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Civile Sent. Sez. U Num.

8672 Anno 2019


Presidente: MAMMONE GIOVANNI
Relatore: GRECO ANTONIO
Data pubblicazione: 28/03/2019

Corte di Cassazione - copia non ufficiale


SENTENZA

sul ricorso 22055-2016 proposto da:


DE FILIPPO ROCCO S.N.C. DEI F.LLI DE FILIPPO, in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in
ROMA, PIAZZA S. CROCE IN GERUSALEMME 4, presso lo studio
dell'avvocato MARCO GHERARDI, rappresentata e difesa dagli
avvocati FRANCESCO RINALDI, ROBERTO GIUSEPPE DI MARTINO e
GAETANO DI MARTINO;
- ricorrente -

contro
REGIONE BASILICATA, in persona del Presidente della Giunta
regionale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NIZZA
56, presso l'Ufficio di Rappresentanza della Regione stessa,
rappresentata e difesa dall'avvocato FAUSTINA DEMURO;

- con troricorrente -

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C.L. REAL ESTATE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 79,
presso lo studio dell'avvocato ENRICO LUBRANO, che la rappresenta e
difende unitamente all'avvocato FILIPPO LUBRANO;

- controricorrente e ricorrente incidentale -

nonchè contro
V.A.S. ONLUS - ASSOCIAZIONE VERDI AMBIENTE E SOCIETA',
PANZA ANNA MARIA, COTILLI ANNA MARIA, MONTESANO RITA
MICHELINA, MONTESANO JOSE', ZACCARO DOMENICO, MAIO
CELESTE, CESARINO PASQUALE;

- intimati -

avverso la sentenza n. 226/2016 del TRIBUNALE SUPERIORE DELLE


ACQUE PUBBLICHE, depositata 18/07/2016.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
13/03/2018 dal Consigliere ANTONIO GRECO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale LUIGI SALVATO, che ha concluso per il rigetto del ricorso
principale, assorbito l'incidentale;
uditi gli avvocati Gaetano Di Martino e Filippo Lubrano.
FATTI DI CAUSA
La snc De Filippo Rocco dei fratelli De Filippo propone ricorso
per cassazione con quattro motivi, illustrati con successiva memoria,

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avverso la sentenza del Tribunale Superiore delle Acque pubbliche
che ha rigettato il ricorso proposto dalla detta società nonché da Anna
Maria Panza, Rita Michelina Montesano, José Montesano, Domenico
Zaccaro, Celeste Maio e Pasquale Cesarino, diretto all'annullamento
della deliberazione della Giunta regionale della Basilicata n. 1650 del
2012, relativa all'autorizzazione unica, rilasciata alla srl C.L.Real
Estate ai sensi dell'art. 12 del d.lgs. 387 del 2003, per la costruzione
e l'esercizio di un impianto per la produzione di energia elettrica da

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fonte idraulica, delle opere connesse e delle infrastrutture
indispensabili, in agro del Comune di Maratea, sul torrente Fiumicello.
Il TSAP, all'esito dell'esame congiunto dei motivi di censura,
perché intimamente connessi, li ha ritenuti infondati, "il che consente
- si legge nella sentenza - di prescindere dall'esame delle eccezioni di
inammissibilità sollevate, sotto una pluralità di profili, dalla RL Real
Estate srl", ed ha così rigettato il ricorso nel merito.
La srl CL Real Estate resiste con controricorso, articolando tre
motivi di ricorso incidentale. Anche la Regione Basilicata ha
depositato controricorso, mentre non hanno svolto attività nella
presente sede l'Associazione Verdi Ambiente e Società - V.A.S.
ONLUS, Anna Maria Panza, Anna Maria Cotilli, Rita Michelina
Montesano, José Montesano, Domenico Zaccaro, Celeste Maio e
Pasquale Cesarino.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo i ricorrenti, denunciando "Art. 360, n. 4, c.p.c.
Nullità della sentenza e del procedimento sotto i profili dell'inesistenza
e/o della mera apparenza della motivazione. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 152 del 2006. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 2719 c.c. e dell'art. 2697 c.c. Violazione e falsa
applicazione degli artt. 63 e 64 c.p.c.", assumono che il TSAP avrebbe
ritenuto che il progetto dell'impianto non andava assoggettato a
procedura di valutazione di impatto strategico e a valutazione di

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impatto ambientale, nell'erroneo presupposto che tale impianto
costituisse mera rimessa in esercizio di impianto preesistente in
disuso, mentre si tratterebbe in realtà di un impianto del tutto nuovo.
Il motivo è in parte infondato, con riguardo alla dedotta mera
apparenza della motivazione, ed in parte inammissibile, perché non
coglie la ratio decidendi della pronuncia.
Il richiamo ad un preesistente impianto in disuso ha infatti
nell'economia della decisione una funzione in termini assai lati

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descrittiva, essendo individuata la realizzanda centrale idroelettrica
dalla delibera della Regione Basilicata impugnata, alla cui lettura la
sentenza rimanda (pag. 7).
Il Tsap ha puntualizzato come correttamente la valutazione di
impatto strategico era stata esclusa perché riferita ai piani ed i
programmi, come stabilito dall'art. 5 del d.lgs. n. 152 del 2006, "e
non anche ai singoli progetti qual è quello di cui si discute, ai quali si
attaglia la valutazione di impatto ambientale; che nella specie non
sarebbe stata necessaria una previa variante al piano urbanistico,
atteso che "proprio il rilascio dell'autorizzazione unica ex art. 12 del
d.lgs. n. 387 del 2003 costituisce ove occorra variante allo strumento
urbanistico";
come l'amministrazione regionale non illegittimamente aveva
escluso che il progetto in esame dovesse essere sotto-posto alla
valutazione di impatto ambientale, "trattandosi di impianto di piccola
taglia, ai sensi dell'art. 20, comma 5, del d.lgs. n. 152 del 2006 ..." e
alla luce di quanto disposto dall'art. 15, comma 1, della legge
regionale n. 47 del 1889 ..." in tema di termine dall'avvio della
procedura per la pronuncia sulla necessità di sottoposizione del
progetto a v.i.a.;
e come le valutazioni circa l'esclusione dell'assoggettabilità a
v.i.a. per mancanza di un suo significativo impatto sull'ambiente
costituiscono espressione della discrezionalità attribuita

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all'amministrazione per la cura dello specifico interesse pubblico ed
impingono nel merito dell'attività amministrativa: come tali sfuggono
al sindacato del giudice amministrativo, salvo che non siano
palesemente illogiche , irragionevoli, irrazionali, arbitrarie, ovvero
viziate da un macroscopico travisamento dei fatti , elementi tutti che
non si rinvengono nel caso di specie , e neppure sono adeguatamente
prospettate.
Col secondo motivo, denunciando "Art. 360, n. 4, c.p.c. Nullità

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della sentenza e del procedimento sotto i profili dell'inesistenza e/o
della mera apparenza della motivazione. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 152 del 2006. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 15 della legge regionale n. 47 del 1998", i
ricorrenti lamentano la violazione dell'ultima norma in rubrica -
secondo la quale trascorso il termine di sessanta giorni dall'avvio
della procedura (che nella specie andrebbe individuato nel 16 maggio
2010, con conseguente scadenza ), in mancanza di determinazione in
ordine al non assoggettamento a valutazioni, "il progetto sì intende
sottoposto a valutazione" (e nella specie l'ufficio si sarebbe
pronunciato solo il 20 novembre 2001).
Il motivo è infondato in quanto, secondo il giudice delle acque
la decorrenza del termine non può decorrere dalla richiesta di
autorizzazione unica avanzata dalla ETB il 27 gennaio 2012, ma
piuttosto già alla precedente richiesta di pubblicazione dell'avviso
della procedura di verifica ambientale per lo stesso progetto,
avanzata il 15 maggio 2010 dalla stessa ETB scarl, "richiesta
culminata nella determinazione dell'Ufficio Compatibilità Ambientale
della Regione... ... recante l'esclusione del progetto dalla valutazione
v.i.a. proprio ai sensi dell'art. 20, comma 5, del d.lgs. n. 152 del
2006, e dell'art. 15, comma 1, della legge regionale n. 47 del 1998,
determinazione rispetto alla quale alcun rilievo risulta essere stato
avanzato dai ricorrenti".

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Con il terzo motivo, denunciando "Art. 360, n. 4, c.p.c.Nullità
della sentenza e del procedimento sotto il profilo dell'inesistenza e/o
della mera apparenza della motivazione. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 152/2006. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 14 della legge regionale n. 25 del 1998", i
ricorrenti si dolgono della mancata partecipazione dell'Ufficio
regionale della Protezione civile in sede di conferenza di servizi, come
ufficio competente, a norma dell'art. 14 della legge regionale n. 25

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del 1998 come ufficio competente in materia di pianificazione
urbanistica. Secondo i ricorrenti il progetto dell'impianto avrebbe
dovuto comportare una variante urbanistica per il cui rilascio sarebbe
necessario il nullaosta del detto ufficio.
La censura va disattesa, in quanto, come osservato dalla
sentenza impugnata, non poteva sostenersi che nella specie "sarebbe
stata necessaria una previa variante al piano urbanistico, per il fatto
che l'area interessata alla realizzazione del progetto non era
urbanisticamente destinata a zona D omogenea: è sufficiente rilevare
al riguardo che proprio il rilascio dell'autorizzazione unica ex art. 12
del d.lgs. n. 387 del 2003 costituisce ove occorra variante allo
strumento urbanistico".
Col quarto motivo, denunciando "Art. 360, n. 4, c.p.c. Nullità
della sentenza e del procedimento sotto i profili dell'inesistenza e/o
della mera apparenza della motivazione. Violazione - falsa
applicazione dell'art. 20 del d.lgs. n. 152 del 2006. Violazione e falsa
applicazione dell'art. 55 cod. nav. Violazione e falsa applicazione
dell'art. 2719 c.c. e dell'art. 2697 c.c. Violazione e falsa applicazione
degli artt. 63 e 64 c.p.c.", i ricorrenti di dolgono della mancata
partecipazione del Demanio pubblico in sede di conferenza di servizi,
considerata la necessità, posta dall'art. 55 cod. nav.,
dell'autorizzazione del capo compartimento ove siano costruite nuove

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opere ad una zona inferiore a 30 metri dalle aree di proprietà del
Demanio stesso.
Il motivo è inammissibile, in quanto muove dall'erroneo
presupposto di una distanza di meno di trenta metri delle aree in
discorso dal Demanio marittimo, laddove la sentenza impugnata
contiene un accertamento di fatto sul punto, specifico e privo di vizi
logici, che non viene adeguatamente censurato, nel senso che
nell'articolato e complesso iter procedimentale che aveva condotto

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all'emanazione della delibera "non risultava necessaria la presenza
anche dell'autorità demaniale marittima" perché i terreni non avevano
"la relativa natura".
Il ricorso deve essere pertanto rigettato, con assorbimento
dell'esame dei motivi di ricorso incidentale della CL Real Estate srl,
già assorbiti in primo grado dal rigetto nel merito del ricorso.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano
come in dispositivo.
Ai sensi dell'art. dell'art. 13, comma 1- quater del d.P.R. n. 115
del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento,
da parte dei ricorrenti principali, dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 - bis dello stesso articolo.
P.Q. M .
La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale, e
condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio, liquidate
in euro 3.500 per ciascuno dei contro ricorrenti, oltre alle spese
liquidate in euro 200 per ciascuno dei contro ricorrenti.
Ai sensi dell'art. dell'art. 13, comma 1- quater del d.P.R. n. 115
del 2002, si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento,
da parte dei ricorrenti principali, dell'ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a
norma del comma 1 - bis dello stesso articolo.

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Così deciso in Roma, il 13 marzo 2018
Il consigliere estensore

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