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Universit degli Studi della Calabria

Facolt di Economia
Corso di Laurea in Scienze Economiche e Sociali
Dipartimento di Sociologia

TESI DI LAUREA

LE LEGGI RAZZIALI DEL 1938:


PROPAGANDA E PREGIUDIZIO

Relatore

Candidata

Prof. ssa Anna Rossi-Doria

Giovanna Vingelli

________________________________
Anno accademico 1994-95

SOMMARIO
Pagina

INTRODUZIONE.................................................................................
CAPITOLO 1
I CONTENUTI DELLA LEGISLAZIONE.................................................................

CAPITOLO 2
IL DIBATTITO STORIOGRAFICO SULLE LEGGI........................................

CAPITOLO 3
I PRECEDENTI DELL'ANTISEMITISMO IN ITALIA......................................

CAPITOLO 4
LA PROPAGANDA ANTIEBRAICA NELLA STAMPA NAZIONALE DAL 1933 AL
1938...................................................................................................

CAPITOLO 5
LA PROPAGANDA ANTIEBRAICA NELLA STAMPA NAZIONALE DAL
"MANIFESTO" ALLE LEGGI....................................................................

CAPITOLO 6
UNA POLEMICA COSENTINA SULLE LEGGI RAZZIALI............................141

APPENDICE A.................................................................................176
APPENDICE B................................................................................195
BIBLIOGRAFIA................................................................................204

INTRODUZIONE
Le leggi razziali italiane si inseriscono nel contesto pi ampio della
persecuzione antiebraica in Europa, ma presentano alcune caratteristiche
tali da accentuare la loro portata e causare effetti particolari.
In primo luogo la svolta del 1938 fu improvvisa e traumatica per la
maggior parte della popolazione ebraica, nonostante l'imponente campagna
di stampa orchestrata dal regime. L'integrazione di cui godevano gli ebrei
nella societ italiana ed il contrasto fra la nuova situazione e le precedenti
condizioni di vita resero il trauma ancora pi acuto, accentuando
l'umiliazione di chi si sentiva degradato. L'attacco del fascismo colpiva non
solo le condizioni materiali di vita, il lavoro, la possibilit di ricevere una
normale istruzione, i legami familiari ed affettivi, ma anche la dignit,
l'immagine sociale degli ebrei. Il risultato fu di isolare una minoranza,
sottoponendola ad un rigido controllo e rendendola inerme nei confronti
della successiva deportazione. Questo risultato, bene ricordarlo, fu
ottenuto attraverso il coinvolgimento di un gran numero di persone che,
all'interno della macchina statale, dovevano far applicare le leggi.
Nonostante molti italiani si siano opposti al razzismo, gli apparati
legislativi del regime hanno potuto lavorare e produrre i risultati che si
erano prefissi. Pochissimi intellettuali hanno levato la voce contro i
provvedimenti razziali, molti anzi hanno apertamente approvato, mentre la

4
Chiesa si chiusa nel silenzio, salvo offrire un contributo sotterraneo
durante la persecuzione.
Il 15% degli ebrei residenti in Italia durante la guerra (pi di 6800
persone) venne sterminato, nonostante la presenza della Santa Sede, la
mancanza di una forte tradizione antisemita, il ritardo nell'inizio dei
rastrellamenti.
Il ruolo della propaganda nella costruzione e nella riproposizione di
pregiudizi antisemiti stato fondamentale. Attraverso l'analisi di tre
quotidiani a diffusione nazionale - "Corriere della Sera", "Giornale
d'Italia", "Popolo d'Italia" -, oltre alla rivista "La Difesa della Razza", e
della stampa cosentina negli anni 1933-1938 ho inteso rilevare come la
persecuzione non inizi temporalmente con la legislazione, ma virtualmente
con il processo di condizionamento dell'opinione pubblica. Nelle
campagne di stampa antiebraiche si voluto insinuare un "cancro" nella
societ italiana, sfruttando e riproponendo l'antisemitismo sopito, con lo
scopo di rendere gli italiani "complici" dell'azione persecutoria.
In particolare l'analisi della stampa cosentina mi ha permesso di
individuare le caratteristiche di una campagna propagandistica che
ripropone il paradosso di un "antisemitismo senza ebrei", ma soprattutto
mi ha consentito di analizzare i contenuti e le modalit della polemica che
contrappose una parte del clero cittadino alla Federazione provinciale
fascista.
Questa situazione specifica conferma il dato generale per cui
l'antisemitismo fascista stato un rifiuto dell'ebraismo ancora prima che un
rifiuto dell'ebreo, e che quindi il razzismo italiano stato funzionale alla
dottrina fascista in quanto razzismo soprattutto politico. L'elemento
principale della propaganda fascista risulta infatti essere la battaglia contro

5
una diversa concezione del mondo, quella ebraica, cui si attribuivano
modelli di disgregazione morale e materiale. Il regime fascista ha utilizzato
l'antisemitismo per proporre una nuova organicit nazionale contro ogni
forma di opposizione e per riaffermare la monoliticit dello Stato e delle
istituzioni. Questa volont di totalitarizzazione, attraverso la dissoluzione
dell'individuo nella comunit, fa s che il rifiuto dell'ebraismo si traduca in
rifiuto dell'universalismo.
Furono certamente anche ragioni di politica estera a spingere
Mussolini verso la svolta razzista, cos come non pu essere negata
l'influenza di una antica tradizione di antisemitismo cattolico e di una pi
recente di stampo nazionalista. Ma ci fu soprattutto la volont di
cancellare, limitando la presenza degli ebrei nella societ, ogni gruppo
dotato di una certa autonomia culturale o ideologica; l'intenzione di
"mettere in riga" ancora di pi la scuola ed il mondo culturale; la
riaffermazione dell'autorit del regime in tutti gli ambiti della vita sociale.
Spesso inoltre la legislazione segu istanze che provenivano dal basso, da
chi non esitava a speculare sullo spazio lasciato libero dagli ebrei, da
gruppi di pressione che perseguivano interessi personali.
L'antisemitismo non rimase quindi un atteggiamento delle alte sfere
del regime, ma fu una dimensione della realt italiana che attravers
orizzontalmente la societ e che tutti i gruppi sociali dovettero affrontare di
riflesso. Fra la solidariet e l'aperta persecuzione si delinea cos un'enorme
"zona grigia", il silenzio e l'indifferenza dei pi.
Ed questo forse il punto pi dolente e pi attuale della storia delle
leggi antiebraiche in Italia.

CAPITOLO 0
I CONTENUTI DELLA LEGISLAZIONE

Il 1938 stato definito un "anno cruciale e terribile per l'ebraismo


europeo" .
1

Non solo la Germania aveva una legislazione antiebraica, ma


numerosi paesi europei, alla fine del 1938, accoglievano normative
persecutorie. Avevano approvato leggi antisemite successivamente la
Romania, l'Austria, l'Ungheria e l'Italia, oltre alle regioni che venivano
annesse al Terzo Reich.
La decisione di Mussolini non quindi svincolata da un processo
generale europeo .
2

Le Leggi di Norimberga del 1935 avevano escluso gli ebrei dal rango
di cittadini e quindi dalla vita sociale: gli ebrei non potevano accedere al
pubblico impiego ed alle forze armate, frequentare, se non con un numero
chiuso, le "scuole ariane", era loro limitato l'esercizio delle libere
professioni. Inoltre, durante il 1938, vennero emanate norme che miravano
a rendere gli ebrei un gruppo estremamente riconoscibile, attraverso
1E.

Mendelson, Gli Ebrei dell' Europa Orientale tra le due guerre mondiali, in La
legislazione antiebraica in Italia e in Europa. Atti del Convegno nel cinquantenario
delle leggi razziali, Roma, 17-18 ottobre 1988, Edizioni della Camera dei Deputati,
1989, pag. 350.
2Cfr. M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell'elaborazione delle leggi del
1938, Torino, Silvio Zamorani Editore, 1994, pp. 81-86.

7
l'imposizione di nomi obbligatori, documenti contrassegnati con lettere
distintive, mentre venivano censiti i beni e le imprese per il successivo
esproprio. Sarfatti ha notato che queste ultime norme e quelle sulla scuola
vennero emanate in Germania solo alla fine del 1938, quando le
corrispettive leggi italiane erano gi in azione .
3

Contemporanee e simili alle leggi italiane sulla scuola appaiono


invece le norme emanate in Austria, mentre in Polonia la legislazione si
occup soprattutto di regolare la posizione dei residenti all'estero. Le leggi
ungheresi assumono il principio proporzionale, al fine di ridurre la
presenza degli ebrei nella vita della nazione attraverso criteri religiosi e
nazionalisti. Anche la Romania applic criteri tradizionali-religiosi per
limitare i diritti civili e politici degli ebrei.
Il governo italiano si un all'ondata di iniziative antisemite con la
dichiarazione del 16 febbraio 1938: l'Informazione diplomatica n. 14
rappresenta la prima posizione ufficiale del nuovo corso fascista, e segue
una campagna di stampa che aveva occupato i giornali a partire dalla
seconda met del 1936.
Le Informazioni diplomatiche erano note pubblicate in forma
anonima, ma redatte dallo stesso Mussolini o da Ciano, che riguardavano
questioni internazionali su cui il regime fascista prendeva posizione. La
versione definitiva del testo dell'Informazione n. 14 attribuibile allo
stesso Mussolini, il quale la defin "un capolavoro di propaganda
antisemita" .
4

L'Informazione trae spunto proprio dalla campagna di stampa dei


mesi precedenti e sembra negare l'imminenza di provvedimenti antiebraici,
ma, se il tono del documento appare conciliante, in realt esso nasconde
3Cfr.
4G.

ibid., pag. 84.


Ciano, Diario, 1937-38, Bologna, Cappelli, 1948, pag. 113.

8
tra le righe l'annuncio del mutato corso del regime . In primo luogo, si
5

attribuisce la responsabilit del clima rovente "al fatto che le correnti


dell'antifascismo mondiale dipendono regolarmente da elementi ebraici".
Inoltre

il governo fascista non pens mai, n pensa adesso, a prendere misure politiche,
economiche, morali, contrarie agli ebrei in quanto tali, salvo, beninteso, nel caso in
cui si trattasse di elementi ostili al regime.

Ma soprattutto:
Il Governo fascista si riserva tuttavia di vegliare sull'attivit degli ebrei di recente
giunti nel nostro paese e di fare in maniera che la parte degli ebrei nella vita
d'insieme della Nazione non sia sproporzionata ai meriti intrinseci individuali ed
all'importanza numerica della loro comunit.

In quel tuttavia c' tutta l'imminenza della campagna razziale e


l'annuncio dell'introduzione del criterio di proporzionalit per gli ebrei
italiani.
Con l'Informazione Diplomatica n. 14 il regime in realt volle sondare
la reazione dell'opinione pubblica e della Santa Sede nei confronti degli
eventuali provvedimenti. Nei mesi successivi infatti non vennero prese
altre

posizioni

ufficiali,

ma

attraverso

una

continua

campagna

propagandistica si tent di far apparire agli occhi dell'opinione pubblica


l'imminente svolta come necessaria e dovuta. Inoltre si attesero eventuali
avvenimenti che potessero giustificare azioni successive, in modo da
limitare le reazioni internazionali e della Chiesa .
6

5Cfr.

Documento 1 in Appendice B.
R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Torino, Einaudi, 1988,
4a ed., pag. 277.
6Cfr.

9
Ha notato Guido Fubini che, nei confronti delle confessioni religiose,
il regime fascista stato il regime dei ritorni . In effetti il fascismo cancell
7

le conquiste

liberali dei

decenni precedenti, affermando,

dopo

l'ineguaglianza dei culti, anche l'ineguaglianza dei cittadini. Il decreto sulle


comunit israelitiche rimanda alla legge Rattazzi del 1857, la distinzione
tra religione di Stato ed altri culti rimanda allo Statuto albertino, mentre
per la legislazione antiebraica possiamo addirittura risalire al Medio Evo.
Il presupposto di principio della legislazione antiebraica si pu
ritrovare nell'articolo 1, libro I, del Nuovo Codice Civile, entrato in vigore
il 1 luglio 1939. Secondo tale articolo: "La capacit giuridica si acquista
dalla

nascita.

Le

limitazioni

alla

capacit

giuridica

derivanti

dall'appartenenza a determinate razze sono stabilite da leggi speciali".


L'unica razza interessata da leggi speciali fu quella ebraica, che venne
definita, attraverso la legislazione successiva, in maniere parzialmente
differenti. I due orientamenti della dottrina giuridica possono essere
riassunti in un "orientamento scientifico-biologico", espresso dal
Manifesto del 14 luglio 1938, di cui riparleremo, ed un "orientamento
politico-culturale", definito dalla Carta della Razza del 6 ottobre 1938 e
dalla legge del 17 novembre 1938.
Secondo il primo criterio il concetto di razza puramente biologico.
Gli ebrei non appartengono alla razza italiana in quanto ogni razza
possiede determinate caratteristiche che si trasmettono ereditariamente.
Per la legge del 5 settembre 1938 "' considerato di razza ebraica chi
nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se professi religione
diversa da quella ebraica".
7Cfr.

G. Fubini, La legislazione razziale nell' Italia fascista: normativa e


giurisprudenza, in La legislazione antiebraica in Italia e in Europa, Ebrei fra
antisemitismo e solidariet. Atti della giornata di studi. Torrazzo, 5 maggio 1989, (a
cura di A. Lovatto), Borgosesia, 1992, pag. 17.

10
Il documento noto come Manifesto degli scienziati razzisti venne in
realt pubblicato con il titolo Il fascismo ed i problemi della razza il 14
luglio 1938 su "Il Giornale d'Italia". Il Manifesto non era firmato; l'unica
nota lo definiva redatto da "un gruppo di studiosi fascisti, docenti delle
Universit italiane...sotto l'egida del Ministero della Cultura Popolare". Il
Manifesto, si diceva inoltre, rappresentava "la posizione del fascismo nei
confronti dei problemi della razza".
Secondo Giuseppe Bottai, Galeazzo Ciano e Giorgio Pini, lo stesso
Mussolini avrebbe in realt redatto il documento, ma questa affermazione
contestata sia da Renzo De Felice che da Michele Cortellazzo, secondo i
quali il duce in realt lavor su di un testo gi pronto, non contribuendovi
concettualmente .
8

Il tono del Manifesto generalmente razzista e l'antiebraismo,


individuato dal punto 9, era inquadrato nell'ambito di un razzismo
"differenzialista" che proponeva la separazione, e non di un razzismo
"gerarchico".

Il

Manifesto,

nei

suoi

10

paragrafi,

sosteneva

sostanzialmente: l'esistenza delle razze umane; l'esistenza di un'ideologia


razzista connaturata al fascismo sin dalle origini; l'esistenza di una "pura
razza italiana", di origine "ariana"; la diversit del ceppo semitico dal
ceppo europeo e quindi l'incompatibilit tra ebrei ed italiani, i caratteri dei
quali non devono essere alterati in alcun modo .
9

Il 25 luglio il comunicato del P.N.F. forniva i nomi dei redattori del


Manifesto, che risultavano essere figure di secondo piano del mondo
universitario. La sola figura di un certo spessore era il docente
universitario Nicola Pende, che in seguito contest la versione del
Manifesto apparsa 11 giorni prima ritenendola estremamente rimaneggiata.
8Cfr.
9Cfr.

M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei, cit., pag. 18.


Documento 2 in Appendice B.

11
La sua protesta non ebbe per seguito dopo la minaccia di ostracismo nei
confronti delle sue pubblicazioni ventilata dal Ministero della Cultura
Popolare. Secondo Eucardio Momigliano, Pende non firm affatto il
Manifesto ed in seguito espresse il suo dissenso . In realt non c' traccia
10

di una sua smentita nell'articolo che Pende scrisse su "Vita Universitaria" e


che Momigliano cita a suo favore .
11

Ma ancora il Manifesto non preannunzia una normativa antiebraica,


nonostante il 19 luglio venisse annunciata la trasformazione dell'Ufficio
Demografico Centrale del Ministero dell'Interno in Direzione Generale per
la Demografia e la Razza (meglio conosciuta come Demorazza).
Solo il 5 agosto una nuova Informazione Diplomatica, la n. 18,
fornisce i primi criteri dell'imminente legislazione . Anche questo
12

documento stato attribuito allo stesso Mussolini per le sue


caratteristiche. L'impressione che si voleva offrire all'opinione pubblica era
quella di una normativa contro gli ebrei necessaria e giusta, perch rivolta
contro i veri fomentatori del razzismo e gli alleati del bolscevismo, della
massoneria e del socialismo. Veniva osservato che "discriminare non
significa perseguitare", perch il governo "non ha alcuno speciale piano
persecutorio contro gli ebrei in quanto tali". La prima scelta del regime
quindi quella del criterio proporzionale, esplicitato dal preannunziato
"adeguamento" della partecipazione degli ebrei alla vita dello stato al loro
reale numero. La proporzione era di un ebreo ogni mille abitanti, per cui il
motivo dell'"uno per mille" divent la falsariga della prima impostazione
legislativa.
10Cfr.

E. Momigliano, Pagine ebraiche, Torino, Einaudi, 1987, pag. 55.


F. Coen, Italiani ed ebrei: come eravamo. Le leggi razziali del 1938, Genova,
Marietti, 1988, pag. 21.
12Cfr. Documento 3 in Appendice B.
11Cfr.

12
Al Manifesto fecero seguito i primi provvedimenti che miravano ad
eliminare gli ebrei dalle scuole ed a colpire gli ebrei stranieri. Soprattutto il
Ministero dell'Educazione Nazionale assunse un ruolo di primo piano nella
nuova campagna del regime. Vennero esclusi dalle scuole di ogni ordine e
grado gli insegnanti e gli alunni di razza ebraica, mentre i membri ebrei di
accademie ed istituti di cultura vennero allontanati. I nuovi orientamenti
miravano alla "difesa della razza nella scuola italiana" .
13

Gabriele Turi rileva il ruolo fondamentale di propulsione che questo


intervento ebbe per tutta la campagna razziale . Se De Felice aveva
14

attribuito allo zelo del ministro Bottai l'applicazione puntuale delle


direttive e dei principi razzisti , Turi critica questo approccio come
15

limitativo. I provvedimenti nell'ambito scolastico sono i primi in ordine


cronologico e sicuramente quelli pi auspicati. Il loro numero indica il
significato politico della campagna razziale, che mirava innanzitutto alla
tematica educativa ed al consenso delle giovani generazioni. Le circolari di
Bottai sottolineano questa impostazione politica, il tentativo di
"educazione dell'italiano" al riparo da minoranze scomode. La legislazione
razziale colma quindi, in un certo senso, il ritardo con cui il fascismo si
apprestava al controllo totale della cultura. Nell'editoriale di "Critica
Fascista" del 15 settembre, Bottai individuava nella conquista della scuola
il primo passo verso "l'unit morale e l'educazione nazionale che
costituisce il motivo culturale del fascismo". I provvedimenti nel settore
della cultura sono quindi il passo decisivo verso la "totalitarizzazione" del
regime .
16

13R.

D. L. 5 settembre 1938.
G. Turi, Ruolo e destino degli intellettuali nella politica razziale del fascismo,
in La legislazione antiebraica in Italia e in Europa, cit., pag. 95.
15Cfr. R. De Felice, Storia degli ebrei italiani, cit., pag. 282.
16Cfr. G. Turi, op. cit., pag. 101.
14Cfr.

13
In realt la limitazione della capacit giuridica, anticipata dalle leggi
che eliminavano gli ebrei dalle scuole, venne perseguita capillarmente in
una serie di circolari che, nella loro minuziosit, influirono non poco non
solo sulla qualit della vita degli ebrei, ma sulla stessa possibilit di vivere
per chi venne in seguito improvvisamente escluso dal mercato del lavoro.
Queste prese di posizione indicano una nuova impostazione della
politica antiebraica di Mussolini. Il carattere non pi quantitativo
(secondo quindi un criterio proporzionale), bens qualitativo. Gli ebrei
italiani vennero divisi in due categorie: i possessori di "benemerenze", e
coloro che non ebbero la possibilit di essere esclusi dalla persecuzione.
La nuova politica del regime quindi una politica di separazione fra gli
ebrei con "meriti" e gli ebrei senza. Questa discriminazione favoriva meriti
patriottici,

combattentistici

fascisti,

ed

era

riconosciuta

discrezionalmente dal Ministero dell'Interno. Si venne cos a creare una


diversit all'interno degli stessi perseguitati, a loro volta diversi perch non
pi cittadini, una diversit che si fondava spesso sull'abbandono della
tradizione ebraica. A questo proposito segnala Guido Fubini:
Se ricordiamo quanto scrisse Primo Levi sulle "gerarchie" come elemento
essenziale della logica di Auschwitz, e se ricordiamo che la gerarchia riassume
tutta la logica del fascismo, dobbiamo riconoscere che la discriminazione stava gi
nella logica di Auschwitz e che Auschwitz era nella logica del fascismo .
17

Questa situazione provoc innumerevoli casi di elusione delle leggi e


soprattutto di corruzione, attraverso le commissioni che avevano il
compito di analizzare gli eventuali "meriti" di chi si rivolgeva loro. Questa
politica di separazione fu resa ancora pi evidente dalla Dichiarazione

17G.

Fubini, op. cit., pag. 24.

14
sulla Razza del 6 ottobre, approvata dalla riunione del Gran Consiglio a
Palazzo Venezia.
Come ha notato Antonio Spinosa,
le giustificazioni scientifiche avanzate dal Manifesto non potevano trovare
smentita migliore se non nella Carta della Razza. In meno di tre mesi - dal 14
luglio al 6 ottobre 1938 - il fascismo scopr scioccamente il suo gioco, rivelando
che non si trattava di una lotta ad un determinato gruppo razziale..., ma ad
un'ideologia politica in contrasto con quella del regime .
18

La Carta della Razza mette in rilievo che " l'ebraismo mondiale


19

stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi e che l'ebraismo estero


ed italiano fuoriuscito stato unanimemente ostile al fascismo". Estensore
della Carta lo stesso Mussolini che nella prima stesura aveva affermato:
"L'ebraismo italiano non pu sinceramente accettare (il regime fascista)
perch

antitetico

quella

che

la

psicologia,

la

politica,

l'internazionalismo di Israele". In questa affermazione Guido Fubini vede


l'anticipazione dei provvedimenti della Repubblica di Sal.
Nella Carta della Razza viene introdotto il criterio "culturale" per la
definizione della razza ebraica. Tale criterio prende in considerazione
anche la religione, definendo di razza ebraica chi, pur nato da matrimonio
misto, professa l'ebraismo.
La Carta la migliore illustrazione del progetto legislativo del
fascismo, che pu essere sintetizzato nei seguenti punti:
1. La legislazione razziale resa necessaria dalla conquista
dell'Impero, ed il problema ebraico rientra in questo quadro generale.

18A.

Spinosa, Le persecuzioni razziali in Italia. IV. La legislazione, in "Il Ponte",


1953, n. 7, pag. 966.
19Cfr. Documento 4 in Appendice B.

15
2. Sono vietati i matrimoni misti e sottoposti a controlli i matrimoni
con stranieri di razza ariana.
3. E' confermata l'espulsione degli ebrei stranieri.
4. Sono definiti di razza ebraica: gli individui nati da genitori
entrambi ebrei; gli individui nati da padre ebreo e madre ariana; gli
individui nati da matrimoni misti che professino la religione ebraica.
5. Le discriminazioni, che comunque non sono valide per
l'insegnamento, saranno applicate agli ebrei appartenenti a famiglie di:
caduti, volontari o veterani della Prima Guerra Mondiale, o libica, etiopica
o spagnola; caduti e feriti per la causa fascista, iscritti al partito dal 1919 al
1922 o nel secondo semestre del 1924; ex legionari fiumani; famiglie con
eccezionali benemerenze da accertarsi per mezzo di un'apposita
commissione.
6. Gli altri ebrei non possono: essere iscritti al P.N.F.; possedere o
amministrare aziende con 100 o pi dipendenti; possedere pi di 50 ettari
di terreno; prestare servizio militare.
7. Come ultimi provvedimenti, riconosciuto il diritto di pensione per
chi ha dovuto lasciare l'impiego pubblico; vietato ogni tentativo di
pressione sugli ebrei per ottenere abiure; mantenuta la legislazione sulle
Comunit ebraiche; sono costituite scuole elementari e medie per gli
studenti ebrei.
I pochi diritti rimasti agli ebrei sono minacciati dal ricatto: "Le
condizioni fatte agli ebrei potranno essere annullate o aggravate a seconda
dell'atteggiamento che l'ebraismo adotter nei riguardi dell'Italia fascista".
Gli ebrei, privati anche della possibilit di opposizione, vennero quindi
suddivisi in tre categorie: gli ebrei stranieri, espulsi dal paese; quelli

16
italiani "meritevoli", esclusi dalla persecuzione; tutti gli altri, duramente
discriminati.
Le decisioni del Gran Consiglio vennero trasformate in legge dai
provvedimenti del novembre 1938 e dalle innumerevoli circolari e
disposizioni burocratiche che contribuirono a peggiorare sempre di pi la
vita quotidiana degli ebrei. La capillarit di queste azioni amministrative
favor non solo l'emarginazione degli ebrei dalla vita sociale, ma
soprattutto la loro esclusione pressoch totale dal mondo del lavoro. Tutta
la successiva legislazione antiebraica era rivolta ad impedire agli ebrei di
guadagnarsi da vivere, privandoli di ogni reddito da capitale o da lavoro.
Fra il 1938 ed il 1942 fu proibito agli ebrei di essere amministratori o
portieri in case ariane; di esercitare il commercio ambulante; di essere
titolari di negozi di preziosi, di fotografia, di tipografie; di vendere oggetti
antichi e d'arte; di vendere libri; di vendere oggetti usati; di essere titolari
di negozi di ottica, di articoli per bambini, di esercizi pubblici, di raccolta
rottami, di cartoleria; di essere titolari di scuole di ballo, di taglio e di
agenzie di viaggio e turismo.
Furono inoltre vietati: il possesso di licenze di caccia o pesca; la
pubblicazione sulla stampa di necrologi o di pubblicit; l'inserimento negli
elenchi telefonici; la detenzione e la vendita di apparecchi radio. Vennero
sostituiti i nomi ebraici di vie e luoghi; rimosse le lapidi riguardanti ebrei;
fu loro vietato di affittare camere agli ariani, di accedere alle biblioteche
pubbliche, di far parte di cooperative e associazioni, di pilotare aerei, di
avere il porto d'armi, di fare la guida o l'interprete e cos via.
Abbandonata la formula esclusivamente biologica per perseguire
l'affermazione "discriminare non perseguitare", venne introdotta una nuova

17
figura giuridica, quella dell'"arianizzato" . A questo proposito una
20

commissione del Ministero dell'Interno aveva il compito di stabilire


discrezionalmente "la non appartenenza alla razza ebraica anche in
difformit alle risultanze degli atti dello stato civile".
In generale i decreti del novembre 1938 permettono di individuare le
coordinate della discriminazione decisa dal governo fascista. La loro
difficile elaborazione, frutto di contrasti tra Mussolini ed i suoi ministri,
testimoniata dalle numerose stesure delle leggi. Il RDL 2154/1938
conteneva una norma che discriminava gli ebrei con benemerenze per
l'iscrizione al P.N.F.. Per l'opposizione di Starace la norma discriminatoria
venne stralciata, con il risultato di un partito completamente privo di ebrei.
Se ricordiamo che l'ebraismo era una realt profondamente assimilata
nella vita della nazione, comprendiamo come una separazione netta
potesse essere estremamente difficile e fonte di disagio per lo stesso
legislatore. Soprattutto grave era il problema delle famiglie miste, che fin
per provocare il primo scontro con la Chiesa che, in quell'attentato all'unit
della famiglia, vedeva lesi i suoi valori, ma anche i diritti sanciti dal
Concordato.
In generale i decreti successivi accentuarono la scelta di una
normativa pi dura e persecutoria. Il mese di novembre segna infatti il
passaggio alla terza e definitiva impostazione della persecuzione. La
persecuzione "parziale" si trasformava in persecuzione tout court; il
criterio qualitativo lasciava ormai il posto al criterio quantitativo.
Vennero successivamente sancite: l'espulsione degli ebrei dalle forze
armate; la limitazione della propriet; la diminuzione della capacit
giuridica in campo testamentario, in materia di patria potest, di adozione,
20Cfr.

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani, cit., pag. 347.

18
di tutela; l'eliminazione degli ebrei dalla pubblica amministrazione, dagli
enti pubblici e dallo spettacolo.
L'ultimo diritto tolto agli ebrei sar il diritto alla vita, quando i
provvedimenti della Repubblica Sociale considereranno tutti gli ebrei
come stranieri ed appartenenti ad una nazione nemica, disponendone
l'internamento in campi di concentramento. La Carta di Verona del
novembre 1943 stabilir infatti al punto 7:
Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra
appartengono a nazionalit nemica.

In seguito a questa disposizione tutti gli ebrei residenti in territorio


italiano erano inviati in campi di concentramento appositamente creati, ed i
loro beni sottoposti a sequestro. L'internamento degli ebrei italiani appare
quindi una vera e propria programmazione dello sterminio, di cui
Mussolini ed i massimi dirigenti della R.S.I. non potevano non essere a
conoscenza. Come stato notato, in Italia
la fase burocratica della persecuzione era infatti gi compiuta l'8 settembre del
1943: il condizionamento in senso antiebraico dell'opinione pubblica, la legislazione
stessa, il costante aggiornamento della schedatura degli ebrei, la creazione di un
organismo deputato al regolamento e alla esecuzione pratica della politica
antiebraica come la Direzione Generale per la Demografia e la Razza del
Ministero dell'Interno...Ma in Italia i primi mattoni dell'edificio antisemita furono
comunque posti dal fascismo monarchico e non dal nazismo. Anche se fra i due
regimi, fascista e nazista, non vi fu coordinamento, n intenzione di continuit, n
tantomeno, una dinamica di causa ed effetto, occorre sottolineare con forza che
l'antisemitismo fascista prepar il terreno allo sterminio deciso dalla Germania
nazista .
21

21L.

Picciotto Fargion, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall'Italia (19431945), Milano, Mursia, 1991, pag. 810.

19

CAPITOLO 0
IL DIBATTITO STORIOGRAFICO SULLE LEGGI
Nel 1952 Antonio Spinosa spiegava il razzismo italiano come una
necessit della politica estera di Mussolini, vedendolo quindi come
direttamente importato dalla Germania . Autori successivi hanno
1

rielaborato questa tesi, approfondendone le implicazioni.


Per Renzo De Felice sono sostanzialmente tre i motivi che spinsero il
fascismo verso la scelta antisemita . La prima causa, ed anche quella
2

decisiva, l'alleanza con la Germania. Mussolini intese eliminare


l'elemento di pi grande contrasto fra il fascismo ed il suo alleato,
contrasto che avrebbe potuto minare la credibilit dell'Asse a livello
internazionale e la credibilit del fascismo nell'opinione pubblica tedesca.
De Felice esclude che ci sia stata da parte di Hitler una richiesta esplicita.
Se il peso della Germania fu determinante, da parte tedesca non ci furono
per passi ufficiali in questa direzione. Lo stesso Mussolini sent come
inevitabile e necessaria questa decisione che doveva rendere finalmente
"totalitario" l'Asse Roma-Berlino. Le pressioni tedesche furono indirette:
gli strumenti di pressione diventarono quei fascisti antisemiti come
1Cfr.

A. Spinosa, Le persecuzioni razziali in Italia. La legislazione, cit., pag. 966 e


sgg.
2Cfr. R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, cit., pag. 235 e sgg.

20
Giovanni Preziosi o Telesio Interlandi, che si preoccuparono di diffondere
3

nell'opinione pubblica l'idea dell'attualit del pericolo ebraico.


Il secondo motivo individuato da De Felice proprio nell'influenza
dell'entourage di Mussolini: se i pi stretti collaboratori del duce non
erano decisamente antisemiti, non erano certo immuni da pregiudizi contro
gli ebrei, oppure non ebbero la statura morale ed il coraggio per opporsi al
duce.
Ma soprattutto De Felice sottolinea una terza causa che assume un
valore fondamentale: il mito mussoliniano della "nuova civilt" e
l'influenza della guerra d'Etiopia. Secondo Mussolini il fascismo aveva il
compito di rinnovare una civilt europea ormai in crisi, di promuovere una
rivoluzione culturale che avrebbe creato un "uomo nuovo". La crisi della
civilt europea era il risultato dell'opposizione fra due mentalit, quindi fra
due razze, la razza greco-romana, dal carattere positivo, e la razza
giudaico-cristiana. Questo scontro la lotta fra i valori dell'eroismo, della
guerra, della creativit, del dolore, dello sviluppo demografico contro i
valori della pace, della giustizia, dell'egoismo individuale. Questa
concezione appare quindi non solo antiebraica, ma anche anticristiana:
infatti, secondo Mussolini, la lotta deve anche essere contro il
cristianesimo come figlio dell'ebraismo, in nome di una nuova Europa
spirituale e guerriera. Questa teoria serv a Mussolini per contrapporre al
razzismo "biologista" nazista il suo personale razzismo "spiritualista",
salvaguardando cos la sua autonomia dall'alleato. Tuttavia vedremo come,
3Giovanni

Preziosi fu sicuramente l'antisemita italiano pi coerente del periodo. Egli


cerc di motivare con la tesi della congiura ebraica la realt del dopoguerra, che aveva
visto la "vittoria mutilata" e la prevalenza della "plutocrazia" e dell'"imperialismo" sulle
nazioni pi povere come l'Italia. Attraverso la rivista "La Vita Italiana", Preziosi cerc
di dare una giustificazione irrazionale al fallimento politico del dopoguerra, utilizzando
per i suoi scopi gli apocrifi Protocolli dei Savi Anziani di Sion, che lui stesso tradusse
in italiano nel 1920, usandoli come materiale propagandistico sino al 1945.

21
nella sua attuazione concreta, anche il razzismo fascista fu di tipo
biologico.
Dal primo annuncio dell'imminente campagna razziale fino al varo
legislativo dei provvedimenti, Mussolini si impegn nell'elaborazione di
parole d'ordine e concetti razzisti che fossero coerenti con le
caratteristiche del fascismo e che ne affermassero l'autonomia e
l'originalit.
Mussolini si rendeva conto di come un razzismo di marca biologica
potesse risultare impopolare in Italia. Una riproposizione del modello
tedesco era inoltre difficile proprio per le caratteristiche di quest'ultimo,
che non teneva in gran conto le razze mediterranee, considerate inferiori.
Afferma De Felice che, quando la scelta razzista divent obbligata,
Mussolini cerc in tutti i modi di salvaguardare l'originalit della sua
visione ideologica, evitando la mera riproposizione dei concetti e della
legislazione nazista:
La teoria spiritualistica della razza aveva almeno il pregio di non disconoscere del
tutto certi valori, di respingere le aberrazioni tedesche ed alla tedesca e di cercare
di mantenere il razzismo (che, indubbiamente, da Boulanvilliers a De Gobineau e
Renan, da Herder e Kant a Nietzsche, da Fichte a Vacher de Laponge ha avuto un
suo pur discutibile e torbido significato culturale ed etico, oltre che politico) sul
terreno della problematica culturale degna di questo nome .
4

Gi nel 1961

Delio Cantimori nella sua Prefazione alla prima

edizione del libro di De Felice aveva criticato questa posizione: gli autori
che cita De Felice possono infatti avere nel loro antisemitismo un limite e
non certo un valore.
In questa prospettiva, secondo De Felice, la teoria che permise a
Mussolini di costruire l'ideologia razziale fascista fu quella che venne in
4Ibid.,

pag. 383.

22
seguito esposta da Julius Evola nella Sintesi di dottrina della razza del
1941. Evola sosteneva, contro la visione biologista del nazismo, l'esistenza
di "razze dello spirito", fra le quali la razza "ario-romana" sarebbe
divenuta egemone.
Il problema di conciliare le concezioni del materialismo biologico e
dell'idealismo spiritualistico era sorto gi nel 1937 con la pubblicazione
del libro di Paolo Orano, Gli Ebrei in Italia. Il libro venne scritto, sembra
sotto suggerimento di Mussolini, per saggiare la reazione dell'opinione
pubblica nei confronti dell'imminente campagna razziale. Un razzismo di
tipo "spirituale" non rispondeva solo all'esigenza di affermare l'originalit
della teoria fascista, ma anche alla necessit di inquadrare il problema
ebraico in un ambito pi vasto. Accanto ai razzisti "biologisti" quali Giulio
Cogni e Guido Landra, firmatari del Manifesto degli scienziati razzisti del
1938, si poneva lo "spiritualista" Julius Evola.
Evola cercava giustificazioni ideali al suo "razzismo dell'anima" che
5

individuava, attraverso lo schema hegeliano, tre stadi dell'animo umano,


dal livello superiore dell'uomo ariano a quello inferiore dell'ebreo,
materialista e corrotto. Per Evola non si pu parlare di razze pure in senso
biologico, a causa delle frequenti mescolanze dei popoli che si sono
susseguite nei secoli: la divisione razziale si fonda quindi sullo "spirito"
delle varie razze, sulle caratteristiche originali di ognuna. La razza ha sede
nello spirito dell'uomo ed una forza profonda che si manifesta sia nel
corpo che nell'anima. Le razze dello spirito sono portatrici di diverse
visioni del mondo, di differenti modi di rapportarsi alla realt, da cui
derivano diversi comportamenti e diverse scelte. Gli aggettivi "cristiano" e
"semita" indicano quindi non caratteristiche biologiche, ma valori: valori
5Cfr.

M. T. Pichetto, L'antisemitismo nella cultura della destra radicale, in "Italia


Contemporanea", dic. 1986, pp. 74-76.

23
semitici sono il mercantilismo, la debolezza, la femminilit, la piet
religiosa, la vigliaccheria; la categoria opposta quella della razza "aria,
olimpica, settentrionale", la cui crisi ha determinato la crisi della civilt
moderna, crisi che si esprime nella democrazia e nella libert. L'uomo
nuovo deve quindi essere l'uomo-guerriero, contrapposto all'uomomercante della tradizione giudaica.
Ancora secondo De Felice, partendo da queste premesse Evola
sostiene che, se anche i Protocolli dei Savi di Sion fossero falsi,
certamente essi sono "veridici", in quanto descrivono il piano messo in atto
dall'ebraismo per distruggere le fondamenta spirituali del mondo .
6

Se Mussolini sostenne e si appropri della teoria evoliana, d'altra


parte per non trascur le posizioni di razzismo biologico che venivano
divulgate da Preziosi ed Interlandi su "La Vita Italiana" e su "La Difesa
della Razza". Questa contraddizione si rivel nei primi provvedimenti
legislativi, che consideravano di razza ebraica, come si gi detto,
colui che nato da genitori di razza ebraica anche se professi religione diversa da
quella ebraica .
7

In un primo momento, quindi, il razzismo fascista si allinea


sull'ipotesi "biologica", salvo poi costruire un'ideologia spiritualista da
realizzarsi attraverso innumerevoli eccezioni. La ragione di queste
oscillazioni deve essere ricercata nel fatto che gli italiani avrebbero
6Il

falso dei "Protocolli", culmine della teoria sulla cospirazione ebraica, fu fabbricato
negli ambienti della polizia segreta russa ai primi del '900: secondo il testo i saggi
anziani di Sion, riuniti periodicamente nel cimitero di Praga, avrebbero discusso del
futuro dominio del mondo, che si sarebbero assicurati attraverso la diffusione delle
dottrine liberali e socialiste: cfr. G. L. Mosse, Il razzismo in Europa. Dalle origini
all'Olocausto, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp. 192-193 e N. Cohn, Licenza per un
genocidio. I "Protocolli degli Anziani di Sion": storia di un falso, Torino, Einaudi,
1969.
7Regio Decreto legge 17 novembre 1938-XVII, n. 1728, Art. 8.

24
difficilmente accettato il posto inferiore che il razzismo gerarchico tedesco
attribuiva loro, per cui l'unico riscatto poteva essere cercato nello spirito.
La volont di creare un nuovo "uomo fascista" traeva spunto anche
dalle vicende etiopiche, che avevano mostrato l'attitudine degli italiani a
confondersi con le popolazioni locali invece di dominarle. Gli italiani
dovevano invece assumere una "dignit razziale" che li rendesse razza di
conquistatori ed estranei alle tentazioni del meticciato.
Fra le cause minori De Felice, escludendo il motivo economico,
individua le posizioni antifasciste di singoli ebrei durante la guerra
d'Etiopia e di Spagna e le critiche alla politica autarchica da parte di alcuni
industriali ed uomini d'affari ebrei. Alle tre cause principali lo stesso autore
ne ha recentemente aggiunta una quarta: i mutati assetti internazionali
fecero preferire a Mussolini l'alleanza con il mondo arabo piuttosto che
con i sionisti, in funzione antinglese .
8

Ha notato lo stesso autore che l'adesione alla campagna contro gli


ebrei fu piuttosto blanda da parte dell'opinione pubblica italiana.
Tuttavia molti uomini di cultura e soprattutto molti burocrati
aderirono, sia per opportunismo che per convinzione, alla svolta antisemita
del regime. Nel mondo della cultura fra i pochi a prendere duramente
posizione contro le leggi razziali furono Marinetti e la redazione della sua
rivista "Artecrazia". Ma se le poche manifestazioni di opposizione ai
provvedimenti non erano riportate ovviamente sui giornali, pure se ne pu
avvertire la presenza negli attacchi continui della stampa nei confronti dei
"pietisti", ed in generale di chi si mostrava benevolo verso gli ebrei. De
Felice rafforza la sua tesi secondo cui le leggi razziali ruppero il consenso

8Cfr.

R. De Felice, La legislazione razziale del fascismo, in La legislazione


antiebraica in Italia e in Europa, cit., pag. 13.

25
del regime proprio attraverso la notazione che pi di mille iscritti al P.N.F.
vennero espulsi per pietismo.
Ha per notato Roberto Finzi che questo dato non sufficiente, in
quanto potrebbe nascondere altre ragioni, come la realizzazione di
vendette politiche . Queste contraddizioni non possono certo assolvere la
9

societ e la cultura italiana dall'accusa di sostanziale accettazione dei


disegni del regime. In realt la vera rottura della popolazione con il
regime si ebbe solo a partire dal 1943, quando, non solo come
conseguenza dell'andamento della guerra e dell'avversione verso
l'occupante tedesco, gli ebrei vennero aiutati e spesso salvati da larghi
strati della popolazione italiana.
In generale gli uomini di cultura non seppero o non vollero opporsi
all'antisemitismo, cos come i movimenti giovanili, che anzi vi aderirono
nella quasi totalit, avvertendo nella nuova ideologia razzista la risposta
alla loro ansia di rinnovamento e di ricerca di nuovi valori .
10

Secondo De Felice il "Manifesto degli scienziati razzisti",


rappresent per gli ebrei italiani un vero e proprio "fulmine a ciel sereno" .
11

Gli ebrei italiani, soprattutto quelli che nel fascismo avevano creduto,
subirono la svolta antisemita come una ferita morale pi che materiale.
Anche per i meno assimilati la scelta conseguente non fu comunque subito
l'antifascismo. Per De Felice non si pu parlare di un antifascismo ebraico
prima e dopo il 1938, quanto piuttosto di antifascisti ebrei , i quali spesso
12

provenivano culturalmente dall'esperienza sionista. Questa tesi contestata


9Cfr.

R. Finzi, Gli Ebrei nella societ italiana dall'Unit al fascismo, in "Il Ponte",
nov.-dic. 1978, pag. 1407.
10Cfr. A. Spinosa, Le persecuzioni razziali in Italia. L'azione della stampa, in "Il
Ponte", 1952, n. 11, III; R. De Felice, op. cit., pag. 387.
11Cfr. R. De Felice, op. cit., pag. 328.
12Ibid., pag. 433 e sgg.

26
fra gli altri da Meir Michaelis, che rileva come la percentuale di ebrei nelle
file dell'antifascismo, anche prima del 1938, fosse preponderante rispetto
alla popolazione generale . Ma lo stesso autore nota che anche questa alta
13

percentuale rimase un'eccezione: la maggioranza degli ebrei aveva


considerato gli accenni antisemiti del regime poco importanti e destinati a
rimanere un mero elemento propagandistico.
Anche per De Felice "l'epilogo tragico del fascismo era nelle sue
premesse" e "nella sua logica, nella sua sostanza antidemocratica e
liberticida, nella sua mancanza di rispetto per i valori pi elementari della
personalit umana" , ma il fascismo italiano tuttavia al riparo, secondo il
14

suo giudizio, da ogni accusa di genocidio. Tuttavia le responsabilit di


Mussolini non possono essere considerate solo un'"ingenuit", visto che
dopo il decreto del 30 novembre 1943 gli ebrei italiani furono chiusi in
campi di concentramento e le liste del censimento del 1938 vennero rese
disponibili .
15

Cfr. M. Michaelis, Mussolini e la questione ebraica. Le relazioni italo-tedesche e la


politica razziale in Italia, Milano, Edizioni di Comunit, 1982, pag. 13.
14R. De Felice, op. cit., pp. 462-3.
15Ancora all'inizio della persecuzione era pressoch sconosciuto il numero degli ebrei
residenti in Italia. Il censimento annunciato da Mussolini si preoccup di rispondere a
questa domanda, ma nessun dato ufficiale venne alla fine reso noto. Mussolini opt per
la cifra arbitraria di settantamila, mentre Preziosi, su "La Difesa della Razza", azzard
le centomila unit. Le cifre del precedente censimento del 1931 suggerivano un
numero di poco inferiore alle quarantamila unit, ma il nuovo censimento, nelle
intenzioni di Mussolini, avrebbe dovuto seguire criteri razzisti e non religiosi e/o
culturali. Gestito dalla Demorazza, il censimento fu estremamente accurato nella sua
opera di schedatura poliziesca, e per la prima volta gli ebrei furono presi in
considerazione come razza e non come religione. L'intento era di verificare l'esattezza
degli elenchi delle Comunit ed eventualmente integrarli; fornire i dati per la
discriminazione; svelare l'effettivo peso ebraico nella societ. Si pu comunque
affermare che il numero degli ebrei italiani nel 1938 era di circa quarantasettemila
unit, ovvero essi rappresentavano circa l'uno per mille dell'intera popolazione,
concentrati in poche citt del Nord Italia e a Roma. Secondo la propaganda antisemita
questo rapporto nascondeva in realt un peso schiacciante, in quanto erano gli ebrei a
manovrare i centri vitali della societ italiana. In realt, come numerosi studi hanno
indicato, gli ebrei in Italia non detenevano affatto le leve del potere economico e
politico: cfr. C. Vivanti, Nell'ombra dell'Olocausto, in "Studi Storici", 1988, n. 3-4,
13

27
Nel 1968 lo storico marxista Abram Lon proponeva un'analisi degli
aspetti economico-sociali per spiegare la svolta antisemita del fascismo.
Gi Delio Cantimori, nella citata Prefazione al libro di De Felice, aveva
suggerito che "forse non sarebbe stata inutile una maggiore attenzione ai
nessi economico sociali" .
16

Secondo Lon, ad esempio, la crisi del '29 aveva favorito la


proletarizzazione di larghi strati della popolazione, che inizi a considerare
gli ebrei come concorrenti. Il grande capitale tent di incanalare questo
scontento per indirizzarlo contro il "plutocrate ebreo" .
17

Guido Fubini ha utilizzato questo schema per spiegare il carattere


tardivo dell'antisemitismo italiano: il capitalismo italiano sfrutt le guerre
d'Etiopia e di Spagna come valvola di sicurezza per distogliere l'attenzione
del proletariato dai propri interessi di classe. In questa ottica la politica
razziale appare come un ulteriore diversivo per rimandare il confronto fra
capitalismo e proletariato.
Il ritardo del fascismo ha quindi due motivi: l'eredit risorgimentale,
vista come unico patrimonio comune degli italiani, e quindi anche degli
ebrei; la funzione delle guerre etiopica e spagnola, che crearono due
diversivi bellici che servirono da specchietto delle allodole nei confronti di
un popolo italiano insoddisfatto .
18

Per Fubini il carattere originale del razzismo fascista la


connotazione populista e piccolo-borghese. L'antisemitismo italiano
assunse la funzione di sanare una frustrazione collettiva nazionale e
pag. 809, R. De Felice, op. cit., e M. Michaelis, op. cit., fra gli altri.
16D. Cantimori, Prefazione,
in R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il
fascismo, Torino, Einaudi, 1961, 1a ed., pag. XII.
17Cfr. A. Lon, Il marxismo e la questione ebraica, Roma, Samon e Savelli, 1968.
18Cfr. G. Fubini, La condizione giuridica dell'ebraismo italiano. Dal periodo
napoleonico alla repubblica, Firenze, La Nuova Italia, 1974.

28
sociale. A questo scopo era indispensabile trovare un nemico che potesse
essere facilmente battuto. Questo nemico si materializz nell'ebreo, i cui
interessi potevano ben collidere con quelli della piccola borghesia
scontenta,

dei

commercianti,

dei

professionisti,

degli

impiegati.

L'antisemitismo era quindi stato "l'alibi necessario alla piccola borghesia


per ritrovare dignit di fronte a se stessa" .
19

Ugo Caffaz individua fra le ragioni dell'antisemitismo fascista sia il


tributo all'alleanza con la Germania, sia il tentativo di creazione di un
capro espiatorio che avrebbe potuto catalizzare il malcontento della gente
contro il complotto "demo-pluto-giudaico-massonico". Un terzo elemento
fu la necessit di dare una scossa alla cultura ed all'ideologia fascista
attraverso la polemica antiborghese. La raffigurazione dell'ebreo come
immagine da denigrare era indispensabile all'autoaffermazione dell'"uomo
nuovo" fascista ed al consolidarsi del regime .
20

Se De Felice nega sostanzialmente i legami ideologici tra nazismo e


fascismo, Meir Michaelis afferma viceversa che i due movimenti furono
sostanzialmente affini . Se ci furono differenze tra i due razzismi, esse
21

riguardano solo il piano politico, essendo quello italiano pi teso alla


discriminazione che alla persecuzione e pi legato al mutamento dei
rapporti di forza internazionali. Dunque, un'esclusiva motivazione di
politica estera. La legislazione fascista fu dovuta all'interferenza indiretta
della Germania, quindi imposta dalla situazione internazionale, e non fu il
risultato di forze interne al fascismo. Secondo Michaelis non ci furono
pressioni da parte di Hitler, anche se nel 1938 il dittatore tedesco fu
l'esclusivo bersaglio dell'antifascismo, che vedeva nelle leggi razziali la
19Ibid.,

pag. 22.
Caffaz, Introduzione in Assimilazione e persecuzione degli Ebrei nell'Italia
fascista, Firenze, Giuntina, 1988, pag. 11.
21Cfr. M. Michaelis, Mussolini e la questione ebraica, cit.
20U.

29
prova dell'"asservimento" italiano al Terzo Reich. Tale sospetto non
suffragato da prove concrete. Piuttosto Michaelis nota che Hitler si astenne
dall'interferire nella politica italiana, per cui la decisione di Mussolini
deriv dalla presa di coscienza del mutato quadro internazionale e dalla
necessit di eliminare l'unico contrasto che ormai lo separava dalla
Germania. Lo stesso Hitler aveva in precedenza pi volte rifiutato di
condannare apertamente il filosemitismo di Mussolini, ed aveva impedito
ai suoi collaboratori di criticare le scelte del regime fascista. Hitler
comprendeva infatti le difficolt di Mussolini nell'imporre il problema
ebraico ad una realt che non lo conosceva. In Germania l'antisemitismo
era invece un movimento di massa gi negli anni '20 e la scelta di Hitler di
individuare nell'ebreo il nemico assoluto del Terzo Reich era stata in
questo senso semplice. Per Mussolini si trattava al contrario di creare
quasi dal nulla un capro espiatorio, un oggetto da denigrare e, come ha
notato Hannah Arendt, la propaganda non pu scegliersi arbitrariamente il
proprio oggetto . Se il razzismo fascista non fu una creazione originale, n
22

una mera imitazione del modello tedesco, l'influenza della Germania senza
dubbio spinse Mussolini a fare riferimento ad una legislazione straniera
che non poteva adattarsi alla realt italiana senza opportuni correttivi.
Se pressioni tedesche ci furono, esse si limitarono all'influenza nella
campagna di stampa e ad un incoraggiamento verso gli antisemiti italiani,
cui venne fornito materiale propagandistico. Gli stessi osservatori tedeschi
in Italia ricevettero, anche durante la guerra, istruzioni di non intervento
nelle questioni interne italiane. Mussolini decise di ricambiare questa
solidariet con l'ultimo pegno sull'altare dell'alleanza italo-tedesca: la
persecuzione degli ebrei.
22Cfr.

H. Arendt, Le origini del totalitarismo. L'antisemitismo, Milano, Edizioni di


Comunit, 1967, pp. 5-12.

30
In polemica con De Felice, Michaelis inoltre si propone di correggere
la dicotomia troppo semplicistica fra razzismo tedesco materialista e
razzismo italiano idealista. Egli sposta l'attenzione sulla peculiarit
dell'antisemitismo nazista, notando che il razzismo nazista non appare
esclusivamente biologico. Nel programma ufficiale del partito nazista
possiamo infatti leggere: "L'antisemitismo , per cos dire, la base
emozionale del nostro movimento". Lo stesso Hitler scriveva nel Mein
Kampf: "Noi usiamo il concetto di razza ebraica come termine di
convenienza, ma in realt, dal punto di vista genetico, non esiste una tale
razza...La razza ebraica prima di tutto una razza astratta dello spirito" .
23

Secondo le leggi di Norimberga, inoltre, l'appartenenza alla razza ebraica


veniva stabilita in base all'appartenenza religiosa dei nonni e dei genitori,
mentre le leggi fasciste parlavano di razza in termini biologici.
Ricorda ancora Michaelis che nella terminologia nazista spesso il
termine "razza" viene usato in due accezioni. A volte con il termine razza
viene inteso il "popolo", e ne vengono sottolineati i presupposti eugenetici;
altre volte tale termine appare influenzato dalla tradizione nazionalista.
Anche nei confronti degli ebrei la concezione razziale di Hitler non appare
immune da contraddizioni. Per l'antisemitismo tedesco l'ebraismo non era
una religione, ma una razza, la razza pi pura del mondo, per cui l'ebreo
per Hitler assumeva quasi i connotati di un "superuomo negativo".
Tuttavia, per le Leggi di Norimberga, l'appartenenza alla razza ebraica era
stabilita in base alla religione.
Mario Toscano non considera completa e definitiva l'interpretazione
di Michaelis. La politica antisemita del fascismo non pu essere
23Cit.

in M. Michaelis, La politica razziale fascista vista da Berlino. L'antisemitismo


italiano alla luce di documenti inediti tedeschi. (1938-43), in "Storia
Contemporanea", 1980, n. 4-6, pag. 1012.

31
giustificata solo in base all'alleanza con la Germania, in quanto cos non si
evidenzierebbero abbastanza le corresponsabilit storiche e morali del
regime, ma anche l'indifferenza di vasti settori dell'opinione pubblica. La
scelta autonoma del fascismo fu determinata in primo luogo dal cinico
opportunismo di Mussolini e dal suo senso tattico. La contemporaneit
della svolta totalitaria sul piano interno e della creazione dell'Asse su
quello internazionale produsse la politica antiebraica del fascismo. I nuovi
obiettivi del regime potevano ora essere soddisfatti dall'alleanza col
nazismo, per cui la carta sionista appariva superata. Michaelis non prende
in considerazione gli equilibri interni al regime fascista che potevano
essere influenzati sia da scelte antisemite che dall'avvicinamento alla
Germania .
24

Ancora in polemica con De Felice, Gabriele Turi afferma che la


legislazione antiebraica non fu affatto un "fulmine a ciel sereno", in quanto
era stata preannunziata dalla discriminazione civile e religiosa applicata
dal fascismo negli anni precedenti . Per Turi la maggioranza degli italiani
25

accolse con indifferenza le leggi del 1938, un'"indifferenza maturata nei


secoli" che secondo Arnaldo Momigliano, era "l'ultimo prodotto delle
ostilit delle chiese, per cui la conversione l'unica soluzione al problema
ebraico" .
26

Proprio l'indifferenza il momento essenziale che compare nei


colloqui da me avuti con alcuni ebrei romani che hanno vissuto quel
periodo:

24Cfr.

M. Toscano, Gli ebrei in Italia dall' emancipazione alla persecuzione, in "Storia


Contemporanea", 1986, n. 5.
25Cfr. G. Turi, Ruolo e destino degli intellettuali nella politica razziale del fascismo,
in Le leggi antiebraiche in Italia e in Europa, cit., pag. 102.
26A. Momigliano, op. cit., pag. XXXI.

32
Bisogna dire che la massa del popolo italiano si rivelata quella "zona grigia" di
cui parla Primo Levi. Ancora oggi si dice che le leggi razziali per furono una
buffonata. Non furono una buffonata. Ci fu gente che moriva di fame, ci furono
dolori tremendi, ci furono suicidi.
27

Si voluto far credere in Italia che tutto fosse facile, un fascismo sorridente, una
popolazione che non ha sentito. Io devo dire che vero: la popolazione non ha
sentito, e non ha sentito fino all'ultimo momento. E non ha sentito al punto tale
che, dopo la guerra, quando sono arrivate le notizie di Auschwitz, quando si
sapeva che gli ebrei erano stati venduti per 3000 lire dal portiere, dal vicino di
casa, si disse: "Beh, ma adesso tutto finito, non pensiamoci pi, dimentichiamo".
Questo non giusto, perch chi dimentica pu commettere le stesse cose .
28

Un'indifferenza che pu trovare parziali giustificazioni, ma che


procur senza dubbio sofferenza ed umiliazioni, al di l delle differenti
esperienze personali:
Io per anni sono stata l'unica ebrea della mia classe, nessuno ha mai detto la
minima parola offensiva, o pensato che fossi "diversa". Altri hanno agito in modo
differente...Riguardo agli atteggiamenti bisogna essere obiettivi: ci fu indifferenza
da parte della maggior parte delle persone: si viveva comunque in un regime
totalitario, dove potevi essere mandato al confino per un nonnulla. L'indifferenza
per c' stata, mancata la voglia di ribellarsi per l'assurdit del gesto .
29

Alle elementari avevo avuto una maestra fascista che mi diceva "Fuori di classe,
brutta ebrea", quindi sapevo benissimo cosa era la "diversit"...Rimane il fatto che
nessuna compagna di scuola, n mia, n di mia sorella, si fatta viva per dire
"Come mi dispiace!". Se ne fregavano. Se ne fregavano totalmente: non le
interessava, oppure erano imbarazzate, nel migliore dei casi .
30

Poi c' un fatto. Anni, secoli di educazione a vedere l'ebreo come una persona,
magari religiosamente, inferiore o diversa, di cancellazione, di deturpazione della
tradizione e della cultura ebraica, questo rende la gente infinitamente pi
insensibile .
31

Mio padre, vice primario al Regina Elena, in 24 ore fu cacciato dall'ospedale. Non
volle mai pi rimettere piede in una struttura pubblica, perch ricordava sempre
27Intervista

alla signora Giacoma Limentani (cfr. Appendice A).


alla signora Pupa Garriba.
29Intervista alla signora Lea Sestieri.
30Intervista alla signora Giacoma Limentani.
31Intervista alla signora Pupa Garriba.
28Intervista

33
come era stato mandato via...Il problema per la mia famiglia non fu di natura
economica, ma psicologica. Ci fu un senso di insicurezza, perch si sentivano
molto forti a Roma .
32

Accanto ad alcune voci isolate, si lev quella di Benedetto Croce,


che attraverso la pubblicazione di due articoli su "La Critica" nel 1938,
prese posizione contro l'antisemitismo . Si tratt di una condanna indiretta,
33

attraverso la biografia del patriota e poeta ebreo Tullo Massarani e la


riproposizione dell'umanista Antonio Ferrari, meglio noto come Galateo, in
difesa degli ebrei. Cos Croce pot evitare la censura e fare comunque
udire la propria voce.
Fra le altre "pecore matte", come Cavaglion e Romagnani chiamano
coloro che osarono contrapporsi pubblicamente al regime , vi furono
34

Ernestina Bittanti Battisti, la vedova di Cesare Battisti, e Gaetano


Salvemini, che dal suo osservatorio statunitense critic duramente
l'atteggiamento dei governi e dell'opinione pubblica internazionale .
35

Un particolare approccio di Michele Sarfatti attribuisce alla


personalit di Mussolini, pragmatica ed opportunista, la preminenza nelle
vicende dell'antisemitismo italiano . Un articolo anonimo, apparso in un
36

giornale antifascista pubblicato in Francia, sottolineava nel 1938 questo


ruolo di Mussolini:
Perch poi questa violenza, e questa cecit nella persecuzione antisraelitica?
Confessiamo che non riusciamo a comprendere tutti i riposti motivi: ch
32Intervista

alla signora Anna Blayer.


A. Cavaglion-G. P. Romagnani, (a cura di), Le Interdizioni del Duce. A
cinquant'anni dalle leggi razziali in Italia. (1938-1988), Torino, Meynier, 1988, pag.
222 e sgg.
34 I versi di Dante Uomini siate, e non pecore matte / s che il Giudeo fra voi di voi non
rida furono per anni riportati in copertina da "La Difesa della Razza", con intenzioni
evidentemente differenti.
35Cfr. A. Cavaglion - G. P. Romagnani, op., cit., pp. 179-220.
36Cfr. M. Sarfatti ( a cura di), 1938. Le leggi contro gli ebrei, cit.
33Cfr.

34
basterebbe, se si trattasse di puro ossequio all'hitlerismo o di un atto di politica
estera, una persecuzione blanda e formale. Quel che un dato di fatto positivo
che Mussolini personalmente partito per l'antisemitismo" .
37

Secondo Sarfatti il razzismo italiano, pi che contrapposto alla


formula tedesca, appare una fusione dei due approcci. Accanto
all'approccio "biologico" vanno collocate le teorie eugenetiche che
proponevano la "bonifica della stirpe" e la rivalutazione del retaggio
nazionale e di un patrimonio spirituale che potessero creare la nuova Italia
di Mussolini. Tuttavia accanto a questo approccio oggi impossibile
negare una tipologia pi chiaramente "razzista" della legislazione, come
del resto confermato dal recente ritrovamento delle cosiddette "carte di
Merano", consegnate all'Archivio Centrale dello Stato nel 1994. Questi
documenti dimostrano inequivocabilmente l'elaborazione del concetto di
"una razza di appartenenza biologica" attraverso la costruzione di un
"doppio albero genealogico" che permetteva di stabilire se un individuo
fosse ariano o ebreo risalendo a tutti i suoi ascendenti fino agli 8 bisnonni.
Le "carte di Merano" sono circa 2600 fascicoli della Demorazza, la
Direzione Generale per la Demografia e la Razza, che si propose il
compito di accertare l'appartenenza alla razza ebraica in termini pi
"scientifici". Tutte le pratiche contengono due alberi genealogici che
descrivono la situazione biologica e quella giuridica dell'individuo. Ad
iniziare dai nonni, per ogni componente vi era un circolo da riempire di
rosso o di blu, secondo il "dosaggio" di sangue ebreo o ariano presente.
Questo procedimento burocratico stabil la sorte di migliaia di individui,
confermando la tesi della "banalit del male" di cui parla Hannah Arendt .
38

37La

persecuzione antiebraica vista da vicino, articolo non firmato in "Giustizia e


Libert", 2 dicembre 1938, cit. in M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei, cit., pag. 5.
38Cfr. H. Arendt, La banalit del male. Eichmann a Gerusalemme, Milano, Feltrinelli,
1964.

35
Sarfatti utilizza questa nuova documentazione archivistica sia per
contestare la classica tesi di De Felice, sulla distinzione fra il razzismo
italiano spiritualista e quello tedesco biologistico, sia per confutare l'idea
che la persecuzione fascista sia stata "varata ma non attuata". Sarfatti ha
infatti notato che da pi parti prevale la definizione di antisemitismo
"all'italiana", ovvero blando ed inapplicato, per la legislazione fascista .
39

Secondo queste posizioni il fascismo avrebbe emanato le leggi per


compiacenza verso la Germania, ma le avrebbe applicate solo in minima
parte. Questo falso storico il risultato di quello che Sarfatti definisce "il
peso di Auschwitz", che, prendendo questo campo di concentramento
come simbolo dell'Olocausto, ha imposto lo sterminio operato dai tedeschi
come metro di paragone per le azioni degli altri stati antisemiti. Tale
paragone ha finito per snaturare la specificit italiana e le responsabilit
innegabili del fascismo. Il luogo comune degli "italiani brava gente" ha
negato l'autonomia decisionale del regime fascista e l'impossibilit da parte
degli italiani di agire in qualsiasi modo contro gli ebrei.
Eppure un dato di fatto che nel 1938 l'Italia aveva gi un apparato
legislativo durissimo per un paese che non aveva diffusamente conosciuto
l'antisemitismo, apparato che permise soluzioni persecutorie sempre pi
aspre, in un crescendo che avrebbe portato all'Olocausto.
Soprattutto

David

Bidussa

ha

richiamato

l'attenzione

sulla

responsabilit collettiva degli italiani in tema di antisemitismo ed


Olocausto. E' prevalsa, secondo Bidussa, la convinzione che in Italia
l'antisemitismo non si sia mai diffuso e che le leggi antiebraiche siano state
una parentesi conclusasi con la loro archiviazione. Non possibile
concludere, come De Felice, che si tratt esclusivamente di un operazione
39Cfr.

M. Sarfatti, Le "carte di Merano": la persecuzione antiebraica nell'Italia


fascista, in "Passato e Presente", n. 32, 1994, anno XII.

36
politica . E' stata anche affermata l'irriducibilit del fenomeno italiano a
40

quello

tedesco,

la

mancanza

in

Italia

di

una

"vocazione

sterminazionista" . Tuttavia la legislazione italiana appare perfino pi dura


41

in un primo momento di quella tedesca, sostituendo al criterio "per quote"


applicato in Germania ed Ungheria, il criterio "per fasce", che conduceva
all'espulsione indiscriminata . Il razzismo italiano in realt, fino alla sua
42

conclusione, si dimostra coerente con le sue premesse .


43

Durante gli anni '30, in definitiva, il fascismo mir a costruire uno


stato totalitario in cui gli italiani assumessero nuova dignit. Si voleva
creare una nuova razza di padroni rispettata e temuta e si pensava che solo
attraverso la liberazione dalla mentalit borghese l'obiettivo potesse essere
raggiunto. In questa battaglia il fascismo aveva bisogno di un forte
elemento catalizzatore, che proponesse una nuova immagine degli italiani.
Questo elemento fu trovato nella politica razziale.
Tuttavia

molti

autori

collocano

proprio

nel

1938

l'inizio

dell'allontanamento delle masse dal fascismo. Federico Chabod per primo


sostenne che la legislazione razziale aveva provocato "la grande frattura
tra Chiesa e Stato, fra l'opinione pubblica ed il Regime fascista" . Anche
44

secondo Roberto Finzi: "La campagna antisemita fu un altro momento di


separazione del regime dalla coscienza popolare" . Per Michaelis la
45

decisione di perseguitare gli ebrei si rivel il sintomo e la spia rivelatrice


del declino di Mussolini , mentre secondo Susan Zuccotti: "Le leggi
46

40Cfr.

R. De Felice, La legislazione razziale del fascismo, in Le leggi antiebraiche in


Italia e in Europa, cit., pag. 5.
41Cfr. L. Picciotto Fargion, op. cit., pag. 793.
42Cfr. M. Sarfatti, op. cit., pp. 87-89.
43Cfr. D. Bidussa, Razzismo e antisemitismo in Italia. Ontologia e fenomenologia del
"bravo italiano", in 1938. Le leggi contro gli ebrei, cit., pag. 33 e sgg.
44F. Chabod, L'Italia contemporanea. (1918-1948), Torino, Einaudi, 1961, pag. 96.
45R. Finzi, op. cit., pag. 1407.
46Cfr. M. Michaelis, op. cit., pag. 383 e sgg.

37
razziali ruppero il grande consenso popolare che Mussolini aveva
guadagnato con la vittoria in Etiopia. Dopo il 1938 la popolarit del Capo
del Governo continu a declinare" .
47

L'accoglienza dell'opinione pubblica nei confronti delle leggi razziali,


che oscill tra l'incredulit e la diffidenza, fu infatti il primo segnale per il
regime che il consenso di cui aveva fino ad allora goduto iniziava a
vacillare. La campagna di stampa non aveva sortito gli effetti sperati, e gli
italiani continuavano ad apparire tiepidi verso la nuova svolta del regime.
In effetti le leggi razziali ebbero subito una grossa ripercussione
nell'opinione pubblica italiana, ma le reazioni furono estremamente varie,
spaziando dall'accettazione totale delle direttive del regime ad una presa di
coscienza che doveva sfociare in alcuni casi nella scelta antifascista.
Tuttavia,

nonostante

la

maggioranza

dell'opinione

pubblica

non

comprendesse i motivi e le modalit della nuova politica del regime, non si


avvert mai un sentimento collettivo di forte rifiuto, e dovunque
l'isolamento divent il tratto caratteristico delle comunit ebraiche, mentre
aumentavano l'interesse e lo sfruttamento per le posizioni che gli ebrei
lasciavano libere. In generale manc in Italia una solidariet organizzata,
che permettesse agli ebrei di sfuggire all'isolamento. Se non vi stato
consenso di fronte alle leggi razziste, vi stata comunque un'accettazione
diffusa da parte di una popolazione che reagiva sommessamente, perch le
leggi colpivano persone che la propaganda aveva gi reso diverse. La
visione idilliaca che presenta il popolo italiano come prima incolpevole
della scelta del regime ed in seguito solidale con gli ebrei perseguitati
appare un parziale falso storico.

47S.

Zuccotti, L'Olocausto in Italia, Milano, Mondadori, 1988, pag. 70.

38
La stessa giurisprudenza aveva elaborato una "nuova concezione del
diritto", basata sul principio politico-giuridico della razza, per cui tutto era
subordinato all'appartenenza ad una stirpe piuttosto che ad un'altra.
Alessandro Galante Garrone ricorda che quelle leggi furono "a prescindere
da ogni considerazione morale e politica, una lacerazione dei principi
generali dell'ordinamento (che) balzava agli occhi di un qualsiasi giurista in
buona fede non sprovveduto" .
48

Inoltre, le leggi razziali e la persecuzione non possono essere


considerati due eventi distinti ed autonomi. Scrive Enzo Collotti: "Gi
nella discriminazione operata dai fascisti si pongono le premesse della
soluzione finale" . Proprio in base alle schede del censimento del 1938
49

molti ebrei vennero catturati nel 1943, con l'attiva collaborazione di


Questure e Prefetture che consegnarono l'intera documentazione.
Mussolini stesso firm autorizzazioni per la deportazione nei campi di
concentramento da cui part la maggior parte dei 6800 ebrei italiani che
vennero uccisi nelle camere a gas. Mayda ha dimostrato che gli anni dal
1938 al 1943 non possono essere considerati un fatto accidentale, in
quanto la deportazione nazista si collega direttamente alle leggi razziali ed
alla connivenza delle pi alte autorit italiane e di centinaia di fascisti e
delatori .
50

Impreparazione e sorpresa furono gli elementi dominanti della


reazione ebraica: ad esse segu un isolamento pressoch totale. Questo

48A.

Galante Garrone, Ricordi e riflessioni di un magistrato, in 1938. Le leggi razziali


contro gli ebrei, pag. 19.
49E. Collotti, Prefazione in S. Bon Gherardi, La persecuzione antiebraica a Trieste
('38-'45), Udine, Del Bianco, 1972, pag. 14.
50Cfr. G. Mayda, Ebrei sotto Sal. La persecuzione antisemita. 1943-1945, Milano,
Feltrinelli, 1978, pp. 9-21.

39
atteggiamento ben rappresentato dall'esempio che Fausto Coen porta
citando le prime righe de Le Metamorfosi di Kafka:
Una mattina Gregorio Sansa, destandosi da sogni inquieti, si trov mutato in un
insetto mostruoso .
51

Nella variet

di reazioni della popolazione ebraica

(dalla

riaffermazione di fedelt fascista del gruppo de "La Nostra Bandiera" fino


all'alternativa dell'antifascismo attivo), occupano un posto di rilievo due
scelte solo apparentemente contrastanti: il suicidio dell'editore ebreo
Angelo Fortunato Formiggini, che intese con il suo gesto richiamare
l'attenzione sulla drammaticit degli avvenimenti , e la costituzione delle
52

scuole ebraiche, che rappresentarono da un lato una coazione, ma dall'altro


un'alternativa importante alla cultura ed ai modelli educativi del fascismo.
Tanto maggiore fu il trauma degli ebrei italiani in quanto la posizione
della maggioranza degli ebrei italiani, fino al 1938, era stata di fiducia
verso il fascismo. Il processo d'integrazione degli ebrei nella societ
italiana fu continuo dall'Unit in poi, probabilmente perch, come hanno
rilevato Antonio Gramsci ed Arnaldo Momigliano, la coscienza nazionale
degli ebrei si era formata parallelamente a quella di tutti gli altri italiani .
53

Secondo Stuart Hughes la rapidit dei processi d'integrazione


motivata dal fatto che gli ebrei non avevano una lingua diversa da quella
della maggioranza, non erano dispersi per tutto il territorio ed avevano una
collocazione urbana. Inoltre i bambini frequentavano le scuole pubbliche e
dipendevano dalle sinagoghe solo per l'istruzione religiosa. La cartina di
tornasole di questa tendenza all'assimilazione furono soprattutto i
51cit.

in F. Coen, op. cit., pag. 77.


- G. Romagnani, op. cit., pag. 289
53Cfr. A. Momigliano, op. cit., pag. 237;A. Gramsci, Quaderni dal Carcere, vol. III, "Il
Risorgimento", Torino, 1966, cit. in G. Mayda, cit., pag. 27.
52Cfr. A Cavaglion

40
matrimoni misti, che aumentarono dall'Unit in poi in maniera
considerevole :
54

Gli ebrei italiani si sentivano profondamente italiani, cos come tedeschi si


sentivano gli ebrei tedeschi, francesi i francesi...C'era una partecipazione italiana
molto importante, e questo arrivava dopo secoli di discriminazione, per cui si
credeva di aver trovato un porto sicuro, in cui ognuno aveva una patria con la P
maiuscola .
55

In casa avevamo un'istruzione ebraica, si respirava l'ebraismo come in qualsiasi


altra casa ebraica. Ma non sentivamo molto la differenza, anche perch si era
completamente introdotti in qualsiasi tipo di ambiente, sia per la professione di
mio padre, che era medico, ma anche per il livello culturale della famiglia.
Eravamo, per cos dire, i famosi ebrei che erano completamente integrati nella
borghesia romana .
56

Fu una pugnalata nella schiena. Non un "fulmine a ciel sereno", perch gi da


qualche parte, da qualche tempo, c'erano delle cose per cui si poteva aspettarlo.
L'alleanza con la Germania, per esempio, e con quello che succedeva in Germania
era possibile aspettarsi di tutto. Comunque non fu uno scherzo, n una cosa da
nulla .
57

Per quanto riguarda il rapporto fra ebraismo e fascismo, Spinosa


ricorda che Mussolini assunse verso gli ebrei le posizioni pi disparate,
con toni ora razzisti, ora filosemiti, secondo le diverse opportunit
politiche . Il giovane Mussolini aveva attaccato duramente le dottrine
58

razziste di Gobineau e Chamberlain, anche se non aveva disdegnato di


attaccare il bolscevismo come prodotto dell'ebraismo , per poi negare
59

disinvoltamente tale tesi . Nello stesso articolo del 1919 egli afferma che
60

"l'Italia non ha mai conosciuto l'antisemitismo, e crediamo che non lo


54Cfr.

H. Stuart Hughes, op. cit., pag. 13.


alla signora Giacoma Limentani.
56Intervista alla signora Anna Blayer.
57Intervista alla signora Pupa Garriba.
58Cfr. A. Spinosa, op. cit., pag. 964 e sgg.
59Cfr. "Il Popolo d' Italia", 4 giugno 1919, cit. in G. Mayda, cit., pag. 12
60Cfr. "Il Popolo d' Italia", 19 ottobre 1920, ibid.
55Intervista

41
conoscer mai", ma allo stesso tempo preciso l'attacco contro il
sionismo: "Speriamo che gli ebrei italiani saranno abbastanza intelligenti
per non suscitare antisemitismo nell'unico paese dove non c' mai stato".
La sua prima dichiarazione specificamente razziale non riguarda per gli
ebrei: "Per il fascismo la questione razziale ha grande importanza. I
fascisti devono preoccuparsi della salute della razza perch la razza il
materiale col quale intendiamo costruire anche la storia" .
61

L'atteggiamento del fascismo non ebbe una sua continuit e coerenza,


se non quella dell'opportunismo. Subito dopo il 1938 si cerc di dimostrare
che il fascismo era stato razzista sin dalle origini, ma in realt lo stesso
Mussolini, pur non esente da pregiudizi verso gli ebrei, fino al 1938 parl
di razza solo dal punto di vista eugenetico e di "sanit fisica".
Tuttavia possibile rilevare nel fascismo venature antiebraiche, ma
non di tipo razzista, fin dall'inizio: veniva sottolineato il legame tra
ebraismo e bolscevismo; si parlava della "questione sionista", per cui si
attribuivano agli ebrei due patrie e la responsabilit dell'indebolimento
della posizione italiana nel Mediterraneo a vantaggio della Gran Bretagna.
Me se c'era un antagonismo latente fra fascisti ed ebrei, soprattutto
per la diffidenza dei primi verso l'"internazionalismo" dei secondi, non ci
fu una specifica opposizione ebraica, anzi le relazioni fra le due parti
migliorarono notevolmente negli anni '20, soprattutto dopo l'approvazione
della legge sulle Comunit del 1929, accolta con favore in ambito ebraico.
Nel 1934, inoltre, era nato il settimanale "La Nostra Bandiera", diretto da
ebrei fascisti che desideravano prendere le distanze dal movimento sionista
ed "antipatriottico".

61Cfr.

"Il Popolo d' Italia", 9 novembre 1921, ibid.

42
Il trasformismo di Mussolini nei confronti degli ebrei testimoniato
in maniera emblematica dal suo colloquio con il giornalista ebreo Emil
Ludwig del 1932. Il Duce respinge il razzismo tedesco e sottolinea
l'inesistenza di un problema ebraico: "Razza: questo un sentimento, non
una realt; il 95% un sentimento....L'antisemitismo non esiste in
Italia....Gli ebrei italiani si sono sempre comportati bene come cittadini, e
come soldati si sono battuti coraggiosamente" .
62

L'atteggiamento di Mussolini assunse presto un carattere pi


complesso. Egli aveva deciso di non utilizzare la carta antisemita appena
giunto al potere perch capiva di non avere un'adeguata base nel paese ed
inoltre perch credeva nell'"Internazionale ebraica" e ne temeva
l'opposizione. Se in pubblico si mostrava filosemita, manteneva sempre
alta la soglia d'attenzione al problema attraverso suoi articoli anonimi ed il
quotidiano "Il Tevere" di Telesio Interlandi, che si colloc subito su
posizioni antisemite ed in seguito filonaziste. Il duce avrebbe voluto
presentarsi come "mediatore" fra Hitler e gli ebrei, e non abbandon
questa posizione di compromesso neppure quando divenne chiaro che
Hitler non avrebbe svolto il ruolo di "allievo" disciplinato. Sia nel 1934,
nel momento di massimo contrasto fra Italia e Germania, che nel 1937,
quando l'alleanza era ormai una realt, Mussolini volle assumere il ruolo di
"amico" degli ebrei. Il 6 settembre 1934, visitando la Fiera del Levante,
polemizz apertamente con il razzismo nazista: "Trenta secoli di storia ci
permettono di guardare con sovrana piet alcune dottrine di oltre Alpe,
sostenute dalla progenie di gente che ignorava la scrittura con la quale
tramandare i documenti della propria vita, nel tempo in cui Roma aveva

62Cit.

in M. Michaelis, Mussolini e la questione ebraica, cit., pag. 50.

43
Cesare, Virgilio e Augusto" . Tuttavia gi nel 1934 Camillo Berneri aveva
63

notato:
Se l'antisemitismo diventasse necessario al fascismo italiano, Mussolini, peggio di
Machiavelli, seguirebbe Gobineau, Chamberlain e Woltmann, e parlerebbe, anche
lui, di razza pura .
64

In ogni caso la prima svolta nella politica fascista coincide con la


guerra d'Etiopia. Il fascismo si trov per la prima volta ad affrontare la
questione del meticciato e quindi a dover affermare una nuova "coscienza
razziale" per il nuovo ruolo che l'Italia imperiale doveva affrontare a livello
internazionale. Il mito delle razze inferiori si afferma cos anche nel
fascismo, che si premura di sancire la proibizione dei matrimoni misti con
le popolazioni africane.
Con il 1936 gli attacchi della stampa contro gli ebrei diventano
generalizzati. Sul "Regime Fascista" Roberto Farinacci rispondeva a chi
ricordava il passato antirazzista e perfino filosemita di Mussolini: "E' vero,
s, che il Duce non ha sentito finora il bisogno di fare in Italia distinzione
di razze o di religioni, ma sono proprio alcuni ebrei italiani che tengono a
distinguersi dagli altri italiani..." .
65

Nota Michaelis che la "questione razziale" in Italia venne sollevata


solo in seguito all'Asse Roma-Berlino . Il tentativo fascista di disciplinare
66

e regolamentare le attivit sociali per conformarle ai valori dello stato, e


quindi la volont di creare un'unit monolitica, poteva essere un segnale di

63Cit.

in R. De Felice, Storia degli ebrei italiani, cit., pag. 137.


Berneri, Mussolini il "normalizzatore" e il delirio razzista, Pistoia, Ed. Archivio
Famiglia Berneri, 1986, pag. 39.
65 R. Farinacci, Fascismo ed internazionale ebraica, in "Il Regime Fascista", 24
settembre 1936.
66Cfr. M. Michaelis, Mussolini e la questione ebraica, cit., pag. 111 e sgg.
64C.

44
minaccia per gli ebrei, ma solo dopo l'avvicinamento alla Germania il
pericolo per loro diventa attuale.
Mentre De Felice e Michaelis affermano che il comportamento degli
ebrei verso il fascismo non si differenzi da quello degli altri italiani, una
posizione diversa assume Guido Lodovico Lozzatto. Lozzatto sostiene che
la maggioranza degli ebrei, agli albori del fascismo, era decisamente
contraria ad esso. La decisione di non assumere una posizione netta di
dissenso, che era del resto difficile con la graduale "totalitarizzazione"
dello Stato, sfoci nel "quieto vivere" di cui parla De Felice, per poi
produrre un sentimento di smarrimento e di sorpresa negli anni '37-'38 . Lo
67

stesso inserimento delle Comunit sotto il controllo politico dello stato


fascista il risultato di un processo storico che offriva agli ebrei possibilit
nuove in cambio della rinuncia alla loro autonomia. Le Comunit venivano
infatti sottoposte direttamente alla vigilanza e alla tutela dello Stato,
mentre tutti gli ebrei dovevano obbligatoriamente fare parte delle
Comunit.
Una posizione particolare e molto criticata riguardo al rapporto fra
istituzioni comunitarie e fascismo offerta da Robert Katz . Egli si
68

richiama alle posizioni di Hannah Arendt, che, nel 1963, aveva accusato
parte della classe dirigente ebraica di essersi resa colpevole di complicit
nella "distruzione del (suo) stesso popolo" . Anche secondo Katz la
69

collaborazione offerta dai dirigenti delle Comunit ai nazisti fu innegabile.


Essa fu diretta sicuramente al salvataggio degli ebrei, ma soprattutto alla
preservazione delle istituzioni ebraiche. Per quanto riguarda l'Italia,
67Cfr.

G. L. Lozzatto, La partecipazione all' antifascismo in Italia ed all' estero dal


1918 al 1938, in "Quaderni del Centro di Documentazione Ebraica contemporanea",
1962, n. 2, pag. 32.
68Cfr. R. Katz, Sabato Nero, Milano, Rizzoli, 1973.
69Cfr. H. Arendt, op. cit., pag. 45.

45
l'accusa di Katz contro quei dirigenti che, sia prima, ma soprattutto dopo
il 1938, avviarono un'instancabile opera di compromesso al fine di
mantenere intatte le loro istituzioni.
In conclusione possiamo dire che molti degli ebrei italiani fino al
1938 nutrivano fiducia per il fascismo. Se segnali preoccupanti di un
mutamento di rotta da parte del regime c'erano stati, si confidava
comunque nell'azione del Re (essendo l'ebraismo filomonarchico per
tradizione), del Papa (che si sarebbe opposto, si pensava, ad ogni
persecuzione) e dell'opinione pubblica in generale, immune nella
maggioranza dall'antisemitismo. Ma proprio queste speranze lasciarono
spazio allo sgomento ed alla sorpresa che furono i sentimenti tipici con cui
gli ebrei accolsero le leggi razziali.

46

CAPITOLO 0
I PRECEDENTI DELL'ANTISEMITISMO IN ITALIA
Lo scrittore e storico inglese Hilaire Belloc parla di un "ciclo tragico"
delle comunit ebraiche in Europa:
Cordiale accoglienza di una colonia ebraica, quindi disagio, seguito da un'acuta
insofferenza, che esplode in persecuzioni, esili, e persino massacri...seguiti da una
reazione e dalla ripresa del processo ciclico ricordato .
1

Lo stesso autore delinea quattro momenti nella storia ebraica in


Europa: la distruzione, tentazione frequente di masse popolari o despoti;
l'espulsione, come quella drammatica avvenuta in Spagna nel 1492;
l'assorbimento e l'assimilazione, promossa con varie tecniche, dal
battesimo forzato all'offuscamento dell'identit sociale ebraica; la
segregazione.
Per quanto riguarda il caso italiano, ha notato Guido Fubini che il
fascismo "non ha inventato nulla di nuovo" . Nei secoli precedenti il
2

Risorgimento, molti stati italiani applicarono una legislazione antiebraica.


Per tutto il Medio Evo gli ebrei furono soggetti ad intolleranza e ad ogni
forma di discriminazione. Le leggi fasciste possono in una certa misura
essere viste come la riproposizione di leggi antiche di secoli. Il divieto di
matrimonio misto era stato introdotto nel 388 con il Codice Teodosiano ed
abolito nello Stato Pontificio solo nel 1870. Il divieto di appartenenza alle
1H.

Belloc, Gli Ebrei, Milano, 1934, cit. in V. Marchi, L' "Italia" e la "questione
ebraica" negli anni '30, in "Studi Storici", n.3, 1994.
2G. Fubini, La legislazione razziale nell' Italia fascista in Dalle leggi razziali alla
deportazione, cit., pag. 12.

47
forze armate risale al 404, mentre del 425 il primo divieto di esercizio
della professione di avvocato. Nel 438 fu proibito agli ebrei l'ingresso nelle
pubbliche amministrazioni. La limitazione delle propriet fu sancita a
Padova nel 1423, a Firenze nel 1437, a Roma nel 1555, in Piemonte nel
1706 e riconfermata a Torino nel 1814. La non ammissione degli ebrei
nelle scuole si ritrova nella Costituzione del Ducato di Modena del 1771.
Solo la Rivoluzione francese, il '48 e il Risorgimento avevano sancito la
libert e l'uguaglianza dei diritti per i non cattolici, mentre a Roma solo nel
1870 veniva chiuso l'ultimo ghetto europeo.
Questi precedenti sono stati utilizzati per sostenere che la svolta
antisemita di Mussolini aveva un importante retroterra storico-culturale e
che l'antisemitismo, nonostante il cammino percorso dai regimi liberali
dell'800, non era completamente estraneo alla tradizione italiana .
3

In generale dobbiamo affermare che sono state due le tradizioni che


in Italia hanno favorito la diffusione del pregiudizio antisemita: una certa
tradizione liberale ed il pensiero cattolico. Bisogna tuttavia precisare che il
pensiero liberale non caratterizzato da un vero e proprio antisemitismo:
l'ebraismo piuttosto guardato con diffidenza, in vista di una sua
progressiva

assimilazione.

Nel

pensiero

liberale risulta evidente

l'intenzione di abolire ogni discriminazione ma, con essa, anche ogni


differenza. Solo attraverso l'assimilazione le minoranze potranno
raggiungere l'emancipazione, ma se il diverso non si uniforma alle regole
ed ai valori della maggioranza rischia di corrodere le basi della societ e
dello stato, per cui deve essere allontanato. L'intolleranza liberale verso gli
ebrei esemplificata dall'affermazione del conte Stanislas de ClermontTonnre all'Assemblea Nazionale francese nel 1789:
3Cfr.

U. Caffaz, Introduzione in Assimilazione e persecuzione degli Ebrei nell' Italia


fascista, Firenze, Giuntina, 1988, pag. 11 e e sgg.

48
Ogni cosa deve essere negata agli ebrei come nazione, tutto deve essere loro
concesso come individui. Essi sono obbligati a diventare cittadini. Alcuni dicono
che essi non lo vogliono essere. Che lo dicano pure essi stessi e li espelleremo.
Non possono costituire una nazione entro la nazione .
4

Se l'emancipazione offerta dall'Illuminismo e dalla Rivoluzione


francese tendeva a ridurre l'ebraismo ad un problema esclusivamente
religioso, per cui si poteva diventare cittadini solo al prezzo della rinuncia
alla propria identit comunitaria, con l'avvento del fascismo la fedelt
liberale alla nazione diventa fedelt al partito ed al dittatore. Solo la
fiducia ed il "buon comportamento" delle minoranze possono evitare la
reazione contro di esse. Quando Mussolini afferma, il 31 dicembre 1936,
sul "Popolo d'Italia" che "l'antisemitismo inevitabile laddove il semitismo
esagera con la sua esibizione, la sua invadenza e quindi la sua prepotenza.
Il troppo ebreo fa nascere l'antiebreo", intende spiegare l'assenza fino a
quel punto di antisemitismo in Italia con la "non esibizione" degli ebrei e
con il loro buon comportamento, ma la situazione avrebbe potuto cambiare
se il peso economico, sociale, politico e demografico degli ebrei fosse
diventato rilevante all'interno della nazione.
Un certo pregiudizio intellettuale era ancora vivo nel secondo
dopoguerra, come appare dalla polemica fra Benedetto Croce e Dante
Lattes. Nel 1947 il primo aveva scritto:
Oggi che la persecuzione finita lo sforzo degli ebrei dovrebbe essere quello di
fondersi sempre meglio con gli altri italiani procurando di cancellare quella
distinzione e divisione nella quale hanno persistito per secoli, cio la loro
differenza, che, come ha dato occasione e pretesto in passato alle persecuzioni,
da temere che ne dia ancora in avvenire.

4Cit.

in M. Michaelis, Mussolini e la questione ebraica, cit., pag. 10.

49
Opportunamente il sionista e studioso di ebraismo Dante Lattes
rispondeva:
Stupisce questo consiglio dato agli ebrei di decidersi a scomparire e a mettere fine,
dopo tanti secoli di resistenza e martirio, alla loro esistenza, alla loro idea, alla loro
fede e alla loro storia. E' un consiglio che Benedetto Croce non darebbe a nessuna
altra religione, a nessun altro gruppo etnico nazionale...Stando al suo
ragionamento gli ebrei non sono i martiri, ma i colpevoli delle iniquit commesse
contro di loro .
5

Nello stesso anno Sartre notava:


Gli ebrei hanno un amico, il democratico, ma un misero difensore: proclama,
vero, che tutti gli uomini sono uguali nei loro diritti, ma le sue stesse dichiarazioni
palesano la debolezza delle sue posizioni. Egli non conosce l'ebreo, n l'arabo, n
il borghese, n l'operaio, ma solamente l'uomo in tutti i tempi ed in tutti i luoghi
uguale a se stesso, tutte le collettivit le risolve in elementi individuali .
6

Questo tipo di mentalit rimase tuttavia minoritario e non ebbe


grande peso nella propagabda fascista che invece sfrutt la tradizione
antisemita pi consistente in Italia, quella dell'antisemitismo cristiano.Per
renderne brevemente conto, occorre accennare ad una storia di lunga
durata.
Per quanto riguarda i rapporti fra ebraismo e Chiesa Cattolica, si
possono ravvisare negli ultimi due secoli due precise linee di tendenza. Da
una parte si rifiuta il razzismo in quanto contrario ai principi stessi del
cristianesimo, ma d'altra parte si sottolinea la profonda differenza fra
cristianesimo ed ebraismo, quest'ultimo considerato un errore cui si poteva
porre rimedio solo con la conversione. Molti sono i motivi, soprattutto
teologici, alla base di questa netta distinzione. L'esegesi biblica di S.
5Cit.

in A. Rossi-Doria, L'esperienza storica dell' antisemitismo, in AA.VV., Razzisti e


solidali. L' immigrazione e le radici sociali dell' intolleranza, Roma, Ediesse, 1993,
pag. 112.
6J. P. Sartre, L' antisemitismo, Milano, Mondadori, 1990, pag. 54.

50
Agostino aveva paragonato il rapporto fra cristiani ed ebrei a quello fra
Caino ed Abele. Il figlio primogenito, che si macchiato di un delitto
verso il minore, segnato da Dio ed allontanato dalla comunit. Il
secondogenito sar quindi il figlio amato, ed il primogenito dovr esserne
dominato. Gli ebrei vivranno quindi fra i cristiani, costituendo per
l'esempio negativo di chi non ha riconosciuto il vero Messia. Tutta la storia
dei rapporti fra ebrei e cristiani caratterizzata dalle accuse di "deicidio" e
di "perfidia" rivolte ai primi, con l'espressione di pregiudizi ed accuse che
vedevano gli ebrei avvelenatori di pozzi o praticanti omicidi rituali.
L'ebraismo sarebbe stato portatore di un odio irrinunciabile verso i
cristiani, quindi proteso alla loro eliminazione. Per questo motivo gli ebrei
dovevano rimanere tali, ovvero vivere separati dai loro naturali avversari.
L'"Osservatore Romano", alla fine del XIX secolo, domandava per gli
ebrei uno status particolare, a causa della "naturale ripugnanza che ognuno
sente per il popolo deicida" .
7

Molte delle posizioni metafisiche riportate dalla propaganda traggono


origine da questo rapporto storico fra giudaismo e cristianesimo. La
polemica antigiudaica della Chiesa individua l'ebreo come forza
demoniaca, fonte di tutto il male del mondo. In questa ottica l'ebreo, per
odio verso i cristiani, tende al dominio del mondo attraverso una
cospirazione universale. Per raggiungere questo scopo si serve di vari
metodi: nell'et medievale avvelenava i pozzi e praticava l'omicidio rituale,
in et contemporanea ha inventato le ideologie sovvertitrici del capitalismo
e del comunismo. Secondo Anna Foa,

7Cit.

in A. M. Canepa, Cattolici ed Ebrei nell' et liberale (1870-1915), in


"Comunit", aprile 1978, pag. 103.

51
il '300 rappresenta una soglia significativa non solo per la storia della presenza
ebraica, ma anche per quella della costruzione e del consolidamento del
pregiudizio antisemita .
8

In questo periodo si diffondono le fantasie dell'assassinio rituale,


della dissacrazione dell'ostia, dello spargimento di epidemie. Queste
accuse sono accomunate dal fatto "che l'ebreo viene definito in base non
pi alla sua credenza religiosa, ma alla sua natura fisica" . Nel '300 gli
9

ebrei non sono pi posti di fronte alla scelta fra morte e conversione: il
male che essi rappresentavano non poteva essere cancellato neppure dal
battesimo. La loro naturale malvagit diventava turbamento dell'ordine
naturale cristiano, per cui la "contaminazione" non era pi provocata dal
loro errore, ma dalla loro natura.
Attraverso questa costruzione di uno stereotipo fisico si consolida un
senso di angoscia irrazionale che vede nel "diverso" il maligno:
Questo simbolismo, questa cornice di significanza di cui l'ebreo stato rivestito, fu
almeno fino all'et moderna...opera della religione cristiana. Cos la Chiesa, che
pure era stata in grado di elaborare una teoria della presenza ebraica che la
garantiva e la rendeva stabile, ha anche fornito gli elementi culturali e simbolici per
trasformare questa presenza in un'oscura minaccia, contro cui era necessario
scendere in guerra .
10

In questo modo l'antisemitismo dell'Europa moderna, pur basandosi


su una visione del mondo reazionaria e antimoderna, affonda le sue radici
nella memoria storica del cristianesimo:
Il cristianesimo delle origini, a causa della comune matrice fra le due religioni,
aveva costruito la sua teologia sulla necessit di differenziarsi dall'ebraismo, di
costituirne il superamento. L'identit cristiana si era definita, di fatto, in alternativa
8A.

Foa, Ebrei in Europa. Dalla peste nera all'emancipazione, Roma-Bari, Laterza,


1992, pag. 16.
9Ibid.
10Ibid., pag. 24.

52
a quella ebraica e il presupposto dell'esistenza della prima si realizzava solo nella
costante opposizione alla seconda .
11

Nell'immaginario collettivo l'ebreo continua quindi ad essere il


colpevole di ogni male, testimone necessario della sua colpa in posizione
subalterna. La necessit di autoaffermazione e autoriproduzione della
Chiesa cattolica sopravvive oltre la secolarizzazione, anche in assenza di
ebrei, per cui le nuove istituzioni dei vari paesi si appropriano dei
pregiudizi per utilizzarli in modo funzionale ai loro bisogni:
L'antico odio, che si nutriva dell'immagine degli ebrei improduttivi e parassiti,
solidali solo fra loro, con una responsabilit diretta nei disastri naturali e nelle crisi
economiche, si leg nella seconda met del secolo scorso oltre che al moralismo
borghese, all'emergente nazionalismo, dando vita appunto all'antisemitismo
moderno .
12

Poich impossibile dimostrare le varie accuse, la propaganda stata


costretta ad inventare fatti e falsificare prove. I Protocolli sono la
dimostrazione di questi espedienti: a causa della loro enorme influenza, e
nonostante la loro provata falsit, essi sono stati definiti "un'autorizzazione
al genocidio" .
13

L'irrazionalit della propaganda si esprime in una visione quasi


escatologica in cui due figure si contendono il dominio del mondo: l'ariano
e il semita, il bene e il male, la creativit e la distruttivit, la forza e la
debolezza.
Questi pregiudizi teologici hanno senza dubbio contribuito al
rafforzarsi di un antisemitismo di carattere laico, che non solo ne ha
11L.

Picciotto Fargion, Per ignota destinazione. Gli ebrei sotto il nazismo, Milano,
Mondadori, 1994, pag. 15.
12Ibid., pag. 16.
13Cfr. N. Cohn, op. cit.

53
utilizzato alcuni argomenti, ma ha potuto contare su di un'opinione
pubblica cattolica che non ha opposto resistenza. Per De Felice la cultura e
la forma mentis degli italiani sono state essenzialmente cattoliche o laiche,
orientamenti entrambi avversi al razzismo, ma allo stesso tempo l'autore
sottolinea che l'Italia conobbe un antisemitismo cattolico di stampo
teologico che, soprattutto negli ultimi anni dell'800, prese nuovo vigore .
14

In prima linea si schier "La Civilt Cattolica", che prese duramente


posizione contro qualsiasi ipotesi di eguaglianza civile per gli ebrei. "La
Civilt Cattolica" riassumeva la posizione della Chiesa, e fin dal 1890,
aveva promosso l'antisemitismo attraverso una serie di articoli intitolati
Della guida giudaica in Europa. L'argomento principale era indubbiamente
la degenerazione degli ebrei che, nonostante il castigo divino, aspiravano
al dominio universale. Gli ebrei, portatori di odio verso tutti gli uomini,
dovevano quindi essere separati dalla societ in cui vivevano, che essi
avrebbero infettato con il loro materialismo. Nell'articolo La morale
giudaica del 1892 compare il netto rifiuto per l'emancipazione degli ebrei,
che avrebbero sfruttato la nuova condizione di eguaglianza per divenire i
padroni del mondo.
Accettare la presenza attiva degli ebrei nella societ cristiana avrebbe
significato la corruzione e la secolarizzazione, con il risultato di
distruggere la cristianit. Gli ebrei, per loro scelta nemici della Chiesa,
avrebbero sfruttato le componenti internazionaliste del socialismo, della
massoneria, del liberalismo e del laicismo per sovvertire lo status quo e
raggiungere il pieno dominio del mondo. La minaccia ebraica avrebbe
toccato anche interessi economici, a causa dell'opinione per cui gli ebrei
hanno sempre formato
14Cfr.

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani, cit., pp. 28-31.

54

un corpus separato dai cristiani fra cui vivevano, e che quindi ogni aumento di
ricchezza per gli ebrei rappresentava un corrispondente impoverimento per i
cristiani .
15

La tradizionale politica cattolica, oltre ai temi teologico-religiosi gi


accennati, si arricch quindi di nuove argomentazioni, quali la
secolarizzazione della societ minacciata dagli ebrei e la crescente
influenza di questi ultimi nella vita politica e sociale.
Il periodo fascista vide il sorgere e l'affermarsi di un diffuso consenso
degli

ambienti

cattolici

verso

il

regime.

Questo

consenso

fu

particolarmente visibile durante la guerra d'Etiopia, il periodo delle


sanzioni e la "crociata" antibolscevica in Spagna. Contemporaneamente
cresceva per la diffidenza verso il regime nazista e la conseguente
impopolarit dell'alleanza con la Germania.
Nel 1937 la Chiesa Cattolica aveva preso posizione contro il
razzismo tedesco con l'enciclica Mit Brennender Sorge di Pio XI. Ma se il
nazismo in generale aveva un'immagine profondamente negativa nella
Chiesa, tuttavia l'opposizione di quest'ultima al Terzo Reich non fu mai
cos insistita come quella verso l'Unione Sovietica ed il comunismo.
Ancora nell'enciclica del '37 si ribadiva la differenza fra nazismo e
fascismo, mentre il consenso nei confronti di quest'ultimo aumentava
sempre di pi. Inoltre, se erano combattuti l'anticlericalismo ed il neopaganesimo nazista, non veniva condannato con la stessa energia
l'antisemitismo tedesco, se non per le sue espressioni "estremiste" ed
"esagerate". Nessun riferimento esplicito riguardava la discriminazione
civile e la persecuzione cui gli ebrei tedeschi erano sottoposti.
L'atteggiamento della stampa cattolica fu in genere improntato alla cautela,
15A.

M. Canepa, op. cit., pag. 58.

55
e gli unici attacchi diretti riguardavano il razzismo biologico come
fondamento di amoralit nella vita collettiva, e la condannaverso il
razzismo non mostrava un particolare interesse per la sua specificit
antisemita. Giovanni Miccoli pu al riguardo affermare:
Vi insomma....tutta un'antica storia cristiana di polemica e persecuzione
antiebraica che impedisce, sul piano operativo, una contrapposizione frontale che
impone, per dir cos, ammissioni, distinzioni, riconoscimenti .
16

Antonio Spinosa sostiene che Pio XI "diceva solo buone parole, ma


non seppe assumere un atteggiamento deciso contro il razzismo" . Non vi
17

fu una revisione dei luoghi comuni antiebraici, anzi i pregiudizi diffusi


contribuirono a creare un clima di indifferenza, quando non di esplicito
appoggio, verso la legislazione razziale.
In generale la Chiesa Cattolica in Italia sembrava disposta ad
accettare una politica antisemita, purch non fosse fondata su presupposti
biologici, e non ledesse i diritti degli ebrei battezzati e delle famiglie miste.
Questo fu l'atteggiamento della "Civilt Cattolica", che giustificava
l'antisemitismo perch
gli ebrei...hanno richiamato in ogni tempo, e richiamano tuttora su di s la giusta
avversione dei popoli coi loro soprusi troppo frequenti e con l'odio verso Cristo
medesimo, la sua religione e la sua Chiesa .
18

La stampa cattolica in generale, pur dedicando ampio spazio alle


vessazioni dei nazisti verso la stampa e le associazioni cattoliche, non
16G.

Miccoli, Santa Sede e Chiesa italiana di fronte alle leggi antiebraiche, in "Studi
Storici", n. 3, 1988, pag. 826.
17A. Spinosa, Le persecuzioni razziali in Italia, cit., L' atteggiamento della Chiesa,
(II), n. 8, 1952, pag. 1088.
18Cit. in L. Preti, I miti dell' Impero e della razza nell' Italia degli anni 30, Roma,
Editoriale Opere Nuove, 1965, pag. 67.

56
dedic mai particolare risalto all'antisemitismo tedesco. Persino numerosi
discorsi di Pio XI, e varie prese di posizione di personalit ecclesiastiche
vennero completamente ignorati dalla stampa italiana, e persino dai
bollettini diocesani, anche se in essi era difficilmente citato il problema
ebraico. Le uniche parole esplicite di Pio XI furono quelle espresse in un
udienza privata ad alcuni pellegrini belgi : "No, non possibile ai cristiani
partecipare all'antisemitismo...l'antisemitismo inammissibile; noi siamo
spiritualmente dei semiti". La resistenza del Papa e di una parte dei
cattolici irrit non poco il regime fascista, che ben presto si premur di
apparire, in materia di ebraismo, il vero interprete della dottrina cristiana.
Nella conferenza "La Chiesa e gli ebrei", dell'8 novembre 1938, Farinacci
precisava:
Cos' avvenuto che la Chiesa ufficiale si sente oggi non pi antisemita, ma
filosemita?...Noi non possiamo nel giro di poche settimane rinunciare a quella
coscienza antisemita che la Chiesa ci ha formato lungo millenni. Ma supereremo
questa nostra tragedia, coscienti della nostra missione politica. Noi ricordiamo che
lo spirito cristiano l'energia pi alta che sostiene gli uomini e i popoli europei e li
conduce al combattimento per il servizio di Dio .
19

Dopo questa presa di posizione le proteste cessarono quasi del tutto,


anche per evitare ritorsioni del governo contro la stampa cattolica e la
stessa autonomia dell'Azione Cattolica. La presenza degli accordi
concordatari e la volont di non metterli in pericolo contribuirono a
limitare le resistenze in ambito cattolico. Inoltre le posizioni critiche verso
le leggi razziali non intaccavano il merito della questione, bens erano
rivolte verso il mancato rispetto di alcune norme del Concordato, quali
quelle riguardanti i matrimoni misti e gli ebrei battezzati. Anche queste
proteste ebbero scarso peso, e la resistenza dei cattolici trov espressione
19Ibid.,

pag. 70.

57
negli atteggiamenti dei singoli. Se non ci fu una netta risposta dell'opinione
pubblica, il silenzio delle alte gerarchie ecclesiastiche non fin neppure di
fronte alla razzia del ghetto di Roma del 16 ottobre 1943.
Dalla parte opposta aumentarono invece le prese di posizione
favorevoli alla legislazione razziale. Oltre all'esplicito antisemitismo dei
gesuiti della "Civilt cattolica", spesso citati ed elogiati nella rivista "La
Difesa della Razza", nella battaglia antiebraica si schier anche
l'Universit Cattolica attraverso la sua rivista "Vita e Pensiero" e
soprattutto il suo Rettore. Nel 1939 infatti padre Agostino Gemelli avrebbe
affermato:
Tragica, senza dubbio, e dolorosa, la situazione di coloro che non possono far
parte, e per il loro sangue, e per la loro religione, di questa magnifica Patria;
tragica situazione in cui vediamo, una volta di pi, come molte altre nei secoli,
attuarsi quella terribile sentenza che il popolo deicida ha chiesto su di s e per la
quale va ramingo per il mondo, incapace di trovare la pace in una Patria, mentre le
conseguenze dell'orribile delitto lo perseguitano ovunque e in ogni tempo .
20

L'"Osservatore Romano", pur nella sua condanna del razzismo, pi


volte giustific argomenti antisemiti. Pubblicando l'omelia del vescovo di
Cremona, il 6 gennaio 1939, ribadiva il giudizio per cui "pericolosa la
convivenza degli ebrei, finch rimangono ebrei, alla fede e alla tranquillit
dei popoli cristiani". Tradizionalmente la Chiesa si prodigata per "frenare
e limitare l'azione e l'influenza degli ebrei in mezzo ai cristiani...isolando
gli ebrei e non permettendo ad essi l'esercizio di quegli uffici e di quelle
professioni per cui potessero dominare e influire sullo spirito,
sull'educazione e sul costume dei cristiani" .
21

20Cit.
21Cit.

in R. De Felice, Storia degli ebrei italiani, cit., pag. 325.


in L. Martini, Chiesa Cattolica ed Ebrei, in "Il Ponte", cit., pp. 1461-2.

58
Possiamo quindi affermare che in parziale reazione all'emancipazione
ebraica vi furono nel nostro paese non insignificanti manifestazioni di
antisemitismo "laico", ma soprattutto cattolico.
Se la tradizionale polemica cattolica anticip, soprattutto alla fine
dell'800, alcuni motivi destinati ad entrare "nel bagaglio dell'antisemitismo
dei nazionalisti e dei fascisti" , i nuovi temi antisemiti erano strettamente
22

legati alla crescita in Europa dell'antisemitismo politico, economico e


razziale, ed erano diretta conseguenza dell'ingresso nella vita politica
italiana dei cattolici.
In genere i contributi storiografici degli ultimi anni richiamano
soprattutto l'attenzione sulle tentazioni revisionistiche che vedono l'Italia
immune dall'antisemitismo. Nel 1946 Eucardio Momigliano affermava che
l'Italia aveva sempre ignorato l'antisemitismo . La storia della campagna
23

razziale scatenata in Italia assumeva a suo parere, per questo motivo, un


carattere di tragedia grottesca per il suo carattere di servile imitazione del
modello tedesco.
Anche secondo Antonio Spinosa, autore nel 1952 del primo studio
organico sulle leggi razziali, l'antisemitismo in Italia era stato sempre
confinato in minuscoli settori, incapaci di promuoverlo ad antisemitismo di
stato .
24

Sostenitore dell'assenza di antisemitismo in Italia anche De Felice,


il quale, fin dalla prima edizione del 1961 della sua Storia degli ebrei
italiani sotto il fascismo, sostiene che la cultura e la societ italiana non

22R.

De Felice, Storia degli ebrei italiani,. cit., pp. 31-2.


E. Momigliano, Storia tragica e grottesca del razzismo fascista, Milano, 1946,
pag. 29.
24A. Spinosa, Le persecuzioni razziali in Italia. Introduzione in "Il Ponte", 1952, anno
VIII, n. 7.
23Cfr.

59
solo non hanno conosciuto il razzismo, ma "non ne hanno portato in s
neppure i germi" .
25

L'antisemitismo classico, dovuto a motivi religiosi ed economici,


secondo De Felice stato sempre assente in Italia, sia per il numero
limitato di ebrei sul territorio, sia per la debolezza della loro presenza sul
piano economico. Inoltre il razzismo come fatto culturale una
conseguenza del nazionalismo, e quindi compare soprattutto nelle zone di
frontiera o dove sono presenti forti minoranze. Per De Felice sia la
tradizione laica che quella cattolica, egemoni in Italia, sono state contrarie
al

razzismo .
26

rappresentarono

Le

stesse

l'unica

correnti
eccezione,

nazionaliste
non

accolsero

futuriste,
il

che

razzismo

"biologistico", ma piuttosto una nozione di razza identificabile con la


"nazione", quindi con un valore morale e di tradizione. Tuttavia anche De
Felice deve ammettere che un certo veleno antisemita cominciava a
spargersi in Italia, risultato di "qualcosa...seppure debole (che) gi esisteva
in qualche piega della mente" . Lo stesso De Felice afferma che "alcune
27

gocce...(di) veleno antisemita non mancarono di spargersi qua e l" , e che


28

gli italiani in un certo senso si abituarono inconsciamente alle


argomentazioni antisemite.
D'altronde anche Cantimori affermava l'insostenibilit della tesi per la
quale l'Italia non avrebbe conosciuto l'antisemitismo dall'Unit in poi , pur
29

concordando con l'affermazione di De Felice, per il quale l'antisemitismo


in Italia non divent mai fenomeno di massa. Cantimori cita a questo
25R.

De Felice, Storia degli ebrei italiani, cit., pag. 27.


ibid., pag. 28.
27Ibid., pag. 48.
28Ibid., pag. 53.
29Cfr. D. Cantimori, Prefazione in R. De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il
fascismo, cit., 1a ed., pag. XI.
26Cfr.

60
proposito l'esempio del deputato liberale Pasqualigo che nel 1873 si
oppose alla nomina di un ministro ebreo alle finanze con la giustificazione
che "gli ebrei servono due patrie".
Anche Vivanti sottolinea le manifestazioni di antisemitismo liberale e
radicale, le cui tradizioni invocano religioni non confessionali ma
nazionali e, come Cantimori, evoca le affinit fra le manifestazioni di
30

razzismo e le dottrine vitalistiche ed irrazionalistiche collegate al


nazionalismo e quindi al fascismo. Il movimento nazionalista conflu a
vario titolo nel fascismo, nonostante De Felice abbia sostenuto la
sostanziale unicit del fascismo italiano, sempre al riparo da connessioni o
analogie con gli altri movimenti di estrema destra europei. Questa
interpretazione riduttiva del fascismo criticata da Cantimori che
sottolinea le venature irrazionaliste del fascismo delle origini ed il
contributo

ad

esso

dato

dal

nazionalismo,

dal

futurismo,

dal

dannunzianesimo ed anche da un certo razzismo europeo.


Nonostante tali premesse, anche Michaelis parla di una sostanziale
inesistenza di un problema ebraico in Italia. La spinta all'assimilazione
sembra essere la caratteristica principale della storia dell'ebraismo italiano
nei primi decenni del secolo, ma, come abbiamo accennato, manifestazioni
di intolleranza erano presenti e provenivano sia da parte liberale che da
parte cattolica e nazionalista. In questo senso la legislazione razziale non
si pu considerare un "accidente" della storia o un evento eccezionale, ma
il frutto di uno sviluppo storico dello stato liberale e soprattutto del
fascismo, in cui certe venature razziste erano organiche fin dalle origini.

30Cfr.

C. Vivanti, op. cit., pag. 807.

61
Gian Paolo Romagnani sostiene che spunti antisemiti erano presenti
nella cultura italiana, e proprio su questi elementi, in parte inconsci, punt
la campagna propagandistica che precedette l'emanazione delle leggi.
Come abbiamo visto la prima e pi importante matrice antiebraica,
si ritrova nella tradizione cattolica. I pregiudizi cattolici sono sfruttati dal
fascismo sin dall'inizio della campagna antisemita. Soprattutto Farinacci
richiam pi volte la Chiesa alle sue responsabilit in materia, ricordando i
trascorsi dei Padri della Chiesa, di numerosi papi, dei gesuiti. La seconda
fonte dell'antisemitismo italiano nella tradizione nazionalista: gli ebrei ed
i loro principi internazionalisti sono accusati di complotto, insieme alle
principali correnti transnazionali, quali il socialismo e la massoneria. La
propaganda

contro

complotti

"giudaico-comunista",

"giudaico-

massonico" o "giudo-plucratico" appare quindi la cartina di tornasole di un


diffuso antisemitismo. La terza radice dell'antisemitismo italiano trae
origine dal contrasto fra il fascismo e le dottrine liberal-democratiche, che
avevano sostenuto, pur con i limiti che abbiamo visto, l'emancipazione
degli ebrei . Negli anni successivi alle leggi razziali il regime si premur di
31

sottolineare la "storicit" dell'antisemitismo in Italia attraverso numerose


pubblicazioni, fra cui i libri di Orano (Gli Ebrei in Italia ed Inchiesta sulla
razza), ma anche quelli di Giuseppe Maggiore (Razza e Fascismo), di
Telesio Interlandi (Contra Judaeos), di Nicola Donadio (La Difesa della
Razza) e numerosi altri.
I rapporti fra italiani ed ebrei non erano in conclusione cos idilliaci
prima del 1938 come certa storiografia ha suggerito, n le leggi razziali
furono "un fulmine a ciel sereno". Se l'antisemitismo in Italia non era
un'ideologia diffusa, non si pu sottovalutare l'influenza dell'antiebraismo
31Cfr.

G. P. Romagnani, "Il veleno di una fede feroce". L' Italia di fronte alle leggi
razziali del 1938 in Dalle leggi razziali alla deportazione, cit., pag. 27.

62
cattolico e della polemica "antisionista" dei nazionalisti e dei fascisti, cos
come non si possono neppure sottovalutare i limiti della concezione laicoliberale.

63

CAPITOLO 0
LA PROPAGANDA ANTIEBRAICA NELLA STAMPA NAZIONALE
DAL 1933 AL 1938
Il regime fascista sin dalle origini attribu grande importanza al ruolo
della propaganda come mezzo per convincere ed indirizzare l'opinione
pubblica.
L'ideologia fascista era comunicata e diffusa dai mass-media
attraverso "slogans" e parole d'ordine semplici e dirette. La comunicazione
del fascismo apparve fin dall'inizio vera e propria "comunicazione di
massa", in quanto si rivolse a tutta la popolazione, non a determinati
settori.
Per le sue campagne propagandistiche il fascismo si serv della radio,
(l'E.I.A.R., l'Ente Italiano Audizioni Radiofoniche, fondato nel 1928 e su
cui vigeva uno strettissimo controllo); dell'Istituto Luce, in ambito
cinematografico e dell'Agenzia Stefani, che controllava l'editoria in
generale.
Il ruolo della propaganda nel riprodurre e diffondere il pregiudizio
antisemita fu naturalmente fondamentale. Su essa l'ebreo diventa il
prototipo di ogni aberrazione, anticonformismo, diversit, un'entit
spersonalizzata ed astratta:

64
Io non ricordo esattamente quali potessero essere i termini di lettura della
propaganda fascista...per ricordo esattamente le illustrazioni di certi giornali.
Ecco che avevamo il classico ebreo obeso, rapace, col naso adunco, col piede di
pollo, che poi corrisponderebbe ad una natura diabolica, demoniaca. All'ebrea
piuttosto puttana, con la quale il rapporto umiliava il maschio .
1

L'indottrinamento ideologico, anche attraverso la propaganda, era indispensabile:


solo cos si poteva procedere alla "disumanizzazione", che l'autorizzazione alla
violenza; le azioni violente diventano routine .
2

De Felice individua tre tipologie di azione propagandistica antisemita


sulla stampa: una prima fase che tende ad annunciare l'imminente svolta
legislativa, una seconda che mira ad indirizzare ed accrescere il
pregiudizio razziale, un'ultima fase che si propone di giustificare l'azione
del regime .
3

Questa ideologia, tanto capillarmente diffusa attraverso la stampa e la


radio, diede indubbiamente i suoi frutti, soprattutto fra i giovani. Le
raffinate tecniche propagandistiche utilizzate riuscirono ad imporre agli
italiani la "questione ebraica", risvegliando ed ampliando pregiudizi latenti
e creandone di nuovi.
Gordon Allport distingue diversi livelli di pregiudizio secondo la loro
intensit:

Rifiuto verbale o denigrazione

Discriminazione e segregazione al fine di evitare il contatto

Violenza

fisica, che pu assumere la forma estrema dello sterminio .


4

L'azione del regime sembra aver seguito fedelmente questo schema.


La propaganda utilizz tecniche persuasorie che miravano all'inconscio ed
all'irrazionale, per la necessit di dover suscitare un sentimento antisemita
1Intervista

alla signora Giacoma Limentani.


alla signora Pupa Garriba.
3Cfr. R. De Felice, Storia degli ebrei italiani, cit., pag. 204.
4Cfr. G. Allport, La natura del pregiudizio, Firenze, La Nuova Italia, 1974.
2Intervista

65
diffuso in pochi mesi. Non vennero utilizzati espedienti provocatori o
violenti. L'accusa agli ebrei di pericolosit sociale non avrebbe potuto
funzionare per la loro limitata presenza sul territorio. L'ebreo doveva
essere "psicologicamente" sentito come avversario, ed assumere il ruolo di
"capro espiatorio" . Anche le pretese "scientifiche" del Manifesto degli
5

scienziati razzisti non avrebbero potuto essere accettate senza una


preparazione a livello "irrazionale" dell'opinione pubblica. Lo scopo della
propaganda fu quindi quello di creare quei meccanismi inconsci che
garantissero non solo l'accettazione della legislazione, ma la convinzione
della sua assoluta necessit.
Questo doppio obiettivo fu perseguito dalla parallela campagna di
stampa condotta da diversi organi d'informazione. Mussolini decise di
assumere un atteggiamento volutamente opportunistico, affidandosi al suo
organo personale, "Il Popolo d'Italia", per ribadire la sua posizione
ufficiale di sostanziale attesa, e nello stesso tempo caldeggiando gli
attacchi ferocemente antisemiti di organi quali "Il Tevere" di Interlandi. In
questo modo la diffusione di attacchi contro gli ebrei non intaccava
direttamente la sua persona, lasciandolo libero di prendere indirizzi diversi
secondo le diverse opportunit politiche.
Tutti gli organi di stampa parteciparono alla campagna razzista,
inclusi i quotidiani locali e la stampa cattolica. Ben tre riviste vennero
dedicate esclusivamente all'antisemitismo: "La Difesa della Razza", che
nei mesi di agosto e settembre ebbe una tiratura superiore alle centomila
copie; "Il Diritto Razzista" di Stefano M. Cutelli e "Razza e Civilt", la
rivista della Demorazza diretta da Antonio Le Pera, che ospitarono
discussioni pi propriamente giuridiche.
5Cfr.

Y. Chevalier, L' antisemitismo. L' ebreo come capro espiatorio, Milano, IPL,
1991.

66
Gli argomenti preferiti dalla propaganda possono essere riassunti
come segue:

la ripresa di motivi dell'antisemitismo cattolico, per evitare qualsiasi

presa di posizione da parte della Chiesa

l'accusa nei confronti dei "pietisti", e di chi in generale si mostrava

benevolo verso gli ebrei;

il continuo riferimento alle legislazioni antiebraiche adottate negli

altri paesi;

i pregiudizi antiebraici tradizionali, quali l'esercizio del prestito ad

usura, il contrabbando, la frode;

lo sfruttamento di pubblicazioni antisemite estere ed italiane;

con l'avvento della guerra, le accuse agli ebrei di averla provocata e

comunque di non parteciparvi (le leggi razziali avevano impedito loro


l'accesso all'esercito).
L'antisemitismo fu utilizzato dal fascismo non come fine a se stesso,
ma come copertura ideologica di motivazioni differenti . La creazione di
6

una figura da denigrare e da utilizzare come capro espiatorio diventava


fondamentale come proiezione non solo della crisi economica italiana, ma
anche delle difficolt sociali e soggettive degli italiani. L'antisemitismo
poteva fungere da catalizzatore per la creazione del nuovo uomo fascista
cui ambiva Mussolini, forte, orgoglioso e consapevole di s.
I temi preferiti della campagna antisemita sfruttarono contenuti di
derivazione sia cattolica che laica.
L'utilizzo delle categorie dell'antisemitismo cattolico risultava
indispensabile sia per ricordare agli eventuali avversari nella Chiesa la loro
responsabilit, sia perch la tradizione cattolica, come abbiamo visto, era
6Cfr.

E. Collotti, Introduzione a S. Bon Gherardi, op. cit., pag. 12.

67
in Italia l'unica fonte consistente di pubblicistica antisemita. L'ebreo era il
nemico della Chiesa per eccellenza, con la sua negazione del Cristo ed il
suo materialismo. L'antitesi tra mondo ebraico e mondo cattolico poteva
fornire quindi una base di consenso popolare essenziale.
Ma allo stesso tempo il fascismo aveva bisogno di un'autonomia
ideologica, che si esplic in accuse generiche contro l'ebraismo in generale
ed in accuse pi propriamente politiche di "infedelt" verso il regime.
Le accuse generiche furono, a pi riprese, violentissime: esse
dovevano far apparire l'ebreo il pi spregevole possibile, utilizzando le
notizie sempre pi frequenti della cronaca nera. Questi attacchi indiretti
venivano poi affiancati, apparentemente senza soluzione di continuit, da
riferimenti polemici che avevano il compito di evidenziare la pericolosit
degli ebrei per tutte le classi sociali.
Ricorda Ugo Caffaz:
Il clima di incertezza e di miseria imperante sotto il regime fascista rischiava di
essere uno dei nemici peggiori del regime stesso, nella misura in cui la
disperazione popolare poteva (come in parte fu) trasformarsi in protesta di massa
e in resistenza organizzata. Ecco che il capro espiatorio doveva, per essere efficace
e consistente, avere caratteristiche ben precise, doveva cio suscitare invidia e
timore per la sua innata arte di arrangiarsi..., timore in quanto, dato che non va
mai a fondo, ha sempre da guadagnare da qualunque situazione, anche, e
soprattutto, da quelle disastrose come la guerra, la carestia, le pestilenze che, in
fondo, sempre lui a provocare. In queste situazioni l'ebreo si salva sempre, lui da
solo, quindi l'unico a trarne vantaggio. E chi altri, se no?
7

Ma l'obiettivo principale della propaganda era il complotto


internazionale che vedeva protagonisti, oltre agli ebrei, la massoneria, il
bolscevismo e l'alta finanza. Questo complotto mirava alla distruzione del
regime attraverso le varie concentrazioni antifasciste, cui facevano
7U.

Caffaz, L' antisemitismo italiano sotto il fascismo, Firenze, La Nuova Italia, 1974,
pag. 23.

68
riferimento, secondo la propaganda, numerosi ebrei. Il motivo del
complotto trovava le sue ragioni nel tentativo di giustificare la crisi
economica con l'attribuzione di responsabilit ad un'entit potente ed
incontrollabile che agiva nell'ombra. Il malcontento poteva essere quindi
rivolto verso un soggetto diverso dal fascismo, che non era quindi
responsabile del disagio e della crisi.
Il meccanismo psicologico fondamentale che la propaganda si
propose di utilizzare fu quindi quello di stimolare il conflitto e
l'aggressione verso un gruppo ritenuto privilegiato, da parte di chi si
riteneva pi svantaggiato e colpito da fenomeni di "proletarizzazione" .
8

I primi passi della campagna propagandistica risalgono al 1933, anno


dell'avvento di Hitler al potere. Se Mussolini accoglie con favore la
conquista nazista dello Stato, l'entusiasmo della stampa fascista non si
estende agli aspetti antisemiti del nuovo regime. Le differenze fra fascismo
e nazismo in relazione al problema razziale sono ampiamente sottolineate,
facendo gi riferimento al carattere materialista del razzismo tedesco,
inconciliabile con le tradizioni italiane. Il 22 agosto "Il Popolo d'Italia"
dibatteva la questione nell'articolo Fra due civilt : "Ecco un altro grande
paese che crea lo Stato unitario, autoritario, totalitario, cio fascista con
talune accentuazioni che il fascismo si risparmiato, dovendo agire in un
contesto storico diverso".
Indubbiamente Mussolini si risent del comportamento degli ebrei nei
confronti della Germania: mentre il fascismo si avvicinava al suo
movimento gemello, gli ebrei italiani ne denunciavano l'atteggiamento
contro i loro correligionari al pari della propaganda antifascista fuoriuscita.
Per Mussolini questa era una prova di "internazionalismo ebraico" che non
Cfr. T. W. Adorno, M. Horkheimer ed altri, La personalit autoritaria, Milano,
Edizioni di Comunit, 1973, I vol., pag. 215, II vol., pag. 678.
8

69
poteva essere sopportata. In un primo momento, per mantenere buoni
rapporti con entrambe le parti, il duce si propose come mediatore. La
politica di compromesso si rivel da una parte nella pubblica condanna
della politica razziale tedesca, dall'altra parte nell'inizio della prima
campagna antisemita su una parte della stampa fascista. Per De Felice la
campagna "prese le mosse...fuori dall'entourage di Mussolini", fra i
fascisti che non approvavano la politica filosemita del Capo del Governo,
mentre Michaelis sostiene che la campagna venne ispirata dal duce stesso .
9

Il portavoce ufficiale della campagna fu Telesio Interlandi, che stato


erroneamente ritenuto finanziato dai tedeschi. In realt il suo giornale, "Il
Tevere", era finanziato e sostenuto dallo stesso Mussolini. Secondo
Lyttelton, questo giornale aveva un ruolo essenziale nel sistema fascista,
proponendo

quegli

argomenti

sui

quali

Mussolini

non

voleva

compromettersi personalmente . Sul "Tevere" Mussolini fece accusare gli


10

ebrei di aver diffuso pretestuosamente storie di atrocit compiute nel Terzo


Reich, mentre Farinacci su "Il Regime Fascista", accusava gli ebrei di
doppia lealt, chiedendo provvedimenti che riducessero la loro presenza
nella vita italiana. "Il Popolo d'Italia" prese posizione attraverso uno degli
uomini di fiducia di Mussolini, Ottavio Dinale (Farinata), che in realt
riassunse la posizione del duce. Nella seconda met del 1933 una serie di
articoli comparsi su questo giornale deplorava da una parte gli eccessi
antisemiti di Hitler, ma nello stesso tempo sottolineava la necessit di
controllare gli ebrei, anche suggerendo il numero chiuso.
Queste prime prese di posizione non preoccuparono la comunit
ebraica italiana. L'inizio degli anni '30 sembrava infatti rappresentare il
9Cfr.

R. De Felice, Storia degli ebrei italiani, 3a ed., cit., pag. 122; M. Michaelis,
Mussolini e la questione ebraica, cit., pag. 467.
10Cfr. A. Lyttelton, La conquista del potere. Il fascismo dal 1919 al 1929, Bari,
Laterza, 1974, pag. 642.

70
momento di massima vicinanza tra il fascismo e l'ebraismo, n la
propaganda aveva assunto un carattere marcatamente razzista. Alcuni
articoli attribuibili a Mussolini apparsi nel 1932 sul "Popolo d'Italia"
affrontano la questione dell'"alta banca" ebraica, ma sono il frutto di luoghi
comuni piuttosto frequenti in quel periodo a livello internazionale, e non il
sintomo di un antisemitismo gi maturo. Anche nel 1934, quando pi dura
fu la polemica antisionista, preoccupazione di Mussolini, che pure era
avverso all'internazionalismo ebraico, fu quella di stabilire buone relazioni
con il movimento sionista, soprattutto in funzione antinglese. Mentre "Il
Tevere" attaccava il sionismo, sul "Popolo d'Italia" appariva un commento
positivo sul congresso sionista di Praga, nel corsivo Saggezza dell'8
settembre: "Il problema degli ebrei non pu avere che una soluzione: lo
Stato ebraico in Palestina. Le affermazioni di Praga, nelle quali si
condannata ogni assimilazione e si proclamato nettamente che l'ebraismo
non una religione ma un popolo, spingono sempre pi verso questa
soluzione". Gi il 17 febbraio sullo stesso giornale era apparso un articolo,
Una soluzione, che caldeggiava la creazione in Palestina di uno Stato vero
e proprio, e non solo di

un "focolare", secondo l'espressione della

Dichiarazione di Balfour del 1917.


In definitiva le uniche prese di posizione chiaramente antisemite
provenivano da Preziosi, mentre "Il Tevere" si mostrava sempre pi vicino
alla posizioni razziste tedesche. Gli altri organi di stampa si dibattono fra
incertezze e contraddizioni, diretto risultato dell'incerta situazione politica.
Nel fascismo la corrente antisemita prendeva nuovo vigore grazie al
progressivo affermarsi in Europa di motivi antiebraici che caratterizzavano
i fascismi emergenti. Inoltre da pi parti si spingeva per una pi stretta
alleanza con il regime nazista, che avrebbe potuto essere pregiudicata da

71
una differenza troppo netta sulla questione ebraica. Mussolini, come si
detto, cerc di assumere il ruolo di mediatore imparziale nella controversia
tra Hitler e gli ebrei, con l'illusione di poter assumere un ruolo guida verso
il suo antico allievo. Gli articoli del "Popolo d'Italia" dell'estate 1933
oscillano fra il tentativo di giustificare le posizioni tedesche, motivandole
con la particolare situazione storico-culturale, e gli attacchi nei confronti
degli ebrei tedeschi, accusati di vittimismo e di colpe innegabili. Sul
"Giornale d'Italia" il 7 maggio 1933 appare l'articolo La verit sulla lotta
contro gli ebrei, che recensisce la pubblicazione su "Gerarchia" di notizie
di "pretese" atrocit che sarebbero state commesse contro gli ebrei. Le
violenze sarebbero state in realt inventate dalle socialdemocrazie europee
per poter mettere in cattiva luce il nuovo corso tedesco. Nei recenti
avvenimenti si doveva vedere non un tentativo di "pogrom", ma una
legittima difesa da parte della Germania.
Il giovane nazismo ed i suoi eccessi avrebbero tuttavia trovato la
giusta misura sotto la guida del maturo fascismo.
I giornali non ufficialmente di partito tennero in generale un
atteggiamento apertamente contrario al razzismo nazista, mentre la stampa
cattolica assunse una vasta gamma di posizioni. Se la condanna nei
confronti del razzismo nazista, dai presupposti anticristiani e pagani, fu
netta, non altrettanto chiara fu la presa di posizione contro l'antisemitismo.
Soprattutto l'organo dei gesuiti, "La Civilt Cattolica", si fece portavoce,
come gi era accaduto alla fine dell'800, di temi di propaganda antisemita,
che riproponevano le antiche accuse di deicidio, di omicidio rituale e di
immoralit.
Un particolare ruolo assunse ben presto il quotidiano pi diffuso in
Italia, "Il Corriere della Sera", che fin dal 1933 si avvalse della

72
collaborazione di Lidio Cipriani, razzista convinto, che sar uno dei
firmatari del Manifesto nel 1938. In numerosi articoli Cipriani sostenne
prima l'inferiorit delle popolazioni di colore ed in seguito quella degli
ebrei. Secondo alcuni autori nella campagna antisemita del quotidiano
milanese si distinse soprattutto la pagina di cronaca, controllata dalla
federazione cittadina, mentre le altre pagine del giornale, esclusi gli articoli
di Cipriani, sembrano mantenere un tono prudentemente cauto: la
redazione del "Corriere" avvert l'impopolarit dei provvedimenti, e riusc
a non confondersi con i sostenitori pi fanatici del razzismo . In realt
11

difficile considerare gli articoli di Cipriani un'"eccezione" della linea pi


morbida del giornale, sia per il loro numero, sia per il risalto loro
assegnato.

La

collaborazione

di

Cipriani

favor

al

contrario

un'impostazione "biologica" del problema ebraico, mentre sugli altri


giornali questa posizione veniva via via sfumata, contraddetta e
riaffermata.
Nella seconda met del 1933 i rapporti con la Germania sembrarono
raffreddarsi, in quanto Hitler si era dimostrato meno malleabile del
previsto. Ancora nel novembre il fascismo si illudeva di poter guidare il
suo movimento gemello, come rivela l'articolo Fascismo e fascismi di
Nicol Castellino, apparso sul "Giornale d'Italia" il 2 di quello stesso
mese: "Il sole di Roma tanto luminoso che pu oggi, come sempre,
illuminare senza ombre il cammino di tutti i popoli della terra". L'articolo
oscilla ancora fra la giustificazione verso l'atteggiamento razzista tedesco e
l'affermazione della differenza sostanziale fra i due movimenti sulla
questione razziale:

11Cfr.

Corriere della Sera. (1919-1942), (a cura di P. Melograni), Bologna, Cappelli,


1965, pag. 550.

73
Hitler ha saputo ridare al popolo la coscienza e la coesione. Per ricostruire la
nazione tedesca egli ha cominciato a ricostruire la famiglia tedesca, facendo leva
sulle tendenze peculiari della stirpe...La sua appassionata lotta per la "Razza" va
interpretata come una lotta per la "grande famiglia" della nazione. Le esagerazioni,
gli stridori, i contrasti che le nostre equilibrate menti romane riconoscono in
alcune realizzazioni hitleriane non sono che accentuazioni delle caratteristiche
fondamentali di quel popolo.

Tuttavia, per il fascismo, il concetto di Stato non legato al concetto


di razza biologica, essendo compito dello Stato fondere i ceppi diversi.
Compare qui il primo riferimento a quel "razzismo dello spirito" che
Mussolini avr ben presente al momento di differenziare le sue posizioni
da quelle tedesche:
La razza dello spirito: la STIRPE nel senso pi elevato e sicuro della parola, un
termine ben pi aderente al concetto di Nazione che non la razza del
sangue...Tanto pi che le razze pure nella filogenesi non esistono: come la razza
latina sorta dalla fusione di elementi aborigeni con gli etruschi, i sanniti, i romani,
cos la razza tedesca un crogiuolo di ceppi vandali, goti e slavi .
12

Questo concetto era ribadito dallo stesso Mussolini nel suo discorso
alle Camicie Nere fiorentine del 24 ottobre, ripreso dal "Corriere della
Sera". Oltre alla priorit ed inconfondibilit della dottrina fascista, il duce
ribadisce che la questione della razza deve essere affrontata
assumendo...questa parola non gi nel senso strettamente etnico, come si fa in
certi Paesi, ma piuttosto in senso storico, come giusto e scientifico fare. Nessuna
razza pi composita dell'italiana per mescolanza di sangue, ma nessuna pi
omogenea per il complesso di vicende storiche.

Il "Popolo d'Italia", il 3 novembre 1933, muoveva un duro atto


d'accusa al razzismo tedesco,

denunciato come scientificamente

insostenibile e politicamente disastroso. Nell'articolo Non una, ma cinque


di Ruggero Zangrandi il principale bersaglio diventa la teoria della
12N.

Castellino, Fascismo e fascismi, "Giornale d'Italia", 2 novembre 1933.

74
superiorit nordica: se questa teoria fosse corretta, i lapponi, che sono la
razza pi settentrionale, dovrebbero anche essere la razza pi elevata.
La polemica antiebraica raggiunge il culmine nel marzo 1934, quando
16 antifascisti, tra i quali 14 ebrei, vengono arrestati a Torino. Il "Giornale
d'Italia" titola in prima pagina 20 propagandisti antifascisti dei quali
diciotto israeliti arrestati a Torino dall'O.V.R.A dopo il sequestro di un
abbondante materiale di propaganda presso il confine con la Svizzera. I
primi fermi risalgono al giorno 11, quando Sion Segre e Mario Levi
vengono trovati in possesso di stampati e libelli antifascisti. Nell'articolo si
pone in particolare risalto la frase che Mario Levi avrebbe pronunciato
fuggendo in territorio svizzero: "cani di italiani vigliacchi". I successivi
arresti sarebbero avvenuti grazie a documenti ed appunti ritrovati in
possesso del Segre. L'occasione venne subito sfruttata per attaccare il
sionismo antitaliano e l'antifascismo degli ebrei, proprio attraverso la
sottolineatura dell'origine ebraica della quasi totalit dei sovversivi. La
polemica sulla stampa, soprattutto sul "Tevere", fu durissima. Soprattutto il
giornale personale di Mussolini riprese un articolo apparso il 31 marzo
sul giornale di Interlandi, L'anno prossimo a Gerusalemme. Quest'anno al
Tribunale Speciale:
L'ebreo non si assimila, perch nell'assimilazione vede una diminuzione della sua
personalit e un tradimento della sua razza;...l'ebreo esige una doppia nazionalit diciamo pure una doppia patria - per rimanere "elemento produttivo", cio per fare
i suoi affari e avere oltre i confini un centro d'attrazione e di propulsione
supernazionale.

Nello stesso tempo, tuttavia, la crisi dell'amicizia italo-tedesca


stimolava la reazione della stampa contro le posizioni razziste tedesche.
L'articolo Germania 1934 apparso sul "Corriere della Sera" del 25 gennaio
1934, con la firma di Cristiano Ridomi, sottolineava la confusione del

75
nuovo governo tedesco, e la sua arroganza nella questione razziale. I
provvedimenti antisemiti vengono definiti intempestivi ed eccessivi, una
manifestazione di paganesimo nazista inaccettabile.
Il 19 maggio, nell'articolo Il movimento antisemita in Germania e le
sue nuove manifestazioni, apparso sul "Giornale d'Italia", si analizza
l'attivit dello "Sturmer" di Streicher, che aveva assunto un ruolo
fondamentale all'interno del movimento antisemita, le cui manifestazioni
prendevano forme sempre pi violente.
Mentre la polemica fra Italia e Germania sull'Austria diventava pi
aspra, il 26 maggio 1934 sul "Popolo d'Italia" si sottolineava la profonda
differenza tra le due ideologie in materia di razzismo nell'articolo
Teutonica, il cui obiettivo polemico era il pangermanesimo in quanto
razzismo al cento per cento. Contro tutto e contro tutti: ieri contro la civilt
cristiana; oggi contro la civilt latina; domani, chiss, contro la civilt di tutto il
mondo! Ma una politica di questo genere, una politica che non pu essere
oscurantista, cos come gi esclusivista, sciovinista e imperialista, non pu essere
politica da ventesimo secolo...questo razzismo nazionalsocialista, cos carico di
bellicosit appiccicaticce.

Sempre sul "Popolo d'Italia", il 14 luglio veniva sottolineata la


differenza tra cultura e kultur in ambito razziale.
Sullo stesso giornale, il 14 agosto, l'articolo Fallacia ariana,
anonimo, ma attribuibile a Mussolini, riprendeva la confutazione
scientifica del razzismo tedesco prodotta dall'antropologo inglese Grafton
Elliot Smith, secondo il quale le dottrine naziste sulla "razza pura" erano in
contrasto con gli insegnamenti della scienza antropologica. Un altro
articolo anonimo, Alla fonte, il 29 agosto, ricordava che secondo lo stesso
Hitler la razza non esisteva, non potendo crearsi "un armento di sangue
puro" neppure dopo sei secoli di matrimoni "razzialmente puri". L'8

76
settembre Mussolini riprendeva la polemica con l'articolo Razza e
razzismo, in cui si attribuiva alla degenerazione razziale in atto in
Germania l'ossessione razzista di Hitler. Traspare, da parte di Mussolini, il
compiacimento per il fatto che le leggi razziali , per ci che si riferiva alle
sterilizzazioni, erano state accolte con ostilit dal popolo tedesco. Il duce,
in polemica con chi in Italia avrebbe potuto ammirare la legislazione
tedesca, conclude: "E' bene che tutto quanto precede sia conosciuto in
Italia". Il 2 dicembre Mussolini decide di firmare il suo articolo Stato e
Chiesa, in cui denuncia apertamente l'anticristianesimo della nuova
religione tedesca del sangue:
Nel concetto fascista di Stato totalitario, la religione assolutamente libera e, nel
suo ambito, indipendente...Uno Stato che non voglia seminare il turbamento
spirituale e creare la divisione fra i suoi cittadini, deve guardarsi da ogni intervento
in materia strettamente religiosa.

Gli attacchi antisemiti si ridussero progressivamente nella seconda


met del 1934, limitandosi a sporadici commenti sull'alta finanza ebraica e
sull'internazionalismo sionista. Tuttavia gi in questa prima fase
propagandistica possibile individuare alcuni temi che saranno ripresi, con
differente intensit, negli anni successivi.
Le accuse rivolte agli ebrei, per essere il pi possibile diffuse,
dovevano essere allo stesso tempo specifiche e generalizzabili, in grado di
accontentare tutti. In questo modo le accuse di avarizia, di prestito ad
usura e di concorrenza sleale potevano interessare il commerciante e
"colpire" la media borghesia, la vigliaccheria e l'internazionalismo i
militari, l'antifascismo i quadri del partito, e cos via. E' da notare
comunque che l'Enciclopedia Treccani, diretta interprete delle direttive del
regime, nel 1935 alla parola Razza faceva seguire la spiegazione

77

Non esiste una razza, ma solo un popolo ed una nazione italiane; non esiste una
razza, n una nazione ebrea, ma un popolo ebreo; non esiste - errore pi grave di
tutti - una razza ariana (o meglio aria), ma esistono solo una civilt ed una lingua
ariane.

Una nuova fase nei rapporti fra ebraismo e fascismo, e quindi una
nuova campagna antiebraica sulla stampa, si apr nel 1936, in occasione
della guerra d'Etiopia. Le sanzioni imposte dalla comunit internazionale
vennero accolte come una sfida dell'"ebraismo internazionale" da parte di
Preziosi ed altri corifei dell'antisemitismo italiano. La polemica sulle
sanzioni, che, oltre a non essere efficaci, aumentarono la popolarit di
Mussolini in Italia , assunse subito connotazioni antiebraiche. Durante la
13

guerra etiopica ed in seguito quella spagnola, l'argomento preferito della


propaganda fu l'equazione bolscevismo-ebraismo. Anche sulla stampa
cattolica si dipinse il giudaismo come sinonimo di comunismo e
socialismo. Gli ebrei avrebbero mirato al dominio del mondo dopo essersi
assicurati l'assoluto dominio economico. Sul "Giornale d'Italia", l'8 gennaio
1936, apparve l'articolo Massoni e comunisti dirigono i fili di Ginevra,
realizzato grazie alle "importanti rivelazioni di un giornalista tedesco".
Nell'articolo si affermava l'identit fra le mire della massoneria e quelle
della politica sanzionistica di Ginevra, sottolineando l'appartenenza alla
"razza ebrea" di Nathan, Gran Maestro della Massoneria, e di Livtinov,
dirigente sovietico.
Nei mesi successivi la stampa ospit ampi e dettagliati resoconti della
situazione in Palestina, che vedeva la rivolta araba contro il protettorato
inglese e l'immigrazione ebraica. Il 29 maggio il "Giornale d'Italia"
13Cfr.

L. Salvatorelli e G. Mira, Storia d' Italia nel periodo fascista, Torino, Einaudi,
1964, pp. 863-8.

78
pubblicava un editoriale del direttore Virginio Gayda, in cui si rifiutava
l'affermazione inglese per cui l'Italia avrebbe fomentato i disordini in
Palestina. La causa dei disordini era individuata da Gayda nella doppiezza
inglese, che avrebbe promesso la Palestina agli arabi ed agli ebrei,
rendendosi colpevole di un
progressivo accaparramento terriero...nelle mani ebraiche, di una crescente
concorrenza ineguale economica e culturale fra le due razze e di una compressione
dei tradizionali diritti arabi...Ma non soltanto l'entit numerica degli ebrei che
pesa sugli arabi. Sono anche le loro risorse economiche e le loro capacit
commerciali che creano la concorrenza ineguale e l'urto fatale degli interessi fra le
due razze.

I tradizionali luoghi comuni antiebraici vengono qui accompagnati da


una forte polemica antinglese, segnando la scelta di Mussolini per il
mondo arabo, non avendo la carta sionista portato i benefici sperati. Inoltre
il riavvicinamento con la Germania, soprattutto durante la guerra d'Etiopia,
preannunziava una svolta nella politica italiana. Legati alla guerra d'Etiopia
sono i primi accenni razzisti sulla stampa italiana. Capofila di questo
movimento Lidio Cipriani, che dalle pagine del "Corriere della Sera"
invita ripetutamente alla regolazione dei rapporti fra italiani ed africani.
Nell'articolo L'antropologia in difesa dell'Impero del 18 giugno Cipriani
auspica la salvaguardia delle doti razziali degli italiani, "ragione
prima...del nostro dominio del mondo". Il pericolo degli incroci deve
essere assolutamente evitato dalle razze superiori, pena l'alterazione
irreversibile delle caratteristiche fisiologiche e psichiche delle razze
dominanti. Il potenziamento dell'Impero potr cos avvenire solo evitando
promiscuit, ed il divieto dovr essere sancito da leggi adeguate.
L'avvicinamento alle posizioni antisemite tedesche avviene in
occasione del congresso nazista di Norimberga, svoltosi il 10 settembre

79
1936, che vede le violente requisitorie di Goebbels e Rosenberg contro il
pericolo giudaico-bolscevico. Tutti i giornali italiani danno ampio risalto
alla notizia, anche se nei titoli ancora non compaiono riferimenti
antiebraici. Ma il 12 settembre "Il Regime fascista" di Farinacci,
prendendo spunto dai discorsi dei ministri di Hitler, dava il via alla
seconda campagna antiebraica sulla stampa. Gli attacchi, a differenza di
quelli del 1934, non erano diretti solo contro il sionismo, ma
indistintamente contro tutti gli ebrei, e per la prima volta i rappresentanti
dell'ebraismo italiano decisero di controbattere personalmente le accuse.
L'obiettivo principale era ancora l'internazionale ebraica, con le sue
derivazioni massoniche e bolsceviche, ma per la prima volta si ventilava
l'idea di provvedimenti legislativi contro quegli ebrei che avessero
partecipato attivamente alle campagne sioniste ed alle riunioni del
Congresso ebraico internazionale. I principali giornali italiani non
parteciparono attivamente a questa fiammata antisemita, ma questa
operazione di pressione ebbe il risultato di mantenere viva nell'opinione
pubblica la questione ebraica, ed in molti casi di crearla dal nulla. Nel
frattempo, anche se i provvedimenti legislativi non erano ancora stati
decisi, Mussolini iniziava un'"epurazione" nel "Popolo d'Italia". In un
primo momento rifiuta la collaborazione del corsivista Adriano Grego,
perch ebreo, in seguito quella dello storico A. Levi. Il 31 dicembre lo
stesso Mussolini si inserisce personalmente nella campagna antisemita, in
un articolo apparso anonimo sul "Popolo d'Italia", Il troppo storpia, cui
abbiamo gi accennato:
L'antisemitismo inevitabile laddove il semitismo esagera con la sua esibizione, la
sua invadenza e quindi la sua prepotenza. Il troppo ebreo fa nascere
l'antiebreo...L'annunciatore e il giustificatore dell'antisemitismo sempre e
dovunque uno solo: l'ebreo. Quando esagera e lo fa sovente.

80

In un altro articolo apparso anonimo, Davar, del 19 giugno 1937,


Mussolini avrebbe denunciato gli ebrei come precursori del razzismo:
Facendo coincidere la religione con la razza e la razza con la religione, Israele si
salvato dalla "contaminazione" con gli altri popoli....L'ebreo sta agli altri popoli
come l'olio che sta nell'acqua, ma non si confonde con l'acqua. Quello d'Israele
un riuscitissimo esempio di razzismo che dura da millenni, ed un fenomeno che
suscita ammirazione profonda. Gli ebrei, per, non hanno diritto alcuno di lagnarsi
quando altri popoli fanno del razzismo.

Nel 1937 gli attacchi divennero sempre pi diffusi, e trovarono spazio


anche al di fuori degli ambienti tradizionalmente avversi all'ebraismo.
Nel frattempo la conquista dell'impero aveva posto il fascismo di
fronte al complesso problema razziale. Nei primi mesi del 1937 sono
infatti approvati i primi provvedimenti miranti a proibire i rapporti sessuali
fra bianchi ed indigeni . Sul "Giornale d'Italia", il 10 gennaio, Virginio
Gayda sottolinea il "dovere nazionale di... proteggere la razza italiana e le
sue tipiche qualit dalle commistioni e dalle corruzioni delle razze di
colore". L'articolo La difesa della razza nei territori dell'Impero, continua
con l'affermazione che il razzismo italiano la naturale continuazione della
politica demografica voluta da Mussolini, ed ha l'obiettivo di evitare
"infiltrazioni corruttrici di elementi inferiori". Il razzismo diventa cos parte
integrante dell'ideologia fascista, mentre, parallelamente, la campagna
antisemita riprende vigore e si arricchisce di nuovi temi. L'occasione venne
data dalla pubblicazione del libro di Paolo Orano, Gli ebrei in Italia, che
per la prima volta attaccava tutti gli ebrei indistintamente. Oltre ai
tradizionali pregiudizi che vedevano gli ebrei padroni della finanza
internazionale, portatori di dottrine sovversive e di arte "degenerata", il

81
libro conteneva un attacco sia ai sionisti che agli ebrei fascisti. Secondo
Orano non ha senso parlare di ebrei "ottimi italiani" perch fedeli al
regime. Gli ebrei non hanno il diritto alla separazione, dovrebbero
rinunciare alla loro identit comunitaria, mantenendo esclusivamente la
loro individualit religiosa. Tutti i giornali ripresero e recensirono
positivamente il libro di Orano, alcune volte auspicando provvedimenti
legislativi in base alle conclusioni dell'autore. Il "Giornale d'Italia", il 20
aprile 1937, nell'articolo di Nosari Gli ebrei in Italia, rinviava al libro di
Evola, Il mito del sangue, come portavoce di un antisemitismo "eticosociale" che Orano riproponeva:
Assurdo, dunque, il sionismo da noi; criminoso il legame con l'ebraismo dei paesi
liberali, democratici e socialisti; intollerabile l'attivit delle comunit e del
giornale "Israel" che mirano a tener vivo il senso della razza e della tradizione
ebraica...; deplorevole l'ospitalit che specialmente nel Veneto si d ad ebrei
tedeschi fuoriusciti.

Il "Corriere della Sera", nell'articolo di Radius del 18 maggio, Gli


ebrei in Italia, considerava un errore degli ebrei mettere l'accento sulla
purezza della loro razza, e quindi sulla loro integrit da difendere.
La situazione si rivel in tutta la sua nuova drammaticit quando
anche il giornale di Mussolini, "Il Popolo d'Italia", recens positivamente il
libro di Orano. Il 25 maggio 1937, O. Gregorio, nell'articolo Gli ebrei in
Italia, parlava di un "problema nuovo" che si era presentato nell'ultimo
decennio. Si domandava l'autore: "Si considerano, essi, ebrei in Italia
oppure ebrei d'Italia? Si sentono ospiti nel nostro paese, oppure parte
integrante della popolazione?" A questa domanda risposero, nei primi
giorni di giugno, numerose lettere giunte in redazione. Oltre all'autodifesa
degli ebrei, ed ai loro proclami di fedelt al fascismo, non mancarono

82
lettere che proponevano la soppressione delle Comunit, lo scioglimento
delle

organizzazioni

la

soppressione

della

stampa

ebraiche.

Commentando le dichiarazioni di fedelt di questi ebrei fascisti, l'1 giugno


il giornale ribadiva:
Nessuno ha pensato di sottoporre ad inchiesta gli ebrei....E' stato dato soltanto un
avvertimento a tutti coloro, soprattutto ai dirigenti, che non hanno compreso
come il sionismo non pu far rima con fascismo.

Il 5 giugno sul "Corriere della Sera" appariva una dichiarazione del


Comitato degli Italiani di religione ebraica, che, prendendo spunto dalla
recensione apparsa sul "Popolo d'Italia", affermava che
gli italiani di religione ebraica sono e si dichiarano nettamente nemici di qualunque
internazionale ebraica o non ebraica, massonica, sovversiva o sovvertitrice e
soprattutto antifascista, considerano l'ebraismo come puro fatto religioso,
dichiarano di non aver nulla in comune con chiunque professi dottrine sioniste e
disconoscono il giornale "Israel", le cui idee e i programmi sono in netto contrasto
con le loro convinzioni ed il loro spirito.

Il 10 giugno il "Popolo d'Italia" pubblicava l'elenco degli ebrei che


avevano espresso la loro posizione antisionista sulle pagine del quotidiano,
ma il commento che seguiva sottolineava che
accanto agli israeliti che in questa circostanza si sono pubblicamente dichiarati
antisionisti e devoti italiani, resta una notevole massa di ebrei che non si
sbilanciano e non escono dal loro chiuso ambito di razza, dalla loro mentalit
pericolosissima, pi o meno abili negli adattamenti alle varie situazioni, ma
sostanzialmente uguali nel tempo, e...meritevoli di attento controllo.

Con il 1938 tutta la stampa si ritrova "in linea" sulla campagna


antisemita. Sono scomparse da tutti i quotidiani le notizie che in qualche
modo potrebbero mettere in buona luce degli ebrei, mentre sono
accentuate le notizie negative relative al sionismo e all'ebraismo. Vengono

83
riportate sempre pi frequentemente notizie sulle leggi antisemite
approvate in altri paesi, quali l'Ungheria e la Romania in primo luogo. Lo
stesso Mussolini ordina che sulla stampa non vengano pi pubblicate
dichiarazioni di fedelt da parte di ebrei fascisti, perch "non sul piano
politico o religioso che il problema va impostato, ma nettamente sul piano
razziale" . In aprile vengono date disposizioni perch scompaiano dalla
14

circolazione articoli e libri di scrittori ebrei. Inoltre, gi dal marzo, le


espressioni "ebraismo" ed "antiebraismo" sono sostituite da "giudaismo"
ed "antigiudaismo". Grande rilievo viene dato alle notizie di cronaca
riguardanti reati commessi da ebrei, mentre viene sottolineata la loro
massiccia presenza nelle organizzazioni antifasciste e nelle formazioni
antifranchiste in Spagna. Ma soprattutto la difesa della cultura italiana
diventa l'argomento di numerosi articoli che, con vari toni, condannano
l'invadenza dell'"arte giudaica", espressa dalla musica moderna, dalla
letteratura internazionalista, dalla pittura "degenerata".
Particolare attenzione venne prestata al linguaggio ed alla sua tecnica
di diffusione. Affinch la propaganda risultasse efficace e condizionante
per le coscienze, si sollecitarono interessi materiali, ma anche situazioni
psicologiche di ansia e timore. Come ha notato Romolo Runcini:
Si trattava di montare un processo senza istruttoria, a carico di individui, cittadini
italiani e stranieri, il cui capo d'accusa fissato al di l di ogni partecipazione
personale al delitto. Era la premessa al genocidio. Il delitto, giuridicamente
inesistente, viene configurato in astratto come colpa esistenziale, atavica, quella
della condizione ebraica .
15

G. Pini, Filo diretto con Palazzo Venezia, Bologna, 1950, cit. in M. Michaelis,
Mussolini e gli ebrei, cit., pag. 124.
15Manuale di educazione fascista, a cura di D. De Masi e R. Runcini, Roma, Savelli,
1977, pag. 279.
14

84
Mussolini voleva dare l'impressione che il movimento antisemita
fosse spontaneo, in modo da giustificare eventuali provvedimenti
legislativi. La posizione ufficiale era di far passare la campagna di stampa
come espressione delle opinioni personali dei giornalisti, ma evidente
che in uno Stato totalitario nessuna macchina propagandistica pu essere
messa in moto senza il consenso ed il controllo del governo. Questa
funzione di indirizzo venne assunta dall'Ufficio centrale della stampa, poi
Ministero della Cultura Popolare. Pi volte al giorno i direttori dei giornali
ricevevano dall'Ufficio centrale le "Note di Servizio", in cui si impartivano
istruzioni precise sulla collocazione ed il rilievo da dare alle notizie,
spesso stabilendo lo spazio da attribuire ed i caratteri da utilizzare. Molte
volte veniva suggerita la tecnica di impaginazione, come nel caso della
risposta di Mussolini a Pio XI del 30 luglio 1938. La Nota stabiliva infatti
che
la Stefani da Forl con le parole del Duce va messa in palchetto, con grande
evidenza; titolo su otto colonne e soltanto sulla prima frase: Noi tireremo diritto
sulla questione della razza. Non citare nel titolo la seconda frase: Non abbiamo
imitato nessuno. Nessun commento .
16

La circolare di Alfieri, ministro della Cultura Popolare, alla stampa,


dell'ottobre 1938, riassume l'atteggiamento ufficiale del fascismo in
materia di propaganda, al quale i giornali e gli editori avrebbero dovuto
uniformarsi. Il documento diviso in 5 punti:
La
era

propaganda non doveva degenerare in ingiurie;


necessario porre l'accento sulla differenza fra persecuzione e

discriminazione;

16F.

Flora, Stampa dell' era fascista, Milano, Mondadori, 1945, pp. 8-9.

85
si

doveva porre in risalto che la minaccia alla purezza della razza

italiana non proveniva solo dagli ebrei;


si

doveva creare

una coscienza razziale "romana", poich gli

italiani sono i diretti discendenti, sia fisici che spirituali, degli antichi
romani;
nessuna

allusione

era

permessa

all'antitesi

fra

latinit

germanesimo.
In definitiva la campagna razziale appare la logica conclusione delle
posizioni culturali del fascismo. L'antisemitismo rafforz infatti l'idea
dell'identit nazionale, il culto della romanit, accentu la polemica
esterofoba e antiborghese all'interno di una visione "rivoluzionaria".
L'espulsione dell'"altro" diventa quindi riaffermazione di s, per cui la
"razza italica" avrebbe potuto ritrovare la purezza dei suoi antenati,
eliminando le influenze "non ariane" che avevano provocato la decadenza
di Roma antica. Il regime fascista cre una stretta connessione tra cultura e
propaganda, al punto da confondere i due fenomeni . Fra l'altro, l'annuncio
17

delle leggi razziali innesc la polemica sul confronto fra arte moderna e
tradizionale, fra cultura internazionalista e nazionale. L'attacco che ne
segu al modernismo, visto come prodotto decadente

dell'ebraismo,

ricalcava l'offensiva nazista contro l'arte moderna in Germania.


Le terze pagine dei giornali diventano gli spazi in cui questa polemica
pi accesa. Guido Piovene sul "Corriere della Sera" del 15 dicembre
1938 avrebbe cos riassunto queste posizioni :
Si deve sentire distante, e quasi per l'odore,...quello che c' di giudaico nella
cultura.

17Cfr.

P.V. Cannistraro, La fabbrica del consenso. Fascismo e mass-media, Bari,


Laterza, 1975, pag. 5.

86
L'intenzione di rappresentare gli ebrei in modo cos astratto, quasi
definendoli ideologicamente, veniva compensata da una propaganda che si
valeva di elementi concreti su cui porre il confronto e soprattutto lo
scontro. In questa prospettiva gli elementi culturali (la musica, l'arte, la
letteratura) sono oggetto privilegiato. La manomissione della cultura latina
da parte dell'ebraismo infatti uno degli argomenti preferiti della
propaganda:
Pi pernicioso dell'ebreo l'ebraismo; pi dell'ebraismo l'ebraizzazione .
18

Attraverso la recensione del libro di Cline, Bagatelle per un


massacro, il 23 giugno 1938 Maria Luisa Astaldi, dalla colonne del
"Giornale d'Italia", chiarisce questa posizione. Nell'articolo Le bagatelle di
Cline, l'autrice, pur esponendo varie riserve sulla posizione dello scrittore
francese, che spesso indulge al mero pettegolezzo, sottolinea che "il punto
pi importante... la denuncia dell'ebraismo come forza disgregatrice della
cultura occidentale" attraverso il cinema, le arti, la letteratura. In realt la
Astaldi non crede ad una organizzazione internazionale che agisce
nell'ombra, ad un piano prestabilito da millenni; piuttosto, ci che muove
gli ebrei "l'istinto, il genio della razza", ancora pi pericoloso perch
coinvolge la cultura dei popoli fra i quali essi vivono.
Sempre in terza pagina sul "Giornale d'Italia", il 31 luglio, Francesco
Santoliquido esorta alla difesa del patrimonio nazionale con l'articolo
Difendiamo l'anima musicale del popolo italiano. Secondo l'autore non vi
musica al mondo che, come quella italiana, possa esemplificare
chiaramente i caratteri di una razza. Dopo il varo della politica razziale,
18Citazione

di un articolo del "Tevere" del 10 settembre 1938, "Corriere della Sera", 11


settembre 1938.

87
secondo l'autore occorre limitare l'infiltrazione, tipicamente di marca
ebraica, che da un ventennio rende "impuro" il clima musicale. I musicisti
ebrei - Schnberg, Ravel, Honegger, Milhaud - hanno delle caratteristiche
comuni, quali il "primitivismo asiatico anti-lirico e anti-romantico". La
musica ebraica entrata anche in Italia, ma non conforme alle
caratteristiche della razza italiana. Questa musica "asiatica" avrebbe come
caratteristica principale la povert melodica e con "i suoi elementi di
violenza e brutalit, con la barbarie dei suoi ritmi, e delle sue dissonanze,
non solo non pu definirsi italiana, ma non pu considerarsi nemmeno
europea". Il carattere razziale italiano invece incline alla melodia, per cui
diventa indispensabile la conservazione ed il potenziamento del teatro
lirico nazionale. La sensibilit musicale del popolo italiano, e la sua
sensibilit spirituale, sembrerebbero quindi legate al principio della razza.
Ed al principio della razza deve uniformarsi anche il cinema italiano.
Nell'articolo del 28 settembre sul "Giornale d'Italia" di Domenico Paolella,
Giudaismo e cinematografia, si esalta il cinema quale arma di propaganda
formidabile, ma anche mezzo di formazione dello spirito. Il cinema
giudaico, proprio per questo motivo, rappresenta un costante pericolo per
lo spirito italiano. Nel dopoguerra gli ebrei tedeschi erano i padroni
incontrastati del mercato cinematografico: lo spirito e la mentalit degli
ebrei erano ben rappresentati dal nuovo genere di produzione
dell'"espressionismo", caratterizzato dalle atmosfere terrificanti, sensuali,
incestuose, agitate da delitti terrificanti. La Germania era mortificata in
questo modo dallo spirito ebraico, che affiancava alle produzioni
espressioniste produzioni "frivole", un genere che "tende, con l'ironia, la
piacevolezza, l'equivoco, le sue storie di adulteri e donne facili, la sua
malsana aria di falso gran mondo, a esaltare la mentalit piccolo-borghese,

88
a indebolire nello spirito il senso della forza, dell'onest, della famiglia, del
vivere sano". Dietro le quinte di questo "complotto" si agitava sempre la
figura di Lubitsch. Negli anni 30 gli ebrei hanno rivolto la loro attenzione
all'Italia, utilizzando lo schema applicato con successo in Germania:
"produzione di un genere leggero, piccolo-borghese, falso, mirante con
l'arguzia e l'ironia ad indebolire gli spiriti", allo scopo di creare un
ambiente ed una societ inesistenti in Italia. Se l'autarchia ha migliorato la
situazione, l'allontanamento dei giudei contribuir senza dubbio a schiarire
definitivamente l'orizzonte. Le pellicole italiane, il connubio di autarchia e
razzismo, dovranno infatti contribuire ad esaltare la forza millenaria della
razza.
Anche la letteratura italiana deve trovare il riscatto nei confronti
dell'invadenza ebraica. Il 2 maggio sul "Popolo d'Italia" Ezio Camuncoli
pubblica un articolo, Romanzo italiano e giudaismo, che insieme una
smentita ed una dichiarazione di intenti. Sulla rivista "Termini" dell'Istituto
di Cultura fascista di Trieste, nota l'autore, era comparsa una recensione di
un suo libro, L'agenzia Felsner, che si prestava a numerose contestazioni.
Secondo la recensione Camuncoli si sarebbe perfezionato "alla tecnica del
romanzo europeo - vale a dire giudaico - ...ed oggi, per arrivare al grande
romanzo, quasi impossibile prescindere dagli apporti culturali ed artistici
di queste varie letterature a carattere internazionale". Questo commento,
quasi eretico per i tempi, soprattutto in considerazione della provenienza,
non piace molto a Camuncoli, che rifiuta il paragone con Moravia e
contesta che il grande romanzo debba essere giudaico. Pi in sintonia con
il periodo, l'autore considera questa posizione un'offesa per il genio
letterario italiano. Il modello giudaico non pu essere universale, perch
espressione dello spirito meno universale che esista:

89

Mai un italiano potr scrivere un romanzo giudaico, perch in arte giudaismo


significa internazionalismo, anarchismo, razionalismo, ateismo, che sono elementi
dissolutori, anticostruttivi, antistorici, antiartistici e quindi antiromani.

I caratteri

giudaici sono opposti a quelli italiani: astrattismo,

disfattismo, ateismo, nebulosit, artificio, accanimento psicologico,


egoismo sociale e sessuale, esasperazione filosofica, isterismo estetico,
nichilismo, che si oppongono ad un'arte italiana che "solida e trasparente;
spirituale e virile;...l'arte italiana vita: cio umana, appassionata e
concreta".
Accanto alle volgarizzazioni, ci sono anche tentativi pi analitici di
analizzare le manifestazioni letterarie ed intellettuali dell'ebraismo. Il
"Popolo d'Italia" ospita in terza pagina, il 31 agosto, il contributo di
Giacomo Prampolini, che nel suo articolo Ebraismo e romanit non
utilizza il termine razza, parlando esclusivamente di stirpe. Il risultato non
comunque molto diverso dai precedenti. Secondo l'autore la produzione
letteraria ebraica poco compresa perch scritta in lingua difficile per gli
stranieri. Per questo motivo essa si presenta come patrimonio ad uso
interno, frutto di un amore tenace per le proprie tradizioni etnico-religiose,
di stampo quindi nettamente conservatore. Accanto a questa letteratura si
schiera per una folta letteratura di propaganda. Nel campo letterario
infatti gli ebrei "non si distinguono certo per la potenza e l'originalit
creativa e costruttiva; posseggono invece una straordinaria attitudine
all'analisi che fruga e frantuma, alla speculazione che demolisce e
sovverte". Fra gli esempi citati da Prampolini per suffragare questa sua tesi
troviamo la lirica beffarda e ironica di Heine, che non rispetta nulla e
nessuno; le teorie di Freud, che trasformano la personalit in un caos di
impulsi animali, di potenze demoniache e deleterie; la scelta di Joyce di

90
fare di Ulisse un ebreo, abile trasformista. Ancor meno originale si
dimostra Prampolini nel citare il contributo dato dagli ebrei alle ideologie
rivoluzionarie ed alle societ segrete: il loro destino storico li spingerebbe
a disgregare l'ambiente in cui vivono, a trasformare il mondo e
promuovere, con le idee ed il denaro, la riunificazione della loro stirpe.
Anche la filologia deve avere ben presente l'aspetto razziale. Il 2
novembre il "Popolo d'Italia" pubblica l'articolo di Antonino Pagliaro,
Linguaggio e razza, in cui si afferma la fondamentale affinit fra la
nozione di lingua e quella di razza. Ogni lingua ha delle caratteristiche
specifiche, cos come ogni popolo ha caratteristiche fisiche e spirituali
uniche. Il linguaggio profondamente legato alla specificit di un popolo
ed il risultato delle diverse maniere di organizzazione del pensiero. Vi
sono dei momenti della vita di un popolo in cui esso si accorge della sua
missione storica, e proprio in questo momento le caratteristiche fisiche ed
il patrimonio spirituale vengono ricondotti ai suoi tratti essenziali. La cura
della lingua assume quindi valore fondamentale, in quanto sintesi degli
aspetti fisici e psichici di una razza.
Anche personalit importanti della cultura non restano insensibili al
"fascino" del rinnovamento culturale che la nuova battaglia del fascismo
sembra proporre. Un intellettuale come Guido Piovene non mancher di
recensire con toni entusiastici il libro di Interlandi Contra Judaeos,
esaltandone le argomentazioni e lo stile narrativo . Secondo Piovene il
19

libro di Interlandi ha il pregio di chiarire che


la razza un dato scientifico, biologico, basato sull'affinit del
sangue;...l'inferiorit di alcune razze perpetua; che negli incroci l'inferiore prevale
sul superiore; che la razza italiana deve essere gelosa della sua immunit. La
polemica mira contro le correnti che accolgono la parola patria in senso che
19Cfr.

G. Piovene, Contra Judaeos, "Corriere della Sera", 1 novembre 1938.

91
variamente si defin idealistico o storico e che si traducono in "una affermazione
tutta retorica e letteraria di romanit senza radici", in un "imperialismo spirituale"
in un rifiuto della parola "razza" per quella meno impegnativa di "stirpe"...Gli ebrei
possono essere solo nemici e sopraffattori della nazione che li ospita...Come
stranieri, essi tentano di ottenere il trionfo sulla cultura nazionale altrui, portandola
a "forme europeistiche", staccandola dalle "radici popolari dell'arte" come
accaduto in Italia.

L'argomento fondamentale della propaganda antiebraica resta


comunque l'attacco all'internazionalismo ed all'antifascismo, secondo i
vecchi canoni del "complotto giudaico" che minaccerebbe il mondo e
l'Italia. Il filone centrale resta l'attribuzione alla razza ebraica di una
preordinazione di movimenti, una segretezza e continuit di azione, che
hanno l'unico scopo della dissoluzione delle societ occidentali. La storia
sembra avere una terza dimensione, in cui una potenza sotterranea dirige
gli avvenimenti storici, economici e politici. Parte di questo argomento
propagandistico sono i riferimenti ai provvedimenti di altri paesi contro gli
ebrei. Ancora prima di ogni accenno ad una possibile legislazione razziale
italiana, grande spazio sui giornali dato alle prese di posizione di stati
esteri contro gli ebrei. Questo accorgimento favoriva la diffusione di
argomenti antisemiti senza che il regime fascista fosse direttamente
chiamato in causa, e permetteva di valutare le reazioni interne ed
internazionali. Il 18 gennaio lo stesso direttore del "Giornale d'Italia",
Virginio Gayda, che riferisce su Il momento romeno. Un programma di
lotta: gli ebrei. La crociata del governo romeno contro gli ebrei avrebbe
motivazioni di difesa nazionale, un principio condiviso dalle correnti
nazionaliste di molti paesi. Gli ebrei sono stati un'entit dominante in molti
gangli vitali della vita romena, soprattutto nell'economia, nei commerci,
nelle professioni liberali, nella burocrazia. Questa minoranza ha
agevolmente dominato la maggioranza, anche grazie al notevole apporto di

92
ebrei provenienti da altri paesi. Ma questo atteggiamento rischia di
rivelarsi un grande errore per gli ebrei, perch la prova del loro essere
associati "all'internazionalismo della frammassoneria, all'estremismo delle
correnti di sinistra e delle speculazioni che uniscono gli affari con la
politica". La Romania si accinge, attraverso la difesa economica, alla sua
difesa spirituale e politica. Secondo Gayda questo l'inizio di "una nuova
grande esperienza storica". Virgilio Lilli, sul "Corriere della Sera" del 3
febbraio, coniuga l'antisemitismo con il nazionalismo. L'articolo Il
nazionalismo romeno come antisemitismo, primo di una lunga indagine
sulla situazione in Romania, propone un parallelo fra il fascismo ed il
movimento nazionalista in Romania, protagonisti entrambi della battaglia
contro il liberalismo, del quale gli ebrei costituiscono "il lato democratico
e massonico, il lato per eccellenza dissolvitore". La reazione romena
appare perfettamente legittima, perch diretta contro il monopolio degli
ebrei nei settori pi importanti della vita del paese: "Ebrea in Romania la
cosiddetta classe dirigente, la borghesia che traffica senza produrre, la
finanza, il magazzino, l'impiego privato, la libera professione", per cui "il
riacceso antisemitismo romeno d'oggi deve considerarsi come il primo
decisivo passo verso lo Stato totalitario". Se uno Stato totalitario ha quindi
bisogno dell'antisemitismo, uno Stato cristiano non pu certamente
accettare la presenza dell'ebraismo, come suggerisce lo stesso autore
nell'intervista al fondatore del Partito nazional-cristiano romeno . Secondo
20

il professor Cuza c' infatti un'identit perfetta fra antisemitismo e


cristianesimo, al punto che " arrivata l'ora per tutte le nazioni cristiane di
espellere gli ebrei dal loro territorio" ed abbandonare la Societ delle
Nazioni, "sinagoga internazionale che tiene a servizio il liberalismo e il
20V.

Lilli, Il signor Cuza l' antisemita, "Corriere della Sera", 19 febbraio 1938.

93
comunismo". Il mese seguente Virgilio Lilli si dimostrer accanito
sostenitore dei Protocolli dei Savi Anziani di Sion, pubblicando un breve
racconto di una sua visita personale in un ghetto romeno in cui scopre che
"la lotta antisemita una diabolica finzione dei capi ebrei che la dirigono,
e la miseria coltivata come propaganda bolscevica" .
21

Queste opinioni non rimangono isolate: il 17 febbraio Gino Lupi, sul


"Popolo d'Italia", riferisce con grande enfasi sui primi provvedimenti in
Romania. La questione ebraica in Romania si apre con le notizie della
soppressione

della

stampa

ebraica-massonica-bolscevizzata,

della

soppressione delle licenze commerciali, della revisione dei permessi per


gli ebrei stranieri. Secondo Lupi la questione ebraica in Romania sempre
stata di estrema attualit. Nell' '800 gli ebrei si "atteggiarono" a patrioti e
liberali, e per meglio controllare l'opinione pubblica si impossessarono
delle case editrici e dei giornali. I governi liberali, troppo deboli e
condizionabili, non hanno avuto mai la forza di affrontare la questione di
questi elementi disgregatori che "nelle campagne, osti ad un tempo ed
usurai, avvelenarono il corpo e l'anima dei contadini e si impadronirono
delle loro propriet...nelle citt furono commercianti e professionisti
corrotti e corruttori, come pure accaparratori avidi". Il contributo peggiore
comunque quello della stampa, attraverso la diffusione di una "letteratura
a tendenza pornografica che doveva...abbattere tutti i valori morali,
diffondere il disprezzo per l'onest, distruggere col pessimismo e l'ironia
ogni entusiasmo ed ogni fede".
E' facile notare l'analogia fra questi argomenti e quelli che saranno
utilizzati in Italia durante la campagna antisemita, ed impressionante risulta
la somiglianza del linguaggio. L'articolo di Lupi termina infatti con un
21V.

Lilli, Viaggio in Romania, "Corriere della Sera", 19 marzo 1938.

94
attacco a chi compiange la sorte di "questa povera gente", che in realt ha
sempre osteggiato il regime fascista e sparso calunnie durante la guerra in
Etiopia.
Anche l'Ungheria viene presentata come modello di legislazione
antisemita nell'articolo del 20 maggio pubblicato sul "Giornale d'Italia".
Franco Vellani-Dionisi riferisce della scelta ungherese per il criterio
proporzionale, che avrebbe istituito il numerus clausus per gli ebrei.
Secondo l'autore infatti non importante il numero complessivo degli
ebrei, ma necessario limitare il controllo dei punti nevralgici dello Stato
che essi hanno assunto. Questa una minaccia che non valida solo per
l'Ungheria, ma per tutta l'Europa: il capitalismo ebraico rappresenta un
pericolo attuale e concreto perch gli ebrei "vantano diritti anzich offrire
meriti, falsano la storia,...minacciano boicottaggi".

95

CAPITOLO 0
LA PROPAGANDA ANTIEBRAICA NELLA STAMPA NAZIONALE
DAL "MANIFESTO" ALLE LEGGI

Il 17 febbraio 1938 il "Giornale d'Italia" pubblica l'Informazione


Diplomatica n. 14 che, nonostante il tono conciliante, presenta per la
prima volta la possibilit in Italia di provvedimenti contro gli ebrei. Il
giorno precedente la sua divulgazione sulla stampa, una Nota di Servizio
del ministro Alfieri, raccomandava: "La notizia dell'Informazione
Diplomatica va pubblicata su una colonna in prima pagina, senza
commenti. Con questa nota, tutte le discussioni sul problema ebraico in
Italia devono cessare" . Nei giorni seguenti in effetti non ci sono particolari
1

prese di posizione sui giornali. Questa interruzione della campagna


propagandistica pu essere il segnale di una pausa di riflessone del regime,
che non vede ancora maturi i tempi per l'emanazione di provvedimenti
legislativi, oppure la consapevolezza di un'indifferenza dell'opinione
pubblica che doveva ancora essere "preparata". E' significativo a questo
proposito che il battage propagandistico, senza il quale le leggi non
potevano essere varate, raggiunga il suo culmine in quantit e qualit
nell'estate, quando il Manifesto degli scienziati razzisti era stato appena
pubblicato. Solo durante l'estate erano state infatti ultimate delle
operazioni preliminari ritenute indispensabili: in primo luogo, la
1Cit.

in M. Sarfatti, Mussolini contro gli ebrei, cit., pag. 90.

96
rilevazione del numero esatto degli ebrei italiani, ottenuto grazie alla
richiesta degli elenchi alle comunit ed al censimento del 22 agosto; in
secondo luogo si era formata una struttura, la Demorazza, che procedeva
all'identificazione degli ebrei su base strettamente "biologica" ed alla
verifica

delle

"arianizzazioni".

Questa

burocratizzazione

della

persecuzione favor senza dubbio un sentimento di indifferenza verso i


perseguitati, la cui impersonalit paradossalmente creava la diversit.
Anche dopo febbraio la campagna di propaganda rimane tuttavia
presente sulle pagine dei giornali, attraverso la cronaca puntuale dello
scontro fra ebrei ed arabi in Palestina. Secondo la stampa italiana, il
programma di insediamenti ebraici, utile agli interessi del capitalismo
britannico e della Societ delle Nazioni, non salvaguarda per i diritti degli
arabi, ed un pericolo immediato per la pace mondiale. Gli articoli sulla
situazione palestinese aumenteranno di frequenza e dimensione per tutto il
1938, con toni sempre pi polemici verso gli ebrei. Soprattutto in luglio si
rincorrono le notizie di azioni terroristiche cruente, le cui vittime sono per
la maggior parte arabi. L'Alto Commissariato britannico accusato
frequentemente di lassismo e permissivit verso gli ebrei, unici colpevoli
dei pi recenti atti di violenza. La stampa italiana in prima fila nel
richiedere agli inglesi lo stesso rigore usato nei confronti degli arabi che si
erano macchiati di delitti simili, mentre l'Impero britannico considerato il
principale responsabile di questa esplosione di odio. La Gran Bretagna
avrebbe infatti permesso la creazione del focolare ebraico in un territorio
abitato dagli arabi per venti secoli, allo scopo di ripagare i debiti di guerra
contratti nei confronti dei gruppi economici ebraici. Il sionismo avrebbe
offeso profondamente la tradizione e la fierezza degli arabi, mentre gli
insediamenti recenti avrebbero contribuito alla rovina anche economica dei

97
popoli nativi. D'altra parte numerosi articoli sottolineano l'odio atavico fra i
due popoli, che spingerebbe gli arabi a disprezzare i "parassiti" ebrei, per
motivi religiosi, tradizionali ed anche di razza. Lo stesso Maometto aveva
definito gli ebrei il vero ed unico nemico dei musulmani, ancora pi
pericoloso a causa della mentalit sacrilega, della caratteristica doppiezza
e scaltrezza . Quando mancano le citazioni "letterarie", la stampa fa
2

riferimento ad episodi di cronaca che confermino i classici pregiudizi: cos


gli ebrei palestinesi sfrutterebbero gli attacchi terroristici per alimentare
incendi dolosi ed usufruire dell'assicurazione. La ben nota furbizia ebraica
impedirebbe la scoperta della colpevolezza e garantirebbe sempre
l'impunit.
Anche in Italia, nei mesi precedenti la pubblicazione del Manifesto, i
giornali dedicano ampio spazio alle notizie di cronaca nera riguardanti
ebrei, soprattutto notizie di truffe e furti, oltre che di traffici monetari ed
episodi di usura. Gli stereotipi dominanti sono quelli che il Manifesto
render espliciti: l'ebraismo complottatore, disprezzatore degli altri popoli,
internazionalista, antifascista.
Per molti tuttavia la pubblicazione del Manifesto sul "Giornale
d'Italia" risulta una sorpresa. Gli stessi giornali il 15 luglio sembrano
impreparati, dedicando all'avvenimento brevi commenti non firmati. Questi
accenni sono comunque sufficienti a chiarire che il ruolo della stampa sar
di totale ed entusiastico appoggio alla politica del regime. La postilla al
Manifesto del "Giornale d'Italia" afferma che "questi punti preannunziano
un'azione che destinata a incidere profondamente sul costume e a creare
una mentalit nel popolo italiano in materia di razza". Particolare
importanza viene attribuita alla puntualizzazione di concetti quali Ariano,
2Cfr.

F. Bellotti, Maometto e gli ebrei, "Popolo d' Italia", 4 ottobre 1938.

98
Razza Italiana, Indirizzo Nordico. Il termine Ariano o Indoeuropeo
designa un gruppo di genti collegate fra loro da vincoli razziali, linguistici
e culturali. Queste popolazioni sono state creatrici della moderna civilt
europea, nonostante il contatto con "genti molto diverse", quali i mongoli, i
semiti, i camiti, i negroidi ecc. La Razza Italiana stata immune da incroci
con genti straniere, per cui "si venuto formando nell'ambiente particolare
della nostra Penisola, e ancora di pi si former nell'avvenire, un tipo
razziale con caratteristiche fisiche e psicologiche, nel loro complesso,
inconfondibilmente italiane". Il termine Nordico non ha significato
geografico, ma indica l'Uomo Europeo, che corrisponde fisicamente agli
ideali di bellezza classica degli artisti greci, latini e italiani, e
psicologicamente all'"ideale eroico" dell'uomo . Indirizzata in questo modo,
3

la razza italiana dell'era fascista sarebbe diventata sempre pi "inquadrata,


solida, silenziosa e potente" .
4

Il "Popolo d'Italia" definisce il Manifesto il documento fondamentale


per l'impostazione fascista del problema della razza. Il "carattere italiano"
del documento inconfondibile, poich il fascismo ha sempre operato per
il miglioramento fisico della razza e per salvaguardare i caratteri etnici,
soprattutto con le leggi sull'Impero. Ma il regime ha operato anche in
campo spirituale, attraverso l'esaltazione delle virt morali del popolo
italiano (eroismo, spirito di sacrificio, genio, disciplina). Le considerazioni
espresse dal documento sono inoltre di carattere strettamente biologico e
storico, senza riferimenti a teorie filosofiche o motivi religiosi.
3George

L. Mosse ha sottolineato l'importanza che l'insistenza sui fattori esteriori ebbe


sul razzismo, soprattutto attraverso i concetti della fisiognomica, nata come pseudoscienza nel secolo XVI; per la fisiognomica l'esteriore rappresenta l'immagine
dell'interiore, per cui le specie umane vennero classificate in base ai concetti classici di
bellezza, come erano stati tramandati dalla scultura greca; cfr. G.L. Mosse, op. cit.,
pag. 30 e sgg.
4Commento al Manifesto degli scienziati razzisti, "Giornale d'Italia", 15 luglio 1938.

99
L'affermazione che il razzismo non fosse un problema nuovo per il
fascismo sar l'argomento principale dell'enorme numero di articoli che, da
luglio in poi, avrebbero trovato spazio sulla stampa. Il "Corriere della
Sera", nell'articolo anonimo del 21 luglio, Razza e razzismo, dichiara che
gli italiani, avendo assunto una funzione mondiale ed imperiale, non
possono pi trascurare argomenti che potevano essere in precedenza
lasciati in disparte senza danno. Il fatto che gli ebrei abbiano sempre
rifiutato di assimilarsi la prova migliore della loro non appartenenza alla
razza italiana. Il comunicato del P.N.F. del 25 luglio, pubblicato il giorno
seguente dal "Popolo d'Italia", ribadisce che
il Fascismo fa da 16 anni praticamente una politica razzista che consiste attraverso l'azione delle istituzioni del Regime - nel realizzare un continuo
miglioramento quantitativo e qualitativo della razza...Anche in questo campo, il
Regime ha seguito il suo indirizzo fondamentale: prima l'azione, poi la
formulazione dottrinaria, la quale non deve essere considerata accademica, cio
fine a se stessa, ma come determinante una ulteriore precisa azione politica.
Colla creazione dell'Impero la razza italiana venuta in contatto con altre razze:
deve quindi guardarsi da ogni ibridismo e contaminazione...Quanto agli ebrei essi
si considerano da millenni dovunque e anche in Italia, come una "razza" diversa e
superiore alle altre ed notorio che malgrado la politica tollerante del Regime, gli
ebrei hanno in ogni nazione costituito - coi loro uomini e coi loro mezzi - lo stato
maggiore dell'antifascismo.

A fianco del comunicato del P.N.F. compare l'articolo anonimo


Scoperta!, scritto in realt dallo stesso Mussolini, che inizia con una nota
di "costume". Una scrittrice inglese, in soggiorno a Roma, avrebbe
annotato con sorpresa che "i lineamenti delle donne italiane ne
documentano incontestabilmente l'origine ariana". Mussolini afferma che
questa pu essere una sorpresa solo per gli inglesi, dato che gli italiani
sono ben consapevoli della loro appartenenza alla razza ariana:

100
Dirsi ariani, significa dichiararsi appartenenti a un gruppo storicamente
determinato di razze: al gruppo indo-europeo e precisamente a quelle che hanno
creato la civilt mondiale. Senza una chiara, definita, onnipresente coscienza di
razza, non si tengono gli Imperi. Ecco perch taluni problemi che erano prima in
una zona d'ombra sono diventati dal 3 ottobre del 1935 di bruciante attualit.

Per Mussolini il problema della razza non solo l'appartenenza ad


una determinata specie, ma piuttosto una meta da raggiungere. Egli
distingue fra storia vissuta e storia da rifare, per cui la razza italiana,
gloriosa in passato, deve oggi essere nuovamente "forgiata per le battaglie
ideali del fascismo" .Per questo motivo la razza italiana dovr, anche
5

fisicamente, essere diversa dalla razza del "cittadino demo-liberale,


ammalato di tutti gli scetticismi, debilitato da tutte le demagogie" .
6

Fu soprattutto Virginio Gayda, direttore del "Giornale d'Italia" e


commentatore di punta del regime, che si prodig nell'identificare la
politica della razza con la politica della nazione. Il 23 luglio, nell'articolo
La difesa dell'Impero, Gayda afferma che la ragione della rivoluzione
fascista nelle tipiche qualit della razza italiana. Esiste un "tipo italiano"
che si rivela nelle arti, nella scienza e nella storia, ma anche innegabile
l'esistenza di una razza italiana, perch una razza non si riconosce solo da
criteri biologici, ma "dalle sue attitudini, che sono insieme il diretto
prodotto degli aspetti somatici, funzionali e spirituali dell'individuo e del
popolo". Queste attitudini sono la sanit morale e fisica, la capacit e la
volont per tutti i lavori, il senso artistico e sobrio della vita, la passione e
l'eroismo. Anche al di l dell'Unit politica queste caratteristiche si sono
mantenute nei secoli. Il problema della difesa della razza quindi
problema della difesa della conquista fascista e del suo Impero. Secondo
5Cornelio

Di Marzio, Originalit del pensiero mussoliniano, "Corriere della Sera", 28


agosto 1938.
6Ibid.

101
Gayda gli imperi potenti sono infatti quelli capaci di allontanare gli
elementi estranei che corrompono le qualit originali di un popolo.
Queste affermazioni sono riprese dall'articolo pubblicato il giorno
seguente, Politica di razza politica di Nazione, secondo il quale la perdita
delle caratteristiche spirituali di una nazione significa la perdita degli
interessi nazionali e internazionali. Il controllo della Nazione si perde
quando le razze si lasciano dominare dai componenti di un'altra razza che
non partecipano ai suoi "istinti originari, i suoi valori essenziali, le sue
autentiche capacit". E' stato questo il caso della rivoluzione russa,
suscitata dalla minoranza ebraica. Il semitismo ha conquistato il popolo
slavo, primitivo ed ignaro, ed allo stesso modo razze estranee cercano di
infiltrarsi in Europa, soprattutto nel mondo della cultura, creando
corruzioni intellettuali, aberrazioni morali e disfattismo. Questo processo
lento e nascosto pu esplodere in brevissimo tempo, sovvertendo il destino
dei popoli. Il fascismo giunto a porre la questione della razza perch non
vuole trovarsi impreparato verso questa minaccia all'ordine europeo. La
decadenza europea iniziata con la vittoria dei Fronti Popolari e della loro
mentalit, portatrice di elementi, interessi ed indirizzi che non rispecchiano
quelli autentici delle Nazioni. La principale responsabilit di questa
situazione ricade sull'ebraismo mondiale, attraverso la coalizione del
sovietico Litvinov, del francese Blum e del britannico Hore Belisha.
Il 27 luglio ancora Gayda che interviene sulle colonne del suo
giornale con l'articolo Individualit italiana per riaffermare la completa
autonomia del fascismo nelle sue scelte interne, rispondendo cos alla
polemica della stampa estera ed antifascista secondo la quale il Manifesto
era una mera riproposizione dei concetti razziali tedeschi. Secondo la
concezione italiana la razza un fatto biologico, ma anche mentale. La

102
razza italiana si rivelata storicamente nella sua individualit prima ancora
che l'antropologia e la biologia ne definissero i caratteri. La razza e la
mentalit italiane non possono cos confondersi con quelle germaniche,
nonostante i numerosi e proficui contatti e le reciproche influenze dei due
popoli. L'unit della razza deve essere preservata per diffondere le sue
conquiste ed affermare la sua forza, per cui l'intento del fascismo non
disprezzare le altre razze, ma differenziare la razza italiana da ogni altra,
per non inficiarne la qualit e l'originalit. Per questo motivo il fascismo
deve liberare l'Italia dal dominio spirituale di altre razze che lo hanno
sempre combattuto.
Il 31 luglio vede la comparsa sulla stampa della polemica a distanza
fra Santa Sede e Mussolini, il quale risponde alle prudenti critiche del
Vaticano con il perentorio Anche nella questione della razza noi tireremo
diritto. Il 29 luglio l'"Osservatore Romano" aveva infatti pubblicato un
discorso di Pio XI che conteneva la seguente affermazione: "Ci si pu
quindi chiedere come mai, disgraziatamente, l'Italia abbia avuto bisogno di
andare ad imitare la Germania". Come indicato dalla "Nota di Servizio"
del Ministero, tutti i quotidiani dedicano alla frase del duce l'apertura. La
difesa dell'autonomia ideologica del fascismo affidata a Nicola Pende,
che dalle colonne del "Popolo d'Italia" dedica il suo articolo La purezza
della progenie di Roma a quello che sarebbe il principio direttivo del
fascismo: il riconoscimento di un tipo italico come tipo spirituale su basi
biologiche. In maniera piuttosto confusa Pende cerca di districarsi fra
razzismo biologico e spiritualista, proponendo una difficile fusione tra i
due aspetti: nega il metodo misurativo, quindi "scientifico puro", ma
introduce la biologia politica che "contrappone ai dettagli della pura
morfologia o della pura investigazione psicologica, la sintesi di tutti i

103
caratteri di un grande aggregato umano - caratteri morfologici, dinamici,
psicologici, nelle loro interrelazioni naturali". Il tipo italiano sarebbe
quindi fisicamente e psicologicamente definibile come la progenie di
Roma, e non avrebbe bisogno di incroci con altre razze, n per crescere di
numero, n per migliorare la sua qualit. In questa prospettiva il razzismo
diventa la pi grande delle autarchie, "l'autarchia dei valori etnici". Il
pensiero di Pende sar poi chiarito ulteriormente in un'intervista rilasciata
al "Corriere della Sera":
Scopo del regime fascista nella battaglia che esso ingaggia su questo fronte interno
o internazionale di rivendicare i nostri diritti storici agli occhi del mondo e di
infondere nel popolo italiano d'oggi l'orgoglio del sangue e la sicura coscienza di
non avere nulla da invidiare, nulla da copiare dai popoli d'oltre Alpe e d'oltremare.

Ma la battaglia per la difesa della razza deve essere anche combattuta


sul fronte interno
mescolando le popolazioni ultrafeconde del Sud d'Italia, e con una mentalit
prevalentemente sintetica ed idealistica, con le popolazioni del Nord, meno
feconde ed a mentalit prevalentemente analitica e concreta .
7

Un altro firmatario del Manifesto, Lidio Cipriani, nell'articolo Razza


e civilt, apparso ancora il 31 luglio sul "Corriere della Sera", afferma che
"esistono tra le razze rigide gerarchie fissate da natura e impossibili da
distruggersi". Popoli culturalmente superiori sarebbero quindi tali non per
l'educazione ricevuta, ma per doti di razza.
Lo stesso giorno l'editoriale di Gayda accusa le democrazie di
ipocrisia rispetto alla questione razziale. Anche chi critica il fascismo per
le sue recenti posizioni in materia farebbe in realt del razzismo da secoli,
7Intervista

a Nicola Pende, "Corriere della Sera", 7 agosto 1938.

104
ma in maniera pi indiretta. La situazione demografica degli stati totalitari
imporrebbe a questi ultimi la ricerca di uno "spazio vitale", in modo da
favorire una pi equa distribuzione della ricchezza e delle colonie.
Il presunto razzismo degli stati democratici sar uno degli argomenti
polemici preferiti della propaganda nella seconda met del 1938. Gli Stati
Uniti farebbero del razzismo attraverso la limitazione dell'immigrazione; la
Gran Bretagna attraverso il ripopolamento delle sue colonie con britannici
o comunque di sangue affine; la Francia sarebbe sensibile al problema
razziale in seguito alla caduta demografica ed allo spopolamento delle
campagne; la Svizzera e l'Argentina sarebbero prossime a legislazioni
razziali. Allo stesso tempo per le democrazie sarebbero dominate da
elementi ebrei: la Francia sotto il controllo dell'ebreo Blum, mentre una
presunta origine ebraica di Roosevelt argomento de La dittatura ebraica
di Roosevelt di Mario Intagliato del 28 agosto 1938. Pubblicato sul
"Giornale d'Italia", l'articolo mira a spiegare gli atteggiamenti antifascisti
del presidente americano, che avrebbe favorito un clima liberale e
massonico per favorire la diffusione del "morbo ebraico-sovietico".
Attraverso la difesa della democrazia in campo internazionale, Roosevelt
non farebbe altro che perpetuare l'odio della sua razza, avvalendosi di
collaboratori ebrei e di legami politici ed economici con le famiglie ebree
pi potenti che gli assicurerebbero la rielezione.
Anche di fronte alle democrazie quindi l'Italia ha il "diritto" di porre
la questione razziale e le sue conseguenze. L'articolo Prestigio di razza di
Carlo Giglio, pubblicato il primo agosto sul "Popolo d'Italia", riafferma
l'importanza del razzismo per la politica colonizzatrice. Compito del
regime perfezionare il senso di superiorit ed affermare il prestigio di
razza degli italiani, in modo che questi indossino "l'abito mentale" del

105
colonizzatore. Sempre sul "Popolo d'Italia" Giorgio Pini pubblica il 3, 4 e
5 agosto tre articoli (Coscienza di razza, Difesa della Razza, Orgoglio di
razza) che riassumono la posizione ufficiale del regime. Si ribadisce che la
razza italiana appartiene al gruppo ariano, e che non si imbastardita nei
secoli. Gli Imperi che hanno costituito il nucleo di una civilt sono infatti
sempre formati da un'unica razza. L'azione razzista stata impostata
proprio perch gli italiani prendano coscienza della propria missione e si
comportino di conseguenza. Le minacce odierne per la razza italiana, cos
come lo furono per la cultura romana, sono l'internazionalismo ed il
cosmopolitismo, che la razza ebraica utilizza per affermare il suo dominio.
La cultura il terreno da cui si deve iniziare un'opera di bonifica,
cancellando tutti gli atteggiamenti "esterofili". Bisogna quindi cominciare
dalla scuola e dall'universit, "invase da professori ebrei".
Un trafiletto in prima pagina del 4 agosto annuncia appunto il primo
provvedimento del governo contro gli ebrei, l'espulsione degli ebrei
stranieri dalle scuole, cui seguir ben presto l'allontanamento di tutti gli
studenti ed insegnanti ebrei italiani.
Il 3 agosto ancora Gayda nell'articolo L'universalit e la razza aveva
polemizzato con i critici che avevano rilevato l'antitesi fra il principio
d'universalit, tipico della civilt romana, ed una politica di protezione
della razza. Secondo Gayda proprio la forza dell'universalit che
spingerebbe gli italiani ad allargare il proprio dominio spirituale, pur senza
alterare i confini etnici e politici. Per secoli l'Italia ha fatto valere il suo
dominio morale e spirituale anche nell'inesistenza di un'unit politica: il
fondo unitario che ha permesso che questo avvenisse proprio la Razza.
Gli studi biologici e genetici sulla razza non sono sufficienti: c' una

106
personalit pi complessa ed una "forma della mente" che risultano pi
caratteristiche.
Il 5 agosto Lidio Cipriani, nell'articolo Unit spirituale degli italiani,
afferma che la razza il fulcro dello Stato, in quanto "della millenaria
commedia recitata al cospetto della storia, ogni generazione l'attore del
momento, la razza l'attore permanente". Per Mussolini sono gli uomini che
fanno la storia, ma solo in quanto godono di predisposizioni ereditarie che
permettono loro di rendersi vittoriosi. Alterare queste predisposizioni vuol
dire cambiare a proprio danno il corso della storia: nessun provvedimento
quindi eccessivo se mira ad evitare che questo avvenga.
In tutti i suoi articoli pubblicati sul "Corriere della Sera", Cipriani si
propone di costruire l'immagine di un ebreo "antieroe", una sorta di
"superuomo negativo" le cui qualit innegabili, e spesso esaltate
dall'autore, sono utilizzate per riproporre e rinforzare il pregiudizio.
Nell'articolo Il problema semitico del 13 agosto, Cipriani rileva che il
gruppo semitico, cui appartengono gli ebrei, ha numerosi motivi di vanto
per quanto riguarda i "prodotti della mente": l'invenzione dell'alfabeto e del
sistema decimale, le civilt dei Fenici, degli Assiro-Babilonesi, degli
Egiziani, dei Cartaginesi. I semiti "mostrano un'immaginazione male
equilibrata, ma eccellono nell'astrazione e nelle doti musicali". Tuttavia, a
causa del carattere "essenzialmente mercenario" della civilt ebraica, non
si pu parlare di vero genio, il cui linguaggio pu essere solo la passione.
Per Cipriani,
si pu vedere in ci un carattere di razza, bench difficile sia parlare di una razza
ebrea: gli ebrei sono una lega religiosa, e quindi nemmeno una Nazione. Il loro
vivere separati e la loro endogamia pi che millenaria ha per favorito il
conservarsi di alcune caratteristiche somatiche riconoscibili...assieme a gesti ed
attitudini particolari.

107
Nel corso dei secoli gli ebrei si sono cos specializzati in attivit
sedentarie fra cui il commercio, in cui si dimostrano insuperabili: denotano
un tenace spirito di adattamento, l'attitudine ad inserirsi velocemente in
ogni ambiente, il restare uniti indissolubilmente anche di fronte alle
avversit peggiori. La precocit infantile, tipica degli ebrei, avrebbe
prodotto uomini di genio (Spinoza ed Einstein, fra gli altri), ma
confermerebbe l'attitudine semitica a vivere in un mondo di idee. Per
questo motivo la tendenza verso i movimenti sovversivi, caratteristica
giudaica irrinunciabile, non accompagnata da un eguale coraggio delle
azioni. L'ebreo, infatti, "quando pu, schiva il compito che magari lui
stesso, con arti subdole, ha scatenato, e si mantiene armeggiatore
nell'ombra per profittare". All'atavismo, e quindi a puri fattori biologici pi
che alla loro stessa cultura e religione, sarebbe da attribuirsi la millenaria
persistenza delle qualit e dei difetti che hanno caratterizzato gli ebrei in
qualunque paese del mondo. Secondo Cipriani non v' da sperare che
queste caratteristiche si attenuino o si modifichino: esse "tutte convergono,
pu dirsi, in un medesimo punto: il denaro".
Le posizioni del Manifesto vengono quindi confermate. I prodotti
dello spirito dipendono essenzialmente dall'ereditariet di razza, ed una
legittima scelta che i popoli si salvaguardino dai contatti con altre razze,
anche se si tratta di "culture elevate". L'influsso degli ebrei in Italia, se
ancora non si avverte nella struttura biologica, ben presente nel campo
delle arti e della letteratura.
L'Informazione diplomatica n. 18 del 6 agosto aveva nel frattempo
sottolineato come il razzismo italiano fosse nato nel 1919 come base
fondamentale dell'idea fascista e riaffermato l'assoluta continuit del
pensiero di Mussolini in ambito razziale. Caratteristico corollario di questa

108
pubblicazione, come delle precedenti, era stato lo spazio dedicato ai
commenti della stampa straniera, oscillante fra la puntuale cronaca degli
entusiastici consensi degli alleati ed il sarcasmo nei confronti delle critiche
degli avversari.
Gi il

Manifesto era stato accolto con entusiasmo dalla stampa

tedesca, ma anche da quella cattolica. Sull'"Avvenire" del 17 luglio 1938 il


padre gesuita Brucculeri sottolineava la differenza fra il razzismo italiano e
quello tedesco, distinzione che si era rivelata fin da subito esclusivamente
formale e puro espediente di propaganda. La stampa nazista non manc
infatti di esaltare la raggiunta solidariet ideologica fra i due movimenti,
che rendeva di fatto l'Asse sempre pi solida. D'altronde la stessa "Difesa
della Razza", da sempre sostenitrice di un modello di razzismo
"biologico", nel 1939 smentir Brucculeri, riproponendo un articolo del
"Vlkischer Beobachter", organo del partito nazista. Il giornale tedesco
affermava a chiare lettere l'uguale orientamento dell'alleanza italo-tedesca
in materia razziale, criticando chi avrebbe voluto fare della questione
ebraica un momento di disaccordo fra i due regimi.
La stampa degli stati democratici in genere pone in risalto la
connotazione esclusivamente antisemita del razzismo italiano, ed i
commenti italiani non mancano di denunciare il controllo ebraico della
stampa.
La vasta risonanza all'estero dell'Informazione diplomatica merita il
titolo a 9 colonne del "Giornale d'Italia" del 7 agosto. L'argomento
polemico dell'editoriale di Gayda ancora una volta la presunta imitazione
italiana del razzismo tedesco. In questo modo, afferma Gayda, si vuole
colpire l'Asse, dimenticando che se ci sono punti di contatto fra fascismo e
nazismo, ci dovuto alla coincidenza delle visioni dei due movimenti

109
"totalitari". La politica di Mussolini, razzista da sempre, si sviluppata
con gradualit e saggezza. La nuova fase legislativa inizia oggi perch la
situazione interna ed internazionale l'ha resa di stretta attualit. Le tre
cause principali sono state: la creazione dell'Impero, che include il contatto
fra la razza italiana e razze dissimili ed inferiori ed il problema del
meticciato, fenomeno deleterio per la civilt. Ma soprattutto l'ostilit degli
ebrei

nei

confronti

dell'Italia

ha

provocato

un

cambiamento

nell'atteggiamento del fascismo, fino a questo momento tollerante.


L'ingratitudine ebraica ha sollecitato il momento dei bilanci: colpa degli
ebrei e della loro intransigenza contro il fascismo ed i suoi valori se in
atto una politica di discriminazione. Il Fascismo e l'Italia hanno il dovere di
difendersi dai movimenti sovversivi, tuttavia "questa difesa non sar
persecuzione. Ma sar ferma, continua, totalitaria: insensibile a qualsiasi
protesta o reazione di dentro e di fuori".
La ricerca di precedenti storici di un antisemitismo italiano risulta una
costante nei giornali del periodo. Gli ebrei sarebbero stati perseguitati dai
Romani, dalla Chiesa, dalle popolazioni dell'intera penisola. I pi grandi
artisti e patrioti italiani ne avrebbero denunciato la pericolosit e le
caratteristiche peculiari, mentre le personalit pi importanti sono ricordate
mettendo in risalto la loro appartenenza alla razza italiana e la loro fierezza
nel condividerne lo spirito.
L'egittologo Goffredo Coppola, nel suo articolo La clemenza di Tito,
pubblicato il 26 agosto sul "Popolo d'Italia", mette in risalto come gli ebrei
abbiano provocato reazioni antisemite in Egitto e nell'antica Roma, a causa
della loro dominazione economica. Con una prosa contorta Coppola
afferma che gli ebrei hanno sempre tramato contro gli altri popoli ed

110
anche allora...si erano rivelati, per ingorda voglia di lucro, sovvertitori dell'ordine
e crudelmente ostili agli altri popoli e che appunto perci avevano fatto
condannare Ges per non aver saputo essi accettare il nuovo precetto dell'amore
evangelico, giacch, come dice Leopardi, "lo spirito della legge giudaica non
contempla l'amore, ma l'odio verso chiunque non fosse giudeo".

Per l'autore dell'articolo anonimo L'antigiudaismo dell'antica Roma,


apparso sul "Popolo d'Italia" il 7 settembre, i romani avrebbero nutrito per
gli ebrei una vera e propria avversione. Un disprezzo "pi che naturale se
si pensa che allora, come oggi, l'ebreo era sinonimo di senza patria...e che
per di pi l'ebraismo aveva fatto il suo ingresso a Roma insieme a quella
miriade di culti e superstizioni orientali che tanto contribuirono alla
corruzione dei costumi". La distruzione di Gerusalemme sarebbe stata il
culmine dell'antisemitismo romano, e la prova che, nei rapporti con il
giudaismo, gli italiani non avevano nulla da imparare.
Durante questo periodo numerosi articoli riportano le cronache di
come nel passato le varie citt italiane, soprattutto meridionali, si
sarebbero liberate degli ebrei che le opprimevano con i loro commerci
illeciti, gli inganni e le usure. Il 16 settembre il "Popolo d'Italia" d notizia
dell'esistenza de Il pi antico centro razzista che da 70 anni si
occuperebbe in Italia dei problemi del razzismo. L'autore, Piero
Domenichelli, esalta l'opera dell'Istituto di Antropologia dell'Universit di
Firenze e della Societ italiana di antropologia ed etnologia fondata da
Paolo Mantegazza nel 1871, che avrebbero avuto lo scopo meritorio di
fornire materiali per illustrare le differenze anatomiche fra le varie razze e
di individuare ante litteram la contrapposizione fra i popoli semiti e quelli
ariani.
Per quanto riguarda il rapporto fra Chiesa ed ebrei, la stampa pone in
rilievo l'atteggiamento dei Padri della Chiesa e di santi come Stefano

111
d'Ungheria, tollerante verso le minoranze, ma non verso gli ebrei, che non
volle riconoscere come cittadini . Ricorda inoltre che la Chiesa ha respinto,
8

nel 1928, il tentativo dell'associazione Amici di Israele di far eliminare


dalla liturgia del Venerd Santo l'invocazione contro "i perfidi giudei".
Nello stesso anno l'associazione venne sciolta, perch considerata in
contraddizione con lo spirito della Chiesa cattolica . Il 17 agosto compare
9

su vari quotidiani un articolo di P. Francesco Capponi apparso


sull'"Osservatore Romano", Gli Ebrei ed il Concilio Vaticano. Il "Popolo
d'Italia" ed il "Corriere della Sera", fra gli altri, pubblicano solo una parte
dell'articolo, cambiando il titolo in Come i papi trattavano gli ebrei:
Gli ebrei (non potevano) abusare dell'ospitalit dei paesi cristiani. A fianco delle
ordinanze di protezione, esistevano, a loro riguardo, decreti di restrizioni e di
precauzioni. Il Sovrano civile era d'accordo con la Chiesa in questo, perch "l'uno
e l'altra...avevano interesse d'impedire che le nazioni fossero invase dall'elemento
giudaico rischiando di perdere cos la direzione della societ". Se si proibiva ai
cristiani di forzare gli ebrei ad abbracciare la religione cattolica, di turbare le loro
sinagoghe, i loro sabati e le loro feste, si proibiva d'altra parte agli ebrei di coprire
ogni pubblica carica, civile e militare, e tale incapacit era estesa anche ai figli di
ebrei convertiti. Le precauzioni riguardavano gli esercizi professionali,
l'insegnamento e perfino il commercio.

Il 19 agosto l'"Osservatore Romano" protestava per la mutilazione


dell'articolo che ne alterava il contenuto, precisando che le misure adottate
dai Pontefici nel passato "non provenivano da ostracismo di razza...ma
costituivano una difesa della religione e dell'ordine sociale, che si vedeva
minacciato dall'ebraismo". Al di l della debole difesa, che riproponeva
uno dei luoghi comuni pi diffusi contro gli ebrei, si deve sottolineare che
quello del 14 agosto rimase l'unico scritto del giornale del Vaticano
interamente dedicato alla questione ebraica.
8Cfr.
9ivi,

I santi della Chiesa e gli ebrei, s.f., "Giornale d' Italia", 21 agosto 1938.
La Chiesa e gli ebrei, s.f., 24 agosto 1938.

112
L'8 novembre Farinacci a richiamare la Chiesa alle sue
responsabilit, nel suo discorso per il nuovo anno dell'Istituto di cultura
fascista riportato dal "Popolo d'Italia". Per Farinacci "se come cattolici
siamo diventati antisemiti, lo dobbiamo agli insegnamenti che ci
provengono dalla Chiesa". L'atteggiamento della Chiesa verso il razzismo
desta quindi sorpresa, perch in antitesi con tutta la storia del
cattolicesimo. La Santa Sede non pu schierarsi con i nemici del fascismo,
perch quest'ultimo "cattolico e romano", ed allo stesso tempo dovrebbe
stare attenta a "non perdere la sua integrale missione educativa
occupandosi di questioni politiche che spettano al fascismo".
La posizione dell'Informazione diplomatica, che aveva introdotto il
criterio proporzionale per la discriminazione degli ebrei, aveva nel
frattempo ravvivato la polemica sull'essenza del razzismo italiano.
Accanto alle dure posizioni di Gayda e Pende, trovano spazio sui
giornali anche visioni pi "blande", che si ricollegano alla disposizione
"discriminare, non perseguitare". Il 12 agosto compare ad esempio sul
"Giornale d'Italia" l'articolo di Carlo Cecchelli, Valore spirituale dell'idea
di razza, che immediatamente riconducibile, pur nella sua confusione, ad
una visione di stampo cattolico. Secondo Cecchelli il problema della razza
si pone all'interno delle posizioni antimaterialiste proprie del fascismo,
dimenticando che la legislazione si muoveva sulla strada del
"riconoscimento" biologico. Tuttavia per l'autore dell'articolo non si pu
parlare di razze inferiori e superiori (in netto contrasto con Gayda), per cui
l'azione razzista non pu essere di sopraffazione, ma di tutela. Il razzismo
sarebbe infatti doveroso quando una razza vuole imporsi su un'altra, come
ha storicamente tentato di fare l'ebraismo. La dottrina cristiana riconosce la
pluralit delle razze, ma ci non esclude che ogni nazione non debba

113
affermare la sua individualit etnica, perch solo attraverso la forza della
razza si potr arrivare ad un elevato "grado" spirituale. Anche per Leone
Franzi, il cui articolo Il mito di Roma pubblicato il giorno seguente sul
"Popolo d'Italia", non esistono razze inferiori e superiori, ma
semplicemente differenti. La superiorit non si afferma su postulati, ma si
basa sull'altezza della missione che una razza portata a compiere
"nell'unica grande famiglia umana". L'essenza della dottrina fascista
includerebbe un razzismo di "difesa", che non nutre disprezzo per chi non
appartiene allo steso ceppo, un razzismo che
non un imperialismo razziale, ma che invece un razzismo imperiale, razzismo
che ha origine e fine in Roma, in quella Roma che fu sempre vividissima fiamma di
luce, fiamma che illumin, che abbagli, come ci insegna la storia, senza mai
bruciare o distruggere.

L'uso strumentale di questi articoli appare ancora pi evidente


quando, il 27 agosto, tutti i giornali annunciano le imminenti misure
legislative. Il 30 agosto "Il Popolo d'Italia" inizia la pubblicazione degli
elenchi dei professionisti ebrei, per denunciarne il soprannumero e la
potenza. L'11 settembre, nell'articolo Direttori di periodici, si sottolinea
che, su 530 periodici e riviste che si pubblicano a Milano, circa 60 sono
sotto la direzione di ebrei:
I giudei non possono sentire la necessit mistica della battaglia autarchica perch
stranieri di fatto e di spirito...Vi sono uomini non ariani a capo di riviste per
bambini e di variet; giudei sono molti direttori di periodici medici, e, in genere,
scientifici...Occorre, dunque, epurare questo ambiente prima di ogni altro.

Si dichiara altres necessario epurare le case editrici, dove lavorano


elementi egualmente dannosi.

114
Nella battaglia contro le categorie professionali si distingue
soprattutto il "Corriere della Sera" nella sua pagina milanese. A partire dal
primo settembre, ogni giorno viene pubblicato un articolo sull'"invasione
giudaica" fra i professori, gli avvocati, i commercialisti, gli ingegneri, gli
agenti di cambio, gli industriali, i commercianti. Si vuole altres sfatare il
luogo comune dell'intelligenza ebraica, che permetterebbe la presenza di
ebrei nei posti pi importanti della vita nazionale. Gli ebrei in realt
occupano i posti pi elevati perch pi utilitaristi e capaci di organizzarsi
in societ di mutuo soccorso come la massoneria.
Ancora il "Corriere della Sera" promuove una delle numerose
inchieste sulla questione ebraica. L'indagine si sviluppa alla fine del mese
di agosto, sulla base delle "rivelazioni" di due giornalisti inglesi sulla
guerra di Spagna. Il libro Arena Spagnola, cui il quotidiano fa riferimento,
ha il "merito" di riproporre e schematizzare gli argomenti antisemiti pi
diffusi anche dalla propaganda fascista. Gli autori del libro, W. Foss e C.
Gerhaty, considerati due eroi per le vicissitudini che avrebbero
accompagnato il loro lavoro, attribuiscono tutti i mali del mondo all'Idra
dalle mille teste: gli ebrei . Forse in onore dei due giornalisti britannici,
10

l'articolo del "Corriere" corredato da alcune fotografie di comunisti


inglesi, la cui "appartenenza alla razza giudaica evidente" dalle
caratteristiche somatiche. Secondo W Foss e C. Gerhaty, la Spagna
vittima di un complotto comunista, i cui esponenti sono quasi tutti ebrei:
La razza ebrea capace di produrre i migliori ed i peggiori tipi umani. Come il
denaro, il possesso di eccezionali doti naturali pu essere adoperato a fin di bene o
a fin di male. La razza ebrea intelligente, paziente, ambiziosa di conquistarsi
buone posizioni sociali, potenza, ricchezza; capace di grandiosi atti di bont e
delle pi feroci crudelt.
10

"Corriere della Sera", 30 agosto 1938.

115
L'antisemitismo non esiste per se stesso, ma una naturale reazione che si
manifesta dove e quando si sviluppa il semitismo.

Questo procedimento di adulazione tipico della propaganda


antisemita: l'intelligenza superiore degli ebrei e le loro doti sono
fondamentalmente usati come elementi a loro disfavore, in quanto mettono
in condizione di svantaggio chi si pone in concorrenza con loro e
approfondiscono quindi il disprezzo e il pregiudizio.
Altro procedimento tipico sembra essere l'attribuzione al nemico dei
propri sordidi meccanismi di propaganda. La seconda parte dell'inchiesta,
che riprende il secondo capitolo del libro, riguarda infatti La fabbrica
delle invenzioni, ovvero la stampa giudaica dei paesi democratici.
L'articolo appare il 31 agosto, in contemporanea con l'attacco del "Popolo
d'Italia" ai giornalisti ebrei italiani. Il meccanismo della "fabbrica", che
"lavora in nome delle magiche parole democrazia, libert, giustizia,"
sembra avere due regole basilari: negare i fatti e mettere in cattiva luce le
cause iniziali e i susseguenti avvenimenti; accusare il nemico di tutti quei
crimini che si vogliono compiere o che si sono compiuti.
Ed ancora:
Per raggiungere i propri scopi i responsabili della tragedia spagnola e i loro satelliti
non hanno rinunciato all'unica arma offerta dall'arsenale propagandistico; metodica
invenzione di incidenti, condizioni, informazioni; sfruttamento di sentimenti
religiosi, imperialistici, politici e di ragioni strategiche; ricatto, corruzione,
inganno: tutto stato usato per obbligare parte della stampa del mondo a far
circolare le notizie che si voleva far conoscere.

I passi successivi dell'inchiesta ripropongono l'idea dell'alleanza fra


comunisti, giudei e massoni, in combutta per sovvertire il mondo,

116
un'"alleanza satanica" che non agisce allo scoperto, ma assume diverse
immagini secondo le circostanze .
11

Un'altra inchiesta riportata dal "Corriere della Sera" avr una


maggiore pretesa di "scientificit", per il suo approccio statistico e per il
fatto di essere stata condotta da un ebreo, il che dovrebbe far assumere un
innegabile carattere di verit. L'indagine uno studio a carattere europeo
sulle categorie di reati ai quali gli ebrei concorrono in relazione al loro
numero in quote maggiori che i non ebrei. I reati pi diffusi risultano
essere l'usura, la bancarotta e la frode, oltre alla diffusione di letteratura
oscena, oltraggio al pudore, ricatto, renitenza agli obblighi militari, tutte
categorie che rispondono perfettamente ai pregiudizi pi diffusi .
12

Il 2 settembre il Consiglio dei Ministri approva il provvedimento


sull'espulsione degli ebrei stranieri e Gayda pu cos sottolineare che la
politica razziale nel pieno della sua applicazione. Nell'articolo
Provvedimenti nei confronti degli ebrei stranieri il direttore del "Giornale
d'Italia" ribadisce che gli ebrei, corpo estraneo all'interno della Nazione,
sono i protagonisti di un'indebita concorrenza economica, per cui le norme
italiane sono improntate alla giustizia ed alla necessit nazionale. Gli altri
paesi hanno da tempo chiuso le porte a nuove immigrazioni ebraiche,
perch si riconosciuto il risultato negativo delle precedenti. Lo stesso
spirito e la volont ebraica contribuiscono ad allontanare questa razza
dalle altre, per il costante rifiuto di assimilarsi. Nell'articolo del giorno
successivo, Necessit e diritto, sempre Gayda ribadisce l'opportunit dei
provvedimenti sulla scuola. E' infatti opportuno che si inizi dalla cultura,
perch la razza realt non solo biologica, ma anche spirituale.
11Comunisti,

giudei e massoni, "Corriere della Sera", 1 settembre 1938.


Cfr. W. Foss, C, Gerhaty, Giudei e moscoviti responsabili della rivoluzione in
Spagna, "Corriere della Sera", 3 settembre 1938.
12

117
Il 3 settembre il "Popolo d'Italia" dedica l'intera prima pagina
all'esclusione dei professori e degli studenti ebrei dalle scuole statali e
private. L'attenzione all'aspetto educativo e culturale sembra confermare
l'intenzione del regime fascista di completare la totalitarizzazione dello
Stato. Con il pretesto di liberare il mondo della cultura da ogni influsso
"giudaico" si vuole infatti dare alla scuola "un carattere ed una funzione
assolutamente e perentoriamente nazionali, epurandola di ogni elemento
equivoco e facendone uno strumento all'esclusivo servizio della patria
imperiale". Il "Corriere della Sera" parla di Decisa azione razzista contro
l'invadenza giudaica, riprendendo un articolo del "Tevere" sulla possibilit
eventuale di assimilare gli ebrei. Per gli ebrei la cittadinanza " una falsa
carta d'identit". Infatti l'ebreo deve dimostrarsi cittadino del paese che lo
ospita, altrimenti perseguito dal Codice. Ma un ebreo non pu essere
italiano perch
la partecipazione dell'ebreo ai fatti della Nazione che lo ospita sempre
occasionale, fortuita e in ogni caso ispirata a motivi che non si identificano mai,
ma soltanto coincidono, coi fini che la Nazione persegue .
13

Tutti i provvedimenti successivi sono riportati con grande rilievo, e


viene sottolineata allo stesso tempo la continuit della politica eugenetica,
sanitaria e demografica con tutti i provvedimenti in "difesa della razza".
Ma se con l'Informazione Diplomatica n. 18 Mussolini aveva suggerito un
criterio proporzionale nella discriminazione, che adeguasse il rapporto
degli ebrei alla vita globale dello stato con una proporzione dell'uno per
mille, il nuovo progetto, che prender corpo con la riunione del Gran
Consiglio del 6 ottobre, prevede una rigida politica di separazione. La
13Decisa

azione razzista contro l'invadenza giudaica, s.f., "Corriere della Sera", 3


settembre 1938.

118
Dichiarazione sulla Razza del 6 ottobre salutata con entusiasmo da tutta
la stampa italiana. La nuova politica trova naturalmente in Virginio Gayda
uno dei pi accesi sostenitori. Nell'articolo Separazione dell'8 ottobre,
Gayda sottolinea la decisione e la risolutezza del fascismo, i cui ultimi
provvedimenti sono il logico coronamento di una lunga e tenace politica
demografica. I caratteri generali della legislazione sono individuati
nell'assenza di qualsiasi carattere persecutorio, ma allo stesso tempo
nell'intransigente volont di preservare la razza italiana dal contatto con
altre razze. Le misure italiane, "separando nettamente i rappresentanti
della razza ebraica dalle funzioni dello Stato e dal corpo della vita della
Nazione italiana, non importano alcuno spirito offensivo e alcuna pratica
persecutoria". Il commento del "Popolo d'Italia" riassume la posizione del
regime fascista in materia di razza. L'articolo Tavole fondamentali del
razzismo fascista precisa che il problema ebraico non che un aspetto di
un problema di carattere pi generale. La razza ebraica l'unica razza non
italiana di una certa entit ed influenza presente nella penisola, a diretto
contatto con il popolo italiano. Nonostante l'ebraismo sia sempre stato
l'animatore dell'antifascismo, le decisioni del Gran Consiglio sarebbero
improntate alla massima umanit e giustizia. Il fascismo avrebbe come
unico obiettivo la difesa della razza italiana dall'influenza deleteria della
razza ebraica, la cui concezione politica-religiosa-sociale contrasta con
quella fascista. L'ipocrisia di queste affermazioni viene rilevata perfino dal
Ministero, che, con una nota del 10 ottobre, comunica: "I giornali hanno
usato troppo sentimentalismo nei confronti dei provvedimenti razziali del
Gran Consiglio. Riprendere un tono pi sostenuto" . Merito di questi
14

articoli comunque quello di scoprire il vero intento del regime: se la


14F.

Flora, op. cit., pag. 103.

119
"concezione" di vita ebraica contrasta con quella fascista, allora la
"psicologia" ebraica appare pericolosa perch diversa da quella dominante:
(Al di l) della concorrenza economica, del disagio...noi ci preoccupiamo
innanzitutto del pericolo spirituale e dell'insidia politica che il movimento giudaico
rappresenta .
15

Per Paolo Orano il pensiero politico ebraico "una critica erosiva,


una

continua

negazione,

un'intolleranza,

lungo

andare,

un

rivoluzionarismo che diventa anarchia" . Secondo Orano l'ebraismo esiste


16

quindi come contraddizione e negazione, e gli ebrei sono nomadi che


pretendono ed ottengono tutti i diritti degli stati che li ospitano, ma senza
sentirsene parte. L'ebraismo sarebbe un "difetto" di sviluppo della storia,
perch mira ovunque e sempre a distruggere lo Stato, che invece l'unica
finalit del divenire sociale. Ancora pi esplicito l'articolo Razzismo
fascista, pubblicato dal "Corriere della Sera" l'8 ottobre 1938, per cui
l'antisemitismo del fascismo esclusivamente politico e non ha nulla a che
fare con una persecuzione religiosa.
In questa prospettiva di contrapposizione politica, pi che razziale, i
comportamenti concreti degli ebrei devono essere posti sempre di pi in
primo piano dalla propaganda, a giustificare la presa di posizione contro il
pericolo giudaico.
Disposizioni legislative del 1932 avevano stabilito rigide limitazioni
per la cronaca nera, quali il limite di trenta righe ed il titolo su una sola
colonna . Queste leggi vengono "dimenticate" per accogliere con grande
17

15Logico

sviluppo, s.f., "Corriere della Sera", 3 settembre 1938.


Orano, Il pensiero politico nell' antica Israele, "Corriere della Sera", 9 settembre
1938.
17Cfr. P. Murialdi, La stampa del regime fascista, Roma-Bari, Laterza, 1986, pag. 60 e
sgg.
16P.

120
clamore l'annuncio dell'arresto di Renato Sacerdoti, pubblicato dalla
stampa il 7 ottobre. Sacerdoti, personalit di spicco della capitale,
accusato di essere a capo di un'organizzazione specializzata nel
contrabbando di valuta. L'amore per il lucro e la propensione alla truffa
degli ebrei sono ovviamente messi in risalto dagli articoli che seguono,
giorno dopo giorno, l'evolvere della vicenda. Oltre alle imprese della
"banda Sacerdoti", ben presto vengono segnalati altri traffici di valuta fra
l'Italia e la Svizzera, "colpi di mano" di commercianti ebrei fuggiti in
Palestina, truffe ai danni di "ingenue signore", costituzioni di societ
anonime per aggirare la legge, scoperte di "criminose sedi giudaiche" in
cui si fabbricano passaporti falsi e persino la notizia di un furto di ebrei ai
danni di altri ebrei. Il 17 ottobre viene dato molto rilievo all'arresto di
Eugenio Colorni, definito il "tipico rappresentante dell'ebraismo
internazionalista" dal "Popolo d'Italia". Colorni era colpevole di essere alla
testa di "cellule antifasciste" e di mantenere "rapporti di natura politica con
altri ebrei residenti in Italia e all'Estero". Uno di questi contatti era
individuato nell'ex deputato Dino Philipson, "losca figura" e complice della
"criminosa attivit" di Colorni a Trieste. In realt i due arresti, avvicinati
per dimostrare l'esistenza di un complotto ebraico antifascista, erano
indipendenti fra loro, essendo il primo avvenuto l'8 settembre a causa
dell'attivit socialista di Colorni. La Nota del Ministero tuttavia
comunicava:
I giornali commentino il comunicato Stefani sull'arresto del prof. Colorni ponendo
in rilievo che le attivit svolte da lui e dagli altri rimontano ad un periodo
antecedente a quello nel quale fu agitato in Italia il problema della razza. Il Colorni
e gli altri non meritano quindi alcuna piet .
18

18Cit.

in F. Flora, op. cit., pag. 104.

121
L'indicazione dell'esistenza di un complotto ebraico antitaliano
giustificava a posteriori l'emanazione delle norme previste dalla
Dichiarazione sulla Razza e nello stesso tempo permetteva al "Popolo
d'Italia" di ammonire, lo stesso 17 ottobre, che alcune concessioni fatte
agli ebrei

potevano

essere

"annullate

aggravate

seconda

dell'atteggiamento che l'ebraismo assumer nei riguardi dell'Italia fascista".


L'11 novembre vengono approvate dal Consiglio dei Ministri le leggi
per la difesa della razza che il commento del "Popolo d'Italia" definisce
"massima espressione della legislazione razziale" e tali da completare "un'
opera che la Rivoluzione fascista pu consegnare con orgoglio alla storia e
che il Duce, fin dal 1919, avvi con fatidiche parole al compimento".
L'articolo di fondo del "Corriere della Sera", Torniamo alle origini,
ribadiva appunto che Mussolini, fin dal suo articolo del 4 giugno 1919,
aveva individuato l'identit fra ebraismo e bolscevismo. Secondo l'
anonimo articolista, nel 1919 era certo difficile vedere il legame fra il
bolscevismo e la congiura internazionale degli affaristi e dei banchieri:
Solo nel corso degli anni si vide che era realmente cos, e che l'apparente
contraddizione fra una politica capitalistica e sfruttatrice ed una politica sedicente
proletaria e rivoluzionaria si spiegava col duplice contrastante aspetto degli
interessi ebraici, che in certi Paesi e in certi momenti tendono a conservare ed
accumulare, in altri a demolire e disperdere; sempre per il vantaggio del ghetto e
della sua crescente potenza.

Ancora pi stupefacente la considerazione di Mussolini sull'"eterno


odio" degli ebrei per il Cristianesimo, che si espresso nei tentativi di
diseducazione sociale e di propaganda contro la famiglia, l'ordine
economico, gli ideali nazionali. Questa interpretazione storica ora
considerata la fonte d'ispirazione del movimento fascista, per cui la difesa
contro questi principi conduce necessariamente al razzismo:

122

L'azione fascista resta fedele a se stessa. Essa arriva, talora con qualche ritardo,
ma arriva sempre.

La preoccupazione del regime, dopo il completamento dell'apparato


legislativo, ora quella di sviluppare sempre di pi la coscienza razziale
degli italiani. Questo scopo verr perseguito con attacchi sempre pi
personali e volgari. Le riviste, ma anche molti quotidiani, pubblicheranno,
soprattutto durante la guerra, vignette e foto che sottolineano l'aspetto
fisico degli ebrei, con i tipici caratteri loro attribuiti: statura bassa o media,
naso lungo e adunco, carnagione scura, capelli neri e spesso ondulati,
labbra grosse, piedi piatti e tendenza alla pinguedine nelle donne. Un
articolo del "Popolo di Roma" del 1941 l'esempio lampante di questa
procedura. Secondo il titolo, Pi che dalla stella gialla gli ebrei si
riconoscono dalla ferocia dello sguardo: "gote livide, bocche ferine, occhi
di fiamma ossidrica, spinti e perforanti dal sotto in su". Il sindaco di New
York, La Guardia, un "ratto di fogna", mentre "il pi sozzo, il pi
ripugnante, il pi disumano e nemico" nientemeno che Charlie Chaplin.
Inoltre i criminali ebraici ed i loro trucchi sono sempre identificati
"attraverso i segni inconfondibili della loro razza"

19

Il primato di questa propaganda spetta per alla rivista di Interlandi,


"La Difesa della Razza", che, pubblicizzata come portatrice delle posizioni
"scientifiche" del razzismo italiano, finir per risultare la succursale
italiana del famigerato "Der Sturmer" di Streicher.
Con un grande lancio pubblicitario, il quindicinale, che nelle
intenzioni dei suoi promotori avrebbe dovuto rappresentare lo strumento

19I

trucchi ebraici, s.f., "Corriere della Sera", 9 ottobre 1938.

123
"scientifico" della propaganda razziale, usciva nelle edicole il 5 agosto
1938.
Sin dall'inizio la rivista si propone di dimostrare che "la scienza con
noi", sottolineando l'interesse per un razzismo "biologico" pi che
"spirituale". Tuttavia il primo numero si dibatte in una serie di
contraddizioni. La prima preoccupazione quella di smentire i pretesi
atteggiamenti filosemiti del regime. Il fascismo in realt seguirebbe una
politica razzista da sedici anni, ma solo la conquista dell'Impero avrebbe
posto in essere la necessit di provvedimenti legislativi che evitassero la
confusione fra la "razza" italiana, appartenente al gruppo degli
indoeuropei, e le altre razze, fra cui gli ebrei. Gli stessi ebrei sono stati da
sempre promotori del razzismo, considerandosi razza diversa e superiore
rispetto a tutte le altre. Malgrado la politica tollerante del regime, essi
hanno costituito lo stato maggiore dell'antifascismo. Proprio questa accusa
ripresa per giustificare il diverso atteggiamento di Mussolini rispetto ai
suoi colloqui con Ludwig del 1932. In quella occasione il duce aveva
affermato che l'antisemitismo non esisteva in Italia, ma dal 1932 sarebbe
sorto il "semitismo" nel mondo, che avrebbe dimostrato in pi occasioni, a
partire dall'appoggio alla politica sanzionistica, la sua avversione per il
fascismo ed il nuovo "Impero di Roma". L'Italia fascista diversa
dall'Italia di ieri, che poteva ignorare l'antisemitismo: secondo Interlandi
bisogna chiarire agli italiani l'"irrevocabile necessit" del razzismo, contro
la minaccia degli ebrei per la societ umana.
I primi articoli della rivista sembrano chiaramente abbracciare la tesi
del razzismo biologico. Guido Landra, uno dei firmatari del Manifesto, in
Eredit biologica e razzismo afferma che gli uomini non sono
biologicamente tutti uguali fra di loro, mentre Marcello Ricci scrive che

124
"l'eredit biologica consiste nella trasmissione dei caratteri morfologici e
fisiologici delle specie degli ascendenti". Citando le leggi di Mendel, Ricci
afferma che tutte le caratteristiche di un individuo sono gi presenti
nell'uovo fecondato,

tutti i caratteri umani sono dipendenti

dall'ereditariet, per cui l'ambiente pu renderle meno evidenti, non


cancellarle .
20

Tuttavia nella pagina seguente appare l'articolo di Edoardo Zavattini,


Ambiente naturale e caratteri biopsichici della razza italiana, in cui fa la
sua ricomparsa la visione "spiritualista" del razzismo:
La razza italiana ha caratteristiche biopsichiche che sono esclusivamente sue;
caratteristiche che gli (sic) sono state impresse da fattori naturali ambientali.
L'ambiente ha modellato la psiche dell'italiano, e poich questo ambiente
unico...anche la razza che vive in questa nostra terra ha una sua impronta
psicologica che le esclusiva; pi ancora dei tratti somatici, pi ancora delle
strutture morfologiche, la razza italiana ha una sua assoluta individualit psichica e
spirituale.

Nell'articolo La borghesia e la razza non manca l'attacco alla classe


borghese, quasi a sottolineare la continuit fra la nuova polemica
antisemita ed uno dei "classici" bersagli polemici del fascismo . La
21

condanna verso l'identit cosmopolita della borghesia, che uguale in


tutte le nazioni, cos come il denaro che il suo oggetto. Fin dal 1922 la
borghesia in Italia era governata da ebrei, cui vanno tolte le funzioni di.
comando. Il fascismo deve ora completare l'opera iniziata nel '22 contro
coloro che, attraverso l'indifferenza per i valori della razza, hanno
affermato il proprio razzismo.
Il secondo numero della rivista riprende i temi "scientifici" del
precedente. Ancora Guido Landra, nell'articolo Concetti del razzismo
20M.
21

Ricci, Eredit biologica e razzismo, "La Difesa della Razza", anno I, no. 1.
ivi, La borghesia e la razza, s.f.

125
italiano, propone la distinzione fra popoli ariani/indoeuropei e
camito/semitici. Tale distinzione ha le sue basi in differenze culturali, ma
soprattutto in differenze razziali. Gli Arii avrebbero occupato l'Italia al
primo apparire della civilt dei metalli, e da allora la composizione
razziale non avrebbe subito grandi mutamenti perch i movimenti
migratori, anch'essi di origine ariana, erano facilmente assimilati. Gli ebrei
hanno caratteristiche ben precise della razza semita: naso, sporgenza della
faccia, occhi a mandorla, capelli scuri e spesso crespi o ricci, statura
mediocre, modo inconfondibile di muoversi e di parlare. Compito del
razzismo fascista, che si propone come differenzialista e non gerarchico,
essendo "contrario alla distinzione fra razze inferiori e superiori", reagire
contro tutte le forme di alterazione della civilt italiana. Gli elementi
razziali eterogenei, come gli ebrei, contribuirebbero infatti a rompere la
perfetta armonia di una razza pura.
I caratteri fisici peculiari di ogni razza sono ripresi da varie tabelle,
che si propongono di dimostrare le differenze razziali gi presenti nei
primissimi mesi di vita embrionale. Appare chiara l'intenzione di
condizionare anche il razzismo italiano al rispetto delle leggi
dell'ereditariet.
Nel terzo numero tuttavia si ripropone la sostanziale diversit di
vedute fra il direttore Interlandi e Guido Landra. Interlandi infatti,
dedicando il suo editoriale alle leggi sulla scuola, sottolinea come il
problema razziale sia una necessit biologica ma allo stesso tempo
un'esigenza spirituale. La scuola e la cultura sono stati i tradizionali canali
della conquista ebraica dell'Italia, per cui la "difesa della razza" comincia
dal fronte dello spirito, sul terreno della cultura. La razza italiana ha i suoi
tratti biologici inconfondibili, ma deve anche lottare per riacquistare le

126
qualit spirituali che gli ebrei le hanno fatto smarrire. Nello stesso numero
Landra continua la sua analisi dei tratti fisici della razza italiana, attraverso
lo studio della capacit cranica ("Naturalmente esiste una differenza nelle
capacit tra l'uomo e la donna, e questo in tutte le razze"), e dei tratti
somatici, concludendo che il tipo italiano pi caratteristico risulta essere
biondo con gli occhi chiari. Giuseppe Lucidi, a sua volta, propone una
"dottrina del sangue" con caratteristiche diverse da quella evoliana, perch
intesa come "affermazione della materia sullo spirito, rinascita selvaggia
dell'oscura voce dell'istinto, ed affermazione di un nuovo paganesimo".
Secondo Lucidi il concetto di razza puramente biologico ed quindi
basato "su altre considerazioni che non i concetti di popolazione e nazione,
fondati essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche, religiose".
I mesi successivi vedono "La Difesa della razza" schierarsi in modo
sempre pi netto su posizioni pseudo-scientifiche di stampo tedesco.
Attraverso lo studio delle malattie ereditarie, scale metriche e statistiche si
vuole dimostrare che il miglioramento della razza italiana potrebbe essere
inficiato da "incroci ed imbastardimenti", secondo l'affermazione del Gran
Consiglio. Ancora Lucidi afferma, nell'articolo Purezza ed unit di sangue
nella razza italiana, apparso nel numero 6 della rivista, che il sangue viene
ereditato secondo leggi ben determinate: "Il substrato biologico
dell'individuo ha caratteristiche definite individuali e di razza". L'identit
fondamentale del sangue la legge da cui nascono "le misteriose affinit
elettive che uniscono i singoli in un popolo e fanno veramente di pi
individui una nazione".
Appare in queste parole sempre pi evidente l'artificiosit della
distinzione tra razzismo dello "spirito" e materialista, e soprattutto la

127
difficolt di sostenere una dottrina italiana autonoma in materia di
antisemitismo.
Accanto agli articoli "scientifici", ben presto la rivista utilizz gli
usuali luoghi comuni antiebraici. Spunti antisemiti vennero ricercati nella
romanit classica, mentre gli stessi scrittori ed artisti italiani vennero
tacciati di antisemitismo, con evidenti forzature e distorsioni. Accadde
allora che Benedetto Croce venisse definito antisemita perch aveva
rimproverato ad alcuni filosofi ebrei di sostenere l'illuminismo razionalista
del 700 e di non aver compreso lo storicismo; Leopardi, poeta razzista, in
quanto in qualche passo dello "Zibaldone" avrebbe criticato alcuni aspetti
della mentalit ebraica; Leonardo, pittore antisemita, dato che nell'"Ultima
cena" avrebbe attribuito a tutti i visi degli Apostoli i tratti "ebrei tipici ed
inconfondibili".

Sulla base dello spoglio analitico della stampa fascista che abbiamo
sin qui condotto, cerchiamo ora di trarre qualche conclusione generale
sulle caratteristiche della propaganda antisemita sui giornali fascisti.
Durante la campagna antiebraica, la stampa fascista si riconferma
strumento di un progetto politico funzionale agli interessi dello Stato. Tutti
i giornalisti si sentono impegnati in prima linea nella nuova battaglia del
regime, si considerano militanti di un importante servizio pubblico,
responsabili all'interno di un meccanismo unitario.
Le caratteristiche del giornalismo fascista sembrano essere la
selezione acritica delle notizie e la loro manipolazione essenzialmente

128
politica, mentre il linguaggio si caratterizza per il carattere rituale, la
ripetitivit delle espressioni e la retorica degli slogans. Proprio questa
particolare forma di linguaggio ci consente di analizzare il risultato delle
propaganda in termini di rapporto fra coazione e consenso. Come ha infatti
sottolineato Mario Isnenghi,
non spiegheremo e non ci daremo ragione del grado di riuscita di questa campagna
pedagogica di stato dichiaratamente intesa a fare gli italiani o a rifarli in senso
storicamente rinnovato, tenendoci fuori dai parametri che sono loro propri:
massificazione, semplificazione, formalizzazione, ritualizzazione, traduzione in
linguaggio catechistico e chiesastico .
22

Le leggi del 1925-26 sulla stampa avevano stabilito il controllo dello


Stato sulla propriet dei giornali, la nomina statale dei direttori, il divieto
di creazione di nuovi quotidiani ed instaurato la pratica delle veline del
Ministero della Cultura Popolare. La manipolazione dell'informazione e
dei messaggi diventa cos pianificata direttamente dallo Stato, quindi
istituzionalizzata. Lo Stato l'unico rappresentante di diritto della nazione,
e la centralizzazione e la deformazione dell'informazione fanno parte di un
dichiarato programma di totalitarizzazione. Questa affermazione di
principio riscontrabile in quello che il testo ufficiale sulla cultura
fascista, edito nel 1936:
La stampa periodica - nel regime fascista - un mezzo dello Stato. Non un
potere autonomo, che si pu esplicare anche all'infuori dello Stato o contro di
esso; un servizio essenziale della vita moderna che concorre ai fini dello Stato .
23

La direzione totalitaria assunta dal sottosegretariato della Stampa e


poi dal Ministero della Cultura Popolare:
22M.

Isnenghi, Intellettuali militanti ed intellettuali funzionari, Torino, Einaudi, 1979,


pag. 18.
23PNF, La cultura fascista, Roma, La Libreria dello Stato, 1936, pag. 53.

129

Di qui l'omogeneizzazione globale degli stereotipi e del linguaggio. Dietro le


parole e gli slogan a corso forzoso, dietro identiche reazioni a fatti del giorno,
dietro a molti articoli apparsi simultaneamente in decine di quotidiani, sta molto
spesso - insieme ad una spontanea solidariet di classe, di partito, e all'influenza
della Stefani, l'agenzia di stampa di stato - l'indicazione prescrittiva di un'unica
"velina" giunta da Roma. Siamo di fronte ad un'imponente opera di "riscrittura" e
"riformulazione" quotidiana degli avvenimenti, interni e d esteri, nel quadro di una
pedagogia di regime e di una concezione del giornalismo come scuola per gli
adulti .
24

Si assiste alla vera e propria creazione di un "vocabolario di regime",


dal linguaggio iperbolico e stereotipato: compito di una campagna di
stampa come quella antiebraica dichiaratamente educare il popolo
italiano al comando ed alla consapevolezza di un nuovo ruolo
internazionale. Questa nuova "pedagogia", esplicita nel Secondo libro del
fascista, "catechismo" ad uso nelle scuole medie, punta all'educazione
collettiva di una societ massificata e sempre pi conformista. Il regime
fascista si propone di occupare ogni spazio, soprattutto attraverso
l'espulsione del "diverso".
Rispetto al giornalismo censurato di guerra, il fascismo dispone di
numerosi e moderni mass-media, attraverso i quali comunica un solo
messaggio in un solo linguaggio, ridondante, iterato e schematizzato.
Questa standardizzazione particolarmente visibile nella stampa
quotidiana, nella sua necessit assidua di reiterare il proprio messaggio e il
proprio stile. La stampa quotidiana diventa cos
l'area dell'univoco: tutto vi esplicito, caricato ed esibito, e l'universo
dell'informazione tende qui a farsi unidimensionale .
25

24M.

Isnenghi, op. cit., pag. 53.


pag. 182.

25Ibid.,

130
La pubblicistica periodica mantiene invece, pur nei limiti
dell'adesione al regime, una sua relativa autonomia, soprattutto nei giornali
giovanili e nelle riviste letterarie:
Quanto al rapporto tra quotidiani e riviste si pu formulare l'ipotesi che la
pubblicistica periodica, folta e dispersa, sia il gran sottobosco che il regime
conserva come valvola di sicurezza per le esercitazioni ideologiche, le nostalgie, le
istanze, i dibattiti di categorie emarginate dal potere reale, per motivi sociali,
politici o di generazione...; mentre ai quotidiani verrebbe richiesta una maggiore
compattezza e ufficialit, in vista delle diverse funzioni, che per un quotidiano
sono di aggregazione di pi larghe masse tramite una forma di educazione
collettiva degli adulti. Schematizzando: a) le riviste servono il regime
organizzando il dissenso; b) i quotidiani lo servono organizzando il consenso .
26

Per quanto riguarda la campagna antisemita, la Addis Saba sostiene


che il mito della razza ebbe scarsa risonanza nei giornali giovanili e che
l'interpretazione del razzismo da parte di questa pubblicistica venne
generalmente trascurata o riprodotta acriticamente . In realt sembra che
27

soprattutto la stampa dei GUF abbia svolto un ruolo essenziale nella


diffusione di stereotipi e pregiudizi antisemiti nella nuova generazione,
spesso utilizzando concetti pi estremisti rispetto a quelli mostrati dalla
stampa quotidiana. Esempio di questo atteggiamento la nascita di una
rivista come Razzismo in una realt come quella di Catanzaro, di cui
parleremo in seguito, tipico esempio del paradosso di un "antisemitismo
senza ebrei". In questo caso ha sicuramente svolto un ruolo importante il
conformismo verso le direttive del regime, ma non si pu tacere quella che
Bauman ha definito
l'incredibile capacit dell'antisemitismo di prestarsi a tutta una serie di
preoccupazioni e di scopi...dovuta alla sua universalit, extratemporalit ed
26Ibid.,

pag. 190.
M. Addis Saba, Giovent italiana del Littorio. La stampa dei giovani nell'Italia
fascista, Milano, Feltrinelli, 1973, pag. 200.
27Cfr.

131
extraterritorialit...(L'antisemitismo) si adattava cos bene a tante problematiche
locali perch non era causalmente connesso con nessuna di esse .
28

Nella campagna antiebraica, i giornali a larga diffusione nazionale


che si distinguono di pi per il loro zelo sono, come abbiamo visto, "Il
Giornale d'Italia", "Il Popolo d'Italia" e "Il Corriere della Sera". Il primo,
quotidiano romano fondato nel 1901, si distingue per l'esaltazione della
missione della "nuova Italia" e per la costruzione del "mito del Duce". Il
suo direttore, Virginio Gayda, un esperto di problemi internazionali, ed
considerato il portavoce ufficioso del Ministero degli Esteri. Non a caso,
quindi, i suoi frequenti interventi sulla questione ebraica sono accolti come
una posizione ufficiale del regime. Il "Popolo d'Italia", fondato nel 1914
dallo stesso Mussolini, il giornale ufficiale del duce, ed considerato "il
supremo organo di orientamento politico" . Il "Corriere della Sera" si
29

uniforma all'atteggiamento di tutti i quotidiani, ma mantiene un suo


pubblico particolare e la tradizione di quotidiano borghese. Per questo
motivo, meglio di altri giornali, permette di studiare i meccanismi di
organizzazione del consenso, gli stereotipi pi diffusi, l'immagine dei
protagonisti e delle vittime.
Gli elementi principali della campagna antisemita risultano, in
conclusione, i seguenti:
la

creazione

dell'immagine

di

un

"italiano

nuovo",

in

contrapposizione all'immagine dei perseguitati;


la

costruzione di un nuovo modello di Italia, potenza imperiale

contrapposta ai suoi nemici (soprattutto anglosassoni) e la creazione di una


nuova "epica" della romanit;
28Z.
29P.

Bauman, Modernit ed Olocausto, Bologna, Il Mulino, 1992, pag. 67.


Murialdi, op. cit., pag. 25.

132
la

(auto)legittimazione della superiorit razziale e spirituale;

la

colpevolizzazione del nemico, la costruzione di pregiudizi e la

riproposizione di vecchi stereotipi antisemiti;


il

culto di Mussolini, precursore e realizzatore della politica

razziale.
Attraverso questo modello l'ebreo poteva essere rappresentato
come incarnazione di tutto ci che veniva avversato, temuto o disprezzato. Egli
risultava un portatore del bolscevismo, ma, abbastanza curiosamente, era nello
stesso tempo un difensore dello spirito liberale delle corrotte democrazie
occidentali. Sul piano economico era contemporaneamente capitalista e socialista.
Veniva accusato di indolente pacifismo ma, per una starna coincidenza, era anche
un eterno fomentatore di guerre .
30

Queste argomentazioni sono la prova della tipica ambiguit della


propaganda, e delle contraddizioni che segnano l'intera campagna di
stampa fascista. I giornalisti del regime si dibattono infatti fra due
concezioni opposte del razzismo, quella biologista e quella spiritualista,
nel difficile tentativo di trovare precedenti per l'antisemitismo italiano e di
tracciare un impossibile confine fra persecuzione e discriminazione.
Per questi motivi la propaganda fascista non riesce a liberarsi da un
inevitabile procedimento tautologico e da un'irrazionalit di fondo.
Attraverso l'utilizzo di argomenti irrazionali si vuole stimolare l'ansia per la
distruzione delle certezze e la dissoluzione di un equilibrio, interpretando
le difficolt di un periodo storico come il risultato della presenza
ingombrante e sempre pi massiccia degli ebrei. Ma allo stesso tempo
l'antisemitismo fascista sembra assumere una chiara connotazione politica.
Gli ebrei sono le vittime ideali della polemica antiborghese ed
antimodernista del regime. Sono il nemico "interno" ad ogni nazione per la
30Weinrich,

1945, cit. in Z. Bauman, op. cit., pag. 68.

133
propaganda nazionalista, fungono da monito per la loro condizione di
"eterni" perseguitati.
Lo stereotipo che si diffonde con pi facilit quello della
"cospirazione internazionale" che mira al dominio ebraico mondiale. La
raffigurazione degli ebrei quella tipica di
un lite sovranazionale, un potere invisibile mimetizzato dietro tutti i poteri
visibili, un burattinaio nascosto responsabile di giochi del destino .
31

La propaganda costruisce accuratamente la definizione del suo


oggetto, isolando le vittime con l'implicazione della loro "diversit".
L'accresciuta distanza fisica fra le persone implica l'isolamento di chi
oggetto di pregiudizi, giustificando ogni tipo di "trattamento speciale".
Nella propaganda antisemita il tema dell'"alterit" dell'ebreo molto
pi importante di quello della sua "inferiorit". Spesso anzi si evoca una
superiorit intellettuale che per ha solo la conseguenza di rendere gli
ebrei pi pericolosi. Il pericolo non pu derivare da chi risulta inferiore,
quanto piuttosto da una potenza superiore, anche se negativa. In questa
ottica gli ebrei non possono essere asserviti, n tantomeno assimilati, ma
solo "discriminati", In questa posizione c' in nuce la giustificazione del
genocidio. Nel delirio nazista, infatti, l'impossibilit di vedere gli ebrei
come "schiavi" condurr alla "necessit" dello sterminio. Come E. Lvinas
ha sostenuto,
l'antisemitismo l'archetipo di qualsiasi tipo di internamento. La stessa
oppressione sociale non fa che imitare questo modello. Essa rinchiude gli individui
all'interno di una classe, priva dell'espressione e condanna a significanti senza
significato, dunque alla violenza a agli scontri .
32

31Z.

Bauman, op. cit., pag. 117.


Lvinas, cit. in P.A. Tagueff, La forza del pregiudizio, Bologna, Il Mulino, 1994,
pag. 110.
32E.

134

Anche nella propaganda fascista gli ebrei non sono considerati


inferiori, bens veri e propri nemici, con una concezione del mondo e modi
di agire differenti. La posizione spiritualista quindi altrettanto pericolosa
di quella materialista: se non ci sono nette distinzioni di razza, la
differenza si esprime politicamente, ed il fascismo non poteva certo
accettare paradigmi diversi dal proprio.
L'abilit della propaganda consiste nel presentare le posizioni razziste
non solo come credenze o teorie, ma anche come risposte pragmatiche a
problemi concreti. Le argomentazioni della stampa pongono in rilievo
motivazioni teoriche, ma allo stesso tempo le rinforzano con le "buone
ragioni" di ordine pratico, come risulta dal rinnovato interesse del regime
per la cronaca nera.
I presupposti concettuali dell'antisemitismo fascista includono la
difesa dell'individualit di un popolo attraverso la separazione, la
protezione della razza superiore dagli incroci e dal meticciato, la
valorizzazione dell'omogeneit e della purezza degli ariani, legittimati ad
agire contro ogni possibile ibridazione. Lentamente diventa normale
parlare di separazione sociale, oltre che naturale.
L'ipotesi biologica esclude la possibilit di una volont personale,
perch il destino umano legato indissolubilmente all'appartenenza
biologica. Tuttavia, come ha sostenuto E. Balibar, l'antisemitismo il
prototipo di un razzismo per cui non pi necessario il concetto
pseudobiologico di razza. L'antisemitismo moderno gi un razzismo
"culturalista" . L'ebreo visto come "costruzione psicologica", portatore di
33

una tradizione culturale di disgregazione morale e materiale. L'elemento


33Cfr.

E. Balibar - I. Wallerstein, Razza nazione classe: le identit ambigue, Roma,


Edizioni Associate, 1990, pag. 35.

135
principale della propaganda fascista risulta quindi essere la battaglia contro
questa concezione del mondo, inconciliabile con la propria.
Se H. Arendt ha sostenuto che l'antisemitismo stato utilizzato
politicamente per combattere lo Stato , l'analisi della propaganda fascista
34

sembra al contrario suggerire che sia stato il regime ad usare


l'antisemitismo per rafforzare lo Stato e riaffermare la monoliticit delle
istituzioni. La politica antiebraica avrebbe dovuto difatti svolgere lo stesso
ruolo della guerra d'Etiopia e della battaglia autarchica: riproporre una
solidariet organica tra i membri della nazione ed eliminare qualsiasi
possibilit di opposizione. In questa ottica l'antisemitismo tradizionale,
cattolico e nazionalista, pi che come causa, si presenta come un
necessario supporto all'azione discriminatoria. Certamente l'antisemitismo
fascista ha agito su un terreno preparato dall'antisemitismo cristiano, ma
per le sue caratteristiche non si identifica con esso.
In conclusione, il pregiudizio antisemita, negli intenti del fascismo,
assume una funzione sociale e politica, oltre che psicologica, e legittima un
procedimento attraverso il quale un gruppo specifico viene individuato ed
isolato attraverso l'attribuzione di segni e caratteristiche distintive e i suoi
comportamenti sono generalizzati e valutati negativamente.
Spesso gli stereotipi si autorafforzano e "creano" l'esperienza:
Nel produrre informazioni sui gruppi etnici, la gente non fornisce semplicemente
evidenze basate su modelli interpretativi, ma costruisce evidenze a partire da
preesistenti attitudini. E' lo stereotipo generale negativo che mi dice che io devo
aver avuto solo esperienze negative. Noi troviamo che le opinioni sui gruppi etnici
sono elaborate in modo circolare: un'esperienza negativa viene generalizzata fino a
diventare un'opinione attitudinale generale, e l'opinione generale, viceversa,
garantisce che alla fine si trovino esempi che la convalidano .
35

34Cfr.
35T.

H. Arendt, Le origini del totalitarismo, cit.


Van Dijk, cit. in P.A. Tagueff, op. cit., pag. 27.

136
Secondo R. Bastide, il pregiudizio appare sempre "come un atto di
difesa" di un gruppo dominante contro un gruppo dominato o di
giustificazione di uno sfruttamento" . Solo attraverso l'identificazione
36

precisa del gruppo quindi possibile astrarre e generalizzare creando


asserzioni razziste. La rigidit del sistema sociale permette in seguito la
costruzione di un modello di "capro espiatorio" attraverso il quale dare
risposta alle crisi individuali e collettive.
Anche alcune accuse della propaganda fascista hanno per oggetto
l'essere degli ebrei, indipendentemente dalle loro azioni concrete. Gli ebrei
sono designati come soggetti su cui riversare l'odio di un gruppo alla
ricerca di un'autolegittimazione. E' questo il modello che gi nel 1942 era
stato individuato da Janklvitch:
Probabilmente per la prima volta ci sono uomini che vengono ufficialmente
perseguitati non per ci che fanno, ma per ci che sono; essi espiano il proprio
essere e non il proprio avere: non delle azioni...ma la fatalit di una nascita. Ci
restituisce tutto il senso al mito immemorabile del popolo maledetto, del popolo
capro espiatorio, condannato a vagare da una nazione all'altra ed assumere su di s
i peccati di tutti .
37

L'antisemitismo fascista ha rappresentato una delle risposte possibili


alla volont di controllo ed omologazione della vita della nazione, che
passavano attraverso l'intolleranza per le altre identit e le altre culture.
L'ebraismo non era solo un elemento di disturbo sul piano culturale, ma
una comunit il cui organismo dirigente ufficiale non era completamente
fascistizzato.
Eppure, come ha notato Bauman, la propaganda non poteva essere
certo sufficiente per "isolare" gli ebrei . Essa doveva essere sostenuta, per
38

36Cit.,

ibid., pag. 312.


ibid., pag. 33.
38Cfr. Z. Bauman, op. cit., pag. 176 e sgg.
37Cit.,

137
essere efficace, da un corpus di norme legislative che approfondissero la
separazione fra gli ebrei ed il resto della popolazione, ma che soprattutto
dimostrassero che le misure restrittive colpivano gli Altri, non avendo
nessuna influenza sulla vita quotidiana della maggior parte della
popolazione. Per questo motivo il fascismo si dedic in modo accurato alla
precisazione di chi fosse realmente ebreo, anche attraverso contraddizioni
e ripensamenti: l'affermazione cos netta della "diversit" consentiva infatti
una presa di coscienza per i restanti cittadini italiani, razzialmente "puri" e
con alcune sicurezze morali in pi.
In ogni caso la propaganda stata essenziale per lo sviluppo di un
antisemitismo funzionale alle necessit del regime, soprattutto perch i
suoi meccanismi hanno permesso l'accettazione acritica da parte,
presumibilmente, di larghi strati della popolazione. Per raggiungere questo
risultato la propaganda ha spesso utilizzato processi inconsci ed
emozionali, facendo appello a pregiudizi diffusi e creandone di nuovi. Gli
stereotipi sono generalmente ripetuti e "sacralizzati", mentre il linguaggio
propone immagini contraffatte. In questo modo, per raggiungere un
obiettivo concreto (la totalitarizzazione dello Stato, la dissoluzione
dell'individuo in un'entit collettiva, l'assolutizzazione della comunit
d'appartenenza), il fascismo non esita ad utilizzare concetti irrazionali.
In

definitiva

dell'universalismo.

il

rifiuto

degli

ebrei

si

traduce

in

rifiuto

138

CAPITOLO 0
UNA POLEMICA COSENTINA SULLE LEGGI RAZZIALI
Nelle pagine che seguono cercher di dimostrare come la stampa
locale, nel caso specifico quella cosentina, abbia avuto un ruolo importante
nella costruzione e nella diffusione del pregiudizio antisemita. La prima
impressione che la propaganda locale abbia utilizzato temi altrettanto
rozzi e plateali di quelli della stampa nazionale, quasi ad alimentare il
paradosso di un "antisemitismo senza ebrei" di cui la storiografia si
ampiamente occupata. Ma un'analisi pi accurata permette di individuare
posizioni pi sfumate, che culminano in un caso di opposizione aperta alle
posizioni del regime. La stampa cattolica locale, soprattutto, si distingue in
un primo momento per la sua condanna decisa del razzismo fascista, salvo
poi a convertirsi ad una linea di imbarazzati silenzi e stentate deplorazioni.
Il giornalismo calabrese degli anni '30 non offre un panorama
particolarmente vivace. I quotidiani sono sempre pi simili a fogli d'ordine,
e l'assoluta assenza di dialettica caratterizza la stampa locale in modo
ancora pi accentuato di quanto non avvenga a livello nazionale. Tuttavia
un primo spoglio dei tre pi importanti fogli cosentini del periodo - "Parola
di Vita", "Cronaca di Calabria" e "Calabria fascista" - e del "Bollettino
Ufficiale dell'Archidiocesi di Cosenza", offre alcuni spunti interessanti, e

139
soprattutto rivela una polemica accesa fra il primo periodico, organo della
Curia arcivescovile, e la federazione provinciale del fascio, che ha in
"Calabria fascista" la sua diretta espressione. Bisogna sottolineare inoltre
che il GUF di Catanzaro ebbe un ruolo di primo piano nell'appoggiare la
campagna razzista del regime, riconosciuto dalla stessa stampa nazionale .
1

Gli universitari di Catanzaro pubblicarono infatti nel 1940 un quindicinale


ciclostilato, dal titolo perentorio di Razzismo, che fece da supporto a
numerose conferenze organizzate in citt e ad una massiccia
partecipazione ai Littoriali della Razza.
"Parola di Vita" ha forti parole di condanna per il razzismo nazista ed
il suo direttore, don Luigi Nicoletti , pagher con l'allontanamento dal suo
2

incarico ed il trasferimento in provincia di Lecce la sua presa di posizione


contro l'antisemitismo fascista. Suo antagonista nella polemica sar il
settimanale "Calabria fascista", l'organo di stampa pi direttamente
Cfr. Il GUF di Catanzaro per la Difesa della Razza, "Giornale d' Italia", 16 ottobre
1938.
2Luigi Nicoletti nacque nel 1883 a S. Giovanni in Fiore, il maggiore centro della Sila
cosentina. Definito il "don Sturzo della Calabria", si impegn sempre in politica,
difendendo l'autonomia e la partecipazione dei sacerdoti nella vita amministrativa.
Seguace di Romolo Murri e discepolo di don Carlo De Cardona, fond insieme a
quest'ultimo il Partito Popolare a Cosenza, di cui ricopr la carica di segretario nel
1920. La sua visione illuministica dei problemi sociali, tuttavia, si scontr ben presto
con quella di De Cardona. Secondo Nicoletti la classe operaia e contadina non
avrebbero potuto fare a meno della guida della borghesia illuminata e cattolica, in
contrasto con la visione di De Cardona, che voleva affidare la rigenerazione della
classe operaia alla sua forza intrinseca. Durante il periodo fascista Nicoletti rimase
l'esponente cattolico cosentino di maggior rilievo, dirigendo dal 1936 al 1939 il
giornale diocesano "Parola di Vita". Le sue prese di posizione contro le leggi razziali lo
condussero al trasferimento nel Ginnasio-liceo di Galatina. Il suo allontanamento dal
Liceo Telesio di Cosenza provoc un'insurrezione fra gli studenti, alcuni dei quali
maturarono allora la scelta antifascista. Dopo la caduta del fascismo, unico sacerdote
in Italia, venne eletto segretario provinciale della DC, carica che mantenne fino al
1952. Venne in seguito eletto consigliere provinciale, ottenendo la carica di assessore
all'assistenza. Fino alla sua morte, avvenuta nel 1958, altern l'impegno giornalistico
dalle colonne del giornale "Democrazia Cristiana", da lui fondato nel 1943, a quello
letterario: cfr. F. Cassiani, I contadini calabresi di Carlo De Cardona. 1898-1936,
Roma, Edizioni Cinque Lune, 1976.
1

140
impegnato nella campagna antiebraica. Nonostante Ruggero Zangrandi
abbia visto in quest'ultimo giornale un'espressione di anticonformismo ,
3

sembra piuttosto che "Calabria fascista" sia in prima linea nella polemica
antisemita, e che il suo tono pesantemente squadristico ed intimidatorio
abbia seguito l'orientamento della stampa nazionale pi radicale.
Il "Bollettino", redatto personalmente dall'Arcivescovo del periodo,
mons. Roberto Nogara, condanna esplicitamente le teorie razziste del
nazionalsocialismo, e la politica del Terzo Reich verso la Chiesa in
Germania. Il mensile pubblicher integralmente, nel maggio 1937,
l'enciclica Mit Brennender Sorge di Pio XI, sottolineando in questo modo
l'immagine negativa del nazismo negli ambienti ecclesiastici. Ma accanto a
queste posizioni manca, anche sulla stampa cattolica cosentina, ogni
riferimento diretto all'antisemitismo ed alle persecuzioni naziste nei
confronti degli ebrei. La polemica spesso rivolta verso i fondamenti
biologici del razzismo nazista, mentre la questione ebraica rimane in
secondo piano. Il nazismo veniva attaccato nella sua pretesa di sostituirsi
alla Chiesa cristiana, diventando esso stesso una religione. Tuttavia il
razzismo nazista si manifest soprattutto come antisemitismo, ma la
Chiesa sembr non accorgersene. E' in questa prospettiva che risalta la
figura di don Nicoletti, che riserver a tale questione uno spazio non
marginale, con toni lontani da ogni cautela. L'appoggio personale
dell'Arcivescovo, che aveva affidato a don Nicoletti importanti incarichi
nonostante le sue palesi posizioni antifasciste, sar inutile proprio in
occasione della polemica sulle leggi razziali, ancora a sottolineare
l'importanza che il regime attribuiva a tale svolta politica. Nicoletti
rappresentava un pericolo non solo come direttore di un giornale, la cui
3Cfr.

R. Zangrandi, Il lungo viaggio attraverso il fascismo, Milano, Feltrinelli, 1962,


pag. 485.

141
diffusione era comunque limitata, ma soprattutto come tramite fra il clero
ed il laicato, in quanto dirigente dell'Azione Cattolica e soprattutto del
Movimento Laureati, nel quale, come ha notato Pietro Scoppola,
"soprattutto...and maturando questo nuovo antifascismo di ispirazione
religiosa" .
4

"Cronaca di Calabria", fondata nell'800 da Luigi Caputo, ed ormai


completamente fascistizzata, un bisettimanale scarno, privo di articoli
enfatici, dal taglio molto regionale. Per il suo carattere di foglio storicoculturale si pone al margine della polemica, ma, pur con tono contenuto,
manifesta la sua adesione alla svolta antiebraica del regime, occupandosi
soprattutto di speculazioni eugenetiche attraverso il suo collaboratore Enzo
Vitalone.
Seguace di Nicola Pende, Vitalone dedica numerose dissertazioni,
con il comune occhiello di "Difesa della Razza", ai problemi fisiologici,
genetici ed eugenetici che sottendono la questione dell'"integrit" della
razza italiana. Gli articoli, che occupano la prima pagina dei numeri di
agosto e settembre del 1938, dedicano particolare attenzione alla scienza
nipiologica, perch solo attraverso la tutela dell'infanzia, secondo l'autore,
si pu prevenire il "decadimento" razziale dei popoli. Il primo articolo
della serie, pubblicato il 18 agosto, rivela il consenso di Vitalone per la
politica razziale del regime. La nuova politica fascista vista come Una
nuova affermazione della scienza italiana e l'adesione di Vitalone in
realt l'adesione di tutta la scienza nazionale:
Ora che il Duce ha impostato in termini precisi e perentori il problema
dell'integrit biologica della razza, si pu essere certi che ...anche nel campo
razziale, l'Italia dar a tutto il mondo con l'esempio il verace insegnamento di chi
vede ed opera il bene di tutta l'umanit; ma aborre, per ben fondate ragioni
4P.

Scoppola, La Chiesa e il fascismo, Roma-Bari, Laterza, 1973, pag. 284.

142
materiali ed ideali, pratiche e spirituali, da quegli intrugli di razze incrociate che
lanciano per il mondo gli ibridi che si chiamano mulatti e meticci, i quali nella
razza umana rappresentano una sottospecie che mina alle basi ogni legittimo e
necessario orgoglio di supremazia biologica ed etnica della razza che ebbe da Dio
la sublime missione del suo eterno progredire.

"Cronaca di Calabria" non pubblica il Manifesto, e le successive


disposizioni legislative sono senza commento, anche se corredate di
occhielli e sottotitoli che esprimono l'adesione del giornale.
Il primo riferimento chiaramente antiebraico l'articolo di Domenico
Zangari, L'ebraismo nella storia, pubblicato il 27 settembre 1938.
Secondo l'autore le disposizioni del regime contro gli ebrei sarebbero
motivate da motivi di "buon governo" e non di odio di razza. Non tutti
infatti hanno presente la storia della migrazione ebraica in Italia e le sue
nefaste conseguenze: al contrario di drammatica attualit la lenta
penetrazione degli ebrei nelle istituzioni, la loro preponderanza economica
ed il pericolo permanente delle loro organizzazioni. Se gli ebrei sono stati
anticamente il "popolo eletto", dopo il deicidio da loro commesso essi
sono entrati nella seconda fase della loro storia, segnata dalla dispersione.
Le persecuzioni di cui gli ebrei si dolgono non sono mosse da fanatismo
religioso, ma provocate da assassini di fanciulli, oltraggi, sacrilegi contro
la SS. Eucaristia ed altri delitti da loro perpetrati. Tuttavia per l'autore non
la mescolanza del sangue che bisogna temere, ma necessario
preservare quell'"ideale" di purezza che nei legami di famiglia, di religione,
di patria, deve guidare l'Italia nella lotta contro la barbarie".
Questo elenco dei peggiori luoghi comuni antisemiti ripreso dallo
stesso Zangari nell'articolo del 20 ottobre, L'ebraismo nella cultura
calabrese, che, fra vari riferimenti bibliografici, accusa il vecchio
liberalismo di avere, con la "tolleranza dei culti, sbattezzato Roma coi

143
Nathan e il ceto dei numulari", ovvero gli ebrei, detentori ormai indiscussi
del potere finanziario.
La recensione del libro di Paolo Orano, Inchiesta sulla Razza, del 27
dicembre, offre l'occasione anche a "Cronaca di Calabria" di riprendere i
consueti luoghi comuni del razzismo fascista, la cui intransigenza deriva
dalla necessit di combattere il sionismo. L'antisemitismo sarebbe infatti
un'"inevitabile necessit", risultato dell'arroganza del semitismo. Questa
arroganza rivolta anche verso la vita, la storia, la civilt di quegli stati in
cui gli ebrei hanno vissuto, profittandone e assicurandosi il predominio
economico, intellettuale, culturale e finanziario.
Il numero del 31 dicembre si apre con l'articolo di Alfio Pisani Il
problema razziale. Secondo l'autore
la Rivoluzione fascista Rivoluzione spirituale, che ripristina i valori della gente:
morali, fisici, etnici e religiosi...In questa palingenesi di un popolo, che ha ritrovato
se stesso e si svolge nella coscienza alta, forte e profonda del suo destino, non
possono rimanere elementi eterogenei allo spirito, al genio, alla mentalit di esso,
elementi cio che non possono essere assimilabili in questo rinnovamento stesso. E
tali sono gli elementi giudaici.

Nello stesso linguaggio approssimativo, Pisani continua affermando


l'irriducibilit fra ariani ed ebrei, essendo i primi iniziatori ed unici
depositari della civilt. Gli ebrei sono invece, dispersi nel mondo, parassiti
negli organismi altrui. "Tenaci, avidi, scaltri i discendenti dei giudei", i
quali sono costituiti in sette che accentrano ed assorbono la vita economica
di una nazione: il loro idolo continua ad essere il vitello d'oro, il dio
denaro. Le nobili aspirazioni di un popolo sono cos mortificate da queste
forze ostili. Per questo motivo il fascismo ha il dovere di fare del razzismo:

144
un razzismo originale negli intenti, nel processo e nei limiti...fenomeno di
Romanit contro ogni tentativo di imbastardimento della stirpe. Ne uscir l'italiano
puro, erede di Roma: l'italiano di Mussolini.

Il settimanale "Calabria fascista" in un primo momento non si allinea


alla stampa nazionale, che in diverse ondate, nel 1933-34 e nel 1936, come
abbiamo gi visto, conduce una campagna propagandistica antiebraica.
L'unico riferimento al problema razziale del 1934 una locandina
pubblicitaria che, il 5 settembre, segnala l'articolo di Mussolini sul "Popolo
d'Italia", La razza bianca muore? Il giorno seguente "Calabria fascista"
riporta integralmente l'articolo, in cui non si parla per di pericolo ebraico,
ma di "pericolo giallo e nero" per la razza italiana ed occidentale,
minacciate dal decadimento demografico.
Il primo riferimento antiebraico del 14 agosto 1937, e si inserisce
nel contesto della crociata antibolscevica rappresentata dalla guerra di
Spagna. L'equazione ebraismo/bolscevismo il filo conduttore dell'articolo
L'ebraismo: pericolo mondiale?, che, attraverso la lezione dei Protocolli,
afferma che
l'ebraismo...prosegue incessante nella sua azione seminatrice di discordie. Una
formidabile campagna stata scatenata in tutto il mondo per mezzo della stampa,
del cinema, della radio, contro molti Stati, fra cui la Polonia, la Romania,
l'Ungheria, ma soprattutto contro la Germania (dove l'ebraismo sovvertitore fu
radicalmente estirpato) che fatta segno ad una guerra economica senza quartiere
tesa a strangolare il nazionalsocialismo.

Il 20 agosto viene recensito il libro di Evola, Il mito del sangue, che


offre l'occasione per una panoramica sulle teorie razziste in voga al
momento. Il tono generalmente non estremista e l'autore propone di
distinguere una verit teorica dall'efficienza pratica. Come "mito" l'idea
della razza vera, in quanto agisce nella storia, ma come "dottrina" il

145
risultato di tendenze diverse e di varia solidit, che solo in piccola parte si
possono ricondurre su un terreno scientifico. Nel libro di Evola la storia
concepita dinamicamente
non come lo sviluppo dell'umanit al singolare, ma come scopo e lotta fra la
"verit delle diverse razze umane e soprattutto come una vicenda movimentata, al
centro della quale sta il destino della razza "aria" originaria...Il razzismo si
trasforma in mito sociale e nazionale.

Un trafiletto nella rubrica Diorama del 28 agosto invita infine a


vigilare contro il pericolo che gli ebrei costituirebbero a livello
internazionale:
Il fronte popolare internazionale oggi la grande piattaforma che gli ebrei
preparano per raggiungere il loro scopo, come quello dei comunisti: la schiavit
delle Nazioni e dei popoli, insieme al dominio internazionale, simbolizzati dalla
falce, dal martello e dall'ebraica stella di David.

Il 1938 di "Calabria fascista" si apre invece all'insegna della polemica


antiebraica, in anticipo persino rispetto alla grande stampa nazionale. Il 10
gennaio 1938 l'annuncio della visita di Hitler in Italia accompagnato da
un lungo sottotitolo: "L'antifascismo internazionale dovr persuadersi che i
legami fra l'Italia e la Germania sono il risultato di una reciproca
comprensione, di un'identit di vedute e di un programma comune da
svolgere contro il comunismo e la socialdemocrazia ebraico-massonica".
Ancora pi chiaro e diretto l'attacco dell'articolo di Orazio
Carratelli, del 17 gennaio, dal titolo Forze occulte. Le forze occulte
sarebbero le protagoniste dei Protocolli dei savi Anziani di Sion,
ripubblicati in Italia in questo periodo, sulla cui veridicit "non c' ormai
dubbio alcuno" e che vanno considerati di "innegabile e avvincente
interesse" .Secondo Carratelli il contenuto dei Protocolli sarebbe

146
confermato dalla vittoria in Russia del comunismo, formato al 99% da
ebrei, dalle insurrezioni bolsceviche in tutto il mondo, dalla prepotenza
delle democrazie, dalla recessione economica, dal ritorno dell'ebraismo in
Palestina, dalla creazione del "supergoverno" della Societ delle Nazioni,
controllato da ebrei e massoni. Il pericolo dell'ebraismo definito
"gravissimo" ed il contenuto dei Protocolli "ed il loro carattere davvero
profetico ne fanno lo specchio fedele dell'essenza e della volont ebraica".
Profeticamente Carratelli conclude:
In Italia l'ebraismo non desta serie preoccupazioni e ci perch il fascismo fa
buona guardia e se domani dovesse accorgersi che i 40000 ebrei residenti nel
Regno fossero strumento dell'internazionale ferocemente coalizzata contro di noi,
non tarderebbe a spezzarne ogni azione con audacia ed impeto rivoluzionario.

Sul piano internazionale la lotta del fascismo contro l'ebraismo,


sinonimo di comunismo, internazionalismo, massoneria, gi iniziata. In
Italia bisogna vigilare soprattutto in quelle citt dove gli ebrei possiedono
il monopolio della cultura, delle libere professioni, delle gerarchie
amministrative, delle banche, della stampa.
Certamente questa non era la situazione di Cosenza, dove non
documentabile la presenza di ebrei negli anni '30. La propaganda locale
tuttavia assume subito i toni aspri che caratterizzano la stampa nazionale,
attraverso l'utilizzo di pregiudizi e stereotipi impossibili da "controllare"
per il lettore, ma comunque diffusi.
Il Manifesto accolto infatti con evidente soddisfazione da "Calabria
fascista", che dedica al suo commento l'intera rubrica Diorama del 25
luglio. Secondo l'anonimo autore la teoria italiana della razza
trova i suoi fondamenti nella scienza e non contraddice in alcun modo n alla
religione, n alla filosofia spiritualistica, perch il suo dato esclusivamente

147
biologico. Dal momento che esiste una razza italiana, mantenutasi inalterata
durante almeno dieci secoli, evidente che abbiamo il dovere di difenderla e
presidiarla e, insieme,...il diritto di andarne orgogliosi.

In contraddizione con l'articolo precedente, che sosteneva il


fondamento biologico del razzismo italiano, F.R. Fabiani, la settimana
seguente, afferma che il problema della razza essenzialmente storico e
politico. Nell'articolo Razza e democrazia il giornalista rileva che la presa
di posizione del regime non certo una mera enunciazione filosofica,
quanto una direttiva affinch gli italiani si formino una coscienza razzista.
Una coscienza che evidentemente non c'era, a giudicare dalle parole di
Fabiani:
Per essere sinceri dobbiamo convenire che il nostro popolo non guardava col
dovuto interesse alla faccenda, e pi ancora l'avrebbe trascurata se non si fosse
intervenuti per inculcargli l'amore verso se stesso, verso le sue origini ed il suo
progressivo perfezionamento.

Ma questa passivit non si addice agli italiani, ed il fascismo non pu


far altro che "stroncarla". La legge fondamentale del fascismo deve
diventare quindi la lotta contro ogni infiltrazione ed ibridismo, e
soprattutto contro il "semitismo invadente":
L'ebreo il pi temibile elemento dissolvitore del razzismo altrui: tempista e
commerciante, ipocrita ed irriducibile nella difesa delle sue carte...la natura
dell'ebreo tale da poter dare delle fatali conseguenze.

L'8 agosto il titolo del giornale, a piena pagina, dedicato al discorso


di Mussolini a Trieste: Tireremo diritto. L'editoriale Fatica vana riprende
l'attacco del duce alla stampa antifascista, la quale punta all'amor proprio
degli italiani, accusandoli di imitare altre nazioni. Secondo l'articolo, la

148
reazione suscitata in quegli ambienti il segnale pi evidente che il
fascismo ha colto nel segno:
Una Rivoluzione, infatti, non sopporta ostacoli sul suo cammino e molte volte i
suoi scopi e i suoi bersagli si precisano attraverso la polemica dei suoi avversari.

E la stessa polemica appare comunque strana, perch il documento


degli scienziati non formulato in modo intransigente, tale il suo
carattere di obiettivit e verit. Gli attacchi alla dottrina della razza sono
quindi attacchi diretti al fascismo, che nel razzismo ha una delle sue
espressioni di principio pi importanti.
Il 19 agosto Virginio Casciani cerca comunque di prendere le
distanze dall'antisemitismo tedesco. Nel suo articolo Nel segno leggiamo
infatti che
la concezione del razzismo in Italia deve essere essenzialmente italiana, e
l'indirizzo ariano nordico. Questo non vuol dire, per, introdurre in Italia le teorie
del razzismo tedesco come sono, o affermare che gli Italiani e gli Scandinavi sono
la stessa cosa. Ma vuole soltanto additare agli italiani un modello fisico e
soprattutto psicologico di razza umana che per i suoi caratteri puramente europei
si stacca completamente da tutte le razze extraeuropee; questo vuol dire elevare
l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore
responsabilit.

Il fascismo avrebbe quindi risolto la questione con il suo tipico


equilibrio fra due condizioni estreme. Da una parte il mito razzista
tedesco, che fa della razza il "massimo valore comune di coesione";
dall'altra gli imperi bolscevizzati, distruttori dei valori nazionali, aperti nei
confronti delle altre razze. Il fascismo quindi respinge ogni posizione
estremista, promuovendo in tal modo il principio spirituale, posto come
fondamento della nazione italiana, contro ogni concezione materialistica.

149
E' opportuno notare che, paradossalmente, la stessa pagina
dell'articolo ospita in un riquadro la frase "La questione del razzismo in
Italia deve essere trattata da un punto di vista puramente biologico, senza
intenzioni filosofiche o religiose".
L'intero mese di agosto di "Calabria fascista" comunque dedicato,
in osservanza alle direttive del Ministero, alla ripresa di discorsi e scritti di
Mussolini sulla questione razziale ed alla promozione de "La Difesa della
Razza". Il conformismo del giornale, e la sua pronta adesione alla battaglia
antisemita, sono premiati dal "compiacimento del Duce", espresso da un
telegramma di Alfieri pubblicato il 28 agosto. "Calabria fascista", secondo
il ministro, "ha dimostrato bene interpretare superiori direttive circa
problema razziale". Le superiori direttive stimolano articoli sempre pi
grotteschi in cui il razzismo fascista visto come necessit di "legittima
difesa" del regime. Si citano infatti brani del Talmud e di scrittori ebrei che
confermerebbero l'odio di Israele verso gli altri popoli, mentre i minacciati
boicottaggi degli ebrei di altri paesi sono l'occasione per sottolineare che il
fascismo "ha avuto ragione" .
5

L'antitesi psicologica tra fascismo ed ebraismo ripresa da Franco


Rocco Fabiani che, nell'articolo Mistica del razzismo del 19 settembre, si
ispira alle parole di Mussolini: "L'ebraismo mondiale stato durante 16
anni, malgrado la nostra politica, un nemico irreconciliabile del fascismo".
L'unit

monolitica

dello

Stato,

la

realt

di

una

completa

totalitarizzazione, sono gli obiettivi che Fabiani individua come


irrinunciabili:
L'Italia fascista si libera degli ultimi miasmi che potevano incrinare il cristallino
divenire dei suoi alti destini; si disf dopo le sue esperienze e gli insegnamenti
prodigatele dalla campagna sanzionista, in cui l'internazionale ebraica ha giocato le
5

Ebraismo Bolscevismo Massoneria, s.f., "Calabria fascista", 5 settembre 1938.

150
carte migliori, di un peso che diveniva sempre pi pericoloso...Il fascismo uno
col concetto di Patria e coll'espressione del popolo; Patria, Popolo e Fascismo
formano cio delle unit inscindibili. Non come il bolscevismo che tenta tutte le
infiltrazioni e tutti i processi dissolvitori...Ecco perch tra noi e gli ebrei, i quali
rappresentano un nucleo precipuo del settarismo sovietico, doveva fatalmente
intervenire una resa dei conti.

Nella stessa pagina, con l'articolo Piccola antologia giudaica, prende


posizione Fez Nero, pseudonimo che nasconde una delle penne pi
corrosive ed estremiste del giornale. Secondo Fez Nero l'ebraismo ha
dichiarato guerra al fascismo, e questa guerra
l'abbiamo accettata e la condurremo sino in fondo per salvare la nostra purissima
razza da ogni forma di pernicioso imbastardimento e liberare l'organismo della
Nazione dall'insidiosa penetrazione giudaica. Nessuna compassione da parte
nostra. Gli ebrei non sono da compiangere.

Il tema dell'omogeneit della razza italiana ripreso da Luigi Bruni,


nell'articolo Nazionalit e razza del 26 settembre. Secondo l'autore
per comprendere appieno i provvedimenti fascisti sulla razza, occorre considerare
il nostro popolo come qualcosa di psicologicamente sostanziale. Niente scorie.
Sono tossine nocive.

Il riferimento alla "psicologia" di una nazione quindi nuovamente


presente. Lo stesso direttore Orazio Carratelli, nel suo editoriale dell'8
ottobre, avverte che "il primo pericolo per l'integrit della razza, anche dal
punto di vista politico, era rappresentato dall'ebraismo". L'articolo Gli
ebrei alla resa dei conti una chiara dimostrazione dell'ipotesi politica
sottesa alla questione razziale. L'elenco degli episodi di opposizione
ebraica al fascismo un atto di accusa verso una presunta posizione
antifascista: il conflitto etiopico, la politica sanzionista, l'ostilit verso la
politica autarchica, il sostegno economico alla guerra spagnola. Per un

151
regime che si proponeva come obiettivo l'assoluta identit fascista/italiano,
liberarsi dagli ebrei significava quindi curare una "malattia sociale" pi
che una ferita alla purezza della razza.
Ma l'8 ottobre soprattutto il giorno dell'attacco alle posizioni
antirazziste di "Parola di Vita", impersonate dal direttore Luigi Nicoletti.
La rubrica Faretra ospita un durissimo articolo, che prende spunto dal
mancato rilievo dato dal giornale della Curia agli avvenimenti di Monaco,
ed al ruolo svolto da Mussolini nella Conferenza. L'articolo Mentalit
antifascista un nuovo attacco politico contro un presunto oppositore del
regime: l'autore rileva, "senza per alcuna meraviglia", che nel numero del
30 settembre di "Parola di Vita" non si "sentito il bisogno" di parlare
dell'opera del duce per la salvezza della pace. Il "giornaletto cattolico",
attraverso una "prosa a doppia faccia" e titoli ambigui, "ha voluto tacere di
proposito" dell'opera "geniale" di Mussolini, che al contrario avrebbe
riscosso l'ammirazione dei pi alti prelati cattolici. Don Nicoletti avrebbe
relegato in seconda pagina persino il messaggio del Papa ed in fondo ad
una rubrica, dal titolo ambiguo Alla rinfusa, i risultati della conferenza di
Monaco. Secondo "Calabria fascista" in questo modo Nicoletti ha rivelato
lo stesso spirito e gli stessi fini dei compagni bolscevichi. Dimostrando
per pi astuzia: mentre comunisti ed ebrei, ancora una volta sconfitti,
sfogano la loro rabbia, il direttore di "Parola di Vita" minimizza la portata
degli eventi e la vittoria di Mussolini con il silenzio. Cos prosegue
l'attacco a Nicoletti:
Ma ci che noi oggi vogliamo rilevare non soltanto l'ipocrita solidariet
dimostrata dal direttore di "Parola di Vita" coi lividi guerrafondai delle varie
internazionali comuniste, giudaiche, massoniche che sperano, attraverso la guerra,
di distruggere il Fascismo...ma anche il fatto non trascurabile che alla direzione di
un giornale cattolico che si pubblica nel tempo fascista, di un giornale che
dovrebbe portare nelle famiglie la parola serena della concordia, della pace, della

152
giustizia, vi sia un uomo a tutti noto per il suo passato di avversario del Fascismo,
un uomo che si dimostra contrario alla stessa morale cattolica, un uomo che,
sentendosi sicuro sotto la veste di religioso, continua tuttora a svolgere attraverso
il giornale che gli stato affidato dalle autorit ecclesiastiche opera settaria e di
denigrazione all'indirizzo di quel Regime che ha posto la religione di Cristo
all'apice della vita nazionale e ha fatto del popolo italiano un popolo di credenti e
di devoti.

Questa propensione evangelica del fascismo non era stata


sicuramente ben compresa da Nicoletti, il quale aveva fatto di "Parola di
Vita", pur con vari limiti, una voce fuori dal coro nel panorama calabrese.
La posizione del giornale, fin dal 1935, infatti di aperto attacco al
razzismo nazista. Ogni numero, anche dopo il riavvicinamento fra Italia e
Germania, ospita articoli contro il nazismo ed il comunismo, e soprattutto
contro il neo-paganesimo di Rosenberg. Anche "Parola di Vita" accusa
tuttavia i limiti della grande stampa cattolica nazionale: gli articoli di
critica al razzismo tedesco non fanno riferimento al dramma degli ebrei,
all'antisemitismo dilagante, ma sono prese di posizione soprattutto contro
gli attacchi e le limitazioni cui la Chiesa Cattolica tedesca era sottoposta
da parte delle autorit, una "vera lotta anticattolica e anticristiana" .
6

Il 31 agosto 1935 Carlo Ricci, nell'articolo Feudalesimo razzista,


aveva avuto parole molto dure per una dottrina nazista
ridicola ed anacronistica...(che) ci riporta in pieno mondo pagano, seminando i
germi venefici, sterilizzatori di qualsiasi progresso civile, di ogni ascensione
spirituale conforme, non solo al pensiero evangelico, cristiano, cattolico, ma alla
stessa esigenza di ogni ideale religioso veramente umano, universale.

6Fra

gli articoli apparsi nel 1935, i pi importanti sono sicuramente L' iniqua parabola
di F. Sorbaro (1 marzo); Il neo-paganesimo germanico, non firmato (11 marzo); Neopaganesimo di L. Nicoletti (23 marzo); Apoteosi di forti dello stesso Nicoletti (29
maggio).

153
Lo stesso Ricci, nell'articolo Il Vaticano ed il Terzo Reich del 10
marzo 1936, richiama le parole di S. Paolo ("non v' pi n Giudeo n
Greco, n servo n libero") per affermare che
le distinzioni etniche e nazionali non possono rivestire un carattere assoluto e che
perci ridicolo parlare di superiorit e di privilegi di razza.

Il comunismo ed il nazismo sono visti come due movimenti simili,


con la differenza che
il comunismo pi brutalmente aperto, il nazismo sornionamente ipocrita. Resta,
moralmente, uno dei pi grandi e truci oscuramenti della coscienza umana .
7

Articoli contro il nazismo e sulla situazione della Chiesa in Germania


sono presenti anche sul "Bollettino", curati personalmente da Mons.
Nogara. Nei confronti del fascismo l'Arcivescovo di Cosenza
cerc sempre di approfittare degli spazi aperti e di evitare lo scontro, non
rinunciando a dare autonomia a persone notoriamente antifasciste come don Luigi
Nicoletti...: la politica del buon vicinato con le autorit, da lui praticata, non
divent mai cedimento, ma soltanto tentativo di evitare contrasti dannosi e inutili .
8

L'Arcivescovo dimostr sempre di approvare quello che Nicoletti


scriveva su "Parola di Vita", prendendo personalmente posizione sul
razzismo nazista attraverso il "Bollettino". Il mensile diocesano, pubblic
integralmente la lettera enciclica del papa Mit Brennender Sorge, in cui
Pio XI attaccava duramente le teorie razziste:

Comunismo e nazismo, s.f., "Parola di Vita", 29 agosto 1936.


Intrieri, La crisi delle casse rurali e i rapporti di Mons. Roberto Nogara con don
Carlo de Cardona e don Luigi Nicoletti in "Rivista storica calabrese", anno VIII,
Gennaio-dicembre 1987, pag. 341.
7

8L.

154
Dio ha dato i suoi comandamenti in maniera sovrana, comandamenti indipendenti
da tempo e spazio, da regione e razza ...Rivelazione in senso cristiano significa la
parola di Dio agli uomini. Usare questo stesso termine per suggestioni provenienti
dal sangue e dalla razza, per le irradiazioni della storia di un popolo , in ogni
caso, causare disorientamento .
9

10

Nel giugno 1937 appariva sul "Bollettino" il testo del decreto con cui
si inseriva nell'Indice dei libri proibiti Il razzismo di G. Cogni, seguito dal
commento dell'"Osservatore Romano". Una nota dell'Arcivescovo chiariva
che tale commento veniva riportato perch "i nostri Sacerdoti conoscano
sempre meglio l'aberrazione di certe dottrine". L'atteggiamento di mons.
Nogara appare chiaro: non potendosi schierare direttamente contro il
fascismo e la sua politica, manifesta comunque il suo dissenso attraverso
la pubblicazione di articoli dell'"Osservatore Romano" e degli scritti del
Papa, autorevoli ed inattaccabili persino dal regime. Questo accorgimento
sar utilizzato anche nel 1938:
Affinch i nostri sacerdoti conoscano le aberrazioni a cui giunge la nuova teoria
germanica della razza e del sangue, riportiamo dall'"Osservatore Romano" il
seguente articolo che preghiamo di leggere seriamente .
11

L'articolo, pubblicato sul giornale del Vaticano il 29 gennaio,


sottolineava l'incompatibilit fra cristianesimo e razzismo:
Quando il Cristianesimo si oppone a siffatto razzismo, non solo ne contraddice
l'essenza materialistica e zoologica, ma le pericolosissime conseguenze che
infrangono con la fratellanza dei popoli, l'eguaglianza della loro dignit e quindi la
reciproca estimazione .
12

9La

situazione della Chiesa Cattolica in Germania, in "Bollettino Ufficiale


dell'Archidiocesi di Cosenza", maggio 1937, pag. 129.
10Ibid., pag. 137.
11Teorie razziste, ivi, maggio 1938, pag. 140.
12Ibid., pag. 144.

155
Gli attacchi di "Parola di Vita" e del "Bollettino" non cambiano
quindi tono neppure quando l'alleanza fra il fascismo ed il nazismo diventa
pi solida.
Il richiamo pi frequente rivolto al pericolo che il cattolicesimo
corre in Germania, a causa delle espressioni sempre pi diffuse di
materialismo nella politica culturale nazista, materialismo che richiama
direttamente le riforme bolsceviche . Lo spazio concesso dal "Bollettino" e
13

da "Parola di Vita" alla questione ebraica continua a rimanere tuttavia


molto limitato. Non c' particolare asprezza nei confronti dell'ebraismo: la
divisione fra ebrei e cattolici anzi sentita come "dolorosa", ma l'unica
soluzione per gli ebrei continua ad essere la conversione . Ancora una
14

volta, se c' la condanna del razzismo, nei confronti dell'antisemitismo c'


quasi un atteggiamento fatalistico, per cui le pratiche antiebraiche sono
comunque qualcosa di inevitabile. Non potendo condannare Israele, in
quanto primo depositario del messaggio divino, la Chiesa poteva per
accettare le discriminazioni nei confronti degli ebrei. L'atteggiamento nei
loro confronti condizionato da posizioni teologiche radicate, per cui
l'unica soluzione al problema era una soluzione "cristiana", ovvero la
conversione. Il nazismo sentito soprattutto come una minaccia in materia
di fede. Il regime tedesco ha infatti chiuso gli istituti religiosi, limitato la
libert d'espressione dei sacerdoti e dei predicatori in nome di una presunta
superiorit nordica e di un nuovo paganesimo. Il nazionalsocialismo
definito "un potere tirannico e poliziesco", pericoloso quanto il
bolscevismo . L'editoriale di Nicoletti del 31 maggio, Anschluss religioso,
15

una durissima accusa contro un nazismo che vorrebbe inglobare anche la


13Cfr.

L. Nicoletti, Materialismo nazista, "Parola di Vita", 19 marzo 1938.


La conversione del popolo ebreo, s.f., "Parola di Vita", 19 aprile 1938.
15Divagazioni razziste, s.f., "Parola di Vita", 10 maggio 1938.
14Cfr.

156
religione nella sua sfera di competenza. Ma il cattolicesimo non pu
ridursi alla sola liturgia: se vero che il cristianesimo non deve
confondersi con la politica, anche vero che
non si pu fare della Chiesa un dicastero coreografico dello Stato...Se lo Stato
fosse cristiano ed agisse da cristiano, non ci sarebbero conflitti possibili.

Gli attacchi violenti del giornale alla Germania proseguono quindi


anche dopo la visita di Hitler in Italia e la creazione dell'Asse, suscitando
sicuramente allarme nelle autorit locali. E sicuramente sconcerto crea un
articolo apparso anonimo, ma attribuibile a Nicoletti, dal titolo sarcastico
di Neuropatici. Pubblicato il 31 maggio, l'articolo un'ironica recensione
di un breve saggio apparso su una rivista tedesca, il cui argomento
l'"utilit dei bombardamenti aerei dal punto di vista della selezione razzista
e dell'igiene sociale". Secondo l'autore del saggio la scienza dei
bombardamenti esige che i quartieri popolari siano i primi ad essere
colpiti, perch abitati da gente povera, diseredata, che "non riuscita nella
vita". Gli scoppi provocherebbero esplosioni di follia nelle persone dal
sistema nervoso debole, "cos i bombardamenti ci aiuteranno a scoprire i
neuropatici e a scartarli dalla vita sociale". Nicoletti argutamente fa notare
che per scoprire i neuropatici non sono necessari i bombardamenti, basta
lasciare loro la possibilit di scrivere e stampare, come ha fatto la rivista
nazista.
Uno dei pochi riferimenti diretti all'antisemitismo riscontrabile nella
pubblicazione del discorso del vescovo americano Ryan. L'articolo La
situazione internazionale del 7 giugno riporta le parole dell'alto prelato,
per il quale la Chiesa ha il dovere di combattere, come ha sempre fatto nel
passato, le "dottrine dissolvitrici e rivoluzionarie...dello stato dittatoriale".

157
Un cristiano non pu in coscienza accettare la persecuzione degli ebrei
perch
l'antisemitismo nato dall'odio, dalla gelosia e dall'ignoranza, sentimenti che
ciascun cristiano deve condannare, principi che non possono costituire una base
razionale per una politica nazionale.

Il 23 giugno "Parola di Vita" pubblica inoltre la lettera inviata dal


Pontefice ai Rettori delle Universit Cattoliche e dei Seminari, in cui la
preoccupazione per la situazione della Chiesa in Germania
accompagnata

dallo

sgomento

per

la

diffusione

di

"dottrine

perniciosissime, suffragate da una scienza di falso nome. Le Otto


proposizioni del razzismo segnalate come assurde sono pubblicate lo
stesso mese dal "Bollettino" che esortava a trarre "assiduamente dalla
biologia, dalla storia, dalla filosofia, dall'apologetica e dalle discipline
giuridiche morali le armi necessarie per confutare validamente e
competentemente" tali affermazioni. L'invito della Santa Sede quello di
16

contestare le affermazioni per cui le stirpi umane, per loro natura,


differiscono fra loro; la purezza della razza deve essere conservata con
qualsiasi mezzo; le qualit intellettuali dell'uomo sono legate alla purezza
del suo sangue; il fine principale dell'educazione e della cultura inculcare
l'amore per la razza; la religione deve sottostare alle leggi della razza e ad
esse adattarsi; l'ordine giuridico si basa sulle leggi della razza; non esiste
altro se non l'universo, per cui tutte le cose, compreso l'uomo, sono tappe
dell'evoluzione; gli uomini sono " per lo Stato" e tutto ci che loro
concesso deriva dallo Stato.

16Otto

preposizioni del razzismo segnalate come assurde, in "Bollettino Ufficiale


dell'Archidiocesi di Cosenza", giugno 1938, pag. 157.

158
Anche dopo la pubblicazione del Manifesto non si placa la polemica
di Nicoletti e del suo giornale. Il 30 luglio un trafiletto afferma che la
kultur tedesca
scesa al ruolo del pi disonesto ciarlatanismo, la dottrina del primo popolo del
mondo un'impostura, una specie di stupefacente che stordisce e inebetisce gli
spiriti, creando automi.

Il 20 agosto l'articolo Razza e Nazione riporta la recensione apparsa


sull'"Osservatore Romano" del libro di Padre Guglielmo Schmidt sul
razzismo tedesco. L'anonimo autore dell'articolo consapevole del fatto
che
molti lettori fin qui digiuni della materia e molti altri, obnubilati da certe
magniloquenti parafrasi degli spropositi neoteutonici intorno al sangue nordico,
all'anima dipendente dal sangue, alla razza pura tedesca, alla superiorit ed
inferiorit di queste o quelle razze, possono apprendere e comprendere da questo
libro quanto di antiscientifico, di tendenzioso, di assurdo si maschera di scienza e
di politica nelle nuove "dottrine nordiche", troppo benevolmente propinate al
nostro pubblico dalla stampa quotidiana e anche da autori poco scrupolosi della
solidit scientifica e della maturit delle nostre dottrine classiche, mediterranee,
cristiane.

L'attacco sempre molto duro, ma l'impressione che la critica si


rivolga alla pretesa superiorit del popolo tedesco, e che non entri nel
merito della teoria razzista, n tantomeno di quella antisemita. Il
Manifesto, e quindi la nuova posizione del regime fascista in materia di
razza, non sono analizzati. Semplicemente non esistono. Anche gli articoli
dell'"Osservatore Romano" sul razzismo, tempestivamente pubblicati sul
"Bollettino", si limitano a mettere in evidenza che l'accettazione del
razzismo avrebbe significato l'accettazione da parte degli italiani di una
situazione di inferiorit. Uno dei pochi discorsi di estrema chiarezza, con

159
riferimenti specifici alla situazione italiana, venne pronunziato da Pio XI il
29 luglio del 1938 di fronte agli alunni di Propaganda Fide, in cui il Papa
affront il tema del razzismo affermando che il genere umano era "una
sola, grande, universale razza umana...Ci si pu quindi chiedere come mai,
disgraziatamente l'Italia abbia avuto bisogno di andare ad imitare la
Germania" . I ministeri dell'Interno e della Cultura Popolare vietarono la
17

pubblicazione del discorso papale sulla stampa diocesana , ma il


18

"Bollettino" lo sottoscrisse, sottolineando anzi l'importanza dei discorsi del


Papa per tutti i credenti:
Contro il disgregamento che si viene perpetrando dalla Societ umana colle recenti
teorie di Stato totalitario, di nazionalismo e razzismo esagerato...oppone come
barriera che non potr essere distrutta mai le grandi verit rivelate che il Santo
Padre con fermezza apostolica ammirabile non cessa dal ripetere e richiamare alla
nostra attenzione...Non vi Gentile e Giudeo, circonciso e prepuzio, barbaro e
Scita, servo e libero, ma tutto e in tutti Ges Cristo (Colos. 3,11) .
19

L'Arcivescovo ribadiva inoltre le contraddizioni tra dichiarazioni del


duce rilasciate in tempi diversi, riconfermando la tesi che il razzismo
italiano era un imitazione di quello tedesco:
Questa idea della razza, certo, propria del Duce, ed ha servito in Italia per la
"tutela della razza", per farla pi sana, pi forte di costituzione e di numero. Vi
sono dichiarazioni di lui inequivocabili in proposito. Ma tutto questo non si
accorda n con alcuni dei principi pubblicati il 14 luglio, n con gli sviluppi politici
accennati nelle dichiarazioni del Segretario del Partito e nei commenti dei
giornali .
20

17La

parola del Santo Padre agli alunni del Collegio di Propaganda Fide: la Chiesa
Cattolica nella vita e nell'azione, ibid., settembre 1938, pp. 266-7.
18Cfr. G. Miccoli, op. cit., pag. 185.
19Sentire cum Ecclesia, in "Bollettino Ufficiale dell'Archidiocesi di Cosenza",
settembre 1938, pag. 276.
20Circa il discorso del S. Padre sulla Chiesa Cattolica nella vita e nell'azione, ibid.,
pag. 286.

160
Ancora non compare un'esplicita condanna dell'antisemitismo
fascista: gli accenni alla persecuzione antiebraica sono pochi e
generalmente ambigui, mentre risalta la preoccupazione di non confondersi
con la propaganda dell'"ebraismo internazionale" . Il Papa avrebbe fatto
21

riferimento all'universalit della missione della Chiesa


per ogni gente della famiglia umana ...Tanto che l ove l'"ebraismo" volesse essere
forza di egoismo, di dominio, di persecuzione esso non potrebbe temere pi grave
monito; l ove l'ebraismo miseria, pena, e vittima, a sua volta, di persecuzione,
certo non poteva augurarsi migliore tutela .
22

Queste sfumature nell'atteggiamento della gerarchia rivelano non solo


la volont di evitare la polemica diretta, ma anche l'intenzione di fare
distinzioni e la presenza di pregiudizi.
Nel novembre 1938, dopo le polemiche sul Concordato, il commento
ad un discorso del Papa rivolto ai maestri cattolici sembra sottolineare
questo mutamento di rotta. Il Santo Padre voleva raccomandare
di non fare questioni sul razzismo e o non razzismo, perch c' una facilit enorme
a scambiare le parole. Recentemente si fatto molto parlare il Papa sul razzismo,
quando invece, Egli ha parlato soltanto di nazionalismo esagerato...il Santo Padre
non ha inteso di fare un discorso sul razzismo: ha voluto soltanto parlare delle
variet umane, lodando quelli che vogliono andare verso di esse per renderle
partecipi dei tesori della nostra civilt, della nostra cristiana, cattolica civilt,
l'unica vera civilt capace di fare del bene all'uomo
23

In generale, quindi, la Santa Sede mantiene un atteggiamento di


prudente riserbo verso il razzismo fascista, e certo "Parola di Vita" non
pu discostarsi dalle posizioni della gerarchia. Tuttavia l'articolo di

21Cfr.

ibid., pag. 287.


pp. 287-8.
23Il Maestro della verit ai maestri Cristiani, ibid., novembre 1938, pp. 360-363.
22Ibid.,

161
Nicoletti del 30 settembre, nel suo attacco alle teorie razziste, ben poco
reticente:
Gli Ariani esistono allo stesso grado di consistenza degli Iperborei, dei Lillipuziani
e dei Giganti danteschi: sono, cio, spiritose invenzioni di poeti e di altri sapienti
fantasiosi.

Secondo Nicoletti il termine "ariano" sarebbe una "professorale


invenzione" del filosofo tedesco Max Mueller, il quale teorizz che le
lingue ariane fossero legate ad una presunta razza ariana. Altri scienziati si
sarebbero affannati nel cercare di definire il "tipo" ariano, non riuscendovi,
perch "l'ariano ha ancora da nascere", tanto che lo stesso Mueller avrebbe
parlato della sua teoria come di un'"idea bislacca, messa fuori solo a scopo
di dissertazione".
E' proprio questo articolo che suscita l'imbarazzo della Federazione
provinciale di Cosenza, che attraverso "Calabria fascista", si scaglia contro
il direttore di "Parola di Vita". L'attacco a Nicoletti non entra nel merito
del suo scritto, n si propone di confutarlo. Piuttosto la nota
pesantemente ingiuriosa e minacciosa. Il gi citato articolo dell'8 ottobre,
Mentalit antifascista, aveva infatti concluso con queste parole:
Quello di "Parola di Vita" un settore della stampa di provincia sul quale bisogna
tener gli occhi bene aperti: un settore da ripulire con spirito cattolico e fascista.

L'operazione di pulizia inizia con il numero successivo di "Calabria


fascista", in cui l'ironia nei confronti di Nicoletti suggerisce l'imminenza di
provvedimenti disciplinari. L'articolo Come prima, meglio di prima del 15
ottobre il commento alla risposta di Nicoletti apparsa su "Parola di Vita"
dell'11 ottobre. In questa replica il direttore di "Parola di Vita" aveva
definito le accuse a lui rivolte "ingiurie e menzogne". Il mancato risalto

162
dato all'accordo di Monaco, motivo di censura per "Calabria fascista", era
dovuto al fatto che il giornale era stato gi composto: anche in questo
frangente, tuttavia, "Parola di Vita" avrebbe dato prova di "indiscutibile
ortodossia cattolica e fascista". Quasi a confermare queste parole la prima
pagina del giornale era dedicata Al geniale artefice di quest'opera
salvatrice, Benito Mussolini, (al quale) dovuta la riconoscenza
dell'Italia e del mondo.
Questa autodifesa non evidentemente sufficiente per l'articolista di
"Calabria fascista", il quale ricorda il passato di Nicoletti e
la sua attivit politica ai tempi - non cos lontani da essere gi dimenticati - di Don
Sturzo, di Miglioli, delle leghe bianche e dei segretariati del pip.

Non solo Nicoletti era stato un importante esponente del Partito


Popolare, ma l'accusa di antifascismo restava valida in quanto il sacerdote
ha continuato e continua a dare prove magnifiche, in tutte le occasioni, della sua
inveterata mentalit contraria allo spirito del fascismo.

L'anonimo giornalista prosegue nel criticare la replica di Nicoletti: la


composizione del giornale appare una scusa, in quanto un avvenimento
della portata dell'accordo di Monaco avrebbe comunque dovuto trovare
spazio diverso dal "misero posticino" cui stato relegato. Mentre tutto il
mondo confidava nel duce ed il popolo italiano aspettava con fermezza e
calma le decisioni di Monaco,
il sacerdote professore Luigi Nicoletti non ha tempo di parlare di pace, ma ne ha a
sufficienza per pensare alla guerra, proprio come i giudei, i massoni, i bolscevichi e
tutti gli antifascisti e gli stupidi stillipinnivori d'oltralpe e d'oltremare...Che poi il
direttore di "Parola di Vita", sotto la data dell'11 ottobre, dopo cio il nostro
giusto e doveroso rilievo, se ne vien fuori con un articolo d'esaltazione dell'opera

163
compiuta da Mussolini in favore della pace e scrive che " stata l'opera del Santo
Pontefice che ha frenato e stroncato l'impeto cieco delle passioni e degli odi"
cosa che ci fa immensamente piacere, ma arriva troppo tardi sia per noi che per i
suoi lettori.

Che fosse davvero troppo tardi per Nicoletti si capisce dalla parte
finale dell'articolo, in cui si ricorda al "vecchio e acceso esponente del
Partito Popolare" che gli accordi del 1931 hanno fatto divieto a coloro che
avessero militato in partiti avversi al regime di occupare posti direttivi
nelle organizzazioni cattoliche. In questa prospettiva l'articolista si chiede
se Nicoletti
non ritenga opportuno lasciare la direzione di "Parola di Vita". Per fare della
buona propaganda cattolica ci sono tanti bravi sacerdoti, immuni da vincoli coi
vecchi partiti antifascisti, degli altri sacerdoti che, per la loro indubitabile buona
fede, potrebbero lavorare pi efficacemente e senza dar luogo a sospetti. Lasci
stare la politica il sacerdote professore Luigi Nicoletti. E' un terreno molto
pericoloso per lui.

L'articolo preannunzia un "grave provvedimento" nei confronti di


Nicoletti, il che fa credere che, ancor prima delle accuse giornalistiche, vi
fosse stato qualche passo della Federazione dei fasci presso l'Arcivescovo,
per ottenere l'allontanamento di Nicoletti dalla direzione del giornale. In
effetti il 30 novembre Nicoletti lascia "Parola di Vita", la cui direzione
viene assunta dal sacerdote Eugenio Romano , e trasferito al Liceo di
24

24Don

Eugenio Romano, che ringrazio per avermi concesso la visione del suo archivio
personale, ebbe un significativo scambio epistolare con don Nicoletti. In una lettera del
20 dicembre 1938 don Romano esprime al suo predecessore la sua "viva, profonda,
filiale devozione e...forte solidariet". Nella stessa lettera don Romano sottolinea
l'importanza della presenza, anche scomoda, di un giornale come "Parola di Vita",
perch, a suo giudizio, " sempre preferibile - nonostante i tempi e appunto per i tempi
che corrono - (che)vi sia una voce che, seppure in sordina, faccia sentire una nota di
verit, apra qualche raggio di luce alle coscienze". La risposta di don Nicoletti, datata
21 dicembre 1938, insieme un'esortazione ed un avvertimento: "L'efficacia della tua
opera dipender dal motivo che ha determinato la Federazione ad attaccarmi. Se
volevano eliminare me per un ripicco personale, tutto andr bene, se invece miravano
all'opera allora bisogna temere che non ti lasceranno far nulla. Spero che la seconda

164
Galatina, in provincia di Lecce. Da questo momento "Parola di Vita"
assumer un tono pi prudente, in linea con le posizioni del regime.
Un articolo del 31 dicembre, Persecuzione e persecutori, estratto di
un discorso del Rettore dell'Universit Cattolica di Washington, giunger
ad affermare che la condanna dei sistemi di governo che ledono i diritti
della persona umana lecita, ma l'opinione pubblica dovrebbe anche tener
conto
delle altre persecuzioni che si fanno per odio antireligioso e dovrebbe condannare
anche quelle. Quando si ignorano le persecuzioni contro i cattolici nella Russia,
nel Messico e nella Spagna e si esterna invece tanta indignazione contro
l'antisemitismo tedesco, si commette non solo un'ingiustizia di palese parzialit, ma
si dimostra anche che chi protesta vuole condannare pi gli autori del male, che la
sostanza del male.

Lo stesso "Bollettino", nel luglio 1939, pubblica un articolo del


"Bollettino dell'Archidiocesi di Firenze", vero compendio di pregiudizi
antiebraici:
Le teorie che riguardano le varie stirpi umane non sono riprovate dalla Chiesa, se
rispettano la fede nell'unica divina origine del genere umano e i principi essenziali e
fondamentali della morale cattolica.
Quanto agli ebrei niuno pu dimenticare l'opera esiziale che essi hanno spesso
svolto non solamente contro lo spirito della Chiesa, ma anche a danno della
convivenza civile. Basti ricordare che l'ebraismo italiano allo scoppiare della
guerra mondiale riusc ad ottenere che alla futura conferenza della pace fosse
escluso il Vicario del Principe della Pace, il Sommo Pontefice...Soprattutto per la
Chiesa in ogni tempo ha giudicata la convivenza con gli ebrei pericolosa alla fede e
alla tranquillit del popolo cristiano. Di qui le leggi emanate dalla Chiesa lungo i
secoli per isolare gli ebrei, cos che non potessero influire sullo spirito,
ipotesi sia da eliminare. perch fare un giornale di pura cronaca o di servile propaganda
non sarebbe certo un'opera utile". Anche don Eugenio Romano, come il suo
predecessore, dovette tuttavia subire gli attacchi di "Calabria fascista" che, in un
articolo anonimo del 21 ottobre 1939, lo definisce "un catoncello...dalla prosa velenosa
e disfattista", mentre le sue idee sono "inconsistenti insinuazioni di un pover uomo,
dotato di un'intelligenza a mezza razione". Don Romano aveva infatti criticato la
scuola fascista e la GIL, e nel 1940 sar schierato contro il conflitto e l'entrata in
guerra dell'Italia. Questa sua posizione provocher la temporanea soppressione di
"Parola di Vita"; cfr. Appendice A.

165
sull'educazione e sulla fede dei cristiani. Ma la Chiesa non ha mai inteso di
perseguitarli e non ha mai perseguitato gli ebrei perch di stirpe ebrea...La Chiesa
non ha mutato per nulla la sua disciplina riguardo agli ebrei...La Chiesa da questo
lato tratta gli ebrei come gli eretici e gli scismatici di qualunque genere: anche
questi vuole che per quanto possibile siano isolati dai cattolici: disapprova che essi
contraggano con essi matrimonio, abbiano a coabitare con loro o ad affidare ad
essi l'educazione dei loro figli...La Chiesa vietando al possibile i contatti dei suoi
figli con gli ebrei, li ha sempre benevolmente accolti, se sinceramente bramosi di
convertirsi alla vera fede di Cristo, e, convertiti, sebbene di stirpe ebrea, li ha
sempre trattati come tutti gli altri figli, perch anch'essi creature di Dio, membri di
Cristo, eredi del Cielo .
25

D'altra parte non si interrompe la campagna propagandistica di


"Calabria fascista" che, nello stesso numero dell'8 ottobre, destina tre
pagine al problema razziale, dedicando un intero articolo ai Delitti degli
ebrei attraverso la storia. Secondo l'anonimo autore tali delitti sono stati
talmente efferati che
i pogrom dei quali i membri della loro razza furono vittime sono sciocchezze in
confronto agli spaventosi massacri che essi provocarono: sono semplicemente
gesti di legittima difesa da parte di quei popoli che ebbero l'imprudenza di
accoglierli.

Gli ebrei hanno sempre scatenato i popoli gli uni contro gli altri,
favorendo i dissidi religiosi e dividendoli per mezzo di dottrine miranti alla
distruzione della civilt.
Lo stesso giorno l'articolo Neo-pipismo di Fez Nero riprende la
polemica nei confronti di Nicoletti, ma obiettivo dell'attacco stavolta il
suo articolo Gli Ariani ed il loro inventore. Fez Nero non entra nel merito
delle argomentazioni di Nicoletti, piuttosto riafferma che
sotto il pretesto di una buffissima dissertazione dottrinaria intorno alla parola
"ariano", ancora una volta il giornaletto cattolico tenta di sminuire il pensiero e
l'azione del Fascismo.
25Direttive

e norme di attualit, in "Bollettino Ufficiale dell'Archidiocesi di Cosenza",


luglio 1939, pp. 244-246.

166

Ma l'azione razziale italiana, non paragonabile a quella degli altri


paesi, perch risale ai primi anni della Rivoluzione, costituisce oggi il
motivo dominante del fascismo, per cui la strada sulla quale Nicoletti si
incamminato " molto pericolosa":
Il sistema adottato da "Parola di Vita" , anche in questa occasione, quello dei
circoli massonici, giudaici e bolscevichi, i quali, colpiti in pieno dalla presa di
posizione del fascismo relativamente ai problemi della razza, tentano inutilmente,
di svalutarne l'importanza con le armi della menzogna, dell'insinuazione, della
deformazione e della stupidit.

Riguardo alla polemica sulla "professorale invenzione" del termine


"ariano",

l'articolista

ribadisce

come

questo

termine

sia

ormai

scientificamente accertato, cos come accertata l'origine ariana degli


italiani:
Che se poi, attraverso un giornaletto cattolico, si voglia fare della critica malevola
ed acrimoniosa ai principi del Fascismo, si sappia che il Fascismo non disposto a
tollerare ci, e tantomeno disposto a permettere il rifiorire di certi atteggiamenti
neo-pipisti, inconciliabili col tempo in cui viviamo.

La pi volgare e violenta polemica antisemita ricorre nell'ultimo


articolo dell'8 ottobre di "Calabria fascista", Facciamoli passare nudi.
L'autore, Gianni Zambelli, attacca in questo caso gli ebrei stranieri, che
sarebbero preoccupati di non riuscire ad espatriare con i loro beni. I fatti di
cronaca denuncerebbero infatti tentativi di esportazione di ricchezze non
denunciate:
I giudei tutti, i filogiudei e le persone sospette quando lasciano l'Italia devono
portare via i soldi, i vestiti e il loro muso. Ma se i vestiti dovessero servir loro per
trafugare anche un soldo, allora spogliamoli nudi e facciamoli passare alla frontiera
a suon di calci in tergo.

167

Il numero del 22 ottobre di "Calabria fascista" ospita la lettera di un


sacerdote, di cui non si fa il nome, che critica il comportamento di
Nicoletti come contrario ai principi del fascismo. Nicoletti non avrebbe
rinunciato al suo passato antifascista e perci deve essere pronto a subirne
le conseguenze:
Vero che una sola noce non fa rumore in un sacco. Ma sarebbe sempre bene, ad
evitare la cosiddetta proliferazione per germinazione, che tale noce venisse
schiacciata...Consigliamo il sacerdote professor Luigi Nicoletti di modificarsi,
giacch, persistendo nelle sue sorpassate e decedute teorie, scalfirebbe il granito, e
qualche scheggia potrebbe rimbalzargli negli occhi.

Nella rubrica Diorama vengono riportate con grande risalto le notizie


degli arresti di Colorni e della banda Sacerdoti. L'articolo Al muro
sottolinea che
la congiura ebraica che ha abusato ed abusa della generosa ospitalit italiana,
agendo freddamente, con deliberato e pacato animo contro la Nazione e contro il
Fascismo, non merita e non otterr piet. Essa va annichilita senza misericordia
checch se ne dica nelle alte sfere cattoliche ove, ancora oggi, si versano lacrime
per questi giudei nemici del popolo italiano. Al muro, perdio! Ecco cosa chiedono
le camicie nere.

La durezza degli attacchi ed il tono estremista del giornale sono


confermati alcune righe dopo, con il commento Folli disegni alla
fondazione di una lega ebraica di New York, nata per combattere il
fascismo:
A questa banda di gangsters politici rammentiamo solo che la nostra clemenza pu
avere un limite e che i loro folli disegni potrebbero produrre spiacevoli effetti sulla
sorte dei fratelli giudei che vivono in Italia.

168
Il 5 novembre compaiono sul settimanale altri attacchi, dal tono e dai
contenuti sempre pi volgari. L'articolo Conoscerli bene riprende i
concetti dei Protocolli, auspicando misure sempre pi drastiche contro gli
ebrei italiani, a partire dall'imposizione di un nome comune che
contraddistingua la loro razza. La polemica contro quegli ebrei che
"incautamente" hanno italianizzato il proprio nome: un sotterfugio che non
ha sortito effetti per gli ebrei "perch la puzza l'ha rivelato subito".
Il 12 novembre l'uccisione a Parigi del diplomatico tedesco Van Rath
da parte di un ragazzo ebreo definito "assassinio rituale":
La cricca giudaica, battuta in pieno dalla politica razziale della Germania e
dell'Italia, ricorre alla violenza per sfogare il suo pieno livore. Ancora una volta
Israele si pone contro la pace europea.

Il 19 novembre Orazio Carratelli, nell'articolo La piovra giudaica,


riprende le parole di Farinacci sull'attualit del razzismo italiano:
Fin dal 1919 il Duce sapeva che la finanza mondiale era in mano agli ebrei, e se ha
tollerato gli ebrei fino a oggi persino nella compagine dello Stato, vuol dire che, in
cuor suo, ha dovuto pensare alla possibilit di indurre gli ebrei ad un
atteggiamento che tuttavia essi si sono ben guardati dall'assumere, accentuando
invece, in ogni tempo ed in ogni evento, la loro avversione al Fascismo ed a tutta
l'opera del regime...Noi vogliamo essere padroni in casa nostra. Noi vogliamo
evitare
ogni confusione di sangue,
ogni frammischiamento
di
nazionalit...Vogliamo mantenere integra la purezza della nostra razza per
assicurare alla Nazione la sua potenza avvenire.

Secondo Carratelli la coscienza di razza ormai profondamente


sentita dal popolo italiano, per cui il regime non avr esitazioni nel tirare
diritto per ripagare l'avversione giudaica con la creazione di
un nuovo ordine europeo e mondiale in cui non potranno certo trovar posto i
fautori del disordine e del caos e quei miserabili ebrei che, battuti in pieno dalla

169
politica razziale dell'Italia e della Germania, ricorrono alla violenza ed al
delitto...Chi non l'ha ancora capito lo capir presto a proprie spese.

La polemica contro la Chiesa cattolica ripresa nuovamente da


"Calabria fascista" che, il 26 novembre, accoglie un articolo di Fez Nero
dal titolo Religione e razza. Secondo l'autore, la posizione antirazzista e
filosemita in antitesi con tutta la storia della Chiesa e del cattolicesimo.
In realt il fascismo, attraverso la difesa della razza, non avrebbe compiuto
solo un'opera politica, ma allo stesso tempo avrebbe salvaguardato la
Chiesa dal grande pericolo del bolscevismo, che si identifica con
l'Internazionale ebraica. Il fascismo avrebbe cos dimostrato alla Chiesa
un'amicizia che nessun altro governo le aveva concesso. Il razzismo
fascista, in conclusione, una questione politica, che non ha nulla a che
vedere con il sentimento religioso.
Ancora una contraddizione il filo conduttore di questa posizione.
Mentre le leggi razziali si stanno inasprendo, e la scelta biologica sembra
prevalere, Fez Nero pu affermare che
il razzismo fascista, bene ripeterlo, non ha nulla in comune con le aberrazioni
filosofiche e religiose che altrove il mito razzista ha generato. E' soprattutto
religione della Patria. Non si riferisce solamente, come si vuol dare a intendere, ai
valori biologici, ma anche e soprattutto ai valori spirituali.

Il fascismo avrebbe inoltre condotto un'azione energica, ma


ispirata a criteri di giustizia, di umanit, di magnanimit, un'azione, cio, che
rifugge da ogni forma di violenza o di odio verso gli individui che non sono della
nostra razza.

170
L'allarmismo della stampa e dei circoli cattolici sarebbe quindi
ingiustificato, anzi la Chiesa dovrebbe essere grata al fascismo perch
quest'ultimo ha garantito al cattolicesimo un beneficio indiretto in quanto
per essere veramente e profondamente cattolici occorre soprattutto sanit di
mente, quella sanit di mente che precisamente alla base della politica razziale
del Regime.

Non pu mancare, anche su "Calabria fascista", la polemica sul


Razzismo in arte. Sempre il 26 novembre un articolo a firma di Elemo
d'Avila riprende le affermazioni attribuite a Marinetti secondo il quale non
c' stato contatto fra ebraismo ed ambienti modernisti. In realt gli artisti
moderni italiani hanno mostrato venature antiebraiche, perch la loro arte
manifesta quel rispetto per la forma, quella serenit di concezione e quel respiro di
poesia che opposto al culto del disfacimento, allo spappolamento della materia,
al tragicismo caricaturale...degli inventori delle pi forsennate, epilettiche e
lebbrose deformazioni.

Ancora in sintonia con la grande stampa nazionale, anche sul


settimanale calabrese compare la polemica antiborghese che si manifesta
nella condanna del "pietismo". L'articolo del 3 dicembre, firmato con lo
pseudonimo "Uno di noi", ribadisce che
mentre il razzismo un'espressione di forza, un segno di maturit spirituale e
politica, un annuncio di sviluppi e di ulteriore potenza, il pietismo , invece, segno
di debolezza, condizione di estrema povert di spirito, causa di grandi confusioni.

L'anno di "Calabria fascista" si chiude ancora all'insegna della


polemica con "Parola di Vita". Sempre il 3 dicembre compare nella rubrica
Faretra la notizia dell'allontanamento di don Nicoletti dalla direzione di

171
"un giornaletto cattolico della nostra citt". La minaccia, non tanto velata,
quindi per il successore. Si scrive infatti in riferimento a Nicoletti:
Dicono che siamo stati noi a tirargli i piedi. Non vogliamo crederci...Comunque
attenti alla successione.

Il 10 dicembre Faretra ospita l'ultima polemica contro il sacerdote


cosentino attraverso l'articolo Memento agli sturziani, che riprende un
contributo del giornale "Libro e moschetto":
Fare dell'antirazzismo diretto oppure fare delle ibride confusioni tra razzismo
fascista e altri razzismi perch, combattendo quelli, si pu combattere il primo,
significa essere antifascisti. E siccome la Rivoluzione ha liquidato don Sturzo ed i
suoi indegni proseliti col manganello e l'olio di ricino, non ci rimane che
concludere con un memento a tutti gli sturziani che credevano di poter rinascere
nientemeno che nell'anno 17 dell'era fascista.

La virulenza di questi attacchi mostra quanto l'alto livello della


battaglia antirazzista di don Nicoletti disturbasse il fascismo cosentino e,
pi in generale, rappresenta un esempio significativo di quel fenomeno
dell'"antisemitismo senza ebrei" che stato tutt'altro che raro nell'Europa
del Novecento.

172

APPENDICE 0

INTRODUZIONE
Le interviste qui riportate, presentate integralmente, sono due
testimonianze

dirette

del

periodo

delle

leggi

razziali,

ma

rappresentano anche due esperienze totalmente differenti.


La signora Giacoma Limentani, scrittrice romana, stata una
vittima delle leggi razziali, in quanto ragazza ebrea. La sua
testimonianza, da me raccolta a Roma il 29 maggio 1995, esprime
soprattutto la sofferenza e la solitudine di una comunit
improvvisamente lacerata che, oltre all'umiliazione delle leggi
antisemite, subisce l'indifferenza e l'incomprensione di una societ
che l'aveva vista sino a quel momento parte integrante.
Don Eugenio Romano, invece, uno spettatore, lontano non
solo per ragioni geografiche, che, giovane sacerdote, sostituisce
don Luigi Nicoletti alla direzione di "Parola di Vita". L'intervista, da
me effettuata a Cosenza il 30 agosto 1995, non affronta
direttamente l'argomento delle leggi razziali, ma utile per chiarire
la situazione della chiesa cosentina degli anni '30, caratterizzati
dall'impegno antifascista di don Nicoletti, ma anche dalle ambiguit
di una parte del clero e dalla difficolt di una scelta di resistenza
esplicita al fascismo. Amico personale di don Nicoletti, don Romani

attualmente

in

pensione,

dopo

aver

guidato

per

oltre

cinquant'anni la parrocchia di S. Teresa del Bambin Ges, nel


cuore di Cosenza.

173

INTERVISTA ALLA SIGNORA GIACOMA LIMENTANI


Posso chiederle quanti anni aveva nel 1938?

Assolutamente si. Io sono nata nell'ottobre '27, quindi nel


1938, il mese che sono uscite le leggi razziali, che agosto, mi
mancava un mese per fare 11 anni.
Quindi andava gi a scuola...

Certamente, ed abitavo gi in questa casa. Ero in vacanza,


ricordo, ed al ritorno a Roma non potei pi tornare a scuola. Io
avevo fatto il I ginnasio e quindi avevo solo un anno alle spalle in
quella scuola, ma mia sorella che aveva gi 15 anni faceva il IV.
Devo dire che nessuno dei compagni di scuola si fatto vivo,
assolutamente nessuno.
Ecco, io vorrei fare una distinzione fra quello che si dice
normalmente e quelli che sono i veri amici, oppure le persone che
gi allora avevano una coscienza patriottica, perch ci sono delle
differenze enormi. Noi ebrei ci sentivamo profondamente italiani,
cos come tedeschi si sentivano gli ebrei tedeschi, francesi gli ebrei
francesi. Questa idea dell'ebreo apolide veramente una
giustificazione per chi si diverte a "cacciare" gli ebrei. Figurati, nella
mia famiglia, nonostante non siamo mai stati militaristi, mio padre
aveva delle decorazioni piuttosto notevoli della Prima Guerra
Mondiale, cui ha partecipato mio zio, Grande Invalido. C'era poi una

174
partecipazione italiana molto importante, e questo arrivava dopo
secoli di discriminazione per cui si credeva di aver trovato un "porto
sicuro", in cui ognuno aveva una Patria con la P maiuscola. Era
molto forte questo sentimento, senza arrivare al nazionalismo
spinto dei fascismi, ma l'idea di sentirti a casa tua nel paese in cui
stai. E la prova di questo che in ogni paese l'ebraismo, pur
mantenendo delle basi identiche, dappertutto sviluppa dei propri
costumi.
Per quello che lei pu ricordare, in famiglia parlavate di quello che
sarebbe potuto succedere?

In realt io ero troppo piccola per ricordare, e probabilmente


davanti a me cercavano di non parlarne. Per c' un fatto: mio
padre era gi un perseguitato politico e casa nostra era sempre un
centro di smistamento di persone che scappavano. Quello che
succedeva in Germania ce l'immaginavamo, lo sapevamo
abbastanza bene. L'idea di andarsene, che venuta a molti, a noi
non veniva perch mio padre era dell'opinione che quando una
nazione perde la ragione e le persone oneste se ne vanno, quella
nazione finita. Cos siamo rimasti per questo. Poi non bisogna
pensare che andarsene fosse tanto facile: dovevi avere dei soldi,
dovevi avere dei mezzi, contatti. Si poteva andare in un altro paese
se l c'erano persone che garantivano per te, se portavi particolari
capacit. Era finito il periodo delle grandi migrazioni americane per
cui bastava che arrivassero operai e tutti praticamente avevano il

175
visto. La cosa non era cos facile, e non lo stata fino alla fine della
guerra. Non sar poi facile andare in Palestina, niente mai facile.
La sua esperienza scolastica o quotidiana, prima delle leggi razziali,
l'aveva resa consapevole di una sua presunta "diversit"?

Io ho fatto solo un anno di ginnasio, che corrisponde oggi alla


prima media. Alle elementari ho avuto una maestra fascista che mi
diceva: "fuori di classe, brutta ebrea!", quindi sapevo perfettamente
che cosa era, la cosa, e infatti c'erano state delle storie piuttosto
gravi. Allora poteva anche essere all'interno dei vari individui (la mia
maestra poteva anche essere una fanatica per conto suo, questo
indubbio). Quindi io ho avuto questa esperienza che non stata
gradevole. Al primo ginnasio ho avuto una professoressa, tra l'altro
ebrea, intelligente...quindi al primo ginnasio non l'ho sentito.
Rimane il fatto che nessuna compagna di scuola, n mia n di mia
sorella, si fatta viva per dire "Come ci dispiace!".
Io non ricordo esattamente quali potessero essere i termini di
lettura della propaganda fascista, n quando era cominciata, anche
perch non ho mai avuto la forza di leggerli, n mi pare
interessante. Per ricordo esattamente le illustrazioni di certi
giornali. Ecco che avevamo il classico ebreo obeso, rapace, col
naso adunco, col piede di pollo, che poi corrisponderebbe una
natura diabolica, demoniaca. All'ebrea piuttosto puttana, con la
quale il rapporto umiliava il maschio. Tutto che si ricollega alla parte
veramente pi abietta della persecuzione durante i secoli. Faccio
un esempio molto pi recente. Dopo la guerra dei Sei giorni ero a

176
casa di una conoscente, che tra l'altro una delle pi grandi
scrittrici

femministe

dell'Italia

di

oggi,

tenuta

in

grande

considerazione, e vedevamo un filmato di palestinesi profughi, uno


spettacolo tremendo, ed io mi misi a piangere. E lei mi disse: "E tu,
perch piangi adesso?", perch io, in quanto ebrea, dovevo essere
contenta di vedere quelli che scappavano, "E tu perch piangi, che
avete vinto!". Ed io risposi: "Le vittorie si vedono alla fine, tanto per
cominciare, ed in secondo luogo, per la mia tradizione, ho visto
tanti di quei profughi che vederne ancora, chiunque siano, mi fa
male". E lei disse: "Ma quelli erano ebrei!", come se ci fosse una
possibilit di sensibilit diversa. Gli ebrei erano un'altra cosa e
quindi io, in quanto ebrea, vendicativa, avrei dovuto essere
contenta, era sciocco che piangessi...Se dopo la Sho ci sono
ancora queste reazioni, ed una persona che passa per persona
civilissima fa questi discorsi, ti rendi conto che anche allora c'era
questa pubblicit, questa informazione sicuramente tendenziosa
fatta con questi orribili giornali e queste orribili foto. Naturalmente,
siccome gli ebrei erano molto integrati nella vita italiana, si
sentivano

profondamente

italiani,

soprattutto

quelli

che

appartenevano alle classi pi colte e agiate, anche se con estrema


discrezione, ti invitavano a pranzo, ti parlavano con delicatezza,
come se facessero una delicatezza nei nostri confronti per quello
che era il loro...non imbarazzo...forse non capivano, si rendevano
poco conto della difficolt in cui si trovava gente che da un giorno
all'altro non aveva una scuola dove mandare i figli. Coloro che , per
esempio, avevano fatto la carriera militare, cosa facevano dopo?
Oppure i medici, i professionisti, gli avvocati, che non potevano pi

177
esercitare e naturalmente cosa potevano fare? Tornare a fare i
rappresentanti porta a porta! E quindi gli ebrei, assetati di denaro,
sanno fare solo i commercianti, ma cos'altro avrebbero potuto fare?
Mio padre fu denunciato dalla cassiera di un negozio che disse cha
aveva raccontato una barzelletta, una volta, e in quanto ebreo
aveva riso "sconciamente". Con tutti i guai che aveva ci fu anche
questa denuncia, che poteva venire dalla persona pi inaspettata,
che lo faceva perch pigliava soldi.
Quando ci fu la politica delle "discriminazioni", quale fu la situazione
della sua famiglia?

Mio padre e mio zio erano automaticamente esonerati,


appunto perch mio padre aveva una medaglia al valore e mio zio
era pazzo, da quando era stato prigioniero di guerra in Germania.
Ma se io dovessi dire che questa discriminazione mi ha dato
vantaggi, non potrei.
Lei dovette comunque abbandonare la scuola...

Certo. Per fortuna un gruppo di persone eccezionali ha


organizzato rapidamente, nel giro di due notti, una scuola ebraica a
Roma, so che nelle altre citt pi o meno successo lo stesso e
questa scuola ebraica stata la mia salvezza, e quella di molti di
noi, perch avevamo il fior fiore dei professori, per forza di cose,
perch ce ne erano a disposizione tanti che non potevano pi
insegnare e si sceglievano i migliori. C'era un'atmosfera (siccome

178
eravamo tutti piuttosto nevrotizzati, spaventati, angosciati), un clima
di studio molto serio ma anche una strana indisciplina, che poi era
quella che in effetti dava maggiore rendimento. La scuola ebraica
stata un bel ricordo.
Queste scuole furono, per tutta la Comunit, una presa di coscienza
antifascista?

Anche senza la scuola, per il fatto delle leggi razziali che ti


colpiscono in quel modo, ti fanno diventare antifascista per
reazione. Gli ebrei per percentuale erano fascisti quanto gli italiani.
Per quelli che erano stati fascisti certo stato un brutto colpo e
vedendosi perseguitati sono pochi quelli rimasti fascisti. Essere
fascisti una mentalit: forse potevano essere contro quei fascisti,
ma se sei fascista sei fascista, se sei fanatico sei fanatico,
qualunque disciplina adotti. Il fatto che nella scuola di Roma
avevamo dei professori cos eccezionali, sono stati loro una lezione
enorme di civilt sociale e politica. Il Preside della scuola non era
ebreo, ma mandato dal Ministero. Era una persona che ci
spaventava molto, all'inizio, ma stata una delle persone pi belle
che ho incontrato in tutta la mia vita: di una civilt, di una
comprensione nel fare un lavoro ingrato, perch quando arrivato
certo non l'amavamo. Lo ha fatto col massimo della dignit.
Quello che c' stato che, dall'apertura dei ghetti in poi, c'era
stato un indubbio processo, non solo d'integrazione, ma di
assimilazione, di perdita di conoscenza dei valori ebraici, perdita di
identit. Quando Sartre dice che gli ebrei pi infelici sono stati quelli

179
costretti a subire la loro identit ebraica, senza conoscerla e senza
saperne niente, dice una grande verit. Nella scuola sono arrivati
ragazzi che sapevano di essere ebrei, perch la famiglia faceva il
digiuno il giorno del digiuno, ma che, per esempio, a Pasqua
potevano mangiare le azzime con il prosciutto. Erano digiuni di
tutto, e c' stato per forza di cose un ritorno ad un pensiero ebraico,
un porsi delle domande, un porle a questi professori. C' stata
quindi una presa di coscienza ebraica. Io non ero tra quelli che non
sapevano proprio niente, ma non ero preparata come posso essere
adesso. Il momento speciale ha anche formato delle amicizie che
sono state molto importanti.
Per molti autori le leggi razziali furono il primo momento in cui gli italiani
si allontanarono dal regime, lei cosa ne pensa?

Se a qualcuno successo, io me lo auguro, buon per lui. Di


quelli che io conoscevo, non me ne sono accorta. Mi sono
sicuramente accorta che quelli che erano amici da prima, che da
prima avevano fiutato quello che poteva essere il fascismo, quella
era una reazione normale e comprensibile. La massa, non so.
Quindi non vero, come molti hanno scritto, che gli italiani rimasero
sbalorditi di fronte alle leggi razziali.

Io

francamente

non

ricordo

grandi

sbalordimenti.

Probabilmente bisognerebbe chiederlo a qualcuno che ha qualche


anno pi di me e che viveva in un contesto un p diverso dal mio.

180
Se io vivevo in una famiglia di antifascisti gli amici erano quelli. I
conoscenti extra, anche le bambine con cui giocavo ai giardinetti, le
ex compagne di scuola, tali erano e tali le ho ritrovate dopo. Non
hanno capito prima, durante e dopo. Non erano nemmeno
scatenatamente fascisti, erano la "zona grigia"; gli scatenati fascisti,
i fanatici, o sono rimasti fascisti in maniera incongrua, oppure sono
diventati fanatici comunisti, perch il fanatismo un dato
caratteriale: tu ti aggrappi a quell'ideologia che ti d modo di essere
fanatico. Non fai il fanatico nel Partito d'Azione, che era un
coacervo di cervelli pensanti, ragionanti, che non contemplavano la
possibilit del fanatismo.
Veniamo al '43...

Mio padre si rese conto che non era pi possibile restare a


Roma: Venivano tutti i giorni per sfasciare tutto. Era una cosa
tremenda, era stato tremendo prima...
...con la guerra la situazione peggior?

Non fu la guerra. Prima della campagna razziale io ero sempre


stata trattata come una bambina figlia di un grande delinquente, nel
momento in cui cominciata la campagna razziale, io non ero pi
la povera bambina figlia di un pazzo delinquente, ma ero a mia
volta un essere spregevole, del quale si poteva abusare come si
voleva, e ne hanno abusato. Io avevo 15 anni ed erano in 4...Erano

181
persone cosiddette perbene, che io ogni domenica vedevo andare
a Messa con la famiglia nella Chiesa qui vicino.
Quindi ad un certo punto ce ne andammo in campagna e
siamo stati l in relativa tranquillit (molto relativa, io facevo avanti e
indietro per la scuola, mio padre era in grosse difficolt, era un
periodo di cui riesco a ricordare solo grosse difficolt, portate anche
con estrema dignit e col sorriso, riuscendo a non demonizzare in
massa il resto degli italiani). Poi naturalmente dl 25 luglio le cose
cominciarono a cambiare. Mio padre non si fid di quello che
succedeva in giro. Si diceva che con Badoglio le leggi razziali
erano

decadute,

per...I

perseguitati

politici

uscivano

di

galera...per. Non mi risulta sia stato abrogato nulla...non se n'


parlato pi, come succede in Italia. Poi con l'8 settembre le cose si
fecero realmente chiare, e mio padre aiut molti a scappare. Il 16
ottobre (giorno della razzia al ghetto di Roma) siamo stai accolti da
una signora che noi non conoscevamo affatto, la signora Ambrosini,
che aveva un figlio pi o meno della mia stessa et e che ci ha
nascosti a casa sua. Lei per era comunista militante da anni,
quindi aveva gi rapporti con certe persone. Fra queste e quelle
che mio padre conosceva si form una piccola banda partigiana,
nella quale tutti avevamo dei compiti precisi, dai grandi ai bambini.
C'erano sempre difficolt, la fame, i tedeschi che rastrellavano. Ci
siamo salvati per il rotto della cuffia. Poi siamo venuti a Roma,
sempre nascosti e spostandoci di continuo. Alcuni amici ci hanno
ospitato, ma era una responsabilit nei confronti di queste persone.
Proprio perch erano amici non volevi metterli a rischio, quindi non
volevi restare pi di tanto. Quindi estreme difficolt finanziarie,

182
perch vero che molti conventi hanno aperto le porte, per si
pagava salato.
Quale fu in generale il rapporto con la Chiesa cattolica, prima e dopo le
leggi razziali?

Prima del Concordato, non so. Era lo stesso rapporto che c'era
con gli altri italiani. La gente perbene gente perbene, i fanatici
sono fanatici. Fra gli ebrei c'erano fascisti scatenati come
antifascisti. Io credo che ad un certo punto fra le persone...c' una
linea trasversale che collega le anime delle persone, non il loro
credo. Quindi potevi trovare aiuto e comprensione da uno che
magari in buona fede era fascista e che per non capiva perch
dovevano violentare una ragazzina. Si potevano trovare degli
improvvisi sprazzi di luce, con dei gesti di coraggio incredibili, e poi
persone colte che neppure se ne accorgevano. Era sempre una
sorpresa, una sorpresa anche pericolosa.
Indubbiamente la Chiesa ha molto aiutato, ci sono state delle
figure splendide. Ma, forse perch i conventi erano poveri e non
potevamo pi pagare, ci hanno mandato via, e sapevano benissimo
dove ci mandavano. E le rette dei conventi, dove si moriva di fame,
erano esorbitanti.
E' l'individuo che conta, e specialmente in condizioni di questo
genere, dove ci vuole una coscienza profonda...E poi c'era sempre
questo fatto: io ti salvo, per tu ti converti. Era rarissimo entrare in
un convento dove non ti chiedessero questa tassa. Ci sono
persone che si sono convertite, se per questo anche subito dopo il

183
1938, per "arianizzare" i figli, che poi non serviva. Accampando
cose tremende, che la nonna aveva avuto un figlio con l'autista,
ecc.
Anche l'ultimo rabbino di Roma, nel momento del pericolo, ha
mollato tutto e se n' andato in Vaticano. Ha lasciato la Comunit a
se stessa in un momento come quello e poi si saputo che si era
convertito. Che si volesse convertire dopo, affari suoi; ma se il
Cristianesimo quello che dice di essere, a maggior ragione
doveva essere l.
Come arrivarono le notizie della razzia del ghetto di Roma?

Fu una cosa che mi colp molto. Alla radio fu un continuo


martellare sull'abiezione degli ebrei, che andavano denunciati, che
dovevano essere raccolti. Dalla mattina alla sera ininterrottamente,
quindi tu sentivi che non c'era scampo. Per esempio, dall'inizio
della guerra una legge stabiliva che ogni locale pubblico dovesse
avere una radio, che all'ora del giornale radio doveva essere
accesa. Tutti in piedi a sentirlo. Questa notizia martellante
raggiungeva tutti.
Solo quando sono arrivati gli Alleati abbiamo potuto lasciare
l'ultimo convento nel quale ci eravamo rifugiati. Quella mattina ci
siamo recati subito in Sinagoga, per vedere chi era rimasto, per
contarci. Fu un momento tremendo, la gente che non sapeva dove
erano finiti i congiunti. Le notizie di Auschwitz sono arrivate dopo.
Quindi la realt dei campi di concentramento non era conosciuta...

184

Io non ricordo che gli stranieri che passavano da casa nostra


lo sapessero. Nemmeno i tedeschi sapevano. Si sapeva che
c'erano orrori, cose tremende, ma la realt arrivata solo con gli
Alleati. Per esempio della Risiera di San Sabba non si saputo
niente fin dopo la guerra.
Quello che tuta la vicenda mi ha lasciato di profondo e di
terribile, un'assoluta aleatoriet di tutto. La persona che consideri
amica pu essere uno che ti denuncia. Il passante che non sa
nemmeno chi sei ti salva. E comunque mai trovarsi senza soldi, ma
pure i soldi sono un pericolo, perch puoi essere denunciato cos ti
prendono i soldi. C' un'unica cosa importante: in mezzo alla folla
cercare di mantenere la propria integrit, spesso non di
ragionamenti.
C' una fiaba ebraica molto bella che racconta di un re e del
suo primo aiutante. Guardando le stelle questi due avevano visto
che quell'anno la terra avrebbe prodotto delle messi che portavano
la follia. Allora l'aiutante dice al re: cerchiamo di conservare un p
di farina dell'anno scorso, almeno per noi due, cos, se tutti
impazziscono, per lo meno noi due siamo salvi e vediamo cosa
succede. Ma il re risponde di no, perch se in un mondo di pazzi
solo noi due ci comportiamo da savi, la gente pensa che i matti
siamo noi. Quindi l'unica cosa mangiare come loro, quindi
comportarci

come

loro.

Soltanto

metterci

un

segno

di

riconoscimento, per cui quando io guardo te e tu guardi me,


sappiamo entrambi che siamo anche noi due pazzi.

185
Questo il senso: non potevi essere completamente avulso da
ci che ti circondava, e nello stesso tempo non potevi cedere alla
pazzia che ti circondava. Questa una sensazione che ti marca in
eterno: il fatto che dai la buonanotte ad una persona e metti conto
che puoi non rivederla l'indomani e che il vicino di casa, che
normalmente ti farebbe le condoglianze, non gliene frega niente,
non s accorge nemmeno che sei vestita a lutto.
Come ha vissuto il "dopo", il reintegrarsi nella Comunit e nella societ?

Devo premettere che io stavo molto male. Ho retto molto forte


fino all'arrivo degli Alleati, poi ho avuto un crollo psicologico. Infatti
delle cose non riesco a ricordarle, n a coordinarle. Quello che mi
colpiva e mi offendeva, e continua a colpirmi come in quei giorni,
erano appunto i fanatici fascisti che diventavano fanatici comunisti,
come se non ci fosse una via di mezzo, una possibilit al di l del
capo che ti guida. Questo in un mare magnum grigio di gente che
prima non si era accorta, ora ti diceva: devi dimenticare perch la
vita continua, si deve stare tutti insieme, noi non siamo stati cattivi
come quelli...Poi le immagini, le cose che succedevano...il fatto di
non sapere cosa, all'interno di queste sofferenze inaudite, cosa pu
specificamente essere successo, aver sofferto la persona che ti
cara, alla quale sei legato, che hai amato, ti fa dolere ogni fibra del
corpo. C' una ferita, nella mente e nell'animo, che ti rende
apprensivo per tutto quello che succede.

186

INTERVISTA AL SAC. EUGENIO ROMANO


Ricorda quando sostitu don Luigi Nicoletti alla direzione di "Parola di
Vita"?

Se ricordo bene presi la direzione del giornale nel gennaio


1939. Don Nicoletti venne allontanato nel novembre 1938 ed il
vescovo mi obblig ad accettare l'incarico. Io non ero molto
contento perch ero amico di don Nicoletti, mi sembrava di
offenderlo prendendo il suo posto, ma il vescovo ha insistito tanto.
Monsignor Nogara teneva molto a "Parola di Vita" ed all'Azione
Cattolica in generale, ammirava anche don Nicoletti, l'aveva
protetto molte volte, anche contro la Federazione fascista.
Non ricordo bene i motivi dell'allontanamento di don Nicoletti,
per lui era sempre stato antifascista, era nel Partito Popolare
prima del '22, strano che con questi precedenti avesse incarichi
importanti, infatti dirigeva anche il Movimento Laureati, forse
perch, come ti ho detto, era amico del vescovo Nogara, che non
era fascista. Secondo me il clero cosentino non era affatto fascista,
anch'io ho criticato spesso il fascismo sul giornale. Per stato un
periodo d'ordine, anche se ci furono cose eccessive.
A cosa si riferisce?

187
Questa cosa degli ebrei stata una di queste, mi sembra, per
non stato come in Germania, dove c' stato un massacro. Poi il
fascismo a Cosenza non era fatto da esaltati, era molto all'acqua di
rose. Non era come a Catanzaro, dove era molto forte. Non ricordo
esattamente come era affrontato il problema delle leggi razziali, a
Cosenza non abbiamo mai sentito il problema. Certo "Calabria
fascista" faceva molto rumore, era un giornale battagliero, lo
conoscevano in tutta Italia. Don Nicoletti si occup del razzismo,
ma non so se stato questo il motivo del suo allontanamento. Per
Nicoletti non si pieg mai al fascismo, su "Parola di Vita" le notizie
su Mussolini venivano ignorate. Quando venne trasferito d'ufficio in
Puglia il vescovo gli espresse la sua solidariet, come tutto il clero.
Ricordo una riunione di Azione Cattolica in cui Nicoletti fu dichiarato
"assente giustificato".
Mi criticarono molto quando assunsi la direzione di "Parola di
Vita", dissero che mancavo di rispetto al mio maestro...per ho
dovuto obbedire al mio vescovo, che mi promise il suo sostegno, e
cos fece, anche se si doveva essere cauti, non si poteva
condannare il fascismo chiaramente. Ci fu un certo sostegno
durante la guerra di Spagna, che era contro i comunisti, e poi
soprattutto nella lotta contro la massoneria, che io considero la
rovina della societ.
C'erano delle cose del fascismo che io ho criticato molto.
Anch'io ebbi una polemica con "Calabria fascista" per quello che
era la GIL, perch i ragazzi dovevano dedicarsi ai campi ed alle
adunate fasciste anche il sabato e la domenica, invece di dedicarsi
al giorno del Signore. Appena mor Mons. Nogara, nel 1940, ci fu

188
l'ordine di chiusura per "Parola di Vita", che rest chiuso un anno,
poi riapr.
Perch ci fu quest'ordine di chiusura?

C'erano sempre polemiche, la Federazione secondo me non


voleva che ci fosse un giornale d'Azione Cattolica.
Lei riprese la polemica sulle leggi razziali?

Non ricordo, ma poi se ne parlava poco. Secondo me don


Nicoletti fu sostituito perch lo avevano gi deciso, perch era stato
con don Sturzo.
Ma perch proprio in quel momento?

Non so...era sempre stato antifascista, tanto che dopo la


guerra fu tra i promotori della DC in Calabria. "Parola di Vita" era
sempre stato contro i comunisti ed i negatori di Dio, lo era anche
don Nicoletti, che fu un grandissimo uomo politico e un grande
oratore. Quando faceva i comizi era talmente bravo che anche tanti
comunisti venivano a sentirlo.
Non ricordo proprio la polemica sul razzismo, ma poi a
Cosenza non c'erano ebrei, ci sono stati nel Medio Evo, infatti
abbiamo il quartiere della Biblioteca Nazionale che si chiama
"Cafarone", dalla citt di Cafarnao. L c'era il ghetto, gli ebrei erano
tessitori e mercanti di tessuti, ma stiamo parlando di secoli fa, poi

189
erano andati via. I ghetti c'erano in altra citt d'Italia, per anche
quando furono chiusi gli ebrei continuarono a vivere insieme. Sono
una comunit molto forte anche adesso, molto legati alle loro
tradizioni, e c'erano molti pregiudizi, si sono dette tante cose, non
so quali sono vere e quali sono false, non voglio parlarne. E poi ci
sono tanti luoghi comuni...ma la Chiesa al di sopra delle parti,
per dalla parte della verit. Secondo me si dovrebbe tornare a
prima del Concilio Vaticano II, oggi si sono persi i veri valori, si
voluto per forza modernizzare. La Chiesa non era contro gli ebrei,
per bisogna dire le cose come stanno, non c' dialogo, loro
negano il Messia, non hanno accolto il Salvatore, un errore
questo, non vero?
Io sono per il tradizionalismo, oggi la vita diventata
impossibile, non ci sono pi valori. ma tu vuoi parlare di
ebrei...ecco, io non capisco gli ebrei che vivono in Italia. Devi
chiederlo tu che stai studiando queste cose, qual' il loro paese? Io
non sono contro di loro, per non capisco. L'Italia un paese
cattolico, ma oggi non mi meraviglia pi nulla, hanno tolto pure il
crocefisso dalle scuole, nessuno parla di religione, eppure in Italia
c' il Vaticano. E ci sono tante religioni, oggi c' la moda del
buddismo, poi leggevo che a Roma c' la moschea pi grande
d'Europa, proprio a Roma.
Per me gli ebrei sono in errore, ma io non ho mai scritto nulla
contro di loro. Ho fatto tante battaglie con "Parola di Vita",
soprattutto contro il comunismo, vedi ora come finito. Questo era
l'errore pi grande per gli uomini, ora per finito. Non ricordo altre

190
cose molto bene, passato tanto tempo e tante cose sono
cambiate.

191

APPENDICE 0
Riportiamo qui alcuni documenti citati nel capitolo primo, tutti
estratti dal libro di Renzo De Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il
fascismo, 4a edizione.
DOCUMENTO 1
INFORMAZIONE DIPLOMATICA NO. 14
Le recenti polemiche giornalistiche poterono suscitare in certi ambienti
stranieri l'impressione che il governo fascista stia per inaugurare una politica
antisemita.
Negli ambienti responsabili romani si in grado di affermare che questa
impressione completamente errata e che si considerano le polemiche come
dovute soprattutto al fatto che le correnti dell'antifascismo mondiale
dipendono regolarmente da elementi ebraici.
Gli ambienti responsabili romani ritengono che il problema ebraico
universale pu essere risolto in un solo modo: creando in qualche parte del
mondo, non in Palestina, uno Stato ebraico, Stato nel pieno significato di
questa parola che sia perci in grado di rappresentare e di proteggere per le
normali vie diplomatiche e consolari tutte le masse ebraiche disperse nei vari
paesi.
il fatto che in Italia esistano degli ebrei non comporta necessariamente
che esista un problema ebraico specificatamente italiano. D'altro canto gli
ebrei si contano a milioni mentre in Italia, su una popolazione che raggiunge
ormai i 44 milioni di abitanti, la massa degli ebrei oscilla tra le 50 e le 60 mila
unit.
Il Governo fascista non pens mai, n pensa adesso, a prendere misure
politiche, economiche, morali, contrarie agli ebrei in quanto tali, salvo,
beninteso, nel caso in cui si trattasse di elementi ostili al Regime.
Il Governo fascista inoltre risolutamente contrario a qualsiasi
pressione, diretta o indiretta, per strappare abiure religiose e assimilazioni
artificiose. La legge che regola e controlla la vita delle comunit ebraiche ha
fatto buona prova e rimarr invariata.
Il Governo fascista si riserva tuttavia di vegliare sull'attivit degli ebrei di
recente giunti nel nostro paese e di fare in maniera che la parte degli ebrei
nella vita d'insieme della Nazione non sia sproporzionata ai meriti intrinseci
individuali ed all'importanza numerica della loro comunit.

192

DOCUMENTO 2

MANIFESTO DEGLI SCIENZIATI RAZZISTI

1. Le razze umane esistono. L'esistenza delle razze umane non gi


un'astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realt fenomenica,
materiale, percepibile con i nostri sensi. Questa realt rappresentata da
masse, quasi sempre imponenti, di milioni di uomini, simili per caratteri
fisici e psicologici che furono ereditati e che continuano ad ereditarsi. Dire
che esistono le razze umane non vuole dire a priori che esistono razze
umane superiori e inferiori, ma soltanto che esistono razze umane
differenti.

2. Esistono grandi razze e piccole razze. Non bisogna soltanto ammettere


che esistano i gruppi sistematici maggiori, che comunemente sono
chiamate razze e che sono individualizzati solo da alcuni caratteri, ma
bisogna anche ammettere che esistano gruppi sistematici minori (come
per es. i nordici, i mediterranei, i dinarici, ecc.) individualizzati da un
maggior numero di caratteri comuni. Questi gruppi costituiscono dal punto
di vista biologico le vere razze, la esistenza delle quali una verit
evidente.

3. Il concetto di razza concetto puramente biologico. Esso quindi basato


su altre considerazioni che non i concetti di popolo e di nazione, fondati
essenzialmente su considerazioni storiche, linguistiche e religiose. Per
alla base delle differenze di popolo e di nazione stanno delle differenze di
razza. Se gli italiani sono differenti dai francesi, dai tedeschi, dai turchi,
dai greci ecc., non solo perch essi hanno una lingua diversa e una
storia diversa, ma perch la costituzione razziale di questi popoli
diversa. Sono state proporzioni diverse di razze differenti che da tempo
molto antico costituiscono i diversi popoli, sia che una razza abbia il
dominio assoluto sulle altre, sia che tutte risultino fuse armonicamente,
sia, infine, che persistano ancora inassimilate una alle altre le diverse
razze.

193
4. La popolazione dell'Italia attuale di origine ariana e la sua civilt
ariana. Questa popolazione di civilt ariana abita da diversi millenni la
nostra Penisola; ben poco rimasto della civilt delle genti preariane.
L'origine degli italiani attuali parte essenzialmente da elementi di quelle
stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo
dell'Europa.

5. E' una leggenda l'apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici. Dopo
l'invasione dei Longobardi non ci sono state in Italia altri movimenti di
popoli capaci di influenzare la fisionomia razziale della Nazione. Da ci
deriva che, mentre per le altre Nazioni europee la composizione razziale
variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia, nelle sue
grandi linee, la composizione razziale di oggi la stessa di quella che era
mille anni fa: i 44 milioni di italiani di oggi rimontano quindi nell'assoluta
maggioranza a famiglie che abitano in Italia da un millennio.

6. Esiste ormai una pura razza italiana. Questo enunciato non basato
sulla confusione del concetto biologico di razza con il concetto storico
linguistico di popolo e di nazione, ma sulla purissima parentela di sangue
che unisce gli italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano
l'Italia. Questa antica purezza di sangue il pi grande titolo di nobilt
della Nazione Italiana.

7. E' tempo che gli italiani si proclamino francamente razzisti. Tutta l'opera
che ha fatto finora il Regime in Italia in fondo del razzismo.
Frequentissimo stato sempre nei discorsi del Capo il richiamo ai
concetti di razza. La questione del razzismo in Italia deve essere trattata
da un punto di vista puramente biologico, senza intenzioni filosofiche o
religiose. La concezione del razzismo in Italia deve essere
essenzialmente italiana e l'indirizzo ariano-nordico. Questo non vuol dire
per introdurre in Italia le teorie del razzismo tedesco come sono o
affermare che gli italiani e gli scandinavi sono la stessa cosa. ma vuole
soltanto additare agli italiani un modello fisico e soprattutto psicologico di
razza umana che per i suoi caratteri puramente europei si stacca
completamente da tutte le razze extraeuropee. Questo vuol dire elevare
l'italiano ad un ideale di superiore coscienza di se stesso e di maggiore
responsabilit.

8. E' necessario fare una netta distinzione tra i mediterranei d'Europa


(occidentali) da una parte, gli orientali e gli africani dall'altra. Sono perci
da considerarsi pericolose le teorie che sostengono l'origine africana di
alcuni europei e comprendono in una comune razza mediterranea anche

194
le popolazioni semitiche e camitiche stabilendo relazioni e simpatie
ideologiche assolutamente inammissibili.

9. Gli ebrei non appartengono alla razza italiana. Dei semiti che nel corso dei
secoli sono approdati sul sacro suolo della nostra Patria nulla in generale
rimasto. Anche l'occupazione araba della Sicilia nulla ha lasciato
all'infuori del ricordo di qualche nome; e del resto il processo di
assimilazione fu sempre rapidissimo in Italia. Gli ebrei rappresentano
l'unica popolazione che non si mai assimilata in Italia perch essa
costituita da elementi razziali non europei, diversi in modo assoluto dagli
elementi che hanno dato origine agli italiani.

10.I caratteri fisici e psicologici puramente europei degli italiani non devono
essere alterati in nessun modo. L'unione ammissibile solo nell'ambito
delle razze europee, nel qual caso non si deve parlare di vero e proprio
ibridismo, dato che queste razze appartengono ad un corpo comune e
differiscono solo per alcuni caratteri, mentre sono uguali per moltissimi
altri. Il carattere puramente europeo degli italiani viene alterato
dall'incrocio con qualsiasi altra razza extraeuropea e portatrice di una
civilt diversa dalla millenaria civilt degli ariani.

195

DOCUMENTO 3

INFORMAZIONE DIPLOMATICA NO. 18


Negli ambienti responsabili romani si fa notare che molte delle
impressioni e deduzioni estere sul razzismo italiano sono dettate da una
superficiale cognizione dei fatti e in qualche caso da evidente malafede.
In realt il razzismo italiano data dal 1919, come potrebbe essere
documentato. Mussolini al discorso del Congresso del Partito tenutosi a
Roma nel novembre del 1921, ripetiamo, 1921, dichiar esplicitamente:
"Intendo dire che il Fascismo si preoccupi del problema della razza con la
quale si fa la storia".
Se il problema rimase per alcuni anni allo stato latente, ci accadde
perch altri problemi urgevano e dovevano essere risolti. Ma la conquista
dell'Impero ha posto in primissimo piano i problemi chiamati
complessivamente razziali, la cui sconoscenza ha avuto drammatiche,
sanguinose ripercussioni sulle quali non oggi il momento di scendere in
particolari. Altri uomini mandano nelle terre dei loro imperi pochi e sceltissimi
funzionari; noi manderemo in Libia e AOI, con l'andare del tempo e per
assoluta necessit di vita, milioni di uomini. Ora, ad evitare la catastrofica
piaga del meticciato, la creazione cio di una razza bastarda, n europea n
africana, che fomenti la disintegrazione e la rivolta, non bastano le leggi
severe promulgate e applicate dal Fascismo. Occorre anche un forte
sentimento, un forte orgoglio, una chiara onnipresente coscienza di razza.
Discriminare non significa perseguitare. Questo va detto ai troppi ebrei
d'Italia e di altri Paesi, i quali ebrei lanciano al cielo inutili lamentazioni,
passando con la nota rapidit dalla invadenza e dalla superbia
all'abbattimento ed al panico insensato. Come fu detto chiaramente nella
nota n. 14 dell'Informazione Diplomatica e come si ripete oggi, il Governo
Fascista non ha alcuno speciale piano persecutorio contro gli ebrei in quanto
tali. Si tratta di altro. Gli ebrei in Italia nel territorio metropolitano sono 44000,
secondo i dati statistici ebraici che dovranno, per, essere controllati da un
prossimo speciale censimento; la proporzione sarebbe quindi di un ebreo su
mille abitanti.
E' chiaro che, d'ora innanzi, la partecipazione degli ebrei alla vita
globale dello Stato dovr essere, e sar, adeguata a tale rapporto.
Nessuno vorr contestare allo Stato fascista questo diritto, e meno di
tutti gli ebrei, i quali, come risulta in modo solenne anche dal recente
manifesto dei rabbini d'Italia, sono stati sempre e dovunque gli apostoli del
pi integrale, intransigente, feroce, e, sotto un certo punto di vista,

196
ammirevole razzismo. Si sono sempre ritenuti appartenenti ad un altro
sangue, ad un'altra razza, si sono autoproclamati "popolo eletto" ed hanno
sempre fornito la prova della loro solidariet razziale al di sopra di ogni
frontiera.
E qui non vogliamo parlare dell'equazione storicamente accertata, in
questi ultimi vent'anni di vita europea, fra ebraismo, bolscevismo e
massoneria.
Nessun dubbio quindi che il clima maturo per il razzismo italiano.
E' meno ancora si pu dubitare che esso non diventi - attraverso
l'azione coordinata e risoluta di tutti gli organi del Regime - patrimonio
spirituale del nostro popolo, base fondamentale del nostro Stato, elemento di
sicurezza per il nostro Impero.

197

DOCUMENTO 4
DICHIARAZIONE SULLA RAZZA
Il Gran Consiglio del Fascismo, in seguito alla conquista dell'Impero,
dichiara l'attualit urgente dei problemi razziali e la necessit di una
coscienza razziale. Ricorda che il Fascismo ha svolto da sedici anni e svolge
un'attivit positiva, diretta la miglioramento quantitativo e qualitativo della
razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente
compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e
imbastardimenti.
Il problema ebraico non che l'aspetto metropolitano di un problema di
carattere generale.
Il Gran Consiglio del Fascismo stabilisce:
a) il divieto di matrimoni di italiane e italiane con elementi appartenenti
alle razze camita, semita e altre razze non ariane;
b) il divieto per i dipendenti dello Stato e da Enti Pubblici - personale
civile e militare - di contrarre il matrimonio con donne straniere di qualsiasi
razza;
c) il matrimonio di italiani e italiane con stranieri anche di razze ariane,
dovr avere il preventivo consenso del Ministero dell'Interno;
d) dovranno essere rafforzate le misure contro chi attenta al prestigio
della razza nei territori dell'Impero.
Ebrei ed ebraismo.
Il Gran Consiglio del Fascismo ricorda che l'ebraismo mondiale - specie
dopo l'abolizione della massoneria - stato l'animatore dell'antifascismo in
tutti i campi e che l'ebraismo estero o italiano fuoriuscito stato - in taluni
periodi culminanti come nel 1924-25 e durante la guerra etiopica unanimemente ostile al Fascismo.
L'immigrazione di elementi stranieri - accentuatasi fortemente dal 1933
in poi - ha peggiorato lo stato d'animo degli ebrei italiani, nei confronti del
Regime, non accettato sinceramente, poich antitetico a quella che la
psicologia, la politica, l'internazionalismo d'Israele.
Tutte le forze antifasciste fanno capo ad elementi ebrei; l'ebraismo
mondiale , in Spagna, dalla parte dei bolscevichi di Barcellona.
Il divieto d'entrata e l'espulsione degli ebrei stranieri.
Il Gran Consiglio del Fascismo ritiene che la legge concernente il
divieto d'ingresso nel Regno, degli ebrei stranieri, non poteva pi oltre essere

198
ritardata, e che l'espulsione degli indesiderabili - secondo il tema messo in
voga e applicato dalle grandi democrazie - indispensabile.
Il Gran Consiglio del Fascismo decide che oltre ai casi singolarmente
controversi che saranno sottoposti all'esame dell'apposita commissione del
Ministero dell'Interno, non sia applicata l'espulsione nei riguardi degli ebrei
stranieri i quali:
a) abbiano un'et superiore agli anni 65;
b) abbiano contratto un matrimonio misto italiano prima del I ottobre
XVI.
Ebrei di cittadinanza italiana.
Il Gran Consiglio del Fascismo, circa l'appartenenza o meno alla razza
ebraica, stabilisce quanto segue:
a) di razza ebraica colui che nasce da genitori entrambi ebrei;
b) considerato di razza ebraica colui che nasce da padre ebreo e da
madre di nazionalit straniera;
c) considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da un
matrimonio misto, professa la religione ebraica;
d) non considerato di razza ebraica colui che nato da un matrimonio
misto, qualora professi altra religione all'infuori della ebraica, alla data del I
ottobre XVI.
Discriminazione tra gli ebrei di cittadinanza italiana.
Nessuna discriminazione sar applicata - escluso in ogni caso
l'insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado - nei confronti di ebrei di
cittadinanza italiana - quando non abbiano per altri motivi demeritato - i quali
appartengano a:
1.
famiglie di Caduti nelle quattro guerre sostenute dall'Italia in
questo secolo: libica, mondiale, etiopica, spagnola;
2.
famiglie dei volontari di guerra nelle guerre libica, mondiale,
etiopica, spagnola;
3.
famiglie di combattenti di guerra nelle guerre libica, mondiale,
etiopica, spagnola, insigniti della croce al merito di guerra;
4.
famiglie di Caduti per la Causa fascista;
5.
famiglie dei mutilati, invalidi, feriti, della Causa fascista;
6.
famiglie di Fascisti iscritti al Partito negli anni '19-20-21-22 e nel
secondo semestre del '24 e famiglie di legionari fiumani;
7.
famiglie aventi eccezionali benemerenze che saranno accertate
da apposita commissione.
Gli altri Ebrei.

199
I cittadini di razza ebraica, non appartenenti alle suddette categorie,
nell'attesa di una nuova legge concernente l'acquisto della cittadinanza
italiana, non potranno:
a) essere iscritti al Partito Nazionale Fascista;
b) essere possessori o dirigenti di aziende di qualsiasi natura che
impieghino cento o pi persone;
c) essere possessori di oltre cinquanta ettari di terreno;
d) prestare servizio militare in pace e in guerra.
L'esercizio delle professioni sar soggetto di ulteriori provvedimenti.
Il Gran Consiglio del Fascismo decide inoltre:
1. che agli ebrei allontanati dagli impieghi pubblici sia riconosciuto il
normale diritto di pensione;
2. che ogni forma di pressione sugli ebrei, per ottenere abiure, sia
rigorosamente repressa;
3. che nulla si innovi per quanto riguarda il libero esercizio del culto e
l'attivit delle comunit ebraiche secondo le leggi vigenti;
4. che, insieme alle scuole elementari, si consenta l'istituzione di
scuole medie per ebrei.
Immigrazione di ebrei in Etiopia.
Il Gran Consiglio del Fascismo non esclude la possibilit di concedere,
anche per deviare l'immigrazione ebraica dalla Palestina, una controllata
immigrazione di ebrei europei in qualche zona dell'Etiopia.
Questa eventuale e le altre condizioni fatte agli ebrei, potranno essere
annullate o aggravate a seconda dell'atteggiamento che l'ebraismo assumer
nei riguardi dell'Italia fascista.
Cattedre di razzismo.
Il Gran Consiglio del Fascismo prende atto con soddisfazione che il
Ministro dell'Educazione Nazionale ha istituito cattedre di studi sulla razza
nelle principali Universit del Regno.
Alle Camicie Nere.
Il Gran Consiglio del Fascismo, mentre nota che il complesso dei
problemi razziali ha suscitato un interesse eccezionale nel popolo italiano,
annuncia ai Fascisti che le direttive del Partito in materia sono da
considerarsi fondamentali e impegnative per tutti e che alle direttive del Gran
Consiglio devono ispirarsi le leggi che saranno sollecitamente preparate dai
singoli Ministri.

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Giornali e riviste

anni per cui si


effettuato lo spoglio

"Bollettino Ufficiale
dell'Archidiocesi di Cosenza"

1935-1938

"Calabria fascista"

1933-1938

"Cronaca di Calabria"

1933-1938

"Il Corriere della Sera"

1933-1938

"La Difesa della Razza"

agosto-dicembre 1938

"Il Giornale d'Italia"

1933-1938

"Parola di Vita"

1933-1938

"Il Popolo d'Itala"

Interviste
Signora Anna Blayer
Signora Pupa Garriba
Signora Giacoma Limentani
Signora Lea Sestieri
Don Eugenio Romano

1933-1938

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