo
desiderio (o obiettivo).
Il consiglio che posso darti per trovare un buon desiderio/obiettivo è guardare il terzo elemento di una storia:
la paura del personaggio, e nel paragrafo successivo ti spiego il perché.
Paura
Il terzo elemento da costruire per sviluppare una storia è la paura del personaggio. Crea una forte paura che
lo blocca dal raggiungimento dell’obiettivo.
La paura serve a mettere in difficoltà il personaggio. Lo pone di fronte a scelte difficili che lo aiutano a
crescere e maturare. Suggerisce il “tema” della storia, in quanto ti aiuta a capire qual è il vero problema del
personaggio, che puoi andare ad esplorare.
Quindi, lavora sulle paure e crea una paura profonda che dà origine a tutte le altre (ad es. tante paure possono
essere dovute alla paura profonda dell’insicurezza).
Bisogna sottolineare che, spesso le paure più profonde nascono dai nostri desideri: ad esempio, la paura di
perdere chi amiamo. Quindi, per scegliere le paure dei personaggi, devi ricercarle nei desideri e viceversa i
desideri nelle paure. Entrambe sono legate da un filo comune.
Una volta fatto questo, resta il problema di spingere il personaggio ad affrontare la sua paura per crescere e
maturare. Per fortuna, in tuo soccorso arriva il quarto elemento fondante di una storia: l’incidente iniziale.

Incidente iniziale
Il quarto elemento fondamentale di una storia si chiama “incidente iniziale ed è un evento che spinge il
personaggio a muoversi per raggiungere il suo obiettivo.
Come può fare questo? Lo pone di fronte a una prima scelta: affrontare il problema o arrendersi e subire le
conseguenze negative di quell’evento. Ecco cosa serve: le conseguenze, sia negative (per spingere il
personaggio ad evitare una condizione peggiore) che positive (per far sperare il personaggio di poter
cambiare la sua condizione).
Quindi, fai accadere un evento che spinga il personaggio ad affrontare la sua paura e a muovere il primo
passo per raggiungere l’obiettivo. Costringilo, mettendolo di fronte a delle conseguenze negative se non
dovesse fare qualcosa, e positive se dovesse vincere la sfida contro il problema. (Le conseguenze negative si
riferiscono al concretizzarsi delle sue paure, mentre quelle positive si riferiscono al raggiungimento del suo
desiderio/obiettivo).
L’incidente iniziale è un problema che va risolto per forza, che il personaggio non può evitare in nessun
modo.
Una volta trovano questo evento, la storia si mette in moto per stabilire un percorso di crescita del
personaggio: un percorso scandagliato da problemi che metteranno il personaggio di fronte a delle scelte
difficili. Siamo arrivati al quinto elemento della storia: gli ostacoli sul cammino.

Ostacoli (Antagonisti e Forze antagoniste)


Il quinto elemento fondamentale di una storia è formato dagli ostacoli che il personaggio troverà sul
cammino, che lo porterà a crescere e maturare.
Gli ostacoli sono i problemi che si interpongono tra il personaggio e il suo obiettivo principale, e che lo
costringono a prendere delle scelte difficili ed emotivamente coinvolgenti.
Spesso sono rappresentati da un unico personaggio antagonista (il nemico) o da tanti personaggi antagonisti,
che hanno sempre visioni diverse e opposte agli ideali del protagonista.
In altri casi, possono essere tante le cose che ostacolano il personaggio (non solo persone), e queste vengono
chiamate “forze antagoniste”, che possono essere di quattro tipi:

Conflitto con altre persone (antagonisti)


Conflitto con la natura e l’ambiente (catastrofi naturali o incidenti causati involontariamente dall’uomo)
Conflitto sociale (con la società, le regole, i pregiudizi, eccetera)
Conflitto con se stessi (formato dai dubbi, le regole morali, o incapacità del personaggio stesso).
Devi creare un buon antagonista (o delle forze antagoniste, che comprendono una serie di ostacoli) in grado
di crescere ed evolversi insieme al protagonista, e di scoprire e toccare tutti i suoi punti deboli, affinché il
protagonista affronti ogni sua paura e cambi proprio per merito di tutte le difficoltà affrontate (perché è dalla
forza nel nemico che cresce la forza del personaggio).
Gli ostacoli servono generare curiosità e a tener vivo l’interesse del pubblico, grazie alla capacità di porre il
personaggio di fronte a “scelte difficili”, che egli deve compiere per raggiungere il suo obiettivo, ma che lo
spingono inevitabilmente ad affrontare le sue paure (e a continuare il percorso che lo porterà verso un
cambiamento significativo).
Nel reagire ad un ostacolo, il personaggio crea involontariamente ogni ostacolo successivo (insieme anche
alle forze antagoniste). Quando lui sceglie di reagire in un certo modo all’ostacolo, con quella reazione fa
nascere l’ostacolo successivo, che lo metterà di fronte ad un’altra scelta.
Il personaggio contribuisce con le sue azioni a formare un percorso, in grado di fargli provare emozioni ed
esperienze tali da portarlo al cambiamento.
Ora, metti sul cammino degli ostacoli che rendano complicato il raggiungimento dell’obiettivo da parte del
protagonista.
Ogni ostacolo deve essere più difficile di quello precedente e crescere di volta in volta, per far maturare di
conseguenza anche il personaggio. Inoltre, se si costruiscono intorno al personaggio ostacoli di portata
inferiore o uguale a quelli precedenti, il pubblico può provare un senso di ripetizione e perdere interesse per
la storia.
A proposito di ripetizione, l’elemento successivo di cui ti voglio parlare è importantissimo per evitare il
senso di noia in una storia che altrimenti potrebbe dilungarsi con ostacoli con obiettivo simile. L’elemento
che ti aiuterà a evitare la sensazione nel pubblico di allungare il brodo è detto: “svolta” o “colpo di scena”. In
una storia ce ne sono due. Qui, ti parlo della “prima svolta”, anche detta “primo colpo di scena”.

Prima Svolta
Il sesto elemento di una storia è detto “svolta” o colpo di scena, ed è un evento che cambia direzione alla
storia (ma non la storia), dandogli una piega inaspettata. È un elemento che devia un po’ il cammino del
protagonista, che capisce qualcosa d’importante ma che apre a nuove domande. Produce un cambiamento del
rischio che corre il personaggio, che aumentata fortemente.
Il protagonista capisce che ora può perdere qualcosa di più importante, e questo aumento di rischio, lo
costringe a cambiare strada e a prenderne una diversa, che lo avvicina sempre più alla sua paura più grande,
per arrivare al suo obiettivo.
Rappresenta un punto di non ritorno, in quanto, da quel momento in poi, il protagonista non può più tornare
indietro alla situazione iniziale, che è stata ormai compromessa (ovvero è cambiata e questo cambiamento
non può essere ignorato).
Questo cambio di direzione della storia aiuta a risvegliare l’interesse del lettore, che altrimenti potrebbe
provare un senso di ripetizione (potrebbe pensare “che l’autore stia allungando il brodo”).
Quindi, metti dopo i primi ostacoli un evento in grado di creare una svolta per la tua storia.

Vediamo nel dettaglio com’è strutturata questa svolta e come poterla utilizzare:
La svolta (o colpo di scena) si compone di due fasi:
Nella prima fase: sembra che la situazione sia risolta.
Nella seconda fase: si scopre, invece, che il vero problema non è quello che il protagonista pensava di aver
risolto, ma un altro molto più grave.
Può essere generata:

da una reazione sbagliata del personaggio;


da un cambiamento dell’antagonista, che capisce il vero punto debole del protagonista e cambia strategia;
o dal protagonista stesso, che per affrontare il nemico decide di cambiare strategia, trovandosi un alleato che
conosca maggiormente il suo nemico (o problema) o facendo qualcosa di diverso e inaspettato per il nemico.
Una prima svolta può essere, per fare un esempio, questa:
Un uomo deve “ritrovare la moglie”, nonché madre dei suoi figli, che ha abbandonato la famiglia. La trova,
ma scopre che lei si è rifatta un’altra vita con un altro uomo.
La direzione della storia cambia, ma non la storia, perché da quel momento il protagonista deve cercare di far
tornare la moglie in sé e riportarla dalla famiglia (quindi deve “ritrovare la moglie” amorevole verso la
famiglia, che ora sembra non esserci più).

Con questo esempio, concludo la parentesi dedicata alla prima svolta e il paragrafo che completa il primo atto.
Infatti, questa prima svolta è l’elemento con cui si conclude il primo atto della storia.
Per completare la storia, devi andare a vedere gli elementi che compongono il secondo atto: ovvero, lo sviluppo centrale della storia.

IL SECONDO ATTO (lo sviluppo centrale)


Il secondo atto è lo sviluppo centrale della storia. Dura più di un terzo del racconto (possiamo dire che
finisce a tre quarti di storia, perché prende spazio al terzo atto, che è il più corto). È, infatti, il più lungo dei
tre atti.
Prepara il protagonista allo scontro finale con il nemico (che è la sua paura più profonda). Lo aiuta a
comprendere i suoi punti di forza e di debolezza, per accrescere la consapevolezza di se stesso e del suo
problema.
Il secondo atto è formato da questi 2 elementi che ne rafforzano l’efficacia di narrazione:

• Continuazione della serie di ostacoli;


• Seconda svolta.

Andiamo a vedere nel dettaglio cosa sono e come svilupparli.


Se vuoi tornare indietro, puoi rivedere la lezione precedente sul primo atto.

Continuazione della serie di ostacoli


Dopo la prima svolta, la posta in gioco del personaggio aumenta, perciò aumentano le difficoltà e i rischi di
ogni decisione che egli è costretto a prendere. Gli ostacoli di questa fase si avvicinano in modo intimo alle
paure più profonde del personaggio.
Come ti ho già detto nella lezione precedente, la prima svolta cambia direzione alla storia, e quindi anche
agli ostacoli, che si trasformano di un diverso tipo.
Lo si può vedere nell’esempio che ho fatto alla conclusione del primo atto, riferito alla prima svolta.
Lo riprendo per evidenziarlo:
Un uomo deve “ritrovare la moglie”, nonché madre dei suoi figli, che ha abbandonato la famiglia. La trova,
ma scopre che lei si è rifatta un’altra vita con un altro uomo.
La direzione della storia cambia, ma non la storia, perché da quel momento il protagonista deve cercare di far
tornare la moglie in sé e riportarla dalla famiglia (quindi deve “ritrovare la moglie” amorevole verso la
famiglia, che ora sembra non esserci più).
Se provi ad immaginare quali ostacoli debba affrontare l’uomo prima della svolta e quali dovrà affrontare
dopo della svolta, vedrai bene che le cose cambiano di molto. Prima c’è la ricerca di una persona scomparsa,
con i determinati ostacoli, e poi c’è la lotta per riconquistare la moglie che probabilmente lo aiuterà a
comprendere in cosa ha sbagliato come marito. Gli ostacoli cambiano, eccome!
Infatti, questa serie di ostacoli serve proprio a preparare il personaggio allo scontro finale con la sua paura
più grande, “gettandolo nella fossa dei leoni”, come se gli dicessero: “tu devi stare qui e affrontare questa
cosa, non c’è via di scampo o perderai tutto, non avrai più niente”.
Questi ostacoli mettono in discussione tutta la sua vita e il suo senso dell’esistenza. Quindi, a questo punto
crea questa sequenza di ostacoli, che prendono nuove strade più vicine all’essenza del protagonista. Per
aiutarti, rivedi la tipologia di ostacoli che esistono e che trovi nel primo atto della storia.
Una volta creata questa serie di ostacoli, avrai bisogno dell’ottavo elemento della storia: la seconda svolta.

Seconda Svolta
Abbiamo già parlato della svolta nel primo atto. Il metodo è lo stesso, solo che c’è qualcosa da evidenziare
sulla “seconda svolta”.
Infatti, questa seconda svolta è diversa dalla prima, in quanto è un evento che aiuta il protagonista a prendere
coscienza di quale sia la sua paura più grande, e a prepararsi allo scontro finale con l’origine del suo male.
Mostra al protagonista il problema originario che ha generato quella paura (portandolo all’origine del suo
male) e lì il personaggio capisce che non può evitare lo scontro, perché la sua vita è segnata da quella paura.
Alla luce di questa nuova consapevolezza, il personaggio si rende conto, inoltre, che per poterla affrontare
deve cambiare strategia.
Ti ripropongo, a proposito, la struttura di come è formata la svolta, prima di mostrarti con un esempio la
differenza tra la prima e la seconda svolta.
La svolta (o colpo di scena) si compone di due fasi:
Nella prima fase: sembra che la situazione sia risolta.
Nella seconda fase: si scopre, invece, che il vero problema non è quello che il protagonista pensava di aver
risolto, ma un altro molto più grave.
Può essere generata:

da una reazione sbagliata del personaggio;


da un cambiamento dell’antagonista, che capisce il vero punto debole del protagonista e cambia strategia;
o dal protagonista stesso, che per affrontare il nemico decide di cambiare strategia, trovandosi un alleato che
conosca maggiormente il suo nemico (o problema) o facendo qualcosa di diverso e inaspettato per il nemico.
Vediamo un esempio di seconda svolta:
Una seconda svolta può essere, prendendo ad esempio la storia che abbiamo usato per la prima svolta (quella
dell’uomo che doveva ritrovare la moglie):
L’uomo riesce a capire cosa ha fatto cambiare la moglie: cioè, il suo carattere da marito distratto e assente.
Quindi, da quel momento deve dimostrare alla moglie di essere cambiato e di voler riportarla a casa perché le
manca davvero e perché non può vivere senza di lei. È lui l’unico che può far ritornare la moglie in sé.
L’obiettivo della storia non cambia neanche in questo caso, perché ciò che fa il protagonista è sempre cercare
di “ritrovare la moglie” di un tempo.
La posta in gioco del protagonista aumenta, perché deve cambiare se stesso e capire i suoi errori, e questo lo
avvicina alla sua più grande paura (l’origine del suo male): cioè, il fatto di non sentirsi in grado di fare il
marito e padre (si scopre da questa svolta che il problema era che lui passava più tempo a lavoro che in
famiglia, perché temeva di non saper fare il padre, e cercava così di evitare di passare molto tempo in
famiglia).
Quindi, a questo punto, crea questa seconda svolta in modo da far avvicinare il personaggio alla sua paura
più grande.

Con questo esempio, concludo la parentesi dedicata alla seconda svolta e il paragrafo che completa il secondo atto.
Infatti, questa seconda svolta è l’elemento con cui si conclude il secondo atto della storia.
Per completare la storia, devi andare a vedere gli elementi che compongono il terzo atto: ovvero, il finale della storia.
Se vuoi tornare indietro, puoi rivedere la lezione precedente sul primo atto.

IL TERZO ATTO (la parte conclusiva)


Il terzo atto è la parte finale del racconto, ovvero la conclusione della storia. È il più corto dei tre atti e dura
meno di un terzo del racconto (possiamo dire, infatti, che dura circa un quarto del racconto).
Mostra il personaggio nella sua “lotta” contro il nemico (la sua principale problematica, nonché paura più
profonda).
Chiude tutta la vicenda, mostrando l’esito dello scontro (ovvero se il personaggio riesce a raggiungere o
meno l’obiettivo iniziale che si era posto) e soprattutto, il cambiamento che tutta quella esperienza ha portato
nel personaggio e nell’ambiente in cui ha agito.
Il terzo atto è formato da questi 4 elementi che ne rafforzano l’efficacia di narrazione:

• Momento di resa e sconfitta;


• Rivelazione;
• Scontro finale (Climax);
• Finale (il Cambiamento).

Andiamo a vedere nel dettaglio cosa sono e come svilupparli.


Se vuoi tornare indietro, puoi rivedere le lezioni precedenti sul primo atto e sul secondo atto.

Momento di resa e sconfitta


La seconda svolta, con cui si conclude il secondo atto della storia, è un evento molto duro, che fa
comprendere al protagonista la dura realtà: ovvero la natura della sua vera paura (l’origine dei suoi mali).
Spesse volte l’origine dei suoi mali è egli stesso, ovvero un limite che si è costruito e che pensa di non poter
cambiare.
È qui, in questo momento, che arriva il nono elemento della storia: il momento di resa e sconfitta.
È un momento in cui il personaggio non ce la più. L’ostacolo che ha di fronte è talmente insormontabile, che
gli fa perdere la speranza e la fiducia in se stesso. In quest’occasione, il personaggio pensa seriamente di
arrendersi e lasciarsi soccombere alla paura.
Mettere il personaggio in questa condizione, serve a creare dubbi e incertezze sulla riuscita finale del
protagonista sulla sua paura. Quindi, fai in modo di metterlo in questa situazione di resa.
Trova il modo di mettere il personaggio in una situazione che lo faccia sentire solo e vulnerabile. Il
protagonista deve sentirsi piccolo di fronte alla grandezza del nemico (grandezza non fisica, ma soggettiva
per il personaggio).
Una volta che avrà vissuto questo momento, potrà rinascere attraverso il decimo elemento fondamentale
della storia: la rivelazione.

Rivelazione
Il decimo elemento essenziale di una storia è la rivelazione.
La rivelazione è il momento in cui il personaggio acquisisce un’informazione importante, utile ad eliminare
il suo nemico (ovvero, il problema principale).
Avviene come un’intuizione, nel momento in cui il personaggio pensa di arrendersi e lo spinge a rivedere la
sua decisione. È una presa di coscienza che gli mostra la soluzione al problema, gli fornisce le risposte che
cercava e gli infonde un barlume di speranza per vincere.
Creare un momento in grado di dare una rivelazione è molto importante e difficile, perché tutto il gran caos,
creato intorno al personaggio di una storia, deve trovare una soluzione. Questa soluzione deve essere “non
ovvia”, ma “sorprendente” in modo plausibile.
Il pubblico non deve aspettarsela, ma quando arriva, deve dire: “È vero! Come ho fatto a non pensarci! Ha
ragione!”. Questo è quello che intendo quando dico che deve essere “sorprendente” e “plausibile”. Significa
che la soluzione era presente sin dall’inizio, ma non si era mai vista, non era mai stata presa in
considerazione.
Il personaggio può vederla solo quando ha provato ormai di tutto e non vede nessuna soluzione. Questa
soluzione che si rivela, però, non dev’essere una cosa surreale (non si deve fare nulla di impossibile),
altrimenti si diventa ridicoli e poco credibili. Dev’essere una cosa fisicamente possibile all’interno della
storia e dell’ambiente che è stato creato (che può anche essere un mondo dove la morte non esiste e
l’impossibile è possibile, ad esempio).
La rivelazione, insomma, deve seguire le “leggi di quel mondo che è stato creato”, essere quindi naturale,
non forzata dall’autore, e portare il personaggio a trovare le risposte e le risorse in se stesso, per sconfiggere
la paura (il male).
Quindi, crea questa rivelazione e trova il modo di mostrarla al personaggio nel suo momento di più
sconforto.
Ecco, quindi, che la rivelazione ci porta all’undicesimo elemento della storia: lo scontro finale con la paura.

Scontro finale (Climax)


L’undicesimo elemento che forma una storia è lo scontro finale con il nemico (la paura più profonda e il suo
conflitto interiore). Questo scontro è il culmine della storia, l’ultimo ostacolo che si pone tra il personaggio e
il suo obiettivo.
In questo frangente, il personaggio si scontra con la sua paura più grande e si gioca il tutto per tutto. Da
questo scontro escono i vinti e i vincitori.
Se si è costruita una buona storia, sul finale, al protagonista non deve rimanere molto margine di scelta,
esiste una sola e unica soluzione al suo problema: ovvero, quella che ha acquisito durante la rivelazione.
Ora, il protagonista deve mettere in pratica questa sua rivelazione e scoprire se è la soluzione più giusta.
L’impiego della rivelazione, infatti, lo porta ad accettare il rischio di perdere la cosa più preziosa che ha, per
salvare qualcosa di oggettivamente più importante. È qui si vede il cambiamento: se il protagonista è riuscito
a crescere e maturare, e se tutto quello che ha imparato è stato utile o solo un grosso sbaglio.
Da questo scontro, il protagonista o perde tutto o vince (il rischio è totale).
Quindi, a questo punto, crea questo scontro profondo e mostra la maturità di cui si è arricchito il
personaggio, attraverso le azioni che egli compie per affrontare la sua paura. Al culmine di questo scontro,
mostra chi ne esce vincitore.
La vittoria o la sconfitta ci porta al dodicesimo e ultimo elemento fondamentale di una storia: il cambiamento
finale.

Finale (il cambiamento)


Il dodicesimo e ultimo elemento fondamentale di una storia è il cambiamento finale. È il risultato finale dopo
lo scontro tra il personaggio e il nemico. Mostra i risultati ottenuti, ovvero il raggiungimento o meno
dell’obiettivo desiderato, e i cambiamenti che tutto il percorso, affrontato dal personaggio, ha portato nella
vita del personaggio.
Aiuta a chiudere la storia, con un finale che porti a capire il senso di quella esperienza affrontata dal
personaggio (in altre parole, serve a far capire perché hai voluto tanto raccontare quella storia).
Il finale deve contenere le risposte alle domande aperte nel corso della storia, ovvero deve dire:

se il personaggio riesce a raggiungere o no il suo obiettivo;


chi vince la battaglia tra il protagonista e le forze antagoniste e quali cambiamenti nel personaggio e
nell’ambiente ha portato quell’esperienza.
Il finale necessita di cambiamenti. Senza cambiamenti non c’è storia. I cambiamenti fanno venire alla luce il
senso della storia (danno un significato particolare al personaggio e lasciano un messaggio al pubblico).
Quindi, crea un cambiamento importante nel personaggio, un cambiamento esistenziale: ovvero che cambia
la sua visione della vita, riguardo un tema molto importante che lo riguarda.

Con questo elemento, si conclude il terzo atto e l’intera storia. Ma vorrei lasciarti con un ultimo elemento
che è da posizionare al di fuori di questo schema, per via della sua posizione non collocabile in un punto
specifico, ma che è una parte molto importante della storia: ovvero, i personaggi secondari. Non devono
esserci per forza, ma ci sono quasi sempre e ti dirò il motivo della loro presenza.
Personaggi secondari e la creazione di trame secondarie
I personaggi secondari sono un elemento importante delle storie. Non devono esserci per forza, ma ci sono
quasi sempre per alcuni motivi che andremo a vedere.
I personaggi secondari sono quelli che hanno un ruolo minore all’interno della storia, e che aiutano il
personaggio principale nel percorso verso il suo cambiamento.
Come svolgono questo compito?
Questi personaggi creano trame secondarie sviluppate intorno alla sfera relazionale del personaggio
principale, in modo che si intreccino con il suo cammino e le sue scelte. In fondo, i problemi e le difficoltà
che si affrontano influenzano le relazioni, e viceversa. In questo intreccio, però, c’è una cosa davvero strana
e buffa.
I personaggi secondari “dovrebbero aiutare” il protagonista nella sua lotta contro i problemi, ma nonostante
questa loro lodevole volontà, agiscono su due fronti: da un lato lo aiutano a superare gli ostacoli, e dall’altro
“concorrono involontariamente a creare l’ostacolo successivo”. In pratica, lo aiutano, mettendolo
“involontariamente” ancora più nei guai, portandolo all’ostacolo successivo.
Un altro punto da ribadire è che le trame secondarie devono essere “sempre intrecciate” con la storia del
protagonista. Questo significa che, anche se i personaggi secondari agiscono separatamente dal protagonista,
le loro azioni devono incidere sempre sul protagonista (sul suo percorso di cambiamento).
Quindi, quando utilizzi questo elemento, crea dei personaggi secondari e intreccia le loro trame con il
percorso del protagonista. Fai in modo che questi lo ostacolino involontariamente, aiutandolo a crescere.

Questo è l’ultimo elemento che caratterizza una storia. Spero di averti aiutato a comprendere come strutturare una storia. Ora, puoi
lavorare sulle tue idee. Il seguente passaggio da fare è scegliere il genere con cui vuoi scrivere e vedere quali sono le caratteristiche di
quello stile.

Potrebbero piacerti anche