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Tecniche di investigazione relativamente a casi di omicidio seriale http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/devianza/massaro/cap3.

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Capitolo 3
Tecniche di investigazione relativamente a casi di omicidio
seriale
1. Trappole per mostri: identificazione del caso e dell'assassino
Quando ci si trova ad investigare su un caso di omicidio, per scoprire il colpevole necessario
disporre di almeno uno dei seguenti fattori:

1. una confessione
2. un testimone
3. una prova materiale

Per cercare testimoni e prove, gli investigatori seguono un percorso che comprende lo studio delle
caratteristiche della vittima e l'analisi della scena del crimine, ma, nei casi di omicidio seriale, spesso,
la mancanza di qualsiasi tipo di relazione precedente al delitto fra assassino e vittima, li rende molto
difficili da risolvere. In questi casi, bisogna prestare particolare attenzione allo studio delle vittime, che
possono fornire numerose informazioni utili per comprendere la psicologia dell'assassino.

La maggior parte degli omicidi viene commessa per un movente che possiamo definire "classico"
(gelosia, vendetta, interesse economico) e, che, quindi, salta subito all'occhio dell'investigatore e lo
orienta nelle indagini verso qualcuno che ha un qualche tipo di relazione con la vittima. In un caso di
omicidio seriale, ci troviamo di fronte ad un tipo di motivazione interna al soggetto che uccide, un
piacere psicologico che non si traduce in tracce materiali evidenti da repertare sulla scena del
crimine, per cui si deve affrontare un tipo di investigazione che presenta dei problemi specifici e nella
quale necessario l'impiego di tecniche di investigazione particolari.

Al fine di indirizzare le indagini verso la giusta direzione, occorre procedere ad un'attenta analisi della
scena del crimine attraverso il sopralluogo. In questa attivit potr essere utile disporre di tecniche di
riproduzione fotografica mediante supporti analogici o digitali, per documentare ogni particolare della
scena del crimine. In Italia, ad esempio, questa viene analizzata e studiata mediante l'impiego di
"sistemi esperti" quali il "Sistema Automatico per i Rilievi Tecnici" (SART) o ricorrendo alle tecniche
stereoscopiche della fotogrammetria, memorizzando poi l'intera documentazione multimediale nel
Sistema Centrale Informativo della Polizia Scientifica, che permette l'archiviazione digitale delle
immagini ed un confronto delle stesse in funzione di alcune chiavi primarie di ricerca.

Altre tecniche di investigazione indispensabili per risolvere casi di questo tipo sono il "profilo
psicologico" ed il "profilo geografico" di cui parleremo in seguito.

1.1. Problemi investigativi in un caso di omicidio seriale


Come abbiamo detto, un caso di omicidio seriale presenta dei problemi peculiari rispetto ai casi
tradizionali di omicidio di cui bisogna tenere conto nell'investigazione. Uno dei problemi principali

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riguarda la corretta valutazione della cosiddetta "reciprocit letale" (o interrelazione), cio


l'inquadramento, nel suo significato reale, di ogni elemento isolato nella scena del crimine, dei
movimenti dell'assassino e della vittima, di cosa abbia potuto collegare vittima e carnefice, del motivo
per cui il serial killer ha ucciso proprio quella persona, per collegarlo ed interpretarlo in base all'analisi
degli elementi riscontrabili.

L'investigazione in un caso di omicidio seriale inizia soltanto quando gli investigatori identificano una
probabile serie di omicidi correlati tra loro. Il riconoscimento della serie avviene se si verifica almeno
una delle seguenti condizioni: (1)

1. l'investigazione sull'omicidio seriale pu iniziare come estensione dell'investigazione di un


assassinio singolo, quando un secondo omicidio insoluto o una serie di omicidi vengono
collegati al caso originario. Il collegamento pu essere fatto attraverso similitudini fra le vittime,
le scene del crimine, il modus operandi;
2. un organismo diverso da quelli di controllo (ad esempio, i mezzi di informazione) pu far
nascere il sospetto che diverse vittime siano state uccise da un'unica mano, creando una forte
pressione sulla polizia, che costretta a prendere in considerazione l'ipotesi e ad avviare
un'indagine formale;
3. la scoperta di un caso di omicidio seriale spesso avviene in maniera casuale, quando un
soggetto viene fermato per un qualsiasi reato o anche per una semplice infrazione e si scopre
che si tratta di un serial killer;
4. a volte lo stesso assassino seriale ad avvertire in modo anonimo la polizia di aver compiuto
una serie di omicidi, mentre gli investigatori sono convinti di essere alle prese con un caso di
omicidio singolo.

In ogni modo, l'investigazione su un caso di omicidio seriale comporta numerosi altri problemi,
aggravati dalla necessit di collaborazione tra agenzie di controllo diverse, in tutti quei casi in cui
l'assassino seriale si sposta nel commettere i diversi omicidi della serie. Il problema maggiore
senz'altro la "cecit da collegamento", cio l'incapacit di individuare l'esistenza di uno stesso
progetto strategico ed esecutivo in pi casi di omicidio e la mancanza di una corretta comunicazione
tra le diverse agenzie di controllo. La "cecit da collegamento" la difficolt principale che impedisce
in molti casi di affrontare adeguatamente e tempestivamente un caso di omicidio seriale, mentre
sarebbe di fondamentale importanza riuscire ad identificare immediatamente il pattern esecutivo
dell'assassino, dato che all'inizio ancora in fase di sperimentazione e, quindi, pi facile che possa
commettere degli errori e lasciare indizi sulla scena del crimine.

1.2. Profilo psicologico. Applicazione del profilo psicologico all'omicidio


seriale
Il profilo psicologico pu esser definito come l'elaborazione delle principali caratteristiche
comportamentali e di personalit di un individuo, ottenibili dall'analisi dei crimini che il soggetto stesso
ha compiuto. R.H. Holmes preferisce chiamarlo profilo socio-psicologico, dato che non si limita ad
ipotizzare tratti della personalit, ma deve includere anche informazioni socio-demografiche come
et, sesso, razza, occupazione, istruzione ed altri fattori simili. (2) La costruzione di un profilo si basa
sulla premessa fondamentale che una corretta interpretazione della scena del delitto pu indicare il
tipo di personalit del soggetto che ha compiuto il crimine.

Il profilo psicologico nato negli Stati Uniti negli anni '60 e, negli anni successivi, stato sviluppato e
perfezionato dall'F.B.I. e ormai viene utilizzato abitualmente nei casi di crimini violenti in cui le
tecniche di indagine tradizionali non sono particolarmente efficaci. Come sostiene John Douglas (3),
agente speciale dell'F.B.I. ed esperto di profili psicologici, non si tratta n di magia n di telepatia, ma
semplicemente di una tecnica in cui si applicano i modelli comportamentali all'analisi dei reati,
osservando attentamente la scena del crimine, i rapporti di polizia, le dichiarazioni dei testimoni e i

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risultati dell'autopsia.

L'omicidio in cui presente una motivazione sessuale uno dei crimini pi difficili da risolvere, dato
che, in questo caso, il tipo di relazione estraneo/estraneo tra assassino e vittima, rende poco efficaci i
tradizionali metodi d'indagine, perch l'opportunit riveste un ruolo pi importante rispetto al movente.
Quando si affronta un caso di omicidio a matrice sessuale, bisogna sempre tenere presente che
quell'assassinio potrebbe far parte di una serie ed necessario procedere partendo dagli unici
elementi a disposizione: la vittima e la scena del crimine. Entrambi questi aspetti possono fornire
informazioni utili sulla personalit dell'assassino e l'analisi investigativa criminale (cio l'esame
psicologico del crimine) aiuta a comprendere la relazione esistente tra la vittima, il colpevole e la
scena del crimine.

Al fine di indirizzare le indagini verso la giusta direzione, importante realizzare un profilo psicologico
del potenziale autore del delitto. Per stilare un "profilo psico-comportamentale" efficace
indispensabile considerare diversi elementi specifici dell'omicidio seriale, in particolare di quello con
connotazione sessuale. Questi elementi sono:

1. valutazione della vittima; studiare la tipologia della vittima e le modalit di entrata in contatto
con essa;
2. individuazione dei luoghi e del percorso del crimine; definire se il luogo di ritrovamento del
cadavere lo stesso dove la vittima stata uccisa;
3. mezzo omicidiario; valutare il tipo di arma e collegarla al motivo per cui l'assassino usa proprio
quella;
4. il cammino e il destino dell'arma; valutare se l'arma stata condotta sulla scena
(organizzazione), se c'era gi ed stata portata via (semiorganizzazione), o lasciata sul luogo
(disorganizzazione);
5. valutazione dell'aggressione; verificare l'attacco contro la vittima, le lesioni inflitte; definire se
queste sono state inferte prima, durante o dopo la morte e quali. Le ferite sul viso e sugli occhi
possono, ad esempio, indicare che la vittima e l'assassino si conoscevano e, quindi, un
tentativo di "depersonalizzazione" della prima;
6. attivit sulla vittima; verificare:
a. eventuali segni sulla vittima, come morsi, atti di vampirismo o di cannibalismo e
classificarli come staging (messa in scena), overkilling, atti sadici, atti simbolici, ecc.
b. se sulla vittima vi sono tracce di mezzi di tortura, di costrizione, di dominio, di possesso,
di sadismo
c. la disposizione del corpo
d. se ci si trova di fronte ad un cadavere che sta all'aperto o in luoghi isolati e se non si
rende pubblico il ritrovamento, l'assassino potrebbe tornare per controllare, quindi
buona prassi sorvegliare la zona
e. i dati a disposizione, se i resti del cadavere sono esposti, ostentati, posizionati;
7. la carriera del serial killer; se si nota un cambiamento del modus operandi, ma i crimini sono
sempre chiaramente commessi dalla stessa mano, si devono considerare alcune ipotesi:
a. aumento della sofisticazione del metodo; pu darsi che l'assassino l'abbia perfezionato
solo tecnicamente o per quanto riguarda l'organizzazione e l'autosicurezza;
b. aumento della violenza sulle vittime; valutare in quale stadio avviene (prima, durante o
dopo la morte) e se sia una modifica qualitativa o quantitativa.

importante tenere sempre presente che il profilo psicologico ha natura probabilistica e non d
assolutamente una certezza totale. Per ci che riguarda l'accuratezza e l'affidabilit del profilo una
ricerca dell'F.B.I. su 192 casi di omicidio relativi all'anno 1994 nei quali, durante le indagini, stata
adoperata questa tecnica, ha dato i seguenti risultati: (4)

1. nel 72% dei casi, il profilo ha indirizzato le indagini


2. nel 20% dei casi, stato utile per stilare una lista di sospetti

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3. nel 17% dei casi, ha contribuito direttamente alla cattura del soggetto.

Il procedimento tipico per costruire il profilo psicologico si suddivide in cinque fasi:

a. fase degli input, ovverosia la procedura di immissione degli elementi raccolti sulla scena del
crimine, per cui ogni prova viene descritta, repertata ed inserita in un elaboratore dati. Si
procede poi all'analisi della vittima; si aggiungono le informazioni medico-legali e le quelle di
polizia. Per ultimo viene raccolto il materiale fotografico;
b. la seconda fase riguarda il decision making; la fase in cui si organizza e classifica il materiale
raccolto. Per prima cosa, si valuta l'intento primario dell'aggressore; poi vengono stilati dei
fattori di rischio di vittimizzazione; la stima dei fattori in questione, permette la valutazione del
pericolo che l'aggressore disposto a correre per commettere il crimine; la analisi del delitto
permette, inoltre, di stimare il potenziale grado di escalation del comportamento violento
dell'aggressore. Infine vengono considerate le informazioni circa l'ora e luogo dell'omicidio per
verificare certe ipotesi di profilo (stile di vita del sospetto, tipo di occupazione, grado di mobilit,
ecc.);
c. la terza fase caratterizzata dalla valutazione globale dell'evento delittuoso, che viene
catalogato secondo i criteri del sistema di valutazione dell'F.B.I. (sulla base del gi citato Crime
Classification Manual). Dalla classificazione dell'omicidio si passa a delineare il tipo di
personalit omicida;
d. fase di stesura del profilo criminale. Si tratta del momento centrale, in cui vengono elencate le
caratteristiche socio-demografiche, fisiche e comportamentali, pi altri elementi, dell'autore di
reato;
e. fase dell'investigazione. Basandosi sulle conclusioni del profilo, la polizia in grado di
orientare le indagini. Una volta che viene catturato un sospetto, si raffronta il profilo con le
caratteristiche reali del soggetto per correggere, perfezionare e valutare ulteriori elementi
investigativi.

Holmes elenca alcuni dei presupposti fondamentali del profilo psicologico: (5)

1. la scena del delitto riflette la personalit dell'autore. L'analisi globale della scena del crimine
serve per formarsi un immagine mentale della personalit del criminale;
2. la modalit del delitto tende a restare immutata nel tempo;
3. la "firma" rimane sempre la stessa. A differenza del modus operandi, che tende a restare
uguale, ma pu anche cambiare, la "firma" rimane invariabilmente identica in tutta la serie e
rappresenta l'elemento simbolico pi importante per il criminale;
4. la personalit dell'autore tende a rimanere sostanzialmente la stessa nel tempo.

Il criminologo americano David Canter (6) propone un modello di profilo psicologico alternativo a
quello dell'F.B.I. Una delle differenze fondamentali fra il modello di profilo psicologico proposto
dall'F.B.I. e quello elaborato da Canter che quest'ultimo viene costruito partendo da una base
empirica sulla quale lavorare, mentre quello dell'F.B.I. basato quasi interamente sulle intuizioni del
profiler. L'F.B.I., inoltre, non dedica particolare attenzione alla vittima, mentre Canter considera le
informazioni su di essa di vitale importanza per lo sviluppo del profilo investigativo.

Questo profilo costruito su cinque aspetti fondamentali del rapporto tra aggressore e vittima:

1. coerenza interpersonale; questo fattore evidenzia i criteri di selezione delle vittime ed il tipo di
relazione stabilita con essa;
2. significato del tempo e del luogo; lo spazio fisico e temporale in cui collocato il crimine
fornisce informazioni fondamentali sul modo in cui il criminale concettualizza le relazioni
spaziali e temporali e ci indica il suo grado di mobilit;
3. caratteristiche del criminale; ci consente di individuare sia la natura del crimine che il modo in
cui viene commesso;

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4. carriera criminale; l'analisi dello sviluppo del comportamento delinquenziale consente di


tracciare la sua possibile carriera delinquenziale per prevedere ed anticipare le sue successive
mosse;
5. consapevolezza forensica; questo termine indica tutti quegli elementi che fanno ritenere che il
criminale abbia tentato di mascherare o di occultare indizi fisici del reato. In questo caso,
probabile che l'assassino abbia avuto un contatto precedente con la polizia e conosca
parzialmente le procedure di analisi criminalistica, per cui un soggetto con una carriera
criminale alle spalle.

Per quanto riguarda l'applicazione del profilo psicologico all'omicidio seriale, occorre innanzitutto
precisare che in tutti gli atti di violenza, la fantasia riveste un ruolo importante e, per gli atti del serial
killer, questo particolarmente vero. Nell'apprestarsi ad eseguire il profilo psicologico,
indispensabile considerare questo aspetto. La fantasia fa parte di tutto il processo omicidiario e
continua a rivestire un ruolo fondamentale fino alla disposizione del cadavere. Dal punto di vista del
profilo, il trasporto del cadavere, ad esempio, indica un processo di pianificazione anticipata, quindi la
presenza di un soggetto organizzato, per cui devono essere considerati gli indizi in entrambi i luoghi
(scena del crimine e luogo di disposizione del cadavere). Nel caso in cui i due luoghi coincidano,
probabilmente si ha a che fare con un soggetto che vive nelle vicinanze e che ha caratteristiche di
personalit del tipo asociale disorganizzato.

Ogni azione del serial killer ha un significato simbolico ben pi importante di quello concreto che
risulta evidente a prima vista, ed il compito del profiler quello di trovare tale significato. Un elemento
ricorrente in molti omicidi seriali l'applicazione di bendaggi sul volto della vittima. La motivazione pi
evidente il fatto di impedire alla vittima di vedere l'identit del serial killer; una motivazione
simbolica, invece, quella di depersonalizzare ulteriormente la vittima. La presenza di un fenomeno
di overkilling concentrato sul volto della vittima sta, invece, a significare proprio una volont estrema
di depersonalizazione; simbolicamente, l'aggressione si concentra nella zona degli occhi, perch lo
sguardo della vittima l'elemento principale che fa ricordare all'assassino di avere una persona di
fronte.

Nel modo in cui viene disposto il cadavere importante l'intenzione dell'assassino di farlo scoprire
oppure nasconderlo il pi a lungo possibile. La messa in scena (staging) si verifica quando
l'assassino altera deliberatamente la scena del crimine prima dell'arrivo della polizia e, di solito,
indicativa di un assassino organizzato, perch necessaria una certa abilit mentale per capire quali
elementi meglio modificare. Douglas (7) differenzia la "messa in scena" dalla "messa in posa"; la
prima compare nei crimini in cui il soggetto cerca di depistare le indagini, inducendo la polizia a farsi
un'idea dell'accaduto non rispondente al vero; si tratta quindi di un aspetto del modus operandi. La
"messa in posa", invece, costituisce la "firma".

I metodi utilizzati dai serial killer per catturare le vittime non sempre rimangono inalterati nel tempo,
ma spesso diventano pi sofisticati e pianificati, man mano che aumenta l'et del soggetto. L'et di
un assassino seriale uno degli elementi pi difficili da determinare, perch l'et emozionale ed
esperenziale non sempre coincide con quella cronologica. Generalmente, gli assassini che mostrano
un grado di sadismo pi elevato e quelli che pianificano maggiormente il delitto sono meno giovani.
Talvolta i serial killer sono soliti raccogliere feticci sulla scena del crimine. La ragione principale per
cui un assassino seriale decide di prendere uno o pi feticci dalla scena del delitto quella di avere
qualcosa che lo aiuti a ricordare ci che successo. Il feticcio, essendo qualcosa che appartenuto
alla vittima, contribuisce ad aumentare la gratificazione psicologica ottenuta durante l'omicidio,
perch fa rivivere all'assassino le fasi di quest'ultimo.

In alcuni casi, l'assassino seriale raccoglie trofei. La differenza principale con il feticcio che, mentre
questo rappresenta soltanto un simbolo che aiuta il soggetto a ricordare qualcosa di piacevole, il
trofeo uno stimolo visivo forte che ha funzione afrodisiache e spesso si tratta di una parte del corpo
della vittima. Il feticcio ed il trofeo aiutano il soggetto a prolungare il ricordo del delitto commesso, per

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cui analizzare attentamente quello che manca tra gli effetti personali della vittima pu fornire elementi
utili sulla personalit dell'assassino. Infatti, tra un crimine e l'altro, il serial killer si mette ad osservare i
suoi trofei per rivivere nella mente tutte le fasi dell'omicidio precedente. A volte, l'assassino, dopo
aver preso un feticcio dalla vittima, soprattutto se si tratta di un gioiello, pu decidere di presentarsi a
casa dei parenti della persone uccisa per consegnarlo ad un familiare, con la scusa di averlo trovato
per strada; ci serve ad entrare direttamente nel mondo della vittima e ad alimentare le proprie
fantasie; oppure pu accadere che lo regali alla moglie o alla sua ragazza, anche se proprio la
donna all'origine della sua angoscia ed ostilit.

Non tutti gli assassini seriali portano via dei feticci. possibile, per, che il serial killer decida di
tornare sulla scena del crimine per alimentare le proprie fantasie. I soggetti pi organizzati fanno in
modo di partecipare alle ricerche oppure osservare molto da vicino le indagini della polizia, sia per
capire come procedono le stesse che per rivivere continuamente, a livello fantastico, il crimine. La
collezione di ritagli di giornali che parlano di lui e delle sue imprese hanno la stessa funzione. Alcuni,
sempre allo scopo di rinnovare le proprie fantasie, sono soliti andare a visitare le tombe delle loro
vittime.

1.3. Italia: la "Unit per l'Analisi del Crimine Violento" (U.A.C.V.) e il


"Sistema per l'Analisi della Scena del Crimine" (S.A.S.C.) (8)
La tecnica del profilo psicologico viene utilizzata nel nostro paese da un settore specifico della polizia
che si occupa dello studio del comportamento criminale e, in particolare, degli omicidi seriali. La
"Unit per l'Analisi del Crimine Violento" nasce nel dicembre del 1995, emulando la "Behavioural
Science Unit" (B.S.U.) dell'F.B.I., ed ha lo scopo di supportare gli organismi investigativi e l'autorit
giudiziaria in casi di omicidio senza movente apparente, omicidi a carattere seriale o di particolare
crudelt e nel caso di violenze sessuali riconducibili ad un unico autore (stupro seriale).

Per questo l'U.A.C.V. utilizza in modo armonico e complementare tutte le tecniche e le metodologie
della criminalistica, della medicina legale, della psichiatria forense e della psicologia
comportamentale. Nell'U.A.C.V. sono presenti le seguenti figure professionali della Polizia di Stato:

1. investigatori con comprovata esperienza nel settore del crimine violento provenienti da
squadre mobili o dalla Criminalpol
2. funzionari medico-legali esperti in psichiatria forense
3. psicologi esperti in scienze del comportamento criminale
4. funzionari specializzati nell'esame della scena del crimine.

A queste quattro figure professionali, che costituiscono il nucleo istitutivo di base, si aggiungono
quelle degli esperti nelle varie discipline della criminalistica, che, a seconda del caso, sono messi a
disposizione dell'U.A.C.V. Di supporto all'attivit dell'U.A.C.V. oltre che, naturalmente, delle squadre
investigative, pu essere utile l'impiego degli esperti nel settore della sorveglianza. Del resto,
l'assassino "per sadismo", il cosiddetto "lust murder", prova eccitazione all'idea di ritornare sulla
scena del delitto o, addirittura, nel luogo dove la vittima stata sepolta. Una volta messi questi luoghi
sotto controllo, possibile utilizzare il sistema per il riconoscimento antropometrico dei volti, per
confrontare le immagini ottenute attraverso l'attivit di sorveglianza con le fotografie di individui
sospettati di crimini analoghi e precedentemente memorizzate.

L'Unit divisa in quattro strutture.

1. Esame della Scena del Crimine (E.S.C.); questo settore si occupa di tutti gli atti relativi al
sopralluogo tecnico e, anche in momenti successivi all'evento criminoso, possibile applicare
metodologie d'indagine finalizzate alla ricostruzione virtuale della scena del crimine e della
dinamica dell'evento, attraverso tecnologie multimediali basate su programmi di grafica
tridimensionale.

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2. Analisi della Scena del Crimine (A.S.C.); questa sezione svolge un compito di studio, sia di tipo
diretto sul luogo dell'omicidio, che attraverso l'elaborazione di immagini e fotografie riprese
durante la fase del sopralluogo. L'A.S.C. compie un'attivit critica e soggettiva, svincolata dalla
sequenza rigida del sopralluogo, analizzando dettagli e registrando sensazioni, e ricercando le
cosiddette "tracce caratteristiche identificative della scena". A tal fine vengono utilizzate
tecniche di elaborazione computerizzata delle immagini che consentono la messa a fuoco e
l'ingrandimento di particolari, anche ridotti o rovinati delle fotografie originali, che possono
essere ingrandite fino a 15-20 volte senza perdita di definizione. Nel caso, ad esempio, di
fotografie che si riferiscono alla vittima di un'aggressione, queste particolari tecniche digitali
consentono ai medici legali di analizzare la tipologia e la morfologia delle ferite, in particolare i
quadri lesivi esterni, valutandone la compatibilit con i mezzi di offesa ipotizzati e permettendo
di ricostruire la dinamica dell'aggressione.
3. Analisi delle Informazioni (A.I.); si tratta di un settore che sintetizza e approfondisce
ulteriormente i risultati dei riscontri effettuati dall'E.S.C. e dall'A.S.C. Questa sezione
predispone una relazione tecnico-investigativa che comprende:
a. il quadro riassuntivo di tutte le informazioni analizzate
b. le tavole sinottiche delle correlazioni individuate all'interno del caso o che consentono di
collegare tra loro casi diversi
c. le ipotesi investigative proprie e di conferma di quelle precedenti.
4. Analisi del Comportamento (A.C.); l'ultimo settore ha la funzione principale di realizzare il
profilo dell'autore del crimine, partendo dall'esame della relazione tecnica dell'A.I. La sezione
Analisi del Comportamento pu anche intervenire a supporto dell'investigatore e del magistrato
durante l'interrogatorio del testimone o dell'indagato. Le variabili principali che gli esperti
dell'A.C. cercano di individuare per tracciare il profilo dell'aggressore sono:
a. le caratteristiche generali fisiche
b. la razza
c. l'et presumibile
d. lo stato civile
e. il possibile impiego
f. il grado di inserimento nella societ
g. le possibili devianze sessuali
h. il quoziente intellettivo
i. il livello di istruzione
j. lo status sociale
k. l'eventuale appartenenza a sette religiose
l. il pi probabile modo di vestire.

Il Sistema per l'Analisi della Scena del Crimine (9) (S.A.S.C.) uno strumento creato dalla "Sezione
Indagini Speciali", allo scopo di supportare le attivit dei settori A.I. e A.C., che devono analizzare
una considerevole quantit di informazioni, cercando di individuare eventuali collegamenti o
correlazioni all'interno del singolo caso o fra episodi distinti, ed in grado di gestire in forma
multimediale tutte le informazioni sottoposte all'esame dell'U.A.C.V.

Il S.A.S.C. ha la funzione di integrare i dati oggettivi che si ricavano dall'esame della scena del
crimine durante il sopralluogo con altri provenienti da fonti diverse. Tra le numerose voci, ce ne sono
molte inserite nel formulario del V.I.C.A.P. (Violent Crime Apprehension Program), creato dall'F.B.I., e
del nuovo V.I.C.L.A.S. (Violent Crime Linkage Analysis System), prodotto dalla "Royal Canadian
Mounted Police", ovviamente modificate ed adattate alla realt italiana.

1.4. Il rapporto informativo ed il profilo geografico


Il rapporto informativo stato pensato per consentire, anche in assenza del supporto informatico,
l'acquisizione capillare delle informazioni che devono essere memorizzate nel S.A.S.C. in occasione

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di un crimine violento di competenza dell'U.A.C.V.

Esso si rivolge, in particolare, ai Gabinetti provinciali di Polizia Scientifica e deve essere compilato
nelle diverse fasi che accompagnano le indagini, a partire, comunque, dal momento del sopralluogo
tecnico, per poi essere trasmesso al Gabinetto regionale di competenza, che, dopo averlo completato
e memorizzato tramite il terminale S.A.S.C., lo sottopone per l'analisi alla Sezione Indagini Speciali
del Servizio di Polizia Scientifica. I risultati dell'attivit di analisi svolta, riassunti in una relazione
tecnica conclusiva, saranno, quindi, trasmessi agli organismi investigativi e all'Autorit Giudiziaria,
che hanno richiesto l'intervento dell'U.A.C.V.

Per rendere pi comprensibile la compilazione di un rapporto informativo S.A.S.C., possiamo dire che
ogni argomento trattato suddiviso in varie tabelle ognuna delle quali identificata con una
categoria, dal codice generale di categoria, dalle singole voci che la descrivono e, infine, dal codice
specifico di categoria. L'operatore che compila il rapporto dovr scegliere una o pi voci tra quelle
che specificano la categoria, per quanto riguarda le notizie sulla vittima, giusto per fare un esempio,
si tratter di analizzare i seguenti dati:

1. generalit della vittima


2. stile di vita
3. descrizione del cadavere
4. connotati fisici della vittima
5. connotati cromatici della vittima
6. segni particolari
7. eventuali costrizioni sulla vittima
8. violenze sessuali subite
9. causa di morte
10. mutilazioni subite.

Ricordiamo, infine, che le notizie contenute nel rapporto informativo, sono assunte dall'operatore di
Polizia Scientifica nell'ambito delle attivit di sopralluogo tecnico e di iniziativa della polizia giudiziaria
e sono, pertanto, tutelate a norma di legge.

Il profilo geografico , invece, un metodo di localizzazione degli autori di crimini seriali che stato
elaborato presso la "Unit di profilo geografico" del Dipartimento di Psicologia Investigativa di
Liverpool, diretto dal prof. David Canter. Questo profilo pu essere costruito solo rispettando alcune
condizioni:

1. si deve trattare di crimini che possono, con una certa ragionevolezza, essere collegati tra loro,
cio commessi da un unico aggressore;
2. devono esserci almeno cinque delitti nella serie, perch, effettuando analisi geografiche con un
numero inferiore, la probabilit di localizzazione decresce;
3. ogni informazione geografica, di sopralluogo e relativa alle caratteristiche della vittima
dev'essere tenuta in considerazione.

Rossmo elenca i fattori pi importanti per la costruzione del profilo geografico: (10)

1. dislocazione del crimine


2. strade ed autostrade di collegamento
3. limitazioni fisiche e psicologiche
4. conoscenza del territorio
5. composizione demo-sociografica del quartiere
6. attivit abituali delle vittime
7. disposizione dei cadaveri.

Collegando questi vari elementi, si ottiene un profilo geografico standard, composto dai seguenti

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passaggi:

1. esame approfondito di tutto il fascicolo riguardante il caso


2. esame dettagliato della scena del crimine e delle fotografie della zona
3. intervista agli investigatori responsabili delle indagini e agli analisti che si occupano del crimine
4. analisi dei dati demografici e delle statistiche criminali del quartiere
5. studio della rete stradale, conoscenza del territorio e delle zone d'accesso
6. analisi computerizzata
7. compilazione del rapporto finale.

Per la localizzazione dell'area di residenza del soggetto che compie omicidi seriali, Canter e Larkin
utilizzano il concetto di "sfera criminale" e dividono gli aggressori in due tipologie: (11)

a. residenti: utilizzano la propria area abitativa come "fuoco" attorno al quale si sviluppa l'attivit
predatoria; quindi si applica il "modello della sfera criminale", secondo cui il soggetto si muove
dalla sua base per compiere delitti e poi vi ritorna, agendo in direzioni differenti nei diversi
episodi della serie. Per questi autori, nell'85% dei casi, l'area di residenza dell'aggressore
localizzabile dentro il cerchio definito dai reati;
b. pendolari: commettono delitti fuori dal luogo di residenza e quindi non c' una relazione
geografica tra il luogo di vita abituale e la zona in cui il soggetto compie i reati.

Il profilo geografico si affianca a quello psicologico ed composto da due componenti principali; una
oggettiva (procedure statistiche e quantitative per stabilire zone di maggior probabilit di
localizzazione dell'aggressore); una soggettiva (ricostruzione ed interpretazione della "mappa
mentale" dell'aggressore, con interazione delle informazioni provenienti dal profilo psicologico).

La percezione della distanza, invece, varia da soggetto a soggetto e dipende da diversi elementi. In
generale, vale il principio del "minimo sforzo", per cui, a parit di altre condizioni, se un soggetto ha
diverse possibilit di azione, tender a scegliere quella che richiede il minimo quantitativo di sforzo,
quindi l'assassino sceglier come luogo di azione quello pi vicino al suo punto di partenza. Di solito,
il serial killer decide di spostarsi nella ricerca di una vittima in base ai seguenti parametri:

1. mezzo di trasporto: se il soggetto dispone di un mezzo autonomo, sar indubbiamente pi


propenso a effettuare spostamenti pi lunghi;
2. appetibilit delle zone d'origine, della destinazione e delle vie per effettuare lo spostamento;
3. familiarit con strade e d autostrade;
4. presenza e quantit di barriere: gli ostacoli geografici possono ostacolare pesantemente la
scelta del "terreno di caccia" dell'assassino seriale;
5. presenza di strade alternative;
6. distanza effettiva: un luogo pu sembrare molto vicino sulla carta, ma se poi i collegamenti
sono difficoltosi, l'assassino potr optare per altri luoghi.

La scelta della zona operativa del serial killer dipende anche dalla sua "mappa mentale"; con questo
termine si intendono le immagini cognitive dell'ambiente che ci circonda e che ogni individuo si crea,
con un suo schema, in base alle esperienze quotidiane.

Altri elementi importanti nella scelta del luogo di azione sono la presenza di vie d'accesso e di fuga,
l'esistenza o meno di barriere naturali e le caratteristiche del luogo; ad esempio, nel caso in cui le
vittime scelte siano prostitute, l'assassino dovr considerare se, nel territorio prescelto, esiste
"un'area della prostituzione". Nella maggior parte dei casi, il serial killer inizier l'attivit omicidiaria in
luoghi che gli sono abbastanza familiari, quindi nelle vicinanze di qualche punto di riferimento facente
parte della sua "mappa mentale". Procedendo nella serie, il soggetto diventa sempre pi sicuro di s,
si convince che non verr mai catturato e allarga i confini della sua "mappa mentale", agendo in zone
che non conosce abbastanza, anche per procurarsi un'eccitazione ulteriore. Nell'analisi di un caso di
omicidio seriale, quindi, particolarmente importante considerare i luoghi nei quali vengono

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commessi i primi reati, perch sono quelli che possono fornire informazioni pi utili per la cattura del
soggetto.

Il pi completo modello spaziale di selezione del bersaglio criminale quello di Brantingham. (12)
Questo sistema sta alla base dell'applicazione del profilo geografico in un'investigazione su un caso
di omicidio seriale. L'autore in questione sostiene che la maggior parte dei criminali non sceglie
completamente a caso i luoghi del suo obiettivo. Mentre ogni singola vittima pu essere scelta
casualmente, l'intero processo di selezione , invece, strutturato, sia che il soggetto ne sia
consapevole sia che non lo sia. Brantingham sostiene che esiste una "zona cuscinetto", situata
intorno al luogo di residenza del criminale. All'interno di questa i bersagli sono considerati poco
attraenti, perch viene percepito un livello di rischio molto elevato, in connessione al fatto di agire
troppo nelle vicinanze della propria abitazione. Per crimini in cui la componente emozionale pi
forte di quella strumentale, la "zona cuscinetto" non ha, invece, un influsso molto forte sulle scelte del
soggetto.

1.5. Tecniche di cattura utilizzate dagli assassini seriali


L'analisi del modo in cui le vittime vengono catturate in un caso di omicidio seriale fornisce elementi
utili per integrare il profilo psicologico, connotando il grado di organizzazione dell'assassino, cos
come, nel profilo geografico, ci rivela il grado di mobilit del soggetto. Fondamentalmente ci sono
quattro tecniche che l'assassino seriale pu impiegare per catturare le sue vittime:

1. tecnica dello squalo; l'assassino si aggira, preferibilmente in macchina o in un piccolo furgone,


finch non trova la vittima ideale. Quando l'ha trovata, la cattura velocemente e la uccide, o
nello stesso luogo, oppure in un posto isolato dove possa agire indisturbato, ma, comunque,
non la porta mai nel luogo in cui vive;
2. tecnica dell'aquila; sempre l'assassino seriale a spostarsi, ma, questa volta, dopo aver
individuato e catturato la vittima, la porta a casa sua e, prima di ucciderla, la sottopone ad una
serie di torture e di sevizie di ogni genere. Spesso, fa delle fotografie della vittima (come
Stevanin, vedi cap. 4, par. 1), che hanno per lui un valore feticistico e pu anche riprenderne
l'agonia con una telecamera.;
3. tecnica del ragno; quella pi usata dalle donne, anche se non mancano esempi di uomini che
vi hanno fatto ricorso. L'assassino attira la vittima sul proprio terreno con uno stratagemma e,
una volta che in suo potere, la uccide comodamente. Si tratta della tecnica pi economica,
che richiede il minor dispendio di energie da parte dell'assassino;
4. tecnica del camaleonte; questa modalit d'azione tipica dell'assassino seriale che va a
caccia della "preda" mimetizzandosi e confondendosi all'interno dell'ambiente della vittima.

1.6. Relazioni internazionali con il National Center for the Analysis of


Violent Crime (N.C.A.V.C.)
Nel 1981, l'F.B.I. ricevette mandato di studiare quali risorse sarebbe stato possibile impiegare
rafforzare la lotta al crimine. Nel 1984, il presidente Reagan annunciava la nascita del National
Center for the Analysis of Violent Crime, allo scopo di individuare i serial killer attraverso la
realizzazione del profilo psicologico-comportamentale dell'assassino, quello che dagli esperti
dell'F.B.I. veniva chiamato P.O.P. (Psycological Offender Profile).

Nel 1996 la B.S.U. (Behavioral Science Unit), un'unit del N.C.A.V.C. viene suddivisa in due ulteriori
settori: il primo dedicato all'istruzione, alla ricerca, alla didattica; il secondo al supporto investigativo,
cio alla stesura dei profili psicologici dei serial killer. Il centro analisi dei crimini violenti dell'F.B.I.
(N.C.A.V.C.), con sede a Quantico in Virginia, dispone di due programmi per la cattura degli assassini
seriali.

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Uno il V.I.C.A.P. (Violent Crime Apprehension Program), un sistema computerizzato che raccoglie
dati su delitti non risolti, tentati omicidi senza movente apparente o a sfondo sessuale, delitti che si
suppone appartengano ad una serie; ed ancora, persone scomparse probabili vittime di un crimine,
cadaveri non identificati di vittime di omicidi. L'intenzione di includervi in futuro anche i casi di
violenza carnale, di abuso sessuale verso i minori, di piromania. L'investigatore locale che vuol fare
ricorso al V.I.C.A.P. redige un rapporto, il Crime Analysis Report, che comprende 189 domande che
coprono tutti gli aspetti del delitto, dalla vittimologia ai risultati delle analisi. Appena questo
documento arriva all'F.B.I. viene trasmesso all'elaboratore centrale che lo confronta immediatamente
con tutti i casi inclusi nel sistema (attualmente 5846); dopodich il computer segnala i dieci omicidi
che hanno il maggior numero di analogie con il caso in questione. A questo punto dell'inchiesta
interviene l'attivit di un esperto che studia il caso in questione, mettendolo in relazione ad altri fatti
analizzati ed archiviati, determinando se e in quale modo possano essere collegati. Le informazioni
ottenute attraverso il V.I.C.A.P., in seguito all'analisi, vengono poi trasmesse alle unit di polizia locali
affinch possano accordarsi e procedere alla conduzione di un'inchiesta alla quale partecipano
diversi stati, cosa che diventa particolarmente utile in caso di serial killer nomadi.

Un'analisi del profilo psicologico del criminale completa il rapporto del V.I.C.A.P.: qui che entra in
gioco la B.S.U., che viene usata non solo per gli assassini seriali, ma anche per analizzare il
vocabolario di sequestratori, piromani e stupratori seriali. Il P.O.P. (Psychological Offender Profile),
ci che spesso consente la cattura di un assassino senza apparente motivi, appunto di un serial
killer.

1.7. Applicazione investigativa del "Modello S.I.R." e il "Gruppo


Osservatorio di Ricerca, Intervento e Studio sulla Criminalit"
(G.O.R.I.S.C.)
Il "Modello S.I.R." un modello di matrice sistemico-relazionale che spiega l'omicidio seriale come
risultante di tre fattori che s'intrecciano tra loro, con peso variabile a seconda del tipo di omicidio
considerato. Le classificazioni in cui viene suddiviso l'omicidio seriale sono quattro:

1. motivazionale (il movente che sta alla base degli omicidi)


2. operativa (il numero dei soggetti che compiono l'omicidio)
3. vittimologica (il tipo di vittima selezionato)
4. modale (la modalit di esecuzione degli omicidi).

Per ogni categoria viene attribuita una sigla, in modo da rendere possibile indicare, durante
l'investigazione, che tipo di omicidio seriale ci si trova a dover esaminare. Questo sistema di siglatura
molto utile per classificare i casi di omicidio seriale e per inserirli nell'E.S.KI.DA.B. 2000, la Banca
Dati Europea, ed avere dei parametri immediati sui quali confrontare un nuovo caso che si sospetta
abbia matrice seriale. La "Banca Dati Europea dei Serial Killer" il principale strumento operativo del
G.O.R.I.S.C., il cui obiettivo principale quello di proporsi come unit di specialisti per consulenze
investigative nelle sei aree di competenza:

a. omicidio seriale
b. pedofilia e crimini sessuali
c. sette sataniche e pseudoreligiose
d. criminalit organizzata
e. terrorismo
f. criminalit informatica.

Il G.O.R.I.S.C. composto da un numero di soggetti variabile, suddivisi nelle diverse aree nelle quali
approfondiscono delle tematiche particolari.

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2. Aspetti giuridici connessi al fenomeno dell'omicidio seriale


L'arresto di un presunto assassino seriale, pur portando sollievo nella societ, soltanto l'atto iniziale
di un lungo percorso investigativo che dovr condurre ad un processo ed al relativo verdetto.
L'intervento dello psicologo e del criminologo, che risulta determinante al momento di tracciare il
profilo psicologico del criminale, quando cio non si conosce ancora l'identit del serial killer, non
invece sufficiente quando si debba ottenere una condanna penale, perch in questo caso servono
prove concrete da presentare ad una giuria. Un banale errore procedurale, purtroppo, pu essere
sufficiente per rimettere in libert un pericoloso assassino che torner, immancabilmente, ad
uccidere.

Negli Stati Uniti, c' anche il grosso problema delle competenze giurisdizionali nell'affrontare un caso
di omicidio seriale, perch spesso ci si trova alle prese con un soggetto che ha ucciso spostandosi da
uno stato all'altro. Un'altra questione spinosa, in casi di questo genere, quella connessa
all'imputabilit del serial killer, in quanto diversi assassini seriali tendono a simulare la presenza di
una malattia mentale, che permetta loro di esser dichiarati incapaci di intendere e di volere,
totalmente o almeno parzialmente; nella maggior parte dei casi, comunque, non riescono nel loro
intento. Newton infatti stima che, negli Stati Uniti, solo il 3,6% degli assassini seriali identificati in
questo secolo siano stati dichiarati infermi di mente. (13)

Negli Stati Uniti, la sentenza pi comune la pena di morte, dove ammessa, oppure la condanna
all'ergastolo, anche se poi, negli anni passati, con l'utilizzo dell'istituto giuridico della "parole" (la
concessione della libert sulla parola), molti assassini sono stati rimessi in libert dopo aver scontato
pochi anni di carcere ed hanno ricominciato ad uccidere. In taluni Stati, gli assassini seriali ricevono
pene particolarmente leggere se rapportate alla gravit dei loro crimini. il caso della Danimarca, del
quale Siciliano ha analizzato il materiale casistico degli omicidi volontari avvenuti tra il 1961 ed il
1995: un esempio emblematico di questo lassismo quello di un operaio responsabile dell'omicidio di
due prostitute venne condannato a soli sedici anni di carcere. (14) In alcuni paesi del mondo,
soprattutto quelli con un regime totalitario, c' invece la tendenza ad effettuare un'esecuzione veloce,
senza processo o a seguito di un giudizio sommario, per dare una risposta forte delle capacit
repressiva del governo di fronte a crimini aventi un forte impatto sull'opinione pubblica.

Nell'ambito della punibilit, recentemente in Italia si acceso un dibattito particolarmente acceso


sulla possibilit di abolire l'ergastolo. Se ci avvenisse, ne trarrebbero beneficio anche i condannati in
primo e secondo grado e, addirittura, gli ergastolani definitivi. Presupponendo l'irrecuperabilit sociale
dell'assassino seriale, come sostengono diversi autori ed in particolare lo psicologo americano Joel
Norris, la diminuzione del tetto massimo di pena, potrebbe far s che un serial killer arrestato molto
giovane possa ritrovarsi in libert ancora nella condizioni idonee per commettere nuovi delitti, se non
sottoposto ad una forma di trattamento veramente adeguata. Tra i soggetti che, quindi, un giorno
potrebbero esser rimessi in libert c' Gianfranco Stevanin (vedi cap. 4, par. 1). L'abolizione della
pena dell'ergastolo dovrebbe, a mio modo di vedere, procedere parallelamente alla certezza della
pena, in modo da evitare che certi criminali siano rimessi in libert nonostante la loro pericolosit
sociale.

2.1. Aspetti connessi all'imputabilit dei serial killer


La domanda fondamentale da affrontare in questa sede : quale collegamento esiste fra gli orrori
commessi da un serial killer e la follia che sembrerebbe esprimersi da una condotta cos perversa e
distruttiva?

Occorre a mio modo di vedere aprire una parentesi su quello che la normativa italiana stabilisce in
materia. In Italia, ai sensi dell'art. 42 del codice penale, "nessuno pu essere punito per un'azione
preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e con volont ...". Secondo

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questa norma la responsabilit penale dell'autore del reato s'identifica quindi nel possesso della
generica capacit di coscienza e di volont.

Il concetto di imputabilit indicato dall'art. 85 del codice penale, che recita: "nessuno pu essere
punito per un fatto preveduto dalla legge come reato se, al momento in cui lo ha commesso, non era
imputabile. imputabile chi ha capacit di intendere e di volere". Secondo la ormai consolidata
giurisprudenza di merito, la "capacit di intendere" s'identifica con l'idoneit psichica del soggetto a
conoscere, comprendere e discernere le proprie azioni od omissioni ed i motivi della propria
condotta, in altre parole a rendersi conto delle proprie azioni. La capacit di volere , invece,
identificata nell'attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo, con la possibilit di optare
per la condotta che appare pi ragionevole e, quindi, di resistere agli stimoli degli avvenimenti esterni
e, pi brevemente, di volere ci che si giudica doversi fare.

Nell'art. 88 del codice penale, specificamente dedicato alla fattispecie della esclusione
dell'imputabilit, si afferma: "non imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermit, in tale stato di mente da escludere la capacit di intendere o di volere". L'art. 89 prevede
invece che la rilevante, ma non completa, limitazione delle stesse capacit di cui all'art.88, non
escluda totalmente l'imputabilit.

Effettuata questa doverosa premessa sulle norme generali vigenti in Italia in tema di imputabilit,
torniamo al nostro argomento centrale: il rapporto tra serial killer e quest'ultima. Possono persone
che si macchiano di crimini cos atroci, al di l di ogni comprensione, essere considerati "normali"?

Gli assassini seriali conoscono l'imperativo divieto della legge; comprendono, quando si accingono
ad uccidere, quel che ci significa; sanno scegliere il momento per uccidere. Compiono i delitti con
lucidit, usano cautele per sfuggire alla legge, sanno indirizzare i sospetti della polizia verso false
piste. Ma allora perch dubitare della loro responsabilit? La risposta a questo quesito pu essere la
seguente: perch i loro delitti "mostruosi" lasciano tutti pieni di perplessit. In questi casi, quindi, i
periti psichiatrici hanno un forte impatto processuale. Questi servono a discriminare, chi folle da chi
non lo , o se l'indagato finge magari di esserlo solo per non pagare il dazio. Se vogliamo riconoscere
alla psichiatria una utilit scientifica, dobbiamo considerare proprio quel principio cardine della nostra
cultura giuridica, per il quale chi non sano di mente e non imputabile non deve esser chiamato a
rendere conto alla giustizia della sua condotta, non deve esser sottoposto alla pena: ma deve
semmai essere isolato e curato. Del resto, oggi, la presenza di un disturbo mentale non si
accompagna pi con la generalizzata presunzione di irresponsabilit e di pericolosit.

2.1.1. Folli o sani di mente: evoluzione storica; la psichiatria in aiuto della


legge
Gi nelle leggi che hanno generato le nostre norme, cio nel diritto romano, il principio base
dell'imputabilit era chiaro, anche se, ovviamente, i termini erano diversi rispetto a quelli utilizzati ai
giorni nostri; il furiosus (15), se compiva un delitto in stato di furor, non era punito; poteva semmai
essere custodito in vinculis. Nella cultura medievale, invece, si affaccia la distinzione tra il folle e
l'indemoniato, e solo il primo sar esente da pena, mentre il secondo sar ritenuto responsabile, cos
come lo il peccatore per aver ceduto al demonio. In questo ambito culturale, ogni azione umana
poteva essere influenzata dal volere divino o da quello satanico; avevamo quindi la possessione
diabolica del folle-invasato o la punizione divina per il folle-peccatore. Di conseguenza, anche la
reazione popolare nei confronti del folle era diversa, ora veniva identificato come il trasgressore dei
sacri dogmi e quindi colpevole del suo disagio psichico, ora vittima innocente delle forze occulte.

Pi avanti nel tempo, l dove sorsero le prime Universit (Bologna, Parigi, Padova, Oxford), fecero la
loro comparsa anche i "medici giurati", chiamati a fornire il loro sapere ai giudici anche in tema di
follia: furono i primi periti psichiatrici. La psichiatria entra, quindi, nelle aule dei tribunali con gli inizi
del 1800, non senza contrasti e polemiche. Fin da allora viene posto il problema di stabilire chi erano

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i folli da prosciogliere come incapaci. Gli psichiatri del secolo scorso avevano subito individuato due
ambiti, fra gli autori dei delitti, per i quali si presentava il problema dell'imputabilit. Da un lato, vi
erano dei malati per i quali non si prospettavano dubbi, tutti concordavano nel giudicarli pazzi, perch
le manifestazioni della follia erano palesi agli occhi di tutti. Se un individuo era cos povero di
intelligenza da essere ci che oggi chiamiamo un handicappato mentale, non si poneva alcuna
questione. Se un malato si esprimeva in modo sconclusionato, se parlava da solo per strada senza
che si potesse capire cosa dicesse, se vedeva ci che non c'era, se era incapace di comprendere la
realt, non si presentavano problemi, perch vi era in lui un grave stato morboso, a quel tempo
denominato pazzia e che oggi chiamiamo psicosi. In questi casi non era, come non lo tuttora,
difficoltoso per lo psichiatra effettuare una precisa diagnosi. Infatti, quando si tratta di valutare
l'imputabilit di uno psicotico, di cerebropatico, di uno schizofrenico, problemi non ce ne sono: c' di
mezzo una malattia sulla cui presenza non possono esservi dubbi, e il giudicare delle capacit di chi
ne sofferente non suscitava, come non suscita oggi, grosse difficolt.

Ma vi anche un altro tipo di individui: persone che hanno vissuto per anni normalmente, lavorando,
facendosi una famiglia, comportandosi come tutti gli altri: poi compaiono ad un certo momento alla
ribalta proprio perch compiono un delitto gravissimo, senza comprensibili ragioni o con violenza
inaudita. Sono quelle persone che vengono comunemente denominate "mostri". Proprio in questi casi
diventa pi problematico stabilire se sono folli oppure no, laddove l'eventuale follia non si rivela dalle
manifestazioni psichiche morbose, ma di morboso c' solo il delitto. Il compito del perito, in questo
caso, era pi arduo, perch egli non poteva limitarsi a descrivere la personalit, ma doveva
esprimere anche un giudizio sulla responsabilit di quell'individuo, sulla sua libert di scelta, sulla
capacit di intendere e di volere (il momento valutativo della perizia psichiatrica).

Cinquanta o sessanta anni la scienza psichiatrica parlava ancora genericamente di "pazzia" ed i


soggetti da essa affetti erano relegati in manicomi. I pazzi, quindi, erano coloro che soffrivano di
malattie mentali per le quali l'unica cura consisteva nel rinchiuderli in quegli istituti, perch
presuntivamente incapaci, irresponsabili e pericolosi, per s e per gli altri. Negli ultimi cinquant'anni,
le cose sono cambiate, gli psichiatri hanno cancellato dai loro trattati la parola "pazzia", proprio
perch si ricollega a quel modo di percepire la malattia mentale. Oggi, l'essere sofferente di un
disturbo psichico non si accompagna pi con l'eventuale presunzione di irresponsabilit e di
pericolosit; addirittura per definire i malati di mente si arrivati a preferire l'uso di eufemismi come
"sofferenti psichici", "disabili psichici", "psicolabili".

2.1.2. L'aspetto giuridico e le classificazioni legali della capacit di intendere e


di volere
Le classificazioni legali della capacit di intendere e di volere sono state considerate dalla Nuova
difesa sociale in contrasto con la scienza, superflue; per contro essa propugnava,
l'individualizzazione della sanzione in rapporto alla concreta personalit del singolo individuo, da
verificare caso per caso al di fuori dei tipi legali d'autore.

Il nostro codice penale, comunque, nel prendere in considerazione ai fini delle conseguenze penali
non solo il fatto delittuoso ma anche il delinquente, riconosce varie categorie di delinquenti, che
trovano un loro incontrastabile fondamento nelle scienze antropologiche: (16)

1. delinquenti responsabili, per i quali prevista come sanzione la pena stabilita dalle singole
fattispecie di reato. Sono quei soggetti ritenuti responsabili dei propri atti perch liberi di
comportarsi in modo conforme al diritto. questo il senso dell'art. 85 del codice penale, che
stabilisce che "nessuno pu essere punito per un fatto previsto dalla legge come reato, se al
momento in cui l'ha commesso, non era imputabile". imputabile chi ha capacit di intendere e di
volere, cio capace di comprendere il valore positivo o negativo degli atti che compie e di
autodeterminarsi. La capacit di intendere e di volere richiede altres l'assenza di alterazioni

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morbose dell'affettivit;

2. delinquenti irresponsabili, che come tali, non possono essere sottoposti a pena. Per alcuni indirizzi
psicologici o psichiatrici, non sarebbe accettabile la distinzione comune ai codici penali, tra
soggetti imputabili e non imputabili, perch non esisterebbe alcun preciso confine tra normalit e
anormalit psichica, ma soltanto una serie di passaggi tra la "normalit" e la "follia". Per esigenze
pratiche del diritto, necessario distinguere tra soggetti normali e soggetti anormali dal punto di
vista medico-psichiatrico, concedendo a tale impostazione scientifica la graduazione intermedia
dei semimputabili.

La cause di esclusione o diminuzione dell'imputabilit, previste dal codice penale (artt. 88-96),
appartengono a due categorie:

a. delle alterazioni patologiche, dovute all'infermit di mente o all'azione di alcool o


stupefacenti;
b. delle immaturit fisiologica o parafisiologica, dipendenti rispettivamente dalla minore et o
dal sordomutismo;

3. delinquenti pericolosi, che sono gli autori di reati o quasi reati, non imputabili o anche imputabili,
rispetto ai quali prevedibile come probabile che commettano nuovi reati, e che, come tali, sono
assoggettabili a misure di sicurezza. Il nostro codice prevede, altres, le particolari figure del
delinquente abituale, professionale, per tendenza;

4. delinquenti recidivi, che sono coloro che hanno precedenti penali giudizialmente accertati e che
pressoch tutti i codici distinguono dai delinquenti primari.

Per la legge italiana, quindi, chi ha un'et inferiore ai quattordici anni non imputabile, nella
presunzione che prima di allora non sia capace di intendere e di volere; cos come non sono
imputabili i "folli". Precisa il nostro codice, che non utilizza per la parola follia o pazzia, che non sono
imputabili i soggetti che, per infermit, hanno abolita la capacit di intendere e di volere. Esiste, poi,
la via intermedia del vizio parziale di mente, che riguarda coloro che, sempre per infermit, hanno la
capacit di intendere o di volere grandemente scemata, ma la questione non cambia: esiste sempre
la necessit che la compromissione o l'abolizione della capacit derivi da causa morbosa. Recita,
infatti, il codice penale: (17)

Vizio totale di mente. Non imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per
infermit, in tale stato di mente da escludere la capacit di intendere e di volere (art. 88).

Vizio parziale di mente. Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermit, in tale stato
di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacit di intendere o di volere, risponde
del reato commesso. Ma la pena diminuita.

Ma quali sono queste infermit? Si cercata una soluzione compromissoria da parte della psichiatria
forense e della giurisprudenza, distinguendo innanzi tutto le anomalie dalle malattie (la legge
preferisce chiamarle infermit). Le infermit sono quelle condizioni non equivoche nelle quali si
osservano certi sintomi che consentono, senza perplessit alcuna, di fare una precisa diagnosi
(schizofrenia, paranoia, cerebropatia, insufficienza intellettiva, demenza e cos via). Le anomalie
psichiche riguardano quei casi in cui non si notano quei segni inequivocabili della malattia mentale;
riguardano, per, quelle persone in cui le irregolarit comportamentali sono cos accentuate da
ingenerare sofferenza a s e, pi spesso, al prossimo. Le anomalie sono, dunque, qualcosa pi delle
semplici, infinite, variet del carattere, della condotta o dei costumi sessuali che differenziano gli
individui: sono quei disturbi che si riverberano sul funzionamento sociale, che rimane pi o meno
compromesso. Si parla, cos, di "disturbi della personalit o del controllo degli impulsi" o di "parafilie"
(18) (esibizionismo, feticismo, voyeurismo, pedofilia), se l'anomalia riguarda la condotta sessuale.
Orbene, il diritto e la giurisprudenza hanno stabilito che i disturbi del carattere, i disturbi della

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personalit, le perversioni, il sadismo e tutte le altre anomalie psichiche, non sono da considerarsi
infermit, ma semplici "variabili abnormi dell'essere psichico" (19) e, come tali, non idonee ad abolire
o ridurre la capacit di intendere e di volere.

Di fronte a questo rigido sistema di giudizio, lo psichiatra non pu fare molto; cerca allora, con i mezzi
di cui dispone, di comprendere in modo pi penetrante quella persona che viene affidata al suo
esame. a questo punto che prende in considerazione i fattori ambientali e sociali ed i fattori
psicologici che possono ridurre lo "spazio di libert" di cui ognuno dotato, ma che varia da persona
a persona. Se un individuo sollecitato dal bisogno, pu pi facilmente lasciare liberi gli impulsi ed
infrangere la legge; chi si trova a crescere in una famiglia dissestata o con genitori violenti o senza
principi, sar facilitato a far propri principi antisociali e la sua libert di scelta sar ristretta. Lo stesso
se una persona in preda all'ira, alla paura, alla provocazione e non in grado di controllarle; sar,
infatti, in questi casi che, anche se non verr posta in discussione l'imputabilit, il giudice potr tener
conto di questi handicap ambientali e psicologici, considerandoli delle attenuanti e, di conseguenza,
ridurre la pena.

2.1.3. Profili comparatistici: l'imputabilit nella giustizia Inglese e in quella


Americana
inevitabile, quindi, chiedersi se i serial killer siano imputabili o meno. Le statistiche dimostrano che
la maggior parte di loro sono imputabili, perfettamente capaci di intendere e di volere e, quindi, liberi
di autodeterminarsi in relazione agli impulsi che motivano l'azione. Nei diversi paesi vengono
utilizzate espressioni eterogenee per indicare chi privo dell'idoneit psichica per essere processato,
e se risulter colpevole, per subire la pena. Per alcuni codici non imputabili sono coloro che hanno
agito sotto la spinta di "impulsi irresistibili"; altri parlano di "assoluta imbecillit, pazzia o morboso
furore"; in altri paesi non punibile chi "privo di discernimento o affetto da demenza", e via
discorrendo: cambiano le formule, ma la sostanza non cambia.

In questi casi, in Italia, soltanto i disturbi della personalit che presentano "reazioni abnormi" hanno
valore di malattia e potrebbero configurare un vizio parziale o totale di mente. Secondo Fornari (20)
le reazioni psicogene abnormi, per poter soddisfare tale criterio, devono presentare un interruzione di
continuit con il precedente stile di vita del soggetto, presentarsi come atti di sproporzione evidente
del rapporto causa-effetto dell'evento, associarsi ad una possibile compromissione dello stato di
coscienza e possibile presenza di disturbi dispercettivi o idee di riferimento, oltre ad essere di una
durata relativamente breve. Ossia deve venire a mancare quella capacit di volere che, secondo la
Corte di Cassazione, indica "l'attitudine del soggetto ad autodeterminarsi in relazione ad i normali
impulsi che motivano l'azione" (Cass.12 febbraio 1982). Il soggetto con disturbo di personalit, in
assenza di segni di una "reazione abnorme" (interpretabile come "decompensazione psicotica"),
sarebbe perci imputabile in quanto consapevole del proprio atto e con una normale autonomia
volitiva.

Va ricordato che per la legge anglosassone la condizione di seminfermit mentale presente solo in
una minoranza di Stati. applicabile, inoltre, unicamente all'omicidio e non a reati meno gravi. Il
soggetto giudicato parzialmente incapace non viene processato per omicidio volontario (primo grado)
ma per manslaughter, omicidio di secondo grado, cio senza premeditazione. (21)

Negli U.S.A., come da orientamento ormai generalizzato, in pi Stati, si sancito che non soltanto
la presenza o l'assenza della malattia mentale a produrre la possibilit di essere imputato, ma,
piuttosto, lo stato mentale al momento del crimine. La malattia o i difetti mentali non sono, di per s,
sufficienti per la non imputabilit. Bisogna, comunque, valutare anche l'intenzionalit e la
consapevolezza delle conseguenze. Solo di recente, negli Stati Uniti, si prospettata una nuova,
interessante e probabilmente equa possibilit: l'essere "Colpevole ma Mentalmente Malato".
L'American Psychiatric Association disposta ad appoggiare questa posizione solo se l'imputato

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potr essere messo nella condizione di ricevere un trattamento mentale adeguato, come
conseguenza di esser stato riconosciuto malato di mente. (22)

2.2. Altri aspetti giuridici: il reato continuato


Un altro aspetto giuridico sovente analizzato in sede processuale quando ci si trova di fronte ad un
caso di omicidi "in serie" quello del reato continuato. Come vedremo meglio al momento di parlare
della vicenda riguardante Donato Bilancia, questo istituto giuridico viene spesso chiamato in causa,
in special modo da parte del collegio difensivo dell'imputato presunto serial killer, al fine di ottenere
un trattamento sanzionatorio pi mite.

La figura del reato continuato sorse ad opera dei Pratici, che la introdussero per mitigare l'eccessiva
severit delle legislazioni dell'epoca sul concorso di reati. Ancor oggi, la funzione dell'istituto quella
di introdurre un trattamento penale pi mite, che trova per la sua ratio nel fatto che nel reato
continuato la riprovevolezza complessiva dell'agente viene ritenuta minore che nei normali casi di
concorso. (23) L'art. 81, comma due, del codice penale nella sua originaria formulazione, statu infatti
la non applicabilit delle disposizioni sul cumulo materiale delle pene a chi "con pi azioni od
omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette, anche in tempi diversi, pi
violazioni della stessa disposizione di legge, anche se di diversa gravit". Il D.L. n. 99/1974, ha
ampliato la portata dell'articolo ammettendo la continuazione anche nei casi di "pi violazioni della
stessa o di diverse disposizioni di legge": cio oltre al reato continuato omogeneo, anche quello
eterogeneo.

Tre sono i requisiti del reato continuato:

1. medesimo disegno criminoso. il coefficiente psicologico che cementa i diversi episodi


criminosi e contraddistingue, ontologicamente, il reato continuato dal concorso di reati. Per
aversi il medesimo disegno criminoso necessario e sufficiente l'iniziale e generica
programmazione di compiere una pluralit di reati, in vista del conseguimento di un unico fine
prefissato, sufficientemente specifico. Protesi verso un unico fine prestabilito, i singoli atti di
volont, corrispondenti ai singoli disegni criminosi, perdono la loro individualit e costituiscono
la proiezione di un unico atteggiamento antidoveroso iniziale;
2. pi violazioni di legge. Esiste una stretta interdipendenza tra il medesimo disegno criminoso e
una certa omogeneit funzionale di violazioni. Perci configurabile un disegno criminoso
unitario in quanto le violazioni, pur se di leggi diverse, si presentano tutte come mezzi per
conseguire il fine ultimo, cui tende il soggetto;
3. pluralit di azioni od omissioni.

Il reato continuato punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione pi grave,
aumentata fino al triplo. Tale pena non pu, comunque, superare quella che sarebbe applicabile in
base al cumulo materiale.

2.3. L'impulso a confessare


Il serial killer che rinuncia alla difesa lo fa essenzialmente perch non vuole affrontare le lungaggini
procedurali e, in molti casi, chiede addirittura direttamente la pena di morte; si tratta di un soggetto
che, quando viene arrestato, confessa i suoi omicidi per scaricarsi finalmente da una tensione che
non pi in grado di sopportare; la sua vita non ha pi uno scopo, per cui la morte viene vista come
una liberazione.

La confessione pu alleviare un senso di colpa molto pressante all'interno del soggetto che si
macchia di cos efferati crimini, ma pu anche soddisfare un piacere masochistico di soffrire e di
torturarsi nel Superio, allo scopo di appagare il bisogno di punizione per l'Io, dato che le dichiarazioni

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rese durante l'interrogatorio possono avere una funzione di autodanneggiamento in sede


processuale, nel caso in cui emergano altri reati o la contestazione di aggravanti. La confessione,
poi, permette la ripetizione verbale degli omicidi, consentendo al soggetto che confessa di rivivere
momentaneamente quel particolare piacere provato in precedenza. Non un caso, infatti, che gli
assassini seriali che confessano lo facciano con estrema dovizia di particolari. La confessione aiuta il
serial killer a dare un immagine dei s pubblica che gli permette di continuare a manipolare chi gli sta
intorno.

Altri assassini, invece, si rifiutano di confessare i crimini, anche se messi di fronte a prove
schiaccianti della loro colpevolezza e possono essere suddivisi in due gruppi:

1. i serial killer che si divertono a tenere sulla corda gli investigatori e non confessano subito i loro
delitti, cercando di creare una sorta di sfida intellettuale con la polizia. Cos facendo, possono
continuare a tenere sotto controllo la situazione, come facevano quando uccidevano,
sentendosi cos al centro dell'attenzione.
2. gli assassini seriali che mettono in atto un meccanismo di difesa psichico, per cui dichiarano di
non ricordarsi il momento preciso degli omicidi. il caso di Gianfranco Stevanin (vedi cap. 4,
par.1), che sostiene di non rammentare affatto di aver ucciso sei donne e, per questo, non si
sente responsabile della loro morte; si ricorda perfettamente tutto quello che succedeva prima
con le vittime, ma non gli omicidi. Per questo tipo di serial killer, la negazione della realt
l'unico sistema per non mandare in pezzi l'equilibrio precario del proprio sistema psichico.

In molti casi, per ottenere la confessione, indispensabile che gli investigatori mostrino una
particolare abilit nella conduzione dell'interrogatorio. Stabilire un buon rapporto con il soggetto che si
ha di fronte, la chiave per raggiungere il successo, considerarlo non un "mostro", ma un essere
umano con enormi difficolt, cercando di capire il suo mondo interno. Nell'interrogare un assassino
seriale, a volte pu essere utile cercare di stimolare la vanit e l'egocentrismo del soggetto,
facendogli notare l'importanza della sua confessione per dare una certezza ai familiari delle vittime
scomparse. In casi estremi, pu risultare efficace un approccio obliquo condotto in terza persona, che
permetta all'assassino di descrivere gli omicidi in maniera impersonale, come se fossero commessi
da un'altra persona, evitando cos di accettare una responsabilit personale. (24)

Quando un serial killer si decide di confessare, la autorit si trovano a dover affrontare un altro
problema, in quanto molti di loro sostengono di aver ucciso un numero maggiore di vittime, senza
prove concrete a supportare le loro dichiarazioni. Chiaramente pu succedere anche il contrario: un
assassino seriale pu aver commesso molti pi omicidi di quelli confessati.

Comunque, il comportamento di un assassino seriale dopo la cattura spesso pu rivelare il suo livello
di coscienza. Gli autentici sociopatici non confessano quasi mai quando vengono arrestati,
continuando a professare la loro innocenza, sperando di farla franca. Mentre i veri sociopatici sono
incapaci di provare rimorso, gli assassini seriali psicotici spesso confessano quando vengono
arrestati, in quanto, dopo l'arresto, sono costretti ad affrontare la disturbante realt che hanno ucciso
degli esseri umani; a quel punto, le vittime riacquistano tutte le prerogative umane ai loro occhi ed i
serial killer possono essere sopraffatti dalle colpe e confessare spontaneamente.

2.4. La vita in carcere


Gli assassini seriali, ugualmente a tutti gli altri criminali, reagiscono in modi diversi alla pena
detentiva. Alcuni diventano detenuti modello, seguendo le regole alla lettera e frequentando sedute
terapeutiche. Possiamo indicare due quadri ben distinti per spiegare questa modalit di
comportamento: (25)

1. il serial killer si integra nella vita del carcere e si trova a suo agio. Proprio la rigidit degli orari e
la fissit degli schemi, sempre uguali nel tempo, sono elementi di adattamento positivo, dato

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che, spesso, si tratta di soggetti con un mondo interno estremamente disgregato e


frammentario che hanno bisogno di un setting, di un contenitore fortemente strutturato che
impedisca al loro equilibrio interiore di andare a pezzi. Questo tipo di assassino seriale pu
provare un forte carico di angoscia all'idea di esser rilasciato, perch, spesso, il carcere
rappresenta la prima realt strutturata con la quale il soggetto entra in contatto e sa di non
essere in grado di controllare le sue pulsioni nell'ambiente esterno, dove la sua unica strada
sar quella di ricominciare ad uccidere.
2. l'assassino seriale, abituato da sempre ad essere manipolatore, finge di essere un detenuto
modello anche per periodi di tempo molto lunghi, mostrandosi collaborativo soprattutto con gli
operatori che devono valutare il suo grado di pericolosit, al solo scopo di ottenere degli sconti
di pena che gli permettano di uscire prima. Questo serial killer, una volta uscito dal carcere,
invariabilmente, riprender ad uccidere.

Molti assassini seriali, invece, non riescono a adattarsi alla vita in prigione e, tra questi, ci sono in
primo luogo quelli che si suicidano in carcere. probabile che, per questi soggetti, il peso dei loro
crimini sia talmente insopportabile da rendere impossibile l'idea di affrontare degli interrogatori e di
rispondere alle domande al processo, che farebbero rivivere loro gli omicidi. (26)

Gli assassini seriali sessuali, soprattutto i pedofili, sono talmente disprezzati dagli altri detenuti che,
spesso, devono essere messi in isolamento per evitare che vengano aggrediti ripetutamente e,
addirittura, uccisi. Molti altri serial killer, invece, diventano delle vere e proprie celebrit all'interno del
carcere e incutono timore e soggezione; spesso, ricevono centinaia di lettere e le loro produzioni
artistiche, che, in circostanze normali, sarebbero appena discrete, vengono invece vendute a prezzi
spropositati e sono ambiti pezzi da collezione. (27) Nella maggior parte dei casi, gli assassini seriali
continuano a manifestare comportamenti aggressivi in carcere e sfogano la loro violenza su altri
detenuti, arrivando anche ad ucciderli. Molti di loro sono artisti dell'evasione e, durante la fuga, se
non vengono catturati immediatamente, possono uccidere di nuovo. (28)

Certamente, la vita in carcere, senza un adeguato intervento rieducativo e riabilitativo, non


riconsegna alla societ un individuo guarito e, soprattutto nel caso in cui il soggetto entri a far parte di
un istituzione sociale da molto giovane, pu uscirne definitivamente rovinato.

3. Diagnosi e trattamento degli assassini seriali


Quando gli assassini psicopatici entrano in contatto con il moderno sistema psichiatrico (e una
notevole percentuale di assassini seriali sono psicopatici o, per usare una categoria del DSM IV, il
Manuale Statistico Diagnostico dei Disturbi Mentali, soffrono di un disturbo antisociale della
personalit), spesso non vengono valutati con attenzione e, in particolare, viene sottovalutata la loro
pericolosit sociale e non raro che gli operatori incaricati della loro osservazione emettano diagnosi
sbagliate e superficiali. Il serial killer impara a manipolare i dottori che lo visitano e a dare risposte
false ai test, mostrando una "maschera di sanit" in grado di fuorviare i terapeuti e gli operatori del
settore, allo scopo di ottenere al pi presto la libert, per ricominciare ad uccidere. La capacit
manipolatoria di tali soggetti pu raggiungere, infatti, livelli assolutamente impensabili.

Analizzando la recente letteratura scientifica, sia italiana che straniera, si evidenziano


fondamentalmente due approcci contrastanti riguardo al problema del trattamento:

a. in alcuni paesi (Canada, Scandinavia, Germania, Inghilterra), si considera possibile un


trattamento e un reinserimento degli assassini seriali nella societ;
b. negli Stati Uniti, si sta imponendo un approccio pessimistico che considera impossibile
un'eventuale risocializzazione di questi soggetti.

Le diagnosi utilizzate nei confronti degli assassini seriali sono essenzialmente due:

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1. psicopatia
2. schizofrenia paranoide.

Nella prima, rientra la maggior parte degli assassini seriali, quelli pi pericolosi per la societ, i
manipolatori capaci di nascondersi per anni e anni in mezzo agli altri, mostrando un atteggiamento
inoffensivo. Gli psicopatici in generale sono molto difficili curare; i coniugi McCord, psichiatri,
sostengono che il trattamento dello psicopatico adulto ha speranze di riuscita molto basse e che
quindi gli sforzi andrebbero orientati al trattamento della psicopatia infantile. In particolare, la
psicoterapia presenta scarse possibilit di successo con gli psicopatici per una serie di ragioni: (29)

a. la tipica personalit psicopatica appare particolarmente resistente ai cambiamenti;


b. poich il rapporto empatico fondamentale per tutta la psicoterapia, la mancanze dello
psicopatico in questo campo rappresentano un serio ostacolo per il processo terapeutico;
c. lo psicopatico tipico prova scarso senso di colpa e quindi non prova pentimento per il fatto di
mancare agli appuntamenti, di aggredire il terapeuta o di interrompere bruscamente il
trattamento. (30)

Non sempre possibile effettuare una diagnosi precisa scegliendo fra le categorie di psicopatia e
schizofrenia paranoide, perch il disturbo dell'assassino seriale sembra qualcosa di pi complesso.
Giannangelo, psichiatra, non essendo soddisfatto delle definizioni tradizionali di "psicopatico",
"sociopatico" e "disturbo antisociale della personalit", propone una nuova diagnosi per il
comportamento del serial killer da inserire nel D.S.M. Si tratterebbe di un "disturbo da modello
omicidiario" che andrebbe inserito nella sezione dei "disturbi del controllo degli impulsi non altrimenti
classificati" e le cui caratteristiche sono le seguenti:

1. omicidio deliberato e motivato o tentativi di omicidi di sconosciuti in pi di un'occasione;


2. tensione o aumento dell'emozionalit qualche tempo prima dell'azione;
3. piacere, sollievo o gratificazione nella commissione dell'atto omicidiario;
4. presenza di tratti della personalit compatibili con la diagnosi di almeno un disturbo di
personalit;
5. comprensione da parte del soggetto dell'illegalit delle sue azioni e tentativo di evitare la
cattura;
6. gli omicidi non sono motivati da un guadagno economico, non devono coprire un altro crimine,
esprimere rabbia o vendetta, essere la conseguenza di illusioni o allucinazioni, il risultato di
un'incapacit mentale. (31)

Negli Stati Uniti, sono stati tentati diversi approcci terapeutici con gli assassini seriali, senza nessun
risultato positivo. Vediamoli nel dettaglio. In primo luogo Egger sostiene, in linea con il "ritorno al
biologico" delle ultime teorie, che non esiste una soluzione per fermare lo psicopatico omicida e che
la causa ultima del comportamento omicidiario seriale sia un'anomalia cerebrale, dando sempre
meno importanza alla scarsa socializzazione, impotenza sessuale, emarginazione, povert e traumi
d'infanzia.

Neppure la terapia psicanalitica sembra avere maggiori possibilit di successo con gli assassini
seriali. Yochelson fa notare che gli assassini seriali, anche dopo molti anni di terapia nei quali
raggiungono numerosi insights, continuano ad uccidere come prima, con la differenza che i delitti
sono pi sofisticati e gli insight vengono utilizzati per dare una giustificazione al loro comportamento.
(32) Generalmente, gli psichiatri e gli psicologi che vengono a contatto con un serial killer, pi che
preoccuparsi per un possibile trattamento, sono impegnati a cercare di formulare una diagnosi e,
soprattutto, cercano di capire la mentalit del soggetto che hanno di fronte. Grant nelle sue ricerche
verifica che dei terapeuti maturi e con un approccio pi flessibile possono attenere risultati migliori
con dei criminali relativamente maturi, mentre un approccio strettamente rigido sembra essere
migliore per i delinquenti con una personalit immatura. Questo il primo studio a mostrare come
l'interazione tra personalit del criminale e quella del terapeuta sia importante per l'esito del

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trattamento. (33)

L'utilizzo dell'ipnosi con gli assassini seriali non ha una funzione terapeutica, ma viene adoperata su
quei soggetti che lamentano un Disturbo di Personalit Multipla (D.P.M.). L'ipnosi permette allo
psichiatra di provocare uno stato di regressione nel serial killer allo scopo di verificare se esista o
meno un disturbo di questo tipo. Il trattamento , invece, soprattutto farmacologico, almeno all'inizio,
per quegli assassini seriali che vengono diagnosticati come schizofrenici, al fine di eliminare le
allucinazioni che impediscono il contatto con la realt da parte del soggetto; bene precisare
comunque che questa terapia non in grado di interrompere il comportamento omicidiario seriale.

Secondo lo psicologo americano Joel Norris, il serial killer un malato e soffre di una sindrome
particolare; per cercare di guarirlo egli sostiene che sia necessario impostare un trattamento che
tenga conto non soltanto della riabilitazione psicologica, ma anche dei problemi fisici propri degli
assassini seriali. Norris afferma che il comportamento dell'assassino seriale determinato da un
amalgama di cause tra le quali sono molto importanti quelle fisiche; nel modello di terapia da lui
proposto, ad esempio, molto importante la somministrazione di una dieta appropriata, che favorisca
il ripristino dell'equilibrio ormonale e metabolico che, in molti serial killer gravemente alterato; in
condizioni di squilibrio ormonale, infatti, estremamente facile che l'assassino seriale si lasci andare
ad esplosioni di rabbia incontrollate, disordini comportamentali di vario grado e scarsa tolleranza alle
stimolazioni ambientali. (34) Kraus sostiene che, soprattutto per combattere situazioni di stress
all'interno del carcere che possono provocare delle esplosioni incontrollate di violenza, necessario
somministrare uno o pi farmaci in combinazione, come neurolettici, anticonvulsivi, farmaci
betabloccanti, antidepressivi e litio; il trattamento farmacologico, secondo l'autore in questione, deve
essere sempre affiancato dal trattamento psicoterapeutico. (35)

Neppure l'utilizzo di farmaci antiandrogeni appare in grado di modificare le disfunzioni cognitive e i


nuclei ossessivi dei criminali sessuali, e quindi, non provata la loro efficacia nei confronti degli
assassini seriali; anche la castrazione chirurgica, utilizzata in passato su alcuni serial killer, non ha
fatto registrare risultati pienamente soddisfacenti. Secondo i pediatri italiani, la terapia androgena pu
funzionare soltanto sul pedofilo che non abbia delle pulsioni omicide e consiste nella
somministrazione di farmaci che riducono la libido e l'aggressivit solamente durante la terapia, che
andrebbe affiancata da un intervento mirato a educare e riabilitare il soggetto.

Nel nostro paese si tende ancora a sottostimare l'entit del fenomeno degli omicidi seriali, cosicch
molto difficile che si pensi al trattamento dei serial killer. La preoccupazione principale degli psicologi
e degli psichiatri italiani quella di effettuare una diagnosi allo scopo di "etichettare" il soggetto. Fino
ad oggi, comunque, non sembra che siano stati studiati dei programmi di trattamento specifici per gli
assassini seriali neanche negli Stati Uniti, dove, data la loro numerosit, il problema pi sentito.

Nelle carceri, invece, l'approccio utilizzato maggiormente con gli assassini seriali sempre stato
quello della terapia comportamentale, perch l'obiettivo principale del sistema penale quello di
rinforzare il comportamento accettabile, penalizzando quello antisociale, nel nome di una gestione il
pi possibile tranquilla e senza conflitti della vita carceraria. Questo approccio, pur mostrandosi
efficace con i pazienti normali, non adatto per i criminali e in particolare per gli assassini seriali, in
quanto crea una compliance (un'aderenza alle regole terapeutiche) solo a breve durata, mentre non
sembra in grado di provocare cambiamenti stabili nella personalit del soggetto o un consistente
aumento del comportamento responsabile.

Le cause di insuccesso nel trattamento degli assassini seriali sono molte ed Newton ad indicarle
dettagliatamente: (36)

a. le prigioni sono sovraffollate e ci fa s che il detenuto si trovi in una situazione di stress


continuo. Ci ancora pi vero per l'assassino seriale che ha al suo interno un coacervo di
pulsioni che lo spingono ad agire aggressivamente. In un serial killer inserito in un carcere gli

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effetti positivi di un'eventuale terapia sono spesso annullati dalle pressioni che egli riceve
dall'ambiente esterno;
b. quando un individuo entra in carcere, anche se deve scontare condanne lunghe, pu
ragionevolmente sperare di uscire dopo alcuni anni: sono numerosi i casi di assassini seriali
imprigionati dopo un primo omicidio e rilasciati dopo un certo periodo di tempo, perch non
giudicati "pericolosi socialmente" e tutti hanno ricominciato invariabilmente ad uccidere;
c. gli ospedali psichiatrici e gli istituti preposti alla cura delle malattie mentali non hanno
abbastanza fondi per impostare un trattamento terapeutico adeguato e personalizzato per ogni
paziente; l'operatore che sottopone l'assassino seriale ad un trattamento pu commettere
l'errore di giudicarlo guarito e, di conseguenza, esprimere parere favorevole alla commissione
che esamina le istanze di liberazione anticipata. Dobbiamo per ripetere che i serial killer sono
degli eccellenti manipolatori, capaci di mantenere un'aria mite e inoffensiva per lunghi periodi
di tempo, salvo poi ricominciare ad uccidere alla prima occasione che viene loro concessa;
d. strettamente collegata alla precedente, la presenza di operatori con una scarsa esperienza
all'interno delle prigioni e degli ospedali psichiatrici giudiziari, in particolar modo nel campo
della psicologia criminale: se uno psichiatra o uno psicologo cerca di adoperare lo stesso
trattamento utilizzato per un paziente normale con un assassino seriale, destinato
invariabilmente a fallire. Come detto, il serial killer un abile manipolatore di menti umane e se
capisce che l'operatore che gli sta di fronte manovrabile, cercher di avere un atteggiamento
tale da volgere il comportamento dell'operatore a suo favore.

Tenere un serial killer in carcere senza sottoporlo a nessun tipo di terapia estremamente
pericoloso, perch, anche se condannato all'ergastolo, prima o poi potrebbe uscire per qualche
beneficio legislativo; d'altra parte bene precisare che neppure le terapie tradizionali servono a nulla,
perch la patologia di cui soffre l'assassino seriale del tutto particolare. Sembrano, quindi, ancora
lunghi i tempi per parlare di soluzioni realmente efficaci nel trattamento degli assassini seriali.

4. Lineamenti preventivi del comportamento omicidiario seriale


Se le possibilit di riuscita positiva di un trattamento sugli assassini seriali sono piuttosto esigue,
sembra invece pi facile intervenire prima che il soggetto metta in atto le fantasie omicidiarie, in
quella che Norris chiama "fase aurorale". (37) Esistono diversi elementi indicatori di processi cognitivi
estremamente negativi nel bambino e nell'adolescente, che possono far pensare all'insorgenza futura
di un comportamento omicidiario seriale. Questi elementi negativi dovrebbero essere notati,
attentamente valutati e segnalati dai genitori, dagli insegnanti, dalle altre figure educative con le quali
il bambino viene a contatto.

Chiaramente questa collaborazione a trecentosessanta gradi una pura utopia. La prevenzione del
comportamento omicidiario seriale con la perfetta interazione dei tre sistemi (famiglia, scuola,
istituzioni del territorio) che, pi di tutti, si trovano a contatto con il bambino, molto difficile se manca
il consenso e la partecipazione attiva di tutti i soggetti interessati. I genitori, infatti, non sono quasi
mai disposti ad ammettere di avere un "figlio problematico" e, anche se lo fanno, tendono sempre a
minimizzare gli eventuali comportamenti irregolari o devianti ed a giustificarli. D'altro canto, l'obiettivo
principale degli insegnanti quello di mantenere la disciplina della classe e di completare il
programma didattico e non c' molto tempo per dedicarsi in maniera individualizzata a qualche
alunno pi difficile. Gli operatori che lavorano nel campo del servizio sociale o che vengono a
contatto con bambini e adolescenti che presentano problematiche particolari, non pensano affatto di
potersi trovare di fronte a un potenziale serial killer, perch non esiste una cultura specifica
sull'argomento, n l'abitudine di poter pensare di potersene trovare uno di fronte (anche la psicologa
che aveva in terapia Luigi Chiatti non fu minimamente sfiorata dall'idea che il suo paziente potesse
essere responsabile di due omicidi a Foligno).

Con questo discorso, non si deve voler dire che chiunque abbia un certo tipo di problema o un certo

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tipo di fantasie durante il periodo evolutivo, diventer per forza un assassino seriale, ma senz'altro
un soggetto da tenere sotto controllo, perch c' la possibilit che comunque, in futuro, possa
sviluppare un qualche tipo di patologia criminale.

Una proposta di prevenzione molto interessante quella proposta da Katiuscia Mari, maestra di
scuola elementare. (38) Innanzitutto richiede una formazione adeguata da parte degli insegnanti. In
quest'ottica di "azione pedagogica arricchita", il compito principale dell'educatore sarebbe quello di
cercare di comprendere in profondit il bambino. Una volta individuata la natura dei suoi problemi, il
passo successivo dovrebbe essere quello di cercare una modificazione del suo comportamento
mediante l'impiego di varie metodiche cognitivo-comportamentali, che si possono raggruppare in due
categorie generali:

1. tecniche di prevenzione: aumentano la probabilit di emissione di un comportamento; sono


usate per rinforzare e sviluppare i comportamenti positivi.
2. tecniche di intervento: riducono la probabilit di emissione di un comportamento; sono usate
per attenuare e eliminare i comportamenti negativi.

Una seconda proposta di prevenzione quella elaborata dalla dottoressa Sara Mascolo, psicologa,
che ritiene indispensabile la creazione di quella che chiama "societ creativogenetica", cio un
ambiente che permetta all'individuo di sviluppare le sue capacit creative. (39) Il serial killer, infatti,
possiede una creativit distorta, indirizzata a generare la sofferenza di altre persone attraverso
l'omicidio. Quello che bisogna tentare, secondo questa esperta, di promuovere e orientare la
capacit creativa del bambino in una direzione costruttiva in senso sociale, cercando di far sviluppare
quelle abilit di cui dotato ogni soggetto e che gli consentano di affrontare positivamente la vita
quotidiana, in modo da evitare che, alla prima sconfitta, l'individuo si ritiri in un suo mondo popolato di
fantasie distruttive.

Paolo De Pasquali, psichiatra, propone, invece, una proposta preventiva imperniata su tre livelli e
basata su un parallelismo con la prevenzione in medicina: (40)

1. prevenzione primaria. quella che si applica su un soggetto che non ha ancora ucciso
nessuno e richiede un intervento sul soggetto e sull'ambiente, in modo da creare condizioni di
vita che non favoriscano lo sviluppo di un comportamento violento. In effetti, la maggior parte
dei serial killer ha avuto un'infanzia e un'adolescenza costellata da ripetuti traumi;
2. prevenzione secondaria. Il secondo livello quello che si mette in atto su un soggetto che ha
gi dato segni del disturbo, attraverso comportamenti violenti tipici, pi o meno gravi, spesso a
sfondo sessuale. Scopo di questo tipo di prevenzione il contenimento della progressione del
comportamento violento per evitare che si arrivi all'omicidio. Anche in questo caso la diagnosi
precoce fondamentale per intervenire a vari livelli non appena individuate le caratteristiche
prodromiche del serial killer;
3. prevenzione terziaria. In questo caso, il soggetto gi abbondantemente entrato nel circuito
omicidiario seriale e, dal punto di vista clinico, le ipotesi di trattamento psicologico sono
chiaramente inutili. L'obiettivo soltanto il controllo del comportamento per non farlo nuocere
pi e l'unico modo il regime detentivo continuato. Affinch si verifichi questa condizione,
necessario che il perito dichiari la "pericolosit sociale perenne" degli assassini seriali e che
venga emessa una sentenza di detenzione a vita (in carcere o in Ospedale psichiatrico
giudiziario).

Queste sono le principali ipotesi di prevenzione del comportamento omicidiario seriale, anche se
auspicabile, nel prossimo futuro, il formarsi di altre proposte che considerino maggiormente la dignit
del detenuto e la sua necessit di essere sottoposto a trattamenti adeguati, pur non tralasciando le
imprescindibili istanze di difesa sociale.

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Tecniche di investigazione relativamente a casi di omicidio seriale http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/devianza/massaro/cap3.htm

Note
1. C. Lavorino, Analisi investigativa sull'omicidio seriale, Detective & Crime, Roma 2000.

2. R. M. Holmes, Profiling Violent Crimes, Sage, Thousand Oaks 1996.

3. J. Douglas, op. cit., pp. 26-27.

4. J.Fox, J.A Levin, Overkill: Mass Murder and Serial Killing Exposed, Plenum, New York 1994.

5. R. M. Holmes, op. cit.

6. D. Canter, Criminal Shadows, HarperCollins, Londra 1994, pp. 278-281.

7. J. Douglas, op. cit., p. 224.

8. Ministero dell'Interno, Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Direzione Centrale della Polizia
Criminale.

9. Ministero dell'Interno, S.A.S.C., Sistema per l'Analisi della Scena del Crimine, 1997.

10. D.K. Rossmo, Targeting Victims: Serial Killers and the Urban Environment, Canadian Scholars'
Press 1996.

11. D. Canter, op. cit.

12. D.K. Rossmo, op. cit.

13. M. Newton, Hunting Humans: An Encyclopedia of Modern Serial Killers, Loompanics, Washington
1990, p. 108.

14. S. Siciliano, L'omicidio: studio su un'indagine criminologica compiuta in Danimarca, Cedam,


Padova 1965, pp. 93-95.

15. G. Ponti, U. Fornari, op. cit., p. 74.

16. F. Mantovani, Il problema della criminalit. Compendio di Scienze Criminali, Cedam, Padova
1984, pp. 365-369.

17. F. Mantovani, op. cit., pp. 680-681.

18. S. Ferracuti, Le Parafilie e i reati sessuali. Aspetti clinici e psichiatrico-forensi, cap. 8.1, in Trattato
di Criminologia, Medicina Criminologica e Psichiatria Forense, Giuffr, Milano 1988.

19. G.Ponti, U. Fornari, op. cit., p. 132.

20. M. Garbesi, op. cit., p. 92.

21. Ivi, p. 93.

22. Ibidem.

23. F. Mantovani, Diritto Penale, Cedam, Padova 1992, pp. 494-506.

24. M. Newton, op. cit., pp. 50-51.

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Tecniche di investigazione relativamente a casi di omicidio seriale http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/devianza/massaro/cap3.htm

25. Ibidem.

26. Newton, op. cit.

27. Ibidem.

28. Ivi.

29. J. McCord, W. McCord, The Psychopath: An Essay on the Criminal Mind, trad. it. Lo Psicopatico,
Astrolabio, Roma 1964.

30. J.A. Greist, et al., Treatment of Mental Disorders, Oxford University Press, 1982.

31. S. Giannangelo, The Psychopathology of Serial Murder, Praeger, Westport 1996, p. 98.

32. E.W. Hickey, op. cit.

33. Ibidem.

34. J. Norris, op. cit.

35. Ibidem.

36. M. Newton, op. cit., p. 195.

37. J. Norris, op. cit.

38. R. De Luca, op. cit.

39. S. Mascolo, Creativit: origini, percorsi, applicazioni, tesi di Laurea, Facolt di Psicologia,
Universit degli Studi di Roma "La Sapienza", 1994.

40. P. De Pasquali, Serial Killers in Italia. Cent'anni di omicidi mostruosi, Franco Angeli, Milano 2001.

L'altro diritto - Centro di documentazione su carcere, devianza e marginalit - ISSN 1827-0565

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