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pag.
Introduzione V
Capitolo Primo
Le specificità delle attività sanitarie e la rilevanza di una prospettiva relazionale 1
Capitolo Secondo
L’analisi relazionale delle organizzazioni: un’applicazione al settore sanitario 19
Capitolo Terzo
Le implicazioni della natura della conoscenza, della differenziazione del lavoro e delle
asimmetrie informative per le caratteristiche relazionali in sanità 49
Bibliografia 91
Introduzione
L’approccio relazionale alle organizzazioni è sempre più diffuso negli studi
organizzativi. Il suo utilizzo ha avuto una crescita esponenziale negli ultimi
trenta anni e si inquadra in una tendenza più ampia nelle scienze sociali ad ab-
bandonare modelli interpretativi individualisti, essenzialisiti ed atomistici in fa-
vore di modelli interpretativi relazionali, contestuali e sistemici (Borgatti e Fo-
ster, 2003).
Il comportamento organizzativo è un concetto complesso perché attiene sia
ai comportamenti di scelta individuale ed in gruppo che di azione interdipen-
dente a più attori e dipende fortemente dal modello di razionalità che l’analisi
assume (Ferrara, 1996). L’analisi organizzativa ha utilizzato modelli di compor-
tamento sempre più complessi e realistici (soprattutto se paragonati a quelli uti-
lizzati dagli studi economici) e la diffusione di schemi interpretativi più relazio-
nali è inquadrabile proprio all’interno di questa tendenza.
Le organizzazioni sanitarie si rivelano particolarmente adatte ad essere di-
scusse da questa prospettiva perché le attività che vi sono svolte sono prevalen-
temente servizi alla persona e perché le persone e le loro competenze sono il
principale fattore produttivo. Gli elementi che rendono particolarmente inte-
ressante l’adozione di questo approccio all’analisi organizzativa delle aziende
sanitarie sono molteplici. Tra questi sicuramente deve essere notato la forte in-
tensità di conoscenza dell’attività sanitaria ed il fatto che l’approccio relazionale
è particolarmente efficace nell’analisi della diffusione della conoscenza e
dell’adozione delle innovazioni.
Dal punto di vista organizzativo, in organizzazioni professionali quali le a-
ziende sanitarie, l’autonomia professionale è spesso considerata un elemento
chiave per la progettazione delle strutture e dei meccanismi operativi. Ma
l’autonomia non è l’attributo di un individuo quanto piuttosto di una relazione
cui l’individuo partecipa (Flynn, 1992) perché, ad esempio, un professionista
non è autonomo in assoluto ma autonomo rispetto ad un altro attore organiz-
zativo (ad esempio, un medico in un’azienda ospedaliera ha gradi di autonomia
diversa rispetto ai pazienti, ai colleghi o al management dell’azienda e non u-
n'unica ampiezza dell’autonomia indipendentemente dai soggetti con cui si re-
laziona).
La scelta di limitare il campo di analisi ad un tipo bene definito di organiz-
zazioni, quelle che si occupano dell’erogazione dei servizi sanitari, è coerente
Introduzione V
con l’idea postulata nell’apertura di questa monografia che “il contesto conta”
nell’analisi organizzativa. La capacità di generalizzazione che ogni studio scien-
tifico ricerca, nelle scienze sociali più che nelle altre scienze, non può prescin-
dere da un’approfondita analisi del contesto nel quale lo specifico oggetto di
analisi si trova (Rousseau e Fried, 2001).
Cicchetti e Lomi (2000) notano come, da un lato il settore sanitario sia ca-
ratterizzato da una forte spinta verso l’istituzionalizzazione delle regole che
crea a sua volta strutture di protezione ed assorbimento, dall’altro, però, il vero
motore dell’azione organizzativa non è la struttura -che diviene un fatto essen-
zialmente cerimoniale- ma il sistema emergente di tentativi individuali di con-
trollo dei processi e di risoluzione di problemi. Una prospettiva relazionale,
cioè una prospettiva che si focalizza sulle modalità con le quali gli attori sono
in relazione piuttosto che sulle caratteristiche individuali degli attori, può con-
tribuire, quindi, a meglio comprendere un aspetto di queste organizzazioni
considerato importante ma relativamente poco studiato.
In questa monografia si è cercato di iniziare a sistematizzare i contributi
pubblicati in una prospettiva relazionale applicati alla sanità e di offrire poten-
ziali interpretazioni di alcuni temi classici della letteratura sulle organizzazioni
sanitarie attraverso questa prospettiva. La convinzione di fondo che ne ha gui-
dato la stesura è che la prospettiva relazionale sia in grado di integrare alcuni
contributi dell’economia, della sociologia, degli studi sul disegno organizzativo
e della psicologia e di offrire una lente interpretativa in grado di descrivere le
reali modalità di organizzazione delle attività sanitarie meglio di quanto queste
singole discipline siano in grado di fare individualmente. Nonostante ciò,
l’ambizione di questo scritto non è dimostrare la maggiore forza interpretativa
di una prospettiva di analisi ma, piuttosto, quella di fare una ricognizione di
quanto è stato prodotto fino ad oggi dalla comunità accademica, e di utilizzare
questa produzione per sostenere alcune idee che possono costituire un punto
di partenza per intraprendere un percorso di ricerca potenzialmente molto am-
pio.
Questo scritto è organizzato in tre capitoli: nel primo si descrive l’assetto del
settore sanitario e le sue specificità; nel secondo si presenta la prospettiva rela-
zionale per l’analisi delle organizzazioni sanitarie; e nel terzo quanto discusso
nei primi due capitoli viene utilizzato per applicare una prospettiva relazionale
a tre specificità tipicamente attribuite all’organizzazione dell’attività sanitarie e
per utilizzare esse come base per ricerche empiriche.
Le idee sviluppate in questo lavoro devono moltissimo ad una serie di bril-
lanti persone con cui l’autore ha intrattenuto relazioni negli ultimi anni. Queste
persone gravitano essenzialmente attorno a due istituzioni: il Dipartimento di
VI L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
A partire dagli anni Sessanta, nelle scienze sociali si è assistito ad una con-
vergenza verso il riconoscimento dell’organizzazione come unità socioecono-
mica influenzata dalle forze competitive da un lato, e dalla natura istituzionale
dall’altro e, di conseguenza, si è aperta la porta all’elaborazione di una serie di
modelli di comportamento dell’azienda come organizzazione immersa in una
molteplicità di rapporti transazionali di natura funzionale, comunicativa e sim-
bolica (Lomi, 1991, p.12).
Questi modelli interpretativi, che hanno successivamente avuto un’ampia
diffusione nella letteratura di management, sono spesso definiti relazionali, di
4 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
network, o a rete, proprio perché si focalizzano sui rapporti tra attori organiz-
zativi più che su caratteristiche intrinseche degli attori. Nelle scienze sociali, il
concetto di network è utilizzato in due prospettive diverse ma che possono es-
sere utilizzate insieme con interessanti sviluppi (Powell e Smith-Doerr, 1994).
La prima prospettiva utilizza i network come uno strumento di analisi per stu-
diare le relazioni tra gli attori organizzativi all’interno o all’esterno delle singole
aziende. Si riferisce a questo insieme di tecniche per lo studio quantitativo o
qualitativo delle caratteristiche delle reti come Social Network Analysis (Analisi
delle Reti Sociali). La seconda considera i network come una logica organizza-
tiva che governa le relazioni tra gli attori economici attraverso ripetuti scambi e
comunicazioni reciproche differenti da quelli che hanno luogo nel mercato o
nella gerarchia (Powell, 1990).
Attraverso la nozione di network come logica organizzativa e gli strumenti
dell’analisi delle reti sociali è possibile guardare in modo unitario a fenomeni
relazionali interpersonali all’interno di una singola organizzazione e tra orga-
nizzazioni (Lomi, 1991, p.12).
L’applicazione di una prospettiva relazionale all’organizzazione dell’attività
sanitaria è particolarmente importante per tre ordini di motivi:
1. dal punto di vista delle relazioni con l’ambiente esterno, le or-
ganizzazioni sanitarie hanno la specificità di produrre servizi
finalizzati alla tutela della salute della popolazione e, per que-
sto motivo, l’organizzazione delle attività è fortemente in-
fluenzata dalla rilevanza sociale dei servizi prodotti, poiché es-
sa implica un’influenza della comunità esterna che ha forme e
intensità diverse da quella esercitata sull’organizzazione di atti-
vità dalla rilevanza sociale meno evidente;
2. dal punto di vista delle relazioni all’interno delle aziende, que-
ste sono fortemente influenzate dalla presenza di professioni-
sti, cioè di lavoratori che fanno parte di gruppi occupazionali
che hanno acquisito la legittimazione ad un’ampia autonomia
nell’organizzazione del lavoro. La prospettiva relazionale è
particolarmente adatta all’analisi dei fenomeni che hanno luogo
all’interno di gruppi sociali come quelli dei professionisti e, di
conseguenza, la loro influenza sull’organizzazione interna al
settore;
3. dal punto di vista metodologico, l’analisi delle reti sociali offre
una prospettiva e degli strumenti più analitici rispetto a quelli
tradizionalmente utilizzati dagli studi sul disegno organizzati-
vo. L’uso di strumenti di analisi più analitici è particolarmente
Le specificità delle attività sanitarie e la rilevanza di una prospettiva relazionale 5
altre regioni per essere operati all’Humanitas (una clinica privata convenzionata).
Qualcuno forse non è convinto dell’intervento subito, ma altri, invece, sono perfet-
tamente soddisfatti. Il compito dei magistrati non è facile, indagare, chiedere informa-
zioni, sapendo di suggerire ai malati un sospetto: forse l’operazione che hanno subito
è stata inutile. O addirittura dannosa.
La risposta arriverà dal materiale che i carabinieri del Nucleo Operativo agli ordini
del tenente colonnello Marcello Bergamini hanno sequestrato ieri: circa cinquecento
cartelle cliniche su tutti gli interventi al cuore compiuti alla Humanitas tra l’ultimo
trimestre del 2003 e il primo del 2004. Poi tutta la documentazione (corrispondenza,
ordini e delibere, prospetti di spesa) relativa alle procedure di rimborso per i ricoveri
convenzionati. Di più: i magistrati stanno studiando anche il contratto di collabora-
zione (stipulato per gli anni dal 2001 al 2005) che lega il professor Roberto Gallotti al-
la Humanitas.
Ma c’è un altro filone che i pubblici ministeri stanno valutando con molta atten-
zione, cioè quello delle forniture mediche. Per questo hanno ordinato anche il seque-
stro della «documentazione che comprovi i rapporti tra l’indagato e società elettrome-
dicali fornitrici dell’Istituto Clinico Humanitas».
Insomma, l’indagine sarà ancora lunga e richiederà analisi accurate dei documenti
acquisiti. Saranno necessarie perizie e consulenze.
Fonte: Articolo tratto dal quotidiano “la Repubblica” del 2 marzo 2005.
L’articolo di giornale riportato nel quadro 1.1. è un buon esempio per discu-
tere di alcune specificità delle aziende sanitarie ed è utile per illustrare perché la
prospettiva relazionale rappresenta un approccio in grado di inquadrare molti
dei fenomeni caratteristici dell’organizzazione delle attività sanitarie.
non ha avuto conseguenze negative sulla salute del paziente: nonostante ciò, il
maggiore quotidiano nazionale, il Corriere della Sera, ha dedicato a quella inda-
gine diciannove articoli nel giro di un mese. E’, inoltre, difficile aprire un nu-
mero di un quotidiano o di una delle principali riviste di attualità e non trovarvi
notizie, positive o negative, su di un qualche professionista o azienda sanitaria.
Nella letteratura organizzativa uno dei primi test empirici della teoria della di-
pendenza da risorse (“resource-dependence theory”) ha esaminato alcuni o-
spedali negli Stati Uniti per trovare che la funzione e la composizione del con-
siglio di amministrazione ha un impatto sulla capacità degli ospedali di attrarre
risorse dall’esterno (Pfeffer, 1973). Lo studio concludeva affermando che i
consigli di amministrazione delle organizzazioni formali sono uno dei possibili
meccanismi di collegamento tra l’organizzazione ed il suo ambiente.
La strutturazione e il governo dei sistemi sanitari e degli ospedali sono for-
temente radicate nelle tradizioni e nelle culture locali. L’autonomia che le Re-
gioni Italiane hanno nel decidere la struttura degli assetti istituzionali del siste-
ma fornisce un ottimo esempio di come fattori politico-sociali influenzano
l’assetto dei sistemi sanitari e, quindi, dell’erogazione dei servizi. Nell’ultimo
decennio, infatti, dopo la devoluzione in Italia della responsabilità sul sistema
sanitario alle Regioni, molte Regioni hanno innovato profondamente un siste-
ma che fino a quel punto era strutturato in modo identico perché uniforme alle
normative nazionali. La Regione Lombardia, ad esempio, ha disegnato un si-
stema incentrato intorno all’idea che la competizione tra erogatori sia il princi-
pale meccanismo per migliorare la qualità dei servizi. Per far funzionare il si-
stema secondo una logica di quasi-mercato si è scelta la totale separazione isti-
tuzionale tra le organizzazioni che producono prestazioni, come gli ospedali o
le case di cura come l’Istituto Humanitas, e quelle che regolano il sistema, co-
me le ASL. L’assetto complessivo è fortemente coerente con il fatto che la
Lombardia è la Regione in cui l’imprenditorialità privata è molto sviluppata e
che è governata da una giunta di centro-destra ininterrottamente fin dal 1994.
La Toscana, in direzione del tutto contraria, ha recentemente introdotto un
modello istituzionale completamente nuovo, costituendo delle organizzazione
denominate “Società della Salute”; questo modello è determinato dalla volontà
di favorire il coinvolgimento delle comunità locali, delle parti sociali, del terzo
settore e del volontariato nella individuazione dei bisogni di salute e all’interno
di un processo che fa della programmazione da parte di soggetti pubblici -e
non della competizione- il suo elemento qualificante. Questo indica come
l’ambiente in cui le organizzazioni sanitarie operano è altamente variabile e su-
bordinato all’ideologia della classe politica al potere ed alla cultura della comu-
nità di riferimento. L’assetto istituzionale del Servizio Sanitario Regionale
8 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
vorevoli da parte dei policy makers e dei singoli professionisti creando di con-
seguenza un altro elemento relazionale che, almeno secondo il giornalista auto-
re dell’articolo riportato, è utile conoscere per farsi un’opinione sul caso ripor-
tato nel quadro 1.1..
causa di questa difficoltà deriva dal fatto che gran parte della tecnologia medica
utilizzata oggi si basa su conoscenze di natura probabilistica e, quindi, poiché
ogni paziente è diverso dall’altro e poiché non conosciamo perfettamente i
meccanismi sottostanti l’azione delle terapia e le procedure utilizzate, non è
possibile valutare la performance di un professionista o di un’organizzazione
sul risultato di salute di un numero limitato di pazienti ma è necessario valutarla
su di un numero sufficientemente ampio di pazienti da non poter imputare una
performance, positiva o negativa, a fattori di tipo casuale ma, invece,
all’operato dei professionisti. Non sempre il numero di pazienti di un profes-
sionista è sufficientemente ampio da permettere una valutazione. Nel caso og-
getto del quadro 1.1. misurare il risultato dell’operazione cardiochirurgica cui il
paziente è stato sottoposto è molto difficile. Da ciò che riporta il giornalista, è
possibile conoscere che il paziente a tre anni di distanza dall’intervento è in
grado di essere in missione all’estero ma, anche avendo a disposizione tutte le
informazioni che ha la magistratura, è impossibile poter dire come sarebbe oggi
la salute del paziente se l’intervento non ci fosse stato. Le linee guida delle so-
cietà scientifiche, un meccanismo di coordinamento assimilabile alla standar-
dizzazione dei processi, lasciano ai professionisti l’autonomia decisionale ne-
cessaria anche se tendenzialmente sconsigliano interventi così complessi su pa-
zienti anziani, come nel quello oggetto del caso discusso, a causa dei rischi lega-
ti all’intervento e dei benefici ridotti per questo genere di pazienti. Per questa
difficoltà di valutazione il sistema delle professioni regolate assegna agli ordini
professionali il potere di valutare, ed eventualmente sanzionare, il comporta-
mento dei propri membri. Essendo gli ordini professionali espressioni esclusi-
vamente degli stessi professionisti la valutazione è in larga parte sottratta ai po-
teri del management delle organizzazioni.
Proprio a causa delle peculiarità delle relazioni tra professionisti e manager,
le relazioni tra gli stessi professionisti rappresentano un elemento di analisi an-
cora più interessante. Attraverso le relazioni tra pari, infatti, le comunità pro-
fessionali svolgono alcune funzione altrove svolte dai manager quando assicu-
rano il rispetto di alcuni standard minimi, il coordinamento tra professionisti e,
in gran parte, un funzionamento efficace di organizzazioni che svolgono attivi-
tà complesse.
Le specificità delle attività sanitarie e la rilevanza di una prospettiva relazionale 13
Proprio per questo, parallelamente alle prime applicazioni delle teorie della com-
plessità in management (Anderson, 1999; Mathews, White, e Long, 1999) un numero
crescente di autori nel settore sanitario (Allred, Burns, e Phillips, 2005; Chinnis e Whi-
te, 1999; Holden, 2005; Miller, McDaniel, Crabtree, e Stange, 2001; Plsek e Green-
halgh, 2001; Plsek e Wilson, 2001) definisce i sistemi di erogazione di offerta dei ser-
vizi sanitari come Complex Adaptive Systems (“sistemi adattivi complessi”) cioè co-
me “un insieme di agenti individuali con libertà di azione in modalità che non sono
sempre e completamente prevedibili e le cui azioni sono interconnesse in modo che
quelle che ciascun attore individuale compie modificano il contesto degli altri attori”
(Plsek e Greenhalgh, 2001).
Un sistema può, quindi, essere definito complesso quando non è costituito sem-
plicemente dalla somma dei suoi componenti, ma anche da intricati, alti livelli di inter-
connessione ed in questo senso praticamente ogni sistema può definirsi, ed è, com-
plesso. Ma nelle organizzazioni sanitarie esistono alcuni elementi di complessità speci-
fici che, quindi, rendono interessante inquadrare il loro studio definendoli come
Complex Adaptive Systems.
Al di là della prospettiva di analisi che si sceglie, i fattori di complessità nelle orga-
nizzazioni sanitarie sono molteplici. Una possibile classificazione (Cicchetti, 2004) di-
stingue tra:
• eterogeneità dei sistemi culturali e dei valori che contribuiscono a defini-
re gli obiettivi legittimi dell’organizzazione. Tale eterogeneità è dovuta a
sua volta a tre fattori: la eterogeneità storica; la eterogeneità politico-
sociale; e la eterogeneità culturale;
• complessità del processo di trasformazione inteso come mezzo per rag-
giungere gli scopi. Tale complessità è dovuta a sua volta a: l’eterogeneità
nei processi; l’autonomia clinica e la pluralità dei centri decisionali; la dif-
ficoltà di misurazione dei risultati; la frammentazione delle competenze;
l’intensità delle interdipendenze funzionali;
• complessità della struttura sociale dell’organizzazione sanitaria nella quale
risultano imbevute le tecnologie e le conoscenze. Tale fattore di com-
plessità può essere analizzato tramite quattro aspetti: la combinazione tra
aspetti formali ed informali; l’intensità relazionale; i processi decisio-
nali clinici: e i processi decisionali strategici.
Negli ultimi venti anni l’approccio dell’analisi delle reti sociali e le collegate
tecniche statistiche sono diventate popolari tra un numero crescente di socio-
logi, studiosi di scienze politiche ed economisti e questo approccio è stato im-
piegato frequentemente anche in numerose aree di interesse per gli studi orga-
nizzativi. L’interesse verso le reti è cresciuto nella letteratura accademica di
molti campi scientifici a ritmo esponenziale dagli anni Settanta in poi
nell’ambito di un processo di cambiamento più ampio che ha reso meno popo-
lari schemi interpretativi individualisti ed atomistici in favore di schemi inter-
pretativi più relazionali e sistemici (Borgatti e Foster, 2003).
Un comune denominatore di tutti i numerosi filoni di ricerca in organizza-
zione aziendale che assumono una prospettiva relazionale è nella definizione
della struttura del network come un insieme di attori (o nodi) connessi da una
serie di relazioni (o legami). Ogni attore è connesso con diversi altri e le rela-
zioni possono essere di tipo e intensità diversa.
Cicchetti e Lomi (2000, p.34) notano come da un lato il settore sanitario, ed
in particolare quello ospedaliero, sia caratterizzato da una forte spinta verso
20 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
La distinzione tra le conseguenze della struttura della rete e le cause della sua for-
mazione è una distinzione che ha poco significato nella gran parte degli oggetti di ana-
lisi di interesse nel campo delle scienze sociali e del management in particolare. Infatti,
gran parte delle attitudini da un lato sono una causa, nel senso che persone simili
hanno una maggiore possibilità di essere legate da una relazione in base al principio
della homophily. D’altra parte le relazioni sono a loro volta la causa della nascita di
numerose attitudini delle persone che sono spesso “contagiate” dai propri amici o
colleghi. Ad esempio, due persone hanno probabilmente una maggiore possibilità di
diventare amici se entrambi sono fumatori condividendo gli stessi luoghi e identifi-
candosi come “discriminati” dai non fumatori, ma allo stesso tempo una persona può
iniziare a fumare (o non smettere) con maggiore probabilità se i suoi amici sono fu-
matori.
L’unica possibilità di distinguere quanto fattori come comportamenti o attitudini
causino la rete sociale e quanto, invece, sono causati da essi, è la disponibilità di dati
relazionali e comportamentali longitudinali che permettano nel tempo di seguire la co-
evoluzione della rete sociale e dei comportamenti dei partecipanti.
L’idea che le reti sociali evolvono e che la dinamica dei network sia più interessan-
te della loro statica si è, fino ad anni molto recenti, scontrata con la mancanza della
capacità di analizzare i dati empirici longitudinali. Questa incapacità deriva da diverse
cause. Tra di esse la scarsa disponibilità di dati relazionali longitudinali a causa dell’alto
costo della raccolta dati, ma anche il mancato sviluppo di tecniche statistiche in grado
di tenere in considerazione la non-indipendenza delle osservazioni che caratterizza i
dati che hanno come oggetto le relazioni.
Il progredire dei sistemi informativi ha in primo luogo reso disponibili enormi
quantità di dati a costo molto basso. Ad esempio, Kossinets e Watts (2006) utilizzano
come dati l’archivio informatico delle email che si raccoglie automaticamente sui
server ogni volta che una persona invia una email ad un’altra. Al tempo stesso,
l’evoluzione dei sistemi informativi, inizia a rendere possibile l’utilizzo di tecniche sta-
tistiche che si basano sul calcolo iterativo di migliaia di simulazioni in modo da poter
aggirare, l’inapplicabilità delle tecniche statistiche tradizionali dovuta alla non-
indipendenza delle osservazioni.
Con la disponibilità dei dati e di tecniche statistiche applicabili, i primi studi empi-
rici hanno utilizzato la struttura del network stesso come variabile esplicativa della sua
evoluzione. Ad esempio, meccanismi quali la reciprocità, la transitività (gli amici degli
amici tendono a divenire amici), e la competizione strutturale sono meccanismi endo-
geni con cui la struttura della rete sociale fotografata in un determinato momento in-
fluenza la struttura della rete sociale nel momento successivo. L’evoluzione del
24 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
Il quadro 2.2. riporta uno degli esempi con cui James Coleman, uno dei più
grandi sociologi del Novecento ed uno degli autori principali sul concetto di
capitale sociale, illustra il significato di capitale sociale. Nella prospettiva
dell’autore, la fiducia è una risorsa che fluisce all’interno delle relazioni tra me-
dico e paziente e, quindi, il fenomeno delle cause per cattiva condotta profes-
sionale e le sue conseguenze sulle performance degli individui e del sistema si
spiegano con un deterioramento delle relazioni tra questi due gruppi di attori.
Infine, un’ulteriore distinzione tra gli studi di network può essere identifica-
ta tra gli obiettivi dell’analisi interpretativa. Una parte dei lavori empirici pone
come obiettivo dell’interpretazione l’analisi delle determinanti del differente
successo degli attori organizzativi come conseguenza dei loro legami sociali,
mentre un'altra parte degli studi si pone come obiettivo lo spiegare
l’omogeneità nelle attitudini, credenze e pratiche degli attori come conseguenza
dei loro legami sociali.
28 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
Nel primo gruppo di studi rientrano gli studi che hanno come oggetto il ca-
pitale sociale degli attori organizzativi; nel secondo quelli di diffusione delle in-
novazioni. Ai due differenti obiettivi interpretativi, cioè quello di spiegare la
performance o l’omogeneità, corrispondono anche due meccanismi interpreta-
tivi che sono quello del capitale sociale e della diffusione dell’innovazione. No-
nostante, eterogeneità nella performance ed omogeneità nel comportamento
siano due facce della stessa medaglia, è spesso rinvenibile nelle modalità di di-
segno della ricerca un differente obiettivo interpretativo.
Tabella 2.2: Alcune configurazioni tipiche della struttura delle reti sociali e la loro coerenza con altre
variabili organizzative
Adatta a: Risolvere problemi ordinari con Risolvere problemi complessi in cui le Risolvere problemi ambigui che
soluzioni note. componenti del problema sono note hanno bisogno di soluzioni
ma la sequenza della soluzione non lo innovative.
è.
Produce Fornendo risposte efficienti e Stabilendo e fornendo la corretta Impostando rapidamente una
valore: ripetute ad un insieme di problemi costellazione e sequenza di soluzione innovativa ai problemi.
pre-definiti. competenze.
Le Sono focalizzate sul flusso dei Sono centrate su ruoli attorno ai quali Sono intense e ridondanti sia
connessioni processi; le connessioni esterne gli altri nodi possono ruotare; le internamente che esternamente.
34 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
Risposte di routine Risposta modulare Risposta personalizzata
Politiche di Bassi margini. Margini moderati per l’investimento in Alti margini per ripagare
prezzo: tecnologia l’investimento in capitale sociale.
Tecnologia a Sistemi di gestione del flusso di Gestione dei contenuti basati sui ruoli e Sistemi per localizzare le
supporto lavoro e intelligenza artificiale. ambienti di collaborazione. competenze e portali.
della rete:
Cultura e Sistema decisionale centralizzato e La leadership passa al più competente Collaborativi all’interno e tra le
leadership: focalizzato sulla standardizzazione per una specifica attività; potere di linee organizzative, norme di
e la responsabilità sui compiti. decisione dipende dai ruoli. reciprocità generalizzate.
L’analisi originaria dei dati raccolti suggeriva non solo che l’adozione di un
nuovo farmaco avviene più velocemente per le persone più connesse ma anche
che in diversi momenti della diffusione dell’innovazione tipologie differenti di
relazioni (cioè le relazioni di consiglio, di discussione di casi e di amicizia) gio-
cano un ruolo importante.
Più recentemente, in uno studio nel settore sanitario sempre a livello di ana-
lisi interpersonale si è rilevato il contenuto emozionale delle relazioni. Studian-
do l’introduzione di un nuovo sistema informativo che implicava uno stravol-
gimento delle modalità di lavoro all’interno di un reparto di diagnostica per
immagini di un ospedale universitario olandese, Sasovova (2006) trova
l’importanza delle relazioni interpersonali positive o negative tra gli attori nel
determinare il loro grado di accettazione del cambiamento. Inoltre, l’autrice ha
rilevato un significativo effetto sulla performance del contenuto delle relazioni
(definito nello studio come contenuto affettivo positivo e contenuto affettivo
negativo).
La tabella 2.3 presenta alcuni esempi di contenuti delle relazioni all’interno
di un ospedale.
Come accennato, una delle specificità del settore sanitario è che nelle aziende sani-
tarie diverse professioni collaborano quotidianamente e tendono a diventare sempre
più inter-dipendenti col progredire della conoscenza medica. Come nota De Pietro
(2005), l’evoluzione tecnologica della conoscenza medica, insieme a quella delle esi-
genze della popolazione stanno trasformando rapidamente il modo di lavorare dei
medici di molte specialità. La medicina è sempre stata un’attività tradizionalmente in-
L’analisi relazionale delle organizzazioni: un’applicazione al settore sanitario 39
dividuale, effettuata dai medici in studi isolati, oppure al massimo all’interno di una
stessa struttura ma senza un’elevata necessità di coordinamento tra professionisti di-
versi.
I progressi sempre più rapidi nella scienza medica hanno, però, incrementato il
fabbisogno di coordinamento tra professionisti con competenze diverse. Nel caso
della diagnostica per immagini, ad esempio, negli ultimi anni si sta rapidamente dif-
fondendo una nuova metodica, la Tomografia ad Emissione di Positroni (PET) che
richiede la collaborazione tra il medico curante, radiofarmacista, fisico sanitario,
bioingegnere, medico nucleare e radiologo e, quindi, crea interdipendenze molto forti
che non esistevano al tempo in cui, poiché la conoscenza scientifica era limitata e po-
co complessa, un medico generico poteva utilizzare da solo tutti gli strumenti diagno-
stici disponibili e avere competenze riguardo a tutte le terapie conosciute.
Secondo l’American Medical Association esistono negli Stati Uniti 26 specialità
mediche riconosciute, molte delle quali a sua volta suddivise in sottospecialità (Torpy,
Lynm, e Glass, 2003). Parallelamente, sempre più professioni sanitarie ausiliare hanno
ottenuto il riconoscimento dello status legale di professione. Negli Stati Uniti vi è sta-
ta una crescita esponenziale del loro numero negli anni Ottanta, ed oggi se ne contano
almeno cinquanta; in Italia questo processo è partito in ritardo ed è oggi ancora in at-
to. In generale, nonostante alcuni organismi sovra-nazionali come l’Unione Europea
stiano puntando con successo al contenimento del numero delle professioni in quanto
queste ultime sono considerate un’istituzione anticompetitiva che ha come principale
scopo il controllo del mercato da parte dei professionisti già accreditati, in pochi met-
tono in discussione l’utilità delle professioni in sanità che, per questo motivo, conti-
nuano a crescere di numero (Lega e De Pietro, 2005).
Come sarà discusso nel terzo capitolo trattando della Teoria dell’Identità Sociale,
una serie di pratiche diffuse durante il processo di formazione iniziale e continua e
nella tradizionale organizzazione delle strutture sanitarie tende ad incrementare
l’identificazione nel gruppo professionale e, quindi, a favorire il gruppo a cui ci si sen-
te di appartenere (ingroup) a scapito dei gruppi percepiti come esterni (outgroup). Ciò
costituisce una criticità particolarmente importante se è vero che - come sostiene il fi-
lone di ricerca sulle configurazioni organizzative - le aziende sanitarie sono un tipico
esempio di organizzazioni in cui il lavoro può essere coordinato utilizzando soprattut-
to l'indottrinamento e la socializzazione degli individui in un contesto culturale forte
(Mintzberg, 1985). La cultura organizzativa ha un forte impatto sulla qualità delle cure
(Davies, Huw, Nutley, e Mannion, 2000; Scott, Mannion, Davies, e Marshall, 2003).
La socializzazione dei medici è ottenuta con un’intensa formazione (Becker, 1961),
l'esposizione degli individui a modelli di ruolo che esemplificano l'etica professionale
dei medici, con la gestione simbolica e con un forte controllo tra pari all'interno della
comunità professionale.
La differenza tra i diversi gruppi viene spesso segnalata attraverso simboli come il
camice o la suddivisione degli spazi all’interno degli ospedali. Lega e De Pietro (2005)
40 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
notano che una situazione in cui molti gruppi professionali sono in contrasto per di-
fendere i propri confini e, quindi, ogni singola attività può essere svolta da un profes-
sionista di una ed una sola professione, mancano le condizioni per una minima flessi-
bilità organizzativa ed, indirettamente, per un efficace agire organizzativo.
Inoltre, due professioni che tipicamente convivono nelle aziende sanitarie sono
quella medica e quella dei manager. L’assunta incompatibilità tra i valori ed i bisogni
dei manager e quelli dei professionisti è un tema centrale nella sociologia delle profes-
sioni (Toren, 1976). Si ritiene che il forte senso di appartenenza ai gruppi professiona-
li condizioni la possibilità da parte dell’azienda di esprimere giudizi sulle performance
tecniche dei professionisti, focalizzando la valutazione soprattutto sui comportamenti
organizzativi e risultati gestionali. Doolin (2002) nota come le riforme neo-liberiste in-
trodotte nel sistema sanitario Neozelandese si sono scontrate con la cultura medica
che non intendeva perdere il proprio ruolo di difensore del paziente al di là dei vincoli
alla sostenibilità economica del sistema. La necessità di legittimare all’interno della
comunità professionale l’esercizio dell’autorità ha tradizionalmente portato a porre a
capo delle unità operative delle organizzazioni sanitarie il professionista più bravo dal
punto di vista clinico. Questo non necessariamente è quello con le maggiori compe-
tenze gestionali ma, più spesso, è la persona che, essendosi impegnata di più
sull’aspetto professionale, tenderà a percepire un conflitto di ruolo nel prendere deci-
sioni gestionali che potrebbero andare in conflitto con la migliore pratica clinica co-
nosciuta.
del processo decisionale non rende possibile assicurare il rispetto del contratto
attraverso sanzioni legali individuali (Roberts e Dietrich, 1999) perché il princi-
pale è poco in grado di comprendere se l’agente ha adempiuto con diligenza o
meno alle obbligazioni che si era assunto. La giustificazione economica per la
professionalizzazione della medicina è, infatti, che un paziente non è in grado
di giudicare se il proprio medico ha adempiuto al contratto che li lega sia per-
ché la conoscenza medica è complessa e differenziata da quella comune sia
perché molto spesso la situazione di salute ed emotiva del paziente lo pone in
una posizione subordinata rispetto al medico. L’ordine professionale ha la fun-
zione di verificare ex-ante le conoscenze di chi fornisce il servizio attraverso le
complesse procedure di ammissione alla professione e quella di sanzionare i
comportamenti ex-post attraverso la possibilità di sospensione o radiazione
dall’ordine.
Dal punto di vista economico, però, gli ordini professionali possono avere
anche effetti negativi: ad esempio, possono limitare il numero dei medici allo
scopo di ridurre la concorrenza e garantire guadagni più alti ai medici esistenti,
oppure possono omettere di sanzionare i medici che hanno commesso negli-
genze minori per tutelare gli interessi della categoria. Infatti, le professioni sta-
biliscono tariffe minime allo scopo di limitare la concorrenza sul prezzo, vieta-
no quasi completamente la possibilità di pubblicizzare i servizi e le offerte di un
individuo o di un’organizzazione sanitaria e programmano il numero degli ac-
cessi alle facoltà di medicina in modo da non aumentare troppo l’offerta di ser-
vizi. Queste misure da una parte proteggono i pazienti perché riducono
l’incentivo ad attuare pratiche competitive che potrebbero ridurre la qualità (ad
esempio, una ospedale che pubblicizza i proprio servizi ed applica prezzi molto
bassi, potrebbe ridurre la qualità dei servizi per abbassare i costi senza che, a
causa delle asimmetrie informative, il paziente si accorga della bassa qualità
tecnica delle prestazioni); d’altra parte queste misure proteggono anche i pro-
fessionisti evitando che i meccanismi della concorrenza abbassino i margini di
guadagno sulle prestazioni o sui contratti di lavoro.
Ricerche empiriche più recenti hanno suggerito che i legami sociali tra indi-
vidui o organizzazioni permettono una migliore performance negli scambi e-
conomici riducendo sostanzialmente i costi di transazione dovuti alla possibilità
di comportamento opportunistico (Uzzi, 1997).
Il meccanismo di azione che permette di trasformare le relazioni del
network in una migliore performance è principalmente quello della chiusura
L’analisi relazionale delle organizzazioni: un’applicazione al settore sanitario 45
Tabella 2.5: Comparazione stilizzata delle forme di governance delle attività economiche per l’esercizio
dell’attività medica
Mercato Gerarchia Professionalismo / Network
Valutazione Operata dai pazienti che, avendo Operata da un supervisione Operata dai colleghi in maniera
qualità dei poca capacità di giudicare la gerarchico che deve avere distribuita in base a conoscenze
professionisti qualità tecnica, osservano solo il conoscenze sull’attività molto scientifiche e ripetuti contatti
prezzo (o altre leve di marketing) specializzata dei sui sottoposti e la nell’ambito dell’attività lavorativa.
del professionista. possibilità di osservare e valutare
l’attività complessa dei
professionisti
Reperimento di Le informazioni si ottengono Le informazioni si ottengono L’informazione, ottenuta
informazioni principalmente da conoscenti che principalmente attraverso attraverso interazioni casuali o
sull’attività dei hanno interagito precedentemente l’osservazione dell’attività dei meccanismi formali di peer-review,
professionisti con i professionisti. Il numero di professionisti sottoposti. La circola velocemente all’interno
professionisti su cui è possibile comprensione della qualità tecnica della comunità attraverso le
reperire informazioni in questo è possibile solo se il supervisore ha relazioni sociali ed all’esterno di
modo è estremamente basso e, le conoscenze tecniche necessarie essa attraverso il consiglio di altri
inoltre, il conoscente ha operato e, in ogni caso, l’osservazione professionisti ai pazienti e
una valutazione necessariamente sistematica e dettagliata richiede meccanismi di accreditamento
imprecisa (cfr.riga precedente). In tempi e risorse ingenti. formali come l’iscrizione all’albo.
alternativa, il paziente può
utilizzare fonti di informazioni
come giornali o ranking
quantitativi dei professionisti che,
a causa della complessità
dell’attività medica, sono anche
essi necessariamente imprecisi
48 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
Mercato Gerarchia Professionalismo / Network
Sanzioni in caso I pazienti possono punire un L’autorità può escludere il La comunità professionale può
di bassa qualità medico che agisce in modo professionista che ha la possibilità sanzionare un professionista
dell’attività del inappropriato rivolgendosi ad un di trovare un’altra organizzazione facendogli mancare un flusso di
professionista altro o consigliando ai propri o, similmente ai pazienti, pazienti adeguato a sostenersi,
conoscenti di non consultarlo. rivolgersi all’autorità giudiziaria privandolo della stima dei colleghi
Questa punizione è molto debole o, attraverso meccanismi di peer-
perché raggiunge una piccola review radiandolo dall’albo
frazione dei pazienti potenziali di professionale e, quindi, privandolo
un professionista. della possibilità di esercitare la
Oppure i pazienti possono professione.
rivolgersi ad un tribunale che ha
pochi elementi oggettivi per
valutare l’operato complesso dei
medici e creando a livello di
sistema un forte ricorso alla
“medicina difensiva”
Capitolo terzo
Le implicazioni della natura della
conoscenza, della differenziazione del
lavoro e delle asimmetrie informative
per le caratteristiche relazionali in
sanità
3.1. Le implicazioni della prospettiva relazionale applicata alla sanità - 3.2. Il sistema
tecnico nelle organizzazioni sanitarie: la natura della conoscenza medica - 3.2.1. La
dimensione strutturale delle reti sociali e la natura della conoscenza medica in sanità
- 3.2.2. La dimensione relazionale delle reti sociali e la natura della conoscenza
medica in sanità - 3.3. La dimensione cognitiva delle reti sociali e la natura della
conoscenza medica in sanità - 3.3. La differenziazione del lavoro in medicina e la
natura delle interdipendenze in sanità - 3.3.1. La dimensione strutturale delle reti
sociali e la differenziazione delle attività sanitarie - 3.3.2. La dimensione relazionale
delle reti sociali e la differenziazione delle attività sanitarie - 3.3.3. La dimensione
relazionale delle reti sociali e la differenziazione delle attività sanitarie - 3.4. Le
implicazioni delle asimmetrie informative tra professionisti, pazienti e manager -
3.4.1. La dimensione strutturale delle reti sociali e le asimmetrie informative in sanità
- 3.4.2. La dimensione relazionale delle reti sociali e le asimmetrie informative in
sanità - 3.4.3. La dimensione cognitiva delle reti sociali e le asimmetrie informative
in sanità
zarle per fare in modo che le reti sociali all’interno dell’azienda siano coerenti
con l’attività che vi sono svolte all’interno. Alcuni studi nel settore sanitario
(Chang, Gotcher, e Chan, 2006; Hoelscher, Hoffman, e Dawley, 2005) hanno
enfatizzato che i manager possono ridisegnare il layout degli spazi di lavoro per
incrementare le occasioni di interazione, incoraggiare la partecipazione del per-
sonale nelle attività della comunità, supportare una cultura che sviluppa fiducia
ed assumere persone che già hanno una rete sociale con le caratteristiche desi-
derate. Ad esempio, l’Istituto Humanitas, una struttura sanitaria privata
d’eccellenza in Italia già citata nel presente lavoro nel quadro 1.1., ha per primo
introdotto il concetto di open-space - molto diffuso negli uffici in altri settori e-
conomici - per le postazioni di lavoro da scrivania dei medici. Con questo pic-
colo accorgimento, al contrario di quanto avviene nella maggior parte degli o-
spedali in cui esistono uffici in ogni reparto (spesso assegnati in base alla pro-
fessione o la posizione organizzativa), tutti i medici dell’Istituto svolgono le at-
tività di studio o quelle burocratiche in un luogo che incrementa le loro
possibilità di interazione con professionisti di altre specialità. Un altro esempio
abbastanza diffuso di interventi manageriali rivolti a modificare le reti sociali
dei propri professionisti è quello degli ospedali pediatrici che spesso stimolano
i contatti dei propri medici con le associazioni di volontariato in modo da poter
incrementare la propria capacità di raccolta di donazioni da parte della comuni-
tà e delle imprese. Inoltre, anche pratiche di gestione delle risorse umane come,
ad esempio, procedure di selezione che valutano le capacità relazionali, oppure
richiedono lettere di raccomandazione, hanno degli effetti significativi sulle ca-
ratteristiche delle reti sociali in cui il personale dell’azienda si trova.
Per quanto riguarda le implicazioni per la progettazione dell’organizzazione,
poter considerare quali sono le caratteristiche della rete sociale che meglio si
adatta allo svolgimento di ciascuna tipologia di attività può informare alcuni e-
lementi del disegno organizzativo. Ad esempio, il disegno dell’organizzazione
può prevedere meccanismi di coordinamento intra- o inter-organizzativi allo
scopo di modificare le caratteristiche delle reti sociali attraverso l’interazione tra
persone che il disegno dell’organizzazione formale implica. Esempi di questi
meccanismi possono essere riunioni periodiche, gruppi di progetto, rotazione
del personale, o project manager. Si può anche arrivare a progettare la struttura
gerarchica dell’ organizzazione formale attraverso l’analisi delle relazioni di co-
ordinamento tra persone o unità organizzative (Cicchetti e Lomi, 2000). Anche
le pratiche di gestione delle risorse umane possono adottare meccanismi che
forniscono incentivi allo scambio di informazioni e conoscenza come, ad e-
sempio, programmi di mentoring o l’utilizzo delle pubblicazioni come un crite-
rio per l’avanzamento di carriera. Oppure possono incentivare il controllo so-
Le implicazioni della natura della conoscenza, della differenziazione del lavoro e delle asimmetrie informa- 51
tive per le caratteristiche relazionali in sanità
ciale, ed esempio, basando la retribuzione variabile sulla performance del grup-
po o mettendo in competizione le unità organizzative tra di loro.
La discussione che si può leggere in questo capitolo vuole contribuire
alla letteratura già esistente specificando meglio le contingenze nelle qua-
li queste prescrizioni manageriali dovrebbero essere applicate. Infatti,
creare e tenere vive relazioni costa agli individui ed alle aziende tempo
ed altre risorse che potrebbero essere utilizzati per produrre i servizi per
cui l’organizzazione esiste. Le contingenze nelle quali dovrebbe essere
valutato se investire in politiche che creano una rete sociale di un deter-
minato tipo devono essere considerate perchè le attività svolte all’interno
delle aziende sanitarie variano notevolmente in termini delle tre specifici-
tà considerate. Alcune delle attività, infatti, utilizzano una conoscenza
medica molto complessa, altre una relativamente semplice; in alcune atti-
vità il lavoro è fortemente differenziato ed esistono interdipendenze
complesse, mentre in altre le interdipendenze tra i professionisti coinvol-
ti sono relativamente semplici; per alcune attività, infine, le asimmetrie
informative sono tali che pazienti o amministratori non possono assolu-
tamente valutare la qualità delle prestazioni, per altre, invece, le conse-
guenze sono facilmente valutabili anche da chi non ha una conoscenza
specialistica. Per questo motivo i manager dovrebbero concentrare gli
sforzi per la gestione delle reti sociali dei propri dipendenti in base alle
caratteristiche delle attività da svolgere. La tabella 3.1. riassume le carat-
teristiche delle reti sociali che meglio si prestano a supportare attività che
siano alte nelle tre specificità delle attività sanitarie poste sulle righe della
tabella. Le proposizioni in ciascuna cella della tabella saranno sviluppate
nel resto del capitolo.
Come diversi altri campi di studio nelle scienze naturali e nelle scienze
sociali, la medicina studia l’interazione di sistemi complessi e non-lineari.
Infatti, la medicina studia sistemi biologici, non sistemi meccanici ed, al
contrario di quest’ultimi, i sistemi biologici sono molto complessi ed il
loro comportamento può essere non-lineare, cioè sistemi per i quali pic-
coli cambiamenti su di un livello possono produrre enormi cambiamenti
allo stesso o ad altri livelli (Dershin, 1999).
52 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
Differenziazione (P 6)
(P 4) (P 5)
della organizzazione standardizzazione
network denso e relazioni di
del lavoro delle delle informazioni
multi-professionale fiducia
attività cliniche per il coordinamento
(P 9)
Asimmetrie
(P 7) comportamenti
informative tra (P 8)
network denso e uni- basato su di un
medici e gli altri referral di pazienti
professionale prototipo dell’ in-
attori
group
Le implicazioni della natura della conoscenza, della differenziazione del lavoro e delle asimmetrie informa- 53
tive per le caratteristiche relazionali in sanità
Secondo Upshur (2000) l’evidenza empirica derivata dagli studi clinici
è provvisoria (“provisional”), falsificabile (“defeasible”), emergente (“e-
mergent”), incompleta (“incomplete”), limitata (“constrained”) da fattori
etici, economici e computazionali, di natura collettiva (“collective”), di-
stribuita asimmetricamente (“asymmetrically distributed”) tra le discipli-
ne. Inoltre, Upshur (2000) afferma che la teoria epistemologica che me-
glio si addice alla evidenza empirica in medicina è il fallibilismo.
Nonostante la ricerca per motivi epistemologici e pratici sia condotta
prevalentemente isolando l’azione di una variabile dalle variabili confon-
denti (come ad esempio, l’azione di una molecola allo scopo di testare un
farmaco), in ogni singolo caso clinico moltissimi elementi di specificità
del singolo paziente interagiscono. Un paziente può essere affetto da di-
verse patologie contemporaneamente, non rispondere all’utilizzo di alcu-
ne terapie o vivere in condizioni sociali che rendono sconsigliabile sot-
toporlo ad una determinata prestazione sanitaria. Inoltre, come menzio-
nato, il risultato di questi esperimenti è una conoscenza di tipo probabi-
listico. Un cardiologo, ad esempio, conosce dalla letteratura scientifica
che l'aspirina riduce del 20% il rischio di alcune patologie nelle categorie
di pazienti a rischio. Una conoscenza di tipo probabilistico influenza ne-
gativamente la possibilità di valutare i risultati su di un singolo caso ed,
inoltre, rende impossibile coordinare le attività attraverso risultati inter-
medi standardizzati. Infatti, per la valutazione ex-post dei risultati, una
conoscenza di tipo probabilistico implica che vi sia bisogno di un nume-
ro di pazienti simili relativamente alto per poter valutare in maniera at-
tendibile quale parte dei risultati è dovuta al caso e quali alle procedure
mediche applicate.
Anche quando le evidenze empiriche disponibili forniscono indica-
zioni univoche, il fatto che i professionisti li applichino non è una con-
seguenza automatica. Al contrario di quanto viene assunto tradizional-
mente dalla teoria economica, nel mondo reale scoprire l’esistenza di
un’informazione è un’attività costosa ed, una volta ottenuta, processare
l’informazione per prendere azioni conseguentemente può essere difficile
(Watts, 2003, p. 263).
54 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
Il problema della alta variabilità dell’attività dei medici fu, quindi, inizialmente
considerato come una conseguenza della mancanza di ricerca empirica di alta qualità.
Perciò, l’attività di ricerca si focalizzò sulla produzione di evidenze attraverso progetti
anche imponenti come il progetto “Health Technology Assessment Programme”4 che
il servizio sanitario inglese ha lanciato all’inizio degli anni Novanta. Inoltre, queste ini-
ziative hanno investito nello sviluppo di metodi e sistemi per confezionare e distribui-
re i risultati dei programmi di EBM per colmare le lacune di evidenza scientifica e
renderla disponibile negli studi medici ed al letto del paziente.
L’evidenza empirica era considerata come oggettiva e non influenzata dal contesto
in cui viene applicata, e si riteneva che la semplice produzione avrebbe indotto
l’applicazione nella pratica secondo un meccanismo descrivibile con la metafora
dell’acqua che fluisce attraverso le condutture.
Grol (2001) sintetizza le ragioni per cui gli interventi per promuovere
l’implementazione di innovazioni basate sull’evidenza sono stati così inefficaci:
• molte linee-guida basate sull’evidenza erano ambigue o confuse;
• le linee guida trattavano solitamente solo una parte della sequenza di de-
cisioni e di azioni in un consulto clinico;
• erano spesso difficili da applicare ai problemi unici del singolo paziente;
• molto spesso richiedevano cambiamenti contemporanei in ampie parti
management che si sono diffusi dagli anni Novanta in poi (Nonaka e Ta-
keuchi, 1995).
E’, infine, interessante notare che la dimensione strutturale di una rete socia-
le, può essere utilizzata dagli attori che la formano oppure da osservatori ester-
ni come un indicatore delle loro caratteristiche e, di conseguenza come guida
per il comportamento. Il concetto di prominenza, si basa sull’idea che quando
le informazioni non sono una guida chiara per il comportamento, la posizione
di un individuo può essere usata per valutarne l’affidabilità e, quindi, gli altri in-
dividui nel network possono assumere il comportamento dell’individuo più
centrale per minimizzare il proprio rischio. Il concetto della prominenza è alla
base della letteratura relazionale sugli opinion leaders. Un altro concetto che
mostra come la posizione nella struttura può essere utilizzata come guida per il
comportamento è quello di “equivalenza strutturale”. Burt (1987) analizza
nuovamente i dati sulla diffusione della tetraciclina di Coleman e colleghi utiliz-
Le implicazioni della natura della conoscenza, della differenziazione del lavoro e delle asimmetrie informa- 61
tive per le caratteristiche relazionali in sanità
zando tecniche statistiche di social network analysis ed una capacità
computazionale data dai moderni computer che non erano disponibili
all’originario gruppo di ricerca. Secondo Burt, il “contagio” del compor-
tamento osservato (cioè il cominciare a prescrivere il farmaco) non era guidato
dalla coesione - quindi, dall’essere connessi ad un collega che ha già prescritto il
farmaco - ma, piuttosto, dall’equivalenza strutturale, cioè dalla percezione di
quale sia il comportamento appropriato da adottare attraverso l’osservazione di
come si comportano i colleghi che occupano una posizione simile alla propria
nella rete sociale dei colleghi. La definizione più stringente di equivalenza
strutturale stabilisce che due attori occupano la stessa posizione sociale se e
solo se hanno relazioni identiche con altri attori (Friedkin e Johnsen, 1997;
Wasserman e Faust, 1994), ma è possibile fissare definizioni e misure più larghe
per identificare posizioni equivalenti.
Natura dell’interdipendenza
Standardizzazio Personalizzazione Personalizzazione
Pura standardizzazione
ne segmentata segmentata integrata
Un trattamento
Un trattamento Alcuni trattamenti
globale composto
principale ed principali ed
Un trattamento di numerosi
altri trattamenti ciascuno con altri
trattamenti
ad hoc trattamenti ad hoc
specializzati
C) Modello 3: Rete per la soluzione dei problemi (ad esempio, geratria). Coordi-
namento attraverso la discussione aperta.
Fonte: Ns. adattamento da Glouberman e Mintzberg
(2001b).
72 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
La figura 3.2., mostra proprio come all’aumentare della complessità del si-
stema tecnico utilizzato in una specialità - influenzato in medicina prevalente-
mente dalla natura della conoscenza utilizzata - diminuisce l’efficacia di reti so-
ciali sparse (cioè reti poco dense ed in cui ciascun attore non ha contatti ridon-
danti) e gerarchiche (cioè reti con un attore con un grado di centralità molto
alto) in favore di reti dense e costituite da pari. Inoltre, come discusso in rife-
rimento ai risultati della ricerca di Lamothe e Dufuor la complessità è influen-
zata dalle due (fortemente correlate) variabili che descrivono il numero di pato-
logie che i pazienti hanno ed il numero di professioni che sono coinvolte nel
processo di cura.
Inoltre, allo scopo di essere percepiti dagli altri come parte di un determina-
to gruppo, ciascuno si comporta nei modi tipici dei membri di quel gruppo. Ci
sono, quindi, due conseguenze principali dell’identificazione con la professione
nelle aziende sanitarie:
• l'individuo agisce diversamente verso i membri di un gruppo
con cui si identifica rispetto ai membri di altri gruppi. Ci
comportiamo naturalmente, cioè, in modo da favorire i mem-
bri di un gruppo con cui ci identifichiamo quando dobbiamo
prendere decisioni;
• il modo di comportarsi, di vestirsi ed in generale tutto ciò che
una persona fa di osservabile dagli altri è influenzato dall'iden-
tificazione perché ciascuno cerca di segnalare all'esterno l'ap-
partenenza ad un gruppo con cui si identifica molto.
L’approccio della teoria dell’identità sociale permette di superare i limiti di
delle altre concezioni di gruppo, ponendo l’enfasi sul gruppo nell’individuo
piuttosto che sull’individuo nel gruppo (Bergami, 1996). Secondo Tajfel il
comportamento inter-individuale (in cui gli individui agiscono esclusivamente
in base alle loro caratteristiche individuali) ed il comportamento inter-gruppo
(in cui gli individui agiscono esclusivamente in base alla loro appartenenza a di-
versi gruppi sociali) non sono altro che due estremi di un continuum.
84 L’analisi relazionale delle organizzazioni sanitarie
La teoria dell’identità sociale, applicata allo studio delle organizzazioni, può per-
mettere di avanzare le conoscenze scientifiche sul legame tra l’interazione sociale e
l’identità sociale degli individui, cioè della appartenenza percepita ad un gruppo.
L’abilità di pensare in termini di “noi”, e non solo di “io”, permette alle persone di at-
tuare comportamenti organizzativi che sono significativi, integrati e collaborativi (Ha-
slam, 2004).
La teoria dell’identità sociale è una teoria integrativa sulla differenziazione inter-
gruppi perché ne considera sia i fondamenti cognitivi che quelli motivazionali. Essa fu
inizialmente sviluppata nel tentativo di comprendere le basi psicologiche della discri-
minazione tra gruppi. Tajfel, Billig, Bundya e Flament (1971) notano, attraverso espe-
rimenti su piccoli gruppi, come condizioni molto elementari come l’assegnazione ca-
suale ad un gruppo incoraggiano comportamenti che favoriscono il gruppo di appar-
tenenza a svantaggio dei gruppi esterni. Questi comportamenti sono scelti nonostante
il fatto che una strategia alternativa, agire in modo da massimizzare il valore per tutti i
partecipanti all’esperimento indipendentemente dal gruppo, è possibile ad un costo
relativamente basso. Ciò che sembrava guidare i comportamenti individuali
nell’esperimento, non era ottenere buoni risultati in senso assoluto ma ottenere risul-
tati migliori dell’altro gruppo.
Il mero atto di categorizzare se stessi come membri di un gruppo era sufficiente a
conferire ai propri comportamenti un significato distintivo e, quindi, a dimostrare fa-
voritismo verso il gruppo. Il punto centrale della teoria dell’identità sociale è che gli
individui, dopo essere stati categorizzati in termini di appartenenza ad un gruppo ed
aver definito se stessi in termini di quella categorizzazione sociale, cercano di raggiun-
gere una autostima positiva differenziando in senso positivo il loro gruppo da un
gruppo comparabile su alcune dimensioni considerate importanti.
Secondo Ellemers, Kortekaas e Ouwerkerk (1999) l’identità sociale ha tre dimen-
sioni correlate ma distinte: l’auto-categorizzazione, il committment verso il gruppo e
autostima derivante dal gruppo.
La teoria dell’auto-categorizzazione specifica le operazioni del processo di catego-
rizzazione sociale come le basi cognitive del comportamento nel gruppo. La catego-
rizzazione di se stessi e degli altri in un ingroup ed in un outgroup accentua la simili-
tudine percepita del soggetto categorizzato a prototipi di ingroup o outgroup rilevanti.
Quindi, i soggetti non sono più rappresentati come individui unici, ma piuttosto, co-
me materializzazioni di un prototipo rilevante attraverso un processo di depersonaliz-
zazione. La nozione di prototipo, quindi, che non era considerata centrale nei primi
studi sull’identità sociale focalizzati sulle relazioni inter-gruppi, è assolutamente cen-
trale per la teoria dell’auto-categorizzazione (Hogg e Terry, 2000).
Le implicazioni della natura della conoscenza, della differenziazione del lavoro e delle asimmetrie informa- 85
tive per le caratteristiche relazionali in sanità
Inoltre, a causa del tipo di attività che si svolge nelle aziende sanitarie diversi
gruppi professionali sono costretti ad interagire. I medici devono interagire con
gli infermieri e gli amministratori, ma anche differenti specialità devono colla-
borare tra loro. In un’operazione, ad esempio, un cardiochirurgo deve coordi-
narsi con l'anestesista e con tutti i medici che hanno contribuito a fare la dia-
gnosi al paziente.
Un lavoratore di un’azienda sanitaria ha diversi gruppi in cui identificarsi (ad
esempio, il proprio ospedale, il reparto, la professione, il turno di lavoro).
L’identificazione con la professione, può costituire una criticità da gestire per
l’azienda poiché nelle organizzazioni ci sono altri diversi gruppi professionali
ed il favorire l’ingroup a svantaggio di outgroup costituiti da altri gruppi pro-
fessionali può avere conseguenze negative su tutta l’organizzazione. D’altra
parte, l’identificazione con la professione dei medici serve a rafforzare il con-
trollo sociale reciproco tra i professionisti e, quindi, contribuisce al rispetto del-
le norme etiche del gruppo pena l’esclusione da esso ad opera degli altri mem-
bri.
Per studiare le conseguenze negative dell’identificazione sui rapporti tra di-
Le implicazioni della natura della conoscenza, della differenziazione del lavoro e delle asimmetrie informa- 87
tive per le caratteristiche relazionali in sanità
versi gruppi professionali, alcuni ricercatori (Bertolotti, Cantarelli, Macrì, e Ta-
gliavento, 2004) hanno trascorso sei mesi in un reparto di radioterapia oncolo-
gica in un ospedale italiano. In questo reparto è importante il lavoro di almeno
quattro tipi di gruppi professionali: i medici, i tecnici, gli infermieri ed i fisici
sanitari. Nel caso studiato la percezione negativa che ciascun gruppo ha degli
altri influisce negativamente sulla qualità del lavoro di tutto il reparto. Per far
capire meglio le dinamiche dell’interazione tra i diversi gruppi, i ricercatori
hanno riportato alcuni dialoghi a cui hanno assistito (quadro 3.5.).
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F INITO DI STAMPARE
N EL MESE DI APRLE 2006
DALLA P ICCOLA S OCIETÀ C OOPERATIVA
E. A LBANO A . R . L .
V IA E NRICO F ERMI , 17 - N APOLI