de Rome
Grilli Alberto. Su due passi delle Tuscolane di Cicerone (I, 87-88 e III 8-11). In: Mlanges de philosophie, de littrature et
d'histoire ancienne offerts Pierre Boyanc. Rome : cole Franaise de Rome, 1974. pp. 345-356. (Publications de l'cole
franaise de Rome, 22);
http://www.persee.fr/doc/efr_0000-0000_1974_ant_22_1_1684
A
Idque esse miserum? Certe ita dicant An potest is qui non est re ulla carere?
necesse est.
C D
Triste enim est nomen ipsum carenai, 88. Hoc premendum etiam atque etiam est
et urguendurti, confirmato ilio de quo, si
mortales animi sunt, dubitare non possu-
mus, quin tantus interitus in morte sit
ut ne minima quidem suspicio sensus re-
linquatur. Hoc igitur probe stabilito et
fixo, illud excutiendum est, ut sciatur
quid sit carere, ne relinquatur aliquid
erroris in verbo.
(*) M. Giusta, Due edizioni originali delle Tusculane ?, Atti Acc. Scienze Torino,
103, 1968-69, pp. 62 (estratto).
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quia subicitur haee vis: habuit, non habet; Carer e igitur hoc significat: egere eo
desiderai, requirit, indiget. quod habere velis. Inest enim velie in
carendo,
nisi cum sic tamquam in jebri dicitur
alia quadam notione verbi. Dicitur enim
alio modo etiam, carere, cum aliquid non
habeas et non habere te sentias,
etiamsi id facile pattare.
Carere in morte non dicitur; nec enim
esset dolendum.
IIaec, opinor, incommoda sunt carentis. Dicitur Mud: bono carere, quod est malum.
Caret oculis, odiosa caecitas; liberis, orbitas. Sed ne vivus quidem bono caret, si eo
Valet hoc in vivis, non indiget.
Sed in vivo intellegi tarnen polest
regno te carere; dici autem hoc in te satis
subtiliter non potest: posset in Tarquinio,
cum regno esset expulsus.
mortuorum autem non modo vitae com- At in mortuo ne intellegi quidem. Carere
modis, se ne vita quidem ipsa quisquam enim sentientis est, nec sensus in mortuo;
caret. ne carere quidem igitur in mortuo est.
(!) Galen, defin. vied. 1 (19, 349 .); Suda 627 aggiunge che :
-. Si veda in mondo latino Gelilo, 1, 25, 11: sed profeclo
non id fuit Varroni negotiuni ut indutias superstitiose definirei et legibus rationibusque
omnibus definitionum inserviret. Satis enim vistivi est eiusmodi facere dernonstrationem,
quod genus Graeei magis et quani vocant.
(2) Cio il vedere e l'avere i figli.
(3) Ecquis id dixeritf Nemo certe.
(4) Si noti come la ne minima quidem suspicio sensus si rifaccia a 1, 34, 82: num
igitur aliquis dolor aut omnino post mortevi sensus in corpore estf nemo id quidem dicit.
(5) La iicapitolazione che fa perno su due elementi gi noti (hoc e ilio)
introdotta senza nessuna congiunzione coordinante; se poniamo lo stesso periodo dopo
B, cio dopo un ergo e un an, tutto lascia molto perplessi formalmente parlando.
SU DUE PASSI DELLE TUSCOLANE DI CICERONE 349
Ma qui dice:
Qualora non si abbia qualche cosa e ci si accorga di non averla
anche se lo si tollera facilmente
se ne manca .
tema come quello dei commoda vitae, che opinio communis, non fosse
venuto in mente a Cicerone immediatamente, quando era tema diffu-
sissimo dall' Assioco a Lucrezio il ...
(1).
Crisippo del tutto analoga alla del corpo (SVF III 471, p. 121,
15 dal crisippeo), cos come i sono ():
tranquillitas eonsta?itiaque non terminologia antica, solo l'inverso della
stoica. Tutto del resto cos poco romano che l'aggiunta
su amentia e dementia ha ogni apparenza di nascere, direttamente
indirettamente, dall'osservazione platonica che
, di cui una forma la , strettamente legata alla (2).
Il che, a mio modo di vedere, confermato da un altro elemento
platonico nella sanitas:
::' e a sua volta . . .
(resp. 444d). Tutti concetti cui poteva
Cicerone tranquillamente ricorrere, dato che lo stoicismo non aveva nulla
da eccepire e ne scaturiva un insieme senza contraddizioni.
Certo Cicerone non perspicuo, ma non lo perch ha voluto portare
a gloria romana concetti greci, quindi gli sfugge quel censebant, che egli
vuoi riferire agli antichi Romani, ma in sostanza manca d'un soggetto,
perch in realt soggetto sono i filosofi greci. Se teniamo presente questa
impostazione romana (che non , in questa et, solo di Cicerone, ma
compare perfino in mondo greco (3)), tutto diviene molto pi chiaro. Per
esempio l'ambiguo qui haec rebus nomina posuerunt: chi sono? Dal
ragionamento, come formalmente lo ha fatto fin qui Cicerone, devono essere i
Eomani; mentre da quel che segue devono essere i Greci, perch altrimenti
non ha senso hoc idem quod a Socrate acceptum diligenter Stoici retinuerunt.
Anche qui se avessimo il solo Cicerone saremmo indotti in errore: ben
vero che c' rapporto tra Socrate e stoici a proposito della e lo
cogliamo da ci che ci tramanda Senofonte (mem. 3, 9, 6):
' ... . . .
; tanto che la definizione stoica di appunto
' (SVF III 663). Ma mentre cogliamo una ragione
in pi di perch all'inizio Cicerone abbia contrapposto alla sapienta =
la insania = , dobbiamo riconoscere che i passi greci non
dicono quello che Cicerone vorrebbe, cio omnes insipientes esse non sanos.
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i1) Si noti come anche qui gli antichi Romani nonien posuerunt, secondo la nota
etimologia (concepihile in greco) di da e , propria d'Aristotele (de
philos, fr. 8 WR = 1 Unterst.). In amentia ci vuoi essere un rapporto etimologico con
lumine mentis carentem e perci solo al suo seguito abbiamo eandemque
dementiamo infatti solo la dementia .
(2) Oltre al fatto che ita fit riprende, ovviamente, il paragone animus in aliquo
morbo corpus quod in morbo est.
(3) Che si rifa contemporaneamente al 10 su quanto detto dagli stoici e al 9b
sulla sanitas, come ben fondate premesse.
(4) Cloni. Alex, strm. 2, 13, 59, 6; la in Amm. adj.
roc. 313.
(5) S VF III 478.
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