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Paolo Cardillo * *
*Politecnico di Torino
**Stazione sperimentale dei combustibili, Milano
Politecnico di Torino
INDICE
Introduzione
1. Esplosioni di tipo fisico, termico e chimico
1.1 Definizioni
1.2 Generalit sulle reazioni di combustione
1.3 Meccanismo
1.4 Velocit laminare di combustione e velocit del fronte di fiamma
1.5 Fenomeni di deflagrazione e detonazione
2. Infiammabilit di gas e polveri
2.1 Limiti di infiammabilit
2.2 Regola di Le Chatelier
2.3 Limiti di infiammabilit in funzione di temperatura e pressione
2.3.1 Temperatura
2.3.2 Pressione
3. Infiammabilit di liquidi
3.1 Limiti di infiammabilit e tensione di vapore
3.2 Punto di infiammabilit e punto di combustione
3.3 Punto di infiammabilit di miscele
3.4 Pericoli derivanti dai combustibili liquidi
3.5 Esplodibilit di nebbie
4. Processi di inertizzazione
4.1 La penisola di infiammabilit
4.2 Concentrazione minima di ossigeno
5. Cause d'innesco
5.1 Introduzione
5.2 Energia minima di innesco
5.3 Temperatura di autoaccensione
6 Infiammabilit e sorgenti d'innesco
6.1 Fiamme
6.2 Materiali incandescenti
6.3 Saldatura e taglio
6.4 Attrito e urto
6.5 Superfici calde
6.6 Compressione adiabatica
6.7 Sostanze piroforiche
6.8 Elettricit statica
6.9 Lavorazioni con liquidi infiammabili
Introduzione
Gran parte degli incidenti che si verificano nel corso di lavorazioni industriali sono da
imputare alla presenza ed al maneggio di miscele infiammabili o esplodibili. Miscele
pericolose sono per esempio presenti nei processi industriali che consentono la
preparazione di composti ossigenati (es. Acetaldeide, Ossido di etilene, Anidride ftalica,
ecc.), mediante ossidazione diretta con aria o con ossigeno di idrocarburi o di altri
composti organici semplici; anche in numerose altre operazioni quali immagazzinamento
o trasferimento di altri prodotti combustibili, essiccamento di materiali per allontanare
solventi infiammabili, nel corso della manutenzione degli impianti, ecc. Anche molti
materiali solidi combustibili, finemente suddivisi e dispersi in aria sotto forma di nube,
possono provocare una esplosione.
La pericolosit delle miscele polvere-aria meno conosciuta di quella dei gas. Per lungo
tempo stato infatti difficile accettare che una esplosione potesse avvenire a causa della
sola polvere e che non fosse necessaria la presenza di un gas infiammabile per
sostenere l'esplosione.
Per la valutazione dei pericoli e per poter sviluppare le opportune misure di prevenzione,
quindi molto importante conoscere il comportamento - per quanto riguarda l'esplodibilit
- dei diversi sistemi combustibile/comburente nelle condizioni di pratica utilizzazione.
1.1 Definizioni
Esplosione = accensione di una miscela di un materiale infiammabile in aria con
conseguente rapida espansione del volume o aumento della pressione, a seconda che
l'azione avvenga o no in uno spazio confinato. In questo senso quindi il termine usato
per distinguere la rapida e praticamente istantanea combustione dalle pi lente reazioni di
ossidazione; comprende pertanto la combustione di gas infiammabili come pure quella di
polveri sospese in aria.
Combustione = reazione chimica di una sostanza con l'ossigeno, con svolgimento di
calore, solitamente accompagnata da una fiamma visibile. Ogni sostanza che brucia
definita combustibile, mentre una sostanza definita infiammabile quando pu essere
accesa facilmente e pu bruciare con insolita rapidit.
Oltre alle esplosioni a catena ramificata esistono anche le esplosioni termiche, dovute al
fatto che il calore prodotto dalla reazione e quello che viene ceduto all'esterno per
convezione, conduzione, irraggiamento, non si bilanciano.
Se la quantit di calore prodotta superiore a quella che il sistema pu smaltire si genera
una situazione di autoaccelerazione: cio si ha un aumento di temperatura con
conseguente aumento della velocit di reazione che porta a sua volta ad un ulteriore
aumento della quantit di calore prodotta.
Concettualmente la distinzione tra i due tipi di esplosione molto importante; in pratica
per in molti sistemi esplosivi non possibile distinguere a quale dei due tipi di fenomeno
sia da imputare l'esplosione, poich sia la concentrazione delle specie attive, sia la
temperatura, subiscono un rapidissimo aumento.
La velocit laminare di combustione dipende dalla natura del gas combustibile, dalla sua
concentrazione, dalla temperatura e dalla pressione.
In pratica la velocit del fronte di fiamma non sempre coincide con la velocit di
combustione in quanto, nel corso della reazione, il fronte di fiamma avanza anche in
seguito all'espansione dei gas combusti.
Nei casi pi semplici, quali un fronte di fiamma piano che si propaga verso
l'estremit aperta di un tubo a sezione costante, chiuso all'altra estremit, oppure
un fronte di fiamma sferico o emisferico che si propaga liberamente, assumendo che
la miscela
gassosa sia inizialmente ferma, che il regime di flusso sia laminare e che i gas combusti
rimangano sempre alle spalle del fronte di fiamma, la relazione tra velocit del fronte di
fiamma e velocit di combustione diventa la seguente:
Sf = So E
dove
E = fattore di espansione, relativo all'aumento di volume provocato dalla reazione,
esprimibile come
e dove
variare
moltissimo
seconda
del
grado
di
suddivisione
(granulometria),
10
Dalla Tabella 1 che si riferisce ai primi dieci idrocarburi paraffinici, possibile notare
che esiste una certa costanza nei rapporti tra il limite inferiore Li e la
concentrazione stechiometrica Cst e nei prodotti tra Li e il potere calorifico H.
Tab 1
Combustibile
Cst % vol
Li
Potere calorifico
H, kcal/mole
Li
% voi
5,00
0,53
9,6
2,95
0,53
10, 1
2, 12
0,52
10,4
1, 68
0,58
10,7
1,41
0,55
11,0
1,23
0,56
11,4
1,08
0,56
11,6
0,95
0,58
11,6
0,84
0,58
11,5
0,77
0,56
metano
9,48
191,76
etano
5,65
341,26
propano
4,02
486,53
butano
3,12
635,05
pentano
2,55
782,04
esano
2, 16
928,93
eptano
1,87
1075,85
ottano
1,65
1222,77
nonano
1,47
1369,70
decano
1,33
1516,63
Li
100 ' H
st
11,6
11
P2
+p n) = 100%
Temperatura, C
Li, % vol.
Ls,% vol.
25
2,7
37
100
2,5
43
250
2,2
58
13
Dalla figura si nota che i limiti variano linearmente con la temperatura e che l'effetto si
fa sentire soprattutto sul limite superiore.
Allargandosi il campo di infiammabilit all'aumentare della temperatura, aumenta anche
la quantit di inerte da aggiungere per rendere la miscela non infiammabile.
Questo evidente nella Figura 5, che mostra la penisola di infiammabilit del sistema
C2H4 - 02 - N2 a diverse temperature e pressione atmosferica. In questo caso l'azoto
diluente passa dal 53,6% a 25C al 60,8% a 100C e al 63,5% a 250C.
14
2.3.2 Pressione
Gas e vapori
Anche la pressione influenza la velocit di una reazione chimica, la velocit di
propagazione della fiamma e i limiti di infiammabilit.
15
16
Tab 6
Pressione, ata
Li , % vol.
Ls, % vol.
2,6
48
10
2,5
58
15
2,4
64
20
2,3
69
17
Nella Tabella 7 sono riportate le concentrazioni di ossigeno al di sotto delle quali non
si ha pi propagazione della fiamma, ricavate dalle penisole precedenti.
Tab 7
Concentrazioni minime di ossigeno al di sotto delle quali non si ha pi propa gazione
della fiamma, a diverse pressioni
P, ata
02, % voi.
1
8
5
8
10
8
15
7,55
30
6,30
Per la polvere gli effetti della pressione sui limiti di infiammabilit rapportati alle condizioni
normali sono molto meno marcati che per i gas. Il limite inferiore, in special modo, risente
ancora di meno di quello superiore le variazioni di pressione. Alcune considerazioni si
possono ancora fare tenendo conto dell'energia di accensione e della velocit di
reazione. In particolare, l'energia di accensione diventa sempre pi grande quanto pi
bassa la pressione iniziale della miscela polvere - aria.
Per la velocit di reazione si pu dire che cresce con l'aumentare della pressione.
19
3. Infiammabilit di liquidi
3.1 Limiti di infiammabilit e tensione di vapore
Nel caso dei vapori di combustibili liquidi i limiti possono essere espressi oltre che in
percentuale in volume, anche in termini di temperatura.
La relazione tra limiti di temperatura e limiti di concentrazione illustrata nell'esempio
seguente per l'alcool etilico, i cui limiti di infiammabilit in aria sono 3,3 - 19% in volume.
Alla pressione di 760 mm Hg, il limite inferiore corrisponde ad una tensione di vapore di
(760 * 3,3)/100 = 25,08 mm Hg e il limite superiore corrisponde ad una tensione di vapore
di (760 * 19)/100 = 144,40 mm Hg.
Dalla Figura 8, che riporta la curva della tensione di vapore di alcuni combustibili liquidi in
funzione della temperatura, si vede che, per l'alcool etilico, questi due valori della
tensione di vapore corrispondono alla temperatura di 12,7C e 43,3C, che sono i limiti di
infiammabilit espressi in termini di temperatura.
In altre parole, se l'alcool etilico liquido entra in contatto con l'aria sotto i 12, i suoi vapori
non formano miscele infiammabili (la quantit di combustibile insufficiente, siamo al di
sotto del limite inferiore); analogamente i suoi vapori non formano miscele infiammabili a
20
temperature superiori a 44C (c' troppo combustibile, siamo al di sopra del limite superiore)
supponendo che l'aria sia satura del vapore.
Se l'aria non satura dei vapori di alcool etilico, la miscela pu contenere meno del 19%
in volume di vapori di alcool ed essere infiammabile.
Rispetto alle miscele di combustibili gassosi la valutazione dell'infiammabilit dei vapori in
presenza del liquido pi complessa, in quanto le proporzioni relative dei singoli
costituenti in equilibrio con il liquido ad una data temperatura, generalmente non sono le
stesse della fase liquida. La composizione dei vapori una funzione della tensione di
vapore dei singoli componenti e della loro frazione molare nella fase liquida. Se si
assume l'equilibrio liquido - vapore, possibile stimare la composizione vapore - aria sopra
una miscela liquida combinando le leggi di Dalton e Raoult, e quindi valutarne
l'infiammabilit mediante la legge di Le Chatelier.
L'equazione per una miscela binaria la seguente:
dove
x1, x2 = frazione molare dei componenti 1 e 2.
Dato che in presenza di pi combustibili pu esserci un effetto sinergico (il limite della
miscela risulta pi basso di quello previsto dalla legge di Le Chatelier), il criterio
dell'additivit deve essere considerato con prudenza, soprattutto quando uno dei
costituenti un vapore tipo etere o acetone capace di dar luogo al fenomeno delle
fiamme fredde, oppure quando si tratti di miscele di composti aventi strutture chimiche
differenti.
3.2 Punto di infiammabilit e punto di combustione
21
22
23
esempio
seguente,
mostra
gli
effetti
di
alcune
di
queste
propriet
al di sopra del limite superiore di infiammabilit (il punto di infiammabilit della benzina
< -40 C, i limiti di infiammabilit 1,7 - 7,6 % in volume).Una miscela di vapori di JP-4,
immediatamente sopra la superficie, facilmente accesa (il punto di infiammabilit del
JP-4 -13C, i limiti 1,0 - 7,0% in volume).
Sollevando la sorgente di accensione in prossimit della bocca del bicchiere, la miscela
vapori di cherosene - aria non viene accesa, mentre vengono accese quelle della
benzina e del JP-4.
In altre parole, la tensione di vapore del cherosene cos bassa che miscele infiammabili
vapori - aria non sono formate al di sopra del liquido alle ordinarie temperature ambiente;
La tensione di vapore della benzina cos alta che miscele infiammabili non sono
formate immediatamente sopra il liquido, ma si formano in prossimit della bocca del
bicchiere aperto, poich i vapori vengono diluiti facilmente con l'aria. La tensione di
vapore del JP-4 tale da permettere la formazione di miscele infiammabili sia nel
bicchiere che in prossimit dell'apertura.
3.5 Esplodibilit di nebbie
L'utilizzazione di liquidi infiammabili in genere, considerata sicura quando si opera
all'aperto, a una temperatura inferiore al punto di infiammabilit. Tuttavia, non a tutti
noto che una nebbia di un solvente liquido in aria pu essere infiammabile anche se il
solvente cos poco volatile da non essere presente in quantit apprezzabile nella fase
vapore. E' pertanto evidente che in presenza di nebbie il punto di infiammabilit non ha
significato per quanto riguarda la sicurezza.
Dispersioni di gocce in aria possono formarsi nei processi di nebulizzazione di liquidi o
nei processi di condensazione dei vapori. Le dimensioni delle gocce nelle nebbie variano
da 0,5 a 10 m. Quando il diametro delle gocce molto piccolo, il limite inferiore di
infiammabilit della nebbia coincide praticamente con quello del vapore, in quanto le
gocce vaporizzano completamente prima di essere interessate alla combustione. Molto
meno si sa sul limite superiore, in quanto le nebbie "concentrate", non sono uniformi ed
possibile che la fiamma si propaghi soltanto nelle zone di minore concentrazione.
25
4. Processi di inertizzazione
4.1 La penisola di infiammabilit
La presenza di gas inerti (N 2, CO2, ecc.) abbassa notevolmente il limite superiore di
infiammabilit del combustibile, senza far variare sensibilmente quello inferiore. In tal
modo il campo di infiammabilit si restringe sempre pi; continuando nell'aggiunta
dell'inerte fino a che i due limiti praticamente coincidono, si delimita il "diagramma di
infiammabilit" entro il quale tutti i punti corrispondono a miscele la cui composizione
permette la propagazione della fiamma; al di fuori tutti i punti corrispondono a miscele
non infiammabili.
02
Li e Ls.
Consideriamo il punto d: questa miscela, costituita dal 6% di combustibile e dall'84%
di aria, al di sopra del limite superiore. Se si aggiunge aria alla miscela, la percentuale
di combustibile diminuisce; quando si raggiunge il punto c la miscela diventa
infiammabile e rimane infiammabile per ulteriori diluizioni con aria fino a
26
Fig 11
Tutte le miscele che giacciono sulle rette parallele al alto CN del triangolo (ossidante
zero) hanno un contenuto costante di ossigeno ( in quanto costante la somma inerte
27
polipropilene
< 25
< 44
<74
50
13
14, 2
16,0
100
12
12,4
14,3
150
11,2
11,5
14,0
200
10,7
113
14, 1
250
10.6
11,5
14,4
300
11,0
11,7
14,6
400
11,5
12,2
15,2
500
12,0
12,8
15,9
25
; b)
< 44 ; c) <74
Fig 12
28
L'ossigeno minimo necessario per la propagazione della fiamma assume valori diversi
a seconda della concentrazione della polvere; percentuali di ossigeno inferiori a quelle
sottolineate corrispondono ad atmosfere di tutta sicurezza, nelle quali nubi del
materiale a qualsiasi concentrazione di polvere non si infiammano.
29
5.Cause d'innesco
5.1 Introduzione
Statistiche complete e significative sulle cause delle esplosioni nelle industrie,
relativamente alle sorgenti di innesco, non sono facilmente disponibili.
I risultati pubblicati da organizzazioni di differenti paesi spesso non concordano
perch i dati vengono elaborati su basi differenti.
Solo
alcuni
incidenti
vengono
esaminati
nei
dettagli,
talvolta
anche
fino
30
Combustibile
solfuro di carbonio
0, 15
acetilene
0,20
idrogeno
0,20
ossido di etilene
0,87
etilene
0,96
1, 3 butadiene
1,75
ossido di propilene
1,90
metanolo
2,15
propilene
2,82
etano
2,85
etere dimetilico
2,90
propano
3,00
acetaldeide
3,76
metano
4,70
pentano
4,90
benzene
5,50
31
537
515
propano
493
etilene
490
propilene
455
benzene
498
toluene
482
cumene
424
o-xi Iene
464
sti rene
490
ciclopropano
498
ciclopentano
361
cicloesano
246
alcool metilico
386
alcool etilico
363
ossido di etilene
457
ossido di propilene
464
miscele
generalmente
aumenta
al
diminuire
della
temperatura,
Pressione;
Fiamme fredde;
Ritardo all'accensione;
Cos, per esempio, una miscela contenente 1,5; 3,75; 7,65% in volume di pentano in
aria si infiamma rispettivamente a 548; 502; 476C. L'effetto del volume del
contenitore mostrato dall'esempio dei solfuro di carbonio: in un pallone di 200 ml la
temperatura di accensione 120C; in un pallone da 1 litro 110C, mentre in un
pallone da 10 litri 96C. In un contenitore di quarzo il benzene si accende a 571C;
in un contenitore di zinco a 721'C.
Date le notevoli differenze riscontrate dai diversi Autori buona norma, per garantire il pi
alto margine di sicurezza, scegliere tra i valori riportati in letteratura, per una data
sostanza, quello pi basso.
Le temperature di autoaccensione di alcune polveri sono riportate nell'Appendice B.
In generale, e soprattutto in una serie omologa, la temperatura di autoaccensione
diminuisce all'aumentare del peso molecolare; questo illustrato nella Tabella 2 per
differenti serie di solventi organici.
33
6.1 Fiamme
Le fiamme libere, oltre che quelle dei bruciatori, dei forni e delle torce costituiscono una
fonte di innesco molto frequente negli impianti industriali, come dimostra il gran
numero di esplosioni ad esse attribuito.
Le fiamme prodotte dalla combustione di gas, liquidi o solidi sono potenti e ovvie
sorgenti di accensione per cui ben poche ricerche sono state intraprese sulla loro
durata e sulle dimensioni minime richieste per innescare una miscela infiammabile.
Data la loro ovvia potenzialit come sorgenti di innesco, la conoscenza di tali dati
sarebbe inoltre di scarso interesse pratico.
Diversi fattori concorrono a rendere le fiamme inneschi efficaci: l'alta temperatura
(1000 - 2000 C), !'apprezzabile durata, l'estensione del volume che pu essere
riscaldato simultaneamente, ecc.
Una superficie calda, al contrario, pu persistere per un tempo pi lungo ma la sua
temperatura sar sicuramente inferiore, mentre una scintilla elettrica potrebbe anche
avere una temperatura pi alta di una fiamma, ma la sua durata sicuramente
minore. Inoltre, con una superficie calda o con una scintilla elettrica, il volume di
miscela riscaldato in un istante sicuramente pi limitato.
34
se riportato [2] che particelle incandescenti con una temperatura tra 600C e 800C
non accendono sospensioni di polveri se il loro diametro inferiore a 3 mm.
6.3 Saldatura e taglio
Le operazioni di saldatura e taglio sono potenziali sorgenti di accensione in quanto
generano particelle incandescenti che vengono proiettate in tutte le direzioni e che
possono rimbalzare fino a distanze considerevoli.
I pericoli derivanti da queste operazioni sono ben noti e coperti da speciali norme; ci
nonostante si verificano ancora numerosi incidenti. Proprio a Milano, nel 1973, si
verificata in una conceria una devastante esplosione con sette vittime a causa di
operazioni di saldatura in un locale adiacente al reparto di pulitura delle pelli con
solventi (eptano) [3].
Molte esplosioni si sono verificate a seguito di operazioni di saldatura e taglio in
prossimit di, se non addirittura sopra, serbatoi o fusti ritenuti, a torto, sufficientemente
bonificati.
Abbastanza istruttivo l'incidente verificatosi recentemente all'interno di un serbatoio
contenente 1, 1, 1 - tricloroetano durante lavori di saldatura con fiamma ossidrica [4,
5]. Questo incidente ha richiamato l'attenzione sulla pericolosit di alcuni idrocarburi
clorurati, a torto ritenuti non infiammabili.
6.4 Attrito o urto
Ogni frizione genera calore: il pericolo dipende dall'energia meccanica disponibile,
dalla velocit di generazione del calore e dalla sua velocit di dissipazione.
Le scintille da frizione o da urto sono solitamente considerate assieme, a causa della
difficolt di distinguerle nei casi pratici.
Vi una forte evidenza derivante dall'esperienza industriale che tali scintille siamo in
grado di innescare miscele infiammabili, anche se finora stato effettuato scarso
lavoro sperimentale.
Di conseguenza mancano informazioni sui livelli di energia meccanica necessaria per
accendere le diverse miscele, sull'energia delle scintille cos prodotte e sull'effetto del
rapido raffreddamento sullo sviluppo dell'esplosione.
Scintille da attrito e urto possono provenire da strumenti metallici, dalla caduta di oggetti,
da cinghie scorrenti su pulegge, dall'ingresso di materiali metallici nei mulini per la
macinazione di polveri, dall'urto tra due superfici pesanti (almeno una deve
35
essere metallica, per esempio strumenti metallici che cadono su pavimenti di cemento).
6.5 Superfici calde
Surriscaldamenti da superfici calde si verificano per esempio nei casi seguenti:
Presenza di una sospensione di polvere entro uno spazio riscaldato (in un forno o in
un essiccatore);
Deposito di una polvere su una superficie all'interno di uno spazio riscaldato, es.
Polvere sulla superficie interna di un essiccatore;
Polvere dispersa o depositata su una superficie riscaldata, es. Polvere su una
lampada elettrica.
Alcuni valori della temperatura minima di accensione di nubi di polvere o di polveri
stratificate sono riportati in Appendice B [16].
6.6 Compressione adiabatica
In seguito a compressione adiabatica un gas si riscalda e l'aumento di temperatura
pu facilmente raggiungere il valore della temperatura di autoaccensione. Poich il
fenomeno considerato isentropico valida la legge di POISSON cosicch quando il
volume ridotto da V, a V2. La temperatura passa dall'iniziale valore T, a T2 secondo
l'equazione:
T2/T1 = V1/V2
k-1
36
37
Un solvente non conduttore fluisce da una tubazione di metallo: il liquido si carica (effetto
di separazione delle cariche) e le cariche in eccesso sulla tubazione di metallo si
scaricano verso terra.
Una polvere organica viene versata da un sacco in materiale plastico: polvere e sacco
si caricano (effetto di separazione) e anche la nube di polvere. Le cariche si disperdono
piuttosto lentamente.
38
I pericoli possono derivare dal fatto che il solvente si carica durante lo scorrimento
lungo le pareti, nello spruzzamento, nel passaggio attraverso filtri. Inoltre, anche la
tubazione o il tubo flessibile si caricano per induzione, per cui si possono generare
scintille tra le parti metalliche. Le contromisure pi comuni consistono nel riempire
completamente la tubazione (o il tubo flessibile) con il liquido, per escludere la
formazione di miscele infiammabili all'interno, e nel mantenere bassa la velocit di
flusso.
In caso di tubazioni solo parzialmente riempite o di tubazioni che sboccano in
contenitori in genere, per evitare la generazione di cariche pericolose, si segue la
seguente regola empirica:" per tutti i liquidi omogenei (ad eccezione di etere etilico e
solfuro di carbonio) e indipendentemente dal diametro della tubazione utilizzare
velocit di flusso inferiori a 1 m/s".
39
40
41
42
AP .7 kg/ cm 2
0.1
Fig 14
43
Fig 15
44
a) Stadio di sviluppo o "pre - flashover" (prevampata) in cui la temperatura media dei gas
bassa e l'incendio localizzato in prossimit della sua origine.
b) Stadio di completo sviluppo o di "vampata" ("flashover") in cui tutti i materiali
combustibili nel volume sono coinvolti.
45
46
Man mano che lo spessore dello strato dei gas caldi aumenta, diminuisce la zona di
contatto fra la colonna ascendente dei gas caldi e l'aria fredda circostante, che viene
trascinata quindi in minore quantit, con conseguente aumento della temperatura
della colonna montante dei gas di combustione e della quantit di gas che
fuoriescono dallo sfogo.
Il grande numero di variabili che determinano l'andamento di un incendio rende
impossibile determinare con precisione la sua durata. La rapidit con cui pu avvenire
una combustione dipende dalla natura dei combustibili, dal loro contenuto di umidit,
dal grado di impaccamento, da come sono confezionati, dalla natura dei recipienti nei
quali conservati e da tanti altri fattori.
Un altro parametro importante per caratterizzare un incendio il carico di incendio
che definito come il rapporto tra la massima quantit di calore sviluppata per
combustione completa, in assenza di dispersioni, da tutti i vari combustibili presenti e
l'area in pianta del locale in esame.
Convenzionalmente espresso in kg di legno equivalente, a cui viene attribuito
un potere calorifico di 4400 kcal/kg (Il potere calorifico la quantit di calore
sviluppato nella combustione completa di un kg di combustibile).
Prima di procedere ulteriormente all'analisi di un ipotetico incendio necessario
chiarire un punto fondamentale che riguarda il tipo di incendio.
Ci sono due possibili regimi di combustione:
47
Fig. 17
49
Time - min
Fig 19
50
CO =eAt+B
(1)
dove:
51
CO
t
AeB
52
dove:
COHb
espresso in %
CO
in ppm
in minuti
53