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Contro il soggetto ‘cannibale’. Rileggendo Lévi-Strauss
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Contro il soggetto ‘cannibale’. Rileggendo Lévi-Strauss
quale al di fuori della propria cultura non c’è che la barbarie, essendo il
proprio modo di vivere il solo “umano”.
Questo modo di ragionare è invece profondamente barbarico: quando
pretendiamo di stabilire una discriminazione tra le culture, ci identifichia-
mo nel modo piú completo con ciò che cerchiamo di negare. Il barbaro è
anzitutto “l’uomo che crede nella barbarie”21 e che ritiene di poter fare
“legittimamente” violenza al prossimo sulla base delle proprie “giuste”
credenze: “Nelle Grandi Antille, pochi anni dopo la scoperta
dell’America, mentre gli spagnoli spedivano commissioni d’inchiesta per
stabilire se gli indigeni fossero o no dotati di un’anima, questi ultimi si
occupavano di immergere i prigionieri bianchi sott’acqua per verificare,
con una sorveglianza prolungata, se il loro cadavere fosse o meno sogget-
to a putrefazione”22.
Lévi-Strauss rifiuta l’idea di classificare le culture in termini evoluzio-
nistici: le culture non formano un’unica linea evolutiva culminante nella
cultura occidentale. La classificazione delle culture è un fatto relativo che
dipende dai parametri valutativi che si assumono. Le altre culture, o
meglio, le culture “altre” non sono tappe arretrate della nostra cultura; esse
hanno quasi sempre l’età della nostra, pur avendo usato diversamente il
tempo a disposizione: “non esistono popoli bambini, tutti sono adulti,
anche quelli che non hanno tenuto il diario della loro infanzia e della loro
adolescenza”23. Nessuna cultura ha il monopolio della perfezione antro-
pologica: “Ciascuna delle decine e centinaia di migliaia delle società che
sono coesistite sulla terra, o che si sono succedute da quando l’uomo vi ha
fatto la sua propria apparizione, si è valsa di una certezza morale, simile a
quella che potevamo invocare noi stessi, per proclamare che in essa –
fosse pure ridotta a una piccola banda nomade o a una capanna sperduta
nel cuore della foresta – si condensavano tutto il senso e la dignità di cui
è suscettibile la vita umana. […] Ci vuole una buona dose di egocentrismo
e di ingenuità per credere che l’uomo sia interamente rifugiato in uno solo
dei modi storici e geografici del suo essere, quando, invece, la verità del-
l’uomo sta nel sistema delle differenze e delle loro comuni proprietà”24.
I disastri provocati dall’ascesa irresistibile della civiltà occidentale
dimostrano, secondo Lévi-Strauss, che la storia non può venire considera-
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NOTE
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Contro il soggetto ‘cannibale’. Rileggendo Lévi-Strauss
1973, p.16. Per una piú ampia ricostruzione biografico-intellettuale della forma-
zione di Lévi-Strauss cfr., inoltre, dello stesso Moravia, La ragione nascosta.
Scienza e filosofia nel pensiero di C. Lévi-Strauss, Sansoni, Firenze 1969.
13 C. LÉVI-STRAUSS, Antropologia strutturale, trad. it. di P. Caruso, Il
Saggiatore, Milano 1966, p.73 (1ª ed., Plon, Paris 1958).
14 C. LÉVI-STRAUSS, Tristi tropici, cit., pp.54-55.
15 Ivi, p.51.
16 Cfr. C. LÉVI-STRAUSS, Mitologica: il crudo e il cotto, trad. it. di A. Bonomi,
Il Saggiatore, Milano 1966 (1ª ed., Plon, Paris 1964).
17 Cfr. P. CARUSO, Ragione analitica e ragione dialettica nella nuova antropo-
logia, in “Aut-Aut”, 1964, 84, pp.52-60.
18 C. LÉVI-STRAUSS, Razza e storia e altri studi di antropologia, trad. it. di P.
Caruso e G. Neri, Einaudi, Torino 1967, p.92.
19 C. LÉVI-STRAUSS, Il pensiero selvaggio, cit., p.268.
20 C. LÉVI-STRAUSS, Razza e storia, cit., pp.93-94.
21 Ivi, p.106.
22 Ib.
23 Ivi, p.112.
24 C. LÉVI-STRAUSS, Il pensiero selvaggio, cit., pp.270-271.
25 C. LÉVI-STRAUSS, Tristi tropici, cit., p.139.
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