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La Gaudium et spes: lettura, commento e approfondimento

1. Programma del corso


Il corso si propone lobiettivo di leggere e comprendere lultimo dei documenti conciliari: la
costituzione pastorale Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Al termine della
sintesi dei contenuti principali del documento verr approfondito il tema dellantropologia sottesa
alla stessa costituzione pastorale.
2. Bibliografia di riferimento
CAPORALE, Vincenzo, Antropologia e cristologia nella Gaudium et spes, in Rassegna di
teologia 2/29 (1988), pag. 142-165
CODA, Piero, Prospettive di sintesi - II, in PATH 3 (2004), pag. 265-272
, Luomo nel mistero di Cristo e della Trinit. Lantropologia della Gaudium et spes,
in Lateranum 54 (1988), pag. 164-194
TUCCI, Roberto, Introduzione storico-dottrinale alla costituzione pastorale Gaudium et spes,
in La costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Elle Di Ci,
Torino-Leumann 19683, pag. 15-134
ZAMBARBIERI, Annibale, I concili del Vaticano (= Storia della Chiesa. Saggi 10), San Paolo,
Cinisello Balsamo 1995

3. Indice

La Gaudium et spes: lettura, commento e approfondimento


1. Programma del corso....................................................................................................................1
2. Bibliografia di riferimento............................................................................................................1
3. Indice............................................................................................................................................2
1. Storia della formazione della Gaudium et spes
1.1 Lo spirito che anim la preparazione del concilio Vaticano II...................................................3
1.2 La preparazione del concilio Vaticano II....................................................................................4
1.2.1 La consultazione preliminare...............................................................................................4
1.2.2 Le commissioni preparatorie e i segretariati........................................................................4
1.2.3 Il messaggio dei padri al mondo: un anticipo della Gaudium et spes..................................5
1.3 Liter redazionale della Gaudium et spes....................................................................................5
2. Lindice della costituzione
2.1 Alcune riflessioni sullindice della costituzione.........................................................................7
2.1.1 Il metodo della Gaudium et spes..........................................................................................8
2.1.2 Il passaggio alla seconda parte e conclusione......................................................................8
3. Contenuti della prima parte della Gaudium et spes
3.1 Introduzione................................................................................................................................9
3.2 Primo capitolo: la persona umana...............................................................................................9
3.3 Secondo capitolo: la socialit umana........................................................................................10
3.4 Terzo capitolo: lattivit delluomo nelluniverso....................................................................11
3.5 Quarto capitolo: la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo.....................................12
4. Contenuti della seconda parte della Gaudium et spes
4.1 Proemio.....................................................................................................................................14
4.2 Primo capitolo: dignit del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione.........................14
4.3 Secondo capitolo: la promozione della cultura.........................................................................15
4.4 Terzo capitolo: la vita economico-sociale................................................................................16
4.5 Quarto capitolo: la vita della comunit politica........................................................................17
4.6 Quinto capitolo: la promozione della pace e la comunit delle nazioni...................................18
4.7 La conclusione..........................................................................................................................19
5. Lantropologia sottesa alla Gaudium et spes
5.1 Lo sguardo socio-filosofico......................................................................................................21
5.2 Lo sguardo filosofico-teologico................................................................................................22
5.2.1 Luomo persona umana...................................................................................................22
5.2.2 luomo sociale.................................................................................................................23
2

5.2.3 Luomo storico................................................................................................................24


5.3 Lo sguardo teologico................................................................................................................24
1. Storia della formazione della Gaudium et spes
1.1 Lo spirito che anim la preparazione del concilio Vaticano II
Con la breccia di Porta Pia e la conseguente presa di Roma, in concilio ecumenico Vaticano I, fu
sospeso fintantoch un nuovo papa, o lo stesso Pio IX al cambiare della situazione sociale, potesse
riprenderlo e portarlo a conclusione.
Dopo la Prima Guerra Mondiale ci furono almeno due tentativi, da parte di Pio XI e Pio XII, per
riprendere i lavori conciliari e terminare quel progetto iniziato da Pio IX che, tra tutti gli obiettivi,
consegu solo quello della definizione dellinfallibilit papale, tralasciando, tra le altre cose, anche
la discussione intorno alla Chiesa e la sua missione.
Pio XI, nella Ubi arcano del 23 dicembre 1922, prospettava unassise generale di tutti i vescovi da
tenersi in Vaticano. Non parl esplicitamente di concilio ecumenico, per testimonianze
archivistiche dimostrarono che avvi le consultazioni per redigere i temi da trattare in questa
assemblea episcopale, ricevendo, tra le altre cose, parecchi pareri favorevoli allindizione di questa
assise.
La cosa che pi interessa, per, non sono i pareri favorevoli, ma quelli contrari. Pochi, per la verit,
ma chiarificatori circa una corrente di pensiero e di timori che serpeggiava nellepiscopato e in altri
ambienti ecclesiastici allepoca: la paura di influenze moderniste sulle decisioni che potevano
essere prese dallepiscopato cattolico. Dichiarava il cardinal Billot: i modernisti possono
approfittare degli stati generali della Chiesa per fare la rivoluzione oggetto dei loro sogni e delle
loro speranze. [] Inutile dire che non ci riusciranno, ma [] vedremmo [] lannientamento dei
felici frutti dellenciclica Pascendi che li aveva ridotti al silenzio1. Fatto sta che la riunione in
Vaticano, con la concorrenza dei vescovi del mondo, non si fece.
Dopo unaltra guerra, la Seconda Mondiale, ci fu il tentativo di Pio XII, dal 1948, di portare avanti
il progetto per concludere il concilio Vaticano di Pio IX. Rispetto ai tentativi dellomonimo
predecessore, Pio XII diede mandato al SantUffizio di preparare sia i temi che i documenti da
approvare, con lobiettivo di rispondere e prevenire ad errori e forze del male ostili a Cristo e alla
Chiesa2.
Il 28 ottobre 1958, Giovanni XXIII annunci pubblicamente la sua decisione di indire un concilio
ecumenico, cosa che ribad il 25 gennaio nella basilica di San Paolo a Roma, insieme con la volont
di indire un sinodo diocesano per la Chiesa di Roma e di provvedere alla riforma del Codice di
Diritto Canonico. Questa decisione del papa, spiega egli stesso durante il discorso del 25 gennaio,
fu dettata dal bonum animarum e dalle esigenze spirituali degli uomini del tempo.
Rileggendo tutti gli interventi che papa Giovanni XXIII fece in ordine al concilio da lui convocato,
possono emergere le differenze tra la decisione di papa Roncalli e i tentativi fatti dai suoi
predecessori. Differenze che saranno importanti per la preparazione e la stesura dellultimo
documento, in ordine di tempo, del concilio Vaticano II: la Gaudium et spes. Mentre Pio XI e Pio
XII erano preoccupati di rispondere ancora, come i concili precedenti, ad errori, veri e
presunti, presenti nella Chiesa e nel mondo, Giovanni XXIII prospett unassise conciliare in
1 Il cardinale Billot di origine francese, gesuita, filosofo e teologo tomista. Critic duramente Pio XI che condann
lAction franaise (corrente tradizionalista) e a causa di questo, nel 1927, rinunci, dinanzi allo stesso Pio XI, alla carica
cardinalizia (a cui fu elevato da Pio X, autore della Pascendi) e mor a Galloro nel 1931.

2 Questi erano i termini con cui si stava preparando la lettera di indizione del concilio.
3

cui era preponderante lattenzione al dialogo con il mondo e il ristabilimento dellunit tra i
cristiani, guardando pi a ci che unisce, rispetto a ci che separa.

1.2 La preparazione del concilio Vaticano II


1.2.1 La consultazione preliminare
Il 16 maggio 1959 fu nominata ufficialmente, sullOsservatore Romano, la commissione
antipreparatoria del concilio Vaticano II. Composta di 10 membri, era presieduta, per scelta dello
stesso Giovanni XXIII, dal Segretario di Stato, il cardinal Tardini, a scapito del Prefetto del
SantUffizio, il cardinal Ottaviani3, a cui, una prima ipotesi, voleva dare il ruolo di presidente della
commissione.
Il primo atto della commissione fu quello di redigere una bozza di questionario da inviare ai
vescovi, insieme con altre persone e enti ecclesiastici, per raccogliere i pareri sui temi da affrontare
durante il concilio, indicati nello stesso questionario. Alla fine, per, influenzata anche dai discorsi e
dai pareri di Giovanni XXIII, la commissione indisse la consultazione svincolata da ogni schema e
indirizzo di tematiche. Ci produsse un ventaglio ampissimo di tematiche suggerite, anche se alcune
erano preponderanti: la riforma della Curia romana; la discussione su alcune note ecclesiologiche,
tra cui la collegialit episcopale; la libert di coscienza; lecumenismo; la riforma e
laggiornamento della Chiesa.
1.2.2 Le commissioni preparatorie e i segretariati
Il 5 giugno 1960, giorno di Pentecoste, Giovanni XXIII, con il motu proprio Superno Dei nutu,
furono costituite 10 commissioni preparatorie, per la preparazione degli schemi per le discussioni, e
due segretariati: uno per i mezzi di comunicazione e laltro per la concordia fraterna tra i cristiani
(il segretariato per lunione dei cristiani). Ad ogni commissione fu dato il mandato di redigere gli
schemi, in base alle indicazioni della commissione antipreparatoria, per i temi di cui erano
competenti. La prima e pi importante delle commissioni fu quella teologica, per quanto riguardava
la Tradizione, la Scrittura, la fede e la morale.
Fu costituita, sopra tutte, la commissione centrale, per il coordinamento delle singole commissioni e
per redigere le norme dei lavori conciliari. Mentre le diverse commissioni furono presiedute da
persone della Curia Romana, quella centrale fu diretta dallo stesso pontefice, spesso attraverso un
suo cardinale legato.
Le commissioni e i segretariati lavorarono, organizzandosi in maniera particolarmente libera, anche
attraverso la costituzione di sottocommissioni per la discussione di argomenti specifici oppure con
sottocommissioni miste su temi che potevano interessare diverse commissioni. Il loro sforzo
produsse 75 schemi, tra decreti e costituzioni, poi ridotti a 60.
Tutto questo materiale pass, poi, al vaglio della commissione centrale, che lavor, in sette sessioni,
per un anno esatto, dal giugno 1961.
Intanto il papa produsse gli adempimenti necessari alla convocazione ufficiale del concilio: con la
costituzione apostolica Humanae salutis del Natale 1961 indisse ufficialmente il concilio e il 2
3 Il SantUffizio e, in generale, la Curia romana erano espressione di quel movimento conservatore e facile alla
condanna del mondo e delle sue scelte.

febbraio 1962 fiss, con il motu proprio Consilium diu, lapertura dellassise per il giorno 11
ottobre dello stesso anno.
Ci che caratterizz questo periodo fu una sorta di scontro tra lanimo riformista e
dialogico, che sarebbe poi stato della maggioranza dei padri conciliari e che pu trovare
nello stesso Giovanni XXIII lispiratore, con quello conservatore e preoccupato di
salvaguardare con moniti e condanne la purezza della fede, che trova espressione
principalmente nei documenti e negli schemi prodotti dalla commissione teologica, oggetto, in
commissione centrale, di molte correzioni e critiche.
1.2.3 Il messaggio dei padri al mondo: un anticipo della Gaudium et spes
Se allinterno delle commissioni e, in generale, allinterno della Chiesa si andava prospettando gi
da subito una serie di tensioni e discussioni, che caricavano il concilio di aspettative, da parte di
molti, e di timori, da parte di alcuni, cera comunque la volont e la convinzione di mostrarsi in
atteggiamento di aiuto nei confronti degli uomini e del mondo.
Praticamente allinizio del concilio, infatti, i padri conciliari rivolsero un messaggio a tutti gli
uomini del mondo, che pu leggersi come una descrizione dellanimo con cui la maggioranza dei
partecipanti affront il compito dellassise conciliare. Tra le altre cose, viene detto:
Qui riuniti da ogni nazione che esiste sotto il cielo, portiamo nei nostri cuori le ansie di tutti i popoli a
noi affidati, le angustie dellanima e del corpo, i dolori, i desideri, le speranze. Rivolgiamo
continuamente il nostro animo verso tutte le angosce che affliggono oggi gli uomini; perci
innanzitutto le nostre premure si volgono verso i pi umili, i pi poveri, i pi deboli; sull'esempio di
Cristo sentiamo piet per la folla che soffre la fame, la miseria e l'ignoranza; costantemente rivolti
verso coloro che, sprovvisti degli aiuti necessari, non sono ancora pervenuti ad un modo di vita degno
dell'uomo. Per questi motivi nello svolgimento dei nostri lavori terremo in gran conto tutto quello che
compete alla dignit dell'uomo, e quello che contribuisce alla vera fraternit dei popoli.

A questo discorso si pu facilmente affiancare il prologo della Gaudium et spes:


Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti
coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e
nulla vi di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore.
La loro comunit, infatti, composta di uomini i quali, riuniti insieme nel Cristo, sono guidati dallo
Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, ed hanno ricevuto un messaggio di
salvezza da proporre a tutti.
Perci la comunit dei cristiani si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la
sua storia.

Tenendo conto che il primo stato pronunciato allinizio del concilio e lultimo stato promulgato
il giorno prima della chiusura e che, quindi, i due testi rappresentano il primo e lultimo
pronunciamento dellepiscopato cattolico nel periodo conciliare, si pu affermare che prologo ed
epilogo del concilio Vaticano II stata la preoccupazione dei vescovi di sottolineare la
condivisione, da parte della Chiesa e dei cristiani tutti, della condizione umana, con le sue
aspettative e paure.
In altre parole, la Gaudium et spes, con i suoi insegnamenti, ha attraversato, come un fiume
carsico, i lavori conciliari, dallinizio alla fine. Passando in secondo piano, in forza delle
tematiche dogmatiche ed ecclesiali pi scottanti, si caricata di queste ed andata
maturando, fino al giorno della sua promulgazione, proiettando la Chiesa nel mondo, e in
dialogo con esso. Cos come era nelle aspettative iniziali.

1.3 Liter redazionale della Gaudium et spes


Terminato il primo periodo conciliare (11/10-8/12/1962) viene istituita da Giovanni XXIII una
commissione di coordinamento, con lo scopo di coordinare meglio i lavori tra le sessioni del
concilio. Tra le altre cose, questa commissione ha lobiettivo di snellire in maniera considerevole la
gran quantit di schemi prodotti dalle commissioni conciliari. Durante il primo periodo, infatti,
furono presentati circa 60 schemi per la discussione. Durante la prima intersessione, grazie al lavoro
della commissione di coordinamento, gli schemi furono ridotti a 17.
Di questi, lultimo porta questo nome: De ecclesiae principiis et actione ad bonum societatis
promovendum. Questo documento risult dalla fusione di alcuni schemi prodotti sia dalla
commissione dottrinale che da quella sullapostolato dei laici, che andavano nellottica della
dottrina sociale della Chiesa.
Per questo motivo, lo schema XVII fu affidato, per la sua redazione, ad una sottocommissione
formata dai membri delle due commissioni, che inizi i suoi lavori allinizio del 1963, producendo
un documento formato da un primo capitolo dottrinale sulluomo e la sua vocazione soprannaturale
e altri 5 capitoli su tematiche sociali. Ci che fu prodotto fu giudicato troppo astratto e nientaltro
che una sintesi dellinsegnamento sociale della Chiesa, tra le altre cose superata, nellimpostazione
dallo stesso magistero pontificio, con la teoria dei segni dei tempi della Pacem in terris di
Giovanni XXIII e con il principio del dialogo della Ecclesiam suam di Paolo VI.
Per questo motivo, il cardinal Suenens ebbe il mandato di rivedere le basi dottrinali del documento
e raccolse intorno a s un gruppo di teologi per portare avanti il progetto, che nellestate del 1963
redassero un nuovo schema centrato sulla missione della Chiesa nel mondo. Nel novembre dello
stesso anno, poi, ci fu un ulteriore rifacimento totale dello schema, tra laltro con lopera
redazionale di p. Haring, non ben visto dal SantUffizio. Nel febbraio del 1964 lo schema venne di
nuovo rielaborato, questa volta centrandolo sulla vocazione delluomo, sul dinamismo della
redenzione operata da Cristo e sui segni dei tempi come segni della presenza della salvezza nella
storia, mentre le tematiche sociali furono estrapolate dal documento e reintrodotte come Adnexa
(appendici).
Nonostante tutte queste redazioni, o forse proprio a causa di queste, lo schema non fu mai portato in
aula per la discussione. Apparve per la prima volta durante il terzo periodo del concilio ricevendo
molti apprezzamenti dalla maggioranza dei padri conciliari, proprio in forza della scelta di porsi in
dialogo con il mondo contemporaneo, in particolare con quella modernit fino a quel momento
oggetto solo di critica e condanna. Questa caratteristica fu per, al tempo stesso, criticata da una
minoranza di padri conciliari, non contenti del fatto che non veniva sottolineata la contraddizione
tra il mondo moderno e il messaggio evangelico. Oggetto di attacchi in aula fu lo stesso p. Haring,
che decise poi di lasciare il suo ruolo, che fu ricoperto dal francese Haubtmann. Nel frattempo, pur
restando lultimo schema dellelenco di quelli in discussione, pass al XIII posto perch ci furono
ulteriori riduzioni e accorpamenti di schemi da discutere, venendo definito, da quel momento,
schema XIII, appunto.
Haubtmann, ancora una volta, redasse un altro schema, questa volta pi cristocentrico e
cristologico, avendo unattenzione particolare anche alla teologia delle realt terrestri e allazione
dei cristiani nella societ. Lo schema fu discusso dalla sottocommissione ad Ariccia nel febbraio
1965. Un ruolo particolare fu ricoperto da Karol Wojtyla, che aveva elaborato un ulteriore testo per
lo schema XIII, con una prospettiva pi ecclesiologica e con una sottolineatura del peso del male
nel mondo, specie dellateismo. Prima di essere portato in aula per la discussione, il testo fu
rielaborato, recuperando gli Adnexa come capitoli effettivi del documento, e inserendo un capitolo
che descriveva la condizione delluomo moderno e i problemi che doveva affrontare nel mondo.
Ci comport anche un mutamento dello stile dottrinale del testo. Si pass da un metodo di
espressione deduttivo, che partendo dallastrattezza dei principi analizza il mondo, ad un metodo di
6

tipo induttivo che, partendo effettivamente dalla constatazione della realt, deduce successivamente
le indicazioni dottrinali e pastorali.
In aula ci furono alcune critiche sui temi affrontati, ma la maggioranza dei padri accolse lo schema,
che fu approvato in via definitiva gli ultimi giorni del concilio e promulgato il 7 dicembre 1965, il
giorno prima dellultima seduta solenne e di chiusura del concilio.
Oltre che documento fondamentale per la Chiesa, in quanto base sulla quale fondare il dialogo e i
rapporti con il mondo ad essa contemporaneo, la Gaudium e spes rappresenta il documento capace
di trasformare la Chiesa da roccaforte in contrasto con il mondo, a citt di Dio in mezzo agli
uomini.
Dal 7 dicembre 1965 la Chiesa diventa lassemblea di uomini e donne cristiani che non
nettamente separata dagli altri uomini e donne del mondo, ma che capace di condividere con loro
le gioie e le speranze e i dolori e le angosce, perch sono anche le loro.

2. Lindice della costituzione


Proemio
La condizione delluomo nel mondo contemporaneo
Prima parte - La Chiesa e la vocazione delluomo
Capitolo I - La dignit della persona umana
Capitolo II - La comunit degli uomini
Capitolo III - L'attivit umana nell'universo
Capitolo IV - La missione della Chiesa nel mondo contemporaneo
Seconda parte - Alcuni problemi pi urgenti
Capitolo I - Dignit del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione
Capitolo II - La promozione della cultura
Capitolo III - Vita economico-sociale
Capitolo IV - La vita della comunit politica
Capitolo V - La promozione della pace e la comunit delle nazioni
Conclusione
2.1 Alcune riflessioni sullindice della costituzione4
Lindice della Gaudium et spes divisibile in 4 parti, che sono: introduzione e conclusione che
incorniciano le due gradi sezioni del documento, cio la parte dottrinale e quella pastorale5.
4 La seconda parte dello schema composto fondamentalmente dalla trattazione di una serie di questioni considerate
pi urgenti, ma non necessariamente collegate tra loro da uno sviluppo logico e letterale interno, per questo, quello che
segue, pi che altro unanalisi della sola prima parte dellindice.

5 Dalla nota 1 della Gaudium et spes sappiamo che improprio parlare di dottrinalit solo nella prima parte e di
pastoralit solo per la seconda, ma per una questione di comodo e di ragione utilizziamo, per comprendere a quale parte
del documento stiamo facendo riferimento, la caratteristica dottrinale preponderante per la prima sezione e la peculiarit
pastorale della seconda.

INTRODUZIONE
PARTE DOTTRINALE
PARTE PASTORALE
CONCLUSIONE
Per quanto riguarda lintroduzione, composta da un proemio e da unanalisi della condizione
delluomo moderno, che si pu intendere come una presa di coscienza della realt delluomo e del
suo mondo.
La parte dottrinale, invece, sviluppa, di seguito, le seguenti tematiche:
LA PERSONA
LA SOCIET
L'ATTIVIT UMANA
LA MISSIONE DELLA CHIESA NEL MONDO
Come si pu facilmente notare, le prime tre tematiche, in realt, non sono altro che ununica e lunga
analisi delluomo, considerato nella sua dimensione relazionale:
1. Luomo che in relazione con Dio e con se stesso (nella prima tematica);
2. Luomo in relazione con gli altri;
3. Luomo in relazione con il creato.
Da qui emerge subito quale tipo di antropologia, teologica e filosofica, sottesa allanalisi che si
sviluppa con la Gaudium et spes: unantropologia relazionale, ad immagine delluomo nuovo,
Cristo6. Queste stesse categorie relazionali, inoltre, sono presenti nei brani della creazione, in Gen
1-2. Rileggendo i testi in questione, infatti, si possono ritrovare questi rapporti che luomo, in
origine, chiamato a vivere, con Dio, con se stesso, con i suoi simili e con il creato. Relazioni e
rapporti, poi, rotti e incrinati a causa del peccato originale (cfr. Gen 3).
In altre parole, luomo a cui la Chiesa si rivolge, luomo chiamato a vivere quel progetto che il
Creatore ha pensato per lui, e allora, il capitolo conclusivo, cio La missione della Chiesa nel
mondo contemporaneo si pu interpretare come la chiarificazione dellobiettivo che il Signore ha
posto alla comunit ecclesiale quando le ha dato il mandato di operare nel mondo, per luomo.
Un uomo costituito da tutto quello che, nel documento, si dice in precedenza: per cui non si serve
un uomo ideale o astratto, ma luomo concreto, con le sue gioie e speranze, e con i suoi dolori e
angosce (cfr. GS 1), un uomo che ha bisogno di essere curato e evangelizzato nel suo rapporto con
Dio, con se stesso, con gli altri e con il creato.
2.1.1 Il metodo della Gaudium et spes
Tenendo conto delle differenze, sia negli approcci che negli obiettivi, dellintroduzione e della
prima parte, si pu dire che:
1. Lintroduzione una fotografia del mondo delluomo, fatta considerando la sua situazione;
2. La prima parte una fotografia della stessa realt, ma fatta teologicamente, cio avendo
come filtro interpretativo la Rivelazione, in maniera particolare, levento Cristo e i racconti
della creazione.
Con ci emerge anche il metodo di indagine utilizzato nella Gaudium et spes, cio quello induttivo,
per cui, partendo dallanalisi della realt fatta nellintroduzione, accosta luomo e il suo mondo con
il Vangelo, e a quelle esigenze emerse propone la propria risposta.
2.1.2 Il passaggio alla seconda parte e conclusione

6 Indice di questo anche il fatto che ogni capitolo, in cui si analizza una delle dimensioni relazionali delluomo,
termina con un riferimento esplicito a Cristo che incarna e vive quel tipo di relazione in prima persona.

Il passaggio alla seconda parte del documento offerto dallultimo capitolo della parte dottrinale,
per cui: dopo aver preso coscienza della realt delluomo, e dopo aver letto questa realt alla luce
della Rivelazione, la Chiesa, che ora ha di fronte a s la situazione del mondo, chiamata a mettere
in pratica il mandato ricevuto durante lAscensione, di abitare il mondo e annunciare alluomo la
Buona Notizia.
Perci, avendo gli strumenti per aiutare luomo, e potendo anche ricevere dalluomo laiuto per la
sua missione (cfr. GS 40-44), pu dire qualcosa di significativo su alcuni problemi che si ritengono
pi urgenti.
Perch, per, quanto detto non resti solo analisi teorica e astratta, la conclusione della Gaudium et
spes si configura come un mandato alla Chiesa, e alle Chiese particolari, per portare avanti la
missione ricevuta.

3. Contenuti della prima parte della Gaudium et spes


3.1 Introduzione
Linizio solenne della Gaudium et spes propone subito uno dei temi cardine dellintero documento,
nonch dellintera esistenza della Chiesa: la condivisione, da parte della Chiesa, del destino e
della storia umana.
In forza del loro appartenere alla famiglia umana, i cristiani condividono con essa le stesse
aspirazioni e le stesse difficolt, per cui il cammino che compie il mondo deve essere lo stesso che
compir la Chiesa, con una duplice consapevolezza: da una parte che i cristiani sono nel mondo, ma
non del mondo (cfr. Gv 15,19); e, dallaltra, che essi sono sale della terra e luce del mondo (cfr.
Mt 5,13.14). La prospettiva che qui si impone dunque questa: la Chiesa, pur avendo una
dimensione tipica e peculiare, che quella trascendente e divina, non pu pensarsi estranea alle
vicende del mondo, ma deve sapersi porre in dialogo e in collaborazione con luomo, perch ne
condivide, in forza della stessa umanit, il cammino.
Lappello qui rivolto, sicuramente, a tutti gli uomini perch siano disposti ad avere la Chiesa come
termine di confronto e di dialogo, ma anche rivolto agli stessi cristiani, specie a coloro che,
ancora, vivono in una sorta di estraneit alle vicende umane, separando, anacronisticamente e
pericolosamente, corpo e anima, oppure materia e spirito.
Unaltra tematica che emerge dai numeri introduttivi della costituzione pastorale, insieme ai
mutamenti e agli squilibri del mondo umano, laspirazione e la tensione delluomo verso il
superamento dei propri limiti e la ricerca della conoscenza pi approfondita delle cose e del suo
senso di esistenza. Ci comporta, da parte delluomo, uninnata tensione verso il trascendente e la
verit assoluta, alla quale la Chiesa pu essere capace di rispondere proponendo e mostrando Cristo
e la sua verit, capace di gettare luce sul senso ultimo delluomo e del suo mondo.
Al termine dei numeri introduttivi, gi il documento pone almeno due sfide prettamente pastorali, e
al tempo stesso centrali, per la Chiesa:
1. la necessit di porsi in atteggiamento di condivisione e accompagnamento delluomo e della
sua storia, sapendo anche consigliare e guidare;
2. lesigenza di trovare i modi pi idonei per dare alluomo le risposte che cerca.
9

3.2 Primo capitolo: la persona umana


La prima cosa che si pu sottolineare iniziando la lettura del primo capitolo della Gaudium et spes
lattenzione che il documento chiede ai cristiani di leggere, nella storia, la presenza di Dio e della
sua azione. In altre parole, la Chiesa prende coscienza che il Signore e Creatore delluniverso agisce
attraverso questultimo e si fa presente in esso, e che questa azione riscontrabile attraverso lo
sguardo che il cristiano, illuminato dalla fede con lassistenza dello Spirito, pu gettare sul mondo e
sulluomo.
Lo stesso sguardo illuminato che pu riscontrare nei valori condivisi dellumanit quellorigine
divina, a cui vanno sempre ricondotti affinch restino pregnanti di senso e sempre autentici.
Con queste considerazioni sulla capacit del cristiano di scrutare, con fede, la realt in cui in
inserito e di cui fa parte, la costituzione pastorale inizia a sviluppare il suo insegnamento sulluomo,
singolarmente preso.
Qui i temi che si sviluppano sono parecchi, e tutti collegati e riconducibili ad una antropologia
capace di mettere in evidenza la dimensione immanente e, al tempo stesso, trascendente delluomo,
pur senza la necessit di separare le due. Si supera, quindi, una impostazione dicotomica, o
comunque duale, della persona umana. Anche quando si parla di corpo o di anima, lidea di fondo
quella di ununit che si esprime su questi due registri.
Insieme a questa unit intima delluomo, laltro elemento dato per assodato quello della
superiorit delluomo rispetto al resto del creato. Egli definito come il centro e il vertice
delluniverso, a cui tutto si deve riferire (cfr. GS 12). E si afferma, con una certa sicurezza, anche se
pi un auspicio, che questa idea condivisa anche da molti non credenti.
Su queste basi si sviluppa il resto del discorso sulla persona umana, dal suo riferimento a Dio come
creatore fino al mistero della morte che, ponendo luomo di fronte a se stesso, ne interroga lanelito
allimmortalit. Nel mezzo si pongono i discorsi sul peccato e sulla libert umani.
Altro tema fondamentale nella costituzione il relativamente lungo discorso sullateismo, e sulle
sue diverse forme. Tra tutte il concilio si preoccupato di evidenziare il male e il pericolo di quella
frangia di ateismo che chiama sistematico, perch, come lappellativo suggerisce, si propone
lobiettivo esplicito di escludere Dio dal mondo delluomo.
A conclusione del capitolo, il numero 22 della costituzione mostra come solo guardando a Cristo,
Verbo fatto uomo, possibile strutturare una vera antropologia cristiana, rispondente alle esigenze
delluomo.
3.3 Secondo capitolo: la socialit umana
Il concilio riconosce una sorta di accelerazione, anche grazie al progresso in campo di
comunicazione e mezzi di trasporto, nellaumento delle relazioni tra singoli individui e tra gruppi di
persone. Ci comporta una sempre maggiore consapevolezza della dimensione sociale di ogni uomo
e della influenza di questa nella vita dei singoli.
Due sono, almeno, le tematiche che facilmente emergono in questo capitolo:
1. La legge che regola questi rapporti;
2. La priorit del singolo sul gruppo.
Per la prima si evidenzia che il Signore stesso, promulgando lamore verso il prossimo come
comandamento accanto a quello dellamore verso Dio, ha regolamentato il modo di intessere queste

10

relazioni7. Da qui scaturiscono tutta una serie di conseguenze espresse in seguito nella costituzione
pastorale, atte a fare in modo che questo precetto si concretizzi in atteggiamenti reali ed efficaci,
tutti idonei alla salvaguardia, per amore, della dignit dellaltro. In questo modo, limmagine di
uomo sociale che il concilio ha in mente quello dellessere-per-gli-altri, cio di un uomo capace di
mettere al centro di se stesso lattenzione per laltro pi che solo il proprio interesse
individualistico.
Se questo primo aspetto in qualche modo lespressione di una sorta di superiorit dellaltro nei
confronti di se stessi, letto alla luce del singolo nei confronti del suo simile, laltro elemento che
emerge, da intendersi dal versante della societ verso il singolo, mette in risalto la priorit del
singolo sul gruppo/societ.
Lidea guida che sempre il sabato fatto per luomo, e mai viceversa (cfr. Mt 2,27). In
questottica, la societ questistituzione che si crea con il concorso di tutti, in maniera tale che tutti
siano responsabili e partecipi del gruppo a cui appartengono e, al tempo stesso, siano sostenuti dal
gruppo per il loro bene e il loro progresso personali. Ci si comprende, oltre perch come idea viene
espressa in maniera chiara e palese, anche dalla definizione di bene comune data in questo capitolo
dalla Gaudium et spes: l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai
gruppi quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione pi pienamente e pi
speditamente (GS 26).
Non c necessit di scegliere tra singolo e gruppo, perch in forza della dimensione sociale della
persona, una crescita dellindividuo si ha solo grazie alla societ in cui inserito e in cui esprime la
sua dimensione relazione con i suoi pari, e la crescita della societ permessa e sostenuta proprio
per il servizio della salvaguardia della persona. Si pu notare qui una critica, seppur velata, a quelle
societ che, da un estremo allaltro, sacrificano il benessere del singolo sullaltare del gruppo o
della nazione, oppure quelle che incentivano lindividualismo e larrivismo personale a scapito del
bene comune.
Anche in questo caso, uno sguardo alla Rivelazione e alla vita di Cristo pongono di fronte a tutto il
vero modello che capace di ispirare quelle scelte che dovrebbero saper dare il giusto peso alla
persona e alla societ. In particolare emergono:
1. La volont del Padre di non salvare solo individualmente i singoli uomini, ma di costituirli
come un gruppo, ordinato, che ha in Cristo il capo;
2. La santificazione di queste relazioni interpersonali fatta da Cristo, quando ha scelto di
vivere, come uomo perfetto, la rete di relazioni che la sua nascita, e poi le sue scelte di vita,
gli ha intessuto.
3.4 Terzo capitolo: lattivit delluomo nelluniverso
Il concilio, che si pone di fronte al mondo con quellatteggiamento di chi vuole comprendere la
propria controparte nel dialogo e nella collaborazione, prende atto che laumento della tecnica e i
progressi della scienza hanno dato allumanit intera, e ai singoli uomini, delle potenzialit e delle
capacit nuove, capaci di interagire in maniera profonda con il mondo e lintero universo.
Al tempo stesso, si riconosce che la Chiesa non sempre ha gli strumenti e le capacit per dare una
risposta certa e chiara e tutte le questioni che la tecnica e il progresso suscitano. Per non si tira
7 Gi in Lumen gentium il concilio ha riconosciuto al precetto dellamore verso il prossimo lo status di vera e propria
norma di regolamentazione dei rapporti tra cristiani: Questo popolo messianico ha per capo Cristo dato a morte per i
nostri peccati e risuscitato per la nostra giustificazione (Rm 4,25), e che ora, dopo essersi acquistato un nome che al
di sopra di ogni altro nome, regna glorioso in cielo. Ha per condizione la dignit e la libert dei figli di Dio, nel cuore
dei quali dimora lo Spirito Santo come in un tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci ha
amati (cfr. Gv 13,34) (LG 9). Il passaggio che si effettua in Gaudium et spes quello di estendere lo stesso precetto
alle relazioni che intercorrono tra tutti gli uomini, e non solo allinterno della comunit ecclesiale.

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indietro nel mettere a disposizione quel depositum fidei che, se non la risposta puntuale alla
questione, per linsieme delle linee generali per aiutare a orientare la riflessione e il progresso.
Due sono le linee guida che emergono allinizio del capitolo terzo:
1. Lattivit umana parte integrante della vita delluomo, ed iscritta nel DNA costitutivo
della Creazione (cfr. Gn 2);
2. Vale sempre il principio secondo cui il fine ultimo il bene delluomo.
Avendo questi due punti di riferimento, ritiene il concilio, lattivit umana pu essere ben
indirizzata, e produrre quegli effetti per la quale il Creatore lha pensata (cfr. GS 34):
1. Sottomettere a s la terra con tutto quanto essa contiene;
2. Governare il mondo nella giustizia e nella santit;
3. Riferire a Dio il proprio essere e l'universo intero, riconoscendo in lui il Creatore di tutte le
cose, in modo che, nella subordinazione di tutta la realt all'uomo, sia glorificato il nome di
Dio su tutta la terra.
Un altro tema che emerge dal capitolo sullattivit umana nelluniverso quello che riguarda
lautonomia delle realt terrene. Autonomia dalla religione, intende il concilio.
E qui divide tra unautonomia legittima da una illegittima:
1. La prima quel tipo di autonomia per cui la tecnica e la scienza avanzano indagando le
leggi naturali che regolano la vita delluniverso. Qui non c, o non dovrebbe esserci,
ingerenza da parte delle religioni, in quanto lindagine volta a comprendere come
luniverso vive.
2. La seconda invece quel tipo di autonomia ateistica, secondo cui le realt terrene non
hanno rapporti e non dipendono da Dio. In qualche modo quel tipo di autonomia che non
vuole riconoscere, aprioristicamente, al Creatore lorigine delluniverso.
Interessante come, anche prima degli anni 70-90, la Chiesa ha qui riconosciuto, anche se non in
maniera palese, una certa responsabilit su uningerenza eccessiva, e intellettualmente scorretta, su
cose e ambiti di tipo scientifico, mettendo anche laspetto religioso e i credenti in difficolt, rispetto
alle acquisizioni scientifiche sulluniverso8.
Come per ogni finale di capitolo, anche il terzo fa riferimento allesempio di Cristo, come uomo
perfetto e nuovo, rileggendo in Lui anche lattivit umana nelluniverso. Ricompare in questo caso
il tema guida della legge dellamore, come regola dellattivit delluomo.
Accanto a questo, per, appare anche il tema, non meno importante, del valore di tutti i tipi di
attivit umane: non camminare sulla strada della carit solamente nelle grandi cose, bens e
soprattutto nelle circostanze ordinarie della vita (GS 38). Lidea semplice, ma fondamentale: il
progresso umano e lesercizio della carit non si conseguono solo attraverso le conquiste e le nuove
scoperte della scienza, ma anche, e soprattutto, attraverso le attivit ordinarie e comuni della vita di
tutti i giorni (casa, lavoro, scuola, relazioni quotidiane, ecc.). Ci significa il superamento di quella
dicotomia di vita, per cui, laspetto della fede e della vita morale rischiano di essere messi fuori, o
addirittura in contrapposizione, dalle attivit giornaliere e recuperate solo nellesercizio della vita
religiosa.
8 Il passo in questione questo: A questo proposito ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che
talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima
autonomia della scienza, suscitando contese e controversie, essi trascinarono molti spiriti fino al punto da ritenere che
scienza e fede si oppongano tra loro (GS 36). In nota a questo passo, nella costituzione pastorale, si fa riferimento
allopera di Pio PASCHINI, Vita e opere di Galileo Galilei, Pontificia Accademia delle Scienze, Citt del Vaticano 1964.
chiaro quindi che la mens del concilio aveva in mente proprio la vicenda dello scienziato pisano, mentre scriveva
sullingerenza della religione nelle realt terrene. Questa prima presa di posizione sfocer poi nel 1979, quando
Giovanni Paolo II chieder alla Pontificia Accademia delle Scienze di riesaminare il caso Galilei, esame concluso nel
1992 con la riabilitazione dello scienziato, e il riconoscimento degli errori commessi da parte di tutti (cfr. GIOVANNI
PAOLO II, Discorso di Giovanni Paolo II ai partecipanti alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle
Scienze, 31 ottobre 1992).

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Il riferimento allattivit del Verbo incarnato apre, inoltre, unaltra prospettiva, sviluppata proprio al
termine del capitolo III, che quello della tensione verso il futuro: Ignoriamo il tempo in cui
avranno fine la terra e l'umanit e non sappiamo in che modo sar trasformato l'universo. Passa
certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo per dalla Rivelazione che
Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicit sazier
sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini (GS 39). In questo
universo nuovo, le attivit umane svolte sulla terra, verranno recuperate e purificate, per cui la
tensione verso il futuro, non lannullamento delle attivit da svolgere nel presente, ma, al
contrario, lo sprono ad un impegno pressante per estendere gi da ora, il regno di Cristo su questa
terra, aspettandone la manifestazione piena e definitiva.
3.5 Quarto capitolo: la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo
Il quarto capitolo non dovrebbe essere considerato come lultimo nella lista, affiancabile ai primi
tre, ma quello che fa sintesi del discorso fatto in precedenza: il capitolo nel quale, dopo aver
analizzato e valutato luomo nella sua singolarit, nella sua comunit e nella sua attivit, si
preoccupa di mostrare come la Chiesa possa essere significativa per lui e per la sua vita personale,
sociale e fattiva.
Lidea guida che la Chiesa ha una dimensione spirituale e divina che le permette di trascendere le
realt create per elevarle/trasfigurarle nel mondo divino. In altre parole, la Chiesa ha il compito di
accompagnare luomo e il suo mondo verso Dio, fargli alzare lo sguardo dalla terra al cielo. Pu
farlo, non semplicemente proponendo messaggi e valori spirituali, ma, pi fondamentalmente,
rivelando e sottolineando che i valori e la vita umani sono capaci di Dio. questo il senso dei
numeri che si preoccupano di sottolineare laiuto che la Chiesa pu dare ai singoli e alla comunit
umana.
Al tempo stesso la Chiesa e qui sta una delle vere novit pu ricevere dal mondo laiuto per
svolgere la sua missione.
Guardando alluomo, la Chiesa ha di fronte un essere che, chiamato alla relazione con Dio, ha
connaturale questa tensione, anche se delle volte inespressa. Laiuto che la comunit ecclesiale
propone quello di mostrare luomo perfetto, Cristo, perch i singoli possano conformarsi a Lui,
nella loro vita e nei loro valori.
In riferimento alla societ umana, la Chiesa riconosce e rivela che la tensione verso lunit sociale
che a livello umano si stabilisce nellaumento delle relazioni tra persone e popoli anche grazie ad
istituzioni sociali e politiche dovuta, anchessa, dalla stessa natura umana, che chiamata a
formare ununione con Dio e in essa. E la Chiesa stessa ha ricevuto questo compito, in quanto in
Cristo come un sacramento, cio il segno e lo strumento dellintima unione con Dio e dellunit del
genere umano (LG 1). Per cui, qui, laiuto che la Chiesa propone alla societ umana chiaro:
quello di sollecitare e sostenere quegli sforzi e quelle istituzioni che si pongono al servizio di
questunit, nel rispetto della dignit delluomo e della Chiesa stessa.
Compare in questo paragrafo un ulteriore tema, che per fa da sfondo a tutto il capitolo, che
quello della promozione di una fede e di una carit fattive, in linea con il principio dellincarnazione
e dellinsegnamento contenuto nella lettera di Giacomo, riassumibile nella frase: la fede senza le
opere morta (Gc 2,26). In effetti proprio in forza di questidea che la Chiesa pu dirsi
significativa per luomo e il mondo, perch la sua fede, la sua speranza e la sua carit, pur
provenendo e spingendo verso il mondo di Dio, cio verso la citt celeste (cfr. GS 40), si esprimono
e si concretizzano, per essere efficaci, nel mondo delluomo, nella citt terrestre (cfr. GS 40).
Nellaffrontare la tematica dellaiuto della Chiesa alle attivit umane compare, questa volta
esplicitamente, una questione gi sottolineata in precedenza e che permea tutta la prima parte del
paragrafo: il superamento della dicotomia tra vita privata/civile da una parte e convinzioni religiose
13

dallaltra. Compito dei laici incarnare il messaggio evangelico nella vita quotidiana; compito del
sacerdozio ministeriale quello di annunciare il Vangelo a tutte le genti.
Terminata lesposizione degli aiuti che la Chiesa pu dare alluomo, alla societ e alle attivit
umane, si sviluppa il tema degli aiuti che la Chiesa riceve dagli uomini. La prima cosa che si
sottolinea che dal mondo la Chiesa riceve gli strumenti, culturali e linguistici in primis, per
annunciare il Vangelo in maniera tale che sia intellegibile da parte di coloro a cui viene annunciato.
In secondo luogo compare linsieme di quegli aiuti che la Chiesa riceve ogniqualvolta i singoli o le
istituzioni fanno progredire, con le loro azioni, quegli ambiti di vita nei quali la Chiesa stessa pu
intervenire con il suo stesso aiuto. Tra tutti questi si mette al primo posto la famiglia, tema caro e
pressante per la comunit ecclesiale, tant che se ne parler subito dopo allinizio della seconda
parte del documento. Da non trascurare, poi, gli aiuti che la Chiesa riceve, paradossalmente, da
coloro che le si oppongono.
A chiusura del capitolo, nonch della prima parte, compare la trattazione su Cristo, come alfa e
omega:
La Chiesa, nel dare aiuto al mondo come nel ricevere molto da esso, ha di mira un solo fine: che venga il regno di
Dio e si realizzi la salvezza dell'intera umanit. Tutto ci che di bene il popolo di Dio pu offrire all'umana famiglia,
nel tempo del suo pellegrinaggio terreno, scaturisce dal fatto che la Chiesa l'universale sacramento della
salvezza che svela e insieme realizza il mistero dell'amore di Dio verso l'uomo. Infatti il Verbo di Dio, per mezzo
del quale tutto stato creato, si fatto egli stesso carne, per operare, lui, l'uomo perfetto, la salvezza di tutti e la
ricapitolazione universale. Il Signore il fine della storia umana, il punto focale dei desideri della storia e della
civilt, il centro del genere umano, la gioia d'ogni cuore, la pienezza delle loro aspirazioni. Egli colui che il Padre
ha risuscitato da morte, ha esaltato e collocato alla sua destra, costituendolo giudice dei vivi e dei morti. Vivificati e
radunati nel suo Spirito, come pellegrini andiamo incontro alla finale perfezione della storia umana, che corrisponde
in pieno al disegno del suo amore: Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo come quelle della terra (Ef
1,10). Dice il Signore stesso: Ecco, io vengo presto, e porto con me il premio, per retribuire ciascuno secondo le
opere sue. Io sono l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo, il principio e il fine (Ap 22,12-13) (GS 45).

4. Contenuti della seconda parte della Gaudium et spes


4.1 Proemio
Nel proemio si espone, e si giustifica, in maniera sintetica la scelta di quanto si esposto nella
prima parte del documento e si apre alla discussione dei capitoli successivi: vista la dignit della
persona umana, della sua socialit e del suo impegno nelluniverso, la Chiesa sente il dovere di dare
delle indicazioni su questioni particolari che interessano direttamente gli ambiti esposti nella prima
parte e che, quindi, possono salvaguardare o danneggiare proprio quella dignit umana e spirituale
di cui si parlato.
Una cosa che si pu notare nel secondo capitolo la mancanza di una discussione teologica e
scritturistica specifiche sugli argomenti trattati9. La scelta giustificabile tenendo conto dei
destinatari della costituzione pastorale: essi sono tutti gli uomini (GS 2). Per questo motivo la
Chiesa ha scelto di porsi su un livello differente di discussione: non quello teologico o scritturistico,
che pu essere compreso solo da chi condivide la fede in Cristo; ma a livello della dottrina sociale,
la quale capace di proporre indicazioni e insegnamenti volti alla vita ordinaria e pratica di tutti gli
uomini. Ma se pochi sono i riferimenti specifici al Vangelo e alla Rivelazione, questi sono lhumus
9 Questo il motivo diretto che ha portato i Padri Conciliari a produrre la nota 1 allinizio della Gaudium et spes.
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che alimenta e struttura gli stessi insegnamenti sociali della Chiesa. In altre parole, la Rivelazione,
anche se non emerge chiaramente e in pi parti, lambiente e lorizzonte di riferimento di tutta
la seconda parte.
4.2 Primo capitolo: dignit del matrimonio e della famiglia e sua valorizzazione
Parlando di matrimonio e famiglia, la prima cosa che il concilio ha fatto, anche se sinteticamente,
stata quella di prendere, e far prendere, coscienza che esistono, nel mondo, luci e ombre. Ci sono
situazioni e scelte che vanno nella direzione di una salvaguardia della vita familiare, e ci sono anche
situazioni che, invece, pongono ostacoli a questultima.
Questi ostacoli vengono sia dalla societ (a causa di scelte politiche, ma anche da situazioni socioeconomiche particolari e difficili), che dai singoli uomini, i quali, guidati pi dallegoismo,
dalledonismo e da pratiche di fertilit illecite, pongono se stessi al primo posto, rispetto al bene
della famiglia che, come tale, chiederebbe ai vari componenti atteggiamenti di altruismo e
accoglienza.
In altre parole, un istituto come quello della famiglia, che chiede la convivenza di pi persone
insieme, ha diritto di esistere solo se i vari componenti sanno mettere gli altri come fine della
propria vita e non come mezzi per raggiungere fini solo personalistici.
Mostrate le difficolt e i problemi che la famiglia pu affrontare nella sua vita, il concilio si
sofferma a descrivere le peculiarit positive del matrimonio e della famiglia. Per prima cosa si
definisce il matrimonio come lintima comunit di vita e damore coniugale, fondata dal Creatore
e strutturata con leggi proprie (GS 48). La definizione serve, specie nella sua seconda parte, per
salvaguardare listituto matrimoniale da ingerenze esterne. In effetti, definendo il fondamento del
matrimonio nel Creatore, si rimette lesistenza di questo legame direttamente nella volont di Dio,
la quale , tra le altre cose, eterna e immutabile. Inoltre, riconoscendo al matrimonio delle leggi ad
esso proprie che lo strutturano, si afferma anche la non possibilit di modificarne la struttura e le
relazioni in maniera arbitraria. In altre parole, il matrimonio deve essere accolto per come , e non
pu essere pensato come un qualcosa di contingente e legato solo a questioni sociali e di
legislazioni umane e passeggere.
Si continua lesposizione ricordando che la famiglia si costituisce con latto di volont dei due sposi
e, nel momento della sua istituzione porta con s valori e fini (unit, unicit e indissolubilit per
quanto riguarda i valori e mutuo aiuto tra i coniugi e procreazione ed educazione dei figli per
quanto riguarda i fini).
Proseguendo il discorso si vanno a sottolineare i ruoli che competono ai membri della famiglia.
Laiuto reciproco che i due sposi si devono scambiare, il compito dellapertura alla vita e
delleducazione, specie religiosa, dei figli, e il contributo che questultimi sono chiamati a dare, nel
rispetto delle loro condizioni di et, alla famiglia stessa. Ci che emerge esattamente il fatto che la
priorit dei membri di una famiglia quella del bene della famiglia stessa. Sono la sua salvaguardia
e la sua cura gli obiettivi principali di tutti i membri.
Emerge, anche se in maniera veloce, il tema della famiglia come cellula della Chiesa. In altre
parole, il dovere di ogni famiglia di condividere, con altre famiglie, le proprie ricchezze, specie
spirituali, chiama ogni nucleo familiare allapertura verso gli altri. Si pu riconoscere uno schema:
come lapertura e laltruismo dei singoli pone le loro attenzioni particolari al bene della famiglia,
essa, non chiudendosi in se stessa, vive laltruismo e lapertura verso le altre famiglie.
I due numeri successivi (cfr. GS 50-51) si concentrano sullamore dei coniugi che, espresso anche
corporalmente, porta in esso il dono della vita nuova nei figli. Emergono qui i temi dellapertura
alla vita e della regolamentazione lecita delle nascite, in ottemperanza alle reali condizioni e
possibilit del sostegno, umano, religioso ed economico, dei figli.
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4.3 Secondo capitolo: la promozione della cultura


Forse tra tutti i temi trattati nella Gaudium et spes, quello sulla cultura quello che di pi stupisce
per la sua presenza in una costituzione conciliare, anche se sui generis come quella pastorale. In
effetti, anche oggi, tra tutti i problemi che il mondo vive (famiglia, guerre, crisi economiche e
sociali, ecc.), il tema della cultura potrebbe, nella mente di molti, passare in secondo piano e essere
considerato come di secondaria importanza.
La preoccupazione del concilio pu essere chiarita considerando cosa esso intende per cultura e
quanto emerge verso la fine del documento e nella sezione seconda del capitolo dedicato alla cultura
(cfr. GS 53.57-58). Il concilio definisce la cultura come: tutti quei mezzi con i quali l'uomo affina
e sviluppa le molteplici capacit della sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in suo potere il
cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende pi umana la vita sociale, sia nella famiglia che in
tutta la societ civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l'andar del
tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali,
affinch possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano (GS 53). In altre
parole, la cultura lambiente vitale in cui ogni uomo, superate le necessit primordiali dei bisogni
primari, vive e si forma. Nella sezione seconda, invece, vengono illustrate le relazioni che
intercorrono tra fede e cultura e come la Chiesa, nei secoli, abbia assunto le culture che incontrava
per tradurre il messaggio evangelico.
In poche parole, una giusta e feconda promozione culturale ha il duplice effetto di aiutare la vita
delluomo e di offrire alla Chiesa gli strumenti per ridire, in maniera comprensibile, alluomo suo
contemporaneo il nucleo del messaggio evangelico.
Come per il capitolo su famiglia e matrimonio, il concilio prima prova a fotografare, come in
unistantanea, la situazione culturale che vede nel mondo, le sue luci e le sue ombre. I Padri
conciliari notano una cultura condivisa e al tempo stesso in continuo mutamento. Scienza e tecnica
permettono alluomo di comprendere pi profondamente se stesso e il mondo, e gli aprono
possibilit prima impensabili.
Tutto questo comporta la necessit di rispondere a domande che, se lasciate aperte, rischiano di far
deviare queste possibilit nuove e mutate verso direzioni che, invece di salvaguardare e accrescere
la dignit delluomo nella sua integralit, la sminuirebbero:
In queste condizioni non stupisce che l'uomo sentendosi responsabile del progresso della cultura, nutra grandi
speranze, ma consideri pure con ansiet le molteplici antinomie esistenti ch'egli deve risolvere. Che cosa si deve fare
affinch gli intensificati rapporti culturali, che dovrebbero condurre ad un vero e fruttuoso dialogo tra classi e
nazioni diverse, non turbino la vita delle comunit, n sovvertano la sapienza dei padri, n mettano in pericolo il
carattere proprio di ciascun popolo?
In qual modo promuovere il dinamismo e l'espansione della nuova cultura senza che si perda la viva fedelt al
patrimonio della tradizione? Questo problema si pone con particolare urgenza l dove la cultura, che nasce dal
grande sviluppo scientifico e tecnico, si deve armonizzare con la cultura che, secondo le varie tradizioni, viene
alimentata dagli studi classici.
In qual maniera conciliare una cos rapida e crescente diversificazione delle scienze specializzate, con la necessit di
farne la sintesi e di mantenere nell'uomo le facolt della contemplazione e dell'ammirazione che conducono alla
sapienza?
Che cosa fare affinch le moltitudini siano rese partecipi dei beni della cultura, proprio quando la cultura degli
specialisti diviene sempre pi alta e complessa?
Come, infine, riconoscere come legittima l'autonomia che la cultura rivendica a se stessa, senza giungere a un
umanesimo puramente terrestre, anzi avverso alla religione? (GS 56).

Il resto del capitolo prova a proporre delle piste che rispondono a queste antinomie.
4.4 Terzo capitolo: la vita economico-sociale
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Il capitolo si apre con unasserzione di fondo che guider lo sviluppo di tutto il discorso e che deve
ritenersi come un assioma, che non ha bisogno di dimostrazione ma che deve ritenersi vero per se
stesso: luomo [] l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale (GS 63).
Luomo lautore della vita economico-sociale. Questaffermazione porta con s delle
conseguenze che scardinano ogni volta delle false giustificazioni di tipo economico. In effetti, oggi
come allora, si parla di mercati e di vita economica come se fosse un mondo con leggi proprie e
guidato da dinamiche che si dovrebbero semplicemente subire e seguire. In realt, smaschera il
concilio, luomo lautore del mercato. lui che, in qualche modo, guida e sceglie come deve
andare la vita economica di una nazione e di un popolo10.
Luomo il centro della vita economico-sociale. Come centro ne il punto focale, lasse intorno a
cui tutto dovrebbe girare e il punto irradiante della vita economica. Affermare questo significa dire
che dalluomo che dovrebbe partire liniziativa economica e quegli indirizzi da dare alla vita dei
mercati.
Inoltre egli ne il fine. Non , cio, il mezzo attraverso cui il mercato vive e si sviluppa, ma, al
contrario, questultimo il vero e unico mezzo attraverso cui luomo trova un altro tipo di
espressione e di pista di sviluppo e compimento. Tenere per vero ci significa affermare che il
mercato deve essere relativo alluomo. Significa, per esempio, che chi opera nel settore finanziario
debba avere degli strumenti non solo tecnici, ma anche etici, per valutare in che modo influenzare le
scelte e landamento dei mercati, per far s che sia luomo ad avere giovamento dalleconomia e non
questultima dalluomo.
Tenere per vera laffermazione iniziale del capitolo sulla vita economico-sociale significa dare agli
operatori finanziari la massima e suprema responsabilit dellandamento e della qualit di vita di
intere popolazioni e, in generale, del mondo intero.
Se questa la verit in teoria, in pratica la realt, riconosce il concilio, si distanzia dalla prima, delle
volte in maniera anche esagerata. Per questo motivo il resto del capitolo si distingue in due sezioni:
nella prima si prospetta uno sviluppo economico che possa riuscire ad avvicinare il pi possibile la
realt alla verit; nella seconda si danno quattro principi che possano guidare questo sviluppo nel
raggiungimento del suo obiettivo.
Riguardo alla prima sezione si esplicitano le considerazioni che allinizio del capitolo si intuiscono
a partire dallassioma iniziale.
Invece, per quanto riguarda i principi guida di questo sviluppo, e quindi in riferimento alla seconda
sezione, questi sono:
1. Lavoro, condizione di lavoro e tempo libero;
2. Partecipazione nellimpresa e nellindirizzo economico generale; conflitti di lavoro;
3. I beni della terra e loro destinazione a tutti gli uomini;
4. Investimenti e moneta.
Il primo dei quattro principi porta con s una serie di affermazioni che si possono riassumere in tre
gruppi:
1. Il lavoro umano ha un valore superiore a qualunque altro elemento della vita economicosociale. Ci comporta, tra le altre cose, che, nello scegliere le strategie aziendali, il modo
con cui queste incideranno sul lavoro umano dovr avere un peso maggiore nelle decisioni;
2. Il lavoro umano il modo con cui gli uomini partecipano allattivit creatrice e sostentatrice
di Dio nelluniverso e, di pi, come Cristo ha lavorato come artigiano a Nazareth, e questo
ha in qualche modo contribuito anche alla sua formazione durante la sua vita nascosta, cos
luomo, lavorando, continua lopera di Cristo, in maniera tale che il suo sforzo sia di
10 Le ultime crisi economiche, infatti, hanno confermato questa verit. Non il mercato che determina il suo
andamento, ma la scelta di uno o poche persone che determina la buona o cattiva sorte degli andamenti economici.
Possiamo portare come esempio la crisi dello spread tra Italia o Germania, oppure il crollo dei mercati immobiliari e dei
prestiti americani, ecc.

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servizio a se stesso, alla sua famiglia, e al resto degli uomini (GS 72). Il che viene espresso
quasi come un dogma di fede: sappiamo per fede che l'uomo, offrendo a Dio il proprio
lavoro, si associa all'opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro una
elevatissima dignit, lavorando con le proprie mani a Nazareth (GS 67);
3. Il lavoro non deve essere la totalit della vita delluomo, ma il mezzo per realizzarlo e per
dargli quel sostentamento necessario per coltivare e vivere anche il tempo libero come
ulteriore mezzo di completamento.
Il secondo dei quattro principi mette in risalto come i lavoratori, specie in unazienda, non sono
semplicemente una parte di propriet dellazienda stessa, ma elementi che devono avere una parte
attiva anche alla vita decisionale dellazienda stessa, come membra di quel corpo particolare.
Il terzo principio invece strutturato in base allidea delluniversale destinazione dei beni, i quali
sono pensati dal Creatore come a servizio di tutti gli uomini e non come esclusiva propriet di
pochi. Ci non contrario allaltro diritto fondamentale che quello alla propriet privata, ma, anzi,
ne la garanzia. In effetti, sottolineare luniversale destinazione dei beni, significa affermare che
tutti hanno diritto a partecipare e a godere di quanto luniverso offre, facendo s che il diritto alla
propriet privata sia anchesso un diritto di tutti, visto che tutti possono e devono partecipare ai beni
della terra.
Con il quarto principio si sottolinea, invece, lobbligo morale, da parte di chi deve, a fare in modo
che i beni di sua propriet siano (ri)impiegati e, quindi, investiti per il bene di tutti.
4.5 Quarto capitolo: la vita della comunit politica
Gli uomini, le famiglie e i diversi gruppi che formano la comunit civile sono consapevoli di non
essere in grado, da soli, di costruire una vita capace di rispondere pienamente alle esigenze della
natura umana e avvertono la necessit di una comunit pi ampia, nella quale tutti rechino
quotidianamente il contributo delle proprie capacit, allo scopo di raggiungere sempre meglio il
bene comune (GS 74). Questa comunit pi ampia a cui fa riferimento il concilio la dimensione
politica dellunit del popolo che si riconosce in una nazione.
Questa comunit , di fatto, tutta la nazione, che ha senso di esistere in quanto consegue e sostiene
il bene comune11.
Non potendo, tutti i componenti dello stesso popolo, organizzare la vita politica della nazione, per la
stessa indole umana, necessaria unautorit superiore che, per la sua forza morale, aiuti e serva al
conseguimento del bene comune. il motivo dellesistenza dellautorit pubblica, o, con altre
parole, dello Stato e delle sue istituzioni.
Afferma il concilio: la comunit politica e l'autorit pubblica hanno il loro fondamento nella natura
umana e perci appartengono all'ordine fissato da Dio, anche se la determinazione dei regimi
politici e la designazione dei governanti sono lasciate alla libera decisione dei cittadini (GS 74). In
altre parole, lo Stato con le sue istituzioni (qualunque esse siano, purch conseguano lunico fine
del bene comune), sono di diritto naturale.
Il capitolo si chiude poi sottolineando due temi particolari: da una parte le relazioni che intercorrono
tra lo Stato e lintera comunit politica e il rapporto tra questultima e la Chiesa.
Rispetto al primo dei due temi, il concilio ricorda come ogni cittadino, e ogni gruppo di uomini, ha
il diritto e il dovere di intervenire nella vita pubblica e al sostentamento dello Stato (le tasse). E,
daltro canto, lautorit pubblica deve avere come unico scopo di esistenza la difesa e la promozione
del bene comune: il fine sempre la dignit delluomo.
11 Gi definito in GS 26 come: l'insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi quanto
ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione pi pienamente e pi speditamente e qui definito, similmente,
come: linsieme di quelle condizioni di vita sociale che consentono e facilitano agli esseri umani, alle famiglie e alle
associazioni il conseguimento pi pieno della loro perfezione (GS 74).

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Rispetto allultimo paragrafo, invece, la Chiesa riafferma la sua autorit e la sua indipendenza
morale, che ne sancisce anche il diritto, e il dovere, di esprimere quei pareri e quei giudizi morali in
ordine alla vita politica dei popoli, affinch possa sempre riaffermare i diritti e i doveri, tanto dei
popoli, quanto delle istituzioni.
4.6 Quinto capitolo: la promozione della pace e la comunit delle nazioni
Escludendo i numeri che compongono il capitolo conclusivo della Gaudium et spes, il capitolo sulla
pace e la comunit delle nazioni lultimo, in elenco, di quelli che compongono la seconda parte
del documento conciliare. Si compone anchesso di due sezioni, precedute da due numeri che
fungono da introduzione alla tematica in esame, specialmente sulla natura della pace e il suo senso
nella vita del mondo e degli uomini.
La pace lopera con la quale il genere umano pu raggiungere il compimento della sua unit su
questa terra. E ci possibile solo con lo stabilirsi, tra gli uomini, di situazioni di giustizia e di
relazioni fondate sullamore verso il prossimo, che sono una condizione migliore rispetto alla sola
assenza della guerra (cfr. GS 77).
Infatti, fa notare il concilio, non pu esserci vera unit se gli uomini si accontentano di vivere
solo in situazioni di assenza di guerra, costituite o perch c uno stabile equilibrio delle forze in
campo per cui, come in unoperazione tra vettori, due forze uguali e contrarie si equivalgono e
producono una situazione di equilibrio. Questa condizione , di per s, molto instabile, perch
sufficiente una minima variazione delle forze in campo per fare in modo che la situazione si
destabilizzi oppure perch un regime dispotico e di tirannia obbliga e schiaccia il tutto sotto
ununica volont.
consapevolezza del concilio, inoltre, che guerra e pace sono condizioni che, pur esprimendosi
nella dimensione umana e terrena, hanno le loro origini su un piano trascendente. Infatti, la pace
frutto del sacrificio di Cristo cos come la guerra causata dalla condizione di peccato delluomo.
Per questo necessario, afferma il concilio, fare in modo che gli uomini siano educati al dominio
delle passioni e, i cristiani in particolare, non si stanchino mai di cooperare per la pace
implorandola, prima di tutto ma non solo, come dono di Dio (cfr. GS 78).
La sezione prima di questo capitolo verte sul tema della necessit di evitare la guerra. da
sottolineare come gi il titolo della sezione in esame mette in risalto il profondo realismo con il
quale il concilio affronta la questione. Ci si poteva aspettare un titolo che mettesse di pi in risalto
la necessit della costruzione della pace, ma i Padri conciliari mostrano di comprendere come gi
lassenza della guerra, pur se non come condizione stabile per quanto si detto nei numeri
introduttivi del capitolo, sarebbe un grosso passo avanti per lumanit.
Preso atto della situazione, comunque, il testo si preoccupa di mostrare come anche la guerra,
quando essa diventa inevitabilmente lunico modo per la difesa dei diritti degli uomini oppressi,
deve condursi in maniera tale da salvaguardare il pi possibile la dignit umana.
Una preoccupazione del concilio, di fronte alle situazioni di guerre inevitabili, la possibilit
dellutilizzo di armi talmente potenti le cui conseguenze superano i limiti della legittima difesa,
arrecando danni irreparabili agli uomini presenti e alle generazioni future. Per questo motivo il
concilio fa una dichiarazione esplicita che potrebbe assimilarsi ad una nuova definizione dogmatica:
ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere citt o di vaste regioni e
dei loro abitanti, delitto contro Dio e contro la stessa umanit e va condannato con fermezza e
senza esitazione (GS 80).
Unaltra chiara e forte presa di posizione del concilio si manifesta di fronte al fenomeno della corsa
agli armamenti. In forza del principio gi sopra esposto, per cui lequilibrio delle forze belliche non
pu assicurare una vera e propria pace, si addita lammassamento di armi da parte delle nazioni
come una piaga dellumanit perch, invece di procurare un clima sereno e di pace, crea lansia per
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la rottura degli equilibri internazionali e alimenta quella povert che potrebbe invece essere
sconfitta investendo in maniera diversa i capitali utilizzati per la costruzione di armi sempre nuove e
pi potenti (GS 81).
Nella conclusione della prima sezione riemerge quel realismo che ne ha caratterizzato linizio,
misto per alla speranza sostenuta dalla fede. Questo realismo la presa di coscienza che lunico
modo di costituire una vera e duratura pace dipende dalla volont di tutte le nazioni umane che
devono fare, insieme, una scelta volta al disarmo. La speranza, invece, viene dal messaggio
evangelico per cui ora il tempo favorevole, i giorni della salvezza (cfr. Mt 7,21, cit. in GS 82). Per
cui, grazie ai mezzi di comunicazione e allaccorciamento delle distanze tra gli uomini,
effettivamente ci sono le condizioni per dialoghi pi proficui.
Tra il realismo e la certezza si pone la necessit di una educazione alla pace, per cui, linvestimento
educativo sulle nuove generazioni e sullopinione pubblica potranno portare, in futuro, sentimenti
nuovi, ispiratori e costruttori di pace.
Terminata la prima sezione sulla necessit di evitare la guerra, il documento si concentra sulla
costruzione della comunit internazionale come il modo concreto e pratico di estinguere le tensioni
e le diseguaglianze sociali ed economiche, cause, appunto, di guerre e violenze.
In estrema sintesi questa sezione ha come fondamento, anchessa, la speranza che le popolazioni, e
in special modo i capi delle nazioni, superino la chiusura degli interessi particolari per il bene
comune di tutto il mondo.
4.7 La conclusione
La conclusione del documento si apre, in maniera forte, assicurando che quanto esposto non
semplice frutto di aspirazioni di un gruppo di persone che vorrebbero proporre un loro modo di
vedere la vita della societ e degli uomini, ma che ci che stato detto stato preso dal deposito
dottrinale della Chiesa (cfr. GS 91). Ha, cio, un certo valore stringente, almeno per i cristiani.
Per questo motivo, si d il compito ai diversi battezzati, sotto la guida degli stessi vescovi e dei loro
successori, affinch le cose esposte siano recepite, adattate alle situazioni e messe in pratica, per
quanto possibile.
Al tempo stesso, si auspica che il documento non sia trattato come un monolite, ma sia la base per
degli adattamenti successivi che dipendono dal mutare delle situazioni del mondo e della storia.
Adattamenti che potranno e dovranno essere portati avanti grazie alla disposizione al dialogo da
parte della Chiesa con tutti. In effetti, riconosce il concilio, solo nel dialogo vero e fraterno le
differenze si possono incontrare e possono stabilire quei passi e quelle decisioni in vista del
raggiungimento della vera pace (cfr. GS 92).
Ultima effettiva conclusione della Gaudium et spes unoperazione particolare con cui il concilio
riafferma nella Chiesa e alla Chiesa la sua priorit: servire con maggiore generosit ed efficacia gli
uomini del mondo contemporaneo (GS 93). In altre parole, il concilio chiede alla Chiesa di avere
come attenzione principale quella del bene delluomo, qualunque esso sia. Non unattenzione
settorializzata ai soli cristiani, n tantomeno una priorit di intervento per la Chiesa e nella Chiesa
stessa (come pu essere quellattenzione di chi si preoccupa pi per le cose della Chiesa, come
istituzioni, tradizioni [con la t minuscola], ecc.), ma lattenzione deve essere posta sullaltro. Il
concilio chiede quindi alla Chiesa di essere allocentrata, cio avere come proprio centro di gravit
per la propria vita e le proprie scelte laltro. Ci significa che tutto ci che la Chiesa e fa deve
essere al solo servizio dellaltro. Ci implica, quindi, che qualunque attenzione la Chiesa pone per
se stessa e per le sue cose (istituzioni, tradizioni, prassi pastorali, liturgie, ecc.) tale che si rifletti
sul bene dellaltro.

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5. Lantropologia sottesa alla Gaudium et spes


Volendo sintetizzare di molto la ricerca sul modello di uomo a cui il concilio fa riferimento
quando effettua le sue analisi e le sue riflessioni nella costituzione pastorale, si pu dire che i Padri
conciliari guardano alla persona umana attraverso tre categorie, o, che la stessa cosa, attraverso tre
tipi di sguardi:
1. socio-filosofico;
2. filosofico-teologico;
3. teologico.
Evidentemente le categorie elencate non sono stringenti e dai confini netti e definiti, ma
semplicemente degli ausili mentali utili per un approfondimento e una schematizzazione dei
concetti chiave del documento e della sua sottesa antropologia.

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5.1 Lo sguardo socio-filosofico


La descrizione delluomo contemporaneo al concilio, attraverso questo primo filtro interpretativo, la
si trova cristallizzata principalmente nei primi numeri della Gaudium et spes, in maniera particolare
al numero 4 che, per comodit, viene qui riportato quasi integralmente:
L'umanit vive oggi un periodo nuovo della sua storia, caratterizzato da profondi e rapidi mutamenti che
progressivamente si estendono all'insieme del globo. Provocati dall'intelligenza e dall'attivit creativa dell'uomo, si
ripercuotono sull'uomo stesso, sui suoi giudizi e sui desideri individuali e collettivi, sul suo modo di pensare e
d'agire, sia nei confronti delle cose che degli uomini. Possiamo cos parlare di una vera trasformazione sociale e
culturale, i cui riflessi si ripercuotono anche sulla vita religiosa.
Come accade in ogni crisi di crescenza, questa trasformazione reca con s non lievi difficolt.
Cos, mentre l'uomo tanto largamente estende la sua potenza, non sempre riesce per a porla a suo servizio. Si sforza
di penetrare nel pi intimo del suo essere, ma spesso appare pi incerto di se stesso. Scopre man mano pi
chiaramente le leggi della vita sociale, ma resta poi esitante sulla direzione da imprimervi. Mai il genere umano ebbe
a disposizione tante ricchezze, possibilit e potenza economica; e tuttavia una grande parte degli abitanti del globo
ancora tormentata dalla fame e dalla miseria, e intere moltitudini non sanno n leggere n scrivere.
Mai come oggi gli uomini hanno avuto un senso cos acuto della libert, e intanto sorgono nuove forme di schiavit
sociale e psichica.
E mentre il mondo avverte cos lucidamente la sua unit e la mutua interdipendenza dei singoli in una necessaria
solidariet, violentemente viene spinto in direzioni opposte da forze che si combattono; infatti, permangono ancora
gravi contrasti politici, sociali, economici, razziali e ideologici, n venuto meno il pericolo di una guerra capace di
annientare ogni cosa.
Aumenta lo scambio delle idee; ma le stesse parole con cui si esprimono i pi importanti concetti, assumono nelle
differenti ideologie significati assai diversi.
Infine, con ogni sforzo si vuol costruire un'organizzazione temporale pi perfetta, senza che cammini di pari passo il
progresso spirituale.
Immersi in cos contrastanti condizioni, moltissimi nostri contemporanei non sono in grado di identificare realmente
i valori perenni e di armonizzarli dovutamente con le scoperte recenti.
Per questo sentono il peso della inquietudine, tormentati tra la speranza e l'angoscia, mentre si interrogano
sull'attuale andamento del mondo.
Questo sfida l'uomo, anzi lo costringe a darsi una risposta (GS 4).

Luomo o, meglio qui dire, lumanit conciliare :


1. adulta;
2. dinamica;
3. socializzante;
4. in via di unit;
5. universale;
6. scissa/contraddittoria.
Inoltre, per una sintesi estrema, se si volesse racchiudere tutto in ununica espressione, si potrebbe
dire che lumanit che il concilio scopre ha le potenzialit oggettive per raggiungere il massimo
del proprio essere e, al tempo stesso, disgregarsi nel nulla. Sviluppando il discorso:
1. ha le potenzialit oggettive. Le capacit che lumanit si ritrova e, quindi, le possibilit che
le vengono aperte dalla scienza e dalla tecnica non sono semplicemente delle aspirazioni e
delle speranze, ma luomo, oggi, pu effettivamente compiere quasi tutto ci che vuole;
2. il massimo del proprio essere. Tra tutto ci che pu compiere, lumanit oggi capace di
raggiungere dei gradi di socializzazione e unit mai prima pensabili, i quali permettono un
interscambio tra uomini e popolazioni tale da poter pensare allumanit come ad un unico
gruppo umano, capace di auto-sostenersi in tutte le sue parti;
3. disgregarsi nel nulla. Le stesse possibilit e gli stessi strumenti in mano agli uomini possono,
per, essere impiegati per disgregare lunit umana, concentrando la maggioranza dei beni
della Terra in mano ad un gruppo di persone, estraniandone la maggioranza. Ci porta
inevitabilmente tensioni sociali, tali da produrre conflitti irreparabili che potrebbero dividere
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in maniera definitiva gli uomini tra loro, perdendo ogni possibilit di relazioni a livello
globale.
Questa prima analisi della situazione non deve portare con s, evidentemente, dei giudizi morali, ma
semplicemente aiutare a recepire il dato, trattandolo nel modo pi oggettivo possibile, in maniera
tale da offrire una base a delle proposte teologico-pastorali adeguate a fare in modo che, tra tutte le
strade, lumanit scelga quelle che vanno nella direzione dellunit e delluniversalizzazione
dellumanit.
5.2 Lo sguardo filosofico-teologico
Se il primo tipo di sguardo lo si pu rintracciare nei primi numeri della costituzione pastorale del
concilio, lo sguardo filosofico-teologico guida la struttura e contenuti dellintero primo capitolo
della Gaudium et spes e ci che emerge cos sintetizzabile:
1. luomo persona umana (cfr. GS parte I, cap. I);
2. luomo sociale (cfr. GS parte I, cap. II);
3. luomo storico (cfr. GS parte I, cap. III).
A guardare in maniera superficiale la prima delle tre caratteristiche delluomo sembrerebbe una
tautologia inutile da affermare: luomo una persona umana. Ci perch si identifica lessere
umano con la persona umana, e non pu essere altrimenti. Ma esplicitare questo ultimo fatto
permette di fare delle considerazioni che, altrimenti, rischierebbero di essere solo arbitrarie e,
comunque, difficilmente sintetizzabili in poche espressioni.
5.2.1 Luomo persona umana
Sia in filosofia che in teologia, il termine persona, non mai stata una questione pacifica e
risolvibile con poche battute. Non essendo questo il luogo e il momento idoneo per addentrarci nella
questione, si prendano per assodati due fatti:
1. il termine persona dice lidentit dellindividuo a cui ci si riferisce (per esempio in
cristologia, il termine persona riferito a Ges di Nazareth, per identificare lunit delle
nature umana e divina, mentre in trinitaria identificano le tre persone divine, distinte tra loro
nellunica natura divina);
2. lasciato a se stesso il termine e resta ambiguo e ha bisogno di un aggettivo per definirsi.
Questo aggettivo, per luomo, il termine umano, che ha un valore e un significato
specifici, che la Gaudium et spes va a definire a partire dallepisodio della creazione
delluomo, cio nel momento in cui egli riceve le sue peculiarit umane (cfr. GS 12).
Per questi motivi, affermare che luomo una persona umana implica sostenere che, come tale, ha
dignit e valore in s, preso individualmente, e che questo valore si esprime (cfr. GS 12):
1. nelle sue capacit di essere superiore a tutto il resto del creato e responsabile di questo;
2. nel suo essere capace di conoscere e amare il suo Creatore;
3. nellessere a immagine di Dio.
Essere immagine di Dio per, insegna la Scrittura (cfr. Gn 1,27-28; 2,18-23), non tipico del
singolo essere umano, ma della coppia uomo-donna che, come tale, ha la capacit di porre delle
relazioni al suo interno e, al tempo stesso, continuare lopera creatrice di Dio con la generazione di
nuova vita umana. Entra, cio, gi qui il tema della socialit umana e della sua capacit relazionale.
Questultima, inoltre, emerge anche, ma questa volta in relazione a Dio, nella caratteristica, tutta
umana, di poter conoscere e amare il suo Creatore, sempre in forza del suo essere a immagine di
Dio, quindi riconoscendo in s le ombre di quelle caratteristiche divine che egli pu riconoscere, e
che poi sono confermate e sostenute dalla Rivelazione. Ci a riprova del fatto che i discorsi e le
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schematizzazioni che si fanno sono, principalmente, di ragione, cio semplificazioni utili ad una
comprensione di un tema di per s ampio e inesauribile.
Ci, inoltre, comporta anche unaltra riflessione. Tenendo anche conto che la capacit delluomo di
essere superiore e responsabile del resto del creato ne esprime la sua dimensione storica, la
peculiarit dellessere persona umana porta gi in s le altre due caratteristiche emerse attraverso lo
sguardo filosofico-teologico, e cio, appunto, lessere sociale e storico.
Per questo motivo, lessere persona umana, per luomo, non una semplice caratteristica accanto
alle altre, ma la vera e unica caratteristica specifica, la quale si esprime, poi, nella sua socialit e
nella sua storicit.
Essere immagine di Dio , quindi, ci che caratterizza luomo e il suo essere persona umana.
Assodato ci, per comprendere pienamente luomo, diventa necessario volgersi a chi limmagine
di Dio per eccellenza, cio Ges di Nazareth, il quale limmagine del Dio invisibile (cfr. Col
1,15). Ecco che, allora, lantropologia della Gaudium et spes , prima di tutto, antropologia
teologica e, di pi, antropologia cristologica e solo partendo da Cristo si pu comprendere, per
analogia, cosa veramente la persona umana (cfr. GS 22).
5.2.2 luomo sociale
La socialit, si visto, la peculiarit della persona umana, di intessere relazioni con Dio e con gli
altri. Queste non sono elementi accessori alluomo, ma ne costituiscono lessenza. Solo il rapporto
con il Creatore permette alluomo di rispondere alla sua vocazione, per cui il peccato originale, che
essenzialmente la volont delluomo di compiere la sua vita senza Dio e in opposizione a Lui (cfr.
Gen 3,5; Sal 81,6; Gv 10,34), ha come conseguenza la cacciata dallEden, cio dal luogo in cui
uomo e Dio vivevano insieme e in armonia. E, al tempo stesso, solo la relazione con laltro permette
al singolo di compiere la sua umanit (cfr. Gen 2,18-23).
Se la personalit umana trova il suo vero essere nelluomo-Dio Ges, la socialit umana, non di
meno, ha, anchessa, unorigine e una dipendenza trascendente, che dipende dalla stessa volont
divina che, appunto, creando luomo, lha pensato e voluto in relazione. Per questo motivo, il
Signore, pregando per luomo, ha chiesto al Padre che tutti fossimo uno a immagine, per giunta,
della stessa unit trinitaria, cio come Lui e il Padre sono uno (cfr. Gv 17,21-22).
Da qui si pu affermare che, essendo lunit insita nelluomo, essa agisce e spinge lumanit stessa
in maniera tale che il progresso significhi anche un aumento di relazionalit e di interconnessioni
umane. Per cui, i vincoli sociali, tecnici e culturali (cfr. LG 1) devono essere accolti come
espressione di questo cammino verso lunit, ma al tempo stesso, illuminati dalla Rivelazione che
ne mette in risalto i veri motivi teologici, aiutati e, dove serve, corretti, affinch servano al loro
scopo, evitando delle deviazioni o aberrazioni che, paradossalmente, distruggerebbero il vero senso
della socialit umana.
Questi errori possono individuarsi a due estremi:
1. lindividualismo (cfr. GS 30);
2. la massificazione (cfr. GS 26).
La prima delle due deviazioni rischia di conseguirsi ogni qual volta la socialit e le relazioni umane
vengono poste, in maniera erronea, al servizio dellegoismo dei singoli. La seconda, invece, quando
le persone umane sono sottomesse allesigenza del tutto.
I problemi, di fatto, sorgono perch bisogna saper far convivere la spinta allunit e la dignit e
superiorit della persona umana che, si visto, la vera e sola caratteristica delluomo, da cui la
socialit dipende. Dare peso solo alle individualit fa perdere di vista il fatto che la socialit
costitutiva degli stessi individui, e non pu essere solo un mezzo, pena il poter, paradossalmente,
servire veramente alla promozione dei singoli; dallaltra parte, puntare lattenzione solo sullaspetto
relazionale e unitario appiattisce le differenze tra i singoli e li considera sacrificabili sullaltare
dellunit.
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Per questo motivo, il Signore, nella sua preghiera del gioved santo, prega per lunit, indicando
anche come modello quello uni-trinitario (cfr. Gv 17,21-22), cio lunit di relazioni sussistenti le
persone divine che trovano le loro identit esattamente nella relazione con le altre, il che
costituisce anche il loro essere uno: non possono essere tre distinte, se non essendo uno.
5.2.3 Luomo storico
La storicit delluomo quella caratteristica della persona umana che esprime la corporeit e il
rapporto che egli ha con il mondo, sia quello suo prossimo che il creato intero, di cui rappresenta il
vertice e il sintetizzatore di fronte al Creatore. Anche questa caratteristica, come quelle
precedenti, trova la sua fonte ispirativa nei racconti della creazione, in particolare nel secondo, in
cui luomo viene creato con il compito di custodire, coltivare e sottomettere il creato (cfr. Gen 2,4b9.15). Da questa vocazione originale dipende il senso e lattivit delluomo nel mondo e le
conseguenze di queste per luomo stesso.
Affermare la storicit della persona umana significa, in altre parole, riconoscere che il modo che
luomo ha di rapportarsi al creato , anchesso, costitutivo del suo essere e non soltanto un elemento
accessorio. Non pu esserci vera persona umana se non attraverso il suo interagire con il mondo.
Ci implica che luomo chiamato a far s che il mondo, da lui lavorato e da lui trasformato, si
elevi e, per mezzo di lui, sia portato al Creatore. Solo cos luomo trova il suo compimento.
Uno degli errori pi comuni che luomo pu compiere, in questo caso, quello di ripetere ci che
gi successo con il peccato originale (cfr. Gen 3,5): pensare che lattivit umana e la sua storicit
dipendano solo dalluomo, il quale pu e deve decidere in totale autonomia dalla sua originale
vocazione. Per cui egli stesso si considera lautore del proprio compimento e del proprio progresso
(cfr. GS 10). In realt, uomo e Dio, mondo materiale e mondo spirituale, non sono in
contrapposizione tra loro: come luomo unit di anima e di corpo (cfr. GS 14), cos la sua attivit
insieme attivit sua e del Creatore, lo strumento che Dio d alle sue creature affinch la citt
terrena che loro desiderano costruire, anche sotto limpulso della loro vocazione allunione con Dio
e tra di loro, sia immagine della citt celeste alla quale devono tendere e aspirare, in cui regna la
giustizia (cfr. 2Cor 5,2; 2Pt 3,13).
In sintesi, parlare di uomo storicizzato significa riferirsi alla sua chiamata divina per raggiungere,
con la sua operosit, la giustizia e la pace che, pur non essendo perfette, sono anticipazione della
condizione definitiva della Gerusalemme celeste.
5.3 Lo sguardo teologico
Partendo dallanalisi sociologica e passando per una interpretazione filosofico-teologica, lanalisi
dellantropologia sottesa alla Gaudium et spes spinge ad entrare sempre pi in profondit, fino a
raggiungere un discorso pi esplicitamente teologico, per ritrovare, nella Rivelazione indagata
sistematicamente, quelle indicazioni per una conoscenza pi specifica delluomo.
Prima lanalisi socio-filosofica e poi quella filosofico-teologica hanno messo in risalto unumanit e
una storia dinamiche e in via di progressiva evoluzione in cui, sotto la guida della volont divina
attuata dallo Spirito di Cristo, presente negli uomini e nel creato, luomo occupa il ruolo di
interprete e arbitro materialmente principale, per cui la sua libert e la sua volont possono aiutare il
conseguimento di questa volont divina, come ostacolarlo.
Da ci emerge un uomo che ha il compito fondamentale di rapportarsi con Cristo, uomo nuovo e
perfetto, per avere il modello di vera libert e di vera volont, unite alla libert e alla volont del
Padre, nello Spirito.
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Per questo motivo lantropologia cristiana prima di tutto antropologia teologica, cristologica e
pneumatologica. In una parola, luomo , prima di tutto, uomo in relazione con Dio e, in maniera
specifica, in relazione con il Padre, per mezzo di Cristo, nello Spirito.
Volendo rendere graficamente questidea, luomo da considerarsi costituito da una dimensione
prima di tutto verticale, che lo spinge a tendere verso i cieli, e solo l trovare la sua vera dignit.
In seconda battuta, e in forza di questa dimensione verticale-ascendente, luomo si riconosce anche
capace di relazioni alla pari, con i propri simili, che riescono a completarlo nella sua vocazione di
creatura divina. Relazioni che, dettate dalla legge dellamore verso il prossimo, si alimentano e
trovano senso dalla sua relazione di amore con Dio (Cfr. Rm 13,9-10; 1Gv 4,20; cfr. anche GS 24).
In effetti, proprio la vita trinitaria, sperimentata dalluomo in forza del suo essere figlio nel Figlio,
che mostra alluomo la possibilit e la necessit di rapporti orizzontali, fondati sullamore che,
accogliendo le specificit di ognuno, creano quella intima comunione, capace di essere unit nella
distinzione della personalit.
Ecco che allora, alla dimensione verticale-ascendente, si aggiunge una dimensione orizzontale, che
esprime la relazionalit delluomo con gli altri uomini, sia a lui contemporanei, ma anche, grazie al
suo essere inserito in un processo storico di trasmissione ed evoluzione delle culture e delle
tradizioni, a lui precedenti e successori.
A queste due dimensioni, per, se ne aggiunge una terza, quella che possiamo definire verticalediscendente e che esprime il rapporto che luomo ha con il resto del creato e che chiamato ad
elevare, con la sua presenza e il suo lavoro, per essere anchesso inserito nel mondo di Dio (cfr. Rm
8,19-22).
Mettendo insieme tutte queste tre dimensioni al centro della vita delluomo appare, sullo sfondo e
dentro di esso, una croce, che dalla terra arriva al cielo e che estende i suoi bracci su tutto il mondo,
spaziale e temporale, cio presente, passato e futuro.
, insomma, il mistero della croce la vera sintesi e la vera antropologia cristiana della Gaudium et
spes. Disegnandola a partire dal centro delluomo, e prima di tutto dal centro delluomo perfetto,
Ges di Nazareth, si pu simboleggiare, graficamente, il tipo di uomo a cui la Gaudium et spes si
rivolge e che vuole costruire con il suo contributo, un uomo-relazione: in contatto con Dio, dal
quale riceve la vita e al quale deve tendere; in contatto con gli altri suoi simili, per condividere con
tutti lo stesso cammino ascendente verso Dio; in relazione con il resto del creato, del quale
rappresenta il vertice pi alto, nel suo essere comunit di persone, e che anchesso porta a Dio
insieme con lui.
Lidea della croce come simbologia dellantropologia non , per, unintuizione che si pu
riscontrare solo nella Gaudium et spes, ma, in realt, trova la sua origine nella riflessione patristica.
Diversi Padri, sia orientali che occidentali, hanno prodotto diverse riflessioni sul senso, il significato
e gli effetti della croce per luomo. Tra le diverse proposte, per quanto riguarda questo tema, si
possono sottolineare quelle di Gregorio di Nissa, Giovanni Damasceno e Ireneo di Lione 12. Queste
si richiamano a vicenda, perch, accostando le quattro parti della croce alle quattro dimensioni
dellamore di Cristo, espresse da san Paolo nella Lettera agli Efesini (cfr. Ef 3,17-19), danno a
ciascun braccio di essa il nome e la direzione di una delle quattro dimensioni paoline. Inoltre, il
punto di incontro dei quattro bracci della croce, per i Padri, assume cos il compito di sintetizzare e
portare ad unit il tutto.

12 GREGORIO DI NISSA, Oratio catechetica magna, 32: PG 45, 81-82; GIOVANNI DAMASCENO, Expositio fidei
orthodoxae, 4,11: PG 94, 1129-1130; IRENEO DI LIONE, Dimostrazione della predicazione apostolica, 31-34 in La
teologia dei Padri. Testi dei padri latini, greci, orientali scelti e ordinati per temi, vol. II. Grazia Cristo
Santificazione, pag. 149.

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