Sei sulla pagina 1di 17

Convegno Thomas International: Quale felicit per lEuropa di oggi?

Palermo 18 ottobre 2006

FELICIT, BENE E AMICIZIA


DIETRICH VON HIDEBRAND LEGGE ARISTOTELE

Paola Premoli De Marchi

Premessa
Il titolo di questo convegno: Quale felicit per lEuropa di oggi? pu essere anche inter-
pretato come lespressione di una certa preoccupazione per la situazione politica e cultu-
rale attuale, che si presenta come piena di confusione e incertezze, non di rado addirittura
critica. Lesperienza ci mostra che sovente i momenti di crisi della storia dellumanit
hanno avuto come effetto secondario un rinnovamento della cultura in generale e della
riflessione sulluomo in particolare. Per questo vorrei proporre di considerare un periodo
che forse fu il pi tragico della storia recente dellEuropa, e precisamene i decenni centrali
del ventesimo secolo. In quellepoca porre la domanda di una felicit per lEuropa sarebbe
risultato ancora pi anacronistico di oggi. Proprio negli anni dei nazionalismi prima, e dei
totalitarismi poi, e in gran parte come reazione ad essi, ci fu una significativa spinta in
avanti di quella svolta antropologica della filosofia che gi Kant aveva rilevato come
aspetto importante del pensiero moderno. Diversi pensatori europei, perlopi toccati
direttamente dalle persecuzioni da parte di regimi di vario colore, si sentirono interpellati
a riflettere in modo nuovo su chi luomo, e soprattutto, su chi come individuo e come
cittadino. Le prospettive dominanti si erano rivelate come tragicamente fallimentari; sia
lindividualismo sia il collettivismo stavano dimostrando a prezzo di milioni di vite
umane di non essere in grado di render conto di ci che luomo veramente. Scrive al
proposito il filosofo ebreo Martin Buber:
se lindividualismo non comprende che una parte delluomo, il collettivismo non comprende
luomo che come parte. N luno n laltro procede verso lintegralit delluomo, verso luomo come
totalit. Lindividualismo considera luomo soltanto nello stato di relazione con se stesso, il
collettivismo non vede affatto luomo, non vede che la societ. Nelluno il volto delluomo
deformato, nellaltro mascherato.1
Se tu prendi lindividuo come tale, vedrai delluomo proprio solo quanto vedi della luna, poich solo
luomo-con luomo pu offrire una piena immagine. Se tu consideri la collettivit come tale, allora
vedrai quel tanto delluomo come se vedessi la via lattea: perch i contorni siano netti, occorre sempre
luomo con luomo.2

Buber stesso riconosce che in questa svolta antropologica della filosofia, un ruolo
importante va attribuito a Edmund Husserl e alla scuola da lui iniziata, la fenomenologia.
Non un caso, ma una necessit quanto mai significativa che le opere pi importanti nell'ambito
dell'antropologia filosofica siano venute alla luce durante i dieci anni susseguenti la prima guerra
mondiale. E non neppure un caso, mi sembra, che l'uomo alla cui scuola e secondo i cui metodi sono

1 M. Buber, Il problema delluomo, Elledici, Torino 1990, p. 119.


2 Ivi, p. 125.

1
nati i pi mordenti tentativi del nostro tempo rivolti all'edificazione d'una antropologia filosofica
autonoma, Edmund Husserl, sia stato un ebreo di lingua tedesca...3

Dietrich von Hildebrand appartiene a pieno diritto a questo particolare momento storico.
Egli fece parte dei primi circoli di allievi di Husserl, sorti a partire dal 1907 tra Monaco e
Gottinga, ed considerato tra i padri della corrente realista della fenomenologia. Inoltre, si
oppose apertamente al nazionalsocialismo fin dai suoi albori, tanto che al momento del-
lannessione dellAustria da parte della Germania nel 1933, fu definito dallambasciatore
tedesco a Vienna, il nemico pubblico numero uno di Hitler, e riusc a sfuggire alla
Gestapo solo poche ore prima che venisse ad arrestarlo, intraprendendo un fortunoso
viaggio attraverso lEuropa che ebbe fine nel 1940, con lo sbarco negli Stati Uniti, che
divennero la sua nuova patria.
Come enunciato dal titolo, intendo presentare Hildebrand a partire da una prospettiva
assai specifica, e cio come lettore di Aristotele. La riflessione hildebrandiana troppo
legata alla fenomenologia contemporanea - quanto al metodo - e alla tradizione platonico-
agostiniana - quanto ai contenuti -, per poter essere considerata aristotelica. Cionono-
stante, Aristotele fu per Hildebrand una ricca fonte di ispirazione. In sede introduttiva
vorrei indicare tre punti generali sui quali Aristotele e Hildebrand si trovano su un terreno
comune, cos da giustificare lidea di proporre un dialogo tra questi due pensatori, al di l
della distanza teoretica e temporale che li separa. In seguito tenter di illustrare in che
modo si pu dire che Hildebrand sia stato influenzato da Aristotele e soprattutto
dallEtica Nicomachea e sia andato oltre Aristotele, riguardo ai tre temi che ci interessano:
la relazione interpersonale, il bene e la felicit. 4
Un primo punto di incontro tra Aristotele e Hildebrand riguarda la prospettiva
gnoseologica: entrambi, infatti, appartengono alla tradizione realista della filosofia. Nel
primo libro dell'Etica Nicomachea, Aristotele si appella al fatto come ultimo criterio di
verit.5 Presupposto dichiarato della teoria della conoscenza hildebrandiana il ritorno
alle cose stesse predicato da Husserl nelle Ricerche Logiche, e interpretato da Hildebrand
in senso realista, al punto da essere utilizzato come capo daccusa per rompere con
levoluzione successiva del pensiero husserliano. Inoltre, Hildebrand condivide con
Aristotele lidea del sapere filosofico come conoscenza di ci che necessariamente o
perlopi, di ci che sostanziale e non accidentale, dunque di quellessere sovrasensibile,
che si chiama cos non perch riguarda ci che astratto o prodotto dalla mente, bens ci
che fondamento oggettivo metafisico della realt fisica. Questa consapevolezza della spe-
cificit del sapere filosofico pu offrire una risposta alle questioni sollevate nelle sessioni
precedenti di questo convegno, riguardo alla possibilit di sostenere lintelligibilit del
reale, cos come riguardo alla fondazione della discussione sul diritto naturale e sui diritti
umani, perch fa della ricerca sui fondamenti il campo proprio di indagine del filosofo.
Un secondo punto che avvicina Hildebrand e Aristotele riguarda il metodo scelto per
studiare i rapporti umani. I libri dell'Etica Nicomachea dedicati all'amicizia si riferiscono ad

3 Ivi, p. 73.
4 Le opere hildebrandiane che pi direttamente interessano la nostra riflessione sono quelle di etica, e
soprattutto Christian Ethics, (David McKay, New York 1953. 2^ed. Ethik, in Gesammelte Werke II, Kohlham-
mer, Stuttgart 1973) e Moralia, (Moralia, in Gesammelte Werke, Band IX, Josef Habbel, Regensburg 1980) e
quelle dedicate alla filosofia sociale, in particolare Metaphysik der Gemeinschaft, (Haas & Grabherr, Augsburg
1930; 3^ ed. ampliata in Gesammelte Werke, Band IV, Habbel, Regensburg 1975) e Das Wesen der Liebe, (in
Gesammelte Werke, III, Josef Habbel, Regensburg 1971, tr. it. a cura di Paola Premoli De Marchi, Bompiani,
Milano 2002).
5 Capitoli 2 e 7.

2
essa in due sensi: talvolta in un senso ampio, nel quale lamicizia va ad indicare l'elemento
affettivo, unitivo, e di benevolenza, concordia e beneficenza presente in ogni relazione
umana positiva.6 Altre volte invece indica, cos come l'uso comune nella lingua italiana,
quella specifica relazione tra due persone, che si scelgono a causa di una comunanza di in-
teressi, entrano in confidenza reciproca e instaurano un rapporto dotato di una certa stabi-
lit, ma n strutturato da legami formali, n derivante dallinnamoramento o dallattrazio-
ne erotica. Anche se Aristotele oscilla con una certa libert dalluno allaltro significato,
questa distinzione assai interessante dal punto di vista filosofico, perch permette di
distinguere tra la relazione di amicizia in senso proprio, e la componente amicale che pu
connotare ogni relazione umana unificante, sia lamore sponsale, o quello fraterno, o anche
le relazioni asimmetriche, come tra padre e figlio o tra maestro e discepolo.
Anche Hildebrand utilizza un procedimento analogico per studiare i rapporti umani.
Egli infatti affronta lanalisi dellamore, studiandolo prima nel suo senso generale di rela-
zione affettiva e unitiva che connota relazioni assai differenti tra loro, e poi in modo speci-
fico, nella suddivisione tra le diverse categorie; nel far questo privilegia su tutte lanalisi
dellamore sponsale, che considerato esemplare per comprendere anche le altre
categorie.
Mentre Aristotele, per, con la scelta dell'amicizia come modello esemplare per le altre
forme di relazione, ha privilegiato ci che comune a tutti i rapporti umani lelemento di
unione e di benevolenza -, Hildebrand con la scelta dell'amore sponsale, pone come termi-
ne di riferimento dellanalogia la relazione pi perfetta e totalizzante, dunque quel tipo di
relazione che contiene nella forma pi alta ed esclusiva gli elementi delle altre, come la
pienezza affettiva, la condivisione dellesistenza, il coinvolgimento dellintimit, la profon-
dit del legame e la capacit di attualizzare la persona. Questa differenza un riflesso del-
la diversa prospettiva metafisica dei due filosofi: Aristotele parte dallessere, per arrivare
alla sostanza come essere in senso proprio e allessere assoluto; Hildebrand considera la
riflessione aristotelica sulla sostanza e la dottrina delle quattro cause come fondamenti ine-
ludibili della metafisica, ma pone al centro la metafisica della persona, come sostanza pi
perfetta, e fonte di relazioni spirituali incomparabilmente superiori rispetto alle relazioni
della realt impersonale.
Un terzo punto che avvicina Hildebrand ad Aristotele riguarda la questione della natu-
ra sociale delluomo: a questo proposito linfluenza di Aristotele su Hildebrand emerge fin
dalla somiglianza strutturale tra i libri dellEtica Nicomachea dedicati allamicizia, e la pri-
ma e fondamentale opera hildebrandiana dedicata alla socialit, Metaphysik der Gemein-
schaft, Metafisica della comunit, apparsa nel 1930.
A partire dallamicizia intesa in senso ampio, Aristotele analizza anche le forme comu-
nitarie dellesistenza umana, affermando implicitamente la sostanziale analogia tra lessen-
za dei rapporti interpersonali e la natura delle strutture sociali. Fondamento dellanalogia
la concezione della natura sociale delluomo che non chiamato alla solitudine, ma
allamicizia, dunque sia alle relazioni interpersonali, sia allamicizia politica, alla concordia
della comunit civile.7
La struttura di Metaphysik der Gemeinschaft, rivela la stessa idea della sostanziale somi-
glianza tra le leggi che regolano i rapporti interpersonali e quelle che stanno alla base delle

6 San Tommaso descrive cos lamicizia, facendo riferimento ad Aristotele: Et sic ad amicitiam pertinent tria,
scilicet benevolentia, quae hic dicitur affectus; et concordia; et beneficentia, quae hic vocatur humanitas. (S.
T., II-II, q 80.)
7 Etica Nicomachea, 1155 a; cfr anche Etica Eudemia, 1235 a.

3
comunit. Anche Hildebrand intende luomo come essere essenzialmente ordinato ad
entrambi i tipi di relazione.
La riflessione sullo statuto metafisico della persona conduce Hildebrand ad affermare
che luomo deve essere spiegato alla luce delle analisi delle relazioni specificamente spiri-
tuali che egli solo, unico in tutta la natura, pu compiere. E da qui, possibile la conci-
liazione della sua individualit inalienabile con il suo essenziale ordinamento alla so-
cialit. Tale ordinamento non costituisce dunque un aspetto accidentale o marginale della
persona, ma riguarda il senso stesso della persona umana, che essenzialmente dialogica,
e ha come interlocutori privilegiati, proprio perch pari a s, gli altri uomini.8 Fatte queste
premesse, proviamo allora a considerare i tre temi della relazione interpersonale, del bene
e della felicit, nella prospettiva di una lettura hildebrandiana di Aristotele.

1. La natura della relazione Io-tu


Come noto, nell'Etica Nicomachea Aristotele afferma che perch si dia amicizia occorre
che ci sia mutua benevolenza e che ciascuno voglia ci che bene per laltro senza tenerlo
nascosto. (1156A 3-5)
Possiamo individuare due lati essenziali di questa definizione: uno formale che riguarda
la struttura della relazione, e cio la reciprocit e la comunicazione, e uno materiale, che
riguarda il contenuto della relazione, e cio latteggiamento di mutua benevolenza e la
volont del bene dellaltro. Nessuno di questi elementi del tutto nuovo nel pensiero
antico. Platone nel Liside gi afferma che lamore desiderio della felicit per laltro (207
d), e che presuppone una certa reciprocit e simmetria (212 a-216 e). Aristotele, per ha
intuito che il bene che lamore vuole dellaltro per se stesso, aprendo cos il varco ad
una riflessione sulla persona ai suoi tempi ancora prematura, e invece portata avanti, come
abbiamo visto, da Hildebrand.9

a) La comunicazione come fonte della relazione interpersonale


Hildebrand teneva sempre a precisare di aver avuto molti validi docenti, ma di ricono-
scere come proprio vero maestro solo Adolf Reinach, un promettente assistente di Husserl,
scomparso prematuramente durante la prima guerra mondiale. Nella sua opera pi nota,
I fondamenti a priori del diritto,10 Reinach arriva a dare una definizione di un tipo particolare
di atti umani: gli atti sociali. Egli afferma che questi comprendono ogni atto della persona
che implica un'altra persona come destinatario consapevole, e che ha un contenuto deter-
minato come oggetto dell'atto, comune ai due interlocutori. Gli atti sociali sono riconduci-
bili alla formula: Io prometto/comunico/chiedo qualcosa a qualcuno.11 facile vedere
come la definizione di atto sociale di Reinach sia molto vicina a ci che abbiamo indicato
come lelemento formale della definizione di amicizia aristotelica.

8 D. von Hildebrand, Die korporative Idee und die natrlichen Gemeinschaften, in Der Katholische Gedanke,

Augsburg, Jg. 6 (1933), p. 48-56, qui p. 50.


9 Il commentatore Silvestro Mauro cos riassume la posizione di Aristotele: amicitia est mutua benevolentia

non latens, per quam aliqui bene sibi volunt ad invicem gratia ipsorum propter honestatem, iucunditatem
vel utilitatem.
10 Die apriorischen Grundlagen des brgerlichen Rechts, Halle 1921, tr. it., I fondamenti a priori del diritto civile, (a

cura di) D. Falcioni, Giuffr 1990.


11 Sulla filosofia della relazione in Adolf Reinach, cfr. D. Falcioni, Le regole della relazionalit. Uninterpretazione

della fenomenologia di Adolf Reinach, Giuffr, Milano 1991 e J. Dubois, Judgment and Sachverhalt. An Introduction
to Adolf Reinachs Phenomenological Realism, Martinus Nijhoff, Dordrecht 1995.

4
Hildebrand parte dalle analisi di Reinach e le approfondisce, fino a descrivere le tappe
che dal pi elementare e casuale contatto interpersonale conducono a costituire una vera e
propria relazione tra due persone.

Il contatto intenzionale, ma non reale


Il contatto tra noi e le cose pu essere solo fisico o anche spirituale. Se calpesto un fiore ho
un contatto fisico, se riconosco a che specie appartiene o ne contemplo la bellezza, il con-
tatto spirituale, perch intenzionale, rende presente qualcosa alla mia mente secondo
una modalit immateriale. La distinzione tra fisico e spirituale si ripresenta anche nel
contatto tra le persone. Se urto inavvertitamente il piede di un amico a cena, ho un con-
tatto fisico. Se lo tocco per fargli capire che con quello che sta dicendo rischia di fare una
gaffe, il mio contatto spirituale, perch intenzionale, significativo e volontario: ho perce-
pito il pericolo che sta correndo e decido di intervenire.
Il primo gradino del contatto spirituale tra persone si d quando ci dirigiamo interior-
mente verso un'altra persona con una relazione intenzionale, ad esempio con un atteggia-
mento d'amore o di collera, senza per manifestare tale attitudine all'interessato. Questo,
afferma Hildebrand un contatto intenzionale, ma non reale con laltra persona.12 I contatti
tra persone, infatti, hanno di proprio e specifico il fatto che il destinatario del contatto,
capace di accogliere consapevolmente il contenuto dell'atto spirituale che gli indirizzato.
Se laltro non arriva ad accogliere questo contenuto ad esempio perch non ho il coraggio
di manifestarlo, ci che si d non un contatto interpersonale; piuttosto qualcosa che
potremmo definire come solo potenzialmente interpersonale.13

Dalla comunicazione allatto sociale


Il contatto diventa da reale quando si d una comuncazione. Solo allora assume le carat-
teristiche che secondo la definizione di Reinach sono proprie degli atti sociali. Ecco allora
che lindicazione aristotelica, che pone come condizione necessaria dellamicizia, il fatto
che non sia celata, ma sia comunicata, inizia ad assumere un senso pi preciso. Perch
avvenga la comunicazione, per, necessario che il contenuto intenzionale del contatto, ad
esempio un favore che chiesto, non solo sia espresso dalla persona che ha bisogno del
favore, ma anche sia compreso, dunque sia colto consapevolmente dal suo destinatario
(Mitteilung). Quando l'altra persona riconosce l'atto che le rivolgo, il contatto assume un
carattere qualitativamente diverso. Non pi un monologo, un atto personale ma si apre
alla possibilit di diventare un dialogo, un atto interpersonale.
Hildebrand aggiunge che questo passaggio fa s che si instauri uno spazio interpersonale,
che egli definisce come un mezzo (medium) propriamente spirituale che si realizza tra
persone spirituali ed ha unanalogia con lo spazio del mondo esterno14. Forse pu aiutare
pensare ad una vasca vuota in cui sono presenti diverse persone. Nel momento in cui una
delle persone comunica qualcosa alle altre, ad esempio le invita ad una festa e le altre la

12 Pensiamo a quando vogliamo far conoscenza con qualcuno, ma non abbiamo il coraggio di fare il primo

passo. Abbiamo in mente laltra persona, e proviamo interesse verso di lei. Tuttavia, non esiste un contatto
reale con lei, ma la relazione solo nei nostri intenti, nelle nostre intenzioni. Qui intenzionale ha allora sia il
significato proprio della fenomenologia, di presente alla coscienza secondo la modalit immateriale propria di tutto
ci che pensiamo, sia quello che fa parte del linguaggio comune, di volontario, come utilizzato in espressioni
come quello sgarbo era intenzionale, oppure mi hai mentito intenzionalmente.
13 Hildebrand indica questo tipo di contatto con un termine specifico, difficile da tradurre in italiano,

intenzionr. Metaphysik der Gemeinschaft, cit., p. 23.


14 Idem.

5
ascoltano, come se la vasca si riempisse dacqua: c qualcosa che mette in contatto le
persone coinvolte.
Se la comunicazione condizione necessaria perch sia dia un contatto interpersonale,
si comprende come il linguaggio verbale o non verbale - sia un elemento essenziale per
entrare in relazione. Hildebrand stesso ha dedicato molta attenzione alla riflessione su
questo tema, affidata a pagine tuttora inedite.15

Comunicazione di s e relazione Io-Tu


Dobbiamo procedere oltre. Secondo Hildebrand non tutti i contatti tra persone sono rela-
zioni in senso stretto. Per dar luogo ad una relazione, il destinatario dellatto sociale deve
cogliere non solo l'oggetto dell'atto, ma anche il raggio della nostra presa di posizione
rispetto ad esso, ossia anche l'interiorit di chi agisce deve raggiungere la consapevolezza
altrui: anche la presa di posizione della persona che comunica deve essere comunicata
(verlautbarte Stellungnahme). Un caso esemplare la dichiarazione damore. Quando si co-
munica ad un altro il proprio amore, non ci si limita a dichiarare all'altro che lo si ama,
ma si intende raggiungere l'altra persona con l'amore stesso, sia perch colui che ama
presente in questa comunicazione, sia perch il contenuto per sua natura coinvolge le
persone cui si riferisce, sia perch, infine, il destinatario dell'atto, e non una terza persona,
l'interessato. Vediamo dunque che la comunicazione che sta alla base delle relazioni in-
terpersonali ha un rapporto molto stretto con la rilevanza della situazione, e anche con
lintimit della persona, con ci che la riguarda nel profondo. E parlare di rilevanza,
equivale a far riferimento al bene, a dei beni. Ma su questo punto torneremo tra breve.

b) La reciprocit come fondamento della relazione Io-Tu


Quando il destinatario prende coscienza dellintenzione di colui che comunica, si apre la
possibilit che si dia un contatto Io-Tu (Ich-Du-Berhrung). Hildebrand individua quattro
gradi di questo contatto, che dipendono dalla reazione del destinatario della comunicazio-
ne. Immaginiamo che Romeo dichiari il proprio amore a Giulietta.
Il livello inferiore di contatto io-Tu si d nel caso in cui Giulietta non coglie la comunica-
zione nel linsieme delle sue implicazioni, ma solo nel suo oggetto: pur comprendendo il
contenuto del messaggio di Romeo, non ne viene affetta secondo la natura che esso possie-
de e lo accoglie come una semplice informazione, rispondendo con disinteresse: ah, si?.
Un passo ulteriore si realizza se Giulietta comprende anche la presa di posizione di
Romeo verso di lei, ma risponde con un atto di segno contrario, ad esempio con il rifiuto o
l'odio.

15 In sintesi, Hildebrand indica che quattro sono le funzioni del linguaggio. In primo luogo, il linguaggio ha
la funzione di oggettivare la conoscenza: non tutto ci che conosciamo descrivibile con le parole, tuttavia per
pensare, nel senso di riflettere, cercare spiegazioni, e ricordare abbiamo bisogno del linguaggio. In secondo
luogo, - e gi questo pone nel contesto inter-soggettivo il linguaggio ha la funzione espressivo-comunicativa;
molto importante come fonte della conoscenza, poich attraverso la testimonianza altrui conosciamo gran
parte di ci che pi importa per l'uomo, come i valori e la cultura, e perch mezzo prioritario per conoscere
le altre persone. In terzo luogo, ha la funzione di atto sociale, cio serve a compiere delle vere e proprie azioni
direttamente finalizzate ad influire sugli altri, ad esempio la promessa, il contratto, il consenso matrimoniale;
infine, nelle relazioni interpersonali profonde, ha la funzione implicata nella comunicazione intima tra le
persone, come nella dichiarazione d'amore. Come si vede, a parte la prima funzione, che pu essere svolta
anche da un computer, e per luomo invece condizione per tutte le altre, il linguaggio ha una funzione
principalmente interpersonale.

6
Un terzo grado nel contatto interpersonale si realizza quando Giulietta accoglie la
dichiarazione di Romeo con una reazione dello stesso segno, anche se non della stessa
natura, ad esempio accoglie lamore di Romeo per quello che , come amore, e ne gioisce.
Il contatto spirituale si realizza in modo pieno solo se il destinatario e siamo ad un
grado ulteriore rispetto al precedente - risponde con un atto corrispondente a quello che gli
indirizzato; nellesempio, Giulietta ricambia l'amore di Romeo. Solo qui si arriva alla pie-
nezza della relazione io-tu, perch il contatto diventa reciproco. Ci che essenziale in
questultimo stadio, quello pi profondo, lo sguardo reciproco che si instaura tra le due
persone, uno sguardo spirituale che ha unanalogia con lo sguardo fisico.16
Possiamo allora concludere che la comunicazione reciproca invocata da Aristotele come
condizione dellamicizia ha la sua ragion dessere nel carattere di esseri personali, dunque
consapevoli e liberi, posseduto da coloro che entrano in relazione. Aristotele ha il merito di
aver intuito un aspetto essenziale delle relazioni umane, che dipende strettamente dal
carattere razionale e libero delluomo. Hildebrand, con la fenomenologia degli atti sociali,
permette di comprendere con pi chiarezza gli elementi che concorrono a costituire la
comunicazione reciproca che sta alla base dei rapporti intersoggettivi.

c) La stabilit nella relazione


Oltre alla comunicazione e alla reciprocit, Hildebrand afferma che le relazioni implicano un
terzo elemento, vale a dire una certa stabilit. Anche Aristotele coglie questo aspetto, ad
esempio quando afferma che lamicizia fondata sul piacere e quella fondata sullutile sono
instabili, mentre quelle tra i buoni sono durevoli. E sia per Aristotele sia per Hildebrand,
almeno due sono le condizioni della stabilit.
In primo luogo, conta il modo in cui gli interessati sono coinvolti. Quanto pi una rela-
zione coinvolge le persone, sia nella profondit della conoscenza reciproca, sia nell'im-
pegno libero che i due vi mettono, sia nella componente affettiva implicata, tanto pi essa
stabile. Aristotele indica come cause di stabilit il riferimento al bene (in contrasto con il
riferimento al piacere e allutile), ma anche il godere della convivenza, lintimit, e il nasce-
re di sentimenti comuni.
Hildebrand va oltre Aristotele grazie alle analisi fenomenologiche della sfera affettiva.
Le relazioni implicano sempre un coinvolgimento, del cuore. Ma questo spesso trascu-
rato dalla filosofia, perch non si comprende che laffettivit non una sfera meramente
istintuale. Nelluomo esiste una dimensione importante di reazioni affettive che sono ri-

16 Qui le due persone si rivolgono l'una all'altra coinvolte contemporaneamente come oggetto e come
soggetto nella situazione spirituale. Che siano l'amore o l'odio ad essere comunicati nello stesso tempo da
entrambe le persone, si giunge cos al vertice formale del contatto spirituale, allo sguardo reciproco (Inein-
anderblick) dell'amore o dell'odio. Abbiamo qui di fronte a noi il vertice del prototipo del contatto spirituale, che
possiamo indicare come contatto Io-Tu.
Guardo qualcuno, e questi non lo nota. Qui abbiamo il gradino inferiore uguale al contatto solo potenziale
e non reale; quando egli lo nota, senza guardarmi, il secondo; se guarda il mio volto nello stesso tempo in cui
io guardo il suo, il terzo. Se i nostri sguardi s'incontrano e raggiungono la persona dell'altro come spinti
l'uno nell'altro allora c' un contatto spirituale del tutto nuovo, un vertice formale dell'esplicito riferirsi
l'uno all'altro. (Metaphysik der Gemeinschaft, p. 29. Corsivo mio.)
Lo sguardo reciproco pone le persone una di fronte allaltra, in una relazione io-tu. Hildebrand ammette
anche una seconda forma di relazione, quella io-noi, che si d quando le persone non stanno una di fronte
allaltra, bens una accanto allaltra, in vista di uno scopo comune. La relazione Io-Tu quella antropologica-
mente pi rilevante perch coinvolge la persona nella sua totalit diversamente dalle relazioni-Noi, che in
genere si pu pensare ad una squadra di basket o a un gruppo di soccorso alpino - coinvolgono le persone
solo limitatamente allo scopo da raggiungere.

7
sposte personali, spirituali, motivate da oggetti colti consapevolmente e anche passibile di
uninfluenza della volont, seppure non sotto la forma di un comando, bens di un atto che
sanziona, asseconda, o al contrario ripudia e si emancipa dalla reazione affettiva.
In secondo luogo, la stabilit ha come effetto immediato la durata. E questa si manifesta
nel modo particolare con cui la relazione presente nella coscienza. Quando qualcuno mi
chiede uninformazione ad un incrocio, appena se ne va il contatto che abbiamo avuto ter-
mina, e probabilmente me ne dimentico quasi immediatamente. Si trattato di un contatto
attuale. Quando invece mi innamoro, o sono in conflitto con qualcuno, la coscienza del
rapporto con quella persona permane in me, anche se mi occupo di altro, e quando ci
ripenso si ripresenta alla mia consapevolezza. Si tratta di una presenza superattuale nella
coscienza della persona. Ci sono relazioni, come l'amore e lamicizia, che si costituiscono
sempre come contatto superattuale tra due persone, ma anche il contatto presente in forme
pi deboli di relazione, come tra compagni o colleghi, pu essere di natura superattuale.
Questa riflessione ha un rapporto con le considerazioni che Aristotele (VIII, 6) fa sulla
differenza tra lamicizia come disposizione del carattere, e lesercizio dellamicizia in atti
concreti. Non necessario essere sempre consapevolmente concentrati sul rapporto,
perch questo sussista. Lamore per un amico perdura anche se non ci penso continuamen-
te. Ma se non esercito mai lamicizia attraverso atti concreti, attuali, questa prima o poi
verr meno.
La stabilit delle relazioni ha infine a che fare col fatto che esse spesso danno luogo a
legami tra le persone. Le tappe con cui dal contatto interpersonale si arriva allo sguardo
reciproco, afferma Hildebrand si riscontrano sia nelle relazioni amorevoli sia in quelle
riconducibili allodio. Ma lodio non instaura mai unautentica relazione (Beziehung) tra le
persone, perch per sua natura implica separazione ed estraneit, e dunque per sua natura
rende impossibile la costituzione di un vero legame interpersonale.17 Lo sguardo reciproco
proprio dell'amore, e di quegli atti positivi che contengono almeno un nucleo di amore -
come la venerazione, la stima, la gioia -, invece, realizzano un'unificazione (Vereinigung)
tra le persone, che pu scaturire in un legame o, nella forma pi profonda, nella comunione
interpersonale.
Per quanto riguarda in particolare lamicizia, essa implica certamente un legame,
espresso ad esempio dal senso di possesso, per cui affermiamo che qualcuno mio amico.
Eppure lamicizia pu coprire una gamma assai diversa di relazioni, che vanno da unami-
cizia occasionale e di breve durata, allamico del cuore, che lo resta per tutta la vita.18
per assai difficile individuare la linea che separa i conoscenti, seppure simpatici, dagli
amici. Hildebrand trova una linea di demarcazione nel fatto che lamicizia si stringe:
questo significa che implica un tipo particolare di comunicazione, che egli ritiene gi
intuita da Aristotele:
Ogni amicizia deve essere conclusa, anche se non in un atto sociale e neppure in ununica esplicita
comunicazione, ma in una graduale crescita interiore; tuttavia, entrambi sanno di potersi chiamare
amici. Aristotele richiama lattenzione in modo meraviglioso sul fatto che ognuno dei due amici non
solo deve sapere che laltro lo ama, ma anche, che laltro sa che egli lo ama. Poich ciascuno potrebbe
sapere di essere amato, ma non necessariamente che laltro sa si essere amato da lui.
Ogni amicizia deve essere stretta e anche se lamore di amicizia precede questo momento della
costituzione dellamicizia nei due, esso riceve la sua piena propriet categoriale solo nel momento in
cui lamicizia viene stretta. Tra me e lamico si d allora un legame che non si d tra me e il conoscente
simpatico, apprezzato, piacevole, e cos possibile dire: non appena qualcuno un amico, non appena

17 MG, cap. 9.
18 Op. Cit., p. 44, 52-6.

8
lo posso chiamare amico, non appena gli viene riservata questa posizione nel mio cuore, gli sono
debitore di un pi nellamore rispetto al conoscente. Egli ha diritto ad essere amato di pi e
specialmente ad una condotta da parte mia diversa, ad un altro modo di preoccuparsi e avere a che
fare con lui, agli atti dellamore. Per questo si pu dire che la misura dellamore, del prendersi cura e
della donazione complessiva, dipende del tutto dalla parola individuale che viene pronunciata tra
gli amici, dalla vicinanza e dalla profondit dellamicizia.19

Anche se, dunque, a differenza dei legami familiari, lamicizia non costituisce una comuni-
t n si innesta in una comunit preesistente, ma resta sempre una relazione tra due perso-
ne, essa una relazione damore reciproco che implica anche un legame stabile e duraturo
tra le persone.20 Ecco perch si liberi di scegliere gli amici, ma una volta che lamicizia si
stabilita, esiste un dovere di fedelt verso laltro,

2. Il ruolo del bene nella relazione


Possiamo a questo punto considerare il secondo elemento, materiale, della relazione dami-
cizia descritta dalla definizione aristotelica: la benevolenza, la volont del bene dellaltro.
Anche per Hildebrand la relazione interpersonale implica sempre un riferimento al bene,
ma descrive questo riferimento in modo pi articolato rispetto ad Aristotele.

1. Lamore come risposta al valore globale dellaltro


Innanzitutto, lamore, secondo Hildebrand, ha un rapporto diretto ed essenziale col bene
perch, oltre ad essere la forma suprema di relazione Io-Tu, anche una risposta ai valori21,
anzi una super risposta ai valori.22 Questo in due sensi.
In primo luogo, lamore risposta ai valori dellaltra persona, che essa possiede sia per-
ch un individuo unico e irripetibile, sia perch ha delle qualit oggettive, che incarnano
valori di diversa natura, ontologici, estetici, morali, vitali.23 Lamore in genere suscitato
da alcuni di questi valori, ma la risposta di amore autentico sempre rivolta al valore glo-
bale (Gesamtwert) dell'altra persona, nella misura in cui colto dal potenziale amante. Per
indicare linsieme di tutti questi valori, Hildebrand utilizza anche lespressione di bellezza
complessiva (Gesamtschnheit) della persona. Questa seconda espressione, rispetto a quella
di valore globale, esprime meglio la dimensione di fascino che le qualit positive dell'altro
possiedono, tanto da motivare l'amore. Infatti, queste qualit non sono percepite in modo
neutrale in colui che ama, ma attraggono e muovono l'affettivit, il cuore della persona. A-
mare molto di pi che apprezzare le qualit dellaltro, ma lamore presuppone lapprez-

19 Essenza dellamore, nota 134 p. 965.


20 Ivi, cap.9.
21 La riflessione sullamore di Hildebrand risente della sua concezione etica, che ha come punto di riferi-

mento essenziale la nozione di Wertantwort, di risposta al valore. La vita morale cio costituita dalle risposte
che la persona d (o si rifiuta di dare) al mondo dei valori morali e dei beni moralmente rilevanti. Pi in
particolare la vita morale ha come proprio fondamento la risposta generale che la persona d alla sfera
morale come tale (atteggiamento morale fondamentale), e si articola e si sviluppa attraverso le singole rispo-
ste ai diversi valori morali particolari (azioni e risposte), fino a condurre la persona ad acquisire le diverse
virt, che sono risposte superattuali e durature alle varie sfere di valori morali, come quelli legati alla sinceri-
t, alla purezza, alla generosit e via dicendo.
22 Vedi Essenza dell'amore, p. 85.
23 Il principale valore ontologico della persona il fatto stesso che esiste, come persona, i suoi valori estetici

sono, oltre alla bellezza fisica, anche il fascino nel modo di porsi e di muoversi, i suoi valori morali sono, ad
esempio, la generosit, la lealt, la sincerit, la fortezza, tra i valori vitali troviamo la forza e lagilit fisica.

9
zamento. Aristotele sembra gi aver intuito questo quando afferma che si ama solo ci che
amabile. 24

2. Lamore come risposta a dei valori condivisi


Ma lamore anche risposta ai valori in un secondo senso. Esso, infatti, si costituisce come
relazione reciproca in virt di una base comune di valori ai quali entrambe le persone
coinvolte rispondono e insieme si incorporano: anche se pu essere costituita da valori che
non sono dominanti nella vita di uno o di nessuno dei due, quest'area comune di valori,
punto di riferimento condiviso, sempre presente. Nellamicizia questo riferimento a dei
valori comuni particolarmente importante ed definito da Hildebrand ancoramento.
Due persone molto diverse possono diventare amiche perch trovano qualcosa sul quale si
incontrano. Assai interessante a questo proposito sarebbe analizzare lamicizia tra Hilde-
brand e Max Scheler.
Ora, la profondit e la qualit dell'amore dipendono sia dal posto occupato dai valori
cui si risponde nella gerarchia oggettiva di tutti i valori, sia dalla centralit che i valori che
costituiscono la base comune occupano nell'esistenza delle persone coinvolte, dunque
proporzionale anche al ruolo che i valori della relazione occupano nella gerarchia soggetti-
va che ciascuno di noi ha.25 Ad esempio, un amore motivato dalla bont di una persona
pi profondo di un amore fondato solo suo aspetto estetico o sul comune interesse per uno
sport, perch i primi valori sono oggettivamente superiori, ma anche perch soggettivamente
nei due casi le persone che si amano mettono al centro della propria vita valori pi o meno
alti. Unamicizia basata sul tifo per una squadra di calcio sar dunque meno profonda di
unamicizia nella quale si condivide un impegno per il volontariato o un interesse cultura-
le; cos come per lappassionato della natura sar pi facile stringere amicizie con chi
condivide la sua passione che con chi la detesta. Questo punto pu dare un fondamento
allidea classica che lamicizia nasce tra i simili e alla questione delle relazioni asimmetri-
che, entrambi temi toccati anche da Aristotele, senza tuttavia pretendere di arrivare a dei
principi assoluti. La vita umana tocca una serie molto ampia di ambiti e interessi, dunque
impossibile arrivare a dei criteri rigidi per definire quanto e come un altro deve essere
simile a noi perch possa diventare amico o quanto grande deve essere lasimmetria per
rendere impossibile lamicizia.
Daltra parte, l'amore pi profondo, in consonanza con la natura spirituale della per-
sona, quello che si costituisce sulla risposta a quei valori che pi direttamente sono in re-
lazione col valore della persona stessa, quali i valori morali, intellettuali e culturali. Questo
per non significa escludere il ruolo che i campi inferiori di valori possono avere nellamo-
re. Dato che ogni relazione damore coinvolge le persone nella loro totalit, quando sono
presenti i valori superiori, quelli inferiori possono essere inclusi nellamore, seppure se-
condo una gerarchia che attribuisce il primato ai valori superiori.26

24 Ivi, p. 113. Hildebrand rifiuta l'opinione comune che considera l'amore una tendenza cieca, che non solo
non in grado di conoscere l'amato nella sua verit, ma anzi ostacola questa conoscenza. Al contrario, l'amo-
re per sua essenza permette una conoscenza massimamente obiettiva dell'altro, perch chi ama non chiude gli
occhi davanti alle mancanze dellaltro, ma anche disposto ad accettarle; ci che pu deformare la visione
obiettiva dellamato sono secondo Hildebrand tendenze estranee all'amore, ad esempio la sensualit, l'orgo-
glio e una disordinata sete di felicit, tutte espressioni di un ripiegamento della persona su se stessa che per
sua natura si oppongono allamore autentico, che, come vedremo meglio tra poco, centrato sullaltro e non
su se stessi.
25 Metapyisik der Gemeinschaft, cit., p. 84-91.
26 Ivi, p. 90.

10
proprio il riferimento ai valori (dellaltro e della relazione) il fondamento metafisico
del legame che si instaura nelle relazioni interpersonali. Tutti i valori positivi (morali ed
extra-morali) possiedono una capacit di creare legami tra le persone, una virus unitiva,
una forza unificante; cos come i valori negativi hanno una forza disgregante.27 La cono-
scenza della virtus unitiva dei valori ritiene inoltre Hildebrand anche la chiave per la
comprensione della struttura oggettiva della comunit28, e non solo delle relazioni io-tu.

3. L'amore come coesione di intenzione benevolente e intenzione unitiva


Come abbiamo accennato, esiste un'altra relazione importante tra lamore e il bene: chi
ama, cos come per Aristotele chi amico, vuole il bene dellaltro e si adopera per realiz-
zarlo. Lamore implica dunque un elemento di benevolenza e beneficenza.
Rivelando unaltra sorprendente affinit con il testo aristotelico, fin dallopera Metafisica
delle comunit, Hildebrand introduce questo elemento di benevolenza insieme ad un secon-
do elemento, che il desiderio di stare con lamato e condividere la vita con lui.
Hildebrand infatti scrive che
In ogni amore sono contenuti due elementi fondamentali: esso contiene contemporaneamente un
momento di bont traboccante ed una tendenza all'unificazione con la persona amata.29

Il primo elemento, che Hildebrand chiama intentio benevolentiae, non unicamente un


desiderio, ma anche una tendenza essenziale ed efficace, capace di realizzare il bene del-
l'altro, di adoperarsi per farlo felice, di sacrificarsi per lui e di prendersene cura.30 Il secon-
do elemento quella tendenza all'unit con la persona amata che viene indicata come
intenzione unitiva (intentio unionis): include il desiderio di comunione con laltro, di condi-
videre la sua vita, i suoi interessi e i suoi pensieri.31 L'intenzione unitiva un orientamento
verso l'altra persona che ci conduce a desiderare di prendere parte alla sua essenza ed
esservi unita. Anche a questa tendenza si accompagna la capacit effettiva dell'amore di dar
luogo a questa unione.
Nell'Etica Nicomachea Aristotele si domanda se gli uomini amano il bene o quello che
per loro un bene, e risponde che per l'amico si dice che si deve volere ci che bene per
lui.32 Lamicizia una forma di relazione particolarmente adatta a spiegare lelemento
materiale delle relazioni amorevoli, perch in essa, cos come nellamore dei genitori verso
i figli, risplende in modo evidente latteggiamento di ricerca del bene dellaltro, che
comprende il desiderio di farlo felice.33

27 Ivi, cap. 8.
28 Ivi, p. 105.
29 Metaphysik der Gemeinschaft, p. 38.
30 Il momento della bont traboccante la materia propria dell'amore , si realizza nella speciale

affermazione dell'essenza altrui e della sua felicit. Si realizza in ogni beneficare che si rivolge all'altro, in
ogni sacrificio che si sopporta per lui, nella cura amorosa con la quale lo si circonda. Ibidem.
31 La tendenza all'unificazione di manifesta nel desiderio di comunione con l'altro, di partecipare alla sua

vita, ai suoi interessi, ai suoi pensieri, al suo presente, ma soprattutto di partecipare alla sua essenza e di
divenire felici attraverso la comunione con l'altro. Ibidem.
32 1155 b.
33 Le somiglianze della fenomenologia hildebrandiana con la descrizione aristotelica dellamicizia su questi

due aspetti, celano una fondamentale differenza che forse la pi rilevante tra i due autori che stiamo
considerando. Si tratta del modo con cui considerato lamore di s. Aristotele ritiene che lamicizia e
quindi anche i suoi elementi di benevolenza e desiderio di unione con lamico debbano essere ricondotti
allamore di s. Hildebrand invece figlio della tradizione cristiana e rifiuta assolutamente lidea che lamore
di s sia alla base sia della benevolenza, sia dellintenzione unitiva. Egli ritiene che lintenzione benevolente
sia segno della capacit delluomo di uscire da s e volere il bene dellaltro, anche quando per ottenere

11
Preoccupazione dominante nella filosofia dell'amore hildebrandiana salvaguardare la
capacit che la persona possiede di uscire da s e donare se stessa. Questa - che
Hildebrand chiama anche capacit di trascendimento - forse la dimensione che pi rivela il
carattere spirituale della persona e dimostra l'inadeguatezza delle concezioni materialiste,
deterministe e immanentiste dell'uomo. Da questa preoccupazione deriva la critica di
Hildebrand alle concezioni che fanno derivare l'amore per gli altri dall'amore di s.
Aristotele non citato esplicitamente in queste critiche, nonostante il fatto che nell'Etica
Nicomachea egli citi espressamente l'amore di s come fondamento per l'amore per gli
altri. La ragione di questo silenzio forse che il testo aristotelico pu dare adito a due
interpretazioni differenti: da un lato l'amore di s pu essere considerato come un modello
per comprendere ogni forma di amore, e questo non del tutto innammissibile nella
prospettiva hildebrandiana;34 dall'altro, l'amore di s pu essere considerato come la
radice dell'amore per gli altri.35 Solo questa seconda interpretazione il bersaglio delle
critiche di Hildebrand, che ritiene inaccettabile la posizione che riduce la relazione con
l'altro ad un prolungamento della relazione con se stessi. Anzi, ritiene che questa ad
esempio laddove un genitore cerca il successo dei figli per mera ambizione personale -
una forma patologica dell'amore.
La ragione principale per cui n lintenzione benevolente, n quella unitiva possono
derivare dallegocentrismo, che lamore esige il dono di s. Nel rapporto tra fratelli o tra
amici si dona parte della propria vita privata, tempo, interesse, aiuto, comprensione. Nelle
forme pi profonde ed esclusive di amore, pensiamo all'amore per Dio e all'amore sponsa-
le, e, anche se in misura inferiore, all'amore dei genitori verso i figli, la persona dona se
stessa, in modo totale ed esclusivo. Questo conferisce un valore unico ad ogni tipo di amo-
re, anche allamore non corrisposto per Aristotele insensato -, a quello fondato su un
fraintendimento dellamato, a quello che non risponde ai valori pi alti che laltro pos-
siede.36 E nello stesso tempo spiega la grandezza dell'amore reciproco, perch in esso, con
le parole di Hildebrand apriamo le braccia della nostra anima per abbracciare l'anima
della persona amata,37 cosicch sono ancora parole di Hildebrand - un uomo non pu
farci dono pi grande di quando cerca l'unione con noi, desidera che il suo amore sia
ricambiato. 38

questo bene si deve rinunciare ad un bene per s. Proprio la benevolenza permette di superare la tentazione
dell'egocentrismo, che porterebbe a desiderare laltro per se stessi, ad esempio per essere felici o perfezionare
se stessi in qualche modo e a perseguire il bene per lui, anche quando va contro qualche bene per s.
Ma neppure lintenzione unitiva pu essere intesa in senso egocentrico, come tensione alla propria felicit e
perfezione. In primo luogo, essa addirittura presuppone lapertura allaltro, la relazione spirituale tra
persone. E non mina lindividualit delle persone, ma la esige, in quanto l'unio, invece di implicare la
perdita dell'esistenza individuale, mette in risalto in modo ancora pi pieno e specifico le due persone nella
loro esistenza propria, rende dunque l'unit pi profonda. (Essenza dellamore, p. 358.)
34 1166 a; 1169 a.
35 1161 b; 1168 b.
36 Come abbiamo gi accennato, non si tratta rinunciare alla propria individualit. La privazione di s

impossibile sia dal punto di vista oggettivo, metafisico, perch contraddice la natura individuale e inalie-
nabile della persona sia dal punto di vista soggettivo: non possiamo decidere di smettere di essere un io o il
nostro io. La donazione consiste, piuttosto, in un atteggiamento di uscita da s per aprirsi all'altro, coglierne
tutta la bellezza, e nel vivere per lui o lei. L'atto di dono di s che insito in ogni tipo d'amore rende la per-
sona pi autenticamente propria. Questo da attribuire al fatto che lamore ha la capacit di risvegliare
spiritualmente la persona di renderla presente a se stessa. Solo in virt di questo essa capace di donarsi
realmente all'altro. (The Role of human Love, cit., p. 48).
37 Essenza dellamore, p. 377.
38 Ivi, p. 375.

12
3. Lamicizia e la vita morale
Abbiamo visto che lamore implica molti legami con il bene. Per bene per non abbiamo
considerato solo ci che inerisce la sfera morale, ma tutte le qualit dell'altro, anche quelle
estetiche, intellettuali, vitali, etc., e tutti i beni morali o extra-morali - che entrano nella
relazione.
noto che nel primo capitolo del libro ottavo dellEtica Nicomachea Aristotele si doman-
da se l'amicizia sia pertinente all'etica e risponde affermativamente: lamicizia ha a che fare
con la vita morale perch: a) una virt o unita alla virt b) necessaria per la vita, sia
per i ricchi, sia per i poveri, sia per i giovani, sia per i vecchi; c) innata nelluomo, tanto
che si rivela anche nelle relazioni familiari e tra gli uomini come tali; d) la concordia che va
unita all'amicizia tiene unite le citt e quindi rende superflua la giustizia.39
La ragione pi profonda del legame tra amicizia e vita morale, tuttavia, ci sembra quella
enunciata a partire dal capitolo 3, e cio a partire dalla distinzione tra le tre specie di
amicizia, in base al fine cui tendono, sia esso l'utile il piacere, o il bene, alla quale segue
l'affermazione che solo l'amicizia in vista del bene autentica. Hildebrand fa propria la
prospettiva di Aristotele in un testo dellEssenza dellamore.
Gi Aristotele ha visto che la vera amicizia possibile solo nel bene, perch solo allora il nostro
interesse si riferisce allaltra persona come tale, e anche questo fa emergere chiaramente il carattere di
risposta al valore dellamore. Linteresse insito nellamore si dirige essenzialmente allaltra persona
come tale, la sua esistenza e tutto il suo essere sono pienamente a tema. Finch laltra persona mi
solo utile o mi offre una fonte di intrattenimento o di divertimento, non pienamente a tema come
tale, io non la amo. Finch per me qualcuno solo utile, non necessariamente mi affascina. Mi pu
addirittura disgustare, ma resto legato a lui, perch ne ho bisogno per determinati fini. La semplice
utilit non mai fondamento di diletto. Inoltre, laltra persona in questo caso non in alcun modo a
tema come tale. Al contrario, mi interessa solo come mezzo per qualcosaltro. Questo tipo di interesse
lontanissimo dallamore.40

Quale dunque il rapporto tra amore e vita morale? In generale, possiamo rispondere
che Hildebrand distingue nettamente la morale naturale da quella evangelica. E la linea di
demarcazione data dai comandamenti dell'amore enunciati da Cristo: nella morale natu-
rale l'amore un dono e non un obbligo morale, mentre il cristiano ha ricevuto un preciso
mandato: deve amare il prossimo e Dio.
Nellultima parte di Essenza dellamore affronta in modo dettagliato le relazioni tra
amore e vita morale, dividendo la trattazione in due parti: in primo luogo, illustra i
pericoli morali che lamore pu correre; in secondo luogo descrive le forme positive di
relazione tra amore e sfera morale.

I pericoli morali dellamore


Quattro sono secondo Hildebrand i maggiori pericoli che lamore pu correre dal punto di
vista morale.
Il primo quello di trasgredire un comandamento morale a causa di un amore, e questo si
d soprattutto quando non si disposti a rinunciare alla felicit che tale amore causa.
Esemplare a questo proposito colui che accetta di commettere adulterio perch si inna-
mora di unaltra persona, ma tutte le forme di amore possono correre questo pericolo.
Nellamicizia, pu essere il caso di chi compie un furto per non perdere un vecchio amico.
Il rimedio a questo pericolo secondo Hildebrand non la rinuncia a tutti i beni e tutte le

39 Etica Nicomachea, VIII, 1.


40 Essenza dellamore, p. 91.

13
relazioni, bens, lordo amoris, la disposizione ordinata, secondo la corretta gerarchia ogget-
tiva, delle proprie relazioni affettive, ponendo quella per Dio al primo posto.
Un secondo pericolo pu derivare da una cattiva influenza tra coloro che si amano. Le
relazioni damore implicano sempre il crearsi di una reciproca influenza tra le persone.
Questa di per s legittima,41 per pu diventare nociva, se conduce lamato a compiere il
male. Il pericolo dellinfluenza cattiva che pu essere esercitata nelle relazioni damore
una delle ragioni per cui colui che ama deve essere buono.
Un terzo pericolo dellamore quello di corrompersi e di degenerare nella passione,
nella gelosia o nellinvidia.
Infine, lamore pu incorrere nellinfedelt. Nellamicizia questa pu essere colpevole o
incolpevole.

Le relazioni positive tra amore e moralit


Per quanto riguarda, invece, le relazioni positive tra lamore e la sfera morale, occorre
considerare, oltre ai valori morali che entrano nella relazione, perch posseduti da coloro
che si amano, oppure perch fanno parte del campo comune sul quale si innesta la
relazione e che come abbiamo visto determinano la qualit e la profondit del rapporto -,
alcuni altri aspetti.
In primo luogo, ha importanza quali valori morali scaturiscono dalla personalit di
colui che ama. Leonardo da Vinci, cita Hildebrand, affermava che quanto pi grande
luomo, tanto pi profondo il suo amore. La grandezza di una persona qui corrisponde al
suo statuto morale, ed ci che la rende capace di donare completamente se stessa.
In secondo luogo, si deve considerare leffetto che un amore produce sullo status mo-
rale delle persone coinvolte. Tra le molte indicate da Hildebrand, quella pi emblematica
il risveglio spirituale. Lamore produce sia in chi ama, sia in chi amato, una capacit di
uscire da s e di donare se stessa, un atteggiamento di stupore che rende umili, e anche un
effetto liberatorio, perch rende capaci di cogliere i valori. Questi effetti sono proporzio-
nali alla qualit dellamore.
Una terza questione se esiste un obbligo morale di accettare o rifiutare un amore che ci
viene offerto. La domanda sensata solo se la libert ha qualche potere di influenza
sull'amore. Abbiamo accennato al fatto che come risposta affettiva, del cuore, lamore un
dono e non frutto di un comando diretto della volont, tuttavia la volont ha il potere di
assecondarlo o contrastarlo. La questione se ci sia un obbligo di corrispondere a chi ci ama
dunque legittima. Ora, Hildebrand risponde che:
a) ci possono essere dei motivi morali per cui rifiutare un amore moralmente obbli-
gatorio, ad esempio devo rifiutare un amore sponsale se ho un legame matrimo-
niale precedente, oppure devo rifiutare un amicizia se pericolosa per la mia
anima;42
b) ci possono essere dei motivi non morali per cui rifiutare un amore del tutto
lecito, ad esempio si rinuncia al matrimonio per seguire una vocazione profes-
sionale o per curare i genitori malati;
c) le forme di amore familiare che si fondano su una comunit esistente (paterno,
filiale, coniugale) obbligano ad avere un atteggiamento amorevole, anche se non
c unobbligazione assoluta allamore come dono di s e della propria intimit; la-

41 Pu cessare di esserlo, se consiste in una forma illecita di influenza, come quella basata sulla suggestione o
sull intimidazione.
42 Essenza dellamore, p. 847.

14
more tra uomo e donna e lamore di amicizia, invece, non hanno questa struttura
che li precede e quindi neppure gli obblighi che da essa deriva;
d) esiste dunque un dovere di accettare lamore nel senso che per rifiutarlo ci devono
essere dei motivi legittimi; non si pu parlare di un obbligo morale in senso stretto,
ma di un appello e di una chiamata che lamore che un altro ci rivolge (soprattutto
nel caso dellamore di amicizia e sponsale). Accettarla o rifiutarla non un valore
morale, ma ha a che fare con una situazione moralmente rilevante, in modo analo-
go al caso della vocazione religiosa.
Unaltra relazione tra amore e moralit riguarda il dovere della fedelt. Non sono stretta-
mente obbligato ad amare, ma una volta che amo, devo essere fedele. Questo nellamore
sponsale assume la forma pi alta dellesclusivit, ma riguarda tutte le forme di amore.
Nellamicizia si parla in modo particolare dellamico fedele, come di colui che sta accanto
nelle sofferenze della vita. Lamicizia implica per una fedelt specifica, diversa da quella
dellamore sponsale. Lamicizia non esclusiva, per non lecito, nel crearsi nuove
amicizie, diminuire o sopprimere lamore di amicizia che gi abbiamo realizzato.
Infine, una relazione tra amore e moralit riguarda lordine nellamore, e cio il fatto che
nella vita di ciascuno le relazioni affettive devono rispettare un preciso ordine, dato
dallimportanza delle relazioni, dalla loro natura propria, dalla centralit che le persone
che amiamo hanno nel nostro cuore, dai valori coinvolti, dai legami formali che abbiamo
stretto, etc.

3. Lamicizia e la felicit

a) Bene e felicit
Nell'Etica Nicomachea Aristotele afferma che c' coincidenza tra bene e felicit, e che la
felicit premio del bene.
Hildebrand ha il merito di aver proseguito su questa linea, arrivando a chiarire la
natura della relazione tra bene e felicit. Egli infatti afferma che, come tutte le cose impor-
tanti della vita, e forse pi di tutte, la felicit non pu essere perseguita per se stessa, ma si
riceve come dono quando lintenzione del nostro agire qualcosaltro. E questo qual-
cosaltro, secondo Hildebrand il bene. La relazione tra il bene e la felicit allora detta di
sovrabbondanza: quando perseguiamo il bene, otteniamo la felicit come dono in pi. Si
tratta di una relazione oggettiva, insita nella natura stessa del bene, ma con una conse-
guenza immediata sulla persona. Se nostro scopo unico essere felici e concentriamo la
nostra attenzione solo su questo, non raggiungeremo lobiettivo.43
Questo carattere di dono sovrabbondante della felicit in qualche modo implicito nel
legame che Aristotele pone tra virt e felicit. A Hildebrand per forse va il merito di aver
trovato un nome alla natura di questo legame e di aver inserito la relazione di sovrabbon-
danza tra i tipi di relazione metafisica necessari per dare conto della realt.44

43 In una prospettiva ultimativa, ecco che allora la felicit intesa come beatitudine eterna non pu essere il

fine primario ultimo della volont, ma solo il fine secondario ultimo. Fine primario, nella prospettiva
cristiana di Hildebrand, deve essere la Gloria di Dio.
44 Hildebrand afferma che Aristotele con la dottrina delle quattro cause ha fatto compiere un passo avanti

decisivo alla metafisica occidentale, tuttavia con essa non ha esaurito le forme di relazione metafisica
presenti della realt, e precisamente, oltre alla relazione di sovrabbondanza che in qualche modo opposta
a quella mezzo-fine, la causa exemplaris, che spiega la relazione tra Dio e gli altri esseri, la relazione gerarchica,
che assume particolare importanza in rapporto ai valori, la relazione di antitesi (tra bene e male, bello e brutto,
profondo e superficiale), la relazione tra colpa e pena, la relazione di glorificazione di Dio, le relazioni specifica-

15
Possiamo allora affermare che la felicit ha come fondamento oggettivo la capacit
eudemonica dei beni. Per dipende anche dalla disposizione di chi ne fruisce. Quando
ascolta Bach, un esperto di musica prova una gioia molto pi intensa di una persona che
non ha competenze musicali. Ci vale in massimo grado per i beni inerenti alla sfera
morale, che sono per il virtuoso motivo di amore e fonte di gioia. Ancora una volta
Hildebrand cita Aristotele.
Il virtuoso non solo vuole il bene, ma anche lo ama, si rallegra per la vittoria del bene, sia che anche
soddisfi unobbligazione morale, sia che abbia avuto lopportunit di fare qualcosa di meritorio, sia
anche che un altro agisca moralmente bene. Gi Aristotele ha visto questo, quando nella sua Etica
Nicomachea dice che il buono non solo vuole il bene, ma anche ne gioisce. E santAgostino lo afferma
ad un livello molto pi alto, quando parla della sequela del comando divino: non solo siamo attratti
con la volont, ma anche con laffetto.45

Se cos, la felicit si presenta nello stesso tempo come dono e come frutto della capacit di
gioire, che dipende dalla capacit di apprezzare i beni e di dar loro una risposta affettiva
adeguata alla loro rilevanza. Questa capacit una virt, dunque pu essere oggetto di
educazione, cos come lo un talento artistico o intellettuale.

b) La relazione damore come fonte di felicit


Cos come Aristotele, anche Hildebrand afferma che la relazione damore massima fonte
di felicit per luomo. Come abbiamo visto, nellintenzione benevolente contenuto il
desiderio di far felice lamato, e lamore stesso, soprattutto con la realizzazione dellinten-
zione unitiva, fonte di felicit per coloro che si amano. La subordinazione della felicit al
bene, per, vale anche nell'amore, e qualsiasi concezione che considera l'altro solo come
fonte di felicit per s misconosce l'autentica natura dell'amore. In The Role of human Love,
Hildebrand ad esempio scrive:
L'affermazione dell'altra persona come tale ci che ha luogo nell'amore. Il mio desiderio per la
felicit non pu mai essere un rischio per l'amore verso di lei. Ma la felicit scaturisce dall'unione con
un altro, in virt dell'amore che gli porto. La felicit la conseguenza dell'amore, mai il suo motivo.46

In altre parole, la felicit premio dellamore quando questo autentico, dunque innestato
nel bene. In questo Hildebrand di nuovo aristotelico. Ora, lamore causa di felicit sia
per lamato, sia per colui che ama. Il fatto che l'amore sia l'esperienza umana che pi rende
felici, la prova pi valida della sua centralit unica per l'uomo. E soprattutto del fatto che
importante non solo a livello psicologico, soggettivo, ma oggettivamente, come via
privilegiata perch la persona si realizzi come tale.
Per concludere tornando alla domanda che ha dato il titolo al convegno, vorrei proporre
una risposta alla questione di Quale felicit per lEuropa di oggi?, utilizzando le parole
di Viktor Frankl, che Hildebrand sarebbe pronto a sottoscrivere:
Il successo, cos come la felicit, non deve essere inseguito, deve giungere come effetto collaterale e
non intenzionale di una personale dedizione a un ideale pi grande di se stessi.47

La felicit, per lEuropa come comunit umana e per ciascuno dei suoi cittadini, smette di
essere un fine utopistico solo quando ci che si persegue non n la felicit stessa, n un

mente personali, come quella tra soggetto e oggetto (D. von Hildebrand, Selbstdarstellung, in L. J. Pongratz
(Hrsg), Philosophie in Selbstdarstellungen, Felix Meiner Verlag, Hamburg 1975, vol. II, p. 77-127, qui p. 96).
45 Essenza dellamore, p. 279.
46 The Role of Human Love, in Man and Woman, Franciscan Herald Press, Chicago 1966, p. 39. Vedi anche il

quinto capitolo di Essenza dellamore.


47 V. Frankl, Alla ricerca di un significato della vita, Mursia 1996.

16
successo calcolato in modo utilitaristico, ma le energie vengono spese alla ricerca del bene,
di tutti e di ciascuno. Solo allora la felicit pu scaturire come dono sovrabbondante,
conseguenza della giustizia e della pace.

17

Potrebbero piacerti anche