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A 250 milioni di anni luce il buco nero della galassia NGC 1275 emette un "sì"
talmente basso da non poter essere udito da orecchio umano. In
un'immaginaria tastiera di pianoforte lunga a piacere la nota si trova 57
ottave sotto il "do" centrale. Il suono emesso dal buco nero ha una lunghezza
d'onda di 36 mila anni luce e con la sua possanza scalda la gigantesca nube di
gas e polveri che circonda il buco nero. La nota celestiale è prodotta, secondo
Andy Fabian di Cambridge, autore della "osservazione", dalla tremenda
energia liberata dal buco nero che increspa i gas che gli fan corona.
E' consolante che la scienza moderna torni a parlare di una sorta di musica
delle sfere, che accompagna l'osservazione dei cieli da qualche millennio
prima di Cristo. Già Dante nel Paradiso raccoglieva un'eredità secolare
quando cantava:
Questa mistica unione di armonia prodotta dalla "girazione" delle sfere celesti
con la luce onnispandente si ritrova in Cicerone, che a Scipione Aureliano fa
ascoltare, durante il sonno, la medesima musica, e che gli fa chiedere, stupito:
"Quid?, hic - inquam - quis est, qui complet aures meas tantus et tam dulcis
sonus?". "Hic est - inquit - ille, qui intervallis coinunctus imparibus, sed
tamen pro rata parte ratione distinctis, impulsu et motu ipsorum orbium
efficitur et acuta cum gravibus temperans varios aequabiliter concentus
efficit; nec enim silentio tanti motus incitari possunt, et natura fert, ut
extrema ex altera parte graviter, ex altera autem acute sonent. (Somnium
Scipionis, 18)
"Ma che suono è questo, così intenso e armonioso, che riempie le mie
orecchie?". "È il suono", rispose, "che sull'accordo di intervalli regolari,
eppure distinti da una razionale proporzione, risulta dalla spinta e dal
movimento delle orbite stesse e, equilibrando i toni acuti con i gravi, crea
accordi uniformemente variati; del resto, movimenti così grandiosi non
potrebbero svolgersi in silenzio e la natura richiede che le due estremità
risuonino, di toni gravi l'una, acuti l'altra".
"Duo sunt, quae nobis harmonias in rebus naturibus patefaciunt, vel lux vel
sonus" (Harmonice Mundi, liber V caput IV)