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I VIAGGI STRAORDINARI

GIULIO VERNE

I NAUFRAGHI
DEL "JONATHAN"

con 52 illustrazioni di GIORGIO ROUX
Traduzione italiana di MARIA BORCHETTA
Titolo originale del 1909
En Magellanie





CASA EDITRICE SONZOGNO - MILANO
della Societ Anonima ALBERTO MATARELLI
Via Pasquirolo. 14


Stabilimento Grafico Matarelli della Societ Anonima ALBERTO
MATARELLI - Milano (2/14) - Via Passatella N. 15 - Printed in Italy. 3-32-4
Finito di stampare il 30 Marzo 1932.

I NDI CE
INDICE __________________________________________ 2
I NAUFRAGHI DEL "JONATHAN"__________________ 5
PARTE PRIMA____________________________________ 6
I. __________________________________________________ 6
Il "Kaw-djer". __________________________________________ 6
II. ________________________________________________ 13
Esistenza misteriosa. ____________________________________ 13
III. _______________________________________________ 22
La fine di un Paese libero.________________________________ 22
IV. _______________________________________________ 35
Sulla costa. ___________________________________________ 35
V. ________________________________________________ 45
I naufraghi. ___________________________________________ 45
PARTE SECONDA________________________________ 50
I. _________________________________________________ 50
A terra. ______________________________________________ 50
II. ________________________________________________ 79
La prima legge. ________________________________________ 79
III. _______________________________________________ 88
Nella baia Scotchwell.___________________________________ 88
IV. ______________________________________________ 103
Svernamento._________________________________________ 103
PARTE TERZA__________________________________ 155
I. ________________________________________________ 155
L'infanzia di un popolo._________________________________ 155
II. _______________________________________________ 183
Halg e Sirk. __________________________________________ 183
III. ______________________________________________ 203
Il secondo inverno. ____________________________________ 203
IV. ______________________________________________ 214
Sangue! _____________________________________________ 214
V. _______________________________________________ 226
Un Capo. ____________________________________________ 226
PARTE QUARTA ________________________________ 238
I. ________________________________________________ 238
Prime misure. ________________________________________ 238
II. _______________________________________________ 252
La citt nascente.______________________________________ 252
III. ______________________________________________ 274
L'attentato.___________________________________________ 274
IV. ______________________________________________ 289
Nelle grotte.__________________________________________ 289
V. _______________________________________________ 306
Un eroe._____________________________________________ 306
VI. ______________________________________________ 321
Durante diciotto mesi.__________________________________ 321
VII.______________________________________________ 340
L'invasione __________________________________________ 340
VIII. _____________________________________________ 355
Un traditore. _________________________________________ 355
IX. ______________________________________________ 369
La patria hostelliana.___________________________________ 369
PARTE QUINTA ________________________________ 387
I. ________________________________________________ 387
Cinque anni dopo. _____________________________________ 387
II. _______________________________________________ 402
La febbre dell'oro. _____________________________________ 402
III. ______________________________________________ 417
L'Isola devastata.______________________________________ 417
IV. ______________________________________________ 435
Una giornata._______________________________________ 435
V. _______________________________________________ 449
L'abdicazione. ________________________________________ 449
VI. ______________________________________________ 468
Solo! _______________________________________________ 468

I NAUFRAGHI DEL
"JONATHAN"



PARTE PRIMA
I.
IL "KAW-DJER".
Era un animale grazioso, col collo lungo e di elegante
curvatura, con la groppa gibbosa, le gambe nervose e sottili, i
fianchi schiacciati, il mantello di un rosso fulvo chiazzato di
bianco, la coda corta, a pennacchio, ricchissima di peli. Il suo
nome nel paese: guanaco.
Veduti da lontano, tali ruminanti hanno dato spesso l'illusione
di cavalli montati e pi di un viaggiatore, ingannato dalle
apparenze, ha preso per un gruppo di cavalieri un branco di
essi che passava di galoppo sul lontano orizzonte.
Sola creatura visibile nella regione deserta, il guanaco si ferm
sulla cresta di un monticello, in mezzo a una vasta prateria, ove
i giunchi si agitavano rumorosamente, dardeggiando le punte
aguzze fra cespugli di piante spinose. Col muso al vento, esso
aspirava gli effluvi che una brezza leggera portava dall'Est: con
l'occhio vigile, gli orecchi diritti, ascoltava, pronto a prendere
la fuga al minimo rumore sospetto..
La pianura non presentava una superficie uniformemente liscia,
ma bens disseminata da avvallamenti e gibbosit, generati
dalle grandi pioggie torrenziali. Protetto da uno di tali
scoscendimenti, a breve distanza dal monticello, si inerpicava
un indigeno, un Indiano, che il guanaco non poteva scorgere.
Quasi interamente nudo, coperto solo dai lembi della pelle
d'una bestia, costui avanzava senza far rumore, insinuandosi fra
l'erba, in modo da avvicinarsi alla preda agognata senza
spaventarla. La bestia per sentiva l'imminenza di un pericolo,
e cominciava a dar segni di inquietudine.
All'improvviso, un laccio fend l'aria fischiando e si svolse
verso l'animale, ma la lunga correggia non raggiunse la mta;
scivol dalla groppa, e cadde per terra.
Il colpo era fallito, e il guanaco si era dato alla fuga, cosicch
quando l'Indiano raggiunse la sommit del monticello, esso era
gi scomparso dietro un gruppo di alberi. Ma, se il guanaco
non correva pi alcun pericolo, l'uomo invece era a sua volta
minacciato.
Dopo aver raccolto il laccio fissato per un capo alla sua cintura,
stava per ridiscendere, quando un furioso ruggito scoppi a
qualche passo da lui e quasi subito una belva s'abbatt ai suoi
piedi.
Era un grosso giaguaro, dal pelame grigiastro chiazzato di nero
a cerchi chiari, somiglianti alla pupilla d'un occhio.
L'indigeno conosceva la ferocia dell'animale, capace di
strangolarlo con un sol colpo di mascella. Con un salto
indietreggi. Per sua sventura, una pietra che rotol sotto il suo
piede gli fece perdere l'equilibrio. Levando la mano, tent
allora di difendersi con una specie di coltello affilatissimo,
ricavato da un osso di foca, che era riuscito a togliersi dalla
cintura. Per un momento, sper anche di rialzarsi e di mettersi
in posizione migliore; ma non ne ebbe il tempo, perch il
giaguaro, leggermente urtato, lo caric con furore. Egli era
perduto, giaceva a terra, e la belva con gli artigli gli straziava il
petto.
Proprio nel momento stesso risuon la detonazione secca d'una
carabina, e il giaguaro si abbatt fulminato, col cuore trafitto da
una palla.
A cento passi di distanza, un lieve fumo biancastro ondeggiava
sopra una delle rocce della spiaggia, e sulla roccia stessa, stava
ritto un uomo con la carabina ancora puntata.
Di tipo ariano accentuatissimo, quell'uomo non era
compatriotta del ferito. Non aveva la pelle scura, bench fosse
assai abbronzato, n il naso schiacciato fra un profondo
infossamento delle orbite, n gli zigomi sporgenti, n la fronte
bassa sotto un angolo sfuggente, n i piccoli occhi della razza
indigena.
Il suo volto era invece intelligente, la fronte vasta e solcata
dalle numerose rughe del pensatore.
Il nuovo venuto portava, tagliati rasi, i capelli brizzolati come
la barba. Tuttavia, non si sarebbe potuto precisarne l'et,
compresa senza dubbio fra la quarantina e la cinquantina. Era
alto e sembrava dotato di forza atletica, di costituzione robusta,
di salute perfetta. I lineamenti del viso apparivano energici e
ser, e tutta la persona denotava una fierezza, ben diversa
dall'orgogliosa vanit degli sciocchi, che gli conferiva una vera
nobilt d'atteggiamenti e di gesti.
Comprendendo che non avrebbe avuto bisogno di tirare un
secondo colpo, egli abbass la carabina, la disarm, se la mise
a tracolla, e si volse verso il Sud. In quella direzione, ai piedi
del dirupo, appariva l'immensa vastit del mare. L'uomo,
chinandosi, chiam: Kaw-djer! e aggiunse due o tre parole
in linguaggio duro e gutturale.
Dopo qualche minuto, da una fenditura del dirupo, apparve un
adolescente di circa diciotto anni, seguito subito da un uomo in
piena maturit. Erano, indubbiamente, Indiani, a giudicare dal
tipo assai diverso da quello del bianco, che aveva mostrato
tanta abilit con il brillante tiro di poco prima. Assai
muscoloso, spalle larghe, tronco possente, una grossa testa
quadra posata sopra un collo robusto, cinque piedi di altezza,
brunissimo di pelle, nerissimo di capelli, piccoli occhi
penetranti sotto l'arco poco tornito delle ciglia, barba ridotta a
qualche pelo; tale era l'uomo che pareva avesse passata la
quarantina.
I caratteri dell'animalit, ma di un'animalit dolce e
carezzevole, contendevano a quelli dell'umanit tale essere di
razza inferiore, che si sarebbe potuto paragonare, piuttosto che
a una belva, a un buon cane fedele, a uno di quei coraggiosi
terranuova che possono diventare i compagni, e, pi che i
compagni, gli amici del proprio padrone.
Ed appunto, come uno di quegli animali devoti, egli, udendosi
chiamare, accorse.
Quanto al giovane, probabilmente suo figlio, il cui corpo, quasi
del tutto nudo, era agile quanto quello di un serpente, sembrava
intellettualmente assai superiore al padre. La fronte pi
sviluppata, gli occhi pieni di fuoco esprimevano intelligenza, e
ci che meglio vale, onest e franchezza.



Quando i tre individui furono riuniti, i due indigeni
scambiarono alcune parole nel loro linguaggio, che
caratterizzato da una breve aspirazione a met della maggior
parte delle parole, e poi si diressero tutti verso il ferito, che
giaceva a terra vicino al giaguaro morto.
Il disgraziato era svenuto. Il sangue gli colava dal petto
straziato dagli artigli della belva. Tuttavia riaperse gli occhi,
quando una mano sollev il suo rozzo vestimento e, scorgendo
colui che gli veniva in aiuto, lo sguardo gli si illumin di un
tenue lampo di gioia, e le labbra scolorite balbettarono un
nome:
Il Kaw-djer!
Kaw-djer una parola che in lingua indigena significa amico,
benefattore, salvatore; e quel bel nome apparteneva
evidentemente al bianco, perch egli fece un cenno
affermativo.
Mentre l'uomo prodigava al ferito le prime cure, Karroly
ridiscese attraverso il passaggio del dirupo, per ritornare subito
con un carniere che conteneva un astuccio e alcune fiale piene
del succo di certe piante del paese. Mentre l'Indiano reggeva
sulle ginocchia la testa dell'indigeno, il cui petto era stato
scoperto, il Kaw-djer lav le ferite e stagn il sangue. Poi ne
riavvicin le labbra, che ricoperse con tamponi di garza
imbevuta del contenuto di una delle fialette e, togliendosi
infine la sua cintura di lana, avvolse il petto dell'indigeno in
modo da sostenere tutta la fasciatura.
Sarebbe sopravvissuto quel disgraziato? Il Kaw-djer non lo
credeva. Nessun rimedio avrebbe potuto provocare la
cicatrizzazione di tali profonde ferite, che parevano ledere lo
stomaco ed anche i polmoni.
Approfittando del momento in cui quel disgraziato aveva
riaperto gli occhi, Karroly gli disse:
Dov' la trib?
L l mormor l'indigeno, indicando con la mano in
direzione dell'Est.
L'accampamento del quale abbiamo veduti i fuochi la notte
scorsa disse il Kaw-djer deve essere a otto o dieci miglia
di qui.
Karroly assent.
Sono appena le quattro soggiunse il Kaw-djer ma la
marea sta per salire Non potremo partire che all'alba
S disse Karroly.
Il Kaw-djer riprese:
Tu e Halg trasporterete il ferito e lo stenderete nella barca.
Non possiamo fare altro per lui.
Karroly e il figlio obbedirono subito. Carichi del ferito,
cominciarono a discendere verso la spiaggia. L'uno di essi
doveva poi ritornare per prendere il giaguaro, la cui spoglia si
sarebbe venduta a caro prezzo ai commercianti stranieri.
Mentre i compagni eseguivano gli ordini ricevuti, il Kaw-djer
si allontan di qualche passo, sal sopra una delle rocce del
dirupo, e di l il suo sguardo si irradi sopra tutto l'orizzonte.
Ai suoi piedi, si stendeva un litorale capricciosamente
tracciato, che formava il limite nord di un canale largo
parecchie leghe. La riva opposta, intersecata a perdita di vista
da bracci di mare, sfumava, in linee confuse, una miriade di
isole e isolotti che da lontano sembravano vapori. N all'Est, n
all'Ovest si vedevano le estremit del canale, lungo il quale
correva l'alto e possente dirupo.
Verso il Nord, si sviluppavano interminabili praterie e pianure,
irrigate da numerosi ruscelli che riversavano le loro acque nel
mare, sia in torrenti tumultuosi, sia in cascate rumoreggianti.
Dalla superficie di tali sterminate praterie, emergevano qua e l
isolotti di verzure. o folte foreste, fra cui, invano, si sarebbe
cercato un villaggio, e le cui cime si indoravano ai raggi del
sole morente. Pi in l, si profilavano i pesanti massi d'una
catena di montagne che limitavano l'orizzonte da quella parte, e
che erano coronate dalla bianchezza immacolata dei ghiacciai.
In direzione dell'Est, si accentuava anche di pi il rilievo del
paese. Il dirupo si alzava a piombo sul litorale, dapprima in
piani susseguentisi, poi si rizzava improvvisamente in cime
aguzze, che si sperdevano nelle altezze del cielo.
La contrada pareva perfettamente deserta. La stessa solitudine
anche sul canale. Non una barca in vista, fosse pure un canotto
di scorza, o una piroga a vela. E infine, per quanto lontano si
spingesse lo sguardo, n dalle isole del Sud, n da nessun altro
punto del litorale, n da alcuna altura del dirupo, non si
innalzava una fumata, che testimoniasse la presenza di creature
umane.
Il giorno era giunto a quell'ora, sempre un poco malinconica,
che precede immediatamente il crepuscolo. Grandi uccelli, in
cerca del loro ricovero notturno, fendevano l'aria in stormi
rumorosi.
Il Kaw-djer, con le braccia incrociate, ritto sopra la roccia sulla
quale era salito, stava immobile come statua. Ma un'estasi gli
illuminava il volto, le palpebre gli battevano, e gli occhi
rilucevano d'una specie di sacro entusiasmo; e intanto
contemplava la prodigiosa distesa di terra e di mare, ultima
particella del globo che non appartenesse ad alcuno, ultima
regione che non fosse curva sotto il giogo delle leggi.
Egli rest a lungo cos, immerso nella luce, sferzato dalla
brezza: poi aperse le braccia, le stese verso lo spazio, e un
sospiro profondo gli gonfi il petto, come se con una stretta
avesse voluto abbracciare tutto l'infinito ed aspirarlo con un
sospiro.
II.
ESISTENZA MISTERIOSA.
I geografi designano col nome di Magellania l'insieme di isole
e isolotti, raggruppati fra l'Atlantico e il Pacifico, alla punta
Sud del continente americano. Le terre pi australi di tale
continente, vale a dire il territorio patagonese, prolungato dalle
due vaste penisole del Re Guglielmo e di Brunswick,
terminano con uno dei capi di quest'ultima, il capo Froward.
Tutto ci che loro direttamente connesso, tutto ci che ne
separato dallo stretto di Magellano, costituisce quel dominio, al
quale fu giustamente dato il nome dell'illustre navigatore
portoghese del secolo XVI.
Conseguenza di tale disposizione geografica, fu che, fino al
1881, quella parte del Nuovo Mondo non era stata annessa ad
alcun Stato civilizzato, neppure ai suoi pi vicini, il Chili e la
Repubblica Argentina, che si disputavano allora le pampas
della Patagonia. La Magellania non apparteneva ad alcuno, e
quindi vi si potevano formare colonie, conservanti la loro
assoluta indipendenza.
Questa contrada non tuttavia di insignificante estensione,
perch sopra un'area di cinquantamila chilometri di superficie,
comprende, oltre grande numero di altre isole di minore
importanza, la Terra del Fuoco, la Terra della Desolazione, le
isole Clarence, Hoste, Navarin, ed anche l'arcipelago del Capo
Horn, formato dalle isole Grvy, Wollaston, Freycinet,
Hermitte, e altri isolotti e scogli, coi quali termina, in piccoli
frammenti, l'enorme massa del continente americano.
Fra le varie parti della Magellania, la Terra del Fuoco assai
pi vasta delle altre. Al Nord e all'Ovest, limitata da un
litorale molto frastagliato, dal promontorio d'Espiritu Santo
fino al Magdalena Sund e, dopo essersi stesa verso l'Ovest in
una penisola tutta sfaldata, si allunga, al Sud-Est, con la punta
di San Diego, specie di sfinge accoccolata, la cui coda si tuffa
nelle acque dello stretto di Lemaire.
In questa grande isola, nell'aprile del 1880, avvennero i fatti
che stanno per essere narrati. Il canale che scorreva ai piedi del
Kaw-djer, durante la sua febbrile meditazione, si chiamava
canale del Beagle, e scorreva a sud della Terra del Fuoco.
L'opposta riva era formata dalle isole Gordon, Hoste, Navarin e
Pieton. Ancora pi a sud, si stendeva l'arcipelago capriccioso
del Capo Horn.
Circa dieci anni prima del giorno scelto come punto di partenza
del presente racconto, colui che gl'Indiani dovevano chiamare,
pi tardi, il Kaw-djer, era stato veduto per la prima volta sul
litorale fuegiano. Come vi era giunto? A bordo, senza dubbio,
d'uno di quei numerosi velieri o steamers, che seguono le
tortuosit del labirinto marittimo della Magellania e delle isole
che la prolungano sull'Oceano Pacifico, facendo con gl'indigeni
il commercio delle pelli di guanaco, di vigogna, di nand e di
lupi marini.
La presenza dello straniero poteva adunque spiegarsi cos; ma
quanto a saperne il nome e a quale nazionalit appartenesse, se
fosse originario dell'Antico o del Nuovo Mondo, erano
domande alle quali riusciva difficile rispondere.
Di lui non si sapeva nulla e conviene aggiungere del resto, che
nessuno aveva mai cercato di informarsene. In quel paese, in
cui non esisteva alcuna autorit, chi avrebbe potuto
interrogarlo? Egli non si trovava in uno Stato organizzato, ove
la Polizia fruga nel passato delle persone, e dove impossibile
restare ignorati a lungo. Qui, nessuno era depositario di un
potere qualsiasi, e si poteva vivere fuori di ogni costumanza,
fuori di tutte le leggi, nella pi completa libert.
Durante i primi due anni che seguirono il suo arrivo nella Terra
del Fuoco, il Kaw-djer non si cur di fissarsi in un punto
piuttosto che nell'altro. Errando per la contrada, in corse
vagabonde, si mise in rapporto con gl'Indigeni, ma senza mai
avvicinare le poche fattorie, condotte, qua e l, da coloni di
razza bianca.
Se entrava in rapporti con una delle navi che si ancoravano in
qualche punto dell'arcipelago, era. sempre intermediario un
Fuegiano, e non aveva che l'unico scopo di rinnovare le sue
munizioni e le sue sostanze farmaceutiche. Pagava le compere,
sia a mezzo di scambio, sia in moneta spagnola o inglese, di
cui non sembrava sprovvisto.
Passava il resto del tempo, andando di trib in trib,
d'accampamento in accampamento, e, al pari degli indigeni,
viveva di caccia e di pesca, talvolta in mezzo alle famiglie del
litorale, tal'altra fra le comunit interne, condividendo la loro
ajupa o la tenda, curando gli ammalati, soccorrendo le vedove
e gli orfani, adorato da quelle genti misere, che non tardarono a
tributargli il glorioso soprannome, col quale era conosciuto da
un capo all'altro dell'arcipelago.
Che il Kaw-djer fosse un uomo istruito nessuno poteva
dubitarne; egli aveva dovuto specialmente fare studi assai
profondi in medicina. Conosceva anche parecchie lingue, e
Francesi, Inglesi, Tedeschi, Spagnoli e Norvegesi avrebbero
potuto scambiarlo per un loro compatriota: e al suo bagaglio da
poliglotta, tale essere enigmatico non aveva tardato ad
aggiungere anche l'yaghu, che parlava correntemente. Tale
idioma in grande uso nella Magellania, e di esso si sono
serviti i Missionari per tradurre alcuni passaggi della Bibbia.
Anzich essere inabitabile, come generalmente si crede, la
Magellania assai superiore alla riputazione che le hanno valso
i racconti dei suoi primi esploratori. Sarebbe certo esagerazione
trasformarla in paradiso terrestre, o contestare che la sua punta
estrema, il capo Horn, non sia spazzata da tempeste, la cui
frequenza uguale al furore. Ma anche in Europa non fanno
difetto regioni popolatissime, bench le condizioni d'esistenza
vi siano molto pi dure. Se il clima umido al massimo grado,
l'arcipelago, per, deve al mare che lo circonda una
incontestabile regolarit di temperatura, e non soffre i freddi
rigidi della Russia settentrionale, della Svezia e della Norvegia.
La media termometrica non discende mai, in inverno, al disotto
di cinque gradi centigradi, e non si alza, in estate, oltre i
quindici.
Il solo aspetto di tali isole avrebbe dovuto mettere in guardia
contro certi apprezzamenti di pessimismo esagerato: la
vegetazione vi raggiunge infatti un rigoglio che non sarebbe
possibile nella zona glaciale. Vi esistono pascoli immensi, che
basterebbero al nutrimento di mandrie innumeri, e vaste foreste
ove crescono il faggio antiartico, la betulla, il larice rosso e la
scorza di Winter. I nostri vegetali commestibili vi si
acclimatizzerebbero indubbiamente, e molti fra essi, persino il
frumento, potrebbero prosperarvi.
Tuttavia, la contrada, che non inabitabile, quasi inabitata.
La popolazione non comprende che un numero esiguo
d'Indiani, conosciuti sotto il nome di Fuegiani o di Pescherecci,
neri selvaggi relegati all'ultimo stadio dell'umanit, che vivono
quasi completamente nudi e conducono, attraverso le vaste
solitudini, vita errante e miserevole.
Molto tempo prima dell'inizio del presente racconto, il Chili,
fondando la stazione di Punta-Arenas, nello stretto di
Magellano, sembrava volersi qualche poco occupare di tali
regioni sconosciute. Ma il suo sforzo si era limitato l, e,
nonostante la prosperit della sua colonia, non aveva fatto
nessun tentativo per prendere piede sull'arcipelago magellanico
propriamente detto.
Durante i primi tempi del suo soggiorno, due anni circa, il
Kaw-djer non lasci mai la grande isola in cui era sbarcato. La
fiducia che inspirava agli indigeni, la sua influenza sulle loro
trib, non tardarono ad aumentare. Venivano per consultarlo
dalle altre isole, percorse da Indiani Canoes, o Indiani a piroga,
la cui razza un po' differente da quella degli Yacanas che
popolano la Terra del Fuoco, Quei miseri Pescherecci, che
vivono come i loro confratelli di caccia e di pesca, si recavano
essi dal loro Benefattore, quando egli era ancora sul litorale
del canale del Beagle. Il Kaw-djer non rifiutava a nessuno
consigli e cure, e spesso anche, in talune circostanze gravi,
quando infieriva qualche epidemia, arrischi la vita senza
mercanteggiarla, per combattere il flagello. La sua fama si
sparse tosto in tutta la regione, ed oltrepass lo stretto di
Magellania. Si seppe che uno straniero, stabilitosi nella Terra
del Fuoco, aveva ricevuto dagli Indigeni riconoscenti, il titolo
di Kaw-djer, ed egli fu sollecitato a pi riprese, d'andare a
Punta-Arenas. Ma rispose invariabilmente con un rifiuto, sul
quale non pot trionfare nessuna pressione. Sembrava che non
volesse rimettere piede dove non sentiva pi terreno libero.
Verso la fine del secondo anno di soggiorno, accadde un fatto,
le cui conseguenze dovevano avere una influenza sulla sua vita
ulteriore.
Se il Kaw-djer si ostinava a non andare alla borgata chilena di
Punta-Arenas, che situata nel territorio della Patagonia, i
Patagonesi non stanno dall'invadere talvolta il territorio
magellanico. Essi e i loro cavalli, trasportati in poche ore sulla
riva Sud dello stretto di Magellano, compiono lunghe
escursioni, ci che in America si chiamano grandi raids, da una
estremit all'altra della Terra del Fuoco, attaccando i Fuegiani,
imponendo taglie, saccheggiando, impossessandosi dei
fanciulli che conducono poi in schiavit nelle trib patagonesi.
Fra i Patagonesi Snelti e i Fuegiani, esistono differenze etniche
assai sensibili nei rapporti della razza e dei costumi, essendo i
primi assai pi temibili dei secondi. Questi vivono di pesce e
non si riuniscono che in famiglie, mentre i Patagonesi sono
cacciatori e formano trib compatte, sotto l'autorit d'un capo.
Inoltre, fisicamente i Fuegiani sono di statura inferiore ai loro
vicini del continente. Si riconoscono dalla grossa testa quadra,
dagli zigomi sporgenti, dalle sopracciglia rade, dalla
depressione del cranio.
Insomma sono considerati esseri piuttosto miserevoli, la cui
razza per non prossima a estinguersi, perch il numero dei
loro bambini , si potrebbe dire, considerevole quanto quello
dei cani che brulicano intorno agli accampamenti.
I Patagonesi sono alti, robusti e ben proporzionati. Non hanno
barba e lasciano liberi i lunghi capelli, che trattengono sulla
fronte con un nastro. Il viso olivastro pi largo alle mascelle
che non alle tempie, gli occhi, un poco lunghi, si avvicinano
piuttosto al tipo mongolo e da una parte e dall'altra del naso
assai camuso, brillano nel fondo di orbite profonde. Cavalieri
intrepidi e infaticabili, abbisognano di vasti spazi da divorare
sopra le loro non meno infaticabili cavalcature; pascoli
immensi per il nutrimento dei cavalli, terreni di caccia dove
inseguire il guanaco, la vigogna e il nand.
Il Kaw-djer li aveva incontrati parecchie volte durante le loro
escursioni sulla Terra del Fuoco, ma fino allora non si era
messo mai in contatto con tali feroci predoni, che il Chili e
l'Argentina sono impotenti a contenere.
Nel novembre del 1872, egli, condotto dalle sue peregrinazioni
sulla costa ovest della Fuegia, nelle adiacenze dello stretto di
Magellano, dovette intervenire per la prima volta contro di essi,
in favore dei Pescherecci della baia Inutile.
La baia, limitata da paludi al Nord, forma una profonda
frastagliatura, quasi in faccia alla localit dove Sarmiento
aveva fondato la sua colonia di Port-Famine, di sinistra
memoria.
Un manipolo di Snelti, dopo essere sbarcato sulla riva Sud
della baia Inutile, attacc un accampamento di Yacanas,
composto da una ventina di famiglie. La superiorit numerica
stava dalla parte degli assalitori, che erano anche pi robusti e
meglio armati degli indigeni.
Costoro tuttavia tentarono di lottare, sotto il comando di un
Indiano Canoe, che era giunto all'accampamento con la sua
piroga.
Egli aveva nome Karroly, era pilota di professione e guidava i
bastimenti di cabotaggio che si avventuravano nel canale del
Beagle e fra le isole dell'arcipelago del capo Horn, ed appunto,
ritornando dall'avere condotta una nave a Punta-Arenas, si era
ancorato nella baia Inutile.
Karroly organizz la resistenza e, aiutato dagli Yacanas, tent
di respingere gli aggressori. Ma la partita era troppo ineguale. I
Pescherecci non potevano opporre seria difesa.
L'accampamento fu invaso, le tende rovesciate, il sangue col.
Le famiglie vennero disperse.
Durante tutta la lotta, il figlio di Karroly, Halg, che aveva
allora nove anni circa, era rimasto nella piroga, aspettando il
padre, quando due Patagonesi si precipitarono dalla sua parte.



Il giovinetto non volle allontanarsi dalla spiaggia, cosa che lo
avrebbe messo fuori di pericolo, ma che avrebbe anche
impedito al padre di cercar rifugio a bordo della piroga.
Uno dei due Snelti salt nella barca, e lo afferr. In quel
momento Karroly fuggiva dall'accampamento, del quale gli
aggressori si erano impossessati, e correva in aiuto del figlio
che lo Snelto rapiva. Intanto, una freccia lanciata dall'altro
Patogonese gli fischiava all'orecchio senza sfiorarlo. Ma prima
che un'altra freccia fosse lanciata, risuon lo sparo di un'arma
da fuoco. Il rapitore cadde ferito mortalmente, mentre il
compagno si dava alla fuga.
La fucilata proveniva da un uomo di razza bianca, che il caso
aveva guidato sul luogo del combattimento, il Kaw-djer.
Non c'era tempo da perdere. La piroga fu vigorosamente
attirata per la gomena. Il Kaw-djer e Karroly saltarono a bordo
e si spinsero al largo. Essi erano gi a buona distanza dalla
riva, quando vennero ricoperti da un nugolo di frecce, una delle
quali colp Halg alla spalla.
La ferita presentava una certa gravit, e il Kaw-djer non volle
lasciare i compagni, finch le sue cure non dovessero pi
essere necessarie. Per cui rimase nella piroga che gir intorno
alla Terra del Fuoco, segu il canale del Beagle, e si ferm,
infine, in una piccola insenatura ben riparata, ove Karroly
aveva fissata la sua residenza.
Allora, non ci fu pi nulla da temere per il giovanetto, che
appariva gi in via di guarigione. Karroly non sapeva in qual
modo esprimere la sua riconoscenza.
L'Indiano, dopo aver ancorato la sua piroga in fondo a quella
insenatura, preg il Kaw-djer di seguirlo.
La mia casa l gli disse ed io vi abito con mio figlio.
Se tu ci vuoi restare solo pochi giorni, sarai il benvenuto, poi la
mia piroga ti ricondurr dall'altra parte del canale. Se tu vuoi
restare sempre, la mia casa sar la tua, ed io diverr il tuo
servo.
Da quel giorno, il Kaw-djer non aveva pi lasciato l'Isola
Nuova, ne Karroly, n suo figlio. Grazie a lui, la casa
dell'Indiano Canoe era divenuta pi comoda, e Karroly fu
presto in caso di esercitare il suo mestiere di pilota in
condizioni migliori. Alla sua fragile piroga venne sostituita una
solida scialuppa, la Wel-Kiej, comperata in seguito al naufragio
d'una nave norvegese, nella quale era stato deposto l'uomo
ferito dal giaguaro.
Ma la nuova esistenza del Kaw-djer non lo distolse dalla sua
opera umanitaria. Non furono soppresse le sue visite alle
famiglie indigene, ed egli continu a correre ovunque ci fosse
un servizio da rendere, o un dolore da confortare.
Trascorsero cos parecchi anni, e tutto induceva a credere che il
Kaw-djer avrebbe sempre continuato la sua vita libera in quella
terra libera, quando un avvenimento imprevisto ne turb
profondamente il corso.
III.
LA FINE DI UN PAESE LIBERO.
L'Isola Nuova domina dall'Est l'entrata del canale del Beagle.
Lunga otto chilometri, larga quattro, ha quasi la forma di un
pentagono irregolare. Non vi mancano le piante, e pi
particolarmente il faggio, il frassino, la scorza di Winter, le
piante mirtacee e qualche cipresso di media altezza. Alla
superficie delle praterie, crescono, molto stentatamente,
agrifogli, larici e felci. In alcune localit protette, si trova
terreno fertile, adatto alla coltivazione dei legumi. In altre
invece, nelle quali l'humus esiste in strati insufficenti, e pi
specialmente dove cominciano le spiagge, la natura si ornata
di tappeti di licheni, di muschi, di licopodi.
In tale isola, contro a un alto dirupo, di fronte al mare, l'indiano
Karroly abitava da dieci anni. Non avrebbe potuto scegliere
posizione migliore. Tutte le navi, uscendo dallo stretto di
Lemaire, passano in vista dell'Isola Nuova.
Se vogliono raggiungere l'Oceano Pacifico superando il capo
Horn, non hanno bisogno di nessuno. Ma se, desiderosi di
trafficare attraverso l'arcipelago, ne vogliono seguire i vari
canali, un pilota loro indispensabile.
Tuttavia, le navi che frequentano i paraggi della Magellania
sono relativamente rare, e non sarebbero bastate ad assicurare
l'esistenza di Karroly e di suo figlio. Si dedicava quindi alla
pesca e alla caccia, onde procurarsi oggetti di scambio, che
barattava con articoli di prima necessit.
L'isola, di dimensioni limitate, non poteva rinchiudere che un
numero ristretto di guanachi e di vigogne, la cui pelliccia
ricercata; ma nei dintorni vi sono altre isole di estensione
maggiormente considerevole: Navarin, Hoste, Wollaston,
Dawson, senza parlare della Terra del Fuoco, con le pianure
immense e le foreste profonde, dove non mancano n
ruminanti, n bestie feroci.



Karroly aveva vissuto nei primi tempi dentro una grotta
naturale, scavata nel granito, sempre preferibile per alla
capanna degli Yacanas; ma dopo l'arrivo del Kaw-djer la grotta
aveva ceduto il posto a una casa, per la quale le foreste
dell'isola avevano fornito il legname, le rocce le pietre, e le
miriadi di conchiglie, tritoni, liocorni ed altre, disseminate sulla
spiaggia, la calce. Nell'interno della casa tre stanze: in mezzo la
sala comune con un grande camino, a destra la camera di
Karroly e del figlio, a sinistra quella del Kaw-djer, il quale
ritrovava l, disposti sopra scaffali, le sue carte e i suoi libri,
opere quasi tutte di medicina, d'economia politica, e di
sociologia. Un armadio conteneva l'assortimento delle fiale e
degli istrumenti chirurgici.
In quella casa, il Kaw-djer e i suoi due compagni ritornarono
dopo l'escursione nella Terra del Fuoco, il cui episodio finale
ha servito di tema alle prime righe della presente narrazione.
La Wel-Kiej, per, si era diretta prima verso l'accampamento
situato all'estremit occidentale del canale del Beagle. Intorno
alle capanne, raggruppate capricciosamente sulla riva d'un
ruscello, correvano innumerevoli cani, che, abbaiando,
annunziavano l'arrivo della scialuppa. Lievi nuvole di fumo
sfuggivano dal tetto di qualche ajupa.
Non appena la Wel-Kiej fu segnalata, apparve una sessantina
fra uomini e donne, che si riversarono verso la riva, seguiti da
una folla di bambini nudi e quando il Kaw-djer pose piede a
terra, lo circondarono premurosamente. Tutti volevano
stringergli le mani, e 1'accoglienza dei poveri Indiani
testimoniava la loro ardente gratitudine per tutto il bene che
avevano ricevuto da lui. Egli ascolt pazientemente gli uni e gli
altri. Le madri lo conducevano dai loro figli ammalati, e lo
ringraziavano con effusione, gi mezzo confortate dalla sua
sola presenza.
Finalmente entr in una capanna per uscirne subito seguito da
due donne: una attempata, l'altra giovanissima, che conduceva
a mano un bambino. Erano la madre, la moglie e il figlio
dell'Indiano ferito dal giaguaro, gi morto durante il tragitto,
malgrado le cure prodigategli.
Il suo cadavere fu deposto sulla spiaggia e tutti gli indigeni
dell'accampamento lo circondarono. Il Kaw-djer raccont
allora le circostanze della morte, poi ritorn alla scialuppa,
lasciando generosamente alla vedova la spoglia del giaguaro, la
cui pelle, per quelle povere creature diseredate, rappresentava
un valore immenso.
Con la stagione invernale che si avvicinava, la vita riprese il
suo corso abituale nella casa dell'Isola Nuova. Ricevettero la
visita di alcuni cabottieri falklandesi, venuti per fare acquisti di
pelliccerie, prima che le tormente di neve avessero reso
impraticabili i paraggi. Le pelli vennero vendute o scambiate
vantaggiosamente con provvigioni o munizioni, necessarie
durante il periodo rigido che va da giugno a settembre.
Nell'ultima settimana di maggio una nave richiese il servizio di
Karroly, e Halg e il Kaw-djer rimasero soli all'Isola Nuova.
Il giovinetto, che contava allora diciotto anni, aveva un affetto
veramente filiale per il Kaw-djer, il quale da parte sua nutriva
per lui i sentimenti di un padre. Egli si era sforzato di
sviluppare l'intelligenza del fanciullo, per poi toglierlo allo
stato selvaggio, e farne un essere assai diverso dai suoi
compatrioti della Magellania, cos al di fuori da ogni
civilizzazione.
Ai primi di giugno, l'inverno si stese sulla Magellania, e se il
freddo non fu eccessivo, tutta la regione per venne spazzata
da grandi raffiche. Tormente terribili imperversarono sopra
quei paraggi, e l'Isola Nuova scomparve, coperta dalla massa
delle nevi.
Cos trascorsero giugno, luglio, agosto. Verso la met di
settembre la temperatura si addolc sensibilmente, e i cabottieri
delle Falkland ricominciarono ad apparire sul canale.
Il 19 settembre Karroly, lasciando all'Isola Nuova Halg e il
Kaw-djer, part a bordo d'uno steamer americano che aveva
imbeccato il canale del Beagle, e che portava bandiera di pilota
all'albero di trinchetto.
Quando l'Indiano ritorn sulla sua scialuppa, il Kaw-djer gli
chiese conto, come il solito, dei diversi incidenti del viaggio.
Non accaduto niente rispose Karroly. Il mare era
tranquillo e la brezza favorevole.
Dove lasciasti la nave?
Al Darwin Sund, alla punta dell'isola Stewart, dove ci siamo
incrociati con un aviso che navigava in senso inverso.
Dove andava?
Alla Terra del Fuoco. Ritornando, l'ho ritrovato ancorato in
una insenatura, dove aveva sbarcato un distaccamento di
soldati.
Di soldati? esclam il Kaw-djer. Di quale
nazionalit?
Chileni e Argentini.
E cosa facevano?
Secondo quello che mi hanno detto, accompagnavano due
commissari in ricognizione nella Terra del Fuoco e nelle isole
vicine.
Di dove venivano i commissari?
Da Punta-Arenas, ove il governatore aveva messo l'aviso a
loro disposizione.
Il Kaw-djer non fece altre domande e rest pensieroso. Che
significava la presenza dei due commissari? Di quali
operazioni si occupavano in tale parte della Magellania? Si
trattava di esplorazioni geografiche, con lo scopo di precedere,
per un interesse marittimo, ad una verifica pi minuziosa dei
rilievi?
Il Kaw-djer si immerse nelle sue riflessioni, e non poteva
togliersi di dosso una certa inquietudine. La ricognizione non
poteva estendersi a tutto l'arcipelago magellanico? L'aviso
sarebbe venuto ad ancorarsi fino nelle acque dell'Isola Nuova?
Ma l'importanza reale della notizia stava nel fatto che la
spedizione era inviata dai governi del Chili e dell'Argentina. Le
due Repubbliche, che, fino allora, non avevano mai potuto
intendersi, a proposito, di una regione sulla quale tutt'e due
pretendevano, a torto del resto, di avere qualche diritto, si
erano messe forse d'accordo?
Dopo lo scambio di queste brevi domande e risposte, il Kaw-
djer raggiunse la punta del picco, sul quale era fabbricata la
casa. Di l, gli appariva una vasta distesa di mare, e i suoi
sguardi si volsero istintivamente al Sud, nella direzione delle
ultime cime della terra americana, che costituivano l'arcipelago
del capo Horn. Avrebbe dovuto andar fin l, per trovare una
terra libera? E forse pi lontano ancora? Oltrepassava col
pensiero il Circolo Polare, si perdeva attraverso le immense
regioni dell'Antartico, il cui mistero impenetrabile sfida i pi
intrepidi esploratori
Come sarebbe stato grande il suo dolore, se avesse saputo a che
punto erano giustificati i suoi timori! Il Gracias a Dios aviso
della marina chilena, trasportava a bordo i due commissari, il
signor Idiaste per il Chili, il signor Herrera per la Repubblica
Argentina, i quali, per ordine dei rispettivi governi, dovevano
preparare la divisione della Magellania fra i due Stati che ne
reclamavano il possesso.
Tale questione, che si trascinava da molto tempo, aveva
causato discussioni interminabili, senza che fosse stato
possibile risolverla con reciproca soddisfazione. Non soltanto
dal punto di vista commerciale, ma altres dal punto di vista
politico, era tanto pi necessario che fosse risolta, perch
l'assorbente Inghilterra, non stava lontana. Dal suo arcipelago
di Falkland poteva stendere comodamente la mano fino alla
Magellania. Gi i suoi cabottieri ne frequentavano
assiduamente i passi, e i missionari non cessavano di
accrescere la loro influenza sulle popolazioni fuegiane. Un bel
giorno, essa avrebbe piantato la sua bandiera in qualche posto,
e nulla pi difficile che sradicare una bandiera inglese! Era
tempo d'agire!
I signori Idiaste e Herrera ritornavano uno a Santiago e l'altro a
Buenos Ayres. Un mese dopo, il 17 gennaio 1881, un trattato
firmato fra le due Repubbliche, in questa ultima citt, mise fine
all'irritante problema magellanico.
In forza di tale trattato, la Patagonia era annessa alla
Repubblica Argentina, ad eccezione d un territorio limitato tra
il 52 grado di latitudine, e il 70 meridiano Ovest di
Greenwich. In compenso di quanto gli era attribuito, il Chili
rinunziava da parte sua, all'Isola degli Stati e alla parte della
Terra del Fuoco, posta all'est del 68 grado di longitudine.
Tutte le altre isole, senza eccezione, appartenevano al Chili.
Tale convenzione, che determinava i diritti dei due Stati,
privava la Magellania della sua indipendenza. Cos'avrebbe
fatto il Kaw-djer, il cui piede doveva ormai calpestare un suolo
divenuto chileno?



Karroly, ritornando da un servizio di pilotaggio, port all'Isola
Nuova la notizia del trattato, il 25 febbraio.
Il Kaw-djer non pot trattenere un movimento di collera. Non
gli sfugg una sola parola, ma gli occhi gli lampeggiarono di
odio e la sua mano si stese verso il Nord con un gesto terribile
e minaccioso. Incapace di padroneggiare la sua agitazione,
mosse qualche passo disordinato. Si sarebbe detto che la terra
gli sfuggisse sotto i piedi, che non gli offrisse pi un punto
d'appoggio sufficiente.
Giunse infine a calmarsi. Il viso, convulso per un istante,
riprese la freddezza abituale. Raggiunse Karroly e l'interrog
con voce tranquilla:
La notizia sicura?
S, rispose l'Indiano. L'ho saputa a Punta-Arenas.
Sembra che due bandiere siano issate all'entrata dello stretto
sulla Terra del Fuoco: una chilena al capo Orange, l'altra
argentina al capo Espiritu Santo.
E chiese il Kaw-djer tutte le isole a sud del canale del
Beagle, dipendono dal Chili?
Tutte.
Anche l'Isola Nuova?
S.
Doveva accadere cos mormor il Kaw-djer, con voce
alterata da violenta emozione.
Poi torn a casa e si rinchiuse in camera sua.
Chi era mai quest'uomo? Quali motivi l'avevano costretto ad
abbandonare l'uno o l'altro continente per seppellirsi nella
solitudine della Magellania? Perch per lui l'umanit sembrava
essersi ridotta a poche trib fuegiane, alle quali consacrava
tutta l'esistenza e la devozione?
Gli avvenimenti che stavano per accadere, e che formeranno
l'argomento della nostra narrazione, si incaricheranno di
informare sul primo punto. Alle altre due domande, la vita
antecedente del Kaw-djer permette una risposta molto succinta.
Uomo di grande valore, per avere profondamente sviscerate
tanto le scienze politiche quanto le scienze naturali, uomo di
coraggio e di azione, il Kaw-djer non era il primo scienziato
che avesse commesso il doppio errore di considerare certi
principi, i quali, dopo tutto, non sono che ipotesi, e di spingere
quei principi fino alle loro estreme conseguenze. Il nome di
alcuni fra tali temibili riformatori ben vivo nella memoria di
tutti.
Il socialismo, dottrina che pretende, nientemeno, di rifare la
societ da capo a fondo, non ha il merito della novit. Dopo
molti altri, che si perdono nella notte dei tempi, Saint-Simon,
Fourier, Proudhon e molti altri, sono i precursori del
collettivismo. Ideologi pi moderni quali i Lassalle, i Marx, i
Guesde, i Burns, non hanno fatto che riprendere le loro idee,
modificandole pi o meno, e appoggiandole sulla
socializzazione dei mezzi di produzione, l'annientamento del
capitale, l'abolizione della concorrenza, la sostituzione della
propriet sociale alla propriet individuale. Nessuno, fra essi,
vuole tener conto delle contingenze della vita. La loro dottrina
reclama applicazione immediata e totale. Esigono
l'espropriazione in massa, impongono il comunismo universale.
Che si approvi o che si biasimi tale teoria, il meno che se ne
possa dire che essa audace. Ma un'altra ce n' pi audace
ancora: la teoria anarchica.
Gli anarchici respingono i regolamenti tirannici che dovrebbero
governare il funzionamento della societ. Preconizzano invece
l'individualismo assoluto, integrale. Essi vogliono la
soppressione di ogni autorit, la distruzione di ogni vincolo
sociale.
Fra questi ultimi, si doveva porre il Kaw-djer, anima selvaggia,
indomabile, intransigente, incapace di obbedienza, refrattaria a
tutte le leggi, che sono senza dubbio imperfette, con le quali gli
uomini tentano regolare i rapporti sociali. Certo, egli non aveva
mai preso parte attiva alle violenze dei propagandisti di fatto.
Non scacciato, n dalla Francia, n dalla Germania, n
dall'Inghilterra o dagli Stati Uniti, ma disgustato dalla loro
pretesa civilizzazione e bisognoso di scuotere il peso di
un'autorit, qualunque essa fosse, aveva cercato un cantuccio
della Terra ove un uomo potesse vivere in completa
indipendenza.
Ritenne averlo trovato in mezzo all'arcipelago dell'ultimo
lembo del mondo abitato e, certo, quello che gli offriva la
Magellania, all'estremit del Sud-America, egli non avrebbe
mai trovato in altra plaga della terra.
Ecco che ora il trattato stipulato fra il Chili e la Repubblica
Argentina toglieva alla regione l'indipendenza di cui aveva fino
allora goduto. Ecco che, in seguito a quel trattato, tutta la
porzione del territorio magellanico, situata a sud del canale del
Beagle passava sotto la dominazione chilena. Nessuna parte
dell'arcipelago poteva sfuggire alla autorit del governo di
Punta-Arenas, neppure l'Isola Nuova, dove il Kaw-djer aveva
trovato asilo.
Fuggire cos lontano, aver fatti tanti sforzi, essersi imposta
simile esistenza, per giungere a quel risultato, era ben
doloroso!
Il Kaw-djer non pot rimettersi subito dal colpo che lo
percoteva, come il fulmine l'albero vigoroso che scrolla fino
alle radici. Il suo pensiero lo trascinava verso l'avvenire, un
avvenire senza sicurezza. Nell'isola, ove si sapeva che egli si
era stabilito, poteva venire ora qualche agente del governo.
Parecchie volte, non lo ignorava, si erano preoccupati della
presenza d'uno straniero in Magellania, dei suoi rapporti con
gli indigeni, dell'influenza che esercitava. Adesso il
governatore chileno lo avrebbe interrogato per sapere chi fosse,
per indagare nella sua vita, per obbligarlo a rompere
l'incognito, che, sopratutto, tanto gli premeva.
Trascorse qualche giorno. Il Kaw-djer non aveva pi parlato
del cambiamento portato dal trattato di suddivisione, ma era
sempre pi tetro. Che meditava? Pensava di lasciare l'Isola
Nuova, di separarsi dal suo Indiano fedele, dal giovinetto per il
quale provava un affetto tanto profondo.
Dove sarebbe andato? In quale altro angolo del mondo avrebbe
ritrovata l'indipendenza, senza cui pareva non potesse vivere?
Rifugiandosi anche sopra le ultime rocce magellaniche, fosse
pure nell'isolotto del capo Horn, sarebbe sfuggito all'autorit
chilena?
Si era al principio di marzo. La bella stagione doveva durare
ancora poco pi di un mese; la stagione che il Kaw-djer
riserbava per le sue visite agli accampamenti fuegiani, prima
che il freddo rendesse impraticabile il mare, e tuttavia non si
disponeva ad imbarcarsi sulla scialuppa.
La Wel-Kiej, disarmata, giaceva nel fondo dell'insenatura. Ma
nel pomeriggio del 7 marzo egli disse a Karroly:
Preparerai la scialuppa per domani all'alba.
Un viaggio di parecchi giorni? chiese l'indiano.
S.
Il Kaw-djer si era deciso a ritornare in mezzo alle trib
fuegiane? Avrebbe rimesso il piede su quella Terra del Fuoco,
divenuta argentina o chilena?
Halg deve accompagnarci? domand Karroly.
S.
E il cane?
Anche Zol.
La Wel-Kiej part all'alba. Il vento soffiava dall'Est e ai piedi
del picco un risucchio piuttosto forte sbatteva contro le rocce.
Nella direzione del Nord, il mare, al largo, si sollevava in
lunghe ondate.
Se l'intenzione del Kaw-djer fosse stata di costeggiare la Terra
del Fuoco, la scialuppa avrebbe dovuto lottare contro le onde,
perch la brezza aumentava mano mano che si alzava il sole.
Ma non si trattava di ci. Ad un suo ordine, dopo aver seguito
la base dell'Isola Nuova, volsero verso l'Isola Navarin, la cui
doppia cima si perdeva vagamente nelle nebbie mattinali
dell'Ovest.
E alla punta sud di quell'isola, una delle mediane
nell'arcipelago magellanico, la Wel-Kiej approd prima del
tramonto del sole, in una piccola insenatura molto a picco,
nella quale, durante la notte, doveva ritenersi sicura.
L'indomani, la scialuppa, tagliando obliquamente la baia di
Nassau, volse la prua verso l'isola Wollaston, dove si ancor la
sera stessa.
Il tempo diventava cattivo; il vento era pi freddo, perch
spirava dal Nord-Est. All'orizzonte si ammassavano dense
nubi. La tempesta si approssimava.
La scialuppa, per seguire le istruzioni del Kaw-djer, doveva
proseguire verso il Sud, ma bisognava scegliere passi dove il
mare fosse meno pericoloso; cosa che fecero lasciando l'isola
Wollaston; Karroly gir intorno alla parte occidentale, in modo
da portarsi nello stretto che separa l'isola Hermitte dall'isola
Herschell.
Quale meta si era prefissa il Kaw-djer? Quando avesse
raggiunto gli ultimi limiti della Terra e fosse arrivato al Capo
Horn, non vedendo dinanzi a s che l'immenso Oceano, che
avrebbe fatto?
La scialuppa, nel pomeriggio del 15 marzo, approd
all'estremit dell'arcipelago, non senza avere corso il maggior
pericolo in mezzo a un mare agitatissimo. Il Kaw-djer sbarc
subito e, senza nulla dire delle sue intenzioni, rimand il cane
che voleva seguirlo, lasci Karroly e Halg sulla spiaggia e si
diresse verso il capo.
L'isola di Horn non che un agglomeramento caotico di rocce
enormi, la cui base cosparsa di rottami e gigantesche
laminarie, trasportate dalle correnti.
Pi in l, numerose punte di scogli rompono con centinaia di
macchie nere la bianchezza nevosa deh risucchio.
Si sale, piuttosto facilmente, alla cima poco alta del capo, dal
suo versante settentrionale, in pendii dolci, sui quali si trova
qualche zolla di terra coltivabile, e il Kaw-djer ne compiva
l'ascesa.
Che andava a fare lass? Voleva fissare i suoi sguardi fino ai
limiti dell'orizzonte del Sud? Ma cosa vi poteva scoprire, se
non l'immenso specchio del mare?
La tempesta raggiungeva, ora, il parossismo, e mano mano che
saliva lo investiva il vento sempre pi infuriato. Talvolta,
doveva irrigidirsi, per non venire travolto Spruzzi d'acqua,
lanciati con violenza, gli sferzavano il viso, e Halg e Karroly
dal basso vedevano la sua ombra rimpicciolire gradatamente. E
vedevano anche la lotta che egli sosteneva contro la bufera.
L'ascesa penosa dur quasi un'ora. Giunto al culmine, il Kaw-
djer si inoltr fino all'orlo del dirupo e l, ritto in mezzo alla
tormenta, rest immobile, con lo sguardo rivolto al Sud.
La notte cominciava a calare dalla parte dell'Est, ma l'orizzonte
opposto si illuminava ancora delle ultime luci del sole. Grosse
nubi, scapigliate dal vento, piccoli vapori trascinantisi sulle
onde, passavano con rapidit di uragano. Ovunque, null'altro
che il mare.
Ma, infine, cos'era andato a fare lass quell'uomo dall'anima
tanto turbata? Aveva una mta, una speranza? Oppure, giunto
al limite della Terra, trattenuto dall'impossibile, sentiva
soltanto la sete del gran riposo della morte?
L'ora trascorse e l'oscurit si fece completa. Tutte le cose
scomparvero inghiottite dalle tenebre.
Venne la notte
All'improvviso, un lampo brill debolmente nello spazio, una
detonazione venne a morire sulla spiaggia.
Il colpo di cannone d'una nave in pericolo!
IV.
SULLA COSTA.
Erano allora le otto di sera. Il vento, che soffiava gi da un
pezzo dal Sud-Est, batteva obliquamente la costa con violenza
furiosa, e una nave non avrebbe potuto oltrepassare la punta
estrema dell'America, senza correre il rischio di affondare.
La detonazione aveva dunque rivelato la presenza di un
bastimento che correva tale pericolo. Impotente, senza dubbio,
a sostenersi fra le raffiche furiose, e a mantenere sia pure una
vela, esso era inesorabilmente perduto fra gli scogli.
Una mezz'ora dopo il Kaw-djer non era pi solo sulla cima
dell'isolotto. Alla detonazione, l'Indiano e suo figlio,
aggrappandosi, per abbreviare la scalata alle rocce del capo, ai
cespugli germogliati nelle fenditure, l'avevano raggiunto.
Risuon un secondo colpo di cannone. In simili paraggi deserti,
con quel tempo indiavolato, quale aiuto sperava la nave
disgraziata?
ad ovest disse Karroly.
E avanza con le vele a tribordo approv il Kaw-djer
perch dopo il primo colpo di cannone si avvicinata al capo.
E non lo superer afferm Karroly.
No rispose il Kaw-djer il mare troppo cattivo Ma
perch non si ancora al largo?
Forse non potr farlo.
possibile, ma forse, anche, perch non ha scorto la terra
Bisogna indicargliela Un fuoco, accendiamo un fuoco!
esclam il Kaw-djer.
Si affrettarono febbrilmente a riunire bracciate di frondami
secchi, strappati dagli arbusti che crescevano sui fianchi del
promontorio, lunghe erbe e rifiuti marini ammassati dal vento
nelle cavit tortuose, ed accumularono il combustibile sopra la
sommit della enorme roccia.



Il Kaw-djer batt l'acciarino. Il fuoco si comunic all'esca, poi
ai fuscelli, poi, animato dal vento, non tard a raggiungere
l'intero focolare. In meno di un minuto, dal poggio, s'alz una
colonna di fiamme, che si contorse proiettando una luce
immensa, mentre il fumo fuggiva verso il Nord in dense
nuvole. Ora al muggito della tempesta si aggiungeva il crepito
furioso della legna, i cui nodi scoppiavano come cartucce. Il
capo Horn indicatissimo per portare un faro che potrebbe
rischiarare il limite comune ai due oceani. La sicurezza della
navigazione lo esige, e, certamente, il numero delle disgrazie,
cos frequenti in tali paraggi, verrebbe diminuito.
Senz'alcun dubbio, in mancanza di faro, il fuoco acceso dalla
mano del Kaw-djer doveva essere stato veduto. Il capitano
della nave, in ogni modo, non poteva ignorare di trovarsi in
prossimit del capo, e aiutato dal fuoco che gliene indicava la
posizione esatta, gli sarebbe stato possibile cercar salvezza,
gettandosi sotto il vento nei passi dell'isola Horn.
Ma quali pericoli spaventosi in tale manovra, in mezzo
all'oscurit cos profonda! Se a bordo non c'era una persona
pratica, quanta poca probabilit di potersi guidare in mezzo a
tanti scogli!
Intanto il fuoco continuava a proiettare la sua luce nella notte.
Halg e Karroly non cessavano d'alimentarlo: il combustibile
non mancava, e in caso di bisogno poteva durare fino al
mattino.
Il Kaw-djer, ritto davanti alla catasta ardente, tentava,
inutilmente, di rilevare la posizione del bastimento, quando ad
un tratto, da un piccolo squarcio fra le nubi, la luna illumin lo
spazio, e per un attimo si pot scorgere un bastimento a quattro
alberi, la cui chiglia nera s. delineava sopra la schiuma delle
onde. La nave che avanzava verso l'Est, lottava infatti
penosamente contro il vento e contro il mare.
Nello stesso momento, fra uno di quei silenzi che separano due
raffiche, si udirono alcuni sinistri scricchiolii. I due alberi di
poppa si erano spezzati fino alla base.
perduto! esclam Karroly.
A bordo! ordin il Kaw-djer.
In pochi minuti, tutti e tre, non senza rischio, scendendo dalla
scarpata del capo, raggiunsero la spiaggia. Col cane alle
calcagna, si imbarcarono sulla scialuppa, che usc
dall'insenatura. Halg stava al timone, il Kaw-dier e Karroly ai
remi, perch non era possibile stendere la pi piccola vela.
Bench i remi fossero maneggiati da due braccia robuste, la
Wel-Kiej dur fatica a liberarsi dagli scogli, contro i quali
l'onda si spezzava furiosamente. Il mare era agitatissimo. La
scialuppa, sbattuta fino a smembrarsi, balzava, rovesciandosi
da un fianco all'altro, talvolta si inalberava, come dicono i
marinai, con tutta la prua fuori d'acqua, per ricadere poi
pesantemente. Enormi masse d'acqua naviganti, si spezzavano
come docce sulla tolda e scorrevano fino a poppa, cos che la
barca, gravata da quel peso, arrischiava di sommergersi; allora
bisognava che Halg abbandonasse il timone, per buttar via
l'acqua con la pala.
Ci malgrado, la Wel-Kiej si avvicinava alla nave, della quale
si distinguevano i fuochi di posizione. Se ne scorgeva la massa
che beccheggiava come un pezzo di sughero gigantesco, pi
nera del mare, pi nera del cielo.
I due alberi spezzati, trattenuti dalle sartie, navigavano dietro
ad essa, mentre l'albero maestro e quello di trinchetto
descrivevano archi a semicerchio, rompendo la nebbia.
Ma che fa dunque il capitano? esclam il Kaw-djer.
Perch non si libera da tutta quell'alberatura? Non possibile
trascinare simili appendici attraverso passi cos pericolosi!
Era urgente, infatti, tagliare i legami che trattenevano gli alberi
stroncati; ma la nave si trovava, senza dubbio, in completo
disordine. Forse anche mancava il capitano, cosa che si doveva
supporre, constatando l'assenza di ogni manovra in una
situazione cos critica,
Tuttavia l'equipaggio non poteva pi ignorare che la nave si era
troppo accostata a terra e che non avrebbe tardato a restarvi
fracassata. Il fal, acceso alla sommit del capo Horn, gettava
ancora bagliori che si sbizzarrivano come tentacoli smisurati,
quando il braciere, veniva rianimato dal soffio della tormenta.
Non c' forse pi nessuno a bordo! disse l'Indiano,
rispondendo all'osservazione del Kaw-djer.
Poteva anche essere, dopo tutto, che l'equipaggio avesse
abbandonata la nave, tentando di giungere a terra sopra le
imbarcazioni.
A meno che essa non fosse gi se non un enorme feretro,
trasportante morenti e morti, i cui corpi fra breve sarebbero
andati a schiacciarsi sulla punta degli scogli, poich nei
momenti di tregua non si udiva n un grido, n un richiamo.
La Wel-Kiej arriv finalmente a fianco della nave, mentre
questa, con uno scarto a babordo, quasi la sommergeva. Ma un
buon colpo di timone le permise di costeggiare la chiglia lungo
la quale pendevano funi e cordami. L'Indiano riusc ad
afferrare destramente il capo di una gomena, che venne subito
legata a prua della scialuppa.
Poi, egli e suo figlio, seguiti dal Kaw-djer, che portava in
braccio Zol, il cane, attraversarono il bastingaggio e misero
piede sul ponte..
No, la nave non era stata abbandonata; l'ingombrava invece
una folla smarrita di uomini, di donne e di fanciulli. Si
potevano contare parecchie centinaia di infelici, stesi per la
maggior parte contro il cassero e nelle corsie, al parossismo
dello spavento, e che non avrebbero potuto reggersi in piedi,
tanto era insostenibile il rullio.
In mezzo all'oscurit nessuno aveva scorto i due uomini e il
giovinetto saliti a bordo.
Il Kaw-djer si precipit a poppa, sperando di trovarvi il
timoniere al suo posto Il timone era abbandonato. La nave,
senza pi vele, andava ove la spingevano il vento e le ondate.
Dov'erano il capitano egli ufficiali? Sprezzando tutti i loro
doveri, avevano forse vilmente disertato?
Il Kaw-djer afferr un marinaio per il braccio.
Il tuo comandante? chiese in inglese.
L'uomo non ebbe nemmeno l'aria di comprendere che la
domanda gli veniva rivolta da uno straniero e si limit ad
alzare le spalle.
Il tuo comandante? replic il Kaw-djer.
Travolto sopra bordo, e pi di uno insieme a lui disse il
marinaio con strana indifferenza.
Cos il bastimento non aveva pi il capitano e gli mancava
inoltre una parte dell'equipaggio.
Il secondo? domand il Kaw-djer.
Nuova alzata di spalle del marinaio, evidentemente stupito.
Il secondo?. rispose. Le gambe rotte, la testa
schiacciata, sfracellata tra il ponte e la stiva.
Ma il tenente? il nostromo? dove sono?
Con un gesto, il marinaio fece capire che non se ne sapeva
nulla.
Insomma chi comanda a bordo? esclam il Kaw-djer.
Voi! disse Karroly.
Al timone dunque! ordin il Kaw-djer.
Egli e Karroly ritornarono rapidamente a poppa e gravarono
sulla ruota per fare volgere il bastimento, il quale, obbedendo a
stento al timone, si port lentamente sul babordo.
Braccia in quadro tutto comand il Kaw-djer.
La nave, ora col vento in poppa, aveva acquistato un po' di
velocit. Sarebbe stato possibile passare ad Ovest dell'isola
Horn?
Dov'era diretta quella nave? Lo avrebbero saputo pi tardi.
Quanto al suo nome e a quello del porto di partenza:
Jonathan, San Francisco fu possibile leggerli sulla ruota,
alla luce di un lanternone.
Gli scarti violenti tendevano difficilissima la manovra del
timone, la cui azione era, del resto, poco efficace, non avendo
la nave che una sua propria debole velocit. Tuttavia, il Kaw-
djer e Karroly tentavano di mantenerla nella direzione del
passo, orientandosi agli ultimi sprazzi di luce che, per qualche
minuto ancora, continu a mandare il fuoco acceso alla cima
del Capo Horn.
Ma pochi minuti bastavano per raggiungere l'entrata del canale,
che si approfondiva a tribordo, fra l'isola Hermitte e l'isola
Horn. Se il bastimento fosse riuscito ad evitare gli scogli
emergenti nella parte mediana del canale, avrebbe potuto
raggiungere un posto riparato dal vento e dal mare, ove gettare
l'ancora, e ove aspettare al sicuro il levar dei sole Karroly,
aiutato da alcuni marinai, il cui turbamento era cos grande da
non accorgersi neppure che gli ordini venivano da un Indiano,
si affrett subito a tagliare le sartie e i legami che trattenevano i
due alberi schiantati. I loro urti violenti contro la chiglia
avrebbero finito per sfondarla. Tagliate le sartie, lasciata andare
l'alberatura alla deriva, non c'era pi da occuparsene! Quanto
alla Wel-Kiej, rimorchiata da una gomena a poppa, non correva
pi il pericolo di una collisione.
Il furore della tempesta aumentava. Le enormi masse d'acqua
che salivano sin sopra il bastingaggio, accrescevano il terrore
dei passeggeri. Sarebbe stato assai meglio che tutta quella
gente si fosse rifugiata sul cassero, nel piano tra il ponte e la
stiva; ma come farsi ascoltare e capire da quegli infelici? Non
c'era da sperarlo.
Finalmente la nave, non senza scarti spaventosi, i quali
esponevano i suoi fianchi, volta a volta, agli assalti delle onde,
super il capo, sfior gli scogli che si rizzavano all'Ovest e,
sotto l'impulso d'un pezzo di tela issata a prua, a guisa di
fiocco, pass sotto vento dell'isola Horn, le cui alture la
ripararono in parte contro le violenze della burrasca.
Durante tale tregua relativa, un uomo sal sul cassero e si
avvicin al timone, manovrato dal Kaw-djer e Karroly.
Chi siete? chiese.
Pilota rispose il Kaw-djer. E voi?
Nostromo.
I vostri ufficiali?
Morti.
Tutti?
Tutti.
Perch non eravate al vostro posto?
Sono stato tramortito dalla caduta degli alberi. Ho ripreso i
sensi ora.
Va bene. Riposate pure. Il mio compagno ed io basteremo.
Ma appena lo potrete, riunite i vostri uomini. Bisogna mettere
un po' di ordine qui!
Il pericolo non era scomparso, tutt'altro. Quando la nave fosse
giunta alla punta settentrionale dell'isola, sarebbe stata presa di
traverso ed esposta di nuovo a tutte le brutalit delle onde e del
vento che si ingolfavano nel braccio di mare, fra 1'isola Horn e
l'isola Herschell. Del resto, non esisteva nessun mezzo per
evitare quel passaggio. La costa del capo non offriva alcun
ricovero ove il Jonathan potesse gettare l'ancora; inoltre il
vento, che soffiava sempre pi forte dal Sud, non avrebbe
tardato a rendere impraticabile quella parte dell'arcipelago.
Il Kaw-djer nutriva una sola speranza; proseguire cio verso
l'Ovest e raggiungere la costa meridionale dell'isola Hermitte,
abbastanza sicura, lunga una dozzina di miglia, e non
sprovvista di rifugi. Dietro una delle punte, era probabile che il
Jonathan trovasse un ricovero e Karroly, appena il mare si
fosse un po' calmato, avrebbe tentato di raggiungere il canale
del Beagle, e condurre la nave, bench resa difficilmente
manovrabile, a Punta-Arenas, dallo stretto di Magellano.
Ma quanti pericoli non presentava la navigazione fino all'isola
Hermitte! Come evitare gli scogli numerosi in quei paraggi?
Con le vele ridotte a un lembo di fiocco, come assicurare
l'orientamento, entro le tenebre profonde?
Dopo una terribile ora, si oltrepassarono le ultime rocce
dell'isola Horn, e allora il mare ricominci a battere in pieno
contro la nave.
Il nostromo, aiutato da una dozzina di uomini, congegn un
tormentino all'albero di trinchetto, e non ci volle meno di
mezz'ora per riuscirvi. Infine, con immensa fatica, la vela fu
issata, e vennero tese le corde, a mezzo di paranchi azionati da
tutto l'equipaggio rimasto.
Certo, dato il tonnellaggio della nave, l'azione di quel pezzo di
tela doveva riuscire appena sensibile. Tuttavia essa la risentiva,
ed era tanta la forza del vento, che percorse in meno d'un'ora le
sette od otto miglia che separano l'isola Horn dall'isola
Hermitte.

Un po' prima delle undici il Kaw-djer e Karroly cominciavano
a credere nel successo del loro tentativo, quando un fracasso
spaventoso domin per un attimo i muggiti del mare.
L'albero di trinchetto si era spezzato a una diecina di piedi
sopra il ponte. Trascinando nella sua caduta una parte
dell'albero maestro, cadde, squarciando il bastingaggio di
babordo, e scomparve.
Tale malaugurato accidente fece parecchie vittime, perch si
levarono grida strazianti. Nello stesso tempo, un'ondata
gigantesca invase il Jonathan, e gli diede cos grande
inclinazione, che minacci di capovolgerlo.
Tuttavia la nave pot rialzarsi, ma un torrente d'acqua corse da
babordo a tribordo, da poppa a prua, spazzando tutto sul suo
passaggio. Fortunatamente le sartie si erano spezzate, e i
rottami dell'alberatura, trasportati dall'onda, non minacciavano
la chiglia.
Diventato ormai, si pu dire, un pontone alla deriva, il
Jonathan non sentiva pi il timone.
Siamo perduti! esclam una voce.
E non ci sono imbarcazioni! gemette un altro.
C' la scialuppa del pilota url un terzo.
La folla si precipit a poppa, ove, a rimorchio, seguiva la Wel-
Kiej.
Fermi ordin il Kaw-djer, con voce cos imperiosa, che
fu obbedito all'istante.
In pochi secondi, il nostromo form un cordone di marinai, che
sbarr la via ai passeggeri impazziti. Non restava altro che
aspettare.
Un'ora dopo, Karroly intravide una massa enorme verso il
Nord. Per quale miracolo il Jonathan aveva seguito, senza
danni, il canale che separava l'isola Herschell dall'isola
Hermitte? Certo che l'avevano superato, perch ora
apparivano le alture dell'isola Wollaston. Ma le onde
divenivano pi forti, e l'isola Wollaston fu quasi subito lasciata
a tribordo.
Tra il vento e la corrente, quale sarebbe stato ora il pi forte?
Spinto dal primo, il Jonathan, avrebbe filato ad Est dell'isola
Hoste, oppure, seguendo la seconda, l'avrebbe superata dalla
parte Sud? N l'una cosa n l'altra. Un po' prima del mattino,
un urto formidabile scosse tutta la sua membratura, ed esso
rest immobile, sbandandosi fortemente a babordo.
La nave americana aveva toccato sulla costa orientale di quella
estremit dell'isola Hoste, che porta il nome di Falso Capo
Horn.
V.
I NAUFRAGHI.
Quindici giorni prima della notte dal 15 al 16 marzo, il clipper
americano Jonathan aveva lasciato San Francisco di
California, con destinazione nell'Africa Australe. una
traversata, che una nave di buona andatura, se favorita dal
tempo, pu compiere in cinque settimane.
Quel veliero di tremilacinquecento tonnellate di stazza era
attrezzato di quattro alberi; l'albero di trinchetto e quello
maestro a vele quadrate, gli altri due a vele auriche e latine,
brigantine e frecce. Il comandante, capitano Leccar, marinaio
eccellente nel fior degli anni, aveva ai suoi ordini il secondo
Musgrave, il tenente Maddison, il nostromo Hartlepool e un
equipaggio di ventisette uomini, tutti americani.
Il J onathan non era stato noleggiato per un trasporto di merci.
Portava un carico umano. Pi di mille emigranti, riuniti da una
Societ di colonizzazione, vi si erano imbarcati per la baia di
Lagoa, ove il Governo Portoghese aveva accordato loro una
concessione.
Il carico del clipper, oltre alle provvigioni di viaggio,
conteneva quanto era necessario all'impianto della colonia.
L'alimentazione di quelle centinaia d'emigranti era assicurata
per parecchi mesi, in farine, conserve, e bevande alcooliche. Il
Jonathan trasportava anche materiale di primo impianto; tende,
case smontabili e utensili necessari ai bisogni domestici.
Per favorire la coltivazione immediata delle terre concesse, la
Societ si era preoccupata di fornire ai coloni strumenti
agricoli, sementi di cereali e di legumi, un certo numero di
bestiame di specie bovina, suina e ovina e tutti gli ospiti
abituali del pollaio. Anche le armi e le munizioni non
mancavano; quindi l'avvenire della nuova colonia veniva
garantito per un periodo sufficiente. Del resto, non si pensava
neppure ch'essa dovesse essere abbandonata a se stessa. 11
Jonathan, ritornando a San Francisco, vi avrebbe ripreso un
secondo carico a complemento del primo, e, se l'impresa fosse
riuscita, avrebbe trasportato ancora altri colonizzatori alla baia
di Lagoa. Non fanno difetto i poveri, pei quali l'esistenza
penosa, ed anche impossibile, nella madrepatria, e i cui sforzi
tendono a formarsene una migliore in terra straniera.
Fin dall'inizio del viaggio, gli elementi parvero allearsi contro
la riuscita dell'impresa. Dopo una traversata durissima, il
Jonathan, giungendo all'altezza del capo Horn, si trov in
mezzo a una delle pi furiose tempeste che fossero mai
scoppiate in quei paraggi.
Il capitano Leccar, che, per la mancanza di osservazioni solari,
non poteva conoscere la sua esatta posizione, si riteneva forse
pi lontano da terra di quel che non fosse. Per questo motivo
strinse la rotta, sperando di passare con una sola bordata
nell'Atlantico, ove sperava di trovare, indubbiamente, un tempo
migliore.
Ma i suoi ordini erano stati appena eseguiti, quando un violento
maroso sconquass la ganascia di tribordo, trascinandola seco
insieme al capitano stesso e a parecchi passeggeri e marinai. Si
tent vanamente di portar soccorso ai disgraziati che, in meno
d'un attimo, scomparvero.
Dopo tale catastrofe il Jonathan cominci a sparare il cannone
di allarme, la cui prima detonazione era giunta fino al Kaw-djer
e ai suoi compagni.
Il capitano Leccar non aveva dunque veduto il fuoco acceso
sulla cima del capo; cosa che gli avrebbe dimostrato il suo
errore, e permesso forse di ripararlo. In mancanza sua, il
secondo Musgrave tent di virare di bordo per guadagnare
spazio. Era impresa quasi irrealizzabile, dato lo stato del mare
e la riduzione delle vele, richiesta dalla violenza del vento.
Tuttavia, dopo molti sforzi infruttuosi, stava forse per
raggiungere lo scopo, allorch fu precipitato in mare, insieme
al tenente Maddison, dalla caduta dell'alberatura di poppa.
Nello stesso momento, una carrucola, violentemente spinta
dall'onda, colp il nostromo alla testa, gettandolo svenuto sopra
il ponte.



Il resto noto.
Il viaggio era ora compiuto. Il Jonathan, solidamente incastrato
fra le punte degli scogli, giaceva immobile per sempre sulla
costa dell'isola Hoste. A quale distanza dalla terra? Solo la luce
del giorno avrebbe potuto rispondere a questa domanda. In
ogni modo non esisteva pi alcun pericolo immediato. La nave,
trascinata dalla sua stessa forza viva, era molto avanzata in
mezzo agli scogli e quelli che il suo slancio le aveva permesso
di oltrepassare, la difendevano ora dalle ondate che non
giungevano fino a lei, se non sotto forma di schiuma
inoffensiva. Dunque, per quella notte almeno, non sarebbe stata
demolita, n poteva affondare, riposando ormai su un terreno
solido.
Il Kaw-djer, aiutato dal nostromo Hartlepool, riusc finalmente
a far comprendere tale situazione a quel branco di gente
impazzita, che ingombrava il ponte. Alcuni emigranti, chi
volontariamente, chi scagliato dall'urto, erano passati sopra
bordo al momento in cui la nave si arenava e giacevano ora
sopra gli scogli, mutilati e senza vita. Ma l'immobilit del
bastimento cominciava a tranquillizzare gli altri. A poco a
poco, uomini, donne e fanciulli, cercarono un ricovero sotto
coperta, o nel passaggio tra la stiva e il ponte, contro la
pioggia, che le nubi riversavano a torrenti. Quanto al Kaw-djer,
insieme a Halg, a Karroly e al nostromo, continuava a vegliare
per la salvezza comune.
Sdraiati cos nell'interno della nave, dove regnava un silenzio
relativo, i passeggeri per la maggior parte non tardarono ad
addormentarsi. Passando da un estremo all'altro, quei poveretti,
che si sentivano protetti dall'energia e dall'intelligenza di un
altro uomo, avevano ripreso fiducia ed obbedivano docilmente.
Come se la cosa fosse stata affatto naturale, si erano messi
nelle mani del Kaw-djer e gli lasciavano la cura di decidere
della loro sorte e di dar loro la tranquillit. Essi non erano
preparati a subire tali prove. Forti, con paziente rassegnazione,
contro le solite miserie della vita, restavano disarmati contro
circostanze cos eccezionali e inconsciamente desiderosi che
qualcuno si incaricasse di distribuire ad ognuno il suo lavoro.
Francesi, Italiani, Russi, Irlandesi, Inglesi, Tedeschi e perfino
Giapponesi, erano rappresentati, pi o meno largamente, fra
tali emigranti, il maggior numero dei quali, per, proveniva
dagli Stati del Nord America. Le diverse arti e mestieri erano
altres largamente rappresentate fra loro. Se la grande
maggioranza apparteneva alla classe agricola, alcuni, invece,
facevano parte della classe operaia propriamente detta, e taluni,
prima di espatriare, avevano anche esercitato professioni libere.
In generale celibatari, pochi fra essi erano ammogliati, con
famiglia pi o meno numerosa. Ma tutti avevano un tratto
comune, tutti potendosi considerare relitti della vita e avendo
tutti dovuto riconoscersi male adatti al loro luogo nativo, e
risolversi a cercar fortuna sotto altri cieli.
Tale ibrida popolazione formava un microcosmo, una
riduzione dell'umanit, ove, ad eccezione della ricchezza, erano
rappresentate tutte le gradazioni sociali. Anche la miseria
estrema vi era abolita, perch la Societ colonizzatrice aveva
imposto ai suoi aderenti il possesso di un capitale minimo di
cinquecento franchi, capitale che, secondo le facolt
individuali, era stato portato da qualcuno a una cifra venti o
trenta volte maggiore. Insomma era una folla non migliore n
peggiore di tante altre; la folla con le sue ineguaglianze, le sue
virt e le sue tare; ammasso confuso di desideri e di sentimenti
contraddittori; la folla anonima, dalla quale si sprigiona talvolta
una volont unica e totale, cos come una corrente si forma e si
isola nella massa amorfa del mare.
Che ne sarebbe stato di quella folla, che il caso gettava sopra
una costa inospitale? Come avrebbe risolto l'eterno problema
della vita?
PARTE SECONDA
I.
A TERRA.
Anche in una regione cos accidentata, l'isola Hoste notevole
per la bizzarria della sua struttura. Se la costa settentrionale,
che limita il canale del Beagle per met della sua estensione,
sensibilmente rettilinea, il litorale, nel resto del suo perimetro,
irto di capi acuti, e frastagliato da stretti golfi, di cui alcuni
profondi fino a traversare l'isola, quasi da parte a parte.
L'isola Hoste una delle grandi terre dell'arcipelago
magellanico. La sua larghezza pu valutarsi a cinquanta
chilometri, e la lunghezza a pi di cento, senza comprendervi
la penisola Hardy, curva come una scimitarra, che proietta, a
otto o dieci leghe nel Sud-Ovest, la punta conosciuta sotto il
nome di Falso Capo Horn.
Il Jonathan si era incagliato appunto all'Est di tale penisola,
dietro un'enorme massa granitica che separa la baia Orange
dalla baia Scotchwell.
Alla prima luce del mattino apparve un dirupo selvaggio fra le
brume, le quali non tardarono a dissipare gli ultimi soffi della
tempesta che si diradava. Il Jonathan giaceva all'estremit d'un
promontorio, di cui la cresta, formata da un monticello isolato,
molto a picco sul mare, si congiungeva, per mezzo di una vetta
altissima, all'ossatura della penisola. Ai suoi piedi si stendeva
un letto di rocce nerastre, rese vischiose dalle piante marine e
dalle alghe. Fra gli scogli, luccicava a chiazze la sabbia fine e
ancora umida, cosparsa abbondantemente di conchiglie:
patelle, pettini, licorni, veneri, tritoni, ecc., di cui ricca la
spiaggia magellanica. Insomma l'isola Hoste non sembrava, a
prima vista, gran che ospitale.
Appena i primi albori permisero di distinguere confusamente la
costa, la maggior parte dei naufraghi si gett sugli scogli, quasi
interamente scoperti, e raggiunse in fretta la spiaggia. Sarebbe
stata follia tentare di trattenerli. Ognuno immagini quale
desiderio doveva avere quella povera gente di calpestare un
terreno solido, dopo gli spaventi della notte appena trascorsa.
Un centinaio fra essi si diedero subito a scalare il picco, nella
speranza di trovarvi al sommo una pi vasta distesa di terreno.
Altri si allontanarono, seguendo la riva sud della punta, altri
girarono intorno alla riva nord, mentre il maggior numero
stazionava sulla spiaggia, assorto a contemplare il Jonathan
arenato.
Tuttavia alcuni emigranti, pi intelligenti o meno impulsivi
degli altri, erano rimasti a bordo, e fissavano gli sguardi sul
Kaw-djer, come aspettando una parola d'ordine da quello
sconosciuto, il cui intervento era gi stato loro tanto salutare. E
poich egli non dimostrava nessuna intenzione d'interrompere
il suo discorso col nostromo, uno degli emigranti si stacc
infine da un gruppo di quattro persone, fra cui stavano due
donne, e si diresse verso di lui. Era facile riconoscere,
dall'espressione del viso, dal portamento e da mille indizi
inafferrabili, che quell'uomo sulla cinquantina apparteneva a
una classe superiore a quella in mezzo alla quale si trovava.
Signore disse rivolgendosi al Kaw-djer, prima di tutto
vi ringrazio. Voi ci avete salvati da morte sicura. Senza di voi,
e senza i vostri compagni, noi eravamo inevitabilmente perduti.
Il viso, la voce e i gesti del passeggero ne dimostravano
l'onest e la rettitudine. Il Kaw-djer strinse cordialmente la
mano che gli stendeva; poi, adoperando anch'egli la lingua
inglese, nella quale gli era stata rivolta la parola:
Il mio amico Karroly ed io rispose, siamo felicissimi
d'aver potuto, con la perfetta conoscenza di questi paraggi,
evitare una catastrofe cos spaventosa.
Permettetemi di presentarmi. Sono emigrante e mi chiamo
Harry Rhodes. Ho con me mia moglie, mia figlia e un figlio
e il passeggero indicava le tre persone che aveva lasciato per
avvicinarsi al Kaw-djer.



Il mio compagno disse allora il Kaw-djer il pilota
Karroly, ed ecco suo figlio Halg. Come vedete, due Fuegiani.
E voi? chiese Harry Rhodes.
Sono un amico degli Indiani. Mi hanno battezzato il Kaw-
djer, e non mi conosco altro nome.
Harry Rhodes lo guard veramente stupito; ma il Kaw-djer
sostenne l'esame con calma e freddezza. Senza insistere, quegli
domand:
Qual' il vostro parere su quello che si deve fare?
Ne parlavamo per l'appunto, col signor Hartlepool
rispose il Kaw-djer. Tutto dipende dallo stato del Jonathan.
Non ho, davvero, troppe illusioni al riguardo. Tuttavia
necessario esaminarlo, prima di decidere qualche cosa.
Su quale parte della Magellania siamo incagliati? riprese
Harry Rhodes.
Sulla costa sud-est dell'Isola Hoste.
Vicino allo stretto di Magellano?
No, molto lontano invece.
Diamine! disse Harry Rhodes.
Ecco perch, vi ripeto, tutto dipende dallo stato del
Jonathan. Bisogna anzitutto rendersene conto: poi prenderemo
una decisione.
Seguito dal nostromo Hartlepool, da Harry Rhodes, da Halg e
da Karroly, il Kaw-djer discese sugli scogli, e tutti insieme
girarono intorno al clipper.
Essi ebbero subito la certezza che il Jonathan doveva
considerarsi assolutamente perduto. La chiglia era avariata in
venti posti, sconquassata in quasi tutta la lunghezza del fianco
di tribordo; avarie particolarmente irrimediabili, quando si
tratta di un bastimento costruito in ferro.
Bisognava quindi rinunziare ad ogni speranza di rimetterlo in
mare ed abbandonarlo all'onda, che non avrebbe tardato a
completarne lo sfacelo.
Secondo me disse allora il Kaw-djer, converrebbe
sbarcare il carico e metterlo al sicuro. Intanto ripareremo la
nostra scialuppa, che ha subito gravi danni nel momento
dell'incaglio. Finite le riparazioni, Karroly potrebbe condurre a
Punta-Arenas, uno degli emigranti, incaricato di rendere edotto
del sinistro il governatore, il quale, senza dubbio, si affretter a
svolgere le pratiche necessarie al vostro rimpatrio.
Assai ben detto e pensato approv Harry Rhodes.
Credo soggiunse il Kaw-djer che sarebbe conveniente
comunicare la mia idea a tutti i vostri compagni. E per questo,
se non Io trovate inopportuno, bisognerebbe riunirli sulla
spiaggia.
Dovettero aspettare per molto tempo il ritorno dei vari gruppi
allontanatisi in direzioni opposte. Tuttavia, prima delle nove
antimeridiane, la fame aveva ricondotto tutti gli emigranti
dinanzi alla nave arenata. Harry Rhodes, salendo sopra un
macigno a guisa di tribuna, trasmise ai compagni la proposta
del Kaw-djer.
Essa non ottenne unanime approvazione, n tutti si mostrarono
soddisfatti.
Scaricare una nave di tremila tonnellate! Non mancava
che questo! mormorava l'uno.
Ma per chi ci prendono? brontolava un altro.
Come se non si avesse tribolato abbastanza! diceva un
terzo cupamente.
Domando la parola chiese una voce sonora, in cattivo
inglese.
Prendetela accord Harry Rhodes, senza neppur
conoscere il nome dell'interruttore.
E scese dalla sua tribuna improvvisata, dove fu subito
rimpiazzato da un uomo nel pieno vigore dell'et. Il suo viso,
piuttosto bello, illuminato da occhi turchini un po' pensosi, era
incorniciato da una folta barba castana. Doveva esserne
alquanto ambizioso, perch continuava ad accarezzarne
amorosamente i lunghi peli che parevano di seta, con una mano
della quale nessun grossolano lavoro aveva alterato la
bianchezza.
Compagni pronunzi, misurando a gran passi la roccia,
come Cicerone un giorno doveva aver misurato la sua tribuna
naturale la sorpresa che alcuni tra voi hanno manifestato.
Che ci si propone infatti? Soggiornare per un tempo
indeterminato sopra questa costa inospitale, e lavorare
stupidamente al salvataggio di un materiale che non ci
appartiene. Perch aspettare qui il ritorno della scialuppa, la
quale potrebbe invece trasportarci gli uni dopo gli altri fino a
Punta-Arenas?
Qualche Ha ragione e naturale si ud levarsi fra gli
ascoltatori.
Intanto il Kaw-djer replicava:
La Wel-Kiej a vostra disposizione; ma ci vorranno dieci
anni, prima che siate trasportati tutti a Punta-Arenas.
Sia! concesse l'oratore. Restiamo qui, dunque, ed
aspettiamo il suo ritorno. Ma intanto non vediamo per qual
ragione dovremmo scaricare il materiale a forza di braccia. Che
si ritirino dalla nave gli oggetti di propriet personale,
ammissibile, ma il resto! Dobbiamo qualche cosa noi alla
Societ che ne a proprietaria? Essa invece responsabile
delle nostre disgrazie! Se non avesse dato prova di troppa
avarizia, se il bastimento fosse stato pi solido e meglio
guidato, non saremmo al punto in cui siamo. E del resto,
quand'anche cos non fosse, potremmo forse dimenticare che
noi facciamo parte dell'innumerevole classe degli sfruttati e
trasformarci docilmente in bestie da soma al servizio degli
sfruttatori?
L'argomento parve apprezzato. Una voce disse: Bravo .
Alcuni risero.
L'oratore, incoraggiato, prosegu con foga novella:
Sfruttati lo siamo sicuramente, noialtri lavoratori e cos
dicendo si batteva il petto con energia che non potemmo,
anche a prezzo di fatiche accanite, guadagnare il pane nei
luoghi che ci videro nascere. Saremmo quindi sciocchi ora, se
ci gravassimo le spalle di tutti quei ferramenti, fabbricati da
operai nostri compagni e che non sono, tuttavia, se non
propriet di quel capitalismo oppressore, il cui
incommensurabile egoismo ci ha costretti a lasciare le famiglie
e la patria.
La maggior parte degli emigranti ascoltava con stupore
l'orazione spiattellata in un inglese viziato da forte accento
straniero; ma molti fra essi ne sembravano scossi. Un piccolo
gruppo, riunito ai piedi della tribuna improvvisata, dava
naturali segni di approvazione.
Il Kaw-djer, da capo, mise le cose a posto.
Ignoro a chi appartenga il carico del J onathan disse con
calma, ma la mia esperienza del paese in cui siete, mi
autorizza ad assicurarvi che, eventualmente, esso vi potr
giovare. Nell'ignoranza dell'avvenire, nella quale siamo tutti
noi, ritengo prudente non abbandonarlo.
L'oratore precedente non manifest alcuna intenzione di
rispondere, e allora Harry Rhodes risal sulla roccia e mise ai
voti la proposta del Kaw-djer, che fu approvata a mani alzate,
senza altre opposizioni.
Il Kaw-djer chiede soggiunse Harry Rhodes,
trasmettendo una domanda che era stata rivolta a lui se tra
noi non ci siano carpentieri, che acconsentano ad aiutarlo a
riparare la sua scialuppa.
Presente ! disse un uomo dall'aspetto solido, che alz un
braccio al di sopra delle teste.
Presente ! risposero quasi subito altri due emigranti.
Il primo che ha parlato, Smith disse Hartlepool al Kaw-
djer, un operaio impegnato dalla Compagnia. Un
brav'uomo! Non conosco gli altri due: so soltanto che uno si
chiama Hobard.
E l'oratore Io conoscete ?
un emigrante, credo francese. Mi dissero che si chiama
Beauval , ma non ne sono sicuro.
Il nostromo non si sbagliava: tali erano il nome e la nazionalit
dell'oratore, la cui storia, piuttosto movimentata, pu tutta
essere riassunta in poche linee.
Ferdinando Beauval aveva studiato legge e sarebbe forse
riuscito nella sua professione, non mancandogli n
l'intelligenza n il talento, se non avesse avuto la disgrazia di
essere punto, fin dall'inizio della sua carriera, dalla tarantola
politica. Ansioso di realizzare i suoi sogni ambiziosi, ardenti e
confusi in uno, si era inscritto ai partiti avanzati, e non aveva
tardato a disertare il Tribunale per frequentare le riunioni
pubbliche. Egli sarebbe riuscito, come chiunque altro, a farsi
eleggere deputato, se avesse potuto aspettare il tempo
necessario. Ma le risorse modeste di cui disponeva si
esaurirono, prima che il successo avesse coronato i suoi sforzi.
Ridotto agli espedienti, si era compromesso in affari dubbi e da
quel giorno datava quella discesa rapida, che, di caduta in
caduta, l'aveva gettato prima nella strettezza, poi nella miseria,
costringendolo infine a cercare fortuna migliore sul suolo della
libera America.
Ma in America, il destino non gli era stato maggiormente
propizio. Dopo aver peregrinato di citt in citt, esercitando
necessariamente tutti i mestieri, giunse a San Francisco, ove la
fortuna non gli arrise, e lo costrinse a un secondo esilio.
Riusc a procurarsi il capitale minimo necessario, e si inscrisse
nel convoglio d'emigranti, solleticato da una prospettiva che
prometteva mari e monti ai primi coloni della concessione della
baia di Lagoa. Le sue speranze sembravano cadere ad una ad
una, dopo il naufragio del Jonathan, che lo gettava, insieme a
molti altri infelici, sul litorale della penisola Hardy.
Tuttavia, le delusioni continue di Ferdinando Beauval non
avevano scossa, in alcun modo, la fiducia in se stesso e nella
sua stella. Tali insuccessi, che egli attribuiva alla cattiveria,
all'ingratitudine e alla gelosia, lasciavano intatta la fede nel suo
proprio valore, il quale, un giorno o l'altro, alla prima
occasione favorevole, avrebbe trionfato.
Per la qual cosa, non trascurava un istante i doni di agitatore di
folle, che modestamente si attribuiva. Appena a bordo si era
messo a catechizzare, e talvolta con tale intemperanza di
parola, che il capitano Leccar ritenne suo dovere intervenire.
Pure, malgrado tale ostacolo, opposto alla sua propaganda,
Ferdinando Beauval aveva riportato qualche piccolo trionfo
all'inizio di quel viaggio, che finiva in modo cos drammatico.
Alcuni fra i suoi compagni di sventura, in numero
insignificante, vero, aveva ascoltato con compiacenza le
digressioni demagogiche, che formavano la trama della sua
eloquenza abituale. Intorno a lui essi costituivano ora un
gruppo compatto, il cui solo difetto era di essere troppo esiguo.
Certo il numero dei suoi affiliati sarebbe stato ben maggiore, se
Beauval, nella continua persistenza della solita sfortuna, non si
fosse trovato di fronte, anche a bordo del Jonathan, un
concorrente temibile.
Era un americano del Nord, di nome Lewis Dorick, un uomo
col viso sbarbato, d'aspetto freddissimo, di parola tagliente
come un coltello. Lewis Dorick professava teorie analoghe a
quelle di Beauval, ma pi avanzate. Mentre costui
preconizzava il socialismo, nel quale lo Stato, proprietario
unico dei mezzi di produzione, avrebbe ripartito ad ognuno il
proprio impiego, Dorick vantava un comunismo pi puro, nel
quale ogni cosa doveva divenire insieme propriet di tutti e di
ciascuno.
Fra i due leaders sociologhi, si poteva inoltre notare una
differenza pi caratteristica ancora del disaccordo dei loro
principi.
Mentre Beauval, latino immaginativo, si inebbriava di parole e
di sogni, restando tuttavia di costumi piuttosto miti, Dorick,
settario feroce e dottrinario assoluto, ignorava, nel suo cuore di
macigno, la piet. Mentre l'uno, capacissimo, del resto, di
esaltare un uditorio fino alla violenza, era personalmente
inoffensivo, l'altro costituiva un pericolo di per se stesso.
Dorick rendeva odiosa l'eguaglianza. Egli non guardava in
basso, ma in alto. Il pensiero del destino disgraziato al quale
votata l'immensa maggioranza dell'umanit, non lo
commuoveva in modo alcuno, ma che un piccolo numero di
esseri occupassero un rango sociale superiore al suo, era cosa
che gli procurava una ira convulsa.
Cercare di calmarlo, sarebbe stato follia. Egli diveniva nemico
implacabile del suo pi timido contraddittore, contro il quale
non avrebbe adoperato, se fosse stato libero, nessun altro
argomento, se non la violenza o il delitto.
Alla sua anima ulcerata Dorick doveva tutte le sue disgrazie,
professore di letteratura e di storia, non aveva potuto resistere
al desiderio di perorare dall'alto della cattedra tutt'altro
insegnamento. Egli vi proclamava volentieri le sue massime
libertarie non sotto forma di pura discussione teorica, ma sotto
quella di affermazioni perentorie, dinanzi alle quali si ha lo
stretto dovere di inchinarsi.
Tale condotta non aveva tardato a portare i suoi frutti naturali.
Dorick, coi ringraziamenti del Direttore, fu invitato a cercarsi
un altro posto. Le stesse cause continuavano a produrre gli
stessi effetti; il nuovo posto gli era sfuggito come il primo, il
terzo come il secondo, e cos via fino a che la porta dell'ultimo
istituto gli si chiuse irrevocabilmente alle spalle. Allora era
caduto sul lastrico e poi, da professore trasformato in
emigrante, di rimbalzo, sul ponte del Jonathan.
Durante la traversata, Dorick e Beauval reclutarono ognuno i
propri partigiani: questi col calore d'una eloquenza non
appesantita dalla critica coscienziosa delle idee, quello con
l'autorit inerente a un uomo che si afferma professore della
verit integrale. Non giungevano neppure a perdonarsi
reciprocamente la modesta clientela della quale si erano eretti
capi e se in apparenza si facevano buon viso, entro l'anima
erano pieni di ira e di odio.
Appena sbarcati sulla spiaggia dell'isola Hoste, Beauval, senza
perdere un minuto di tempo, aveva voluto assicurarsi un
vantaggio sopra il suo rivale e, approfittando dell'occasione
favorevole, era salito sulla tribuna e aveva preso la parola come
narrammo. Poco importava che la sua tesi non avesse poi
trionfato: l'essenziale consisteva nel mettersi in vista.
La folla si abitua a coloro che vede sovente, e, per divenire
naturalmente un capo, basta attribuirsene la parte il pi a lungo
possibile.
Durante il breve colloquio fra il Kaw-djer e Hartlepool, Harry
Rhodes aveva continuato ad arringare i compagni.
Poich la proposta accettata diceva loro dall'alto del
macigno bisognerebbe affidare ad uno di noi la direzione
del lavoro. Non cosa da poco scaricare completamente una
nave di tremila cinquecento tonnellate, e tale impresa esige un
po' di metodo. Vi sembra opportuno chiedere il concorso del
nostromo Hartlepool? Potr ripartirci il lavoro, e indicarci i
mezzi migliori per condurlo a termine. Coloro che sono del
mio parere alzino la mano.
Tutte le mani, ad eccezione di poche, si alzarono con uno
stesso movimento.
Eccoci dunque intesi constat Harry Rhodes e,
rivolgendosi poi al nostromo: Quali sono i vostri ordini?
Andare a far colazione rispose Hartlepool con bonariet.
Per lavorare bisogna mangiare.
Gli emigranti tornarono tumultuosamente a bordo, ove,
dall'equipaggio, fu loro distribuito un pasto fatto di conserve.
Intanto Hartlepool aveva preso in disparte il Kaw-djer.
Se voi, signore, lo permettete disse con una certa
preoccupazione, oserei pretendere che sono un buon
marinaio. Ma ho avuto sempre un capitano.
Che volete dire ? chiese il Kaw-djer.
Voglio dire rispose Hartlepool con un viso sempre pi
pietoso che io posso lusingarmi di sapere eseguire un
ordine, ma che l'invenzione non il mio forte. Terr salda sin
che vorrete la sbarra del timone, ma quanto a indicare la rotta
tutt'altro affare !
Il Kaw-djer esamin con la coda dell'occhio il nostromo.
Esistevano dunque uomini buoni, forti, onesti, ai quali un capo
era una necessit ?
Insomma, volete dire spieg il Kaw-djer che vi
incarichereste volontieri dei particolari del lavoro, ma che
sareste contento di avere prima qualche indicazione generale ?
Proprio cos !
Nulla di pi semplice prosegu il Kaw-djer. Di
quante braccia potete disporre ?
Partendo da San Francisco, il Jonathan aveva un equipaggio
di trentaquattro uomini, compreso lo stato maggiore, il cuoco e
i due mozzi, e trasportava millecentonovantacinque passeggeri.
In totale milleduecentoventinove persone. Ma molti ora sono
morti.



Faremo il conto pi tardi. Adottiamo per ora il numero
tondo di milleduecento. Togliendo le donne e i bambini
restano, a colpo d'occhio, settecento uomini. Voi dovete
dividere tutta questa gente in due gruppi. A bordo resteranno
duecento uomini che cominceranno a portare il carico sul
ponte. Io condurr gli altri in una foresta poco lungi di qui.
Abbatteremo un centinaio di alberi, i quali, dopo essere stati
sfrondati, verranno incrocicchiati in doppia fila e solidamente
legati fra loro. Otterremo cos una serie di assiti, che disporrete
estremit contro estremit, in modo da formare una larga strada
che riunisca la spiaggia alla nave. Durante l'alta marea avrete
un ponte galleggiante. Nella bassa marea la zattera appogger
sopra le teste degli scogli, e voi la dovrete puntellare per
assicurarne la stabilit. Procedendo in tal modo, e con
personale cos numeroso, lo scarico potr essere terminato in
tre giorni.
Hartlepool si conform con molta intelligenza alle istruzioni
avute e, come il Kaw-djer aveva preveduto, l'intiero carico del
Jonathan fu deposto sulla spiaggia, fuori dalla portata del
mare, la sera del 19.
A verifica fatta, l'argano a vapore era, per fortuna, in grado di
funzionare, cosa che aveva facilitato il trasporto dei colli pi
pesanti.
Intanto, con l'aiuto dei tre carpentieri, Smith, Hobard e
Charley, si affrettarono i lavori di riparazione della scialuppa,
ed anch'essa, la sera del 19 marzo, fu in grado di prendere il
largo.
Allora gli emigranti dovettero scegliere un delegato.
Ferdinando Beauval ebbe cos nuova occasione di salire alla
tribuna, per procurarsi un buon numero di elettori. Ma la sorte
gli era decisamente avversa. Egli ebbe, vero, la soddisfazione
di riunire una cinquantina di voti, mentre Lewis Dorick, che,
del resto, non si era neppure portato candidato, non ne
raccoglieva alcuno, ma la maggioranza dei suffragi si port
invece sopra un certo Germano Rivire, un agricoltore
francocanadese, padre d'una ragazza e di quattro superbi
giovanotti. Gli elettori erano almeno sicuri che egli sarebbe
ritornato.
Guidata da Karroly, che lasciava all'isola Hoste Halg e il Kaw-
djer, la Wel-Kiej prese il largo nella mattinata del 20 marzo, e
gli altri procedettero subito a un'installazione sommaria. Non si
trattava certo di concretare qualche cosa di stabile, ma di
aspettare soltanto il ritorno della scialuppa, il cui viaggio
avrebbe richiesto circa tre settimane. Non valeva quindi la pena
di utilizzare le case smontabili, e si accontentarono invece di
rizzare le tende trovate nella stiva del bastimento. Ad esse
vennero aggiunte le vele di ricambio, delle quali era ricolmo un
deposito speciale, e in tal modo tutti ebbero asilo, insieme a
buona parte del materiale fragile. Non si trascur di
improvvisare con reticolati qualche pollaio, e recinti adatti agli
animali a due e a quattro zampe, che il Jonathan trasportava.
Insomma, quella folla non si trovava nella situazione di
naufraghi, gettati, senza speranze e senza risorse, sopra una
terra sconosciuta. La catastrofe era avvenuta nell'arcipelago
fuegiano, in un punto esattamente segnato sulle carte
geografiche, a un centinaio di leghe, al massimo, da Punta
Arenas. E i viveri abbondavano. Le circostanze non
giustificavano, perci, alcuna seria inquietudine e, se non si
fosse trattato del clima un po' pi duro, gli emigranti avrebbero
potuto viverci ottimamente, come sulla terra africana, verso cui
erano diretti.
inutile dire che durante il lavoro di scarico n Halg, ne il
Kaw-djer erano rimasti inoperosi; ma che anzi avevano
lavorato indefessamente. 11 concorso del Kaw-djer era stato
utile in modo speciale. Per quanto modesto, per quanto avesse
cura di passare inosservato, la sua superiorit diveniva cos
evidente, che si imponeva per forza di cose. Cos non si
mancava di ricorrere ai suoi consigli, sia per il trasporto di un
collo particolarmente pesante, sia per lo stivamento dei vari
materiali, o per il montaggio delle tende.
L'installazione era assai inoltrata, se non gi terminata, quando,
il 24 marzo, si ebbe una nuova prova dell'inclemenza di quei
paraggi. Tre volte, nel periodo di ventiquattro ore, la pioggia si
rovesci a torrenti, il vento url tempestoso e quando
l'atmosfera si rasseren, si cerc invano il Jonathan sul suo
letto di scogli.
Lamiere, sbarre contorte di ferro; ecco ci che restava del bel
clipper, la cui ruota di prua solcava l'onda, cos allegramente,
qualche giorno prima.
Bench ci che poteva avere il minimo valore fosse stato gi
ritirato dalla nave, gli emigranti ne constatarono la scomparsa
definitiva, non senza una stretta al cuore. Cos, essi giacevano
ora isolati e completamente disgiunti dall'umanit, la quale,
dato il caso che la scialuppa si fosse perduta nel corso del
viaggio, avrebbe ignorato, forse per sempre, il loro destino.
Alla tempesta segu un periodo di calma. Se ne approfitt per
elencare i superstiti del naufragio. L'appello nominale, fatto da
Hartlepool, servendosi delle liste di bordo, dimostr che la
catastrofe aveva fatto trentuna vittima; quindici fra l'equipaggio
e sedici fra i passeggeri. Restavano quindi
millecentosettantanove passeggeri, e diciannove marinai.
Aggiungendo a tal numero i due Fuegiani e il loro compagno,
la popolazione dell'isola Hoste comprendeva milleduecentouna
persona, d'ambo i sessi e di tutte le et.
Il Kaw-djer risolse di approfittare del bel tempo per visitare le
parti dell'isola Hoste pi prossime all'accampamento. Fu
convenuto che l'avrebbero accompagnato nell'escursione
Hartlepool, Harry Rhodes, Halg e tre emigranti, Gimelli,
Gordon e Ivanoff; il primo d'origine italiana, americano il
secondo, russo il terzo. Ma all'ultimo momento si presentarono
due candidati imprevisti.
Il Kaw-djer si recava nella localit scelta come punto di
ritrovo, quando vide due fanciulli d'una diecina d'anni, che,
l'uno dietro l'altro, si dirigevano evidentemente verso di lui.
Uno di essi, con un viso sveglio, ed anche alquanto
impertinente, camminava col naso in aria e l'andatura cos
spavalda, che diveniva persino un poco comico. L'altro lo
seguiva a cinque passi, con l'aria modesta che conveniva alla
sua piccola persona. Il primo si avvicin al Kaw-djer:
Eccellenza disse. Ridendo di tale imprevista
denominazione, il Kaw-djer consider il bambino, il quale
sostenne arditamente l'esame, senza turbarsi, o abbassare gli
occhi.
Eccellenza! ripet il Kaw-djer ridendo ancora.
Perch mi chiami Eccellenza, ragazzo? Il fanciullo parve
stupito.
Non si d forse un tal titolo ai re, ai ministri, ai vescovi?
chiese con tono che esprimeva il timore di non aver
sufficientemente rispettato le regole della cortesia.
Bah! esclam il Kaw-djer meravigliato. E dove hai
saputo che si devono chiamare Eccellenze i re, i ministri, i
vescovi?
Dai giornali rispose il fanciullo con franchezza.
Leggi i giornali tu?
Perch no? Quando me ne danno.
Ah! ah! esclam il Kaw-djer; poi riprese: Come
ti chiami?
Dick.
Dick e poi? Il fanciullo parve non comprendere.
Insomma, qual' il nome di tuo padre?
Non ne ho.
Di tua madre allora?
Non ho n padre n madre, Eccellenza.
Daccapo? esclam il Kaw-djer, che si interessava
sempre pi allo strano ragazzo. Io per non sono, per quanto
sappia, n re, n ministro, n vescovo.
Voi siete il governatore! dichiar il monello con enfasi.
Il governatore! Il Kaw-djer cadeva dalle nuvole.
Chi te l'ha detto? chiese. Caspita! disse Dick
imbarazzato.
Ebbene? insist il Kaw-djer. Dick parve un po'
turbato, esit.
Io non lo so rispose infine. Ma voi comandate E
poi, tutti vi chiamano cos.
Per esempio! protest il Kaw-djer. Poi, con voce pi
grave, soggiunse:
Ti sbagli, figliolo. Io non sono n pi n meno degli altri.
Qui nessuno comanda. Qui, non c' padrone.
Dick spalanc gli occhi, e guard il Kaw-djer con incredulit.
Era possibile che non vi fosse padrone? Poteva persuadersene
quel ragazzo, per il quale il mondo, fino allora, non era stato
popolato che da tiranni? Poteva persuadersi che esistesse un
paese senza padroni?
S, nessun padrone afferm di nuovo il Kaw-djer. Poi,
dopo un breve silenzio, domand:
Dove sei nato?
Non lo so.
Quanti anni hai?
Presto undici, a quanto mi si dice.
Ma non ne sei sicuro.
No, davvero!
E il tuo compagno, che resta l, senza muoversi, a cinque
passi da te, chi ?
Sand.
Tuo fratello?
come se lo fosse un amico.
Siete stati allevati insieme forse?
Allevati? protest Dick. Nessuno ci ha allevati,
signore!
Il cuore del Kaw-djer si strinse. Quanta amarezza nelle poche
parole che quel fanciullo pronunciava con voce battagliera,
come un galletto rizzato sui suoi sproni. Esistevano dunque
bimbi che nessuno aveva allevato!
Dove lo hai conosciuto, allora?
A Frisco, sulla gettata.
Tanto tempo fa?
Tanto, tanto tempo Eravamo ancora piccoli rispose
Dick cercando di ricordarsi. Saranno almeno sei mesi!
Infatti, un tempo lungo approv il Kaw-djer, senza
batter ciglio.
Egli si rivolse verso il compagno silenzioso dello strano
ometto.
Vieni avanti tu! disse, e sopratutto non chiamarmi
Eccellenza. Hai la lingua in tasca?
No, signore balbett il fanciullo, girando fra le dita il
berretto da marinaio.



Allora perch non parli?
Perch timido, signore spieg Dick.
Con che aria di disgusto egli pronunzi quelle parole!
Ah, perch timido? disse il Kaw-djer ridendo. Tu
non lo sei non vero?
No, signore rispose Dick semplicemente.
Ed hai ragione, perbacco! Ma insomma, cosa fate voi due
qui?
Siamo i mozzi, signore.
Il Kaw-djer ricord allora che Hartlepool aveva infatti
menzionato due mozzi, numerando l'equipaggio del Jonathan,
ed egli non li aveva ancora individuati, in mezzo ai figli degli
emigranti. Poich i due ragazzi si erano presentati a lui, cap
che dovevano desiderare qualche cosa.
E che volete? domand allora. Dick, come al solito,
prese la parola.
Vorremmo venire con voi, come il signor Hartlepool e il
signor Rhodes.
Per far che?
Gli occhi di Dick si illuminarono.
Per vedere tante cose
Tante cose! Tutto un mondo era in quella parola; tutto il
desiderio di quello che non stato ancora veduto, tutti i sogni
meravigliosi e confusi dei fanciulli. Il viso di Dick implorava;
tutta la piccola persona era tesa verso il suo desiderio.
E tu insist il Kaw-djer, rivolgendosi a Sand anche tu
vuoi vedere tante cose?
No, signore.
E allora, cosa vuoi?
Andare con Dick rispose dolcemente il fanciullo.
Gli vuoi molto bene dunque?
Oh, s, signore! afferm Sand, la cui voce ebbe una
espressione troppo profonda per la sua et.
Il Kaw-djer, interessandosi sempre pi, guard un momento i
due bimbi. Piccola e strana famiglia! Ma graziosa e toccante. E
finalmente rese la sua sentenza:
Verrete con noi! disse.
Evviva il Governatore! esclamarono i due fanciulli,
agitando il berretto in aria e saltando come due caprioli.
Da Hartlepool il Kaw-djer apprese la storia dei due piccoli,
almeno quanto ne sapeva il nostromo e pi di quanto, forse,
non ne sapessero essi stessi.
Bimbi abbandonati una sera sul canto d'una strada, il fatto di
essere vissuti era un fenomeno che la ragione si trovava
impotente a spiegare. Tuttavia erano vissuti, guadagnandosi il
pane fino dall'et pi tenera, grazie a piccoli lavori: lucidare
scarpe, commissioni, apertura di portiere, vendita di fiori
campestri, tutte invenzioni meravigliose per cervelli cos
giovani, ma trovando, il pi spesso, il nutrimento, come i
passeri, nelle strade di San Francisco.
Sei mesi prima ignoravano reciprocamente la loro triste
esistenza, quando il caso li mise faccia a faccia all'improvviso,
in circostanze che la qualit e l'esiguo numero degli attori,
vietano di chiamare tragiche. Dick bighellonava sulla calata,
con le mani in tasca, il berretto sull'orecchio, fischiettando fra i
denti una canzone prediletta, quando scorse Sand, inseguito da
un grosso cane, che, abbaiando, mostrava. le zanne minacciose.
Il fanciullo, spaventato, rinculava piangendo, col viso
goffamente nascosto dietro lo schermo illusorio del gomito.
Dick non fece che un salto e, senza esitare, si pose tra il
fanciullo spaurito e il suo terribile avversario; poi, piantandosi
eretto risolutamente sulle piccole gambe, guard fisso il cane
dentro gli occhi ed aspett.
L'animale si intimid forse dinanzi a quell'atteggiamento di
sfida? Certo si che indietreggi a sua volta, e fugg via con la
coda bassa. Senza occuparsi pi dell'animale, Dick si era
rivolto a Sand. Come ti chiami? gli aveva chiesto con
fare superbo. Sand aveva detto l'altro fra le lagrime. E
tu? Dick, Se vuoi, saremo amici.
Per tutta risposta, Sand si era gettato nelle braccia dell'eroe,
suggellando cos un'amicizia indistruttibile.
Hartlepool, che da lontano aveva assistito alla scena, interrog
i due ragazzi, ne conobbe la triste storia e, desideroso di venire
in aiuto a Dick, del quale aveva ammirato il coraggio, gli
propose l'imbarco come mozzo sul Josuah Brener, un tre-
alberi, a bordo del quale era allora occupato. Ma, alla prima
parola, Dick aveva posto la condizione sine qua non, che
venisse preso anche Sand; cosa che si dovette concedergli, e da
allora Hartlepool non si era pi diviso dai due inseparabili, che
l'avevano seguito dal Josuah Brener sul Jonathan. Si era
improvvisato loro maestro e aveva loro insegnato a leggere e a
scrivere; vale a dire quasi tutto quello che egli stesso sapeva. I
suoi benefici del resto cadevano in terreno propizio. Finora non
aveva avuto che soddisfazioni dai due piccoli, i quali sentivano
per lui una riconoscenza appassionata. Certo, ognuno di essi
manifestava un carattere suo proprio; collerico l'uno,
suscettibile, battagliero, sempre pronto a misurarsi contro
chicchessia: l'altro silenzioso, dolce, modesto, pauroso; l'uno
protettore, l'altro protetto; ma tutti e due vogliosi di lavorare,
coscienti del dovere, affezionati al loro grande amico comune,
il nostromo Hartlepool.
Il personale dell'escursione fu aumentato dunque delle due
piccole reclute. La partenza avvenne nelle prime ore del
mattino del 28 marzo. Non si aveva la pretesa di esplorare tutta
l'isola Hoste, ma soltanto la parte circostante
all'accampamento. Passarono dapprima al di sopra delle creste
medie della penisola Hardy, in modo da raggiungere la costa
occidentale; poi seguirono la costa stessa, risalendo verso il
Nord, per ritornare poi all'accampamento dal litorale opposto,
traversando la regione sud nell'isola propriamente detta.
Fin dall'inizio della passeggiata, si ebbe l'impressione che non
bisognava giudicare il paese dall'aspetto poco attraente della
localit ove erano naufragati; impressione che si accentu
procedendo verso il Nord. La penisola appariva, vero,
rocciosa e sterile fino alle punte aride del capo Nord, ma non
era cos della regione verdeggiante, le cui alture si profilavano
al Nord-Ovest.
Vaste praterie, ai piedi di colline boscose, succedevano, in tale
direzione, alle rocce tappezzate di alghe, ai burroni irti di
sterpi. L si frammischiavano i ranuncoli dai fiori gialli e le
asterie dai fiori turchini e verdi, misti a moltissime piante nane:
calceolarie, citisi arrampicanti, stipe, pimpinelle minuscole in
piena fioritura. Il terreno appariva vellutato dall'erbe
lussureggianti, capaci di nutrire migliaia e migliaia di
ruminanti.
La piccola comitiva si era divisa, a seconda delle affinit
individuali, in gruppi, intorno ai quali scorrazzavano Dick e
Sand, che triplicavano coi loro andirivieni la lunghezza della
strada. I tre coltivatori scambiavano poche parole, gettando
invece attorno ad essi sguardi stupiti, mentre Harry Rhodes e
Halg camminavano a fianco del Kaw-djer. Quest'ultimo non si
sbottonava troppo e conservava l'usata riserbatezza, la quale
per non gli impediva di sentirsi attratto dalla simpatia che gli
inspirava la famiglia Rhodes. Tutti i suoi componenti gli
garbavano: la madre, seria e buona; i figli, Edoardo di diciotto
anni e Clary di quindici, dai visi sinceri e franchi; il padre, un
carattere retto, fidato e di grande buon senso.
I due parlavano amichevolmente di quanto, in quel momento, li
interessava. Harry Rhodes approfittava dell'occasione per
informarsi sulla Magellania. Da parte sua poi indicava al
compagno i campioni pi rimarchevoli, tra la folla degli
emigranti. Il Kaw-djer seppe cos molte cose.
E anzitutto come Harry Rhodes, possessore d'una discreta
sostanza, fosse stato rovinato a cinquant'anni per colpa d'altri, e
come, dopo la sventura immeritata, avesse espatriato, senza
esitare, per assicurare, se possibile, l'avvenire di sua moglie e
dei suoi figli. Seppe inoltre dallo stesso Harry Rhodes, che
aveva potuto ricavare tali informazioni dai documenti di bordo,
che, detratti i morti, gli emigranti del Jonathan si
suddividevano nella maniera seguente, dal punto di vista delle
loro precedenti occupazioni: settecento cinquanta coltivatori
fra i quali cinque giapponesi di cui cento quattordici
ammogliati e accompagnati dalle proprie mogli e dai loro
figlioli, tra i quali alcuni maggiorenni, in numero di duecento
sessantadue; tre rappresentanti di professioni libere, cinque
possidenti, e quarantuno operai non emigranti, un muratore, un
falegname, un carpentiere e un fabbro ferraio, impegnati per
conto della Compagnia colonizzatrice per facilitare l'inizio
dell'installazione. Si giungeva cos al numero di
millecentosettantanove passeggeri superstiti, come l'aveva
indicato appunto l'appello nominale. Rhodes entr in qualche
particolare su ciascuno di essi. Riguardo alla grande massa di
contadini, non aveva fatto molte osservazioni. Gli sembrava,
tutt'al pi, che i fratelli Moore, uno dei quali si era posto in
evidenza durante lo scarico per la sua brutalit, fossero di
temperamento violento e che le famiglie Rivire, Gimelli,
Gordon e Ivanoff si componessero di persone coraggiose,
solide, robuste, e inclini al lavoro. Il resto era la folla, dove,
senza dubbio, le qualit dovevano trovarsi ripartite con grande
ineguaglianza, e fra i vizi si riscontravano necessariamente la
pigrizia e la ubbriachezza in modo speciale. Ma non essendosi
prodotto sino allora alcun avvenimento notevole, mancava ogni
base per formulare giudizi individuali, Harry Rhodes fu pi
prolisso intorno alle altre categorie.
I quattro operai impegnati dalla Compagnia erano uomini scelti
fra i migliori nelle loro professioni. Quanto ai loro colleghi
emigranti, tutto faceva credere che fossero molto meno abili. In
gran maggioranza avevano fisonomie ripugnanti e davano
l'impressione di esseri abituati all' osteria, pi che alle officine.
Due o tre anzi, con certe facce da veri malfattori, non avevano
dell'operaio null'altro che 1 etichetta. Dei cinque possidenti,
quattro appartenevano alla famiglia Rhodes. Il quinto, che si
chiama J ohn Rame, sembrava un pessimo arnese. Tra i
venticinque e i ventisei anni, esaurito da una vita di godimenti,
nei quali aveva lasciato la sua sostanza fino all'ultimo
centesimo, appariva buono a nulla e si era in diritto di
meravigliarsi che, cos male armato per la lotta, avesse
commesso l'ultima follia di unirsi a un convoglio di emigranti.
Restavano i tre reietti delle libere professioni, i quali
provenivano da tre paesi diversi: Germania, America e Francia.
Il Tedesco si chiamava Fritz Gross. Era un ubbriacone
inveterato. Abbrutito dall'alcool al punto da rendersi
ripugnante, portava in giro, ansando, le carni flaccide e il
ventre enorme, insudiciato da un perenne getto di saliva.
Aveva il viso scarlatto, il cranio calvo, le guance flosce, i denti
guasti. Le dita erano agitate da un tremito costante ed anche in
mezzo a quell'accozzaglia di gente cos poco raffinata, la sua
incredibile sporcizia l'aveva reso celebre. Codesto degenerato
era un musicista, un violinista, e, in certi momenti, un
violinista geniale. Soltanto il suo violino aveva il potere di
risvegliargli la coscienza assopita. A causa del tremore abituale
delle sue dita, egli era incapace abitualmente di trarne una sola
nota. Ma, sotto l'influenza dell'alcool, la sua mano ritrovava
tutta la sua sicurezza, l'ispirazione faceva vibrare il suo
cervello e allora sapeva trarre dall'istrumento suoni di bellezza
straordinaria. Pi volte Harry Rhodes aveva avuto occasione di
assistere a tale miracolo.
Il Francese e l'Americano non erano altri che Ferdinando
Beauval e Lewis Dorik, gi presentati al lettore. Harry Rhodes
non manc di esporre al Kaw-djer le loro teorie sovversive.
Non pensate chiese come conclusione che sarebbe
cosa prudente prendere qualche precauzione contro quei due
mestatori? Durante il viaggio hanno gi fatto parlare di s.
Quali precauzioni vorreste si prendessero? replic il
Kaw-djer.
Avvisarli prima energicamente, e poi sorvegliarli con cura.
Se ci non fosse sufficiente, toglier loro la possibilit di
nuocere, segregandoli al bisogno.
Perbacco! esclam ironicamente il Kaw-djer. Come
correte! Chi potrebbe arrogarsi il diritto di attentare alla libert
dei propri simili?
Coloro per i quali rappresentano un pericolo rispose
Harry Rhodes.
Dove vedete, voi, non dir un pericolo, ma solo la
possibilit di un pericolo? obbiett il Kaw-djer.
Dove lo vedo? Nell'eccitazione di quei poveretti, uomini
ignoranti, tanto facilmente ingannabili quanto i fanciulli e
pronti a lasciarsi esaltare da ogni parola sonora, che lusinghi la
loro passione del momento.
Per quale scopo li ecciterebbero?
Per impossessarsi della roba altrui.
Gli altri hanno dunque qualche cosa? chiese il Kaw-djer
ironicamente. Se non erro, qui nessuno possiede alcunch e
dove non c' nulla, anche il re perde i suoi diritti.
C' il carico del Jonathan.
Il carico del Jonathan propriet collettiva, che potrebbe
rappresentare, dato il caso, la salvezza comune. Tutti si
rendono conto di ci e nessuno vorr toccarlo.
Possano gli avvenimenti non smentirvi! disse Harry
Rhodes, riscaldandosi per tale disaccordo inatteso. Ma per
uomini come Dorick e Beauval non c' bisogno di interesse
materiale. Il piacere di fare il male basta a s stesso e,
d'altronde, il dominare un'ebbrezza.
Sia maledetto colui che pensa cos! esclam il Kaw-djer
con violenza improvvisa. Ogni uomo che aspira a reggere i
suoi simili, dovrebbe venire soppresso dalla terra.
Harry Rhodes, stupito, guard il compagno. Quale passione
feroce sonnecchiava in quell'uomo, dalla parola abitualmente
cos calma e cos misurata?
Allora bisognerebbe sopprimere Beauval disse non senza
ironia perch, sotto le spoglie di una eguaglianza a fondo, le
teorie di quel ciarlone non hanno altro scopo che assicurare il
potere al riformatore.
Il sistema di Beauval puerile replic il Kaw-djer
brevemente. una maniera di organizzazione sociale, ecco
tutto. Ma, si tratti d'una o d'altra organizzazione, sempre la
stessa iniquit.
Approvereste dunque le idee di Lewis Dorick? chiese
vivamente Harry Rhodes. Vorreste, come lui, farci ritornare
allo stato selvaggio e ridurre le societ a un aggregamento
fortuito di individui, senza obblighi reciproci? Non
comprendete che tali teorie sono basate sull'invidia e che
trasudano l'odio?
Se Dorick conosce l'odio, un pazzo rispose gravemente
il Kaw-djer. Come! Un uomo, venuto sulla terra senz'averlo
chiesto, vi scopre un'infinit di esseri simili a lui, dolorosi,
miserevoli, caduchi al pari di lui e, invece di compiangerli,
s'affatica ad odiare? Tale uomo pazzo, e coi pazzi non si
discute. Ma dal fatto che i teorici sieno alienati, non bisogner
necessariamente dedurre che la teoria sia cattiva.
Tuttavia le leggi sono indispensabili insist Harry
Rhodes quando gli uomini, invece di errare solitari, si
raggruppano per un interesse comune. Guardiamoci intorno, in
questo stesso luogo. La folla che ci circonda non stata scelta
per la circostanza e, senza dubbio, non diversa da qualsiasi
altra folla presa a casaccio. Ebbene, non mi stato forse
possibile segnalarvi parecchi suoi membri, i quali, per una
ragione o per un'altra, sono nell'impossibilit di governarsi da
se stessi, pur essendovene altri nelle stesse condizioni, di certo,
che io non conosco ancora? Quanto male non farebbero simili
individui, se le leggi non ponessero un freno ai loro istinti
maligni!
Le leggi appunto danno loro i cattivi istinti rispose il
Kaw-djer con profonda convinzione. Senza le leggi,
l'umanit non conoscerebbe i vizi, e l'uomo crescerebbe
armoniosamente nella libert.
Uhm! mormor Harry Rhodes con aria dubbiosa.
Esistono leggi qui? E tutto non procede forse a meraviglia?
Potete voi scegliere proprio simile esempio? obbiett
Harry Rhodes. Qui non c' che un intermezzo nel dramma
della vita. Tutti sanno che la situazione attuale transitoria e
non deve perpetuarsi.
Accadrebbe lo stesso anche se essa dovesse continuare
afferm il Kaw-djer.
Ne dubito disse Harry Rhodes con scetticismo, e
preferisco, lo confesso, non tentarne l'esperimento.
Ritornando dalla parte di levante, fu costeggiata la baia
Scotchwell e la localit, bench il sole stesse gi per declinare,
fin per sedurre gli esploratori. La loro ammirazione era pari
alla sorpresa. Irrigati da una rete di ruscelletti, che si
riversavano entro un fiume, le cui acque limpide sgorgavano
dalle colline centrali, i ricchi pascoli testimoniavano della
fertilit del terreno. La vegetazione arborescente era pari in
splendore alle erbe lussureggianti dei prati. Le foreste distese
su spazi immensi, contavano alberi di crescita superba, radicati
in terreno torboso ma resistente, e sotto ad essi era germogliata
una vegetazione sviluppatissima di soffici erbette e muschi
vellutati. Sotto il riparo di tali volte verdeggianti si librava tutto
un mondo di volatili; tinam di sei specie, alcuni grossi come
quaglie, altri come fagiani, e merli, tordi, ed altri uccelli che si
potrebbero chiamare campagnuoli, nonch buon numero di
rappresentanti delle specie acquatiche: oche, anatre, smerghi,
gabbiani, mentre i nand, i guanachi e le vigogne saltellavano
in mezzo alle praterie.
Il litorale sud della baia, esposto felicemente, inquantoch il
Nord di quella parte dell'emisfero corrisponde al Mezzogiorno
dell'altro emisfero, distava meno di due miglia dalla localit
ove si era perduto il Jonathan. L sboccava il corso d'acqua
dalle rive ombrose, arricchito dai suoi molteplici affluenti, che
si gettava nel mare, in fondo a una piccola insenatura. Su tali
rive, distanti un centinaio di piedi, sarebbe riuscito agevole
edificare una borgata ove soggiornarvi definitivamente.
L'insenatura, riparata dai venti, avrebbe potuto servire,
all'occorrenza, da porto.
L'oscurit era quasi completa, quando la brigata raggiunse
l'accampamento. Il Kaw-djer, Harry Rhodes, Halg e Hartlepool
stavano per congedarsi dai compagni, allorch nel silenzio
della notte il suono di un violino giunse fino ad essi.
Un violino! mormor il Kaw-djer rivolgendosi ad
Harry Rhodes. Si tratterebbe forse di quel Fritz Gross, del
quale mi parlaste?
Sarebbe quanto dire che ubbriaco rispose senza esitare
Harry Rhodes.
Non s'ingannava. Fritz Gross era effettivamente ubbriaco e
quando, dopo un momento, lo scorsero, il suo sguardo vago, il
viso congestionato, la bocca bavosa rivelarono facilmente il
suo stato. Incapace di reggersi ritto, si addossava a una roccia
per mantenersi in equilibrio. Ma l'alcool aveva riaccesa la
scintilla. L'archetto scorreva sull'istrumento, dal quale si
sprigionava la pi sublime melodia.



Intorno a lui si stringeva un centinaio di emigranti e in quel
momento i poveri infelici dimenticavano tutto: l'ingiustizia del
destino, l'eterna loro miseria, la triste condizione attuale,
l'avvenire pari al passato, e si libravano nel mondo dei sogni,
trasportati sopra le ali della musica.
L'arte necessaria quanto il pane disse Harry Rhodes al
Kaw-djer, additando Fritz Gross e i suoi uditori assortiti.
Nel sistema di Beauval, quale sarebbe il posto di tale uomo?
Lasciamo Beauval dov' rispose il Kaw-djer
spiritosamente.
Il male che molte povere creature credono in quelle teste
vuote! replic Rhodes.
Essi ripresero la loro strada.
Vorrei sapere mormor Harry Rhodes dopo alcuni passi
con quale mezzo Fritz Gross abbia potuto procurarsi di che
ubbriacarsi.
Quel mezzo, qualunque esso fosse, altri l'avevano adoperato,
oltre a Fritz Gross, perch gli escursionisti non tardarono ad
imbattersi in un corpo steso a terra.
Kennedy disse Hartlepool chinandosi sull'uomo che
dormiva. Un cane mancato, del resto, e il solo
dell'equipaggio che non valga neppure la corda per impiccarlo.
Anche Kennedy era ubbriaco, ed ubbriachi pure erano altri
emigranti che trovarono, cento metri pi in l, stesi per terra.
Scommetto disse Harry Rhodes, che hanno
approfittato dell'assenza del capo, per saccheggiare il
magazzino!
Quale capo? chiese il Kaw-djer.
Voi, perbacco!
Io non sono il capo, pi di qualsiasi altro obbiett il
Kaw-djer con impazienza.
Sar assent Harry Rhodes. Ci non toglie per che
tutti vi considerino tale.
Il Kaw-djer stava per rispondere, quando, da una tenda, si lev
nella notte il grido rauco di una donna che si tenti di
strangolare.
II.
LA PRIMA LEGGE.
La famiglia Ceroni, composta del padre Lazzaro, della madre
Tullia e d'una figlia, Graziella, era originaria del Piemonte.
Diciassette anni prima, Lazzaro, che contava allora venticinque
anni, e Tullia, che ne aveva sei di meno, avevano unite le loro
miserie.
All'infuori di s stessi, n l'uno n l'altra possedeva alcunch.
Ma si amavano, e l'amore onesto una forza che aiuta a
sopportare, talvolta anche a vincere, le difficolt della vita.
Sfortunatamente, non fu cos della famiglia Ceroni. L'uomo,
trascinato da cattive compagnie, non tard ad abituarsi
all'alcool, che innumerevoli taverne hanno il diritto di offrire,
come sollievo in nome della libert, alla moltitudine dei
diseredati. In poco tempo egli si abbandon all'ubbriachezza, e
la sua ubbriachezza, sempre pi frequente, divenne
gradatamente cupa, poi collerica, poi crudele, poi feroce.
Allora, accaddero quasi ogni giorno scenate terribili, delle
quali i vicini udivano i gridi. Ingiuriata, bastonata, contusa,
martirizzata, Tullia sal il calvario, sulla china del quale molte
disgraziate si sono dolorosamente trascinate prima di lei, e
dove molte si trascineranno al pari di lei.
Certo, ella avrebbe potuto, ella avrebbe forse dovuto
abbandonare quell'uomo trasformatosi in belva. Ma non lo
fece. Era una di quelle donne che a prezzo di qualsiasi martirio
non si riprendono pi quando si sono date. Dal punto di vista
dell'interesse materiale e tangibile, tali caratteri meritano
indubbiamente di essere chiamati assurdi, ma destano per
ammirazione, e per essi noi possiamo concepire quale sia la
bellezza del sacrificio, e a quale altezza morale possa elevarsi
la creatura umana.
Graziella crebbe in tale inferno. Fino dai suoi pi teneri anni,
vide il padre ubbriaco e la madre battuta; assist a scenate
quotidiane; ud il torrente d'ingiurie che usciva dalle labbra di
Lazzaro, come le immondizie escono dalla fogna. Nell'et in
cui le bimbe non pensano ancora che ai giochi, ella per forza
dovette entrare in contatto con la realt della vita e fu costretta
all'aspra lotta di tutti i momenti.
A sedici anni, Graziella era una fanciulla seria, armata dalla sua
forte volont contro i dolori della vita, della quale aveva avuta
la precoce esperienza. Del resto, per quanto l'avvenire potesse
divenire crudele, esso non avrebbe mai sorpassato gli orrori del
tempo gi trascorso. Fisicamente era alta, magra e bruna: non
veramente bella, ma gli occhi, e l'espressione intelligente del
viso, le davano un grande fascino.
La condotta di Lazzaro Ceroni aveva portato i suoi frutti
naturali, ed il bisogno era entrato presto nella casa. N poteva
esser altrimenti. Il bere costoso e per di pi mentre si beve
non si guadagna. Quindi spesa doppia. Gradatamente il
bisogno divenne povert e la povert miseria nera. Allora si
segu la strada che percorrono tutti i degenerati. Si mut paese,
sperando miglior destino sotto altri cieli. Cos fu che la
famiglia Ceroni, di esodo in esodo, attraverso la Francia,
l'Oceano, l'America, era finita a S. Francisco. Quindici anni era
durato quel viaggio! A San Francisco, le privazioni giunsero a
tal punto, che Lazzaro aperse gli occhi e comprese la sua opera
di distruzione. Allora, ascoltando per la prima volta dopo tanti
anni la voce supplichevole della moglie, promise di fare
ammenda.
Aveva mantenuto la parola. In sei mesi, grazie al lavoro
assiduo e all'abbandono della taverna, il benessere era
ritornato, anzi, avevano potuto riunire la grossa somma di
cinquecento franchi che esigeva la Societ di colonizzazione
della baia di Lagoa. Tullia ricominciava a credere in una
possibile felicit, quando il naufragio del Jonathan e l'ozio, sua
conseguenza naturale, avevano risvegliate le antiche abitudini.
Durante le lunghe ore d'inazione Lazzaro si era legato
d'amicizia con altri emigranti, trascinato, si capisce, dalle sue
simpatie verso esseri suoi pari. Costoro, ugualmente oppressi
dalla noia e inconsolabili d'essere privati dai loro eccessi
abituali, non avevano esitato a cogliere l'occasione che porgeva
loro la partenza di colui che ognuno, senza rendersene conto,
considerava il capo. Cos, non appena il Kaw-djer si fu
allontanato con gli altri, la banda poco raccomandabile si era
appropriata uno dei barili di rhum salvati dal naufragio.
Risultato: un'orgia in piena regola. Per contagio, ed anche per
vilt dinanzi al vizio ridestato, Lazzaro aveva imitato i
compagni, non decidendosi a rientrare nella tenda, ove
l'aspettavano in lagrime la moglie e la figlia, se non quando
sent le gambe vacillanti e la testa smarrita.
Al suo entrare, cominci l'inevitabile scenata. Prima protest
perch il pasto non era pronto, poi, quando glielo ebbero
servito, si irrit dinanzi alla tristezza delle due donne, ed
eccitandosi da s stesso giunse rapidamente alle pi atroci
ingiurie.
Graziella, immobile, agghiacciata guardava con spavento
l'essere abbietto che chiamava padre.
La vergogna in lei era pi forte del dolore. Ma il cuore ulcerato
di Tullia, che non conosceva se non l'amarezza, parve
scoppiare. Ah! ecco dunque, tutte le sue speranze una volta di
pi deluse, eccoli ricaduti, da capo, nell'Inferno!
Le lagrime le inondarono gli occhi, scesero sul viso appassito.
Non ci volle altro per scatenare la tempesta. Ti aiuter io a
struggerti! url Lazzaro divenuto furente. E afferr la
moglie alla gola, mentre Graziella cercava di strappare la
disgraziata alla stretta omicida.
Dramma silenzioso. Esso si svolgeva senza rumore, eccettuata
la voce sorda di Lazzaro, il quale continuava a lanciare
ingiurie. N Graziella, n sua madre invocavano aiuto. Un
padre che martirizza la propria figlia, un marito che assassina
la moglie, sono vergogne tali che occorre nasconderle a
chicchessia, foss'anche a prezzo della vita. Tuttavia, nel
momento in cui il carnefice allentava la stretta, lo spasimo
strapp a Tullia il grido rauco che il Kaw-djer aveva udito. Il
lamento involontario eccit il furore del demente: egli strinse
pi forte ancora. All'improvviso, una mano di ferro gli stritol
quasi la spalla. Costretto ad abbandonare la disgraziata, rotol
fino alla parte opposta della tenda.
Che c'? che c'? balbett.
Silenzio! ordin una voce imperiosa.
L'ubbriaco non se lo fece ripetere. La sua eccitazione si calm
repentinamente, e non tard ad addormentarsi d'un sonno
profondo.
Il Kaw-djer si era chinato sopra la donna svenuta per
soccorrerla. Halg, Rhodes e Hartlepool, entrati dietro lui,
contemplavano la scena assai commossi.
Tullia aperse gli occhi e finalmente scorgendo visi estranei,
comprese subito quanto era accaduto. Il suo primo pensiero fu
di scusa per colui, la cui brutalit si era manifestata in modo
cos terribile.
Grazie, signore, disse sollevandosi. Non stato
niente E ora finito Sono sciocca a spaventarmi cos!
Lo si sarebbe per meno! esclam il Kaw-djer.
Niente affatto replic Tullia vivamente. Lazzaro non
cattivo Voleva scherzare
Gli accade spesso di scherzare cos? chiese il Kaw-djer.
Mai, signore, mai! afferm Tullia. Lazzaro un buon
marito Non esiste uomo migliore di lui
falso interruppe una voce decisa.
Il Kaw-djer e i suoi compagni si voltarono. Scorsero Graziella
rimasta un po' discosta fra la penombra della tenda, rischiarata
appena dalla luce giallastra d'una lanterna.
Chi siete voi, fanciulla? domand il Kaw-djer.
Sua figlia rispose Graziella, additando l'ubbriaco che
continuava indisturbato a russare rumorosamente. Per
quanto sia grande la mia vergogna, bisogna che lo dica, perch
mi si creda, e perch si venga in aiuto della mia povera
mamma.
Graziella! implor Tullia congiungendo le mani.
Dir tutto afferm la fanciulla con forza. Per la prima
volta troviamo un difensore, e non lo lascer andare, senza
prima aver fatto appello alla sua piet.
Parlate, figliola disse il Kaw-djer con bont, contate
su di noi, per soccorrervi e difendervi.
Incoraggiata cos, Graziella, con voce ansante, raccont la vita
di sua madre. Non nascose nulla. Ella disse la tenerezza
sublime di Tullia e di quale prezzo fosse stata pagata. Disse
dell'abbattimento di suo padre. Lo mostr in atto di percuotere
la moglie, di martirizzarla. Ricord i giorni di miseria, senza
vestiti, senza fuoco, senza pane, talvolta senza casa,
glorificando la madre martirizzata, la cui eroica dolcezza non si
era mai smentita in mezzo a prove cos crudeli.
Ascoltando il racconto spaventoso, Tullia piangeva
sommessamente. Alla voce di sua figlia, le torture subite
uscivano dall'ombra del passato e sembravano ridivenire
presenti tutte insieme per meglio spezzarle il cuore. Sotto il
loro peso accumulato, Tullia cedeva. Si abbandonava. Le
mancava, alfine, la forza per difendere e proteggere il suo
carnefice.
Avete fatto bene a parlare figliola disse il Kaw-djer con
voce commossa, quando Graziella tacque. Siate certa che
non vi abbandoneremo, e che anzi proteggeremo vostra madre.
Per questa sera, ella non abbisogna che di tranquillit. Fate che
riposi e lasciate che confidi in un avvenire migliore.
Quando il Kaw-djer, Harry Rhodes e Hartlepool uscirono dalla
tenda, si guardarono un istante in silenzio. Possibile che un
uomo scendesse a tale grado di ignominia? Poi, aspirando
profondamente per dilatare i polmoni oppressi, stavano per
rimettersi in cammino, quando si accorsero che mancava uno
della comitiva. Mancava Halg.
Il Kaw-djer suppose che egli si fosse indugiato forse nella
tenda dei Ceroni, e vi rientr. Halg stava l infatti, e tanto
assorto da non avere osservato la partenza dei compagni, n il
ritorno d'uno di essi. Ritto contro la parete della tenda guardava
Graziella, e il suo viso, insieme alla piet, esprimeva
chiaramente l'ammirazione. Poco discosta da lui, Graziella, con
gli occhi bassi, si lasciava contemplare quasi con compiacenza.
I due giovani non parlavano. Dopo le emozioni violente di
poco prima lasciavano che i loro cuori si aprissero in silenzio a
sensazioni pi dolci.
Il Kaw-djer sorrise.
Halg chiam sottovoce.
Il giovane trasal e usc senz'altro dalla tenda. Tutti e quattro si
allontanarono in silenzio.
Il Kaw-djer, con la fronte aggrottata, rifletteva su quanto aveva
udito e veduto. Il miglior servizio da rendere alle due povere
disgraziate, era privare dell'alcool il loro aguzzino. Poteva
realizzarsi la cosa? Certamente, ed anche senza soverchie
difficolt, perch l'alcool era ignorato nell'isola Hoste,
all'infuori di quello proveniente dal Jonathan e depositato sulla
spiaggia insieme al resto del carico. Sarebbero bastate un paio
di sentinelle
Sia! Ma chi avrebbe potuto piazzarle? Chi avrebbe potuto osare
dare ordini o formulare interdizioni? Chi avrebbe potuto
arrogarsi il diritto di limitare in qualsiasi modo la libert dei
propri simili, e di sostituire alla loro iniziativa la propria?
Valeva dire fare atto da capo; e sull'isola Hoste, non esistevano
capi.
Eh via dunque! Virtualmente, almeno, un capo, esisteva.
E chi era egli, se non colui che aveva salvato gli altri da morte
sicura; che, solo, conosceva quella contrada deserta, che, solo
fra tutti, possedeva in un grado superiore, intelligenza, sapere e
carattere?
Sarebbe stata vilt ingannare s stesso. Il Kaw-djer non poteva
ignorarlo: quel popolo di miserabili tendeva verso di lui gli
sguardi ansiosi; nelle sue mani esso aveva rimesso l'esercizio
dell'autorit collettiva, e da lui aspettava fiducioso, soccorsi,
consigli e decisioni.
Che egli volesse o meno, non poteva sfuggire alla
responsabilit che implicava tale fiducia. Che lo volesse o no,
il capo, designato dalla forza delle cose e dal tacito
consentimento dell'immensa maggioranza dei naufraghi, era
lui.
E che! Lui, il libertario, l'uomo incapace di tollerare alcuna
restrizione, si trovava nel caso di imporre agli altri, e di
decretare quelle leggi che aveva sempre respinte! L'apostolo
anarchico, l'adepto della formula N Dio n padrone, per
suprema ironia veniva trasformato in padrone: a lui si
attribuiva quell'autorit, della quale la sua anima odiava il
principio, con furore selvaggio!
Doveva accettare la prova odiosa? Non era meglio fuggire da
quegli esseri che avevano anime da schiavi?
Ma che sarebbero poi divenuti, abbandonati a s stessi? Di
quante sofferenze non si sarebbe reso responsabile il disertore?
Se si ha il diritto di accarezzare alcune astrazioni, certo non
degno del nome di uomo colui che, per amore di esse, chiude
gli occhi dinanzi alle realt della vita, nega l'evidenza e non
pu risolversi a sacrificare il suo orgoglio per attenuare la
miseria umana. Per quanto certe teorie sembrino sicure,
generoso abbandonarle quando sia dimostrato che lo esige il
bene altrui.
Ora, quale altra dimostrazione poteva essere pi chiara e pi
evidente? Non si erano gi constatati nella sera stessa,
numerosi casi di ubbriachezza, senza parlare di altri, certo pi
numerosi ancorch rimasti occulti? Si doveva permettere tale
abuso di alcool, capace di provocare alterchi, risse, e fors'anche
omicidi? Gli effetti del veleno non si erano gi manifestati?
Non se ne erano gi palesati gli orrori nella famiglia Ceroni?
Si avvicinavano alla tenda occupata dalla famiglia Rhodes;
stavano gi accomiatandosi, e il Kaw-djer esitava ancora. Ma
non era uomo da sfuggire alle responsabilit. All'ultimo
momento, per quanto grande fosse la sua amarezza, prese una
risoluzione. E rivolgendosi ad Hartlepool:
Credete che si possa calcolare sulla fedelt dell'equipaggio
del Jonathan? gli chiese.
Ad eccezione di Kennedy e di Sirdey, il cuoco, ne rispondo
rispose Hartlepool.



Di quanti uomini disponete?
Di quindici uomini, me compreso.
Gli altri quattordici vi obbediranno?
Certamente.
E voi?
Io?
C' qualcuno qui del quale siete disposto a riconoscere la
superiorit?
Ma voi, signore naturalmente rispose Hartlepool,
come se si trattasse di cosa evidente.
Perch?
Caspita! Signore disse Hartlepool imbarazzato.
Insomma, qui, come altrove, necessario che la massa abbia
un capo. Va da s, diamine!
E perch dovrei essere io il capo?
Non ce n' altri! disse Hartlepool, rinforzando con le
braccia aperte l'irrefutabilit dell'argomento.
La risposta era infatti perentoria e non si poteva replicare nulla.
Allora il Kaw-djer, dopo un momento di silenzio pronunci
con voce ferma:
A partire da questa sera, farete custodire il materiale
sbarcato dal Jonathan. I vostri uomini si allineeranno a due a
due e non lasceranno che alcuno si avvicini. Sorveglieranno
l'alcool in modo speciale.
Va bene, signore rispose Hartlepool con semplicit.
Sar fatto in cinque minuti.
Buona sera disse il Kaw-djer, che si allontan a gran
passi, malcontento di s e degli altri.
III.
NELLA BAIA SCOTCHWELL.
La Wel-Kiej ritorn il 15 aprile da Punta Arenas. Gli emigranti,
impazienti di conoscere il loro destino, appena la scorsero, si
raggrupparono nel punto della riva verso il quale essa si
dirigeva.
Il raggruppamento si effettu secondo le leggi immutabili che
reggono gli assembramenti sopra tutta la superficie del nostro
pianeta imperfetto; vale a dire che i pi forti s'impadronirono
dei posti migliori. Dietro furono relegate le donne. Di l, esse
non potevano nulla vedere n udire, ma chiaccheravano
animatamente scambiando commenti, tanto rumorosi quanto
prematuri, sulle notizie ancora ignote che portava la scialuppa.
Gli uomini occupavano le prime file, a una distanza dall'acqua
inversamente proporzionale alla rispettiva vigora e brutalit.
Quanto ai fanciulli, per i quali tutto pretesto al gioco, ce
n'erano un po' dappertutto. I pi piccoli pigolavano come
passeri, scorrazzando intorno al gruppo; altri, ammassati
insieme ai grandi, non riuscivano n ad avanzare, n ad
indietreggiare; altri, giunti ad attraversarlo da parte a parte,
sporgevano i visi incuriositi tra le gambe degli adulti della
prima fila e, tra questi, alcuni, pi sfacciati, avevano potuto
insinuare i corpi snelli, dietro la testa, attraverso la barriera
vivente.
Il piccolo Dick era, non c' bisogno di dirlo, fra questi ultimi, e
non soltanto aveva trionfato di tutti gli ostacoli per proprio
conto, ma era riuscito a rimorchiarsi dietro l'inseparabile Sand
e un altro fanciullo, col quale i due mozzi si erano legati, otto
giorni prima, d'una amicizia che si perdeva gi nella notte dei
tempi. Il fanciullo, certo Marcello Norely, della stessa et dei
due suoi compagni, possedeva il miglior titolo al loro affetto,
poich appariva bisognoso di protezione. Era un piccolo essere
meschino, col viso sofferente, infermo, con la gamba destra
colpita da paralisi e pi corta quindi della sinistra. Del resto,
tale condizione non alterava il buon umore del piccolo, n
diminuiva il suo ardore per il gioco, nel quale brillava come gli
altri, grazie a una gruccia di cui usava con grande abilit.
Mentre gli emigranti accorrevano in tumulto sulla spiaggia,
Dick, seguito dall'inseparabile Sand e da Marcello, si era
insinuato fra i primi arrivati, ai quali con la testa non giungeva
neppure alla cintola, ed era riuscito a porsi in prima fila. Ci
non aveva potuto disgraziatamente effettuarsi senza disturbare
pi o meno i primi occupanti e volle il caso che uno di essi
fosse Fred Moore, il maggiore dei due fratelli, dei quali Harry
Rhodes aveva menzionato al Kaw-djer la natura violenta.
Fred Moore, un uomo robusto, alto quasi sei piedi, bestemmi
sentendosi scosso alla base, e questo bast per eccitare l'estro
ironico di Dick. Egli si volt verso Sand e Marcello, che
stavano per forzare il passaggio seguendo il suo esempio.
Attenti disse non spingete dunque cos quel
gentleman, corpo d'un diavolo! A cosa servirebbe? Non
abbiamo che da star quieti dietro di lui e guardare al di sopra
della sua testa.
Tale pretesa, data la statura ridotta del piccolo oratore, appariva
cos tracotante, che i vicini non poterono trattenere le risa; cosa
che mise Fred Moore di cattivissimo umore. Il sangue gli sal
al volto.
Moscherino! borbott con voce impaziente.
Grazie del complimento, Vostra Altezza, bench
pronunziate assai male l'inglese! Bisogna dire gentile
disse Dick con ironia, approfittando dell'analogia dei suoni tra
gnat (moscherino) e natty
(gentile).
Fred Moore fece un passo avanti, ma i pi vicini lo trattennero,
consigliandolo a non curarsi del fanciullo. E Dick ne approfitt
per allontanarsi con i due amici lungo la spiaggia, davanti agli
emigranti pi conciliativi.
Fra poco minacci Fred Moore, obbligato alla
immobilit voglio tirarti le orecchie, ragazzo mio.
Dick, bene al sicuro ora, squadr l'avversario dal basso in alto.
Per farlo, vi bisogna una scala, camerata! disse con fare
superbo, che scaten nuove risate.
Fred Moore alz le spalle e Dick, contento d'aver avuta l'ultima
parola, non si occup pi di lui, per osservare attentamente la
scialuppa, la cui ruota di prua faceva scricchiolare in quel
momento l'arena della spiaggia.
La barca si ferm; Karroly salt in acqua e raggiunse la
terraferma, ove leg solidamente l'ncora. Aiut in seguito il
passeggero a sbarcare, indi, si allontan con Halg e il Kaw-
djer, assai felice di rivederli dopo la lunga assenza.
Se vero che nei Fuegiani i sentimenti affettivi sono in
generale poco sviluppati, certo il pilota era una eccezione alla
regola. Gli sguardi coi quali avviluppava suo figlio e il Kaw-
djer lo avrebbero testimoniato, al bisogno. Per quest'ultimo,
egli era bene il buon cane fedele, di cui il suo aspetto evocava
l'immagine.
La sua devozione cieca non poteva essere eguagliala che da
quella altrettanto profonda, ma pi cosciente, di Halg. Se
Karroly era il padre del giovane nel senso naturale della parola,
il Kaw-djer ne era il padre spirituale. Ad uno egli doveva la
vita, all'altro la sua intelligenza, che le lezioni del misterioso
solitario avevano sviluppato ed arricchito di sentimenti e di
idee, sconosciute dagli indigeni diseredati dell'arcipelago.
Il Kaw-djer rendeva largamente l'affetto che il giovane nutriva
per lui; Halg era ancora l'unico essere capace di commuovere
quell'uomo disilluso, che non conosceva altro amore, oltre
l'amore che nutriva per un fanciullo, se non un altruismo
collettivo e impersonale, di grandezza certamente sublime, ma
la cui stessa ampiezza meglio si addiceva al cuore infinito d'un
creatore, che non all'anima mediocre d'una Creatura. Forse
perci, forse per l'oscura nozione di tale sproporzione,
nonostante la sua bellezza, un sentimento simile stupisce pi
che non attragga gli altri uomini, ai quali sembra inumano a
furia di essere superiore ad essi ? Forse, giudicando con la
povert del loro proprio cuore, ritengono che di un amore cos
suddiviso fra tutti, la parte di ciascuno sia troppo piccola e che
sia cosa migliore, bench meno sublime, darsi a pochi senza
riserva.
Intanto che le tre creature, cos strettamente legate fra loro,
parlavano degli incidenti del viaggio, e si abbandonavano al
piacere di rivedersi, gli emigranti accerchiavano Germano
Rivire, informandosi dei risultati della missione. Le domande
si incrociavano, formulate in var modi, ma rispondenti a
un'unica preoccupazione: perch era ritornata la scialuppa, e
non invece, al suo posto, una nave abbastanza grande da
rimpatriarli tutti ?
Germano Rivire, non sapendo chi ascoltare, impose silenzio
con un cenno, poi, in risposta all'interrogazione concreta
formulata da Harry Rhodes, raccont brevemente il viaggio.
A Punta Arenas aveva veduto il governatore, signor Aguire, il
quale, in nome del Governo chileno, prometteva soccorrere le
vittime della catastrofe. Tuttavia, poich per il momento a
Punta-Arenas non si trovava alcun battello di tonnellaggio
sufficiente a trasportare i naufraghi, questi dovevano armarsi di
pazienza. La situazione d'altronde non presentava nulla di
inquietante. Poich si poteva disporre di materiale in buono
stato e di viveri per quasi diciotto mesi, si doveva anche
aspettare senza timori.
N bisognava nascondere che l'attesa, forzatamente, sarebbe
stata piuttosto lunga. Incominciava appena l'autunno; non era
quindi prudente avventurare, senza assoluto bisogno, un
bastimento in quei paraggi e in quella stagione. Era interesse
comune rimandare il viaggio alla primavera. Ai primi di
ottobre, vale a dire fra sei mesi, avrebbero mandata una nave
all'isola Hoste.
La notizia, che passava di bocca in bocca, fu trasmessa
all'istante fino alle ultime file e produsse sui naufraghi
profondo stupore. Diamine! Si era dunque costretti a perdere
sei lunghi mesi in un paese ove era impossibile qualsiasi
impresa, dovendolo lasciare in primavera, dopo avervi
inutilmente subiti i rigori invernali?
La folla, rumorosa un momento prima, era divenuta silenziosa.
Si scambiavano sguardi smarriti. Poi, l'accasciamento cede il
posto alla collera. Ma anche la collera si acquet in mancanza
d'alimento, e gli emigranti cominciarono a disperdersi per
rientrare nelle loro tende. Ma, attratti nel percorso da un altro
gruppo in via di formazione, si fermarono macchinalmente,
senza neppure accorgersi che aggregandosi al secondo gruppo
formato dagli elementi dissociati del primo, fino alle ultime file
e produsse sui naufraghi profondo stupore. Diamine! Si era
dunque costretti a perdere sei lunghi mesi in un paese ove era
impossibile qualsiasi impresa, dovendolo lasciare in primavera,
dopo avervi inutilmente subiti i rigori invernali?
La folla, rumorosa un momento prima, era divenuta silenziosa.
Si scambiavano sguardi smarriti. Poi, l'accasciamento cede il
posto alla collera. Ma anche la collera si acquet in mancanza
d'alimento, e gli emigranti cominciarono a disperdersi per
rientrare nelle loro tende. Ma, attratti nel percorso da un altro
gruppo in via di formazione, si fermarono macchinalmente,
senza neppure accorgersi che aggregandosi al secondo gruppo
formato dagli elementi dissociati del primo, essi si
trasformarono ipso facto in uditori di Ferdinando Beauval. Il
quale aveva infatti giudicata l'occasione favorevole a un nuovo
discorso e, come la prima volta, arringava i compagni dall'alto
di una roccia innalzata alla dignit di tribuna. Come si pu
immaginare, l'oratore socialista non era tenero per il regime
capitalista in generale e, in particolare, per il governatore di
Punta Arenas che, secondo lui, ne era il prodotto naturale.
Stigmatizzava con eloquenza l'egoismo di quel funzionario,
cos privo della pi elementare umanit, da lasciare
indifferentemente un numero tanto grande di disgraziati esposti
a tutti i pericoli e a tutte le miserie.
Gli emigranti ascoltavano con orecchio distratto la diatriba del
tribuno. A cosa tendeva quel parolaio? Beauval poteva
sbraitare anche pi; ci non sarebbe valso a far avanzare di un
passo i loro affari. Per migliorare la loro sorte abbisognavano
atti e non parole. Ma quali atti? Nessuno, in verit, ne sapeva
nulla. E cercavano penosamente, senza speranza di trovarla, la
soluzione del problema, tenendo fissi al suolo gli sguardi
ingenui.
Tuttavia, a poco a poco, nasceva un'idea entro i poveri cervelli
oscuri. Qualcuno sapeva, forse, quanto avrebbero dovuto fare.
Forse colui che li aveva aiutati a trarsi da altri ser imbarazzi,
avrebbe trovato anche ora il mezzo di rimediare alla situazione;
ed ecco il perch di certe timide occhiate rivolte dalla parte del
Kaw-djer, verso il quale si dirigevano per l'appunto Harry
Rhodes e Germano Rivire. Ogni membro di quella
popolazione di milleduecento anime, non poteva prendere
singolarmente una decisione; dunque, la cosa pi semplice,
dopo tutto, era rimettersene al Kaw-djer, alla sua dedizione,
alla sua esperienza, oltre che tale decisione aveva il vantaggio
inapprezzabile di risparmiare loro la fatica di riflettere.
Liberandosi da ogni preoccupazione immediata, gli emigranti
abbandonarono uno dopo l'altro Ferdinando Beauval, il cui
uditorio si ridusse presto al suo solito gruppo di fedeli.
Harry Rhodes accompagnato da Germano Rivire, unendosi al
gruppo formato dai due Fuegiani e dal Kaw-djer, mise al
corrente quest'ultimo degli avvenimenti, comunicandogli la
risposta del governatore di Punta Arenas, ed esponendo le
angosce degli emigranti, che temevano i rigori di una invernata
antartica.
Il Kaw-djer lo rassicur subito a questo riguardo. L'inverno in
Magellania meno lungo, ed anche meno rude, che in Islanda,
al Canada e negli Stati settentrionali dell' Unione Americana, e
il clima dell'Arcipelago vale, in complesso, quello dell'Africa
meridionale, dove era diretto il Jonathan.
Accetto il pronostico disse Harry Rhodes, conservando
tuttavia un po' di scetticismo. Per, non sarebbe stato
preferibile svernare sulla Terra del Fuoco, che offre qualche
risorsa, anzich sopra l'isola Hoste, dove, fino ad ora, non
abbiamo trovato anima viva?
No rispose il Kaw-djer. Trasportarsi sulla Terra del
Fuoco, non avvantaggerebbe e presenterebbe invece molti
inconvenienti dal punto di vista del materiale, che si sarebbe
costretti ad abbandonare. Bisogna restare sull'isola Hoste, ma
lasciare senza ritardo la localit ove siamo accampati ora.
Per andare dove?
Alla baia Scotchwell, che abbiamo costeggiata nella nostra
escursione. L troveremo facilmente un posto adatto per le case
smontabili provenienti dal carico del Jonathan, mentre qui non
esiste un pollice di terreno piano.
Che! esclam Harry Rhodes. Voi consigliate di
trasportare a due miglia da qui un materiale cos pesante e
procedere a una vera installazione?
assolutamente necessario afferm il Kaw-djer. La
baia ben esposta e protetta dai venti dell'Ovest e del Sud, e il
fiume che vi si getta fornir l'acqua potabile. Quanto a
installarsi qui seriamente, cosa non solo necessaria, ma
urgente. La grande nemica in questa regione l'umidit e
importa anzitutto difendersi da essa. Io dico che non c' tempo
da perdere, perch l'inverno pu cominciare da un momento
all'altro.
Dovreste parlare di tutto questo ai nostri compagni
propose Harry Rhodes. Essi si renderanno un conto pi
esatto della loro situazione, quando l'avrete loro esposta.
Preferisco che ve ne incarichiate voi replic il Kaw-djer.
Ben inteso, io resto a disposizione di tutti, s si avr bisogno
di me.
Harry Rhodes si affrett a comunicare agli emigranti le idee
del Kaw-djer e, con sua grande sorpresa, essi non le accolsero
cos male quanto si poteva pensare. La delusione subita aveva
prodotto un grande scoraggiamento e tutti erano contenti di
trovarsi di fronte a un lavoro concreto, di cui qualcuno si
assumeva la responsabilit, assicurandone il buon esito. La
speranza invincibile, che sonnecchia fino alla morte in fondo al
cuore umano, faceva il resto. Un cambiamento qualsiasi
appariva come la salvezza. Fu quindi una festa il trasloco alla
baia Scotchwell e ci si ripromettevano cose meravigliose.
Soltanto, da che parte incominciare? Quali mezzi impiegare per
condurre a buon termine il trasporto del materiale, sopra un
percorso di due miglia, lungo una spiaggia rocciosa, ove non
esisteva neppure l'apparenza d'un sentiero?
Pregato da tutti, Harry Rhodes, dovette ritornare dal Kaw-djer,
e chiedergli di organizzare il lavoro, che egli stesso dichiarava
urgente. Questi non accamp difficolt per assecondare il
desiderio generale e, sotto la sua direzione, ci si mise subito
all'opera.
Si cre dapprima, al limite delle alte maree, una strada
rudimentale, spianando il terreno intorno alle rocce pi grosse
e togliendo quelle che era possibile rimuovere senza fatica
soverchia. Tale lavoro preliminare fu compiuto il 20 aprile;
indi si inizi subito il trasporto propriamente detto, per il quale
si utilizzarono le piattaforme create per lo scarico del
Jonathan. Suddivise in sezioni pi piccole e munite, a guisa di
ruote, di tronchi d'albero, minuziosamente arrotondati e
drizzati, esse fornirono numerosi veicoli primitivi, ai quali si
attaccarono gli emigranti, uomini, donne e bambini. E tosto, la
lunga processione dei rozzi carri trascinati da attacchi umani si
svolse sulla riva, fra il dirupo il mare. Lo spettacolo appariva
pittoresco. Quante grida dai milleduecento petti ansanti! La
scialuppa rec un aiuto prezioso. La caricavano degli oggetti
pi pesanti e pi fragili e, dal posto del naufragio fino alla baia
Scotchwell andava e veniva ininterrottamente, guidata da
Karroly e da suo figlio Cos, grazie ad essa, il lavoro veniva
notevolmente abbreviato; cosa di cui ci si felicitava, giacch, a
pi riprese, si fu ostacolati dal cattivo tempo.
L'inverno preludiava le sue ire, coi primi turbamenti
atmosferici. Bisognava rifugiarsi allora sotto le tende lasciate
in piedi ali ultimo momento, ed aspettare che la calma ritornata
permettesse di riprendere il lavoro... Non contento di prodigare
senza posa incoraggiamenti e consigli, il Kaw-djer predicava
con l'esempio e non restava inattivo. Sempre in moto sulla
strada percorsa dal convoglio, giungeva a tempo ovunque per
dare un consiglio, un aiuto.
Gli emigranti consideravano stupiti quell'uomo infaticabile, che
si costringeva a dividere con loro i duri lavori, mentre nulla gli
impediva di ritornare l donde era venuto.
In verit, il Kaw-djer non vi pensava. Datosi interamente al
compito affidatogli dal caso, vi si abbandonava tutto,
soddisfatto di rendersi utile a quella folla di miseri e, perci
appunto, prossima al suo cuore.
Ma non tutti raggiungevano la sua altezza morale, ed alcuni
accarezzavano, per conto proprio, quei progetti di diserzione
che non un istante avevano sfiorato la sua anima. Nulla di pi
facile, insomma, che impossessarsi della scialuppa, issare le
vele e filare verso regioni pi clementi. N si poteva temere di
venire inseguiti, perch gli emigranti non possedevano
alcun'altra imbarcazione. Era cosa tanto semplice, che destava
sorpresa come nessuno ancora lo avesse tentato.
Certo, esisteva un ostacolo nel fatto che la Wel-kiej non restava
mai senza guardiano, perch Halg e Karroly che la pilotavano
durante il giorno, vi dormivano la notte insieme al Kaw-djer.
Coloro quindi che potevano progettare d'impadronirsene, erano
forzati ad aspettare l'occasione propizia, occasione che si
present il 10 maggio.
In quel giorno, ritornando dal suo primo viaggio alla baia
Scotchwell il Kaw-djer scorse i due Fuegiani che gesticolavano
sulla riva, mentre la Well-Kiej, distante gi pi di trecento
metri, si allontanava al largo, con tutte le vele spiegate. A
bordo, si distinguevano quattro uomini, dei quali la distanza
impediva di riconoscere il volto.
Poche parole, rapidamente scambiate, lo misero al corrente
dell'accaduto Avevano approfittato d'una breve assenza di
Karroly e del figlio, per saltare a bordo della scialuppa e,
quando essi avevano scoperto il furto, era gi troppo tardi per
porvi riparo.
Man mano che gli emigranti ritornavano all'accampamento, si
riunivano, sempre pi numerosi, intorno al Kaw-djer e ai suoi
due compagni che, impotenti e disarmati, guardavano in
silenzio la scialuppa chi la brezza faceva dar di banda
graziosamente. Per i naufraghi era una disgrazia seria, perch
perdevano, ad un tempo un mezzo prezioso per accelerare il
lavoro attuale e la possibilit di mettersi in comunicazione, al
bisogno, col resto del mondo. Ma per i proprietari della Wel-
Kiej la disgrazia si mutava in disastro.
Il Kaw-djer, per, non palesava con alcun segno esterno la
collera che doveva gonfiargli il cuore. Immobile, freddo,
impassibile come sempre seguiva con lo sguardo il suo
battello, che sparve presto dietro un saliente della spiaggia.
Allora il Kaw-djer si rivolse al gruppo che lo circondava:
Al lavoro disse con voce calma.
Ci si rimise all'opera con nuovo ardore. La perdita della
scialuppa rendeva necessario affrettarsi, se si voleva essere a
posto, prima che 1 inverno giungesse definitivamente.
Bisognava anche essere contenti, che il furto ignominioso non
fosse accaduto fino dai primi giorni del trasporto. In tale caso,
forse, non sarebbero venuti a capo di nulla. Fortunatamente, in
quel giorno, 10 maggio, era quasi terminato, e bastava un poco
di coraggio ancora per giungere in porto.
Gli emigranti ammiravano la serenit del Kaw-djer. Nulla era
cangiato nella sua attitudine abituale e continuava a dare prova
della stessa bont, e della stessa dedizione, cos che la sua
influenza ne fu notevolmente accresciuta.
Un incidente, durante quella giornata, fin per renderlo
tutt'affatto popolare.
Aiutava a trascinare una delle carriole, sulla quale giacevano
ammucchiati parecchi sacchi di sementi, quando la sua
attenzione fu attirata da gemiti dolorosi. Essendosi diretto
rapidamente verso il sito donde partivano i lamenti, scorse un
fanciullo di circa dieci anni, che giaceva al suolo, lagnandosi
pietosamente. Alle sue domande, il fanciullo rispose che era
caduto dall'alto d'una roccia, che sentiva un forte dolore alla
gamba destra e che non poteva rialzarsi.
Buon numero di emigranti schierati in cerchio dietro il Kaw-
djer, scambiavano riflessioni assurde. I genitori del fanciullo
non tardarono ad unirsi all'assembramento, e i loro lamenti
rumorosi aumentarono la confusione.



Il Kaw-djer, con voce risoluta, impose silenzio a tutti, e
procedette all'esame del ferito. Intorno a lui, gli emigranti
tendevano il collo meravigliati della sicurezza e dell'abilit dei
suoi movimenti. Senza esitare diagnostic la frattura semplice
del femore, e la ridusse con facilit. Servendosi di pezzi di
legno trasformati in assicelle, immobilizz la parte spezzata
che fasci con lembi di tela, poi il fanciullo fu trasportato alla
baia Scotchwell sopra una barella improvvisata.
Pur sorvegliando il lavoro delle sue mani, il Kaw-djer non
cessava dal rassicurare i genitori addolorati. L'incidente non
poteva avere conseguenze dannose: fra due mesi non ne
sarebbe rimasta traccia, e, a poco a poco, il padre e la madre
riprendevano fiducia, rasserenandosi poi completamente,
quando il fanciullo, dopo la fasciatura, assicur che non
soffriva pi.
Da tali fatti, che in un attimo furono noti a tutti, risult un
grande rispetto verso il Kaw-djer. Egli era decisamente il genio
benefico dei naufraghi. I suoi servigi non si potevano neppur
pi numerare e ben altro ancora ci si aspettava da lui.
La stessa sera, 10 maggio, si procedette a una rapida inchiesta
per scoprire gli autori del furto della Wel-Kiej, inchiesta che
dette risultati necessariamente assai incerti, ma che permise
tuttavia di far cadere i sospetti su quattro persone, che nessuno
aveva mai veduto durante tutta la giornata. Due appartenevano
all'equipaggio, il cuoco Sirdey e il marinaio Kennedy. Gli altri
due erano emigranti assai malfamati, due pretesi operai a nome
Furster e J ackson.
Pei primi, gli avvenimenti non dovevano permettere di
giungere alla certezza, ma non si tard ad avere la prova che i
sospetti si erano giustamente portati sopra gli altri due.
L'indomani mattina, infatti, Kennedy e Sirdey erano di nuovo
presenti e disimpegnavano, come il solito, la loro parte di
lavoro. A vero dire, apparivano morti di fatica e Sirdey anzi
sembrava ferito. Camminava faticosamente e scorticature
profonde gli solcavano il viso.
Hartlepool conosceva a fondo quel messere, di cui disprezzava
la vile natura, e lo apostrof rudemente:
Dove eri ieri?
Dove ero? rispose ipocritamente Sirdey,
Naturalmente dove sono tutti i giorni.
Nessuno per ti ha visto, il mio sornione! Non ti sarai
smarrito piuttosto dalla parte della scialuppa?
Della scialuppa ripet Sirdey col fare di chi non
comprenda.
Uhm! disse Hartlepool e seguit: Potresti spiegarmi
la causa di codeste tue graffiature?
Sono caduto rispose Sirdey. Anzi mi sar impossibile
lavorare oggi. Sto ritto a fatica.
Uhm! mormor ancora Hartlepool allontanandosi,
sicuro di non cavar niente dall'astuto individuo.
Quanto a Kennedy, non c'era neppure il pretesto per
interrogarlo, perch, per quanto fosse di un pallore cereo e
sembrasse male in gambe, aveva ripreso le sue solite
occupazioni, senza dire parola.
L'11 maggio dunque fu ripreso il lavoro all'ora abituale senza
che il problema fosse risolto. Ma una sorpresa attendeva coloro
che giunsero primi alla baia Scotchwell.
Sulla spiaggia, a poca distanza dalla foce del fiume, giacevano
due cadaveri, quelli di J ackson e di Furster, e vicino ad essi
stava la scialuppa sventrata, e piena per tre quarti di acqua e di
sabbia.
L'avventura si poteva ricostruire facilmente. Il battello mal
guidato aveva dovuto toccare gli scogli, un po' pi in l della
baia. Apertasi una falla, l'imbarcazione appesantita aveva
dovuto capovolgersi. Dei quattro uomini che la montavano,
due, Kennedy e Sirdey, secondo ogni probabilit, avevano
raggiunto la riva a nuoto, ma gli altri due non erano riusciti a
salvarsi, e alla prima marea, i loro corpi, insieme alla Wel-Kiej
mezza fracassata dall'onda, erano stati gettati sulla spiaggia..
Dopo un esame accurato, il Kaw-djer riconobbe che i resti
della scialuppa rimanevano ancora utilizzabili. Le coste
apparivano pi o meno spezzate, ma la membratura aveva
sofferto pochissimo, e la chiglia era intatta. Quanto restava
della Wel-Kiej fu dunque issato a forza di braccia fuori della
portata del mare, aspettando il momento propizio per ripararla.
Il trasporto del materiale fu definitivamente compiuto il 13
maggio e, senza perder tempo, si cominci subito a collocare le
case smontabili, che sorsero a vista d'occhio. Appena finite,
venivano immediatamente occupate, non senza dar pretesto,
ogni volta, ad alterchi violenti. Infatti, ne sarebbero
abbisognate molte di pi per contenere tutti i milleduecento
naufraghi, mentre solo i due terzi potevano ragionevolmente
sperare di trovarvi asilo.
Da ci, la necessit di procedere a una selezione.
Ma essa avvenne a suon di pugni. I pi robusti, che avevano
incominciato con l'impossessarsi delle diverse parti delle case
smontabili, quando furono edificate pretesero di impedire
l'accesso. Ma per quanto robusti, dovettero tuttavia cedere
dinanzi al numero, ed entrare in trattative con una parte di
coloro che tentavano di soppiantare. Vi fu cos una seconda
serie di fortunati e per conseguenza una seconda selezione
basata, come la prima, sulla forza dei competitori. Poi, quando
le case ricoverarono un numero di persone abbastanza forte per
sfidare il resto degli emigranti, questi ultimi vennero
definitivamente eliminati.
Quasi cinquecento persone, in maggioranza donne e fanciulli,
dovettero cos accontentarsi del riparo delle tende, gli uomini
furono in numero minore e, generalmente, padri e mariti
costretti a seguire la sorte delle proprie famiglie. Fra questi
ultimi erano anche il Kaw-djer e i suoi due compagni, che
ormai si erano abituati a passare le notti all'aperto, come pure i
superstiti dell'equipaggio del Jonathan, ai quali Hartlepool
aveva ordinato di astenersi dalle contestazioni. Quei bravi
ragazzi obbedirono tutti senza protestare, compresi Kennedy e
Sirdey, che, dopo l'avventura della scialuppa, davano prova di
zelo e docilit insoliti. Nel numero dei meno favoriti, si
contavano altres J ohn Rame e Fritz Gross, trattenuti lontani
dalla lotta dalla loro stessa debolezza fisica, e la famiglia
Rhodes, il cui capo non aveva carattere incline alla violenza.
Cinquecento persone alloggiarono dunque sotto le tende. La
diminuzione di coloro che prima ne usufruivano, permise per
di impiegare per ogni tenda due coperture sovrapposte e divise
da uno strato d'aria; cosa che le rese, in complesso, assai pi
riparate. Intanto, gli uni portavano a termine la sistemazione
interna delle case, chiudendone le connessure e ostruendone le
pi piccole aperture, per poter efficacemente combattere la
penetrante umidit della regione: e gli altri preparavano
provvigioni di legna a spese della foresta vicina, oppure
ripartivano i viveri in quantit sufficente da assicurare a tutti
quattro mesi d'esistenza, mentre i muratori, una ventina circa
fra gli emigranti, costruivano in fretta stufe rudimentali.
I lavori non erano ancora completamente finiti il 20 maggio,
quando l'inverno, fortunatamente molto in ritardo quell'anno,
piomb sull'isola Hoste, sotto forma d'una tempesta di neve di
violenza spaventosa. In pochi minuti il terreno fu coperto di un
bianco lenzuolo, da cui spuntavano gli alberi di ghiaccioli. Le
comunicazioni fra le diverse frazioni dell'accampamento
divennero all'indomani difficilissime.
Ma oramai erano tutti riparati contro l'inclemenza della
temperatura. Chiusi entro le case, o sotto la doppia copertura
delle tende, riscaldati da fiammate ardenti di legna, i naufraghi
del Jonathan si trovavano pronti a sfidare i rigori d'una
invernata antartica.
IV.
SVERNAMENTO.
Durante quindici giorni, la tempesta si accan senza
interruzione, la neve cadde a larghi fiocchi e gli emigranti,
costretti a seppellirsi per due settimane sotto i ripari, poterono
solo talvolta arrischiarsi a uscirne.
Triste per tutti, certamente, la clausura forzata, ma pi ancora
per quelli che si erano procurati la gioia di una casa
smontabile. Queste case, costituite da semplici assiti
inchiavardati fra loro, mancavano delle comodit pi
elementari. Tuttavia, sedotti dal loro aspetto, o fors'anco dal
nome illusorio di case, gli emigranti se le erano contese ed ora
vi si ammucchiavano oltre i limiti del ragionevole,
trasformandole in veri dormitori, ove i pagliericci gettati sul
nudo pavimento si toccavano, che divenivano stanze comuni e
cucine durante le brevi ore della giornata. Da tale
addensamento, da tale coabitazione di pi famiglie, derivava
necessariamente una promiscuit di ogni momento, tanto
dannosa all'igiene, quanto sfavorevole al mantenimento del
buon accordo. La disoccupazione e la noia sono infatti fonte di
litigi, e in quelle dimore bloccate dalla neve la noia regnava
sovrana.
Gli uomini, invero, trovavano modo d'occupare i loro ozi,
ingegnandosi ad arredare rozzamente le povere case sprovviste
del pi piccolo mobile e sbozzavano a colpi d'ascia sedie e
tavoli, dei quali si sbarazzava l'ambiente quando calava la
notte, per stendere i pagliericci. Ma le donne non godevano di
tale risorsa. Curati i figlioli, atteso a preparare il pasto, che
l'uso delle conserve semplificava notevolmente, non restavano
loro che le chiacchiere per passare il tempo. E non se ne
privavano. Non potendo far correre le gambe, facevano correre
le lingue e, nessuno lo ignora, l'intemperanza della parola
bene spesso essa pure generatrice di discordie. C'era anzi da
meravigliarsi, che gi fin dai primi giorni non ne fossero
avvenute.
Se quelli che occupavano le tende restavano meno protetti
contro le intemperie, usufruivano invece di alcuni altri
vantaggi. Disponevano di spazio maggiore, e qualche famiglia,
per esempio le famiglie Rhodes e Ceroni, godevano anzi di una
tenda intera. I cinque Giapponesi, strettamente uniti fra loro,
abitavano pure una tenda, dove vivevano a parte.
Tende e case erano disseminate secondo il capriccio
individuale. Nessuno aveva diretto il lavoro di piazzamento, e
per conseguenza il disegno dell'accampamento non rispondeva
ad alcun piano prestabilito. Rassomigliava non a una borgata,
ma all'agglomerarsi fortuito di case isolate, e sarebbe stato un
imbarazzo serio tracciarvi le vie.
Cosa del resto senza importanza, perch non si trattava di
fondare un abitato duraturo. In primavera, demolite le case e le
tende, ciascuno avrebbe ritrovata la propria patria e la propria
miseria.
L'accampamento si stendeva sulla riva destra del fiume che
giungendo dall'Ovest, lo lambiva in un punto, poi si ripiegava
subito su s stesso e scorreva al Nord-Ovest per gettarsi in
mare, tre chilometri pi lontano. La costruzione pi occidentale
si rizzava sulla riva stessa del fiume. Era una casa smontabile
di cos piccole proporzioni, che tre sole persone vi avevano
potuto trovar posto.
Senza litigi, senza chiasso, procedendo tacitamente, uno degli
emigranti, certo Patterson, si era preso fin dal primo giorno gli
elementi costitutivi di quella casa, e, perch nessuno gliela
contendesse, aveva portato subito al massimo il numero degli
inquilini, offrendone, il godimento indiviso a due altri
naufraghi.
Egli non aveva fatto l'offerta cos a caso. Patterson, di
costituzione piuttosto delicata, si era unito con fine intuito a
due compagni di figura erculea e che al bisogno avrebbero
potuto disporre di pugni capaci di difendere la propriet
collettiva.
Uno si chiamava Blaker, l'altro Long, e ambedue erano di
nazionalit americana. Il primo era un giovane contadino di
ventisette anni, di carattere piuttosto gioviale, ma afflitto da
bulimia che gli complicava dolorosamente la vita. Poich la
miseria, che costituiva il suo destino, non gli aveva mai
permesso di soddisfare l'appetito insaziabile, egli aveva avuto
fame fin dalla nascita, tanto da rassegnarsi ad espatriare
nell'unica speranza di poter finalmente mangiare a saziet. Il
secondo era operaio, un fabbro, dal cervello ristretto e dai
muscoli enormi, una bestia solida e malleabile come il ferro
arrossato che maneggiava.
Quanto a Patterson, se si trovava ora fra i naufraghi, egli
almeno, non vi era stato spinto dalla miseria, ma da smodato
desiderio di guadagno. Il destino gli si era mostrato ostile ed
amico ad un tempo. L'aveva bens fatto nascere solo, povero e
nudo sul ciglio d'una strada irlandese, ma dotato in compenso
di avarizia prodigiosa, vale a dire del modo di conquistare tutti
i beni che gli mancavano nel momento della sua venuta sulla
terra e, grazie ad essa, era gi riuscito infatti ad ammucchiare,
fino dall'et di venticinque anni, un peculio rispettabile. Lavoro
indefesso, privazioni da cenobita, nonch, se l'occasione si
presentava, sfruttamento cinico degli altri, nulla l'aveva distolto
dal suo scopo.
Tuttavia, un contadino, per quanto accorto, se privo del
minimo capitale iniziale, non pu progredire che lentamente
sul sentiero della ricchezza. Lo spazio che gli offerto troppo
ristretto per permettergli un'ascesa rapida. Patterson, dunque,
non precedeva che penosamente, a furia di coraggio, di
rinunzie e di astuzia, quando gli furono raccontate cose
strabilianti sulle probabilit che un uomo senza scrupoli pu
trovare in America. Abbacinato da tali storie meravigliose, egli
non sogn altro che il Nuovo Mondo e progett, come molti
altri, di andarvi a cercar la buona ventura, non per seguire le
tracce di taluni miliardari, usciti tuttavia al pari di lui dagli
ultimi strati sociali, ma nella speranza, almeno, di rimpinzare la
sua calza di lana pi presto che non nella madrepatria.
Appena giunto sul suolo americano, fu sollecitato dalla
pubblicit intensiva della Societ della baia di Lagoa e,
confidando nelle promesse seducenti di essa, che l avrebbe
trovato un campo vergine ove impiegare fruttuosamente il suo
piccolo capitale, insieme a mille altri, s'imbarc sul Jonathan.
Certo gli avvenimenti delusero le sue speranze. Ma Patterson
non apparteneva a quel genere di gente che si scoraggia. A
dispetto del naufragio, senza nulla dimostrare dell'amarezza
che doveva pur risentire, s'intestava a inseguire la fortuna con
la stessa paziente ostinazione. Se, nella comune sventura, uno
solo dei naufraghi fosse giunto a guadagnare qualche cosa,
quell'uno doveva essere certamente lui.
Aiutato da Blaker e da Long, egli aveva collocato la sua casetta
non lungi dal mare, sulla riva del fiume e nell'unico punto
accessibile. A monte del fiume la riva, rialzandosi subitamente,
si tramutava in una specie di dirupo alto quasi quindici metri.
A valle, oltre un praticello che si stendeva innanzi alla casa, il
terreno cedeva all'improvviso e il fiume scendeva in cascata sul
piano inferiore. Tra la cascata e il mare si stendeva una palude
impraticabile. A meno di imporsi un giro vizioso di un buon
chilometro, tutti gli emigranti dovevano necessariamente
passare davanti alla dimora di Patterson per andare a riempire e
secchi e barili.
Le altre case e le tende si rizzavano, in disordine pittoresco,
parallele al mare, dal quale le separava la palude. Il Kaw-djer
alloggiava con Halg e Karroly in una ajupa fuegiana, costruita
dai due Indiani. Nulla di pi rudimentale di quel ricovero fatto
con erbe e con fronde e, per accontentarsene, non bisognava
certo temere rigori del clima. Ma l'ajupa, posta sulla riva
sinistra del fiume, aveva il vantaggio di 'essere vicina al posto
ov'era naufragata la scialuppa; cosa che permetteva
d'approfittare di tutti i momenti di bel tempo per attivarne le
riparazioni.
Durante le due settimane del primo serio assalto invernale, non
si pot pensare ad iniziarle. Ma non bisogna concluderne che il
Kaw-djer vivesse da recluso, come la folla meno temprata dei
naufraghi. Ogni giorno, in compagnia di Halg attraversava il
fiume sopra un piccolo ponte costruito da Karroly in
quarantott'ore, e si recava all'accampamento.



E vi trovava sempre da fare. Fino dai primi freddi, alcuni
emigranti, colpiti da affezioni acute, in generale bronchiti
piuttosto benigne, avevano chiesto l'aiuto del Kaw-djer, che
godeva ormai di salda riputazione in materia medica. Infatti il
fanciullo ferito migliorava di giorno in giorno e tutto
assicurava che il pronostico dell'abile operatore si sarebbe
avverato nel giorno stabilito.
Il Kaw-djer, dopo il solito giro medico, entrava nella tenda
della famiglia Rhodes, e s'intratteneva un'ora o due a parlare di
quanto poteva interessare i naufraghi. Egli si affezionava
sempre pi ai Rhodes; gli piaceva la bont semplice della
signora Rhodes e della figlia Clary, le quali adempievano
presso gli ammalati che ne avevano bisogno le funzioni di
infermiere. Di Harry Rhodes apprezzava la dirittura e lo spirito
benevolo, e fra i due uomini, a poco a poco, nascevano
sentimenti di vera amicizia.
Arrivo ad essere contento disse un giorno Harry Rhodes
al Kaw-djer che quei furfanti abbiano tentato di
impadronirsi della nostra scialuppa. Forse, se fosse in buono
stato, vi verrebbe il desiderio di lasciarci ora che siamo tutti a
posto. Mentre adesso siete nostro prigioniero.
Bisogner pure che io parta obbiett il Kaw-djer.
Non prima della primavera replic Harry. Siete
troppo utile a tutti. Qui ci sono tante donne e tanti fanciulli, che
voi solo potete curare. Che sarebbe di essi senza di voi?
Non prima della primavera sia! concesse il Kaw-djer.
Ma poich in quel momento se ne andranno tutti, potr anch'io
riprendere il mare.
Per ritornare all'Isola Nuova?
Il Kaw-djer rispose con un gesto evasivo. S, l'Isola Nuova era
la sua dimora. Vi aveva vissuto molti anni. Doveva ritornarci
ora? Le ragioni che l'avevano allontanato, esistevano sempre.
L'Isola Nuova, gi terra libera, soggiaceva, ora, all'autorit del
Chili.
Se avessi voluto partire disse desiderando mutare
argomento credo che i miei due compagni non sarebbero
stati contenti. Halg, almeno, se non Karroly, avrebbe lasciato
l'isola Hoste con dolore e, fors'anco, avrebbe rifiutato di
seguirmi.
Perch? chiese la signora Rhodes.
Per il motivo semplicissimo che Halg, temo, ha la disgrazia
di essere innamorato.
Una lieta disgrazia! esclam piacevolmente Harry
Rhodes.
L'amore proprio della sua et.
Non dico di no riconobbe il Kaw-djer. Ma quel
povero ragazzo sta preparandosi cos a grandi dolori, quando
verr il giorno del distacco.
Ma perch dovrebbe separarsi dalla persona che ama,
anzich sposarla semplicissimamente? domand Clary che,
al pari di tutte le fanciulle, si interessava alle cose del cuore.
Perch si tratta della figlia di un emigrante, la quale non
acconsentirebbe mai a restare in Magellania. E d'altra parte non
posso capire cosa farebbe Halg, trasportato in uno dei nostri
paesi, cos detti civilizzati. Senza calcolare poi che egli non
lascerebbe suo padre e me troppo di buon animo.
La figlia di un emigrante? chiese Harry Rhodes.
forse Graziella Ceroni?
L'ho vista parecchie volte disse Edward prendendo parte
alla conversazione, non brutta.
Halg la trova meravigliosa esclam il Kaw-djer
sorridendo.
naturale! Finora, egli non aveva veduto che donne
fuegiane e sono obbligato a riconoscere che si pu essere
facilmente migliori.
Si tratta dunque di lei? chiese Harry Rhodes.
S. Il giorno in cui dovemmo intervenire negli affari della
sua famiglia, come ricorderete, avevo gi osservato
l'impressione viva che ella produsse in lui. Si pu dire che fu
una vera rivelazione. Voi non ignorate quanto siano infelici la
madre e la figlia, e dalla piet all'amore sovente non v' troppa
distanza.
Ed anche la pi bella di tutte le strade che vi conducono
osserv la signora Rhodes.
Checch ne sia, vi prego crederlo, da quel giorno Halg vi
cammina allegramente. Non potete farvi un'idea del
cambiamento avvenuto in lui. Ne volete un esempio? Gli
indigeni della Magellania non hanno pretensioni all'eleganza,
come immaginate facilmente. Nonostante il clima rigido,
spingono al riguardo l'indifferenza fino a vivere completamente
nudi. Halg, pervertito dalla civilizzazione, di cui ho il torto di
portare un vecchio resto nelle pieghe dei miei vestiti, era un
raffinato fra i suoi congeneri, avendo consentito, dopo il
naufragio del Jonathan, a coprirsi di pelli di foca ed anche di
guanaco. Ma ora ben altra cosa! Ha snidato un parrucchiere
in mezzo agli emigranti e si fatto tagliare i capelli. forse il
primo fuegiano che abbia adottato simile eleganza! E non
tutto. Non so con quale mezzo si sia procurato un abito
completo e non esce pi se non vestito all'europea e, per la
prima volta in vita sua, calzato di scarpe che, del resto, devono
dargli non poca noia! Karroly non ci capisce niente, ma io so
gi fin troppo cosa voglia dire tutto ci.
E Graziella chiese ancora la signora Rhodes
commossa da tutti gli sforzi fatti per piacerle?
Credete bene che non gliel'ho chiesto replic il Kaw-
djer. Ma, a giudicare dal viso raggiante di Halg, presumo
che i suoi affari non vadano male.
Non mi stupisce disse Harry Rhodes: il vostro
compagno un bel giovanotto.
Fisicamente non brutto, ne convengo approv il Kaw-
djer, con soddisfazione evidente, ma moralmente poi
anche migliore: un cuore generoso, fedele, buono, devoto e
intelligente.
Credo che sia vostro allievo, disse la signora Rhodes.
Potete dire: mio figlio, perch io l'amo come un padre. Mi
affliggo quindi per le sue nuove idee, dalle quali, alla fine,
risulteranno soltanto dolori.
Il Kaw-djer non s'ingannava. Una simpatia nascente attirava,
l'uno verso l'altro, il giovane Fuegiano e Graziella. Dal primo
momento in cui gli era apparsa, Halg, col pensiero sempre
rivolto a lei, non aveva lasciato passare un solo giorno senza
tentare di vederla. Testimonio della scenata nella quale il Kaw-
djer era intervenuto, egli conosceva la piaga della famiglia e,
con la perspicacia degli innamorati, traeva partito, senza
scrupoli, della situazione. Col pretesto di incaricarsi dei bisogni
delle due donne, e di vegliare sulla loro tranquillit, egli
restava lunghe ore insieme ad esse e, usando la lingua inglese,
che parlavano tutti correntemente, si scambiavamo le loro idee.
Halg, anche in questa cosa, come in tante altre, non
rassomigliava ai suoi compatriota, cos meravigliosamente
refrattari allo studio delle lingue. Egli invece, senza fatica
soverchia, aveva imparato l'inglese e il francese, ed ora,
pretesto ottimo per frequentare la famiglia Ceroni, stava
facendo in italiano progressi prodigiosi sotto la direzione di
Graziella.
Ella aveva facilmente compreso le cause della sua assiduit
allo studio, ma dapprincipio i sentimenti che nutriva per lei il
giovane indiano l'avevano divertita, piuttosto che commossa.
Halg, coi lunghi capelli spioventi, con le tempie strette, il naso
leggermente camuso, la carnagione qualche poco rossiccia, le
faceva l'effetto d'un essere d'altra specie. Secondo la sua
classificazione immaginaria, gli abitatori del nostro pianeta si
suddividevano in due razze distinte: gli uomini e i selvaggi; e
Halg, essendo un selvaggio, non poteva di conseguenza essere
un uomo. Il ragionamento era severo. L'idea che un legame
qualsiasi potesse esistere fra quell'esotico coperto appena da
pelli di bestie e un'Italiana che si riteneva superiore
nell'essenza, non le pass neppure per la mente.
Tuttavia, ella si abitu a poco a poco ai lineamenti e al vestire
sommario del suo timido adoratore, e giunse gradatamente a
considerarlo come un adolescente pari agli altri. Halg, da parte
sua, fece ogni sforzo per provocare tale evoluzione nel
pensiero di lei. Un bel giorno Graziella lo vide apparire coi
capelli abilmente tagliati e separati sui due lati da una riga
tracciata da mano pratica. Poco dopo, trasformazione anche pi
stupefacente, Halg si present vestito all'europea. Calzoni,
camiciotto, scarpe: non gli mancava nulla. Ogni cosa era
indubbiamente rozza e grossolana, ma cos non la pensava
Halg che si riteneva elegantissimo e si guardava volontieri
entro un frammento di specchio proveniente dal Jonathan.
Quanto aveva faticato per scoprire l'emigrante compiacente che
gli avesse fatto da parrucchiere e per procurarsi il vestito che,
secondo lui, lo rendeva irresistibile! La ricerca del vestito era
stata assai ardua, e fors'anche sarebbe rimasta vana, se non
avesse avuto la fortuna di entrare in rapporti con Patterson.
Patterson vendeva un po' di tutto e l'avaro, per nulla al mondo,
avrebbe lasciato sfuggirsi l'occasione d'un baratto qualsiasi. Se
egli non possedeva l'oggetto richiesto, lo trovava sempre,
dando da una mano, ricevendo dall'altra e prelevando nello
scambio una senseria onesta.
Patterson aveva dunque fornito gli abiti richiesti, e in cambio le
economie del giovane erano passate nelle sue tasche.
Ma egli non le rimpiangeva, Graziella l'aveva ricompensato del
suo sacrificio, mutando subito atteggiamento verso di lui.
Secondo la sua classificazione personale, Halg cessava di
essere un selvaggio e diveniva un uomo.
Da allora le cose camminarono a passi da gigante, e nel cuore
dei due giovani era germogliato un affetto sincero. Harry
Rhodes aveva ragione. Halg, astrazione fatta del tipo speciale
alla razza, era veramente un bel giovane. Alto, robusto,
abituato alla vita all'aria aperta, possedeva quella grazia del
portamento derivata dalla flessuosit del corpo e dall'armonia
dei movimenti. D'altra parte, la sua intelligenza, aperta dalle
lezioni del Kaw-djer, non era certo mediocre e negli occhi gli
si leggevano l'onest e la bont. Era pi di quanto non occorra
a commuovere una fanciulla infelice.
Dal giorno in cui, senza aver scambiato una sola parola, Halg e
Graziella si sentirono complici, le ore passarono rapide per
essi. Che importava loro della tempesta? Del freddo? Le
intemperie rendevano l'intimit pi dolce, ed essi quasi
temevano il ritorno del bel tempo.
Tuttavia, il bel tempo ritorn e gli emigranti, che non avevano
le stesse ragioni d'indifferenza, furono lieti del cambiamento.
Come sotto un colpo di bacchetta magica, l'accampamento si
rianim. Case e tende si vuotarono. Mentre gli uomini si
stiravano le membra intorpidite dalla lunga clausura, le comari,
felici di mutare discorsi e interlocutrici, andarono di porta in
porta, scambiando visite, stringendo nuove amicizie.
Karroly mise a profitto la stagione favorevole per cominciare le
riparazioni alla scialuppa, aiutato dagli stessi carpentieri della
prima volta. Ma poich tutti i lavori preparatori: demolizione,
tranciatura e centinatura del legname dovevano essere fatti da
loro tre soli, si presumeva che la riparazione non sarebbe stata
compiuta in meno di tre mesi.
Intanto che Karroly e i compagni maneggiavano la pialla e la
sega, il Kaw-djer, che desiderava procurare a s e agli
ammalati provvigioni fresche, andava a caccia con Zol, il suo
cane fedele.
Bench l'arcipelago subisse i rigori invernali, bench la neve
ricoprisse le praterie e il ghiaccio le alture, la vita animale non
era tuttavia soppressa. Le foreste ricoveravano numerosi
guanachi e vigogne, e poi volpi e nand. E sopra la pianura
starnazzavano ancora oche montanine, piccole pernici,
beccacce e beccaccine. Sul litorale pullulavano in gran numero
i gabbiani commestibili, qualche balena veniva a soffiare in
vista dell'isola e i lupi marini abbondavano sulle rive.
Invece, non bisognava pensare alla pesca. Il pesce, e
soprattutto il merluzzo e la lampreda, non frequentava che in
estate l'isola Hoste. D'inverno risale pi al Nord, nel canale del
Beagle e nello stretto di Magellano.
Dalla sua escursione, il Kaw-djer, oltre ad abbondante
selvaggina, port notizie di quattro famiglie che avevano
ritenuto opportuno allontanarsi dall'accampamento per
stabilirsi a qualche lega nell'interno. I dissidenti erano i
Rivire, i Gimelli, i Gordon e gli Ivanoff, che avevano
accompagnato il Kaw-djer e Harry Rhodes nella prima
esplorazione dell'isola. Di comune accordo, essi avevano
risoluto di separarsi dagli altri. Tutti e quattro, coltivatori di
professione, appartenevano alla stessa categoria morale, la
categoria delle persone oneste, sane, bene equilibrate e in
buona salute. Ben lontani dalla rapacit di un Patterson o dalla
inerzia d'un J ohn Rame, erano semplicemente lavoratori. Il
lavoro per essi diveniva bisogno e vi si sottoponevano senza
fatica, insieme alle mogli e ai loro figli, incapaci del pari di non
cercare sempre l'utile impiego del tempo.
Rivire, mentre si abbattevano gli alberi necessari allo scarico
del Jonathan, era rimasto sorpreso della ricchezza di quelle
foreste, che nessuna scure aveva mai finora intaccate.
Nell'apprendere a Punta Arenas che avrebbe dovuto
soggiornare sei buoni mesi all'isola Hoste, ebbe subito l'idea di
approfittare delle circostanze per tentare lo sfruttamento di
quelle magnifiche foreste. Si procur, a tale scopo, il materiale
rudimentale per l'impianto d'una segheria, e ne caric la
scialuppa. L'intrapresa non poteva non essere fruttuosa; la
foresta non apparteneva a nessuno e il legno non sarebbe
costato nulla. Restava il problema del trasporto. Ma Rivire
pensava che quella difficolt avrebbe finito per risolversi pi
tardi da s stessa, e una volta che il legno fosse stato segato, si
sarebbe trovato il mezzo di scambiarlo contro danaro suonante.
Al momento di realizzare il suo progetto, egli si era confidato
con Gimelli, con Gordon e Ivanoff, coi quali aveva stretta
amicizia sul Jonathan. Costoro avevano approvato vivamente
il Franco-Canadese, pur deplorando di non poterlo imitare;
tuttavia, poich un'idea ne chiama un'altra, idearono subito un
progetto analogo. Durante l'escursione fatta insieme al Kaw-
djer, avevano potuto apprezzare la fertilit del suolo. Perch
non tentare l'uno un allevamento e gli altri due lo sfruttamento
del terreno? Se al termine di sei mesi il risultato fosse riuscito
favorevole, nulla li avrebbe obbligati a partire. Magellania od
Africa, il paese nel quale si vive non ha importanza, dal
momento che non il proprio. Se, invece, il risultato fosse
stato cattivo, non avrebbero perduto null'altro che il loro
lavoro. Ma il lavoro una derrata inestinguibile, quando si
possiedano buone braccia e forza d'animo, e meglio valeva
tutt'al pi lavorare sei mesi in pura perdita, anzich restare cos
a lungo inattivi. Dal campo anche sterile potevano almeno
trarre buona messe di salute.



Le quattro famiglie, composte di uomini saggi, di mogli serie,
di figlie e di figli robusti e sani, possedevano tutti i requisiti per
riuscire, dove altri sarebbero falliti. La decisione fu dunque
presa ed attuata con l'approvazione e il consenso d'Hartlepool e
del Kaw-djer.
Mentre gli emigranti si occupavano di trasportare il materiale
alla baia Scotchwell, i dissidenti preparavano attivamente la
loro partenza. A colpi d'ascia, improvvisarono un carretto con
sale di legno e ruote piene, molto primitivo certamente, ma
vasto e solido. Su di esso vennero ammassati viveri, semenze,
istrumenti per arare, utensili domestici, armi, munizioni;
insomma quanto poteva essere necessario al principio di una
impresa agricola. Non furono dimenticate quattro o cinque
coppie di volatili, e i Gordon, che si sarebbero occupati pi
particolarmente dell'allevamento, vi aggiunsero alcuni conigli,
nonch alcuni capi dei due sessi di razze bovine, ovine e suine.
Cos, muniti degli elementi della loro ricchezza, si
allontanarono verso il Nord, alla ricerca di una localit
conveniente.
La trovarono a dodici chilometri dalla baia Scotchwell, ove si
stendeva un vasto altipiano, limitato all'Ovest da fitte foreste e
all'Est da una larga vallata, in fondo alla quale serpeggiava un
fiume. La valle, ricca di erbe, costituiva un pascolo superbo,
ove numerosi armenti avrebbero comodamente prosperato.
Quanto all'altipiano, sembrava ricoperto da uno strato di
humus, che sarebbe divenuto eccellente quando la zappa
l'avesse dissodato e sbarazzato da quell'inestricabile groviglio
di radici, che lo solcava in ogni parte.
I coloni si misero all'opera. Prima loro cura fu costruire quattro
piccole casette di tronchi d'alberi. Era meglio, anche a costo
d'un lavoro supplementare, vivere ciascuno a s; il buon
accordo se ne sarebbe avvantaggiato.
Il tempo cattivo, la neve e il freddo, non ritardarono di un'ora la
costruzione delle case; erano gi ultimate alla visita del Kaw-
djer, ed egli ritorn edificato di ci che pu compiere la
volont, quando sia tesa verso uno scopo. I Rivire stavano gi
impiantando una ruota a pala per utilizzare la cascata naturale
del corso d'acqua. La ruota doveva fornire la forza alla
segheria, che sarebbe stata alimentata automaticamente dal
legname atterrato sull'altipiano. I Gimelli e gli Ivanoff, da parte
loro, dopo avere attaccato il terreno a colpi di zappa, lo
preparavano per l'aratro che avrebbero trascinato, a tempo
opportuno, quelle stesse bestie cornute per le quali i Gordon
preparavano gi appositi recinti.
Se anche tali sforzi avessero dovuto restare sterili, il Kaw-djer
giudic preferibile il bisogno di azione di quelle quattro
famiglie, all'apatia degli altri emigranti. Costoro, da quei
fanciulloni che erano, godettero il sole fiche ce ne fu, poi,
quando il cielo ritorn inclemente, si seppellirono entro i loro
ripari, ove vissero confinati come la prima volta, per uscire di
nuovo, al primo raggio di sole.
Cos trascorse un mese, fra alternative di giorni belli in
minoranza, e di giorni cattivi pi numerosi. E si giunse al 21
giugno, che nell'emisfero australe segna il solstizio d'inverno.
In questo mese passato alla baia Scotchwell, era gi
sopravvenuto qualche cambiamento fra la suddivisione degli
emigranti. Inimicizie ed amicizie nuove avevano causato
alcune permute fra gli abitatori delle case smontabili. D'altra
parte, cominciavano a delinearsi nella folla raggruppamenti
particolari, nello stesso modo che sulla superficie liscia di un
fiume emergono taluni isolotti.
Uno tra i vari gruppi, era formato dal Kaw-djer, dai due
Fuegiani, da Hartlepool e dalla famiglia Rhodes. Intorno ad
esso gravitava l'equipaggio del Jonathan, Dick e Sand
compresi, come satelliti intorno a un centro di attrazione.
Un secondo gruppo, composto pure da gente tranquilla e seria,
comprendeva i quattro lavoratori accaparrati dalla Compagnia
colonizzatrice: Smith, Wright, Lawson e Fock, e una
quindicina fra gli operai imbarcati sopra il Jonathan a loro
rischio e pericolo.
Il terzo contava cinque membri: i cinque Giapponesi che
vivevano nel silenzio e nel mistero, e le cui facce gialle e i
lunghi occhi a mandorla non erano intravisti che raramente.
Un quarto riconosceva per capo Ferdinando Beauval. Nel
campo magnetico del tribuno, si muovevano una cinquantina
d'emigranti, dei quali quindici o venti meritavano il nome di
operai. Il resto proveniva dalla grande massa agricola.
Il quinto, di numero piuttosto esiguo, si inspirava a Lewis
Dorick. A lui erano particolarmente infeudati il marinaio
Kennedy, il cuoco Sirdey, e cinque o sei individui, che si
gabellavano per operai, ma che appartenevano evidentemente
alla corporazione dei malfattori di professione. In maniera pi
passiva che attiva, Lazzaro Ceroni, J ohn Rame e una dozzina
di alcoolizzati, trasformati dalla loro mollezza in poveri
fantocci di carne, si accodavano a questo nucleo di militanti.
Un sesto e ultimo gruppo assorbiva tutto il resto della folla, che
si suddivideva certamente in un grande numero di altre frazioni
distinte, seguendo le simpatie e le antipatie individuali, ma che,
nell'insieme, aveva comune il carattere di non averne alcuno,
d'essere ondeggiante, inerte, instabile e pronta, quindi, a
obbedire agli impulsi pi diversi.
Restavano gli isolati, gli indipendenti, quali Fritz Gross, giunto
all'ultimo stadio dell'abbrutimento, i fratelli Moore, ai quali il
carattere violento impediva di frequentare per pi di tre giorni
di seguito le stesse persone, e infine Patterson, che nascondeva
la sua esistenza, non avvicinava alcuno, se non per trafficare, e
viveva a parte, fiancheggiato dai due accoliti Blaker e Long.
Fra tutti questi gruppi, se la parola non di troppa pretesa,
quello che sapeva trarre maggior profitto dalle circostanze, era
incontestabilmente il gruppo che riconosceva per capo Lewis
Dorick e, di tutti i membri del gruppo, il pi felice era, non
meno incontestabilmente, Lewis Dorick stesso.
Costui applicava i suoi principi. Quando il tempo lo permetteva
andava volontieri di tenda in tenda, di casa in casa, ed in
ciascuna di esse si fermava pi o meno a lungo. Sotto il
pretesto menzognero che la propriet individuale una nozione
immorale, che tutto appartiene a tutti, e che nulla appartiene ad
alcuno, egli occupava i posti migliori e si attribuiva,
imperturbato, quanto gli convenisse. Un fiuto sottile gli
lasciava discernere dove c'era da temere resistenza seria. Allora
girava alla larga. Ma sfruttava i deboli, gli indecisi, i timidi e
gli sciocchi. I disgraziati, letteralmente terrorizzati
dall'incredibile audacia e dalla parola imperiosa del comunista,
si lasciava spennacchiare senza un lamento. Per soffocare ogni
protesta, bastava che Dorick saettasse lo sguardo dei suoi occhi
d'acciaio. Mai l'ex professore aveva goduto di tanta bazza e
l'isola Hoste, per lui, rappresentava la terra di Canaan.
Per essere giusti, bisognava riconoscere che non si rifiutava di
praticare le sue teorie in senso contrario. Se prendeva senza
scrupoli ci che apparteneva agli altri, dichiarava cosa naturale
che gli altri prendessero ci che egli stesso possedeva..
Generosit tanto pi ammirabile inquantoch egli non
possedeva assolutamente nulla. Tuttavia, dal modo col quale si
mettevano le cose, era facile prevedere che non sarebbe stato
sempre cos.
I discepoli camminavano sulle orme del maestro. Senza
pretendere di eguagliarne la maestra, facevano del loro
meglio. Non occorreva di pi, del resto, perch a capo
dell'inverno le ricchezze collettive non divenissero, infatti,
propriet particolare di tali feroci diniegatori del diritto di
propriet.
Il Kaw-djer non ignorava quell'abuso di forza, e si
meravigliava dell'applicazione singolare di dottrine libertarie,
attinenti a quelle che egli pure professava con tanta passione.
Porre rimedio a tale tirannia? A quale titolo? Con quale diritto
avrebbe sollevato un conflitto, proteggendo di motu proprio
persone che non chiedevano neppure soccorso, contro altri
uomini, loro simili dopo tutto?
E del resto, egli aveva troppe preoccupazioni personali, che lo
distoglievano da quelle degli altri. Pi l'inverno inoltrava e pi
gli ammalati aumentavano di numero: egli non bastava al suo
compito. Il 18 giugno ci fu un decesso; mor un bimbo di
cinque anni, colpito da bronco-pneumonia che nessuna cura
pot guarire. Il terzo cadavere che, dopo il naufragio, riceveva
la terra dell'isola Hoste.
Lo stato d'animo di Halg preoccupava pure moltissimo il Kaw-
djer. Egli leggeva come in un libro aperto nell'anima del
giovine Fuegiano e indovinava il turbamento crescente del suo
cuore. Come sarebbe finita la cosa, quando gli emigranti si
fossero allontanati per sempre dalla Magellania? Halg non
avrebbe voluto seguire Graziella, andandosene a morire
lontano di dolore e di miseria?
In quel giorno appunto, il 18 giugno, Halg ritorn pi
pensieroso del solito della sua visita quotidiana alla famiglia
Ceroni e il Kaw-djer non ebbe bisogno di fare domande per
conoscerne il motivo. Spontaneamente Halg gli confid che il
giorno prima, dopo la sua partenza, Lazzaro Ceroni si era da
capo ubbriacato, e, come sempre, ne era risultata una scenata
terribile, fortunatamente, meno violenta della precedente.
Il Kaw-djer ne rimase impressionato. Se Ceroni si era
ubbriacato, voleva dire che aveva trovato una certa quantit di
alcool a sua disposizione.
E allora, gli uomini dell'equipaggio non custodivano pi il
materiale scaricato dal Jonathan?
Hartlepool, interrogato, dichiar di non comprendere nulla ed
assicur che la sorveglianza era sempre rigorosa. Tuttavia,
essendo innegabile il fatto, promise di raddoppiare le cure,
onde evitare che si ripetesse.
Il giorno 24 giugno, tre giorni dopo il solstizio, avvenne il
primo incidente di qualche importanza, non per per s stesso,
ma per le conseguenze indirette che doveva avere nell'avvenire.
Quel giorno faceva bel tempo. Una brezza leggera aveva
sbarazzato il cielo e il terreno si era indurito per un freddo
secco di quattro o cinque centigradi.
Allettati dai raggi pallidi del sole, che tracciavano all'orizzonte
un arco ristretto, gli emigranti se ne stavano fuori all'aperto.
Dick e Sand, che nessuna intemperia poteva trattenere
rinchiusi, godevano in mezzo agli emigranti l'aria libera e
insieme con Marcello Norely e con due altri compagni della
loro et, avevano organizzato il giuoco della campana, che li
divertiva oltremodo. Intenti a s stessi, non osservarono
neppure un altro gruppo di giocatori, uomini adulti, che si
erano installati a poca distanza. Il gioco non poi diritto
esclusivo dell'infanzia. Anche l'et matura vi si compiace
volentieri. Gli uomini si appassionavano a una partita a bocce.
Erano in sei, fra i quali anche quel Fred Moore che aveva gi
avuto con Dick un principio di alterco.
Accadde che il pallino dei giocatori di bocce rotolasse nella
campana dei fanciulli. Sand, in quel momento, tutto intento a
ben condurre un quadruplo della pi grande difficolt, ebbe la
disgrazia di non vedere il pallino e, involontariamete, di
scostarlo col piede. Qualcuno lo afferr subir all'orecchio.
Ehi, monello diceva nello stesso tempo una voce grossa,
non potresti guardare meglio?
Le dita che tenevano l'orecchio stringevano duramente, e Sand,
molto sensibile, si mise a piangere.
La cosa sarebbe senza dubbio finita cos, se Dick, trascinato
dal suo temperamento bellicoso, non avesse giudicato
opportuno intervenire.
All'improvviso, Fred Moore, il nemico temibile che Sand
aveva offeso, fu costretto a lasciare il prigioniero, per
difendersi a sua volta. Un alleato inatteso del ragazzo, si
usano le armi di cui si dispone! lo pizzicava crudelmente di
dietro. Egli si volt e si trov faccia a faccia con l'insolente,
che l'aveva gi sfidato una volta.
Ancora tu, marmocchio! esclam allungando le braccia
per afferrare il minuscolo avversario.
Dick, con un salto, si sottrasse alla stretta e prese la fuga,
inseguito da Fred Moore, che bestemmiava e spergiurava come
un ateo.
L'inseguimento si prolung. Ogni volta che il nemico stava per
afferrarlo, Dick gli sfuggiva con uno sgambetto e Moore,
sempre pi irritato, non trovava che il vuoto dinnanzi a s.
Tuttavia la partita era troppo ineguale, perch potesse
proseguire all'infinito. Non era possibile che le gambe di Dick
valessero quelle di Fred Moore e, malgrado la bella resistenza
del fuggiasco, venne il momento in cui egli dovette rinunziare
ad ogni speranza.
Ma proprio mentre Fred Moore, spintosi a corsa sfrenata,
bastava che stendesse la mano per finirla, urt col piede contro
un ostacolo inopportuno e, perduto l'equilibrio, stramazz a
terra, scorticandosi le mani e le ginocchia. Dick e Sand
approfittarono della diversione, per porsi in salvo.
L'ostacolo, causa della caduta di Fred Moore, era un bastone, o
meglio la gruccia di Marcello Norely. Per soccorrere l'amico in
pericolo egli, usando del solo mezzo che fosse in suo potere,
aveva lanciato la sua gruccia tra le gambe dell'emigrante. Ed
ora, felice dell'esito, rideva di cuore, senza neppur pensare che
aveva compiuto un atto semplicemente eroico.
Eroico certo diveniva il suo intervento, e al massimo punto,
perch il piccolo infermo, privandosi d'un accessorio
indispensabile, e condannandosi perci all'immobilit, attirava
necessariamente su di s il castigo che Fred Moore destinava a
un altro.
Costui si rialz furioso. Con un salto fu sopra Marcello che
sollev come una piuma. E il fanciullo, ricondotto cos, alla
sana realt delle cose, cess di ridere per gettare acuti gridi. Ma
l'altro non se ne impressionava. La sua grossa mano si alz,
pronta a una pioggia di ceffoni
Essa non ricadde. Qualcuno l'aveva fermata di dietro e la
tratteneva con stretta imperiosa, mentre, biasimando, una voce
diceva:
E che, signor Moore un fanciullo.
Fred si volt. Chi si permetteva d dargli una lezione?
Riconobbe il Kaw-djer che, accentuando il biasimo, continuava
con calma:
Ed anche infermo!
Di che cosa vi immischiate, voi grid Fred Moore.
Lasciatemi, altrimenti
Il Kaw-djer non sembrava per nulla disposto ad obbedire
all'ingiunzione. Fred Moore tent di liberarsi con uno sforzo
violento. Ma la presa era buona. Fuori di s, respinse Marcello
Norely ed alz l'altra mano pronto a colpire. Senza fare un
gesto, senza che un muscolo del viso gli si muovesse, il Kaw-
djer si accontent di stringere la morsa delle sue dita. Il dolore
dovette essere acutissimo, perch Fred Moore non comp il
gesto cominciato. Si pieg sulle ginocchia.
Il Kaw-djer allent la stretta e liber la mano che tratteneva. E
allora, Fred Moore, cieco di rabbia, port quella mano stessa
alla cintola e la brand armata di un lungo coltello da caccia.
Vedeva sangue, come si dice. Nei suoi occhi riluceva la follia
dell'omicidio.



Fortunatamente, gli altri compagni di giuoco, spaventati
dall'andamento delle cose, s'interposero e trattennero
l'energumeno, che il Kaw-djer contemplava con stupore e
tristezza.
Era mai possibile che un uomo, sotto l'influenza della collera,
divenisse a tal punto lo schiavo dei suoi nervi? Ed era proprio
un uomo quell'essere, che si dibatteva come un energumeno ed
emetteva grida inarticolate?
Dinanzi a tale spettacolo, il Kaw-djer non avrebbe modificate
le sue idee libertarie? Non sarebbe giunto ad ammettere che
l'umanit ha bisogno di essere aiutata da una costrizione
salutare nella sua lotta eterna contro le passioni brutali che la
trascinano?
Ci ritroveremo, camerata! arriv finalmente ad articolare
Fred Moore, che quattro robusti giovani trattenevano a fatica.
Il Kaw-djer croll le spalle e si allontan senza neppure
voltarsi. Dopo pochi passi aveva cacciato il ricordo della
disputa assurda. Dava prova di saggezza ad attribuire cos poca
importanza all'incidente? Un giorno, non troppo lontano,
doveva provargli che Fred Moore ne conservava un ricordo pi
duraturo.
Al principio di luglio, Halg prov una grande emozione.
Scoperse un rivale. L'emigrante Patterson, il quale gli aveva
venduto a prezzo d'oro i vestiti che lo rendevano cos
orgoglioso, era entrato in rapporti con la famiglia Ceroni ed
evidentemente ronzava intorno a Graziella.
Halg se ne disper. Povero adolescente di diciotto anni, a met
selvaggio, poteva egli forse lottare contro quell'uomo gi fatto,
provvisto di ricchezze, che sembravano favolose al povero
Indiano? Malgrado l'affezione che ella gli testimoniava, era
ammissibile che Graziella esitasse?
Ella non esitava infatti. La tenerezza innocente e la giovinezza
di Halg trionfavano facilmente sui vantaggi del competitore.
L'Irlandese si ostinava a imporsi per e restava insensibile alla
freddezza che gli dimostravano Graziella e sua madre. Esse
appena rispondevano quando egli rivolgeva loro la parola, e
fingevano spesso di non accorgersi della sua presenza.
Patterson non se ne mostrava impressionato, n ci gli
impediva di persistere nelle sue mire, con la fredda
perseveranza che gli aveva assicurato, fino allora, il successo in
ogni impresa. Aveva poi un alleato sul posto, e questo alleato
non era che Lazzaro Ceroni. Se le donne lo ricevevano male, il
padre almeno gli faceva buona accoglienza e pareva
approvasse l'assiduit di cui sua figlia formava l'oggetto. Egli e
Patterson stavano in assai buoni rapporti. Talvolta anche si
isolavano in conciliaboli misteriosi, come se avessero dovuto
trattare affari che non riguardassero nessuno. Quali affari
potevano avere in comune quell'ubbriacone inveterato e quel
contadino scaltro, quello scialacquatore e quell'avaro?
Tali conciliaboli divenivano, per Halg, motivo di seria
preoccupazione, resa anche pi grave dal contegno di Lazzaro
Ceroni. Il miserabile seguitava ad ubbriacarsi, e le scenate
ricominciavano a intervalli variabili, ma sempre pi vicini.
Halg non tralasciava d'informare ogni volta il Kaw-djer e
questi a sua volta ne informava Hartlepool. Ma n il Kaw-djer,
n Hartlepool giungevano a scoprire in che modo Lazzaro
Ceroni si procurasse l'alcool, mentre nell'isola Hoste non ne
esisteva goccia, se non fra le provvigioni salvate dal Jonathan.
La tenda che le conteneva era custodita da sedici superstiti
dell'equipaggio, divisi in otto squadre di due uomini, che si
cambiavano di tre in tre ore, e tutti, Kennedy e Sirdey
compresi, subivano docilmente le noie di quelle tre ore di
guardia quotidiana.
Nessuno si permetteva il pi lieve mormorio ed avevano verso
Hartlepool lo stesso senso d'obbedienza di quando navigavano
ai suoi ordini. Il loro spirito di disciplina rimaneva intatto.
Formavano, vero, un gruppo numerico piuttosto debole, ma
l'unione lo rendeva forte, senza poi tener conto del concorso
prezioso che Dick e Sand non avrebbero mancato di dare, in
caso di bisogno.
Per il momento, almeno, nessuno pensava ad usufruire della
loro buona volont. Dispensati dalla guardia a motivo dell'et,
essi vivevano completamente liberi, giocando a tutto andare. Il
tempo trascorso sull'isola Hoste doveva certamente far epoca
nella loro esistenza e restarvi impresso come il ricordo d'un
periodo d'incessanti piaceri. Essi modificavano i loro giochi,
secondo le circostanze. Cadeva la neve a larghe falde? Vi
scavavano nascondigli, vi costruivano edifici effimeri. La
temperatura si abbassava fino al gelo? Allora pattinavano senza
pattini, o, improvvisando slitte rudimentali, si slanciavano
lungo le discese, gustando l'ebbrezza di cadute vertiginose.
C'era, invece il sole? Accompagnati da numerosissimi monelli
della loro et, si trattenevano nelle adiacenze
dell'accampamento e inventavano mille giochi, nei quali il
godimento era pari alla violenza.
Un giorno, durante una corsa lungo la riva del mare,
accompagnati soltanto per caso da tre o quattro fanciulli,
scoprirono una grotta naturale, scavata nei fianchi del dirupo,
sull'altro versante del capo limitante all'Est la baia Scotchwell.
La grotta, la cui apertura volta al Sud guardava di conseguenza
la spiaggia, sulla quale si era perduto il Jonathan, non avrebbe
attirato a lungo l'attenzione dei fanciulli senza una particolarit
che la rese subito loro interessante. Nel fondo si apriva un
passaggio stretto che faceva capo, dopo due o tre metri, a una
seconda caverna, completamente sotterranea, ove incominciava
una galleria sinuosa, la quale si innalzava attraverso il monte,
fino a un'altra grotta superiore, aperta, questa, sul versante nord
del dirupo. Di l, si vedeva l'accampamento, dove era possibile
discendere, lasciandosi scivolare sulla china rocciosa.
Tale scoperta fece esultare i piccoli esploratori, che si
guardarono bene dal renderla nota. Quel seguito di grotte era
un dominio di loro pertinenza, del quale, essi volevano
conservare l'esclusiva propriet. E vi andarono spesso, assai
misteriosamente, e vi organizzarono divertimenti straordinari,
volta a volta tramutandosi in selvaggi, in Robinson, in banditi.
Di che grida echeggiarono le volte sotterranee! Di quali
sfrenati galoppi risuon la galleria che riuniva insieme i due
piani del sistema!
Tuttavia la traversata della galleria non era priva di pericolo. In
un punto sembrava prossima a rovinare. L, il tetto, alto un
metro tutt'al pi, era sostenuto da un blocco unico, la cui base
toccava appena la parte superiore di un'altra roccia inclinata,
che il pi piccolo sforzo avrebbe potuto smuovere. Da ci, la
necessit di avanzare in ginocchio e di insinuarsi con prudenza
estrema nello stretto spazio libero fra il blocco pericolante e la
parete della galleria. Ma il pericolo, per quanto terribile, non
spaventava i fanciulli; anzi dava pi attrattiva ai giuochi.
Dick e Sand passavano insomma allegramente il loro tempo.
Non si preoccupavano di nulla, neanche del loro nemico Fred
Moore, che appariva loro talvolta in lontananza e davanti al
quale prendevano la fuga senza vergogna. L'emigrante, del
resto, non cercava di inseguirli. La collera gli era passata e non
certo verso i due fanciulli gli persisteva il rancore
nell'anima!
D'altronde, essi non pensavano a chiedersi, se Fred Moore
fosse o non fosse irritato. Nulla esisteva oltre i loro giochi,
grazie ai quali i giorni scorrevano per loro con gran rapidit.
Il tempo sembrava tanto breve ad essi, quanto sembrava lungo
agli altri, confinati, quasi sempre, nelle abitazioni disadatte,
eccettuandone Lewis Dorick e il suo corteo di ladri. Per costoro
l'invernata passava piacevolmente, avendo risolto il problema
di vivere alle spalle degli altri, come in paese conquistato, non
privandosi di nulla, anzi accumulando, in previsione di
possibili giorni cattivi.
Destarono meraviglia che le loro vittime dessero prova di tanta
longanimit: ed era, tuttavia, cos! Gli sfruttati indubbiamente
rappresentavano la moltitudine, ma essi lo ignoravano, n si
davano la pena di raggruppare le loro forze sparse. All'opposto,
la banda di Dorick formava un fascio compatto e si imponeva
con la paura ad ogni emigrante individualmente, n alcuno
osava resistere alle esazioni di tali tiranni.
Con mezzi meno ignobili, una cinquantina di altri naufraghi
erano ugualmente riusciti a lottare contro la depressione che
risultava dalla loro vita stagnante. Sotto la direzione di Karroly,
essi occupavano i loro oz a dar la caccia ai lupi marini.
Mestiere difficile questo! Dopo aver pazientemente aspettato
che gli anfibi, la cui diffidenza immensa, si avventurino sulla
spiaggia, bisogna accerchiarli, senza lasciar loro il tempo di
riprendere la fuga. L'operazione piuttosto pericolosa, perch
simili animali scelgono sempre i punti meno accessibili per
sollazzarsi.
Guidati destramente da Karroly, i cacciatori ottennero successi
brillanti e il bottino fu considerevole. Il grasso si poteva intanto
utilizzare per l'illuminazione e il riscaldamento, mentre le pelli
avrebbero assicurato un beneficio importante, rimpatriando.
Eccezione fatta delle poche persone energiche, gli emigranti,
assai oppressi, preferivano rinchiudersi pigramente nelle loro
abitazioni. Durante il periodo pi freddo, che va dal 15 luglio
al 15 agosto, il minimo termometrico fu di dodici e la media di
cinque gradi sotto zero. Le assicurazioni del Kaw-djer erano
dunque giustificate, e la vita in quella regione non avrebbe
avuto nulla di particolarmente crudele, senza la frequenza del
cattivo tempo e la penetrante umidit, che ne era conseguenza.
Tale continua umidit arrecava risultati dannosi dal punto di
vista igienico. Le malattie infierivano. Il Kaw-djer riusciva a
vincere quelle che non intaccavano organismi gi indeboliti ed
incapaci quindi di reazione. Nel periodo invernale avvennero
otto decessi, di cui Lewis Dorick fu desolatissimo, perch
colpirono in maggioranza la parte della popolazione che si
lasciava benevolmente mettere a contributo.
Uno dei decessi mise la disperazione nel cuore di Dick e di
Sand. Mor Marcello Norely. Il piccolo infermo non pot
resistere al clima - duro. Senza sofferenza, senza agonia, si
spense una sera, sorridendo.
I superstiti non apparivano troppo impressionati da quelle
morti. Esse sfuggivano all'attenzione nella massa e l'uomo
troppo egoista per dolorare dei mali del vicino.
L'annunzio di un nuovo decesso interrompeva il loro letargo,
per un istante. Pareva invero che non avessero pi vitalit, se
non per affannarsi in litigi tanto violenti nelle parole, quanto
futili nei principi.
Il ripetersi frequente di tali questioni inspirava al Kaw-djer
amare riflessioni. Egli era troppo intelligente per non vedere le
cose nella luce pi reale, troppo sincero per sfuggire alle
conseguenze logiche delle sue osservazioni.
Nella casuale riunione di uomini, venuti da tutte le parti del
mondo, la passione dominatrice era indubbiamente l'odio. Non
l'odio, pur sempre biasimevole, ma almeno logico, che gonfia il
cuore di colui il quale soffra ingiusto danno, ma l'odio
reciproco, incosciente, che li scagliava per un nonnulla l'uno
contro l'altro, come se la natura avesse frammischiato ai germi
vitali un oscuro, un imperioso bisogno di distruggere ci che
crea.
L'infingardaggine dei suoi compagni, impressionava pure il
Kaw-djer. Solo qualcuno aveva avuto la forza di reagire. Gli
altri vivevano giorno per giorno; avevano il pasto e l'alloggio,
n chiedevano di pi. Nessun bisogno in essi di lottare contro
la miseria per sottometterla alla volont; nessun desiderio di
migliorare la sorte a prezzo d'uno sforzo, nessuna previsione
per l'avvenire. Schiavi docili, disposti ad eseguire quanto loro
si ordinasse, nulla facevano di iniziativa individuale, e
lasciavano agli altri la cura di decidere per essi.
Il Kaw-djer non poteva non riconoscere infine la comune vilt,
che permetteva a una piccola minoranza il dominio sulla
maggioranza, creando un nucleo di sfruttatori tra un gregge di
sfruttati.
Cos, dunque, l'uomo? Le leggi imperfette che lo costringono
a pensare e ad usufruire della sua intelligenza contro la forza
bruta delle cose, che tendono a limitare il dispotismo degli uni
e la schiavit degli altri, che tengono a freno gli istinti maligni,
quelle leggi sono dunque necessarie, e necessaria pure
l'autorit che le applica?
Il Kaw-djer non giungeva ancora al punto da rispondere
affermativamente a simile domanda, ma il fatto di porsela
bastava ad indicare la trasformazione che accadeva in lui. Egli
era costretto a confessarsi che l'uomo, nella realt, appariva ben
diverso dalla creatura ideale vagheggiata dal suo pensiero.
Nulla di assurdo quindi, ammettere a priori che l'uomo dovesse
essere capace di proteggere l'uomo contro se stesso, contro la
sua debolezza, la sua avidit e i suoi vizi, e convenire, poich
ognuno reclamava tale protezione nel suo proprio interesse, che
le leggi, in fondo, non fossero che l'espressione transitoria delle
aspirazioni individuali, come sarebbe in meccanica la risultante
di forze divergenti.
Preso nell'inestricabile ginepraio di prescrizioni che inceppano
i cittadini del Vecchio Mondo, in mezzo ai quali il Kaw-djer
era vissuto prima di esiliarsi in Magellania, egli ricordava la
molestia causatagli dalla massa formidabile di leggi e
ordinanze e decreti la loro divergenza, il loro carattere troppo
spesso vessatorio, lo avevano forse accecato sulla necessit
superiore del loro principio. Ma ora, in mezzo a questo popolo,
posto dalla sorte in condizioni assai analoghe allo stato
primitivo, assisteva, pari ad un chimico chino sul suo fornello,
a qualcuna fra le incessanti reazioni che si operano nel
crogiuolo della vita. E alla luce di simile esperienza
cominciava ad apparirgli tale necessit e le basi della sua vita
morale ne restavano scosse. Tuttavia l'uomo antico lottava nel
suo io. Se egli non poteva vietare alla ragione di subire una
evoluzione, il suo temperamento libertario protestava. Il
problema gli si parava dinanzi ad ogni istante e allora accadeva
una battaglia fra gli argomenti, dei quali alcuni sostenevano la
sua dottrina, alcuni altri la scalzavano. Lotta incessante e
crudele, che lo fiaccava, che lo uccideva.
Ma pi ancora, forse, dell'imperfezione degli uomini,
l'impotenza loro a vincere l'andamento abituale della loro vita,
stupiva il Kaw-djer. Su quell'isola deserta, quasi ai confini del
mondo, i naufraghi non avevano per nulla mutate le idee di
prima. I principi, vale a dire le convenzioni e i pregiudizi che
reggevano la vita del passato, serbavano su di essi lo stesso
imperio. La nozione della propriet, principalmente, restava
articolo di fede.
Tutto questo si dibatteva nel cervello del Kaw-djer. Era passato
il tempo in cui il diritto a una libert integrale aveva per lui la
forza di un dogma. Ora, le sue massime libertarie avevano
perduto le apparenze della certezza inconfutabile. Egli
giungeva a discutere con se stesso la necessit dell'autorit e di
una gerarchia sociale.



I fatti dovevano poi fornirgli nuovi motivi a favore
dell'affermazione, provandogli che esistono fra gli uomini,
come fra gli animali, vere bestie feroci, delle quali necessario
reprimere gli istinti pericolosi. Capaci di qualsiasi azione, pur
di soddisfare la passione che li domina, tali esseri
seminerebbero infatti intorno ad essi la desolazione e la morte,
ove non esistesse una legge per intimar loro l'alto l.
Un dramma di tal genere, dramma dolorante, di certo, perch la
fame, bisogno primitivo di ogni organismo vitale, ne era il
movente, accadeva proprio allora, nella casa occupata da
Patterson in compagnia di Long e di Blaker, quel povero
diavolo che la natura ironica aveva dotato dell'insaziabile
appetito, denominato in medicina bulimia.
Come tutti gli altri, Blaker, al momento della distribuzione,
aveva avuto la razione di viveri che gli spettava, ma, a motivo
della sua voracit morbosa, la parte toccatagli per quattro mesi
era stata consumata in meno di due. E dopo, come nel passato,
anzi pi che nel passato, aveva conosciuto le torture della
fame. Certo, un altro, meno timido, avrebbe facilmente trovato
rimedio al male. Una parola detta al Kaw-djer o ad Hartlepool
sarebbe bastata a fargli dare un supplemento di cibo. Ma
Blaker, poco intelligente, non poteva neppure pensare a un
passo cos audace. Posto, dalla nascita, all'infimo grado della
scala sociale, la sua disgrazia aveva cessato gi, da molto
tempo, di stupirlo, e non possedeva pi che la passivit
rassegnata, che ultima risorsa dei meschini. A poco a poco
aveva preso l'abitudine d'obbedire come fragile fuscello a forze
irresistibili, delle quali non tentava neanche di spiegarsi la
natura, e perci non avrebbe mai concepito la folle speranza di
modificare in un modo qualsiasi la distribuzione dei viveri, che
supponeva essere stata ordinata da una di quelle forze
superiori.
Piuttosto che lamentarsi, sarebbe morto d'inanizione, se
Patterson non fosse venuto in suo soccorso.
L'Irlandese aveva osservato la rapidit con la quale il
compagno consumava la sua parte di cibo, e tale osservazione
gli aveva fatto subito balenare la possibilit d'un affare
vantaggioso. Mentre Blaker divorava, Patterson, invece, si
razionava. Spingendo all'estremo i suoi istinti di sordida
avarizia, si priv del necessario, giungendo fino a raccogliere,
senza vergogna, i rifiuti degli altri.
Venne il giorno in cui Blaker non ebbe pi nulla da mangiare:
era il momento atteso da Patterson! Sotto colore di rendergli
servigio, propose al compagno di cedergli a prezzo conveniente
una parte delle sue provvigioni. Mercato accolto con
entusiasmo ed eseguito prima d'essere concluso; mercato che si
ripet di continuo finch il compratore ebbe denaro e il
venditore, col pretesto della scarsezza crescente dei viveri,
aumentava gradatamente i prezzi. Poi, quando le tasche di
Blaker furono vuote, Patterson cambi tattica. Chiuse
immediatamente bottega, senza punto badare agli sguardi
smarriti dell'infelice che egli condannava a morire di fame.
Ma costui considerando la sua disgrazia come un nuovo effetto
della forza delle cose, non si dolse pi di prima. Accasciato in
un canto, comprimendosi con le mani lo stomaco torturato,
lasciava che le ore scorressero, e nulla tradiva le sensazioni
crudeli che lo tormentavano, se non il tremito del viso.
Patterson Io considerava con occhio freddo. Che cosa
importava che soffrisse e morisse un uomo, il quale non
possedeva nulla?
Infine il dolore vinse la rassegnazione del paziente. Dopo
quarantotto ore di supplizio, usc vacillando, err
nell'accampamento, disparve
Una sera, il Kaw-djer, incamminandosi verso Vajupa, urt col
piede contro un corpo disteso. Si chin e scosse l'uomo che
pareva addormentato e che rispose con un gemito. Quell'uomo
soffriva. Dopo averlo rianimato con qualche goccia di cordiale,
il Kaw-djer gli rivolse alcune domande.
Che avete?
Ho fame rispose Blaker con voce debole. Il Kaw-djer
rimase stupito.
Fame! ripet. Non avete avuta la vostra parte di
viveri come gli altri?
Blaker allora, con parole tronche, gli raccont la sua triste
storia. Gli parl della malattia che lo affliggeva, del
conseguente bisogno morboso di mangiare e come, ultimate le
sue provvigioni, fosse vissuto comperando quelle di Patterson.
Ed ora da tre giorni non mangiava.
Il Kaw-djer ascoltava meravigliato quell'incredibile racconto.
C'era dunque stato un uomo capace di stringere il mostruoso
contratto, un uomo che, a dispetto di tutti i drammi e di tutti i
cataclismi, conservava intatta una cos spaventosa avidit!
Mercante rapace che aveva mentito, per poter cedere contro
danaro quanto altri gli avevano regalato, mercante senza
vergogna che aveva spietatamente venduto la vita a un suo
simile!
Il Kaw-djer tenne per s le sue riflessioni. Qualunque fosse
l'infamia del colpevole, era meglio lasciarla impunita, anzich
creare, svelandola, un'altra causa di discordia. Si accontent di
far consegnare a Blaker nuove provvigioni, assicurandolo che
in avvenire avrebbe avuto quanto gli fosse necessario.
Ma il nome di Patterson gli rest in mente, e l'uomo che lo
portava fu, per lui, il prototipo di ci che l'anima umana pu
contenere di pi abbietto. E cos non lo sorprese che anche
Halg, tre giorni dopo, pronunziasse lo stesso nome a proposito
d'un'altra storia, ripugnante quasi come la prima.
Il giovane ritornava dalla sua visita quotidiana a Graziella e
scorgendo il Kaw-djer gli corse incontro.
So gli disse d'un sol fiato chi fornisce l'alcool a
Ceroni.
Davvero? chiese il Kaw-djer tutto contento. Chi
?
Patterson.
Patterson?
Lui afferm Halg. Vidi, poco fa, che gli dava un po'
di rhum. Ora mi spiego perch sono cos buoni amici.
Sei sicuro di non sbagliarti? insist il Kaw-djer.
Sicurissimo. Il pi curioso che Patterson non regala la sua
merce. La vende anzi molto cara. Ho sorpreso una discussione.
Ceroni si lagnava. Diceva che tutte le sue economie eran
passate nelle tasche di Patterson e che non aveva pi niente.
L'altro non rispondeva, ma sembrava poco propenso a
continuare, dal momento che non poteva essere pi pagato.
Halg si ferm un istante, poi esclam con collera:
Se Ceroni non ha pi denaro, capace di tutto. Che sar di
sua moglie e di sua figlia?.
Lo vedremo! rispose il Kaw-djer. E, dopo una pausa:
Poich siamo entrati nell'argomento disse con voce
d'affettuoso rimprovero andiamo fino in fondo. Se anche
non te ne ho mai parlato, non ignoro quali sono i tuoi sogni. E
dove ti condurranno, figliolo?
Halg abbass gli occhi in silenzio. Il Kaw-djer riprese:
Fra poco, forse fra un mese, tutta questa gente sparir dalla
nostra vita. E Graziella al pari degli altri.
Perch non potrebbe restare con noi? disse il giovane
Fuegiano rialzando il capo.
E sua madre?
Anche sua madre, s'intende.
Credi tu che ella acconsentirebbe a lasciare suo marito?
obbiett il Kaw-djer.
Halg ebbe un gesto violento.
Bisogner che acconsenta! afferm con voce sorda. Il
Kaw-djer croll la testa con aria dubbiosa.
Graziella mi aiuter a persuaderla. Ella gi decisa. Rester
qui, se voi lo permettete. Non soltanto stanca della vita che le
procura il padre, ma ha paura anche di certi emigranti.
Paura? ripet il Kaw-djer sorpreso.
S. Di Patterson anzitutto. Da un mese le gironza intorno e
ha venduto il rhum a Ceroni solo per accattivarselo. Da qualche
giorno poi, ce n' un altro, un certo Cirk, della banda di Dorick,
ed il pi temibile.
Che ha fatto?
Graziella non pu uscire senza trovarlo. L'ha fermata e le ha
parlato villanamente. Graziella l'ha messo a posto e Sirk l'ha
minacciata. un uomo pericoloso e Graziella lo teme.
Fortunatamente ci sono io!
Il Kaw-djer sorrise dell'esplosione di vanit giovanile del suo
protetto, e lo calm.
Calmati, Halg, calmati. Aspettiamo il giorno della partenza
e osserviamo come si mettono le cose. Fino a quel momento ti
raccomando sangue freddo. La collera non soltanto inutile,
ma anche dannosa. Ricordati che la violenza non ha mai
prodotto niente di buono e che solo quando si costretti a
difendersi, perdonabile ricorrere ad essa.
Le sue preoccupazioni, per, aumentarono dopo questo
colloquio. Oltre alla noia di vedere Halg coinvolto
nell'avventura spiacevole, capiva che l'intervento di rivali
avrebbe complicate le cose, eccitando la gelosia del giovane,
provocando fors'anche scenate disgustose.
Quanto all'alcool, la scoperta di Halg non aveva fatto che
spostare la difficolt senza risolverla. Si era scoperto il
fornitore di Ceroni. Ma costui come si procurava l'alcool che
vendeva? Patterson, del quale conosceva ormai la natura
abbominevole, possedeva in qualche luogo uno stock di
riserva? Era poco attendibile. Ammettendo anche che,
nonostante la severit dei regolamenti e la sorveglianza del
capitano Leccar, fosse riuscito, alla partenza, a imbarcarne una
certa quantit, dove mai l'aveva nascosta dopo il naufragio?
No, egli attingeva necessariamente al carico del Jonathan. Ma
in quale modo, dato che questa veniva custodito notte e giorno?
Che il ladro fosse Patterson o Ceroni, la difficolt restava la
stessa.
I giorni seguenti non diedero la soluzione del problema. Si pot
constatare, soltanto, che Lazzaro Ceroni continuava ad
ubbriacarsi come in passato.
Il tempo trascorse e si giunse al 15 settembre. Le riparazioni
della Wel-Kiej furono terminate. La scialuppa si trovava riattata
proprio quando il mare cominciava ad essere praticabile. La
lunghezza crescente delle giornate annunziava l'equinozio di
primavera. Fra una settimana l'inverno sarebbe finito.
Tuttavia, prima di cedere il posto al bel tempo, la stagione
cattiva ebbe una recrudescenza. Durante otto giorni, un
uragano, pi violento di quelli che l'avevano preceduto, si
scaten sull'isola Hoste, obbligando gli emigranti a rinchiudersi
un'ultima volta. Poi venne il sole, e la natura sonnecchiante
cominci a ridestarsi.
In principio d'ottobre l'accampamento ricevette la visita di
alcuni Fuegiani, i quali si mostrarono assai sorpresi di trovare
Hoste abitata da cos numerosa popolazione. Il naufragio del
Jonathan, sopraggiunto al principio del periodo invernale, era
rimasto infatti ignoto agli Indiani dell'arcipelago. Ora, senza
dubbio, la notizia sarebbe stata rapidamente divulgata.
Gli emigranti non ebbero che da lodarsi dei loro rapporti con le
famiglie dei Pescherecci. Al contrario, questi non poterono
forse dire altrettanto. Alcuni fra i civilizzati, in numero esiguo
vero, quali i fratelli Moore per esempio, credettero dover
affermare la superiorit che si attribuivano, mostrandosi brutali
e grossolani verso i poveri selvaggi inoffensivi. Uno di essi
and anche pi in l, e spinse la cupidigia al punto d'essere
tentato dalle misere ricchezze di quell'orda vagabonda. Il Kaw-
djer un giorno, udendo invocare aiuto, dov intervenire a difesa
d'una giovane Fuegiana svillaneggiata da quel medesimo Sirk
di cui Halg aveva pronunziato il nome. Il vile tentava di
impossessarsi dei bracciali di rame coi quali la fanciulla si
ornava i polsi, ritenendoli di oro. Ripreso severamente, se n'era
andato mormorando un'ingiuria. A conti fatti, egli era cos il
secondo emigrante che si dichiarasse apertamente nemico del
Kaw-djer.
L'arrivo dei Fuegiani aveva procurato un vero piacere al loro
amico. Egli ritrovava in essi la sua clientela, e dalla loro
sollecitudine, dalle testimonianze della loro riconoscenza, si
comprendeva quale affetto, si potrebbe dire quale adorazione,
li metteva ai suoi piedi. Un giorno il 15 ottobre Harry
Rhodes non pot nascondergli quanto lo commovesse la
condotta dei poveri erranti.
Capisco disse che voi siate affezionato a quel paese
dove svolgete opera tanto umana, e che abbiate fretta di
ritornare fra le vostre trib. Per esse siete un dio, come potreste
esserne un padrone.
Non occorre essere un dio interruppe il Kaw-djer:
basta essere un uomo per far del bene. E in quanto al
padrone i Fuegiani ora lo hanno davvero
Il Kaw-djer aveva pronunziato le ultime parole quasi sottovoce.
Sembrava preoccupato pi del consueto. Le poche parole
scambiate gli ricordavano quale sarebbe stata l'incertezza del
suo destino, nel giorno non lontano in cui avrebbe dovuto
separarsi dall'onesta famiglia che gli aveva risvegliati gli istinti
di sociabilit cos naturali all'uomo. Il pensiero di lasciare la
donna tanto devota, della quale aveva potuto apprezzare la
caritatevole bont, il marito di carattere sincero e onesto
divenuto un suo amico, i due ragazzi, Edoardo e Clary, ai quali
si sentiva affezionato, gli procurava gi profondo dolore. E
dolore, della stessa profondit, avrebbe provato, lasciandolo, la
famiglia Rhodes. Come sarebbero stati felici, se il Kaw-djer
avesse acconsentito a seguirli nella colonia africana, dove Io
avrebbero amato, apprezzato, onorato come nell'isola Hoste.
Ma Harry Rhodes non sperava di deciderlo. Comprendeva che
solo per un motivo grave un tale uomo l'aveva rotta con
l'umanit, e il segreto di quell'esistenza strana e misteriosa gli
sfuggiva ancora.
Ecco finito l'inverno disse la signora Rhodes cambiando
argomento e, veramente, non stato troppo rigido
Constatiamo quindi soggiunse Harry Rhodes,
rivolgendosi al Kaw-djer che il clima della regione
proprio tale quale ce lo aveva descritto il nostro amico. Anzi,
qualcuno fra noi lascer l'isola con rimpianto.
Allora non lasciamola esclam Edward e fondiamo
una colonia in terra magellanica!
Bene! rispose sorridendo Harry Rhodes, e la nostra
concessione del fiume Orange? E gli impegni con la Societ
di colonizzazione? E il contratto col governo portoghese?
Infatti approv il Kaw-djer con ironia esiste un
governo Portoghese Come qui ci sarebbe un governo
Chileno E l'uno vale l'altro.
Nove mesi fa cominci Harry Rhodes.
Nove mesi fa interruppe il Kaw-djer, sareste
approdati in terra libera, alla quale un trattato maledetto ha
rubato l'indipendenza.
Il Kaw-djer, con le braccia incrociate, la testa eretta, guardava
verso l'Est, come se vedesse giungere dall'Oceano Pacifico,
costeggiando la punta della penisola Hardy, la nave promessa
dal governatore di Punta-Arenas.
Il momento fissato era venuto infatti. Cominciava la seconda
met d'ottobre. Il mare, per, rimaneva deserto. I naufraghi
cominciavano ad essere giustamente angustiati dal ritardo.
Certo non mancavano di niente. Le riserve del carico non erano
esaurite e non sarebbero finite prima di molti mesi. Ma
insomma essi non avevano raggiunto la loro mta, n
intendevano rassegnarsi a una seconda invernata, cos che gi
qualcuno parlava di rimandare la scialuppa a Punta-Arenas.
Mentre il Kaw-djer si immergeva nella sua tristezza, Lewis
Dorick e una dozzina dei soliti compagni passarono, rumorosi
e provocanti, ritornando da una escursione nell'interno
dell'isola.
Per la famiglia Rhodes, giustamente rispettata da tutta la
piccola societ, per il Kaw-djer, del quale non si poteva negare
l'influenza, essi non nutrivano che sentimenti poco amichevoli.
Harry Rhodes lo sapeva, ed anche il Kaw-djer non lo ignorava.
Ecco gente che io lascerei qui senza rimpianto disse il
primo. Non c' da aspettarsi niente di buono da essi.
Saranno sempre causa di turbamenti nella nuova colonia. Non
vogliono ammettere nessuna autorit e non sognano che
disordine Come se ordine e autorit non si imponessero ad
ogni comunit umana.
Il Kaw-djer non rispose, forse perch non aveva udito, assorto
come era nei suoi pensieri, forse perch non volle rispondere.
Cos, per quanto si facesse, il discorso ritornava sempre su gli
stessi argomenti e ricadeva, come il solito, sopra
considerazioni sociali, sulle quali non era possibile andar
d'accordo.
Harry Rhodes, osservando il silenzio del Kaw-djer, deplorava
di avere inopportunamente sfiorato quel soggetto, quando
Hartlepool penetr nella tenda portando una diversione.
Vorrei parlarvi signore disse rivolgendosi al Kaw-djer.
Vi lasciamo cominci Harry Rhodes.
inutile interruppe il Kaw-djer, il quale, volgendosi al
nostromo, soggiunse: Che volete dirmi, Hartlepool?
Ho da dirvi rispose questi, che so tutto circa la
faccenda dei liquori.
proprio l'alcool del Jonathan che si vende a Ceroni?
S.
Allora deve esserci un colpevole.
Ve ne sono due: Kennedy e Sirdey.
Ne avete la prova?
Inconfutabile.
Quale?
Eccola. Dal giorno in cui mi parlaste di Patterson, ho avuto
qualche sospetto. Ceroni incapace di avere un'idea, ma
Patterson un volpone, per cui l'ho fatto sorvegliare in modo
speciale
Da chi? interruppe corrugando le ciglia il Kaw-djer, al
quale ripugnava lo spionaggio.
Dai mozzi rispose Hartlepool. Non sono bestie quei
due monelli e hanno scoperto la magagna, cogliendo in
flagrante delitto Kennedy ieri, e Sirdey stamane, proprio nel
momento in cui, approfittando della distrazione del compagno
di guardia, vuotavano una misura di rhum nella borraccia di
Patterson.
Il ricordo del martirio di Tullia e di Graziella, ed anche il
pensiero di Halg, fecero dimenticare per un momento al Kaw-
djer le sue dottrine libertarie.
Sono traditori! esclam. Bisogner mostrarsi severi.
Pare anche a me approv Hartlepool. Perci sono
venuto da voi.
Da me? Perch non fate voi quanto necessario?
Hartlepool scosse il capo, come uomo che veda chiaramente le
cose.



Dal naufragio del Jonathan io non ho altra autorit che
quella che mi si vuole riconoscere cos spieg il nostromo.
Quelli l non mi ascolterebbero.
E perch dovrebbero ascoltare me?
Perch vi temono.
Il Kaw-djer fu colpito dalla risposta. Dunque qualcuno lo
temeva? Non poteva essere che a motivo della sua forza
superiore. Sempre lo stesso argomento: la forza che stava a
base dei primi rapporti sociali.
Vengo disse tutto rabbuiato.
Si diresse subito verso la tenda che conteneva il carico del
Jonathan. Kennedy aveva appena ripresa la guardia.
Voi avete tradito la fiducia riposta in voi disse
severamente il Kaw-djer.
Signore balbett Kennedy.
L'avete tradita afferm il Kaw-djer, con freddezza. A
partire da questo momento tanto voi che Sirdey, non fate pi
parte dell'equipaggio del Jonathan.
Ma tent di soggiungere Kennedy.
Spero, che non ve lo facciate ripetere.
Va bene, signore va bene balbett Kennedy,
togliendosi umilmente il berretto.
In quel momento, alle spalle del Kaw-djer, una voce chiese:
Con quale diritto date un ordine a quell'uomo?
Il Kaw-djer si volt e scorse Lewis Dorick che, insieme a Fred
Moore, aveva assistito alla condanna di Kennedy.
E voi, con quale diritto me lo chiedete? egli rispose con
voce altera.
Sentendosi protetto, Kennedy rimise in testa il berretto.
Se non l'ho, me lo prendo rispose Lewis Dorick. Non
varrebbe la pena di abitare un'isola Hoste per obbedire a un
padrone.
Un padrone! Si poteva trovare qualcuno che accusasse il Kaw-
djer di agire da padrone?
Eh, l'abitudine del signore! intervenne Fred Moore
pronunziando l'ultima parola con enfasi. Il signore non
come tutti gli altri, si capisce! Comanda, punisce Il signore
forse l'Imperatore?
Il cerchio si restrinse intorno al Kaw-djer.
Quell'uomo disse Dorick con la sua voce sferzante
non tenuto ad obbedire a nessuno. E, se gli piace, riprender
il suo posto nell'equipaggio.
Il Kaw-djer continuava a tacere, ma quando gli avversari lo
accerchiarono pi da vicino ancora, egli strinse i pugni.
Doveva dunque essere costretto a difendersi con la forza?
Certo, egli non temeva tali nemici. Erano in tre, e avrebbero
potuto essere in dieci. Ma quale vergogna che un essere
ragionevole fosse obbligato ad usare gli stessi argomenti dei
bruti!
Il Kaw-djer non dovette ricorrere a quegli estremi. Harry
Rhodes e Hartlepool l'avevano seguito pronti a prestargli man
forte. Apparivano gi in lontananza e allora Dorick, Moore e
Kennedy batterono subito in ritirata.
Il Kaw-djer li seguiva con lo sguardo pieno di tristezza,
quando, dalla parte del fiume, si lev un gran clamore. Egli vi
si diresse seguito dai due compagni e non tard a distinguere
un gruppo numeroso da cui si levavano alti gridi. Quasi tutti gli
emigranti sembravano essersi riuniti in quello stesso punto, in
folla compatta, ondeggiante, e dal gruppo emergevano alcuni
pugni tesi in gesto minaccioso.
Quale la causa del subbuglio, che somigliava a una sommossa?
Non ne esisteva alcuna. O, almeno, la causa iniziale, molto
insignificante, risaliva a epoca cos lontana, che nessuno fra i
contendenti avrebbe potuto ridire.
La cosa era incominciata sei settimane prima, a proposito di un
oggetto domestico che una donna pretendeva di avere prestato
a un'altra, la quale, da parte sua, assicurava di averlo gi reso.
Di chi la ragione? Nessuno lo sapeva. Le due donne, di parola
in parola, avevano finito per ingiuriarsi, smettendola solo
quando furono estenuate. Tre giorni dopo, il litigio era risorto,
reso pi grave dal fatto che i mariti, questa volta, se ne erano
immischiati. Del resto, ora non si trattava pi della prima
causa. Non si ricordava neppure pi l'origine dell'animosit, ma
l'animosit sussisteva. Per obbedire ad essa, per semplice
bisogno di nuocere, i quattro avversari si erano rimproverate
tutte le cose pi abbominevoli della terra, accusandosi
reciprocamente d'una quantit di cattive azioni, talvolta
immaginarie, che traevano dalle ombre del passato.
Tuttavia la scaramuccia si era fermata l. Ma le chiacchiere
erano continuate, gli amici se ne erano immischiati, i due
partiti si erano denigrati in piena regola, con furia progressiva,
e i malevoli apprezzamenti, compiacentemente ripetuti agli
interessati, avevano scatenata la tempesta. Gli uomini erano
venuti alle mani, con la peggio di uno fra essi.
L'indomani, il figlio del vinto volle vendicare il padre e ne
deriv una seconda battaglia, pi seria della precedente, perch
anche gli abitatori delle due case ove alloggiavano i
combattenti non avevano potuto resistere al desiderio
d'intervenire nella faccenda.
I due gruppi, dichiarata cos la guerra, a mezzo di un'attiva
propaganda, avevano reclutato ognuno i propri partigiani. Ora
la maggioranza degli emigranti era suddivisa in due campi. Ma,
man mano che gli eserciti aumentavano di numero, il dibattito
acquistava maggiore ampiezza. Nessuno ne ricordava le
origini. Ora si discuteva sulla destinazione da preferire una
volta imbarcati sulla nave che doveva rimpatriarli. Dovevano
proseguire verso l'Africa? Oppure ritornare in America? Era
questo, ormai, l'argomento della contesa. Partiti da un volgare
oggetto domestico, per quale cammino tortuoso erano essi
giunti a discutere una questione cos grave? Mistero
impenetrabile! Per di pi, convinti di non avere mai agitata
nessun'altra questione, difendevano le due tesi con eguale
passione. Si accostavano, poi si lasciavano, dopo essersi gettati
sul viso, a guisa di proiettili, gli argomenti pro e contro; mentre
i cinque Giapponesi, riuniti in un gruppo placido, a pochi metri
di distanza dalla folla turbolenta, guardavano stupiti i loro
compagni cos infuriati.
Ferdinando Beauval, tutto ringalluzzito di trovarsi nel suo
elemento, tentava inutilmente di farsi ascoltare. Andava
dall'uno all'altro, si moltiplicava in pura perdita. Non lo
ascoltavano. Nessuno, del resto, ascoltava alcuno. Le
altercazioni particolari, ogni mormorio parziale, si fondevano
in un'armonia generale, la cui tonalit saliva di minuto in
minuto. L'uragano era vicino. Il primo che fosse stato colpito,
avrebbe scatenato ipso-facto tutti i pugni e la cosa minacciava
di finire in un pugilato generale.
Come la pioggia sottile doma, talvolta, il vento pi furibondo,
un solo uomo bast a calmare quell'esasperazione collettiva.
Un uomo, uno degli emigranti occupato nella caccia di lupi
marini, accorreva rapidamente verso la folla in tumulto. E,
sempre correndo, con grandi moti di richiamo:
Una nave! gridava a piena voce. Una nave in
vista!
Una nave in vista! Nessun'altra notizia avrebbe avuto il
potere di commuovere i poveri esuli, tutti allo stesso grado. La
sommossa si calm d'incanto e la folla si rovesci come un
torrente verso la spiaggia. In un attimo gli emigranti furono
riuniti all'estremit della punta Est, da dove si scorgeva una
larga distesa di mare.
Harry Rhodes e Hartlepool avevano seguito il movimento
generale. e, non senza emozione, guardavano avidamente verso
il Sud, ove un pennacchio di fumo macchiava in realt il cielo,
annunziando una nave a vapore.
Non se ne vedeva ancora la chiglia, ma essa emerse a poco a
poco fuori della linea tracciata dall'orizzonte. E fu possibile
riconoscere presto un bastimento di circa quattrocento
tonnellate, che inalberava una bandiera, di cui per la
lontananza, non si potevano distinguere i colori.
Gli emigranti scambiarono sguardi di delusione. Un battello di
cos povero tonnellaggio non avrebbe potuto imbarcare tutti.
Quello steamer era forse un semplice cargoboat di una
nazionalit qualsiasi, e non la nave promessa dal governatore
di Punta Arenas.
Lo seppero presto, perch il bastimento filava rapidamente.
Prima che fosse buio completo, era gi a meno di tre miglia dal
Sud.
La bandiera chilena osserv il Kaw-djer, nel momento in
cui la brezza, gonfiando il drappo, permise distinguere i colori.
Tre quarti d'ora dopo, in mezzo all'oscurit, divenuta profonda,
un rumore di catene stridenti contro le cubie, indic che la nave
si era accostata. Allora la folla si disperse, e ognuno rientr a
commentare l'avvenimento.
La notte trascorse senza incidenti. All'alba si vide la nave a
circa seicento metri dalla riva, e Hartlepool, consultato,
dichiar trattarsi d'un aviso della marina militare chilena.
Hartlepool non s'ingannava. Alle otto del mattino il
comandante dell'aviso chileno si fece portare a terra.
Molti visi ansiosi lo circondarono subito, e intorno si
incrociarono le domande. Perch avevano mandato una nave
cos piccola? Quando sarebbero venuti a prenderli? Oppure si
aveva l'intenzione di lasciarli morire sopra l'isola Hoste?
Il comandante non sapeva chi ascoltare.
Senza rispondere a quel turbine di domande, attese che si
calmassero, poi, quando pot ottenere a stento un po' di
silenzio, prese la parola con voce forte, cos da poter essere
udita da tutti.
Rassicur anzitutto quei poveretti. Essi potevano calcolare
sulla benevolenza del Chili, e la presenza dell'aviso provava,
del resto, che non erano stati dimenticati.
Poi spieg loro, che il suo Governo aveva creduto doveroso di
mandare una nave da guerra, anzich la nave promessa per il
rimpatrio, perch prima desiderava sottoporre loro una
proposta che, probabilmente, li avrebbe sedotti; in verit, una
proposta singolarissima ed affatto inattesa, che il comandante
espose senz'altri preamboli.
Ma, per il lettore, un preambolo non sar superfluo, affinch
possa sanamente apprezzare il pensiero del Governo chileno.
Nello sfruttamento della parte Ovest, al Sud della Magellania,
conferitogli dal trattato del 17 gennaio 1881, il Chili aveva
voluto debuttare con un colpo da maestro, approfittando del
naufragio del Jonathan e della presenza di parecchie centinaia
d'emigranti sull'isola Hoste.
La Repubblica Argentina, ottenuta quasi tutta la Patagonia e
una parte della Terra del Fuoco, non aveva altri diritti da
reclamare.
Il Chili aveva quindi ogni libert di agire, come meglio
credeva, nei limiti del suo dominio. Ma non basta entrare in
possesso d'una regione e impedire che altre nazioni vi possano
creare diritti di prima occupazione. anche necessario trarne i
possibili vantaggi, sfruttando le ricchezze del suolo dal punto
di vista vegetale e minerale. necessario arricchirla con
l'industria e il commercio, attirarvi una popolazione se
disabitata: in una parola colonizzarla. L'esempio di quanto era
gi accaduto sul litorale dello stretto di Magellania, ove Punta-
Arenas aumentava ogni anno in importanza commerciale,
doveva incoraggiare la Repubblica del Chili a tentare un nuovo
esperimento e a provocare l'esodo degli emigranti verso le isole
dell'arcipelago magellanico, passato sotto il suo dominio, onde
vivificare quella regione fertile, fino allora abbandonata a
misere trib indiane.
Ed ecco che, proprio sull'isola Hoste, posta in mezzo al
labirinto dei canali del Sud, era venuta ad infrangersi una
grande nave; ecco che pi di mille emigranti di nazionalit
diverse, ma appartenenti tutti a quella esuberanza delle grandi
citt che non esita a cercar fortuna fino nelle lontane regioni
ultramarine, erano stati costretti a rifugiarcisi.
Il Governo chileno pens, non a torto, che quella poteva essere
un occasione favorevole per trasformare i naufraghi del
Jonathan in coloni dell'isola Hoste. Quindi non invi loro una
nave che li riportasse in patria, ma un aviso, il comandante del
quale venne incaricato di trasmettere alcune proposte agli
interessati.
Tali proposte, tanto inattese, erano nello stesso tempo assai
tentatrici: la Repubblica del Chili offriva di privarsi puramente
e semplicemente dell'isola Hoste a vantaggio dei naufraghi del
Jonathan, che ne avrebbero potuto disporre a loro gradimento,
non come concessione temporanea, ma come propriet
completa, senza alcuna condizione n restrizione.
Nulla di pi evidente, di pi preciso, di questa proposta.
Aggiungiamo: nulla di pi destro. Rinunziando all'isola Hoste,
onde assicurarne l'immediato sfruttamento, il Chili avrebbe
attirato poi, effettivamente, qualche colono nelle altre isole,
Clarence, Dawson, Navarin, Hermitte, rimaste sotto il suo
dominio. Se, cosa probabile, la nuova colonia avesse
prosperato, ne sarebbe derivata la convinzione che il clima
della Magellania non temibile; se ne sarebbero conosciute le
risorse agricole e minerali; n ignorato che, grazie ai pascoli e
alle peschiere, l'arcipelago propizio a creazioni di imprese
fiorenti, e il cabotaggio avrebbe preso sviluppo sempre pi
importante.
Punta-Arenas, che era gi porto franco, sbarazzato da ogni
impiccio doganale, aperto liberamente alle navi dei due
continenti, aveva un magnifico avvenire. Fondando quella
stazione, il Chili si era assicurata la preponderanza dello stretto
di Magellania. E non senza interesse, si poteva ottenere un
risultato analogo nella parte meridionale dell'arcipelago. Per
raggiungere con maggior certezza tale scopo, il Governo di
Santiago, guidato da finissimo senso politico, decidendosi al
sacrificio dell'isola Hoste, compiva un sacrificio pi apparente
che reale, perch l'isola era completamente deserta. Non
contento di renderla esente da ogni contributo, ne abdicava alla
propriet; la lasciava in completa autonomia, la radiava dal suo
dominio. Essa diveniva l'unica parte della Magellania
veramente indipendente.
Si trattava di sapere, ora, se i naufraghi del Jonathan avrebbero
accettata l'offerta fatta, se avessero voluto mutare con l'isola
Hoste la loro concessione africana.
Il Governo intendeva risolvere la questione senza ritardo,
l'aviso che aveva portato la proposta, doveva riportare la
risposta. Il comandante, investito di pieni poteri, poteva trattare
coi rappresentanti degli emigranti. Ma, in seguito a ordini
ricevuti, non poteva rimanere ancorato nei pressi dell'isola
Hoste pi di quindici giorni al massimo. Trascorsi i quali, egli
sarebbe ripartito in ogni caso.
In caso di risposta affermativa, la nuova Repubblica avrebbe
preso subito possesso dell'isola, inalberando una qualsiasi
bandiera.



In caso invece di risposta negativa, il Governo avrebbe
disposto pi tardi per il loro rimpatrio. Non si poteva certo
trasportarli su quell'aviso di quattrocento tonnellate, neppure
fino a Punta-Arenas. Bisognava interessare la Societ
Americana di colonizzazione, perch mandasse una nave-
soccorso, la cui traversata avrebbe richiesto un po' di tempo e,
in tal caso, sarebbero scorse parecchie settimane prima che
l'isola fosse evacuata.
Come si pu immaginare, la proposta del Governo di Santiago,
produsse un effetto straordinario.
Certo, nessuno si aspettava una simile soluzione. Gli emigranti,
incapaci di prendere una decisione in cos grave circostanza,
cominciarono a guardarsi l'un l'altro sbalorditi, poi, tutti i loro
pensieri si volsero verso colui che ritenevano il pi capace di
discernere l'interesse comune. Con uno stesso movimento, la
cui perfetta simultaneit dimostrava la loro gratitudine, la loro
accortezza, essi guardarono verso l'Ovest, vale a dire verso il
creek, alla foce del quale doveva cullarsi la Wel-Kiej.
Ma la Wel-Kiej era scomparsa, e fin dove poteva giungere
sguardo umano nessuno la scorgeva sulla superficie del mare.
Vi fu un momento di stupore. Poi la folla ondeggi. Ognuno si
agitava, cercando di scoprire colui nel quale riponevano tutte le
loro speranze. Infine dovettero arrendersi all'evidenza.
Conducendo seco Halg e Karroly, il Kaw-djer era veramente
partito.
Rimasero atterriti. Quei poveretti avevano presa ormai
l'abitudine di rimettere al Kaw-djer, del quale conoscevano
bene l'intelligenza, la cura di guidarli. Ed egli li abbandonava
nel momento in cui era in gioco il loro destino! La sua
scomparsa produsse lo stesso effetto della scomparsa della
nave nelle acque dell'isola Hoste.
Harry Rhodes ne fu egli pure, per motivi differenti,
profondamente addolorato.
Egli avrebbe compreso che il Kaw-djer abbandonasse l'isola
Hoste il giorno della partenza di tutti gli emigranti, ma perch
non aveva aspettato quel momento? Non si rompono cos
improvvisamente vincoli di sincera amicizia, e non ci si pu
lasciare senz'almeno un saluto.
D'altra parte, perch quella partenza tanto precipitosa, da
rassomigliare ad una fuga? Forse l'aveva provocata l'arrivo
della nave chilena?
Tutte le ipotesi divenivano ammissibili, dato il mistero che
circondava la vita di quell'uomo, del quale non si conosceva
neppure la nazionalit.
L'assenza del loro consigliere abituale, nel momento in cui le
sue parole divenivano maggiormente preziose, agit gli
emigranti. La folla si scompose lentamente, al punto che il
comandante dell'aviso rimase quasi solo. L'uno dopo l'altro, per
non essere costretti a partecipare a una decisione qualsiasi, essi
si disperdevano chetamente in piccoli gruppi, scambiando
qualche parola sull'offerta sorprendente che veniva loro fatta.
Durante otto giorni, la cosa divenne l'argomento di tutti i
discorsi particolari. Il sentimento generale era la sorpresa. La
proposta stessa sembrava tanto strana, che molti fra gli
emigranti non volevano prenderla sul serio. Harry Rhodes,
sollecitato dai compagni, dovette recarsi dal comandante per
chiedergli qualche spiegazione, verificare i poteri conferitigli,
assicurarsi di persona che la Repubblica Chilena garantiva 1
indipendenza dell'isola Hoste.
Il comandante non trascur nulla per convincere gli interessati.
Fece loro comprendere quale fosse il movente del Governo, e
quanto convenisse agli emigranti il fissarsi in una regione della
quale si assicurava loro il possesso. Non tralasci di
menzionare la prosperit di Punta Arenas e aggiungere che il
Chili si sarebbe interessato della colonia nascente.
L'atto di donazione pronto soggiunse il comandante.
Non aspetta che le firme.
Quali? chiese Harry Rhodes.
Quelle dei delegati scelti dagli emigranti in assemblea
generale. Era, infatti, il solo mezzo di procedere. Dopo, quando
la colonia si fosse occupata della sua organizzazione, avrebbe
deciso se fosse stato conveniente nominarsi un capo. Essa si
sarebbe scelta il regime che riteneva migliore, senza che il
Chili potesse in modo alcuno intervenire nella scelta.
Perch non destino stupore le conseguenze che doveva avere
tale proposta, conviene rendersi conto esatto della situazione.
Chi erano i passeggeri che il Jonathan aveva imbarcato a San
Francisco per trasportare alla baia di Lagoa? Poveretti, che le
circostanze della vita obbligavano ad espatriare. Che importava
ad essi fissarsi qui o l, dal momento che si assicurava loro
l'avvenire, e purch le condizioni del clima fossero egualmente
favorevoli?
Ora un inverno era gi trascorso, dacch essi abitavano l'isola
Hoste, ed avevano potuto constatare che il freddo non vi era
eccessivo, e constatavano adesso che la bella stagione vi
giungeva precoce e con una generosit che non si trova sempre
in regioni pi vicine all'Equatore.
Quanto alla sicurezza, il paragone non sembrava favorevole
alla baia di Lagoa, prossima agli Inglesi, all'Orange, e alle
selvagge popolazioni Cafre. Certo gli emigranti, imbarcandosi,
avevano dovuto tener conto di tali condizioni, le quali
assurgevano a pi grande importanza ora che si presentava
l'occasione di stabilirsi in una regione deserta, lungi da quei
vicini pericolosi sotto diversi titoli.
D'altra parte, la Societ di colonizzazione non aveva ottenuto la
concessione sud-africana che per una durata determinata e il
governo Portoghese non alienava i suoi diritti sul profitto dei
futuri coloni. In Magellania, invece, essi avrebbero goduto di
libert illimitata, e l'isola Hoste, divenuta propriet loro,
sarebbe stata elevata al rango di Stato sovrano.
Infine poi, sorgeva la doppia considerazione che, restando
all'isola Hoste, avrebbero evitato un nuovo viaggio e che il
Governo Chileno prometteva di interessarsi della sorte della
colonia. Dovevano calcolare sul suo aiuto. Si potevano stabilire
rapporti regolari con Punta-Arenas, fondare agenzie sul litorale
dello stretto di Magellano, e in altri punti dell'arcipelago.
Le pescagioni, convenientemente organizzate, avrebbero aperto
e sviluppato il commercio con gli abitanti delle Falkland. Ed
inoltre, in epoca prossima, la Repubblica Argentina, anzich
lasciare in abbandono i suoi possedimenti della Fuegia, si
sarebbe interessata per costituirvi borgate rivaleggianti con
Punta-Arenas, e cos la Terra del Fuoco avrebbe avuto la sua
capitale argentina, come la penisola del Brunswick ha la sua
capitale chilena.
Tutti questi argomenti, di un certo valore, bisogna riconoscerlo,
finirono per trionfare.
Dopo lunghi conciliaboli, la maggioranza degli emigranti era
propensa ad accettare l'offerta del Governo Chileno.
Quanto era doloroso che il Kaw-djer avesse lasciata l'isola
Hoste. proprio nel momento in cui diveniva cos necessario il
suo consiglio! Nessuno, meglio di lui, poteva indicare la
soluzione migliore. Egli, molto facilmente sarebbe stato
propenso ad accettare una proposta che rendeva l'indipendenza
a una delle undici grandi isole dell'arcipelago magellanico.
Harry Rhodes non dubitava che il Kaw-djer avrebbe parlato in
questo senso con l'autorit che gli derivava da tutti i servigi
resi.
Anch'egli personalmente, era giunto a tale conclusione, e,
fenomeno che probabilmente non si sarebbe mai pi riprodotto,
la sua opinione si conformava perfettamente a quella di
Ferdinando Beauval. Il leader socialista faceva, infatti, attiva
propaganda in favore d'una risposta affermativa. Che sperava
egli? Sperava di mettere cos in pratica la sua dottrina? Quella
folla incolta, proprietaria indivisa, come nelle prime et del
mondo, di un territorio di cui nessuno aveva il diritto di
reclamare per s stesso la pi piccola zolla, che avventura
meravigliosa, che campo magnifico per il grande esperimento
di un collettivismo, oppure di un comunismo integrale!
Perci, come si moltiplicava Ferdinando Beauval! Come
passava dall'uno all'altro, difendendo la sua causa! Quanta
eloquenza sprecava senza contare!
Il termine fissato dal Governo chileno si avvicinava e il
comandante dell'aviso faceva pressione per una soluzione. Alla
data fissata, il 30 ottobre, egli avrebbe preso il largo, e il Chili
avrebbe conservato tutti i suoi diritti sull'isola Hoste.
Si convoc un'assemblea generale il 26 ottobre. Allo scrutinio
definitivo presero parte tutti gli emigranti maggiorenni, in
numero di ottocentoventiquattro; il resto era rappresentato da
donne, fanciulli, e da giovani inferiori ai vent'anni, o da assenti,
quali i capi famiglia Gordon, Rivire, Ivanoff e Gimelli.
Lo spoglio dello scrutinio diede settecentonovantadue voti in
favore della proposta; maggioranza considerevole, come si
vede. Non c'erano che trentadue oppositori, desiderosi di
rispettare il progetto primitivo di andarsene alla baia di Lagoa.
Ma anch'essi infine, accettarono di sottomettersi alla decisione
del numero maggiore.
Si procedette poi all'elezione di tre delegati. Ferdinando
Beauval vi ottenne un successo lusinghiero. Finalmente una
delle sue campagne non finiva in uno scacco, ma lo innalzava
agli onori ambiti.
Per, per un istintivo sentimento di prudenza, gli emigranti gli
misero alle costole Harry Rhodes e Hartlepool.
Il trattato venne firmato in quello stesso giorno tra i delegati e
il comandante che rappresentava il Governo chileno; trattato il
cui testo estremamente semplice si componeva di poche righe e
non si prestava ad alcun equivoco.
Subito dopo il vessillo hostelliano mezzo bianco e mezzo
rosso fu issato sulla spiaggia e l'aviso lo salut con ventun
colpo di cannone. Inalberato per la prima volta, sventolando
allegramente nella brezza, esso annunziava al mondo la nascita
di un Paese libero.
PARTE TERZA
I.
L'INFANZIA DI UN POPOLO.
L'indomani all'alba l'aviso lev l'ancora, e in pochi minuti
scomparve dietro la punta. Trasportava dieci dei quindici
marinai superstiti del Jonathan. Gli altri cinque, fra i quali
Kennedy, avevano preferito, come il nostromo Hartlepool e il
cuoco Sirdey, restare nell'isola in qualit di coloni.
Kennedy e Sirdey si erano appigliati a questo partito, spinti
dalle stesse riflessioni. Essendo ambedue molto mal visti dai
capitani, trovavano lavoro assai difficilmente; speravano quindi
di procurarsi una vita pi facile e meno precaria in mezzo a una
societ nascente, dove le leggi per molto tempo almeno, non
sarebbero state, necessariamente, severe. Quanto ai loro
compagni, persone coraggiose, energiche e serie, ma poveri e
senza famiglia, tentavano, come Hartlepool stesso, la
possibilit di essere i padroni di s stessi in un paese nuovo,
diventando, da marinai di lungo corso, semplici pescatori.
La realizzazione o la delusione del loro sogno, dipendeva in
gran parte dall'orientamento che avrebbe preso il governo
dell'isola. Quando lo Stato bene amministrato, i cittadini
hanno probabilit di arricchire col loro lavoro. Invece ogni
fatica rester sterile, se il potere centrale non sa scoprire e
applicare le misure atte a raggruppare gli sforzi individuali.
L'organizzazione della colonia era dunque d'interesse capitale.
Per il momento, almeno, gli Hostelliani tale il nome
adottato con unanime consenso non si preoccupavano di
risolvere quel problema importantissimo.



Non pensavano che a rallegrarsi. La magica parola libert, li
aveva inebbriati. Se ne ubbriacavano da veri fanciulloni, senza
cercare di penetrarne il senso profondo, senza dirsi che la
libert una scienza che necessario imparare e che, per essere
liberi, bisogna anzitutto vivere.
L'aviso era ancora visibile e gi tutti si congratulavano e si
felicitavano a vicenda. Sembrava avessero compiuto un'opera
importante e difficile, e, invece, l'opera cominciava appena.
Non c' vera festa popolare scompagnata da qualche
gozzoviglia. In quel giorno fu deciso dunque unanimemente di
banchettare e, mentre le donne ritornavano ai fornelli e alle
casseruole, gli uomini si diressero verso il carico del Jonathan.
S'intende che dopo la proclamazione d'indipendenza il carico
non veniva pi sorvegliato. Le circostanze avevano innalzato i
naufraghi alla dignit di nazione, e nessuno, all'infuori di essa,
avrebbe potuto regolare l'esercizio della sua sovranit.
D'altronde, chi avrebbe montato la guardia, dopo che la
maggior parte dei guardiani erano partiti?
Fu aperta senza indugio una botte e si stava per iniziarne la
distribuzione, quando taluno propose di divider senz'altro
subito tutta la provvista di liquori. La proposta, nonostante le
timide proteste d'un piccolo numero di persone pi sagge, fu
adottata con entusiasmo. Valutata approssimativamente la
quantit d'alcool, si convenne che ogni uomo adulto avesse
diritto a una parte e ogni donna, o fanciullo, a mezza parte. Fra
l'allegria generale i capi famiglia poterono cos ritirare subito il
quantitativo assegnato.
Nella serata la festa raggiunse il culmine. Si dimenticarono i
rancori, le varie nazionalit sembrarono fondersi in una sola; si
fraternizz, fu organizzato un ballo al suono della fisarmonica,
e le coppie danzarono in mezzo al circolo dei bevitori.
Fra questi figurava naturalmente Lazzaro Ceroni. Incapace gi,
fino dalle sei di sera, di reggersi sulle gambe, alle dieci beveva
ancora; cosa che lasciava prevedere una triste fine di festa per
Tullia e per Graziella.
L festa ricominci l'indomani e tutto lasciava prevedere che si
sarebbe prolungata fino all'esaurimento completo dei liquori
pi forti.
Fra mezzo a tanto tripudio, la Wel-Kiej ritorn all'isola Hoste.
Nessuno sembr ricordare che essa l'avesse lasciata per due
settimane e coloro che ne scesero ricevettero la stessa
accoglienza, come se non si fossero mai assentati. Il Kaw-djer
non capiva nulla di quanto vedeva. Cosa significava quel
vessillo sconosciuto issato sulla spiaggia e la gioia generale che
sembrava inebbriasse gli emigranti?
Harry Rhodes e Hartlepool, lo misero al corrente degli ultimi
avvenimenti e il Kaw-djer ascolt il racconto con emozione. Il
petto gli si sollevava, come se i polmoni respirassero un'aria
pi pura, il viso gli si trasfigur. Dunque nell'arcipelago
Magellanico esisteva ancora una terra libera!
Tuttavia non parl dei motivi che l'avevano indotto a lasciare
l'isola per quindici giorni. A che avrebbe servito? Come far
comprendere ad Harry Rhodes, che, risoluto a rompere ogni
rapporto col mondo civilizzato, era partito scorgendo l'aviso
che immaginava incaricato di affermare l'autorit del Governo
chileno, e che ricoveratosi in fondo alla baia della penisola
Hardy, aveva aspettato la partenza della nave prima di tornare
all'accampamento?
Del resto, i suoi amici, troppo felici di rivederlo, non gli
chiesero nulla. Per Harry Rhodes e Hartlepool, la sua sola
presenza era un conforto. Aver con s quell'uomo cos
energico, di cos vasta intelligenza, cos buono, rendeva loro
quella fiducia che la fanciullaggine di cui davano prova i
compagni, cominciava a scuotere.
I disgraziati non videro nell'indipendenza disse Harry
Rhodes terminando il racconto che il diritto di ubbriacarsi.
Pare non si diano pensiero di organizzarsi, e di stabilire un
governo qualsiasi.
Via replic il Kaw-djer con indulgenza bisogna
scusarli, se si concedono un po' di allegria. Ne hanno avuta cos
poca finora!
Ci passer e ritorneranno ser Quanto a costituire un
Governo, confesso che non ne vedo l'utilit.
Bisogna pure, obbiett Harry Rhodes che qualcuno si
incarichi di mettere un po' di. ordine fra quella gente.
Lasciate fare rispose il Kaw-djer: l'ordine torner da
s. Per, a giudicarne dal passato
Il passato non il presente interruppe il Kaw-djer.
Forse i vostri compagni si sentivano ancora cittadini d'America
o d'Europa. Ora sono Hostelliani. La cosa diversa.
E allora il vostro parere sarebbe?
Lasciarli vivere tranquillamente nell'isola Hoste, di loro
propriet. Hanno la fortuna di non avere leggi. Che si guardino
bene dallo stabilirne. A cosa servirebbero? Senza i pregiudizi e
le idee preconcette, risultanti da secoli di schiavit, si starebbe
veramente bene. La terra si offre agli uomini. Che essi vi
attingano adunque a piene mani, e godano in parti uguali e
fraternamente le sue ricchezze. Per quale ragione
regolamentare tale divisione?
Harry Rhodes non appariva convinto della verit di queste idee
ottimiste.; per non rispose. Invece, parl Hartlepool.
Intanto, in attesa che tutti quei pazzi disse, diano
qualche prova di migliore fraternit che non sia quella dei
banchetti, abbiamo confiscato armi e munizioni.
Per cura della Societ di colonizzazione, il carico del Jonathan
comprendeva, infatti, sessanta carabine, alcuni barili di
polvere, palle, piombo e cartucce, perch gli emigranti
potessero dare la caccia alle belve e difendersi, in caso, dai loro
vicini nella baia di Lagoa. Nessuno si era curato del materiale
bellico, nessuno, se non Hartlepool. Approfittando del
disordine generale, aveva messo il tutto prudentemente al
riparo.
Forse, gli sarebbe riuscito faticoso trovare un nascondiglio
conveniente, se Dick non gli avesse indicato quel seguito di
grotte, che attraversavano da parte a parte le rocce della punta
dell'Est.
Aiutato da Harry Rhodes e dai due mozzi, in parecchi viaggi,
aveva trasportato, durante la prima notte di festa, le armi e le
munizioni nella grotta dove erano state profondamente
sotterrate. Da allora Hartlepool si sentiva pi tranquillo. Il
Kaw-djer approv la sua prudenza.
Avete fatto bene, Hartlepool disse. sempre meglio,
insomma, lasciare alle cose il tempo di concretarsi. D'altronde,
in questo paese i nostri compagni non avranno bisogno di armi
da fuoco.
E non ne hanno altre afferm il nostromo. A bordo
del Jonathan i regolamenti erano formali. Gli emigranti,
imbarcandosi, sono stati perquisiti, visitati i loro bagagli, e
tutte le armi da fuoco vennero sequestrate. Non ne esistono
dunque altre, oltre quelle che abbiamo nascoste, e che non
troveranno mai. Per conseguenza
Hartlepool si interruppe d'improvviso. Pareva preoccupato.
Corpo di mille bombe! esclam. Invece ce ne sono.
Abbiamo trovato quarantotto fucili anzich sessanta. Credevo
in un errore. Ma, ora me ne ricordo: i dodici che mancano
furono presi da Rivire, Ivanoff, Gimelli e Gordon.
Fortunatamente si tratta di persone serie e non c' nulla da
temere da parte loro.
Esistono altri pericoli, oltre le armi osserv Harry
Rhodes. Per esempio, l'alcool. In questo momento si
abbracciano, ma non andr sempre cos. Lazzaro Ceroni ha gi
ricominciato a farne qualcuna delle sue. In assenza vostra, ho
dovuto intervenire io. Senza Hartlepool e me, credo che questa
volta avrebbe massacrato veramente la sua vittima.


Quell'uomo un mostro disse il Kaw-djer.
Come tutti gli ubbriachi, n pi n meno Meno male, che
Halg, fortunatamente per le due donne, ritornato A
proposito, come sta, il nostro giovine selvaggio?
Tanto bene, quanto pu esserlo un giovanotto ammalato di
cuore. Inutile vi dica con quanto poco entusiasmo abbia seguito
me e il padre. Ho dovuto fare atto d'autorit e impegnare la mia
parola che saremmo ritornati. Ora, invece, il fatto che la
famiglia Ceroni resti insieme con le altre nell'isola Hoste,
semplifica assai le cose. Le complicano invece, per esempio, le
abitudini tristi di Lazzaro Ceroni. Speriamo che si corregga,
quando i liquori saranno esauriti.
Intanto che parlavano di lui, Halg, lasciando in custodia di suo
padre la Wel-Kjei, si era affrettato a recarsi da Graziella. Con
quale gioia si rividero! Poi la gioia si mut in tristezza.
Graziella raccont ad Halg i dolori che Ceroni procurava di bel
nuovo a sua moglie e a sua figlia, ai quali si aggiungevano, per
la fanciulla, le premure di Patterson e, soprattutto, le
persecuzioni brutali di Sirk. Ella non poteva fare un passo
senza essere costretta a subirne l'insolenza. Halg l'ascoltava
fremente e indignato.
In un canto della tenda, Lazzaro Ceroni russava sonoramente,
covando la sua ultima ubbriacatura. Non c'era da farsi illusioni.
Appena desto, egli sarebbe ritornato al suo vizio, riprendendo il
suo posto nella festa generale, la cui fine non sembrava troppo
vicina.
Tuttavia, essa tendeva gi a mutare aspetto. L'eccitazione
diveniva meno innocente e meno puerile. Su alcuni volti
passavano bagliori maligni. L'alcool compiva la sua opera. La
depressione che lasciava dietro di s non poteva essere
combattuta che da dosi maggiori e, a poco a poco, la lieve
ebbrezza iniziale era sostituita dalla ubriachezza pesante, che
sarebbe divenuta furiosa quando la razione fosse stata
aumentata ancora.
Alcuni, intuendo il pericolo, cominciavano a trarsi in disparte.
Allora il buon senso ripigliava i suoi diritti e il problema
dell'esistenza sopra l'isola Hoste s'imponeva alla loro
attenzione.
Problema arduo, ma non insolubile. Con la sua superficie tra
quattro e cinquemila chilometri quadrati, coi suoi terreni
coltivabili, con le sue foreste e i suoi pascoli, l'isola avrebbe
potuto nutrire una popolazione immensamente superiore, a
patto per di non eterizzarsi nella baia Scotchwell, e di
spargersi attraverso il paese. Gli istrumenti rurali non
mancavano, n i grani per la semina, n le piante, n in
complesso tutto il materiale indispensabile ad ogni impresa
agricola. D'altra parte l'immensa maggioranza degli emigranti
era gi rotta al lavoro dei campi. Nulla quindi di pi naturale,
che vi si dedicassero in quel paese di adozione, come vi si
erano dedicati nel paese nativo. In principio gli animali
domestici non sarebbero stati certo troppo numerosi; ma, a
poco a poco, grazie all'interessamento del Governo Chileno. ne
sarebbero giunti dalla Patagonia, dalle pampas argentine, dalle
vaste pianure della Terra del Fuoco, e finalmente dalle
Falkland, ove si fa grande allevamento di montoni. Nulla
dunque ostacolava nei primordi il successo del tentativo di
colonizzazione, sempre per che i coloni si fossero occupati
attivamente per farlo riuscire.
Un piccolo numero di essi, subito dopo la proclamazione di
indipendenza, aveva compreso la necessit del lavoro e
dell'azione. Costoro, e primo fra tutti Patterson, erano ritornati,
dopo la distribuzione dell'alcool, al carico del Jonathan per
fare una selezione giudiziosa degli oggetti che lo
componevano, ciascuno in vista del progetto personale pi
conforme ai suoi gusti, come la coltura, l'allevamento del
bestiame o lo sfruttamento delle foreste. Poi, attaccandosi a
carriaggi improvvisati, erano partiti alla ricerca d'un terreno
propizio.
Patterson, invece, rest sulla riva del fiume. Aiutato da Long e
da Blaker che, malgrado l'esperienza fatta, persisteva a
rimanere con lui, si preoccup subito di cintare il dominio del
quale si era assicurata la propriet a titolo di primo arrivato.
A poco a poco una palizzata formata da solidi piuoli circond il
recinto da tre lati, essendo il quarto limitato dal fiume. Nello
stesso tempo, il terreno interno fu vangato e poi seminato a
legumi. Patterson si specializzava nella orticoltura.
Dopo due giorni di baldoria, alcuni emigranti, persuasi di avere
festeggiato a sufficienza la libert, rientrarono finalmente in s
stessi. Si accorsero allora, che l'attrattiva dei festeggiamenti
non aveva sviato molti compagni dai loro interessi reali; ed
anch'essi a loro volta si recarono a visitare la riserva del
Jonathan, ancora cos abbondante tanto di materiale che di
provvigioni, da permettere loro di provvedersi del necessario
ed anche del superfluo. Fatta la scelta, creati l per l i mezzi di
trasporto, si allontanarono sulle tracce dei primi pionieri. I
giorni successivi l'esempio ebbe imitatori sempre pi numerosi,
e la schiera dei crapuloni and sempre pi assottigliandosi,
mentre nuove carovane si disperdevano verso l'interno
dell'isola.
Gli uni dopo gli altri, quasi tutti i coloni disertarono cos via
via le spiagge della baia Scotchwell, chi spingendo una carretta
informe, chi carico come un mulo, alcuni affatto soli, altri con
la moglie e i figlioli al fianco..
Lo stock proveniente dal Jonathan diminuiva mano mano che
vi si attingeva a piene mani, e per gli ultimi arrivati, la scelta
divenne difficile. I ritardatari poterono trovare bens
abbondanza di provvigioni, perch la difficolt del trasporto
aveva obbligato a esser parchi i primi visitatori, ma cos non
avvenne del materiale agricolo. Pi di trecento coloni rimasero
privi di ogni animale da fattoria o da pollaio e molti dovettero
accontentarsi di istrumenti aratori rifiutati da coloro che li
avevano preceduti.
Tuttavia, dovettero accontentarsene in mancanza di meglio e,
meno bene equipaggiati, furono altres costretti a un esodo pi
duro.
Cos al Nord come all'Ovest, costoro trovarono ovunque il
posto gi preso dai primi partiti. Alcuni, maggiormente
sfortunati, furono obbligati, per trovare una localit favorevole,
a spingersi fino quasi alla penisola Dumas, costeggiando la
profonda dentellatura denominata Ponsonby Sund, a quasi
cento chilometri dalla baia Scotchwell, che, malgrado tutto,
doveva considerarsi come il punto principale della colonia e, in
qualche modo, la sua capitale.
Sei settimane dopo la partenza dell'aviso, la capitale aveva
perduto la maggior parte degli abitanti. Quasi tutti i coloni
capaci di maneggiare la vanga e la zappa, l'avevano
abbandonata; perci essa non contava pi che un'ottantina di
abitanti, le cui occupazioni precedenti ponevano, generalmente,
in istato d'inferiorit manifesta nelle condizioni di vita attuale.
Salvo una dozzina di contadini, trattenuti temporaneamente
alla costa per ragioni di salute, e dei quali uno solo con moglie
e tre figli, quel residuo di folla dispersa si componeva
esclusivamente di coloni d'origine urbana.
Erano J ohn Rame e la famiglia Rhodes, Beauval, Dorick e
Fritz Gross, i cinque marinai, ossia Kennedy, il cuoco, i due
mozzi, e il nostromo Hartlepool del Jonathan, Patterson, Long
e Blacker; la totalit di quarantatr operai, o cos detti operai,
che pi di tutti gli altri si mostravano refrattari ai lavori
campestri, e dei quali faceva parte Lazzaro Ceroni con la
famiglia, e finalmente il Kaw-djer coi suoi compagni Halg e
Karroly.
Costoro non avevano abbandonato la riva sinistra del fiume,
alla cui foce stava ancorata la Wel-Kiej, in fondo all'insenatura
che la proteggeva contro i cattivi venti del largo. La loro vita
anteriore non si era modificata in nulla, il solo mutamento che
vi apportarono, fu il sostituire con una abitazione solida l'ajupa
primitiva, che fino allora aveva offerto ricovero troppo
insufficiente. Ora che non si doveva pi abbandonare l'isola
Hoste, conveniva loro alloggiarsi in maniera meno rudimentale
del passato.
Il Kaw-djer aveva infatti espresso a Karroly la sua volont di
non far pi ritorno all'Isola Nuova. Poich esisteva ancora una
terra libera, egli vi sarebbe vissuto fino all'ultimo giorno. Halg
fu felice della decisione che armonizzava perfettamente coi
suoi desideri. Karroly si conform come il solito al volere di
colui che egli considerava come padrone e non mosse
obbiezioni, bench nella nuova residenza diminuissero assai le
occasioni di esercitare il pilotaggio. Tale inconveniente non era
sfuggito al Kaw-djer, ma egli ne assumeva la responsabilit.
Sull'isola Hoste sarebbero vissuti unicamente di caccia e di
pesca, ecco tutto; e, se tale risorsa in pratica fosse apparsa
insufficiente, avrebbero pensato al da farsi. In ogni modo,
deciso a non dovere nulla fuor che a s stesso, il Kaw-djer
rifiut di prendere la sua parte di provvigioni.



Non spinse per la rinunzia fino a sdegnare una delle numerose
case smontabili, rese libere dalla partenza dei coloni. Una di
esse fu dunque trasportata per lui sulla riva sinistra, riedificata,
e rinforzata infine da doppie mura rizzate in pochi giorni.
Qualche operaio aveva spontaneamente offerto il suo concorso
al Kaw-djer, che lo accett senza scrupoli. Finito il lavoro, da
brave persone, costoro non pensarono a reclamare la paga e la
cosa era troppo consona ai principi del Kaw-djer, perch egli
pensasse ad offrirne loro una qualsiasi.
Halg e Karroly, appena terminata la casa, si imbarcarono sopra
la Wel-Kiej e si recarono all' Isola Nuova di dove, tre settimane
pi tardi, trasportarono il mobilio dell'antica dimora. Un
pilotaggio, offerto per istrada a Karroly, prolung la loro
assenza e nello stesso tempo permise all'Indiano di procurarsi
viveri e munizioni in quantit sufficiente per la prossima
stagione invernale.
Dopo il loro ritorno, la vita riprese il suo corso regolare.
Karroly e suo figlio si dedicarono alla pesca e si occuparono
anche a procurarsi il sale necessario per conservare l'eccedenza
del bottino giornaliero. Intanto il Kaw-djer percorreva l'isola,
cacciando.
Merc tali sue gite ininterrotte, egli conservava il contatto coi
coloni. Quasi tutti ebbero successivamente la sua visita, e pot
cos constatare che, fin dall'inizio, esistevano fra essi sensibili
differenze. Che tali differenze provenissero o meno da
ineguaglianza innata di forza, certo che la fortuna o la
capacit dei lavoratori, il successo di taluni e l'insuccesso degli
altri, si delineavano gi chiaramente.
I lavori delle quattro famiglie che si erano messe all'opera per
le prime, emergevano gi sopra gli altri. Cosa naturale, dato
che erano le pi anziane. La segheria dei Rivire si trovava in
pieno funzionamento e le assi gi pronte avrebbero assicurato il
carico di due navi di tonnellaggio importante.
Germano Rivire ricevette il Kaw-djer con grandi
dimostrazioni di amicizia e durante la visita si inform degli
avvenimenti del borgo, lagnandosi di non essere stato chiamato
per l'elezione del Governo della colonia. Che organizzazione
aveva adottato la maggioranza? Chi avevano designato per
capo?
Rimase assai sorpreso di apprendere che non s'era fatto nulla in
proposito, che gli emigranti s'erano sbandati senza neppur
discutere l'opportunit di stabilire un governo qualsiasi, e pi
sorpreso ancora di constatare, che lo stesso Kaw-djer, che
rispettava e per il quale nutriva profonda riconoscenza,
sembrava approvasse una condotta cos irragionevole. Mostr
poi al Kaw-djer le cataste di legna disposte in bell'ordine lungo
il fiume.
E il mio legno? interrog. Come potr dunque
venderlo?
Perch, replic il Kaw-djer coloro che non ne
avrebbero profitto si incaricherebbero di venderlo per voi? Da
parte mia son certo che sapreste disimpegnarvene benissimo da
solo.
Pu essere riconobbe Germano Rivire. Ci non
toglie per che preferirei che alcuno, dietro pagamento di un
piccolo contributo, si incaricasse di soddisfare ai bisogni
generali della colonia. La vita non sar mai allegra, ove il
lavoro non venga suddiviso, se ognuno non pensa che a s e si
trovi per conseguenza obbligato a procurarsi da solo quanto gli
necessario. Uno scambio di servigi reciproci, secondo me,
renderebbe l'esistenza pi dolce.
Avete voi dunque molti bisogni? chiese il Kaw-djer
sorridendo.
Ma Germano Rivire appariva pensieroso e preoccupato.
naturale disse che si desideri la ricompensa del
proprio lavoro. Se l'isola Hoste non me la pu offrire, la lascer
e non sar il solo! quando avr messo da parte di che
vivere in un altro paese pi piacevole. Per riuscirvi, sapr,
come voi dite, disimpegnarmi, ed altri sapranno,
evidentemente, farlo al pari di me. Ma coloro che non ne
saranno capaci, rimarranno indietro.
Siete ambizioso, signor Rivire! esclam il Kaw-djer.
Se non lo fossi non mi affaticherei tanto rispose
Germano Rivire.
utile affaticarsi tanto?
Utilissimo. Senza gli sforzi comuni, il mondo sarebbe
tuttora come ai tempi primitivi, e il progresso non sarebbe che
una parola.
Progresso osserv con amarezza il Kaw-djer, che non
si ottiene se non a beneficio di pochi!
I pi coraggiosi e i pi saggi!
E a detrimento della maggioranza.
I pi indolenti e i pi vili! I quali sono i vinti, in qualsiasi
caso. Governati bene diverranno forse miserabili. Abbandonati
a s stessi moriranno della loro miseria.
Eppure non c' bisogno di molte cose per vivere!
Troppe, pur sempre, quando si deboli, ammalati, o stupidi.
Costoro avranno sempre un padrone. In mancanza di leggi,
dopo tutto benigne, dovranno subire la tirannia dei pi forti.
Il Kaw-djer, poco convinto, scosse la testa. Conosceva
l'antifona. L'imperfezione umana, l'ineguaglianza innata, sono
le scuse eternamente invocate per giustificare la costrizione e
l'oppressione, quando invece si creano, pretendendo di
attenuarli, mali che nello stato naturale non sono per nulla
ineluttabili.
Tuttavia egli era turbato. Il ricordo della condotta di Lewis
Dorick e della sua brigata durante l'inverno, lo sfruttamento
vergognoso che avevano fatto degli emigranti pi deboli,
davano forza speciale a quanto gli diceva un uomo del quale
era obbligato ad apprezzare il carattere.
Presso i vicini di Germano Rivire, ricevette identica
impressione. 1 Gimelli e gli Ivanoff avevano seminato parecchi
ettari a frumento e a segale. I teneri germogli inverdivano gi
la terra e promettevano messe magnifica nel mese di febbraio. I
Gordon, invece, erano meno avanti. Le vaste praterie,
accuratamente cintate da barriere, apparivano quasi deserte. Ma
essi non dubitavano in un prossimo aumento di animali. E
allora avrebbero avuto in abbondanza latte e burro, come
avevano ora le uova.
Il Kaw-djer, negli intervalli della caccia, Halg e Karroly in
quelli della pesca, dedicavano qualche ora del giorno a
coltivare un piccolo giardino che circondava la loro casetta,
allo scopo di assicurarsi completamente i mezzi di sussistenza
senza dipendere da alcuno. La loro vita era animata. Certo, non
godevano le dolcezze che facilmente si possono avere in
regioni pi civilizzate. Ma il Kaw-djer non rimpiangeva quelle
dolcezze lontane, pensando a quale prezzo si paghino. Non
desiderava nulla pi di quanto gli offriva la sua vita attuale e si
sentiva felice.
A fortiori, cos avveniva dei suoi due compagni, i quali non
avevano conosciuto altri orizzonti oltre quelli della Magellania.
Karroly non immaginava esistenza migliore e Halg,
completamente felice, passava con Graziella tutti i momenti
che non dedicava al lavoro.
La famiglia Ceroni viveva in una casa lasciata da altri
emigranti e cominciava a rimettersi dalle tragedie che
l'avevano per tanto tempo sconvolta e che sembravano
finalmente dimenticate. Infatti Lazzaro Ceroni non si ubbriaca
va pi, ma per la semplice ragione che sopra tutta la superficie
dell'isola non esisteva neppure una goccia d'alcool. Era quindi
obbligato ad astenersene. Per, la sua salute appariva
compromessa dopo gli ultimi eccessi ai quali si era
abbandonato. Seduto quasi sempre davanti alla sua casa, si
riscaldava al sole, con lo sguardo fisso a terra ostinatamente e
con le mani agitate da un tremito continuo.
Tullia, con la pazienza inalterabile e la dolcezza abituali,
cercava invano di vincere quel torpore che la riempiva
d'inquietudine. Tutti i suoi sforzi erano falliti, ed ella non aveva
speranza pi che nel prolungarsi di abitudini divenute, per
forza delle cose, pi conformi all'igiene.
Halg, che ragionava diversamente della povera donna, trovava
l'esistenza infinitamente pi piacevole dopo l'inizio di questo
periodo di pace. D'altra parte, per lui che tutto faceva risalire a
Graziella, gli avvenimenti sembravano prendere piega
favorevole. Non soltanto Lazzaro Ceroni, del quale per tanto
tempo aveva temuto l'ostilit, non contava pi nulla, ma anche
uno dei rivali, l'irlandese Patterson, si era definitivamente
ritirato dalla lizza. Non lo si vedeva pi, non importunava pi
con la sua presenza n Graziella n la madre. Aveva compreso
sicuramente che la condizione del suo alleato gli toglieva tutte
le speranze.
Un altro invece non intendeva cedere. Sirk diveniva ogni
giorno pi audace. Giungeva con Graziella alla minaccia
diretta, e cominciava a provocare, bench con molta prudenza,
Halg stesso. Verso la fine di dicembre, il giovane, incontrando
quel tristo, lo intese pronunciare parole ingiuriose,
indubbiamente rivolte a lui. Alcuni giorni dopo, egli
raggiungeva la riva sinistra del fiume, quando da una casa part
una pietra lanciata con violenza, che gli pass a pochi
centimetri dal viso. Halg, educato ai principi del Kaw-djer, non
pens a vendicarsi dell'aggressione di cui aveva riconosciuto
l'autore. N rilev, durante i giorni successivi, le provocazioni
incessanti dell'avversario. Ma Sirk incoraggiato dall'impunit,
non doveva tardare a spingerlo fino all'estremo ed obbligarlo a
difendersi.
Se Lazzaro Ceroni, salvato dal suo stato di abbrutimento, non
soffriva la noia dell'inazione, non cos accadeva degli altri
operai, suoi camerati. Essi non sapevano come passare il
tempo, e d'altra parte i pi riflessivi cominciavano ad
inquietarsene per l'avvenire. Essere rimasti all'isola Hoste, era
una cosa bellissima. Ma bisognava pensare anche alla maniera
di viverci. Dopo aver tagliato, bisognava cucire. Certo, ora non
mancavano di nulla, ma a provvigioni esaurite, cosa sarebbe
avvenuto?
E cos per difendersi dal pericolo futuro, ed anche per vincere
la noia immediata, quasi tutti si occupavano di qualche cosa.
Realizzando un sogno lungamente accarezzato, alcuni si erano
improvvisati imprenditori ognuno nella professione propria. Al
di sopra di qualche porta, si scorgevano insegne annunzianti
che la casa alloggiava un fabbro, un muratore, un falegname,
oppure un calzolaio o un sarto. Sfortunatamente i clienti
mancavano. E quand'anche le baracche avessero avuto buon
numero d'avventori, che fare poi del denaro guadagnato?
Ecco perch i pi accorti, rinunziando ad esercitare la loro
professione abituale, si limitavano ad occuparsi semplicemente
nella ricerca del nutrimento quotidiano. Non potevano cacciare
per la mancanza di armi da fuoco, non coltivare la terra per
ignoranza assoluta di cognizioni, e per conseguenza pescavano,
seguendo l'esempio di alcuni coloni.
Oltre al Kaw-djer e ai due suoi compagni, anche Hartlepool e i
quattro marinai del Jonathan si erano infatti dedicati fino dai
primi giorni alla pesca. Tutti e cinque insieme avevano iniziato
la costruzione di una scialuppa della stessa forma della Wel-
Kiej e, aspettando che fosse terminata, percorrevano il mare su
piroghe leggere, improvvisate alla meno peggio alla maniera
fuegiana.
Al pari del Kaw-djer, anche Hartlepool e i marinai
conservavano nel sale il pesce superfluo al consumo
giornaliero. E con tale mezzo si premunivano contro il pericolo
di morir di fame.
Incoraggiati dal successo degli altri, parecchi operai emigranti
riuscirono, con l'aiuto dei carpentieri, a fabbricarsi due piccole
barche, e gettarono anch'essi a loro volta e reti e lenze.
Ma pescare un mestiere come un altro. Chi vuole esercitarlo
con vantaggio, deve impararlo prima con la pratica, e i novizi
ne fecero l'esperienza. Mentre le reti di Karroly e di suo figlio,
di Hartlepool e dei suoi marinai piegavano sotto il peso dei
pesci, le loro risalivano quasi sempre vuote. Non potevano
quindi pensare a formarsi una scorta. Tutt'al pi riuscivano a
mangiare talvolta, variando cos il solito pasto. Ma spesso
anche quel modesto risultato non veniva raggiunto.
In un giorno di tale sfortuna, il canotto dei pescatori novizi
incontr la Wel-Kiej che rientrava ad ancorarsi, guidata da
Halg e Karroly. Sul ponte della scialuppa facevan bella mostra
una ventina di pesci, alcuni cos grossi da suscitare l'invidia
degli sfortunati.
Ehi l'Indiano! chiam uno degli operai che formavano
l'equipaggio del canotto.
Karroly rallent.
Che volete? chiese quando la Wel-Kiej fu vicina.
Non avete vergogna di avere un simile carico per voi soli,
mentre ci sono non pochi poveri diavoli che devono stringersi
il ventre? disse scherzando lo stesso operaio.
Karroly si mise a ridere. Egli era troppo compenetrato dai
princpi altruistici del Kaw-djer per esitare sulla risposta. Ci
che apparteneva a lui, apparteneva anche agli altri. Dividere,
quando si ha pi del necessario, con colui che non ne ha, niente
di pi naturale.
Prendi! disse.
Gettate!
La met dei pesci, lanciati a volo, passarono dalla Wel-Kiej al
canotto.
Grazie, camerata! esclamarono ad una voce gli operai
rimettendosi ai remi.
Bench fra i richiedenti avesse riconosciuto Sirk, Halg non si
era opposto all'atto generoso. Sirk non era solo e d'altronde,
finch si pu, non si deve rifiutare nulla a nessuno, neppure a
un nemico. L'allievo del Kaw-djer, come si vede, faceva onore
al maestro.
Mentre una parte dei coloni si sforzava di utilizzare cos il
tempo, altri vivevano nell'ozio completo. Per taluni, tale
abbandono di s era normalissimo. Che avrebbero potuto fare
Fritz Gross e J ohn Rame, ridotto il primo ad un vero stato
d'infermit dall'abuso di bevande alcooliche, il secondo
ignorando come un bimbo la vita reale.
Kennedy e Sirdey non potevano essere scusati cos, eppure non
lavoravano di pi. Fidandosi sull'esperienza dell'inverno
precedente, erano rimasti nell'isola Hoste con la prospettiva di
vivervi in ozio a spese altrui. Per il momento tutto andava
secondo i loro desideri. Essi non chiedevano di meglio,
lasciando che il tempo scorresse senza preoccuparsi
dell'avvenire.
Disoccupati erano anche Dorick e Beauval. Preparati male
dalle loro occupazioni precedenti alle condizioni specialissime
della vita attuale, si sentivano assai disorientati. Sopra un'isola
vergine, in mezzo alla natura rude e selvaggia, le cognizioni di
un antico avvocato e di un ex-professore di letteratura e di
storia divengono ben misero aiuto.



N l'uno n l'altro avevano preveduto gli avvenimenti accaduti.
L'esodo, tuttavia logico, della grande maggioranza dei
compagni li aveva colti come una catastrofe, sconvolgendo i
loro progetti, del resto piuttosto confusi. Tale esodo costava a
Dorick tutta la sua clientela di spauriti, a Beauval il suo
pubblico, vale a dire quell'insieme di esseri che i politicanti di
professione designano talvolta, senz'aver coscienza del cinismo
involontario dell'espressione, sotto il nome ameno di materia
elettorale.
Dopo due mesi di scoraggiamento, Beauval cominci tuttavia a
ripigliarsi. Se gli era mancata la prontezza di una decisione, se
le cose, sfuggendo alla sua direttiva, avevano finito col
regolarsi da s stesse, non voleva dire che tutto fosse perduto.
Ci che non era stato fatto, poteva esser fatto ancora. Gli
Hostelliani, avevano trascurato di darsi un capo, il posto era
ancora libero. Bastava prenderlo.
La penuria d'elettori non diveniva ostacolo al successo. Invece
la campagna si presentava pi facile da condurre fra la
popolazione cos dispersa. Disseminati sopra tutta la superficie
dell'isola, senza legami fra loro, i coloni non potevano
concertarsi per un'azione comune. Se pi innanzi fossero:
venuti all'accampamento, non sarebbero giunti che alla
spicciolata, ed essendo isolatile trovando un governo gi
funzionante, avrebbero dovuto inchinarsi davanti al fatto
compiuto. Formato il progetto, Beauval si affrett a
realizzarlo. Gli bastarono pochi giorni per constatare che
esistevano tre partiti allo stato latente, oltre quello dei neutri e
degli indifferenti: uno, del quale a buon diritto poteva
considerarsi - il capo; un secondo invece che seguiva le
suggestioni di Lewis Dorick, il terzo che subiva l'influenza del
Kaw-djer. Dopo un esame maturo, gli sembr che i tre partiti
disponessero di forze su per gi uguali.
Stabilito ci, Beauval cominci la campagna, e la sua
eloquenza travolgente gli frutt mezza dozzina di voti. Si
procedette immediatamente ad un simulacro di elezione.
Furono necessari due scrutini a causa delle astensioni, il cui
numero grande si spiegava per l'ignoranza del grave
avvenimento che stava per compiersi. Finalmente, il suo nome
ottenne quasi trenta suffragi.
Eletto con tale gherminella, e prendendo la sua elezione sul
serio, Beauval non doveva pi preoccuparsi dell'avvenire. Non
sarebbe valsa la pena di essere il capo senza che il titolo non
conferisse il diritto di vivere a spese degli elettori.
Ma lo assalirono altri pensieri. Il pi volgare buon senso gli
sussurrava che il primo dovere di un governatore di
governare. Ora, praticamente, la cosa non gli appariva pi cos
facile come se l'era immaginata.
Certamente Lewis Dorick, al suo posto, sarebbe stato meno
imbarazzato. La scuola comunista, della quale si proclamava
membro, semplicista. chiaro che la sua formula: Tutto in
comune, qualunque opinione si abbia sulle sue conseguenze
materiali e morali, sarebbe di facile applicazione, sia che la si
imponesse con leggi severe, concepibili senza troppa fatica, sia
che gli interessati vi si prestassero docilmente. E in verit, gli
Hostelliani non avrebbero fatto male a tentare l'esperienza. In
numero limitato, isolati dal resto del mondo, si trovavano nella
condizione migliore per condurla a buon fine e, forse, nella
loro situazione speciale, e in virt della formula comunista,
sarebbero riusciti ad assicurarsi lo stretto necessario e a
realizzare l'eguaglianza perfetta, a patto per di procedere alla
parificazione, non con l'elevare gli umili, bens con l'abbassare
i grandi.
Sfortunatamente, Ferdinando Beauval non professava il
comunismo, ma il collettivismo, la cui organizzazione se non
fosse, verosimilmente, al di sopra delle forze umane,
richiederebbe un meccanismo infinitamente pi complicato e
pi educato.
Tale dottrina, d'altronde, era realizzabile? Nessuno lo sapeva.
Se il movimento socialista, affermatosi durante la met del
secolo XIX, non stato inutile, se ha ottenuto il risultato
benefico di eccitare la piet generale, richiamando l'attenzione
sulle miserie umane, di orientare gli spiriti verso la ricerca di
mezzi atti ad attenuarla, di suscitare iniziative generose, e
provocare leggi non tutte cattive, tale risultato non si pot
ottenere che conservando intatto l'ordine sociale che esso
pretendeva di distruggere. Se ha trovato terreno solido nella
critica, ahim! troppo comoda, di quanto esiste, il socialismo si
dimostrato d'impotenza rara nell'elaborazione di un piano di
ricostruzione. Tutti coloro che si sono dedicati alla seconda
parte del problema non hanno formato che progetti
spaventosamente puerili.
Il lato cattivo della situazione di Ferdinando Beauval era
precisamente questo: egli non aveva nulla da criticare, n da
distruggere, perch sull'isola Hoste non esisteva niente, e
invece si trovava nella necessit di costruire. A proposito di
ci, mancavano i precedenti.
Il socialismo, infatti, non scienza scritta. Non forma una
dottrina completa. Distrugge, non crea. Beauval, costretto di
conseguenza a inventare, constatava la difficolt di
improvvisare di sana pianta un ordine sociale qualsiasi, e
capiva che se gli uomini hanno proceduto a tastoni verso un
avvenire ignorato, accontentandosi di rendersi sopportabile la
vita a mezzo di transazioni reciproche, perch non hanno
potuto fare diversamente.
Tuttavia egli aveva un filo conduttore. Non c' scuola socialista
che non reclami la soppressione della concorrenza con la
socializzazione dei mezzi di produzione. un minimum di
rivendicazione comune a tutte le sette, ed in particolare il
credo del collettivismo. Beauval non doveva che
conformarvisi. Per sfortuna, se tale principio ha almeno una
apparenza di ragione d'essere in una societ antica, in cui lo
sforzo secolare ha accumulato organismi di produzione
complicati e possenti, nulla di simile esisteva nell'isola Hoste. I
reali istrumenti produttivi erano le braccia e il coraggio dei
coloni, a meno che, trasformando il collettivismo in
comunismo puro e semplice, non si volessero considerare come
tali gl'istrumenti aratori, gli alberi, i campi e le praterie! Ecco
perch Beauval era in preda a una crudele perplessit.
Intanto che tali gravi problemi gli si agitavano nella mente, la
sua elezione aveva strane conseguenze. L'accampamento, gi
cos deserto, si vuotava anche di pi. Si emigrava.
Harry Rhodes, pel primo, diede l'esempio. Poco tranquillo,
circa la piega che prendevano le cose, oltrepass il fiume nel
giorno stesso in cui fu soddisfatta l'ambizione di Beauval.
Trasport a pezzi la sua casa sulla riva sinistra, ove la fece
riedificare da alcuni muratori che, come avevano fatto per
quella del Kaw-djer, la resero pi comoda e pi solida. Harry
Rhodes, diverso in ci dal suo amico, pag in modo equo gli
operai, i quali furono contentissimi di ricevere il danaro, ma
turbatissimi per non sapere cosa farne.
L'esempio della famiglia Rhodes fu imitato. Successivamente,
Smith, Wright, Lawson, Fock, i due carpentieri Hobart e
Charley ed altri due operai, passarono il fiume per stabilirsi
sulla riva sinistra. Si creava cos un borgo rivale del primo,
intorno al Kaw-djer, sulla riva ove si erano gi fissati
Hartlepool e quattro dei marinai; borgo che, tre mesi dopo la
proclamazione d'indipendenza, contava gi ventuno abitante,
fra i quali due fanciulli, Dick e Sand, e due donne, Clary
Rhodes e la madre.
La vita trascorreva placida nel villaggio rudimentale, ove nulla
alterava il buon accordo generale. Fu quando Beauval
attravers il fiume, che accadde il primo incidente.
In quel giorno Halg stava parlando di cose gravi col Kaw-djer.
In presenza di Harry Rhodes, chiedeva consiglio sulla condotta
da tenere verso alcuni coloni della riva opposta. Si trattava dei
pescatori inesperti, che erano ricorsi una prima volta alla
generosit dei Fuegiani. Incoraggiati dal buon esito della prima
richiesta, essi l'avevano rinnovata a intervalli sempre pi vicini,
e ora non scorreva giorno, senza che Halg vedesse una parte
della sua merce passare nelle loro mani. Essi non avevano pi
alcun riguardo. Dal momento che altri avevano la bont di
lavorare per loro, ritenevano senza dubbio inutile ogni
occupazione. Restavano dunque a terra aspettando
tranquillamente il ritorno della scialuppa per reclamare, come
diritto, la loro parte di pesca.
Halg cominciava ad irritarsi di quella infingardaggine, tanto
pi che il suo nemico Sirk faceva parte della brigata dei
fannulloni. Prima di opporre un rifiuto, aveva voluto udire il
parere del Kaw-djer.
Seduto sulla spiaggia insieme coi due amici, dinanzi al mare
infinito, Halg raccont la cosa dettagliatamente. La risposta del
Kaw-djer fu decisa.
Guarda questo immenso spazio, Halg gli disse con
dolcezza serena e impara da esso una pi larga filosofia.
Che pazzia! Essere polvere impalpabile, sperduto entro un
universo mostruoso ed agitarsi per pochi pesci! Gli uomini,
figliolo, non hanno che un dovere, che nello stesso tempo
anche una necessit, se vogliono vivere e sussistere: amarsi e
aiutarsi l'un l'altro. Coloro dei quali mi parli hanno, certamente,
mancato a quel dovere, ma non una ragione per imitarli. La
regola semplice: assicurare prima la propria sussistenza, poi,
quando Io si fatto, assicurare quella del pi gran numero
possibile di suoi simili. Che importa se gli altri abusano? Tanto
peggio per essi, non per te.
Halg aveva ascoltato con rispetto tale esposto di principi. E
stava per rispondere, quando Zol, il cane, accovacciato ai piedi
dei tre, ringhi sordamente. Quasi subito, una voce chiam:
Kaw-djer!
Il Kaw-djer volt la testa.
Signor Beauval disse.
Proprio io Devo parlarvi.
Vi, ascolto.
Beauval, tuttavia, non parl subito, perch, in verit, era molto,
imbarazzato. Eppure, aveva preparato il suo discorso, ma
dinanzi al Kaw-djer, la cui fredda seriet l'intimidiva
stranamente, egli non ricordava pi le parole pompose e si
rendeva conto dell'enorme, incommensurabile sciocchezza del
suo passo.
A forza di pensare al principio fondamentale della dottrina
socialista, Beauval aveva finito con lo scoprire che nell'isola
Hoste esistevano strumenti di produzione, ai quali si poteva
applicare, a rigore, quella dottrina. Le imbarcazioni, e pi di
tutte le altre la Wel-Kiej, non erano strumenti di produzione?
Un altro strumento non era forse il fucile del Kaw-djer, che
giaceva per l'appunto sulla sabbia ai suoi piedi?
L'unico fucile dell'isola destava assai la cupidigia di Beauval.
Quale superiorit conferiva al suo proprietario! E per
conseguenza niente di pi naturale, niente di pi legittimo, che
la superiorit venisse assicurata al Governatore, vale a dire a
colui che personificava l'interesse comune!
Kaw-djer disse finalmente Beauval, non so se voi
sappiate che, tempo fa, sono stato eletto Governatore dell'isola
Hoste.
Il Kaw-djer, sorridendo ironicamente, rispose con un gesto
d'indifferenza.
Mi sembrato riprese Beauval che il primo dei miei
doveri nelle circostanze attuali, fosse di mettere al servizio
della collettivit 1 vantaggi particolari che possono trovarsi in
possesso di qualcuno dei suoi membri. Beauval si ferm un
momento, aspettando qualche parola di approvazione. Ma il
Kaw-djer continu a tacere, ed egli prosegu:
Per ci che vi riguarda, Kaw-djer, voi possedete, solo fra
tutti, un fucile e una scialuppa. Il fucile la sola arma da fuoco
della colonia; la scialuppa la sola imbarcazione solida, che
possa permettere di intraprendere un viaggio di qualche
durata
E voi desiderereste appropriarveli concluse il Kaw-djer.
Protesto contro la parola esclam Beauval, con un gesto
da pubblica riunione. Eletto con programma collettivista, mi
limito ad applicarlo. Il mio passo non tende a nulla che
assomigli a spogliazione. Non si tratta di confiscare, ma, cosa
molto differente, di socializzare gli strumenti produttivi.
Venite a prenderli disse tranquillamente il Kaw-djer.
Beauval indietreggi d'un passo. Zol ringhi ancora
sinistramente.
Devo credere chiese poi che rifiutate di conformarvi
alle decisioni dell'autorit regolare della colonia?
Una vampata di collera pass negli occhi del Kaw-djer. Si alz
raccogliendo il fucile. Poi, battendo il calcio sul terreno:
Basta con questa commedia, basta! disse con fierezza.
Ho detto: Venite a prenderli!
Aizzato dall'atteggiamento del padrone, Zol mostr i denti.
Beauval, intimidito tanto dalla manifestazione ostile
dell'animale, quanto dal tono risoluto e dalla corporatura
erculea del padrone, giudic opportuno non insistere. Batt in
ritirata, con prudenza, masticando parole confuse, il cui senso
generale era che il caso sarebbe stato sottomesso al Consiglio,
il quale avrebbe decretato le misure opportune.
Senza ascoltarlo, il Kaw-djer gli aveva voltato le spalle e di
nuovo guardava il mare. L'incidente racchiudeva una lezione e
Harry Rhodes volle metterla in evidenza.
Che pensate del passo di Beauval? chiese.
Cosa volete che ne pensi? rispose il Kaw-djer. Che
possono farmi i gesti e le parole di tale fantoccio?
Fantoccio, sia pure! rispose Harry Rhodes. Ma anche
Governatore.
Nominato da s, allora, perch all'accampamento non ci
sono sessanta coloni.
Basta un voto, quando nessun altro ne ha di pi. Il Kaw-djer
alz le spalle.
Vi chiedo scusa in anticipo di quanto sto per dirvi
riprese Harry; ma, in verit, non provate qualche rimpianto,
dir di pi qualche rimorso?
Io?
S. Voi solo, fra tutti i coloni, avete la conoscenza del paese,
che abitate da molti anni, nelle sue risorse e nei suoi pericoli;
voi solo possedete l'intelligenza, l'energia e l'autorit necessarie
per imporsi alla popolazione ignorante e debole, e siete rimasto
spettatore indifferente ed inerte! Invece di riunire le buone
volont sparse, avete lasciato che i disgraziati si disperdessero
senza metodo e senza legami. Che voi lo vogliate o no, siete
responsabile delle miserie che li aspettano
Responsabile! protest il Kaw-djer. Ma quale dovere
mi incombe, che io non abbia adempiuto?
L'assistenza che il forte deve al debole.
Non l'ho data? Non ho forse salvato il Jonathan? Chi pu
dire che io abbia negato aiuto o consiglio ad alcuno?
Bisognava fare di pi afferm Harry Rhodes
energicamente. Che lo voglia o no, ogni uomo superiore
agli altri ha custodia di anime! Dovevate dirigere gli
avvenimenti, non subirli, difendere contro s stesso un popolo
disarmato e guidarlo



Rubandogli la libert! interruppe il Kaw-djer.
Perch no? replic Harry Rhodes. Se la persuasione
basta ai buoni, ci sono uomini che non cedono se non alla
restrizione, alla legge che ordina, alla forza che obbliga.
Mai! esclam il Kaw-djer con violenza.
Dopo una pausa, egli riprese con voce pi tranquilla.
Bisogna concludere. Una volta per sempre sappiate, amico,
che io sono il nemico irreconciliabile di qualsiasi governo. Ho
speso la vita intiera a riflettere su questo problema e penso che
non esiste una sola circostanza per cui si abbia il diritto di
attentare alla libert del proprio prossimo. Ogni legge,
prescrizione o proibizione, emanata in vista del cosiddetto
interesse della massa a detrimento degli individui, falsit.
Che l'individuo si sviluppi, invece, completamente libero, e la
massa godr della felicit totale, formata da tutte le felicit
individuali. A tale convinzione, che la base della mia vita, e
che non fu in mio potere, per quanto esso fosse grande, di far
trionfare nelle societ imputridite del Vecchio Mondo, ho
sacrificato molto, pi di quanto la maggior parte degli uomini
avrebbero avuto la possibilit di sacrificare, e sono venuto qui
in Magellania per vivere e morire libero, sopra una terra libera.
Le mie convinzioni non si sono mutate dopo. So che la libert
ha i suoi inconvenienti, ma, con l'uso, si attenuano da soli, e, in
ogni caso, sono minori di quelli delle leggi, che hanno la folle
pretesa di sopprimerli. Gli avvenimenti degli ultimi mesi mi
procurarono molta tristezza, ma non modificarono le mie idee.
Questo sia detto fra noi una volta per sempre, affinch non si
torni mai pi sull'argomento.
Cos dunque, il Kaw-djer non voleva convenire che
l'esperienza aveva scosso la sua fede. Lungi dall'abbandonarla,
egli vi si aggrappava, pari a colui che annega e si abbranca, se
non trova alcun altro sostegno, al ciuffo d'erbe, del quale,
tuttavia, conosce la fragilit.
Harry Rhodes aveva ascoltata attentamente la sua professione
di fede, esposta con voce ferma che non ammetteva replica. Per
tutta risposta sospir malinconicamente.
II.
HALG E SIRK.
Il Kaw-djer poneva la libert sopra a tutti i beni della terra, ed
era tanto vigile nel rispettare la libert altrui, quanto geloso di
tutelare la propria. Pure, emanava tale autorit dalla sua
persona, che lo si obbediva, come il pi despota fra i padroni.
Egli evitava inutilmente di pronunziare parole che potessero
sembrare ordini: ma si riteneva ordine il pi piccolo suo
consiglio e quasi tutti vi si conformavano docilmente.
Alcuni avevano edificato le loro case sulla riva sinistra del
fiume, perch egli vi aveva edificato la propria.
turbati dall'anarchia iniziale della colonia, ancor pi turbati da
quell'ombra di governo, impossessatosi in seguito del potere, si
erano istintivamente raggruppati intorno all'uomo che
s'imponeva per la forza fisica, la vasta intelligenza e la levatura
morale.
Pi si viveva a contatto col Kaw-djer, e maggiormente se ne
subiva l'influenza. Hartlepool e i suoi quattro marinai lo
consideravano come il loro capo, e in Harry Rhodes, capace
meglio degli altri di penetrare il movente segreto di un atto, la
devozione si esaltava fino a meritare il nome d'amicizia. La
dedizione di Halg e di Karroly era spinta infine sino al
feticismo. Il Kaw-djer per i suoi compagni era il dio che aveva
saputo trasformare la vita materiale del padre e la vita psichica
del figlio e trarli fuori dallo stato di semianimalit in cui
vegetavano le trib fuegiane. Una sola sua parola era legge per
essi ed egli possedeva ai loro occhi il carattere di verit
rivelata.
Non dester quindi sorpresa che Halg, malgrado la sua viva
ripugnanza a lasciarsi cos sfruttare da un nemico, si
conformasse alle massime di colui che considerava come suo
maestro. Sirk e i suoi accoliti poterono impunemente mostrarsi
di un cinismo crescente e Halg, per quanta ira risentisse entro
di s, non si ritenne in diritto di rifiutare loro i frutti della
pesca, fintanto che sussistevano le condizioni precisate dal
Kaw-djer.



Ma giunse il momento in cui le leggi emanate dal suo
protettore condussero logicamente a conclusioni differenti.
Essere pescatori esperti, aver vissuto sull'acqua fin dai pi
teneri anni, non era garanzia valida contro un possibile scacco.
Halg doveva farne l'esperienza. Un giorno infatti ebbe un bel
lanciare lenze e reti, e frugare il mare in tutti i sensi; dovette
accontentarsi d'un sol pesce, di medie dimensioni.
Sirk, insieme a quattro altri coloni, sdraiato pigramente sulla
spiaggia, aspettava, come di solito, il suo ritorno, e tutti e
cinque si alzarono quando la Wel-Kiej gett l'ancora, e si
diressero incontro ad Halg.
Anche oggi siamo stati disgraziati, camerata disse uno
degli emigranti. Fortunatamente ci sei tu! Altrimenti
dovremmo restare a stomaco vuoto.
Quegli accattoni, per non affaticare troppo la mente, ripetevano
sempre la loro richiesta in termini quasi identici e ogni giorno
Halg brevemente rispondeva: Ai vostri ordini. Ma, quella
volta, la risposta fu diversa.
impossibile oggi replic Halg. I cinque rimasero
stupiti.
Impossibile? ripet uno.
Appunto. Guardate, non ho che un pesce, e neppure molto
grosso. Ecco tutto il mio bottino di oggi.
Ce ne accontenteremo afferm un emigrante, facendo
buon viso a mala sorte.
E io? obbiett Halg.
Tu! esclamarono insieme le cinque voci, esprimendo
all'unisono la pi profonda sorpresa.
Il giovane Fuegiano, non mancava in verit di coraggio!
Credeva forse di esser tanto forte da tener testa ai cinque
civilizzati, che gli facevano l'onore di metterlo a contributo?
Di', dunque, mal sbiancato, cos intendi tu la fraternit?
Avresti forse l'ardire di rifiutarcelo quel tuo cattivo pesce?
Halg non parl. Basandosi sui principi del Kaw-djer, si sentiva
forte del suo buon diritto. Prima assicurare la propria
assistenza, poi, aveva detto il Kaw-djer. Quell'unico pesce
era insufficiente al pasto della sera; per conseguenza poteva
rifiutarsi di dividerlo con gli altri.
Ah, quest' nuova! esclam l'operaio indignato, che
considerava il rifiuto come la prova del pi urtante egoismo.
Non tante parole, intervenne Sirk con tono provocante.
Se il moretto ci rifiuta il pesce, prendiamoglielo!
Poi, rivolgendosi ad Halg:
Uno? due? tre?
Halg, senza rispondere, si mise sulla difesa.
Avanti ragazzi! ordin Sirk.
Assalito dai cinque uomini insieme, Halg fu gettato a terra e gli
fu strappato di mano il pesce.
Kaw-djer! chiam cadendo.
A quel grido il Kaw-djer e Karroly uscirono dalla casa e,
vedendo che Halg sosteneva una lotta ineguale, accorsero in
suo aiuto.
Gli aggressori non attesero certo il loro intervento. Fuggirono
rapidamente attraverso il fiume, senza dimenticare il bottino
cos bellamente conquistato. Halg si rialz subito, un po'
ammaccato, ma tuttavia non ferito.
Che ti accaduto? chiese il Kaw-djer.
Halg raccont il fatto e intanto il Kaw-djer lo ascoltava
corrugando la fronte. Era una nuova prova della cattiveria
umana, che distruggeva le sue teorie ottimiste. Quante ancora
gliene sarebbero abbisognate, prima che egli si arrendesse,
prima che acconsentisse a vedere l'uomo tale quale ?
Per quanto volesse spingere oltre ogni limite l'altruismo, non
pot dar torto al suo protetto, il cui buon diritto si imponeva in
modo cos luminoso. Tutt'al pi si arrischi a fargli
comprendere che l'importanza del litigio non giustificava
simile difesa. Ma Halg, questa volta, non si lasci convincere.
Non per il pesce esclam, ancora eccitato dalla lotta.
Per io non posso essere lo schiavo di quella gente l.
Ma certo ecco disse il Kaw-djer con tono
conciliativo.
S, c'era ancora quest'altra cosa l'amor proprio per
seminare la discordia fra gli uomini. Non soltanto la
soddisfazione dei bisogni materiali che causa le liti. Essi hanno
bisogni morali, altrettanto imperiosi, forse anche pi imperiosi
e in alto, sopra a tutti, sta l'orgoglio che ha contribuito in gran
parte a insanguinare la terra. Ma il Kaw-djer era forse nel
diritto di negare la violenza furiosa dell'orgoglio, egli, la cui
anima indomabile non aveva mai potuto subire l'oppressione?
Intanto Halg continuava a sfogare la sua collera.
Io diceva, cedere a Sirk?
E c'era un'altra cosa ancora, le passioni umane, per armare, gli
uni contro gli altri, coloro che il Kaw-djer si ostinava a
considerare fratelli!
Egli non rilev il grido di rivolta del giovane Indiano.
Calmando Halg con un gesto, si allontan in silenzio.
Ma anche ora non rinunziava a difendere il suo sogno contro
l'evidenza dei fatti. Allontanandosi, cercava e trovava qualche
attenuante per gli aggressori. Senza dubbio erano colpevoli, ma
quei poveretti, triste prodotto della civilizzazione atroce del
Vecchio Mondo, non potevano conoscere altro argomento
all'infuori della forza, quando era in gioco la loro stessa vita.
Ora non si trovavano in una situazione del genere? Per quanto
fossero imprevidenti e leggeri, li doveva preoccupare la
crescente penuria dei viveri, trasportati, per la maggior parte,
nell'interno dell'isola. Nessun rifornimento era possibile e si
poteva ormai prevedere il loro esaurimento. Niente di pi
naturale, dunque, che i disgraziati tentassero di ritardare con
tutti i mezzi la scadenza inevitabile e obbedissero all'istinto
primordiale di ogni organismo vivente, che tende ad
allontanare per fas et nefas il termine della distruzione
necessaria.
Sirk e i compagni conoscevano lo stato delle risorse della
colonia, oppure avevano semplicemente ceduto alla brutalit
istintiva?
Ad ogni modo i timori del Kaw-djer non erano infondati.
Bisognava esser ciechi per non comprendere che il pi terribile
pericolo, la fame, minacciava la colonia nascente. Come
andavano le cose nell'interno dell'isola? Lo si ignorava. Ma
ammettendo che tutto andasse per il meglio, soltanto nella
prossima estate l'abbondanza del raccolto avrebbe permesso di
trasportarne una parte alla costa. Dunque, bisognava aspettare
un'annata intiera, e non restavano che due mesi di viveri.
Sulla riva sinistra, la situazione sembrava meno sfavorevole.
L, sotto l'influenza del Kaw-djer, si erano razionati fin dal
principio, e si ingegnavano ad economizzare la riserva,
aumentandola col giardinaggio e con la pesca. Destava invece
stupore la vera indifferenza dei settanta emigranti della riva
destra. Che sarebbe stato di essi? Stavano per ripetere, a
trecento anni di distanza, la spaventosa tragedia di un nuovo
Port-Famine?
Si aveva il diritto di temerlo e la cosa minacciava di finire cos,
quando agli imprevidenti coloni si apr una via di scampo.
Il Chili non aveva dimenticato la promessa di venire in aiuto
alla nazione nascente. Verso la met di febbraio, una nave con
bandiera chilena, gett l'ancora dinanzi all'accampamento. La
nave, il Ribarto, trasporto a vela da sette a ottocento tonnellate,
agli ordini del comandante J os Fuentes, portava all'isola Hoste
viveri, semenze, animali da fattoria, attrezzi agricoli, carico di
grande valore e tale da assicurare la buona riuscita della
colonia, se giudiziosamente impiegato.
Appena l'ancora tocc il fondo, il comandante si fece condurre
a terra e si mise in rapporto col Governatore dell'isola.
Ferdinando Beauval si present molto audacemente, ma
tuttavia a buon diritto, perch nessun altri poteva rivendicare
quel titolo.
Si inizi subito lo scarico del Ribarto, e mentre il lavoro si
compiva, il comandante Fuentes si occup di un'altra missione
della quale era incaricato.
Signor Governatore disse a Beauval il mio Governo
crede di sapere che un personaggio, conosciuto sotto il nome di
Kaw-djer, risulterebbe fissato sopra l'isola Hoste. Il fatto
reale?
Beauval rispose affermativamente, e il comandante riprese:
Le nostre informazioni non sono erronee. Oserei chiedervi
che uomo costui?
Un rivoluzionario rispose Beauval, con un candore di cui
egli stesso non aveva coscienza.
Un rivoluzionario! Che intendete dire con questa parola,
signor Governatore?
Per me, come per tutti spieg Beauval, un
rivoluzionario un uomo che insorge contro le leggi e rifiuta di
sottomettersi alle autorit regolarmente costituite.
Il Kaw-djer vi avrebbe forse creato qualche difficolt?
Mi d molto da fare, disse Beauval con importanza.
quello che si dice una testa calda Ma lo domer afferm
energicamente.
Il comandante della nave cilena parve interessarsi della cosa e
dopo un istante di riflessione chiese:
Sarebbe possibile vedere quest'uomo, al quale si rivolta
ripetutamente l'attenzione del mio Governo?
Nulla di pi facile, rispose Beauval Guardate, ecco
precisamente che viene verso di noi.
Cos dicendo, Beauval indicava con la mano il Kaw-djer, che
stava attraversando il fiume sopra il piccolo ponte. Il
comandante gli and incontro.
Una parola, signore, vi prego disse portando la mano al
berretto gallonato.
Il Kaw-djer si ferm.
Vi ascolto rispose in spagnolo purissimo.
Ma il comandante non parl subito. Con gli occhi fissi, la
bocca semi-aperta, egli osservava il Kaw-djer con uno stupore
che non cercava nascondere.
Ebbene? chiese questi impazientito.
Vi prego di perdonarmi, signore disse alfine il
comandante. Vedendovi mi sembrato di riconoscervi,
quasi ci fossimo incontrati gi in passato.
Non probabile replic il Kaw-djer, abbozzando un
sorriso ironico.
Tuttavia
Il comandante s'interruppe e battendosi la fronte:
Ci sono! esclam. Avete ragione, perch
effettivamente non ho potuto mai incontrarvi. Ma voi
rassomigliate tanto a un ritratto le cui copie furono sparse a
milioni per il mondo, al punto che mi chiedo se quel ritratto
non sia il vostro.
Mano mano che parlava, una specie di turbamento rispettoso
velava la sua voce, o ne modificava l'atteggiamento. Quando
tacque, teneva in mano il berretto.
Vi sbagliate, signore disse il Kaw-djer con freddezza.
Pure giurerei
A quale epoca risalirebbe il ritratto di cui parlate?
interruppe il Kaw-djer.
A circa dieci anni.
Il Kaw-djer non esit a mascherare un poco la verit.
Ho lasciato ci che voi chiamate il mondo da pi di
vent'anni replic. Dunque quello non pu essere il mio
ritratto. D'altronde, come potreste riconoscermi? Sono
passati vent'anni, ero giovine E ora
Che et avete? chiese storditamente il comandante. Pieno
di curiosit per lo strano mistero che presentiva e che stava
forse per delucidare, egli si era lasciato sfuggire quella
domanda all'impensata, senz'avere avuto il tempo di riflettere.
Ma ne comprese subito la scorrettezza.
Vi ho chiesto forse la vostra? rispose il Kaw-djer con
voce breve.
Il comandante si morse le labbra.
Presumo riprese il Kaw-djer che non m'abbiate
cercato perch parlassimo di ritratti. Veniamo al fatto, vi prego.
Sia disse il comandante, accondiscendendo.
E con gesto rapido si mise in capo il berretto gallonato.
Il mio Governo continu, adoperando da capo il tono
ufficiale mi ha incaricato di informarmi sulle vostre
intenzioni.
Le mie intenzioni? ripet il Kaw-djer sorpreso. E
sotto quale rapporto?
Riguardo alla vostra residenza.
Che gliene importa?
Gliene importa molto.
Bah!
Proprio cos. Il mio Governo a conoscenza della vostra
influenza sugl'indigeni dell'arcipelago, e non ha cessato di
tenere tale influenza in seria considerazione.
Troppo gentile! disse ironicamente il Kaw-djer.
Finch la Magellania rimasta res nullius, prosegu il
comandante, non c'era che da restare nell'aspettativa. Ma la
situazione, dopo la spartizione, ha mutato aspetto. Dopo
l'annessione
La spogliazione rettific il Kaw-djer fra i denti.
Voi dite?
Nulla. Continuate, vi prego.
Dopo l'annessione riprese il comandante, il mio
Governo, preoccupato d'assicurare solidamente la sua autorit
sull'arcipelago, dovette chiedersi quale atteggiamento gli
convenisse assumere nei vostri riguardi, e il suo atteggiamento
dipender forzatamente dal vostro. La mia missione consiste
dunque nell'informarmi dei vostri progetti. Vi porto un trattato
d'alleanza
O una dichiarazione di guerra?
Precisamente. La vostra influenza, che noi non contestiamo,
ci sar ostile, oppure la metterete al servizio della nostra opera
civilizzatrice? Sarete nostro alleato o nostro avversario? Sta a
voi decidere.
Ne l'uno, n l'altro disse il Kaw-djer. Ma un
indifferente. Il comandante scosse la testa in atto dubbioso.
Data la vostra situazione speciale nell'arcipelago disse
la neutralit mi sembra di difficile applicazione.
Facilissima invece, replic il Kaw-djer, per la buona
ragione che ho lasciato la Magellania con l'idea di non
ritornarvi pi.
Voi avete lasciato? Qui per
Qui, io sono sull'isola Hoste, terra libera, e sono risoluto a
non ritornare in quella parte dell'arcipelago, che non lo pi.
Calcolate quindi di stabilirvi nell'isola Hoste? Il Kaw-djer
assent col gesto.
Questo, semplifica molto le cose disse il comandante
soddisfatto. Posso quindi portare al mio Governo
l'assicurazione che voi non prenderete partito contro di esso.
Dite al vostro Governo che lo ignoro rispose il Kaw-djer,
togliendosi il berretto e proseguendo per la sua strada.
Il comandante lo segu un momento con lo sguardo. Malgrado
l'assicurazione del Kaw-djer, egli non era convinto che la
rassomiglianza che aveva creduto scoprire fosse immaginaria,
ed essa anzi doveva avere, in un modo o nell'altro, qualche
cosa di straordinario, per turbarlo cos profondamente.
strano mormorava sottovoce, mentre il Kaw-djer,
senza volgere il capo, si allontanava con passo tranquillo.
Il comandante non ebbe pi l'occasione di verificare la
fondatezza dei suoi aspetti, perch il Kaw-djer non si prest ad
essere nuovamente intervistato. Come se avesse temuto di dare
adito ad una investigazione qualsiasi sulla sua vita passata,
scomparve la sera dello stesso giorno e part per una delle sue
solite peregrinazioni abituali a traverso l'isola.
Il comandante dovette quindi limitarsi ad effettuare lo scarico
della nave; lavoro che richiese una settimana di tempo.
Oltre alla merce generosamente regalata dal Chili a profitto
comune della nuova colonia, il Ribarto portava pure alcuni
colli per conto particolare di Harry Rhodes. Incapace di
dedicarsi a lavori agricoli, ai quali la sua educazione non lo
aveva in alcun modo preparato, era sorta in lui l'idea di
trasformarsi in commerciante importatore.
Cos, nel momento della proclamazione d'indipendenza e
quando ognuno era in diritto di prevedere per la nazione
nascente un destino fortunato, aveva incaricato il comandante
dell'aviso di spedirgli una certa quantit di merci, quando se ne
fosse presentata l'occasione.
Il comandante se ne era ben ricordato, ed il Ribarto trasportava
per ordine e conto di Harry Rhodes una infinit di oggetti
svariati, di mediocre importanza isolatamente, ma tutti di prima
necessit: aghi, spilli, fiammiferi, filo, calzature, indumenti,
penne, matite, carta da lettera, tabacco.
Certo, i progetti di Harry Rhodes erano ragionevoli e la sua
scelta giudiziosa. Tuttavia, dalla piega che prendevano le cose,
c'era da temere che quell'assortimento non avesse da trovar
compratori. Nulla indicava che transazioni commerciali
avessero dovuto stabilirsi fra gli Hostelliani, i quali, per la
mancanza di ogni regola che arginasse e limitasse gli egoismi
individuali, non erano se non un aggregato fortuito di solitari.
Harry Rhodes, esaminando gli avvenimenti, considerava ormai
cos probabile lo scacco della sua impresa, che fu tentato di
lasciar la merce sul Ribarto, imbarcarvisi a sua volta e lasciare
un paese, ove gli sembrava che non ci fosse pi nulla da
sperare. Ma dove sarebbe andato, ingombro da tanta merce
eteroclita, cos preziosa in una regione quasi selvaggia, ma che
avrebbe perduto il suo valore nelle contrade ove abbonda?
Dopo lunga riflessione, decise di pazientare ancora. Non era
supponibile che il Ribarto sarebbe stata l'ultima nave che
avrebbe approdato in quei paraggi. Avrebbe potuto dunque
lasciare pi tardi l'isola Hoste, se la situazione non fosse
migliorata.
Finito lo scarico, il Ribarto lev l'ancora e riprese il largo.
Qualche ora dopo il Kaw-djer, come se non avesse atteso che
la partenza della nave, ritorn alla costa.
Ricominci la vita di prima: alcuni coltivavano gli orti o
pescavano, il Kaw-djer cacciava, e la maggior parte dei coloni
non facevano nulla, lasciandosi vivere, con la serenit
giustificata in qualche modo dall'aumento dello stock, di
provvigioni. La popolazione si era ridotta a meno di cento
anime, compreso il Borgo-Nuovo, nome dato all'unanimit
all'agglomeramento riunito intorno al Kaw-djer, cosicch i
viveri sarebbero durati diciotto mesi almeno. E allora perch
crearsi preoccupazioni?
Quanto a Beauval, egli regnava! Per verit come un re
fannullone e, se regnava, non governava per. Del resto, a suo
giudizio, le cose andavano benissimo cos. Fino dai primi
giorni della sua nomina, aveva elevato l'accampamento alla
dignit di capitale ufficiale, battezzandola, con un decreto, col
nome di Liberia, e dopo tale sforzo si era riposato.
Il dono generoso del governo Chileno gli forn l'occasione per
compiere un secondo atto d'autorit, allo scopo importante di
disciplinare i divertimenti del suo popolo. Dietro suo ordine,
mentre la met delle bevande alcooliche portate dal Ribarto
veniva accantonata, l'altra met venne distribuita ai coloni.
Il risultato della sua larghezza non si fece aspettare. Molti
perdettero la ragione, e Lazzaro Ceroni pi di tutti gli altri.
Tullia e sua figlia dovettero subire da capo terribili scenate,
confuse nel baccanale, che, per la seconda volta, sconvolgeva
tutto l'accampamento.
Si bevve, si giuoc, si ball anche al suono del violino di Fritz
Gross, che l'alcool aveva risuscitato. I pi sobrii facevano
circolo intorno al musicista geniale. Lo stesso Kaw-djer non
sdegn di passare il fiume, attirato dalle melodie tanto pi
meravigliose, in quanto che erano uniche in quelle regioni
lontane. N mancavano a tali concerti Harry Rhodes e la sua
famiglia, attratti dal fascino di quella musica, n Halg e
Karroly, per i quali essa costituiva un'assoluta rivelazione.
Quanto a Dick e a Sand, erano sempre presenti ad ogni
audizione.
Dick, in verit, non veniva a cercarvi che nuova occasione di
svago. Saltava e danzava fino a perdere il respiro, rispettando
pi o meno il tempo. Ma cos non era del compagno. Sand si
poneva in prima fila e, con gli occhi spalancati, la bocca
socchiusa, tremando di profonda emozione, ascoltava con tutte
le sue forze, senza perdere una nota, fino al momento in cui
l'ultima svaniva nello spazio.
Il suo raccoglimento impression il Kaw-djer.
Ti piace dunque la musica, ragazzo? gli chiese un giorno.
Oh, signore! sospir Sand. E con viso estasiato
soggiunse:
Suonare suonare il violino, come il signor Gross!
Davvero! disse il Kaw-djer interessato dall'ardore del
piccolo. Ti piacerebbe tanto? Chiss, forse potremo
accontentarti.
Sand lo guard incredulo.
Perch no? riprese il Kaw-djer. Alla prima occasione,
non mancher far venire per te un violino.
Dite il vero, signore? esclam Sand, con gli occhi
luccicanti di felicit.
Te lo prometto, ragazzo afferm il Kaw-djer. Per
bisogner pazientare!
Senza avere la stessa passione musicale del piccolo mozzo,
anche gli altri emigranti sembravano interessarsi a quei
concerti, che interrompevano la monotonia della loro vita.
I successi evidenti di Fritz Gross, diedero un'idea a Ferdinando.
Beauval. Due volte per settimana, regolarmente, si prelev una
razione, a profitto del musicista, sulla riserva di liquori
alcoolici, e due volte la settimana Liberia ebbe di conseguenza
il suo concerto, sull'esempio di molte altre citt pi civilizzate.
Il battesimo della capitale e l'organizzazione dei suoi piaceri
bastarono ad esaurire le facolt organizzatrici di Ferdinando
Beauval. Del resto, constatando la soddisfazione generale, si
compiaceva ad ammirarsi nell'opera sua. Gli ritornavano alla
mente ricordi classici. Panem et circenses chiedevano i
Romani. Egli, Beauval, non aveva soddisfatto a tale antica
rivendicazione? Il pane era stato fornito dal Ribarto e le messi
future avrebbero fatto il resto. I divertimenti erano
rappresentati dal violino di Fritz Gross, ammettendo che il far
niente continuo, nel seno del quale si svolgeva la vita di quella
frazione della colonia, che aveva la fortuna di vivere sotto
l'autorit immediata del Governatore, non costituisse un
piacere.
Trascorsero cos il febbraio ed il marzo, senza che l'ottimismo
di Beauval venisse turbato. Alcune discussioni, meglio alcune
risse, turbarono talora la pace di Liberia. Ma erano incidenti
senza importanza, sui quali Beauval giudicava opportuno
chiudere gli occhi.
Gli ultimi giorni di marzo portarono, sfortunatamente, la fine
della sua tranquillit. Il primo incidente che la turb, e che fu
come il preludio degli avvenimenti drammatici, i quali non
dovevano tardare a svolgersi, non aveva di per s stesso,
importanza alcuna. Si trattava di un semplice alterco; ma, in
ragione del suo carattere e delle sue conseguenze, parve a
Beauval che non si dovesse risolvere pacificamente, e ritenne
necessario uscire dalla sua abile inazione. Male gliene incolse
per, poich l'intervento ebbe un risultato che egli non si
aspettava.
Halg, difendendosi contro un attacco, ne fu l'eroe.
Erano trascorse parecchie settimane dopo la lotta ineguale che
egli aveva sostenuto contro Sirk e i quattro emigranti suoi
compagni. Molto probabilmente, per tema di un intervento,
ancora pi energico, del Kaw-djer, da allora gli aggressori si
erano astenuti dal pretendere il prodotto della pesca. D'altra
parte, l'arrivo del Ribarto aveva messo il buon accordo fra tutti.
Che importava qualche pesce pi o meno, ora che le
provvigioni erano divenute cos abbondanti da poterle, a buon
diritto, calcolare inesauribili?
Sfortunatamente il carico del Ribarto non era formato solo da
derrate alimentari. La nave conteneva pure una certa quantit
d'alcool e avendo Beauval commesso l'imprudenza di
distribuirlo, la bevanda micidiale aveva turbato profondamente
i cervelli.
In casa dei Ceroni, specialmente, le cose presero una cattiva
piega.
Le continue scenate provocate dall'ebbrezza di Lazzaro, ebbero
la conseguenza di accentuare l'avversione che Sirk e Halg
provavano a vicenda. Mentre il secondo si erigeva a difensore
di Tullia e di sua figlia, il primo sembrava esaltasse il vizio del
marito miserabile e del padre indegno e tale atteggiamento di
Sirk riempiva di collera il cuore del giovane Indiano, che non
poteva perdonare al rivale le lagrime di Graziella.
Anche quando l'alcool fu esaurito, non ritorn la calma. Grazie
alla sua intimit con Ferdinando Beauval, Sirk, riprendendo per
conto suo il metodo Patterson, pot rinnovare la provvigione di
Lazzaro Ceroni, del quale sperava cattivarsi cos la
benevolenza.
Il metodo, riuscito gi una prima volta, riusciva anche la
seconda. Il beone prendeva apertamente la parte di colui che
favoriva la sua passione indegna e si dichiarava suo alleato.
Egli, anzi, non chiam pi Sirk che col nome di genero,
giurando che avrebbe saputo vincere la resistenza di Graziella.
La fanciulla evitava di far conoscere ad Halg la pressione
contro la quale doveva lottare, ma Halg la indovinava in parte
e, cosciente del gioco di Sirk, sentiva il suo odio aumentare di
giorno in giorno.
Le cose erano a questo punto, quando, nella mattinata del 29
marzo, mentre Halg aveva appena attraversato il piccolo ponte
per portarsi sulla riva destra, scorse Graziella che, scapigliata e
correndo all'impazzata, sembrava fuggisse qualche pericolo
spaventoso.
Ella fuggiva veramente, e dinanzi a un pericolo spaventoso,
perch a cinquanta passi da lei, Sirk la inseguiva con rapidit
vertiginosa.
Halg! Halg! A me! chiam Graziella, appena
scorse il giovane Indiano, che, slanciandosi in suo aiuto, sbarr
il passo all'inseguitore.
Ma Sirk sdegnava un cos meschino avversario. Dopo breve
indugio, riprese la corsa con pi slancio di prima, gettando un
sordo sogghigno e precipitandosi a testa bassa. Egli dovette
per ben presto accorgersi della sua presunzione.
Se Halg era giovine, doveva per alla sua razza selvaggia
destrezza da scimmia e muscoli d'acciaio. Quando il nemico gli
fu a portata, le sue braccia si stesero come molle d'acciaio e coi
due pugni colp a un tempo l'avversario nel viso e nel petto.
Sirk, tramortito, stramazz a terra.
I due giovani si affrettarono a cercare un rifugio sulla riva
sinistra, inseguiti dalle grida di Sirk che, ritrovando
faticosamente un po' di fiato, li copriva di spaventose minacce.
Senza rispondergli, Halg e Graziella si recarono direttamente
dal Kaw-djer, al quale la fanciulla rivolse un'ardente preghiera.
L'esistenza diveniva impossibile sull'altra riva. Fino ad ora ella
aveva tenute nascoste le sue miserie, ma esse eran giunte ormai
a tal punto, che non poteva pi tacere. In quello stesso mattino
Sirk si era spinto fino alla violenza. L'aveva malmenata,
battuta, malgrado la difesa della povera madre impotente,
mentre Lazzaro Ceroni cosa spaventosa! sembrava
invece incoraggiarlo. Ella era riuscita a fuggire, ma chiss
come sarebbe finita la cosa, se Halg non ne avesse precipitato
lo scioglimento.
Il Kaw-djer, ascoltato il racconto con la calma abituale,
domand.
Ed ora, cosa intendete fare, figliola?
Restare qui con voi) esclam Graziella.
Concedetemi la vostra protezione, ve ne supplico.
Vi gi concessa afferm il Kaw-djer. Quanto a
restare qui, cosa che vi riguarda: ognuno il padrone di se
stesso. Tutt'al pi mi permetter di darvi un consiglio sulla
scelta della vostra dimora. Se volete dar retta a me, chiederete
ospitalit alla famiglia Rhodes, che ve la accorder certamente,
dietro mia preghiera.
Tale savia soluzione non urt contro nessun ostacolo. La
fanciulla fu accolta con gioia dalla famiglia e specialmente da
Clary, felice di trovare una compagna della sua et.
Tuttavia un pensiero torturava il cuore di Graziella. Che
avrebbe fatto sua madre, abbandonata sola in quell'inferno? Il
Kaw-djer la tranquillizz. Egli sarebbe andato immediatamente
a sollecitare Tullia perch raggiungesse la figlia.
Diciamo subito che doveva fallire nella sua missione
caritatevole. Tullia, pur approvando pienamente la partenza di
Graziella e felice di saperla sotto la protezione d'una famiglia
onorata, sull'altra riva del fiume, rifiut ostinatamente di
lasciare il marito. Avrebbe adempiuto fino all'ultimo il compito
assuntosi d'accompagnare nella vita, dovesse anche soffrirne,
morirne anche, l'uomo che, nello stesso momento, smaltiva in
un canto la prima ubbriacatura della giornata.
Portando la risposta, che, del resto, si aspettava, il Kaw-djer
trov in casa dei Rhodes Ferdinando Beau vai, il quale
sosteneva con Harry una discussione, che cominciava a
divenire aspra.
Che c'? chiese il Kaw-djer.
C' rispose Harry Rhodes irritato che il signore si
permette di venire a reclamare Graziella, pretendendo di
ricondurla al suo caro padre.
In che cosa gli affari della famiglia Ceroni possono
interessare il signor Beauval? domand il Kaw-djer con
voce nella quale si agitava un principio di tempesta.
Tutto ci che accade nella colonia riguarda il Governatore
spieg Beauval, ergendosi con l'atteggiamento, col gesto e
con l'espressione alla dignit conveniente a tale carica.
E il Governatore?
Sono io!
Ah, ah! esclam il Kaw-djer.
Mi stata sporta querela cominci Beauval, senza
rilevare la minacciosa ironia dell'interruzione.
Da Sirk! disse Halg che non ignorava l'intesa dei due.
Niente affatto rettific Beauval: dal padre, dallo
stesso Lazzaro Ceroni.
Bah! obbiett il Kaw-djer Lazzaro Ceroni parla
forse dormendo? Perch egli dorme. Anzi russa in questo
stesso momento.
I vostri motteggi non impediscono che sia stato commesso
un delitto nel territorio della colonia replic Beauval con
tono altero.
Un delitto! E quale?
S, un delitto. Una fanciulla ancora minorenne fu strappata
alla sua famiglia. Tale atto qualificato delitto dalle leggi di
qualsivoglia paese.
Ma esistono leggi nell'isola Hoste? chiese il Kaw-djer, i
cui occhi alla parola legge ebbero bagliori preoccupanti. E
da chi furono promulgate?



Da me rispose Beauval superbamente da me, che
rappresento i coloni e che, a tal titolo, ho diritto all'obbedienza
di tutti.
Come avete detto? esclam il Kaw-djer.
Obbedienza mi pare? Perbacco, eccovi la mia risposta!
Sopra l'isola Hoste, terra libera, nessuno deve obbedienza a
chicchessia. Graziella venuta qui liberamente e liberamente
vi rester, se tale la sua volont
Ma tent di ribattere Beauval.
Non c' ma che tenga. Chi si arrischier a parlare
d'obbedienza, mi avr contro di s
quanto vedremo, rispose Beauval. La legge deve
essere rispettata, e a costo di ricorrere alla forza
La forza! esclam il Kaw-djer. Provatevi dunque!
Intanto vi consiglio a non stancare la mia pazienza e a
ritornarvene alla vostra capitale, se non desiderate esservi
ricondotto troppo in fretta.
L'aspetto del Kaw-djer era cos poco rassicurante, che Beauval
ritenne opportuno non insistere e batt in ritirata, seguito a
venti passi dal Kaw-djer, da Harry Rhodes, da Hartlepool e da
Karroly.
Quando fu al sicuro dall'altra parte del fiume, egli si volse
minaccioso.
Ci rivedremo, signori!
Per quanto poco temibile fosse la collera di Beauval, bisognava
per, in qualche modo tenerne calcolo. L'orgoglio ferito pu
infondere coraggio anche ai pi vili, e non era quindi
impossibile che egli, con la complicit dei suoi soliti fidi e
dell'oscurit notturna, tentasse qualche colpo di mano.
Fortunatamente era facile far fronte a quel pericolo.
Beauval, voltandosi di nuovo, cento passi pi in l, pot vedere
Hartlepool e Karroly intenti a ritirare il tavolato che formava il
ponte fra le due rive. La flottiglia giaceva tutta ancorata nella
rada del Borgo Nuovo, e cos le comunicazioni, completamente
tagliate con Liberia, rendevano irrealizzabile qualsiasi
sorpresa.
Comprendendo il genere di lavoro a cui erano intenti gli
avversari, Beauval tese il pugno furiosamente.
Il Kaw-djer si accontent di alzare le spalle e, l'una dopo l'altra,
le tavole del ponte continuarono a cadere.
Dopo un po', non restarono che i pilastri, contro cui sbatteva
l'acqua del fiume, la quale separava ormai i due accampamenti
avversari.
Cos, una volta di pi, appariva la natura combattiva degli
uomini. Accettando nell'intimo la possibilit di ricorrere alla
guerra, preludiandovi, come consacrato dall'uso, con la
rottura delle relazioni diplomatiche, gli abitanti dei due
villaggi, sperduti ai confini del mondo abitabile, dimostravano
che i cittadini dei grandi imperi non sono soli a meritare il
nome di uomini.
III.
IL SECONDO INVERNO.
Quando il mese d'aprile ricondusse seco l'inverno, nessun fatto
nuovo, di qualche importanza, era venuto ad agitare la vita
dura e monotona degli abitanti di Liberia. Finch la
temperatura fu buona, essi vissero passivamente, senza
preoccupazioni per l'avvenire, e i turbamenti atmosferici che
accompagnavano sempre l'equinozio li sorpresero in pieno
sogno. Ai primi soffi delle burrasche invernali, Liberia parve
spopolarsi. Al pari dell'anno precedente, ognuno si rintan
entro le case chiuse.
Anche al Borgo Nuovo l'esistenza non era molto pi attiva, i
lavori all'aperto, e specialmente la pesca, non potendosi pi
praticare. Fino dai primi freddi, i pesci erano fuggiti verso il
Nord, nelle acque meno fredde dello stretto di Magellano. I
pescatori affidavano all'ancora le barche ormai inutili. E che ne
avrebbero fatto, d'altronde, in mezzo alle acque agitate dal
vento?
Dopo la tempesta venne la neve. Poi, un raggio di sole
produsse lo sgelo e trasform il terreno in palude. Poi, da capo,
la neve.
In ogni caso, anche se il ponte fosse esistito ancora, le
comunicazioni fra la capitale e il suo sobborgo sarebbero state
disagiate, ostacolando in tal modo a Beauval l'esecuzione delle
minacce pronunziate. Ma egli se ne ricordava ancora? Da
quando lo avevano cos apertamente espulso dalla riva sinistra,
quelle minacce erano rimaste lettera morta, ed ora lo
opprimevano pensieri molto gravi e urgenti, in confronto ai
quali l'ingiuria sofferta perdeva sensibilmente d'importanza.
La popolazione di Liberia, ridotta in numero esiguo, dopo la
proclamazione d'indipendenza, tendeva ad aumentare.
Emigranti partiti per l'interno dell'isola i quali, per un motivo o
per l'altro, non erano riusciti nei loro tentativi di
colonizzazione, rifluivano alla costa con l'avvicinarsi della
cattiva stazione e portavano seco germi di miseria e turbamenti
non certo preveduti da Beauval.
Non che egli ne fosse minacciato personalmente. Come aveva
immaginato, si accettava senza difficolt il fatto compiuto.
Nessuno manifestava la minima sorpresa di trovarlo promosso
alla dignit di Governatore. Quei poveretti avevano l'abitudine
innata di essere gl'inferiori fra tutti, e nulla sembrava loro pi
normale che un altro uomo si attribuisse il diritto di governarli.
Vi sono necessit ineluttabili, contro le quali inutile
insorgere. Che essi fossero i piccoli, e che esistessero i grandi,
che venisse loro comandato e che essi obbedissero, era
nell'ordine naturale delle cose.
Per, la potenza del padrone non andava disgiunta da obblighi
corrispondenti. A colui che si innalzava sopra a tutti,
incombeva l'obbligo di assicurare la vita di tutti. Da essi la
docilit umile, purch si garantisse loro il pasto. A lui il fulgore
del potere, a patto per che prendesse tutte le iniziative, che
assumesse tutte le responsabilit, delle quali la folla, malleabile
finche contenta, avrebbe saputo far sentire il peso, nel giorno
in cui allo stomaco sarebbe mancato il cibo.
Ora, l'aumento inatteso di bocche da nutrire tendeva ad
avvicinare tale scadenza.
Il 15 aprile si vide il primo emigrante ritornare, riconoscendosi
vinto in quella lotta contro la natura. Apparve sul finire del
giorno, trascinandosi seco la moglie e i quattro figlioli.
Carovana triste! La donna magra, sparuta, coperta da una
gonna a brandelli; i figli, due femmine e due maschi, l'ultimo
dei quali di cinque anni appena, quasi nudo, si aggrappava alle
vesti della madre. Dinanzi a tutti il padre che camminava solo,
con l testa bassa, scoraggiato. Li circondarono. Li oppressero
di domande.
L'uomo, rincorato nel ritrovarsi in mezzo ad altri uomini,
raccont brevemente la sua storia. Partito fra gli ultimi, aveva
dovuto camminare a lungo, prima di scoprire un po' di terra
senza padrone. Vi era riuscito solamente nella seconda
quindicina di dicembre, e si era messo subito all'opera. Prima
di tutto aveva fabbricata la dimora. Ma, attrezzato malissimo,
abbandonato alle sole sue forze, aveva durato fatica a finirla,
tanto pi che la sua ignoranza in fatto di costruzioni gli aveva
fatto commettere non pochi errori, che si tradussero in grande
perdita di tempo.
Dopo sei settimane di sforzi ininterrotti, finita la rozza
capanna, si disponeva ad iniziare il dissodamento della terra.
Ma sfortunatamente la sua cattiva stella lo aveva condotto in
una localit in cui il terreno pesante era solcato da una rete
inestricabile di radici, fra le quali la vanga e la zappa si
aprivano a stento il passaggio. Malgrado la fatica assidua, la
superficie preparata per la semina risultava insignificante,
quando cominciarono i primi freddi.
Ogni coltura dovette essere sospesa, nel momento in cui non
poteva ancora sperare il minimo raccolto, e, d'altra parte,
poich incominciavano a mancargli i viveri, aveva dovuto
rassegnarsi ad abbandonare sul posto i pochi attrezzi e le inutili
sementi e a rifare in senso inverso la lunga strada, percorsa
quattro mesi prima a cuore allegro. Per dieci giorni continui
egli si era trascinato a traverso l'isola, rifugiandosi sotto la neve
durante la tormenta, camminando nel fango fino alle ginocchia
quando la temperatura diveniva pi dolce, per giungere
finalmente alla costa stremato, spossato, affamato.
Beauval si adoper per sollevare quei poveretti. Dietro suo
ordine fu data loro una delle case smontabili ed anche una certa
quantit di viveri, sui quali si gettarono con avidit. Ci fatto
egli ritenne risolto il caso in maniera soddisfacente.
I giorni seguenti lo disillusero. Non ne passava uno, senza che
qualche emigrante, partito a primavera, non ritornasse alla
costa, alcuni soli, altri riconducendo seco mogli e figlioli, ma
tutti ugualmente cenciosi, tutti ugualmente affamati.
Talune famiglie risultavano meno numerose di quand'erano
partite. E i mancanti? Morti, senza dubbio. E, senza dubbio,
pure, la processione dolorosa dei superstiti continuava a
svolgersi attraverso l'isola e tutti convergevano verso lo stesso
punto: Liberia, ove il loro flusso ininterrotto non avrebbe
tardato a impostare il problema pi spaventoso.
Verso il 15 giugno, pi di trecento coloni erano venuti ad
ingrossare la popolazione della capitale.
Fino allora, Beauval aveva potuto fronteggiare la situazione.
Grazie a lui si eran potuti collocare tutti nelle case smontabili
ove si ammucchiavano come in passato. Ma siccome alcune
erano state trasportate sulla riva sinistra, dove formavano il
Borgo Nuovo, alcune altre erano state imprevidentemente
distrutte, altre ancora erano state riunite per formare un'unica
abitazione pi vasta, che Beauval chiamava pomposamente il
suo Palazzo, il posto cominci a mancare e si dovette
ricorrere alle tende.
Ma la questione dei viveri dominava tutte le altre. Tale
moltitudine di creature affamate consumava rapidamente le
provvigioni portate dal Ribarto. Perci, mentre prima si
pensava di avere la vita assicurata per pi di un anno, ora si
poteva giustamente temere, vista la piega che prendevano le
cose, di non arrivare alla primavera. Beauval ebbe la saggezza
di capire e, facendo finalmente atto d'autorit, eman un
decreto, col quale razionava severamente la popolazione
crescente.
Fu esautorato. Non si tenne alcun conto d'un decreto privo di
sanzione. Per farlo rispettare, egli dovette reclutare fra i pi
caldi suoi partigiani una ventina di volontari, che montarono la
guardia alle provvigioni, come prima aveva fatto l'equipaggio
del Jonathan.
La misura suscit un certo fermento, ma si fin per obbedire.
Beauval credeva adunque di aver superato le difficolt della
situazione, o, almeno, di avere allontanato i giorni cattivi, tanto
quanto era umanamente possibile, allorch nuove catastrofi si
riversarono su Liberia.
Tutti quei vinti, i quali rifluivano alla costa, vi rifluivano
moralmente depressi e indeboliti fisicamente tanto per il clima,
quanto per le fatiche e le privazioni della strada. Quello che
doveva accadere accadde. Scoppi una violenta epidemia. La
malattia e la morte fecero strage tra la popolazione debilitata.
Nel colmo della sventura il pensiero di quei poveretti ritorn
verso il Kaw-djer. Fino alla met del mese di giugno, essi non
avevano neppure osservato la sua assenza. Si dimenticano
facilmente i benefici passati, quando si crede di non averne pi
bisogno per l'avvenire. Ma la miseria riport il loro pensiero a
colui che tante volte li aveva soccorsi. Perch abbandonarli nel
momento in cui tanti mali li opprimevano?
Qualunque fosse stato il motivo della scissione, sopraggiunta
fra l'accampamento principale e l'annesso, esso diveniva bene
insignificante in confronto alle loro sofferenze. E a poco a
poco, e ogni giorno pi numerosi, gli sguardi si volsero verso il
Borgo Nuovo, i cui tetti sporgevano dalla neve sulla riva
opposta.
Un giorno il 10 luglio il Kaw-djer, trattenuto in casa
dalla nebbia troppo fitta, stava intento a raccomodare una delle
sue casacche di pelle di guanaco, quando gli parve di udire una
voce che lo chiamasse, da lontano. Tese l'orecchio. Un
momento dopo un nuovo grido giunse fino a lui.
Allora si fece sull'uscio. Sgelava, in quel giorno. Sotto
l'influenza della brezza umida dell'Ovest, la neve si scioglieva.
Davanti a lui c'era un lago di fango, sopra il quale si
trascinavano brume leggiere, dominate da nubi, che
riversavano sul terreno, gi pregno di acqua, torrenti di
pioggia. Lo sguardo, impotente ad attraversare la nebbia, non
distingueva pi nulla a cento metri di distanza. Pi in l, tutto
spariva nel mistero. Non si distingueva neppure il mare, che
sferzava la riva con ondate pigre e come illanguidito dalla
tristezza generale delle cose.
Kaw-djer chiam la voce attraverso la bruma. Soffocata
quasi dalla distanza, la voce, venuta dalla parte del fiume,
giungeva fino al Kaw-djer come un lamento.
Egli avanz e raggiunse presto la sponda. Spettacolo pietoso!
Sulla riva opposta, separati da lui dall'acqua gorgogliante, che
la distruzione del ponte rendeva insuperabile, si trascinavano
un centinaio di uomini. Uomini? Spettri piuttosto! Poveri esseri
sparuti, censiosi!
Quando scorsero colui che incarnava le loro speranze, si
rizzarono tutti insieme e con uno stesso movimento tesero
verso lui le mani supplichevoli.
Kaw-djer! chiamarono all'unisono. Kaw-djer!
Ed egli sent fremere tutto il suo essere. Quale catastrofe era
dunque avvenuta a Liberia, perch i suoi abitanti si fossero
ridotti a cos spaventosa miseria?
Il Kaw-djer li rincor con un gesto, poi chiam i compagni. In
meno di un'ora Halg, Hartlepool e Karroly ristabilirono il
ponticello sul fiume, ed egli pass sulla riva destra. Si trov
subito accerchiato da volti ansiosi, capaci di commuovere il
cuore pi duro. Quale febbre bruciava i poveri occhi
incassati! Ma una specie di speranza li illuminava ora: il
benefattore, il salvatore stava in mezzo a loro. E i meschini lo
circondavano, stringendosi contro di lui, toccando le sue vesti,
mentre nelle gole contratte gorgogliava come un riso di fiducia
e di gioia.
Commosso, il Kaw-djer guardava, ascoltava in silenzio.
Alcuni, venuti a supplicare per s stessi, narravano il male che
li opprimeva; altri imploravano perch salvasse esseri cari,
donne o bambini agonizzanti a Liberia in quello stesso
momento.
Il Kaw-djer ascolt tutti pazientemente, conoscendo come la
bont accondiscendente sia il miglior rimedio, poi rispose
collettivamente. Sarebbe andato a vedere tutti senza
dimenticare nessuno, ma ognuno doveva intanto ritornare alla
sua casa.
Fu obbedito in fretta. Docili come bimbi, tutti ripresero la
strada dell'accampamento.
Il Kaw-djer, riconfortandoli, sostenendoli col gesto e con la
voce, trovando per ognuno la parola del caso, li accompagn,
inoltrandosi con loro fra le dimore disperse. Tutto tradiva il
disordine e l'incuria. Era bastato un anno, per mutare in case
vetuste le fragili costruzioni che gi cadevano in rovina.
Alcune sembravano disabitate e la maggior parte erano
ermeticamente chiuse e nulla, tranne i mucchi di immondizie
che le circondavano, indicava che fossero popolate. Tuttavia
sulla soglia di alcune porte appariva qualche raro colono, che
con la tetra espressione del viso manifestava la noia e lo
scoraggiamento che lo accasciavano.
Il Kaw-djer pass davanti al Palazzo del Governatore, dove
Beauval, per seguirlo con gli occhi, schiuse una finestra.
Costui, del resto, non diede altro segno di vita, e qualunque
fosse l'astio che sentiva, non ritenne opportuno soddisfarlo in
quel momento. Nessuno avrebbe tollerato atti di ostilit contro
l'uomo dal quale aspettavano la salvezza.
Anzi Beauval, nel suo intimo, era quasi soddisfatto
dell'intervento del Kaw-djer. Egli stesso se ne aspettava un po'
di aiuto. Governare piacevole e facile quando si susseguono i
giorni fortunati. Ma ora le cose andavano diversamente e il
capo di un popolo di moribondi non poteva vedere di
malocchio che un altro lo aiutasse benevolmente a sostenere il
peso di un'autorit divenuta pesantissima, ma che si riservava
in pectore di riconquistare nella sua integrit, quando il destino
fosse ritornato favorevole.
Nulla dunque si oppose a che il Kaw-djer potesse compiere la
sua opera caritatevole, n incontr ostacoli alla sua dedizione.
Quale vita egli condusse a partire da quel giorno! Ogni
mattino, alla prima luce dell'alba e con qualsiasi tempo, egli
passava il fiume e si recava a Liberia. L, fino alla sera, andava
di casa in casa, curvandosi sulle misere cuccette, respirando
aliti febbricitanti, distribuendo, senza mai stancarsi, cure,
medicine e parole di speranza e di conforto.
La morte poteva bene accanirsi a colpire, ma la clientela dei
poverelli non diminuiva mai. Nuovi emigranti, provenienti
dall'interno, riempivano senza posa i vuoti e gli ultimi venuti
erano i pi esauriti per aver sofferto pi a lungo.
Per quanto grandi fossero la sua scienza e la dedizione, il Kaw-
djer non poteva dominare la fatalit delle cose. Inutilmente
lottava a palmo a palmo contro l'avidit della tomba; i decessi
si moltiplicavano entro Liberia decimata.
Egli viveva in mezzo al dolore. Mogli e mariti disgiunti per
sempre, madri che piangevano i figli morti, intorno a lui non
erano che lagrime e lamenti. Ma nulla stancava il suo coraggio,
e quando il medico doveva dichiararsi vinto, cominciava la sua
opera confortatrice.
Talvolta anche, ed era cosa forse ancora pi triste, nessuno
aveva bisogno del suo conforto, e il morto, solitario perfino nel
trapasso, non lasciava dietro di s nessuno che lo piangesse. E
ci non era neppure raro fra quella riunione di emigranti,
esistenze disperse dalle tempeste della vita.
Un mattino, giungendo all'accampamento, fu chiamato presso
una massa informe, dalla quale sfuggiva un rantolo. Era un
uomo infatti quella massa deformata dall'enormit, un uomo
che il destino aveva elencato col nome di Fritz Gross nella lista
infinita dei passanti della terra.
Un quarto d'ora prima, nel momento in cui, svegliandosi, si
esponeva al freddo esterno, una sincope lo aveva fulminato.
C'eran volute dieci persone per trascinarlo nel cantuccio dove
agonizzava. Dal viso violaceo, dal respiro breve e rauco del
malato, il Kaw-djer diagnostic una congestione polmonare e
un breve esame lo convinse che qualsiasi cura non avrebbe
salvato quell'organismo, ormai finito dall'alcool.
Il pronostico si avver. Al ritorno del Kaw-djer, Fritz Gross era
morto. Il suo grosso corpo, gi freddo, giaceva al suolo
nell'immobilit eterna, con gli occhi chiusi per sempre sulle
cose terrene.
Ma un fatto attir l'attenzione del Kaw-djer. Un momento di
lucidit aveva attraversato senza dubbio l'agonia del poveretto,
rendendogli per la durata di un lampo la coscienza del genio
che doveva morire con lui e, fors'anche, del cattivo uso che ne
aveva fatto. Prima di morire, aveva voluto dare l'ultimo addio
alla sola cosa che avesse amato sopra la terra. A tastoni aveva
preso il violino, per stringerlo nel momento del distacco
supremo e ora l'istrumento meraviglioso giaceva sul cuore,
abbandonato dalla mano morente che lo aveva deposto.



Il Kaw-djer prese il violino, dal quale si erano sprigionate tante
melodie divine e che ormai non apparteneva pi a nessuno, poi,
di ritorno al Borgo-Nuovo, si diresse verso la casa occupata da
Hartlepool e dai due mozzi Sand chiam aprendo la
porta.
Il fanciullo accorse.
Ti avevo promesso un violino, ragazzo disse il Kaw-djer.
Eccolo....,.
Sand, pallidissimo per la sorpresa e per la gioia, prese
1'istrumento con mano tremante.
Ed un violino che sa la musica! aggiunse il Kaw-djer,
perch quello di Fritz Gross.
Allora balbett Sand il signor Gross vorr
morto spieg il Kaw-djer.
Un ubbriaco d meno! dichiar freddamente Hartlepcol.
Tale fu l'orazione funebre di Fritz Gross.
Alcuni giorni dopo, un altro decesso, quello di Lazzaro Ceroni,
colp pi direttamente il Kaw-djer. La scomparsa del padre di
Graziella non poteva, infatti, che favorire il compiersi dei sogni
di Halg. Tullia si era rivolta a lui troppo tardi, perch egli
potesse intervenire con qualche probabilit di riuscita. Nella
sua ignoranza ella aveva lasciato che la malattia si sviluppasse
liberamente, senza concepire inquietudini pi vive delle solite.
Ora, il sapere irremissibilmente perduto quell'uomo al quale si
era tutta sacrificata, fu per lei come un colpo di fulmine.
D'altronde, anche se l'intervento del Kaw-djer non fosse stato
tardivo, sarebbe rimasto ugualmente inefficace. Il male di
Lazzaro apparteneva al numero di quelli che non perdonano.
Conseguenza necessaria della troppo lunga intemperanza, la
tisi galoppante lo aveva divorato in otto giorni.
Quando il morto fu reso alla terra, il Kaw-djer non abbandon
la disgraziata Tullia, che sembrava ella stessa sull'orlo della
tomba. Era vissuta anni ed anni in mezzo ai dolori non altro
che per amare, amare malgrado tutto, colui che ora
l'abbandonava a met strada del suo calvario. Spezzata
l'energia che l'aveva sostenuta fino allora, ella si accasciava
adesso, affranta da quello sforzo inutile.
Il Kaw-djer trascin la povera donna al Borgo-Nuovo, vicino a
Graziella. Se esisteva un rimedio capace di guarire il suo cuore
spezzato, l'amore materno avrebbe compiuto il miracolo.
Inerte, semi incosciente, Tullia si lasci condurre, e insieme ai
suoi poveri averi lasci docilmente la casa.
Nello stato di profondo annientamento in cui giaceva, come
avrebbe potuto riconoscere Sirk, che incontr mentre stava per
varcare il piccolo ponte congiungente le due rive?
Anche il Kaw-djer non lo scorse, ed ambedue, ignorando
l'incontro, passarono in silenzio.
Ma Sirk li aveva veduti e si era fermato di botto, col viso
impallidito da ira subitanea.
Lazzaro Cecconi morto, Graziella rifugiata al Borgo-Nuovo,
Tullia che andava pure a stabilirsi l, tutte queste cose
rappresentavano la rovina di un progetto, cos lungamente
vagheggiato.
Egli segu con gli occhi, lungamente, l'uomo e la donna che si
allontanavano a fianco l'uno dell'altro. Se il Kaw-djer si fosse
voltato, avrebbe sorpreso quello sguardo, e forse, nonostante il
suo coraggio, avrebbe conosciuto allora la paura.
IV.
SANGUE!
La sfilata di coloro che giungevano a Liberia per trovarvi
rifugio, dur interminabilmente. Ne arrivarono in ogni giorno
della lunga invernata. L'isola Hoste sembrava essere un
serbatoio inestinguibile e, veramente, si sarebbe detto che ella
rendesse una quantit di miserevoli, maggiore di quella che
aveva ricevuto. Ai primi di luglio, il flusso raggiunse il
culmine, poi decrebbe di giorno in giorno, fino a cessare
definitivamente il 29 settembre.
In quel giorno, si vide ancora un emigrante discendere
dall'altura e trascinarsi penosamente fino all'accampamento.
Mezzo nudo, di magrezza scheletrica, appariva in uno stato
pietosissimo. Come giunse alla prima casa, egli si accasci a
terra.
Ma simili fatti erano ormai troppo quotidiani, perch
producessero emozioni straordinarie. Fu raccolto, riconfortato,
poi nessuno si occup pi di lui.
La sorgente, a partire da quel momento, si esaur. Che se ne
doveva dedurre? Che coloro dei quali mancavano notizie
avessero avuto miglior fortuna, oppure fossero morti?
In quell'epoca, gi pi di settecento coloni erano ritornati alla
costa, ridotti, per la maggior parte, all'ultimo stadio della
degradazione fisica e dell'accasciamento morale. Gli organismi
indeboliti offrivano il terreno pi propizio alle malattie e il
Kaw-djer si accaniva a lottare contro di esse. Mano mano che
l'inverno inoltrava, si moltiplicavano i decessi: una vera
ecatombe! Uomini, donne, fanciulli, giovani e vecchi, la morte
colpiva tutti indistintamente.
Ma essa aveva un bel sopprimere tante bocche voraci, troppe
ne restavano ancora perch le provviste del Ribarto fossero
sufficenti. Quando Beauval si era deciso, gi troppo tardi, a
razionare i suoi amministrati, non poteva prevedere che il
numero di essi sarebbe aumentato in tale proporzione e,
quando egli cap l'errore e volle rimediarvi, non pot pi farlo.
Il male, era compiuto. Il 20 settembre, il magazzino distribu
gli ultimi biscotti e la folla spaventata vide dinanzi a s lo
spettro spaventoso della fame.
Della fame, che strazia i visceri, che rode, che contorce, che
avvinghia, che uccide con lentezza atrocissima!
La prima vittima fu Blacker. Mor il terzo giorno fra sofferenze
atroci, nonostante le cure del Kaw-djer che avvisarono troppo
tardi. Ed egli, in quel momento, non pot neppure incolparne
Patterson, vittima lui stesso della carestia, e che subiva la sorte
generale.
Di cosa vissero nei giorni seguenti i coloni? Chi potrebbe
dirlo? Coloro che avevano avuto la prudenza di formarsi una
piccola riserva di viveri, l'adoperarono. E gli altri?
Il Kaw-djer non seppe dove battere il capo durante quel
periodo sinistro. Non soltanto dovette accorrere al capezzale
degli ammalati, ma venire in soccorso degli affamati. Lo
supplicavano, si aggrappavano alle sue vesti, le madri
tendevano verso lui i loro figli. Nessuno lo implorava
inutilmente. Egli distribuiva le provvigioni accumulate sulla
riva sinistra, dimenticando s stesso, non volendo neppure
pensare che il pericolo del quale prolungava la scadenza per gli
altri, Io avrebbe fatalmente minacciato a sua volta.
La cosa per non poteva tardare. Il pesce salato, la selvaggina
affumicata, i legumi disseccati, tutto diminuiva rapidamente.
Se la situazione, si fosse prolungata un mese ancora, anche gli
abitanti del Borgo-Nuovo, al pari di quelli di Liberia, sarebbero
stati affamati. Il pericolo diveniva cos evidente, che i
compagni del Kaw-djer cominciavano ad opporgli qualche
resistenza. Si rifiutarono di cedere i viveri e bisogn che egli
discutesse a lungo prima di ottenerli, sempre pi difficilmente
giorno per giorno.
Harry Rhodes tent di dimostrare all'amico l'inutilit dei suoi
sforzi. Che sperava dunque? Era evidentemente impossibile
che la scarsa quantit di viveri esistenti sulla riva sinistra
bastasse a salvare tutta la popolazione dell'isola. Come ci si
sarebbe comportati, una volta esaurite le ultime riserve? E a
quale scopo ritardare, a danno di coloro che avevano dato
prova di coraggio e di previdenza, una catastrofe, prossima ed
inevitabile, in ogni modo?
Harry Rhodes non ottenne nulla. Il Kaw-djer non tent neppure
di rispondere. Dinanzi a tale sciagura, gli argomenti non
valevano, ed egli anzi si proibiva qualsiasi riflessione. Lasciare
morire col massimo sangue freddo tutta una moltitudine, non
era possibile!
Diveniva, invece, imperiosamente necessario dividere con essa
tutto,
fino all'ultima briciola, qualunque ne fosse stato il risultato
Dopo?..
L'avvenire era nelle mani del Destino. Quando non avessero
saputo, pi niente, si poteva partire, andare pi lontano, per
cercare un altro luogo ove stabilirsi, ove vivere come al Borgo-
Nuovo di caccia e di pesca, abbandonando l'accampamento,
che pochi giorni sarebbero bastati a trasformare in un cimitero
spaventoso. Ma almeno si sarebbe prima fatto quanto stava in
potere degli uomini, e non si avrebbe avuto il coraggio
mostruoso di condannare deliberatamente alla morte un
numero cos grande di altri uomini.
Su proposta di Harry Rhodes, venne esaminata la opportunit
di distribuire agli emigranti i quarantotto fucili nascosti da
Hartlepool. Con le armi da fuoco sarebbero forse riusciti a
vivere di caccia. La proposta venne respinta. In quella stagione
la selvaggina era rarissima, e, d'altra parte, nelle mani di
contadini inesperti i fucili divenivano aiuto inadeguato ad
assicurare l'alimentazione d'una popolazione cos numerosa. In
ricambio, potevano sorgere gravi pericoli. Da alcuni segni
precursori, gesti brutali, sguardi feroci, alterchi frequenti, si
deduceva facilmente che la violenza fermentava in fondo
all'anima della folla.
I coloni non cercavano pi di dissimulare l'odio che provavano
gli uni per gli altri. Si accusavano a vicenda della propria
disgrazia ed ognuno attribuiva al vicino la responsabilit dello
stato di cose attuale.
Soprattutto si malediva Ferdinando Beauval, che si era
imprudentemente assunto la missione pericolosa di governare i
suoi simili.
Bench la sua lampante incapacit giustificasse ampiamente il
rancore degli emigranti, essi lo sopportavano ancora.
Abbandonata a s stessa, la folla, turbine confuso di volont
che si neutralizzano, incapace d'agire. La inerzia rende
infinita la sua pazienza e per quanto siano grandi i dolori, essa
esita a portar la mano su chi la governa, come invasa da terrore
religioso dinanzi a quel prestigio che, tuttavia, essa sola ha
creato. Cos accadde una volta di pi anche fra i coloni
dell'isola Hoste i quali avrebbero continuato a manifestare la
loro ira con conciliaboli privati e minacce platoniche fatte in
sordina, se uno fra loro non li avesse spinti ad esprimerla coi
fatti.
Desta stupore che in tale terribile situazione il fantasma del
potere detenuto da Ferdinando Beauval avesse potuto eccitare
sensi di invidia. Povero potere, consistente nell'essere il
padrone nominale di una turba di affamati!
Eppure accadde cos.
Dinanzi a tale travolgente realt, Lewis Dorick non giudic
trascurabile quell'apparenza di autorit e forse, dopo tutto, non
aveva torto. Il buon senso popolare non impiega forse, per
designare il potere politico, l'espressione volgare, ma
espressiva e pittoresca, di essere nella bambagia? Anche nelle
collettivit pi diseredate, il primo posto assicura infatti al
possessore vantaggi relativi. Beauval ne sapeva qualche cosa,
egli che ancora non aveva provato le sofferenze dei suoi
compagni di sventura.
E Dorick intendeva assicurare tali vantaggi a s stesso e ai suoi
amici. Egli aveva sopportato fino allora, mordendo il freno, la
grandezza del suo rivale. Giudicando l'occasione favorevole,
intraprese una campagna, alla quale la pubblica sventura
prestava solide basi. Gli argomenti per una critica equa erano
numerosissimi. Non c'era che l'imbarazzo della scelta. Forse,
richiesto su ci che avrebbe fatto al posto dell'avversario, si
sarebbe confuso a rispondere. Ma siccome nessuno gli
rivolgeva la domanda indiscreta, egli non aveva da
preoccuparsi della risposta.
A Beauval non sfuggiva il lavoro del concorrente. Sovente,
dalla finestra della dimora decorata da lui col nome pomposo
di Palazzo del Governatore, guardava pensieroso passare la
folla, pi numerosa di giorno in giorno con l'avvicinarsi della
primavera, che mitigava la temperatura. Dagli sguardi lanciati
verso lui, dai pugni tesi talvolta nella sua direzione, capiva che
la campagna di Dorick portava i suoi frutti e, poco disposto a
discendere dal suo trono, elaborava piani di difesa.
Certo non poteva negare lo stato di sfacelo della colonia, ma ne
accusava le circostanze e specialmente il clima. La
imperturbabile fiducia in se stesso non ne era minimamente
scossa. Egli non aveva fatto nulla, perch, diamine, non c'era
nulla da fare, e un altro non avrebbe fatto certo di pi.
Non soltanto per orgoglio Beauval si aggrappava alla sua
posizione. Malgrado tutto, nelle condizioni attuali, egli aveva
perduto molte illusioni sul lustro inerente alla sua carica. Ma
con inquietudine e compiacenza insieme, pensava
all'abbondante riserva di viveri che aveva potuto porre da
canto. Avrebbe potuto farlo se non fosse stato il capo?
Potrebbe farlo ancora, se domani non lo fosse pi?
Per difendere dunque la sua vita e la sua carica insieme, si
gett con ardore nella lotta. Con grande abilit, non contest
alcuna delle miserie enumerate da Dorick. Su tale terreno
sarebbe stato vinto a priori. Invece le accentu e, fra tutti i
malcontenti, egli fu il pi impetuoso.
I due avversari, per, non erano d'accordo circa i rimedi che
conveniva applicare.
Mentre Dorick propendeva per un mutamento di Governo,
Beauval consigliava la compattezza, e faceva risalire ad altri la
responsabilit delle disgrazie che opprimevano la colonia.
Gli autori responsabili di tali sventure chi erano? Secondo lui,
non altri che il piccolo numero di emigranti, che non avevano
avuto bisogno di rifugiarsi alla costa durante l'inverno. Il
ragionamento di Beauval era semplice. Non essendo ritornati,
si doveva credere che fossero riusciti. Possedevano quindi
scorte di viveri, confiscabili a buon diritto per il vantaggio
comune.
Tali eccitazioni, trovando terreno propizio in gente ridotta alla
disperazione, produssero subito il loro effetto. Batterono prima
la campagna circostanti Liberia; poi, in vista di spedizioni pi
lontane si formarono alcune brigale, le quali aumentarono
rapidamente di numero e, finalmente, il 15 ottobre, una vera
armata di pi di duecento uomini, sotto il comando dei fratelli
Moore, mosse alla conquista del pane.
Durante cinque giorni essi percorsero l'isola in tutti i sensi.
Cosa facevano? Lo si indovinava dalle vittime, le quali
affluivano come impazzite per la catastrofe improvvisa che
distruggeva tutti i loro sforzi. Accorrevano l'uno dopo l'altro
dal Governatore e chiedevano giustizia.
Ma questi li respingeva duramente, rimproverandoli per il loro
egoismo vergognoso. Come! Avrebbero potuto ingozzarsi,
mentre i fratelli morivano di fame? I disgraziati si ritiravano
atterriti e Beauval trionfava. Le loro lagnanze dimostravano
che la pista additata da lui era buona. Non si era ingannato, no!
Come aveva predetto, quei coloni non erano ritornati durante
l'inverno, perch vivevano lontani nell'abbondanza.
Ora, ad ogni modo, la sorte di costoro diveniva simile a quella
degli altri. Reso inutile il loro paziente lavoro, si trovavano
poveri e sprovveduti come coloro che li avevano tratti in
rovina. Non soltanto si era fatto man bassa in casa loro di
quanto vi era di commestibile, ma gl'invasori si erano altres
abbandonati a tutti quegli eccessi, di cui le turbe hanno
volentieri l'abitudine. I campi gi in semina erano stati
calpestati, distrutti e saccheggiati i pollai.
Tuttavia il bottino appariva assai magro, onde se ne poteva
dedurre che anche la riuscita di coloro che ora venivano
taglieggiati, era stata insomma piuttosto relativa.
Essere riusciti voleva soltanto dire che quei coloni, pi
coraggiosi, pi abili o meno sfortunati dei loro compagni, si
erano assicurata, a prezzo di fatiche, la loro sussistenza, ma
non che fossero divenuti miracolosamente ricchi. Ben poco si
era quindi scoperto nelle misere fattorie e per conseguenza la
disillusione dei saccheggiatori si era manifestata talora brutale
e vandalica.
Pi di un colono fu messo alla tortura perch svelasse il
nascondiglio nel quale lo si accusava di detenere viveri
immaginari. Le stesse cause producevano gli stessi effetti, e
l'isola Hoste, come la Francia, ebbe la sua Jacquerie.
Il quinto giorno dopo la sua entrata in campagna, la banda dei
predatori fu arrestata dalle palizzate che limitavano i recinti
della famiglia Rivire e delle altre tre famiglie confinanti. Sin
da quando ci si era messi in cammino, non si era cessato dal
pensare a quelle fattorie che erano le pi antiche della colonia,
e per conseguenza certo le pi prospere, e ci si erano
ripromesse mirabilia dal loro saccheggio.
Ma bisogn tarpare le ali alle immaginazioni galoppanti.
Le quattro fattorie, prossime le une alle altre e fabbricate sul
perimetro di un vasto quadrilatero, costituivano, nell'insieme,
una specie di cittadella inespugnabile, perch, soli fra tutti i
coloni dell'isola, i rispettivi difensori erano armati. Gli
assalitori furono ricevuti a fucilate e; alla prima scarica,
caddero sette uomini tra morti e feriti. Gli altri non chiesero di
pi e fuggirono tumultuosamente.
La scaramuccia calm di botto l'ardire dei saccheggiatori, che
ripresero subito la strada di Liberia, dove entrarono sul calare
della notte, preceduti dal tumultuare delle loro imprecazioni.
La folla si rivers ad incontrarli e a bella prima le loro grida
furono interpretate come canti di vittoria Ma presto, col
diminuire della distanza, le parole si precisarono e i rimasti si
interrogarono smarriti con lo sguardo.



Tradimento Tradimento! s gridava.
Tradimento! Coloro che non avevano lasciato Liberia furono
assaliti dal panico e Beauval trem pi degli altri e,
presentendo una disgrazia della quale lo si sarebbe reso
responsabile, e pur senza poter precisare il pericolo che lo
minacciava, corse a rinchiudersi nel Palazzo.
Aveva finito appena di barricarsi, che il rumoroso corteo si
fermava dinanzi alla porta.
Cosa si voleva dunque da lui? Che significavano quei feriti,
quei cadaveri che venivano deposti sul terrapieno costruito
davanti alla sua dimora? Perch la folla tumultuava?
Mentre Beauval si sforzava invano di penetrare il mistero, al
Borgo-Nuovo si svolgeva un altro dramma che ne desolava gli
abitanti e colpiva il Kaw-djer in pieno cuore.
Egli conosceva le agitazioni intestine di Liberia. Girando per
l'accampamento sapeva necessariamente quanto vi avveniva.
Ignorava per l'esistenza della banda di depredatori e se la
diminuzione del numero degli emigranti durante pochi giorni
aveva attirata la sua attenzione egli, bench stupito, non se ne
era chiesto la causa.
Tuttavia, agitato da cupa inquietudine, era uscito quella sera,
dopo il tramonto del sole, insieme ai soliti compagni, Harry
Rhodes, Hartlepool, Halg e Karroly, e si era inoltrato fino sulla
riva del fiume.
Se fosse stato giorno, essendo la riva sinistra pi elevata della
destra, avrebbe potuto scorgere Liberia. Ma a quell'ora
l'accampamento spariva nella tenebra. Un rumore lontano e un
chiarore vago ne indicava soltanto la posizione.
I cinque uomini, seduti sulla sponda, con Zol, il cane, ai loro
piedi, contemplavano la notte in silenzio, quando giunse una
voce dall'altra parte del fiume.
Kaw-djer! chiamava un uomo, ansante come dopo una
lunga corsa.
Presente! rispose il Kaw-djer. Un'ombra attravers il
ponte e si avvicin al crocchio. Era Sirdey, l'antico cuoco del
Jonathan.
Si ha bisogno di voi laggi disse rivolgendosi al Kaw-
djer.
Che c'? domand questi alzandosi.
Morti e feriti.
Morti! Feriti! Ma cosa accaduto?
Sono andati ad assalire i Rivire Pare che essi avessero
alcuni fucili Ed ecco!
Disgraziati!
Bilancio: tre morti e quattro feriti. I morti non chiedono pi
nulla, ma i feriti forse
Vengo interruppe il Kaw-djer, che si avvi subito,
intanto che Halg correva a prendere la borsa degli istrumenti
chirurgici.
Per strada, il Kaw-djer chiese spiegazioni, ma Sirdey non
poteva informarlo. Egli non aveva accompagnato gli assalitori
e non conosceva quindi gli eventi che per quanto se ne diceva.
Del resto non era stato mandato da nessuno, ma alla vista dei
sette corpi esanimi gli era parso suo dovere correre a
prevenirne il Kaw-djer.
Avete fatto molto bene disse questi approvando. Insieme
a Karroly, ad Hartlepool e ad Harry Rhodes, oltrepass il
piccolo ponte, ed avanz circa un centinaio di passi sulla riva
destra, quando, voltandosi, scorse Halg che accorreva con la
borsa dei suoi strumenti. Il giovane Indiano, che a sua volta
attraversava il fiume, avrebbe raggiunto facilmente gli amici. Il
Kaw-djer riprese quindi la strada affrettando il passo.
Dopo tre minuti un grido d'angoscia lo arrest di colpo Si
sarebbe detta la voce di Halg! Col cuore stretto d'angoscia
mortale ritorn indietro di corsa, ed era tanto turbato che
Sirdey pot, non visto, scostarsi da lui ed allontanarsi verso
Liberia con la pi grande rapidit.
Il Kaw-djer non distinse neppure un'ombra che fuggiva nella
stessa direzione, dopo aver fatto un lungo giro all'ins del
fiume.
Tuttavia, per quanto egli corresse, Zol lo precedeva assai pi
lesto. In due salti il cane scomparve nel buio, poi, trascorsi
pochi minuti, si mise a latrare. Ma, subito, ai guaiti lamentevoli
sussegu il ringhio furioso della bestia, mano mano pi
affievolito per, come se l'animale, cacciando la preda, si fosse
lanciato su qualche pista.
D'improvviso un nuovo grido echeggi nella notte. Il Kaw-djer
non lo ud. Giungendo nel posto di dove era partito per il
primo, scorse Halg ai suoi piedi col viso contro terra, steso in
mezzo a una pozza di sangue, e con un largo coltellaccio
conficcato fra le spalle fino al manico.
Karroly si gett su suo figlio. Il Kaw-djer lo scost rudemente.
Non bisognava piangere, ma agire.
Raccogliendo la borsa sfuggita dalle mani del ferito, ne
estrasse un bisturi, con cui tagli netto da cima a fondo i suoi
vestiti, poi tolse l'arma omicida dal suo fodero di carne, e la
ferita apparve a nudo. Era terribile. La lama, penetrata fra le
due scapole, aveva attraversato il petto quasi da parte a parte.
Ammettendo che per miracolo il midollo spinale non fosse
intaccato, il polmone per doveva essere sicuramente intaccato.
Halg, livido, con gli occhi chiusi, respirava appena e dalle
labbra gli colava una bava rossastra.
Il Kaw-djer in pochi istanti strapp in liste la sua casacca di
pelle di guanaco e fece una fasciatura provvisoria, poi, ad un
suo cenno, Karroly, Hartlepool e Harry Rhodes trasportarono il
ferito.
In quello stesso momento il Kaw-djer percep finalmente i
latrati di Zol. Il cane era certo alle prese con qualche nemico.
Mentre il triste corteo si incamminava, egli proced nella
direzione del rumore, che non sembrava molto lontano.
Cento passi pi in l, gli apparve uno spettacolo orribile. Per
terra giaceva un corpo, quello di Sirk, visibile sotto la luce
lunare, con la gola straziata da una ferita spaventosa. Quella
ferita non l'aveva prodotta un'arma, ma era opera di Zol, che si
accaniva ancora ad allargarla, cieco di rabbia.
Il Kaw-djer fece abbandonare la preda al cane, poi si
inginocchi nel fango rosso di sangue, vicino all'uomo. Ogni
cura diveniva inutile. Sirk era morto.
Il Kaw-djer, pensoso, considerava il cadavere che apriva nel
buio gli occhi gi vitrei. Si poteva facilmente ricostruire il
dramma. Mentre egli seguiva Sirdey, complice forse del delitto
progettato, Sirk, in vedetta, aveva assalito Halg che giungeva
correndo e l'aveva colpito di dietro.
Poi, mentre essi si affaccendavano intorno al ferito, Zol si era
slanciato sulle tracce del colpevole e la punizione aveva
seguito immediatamente il misfatto.
Eran bastati pochi minuti perch il dramma si svolgesse in tutte
le sue fulminee peripezie. I due attori giacevano ormai l'uno
morto, l'altro morente.
Il pensiro del Kaw-djer ritorn ad Halg. Il gruppo dei tre
uomini che sostenevano il corpo inerte del giovane Indiano
cominciava a sparire nel buio. Egli sospir profondamente.
Quel fanciullo rappresentava tutto ci che gli era caro sulla
terra e con lui sarebbe svanita la sua pi forte, forse l'unica
ragione di vivere.
Prima di allontanarsi, guard il morto ancora una volta. La
pozza di sangue non si era allargata. Il sangue gemeva tuttora
dall'orrenda ferita, ma la terra lo assorbiva avidamente, con la
stessa avidit, sempre rinnovata, con cui, fin dalle remote et,
essa solita abbeverarsene. Cosa contavano poche gocce di pi
o di meno nell'inessiccabile pioggia rossa?
Tuttavia, fino a quel giorno, l'isola Hoste era sfuggita alla legge
comune. Essa era rimasta pura, perch inabitata. Ma gli
uomini, giunti a popolarne i deserti, avevano fatto scorrere il
sangue degli uomini.
Era la prima volta, forse, che essa ne era imbrattata! Ma non
doveva essere l'ultima.
V.
UN CAPO.
Quando Halg, sempre privo di sensi, venne deposto nel suo
letto, il Kaw-djer surrog la prima fasciatura con un'altra meno
sommaria. Le palpebre del ferito sbatterono, le labbra gli si
agitarono, le guance livide si tinsero leggermente di roseo; poi,
dopo pochi lievi lamenti, pass dall'annientamento della
sincope a quello del sonno.
Sarebbe sopravvissuto alla terribile ferita? La scienza umana
non poteva assicurarlo. La situazione era grave, ma insomma
non disperata, non essendo assolutamente impossibile che la
piaga del polmone si cicatrizzasse.
Dopo avergli prodigato tutte le cure che l'affetto e l'esperienza
gli dettarono, il Kaw-djer raccomand per Halg la massima
calma e la pi rigorosa immobilit, e corse a Liberia, dove altri,
forse, avevano bisogno della sua opera.
La disgrazia personale che lo colpiva lasciava intatto il suo
istinto ammirabile di dedizione e d'altruismo. La tragedia
fulminea che gli straziava il cuore, non gli faceva dimenticare i
morti e i feriti che, a quanto asseriva l'antico cuoco del
Jonathan, aspettavano aiuto in Liberia. Esistevano realmente i
morti e i feriti, o Sirdey aveva mentito? Nel dubbio, bisognava
rendersi conto da se stessi della verit delle cose.
Erano circa le dieci di sera. La luna, nel suo primo quarto,
cominciava a declinare e dal firmamento buio dell'Est dilagava
l'ombra inafferrabile. Nella notte che si addensava, persisteva a
rosseggiare un chiarore lontano. Liberia non dormiva.
Il Kaw-djer si incammin lestamente. Attraverso la campagna
silenziosa un rumore, prima leggero, poi sempre pi violento,
mano mano che si avvicinava, giunse fino a lui.
In venti minuti fu all'accampamento. Passando rapidamente fra
le case oscure, egli sbuc sulla spianata dinanzi al palazzo del
Governatore, quando uno spettacolo strano e assai pittoresco lo
ferm.
Rischiarata da un cerchio di torce fuligginose, l'intiera
popolazione di Liberia s'era data convegno sul terrapieno.
Tutti! Uomini, donne, fanciulli, divisi in tre gruppi distinti.
Il pi importante dei tre, tenuto calcolo del numero, era riunito
proprio di fronte al Kaw-djer e comprendeva in complesso la
totalit dei fanciulli e delle donne e rimaneva silenzioso,
sembrando comporsi unicamente di spettatori degli altri due
gruppi. Di questi, l'uno si teneva schierato in ordine, di
battaglia davanti al palazzo del Governo, come per difenderne
l'entrata, mentre l'altro aveva preso posizione dalla parte
opposta del piazzale.
No, Sirdey non aveva mentito. In mezzo al terrapieno
giacevano stesi, infatti, sette corpi. Feriti? Morti? A quella
distanza il Kaw-djer non poteva saperlo, perch la fiamma
mobile delle torce dava a tutti le stesse apparenze di vita.
A giudicare dagli atteggiamenti, non si poteva mettere in
dubbio l'ostilit reciproca dei due gruppi meno numerosi.
Tuttavia, fra l'una e l'altra parte dei corpi giacenti a terra,
pareva esistesse una zona neutra che nessuno degli avversi
partiti osava superare. Coloro che, secondo le apparenze, si
dovevano considerare come assalitori non iniziavano nessun
movimento d'attacco e ai difensori di Beauval mancava quindi
l'occasione di mostrare il loro coraggio. La battaglia non era
incominciata.
Si era ancora alla schermaglia delle parole, le quali, purtroppo,
non facevan difetto e si urtavano nello spazio, sopra il mucchio
divisore dei morti e dei feriti.
Quando il Kaw-djer penetr nel raggio della luce, tutti
tacquero. Senza occuparsi di coloro che lo circondavano, egli
mosse verso i corpi giacenti, che esamin un dopo l'altro,
aprendo un poco le vesti, quando ce n'era il bisogno, e
procedendo rapidamente a medicazioni sommarie. Sirdey
aveva detto il vero: egli trov, infatti, tre morti e quattro feriti.
Quando l'opera sua fu compiuta, il Kaw-djer si guard intorno
e, nonostante la sua tristezza, non pot non sorridere,
vedendosi circondato da centinaia di volti che esprimevano la
pi rispettosa e insieme la pi ingenua curiosit. Per
illuminarlo meglio, color che portavano le torce gli si erano
avvicinati. E i tre gruppi, seguendo il movimento, si erano fusi
in un unico grande circolo, di cui egli formava il centro, mentre
intorno intorno il silenzio diveniva profondo.
Il Kaw-djer chiese che lo si aiutasse. Ma poich nessuno si
muoveva, egli pronunzi il nome di quelli dei quali desiderava
il concorso. Allora, senza la minima esitazione, l'emigrante
chiamato usciva dalla folla e si conformava con zelo alle
istruzioni che gli venivano impartite.
In pochi minuti, morti e feriti vennero tolti via e trasportati
nelle loro case, sotto la guida del Kaw-djer, il cui compito non
era terminato. Gli rimaneva da visitare successivamente i
quattro feriti, procedere all'estrazione dei proiettili e alla
fasciatura definitiva, prima di ritornare al Borgo-Nuovo.
Mentre compiva in questo modo la sua opera di dedizione,
s'informava della causa del massacro. Conobbe cos il ritorno
in iscena di Lewis Dorick, l'animosit della folla contro
Ferdinando Beauval, le sue trovate, le razzie compiute nei
dintorni dell'accampamento e finalmente il tentativo di
saccheggio, del quale constatava de visu il risultato doloroso.
Doloroso! Non poteva, in verit, esserlo di pi! Respinti a
fucilate, come si disse, dalle quattro famiglie solidamente
rinchiuse nei loro recinti, i saccheggiatori avevano battuto in
ritirata non riportando, come bottino, che i compagni morti o
feriti. Com'era stato diverso il ritorno dalla partenza!
Ora le bocche rimanevano mute, i cuori pieni di amarezza, gli
occhi torvi. L'eccitazione selvaggia della partenza aveva ceduto
il posto a un furore sordo, che non chiedeva se non un pretesto
per scoppiare. Si calcolavano ingannati. Da chi? Non lo
sapevano. Ma in ogni caso non dalla loro ingenuit, n dalle
loro illusioni. Secondo l'uso universale, avrebbero accusato la
terra intera, prima di accusare se stessi.
Essi conoscevano bene, per averlo troppo spesso provato, il
senso di amarezza e di vergogna che sussegue alla mala
riuscita di imprese violente. Prima di venire gettati sull'isola
Hoste, avevano fatto parte del proletariato dei due mondi e si
erano lasciati trascinare pi di una volta dai discorsi vibranti di
retori. Avevano praticato lo sciopero, raccolto e calmo durante
i primi giorni, quando le borse sono ancora piene, ma che la
miseria incalzante rende impaziente e febbrile e finalmente
furioso, quando i bimbi piangono dinanzi alla madia vuota.
Allora soltanto si vede rosso, ci si precipita in massa, e si
uccide e si muore per ritornare, vittoriosi talvolta, vero, ma
pi spesso vinti, vale a dire in condizione peggiore, perch
l'insuccesso dimostra la debolezza di coloro che volevano
trionfare con la forza.
Ebbene, quel ritorno attraverso campi devastati, pareva proprio
l'ultimo atto d'uno sciopero che finisce male. Lo stato d'animo
era uguale. I poveri diavoli si consideravano giocati, e si
adiravano per la loro ingenuit. I capi, Beauval e Dorick, dove
stavano? Perbacco! Lontani dai colpi. Cos, sempre,
ovunque, la stessa cosa! Volpi e corvi. Sfruttatori e sfruttati.
Ma lo sciopero, quando sanguinoso, la sommossa, la
rivoluzione, hanno il loro rituale che gli attori di questo
dramma sapevano a memoria, per esservisi scrupolosamente
uniformati pi d'una volta. costumanza che, in tali
convulsioni, in cui l'uomo, dimenticando che un essere
pensante, impiega come argomento la violenza e l'assassinio, le
vittime divengano vessilli.
E vessilli appunto erano divenute le vittime riportate indietro
dai saccheggiatori e perci appunto erano state allineate sotto
gli occhi di Ferdinando Beauval, il quale, detenendo il potere,
si rendeva responsabile, in essenza, di tutto il male. E ivi,
urtatisi contro i suoi partigiani, avevano cominciato con
l'ingiuriarsi violentemente, prima di passare ai fatti.
Il momento, del resto, non era ancora giunto. Un protocollo
inflessibile indicava con precisione il cammino da seguire.
Quando avessero parlato a sufficenza, quando le gole fossero
stanche di gridare, dovevano rientrare in casa, poi, l'indomani,
perch tutto si compisse in armonia coi riti, si sarebbero
celebrati funerali solenni agli estinti. Allora soltanto si
potevano temere disordini.
L'intervento del Kaw-djer aveva sospeso un momento le cose.
Grazie a lui, essi si erano ricordati, ritrovando un po' di calma,
che innanzi a loro non stavano soltanto i tre morti, ma anche
alcuni feriti, ai quali cure sollecite avrebbero salvata forse la
vita.
Il terrapieno era gi vuoto, quando egli lo attravers per
ritornarsene al Borgo-Nuovo. Con la incostanza abituale, la
folla, pronta ad agitarsi improvvisamente, si era anche
improvvisamente tranquillizzata. Le case apparivano chiuse. Si
dormiva gi.
Camminando nella notte, il Kaw-djer pensava a quanto aveva
saputo. Ai nomi di Dorick e di Beauval aveva semplicemente
risposto con un'alzata di spalle, ma la corsa dei predatori
attraverso la campagna sembravagli meritare pi seria
considerazione. 1 furti, il saccheggio, tutti quegli atti di
barbarie erano di sinistro augurio. La colonia, gi
compromessa, sarebbe stata perduta irremissibilmente, se i
coloni fossero entrati in aperta lotta gli uni contro gli altri.
Che divenivano, a contatto coi fatti, le teorie sulle quali quel
generoso pensatore aveva edificata la sua vita? Il risultato gli
stava dinanzi, tangibile, incontestabile. Quegli uomini,
abbandonati a se stessi, si dimostravano incapaci di vivere e
stavano per morire di fame, gregge meschino che non sapeva
trovarsi il cibo senza un pastore che glielo porgesse. Quanto
all'essenza morale, essa non superava in qualit quella del loro
senso pratico. L'abbondanza, la mediocrit e la miseria, le
arsure del sole e i morsi del freddo, tutto era stato pretesto
perch si rivelassero le tare indelebili delle anime. Ingratitudine
ed egoismo, abuso della forza e vilt, intemperanza,
imprevidenza e pigrizia, ecco di cosa erano impastati la
maggior parte di quegli uomini, il cui interesse, in mancanza di
pi nobile movente, avrebbe dovuto creare una sola volont,
comune ai mille cervelli. Ed eccoli giunti all'estremo ormai
dell'avventura dolorosa! Eran bastati diciotto mesi perch
cominciasse e finisse. Come se la natura rimpiangesse la sua
opera e riconoscesse il suo errore, essa rigettava quegli uomini
sfiduciati. La morte li colpiva senza tregua. Scomparivano uno
dopo l'altro, uno dopo l'altro erano ripresi dalla terra, crogiuolo
ove tutto si elabora e si trasforma e che, continuando il ciclo
eterno, avrebbe rifatto con la loro sostanza altri esseri
ahim! senza dubbie simili ad essi.
E fors'anche, ritenendo che la grande falciatrice non procedesse
abbastanza lesta nel suo lavoro, essi la aiutavano con le loro
proprie mani. Laggi, di dove veniva il Kaw-djer, morti e
feriti. Qui, ove passava adesso, il cadavere di Sirk. Al Borgo-
Nuovo, un fanciullo ferito: un fanciullo per il quale il suo cuore
disilluso aveva ritrovato la dolcezza d'amare. Da ogni lato
sangue!
Prima di coricarsi, il Kaw-djer si avvicin al capezzale di Halg.
Le condizioni erano le stesse: n migliori n peggiori. Si
doveva temere un'emorragia improvvisa, e per parecchi giorni
la minaccia sarebbe rimasta sospesa su quella vita.
Affranto di fatica egli si dest tardi l'indomani. Il sole era gi
alto sull'orizzonte quando usc dalla sua casa, dopo una visita
ad Halg, il cui stato restava stazionario. La nebbia si era
dispersa. Affrettando il passo, per riguadagnare il tempo
perduto, il Kaw-djer si incammin, come ogni giorno, verso
Liberia, ove lo chiamavano gli ammalati ordinari, in numero,
vero, decrescente, dopo il principio della primavera, e i quattro
feriti del giorno prima.
Ma urt contro una barriera umana, rizzata a traverso il ponte.
Ad eccezione di Halg e Karroly, essa comprendeva tutta la
popolazione del Borgo-Nuovo. Stavano l quindici uomini e,
circostanza singolare, quindici uomini armati di fucile, che
sembravano aspettarlo. Non erano soldati, eppure avevano
qualche cosa di marziale nell'atteggiamento.
Calmi, severi, restavano con l'arma al piede, come nell'attesa
degli ordini di un capo.



Harry Rhodes, che sembrava comandarli, ferm il Kaw-djer
con un cenno. Questi sost, numerando stupito la piccola
truppa.
Kaw-djer disse Harry Rhodes non senza una certa
solennit da molto tempo vi scongiuro di venire in aiuto
dell'infelice popolazione dell'isola Hoste, accettando di porvi
alla testa di essa. Per l'ultima volta vi rinnovo la preghiera.
Il Kaw-djer, senza rispondere, chiuse gli occhi come per
meglio vedere in s stesso. Harry Rhodes continu:
Gli ultimi avvenimenti hanno dovuto farvi riflettere. Noi, ad
ogni modo, siamo decisi. Ed ecco perch questa notte
Hartlepool, io e qualcun altro, siamo andati a riprendere questi
quindici fucili, che furono distribuiti agli uomini del Borgo-
Nuovo. Ora siamo armati e padroni di imporre le nostre
volont. Le cose sono giunte ormai a un punto, che pazientare
pi a lungo sarebbe un vero delitto. Bisogna agire. Il mio
partito preso. Se voi insistete nel rifiuto, mi metter io stesso
alla testa di questa brava gente. Sfortunatamente io non ho n
la vostra autorit, n la vostra influenza. Non mi ascolteranno,
mentre a voi, invece, obbediranno senza replicare. Decidete.
Che c' di nuovo? chiese il Kaw-djer.
Questo! rispose Harry Rhodes, stendendo la mano verso
la capanna ove Halg agonizzava.
Il Kaw-djer, trasal.
E questo ancora soggiunse Harry Rhodes, trascinando
seco il Kaw-djer.
Risalirono la ripa, che in quel posto dominava la sponda
destra.. Liberia, e la pianura paludosa che li separava da loro,
apparvero ai loro sguardi.
Fin dalle prime ore del mattino, l'accampamento si era
ridestato, febbrilmente. Si trattava di compiere l'opera del
giorno prima, procedendo ai funerali solenni delle tre vittime.
La prospettiva della cerimonia metteva in tumulto tutta quella
gente. Per i compagni delle vittime l'avvenimento costituiva
una manifestazione; per i partigiani di Beuval un pericolo; per
gli altri uno spettacolo.
La popolazione tutta, ad eccezione del solo Beauval, che aveva
giudicato opportuno starsene rintanato, seguiva dunque i tre
feretri. Non si dimentic di far passare il corteo dinanzi alla
casa del Governatore, n di fermarsi sul terrapieno, cosa di cui
Lewis Dorick approfitt per dare la stura a una diatriba
violenta.
Dinanzi alle tombe, prendendo da capo la parola, pronunzi per
la centesima volta una troppo facile requisitoria contro
l'amministrazione della colonia.
A udirlo, l'imprevidenza, l'incapacit, i principi retrogradi del
titolare avevano causato tutte le disgrazie. Era venuto il
momento di rovesciare quell'incapace e di nominare al suo
posto un altro capo.
Il successo di Dorick fu clamoroso. Gli si rispose con una
esplosione di grida: Evviva Dorick! Al Palazzo! E
un centinaio di uomini si mosse, martellando il terreno coi
piedi pesanti. Erano eccitati al punto giusto. Gli occhi
scintillavano, i pugni si tendevano minacciosi verso il cielo, e
le bocche, spalancate in clamori di odio, pareva formassero nei
volti buchi neri.
Il movimento si acceler subito. Affrettarono il passo, poi
corsero e finalmente, spingendosi e urtandosi, precipitarono
come un torrente Un ostacolo ferm lo slancio. Coloro che
traevano qualche vantaggio dal potere in vigore e temevano un
cambiamento, se ne erano costituiti difensori. Pugni contro
pugni, petti contro petti, le due parti si urtarono e i colpi
cominciarono a piovere.
Tuttavia, il partito di Beauval, visibilmente pi debole, dovette
indietreggiare. Passo per passo, metro per metro, venne
ricacciato fino al Palazzo. Sul terrapieno la battaglia ricominci
pi ardente. Essa rest a lungo indecisa. Tratto tratto, qualche
combattente, costretto a ritirarsi dalla lotta, andava ad
abbattersi in qualche canto. Ci furono mascelle spezzate,
costole sfondate, membra fracassate.
Pi si picchiavano e pi l'esasperazione cresceva. Giunse il
momento in cui i coltelli uscirono dal fodero. E corse ancora
sangue.
Dopo un'eroica resistenza, i difensori di Beauval vennero infine
travolti e gli assalitori, spazzando via ogni ostacolo dinanzi ad
essi, si precipitarono in disordine nell'interno del Palazzo. Lo
percorsero da cima a fondo, emettendo urla selvagge. Se
avessero trovato Beauval, lo avrebbero linciato certamente. Ma
per fortuna fu impossibile scovarlo. Vedendo la piega che
pigliavano le cose, egli aveva preso la fuga ed ora correva a
gambe levate nella direzione del Borgo Nuovo.
L'inutilit delle ricerche port al parossismo la rabbia dei
vincitori. nell'essenza stessa della folla il perdere la misura,
nel bene quanto nel male. In mancanza di altre vittime, se la
presero con le cose. La casa di Beauval fu saccheggiata dalle
fondamenta al tetto. Il mobilio misero, le carte, gli oggetti
personali, tutto venne gettato alla rinfusa dalle finestre e riunito
in un mucchio al quale appiccarono il fuoco. Qualche minuto
dopo per inavvertenza o per la volont di qualche
sovvertitore? il palazzo stesso, a sua volta, fiammeggiava.
Ricacciati dal fumo, gli invasori si precipitarono fuori. Allora
non furono pi uomini. Ebbri di grida, di saccheggio, di delitto,
non avevano pi n pensiero n meta. Null'altro che il bisogno
irresistibile di picchiare, di ammazzare, di distruggere, di
massacrare.
Sul terrapieno stazionava, come dinanzi a uno spettacolo, la
folla dei fanciulli, delle donne e degli indifferenti, zimbelli
eterni ai quali non si cessa di rendere i colpi che non hanno mai
dato.
Essi formavano, insomma, il grosso della popolazione, ma
erano troppo pacifici, malgrado il numero, per divenire
temibili. La banda di Lewis Dorick, ingrossata ora dagli antichi
avversari, schieratisi dalla parte del pi forte, si precipit su
tale moltitudine inoffensiva.
Fu una fuga pazza. Uomini, donne e fanciulli si rovesciarono
sulla pianura, inseguiti da quegli energumeni che sarebbero
stati imbarazzati a spiegare il motivo del loro furore selvaggio.
Dall'alto della ripa, che aveva raggiunto con Harry Rhodes, il
Kaw-djer, guardando dalla parte dell'accampamento, non
scorse che un'ondata di fumo, che in larghe volute scendeva
fino al mare. Le case scomparivano entro quel nugolo da cui si
innalzavano grida di dolore e d'angoscia. Al di l del fiume,
non si scorgeva nella pianura che un solo essere vivente, un
uomo. Correva a tutta forza, bench nessuno lo inseguisse.
Fuggendo senza mai rallentare, l'uomo raggiunse il ponte, lo
attravers e cadde, quasi privo di respiro, innanzi alla piccola
truppa armata. Allora si riconobbe Ferdinando Beauval.
Ecco quanto vide a tutta prima il Kaw-djer. Il quadro, nella sua
semplicit, era eloquente, ed egli ne afferr subito il
significato. Beauval, vergognosamente cacciato, costretto alla
fuga e la sommossa che spargeva in Liberia l'incendio e la
morte.
Cosa significava tutto ci? Che si fossero sbarazzati di
Beauval, niente di meglio. Ma perch tanta devastazione, di cui
gli autori sarebbero stati le prime vittime? Perch quel
massacro, di cui le grida lontane dicevano il furore selvaggio?
Dunque, gli uomini potevano arrivare fino a quell'estremo?
Non soltanto il pi mediocre interesse li rendeva capaci del
male, ma erano anche capaci, dato il caso, di distruggere per
distruggere, di colpire per colpire e di uccidere per il piacere di
uccidere! Non i bisogni soltanto, o le passioni o l'orgoglio
scagliavano gli uomini gli uni contro gli altri; ma anche la
follia, quella follia che esiste virtualmente in tutte le folle e per
cui esse, gustata una volta l'ebbrezza della violenza, non si
calmano, se non quando sono sazie di distruzione.
in causa di tale follia eroismo o brigantaggio, secondo
l'occorrenza che il bandito abbatte senza ragione il passante
inoffensivo, per essa che le rivoluzioni fanno di innocenti e
colpevoli ecatombe indistinta, ed tale follia che infiamma gli
eserciti e vince le battaglie.
Che divenivano, dinanzi a fatti simili, i sogni del Kaw-djer? La
libert integrale era il bene naturale degli uomini; ma solo a
patto che essi restassero suscettibili di trasformarsi in belve,
come coloro di cui egli contemplava ora le gesta!
Il Kaw-djer non aveva risposto nulla ad Harry Rhodes. Ritto e
fermo sul punto culminante della sponda, egli guard,
silenzioso, per qualche minuto. Il viso impassibile non rivelava
l'interno doloroso.
Eppure quale lotta crudele, nella quale l'anima gli si straziava!
Chiudere gli occhi e intestarsi egoisticamente in una religione
mentitrice, mentre poveri disgraziati si massacravano a
vicenda, oppure arrendersi all'evidenza, obbedire alla ragione,
intervenire in quel disordine e, loro malgrado, salvarli: ecco il
duro dilemma! Ci che il buon senso gli ordinava, era
ahim! la negazione di tutta la sua vita! Vedersi infranto ai
piedi l'idolo innalzato nel suo cuore, riconoscere d'essere stato
vittima di un miraggio, dirsi d'aver edificato sopra la
menzogna, che nulla di quanto si pensato vero e che,
stupidamente, ci si sacrificati ad una chimera, quale
sconfitta!
All'improvviso, dal nugolo di fumo che ricopriva Liberia
emerse un fuggiasco, poi un altro, poi dieci, poi ancora cento,
molti dei quali donne e fanciulli. Alcuni cercavano rifugio
verso le alture dell'Est, ma la maggior parte, stretti dappresso
dagli avversari, correvano pazzamente nella direzione del
Borgo Nuovo. L'ultima fra essi era una donna, piuttosto grossa,
che non poteva correre in fretta. Un uomo la raggiunse,
l'afferr pei capelli, la rovesci a terra, alz il braccio
Il Kaw-djer, si volt verso Harry Rhodes, e con voce grave
disse:
Accetto!
PARTE QUARTA
I.
PRIME MISURE.
Il Kaw-djer, alla testa di quindici volontari, attravers la
pianura a passo di corsa, e gli bastarono pochi minuti per
raggiungere Liberia.
Sul terrapieno si combatteva ancora, ma con minor ardore, e
forse soltanto in virt della spinta iniziale, senza saperne il
perch.
L'arrivo della piccola truppa armata stup i belligeranti: era una
eventualit imprevista. Mai in nessun momento i sovvertitori
avevano ammesso di dover lottare contro una forza superiore e
tale da ostacolare le loro smanie omicide.
Il duello cess subito. Coloro che ricevevano i colpi presero
ardire, coloro che li davano si immobilizzarono ovunque si
trovassero, gli uni stupefatti della loro inspiegabile avventura,
gli altri un po' smarriti, col respiro ansimante, da uomini che in
un momento d'aberrazione avessero compiuto un lavoro
faticoso, di cui non comprendevano il motivo.
Improvvisamente la sovreccitazione cedeva il posto alla calma.
Il Kaw-djer si occup subito a domare l'incendio, che le
fiamme ravvivate da una leggera brezza del Sud arrischiavano
di comunicare all'intero accampamento. L'antico palazzo di
Beauval era gi per tre quarti distrutto. Pochi colpi di piccone
bastarono a demolire la sottile costruzione, che fu ben presto
ridotta a un mucchio di rovine calcinate, da cui si sprigionava
un fumo acre.
Fatto ci, e dopo aver lasciato di guardia cinque dei suoi
uomini presso la folla sedata, il Kaw-djer mosse con gli altri
dieci attraverso la pianura, per riunire il resto degli emigranti.
Vi riusc senza sforzo. Si tornava a Liberia da tutte le parti; gli
assalitori, nei quali la fatica aveva calmato il furore insensato,
formavano l'avanguardia, e dietro, non ancora rimessi dal loro
terrore, a prudente distanza, seguivano i deboli.
Nello scorgere il Kaw-djer, costoro si rassicurarono ed
affrettarono il passo, cos che tutti giunsero nello stesso tempo,
in un sol gruppo, a Liberia.
In meno di un'ora tutta la popolazione fu radunata sopra il
terrapieno e, osservando l'omogeneit della massa, sarebbe
stato impossibile supporre che partiti avversari l'avessero mai
divisa. Senza le vittime numerose che giacevano al suolo, non
sarebbe rimasta traccia alcuna dei torbidi ormai cessati.
La folla non dimostrava impazienza, ma semplicemente
curiosit. Ancora assai stupita dell'incomprensibile raffica che
l'aveva investita e decimata, guardava placidamente il gruppo
compatto dei quindici uomini armati, che le faceva fronte e
restava in attesa degli eventi. Il Kaw-djer avanz fino nel
mezzo del terrapieno e rivolgendosi ai coloni, i cui sguardi
convergevano verso di lui, con voce forte disse:
Da oggi, il vostro capo sar io.
Quale strada aveva dovuto percorrere per giungere a
pronunziare queste poche parole! Cos, dunque, non soltanto
egli accettava finalmente il principio d'autorit, non soltanto
acconsentiva, malgrado le sue ripugnanze, ad esserne il
depositario, ma per di pi, passando da un estremo all'altro,
superava gli autocrati pi assoluti. Non gli bastava rinunziare
al suo ideale di libert, lo calpestava sotto i piedi. Non
chiedeva neppure il consenso di coloro dei quali si decretava il
capo. Non era una rivoluzione. Era un colpo di Stato.
Un colpo di Stato d'una facilit stupefacente. Alla
dichiarazione del Kaw-djer segu qualche istante di silenzio,
poi dalla folla si levarono unanimi acclamazioni, e la gioia
comune si tradusse in applausi fragorosi. Ci si stringevano le
destre, ci si felicitava a vicenda, le madri baciavano i propri
figli. Fu una vera frenesia.
Quei poveretti passavano dallo scoraggiamento alla speranza.
Dal momento che il Kaw-djer assumeva la direzione dei loro
affari, essi erano salvi. Egli li avrebbe strappati alla miseria.
Come? Nessuno poteva neppure immaginarlo, ma non
importava. Poich si incaricava di tutto, non occorreva
chiedere di pi.
Alcuni, tuttavia, i partigiani di Beauval e di Dorick, restarono
accigliati e non gridarono evviva. Ma se costoro tacevano, non
si azzardavano nemmeno, d'altra parte, a protestare. Che
avrebbero potuto fare di meglio? La loro infima minoranza
doveva fare i conti con la maggioranza, che adesso aveva un
capo. Il grande corpo possedeva ormai una testa e il cervello
rendeva temibili quelle braccia innumerevoli, fino allora
disprezzate.
Il Kaw-djer stese la mano e, come per incanto, si fece silenzio.
Hostelliani disse sar fatto il necessario per
migliorare la situazione, ma io esigo obbedienza da tutti e
calcolo che nessuno mi obbligher ad usare la forza. Ciascuno
di voi rientri in casa ad aspettarvi gli ordini, che non tarderanno
ad essere impartiti.
Il laconismo energico di tale discorso ebbe il migliore effetto.
Si capiva che ormai ci sarebbe stata una guida e nulla poteva
maggiormente confortare quei disgraziati, che avevano cos
deplorevole esperienza della libert, e che l'avrebbero alienata
contro la certezza di un pezzo di pane. La libert un bene
immenso, ma che non si pu gustare se non alla condizione di
vivere. E le aspirazioni di quel popolo sventurato si
riducevano, pel momento, alla possibilit di vivere.
Tutti obbedirono rapidamente, n alcuno mormor, Lewis
Dorick compreso.
Il Kaw-djer segu con lo sguardo la folla che sgombrava e le
labbra gli si contrassero amaramente. Se gli fosse rimasta
ancora qualche illusione, essa sarebbe svanita. Decisamente
l'uomo non odiava la costrizione, cos come egli aveva creduto.
Tanta debolezza, quasi tanta vilt, non si confaceva con
l'esercizio d'una libert sconfinata.




Un centinaio di coloni non avevano seguito gli altri. Il Kaw-
djer si volse a squadrare con le sopracciglia aggrottate il
gruppo indocile. Ma uno dei coloni che lo componevano,
facendosi avanti, spieg che non potevano obbedire, perch
non avevano pi casa. Cacciati dalle fattorie invase, erano
giunti alla costa, alcuni da qualche giorno, altri il giorno prima,
e non possedevano altro ricovero che il cielo.
Il Kaw-djer li assicur che si sarebbe provveduto al pi presto
e intanto li invit a occupare le tende esistenti ancora in
riserva. Poi, mentre essi obbedivano, si occup senz'altro delle
vittime della sommossa.
I torbidi avevano tolto la vita a dodici coloni, compresi i tre
saccheggiatori, che avevano trovato la morte nell'assalto della
fattoria dei Rivire. In generale, non c'era di che rimpiangere i
defunti. Uno solo, un emigrante ritornato dall'interno nel corso
dell'invernata, doveva calcolarsi fra la parte sana della
popolazione hostelliana. Ma tutti gli altri erano seguaci di
Dorick e di Beauval e il partito del lavoro e dell'ordine non
poteva che trarre vantaggio dalla loro scomparsa.
V'eran poi molti contusi e molti feriti, cosicch c'era
abbastanza da fare pel Kaw-djer, che si accinse
coraggiosamente al lavoro. Poi, terminata l'opera sua, e lasciati
cinque uomini di guardia sul terrapieno, riprese con gli altri la
strada del Borgo-Nuovo, ove lo chiamava un altro dovere:
laggi c'era Halg morente, morto forse!
Halg era sempre nella stessa condizione, bench non gli
difettassero le cure intelligenti. Graziella e sua madre erano
accorse a raggiungere Karroly al capezzale del ferito e sulla
devozione di quelle infermiere si poteva calcolare. Educata a
una scuola severa, la fanciulla aveva imparato a padroneggiare
il suo dolore. Ella stette dinanzi al Kaw-djer col viso tranquillo
e rispose calma a tutte le sue domande. S, Halg era
febbricitante e non si scuoteva dal suo torpore che per gemere
debolmente. Una bava sanguigna gli gemeva sempre dalle
labbra smorte; per meno abbondante e meno purpurea.
Intanto i dieci uomini che avevano accompagnato il Kaw-djer
si erano caricati di viveri prelevati sulla riserva del Borgo-
Nuovo. Senza concedersi un momento di riposo, ripartirono
per Liberia, dove andarono di porta in porta a distribuire a
ciascuno la sua razione e, terminata la ripartizione, il Kaw-djer
stabil la guardia notturna, poi, avvolgendosi entro una coperta,
si stese per terra e cerc di dormire. Ma non pot: malgrado la
stanchezza fisica, il cervello si ostinava ad elaborare il
pensiero.
A pochi passi da lui, i due uomini di guardia serbavano una
immobilit statuaria. Nulla turbava il silenzio, e il Kaw-djer,
con gli occhi spalancati nell'oscurit, sognava.
Che faceva egli? Perch aveva permesso che la sua
coscienza venisse violentata dai fatti e che gli fosse imposta
simile sofferenza? Se prima viveva nell'errore, viveva
almeno felice Felice! E chi gli impediva di esserlo ancora?
Sarebbe bastato volerlo. Che bisognava fare per volerlo?
Meno di niente. Alzarsi, fuggire, chiedere l'oblio della crudele
avventura all'ebbrezza delle corse vagabonde, che gli erano
state prodighe di tante gioie, per tanto volger di tempo
Ahim, gli avrebbero reso le illusioni distrutte? E quale
sarebbe stata la sua vita, col rimorso di tante esistenze
immolate alla gloria di una falsa divinit? No, egli aveva da
render conto a s stesso di quella folla di cui aveva assunto il
governo e non si sarebbe sdebitato verso di essa se non quando,
di tappa in tappa, non l'avesse guidata in porto.
Sia! Ma quale via scegliere? Non era forse troppo tardi?
Un uomo, qualunque egli fosse, aveva il potere di fare risalire
la china a quel popolo, che i vizi, le tare, l'inferiorit
intellettuale e morale sembravano aver gi votato fin d'ora a
inevitabile annientamento?
Il Kaw-djer valut freddamente il peso del fardello che si
disponeva a sopportare. Esamin il suo dovere da ogni lato e
cerc i mezzi migliori per compierlo. Impedire ai poveretti che
morissero di fame? S, prima di tutto questo. Ma era poca
cosa, in confronto all'insieme del compito. Vivere non vuol
dire soltanto soddisfare i bisogni materiali degli organi, vuol
dire ancora, pi ancora forse, essere coscienti della dignit
umana; vuol dire non calcolare che su s stessi e offrirsi agli
altri; vuol dire essere forti, vuol dire essere buoni. Dopo aver
salvate dalla morte quelle creature viventi, gli restava da farne
veri uomini.
Erano capaci, tali degenerati, di innalzarsi fino a simile ideale?
Tutti certamente no, qualcuno forse, ove fosse stata mostrata
loro la stella che non avevano saputo scorgere nel cielo, ove
fossero stati condotti verso la meta, sorretti per mano.
Cos pensava il Kaw-djer, nella notte che lo circondava e cos,
l'una dopo l'altra, le sue ultime resistenze furono rovesciate,
vinte le ultime rivolte, elaborato entro il suo cervello il piano
direttivo al quale da quel momento egli avrebbe conformato
ogni suo atto.
L'alba lo trov gi alzato e gi di ritorno dal Borgo-Nuovo,
dove aveva avuto la gioia di constatare che lo stato di Halg
tendeva a leggero miglioramento. Appena giunto a Liberia,
assunse la sua parte di capo.
Il primo atto fu tale da far stupire persino coloro che gli
vivevano pi vicini. Cominci per fare l'appello dei
venticinque o trenta muratori e falegnami facenti parte del
personale della colonia, a cui riun una ventina di coloni un po'
pratici nell'uso della pala e della zappa, e distribu ad ognuno il
proprio lavoro. In un punto che indic, essi dovevano aprire
alcune trincee destinate a ricevere le mura di una delle case
smontabili, indi rizzarvi la casa, consolidare le pareti con
tramezze in muratura e suddividerla poi con assiti, secondo un
piano tracciato sul terreno seduta stante.
Date tali istruzioni, mentre gli operai iniziavano i lavori sotto la
direzione del carpentiere Hobart, promosso alla funzione di
sorvegliante, il Kaw-djer si allontan coi suoi dieci uomini di
scorta.
A pochi passi di distanza sorgeva la pi vasta fra le case
smontabili. Vi abitavano cinque persone: i fratelli Moore,
Sidney, Kennedy e Lewis Dorick.
Il Kaw-djer vi si rec direttamente. Nel momento in cui
varcava la soglia, i cinque uomini erano intenti a discutere
animatamente. Scorgendolo si alzarono bruscamente.
Che venite a fare qui? chiese Lewis Dorick con tono
rude.
Il Kaw-djer si arrest sulla soglia e rispose con freddezza:
La colonia hostelliana ha bisogno di questa casa.
Bisogno di questa casa! ripet Lewis Dorick che,
come si suol dire, non poteva credere ai propri orecchi. Per
che farne?
Per collocarvi i suoi uffici. Vi invito dunque a sgombrare
subito.
Benone! approv ironicamente Dorick. E noi dove
andremo?
Ove meglio vi piacer. Non vi si proibisce di fabbricarne
un'altra.
Davvero? E intanto?
Metteremo alcune tende a vostra disposizione.
Io metto invece la porta a vostra disposizione esclam
Dorick, rosso di collera.
Il Kaw-djer si trasse da parte e rese visibile la scorta armata
che aveva lasciato di fuori.
In questo caso disse con calma sar costretto ad usare
la forza.
Lewis Dorick comprese l'inutilit della resistenza, e batt in
ritirata.
Va bene brontol. Ce ne andremo Il tempo per
riunire quanto ci appartiene, giacch suppongo ci si permetter
di portar via
Nulla interruppe il Kaw-djer. Le vostre cose personali
vi saranno rimesse a mia cura. Il resto propriet della colonia.
Era troppo! Vinto dalla rabbia, Dorick dimentic la prudenza.
quanto vedremo! esclam, portando la mano alla
cintola. Ma il coltello non era ancor tratto dal fodero, che gi
gli veniva strappato. I fratelli Moore si slanciarono in suo
aiuto. Afferrato alla gola dal Kaw-djer, il maggiore fu
rovesciato al suolo. Nello stesso momento le guardie del nuovo
capo irruppero nella stanza. Ma non ebbero bisogno di
intervenire, perch i cinque emigranti rinunziavano gi alla
lotta e sgombravano, senza opporre pi lunga resistenza.
Il rumore dell'alterco aveva attirato un certo numero di curiosi,
che facevano ressa sul limitare. I vinti furono costretti ad
aprirsi un varco framezzo a coloro dai quali, in passato, erano
stati tanto temuti.
Il vento era cangiato ed ora furono sonoramente fischiati.
Il Kaw-djer, aiutato dai compagni, procedette rapidamente ad
una visita minuziosa dello casa della quale aveva preso
possesso e, secondo la sua promessa, tutto quello che si poteva
considerare propriet personale dei precedenti abitatori, fu
messo da parte, per essere loro restituito. Ma oltre a tale
categoria di oggetti, si rinvenne una quantit di cose
interessanti. Uno dei locali, trasformato in vera dispensa,
racchiudeva una riserva importante di viveri. Conserve, legumi
secchi, corned-beef, t e caff: le provviste erano tanto
abbondanti, quanto intelligentemente scelte.
Con quale mezzo Dorick e i suoi accoliti se le erano procurate?
Qualunque fosse stato il mezzo, essi non avrebbero certo mai
patito la fame; cosa per che non li aveva fatti desistere dal
gridare pi forte degli altri e dal fomentare i torbidi che
avevano travolto il potere di Beauval.
Il Kaw-djer fece raccogliere i viveri sul terrapieno, sotto la
protezione dei fucili; poi alcuni operai requisiti all'uopo, sotto
la direzione del dirigente Lawson, cominciarono a smontare la
casa.
Mentre il lavoro si compiva, il Kaw-djer, sempre scortato,
intraprese in tutto l'accampamento una serie di visite
domiciliari Case e tende furono perquisite da cima a fondo, e le
ricerche che occuparono la maggior parte della giornata,
dettero brillanti risultati. Presso tutti i seguaci di Lewis Dorick
e di Ferdinando Beauval, o anche semplicemente presso molti
previdenti, furono scoperte importanti riserve di viveri. Per
sfuggire ad ogni sospetto, i detentori avevano gridato pi forte
degli altri. Il Kaw-djer riconobbe fra costoro pi di uno, che
non era stato degli ultimi a implorarlo, e aveva accettato senza
scrupoli la sua parte dei viveri prelevati dalle riserve del
Borgo-Nuovo. Vedendosi ora scoperti, costoro manifestavano
vivo imbarazzo, bench il Kaw-djer non desse sfogo ai
sentimenti inspirati dalla loro scaltrezza.
Essa tuttavia, era di tale natura, da aprirgli prospettive profonde
sulle leggi inflessibili che governano il mondo. Chiudendo gli
orecchi alle grida di angoscia che la fame strappava ai loro
compagni di miseria, unendovi ipocritamente i loro, per non
dividere ci che avevano sottratto, quegli uomini avevano
dimostrato una volta di pi l'istinto di egoismo feroce, che
tende unicamente alla conservazione dell'individuo. In verit la
loro condotta sarebbe stata la stessa se, in luogo di creature
ragionevoli e sensibili, si fosse trattato di semplici aggregati di
sostanza materiale, costretti a obbedire ciecamente alle fatalit
fisiologiche della cellula iniziale, dalla quale erano usciti.
Ma il Kaw-djer, per essere convinto, non aveva pi bisogno di
simile dimostrazione supplementare che, purtroppo, non
doveva essere l'ultima. La brutalit eloquente dei fatti gli aveva
provato il suo errore e il sogno, dileguando, gli aveva lasciato
nel cuore un vuoto orribile.
Comprendeva ora che nel vagheggiare i suoi sistemi aveva
fatto opera da filosofo, non da scienziato, e che anzi aveva
peccato contro lo spirito scientifico il quale, vietandosi le
speculazioni azzardose, si appoggia all'esperienza e all'esame
puramente obbiettivo dei fatti. Ora le virt e i vizi dell'umanit,
le sue sublimit e le sue debolezze, la sua prodigiosa variet,
sono fatti che bisogna saper riconoscere e dei quali si deve
tener conto.
E, d'altronde, quale difetto di ragionamento in quella sua
condanna globale di tutti i capi, sotto il pretesto che essi non
sono impeccabili e che la perfezione originale degli uomini li
rende inutili! I potenti, contro i quali si era mostrato cos
severo, non sono forse uomini come gli altri? Perch avrebbero
avuto il privilegio di non essere imperfetti? Dalla loro
imperfezione, non avrebbe dovuto, invece, logicamente arguire
quella di tutti gli altri, e riconoscere quindi la necessit delle
leggi e di coloro che hanno la missione di applicarle?
Le formule negative si sgretolavano di fronte all'impellenza dei
fatti. Certo, egli non giungeva ancora a rimpiazzare la
negazione con l'affermazione. Ma conosceva almeno la nobile
esitazione dello scienziato, che, dinanzi ai problemi la cui
soluzione per il momento impossibile, si ferma sulla soglia
dell'inconcepibile e giudica contrario all'essenza stessa della
scienza decretare, senza prove, che non ci sia nell'universo
null'altro se non materia e che tutto sia sottomesso alle sue
leggi.
Comprendeva come in tali questioni sia ammissibile l'attesa
prudente e come, pur restando ciascuno libero di formulare una
propria spiegazione del mistero universale e impegnarla nella
battaglia delle ipotesi, ogni affermazione categorica non sia che
presunzione o stoltezza.
La pi fruttuosa perquisizione fu operata nella bicocca che
l'irlandese Patterson occupava con Long, solo superstite dei
suoi due compagni. Vi erano entrati per scrupolo di coscienza,
essendo la casa tanto piccola da sembrare impossibile potesse
contenere un nascondiglio. Ma Patterson aveva rimediato con
l'astuzio alla esiguit del locale, scavando una specie di
cantina, dissimulata da un rozzo piancito.
Vi si rinvenne una quantit di viveri sufficienti a nutrire la
colonia intiera durante otto giorni. Tale incredibile massa di
provvigioni di ogni genere, assumeva significato tragico, se si
evocava il ricordo dell'infelice Blaker, morto di fame in mezzo
a tante ricchezze e il Kaw-djer prov come un senso di terrore,
pensando quanto dovesse essere tenebrosa l'anima di Patterson,
per aver lasciato che il dramma si compisse.
L'Irlandese, del resto, non si atteggi menomamente a
colpevole. Si mostr, invece, arrogante e protest con energia
contro la spogliazione di cui era vittima. Il Kaw-djer, dando
prova di longanimit, si affann a spiegargli il dovere d'ognuno
di contribuire alla salvezza comune. Patterson non volle udir
ragione. La minaccia di adoperare la forza non ebbe miglior
risultato. Non si riusc ad intimidirlo come Lewis Dorick. Che
gli importava la scorta del nuovo capo? L'avaro avrebbe difeso
il suo tesoro contro un'armata. Le privazioni, accumuliate al
prezzo di privazioni immense, erano sue, proprie sue. Non
nell'interesse generale, ma per il suo solo interesse egli aveva
compiuto i sacrifizi. E se gli dovevano essere inevitabilmente
tolte, bisognava versargliene per, in danaro, l'equivalente.
Simile modo di ragionare, in altre circostanze avrebbe fatto
ridere il Kaw-djer. Oggi lo faceva pensare. Dopo tutto,
Patterson non era dalla parte del torto. Se si voleva rendere la
fiducia agli hostelliani avviliti, conveniva rimettere in onore le
regole abitualmente rispettate da tutti. Ora, la prima di tutte le
regole consacrate dal consenso unanime dei popoli della terra,
il diritto di propriet.
Per questo motivo, il Kaw-djer ascolt pazientemente le
lamentele di Patterson, e lo assicur che non si trattava di
spogliazione, perch quanto veniva requisito nell'interesse
generale, doveva essere pagato a giusto prezzo dalla comunit.
L'avaro cess tosto di protestare, ma invece cominci a
gemere. Tutte le merci erano cos rare, e quindi cos care
all'isola Hoste! La pi piccola cosa vi acquistava valore
incredibile E prima di quietarlo, il Kaw-djer dovette
discutere a lungo l'importo della somma da pagare. Poi,
raggiunto l'accordo, Patterson stesso aiut alla consegna.
Verso le sei di sera, tutte le provvigioni trovate erano infine
depositate sul terrapieno, ove formavano un mucchio
considerevole. Il Kaw-djer, dopo averle valutate con
un'occhiata, giudic che, aggiungendovi le riserve del Borgo-
Nuovo, con un razionamento rigoroso, sarebbero durate due
mesi.
Si procedette immediatamente alla prima distribuzione. Gli
emigranti sfilarono, ed ognuno ricevette per s e per la propria
famiglia la parte destinatagli. Essi spalancavano gli occhi,
stupiti nello scorgere tanta abbondanza, quando ci si era creduti
alla vigilia di morire di fame. Si poteva gridare al miracolo, un
miracolo del quale il Kaw-djer era l'autore.
Ultimata la distribuzione, quest'ultimo ritorn al Borgo-Nuovo
e, in compagnia di Harry Rhodes, visit Halg, che seguitava a
migliorare, vegliato sempre da Tullia e Graziella.
Tranquillizzato sul suo conto, il Kaw-djer pot riprendere con
fredda ostinazione l'esecuzione del piano, che si era tracciato
durante la lunga insonnia della notte precedente. Voltosi verso
Harry Rhodes, con voce grave disse:
giunto il momento di parlare, signor Rhodes. Seguitemi,
vi prego.
L'espressione severa, anzi dolorosa, del suo viso colp Harry
Rhodes, che obbed silenziosamente. Scomparvero entrambi
nella camera del Kaw-djer, la cui porta venne accuratamente
sbarrata.
Essa si riaperse un'ora dopo e nulla trapel di quanto era stato
detto durante il colloquio. Il Kaw-djer aveva l'aspetto solito,
forse anche pi rigido, ma Harry Rhodes appariva come
trasfigurato dalla gioia. Dinanzi all'ospite che l'aveva
ricondotto fino alla soglia della casa, egli si inchin con una
specie di deferenza, prima di stringere calorosamente la mano
che gli veniva tesa. Poi, mentre si congedava:
Contate su di me disse.
Ci conto rispose il Kaw-djer, seguendo con lo sguardo
l'amico che si allontanava nel buio.
Quando Harry Rhodes fu scomparso, venne la volta di Karroly.
Trattolo in disparte, gl'impart ordini, che l'Indiano ascolt col
rispetto abituale, poi, infaticabile, attravers un'ultima volta la
pianura ed and, come la notte prima, a dormire sul terrapieno
di Liberia.
All'alba dette la sveglia. E i coloni, convocati, si riunirono in
piazza.
Hostelliani disse in mezzo a un silenzio profondo per
l'ultima volta vi sar fatta una distribuzione di viveri. Da ora in
avanti, i viveri verranno venduti, al prezzo che io fisser, a
profitto dello Stato. Il danaro non manca a nessuno, e nessuno
quindi arrischia di morire di fame. D'altronde la colonia ha
bisogno di braccia. Tutti coloro che si presenteranno, saranno
impiegati e pagati. A partire da questo momento il lavoro
legge.
In questo mondo non possibile accontentare tutti e non da
dubitare che il breve discorso non spiacesse enormemente a
qualcuno; ma, all'opposto, galvanizz la maggioranza dei
convocati. Le fronti si rischiararono, le schiene si
raddrizzarono, come sotto l'infusione di nuove forze.
Finalmente si usciva dall'inazione! Si aveva bisogno di loro!
Sarebbero serviti a qualche cosa. Non erano pi inutili.
Acquistavano, in una sol volta, la certezza del lavoro e della
vita.
Un Urr! formidabile usc da centinaia di petti, e mille
braccia, muscoli induriti e pronti all'azione, si tesero verso il
Kaw-djer. Nello stesso momento, quasi rispondendo alla folla,
un debole grido di richiamo risuon nella lontananza.
Il Kaw-djer si volt e scorse sul mare la Wel-Kiej, di cui
Karroly teneva il timone. Harry Rhodes, ritto a poppa, agitava
la mano in segno di saluto, e la scialuppa, con tutte le vele
spiegate, si allontanava nel sole.
II.
LA CITT NASCENTE.
Il Kaw-djer organizz immediatamente il lavoro. Tutti quelli
che si offrirono e, bisogna dirlo, fu la grande maggioranza dei
coloni, vennero accettati. Divisi in squadre, sotto l'autorit di
dirigenti, alcuni si dedicarono a tracciare una strada
carrozzabile che doveva riunire Liberia al Borgo-Nuovo; altri
furono adibiti al trasporto delle case smontabili, fino allora
rizzate a caso, e che si trattava di disporre adesso in maniera
pi logica. Il Kaw-djer indic i nuovi piazzamenti, taluni
paralleli, tali altri orizzontali all'antica casa di Dorick, la quale
cominciava gi ad essere edificata press'a poco nel posto
occupato prima dal Palazzo di Beuval.
Ma sorse subito una difficolt: la mancanza di attrezzi
necessari a tale lavoro. Gli emigranti, che per una causa o per
l'altra avevano dovuto abbandonare le proprie imprese
nell'interno dell'isola, non s'eran data la pena di riportare gli
attrezzi precedentemente adoperati. Bisogn andarli a prendere,
cos che il primo lavoro della maggior parte degli operai fu
precisamente rivolto a procurarsi gli arnesi necessari. Si fu
dunque obbligati a rifare una volta ancora la strada, cos
penosamente percorsa durante il ritorno a Liberia.
Ma la primavera era venuta, non mancavano i viveri e la
certezza di guadagnarsi la vita rendeva i cuori leggeri. In una
diecina di giorni, anche gli ultimi erano rientrati e il lavoro fu
iniziato febbrilmente. La strada si allung a vista d'occhio. Le
case si raggrupparono a poco a poco, armoniosamente
circondate da vasti spazi, i giardini dell'avvenire, separate da
larghe vie che davano a Liberia arie da citt, anzich aspetto di
accampamento provvisorio. Nello stesso tempo, ci si occupava
a togliere le immondizie e i detriti ammucchiati dalla passata
incuria degli abitanti.



L'antica casa di Dorick, cominciata per prima, fu anche la
prima ad essere abitata. Non c'era voluto gran tempo per
smontare la leggera costruzione e per riedificarla nella nuova
localit, bench l'avessero considerevolmente ingrandita.
Certo, non si poteva dire ultimata; ma le mura erano gi rizzate
e il tetto era a posto, come pure le pareti divisorie interne. Per
stabilivirsi, non occorreva aspettare il compimento dei
contromuri esterni.
Il Kaw-djer ne prese possesso il 7 novembre. La disposizione
era semplicissima. Nel centro un magazzino che conteneva lo
stock delle provvigioni e intorno al deposito una serie di locali
comunicanti fra loro. Le stanze si aprivano sulle facciate Nord,
Est ed Ovest: una sola, al Sud, senza uscita all'esterno, restava
obbligata alle altre.
Alcune iscrizioni, tracciate in lettere dipinte sopra piccole
tabelle, indicavano le attribuzioni delle varie sale: Governo,
Tribunale, Polizia. Quanto all'ultimo locale nulla ne designava
l'uso, ma corse subito la voce che sarebbe stata la Prigione.
Cos dunque il Kaw-djer non si appoggiava pi unicamente
sulla saggezza dei suoi simili e, perch l'Autorit fosse
solidamente sostenuta, le dava per base la giustizia,
rappresentata, nel senso sociale della parola, dalla Forza e dal
Castigo.
La sua lunga e sterile rivolta non era giunta che ad applicare,
con assoluto rigorismo, quelle regole, senza delle quali
l'imperfezione umana ha reso impossibile, fin dai tempi pi
remoti, ogni civilizzazione ed ogni progresso.
Ma alcuni locali e poche iscrizioni che ne indicavano l'uso, non
potevano chiamarsi che lo scheletro di un'amministrazione.
Occorrevano funzionari e il Kaw-djer li nomin senza ritardo.
Hartlepool divenne capo della Polizia, che fu portata a quaranta
uomini, scelti, dopo rigorosa selezione, esclusivamente fra le
persone ammogliate. Quanto al Tribunale, il Kaw-djer, pur
riservandosene la presidenza, ne affid l'esercizio corrente a
Ferdinando Beauval.
Certamente tale nomina faceva un po' stupire. Tuttavia non era
la prima del genere. Pochi giorni innanzi il Kaw-djer ne aveva
fatta un'altra non meno strana. La paga dei salari e la vendita
delle razioni rappresentavano un lavoro assorbente. Lo
scambio del lavoro e dei viveri, bench l'operazione venisse
semplificata dall'intermediario del danaro, esigeva una vera
contabilit e tale contabilit un contabile. Il Kaw-djer nomin a
quel posto J ohn Rame, il quale, in una esistenza di piaceri,
aveva consumato salute e ricchezza insieme. Per quale scopo
simile degenerato aveva preso parte a una impresa di
colonizzazione? Forse non lo sapeva egli stesso, forse per
obbedire a sogni imprecisi di vita facile in un paese vago e
chimerico. La realt, infinitamente pi dura, gli aveva dato le
invernate dell'isola Hoste e quell'essere cos debole non era
morto per miracolo. Spinto dalla necessit, dopo l'avvento del
nuovo regime, aveva tentato invano di unirsi agli sterratori
nella costruzione della strada nuova. Fin dalla sera del primo
giorno dovette rinunziarvi, affranto di fatica, con le bianche
mani lacerate dai duri sassi. Con entusiasmo accett dunque
l'impiego propostogli dal Kaw-djer, e le sue mansioni
assorbirono rapidamente la sua insignificante personalit. Egli
si sminu ancor pi, si identific con le colonne di cifre,
disparve entro la sua funzione come in una tomba. Non si
doveva pi udire parlare di lui.
Sapere utilizzare per la grandezza dello Stato fino alla pi
infima delle forze sociali di cui essa dispone, forse la qualit
predominante d'un reggitore di uomini. Dinanzi
all'impossibilit di fare tutto da solo, si deve necessariamente
circondare di collaboratori e nella loro scelta si manifesta, con
maggiore evidenza, il genio del capo. Quelli scelti dal Kaw-
djer erano i migliori che fossero disponibili nella situazione in
cui lo metteva la sorte. Scopo precipuo era ottenere da ciascuno
il massimo rendimento a profitto della collettivit. Ora,
Beauval, nonostante la sua incapacit sotto altri rapporti,
restava pur sempre un avocato di valore, e pi che ogni altro
dunque possedeva le quanta necessarie ad assicurare il
funzionamento della giustizia, pur sotto la sorveglianza del
capo, che gli avrebbe impedito di sbizzarrirsi.
Quanto a J ohn Rame, costui era il pi inutile fra i coloni. C'era
da stupirsi che si fosse riusciti a ricavare qualche cosa da tale
cencio, senza energia n volont.
Mentre l'amministrazione dello Stato hostelhano si organizzava
cos, il Kaw-dier spiegava attivit meravigliosa..
Aveva lasciato definitivamente il Borgo-Nuovo e trasportati i
suoi istrumenti, i libri, le medicine al Governo cos si
chiamava gi l'antica casa di Lewis Dorick. Egli vi dormiva
anche, ogni giorno, poche ore. Il resto del tempo lo passava un
po' dappertutto. Incoraggiava gli operai, risolveva le difficolt,
mano mano che sorgevano, manteneva con calma e fermezza il
buon ordine e la concordia. Nessuno avrebbe osato sollevare
una contestazione, o iniziare una contesa, in sua presenza.
Bastava che comparisse, perch il lavoro si facesse pi attivo,
perch i muscoli rendessero il loro massimo sforzo.
Certo, fra quel popolo miserevole, che si era assunto di guidare
verso destini migliori, la maggior parte ignorava quale dramma
si era svolto nella sua coscienza, e se anche l'avesse
conosciuto, non era sufficentemente psicologa e troppo
mancava di idealit per supporre soltanto quali rovine vi aveva
causato un conflitto di pure astrazioni, cos diverso dalle loro
preoccupazioni materiali.
Nondimeno, ad essi sarebbe solo bastato guardare il loro capo,
per comprendere che lo divorava un dolore segreto. Il Kaw-
djer, che non era mai apparso un uomo espansivo, sembrava
ora di marmo. Il viso impassibile non sorrideva mai; le labbra
non si schiudevano se non per dire l'indispensabile, con un
minimo di parole. E, forse, tanto a motivo del suo aspetto
quanto della sua forza erculea e della forza armata di cui
disponeva, egli appariva temibile. Ma, se tutti lo temevano,
tutti ne ammiravano pure l'intelligenza e l'energia e lo amavano
per la bont che si sentiva pulsare sotto quell'atteggiamento
glaciale, per tutto il bene gi ricevuto e per quello da ricevere
ancora.
Le molteplici occupazioni non esaurivano infatti l'attivit del
Kaw-djer e il capo non aveva fatto torto al medico. Non un
giorno passava, senza che egli non visitasse gli ammalati e i
feriti della sommossa. Del resto essi diminuivano a poco a
poco. Sotto la triplice influenza della stagione pi mite, della
pace morale e del lavoro, la salute pubblica migliorava
rapidamente.
Fra tutti gli ammalati e i feriti, Halg, s'intende, era il pi caro.
Con qualsiasi tempo, per quanto fosse affaticato, egli si
rendeva mattina e sera al letto del giovane Indiano, dal quale
Graziella e sua madre non si allontanavano mai. Aveva la
felicit di constatare un miglioramento progressivo. Si pot
essere presto sicuri, che la ferita del polmone cominciava a
cicatrizzarsi e il 15 novembre Halg pot infine lasciare il letto,
dove giaceva da quasi un mese.
In quel giorno, il Kaw-djer si rec nella casa abitata dalla
famiglia Rhodes.
Buon giorno, signora Rhodes! Buon giorno, ragazzi
disse entrando.
Buon giorno, Kaw-djer gli si rispose in coro.
In quella cordiale atmosfera, egli perdeva un poco della sua
freddezza. Edward e Clary si strinsero vicini a lui ed egli baci
paternalmente la fanciulla e accarezz il viso del giovinetto.
Finalmente eccovi, Kaw-djer! esclam la signora
Rhodes. Vi credevo morto.
Ho avuto molto da fare, signora Rhodes.
Lo so, Kaw-djer, lo so approv la signora Rhodes. Fa
lo stesso, sono contenta di vedervi Spero che mi darete
notizie di mio marito.
Vostro marito partito, signora. Ecco tutto ci che posso
dirvi.
Grazie mille dell'informazione! Resta da sapere quando
ritorner.
Non tanto presto, signora Rhodes. La vostra vedovanza non
sta certo per finire.
La signora Rhodes sospir tristemente.
Non bisogna addolorarsene, signora riprese il Kaw-djer.
Tutto si accomoda con la pazienza Del resto vi porto da
lavorare, vale a dire distrazione. Dovrete traslocare, signora
Rhodes.
Traslocare!
S Per venire a stabilirvi a Liberia.
A Liberia! E cosa ci verrei a fare?
A commerciare, signora Rhodes. Sarete, semplicemente, la
commerciante pi considerata del paese, anzitutto per
l'eccellente ragione che non ve ne sono altre, ed anche perch,
come spero, i vostri affari prospereranno in modo straordinario.
Commerciante! I miei affari? ripet stupita la
signora Rhodes. Ma quali affari, Kaw-djer?
Quelli del bazar Harry Rhodes. Non avrete dimenticato,
suppongo, che possedete molta mercanzia eccellente! venuto
il momento di utilizzarla.
Come! obbiett la signora Rhodes. Volete che ora,
tutta sola senza mio marito
Vi aiuteranno i figlioli interruppe il Kaw-djer. Hanno
l'et per lavorare e ora qui lavorano tutti. Non voglio oziosi
sull'isola Hoste.
La voce del Kaw-djer si era fatta pi seria. Sotto l'amico che
consigliava, si sentiva il capo che stava per ordinare.
Anche Tullia Ceroni e sua figlia potranno esservi di aiuto,
quando Halg sar completamente guarito D'altra parte voi
non avete il diritto di lasciare pi a lungo inutilizzabili oggetti
suscettibili di aumentare il benessere generale.
Ma quegli oggetti rappresentano quasi tutta la nostra
sostanza obbiett la signora Rhodes, la quale sembrava
assai turbata. Che dir mio marito, quando sapr che li ho
arrischiati in un paese cos agitato, ove la sicurezza
perfetta, signora Rhodes termin il Kaw-djer:
perfetta, potete credermi. Non c' paese pi sicuro.
Ma, insomma, cosa intendete che io faccia della mia
mercanzia? chiese la signora Rhodes.
La venderete.
A chi?
Agli acquirenti.
Ma ce ne sono? E v' danaro?
Ne dubitate? Sapete pure che alla partenza ne avevano tutti.
Ora se ne guadagna.
Si guadagna danaro nell'isola Hoste?
Sicuramente. Lavorando per la colonia, che impiega e che
paga.
Anche la colonia ha danaro, dunque? Ecco qualche cosa
di nuovo, per esempio!
La colonia non ha danaro spieg il Kaw-djer ma se ne
procura vendendo i viveri che essa sola possiede. Dovreste
saperne qualche cosa, giacch dovete pagare i vostri.
vero riconobbe la signora Rhodes. Ma non si tratta
che di uno scambio e se i coloni sono obbligati a rendere, per
nutrirsi, quanto hanno guadagnato col loro lavoro, non vedo, in
verit, come possano divenire miei clienti.
Siate tranquilla, signora Rhodes. I prezzi furono fissati da
me e sono tali da permettere ai coloni qualche piccola
economia.
E allora, chi d la differenza?
Io, signora Rhodes.
Siete dunque molto ricco, Kaw-djer?
Sembra.
La signora Rhodes lo guard con aria stupefatta, ma parve che
egli non se ne accorgesse neppure.
importantissimo, signora Rhodes riprese poi con
fermezza che il vostro magazzino sia aperto fra breve.
Come vorrete, Kaw-djer accord senza entusiasmo la
signora Rhodes.
Cinque giorni dopo il Kaw-djer era obbedito e quando, il 20
novembre, Karroly ritorn con la Wel-Kiej, trov il bazar
Rhodes in piena attivit.
Karroly ritornava solo, dopo avere sbarcato il signor Rhodes a
Punta-Arenas; egli non pot rispondere niente di pi alle
domande ansiose della moglie, che chiese spiegazioni, ma
inutilmente, anche al Kaw-djer. Questi si accontent di
assicurarla che ella non doveva nutrire inquietudine alcuna, ma
armarsi semplicemente di pazienza, perch l'assenza del signor
Rhodes si sarebbe prolungata ancora molto tempo.
Quanto a Karroly, restava meravigliato di ci che vedeva. Che
cambiamento in meno d'un mese! Liberia divenuta
irriconoscibile. Soltanto poche case si drizzavano ai posti di
prima. La maggior parte si raggruppavano invece intorno a
quella designata sotto il nome di Governo.
Le pi prossime alloggiavano le quaranta famiglie, i cui capi,
armati con la riserva di fucili, costituivano la Polizia della
colonia.
Gli altri otto fucili eran stati depositati in un luogo fra l'alloggio
del Kaw-djer e quello di Hartlepool, vigilati da parecchi
uomini giorno e notte, e la provvigione di polvere fu custodita
nel magazzino esistente nel centro dell'immobile, senza via
d'uscita all'esterno.
Un po' pi in l, si apriva il bazar Rhodes, il quale, pi di tutto,
stupiva Karroly. Per lui nessuno fra i magazzini di Punta
Arenas, la sola citt veduta dall'Indiano, ne uguagliava lo
splendore.
Dall'altro lato, verso l'Est e verso l'Ovest, proseguiva il lavoro.
Si sterrava il suolo che doveva ricevere le ultime case
smontabili e, pi lungi, da tutte le parti, si lavorava ugualmente
e gi altre case, alcune di legno, alcune di muratura,
cominciavano a sorgere sopra il terreno.
Fra le case, disposte secondo un piano rigoroso, che non
lasciava agio ai capricci individuali, si incrociavano vere vie ad
angolo retto, sufficentemente larghe da permettere il passaggio
simultaneo di quattro veicoli. In verit, tali vie erano ancora un
po' fangose e scoscese, ma il continuo passaggio dei coloni ne
induriva la terra di giorno in giorno.
La strada incominciava nella direzione del Borgo-Nuovo,
aveva attraversata la pianura paludosa e raggiungeva gi
obliquamente il fiume, sulle sponde del quale erano gi state
accatastate le pietre occorrenti alla costruzione di un ponte pi
solido del ponticello esistente.
Borgo-Nuovo era quasi deserto. Eccettuati i quattro marinai del
Jonathan e tre altri coloni, decisi a guadagnarsi la vita
pescando, gli antichi abitanti l'avevano lasciato per Liberia,
chiamativi dalle loro occupazioni.
Dal Borgo-Nuovo, divenuto cos esclusivamente porto di
pesca, partivano ogni mattina le imbarcazioni, le quali
rientravano verso sera cariche di pesci che trovavano facili
acquirenti.



Tuttavia, nonostante la diminuzione degli abitanti, nessuna
casa del sobborgo era stata demolita. Cos aveva ordinato il
Kaw-djer. Anche quella di Karroly esisteva ancora, e l'Indiano
ebbe la gioia di trovarvi Halg, quasi completamente guarito.
Gli cagion, invece, grande dolore il ritornarvi senza il Kaw-
djer, la cui nuova esistenza lo separava per sempre da lui.
Finita la vita comune di tanti anni! Come era mutato!
Rivedendo il suo fedele Indiano, aveva appena abbozzato un
sorriso e acconsentito appena ad interrompere per pochi minuti
la sua attivit febbrile.
In quel giorno, come in tutti gli altri giorni, il Kaw-djer, dopo
una mattinata consacrata ai diversi lavori in corso, esamin la
situazione della colonia, tanto dal punto di vista finanziario che
da quello dello stato dello stock dei viveri; poi ritorn ai lavori
dello stradone.
Era l'ora del riposo. Abbandonate le vanghe e le zappe, la
maggior parte degli sterratori sonnecchiavano nella bassura,
offrendo al sole i petti vellosi; altri mangiavano lentamente la
loro razione, scambiando qualche rara parola. Mano mano che
il Kaw-djer passava, le persone stese si rizzavano, quelli che
parlavano s'interrompevano e tutti si cavavano il berretto,
accompagnando il gesto con una parola cordiale.
Salute, Governatore! dicevano l'uno dopo l'altro gli
uomini rudi.
Senza fermarsi, il Kaw-djer rispondeva con la mano. Aveva
gi; percorso met della strada, quando scorse non lungi dal
fiume un gruppo di un centinaio d'emigranti fra cui si notava
qualche donna. Affrett il passo. E subito lo colp il suono di
un violino, che partiva da quell'assembramento.
Un violino? Era la prima volta che se ne udiva il canto
nell'isola Hoste dopo la morte di Fritz Gross.
Si avvicin al gruppo e tutti si trassero da parte. Due fanciulli
occupavano il centro dell'assembramento ed uno di essi
suonava, piuttosto stentatamente per. L'altro, intanto,
disponeva per terra canestrini di giunchi intrecciati e mazzi di
fiori di campo. Erano Dick e Sand
Il Kaw-djer, nella tormenta sconvolgitrice della sua vita, li
aveva dimenticati. Del resto, perch avrebbe pensato a questi,
piuttosto che agli altri fanciulli della colonia?
Anch'essi non mancavano di una famiglia nella persona del
bravo e onesto Hartlepool. In verit, il piccolo Sand non aveva
perduto tempo. Erano scorsi meno di tre mesi dalla morte di
Fritz Gross, e bisognava che quel fanciullo avesse rarissime
disposizioni musicali per essere giunto cos presto, senza
maestro, senza consiglio, a simili risultati. Non che fosse gi un
virtuoso, n c'era da sperare che lo sarebbe forse divenuto un
giorno, perch gli sarebbe sempre mancata la tecnica
elementare; ma suonava con precisione e trovava, senza
sembrare cercarle, melodie ingenue, geniali e graziose, che
armonizzava d'istinto.
Il violino tacque e Dick, che aveva terminato intanto la sua
esposizione, prese la parola.
Onorevoli Hostelliani! disse con enfasi comica,
ergendosi tutto sulla piccola persona. Il mio socio, pi
specialmente incaricato della parte artistica e musicale della
Ditta Dick e C., l'illustre maestro Sand, violinista onorario di
Sua Maest il Re del Capo Horn ed altri luoghi, ringrazia le
Signorie Vostre dell'attenzione accordatagli
Qui Dick si lasci sfuggire un auff! sonoro, trasse il fiato e
continu con maggior slancio.
Il concerto, onorevoli Hostelliani, gradito, ma cos non
per le mercanzie, le quali sono, oso dirlo, ancora pi
meravigliose e soprattutto pi solide. La Casa Dick e C. mette
in vendita oggi mazzi di fiori e canestri. Questi riusciranno
assai comodi per andare al mercato quando ce ne sar uno
nell'isola Hoste! Un cent (cinque centesimi) il mazzolino!
Un cent il canestro! Presto, onorevoli Hostelliani! La mano
in tasca, prego!
Ci dicendo, Dick faceva il giro del circolo presentando i
campioni della mercanzia mentre, per ravvivare l'entusiasmo, il
violino si metteva a suonare pi forte di prima.
Gli spettatori ridevano, e, dai loro discorsi, il Kaw-djer
comprese che essi non assistevano per la prima volta a una
scena di tal genere. Dick e Sand avevano senza dubbio
l'abitudine di percorrere i posti di lavoro nelle ore di riposo, e
di praticarvi quel commercio strano. Per un miracolo, egli non
li aveva veduti ancora.
Intanto Dick, in un batter d'occhio, aveva venduto mazzi e
canestri.
Non resta pi che un paniere, signore e signori annunzi.
il pi bello. Per due cents l'ultimo e il pi bel paniere!
Una massaia pag i due cents.
Grazie mille, signore e signori! Otto cents! una
ricchezza! esclam Dick, abbozzando un passo di giga.
La giga fu interrotta recisamente. Il Kaw-djer aveva afferrato
per l'orecchio il ballerino.
Che vuol dir ci? chiese con severit.
Con un'occhiata sorniona, il fanciullo si sforz di indovinare
l'umore reale del Kaw-djer, poi, senza dubbio rassicurato,
rispose con la maggior seriet:
Lavoriamo, Governatore.
questo che tu chiami lavorare? esclam il Kaw-djer
liberando il prigioniero.
Dick ne approfitt per voltarsi completamente e, guardando
bene in faccia il Kaw-djer:
Ci siamo dati un'occupazione disse. Sand suona il
violino, io sono mercante di fiori e panieraio Talvolta
facciamo qualche commissione oppure vendiamo le
conchiglie Io so anche ballare faccio certi giri Ci si
chiama lavorare, non vero, Governatore?
Il Kaw-djer sorrise suo malgrado.
Infatti disse poi. Ma perch avete bisogno di
danaro?
Per il vostro contabile, per il signor J ohn Rame,
Governatore.
Come! esclam il Kaw-djer, J ohn Rame vi prende il
danaro?
No, egli non ce lo prende, Governatore replic Dick,
ma lo pretende per le razioni.
Il Kaw-djer rimase profondamente colpito. Egli ripet:
Per le razioni? Voi pagate il vostro cibo! Ma non
abitate pi insieme ad Hartlepool?
S, Governatore, ma non fa niente
E Dick gonfi le guance e, imitando il tono di voce del Kaw-
djer, disse con impagabile gravit:
Il lavoro legge!
Sorridere o adirarsi? Il Kaw-djer si decise a sorridere. Non
era infatti possibile l'esitazione. Dick non aveva evidentemente
l'intenzione di canzonare. E allora, perch biasimare quei due
fanciulli cos desiderosi di sbrogliarsi, mentre tanti altri,
maggiori di essi, propendevano ad adagiarsi sulle spalle altrui?
Egli chiese:
Il vostro lavoro vi rende, almeno, quanto vi abbisogna per
vivere?
Lo credo bene! afferm Dick con importanza. Su per
gi dodici cents al giorno, talvolta anche quindici
Abbastanza perch un uomo possa viverci! aggiunse con la
massima seriet.
Un uomo! Dall'uditorio part una risata sonora; Dick, offeso,
si guard intorno.
Cos'hanno quegli idioti l? mormor fra i denti con
rabbia. Il Kaw-djer lo ricondusse alla questione.
Quindici cents, infatti, non c' male disse. Per
guadagnereste di pi, aiutando i muratori o gli sterratori.
Impossibile, Governatore, replic Dick vivamente.
Perch impossibile? insist il Kaw-djer.
Sand troppo piccolo. Non ne avrebbe la forza spieg
Dick, con voce che esprimeva una vera tenerezza, improntata
tuttavia d'una sfumatura di sdegno.
E tu?
Oh! Io!
Bisognava intendere il tono della sua voce! Egli, certo,
avrebbe avuto la forza e dubitarne equivaleva ad un'ingiuria.
Allora?
Ma io non so balbett Dick tutto pensoso. una
cosa che non mi va
Poi, come in una esplosione:
Io, Governatore, amo la libert!
Il Kaw-djer considerava con interesse quel piccolo ingenuo
che, con la testa nuda, i capelli sconvolti dalla brezza, gli stava
ritto dinanzi, senza abbassare gli occhi vividi. Egli si
riconosceva in quella natura generosa, ma eccessiva. Anch'egli
aveva amato soprattutto la libert, anch'egli si era sentito
insofferente di qualsiasi freno e la costrizione, apparendogli
come cosa odiosa, l'aveva trascinato a sentire una ripugnanza
per l'intiera umanit.
Ma l'esperienza gli aveva mostrato il suo errore, dandogli la
prova che gli uomini, lungi dall'avere l'insaziabile bisogno di
libert ch'egli supponeva in loro, possono amare, invece, un
giogo il quale li faccia vivere, e come sia bene talvolta che i
fanciulli grandi e i piccoli abbiano un padrone.
Egli replic:
La libert, figliolo, bisogna anzitutto guadagnarsela,
rendendosi utili agli altri e a se stessi e perci necessario
cominciare a obbedire. Andrete a cercare Hartlepool da parte
mia e gli direte che vi occupi secondo le vostre forze. Del resto
io mi occuper perch Sand possa continuare a studiare la
musica. Andate, figlioli!
Tale incontro fece riflettere il Kaw-djer sopra un problema, che
importava risolvere. I fanciulli pullulavano nella colonia.
Disoccupati, lontani dalla sorveglianza dei genitori, erravano
dalla mattina alla sera. Per fondare una stirpe, urgeva
prepararne le generazioni future a raccogliere la successione
dei predecessori. Si imponeva quindi la pronta creazione della
scuola.
Ma egli non poteva fare tutto in una sol volta e, per quanto
fosse grande l'importanza della questione, ne rimise l'esame al
suo ritorno da un giro d'ispezione che doveva compiere
nell'interno dell'isola. Da. quando aveva assunto il potere,
progettava tale viaggio d'ispezione; viaggio che, a motivo di
preoccupazioni pi urgenti, era stato costretto a rimandare di
giorno in giorno, Ora poteva allontanarsi senza imprudenza. La
macchina aveva ricevuto l'impulso sufficente a farla funzionare
da sola per un certo periodo di tempo. Due giorni dopo l'arrivo
di Karroly, stava alfine per partire, quando un incidente lo
costrinse a un nuovo ritardo.
Un mattino la sua attenzione fu attratta dal rumore di un alterco
violento. Direttosi dal lato da cui giungeva il baccano, scorse
un centinaio di donne che discutevano animatamente davanti a
una chiudenda di tavole che sbarrava loro la via. Il Kaw-djer
non comprese subito. Tale chiudenda limitava il recinto di
Patterson, ma nei giorni precedenti non gli era sembrato che si
spingesse cos in avanti.
Lo informarono subito.
Patterson, dedicatosi fino dalla precedente primavera alla
orticoltura, aveva visto, in quell'anno, i suoi sforzi coronati dal
successo. Il raccolto di quell'infaticabile lavoratore era stato
abbondante e, dopo la caduta di Beauval, gli abitanti di Liberia
acquistavano regolarmente da lui legumi freschi.
La buona riuscita si doveva anzitutto alla localit. Situata
proprio sulla riva del fiume, vi si trovava acqua in,
abbondanza, e la sua situazione privilegiata provocava appunto
l'attuale conflitto.
Le coltivazioni di Patterson, estese sopra uno spazio di due o
trecento metri, comandavano l'unico punto ove il fiume fosse
accessibile nelle adiacenze immediate di Liberia. All'ingi, il
fiume era limitato, sulla riva destra, da una pianura paludosa
che ne vietava l'accesso fino al piccolo ponte costruito presso
alla foce, vale a dire a pi di millecinquecento metri all'Ovest.
All'ins, la sponda, bruscamente rialzata, piombava a picco per
pi di un miglio nella corrente.
Le massaie di Liberia erano cos obbligate ad attraversare il
recinto di Patterson per attingere l'acqua necessaria ai bisogni
della cucina e per questo, fino allora, il proprietario del posto
aveva praticato un passaggio nella barriera che lo cintava. Ma,
alla fine, si era accorto, che quel via-vai incessante attraverso la
sua propriet, attentava ai suoi diritti e causava danni
molteplici. Nella notte precedente, con l'aiuto di Long, egli
aveva quindi sbarrato solidamente l'apertura con grande collera
e grave delusione delle massaie venute di buonora ad attingere.
La presenza del Kaw-djer valse a ristabilire la calma e ci si
rimise alla sua giustizia. Egli ascolt, pazientemente, le ragioni
pro e contro, poi emise la sentenza, che con sorpresa generale
fu favorevole a Patterson. Per la verit, il Kaw-djer decise che
la chiudenda fosse subito abbattuta e uno spazio di venti metri
di larghezza fosse reso alla pubblica circolazione, ma
riconobbe i diritti del proprietario a una indennit per la parte
di terreno coltivato di cui si doveva privare nell'interesse
pubblico.
L'ammontare di tale indennit, sarebbe stata fissata nelle forme
regolari. Non mancavano giudici nell'isola Hoste e Patterson
venne invitato a interpellarli.
La causa si discusse nello stesso giorno e fu la prima giudicata
da Beauval. Dopo un contraddittorio, egli condann lo Stato
hostelliano a pagare una indennit di cinquanta dollari. La
somma venne versata subito all'Irlandese, che non cerc di
dissimulare la sua soddisfazione.
L'incidente fu variamente commentato, ma, in generale, si
approv assai il modo con cui era stato deciso. Si ebbe la
sensazione che nessuno ormai avrebbe potuto venire spogliato
di quanto possedeva e la fiducia pubblica se ne avvantaggi
enormemente. Questo risultato, appunto, si proponeva il Kaw-
djer.
Dopo di che, egli intraprese il suo viaggio. Durante tre
settimane percorse l'isola in tutti i sensi, fino all'estremit
Nord-Ovest e alle punte orientali delle penisole Dumas e
Pasteur. L'una dopo l'altra, visit tutte le fattorie, senza
ometterne una sola, tanto quelle spontaneamente abbandonate
nel corso dell'inverno precedente, quanto quelle i cui possessori
erano stati cacciati al momento dei torbidi.
Dall'inchiesta risult infine che quarantadue famiglie,
composte di centosessanta individui, soggiornavano ancora
nell'interno del paese e si potevano tutte considerare riuscite
nelle loro imprese, sebbene in gradi molto diversi.
Alcune dovevano limitare le speranze ad assicurare la propria
sussistenza, mentre talune altre, meglio provviste di figliolanza
robusta, avrebbero potuto estendere considerevolmente le
coltivazioni.
I lavori di ventotto famiglie, composte di centodiciassette
coloni, costrette all'epoca della sommossa a rifugiarsi in
Liberia, e oggi assai compromessi, sembravano pure essere
stati assai prosperosi nel momento in cui avevano dovuto
abbandonarli.
E finalmente centonovantasette tentativi non erano riusciti a
nulla e i loro proprietari, eccettuati una quarantina ch'erano
morti, in numero di settecentottanta, avevano successivamente
cercato rifugio alla costa, nel corso dell'inverno.
Le informazioni non mancavano al Kaw-djer. I coloni si
mettevano premurosamente a sua disposizione. L'entusiasmo
era unanime, quando si conosceva la nuova organizzazione
della colonia, ed aumentava man mano che egli esponeva i suoi
progetti. Cos, dopo la sua partenza, si riprndeva il lavoro con
ardore decuplicato dalla speranza.
Di tutto quanto osservava e udiva, il Kaw-djer prese nota
minuziosamente; nello stesso tempo rilevava un piano
sommario di parecchie coltivazioni e delle rispettive situazioni.
Utilizz poi tali documenti al suo ritorno. In pochi giorni
tracci uno schema dell'isola, approssimativo dal punto di vista
geografico ma di esattezza pi che sufficente dal punto di vista
delle imprese agricole limitrofe; poi suddivise la met dell'isola
fra centosessantacinque famiglie, che scelse a suo criterio e alle
quali accord concessioni regolari.
Dare alla propriet tale solida base, voleva dire compiere una
vera rivoluzione. Al regime della volont arbitraria egli
sostituiva la legalit, alla possessione di fatto, un titolo
inoppugnabile anche da parte di colui che l'aveva concesso.
Perci, quei semplici fogli di carta furono ricevuti dai
beneficiari con altrettanta gioia, forse, quanto i campi che
rappresentavano.



Fino allora, erano vissuti senza stabilit, nell'incertezza del
domani. Quei pezzi di carta cambiavano tutto. La terra
diveniva loro propriet; avrebbero potuto legarla ai loro figli.
Si stabilivano, prendevano radice, diventavano effettivamente
Hostelliani.
Il Kaw-djer cominci col consolidare i diritti delle quarantadue
famiglie che non avevano abbandonate le loro zolle e per
ristabilire quelli dei ventotto agricoltori che le avevano
abbandonate soltanto sotto la minaccia dei sovvertitori. Ci
fatto, scelse nella rimanenza novantacinque famiglie che gli
parvero degne di essere ricompensate della loro mala sorte.
Non si occup affatto delle altre.
Era cosa arbitraria, e non fu la sola. Se dell'uguaglianza non si
tenne conto nella ripartizione delle concessioni, essa non fu
neppure rispettata dal punto di vista della importanza. Ai primi
il Kaw-djer lasci intatto il terreno sul quale si erano stabiliti
fin dall'inizio, mentre diminuiva la superficie attribuita ai
secondi. Nello stesso tempo aument considerevolmente
alcune coltivazioni. In ogni decisione, egli non obbed che a
una legge unica, l'alto interesse della colonia.
A quelli che avevano dimostrato maggiore intelligenza e forza
e arditezza, le concessioni pi larghe. Nulla, invece, a coloro
dei quali aveva potuto constatare l'incapacit e che
condannava, senza scrupolo, a restare proletari e salariati fino
alla morte.
Il salariato, infatti, stava necessariamente per fare la sua
comparsa sull'isola Hoste. Alcune aziende, quelle per esempio
delle quattro famiglie di cui i Rivire formavano il centro,
erano di tale importanza e cos prospere, da bastare a occupare
parecchie centinaia di operai. Il lavoro dunque non sarebbe
mancato a coloro che preferivano quello dei campi a quello
della citt.
Per la seconda volta Liberia si spopol. Ogni titolare, col
proprio documento in tasca, se ne partiva insieme ai suoi e ben
provvisto di viveri, che potevano cos assicurava il Kaw-
djer essere ulteriormente rinnovati. Alcuni fra quelli che
non erano stati favoriti li imitarono, andando a lavorare a
giornata nelle campagne.
Il 10 gennaio la popolazione si ridusse a circa quattrocento
abitanti, dei quali centocinquanta uomini atti al lavoro. Gli
altri, forse un po' meno di seicento, comprese le donne e i
bambini, si erano disseminati nell'interno. Come il Kaw-djer si
era persuaso durante il suo viaggio, la popolazione totale non
raggiungeva effettivamente il migliaio. Gli altri erano morti, e
di essi quasi duecento nel solo inverno ora trascorso. Un'altra
simile ecatombe, e l'isola Hoste sarebbe tornata deserta.
Il lavoro risent della diminuzione dei lavoratori, ma il Kaw-
djer non parve preoccuparsene. Si comprese presto la sua
tranquillit. Dopo pochi giorni, il 17 gennaio, un piroscafo, una
bella nave di duemila tonnellate, gettava l'ancora dirimpetto al
Borgo-Nuovo.
Il giorno dopo cominci Io scarico e gli Hostelliani
meravigliati videro sfilare ricchezze incalcolabili. Dapprima il
bestiame: montoni, cavalli e perfino due cani da pastore. Poi
materiale agricolo, aratri, erpici, trebbiatrici, falciatrici;
semenze di ogni genere; viveri in quantit considerevole;
vetture e carretti; metalli: piombo, ferro, acciaio, zinco, stagno,
ecc.; attrezzaggio minuto, martelli, seghe, lime, bulini;
macchine utensili: fucine, foratrici, trapani, torni da legno e da
metallo e molte altre cose ancora.
Il piroscafo conteneva altres duecento uomini, per met
sterratori e per met muratori. Ultimato lo scarico della nave, si
unirono ai coloni e i lavori, affidati a quattrocento cinquanta
braccia robuste, ricominciarono a progredire rapidamente.
In pochi giorni la strada del Borgo-Nuovo fu compiuta. Mentre
i muratori iniziavano la costruzione del ponte e delle case, 'si
preparava verso l'interno una seconda strada, che, suddivisa in
numerose ramificazioni, doveva serpeggiare pi tardi fra le
aziende agricole e portare la vita a traverso l'isola, arterie e
vene del gran corpo gi inerte.
Ma ai Liberiani erano serbate altre sorprese. Il 30 gennaio
giunse un secondo piroscafo. Veniva da Buenos-Ayres e
portava, oltre ad oggetti analoghi ai precedenti, un carico
importante, destinato al bazar Rhodes. C'era di tutto, persino
futilit: piume, merletti e nastri, dei quali ormai si poteva
ornare la civetteria delle Hostelliane.
Dal secondo steamer sbarcarono pure altri duecento lavoratori
e duecento altri da un terzo che si ancor nella rada il 15
febbraio. A datare da quel giorno, si dispose di oltre ottocento
braccia. Il Kaw-djer giudic il numero sufficiente per iniziare
la realizzazione di un grande progetto. Ad ovest della foce del
fiume furono gettati i primi filari di pietre d'una diga, che, in un
avvenire prossimo, doveva trasformare la piccola insenatura
del Borgo-Nuovo in un porto vasto e sicuro.
Cos, a poco a poco, sotto lo sforzo di centinaia di braccia
guidate da una sola volont, la citt sorgeva dal nulla e
prosperava.
III.
L'ATTENTATO.
Cos non si va pi avanti! esclam Lewis Dorick, che i
compagni approvarono con gesto energico.
Finita la giornata di lavoro, Dorick, i fratelli Moore e Sirdey
passeggiavano tutti e quattro a sud di Liberia, sulle prime chine
delle montagne che si staccavano dalla catena principale della
penisola Hardy, e si perdevano lontano nel mare formando
l'ossatura della punta dell' Est.
No, cos non pu durare! ripet Lewis Dorick con collera
crescente. Noi non siamo uomini, se non mettiamo a posto
quel selvaggio che ci impone le sue leggi!
Ci tratta come cani ribatt Sirdey. Si meno di
niente Fate questo, Fate quello vi dice senza
neppure guardarvi.
A quale titolo, poi, ci comanda? chiese Dorick
rabbiosamente. Chi che lo ha nominato Governatore?
Non io disse Sirdey.
N io disse Fred Moore.
N io conferm suo fratello William.
N voi, n nessuno concluse Dorick. Non stupido
quel temerario! Non ha aspettato che gli si desse il posto, se
l' preso!
Non legale protest con tono sentenzioso Fred Moore.
Legale! Perbacco! Se ne ride lui! rispose Dorick.
Perch dovrebbe prendersi soggezione di montoni che gli
tendono il dorso per farsi tosare! Ha chiesto forse
-
il nostro
parere per ristabilire la propriet? Prima, eravamo tutti eguali:
ora ci sono ricchi e poveri.
E i poveri siamo noi! constat malinconicamente
Sirdey Tre giorni fa aggiunse indignato mi
annunzi che la mia giornata sarebbe stata ridotta di dieci
cents
Come! Senza spiegarne il motivo?
S. Pretende che io non lavori abbastanza Faccio almeno
tanto quanto lui, che passeggia da mattina a sera con le mani in
tasca Dieci cents di ribasso sopra una giornata di mezzo
dollaro! Se conta su di me per i lavori del porto, pu
aspettare!
Creperai di fame replic freddamente Dorick.
Dannazione! bestemmi Sirdey stringendo i pugni.
A me disse William Moore ha fatto le sue
osservazioni quindici giorni fa. Ha trovato che io mancavo di
rispetto a J ohn Rame, il custode del magazzino. Pare che
disturbassi il Signore Se aveste veduto! Altro che un
imperatore! Bisogna pagare la loro robaccia e dire ancora
grazie!
A me disse a sua volta Fred Moore toccata la
settimana scorsa a proposito di uno scambio di pugni con un
compagno Non si ha pi nemmeno il diritto di bastonarsi tra
buoni amici? No; i suoi fidi mi hanno agguantato! A
momenti mi facevano dormire in guardina
Qui si servi ormai! concluse William Moore.
Schiavi! borbott Fred Moore. Tale l'argomento che in
quella sera essi discutevano per la centesima volta e che era il
tema quasi esclusivo dei loro discorsi quotidiani.
Decretando e poi imponendo la legge del lavoro, il Kaw-djer
aveva; necessariamente leso un certo numero di interessi
particolari, specie quelli degli infingardi, che avrebbero
preferito vivere alle spalle altrui. Da ci non poche ire.
Intorno a Dorick gravitavano i malcontenti. La sua banda ed
egli stesso tentarono invano di continuare a vivere come in
passato. Le antiche vittime, cos docili, avevano preso
coscienza dei loro doveri,

ma anche dei loro diritti.
La certezza di essere protetti al bisogno, armava di artigli gli
agnelli di un tempo. Gli sfruttatori dovettero dunque rinunziare
a qualsiasi; tentativo di sfruttamento e furono costretti a
guadagnarsi, al pari degli, altri, il pane col lavoro.
Perci diventavano furiosi, e si abbandonavano a
recriminazioni;

con le quali sfogavano ed insieme mantenevano
la loro crescente esasperazione.;
Per la verit, fino allora, tutto si era limitato alle parole. Ma in
quella sera le cose sembravano prendere una nuova piega. Le
lagnanze cento volte ripetute stavano per tradursi in atti, le ire,
addensate, per trascinare alle pi gravi risoluzioni.
Dorick aveva ascoltato senza interromperli i compagni, che
sembrava richiedessero la sua testimonianza ed elemosinassero
la sua approvazione.
Queste sono tutte parole disse infine con voce ironica.
Siete tanti schiavi e meritate la schiavit. Se aveste un po' di
fegato, sareste gi liberi da molto tempo. Siete mille, eppure
sopportate la tirannia di uno solo!
Cosa vuoi che si faccia? obbiett dolorosamente Sirdey.
Il pi forte lui!
Eh via! replic Dorick. La sua forza tutta nella
debolezza dei pulcini bagnati che lo circondano.
Fred Moore scosse la testa scetticamente.
Possibile! disse. Ma egli ne ha tanti dalla sua parte.
E noi quattro non possiamo da soli
Imbecille! interruppe duramente Dorick. Essi non
appoggiano certo il Kaw-djer, appoggiano il Governatore, Se
lo si rovesciasse, essi lo disprezzerebbero. Se io fossi al suo
posto, si starebbe ai miei piedi, come noi stiamo ai suoi.
Non dico di no accord William Moore un po' sarcastico.
Ma, ecco il busillis: il posto l'occupa lui e non tu.
Non ho bisogno che tu me lo dica replic Dorick pallido
di collera. Ed precisamente questa la questione. Dico una
cosa sola, ed che non dobbiamo curarci del branco di pecore
che seguono il Kaw-djer e camminerebbero nella stessa guisa
dietro al suo successore.
Soltanto il capo le rende temibili, e soltanto il capo ci d
noia Ebbene, sopprimiamolo!
Ci fu un momento di silenzio. I tre compagni di Dorick
scambiarono uno sguardo spaurito.
Sopprimerlo! disse Sirdey alla fine. facile dirlo
Non calcolare su me per per un lavoro di questo genere!
Lewis Dorick alz le spalle.
Faremo senza di te, ecco tutto disse con disprezzo.
E di me aggiunse William Moore.
Io ci sto afferm energicamente suo fratello, il quale non
aveva dimenticato l'umiliazione che il Kaw-djer gli aveva
inflitto Soltanto ecco mi pare poco facile.
Facilissimo invece replic Dorick.
Come?
Semplicissimo! Sirdey intervenne.
Via, via! Ragioniamo! Cosa fareste, quando il Kaw-
djer fosse stato soppresso, come dice Dorick?
Cosa faremmo?
S Un uomo di meno un uomo di meno e niente di pi.
Resteranno gli altri. Dorick ha un bel dire, ma io non sono
certo che quella gente l camminer con noi.
Camminer! afferm Dorick.
Uhm! borbott Sirdey un po' scettico. Ad ogni
modo, non tutti.
Perch no? Oggi non si ha nessuno, domani si avrebbero
tutti Del resto non fa bisogno di averli tutti. Bastano pochi
per dare la spinta. I restanti seguirebbero.
E questi pochi?
Li abbiamo.
Uhm! mormor Sirdey da capo.
Prima di tutto ci siamo noi quattro riprese Dorick
riscaldandosi nella discussione.
Che contiamo solo per quattro osserv placidamente
Sirdey.
E Kennedy? Non si pu calcolare su lui?
S assent Sirdey. Cinque dunque.
E J ackson enumer Dorick. Smirnoff, Reede,
Blumenfeldt, Loreley?
Dieci.
Ce ne sono ancora. un conto che bisogna fare.
Allora contiamo propose Sirdey.
Sia! accord Dorick, traendosi di tasca la matita e il
taccuino.
Sedettero tutti e quattro per terra e con calma fecero
l'enumerazione delle forze di cui credevano poter disporre,
dopo la soppressione dell'uomo, il quale soltanto, secondo
Dorick, rendeva temibili le forze sparse della folla. Ognuno di
essi indicava qualche nome, che non veniva scritto sulla nota se
non dopo discussione ponderata.
Dal punto elevato in cui stavano, si spiegava ai loro sguardi un
panorama vasto. Il fiume, proveniente dall'Ovest, scorreva ai
loro piedi, poi, curvandosi, volgeva al Nord-Ovest, vale a dire
quasi parallelamente a se stesso, verso il Borgo-Nuovo, ove si
gettava in mare. Al gomito del fiume si stendeva Liberia, poi,
pi oltre, la pianura paludosa che separava la citt dal fiume.
Si era al 25 febbraio 1884: da pi di diciotto mesi, dunque, il
Kaw-djer aveva assunto il potere e l'opera compiuta in cos
breve spazio di tempo poteva considerarsi come un prodigio.
Nuovi contingenti di operai colmavano continuamente i vuoti
lasciati da coloro che non potevano adattarsi all'esistenza
dell'isola Hoste e il numero degli abitanti di Liberia, ancora
accresciuto, sorpassava il migliaio. Limitata dal fiume
all'Ovest, la citt si era largamente sviluppata nella direzione
opposta e verso il Sud.
Ora sembrava effettivamente una citt e non pi un
accampamento. Non vi mancava nulla di quanto necessario,
ed anche soltanto piacevole alla vita. Fornai, droghieri,
macellai, assicuravano l'alimentazione pubblica. La campagna
hostelliana forniva gi la sua parte dei prodotti messi in
vendita, e tale parte rappresentava largamente il consumo dei
produttori. Nell'anno veniente, secondo ogni probabilit, l'isola
sarebbe bastata a s stessa pel frumento, i legumi e le carni da
macello, aspettando il giorno non lontano in cui si sarebbe
passati dall'importazione all'esportazione.
I fanciulli non erravano pi vagabondi. Era stata aperta una
scuola, della quale il signore e la signora Rhodes assumevano
alternativamente la direzione.
Dopo l'assenza di un lungo anno, Harry Rhodes, ritornando
nell'ottobre precedente, aveva portato seco quantit
considerevoli di mercanzie. Appena giunto, dopo una lunga
conferenza col Kaw-djer, si era subito consacrato ai suoi affari,
senza dare alcuna spiegazione sulla durata insolita del viaggio.
Il tempo che il signore e la signora Rhodes dedicavano alla
scuola non portava pregiudizio al bazar, del quale si
occupavano attivamente Edward e Clary, aiutati da Tullia e
Graziella Ceroni e il cui successo aumentava sempre.
Un medico, il dottor Samuele Arvidson e un farmacista, venuti
da Valparaiso e stabilitisi a Liberia, vi facevano affari d'oro.
Erano stati aperti un magazzino di confezioni e un altro di
calzature, i quali prosperavano. Coloro fra gli emigranti, che
avevano tentato una prima volta di lavorare per proprio conto
nelle loro professioni, avevano ricominciato il tentativo con
risultato migliore. Liberia possedeva parecchi imprenditori che
impiegavano un numero abbastanza grande di operai: un
muratore, un carpentiere, due falegnami, un tornitore in legno,
due fabbri, dei quali uno assai bene attrezzato.
Nelle adiacenze della citt, verso il Sud, non lungi dal posto
ove stava allora Lewis Dorick insieme ai compagni, si era
aperta una fornace che produceva mattoni di ottima qualit.
Verso l'Est, alle falde dei monti, erano stati scoperti giacimenti
considerevoli di solfato e di carbonato di calce. Non si
difettava quindi n di gesso n di calce, e c'era stato anche un
audace il quale aveva intrapreso, con mezzi rudimentali, la
fabbricazione del cemento, che la costruzione del porto
assorbiva in grande quantit.
La larga strada che costeggiava la collina era quella stessa che
avevano seguito i quattro malcontenti, che poi l'avevano
lasciata per prendere una scorciatoia attraverso la montagna.
Quella strada che seguiva tutte le sinuosit del fiume,
scompariva nell'Ovest, un chilometro pi lontano, fra due
colline. Ma essi non ignoravano come essa si prolungasse al di
l e che vi si lavorava senza tregua.



Due mesi prima aveva raggiunto e poi oltrepassato le
coltivazioni dei Rivire e da allora, ramificandosi
continuamente, continuava a svolgersi verso il Nord.
Un'altra strada, gi tutta compiuta, attraversava il fiume sopra
un solido ponte di pietra e riuniva la capitale al sobborgo.
Quest'ultimo non aveva subito che pochi mutamenti, ma la diga
che si distaccava dalla riva continuava a progredire sul mare.
Essa riparava gi contro i venti dell'Est la rada del Borgo-
Nuovo, trasformandola gradatamente in un porto vasto e
tranquillo. In quel giorno si era appunto cominciato ad
affondare alcuni piuoli, prima armatura di un argine destinato
alla costruzione dello scalo, lungo il quale le navi avrebbero
potuto un giorno gettare l'ancora in acqua profonda. Non si era
per atteso il compimento dello scalo e della diga per aprire il
porto al traffico. L'anno precedente erano giunte tre navi, per
conto del Kaw-djer. In quell'anno ne erano venute sette, delle
quali due sole noleggiate dall'amministrazione della Colonia.
In quel momento, dinanzi al Borgo-Nuovo, stazionava un
grande veliero, carico a met di assi provenienti dalla segheria
Rivire, mentre un altro veliero, ultimato il carico della stessa
mercanzia, aveva levato l'ancora qualche ora prima e
scompariva gi dietro la punta dell'Est.
Tutto, nello spettacolo che si offriva a Lewis Dorick e ai suoi
compagni, denotava con evidenza la prosperit crescente della
Colonia. Ma costoro non volevano inchinarsi all'evidenza e
l'abitudine rendeva loro familiare d'altra parte l'evoluzione
meravigliosa compiuta dalla Colonia.
I cambiamenti progressivi passano facilmente inavvertiti e le
meraviglie che scorgevano le avevano viste nascere giorno per
giorno. E quand'anche col pensiero si fossero riportati
all'indomani del naufragio, dal quale ora li separavano quasi tre
anni, si sarebbero essi reso conto del progresso avvenuto? Non
certo.
Del resto, pel momento, avevano ben altro per la testa.
Enumeravano minuziosamente gli abitanti di Liberia,
contrassegnandone il nome sulla carta.
Non trovo pi nessuno disse finalmente Sirdey.
Quanti siamo?
Dorick cont i nomi scritti sul taccuino.
Centodiciassette disse.
Su mille! rimarc Sirdey.
E dopo? replic Dorick. Centodiciassette gi
qualche cosa. Credete che il Kaw-djer ne abbia di pi? Intendo
dire gente decisa e pronta a tutto? Gli altri sono pecore che
seguiranno chiunque.
Sirdey non rispondeva, ma non sembrava convinto.
Ma bastino le chiacchiere! concluse Dorick. Siamo in
quattro. Mettiamo la faccenda in votazione.
Io esclam Fred Moore alzando il grosso pugno, ne
ho abbastanza. Accada quel che voglia accadere, io voto perch
si agisca.
Ed io lo stesso disse il fratello.
Con me, fanno gi tre voti e tu, Sirdey?
Far come gli altri rispose senza entusiasmo l'antico
cuoco.
Ma
Dorick gli tronc la parola:
Niente ma. Quello che votato votato.
Bisogna per insist Sirdey, senza lasciarsi intimidire
convenire sui mezzi. Sbarazzarsi del Kaw-djer presto detto.
Resta a sapere come.
Ah, se avessimo qualche arma un fucile un revolver
una pistola almeno! esclam Fred Moore.
Purtroppo non ne abbiamo disse Sirdey con flemma.
Il coltello? sugger William Moore.
Ottimo per farti beccare, mio caro replic Sirdey. Sai
bene che il Kaw-djer costudito come un re Senza calcolare
che di costituzione da dare molto filo da torcere, anche
ponendoci all'opera in quattro.
Fred Moore aggrott le sopracciglia e strinse i denti,
accentuando la minaccia con un gesto violento. Sirdey aveva
ragione. Egli conosceva la forza del Kaw-djer, e ricordava
come il suo grosso corpo avesse pesato ben poco nelle mani di
quell'uomo.
Ho qualche cosa da offrirvi annunzi Dorick ad un tratto,
in mezzo al silenzio che aveva seguito le parole di Sirdey.
I compagni si volsero a interrogarlo con lo sguardo. La
polvere.
La polvere? ripeterono all'unisono, senza
comprendere. Poi l'uno chiese:
Che ne faremo?
Una bomba Ah! Si dice che il Kaw-djer sia un anarchico
pentito. Ebbene, impiegheremo contro di lui l'arma degli
anarchici!
I compagni di Dorick non sembravano troppo entusiasti.
Chi confezioner la bomba? borbott Fred Moore. Io
certo no!
Io disse Dorick. Senza calcolare che forse non ce ne
sar neanche il bisogno. Ho un'idea e, se buona, il Kaw-djer
non salter solo. Hartlepool e gli uomini che occuperanno il
posto di guardia salteranno con lui Altrettanti nemici di
meno per il giorno successivo.
I tre uomini contemplarono il camerata con ammirazione.
Sirdey stesso fu conquistato.
Benissimo! mormor, non trovando pi nulla da
obbiettare. Ma si ricredette subito. Caspita! esclam.
Parliamo di polvere come se ne avessimo.
Ce n' nel magazzino replic Dorick. Non ci resta
che! prenderla.
Tu ne parli con disinvoltura! replic Sirdey che
sosteneva decisamente la parte dell'oppositore. Ti pare che
la cosa sia agevole? Chi se ne incaricher?
Non io disse Dorick.
Naturalmente! approv Sirdey con ironia. No spieg
Dorick io non sono forte abbastanza. E tu neppure: sei
troppo poltrone. E nemmeno Fred Moore o William, che sono
troppo brutali e malaccorti E chi allora?
Kennedy.
Nessuno fece obbiezione. S, Kennedy, antico marinaio svelto,
agile, abile nel fare andare le dita, atto a tutti i mestieri, poteva
riuscire l dove altri avrebbero fallito. La scelta di Dorick era
buona.
Questi interruppe le sue riflessioni....
Si fatto tardi disse: se credete, domani ci troveremo qui
alla stessa ora. Ci sar anche Kennedy. Gli spiegheremo la
faccenda e c'intenderemo su tutto.
Avvicinandosi alle prime case, i congiurati stimarono prudente
separarsi e il giorno dopo presero le stesse precauzioni per
recarsi al convegno. Ognuno usc dalla citt isolatamente e,
soltanto quando furono fuori di vista, si avvicinarono poco a
poco.
Questa volta, erano in cinque, perch Kennedy, avvisato da
Dorick, si era unito al quartetto.
dei nostri annunzi Dorick, battendo sulla spalla del
marinaio.
Furono scambiate cordiali strette di mano, poi, senza perder
tempo, si esaminarono i mezzi per condurre a termine il
progetto ideato. Il colloquio fu lungo ed era gi notte, quando i
cinque cominciarono a ridiscendere verso la citt. L'accordo
era completo e si sarebbe agito nella stessa sera.
Bench l'oscurit fosse profonda, si separarono guardinghi e
attraverso i campi, l'un dopo l'altro, penetrarono in citt,
costeggiando il recinto di Patterson. Tutto era silenzioso. Senza
essere visti, giunsero fino al Palazzo del Governo, ove
dormivano in quel momento il Kaw-djer, Hartlepool e i due
mozzi. All'ombra di una casa, i cinque si riunirono, invisibili, e
sostarono con l'orecchio teso, con gli occhi fruganti la
tenebra
Dinanzi a loro si apriva la porta del Tribunale. Dal posto di
polizia, situato sulla facciata opposta, giungevano deboli
rumori. Laggi qualcuno doveva vegliare. Ma da questa parte
non c'era nessuno. La via era silenziosa e deserta!
Perch avrebbero custodito la sala del Tribunale? Non
conteneva che un tavolo, un rozzo sedile, ed alcune panche
fissate al suolo.
Quando furono ben sicuri che la solitudine era completa,
Dorick e Kennedy abbandonarono il loro rifugio e
attraversarono rapidamente lo spazio scoperto. In un attimo
raggiunsero la porta del Tribunale, che Kennedy cominci a
forzare, mentre Dorick vigilava. Intanto, i fratelli Moore si
allontavano, l'uno a destra e l'altro a sinistra, per fermarsi, dopo
pochi passi. Dal nuovo posto che occupavano potevano
sorvegliare, a un tempo, la facciata principale e la piazza
prospiciente al palazzo del Governo, nonch il muro che
limitava a sud la prigione e la via che separava questo muro
dalle case vicine. Kennedy era ben protetto e al minimo
pericolo sarebbe stato prevenuto in tempo.
Ma nessun incidente si produsse e l'antico marinaio pot
portare a termine comodamente il suo lavoro, facile, del resto,
perch la serratura che chiudeva la porta del Tribunale non era
gran che solida e ced ai primi tentativi.
La porta si spalanc sulle tenebre interne. Kennedy entr,
lasciando Dorick a sorvegliare l'esterno. Non ci si vedeva
punto nella sala e Kennedy fu obbligato ad accendere una
candela di cui s'era munito. Dorick gli aveva minuziosamente
spiegato il da farsi ed egli non ebbe esitazioni. Delle tre pareti
della stanza nella quale penetrava, quella di destra separava il
Tribunale dalla prigione, quella di sinistra era senza essere
riuscito in un'impresa che lo squarcio della parete avrebbe e
dietro quella che gli stava di fronte, c'era il magazzino.
Kennedy attravers obliquamente la sala fino all'angolo
formato dalla connessura di quest'ultima parete con quella della
prigione. La prigione era vuota per il momento e nessuno
quindi poteva udire. Alla luce della candela egli esamin a
lungo la parete, studiando il mezzo migliore per compiere
rapidamente il lavoro. Subito il viso gli si rischiar. Forare
quella parete era un giuoco. Costruita fino dai primi giorni
dopo il colpo di Stato del Kaw-djer, in un momento in cui la
cosa essenziale era far presto, essa non costituiva un ostacolo
molto serio. Si componeva di tavolati verticali incastrati alle
estremit nel soffitto e nel piancito, che lasciavano fra loro
intervalli riempiti con pietrame e calce di qualit scadente e
quindi di resistenza relativa. Il coltello di Kennedy intacc
facilmente il cemento e a poco a poco le pietre liberate
uscirono dal loro alveolo. Unica cosa temibile poteva essere il
rumore della loro caduta. Perci Kennedy, mano mano che le
pietre si smuovevano, le toglieva ad una ad una e le deponeva
con precauzione sul pavimento.
In un'ora ebbe praticato un buco di dimensioni tali da
permettergli il passaggio verticalmente. Anche nel senso della
larghezza sarebbe stato sufficiente, senza un travicello che lo
attraversava e che bisognava quindi segare. Fu l'operazione pi
penosa e ci volle un'altr'ora per condurla a termine.
Tratto tratto Kennedy si fermava e porgeva orecchio ai rumori
esterni. Tutto era tranquillo, nessun richiamo di coloro che
stavano in vedetta annunziava l'avvicinarsi di un pericolo.
Quando il buco fu largo abbastanza, egli pass dall'altra parte
della parete. L le cose si complicarono. Muoversi senza far
rumore in mezzo a tutte quelle casse di merci d'ogni qualit,
ingombranti il magazzino, riusciva difficilissimo. Diveniva
indispensabile una prudenza estrema;
Dove erano stati cacciati i barili di polvere? Non li vedeva
da nessuna parte Eppure dovevano essere l!
Si mise a cercarli. Lentamente, misurando ogni movimento, si
insinu fra le casse, costretto talvolta a scostarle per
guadagnare terreno.
Passarono quasi due ore. Gli altri si dovevano impazientire per
il ritardo ed egli stesso cominciava a disperare e si snervava.
La notte avanzava, e presto sarebbe stato giorno. Doveva
proprio andarsene senza essere riuscito in un'impresa che lo
squarcio della parete avrebbe tradito, rendendo impossibile un
nuovo tentativo?
Ormai stanco, stava per ritirarsi rassegnato, quando scoperse,
infine, quanto cercava. I barili di polvere gli stavano dinanzi.
Ce n'erano cinque, allineati in ordine vicino alla porta che si
apriva dall'altra parte sul posto di polizia. Kennedy, trattenendo
il respiro, udiva gli uomini di guardia parlare fra loro.
Distingueva perfino le parole. Era necessario, pi che mai,
agire in silenzio.
Sollev uno dei barili, ma lo ripose subito a terra. Era troppo
pesante e un uomo solo non avrebbe potuto portarlo via, senza
rumore, attraverso la strada complicata che bisognava seguire.
Allora si insinu fra le casse, raggiunse la sala del Tribunale, e
passando la testa nel buco della parete, chiam Dorick, la cui
figura nera si disegnava nel buio meno profondo del di fuori.
Questi accorse al richiamo del marinaio:
Come sei stato lungo! disse sottovoce chinandosi
sull'apertura. Che ti accaduto?
Nulla rispose Kennedy sullo stesso tono ma non
facile navigare qua dentro.
Hai i barili?
No, sono troppo pesanti Bisogna essere in due Vieni!
Dorick s'introdusse nell'apertura e, guidato da Kennedy,
attravers il deposito. I due uomini presero un barile e,
facendolo passare sopra le casse, lo portarono nella sala del
Tribunale. Dorick ritorn subito verso la parete.
Dove vai? chiese Kennedy soffocando la voce.
A prendere un altro barile rispose Dorick.
Affrettiamoci. Sar presto giorno.
Un barile! ripet Kennedy stupito. Questo basta a far
saltare in aria Liberia intiera!
Voglio prenderne un altro disse Dorick.
Per che farne?
un'idea mia Quando saremo sbarazzati dal Kaw-djer, ci
abbisogner essere i padroni La polvere potr servirci.
E intanto dove la metterai?
Ho un nascondiglio sicuro Non pensarci!
Kennedy obbed di mala voglia. Un quarto d'ora dopo, il
secondo barile veniva deposto a lato del primo.
Uno di essi fu rapidamente appoggiato contro la parete sinistra
del Tribunale in posizione inclinata, poi Kennedy vi pratic un
forellino, da cui venne fuori qualche grano di polvere.
Intanto Dorick si era tolto di tasca una specie di cordone fatto
di fili di cotone intrecciati. La miccia era stata precedentemente
inumidita. Egli l'asperse di polvere, che vi rimase aderente, poi
ne tagli un pezzetto col coltello e vi dette fuoco a titolo di
esperimento. La fiamma guizz rapida, si propag, si spense.
Perfetto! dichiar Dorick. Cinque centimetri per
minuto. Dunque la treccia intiera ne durer venti. Pi di quanto
non ci abbisogni.
Si riavvicin al barile. In quel momento alcunch rumoreggi
all'esterno. Dorick si ferm di colpo. Kennedy e lui si
guardarono. Erano lividi La loro angoscia fu breve. Dorick,
riprendendo il suo sangue freddo, si mise a ridere.
Piove disse alzando le spalle.
And fino alla porta e guard fuori. La pioggia cadeva, infatti a
rovesci, e il rumore che li aveva spaventati era quello delle
gocce percuotenti furiosamente il tetto. Dopo tutto era una
circostanza favorevole. La pioggia avrebbe cancellato tutte le
tracce e nulla avrebbe potuto denunziarli, ove mai i sospetti si
fossero portati sopra di loro. D'altra parte quel rumore avrebbe
coperto l'inevitabile crepito della miccia.
Per non c'era da perder tempo. Il cielo si imporporava gi
verso l'Est. Fra pochi istanti sarebbe sorto il giorno e Dorick
conosceva abbastanza le abitudini del Kaw-djer per ignorare
che egli non avrebbe tardato a uscire di casa.
Presto! ordin
Svolse la miccia e ne introdusse uno dei capi nel barile, poi
accese un fiammifero che avvicin all'altra estremit. Indi i due
uomini uscirono in fretta; Kennedy per il primo, portando il
secondo barile, seguito da Dorick che si chiuse la porta alle
spalle, meglio che pot.
I fratelli Moore e Sirdey stavano fedelmente ai loro posti.
Dorick, richiamandoli con un leggero fischio, annunzio con un
gesto il successo del tentativo.
Subito dopo i cinque banditi si allontanarono rapidamente
mentre sulla piazzetta deserta l'uragano continuava a riversare
un diluvio di acqua.
IV.
NELLE GROTTE.
Quando il Kaw-djer usc dal Palazzo, l'uragano si era calmato.
Non pioveva pi e il sole, cacciandosi innanzi le nubi, sorgeva
dal mare e indorava Liberia coi raggi orizzontali.
Il Kaw-djer si guard intorno. Le strade erano deserte. Come
sempre, egli era il primo ad abbandonare il letto. Aspirando
profondamente l'aria mattutina, si inoltr di pochi passi sulla
piazza trasformata dall'uragano in un pantano. La porta semi-
aperta del Tribunale attir subito la sua attenzione.
Senza dare soverchia importanza a tale trascuratezza, egli si
avvicin alla porta con l'intenzione di chiuderla e si accorse
allora, con sua grande sorpresa, che era stata forzata. Come
spiegare il fatto? C'erano dunque persone le quali, prive di ogni
cosa, s lasciavano tentare dal misero mobilio di quel locale?
Il Kaw-djer spinse la porta e subito scorse il barile.
Non comprese subito, ma un esame rapido gli spieg ogni
cosa. La polvere sparsa per terra la miccia consumata per tre
quarti che si snodava sul pavimento Non si poteva sbagliare:
avevano voluto farlo saltare in aria!
Tale scoperta lo riemp di stupore. Eh, via! Esistevano dunque
coloni che potevano odiarlo fino a quel punto? Poi riflett,
cercando quali potessero essere gli autori di simile attentato.
Certo, non era in grado di accusare nessuno. Tuttavia,
conosceva troppo bene la popolazione della citt, perch i suoi
sospetti si smarrissero oltre un circolo abbastanza ristretto.
Ferdinando Beauval, malgrado le sue nuove funzioni? Forse,
Lewis Dorick? Pi probabilmente. In ogni caso, qualcuno
dei loro accoliti.
Il Kaw-djer percorse la sala con lo sguardo e vide lo squarcio
praticato nella parete. L'avventura si spiegava chiaramente.
Avevano rubato il barile nel magazzino, lo avevano portato sin
dove ancora si trovava, poi il colpevole era fuggito, dopo avere
acceso la miccia che doveva produrre lo scoppio della
polvere Ma, contrariamente alle speranze del criminale,
l'esplosione non era avvenuta. La miccia, dopo aver bruciato
per due terzi della sua lunghezza, si era spenta a contatto d'una
pozza d'acqua che ne ricopriva l'ultimo terzo.
Di dove era venuta l'acqua? Per saperlo, il Kaw-djer non ebbe
che ad alzare la testa. Dal soffitto, fra due travi sconnesse,
gemeva tuttora qualche goccia d'acqua piovana. L'uragano
aveva contribuito largamente a formare la pozza e a costituire
un'insormontabile barriera al progredire del fuoco.
Il Kaw-djer non pot reprimere un brivido. Un terrore
retrospettivo lo vinceva, pensando, non al proprio pericolo, ma
a quello corso da Hartlepool, che dormiva nel palazzo coi suoi
due figli adottivi, e dagli uomini di guardia della notte
precedente. La loro vita era dipesa da una circostanza fortuita.
Senza l'uragano scoppiato alle prime luci dell'alba, nessuno di
loro sarebbe sopravvissuto.
Dopo tale riflessione, Il Kaw-djer giudic preferibile tenere
segreto il tentativo fallito. Non valeva la pena di dargli
pubblicit ed era meglio, in ultima analisi, non gettare il
turbamento fra quelle anime semplici.
Chiudendosi la porta alle spalle, si rec a svegliare Hartlepool,
che condusse al Tribunale mettendolo al corrente
dell'avvenimento.
Hartlepool rimase atterrito. Egli non poteva, come il suo capo,
indicare i colpevoli, ma, al pari di lui, non esit circa i nomi di
coloro dei quali era logico sospettare. Il Kaw-djer, deciso a non
dar pubblicit alla faccenda, aiutato da Hartlepool, tapp lo
squarcio della parete e riport il barile di polvere in magazzino.
Pot cos constatare la scomparsa del secondo barile.
Cosa si voleva fare della polvere? Certo, non un buon uso.
Tuttavia, mancando le armi da fuoco, essa non era utilizzabile,
apparentemente almeno, posto che i ladri avrebbero bene
dovuto argomentare l'impossibilit d'un secondo attentato
simile a quello sventato da un caso favorevole.



Fatta sparire ogni traccia, il Kaw-djer si ritir nelle sue stanze
in compagnia di Hartlepool.
La sottrazione del secondo barile di polvere meritava ogni
attenzione. Certo i colpevoli meditavano, pur sotto altra forma,
il tentativo e conveniva studiare i mezzi atti a sventarlo.
Dopo avere esaminata la questione sotto tutti gli aspetti, si
convenne definitivamente di non rendere noto l'attentato, e di
agire anzi con tale prudenza da non attirare l'attenzione. Si
decise, in primo luogo, di aumentare le forze di polizia,
portandone gli uomini da quaranta a sessanta, o anche pi al
bisogno. Pel momento ci si sarebbe accontentati di otto guardie
supplementari, non avendosi in riserva che otto armi da fuoco,
ma si convenne di acquistare al pi presto altri duecento fucili,
in modo da poter far fronte in avvenire a qualsiasi eventualit.
In Liberia erano in giuoco ormai interessi considerevoli, che
aumentavano di giorno in giorno e importava essere in
condizioni da difenderli al bisogno.
Si decise, anche, che gli uomini di polizia da allora in poi
dovessero montare la guardia all'aperto, e non in guardina,
dandosi il cambio due per due, e passeggiando durante la
fazione, facendo la ronda intorno al Palazzo per proteggerlo da
ogni sorpresa.
Il Kaw-djer non ritenne suo dovere prendere per il momento
altre misure, ma Hartlepool si ripromise in pectore di
completarle, circondando il suo capo d'una protezione tanto
vigile quanto discreta.
Quanto a scoprire i colpevoli, non bisognava pensarvi, se non
alla condizione di mettere in iscompiglio la citt. Non avevano
lasciato traccia alcuna, e solo la scoperta del barile di polvere
rubata poteva smascherarli.
Regolate cos le cose, la vita riprese il suo corso normale. I
giorni si succedettero ai giorni, cancellando il ricordo di un
incidente, al quale il tempo che passava toglieva molta della
sua importanza primitiva e del quale la nuova organizzazione
rendeva impossibile il ripetersi.
Il Kaw-djer, almeno, cess di pensarvi. Aveva pel capo altre
cure. Trascinato dalla sua opera come da un torrente, provava
l'ebbrezza sublime dei creatori. Il suo cervello ardente
elaborava senza posa imprese nuove e l'esecuzione di un
progetto non era ancora compiuta, che gi passava a un
progetto nuovo.
Non aveva nemmeno atteso che l'argine della futura calata
fosse finito per concepire altri sogni. L'uno, assai realizzabile
del resto, consisteva nell'utilizzare una cascata del fiume,
situata a parecchi chilometri a monte della citt, per la
creazione d'una stazione elettrica capace di fornire la luce e la
forza motrice.
Liberia illuminata ad elettricit! Chi poteva prevederlo due
anni prima?
Tuttavia, non era quello il progetto che appassionava di pi il
Kaw-djer. Ne sognava uno pi grandioso. Illuminare Liberia
era utile, certamente, ma utile a una piccolissima frazione
dell'umanit e, del resto, l'impresa presentava cos poche
difficolt da poterla considerare come una semplice
distrazione.
L'opera che veramente lo appassionava era pi generale e pi
vasta. Interessava l'intiera umanit.
Ne doveva la prima idea allo stesso naufragio del Jonathan.
Nell'udire i colpi di cannone, il Kaw-djer, lo ricordiamo, aveva
acceso un fuoco sulla sommit del capo Horn. Ma ci non era
stato che un espediente del momento e dopo, come prima, nulla
si era fatto per avvertire del pericolo le navi in bisogno.
L'agonia del Jonathan, infatti, non era stata che una delle
innumerevoli scene del dramma che si svolge perennemente in
tali paraggi. Centinaia di bastimenti oltrepassano fra la
tormenta l'estrema punta dell'America. Meno fortunati del
Jonathan, essi non trovano la fiamma che li guidi e troppo
spesso ricoprono dei loro frantumi gli scogli dell'arcipelago. La
cosa muterebbe per se ogni sera, al calare del sole, un faro
sfolgorasse tra i dirupi. Allora le navi, prevenute in tempo,
potrebbero prendere il largo e buon numero di naufragi
sarebbero per conseguenza evitati.
Dal primo giorno in cui il Kaw-djer aveva posto piede sul capo
Horn, quell'opera grandiosa lo aveva tentato, pur senza
disconoscere le difficolt, e vi aveva pensato come ad una
chimera irrealizzabile. Ma le cose, ora, erano cambiate.
Governatore di uno Stato in via di rapida ascesa, egli poteva
impiegare un numero quasi illimitato di lavoratori. La chimera
cessava di essere irrealizzabile.
D'altra parte la questione del danaro, che si imponeva pel
passato, era ormai risolta. Tutto autorizzava a supporre, infatti,
che il Kaw-djer avesse a sua disposizione risorse considerevoli.
Le attestava il prestito fatto allo Stato hostelliano, prestito che
ne aveva permesso lo sviluppo. Egli si era invece rifiutato, per
molto tempo, ad adoperare tali ricchezze spontaneamente
dimenticate, ma ora, dopo una prima utilizzazione, le sue
ripugnanze non avevano pi ragione di essere. Compiuto il
primo sacrificio, nulla si opponeva a un nuovo prelevamento.
D'altronde, la crescente prosperit dello Stato hostelliano
poteva permettere il pronto rimborso degli anticipi concessi dal
suo creatore, che rifuggiva dal tesaurizzare e che professava pel
danaro uno sprezzo cos disdegnoso. Quale uso migliore
avrebbe potuto farne dell'utilizzarlo nella costruzione di un faro
in cima al tragico promontorio, sulle cui dure rocce si
infrangono tante navi?
Tuttavia sussisteva una difficolt grave. Se l'isola Hoste era
libera, l'isola Horn restava chilena. Ma tale difficolt non era
insormontabile. Non era impossibile che il Chili acconsentisse
all'abbandono dei suoi diritti sopra una roccia incolta, in
considerazione dell'uso che si impegnava di farne il nuovo
possessore. Conveniva, ad ogni modo, tentare il negoziato.
Ecco perch la prima nave in partenza port con s una nota
ufficiale sull'argomento, indirizzata dal Governatore dello Stato
hostelliano alla Repubblica del Chili.
Mentre il Kaw-djer si assorbiva cos nella sua opera, il
pericolo, del quale si attenuava il ricordo, restava sospeso sulla
sua testa. Gli autori dell'attentato, rimasti impuniti e in
possesso del barile di polvere, che costituiva nelle loro mani
una terribile minaccia, vivevano liberamente frammischiati alla
massa dei coloni.
Se il Kaw-djer, giustificando con la tema di turbare la
popolazione di Liberia la ripugnanza per ogni misura
poliziesca, che persisteva nel fondo del suo cuore come un
vecchio residuo delle antiche idee libertarie, non si fosse
interdetto, fin dall'inizio, il procedere a una inchiesta seria,
forse avrebbe posto la mano sul colpevole. Il barile di polvere
non stava infatti lontano, perch Dorick e Kennedy l'avevano
trasportato nel mattino stesso dell'attentato in una di quelle
grotte della punta dell'Est di cui il Kaw-djer non poteva
ignorare l'esistenza, dato che Hartlepool, tempo addietro, aveva
deposto in una di esse la riserva dei fucili.
Quelle grotte, non lo si sar forse dimenticato, erano in numero
di tre: due inferiori, di cui l'una, che prendeva luce dal versante
Sud, comunicava con la seconda, scavata in pieno cuore della
montagna; e una superiore, situata una cinquantina di metri pi
in alto, che si apriva invece sul versante Nord e dominava, per
conseguenza, Liberia. Una stretta fessura riuniva i due sistemi.
Praticabile al bisogno, nonostante la forte pendenza, la fessura
presentava verso la met del percorso una strozzatura, che
obbligava ad arrampicarsi per alcuni metri, pur badando a non
sfiorare una roccia in bilico, che, da sola, sosteneva la volta in
quel punto di cui la caduta avrebbe provocato una catastrofe.
Hartlepool aveva deposto, in passato, i fucili nella grotta
superiore. E in una delle due grotte inferiori Dorick e Kennedy
avevano portato la polvere.
Non trovarono necessario dissimularla nella seconda, scavata
in pieno massiccio da un capriccio della natura. Dopo un esame
della prima, senza osservare la fessura che andava a finire
sull'altro versante a una altezza maggiore, si erano accontentati
di nascondere il barile sotto un mucchio di frondami,
lasciandolo nella prima grotta dove, da un'arcata alta e larga,
l'aria e la luce penetravano in abbondanza.
La loro sorpresa era stata grande, quando, ritornando da tale
spedizione il mattino del 27 febbraio, avevano trovato la sede
di Governo ancora in piedi. Nell'allontanarsi dalla citt per
sbarazzarsi del barile, poi, nel ritornare, avevano atteso il
rombo della esplosione di secondo in secondo. L'esplosione,
come si sa, non doveva prodursi e i due malfattori ritornarono
alle abitazioni rispettive, senza che accadesse nulla d'insolito.
Non ci si raccapezzavano pi.
Tuttavia, per quanto fosse grande la loro curiosit, non si erano
affrettati a soddisfarla. L'insuccesso del tentativo giustificava
tutti i timori e loro unico obbiettivo fu, innanzi tutto, di passare
inosservati. Si frammischiarono quindi agli altri operai e
cercarono di evitare tutto quello che potesse attirare
l'attenzione su di loro.
Nel pomeriggio soltanto, Lewis Dorick os passare davanti al
Palazzo. Da lontano gett una rapida occhiata verso il
Tribunale e scorse il fabbro Lawson intento a riparare la porta
forzata. Lawson non sembrava attaccasse importanza speciale
al lavoro. Gli avevano ordinato l'applicazione di una serratura
nuova, ed egli l'applicava: ecco tutto.
La tranquillit di Lawson non rassicur Dorick. Se riparavano
la porta era segno che l'effrazione era nota. Per conseguenza
dovevano avere trovato anche il barile e la miccia consumata.
Chi aveva fatto la scoperta? Dorick non lo sapeva, ma non
dubitava che un avvenimento cos grave non fosse stato reso
subito noto al Governatore e ne concludeva, con ragione, che
avrebbero preso immediate misure precauzionali e, sentendosi
colpevole, si giudicava anche in grande pericolo.
Un pi profondo esame delle cose gli rese il suo solito sangue
freddo. Nulla, dopo tutto, provava la sua colpevolezza.
Quand'anche lo avessero sospettato, non era su semplici
sospetti che potevano imprigionare e, soprattutto, condannare
le persone. Per fare ci, abbisognavano le prove. E prove,
contro di lui, non ne sarebbero esistite, fin quando i suoi
complici avessero serbato il silenzio.
Tali riflessioni rassicuranti non gli impedirono di provare una
emozione violenta quando, verso la fine della giornata, si trov
faccia a faccia col Kaw-djer, che veniva, come il solito, a
sorvegliare i lavori del porto. Egli aveva il suo aspetto abituale
e non si poteva supporre che gli fosse accaduto qualche cosa
d'insolito. Dorick giudic quella calma pi spaventosa della
collera. Si disse che, per mostrarsi cos tranquillo, il
Governatore doveva sentirsi sicuro di mettere la mano sul
colpevole. Tremando, finse di concentrarsi nel suo lavoro ed
evit anche di levare gli occhi fino al Kaw-djer, del quale non
avrebbe potuto sopportare lo sguardo. Se questi lo avesse
interpellato, il miserabile si sarebbe tradito.
Ma il Kaw-djer non gli rivolse la parola ed egli riprese
coraggio. La fiducia aument mano mano che i giorni
passavano. Senza giungere a comprendere, constatava che
nulla era mutato in citt, bench l'attentato fosse noto
sicuramente, come lo provavano le modificazioni portate alla
guardia notturna.
Tuttavia, per una quindicina di giorni, i cinque complici si
evitarono e condussero vita esemplare, che sarebbe valsa a
renderli sospetti a osservatori pi attenti. Poi, trascorse cos due
settimane, cominciarono a prendere coraggio. Scambiarono
dapprima qualche parola passando e finalmente, preso ardire
dalla persistente sicurezza, ricominciarono le passeggiate serali
e i soliti conciliaboli.
Non tardarono neppure ad avventurarsi nella grotta, ove stava
nascosto il barile di polvere e il trovarlo al suo posto fin col
rassicurarli completamente.
A poco a poco, la caverna divenne la mta abituale delle loro
passeggiate. Un mese dopo il tentativo abortito, vi si riunivano
tutte le sere.
Vi trattavano sempre lo stesso argomento; non essendosi
modificate le cause del loro malcontento. La loro vita seguitava
a scorrere, pur dopo l'attentato, sottomessa alla legge del lavoro
e, in fondo, era quella la causa che li esasperava a dispetto
delle loro eloquenti diatribe. Eccitandosi reciprocamente con le
incessanti recriminazioni, dimenticarono mano mano
l'insuccesso e cominciarono a cercare il mezzo di ripararlo. E
infine, poich la loro rabbia impotente aumentava senza tregua,
venne il giorno in cui furono pronti per un nuovo atto di
rivolta.
In quel giorno, il 30 marzo, i cinque compagni avevano
lasciato Liberia isolatamente, raggiungendosi, come di
consueto, a qualche distanza dalla citt. Il gruppo era al
completo quando si giunse al solito luogo di ritrovo. La strada
era stata percorsa in silenzio. Dorick non aveva aperto bocca e
sembrava immerso in profonde meditazioni; gli altri avevano
imitato il suo mutismo. Come le labbra, i volti apparivano
chiusi, spirava vento di tempesta, l'odio gonfiava le anime
ulcerate.
Dorick, che penetr per primo nella grotta, ebbe un gesto di
terrore. Un fuoco bruciava presso l'entrata. Qualcuno si era.
dunque spinto sin l e la fiamma ancora viva dimostrava che
l'intruso se n'era andato da poco.
Fuoco! Dorick pens d'un tratto alla polvere. Se il focolare
fosse stato collocato qualche metro pi in l, l'imprudente che
vi aveva appiccato il fuoco sarebbe saltato in aria senza
remissione.
Dorick corse al barile! No, non l'avevano scoperto
Giaceva ancora sotto il mucchio di frondami, dal quale era
stata prelevata qualche bracciata per alimentare la fiamma che
crepitava allegramente.
Intanto, Kennedy, rischiarando le tenebre con un ramo acceso,
visitava la seconda grotta. Ne ritorn subito rassicurato. Non vi
era alcuno; il visitatore sconosciuto era proprio partito.
Trasmessa la notizia ai compagni, con una pedata sparpagli il
fuoco, il quale, bench lontano dalla polvere, costituiva pur
sempre un pericolo. Ma Dorick lo trattenne e, riunendo i
tizzoni dispersi, ricostitu il focolare, sul quale ammucchi
nuova legna, mentre i compagni lo guardavano sorpresi.
Camerati disse rialzandosi la mia pazienza
esaurita Gi poc'anzi ero deciso all'azione Ci che
abbiamo veduto rafforza la mia decisione Il nostro rifugio
stato visitato un motivo di pi per affrettarsi. Il visitatore
potrebbe ritornare e quanto non stato trovato oggi, lo si pu
trovare domani.
La voce di Dorick era febbrile, la parola affannosa, i gesti
violenti. Visibilmente, come si dice, non ne poteva pi.
Ad eccezione di Sirdey, che rimase impassibile, gli altri
approvarono rumorosamente.
A quando l'operazione? chiese Fred Moore.
Stasera stessa rispose Dorick.



E scandendo le parole, come un uomo dominato dai suoi nervi,
soggiunse:
Ho molto riflettuto Poich non abbiamo armi, ne
fabbricheremo Una bomba questa sera stessa
comprimendo a strati successivi la polvere in mezzo a tele
inzuppate nel catrame Perci mi abbisogna il fuoco per far
fondere il catrame Certo la mia bomba non varr gli ordigni
perfezionati a movimento di orologeria Ma si fa quanto si
pu Non sono un chimico io Qualunque essa sia, del resto,
produrr il suo effetto Una miccia l'attraverser da parte a
parte La miccia durer trenta secondi Ne ho fatto
l'esperimento Il tempo giusto per accenderla e lanciarla.
I compagni ascoltavano Dorick, stupiti del suo aspetto strano.
Aveva lo sguardo ardente e, in certo modo, quasi smarrito.
Lewis Dorick era forse pazzo?
No, non era pazzo, o almeno non lo era nel senso patologico
della parola. Se tutta la sua vita di amarezza e d'invidia gli
risaliva alle labbra in quell'ora e rendeva febbrile il suo
atteggiamento, egli conservava tuttavia la lucidit della
consapevolezza.
Chi getter la bomba? chiese freddamente Sirdey.
Io rispose Dorick.
Quando?
Questa notte Verso le due, andr a bussare al Palazzo
Il Kaw-djer verr ad aprire Appena lo udr giungere,
accender la miccia avr quanto mi abbisogna per farlo
aperta la porta, lancer la bomba all'interno
E tu?
Avr il tempo di fuggire Del resto, dovessi saltare in aria
anch'io, bisogna finirla.
Il silenzio si fece profondo. Gli altri si guardarono stupiti,
spaventati dal progetto di Dorick.
In questo caso disse Sirdey con voce calma, non hai
bisogno di noi.
Non ho bisogno di nessuno replic Dorick con violenza.
I vili, se vogliono, possono andarsene.
La parola sferz l'amor proprio.
Io resto disse Kennedy.
Anch'io disse William Moore.
Anch'io disse Fred Moore. Solo Sirdey non disse nulla.
Le voci s'erano riscaldate a poco a poco. Senza neppure
accorgersene, s'erano elevate sino al tono della disputa.
Malgrado l'avvertimento dato dal fuoco trovato acceso, non
pensavano pi che ci poteva essere nelle vicinanze qualcuno
che ascoltasse le loro parole imprudenti.
Ce n'era uno infatti, uno solo veramente e di proporzioni cos
piccole, da non inspirare timore, anche se ne avessero
conosciuta la presenza. Si trattava di Dick, il quale, affatto
involontariamente del resto, stava ascoltandoli, e cinque
uomini robusti non potevano temere un fanciullo!
Dick e Sand, essendo il 30 marzo giorno di vacanza, avevano
lasciato la citt di buon mattino, diretti verso le grotte che, in
altri tempi, erano risuonate cos spesso delle loro grida
gioconde. L'infanzia capricciosa. Un bel giorno essa
abbandona improvvisamente, perch se ne stancata, i
divertimenti che ama con maggior passione e li riprende, in
seguito, ancora cos improvvisamente come li ha lasciati,
quando altre distrazioni a loro volta hanno cessato di piacerle.
Le grotte, abbandonate dopo essere state le predilette, ora
ritornavano di moda.
Camminando di buon passo, Dick e Sand trattavano
l'importante questione del gioco di quel giorno. Per essere pi
esatti, diremo che Dick, come di consueto del resto, emanava i
suoi ukase, che Sand accettava con sommissione.
Vecchio mio disse Dick, quando ebbero oltrepassato le
ultime case ti dir una bella cosa.
Sand incuriosito tese l'orecchio.
Giuocheremo al ristorante.
Sand assent col capo. Ma, veramente, egli non capiva, bisogna
confessarlo.
Acchiappa questo, vecchio mio! annunzi Dick
trionfalmente.
Fiammiferi! esclam Sand meravigliato.
E questo! riprese Dick, traendo a stento di tasca la
mezza dozzina di patate che vi aveva riposto prima di partire.
Sand batt le mani.
Cos decret Dick come un dominatore tu sarai il
padrone del ristorante. Io sar il cliente.
Perch? domand Sand con innocenza.
Perch s! rispose Dick.
Dinanzi a tale argomento perentorio, a Sand non restava che
inchinarsi. Perci, quando furono entrambi nella grotta, le cose
andarono come aveva decretato il tirannico compagno. In un
angolo trovarono un mucchio di frondami, venuti chi sa donde.
Alcuni rami vennero trasformati in un fuoco magnifico e le
patate cominciarono a cuocere.
Quando furono cotte, si inizi il gioco vero. Sand rappresent a
meraviglia la parte del proprietario, e Dick non gli fu inferiore
in quella del cliente di passaggio. Bisognava vedere con quale
disinvoltura entr nella grotta perch, ben inteso, ne era
uscito per aumentare le verosimiglianze, con che distinzione
sedette a terra dinanzi ad una illusoria tavola, con quale
autorit reclam tutti i cibi che gli venivano in mente.
Chiese uova, prosciutto, pollo, corned beef, riso, pudding e
molte altre cose. Il padrone era ben provvisto di tutto. A
qualunque ordine rispondeva senza esitare con un: Ecco,
signore! porgendo senza ritardo le vivande indicate, che erano
infatti, non si pu dubitarne, uova, prosciutto o pollo, bench
un osservatore superficiale avesse potuto scambiarle per
semplici patate.
Per fortuna non c' dispensa, anche meravigliosamente
provvista, che non si esaurisca, come non c' appetito, per
quanto forte, che non finisca col saziarsi. Per una strana
coincidenza le due cose accaddero nello stesso tempo e,
fenomeno non meno meraviglioso, nel momento preciso in cui
non restava pi neppure una patata.
Sand, facendone la constatazione prov un forte dolore:
Le hai mangiate tutte! sospir con aria accorata. Dick
spieg:
Dato che io ero il cliente! rispose come se la cosa
fosse stata naturalissima. Il padrone non mangia la sua
mercanzia, sai!
Ma Sand, questa volta, non parve convinto.
Intanto io non ho avuto niente fece osservare accorato.
Dick prese le cose dall'alto.
Di' addirittura ch'io sono un goloso! Basta cos! Non
giuoco pi!
Dick! implor Sand terrificato dalla minaccia.
Non ci volle altro. Dick rinunzi immediatamente ai suoi
progetti di vendetta.
Allora disse con fare generoso adesso far io il
padrone
E tu il cliente.
Il gioc si organizz secondo il nuovo programma. Sand usc
dalla grotta, rientr, sedette per terra davanti alla tavola
immaginaria. Allora Dick si avvicin al suo lietissimo cliente,
presentandogli un sasso. Ma Sand, di intelligenza meno
sveglia, non comprese subito, e guard il sasso non poco
stupito.
Bestia! spieg Dick. il conto.
Io non ho avuto niente obbiett Sand.
Dal momento che non c' pi niente non resta che pagare
il pranzo In un ristorante non si paga forse? Tu dirai:
Cameriere, il conto, vi prego. Io dir: Ecco, signore! Poi
tu dirai: Ecco, cameriere, un cent per il desinare e un cent per
voi. Io dir: Grazie, signore. E tu mi darai due cents.
Tutto si svolse secondo questo piano molto logico. Sand prese
il tono di circostanza per chiedere il cento e Dick grid cos
perfettamente: Ecco, signore!, che lo si sarebbe scambiato
per un vero cameriere. C'era da ingannarsi. Sand entusiasmato
diede i due cents.
Una riflessione, tuttavia, guast tutto il piacere.
Tu hai mangiato tutte le patate, ed io pago il pranzo
constat malinconicamente.
Dick finse di non udire, ma tuttavia arross fino alle orecchie.
Compreremo una bacchettina di liquerizia al bazar Rhodes
promise per tacitare la sua coscienza.
Poi, da profondo politico, per tagliar corto all'incidente:
Ora inizieremo un altro giuoco annunzi.
Quale? chiese Sand.
Il giuoco del leone decise Dick, che senza indugio
distribu le parti. Tu sarai un viaggiatore. Io sono un leone.
Tu esci. Poi rientrerai nella grotta per riposarti ed io ti salter
addosso per mangiarti. Tu griderai: Aiuto! Allora io me ne
andr e torner correndo. Sar un cacciatore e ammazzer il
leone.
Ma se tu sei il leone! obbiett Sand, non senza una certa
logica.
No, sar un cacciatore.
E allora chi che mi manger?
Bestia! Io, quando sar il leone.
Sand si immerse in profonda riflessione, guardando
pensosamente il compagno. Questi interruppe la sua ricerca.
Non hai bisogno di capire disse. Vattene. Poi
ritornerai. Il leone star in agguato tra le rocce Avrai
tempo Mezz'ora almeno Sono io il leone, lo sai! E star
in agguato Sali pure la galleria fino alla grotta alta e ritorna
dall'esterno Ma non diffidare, capisci, non dubitare di
niente Soltanto quando udrai il ruggito del leone
E Dick emise un urlacelo spaventoso.
Sand se ne era gi andato. Risaliva la galleria, e presto sarebbe
docilmente tornato per farsi divorare dal leone.
Mentre il compagno si allontanava, Dick si era addossato alle
rocce. Doveva aspettare mezz'ora, ma l'attesa non gli sembrava
lunga. Era il leone. Ora, come aveva giudiziosamente fatto
osservare, un leone deve sapersi tenere in agguato con
pazienza.
Per nulla al mondo avrebbe mostrato la punta del suo musetto,
e coscienziosamente gettava tratto tratto piccoli ruggiti, preludi
del grande, del terribile ruggito che sarebbe scoppiato, quando
il leone avesse divorato il disgraziato viaggiatore.
Egli fu interrotto nei suoi esercizi. Parecchie persone risalivano
il pendo della montagna. Dick, assolutamente convinto di
essere un vero leone, non avrebbe temuto di mostrarsi, ma la
sua trasformazione in re del deserto non gli imped di
riconoscere al passaggio Lewis Dorick, i fratelli Moore,
Kennedy e Sirdey. Dick fece una smorfia. Non gli piaceva
quella gente l e specialmente Fred Moore, che considerava
suo nemico personale.
I cinque uomini scomparvero entro la grotta, con grande ira di
Dick, che ud le loro esclamazioni di meraviglia, quando
scoprirono il fuoco.
La grotta non di loro propriet mormor fra i denti. Ma
gli giunsero altre parole che gli fecero tendere gli orecchi.
Parlavano di polvere e di bomba e quest'ultima parola, che egli
male comprendeva, si univa ai nomi di Hartlepool e del
Governatore. Forse, cos da lontano aveva capito male Si
avvicin con precauzione all'entrata della grotta, fino a un
posto dove poteva udire distintamente quanto si diceva.
Qualcuno parlava in quel momento. Dick riconobbe la voce di
Sirdey.
E dopo? chiedeva l'antico cuoco, che continuava a
rappresentare la parte di critico rispetto a Dorick.
Dopo? ripet Dorick interrogando.
S riprese Sirdey. La tua bomba non come il
barile. Non potrai pretendere di ucciderli tutti Quando avrai
fatto saltare il Kaw-djer, resteranno Hartlepool e gli uomini di
guardia.
Che importa! rispose Dorick con violenza. Non li
temo Tagliata la testa, il corpo non conta pi.
Uccidere! Tagliare la testa al Governatore! Dick, divenuto
istantaneamente serio, ascoltava tremando le terribili parole.
V.
UN EROE.
Tagliare la testa al Governatore! Dick, dimenticando la parte
del leone, non pens pi a fuggire. Bisognava correre a
Liberia raccontare quanto aveva udito
Sfortunatamente per lui, l'eccesso della sua precipitazione gli
imped di calcolare i movimenti con prudenza sufficiente. Si
stacc una pietra e ruzzol con fracasso; subito qualcuno
apparve sulla soglia della caverna, lanciando da ogni lato
sguardi furiosi. Dick spaventato riconobbe Fred Moore.
Questi aveva pure riconosciuto il fanciullo.
Ah! Sei tu, moscherino! disse. Cosa fai qui?
Dick, paralizzato dal terrore, non rispose.
Hai la lingua in tasca oggi, eh? riprese la voce grossa
di Fred Moore. Eppure una lingua sciolta la tua Aspetta
un momento. Ti aiuter a ritrovarla.
La paura rese a Dick l'uso delle gambe. Prese la corsa e si
slanci sul pendo della montagna. Ma con pochi passi il
nemico lo raggiunse. Afferrato alla cintola da una mano
robusta, fu sollevato come una piuma.
Eccolo qui, guardate! gridava Fred Moore alzando
fino all'altezza del. suo viso il fanciullo terrorizzato.
T'insegner io a spiare, piccola vipera!
In un attimo Dick fu trasportato nella grotta e gettato ai piedi di
Lewis Dorick.
Ecco disse Fred Moore chi ho trovato di fuori. Ci
ascoltava!
Con uno scappellotto, Dorick fece rialzare il fanciullo.
Che facevi? gli domand severamente.
Dick aveva una grande paura. Anzi, per essere sinceri, tremava
come una foglia. Tuttavia, il suo orgoglio la vinse. Si eresse
sulle piccole gambe al pari di un gallo sugli sproni.
Questo non vi riguarda replic con arroganza. Si avr
pure il diritto di giocare al leone nella grotta! Non vostra la
grotta
Cerca di rispondere con garbo, vermiciattolo disse Fred
Moore, somministrando un nuovo ceffone al prigioniero.
Ma le botte non erano argomenti da usare con Dick. Lo si
sarebbe potuto tritare come carne da pasticcio, senza farlo
cedere. Invece di curvarsi, egli si rizz con veemenza sulla
piccola persona, strinse i pugni, poi, guardando bene in faccia
il suo avversario:
Gran vigliacco! disse.
Fred Moore non parve neppure sensibile all'insolenza.
Cos'hai udito? chiese ancora. Ce lo dirai, altrimenti
Ma Fred Moore ebbe un bell'alzar la mano, ed anche lasciarla
ricadere con forza sempre crescente. Dick si ostin in un
silenzio feroce.
Dorick intervenne.
Lasciate quel fanciullo disse. Non ne caverete nulla
Del resto poco importa. Che abbia udito o meno, ritengo che
non saremo tanto gonzi da lasciarlo libero
Credo che non lo ucciderete, nevvero? interruppe Sirdey
il quale sembrava decisamente contrario alle soluzioni
violente.
Non si tratta di ci rispose Dorick alzando le spalle.
Lo legheremo, semplicemente Qualcuno ha una corda?
Ecco disse Fred Moore togliendosene un pezzo di tasca.
Ed ecco aggiunse William offrendo la sua cintura di
cuoio. In un batter d'occhio, Dick fu strettamente legato, in
modo da non poter pi fare un sol movimento. Poi Fred Moore
lo trasport nella seconda grotta e lo gett per terra come un
pacco.
Cerca di star tranquillo raccomand poi al prigioniero
prima d'allontanarsi. Se no, l'avrai da fare con me, ragazzo!
Fatta la raccomandazione, egli ritorn presso i compagni per
riprendere l'eterno discorso.



Tuttavia esso giungeva ormai al suo termine, e stava per
suonare, di nuovo, l'ora dell'azione. Mentre gli altri parlavano,
Dorick espose il catrame all'azione del fuoco e inizi con ogni
cura la confezione dell'ordigno omicida.
Mentre i cinque delinquenti si preparavano cos al delitto, il
loro destino si elaborava a loro insaputa. Un testimone aveva
assistito alla cattura di Dick: il piccolo Sand. Recatosi al
convegno stabilito in precedenza, egli aveva visto il compagno
catturato, trasportato, legato e gettato, finalmente, nella
seconda grotta.
Sand si sent invaso da profonda disperazione. Perch avevano
preso Dick? Perch l'avevano percosso? Perch Fred
Moore l'aveva trascinato via? Che ne avevano fatto di lui?
L'avevano forse ucciso? O era stato solo ferito e ora
attendeva il suo aiuto?
Senza esitare egli corse ad arrampicarsi come un camoscio
lungo la montagna, fino alla grotta superiore, ridiscese la stretta
galleria che la riuniva alla grotta inferiore e, meno di un quarto
d'ora dopo, raggiungeva la cavit dove Dick era stato nascosto.
Dal passaggio che la faceva comunicare con la caverna
esteriore, filtrava un po' di luce e attraverso ad esso giungevano
altres, sorde, attutite, le voci di Lewis Dorick e dei suoi
quattro complici. Sand, comprendendo la necessit di essere
prudente, rallent il passo e si avvicin cautamente.
I mozzi, nella loro qualit di aspiranti marinai, hanno sempre
un coltello in tasca. Sand in un baleno aperse il suo e tagli i
legacci del prigioniero, che appena libero, senza pronunziare
una parola, corse verso la galleria, dalla quale gli era venuta la
salvezza. Non si trattava di uno scherzo; dalle poche parole
sorprese, egli conosceva quanto fosse grave la situazione e
come occorresse agire senza indugi. Ecco perch, senza
perdersi in ringraziamenti inutili, si slanci attraverso la
galleria e ne percorse la discesa a perdifiato, mentre, alle sue
calcagna, si spolmonava invano il povero Sand.
La doppia evasione sarebbe facilmente riuscita, se il destino
non avesse voluto che proprio in quel momento Fred Moore
fosse preso dal capriccio di gettare un'occhiata al prigioniero.
Nella luce incerta che giungeva dalla prima grotta, gli parve di
vedere muoversi una forma vaga. Si gett a caso sulle sue
tracce e scoperse cos la galleria ascendente, della quale, fino
allora, non aveva sospettato l'esistenza. Comprendendo subito
che era stato giuocato e che il prigioniero se la dava a gambe,
sacrament furiosamente e a sua volta scal il pendo.
Se i fanciulli avevano una quindicina di metri di vantaggio,
Fred Moore, per, aveva le gambe lunghe ed essendo il
passaggio relativamente largo, almeno nella parte inferiore,
niente gli impediva di approfittarne. L'oscurit profonda che lo
circondava costituiva, vero, un ostacolo serio alla sua corsa
nella galleria sconosciuta, che Dick e Sand, invece,
conoscevano molto bene.
Ma Fred Moore era in collera e quando si in collera non si
ascoltano i consigli della prudenza. Perci correva a perdifiato
fra le tenebre, con le mani tese in avanti, a rischio di rompersi
la testa contro le sporgenze della volta.
Fred Moore ignorava di avere davanti due fuggiaschi. Non
vedeva nulla assolutamente e i fanciulli si guardavano bene dal
parlare. Il solo rumore delle pietre che rotolavano sul pendo,
gli indicava che percorreva la strada giusta e, poich il rumore
diveniva pi vicino di attimo in attimo, egli era anche sicuro di
guadagnare terreno.
I fanciulli facevano del loro meglio. Sentivano che qualcuno li
inseguiva e comprendevano perfettamente che sarebbero stati
presto o tardi raggiunti. Tuttavia non disperavano. Tutti i loro
sforzi tendevano a raggiungere quella strozzatura della galleria
in cui il tetto non era sostenuto che da un solo blocco, il quale
poteva cadere al minimo urto. Pi oltre, la galleria bassa e
stretta non avrebbe servito che alla loro piccola persona. Essi vi
potevano continuare a correre, mentre il nemico sarebbe stato
costretto a curvarsi.
Finalmente raggiunsero la strozzatura tanto desiderata. Piegato
in due, Dick la oltrepass felicemente per primo. Sand,
camminando; carponi gli scivolava dietro, quando si sent
immobilizzato all'improvviso da una mano brutale che
l'afferrava per la caviglia.
Ti tengo, bandito! diceva nello stesso tempo una voce
furiosa.
Fred Moore era infatti al colmo dell'ira. Non sapendo che la
galleria si abbassava e si restringeva cos subitamente, per poco
non si era fracassata la testa. La fronte aveva battuto cos forte
contro la volta che, per il contraccolpo, era caduto tramortito.
Appunto a tale caduta egli doveva la buona riuscita
dell'inseguimento, perch la mano, tesa con moto istintivo,
aveva afferrato per azzardo la gamba del fuggiasco.
Sand si sent perduto Si sarebbero sbarazzati di lui e dopo
avrebbero ripreso l'inseguimento di Dick, che sarebbe stato
senza dubbio raggiunto a sua volta Che ne sarebbe stato
allora di Dick? Lo avrebbero imprigionato ucciso forse
Bisognava impedirlo, impedirlo a tutti i costi!
Fece in realt Sand questo ragionamento? Anzi, adott con
deliberato proposito il mezzo disperato al quale ricorse? Non si
pu dire, perch gli manc il tempo per riflettere, e dal suo
principio alla fine l'intiero dramma non ebbe che la durata di un
secondo.
Si direbbe che ognuno di noi abbia in s stesso un altro essere,
che, in certi casi, agisca per nostro conto. Esso sarebbe il
subcosciente dei filosofi, che ci fa trovare all'improvviso,
quando meno vi pensiamo, la soluzione di un problema, cercata
invano per molto tempo. Sarebbe esso a governare i nostri moti
riflessi e causare gesti istintivi provocati dagli eccitamenti
esterni. Sarebbe esso infine che ci decide talvolta,
all'improvviso, ad atti, la cui sorgente profonda in noi, ma
che la nostra volont non ha ancora formalmente decisi.
Sand non ebbe che un'idea chiara: la necessit di salvare Dick e
arrestare l'inseguimento. Il subcosciente fece, il resto. Da s
stesse le due braccia si stesero e si aggrapparono al blocco
mobile che sosteneva la volta della galleria, mentre Fred
Moore, ignorando il pericolo, lo tirava violentemente indietro.
Il blocco scivol. La volta fran con un rumore sordo. A quel
rumore Dick preso da un vago turbamento, si ferm di botto,
ascoltando. Non ud pi nulla. Il silenzio era ritornato,
profondo come le tenebre nelle quali stava immerso. Chiam
Sand, prima sottovoce, poi pi forte, poi pi forte ancora
Finalmente, non ottenendo risposta, ritorn sui suoi passi ed
urt contro un ammasso di rocce che non lasciavano alcun
adito fra loro. Comprese subito. La galleria era franata, Sand
giaceva l sotto Per un istante Dick rest immobile,
inebetito, poi si allontan con grande rapidit e, giunto alla
luce, ci precipit lungo la discesa.
Il Kaw-djer stava leggendo tranquillamente prima di andare a
letto, quando la porta del palazzo si apr violentemente. Una
specie di palla, da cui sfuggivano parole e gridi
incomprensibili, gli cadde ai piedi. Passata la prima sorpresa,
riconobbe Dick.
Sand Governatore Sand! egli gemeva. Il Kaw-
djer fece la voce grossa.
Che significa questo? Che accade?
Ma Dick parve non comprendesse. Aveva gli occhi smarriti, le
lagrime gli inondavano il viso e dal petto ansante gli
sfuggivano parole sconnesse.
Sand! Governatore! Sand ripeteva aggrappandosi
alla mano del Kaw-djer, quasi volesse trascinarlo seco. La
grotta Dorick Moore Sirdey la bomba tagliar la
testa E Sand schiacciato! Sand Governatore!
Sand!
Malgrado l'incoerenza, le parole del ragazzo erano abbastanza
chiare. Alle grotte doveva essere accaduto qualche cosa
d'insolito, in cui, in una maniera o nell'altra, Dorick, Moore e
Sirdey si trovavano coinvolti e di cui Sand era stato vittima.
Non si poteva nemmeno pensare ad avere da Dick schiarimenti
maggiori. Il piccolo, nel parossismo dello spavento, continuava
a pronunziare le stesse parole, che ripeteva interminabilmente,
e sembrava avesse perduta la ragione.
Il Kaw-djer si alz e, chiamando Hartlepool, gli disse
rapidamente:
accaduto qualche cosa alle grotte Prendete cinque
uomini, munitevi di torce e venite a raggiungermi. Fate presto.
Poi, senza aspettare risposta, obbed alla piccola mano che lo
sollecitava sempre pi insistentemente e part correndo nella
direzione del promontorio. Due minuti dopo, anche Hartlepool,
alla testa di cinque uomini armati, vi si incamminava.
Sfortunatamente, causa il buio quasi completo, il Kaw-djer era
ormai fuori di vista. Egli aveva detto Alle grotte. Hartlepool
si avvi dunque verso le grotte, vale a dire verso quelle che
meglio conosceva per avervi nascosto, un giorno, i fucili;
mentre il Kaw-djer guidato da Dick, si dirigeva pi al Nord, in
maniera da costeggiare l'estremit del promontorio e
raggiungere sull'altro versante quella delle due grotte inferiori,
di cui Dorick aveva fatto il suo quartier generale.
Questi intanto, all'esclamazione lanciata da Fred Moore
scoprendo la fuga del piccolo, interrompendo il lavoro, si era
inoltrato, seguito dai tre compagni, fin nella seconda grotta,
pronto a dargli man forte. Tuttavia, poich Fred Moore era alle
prese con un fanciullo, senza indugiarsi, e dopo un rapido
colpo d'occhio, reso inutile dall'oscurit, aveva ripreso il suo
lavoro.
Ma non essendo Fred Moore ritornato neppure quando il lavoro
fu condotto a termine, ci si cominci a stupire del ritardo cos
prolungato e, rischiarandosi con una torcia di paglia accesa, si
penetr da capo nella grotta interna. William Moore era in
testa, seguivano Dorick e Kennedy e ultimo veniva Sirdey, che
per, cambiando idea, ritorn subito sui suoi passi. Poi, mentre
gli amici si avventuravano nella seconda grotta, egli abbandon
anche la prima e, approfittando dell'oscurit, si nascose fra le
rocce esterne. La scomparsa di Fred Moore non gli presagiva
niente di buono e gli faceva prevedere complicazioni
spiacevoli.
Sirdey non si poteva certo chiamare un fulmine di guerra. Era
scaltro, falso, astuto, ma i colpi, no, non erano il suo forte.
Preferiva quindi proteggere la sua persona preziosa,
decisissimo a non compromettersi che a colpo sicuro e secondo
la piega degli avvenimenti.
Intanto, Dorick e i compagni scoprivano la galleria nella quale
Fred Moore si era avanzato inseguendo Dick e Sand. Non si
poteva ammettere un errore, perch la grotta non aveva altra
via d'uscita. Colui che cercavano doveva essere
necessariamente uscito di l. Vi si inoltrarono dunque a loro
volta, ma dopo un centinaio di passi dovettero fermarsi. Una
massa di rocce ammucchiate le une sulle altre sbarrava il
passaggio. La galleria non era che una via senza uscita, di cui
avevano toccato il fondo.
Davanti a tale ostacolo inatteso, si guardarono, letteralmente
stupefatti. Dove diavolo poteva essere Fred Moore? Incapaci
di rispondere alla domanda, ridiscesero senza supporre che il
compagno giacesse sepolto sotto il mucchio di rovine.
Turbatissimi del mistero indecifrabile, ritornarono silenziosi
nella prima grotta. Una sorpresa sgradevole ve li attendeva.
Nello stesso momento in cui vi ponevano piede, due forme
umane, quella di un uomo e quella di un fanciullo, apparvero
all'improvviso sulla soglia.
Il fuoco ardeva allegramente, e la sua fiamma vivace dissipava
le tenebre. I miserabili riconobbero l'uomo e riconobbero il
fanciullo.
Dick! esclamarono tutti e tre, stupefatti di vedere
ritornare da quella parte il mozzo, che, meno di mezz'ora
prima, avevano solidamente legato e imprigionato in una
caverna senza uscita.
Il Kaw-djer! balbettarono subito dopo con un misto di
collera e di spavento.
Un istante esitarono, poi il furore ebbe il sopravvento e con
uno stesso moto William Moore e Kennedy si precipitarono in
avanti.
Immobile sulla soglia, con l'alta persona illuminata dalla
fiamma, il Kaw-djer attese gli avversari a pie' fermo. Essi
avevano tratti i coltelli. Egli non lasci loro il tempo di
servirsene. Afferrati alla gola da mani di ferro, il cranio
dell'uno and a sbattere contro la testa dell'altro e insieme
caddero tramortiti.
Kennedy aveva il suo conto, come si dice. Rest steso, inerte,
mentre William Moore si rialzava barcollante.
Senza occuparsi di lui, il Kaw-djer mosse un primo passo verso
Dorick
Costui, sconvolto dalla rapidit fulminea degli avvenimenti,
aveva assistito alla lotta senza prendervi parte. Era rimasto
indietro, tenendo in mano la bomba dalla quale pendevano
pochi centimetri di miccia.



Paralizzato dalla sorpresa, non aveva avuto il tempo
d'intervenire, e il risultato della contesa gli dimostrava ora
l'inutilit di una pi lunga resistenza. Dal movimento che fece
il Kaw-djer cap che tutto era perduto
Allora la follia lo colse Un'onda di sangue gli sal al cervello
e secondo l'energica espressione popolare, vide tutto rosso
Una volta almeno in vita sua voleva vincere Dovesse pur
morirne, sarebbe morto anche l'altro Balz verso il fuoco e
s'impadron d'un tizzone che avvicin alla miccia, poi port il
braccio indietro e si accinse a scagliare il proiettile terribile
Il tempo difett al gesto micidiale. Fosse la poca destrezza,
fosse per un difetto della miccia, la bomba gli scoppi tra le
mani. Risuon subito una detonazione violenta, la terra trem,
una pioggia di fuoco si rivers attraverso l'apertura della
caverna.
Un grido d'angoscia fece eco all'esplosione dall'esterno.
Hartlepool e i suoi uomini, riconosciuto infine l'errore,
giungevano al passo di corsa, in tempo giusto per assistere al
dramma. Videro la fiamma, in due lingue ardenti, sprizzare da
una parte e dall'altra del Kaw-djer, del quale il piccolo Dick
terrificato abbracciava le ginocchia, e che restava ritto,
immobile come una statua, in mezzo al cerchio di fuoco. Essi si
slanciarono in aiuto del loro capo.
Ma egli non abbisognava di aiuto. L'esplosione lo aveva
miracolosamente risparmiato. L'aria spostata si era divisa in
due correnti, che lo avevano sfiorato senza toccarlo. Immobile
e ritto come stava al momento del pericolo, lo ritrovarono a
pericolo passato. Egli ferm con la mano quelli che correvano
in suo soccorso.
Custodite l'entrata, Hartlepool ordin con la voce
abituale. Stupefatti dinanzi al suo incredibile sangue freddo,
Hartlepool e le guardie obbedirono e una barriera umana si tese
attraverso l'apertura della grotta. Il fumo svaniva a poco a
poco, ma l'oscurit si era fatta profonda avendo l'esplosione
spento il fuoco.
Un po' di luce, Hartlepool disse il Kaw-djer. Una torcia
fu accesa e si penetr nella caverna.
Subito, approfittando della solitudine e dell'oscurit
sopravvenuta, un'ombra si distacc dalle rocce dell'entrata.
Sirdey ne sapeva ormai abbastanza. Dorick preso o
ammazzato, egli giudicava opportuno, in ogni caso, mettersi al
sicuro. Lentamente, dapprima, si allontan. Poi, quando stim
suffcente la distanza, acceler la fuga e scomparve nella notte.
intanto il Kaw-djer e i suoi uomini esploravano il teatro del
dramma. Lo spettacolo appariva spaventoso. Il terreno,
inzaccherato di sangue, era coperto di spaventosi avanzi. Si
fatic a identificare Dorick, al quale l'esplosione aveva
strappato la testa e le braccia. A pochi passi giaceva William
Moore col ventre squarciato. Pi in l, senza ferite apparenti,
Kennedy pareva dormisse. Il Kaw-djer gli si avvicin.
Vive disse.
L'antico marinaio strangolato a mezzo dal Kaw-djer e incapace
perci di rialzarsi, assai verosimilmente doveva a questa
circostanza la sua salvezza.
Non vedo Sirdey fece osservare il Kaw-djer, guardandosi
intorno. Eppure c'era!
La grotta fu invano meticolosamente visitata. Non si trov
nessuna traccia dell'antico cuoco del Jonathan. Invece, sotto il
mucchio di fogliame che lo nascondeva, Hartlepool rinvenne il
barile di polvere, di cui Dorick non aveva prelevato che una
piccola parte.
Ecco l'altro barile! esclam trionfalmente. Sono gli
uomini dell'altra volta.
In quel momento una mano prese quella del Kaw-djer, mentre
una debole voce gemeva pianamente.
Sand! Governatore! Sand!
Dick aveva ragione. Tutto non era finito. Restava ancora da
trovare Sand, che, secondo il suo amico, si trovava coinvolto
nell'avventura.
Guidaci, figliuolo disse il Kaw-djer.
Dick s'ingaggi attraverso il passaggio interno e, tranne un
uomo lasciato a guardia di Kennedy, tutti gli tennero dietro.
Seguendolo, attraversarono la seconda grotta, e rimontarono la
galleria fino al punto in cui era avvenuta la frana.
L! esclam Dick indicando l'ammasso di rocce.
Egli sembrava in preda a un dolore terribile e la sua faccia
smarrita mosse a piet quegli uomini forti, dei quali implorava
l'assistenza. Egli non piangeva, ma i suoi occhi disseccati
ardevano per febbre, e le labbra pronunziavano a stento
qualche parola.
L? chiese il Kaw-djer con dolcezza. Ma tu vedi
bene, mio piccino, che non si pu andare oltre.
Sand! ripet Dick con ostinazione, tendendo sempre
nella stessa direzione la mano tremante.
Che vuoi dire, ragazzo? insist il Kaw-djer. Non
pretenderai, suppongo, che il tuo amico Sand sia l sotto?
S articol penosamente Dick. Prima si passava
Questa sera Dorick mi aveva preso Sono scappato Sand
mi stava dietro Fred Moore stava per raggiungerci Allora
Sand ha fatto cadere tutto e tutto gli crollato
addosso per salvarmi!
Dick s'interruppe e, gettandosi ai piedi del Kaw-djer: Oh!
Governatore implor. Sand!
Il Kaw-djer, commosso, si sforz di tranquillizzare il fanciullo.
Calmati, figliuolo disse con bont calmati trarremo
di l sotto il tuo amico, sta' sicuro Su, all'opera noialtri!
ordin voltandosi verso Hartlepool e i suoi uomini.
Ci si mise febbrilmente al lavoro. Le rocce vennero rimosse
una ad una e rigettate indietro. Fortunatamente non ve n'erano
di mole eccessiva e quelle braccia robuste poterono rimuoverle.
Dick, obbedendo al Kaw-djer, si era docilmente ritirato nella
prima grotta, dove Kennedy, sorvegliato dal suo guardiano,
riprendeva i sensi a poco a poco. Il fanciullo, seduto sopra una
pietra, vicino all'entrata, con gli occhi fissi, aspettava, senza
fare un movimento, che la promessa del Governatore si
compisse.
Intanto, alla luce delle torce, nella galleria si lavorava
indefessamente. Dick non aveva mentito. L sotto giaceva un
corpo. Sgombrate le prime macerie, fu scorto un piede. Ma non
era un piede di fanciullo e non poteva quindi appartenere a
Sand. Era un piede d'uomo, e di uomo di grossa corporatura.
Ci si affrett. Dopo il piede apparve una gamba, poi un tronco
e infine il corpo intiero di un uomo steso riverso. Ma quando
vollero trarre quell'uomo alla luce, incontrarono qualche
resistenza. Senza dubbio il suo braccio, allungato in avanti e
ricoperto dalle macerie, era aggrappato a qualche cosa. Era cos
infatti; e quando il braccio fu liberato completamente, si vide
che la mano stringeva la caviglia di un fanciullo.
Staccata la mano, l'uomo fu steso supino, e si riconobbe Fred
Moore, con la testa sfracellata e il petto sfondato.
Allora si lavor ancora pi febbrilmente. Il piede che Fred
Moore stringeva fra le dita contratte, non poteva essere che
quello di Sand. La cosa procedette nello stesso ordine di prima.
Dopo il piede apparve la gamba. Il salvataggio fu per pi
rapido, perch la seconda vittima era meno grande della prima.
Il Kaw-djer avrebbe potuto mantenere la promessa fatta a Dick
di rendergli il suo amico?
Sembrava poco probabile, a giudicare da quanto gi si vedeva
del disgraziato fanciullo. Le sue gambe, contuse, schiacciate,
non erano pi che brandelli informi.
Per quanta fretta avessero, gli uomini per dovettero arrestarsi
a riflettere prima di toccare un blocco pi grosso degli altri, che
con la massa enorme pesava sulle ginocchia del povero Sand. Il
blocco sosteneva tutti quegli altri che lo circondavano e
bisognava agire quindi con prudenza per evitare un nuovo
crollo.
La durata del lavoro fu prolungata da tale complicazione, ma
finalmente, centimetro per centimetro, il blocco venne rimosso
a sua volta.
Gli uomini gettarono una esclamazione di sorpresa. Dietro al
blocco c'era il vuoto e in quel vuoto giaceva Sand come in una
tomba. Al pari di Fred Moore stava riverso, ma alcune rocce,
facendo arco l'una contro l'altra, gli avevano riparato il petto.
Senza la condizione pietosa delle gambe, egli sarebbe uscito
illeso dall'avventura terribile.
Con mille precauzioni lo trassero e lo stesero sotto la luce della
torcia. Aveva gli occhi chiusi, le labbra bianche e contratte, il
viso di una pallidezza livida. Il Kaw-djer si chin sul fanciullo.
Ascolt a lungo. Se a quel petto restava ancora un soffio, esso
era appena percettibile Respira annunzi
finalmente.
Due uomini sollevarono il leggero fardello e tutti discesero in
silenzio la galleria. Sinistra discesa per quella strada
sotterranea, di cui la torcia fuligginosa sembrava rendere
tangibili le tenebre profonde! La testa inerte dondolava
dolorosamente e pi dolorosamente ancora le gambe spezzate,
da cui sgorgava il sangue a grosse gocce.
Quando il triste corteo apparve nella grotta esterna, Dick si
alz di soprassalto e guard avidamente. Vide le gambe morte,
la faccia esangue
Allora nei suoi occhi spalancati lampeggi uno sguardo
d'agonia e, gettando un grido rauco, s'abbatt al suolo.
VI.
DURANTE DICIOTTO MESI.
L'alba del 31 marzo si lev, senza che il Kaw-djer, agitato dalle
penose emozioni del giorno prima, avesse preso sonno. Quali
prove attraversava! Quale esperienza faceva! Aveva toccato il
fondo dell'anima umana capace del bene e del male, degli
istinti pi feroci e della pi pura abnegazione.
Prima di occuparsi dei colpevoli, si era affrettato a soccorrere
le vittime innocenti della tragedia spaventosa. Due barelle
improvvisate le avevano trasportate rapidamente al Governo.
Quando Sand fu spogliato, e deposto nella branda, il suo stato
apparve ancora pi disperato. Le gambe, letteralmente in
poltiglia, non esistevano pi. La vista del piccolo corpo
martirizzato appariva cos pietosa, che Hartlepool ne ebbe il
cuore infranto, e grosse lagrime gli caddero sopra le guance
abbronzate da tutte le brezze del mare.
Con pazienza materna il Kaw-djer bend quella povera carne a
brandelli. Sand era irremissibilmente condannato a non servirsi
mai pi delle povere gambe cos terribilmente straziate e, fino
all'ultimo giorno, la sua sarebbe divenuta una vita d'inferno.
Ultimata la bendatura, il Kaw-djer fece scorrere qualche goccia
di un cordiale fra le labbra scolorite del ferito, il quale
cominci a gemere debolmente e a mormorare parole confuse.
Dick, del quale il Kaw-djer si occup subito dopo, appariva
ugualmente in grave pericolo. Bruciava di febbre intensa, con
gli occhi chiusi, con la faccia violacea e scossa da tremiti
nervosi, col respiro corto e sibilante fra i denti stretti. Il Kaw-
djer, constatando i var sintomi, scosse il capo un poco
inquieto. Malgrado l'integrit del corpo e l'aspetto meno
impressionante, lo stato di Dick era in realt assai pi grave
che non quello del suo salvatore.
Il Kaw-djer, dopo la cura ai due fanciulli, malgrado l'ora gi
tarda si rec da Harry Rhodes, che mise al corrente degli
avvenimenti. Egli rimase tutto sconvolto dal racconto, e non
mercanteggi il concorso dei suoi. Si convenne che la signora
Rhodes e Clary, Tullia Ceroni e Graziella, avrebbero vegliato
per turno al capezzale dei due fanciulli, le ragazze durante il
giorno, le madri la notte. La signora Rhodes assunse la veglia
per la prima e, pronta in un istante, part col Kaw-djer.
Allora soltanto, provveduto in quel modo alle necessit pi
urgenti, questi si concesse il riposo che non doveva tuttavia
trovare. Troppe emozioni agitavano il suo cuore, un troppo
grave problema veniva a posarsi dinanzi alla sua coscienza.
Dei cinque assassini, tre erano morti, ma due sopravvivevano.
Bisognava prendere una decisione a loro riguardo. Sirdey,
scomparso, errava per l'isola, ma non avrebbero tardato senza
dubbio a riprenderlo e l'altro, Kennedy, aspettava, saldamente
legato in prigione che lo si giudicasse.
Il bilancio dell'affare che si saldava con tre uomini morti, uno
fuggiasco e due fanciulli in pericolo di vita, non poteva, questa
volta, venire soffocato. N si doveva sperare nella segretezza,
essendo ormai noto a troppe persone. Bisognava dunque agire.
E in quale senso? Certo, i mezzi di azione adottati dalle
persone contro le quali egli ritornava dall'aver lottato, non
avevano niente di comune con quelli che il Kaw-djer voleva
impiegare, ma, in fondo, il principio risultava lo stesso. Si
riduceva, insomma, a questo: a quelle persone, come a lui del
resto, ripugnava la restrizione e non vi si eran potute
rassegnare.
La diversit dei temperamenti aveva fatto il resto. Essi
volevano abbattere la tirannia, mentre egli si era accontentato
di fuggirla. Ma, nel complesso, il loro bisogno di libert, per
quanto opposto nelle sue manifestazioni, rimaneva uguale
nell'essenza e quegli uomini non erano, dopo tutto, che
rivoltosi, com'egli era stato.
E, se egli si riconosceva in essi, col pretesto di essere il pi
forte, poteva arrogarsi il diritto di punirli?



Il Kaw-djer appena alzato, si rec nella prigione, dove
Kennedy aveva passata la notte accasciato sopra una panca.
Egli si rizz con prontezza quando lo vide avvicinarsi e, non
contento di tale segno di rispetto, umilmente si tolse il
cappello. Ma per fare quel gesto, l'antico marinaio dovette
alzare insieme le due mani, unite da una breve e solida catena
di ferro. Dopo, attese con gli occhi bassi. Kennedy sembrava
cos un animale preso al laccio. Intorno a lui esisteva l'aria, lo
spazio, la libert Ma gli si era tolto il diritto a quei beni
naturali, dei quali egli aveva voluto privare altri uomini e dei
quali altri uomini lo privavano ora a sua volta.
La sua vista divenne intollerabile al Kaw-djer.
Hartlepool! chiam sporgendo la testa in guardina.
Hartlepool accorse.
Toglietegli la catena disse il Kaw-djer, indicando le mani
avvinte del prigioniero.
Ma signore cominci Hartlepool.
Ve ne prego interruppe il Kaw-djer con un tono che
non ammetteva replica.
Poi, rivolgendosi a Kennedy, quando fu libero:
Hai voluto uccidermi. Perch? gli chiese.
Kennedy senza alzare gli occhi, alz le spalle, dondolandosi
goffamente e girando il berretto da marinaio fra le dita, come
se volesse dire che non ne sapeva niente.
Il Kaw-djer, dopo averlo considerato un momento in silenzio,
spalanc la porta che dava in giardino e, traendosi da parte:
Vattene! disse.
Poi, siccome Kennedy lo guardava con aria indecisa:
Vattene disse una seconda volta con voce calma. L'antico
marinaio usc senza farsi pregare, curvando la schiena.
Il Kaw-djer rinchiuse la porta dietro lui e si rec presso gli
ammalati, lasciando Hartlepool alle sue riflessioni e molto
perplesso.
Lo stato di Sand restava stazionario, ma Dick invece sembrava
aggravarsi. In preda a delirio furioso, egli si agitava nel letto
pronunziando parole sconnesse. Non si poteva pi dubitarne; il
fanciullo aveva una congestione cerebrale di tale violenza, da
far temere uno scioglimento fatale. La cura necessaria, nelle
circostanze attuali, diveniva impossibile. Dove procurarsi il
ghiaccio per rinfrescare quella povera fronte ardente?
I progressi realizzati nell'isola Hoste non erano tali ancora da
offrire questa sostanza, fuori della stagione invernale.
Ma la natura non avrebbe tardato a fornire una quantit
illimitata di ghiaccio, del quale il Kaw-djer deplorava ora la
mancanza.
L'inverno dell'anno 1884 doveva essere estremamente rigido e
fu pure estremamente precoce. Cominci ai primi d'aprile con
tempeste violente che si susseguirono durante un mese quasi
senza interruzione. Ne deriv un eccessivo abbassamento della
temperatura, che fin col provocare tali nevicate, quali il Kaw-
djer non aveva ancor veduto, dopo che si era stabilito in
Magellania. Si lott coraggiosamente contro la neve, finch
riusc possibile, ma, nel mese di luglio, gli implacabili fiocchi
caddero in cos fitti turbini che bisogn riconoscersi vinti.
Malgrado tutti gli sforzi, lo strato nevoso raggiunse verso la
met di luglio l'altezza di pi di tre metri e Liberia fu sepolta
sotto il bianco lenzuolo. Le finestre sostituirono allora le porte
e le case a un sol piano non ebbero altra uscita che un buco
praticato nel tetto. La vita pubblica, come facile concepire,
rest completamente sospesa e i rapporti sociali ridotti al
minimo.
La salute generale si risent necessariamente di tale rigida
clausura. Le malattie epidemiche infierirono da capo e il Kaw-
djer dovette prestare aiuto all'unico medico di Liberia, che non
bastava pi al bisogno.
Fortunatamente, in quel momento non aveva pi inquietudini
n per Dick n per Sand. Sand, per primo, si era avviato verso
la guarigione. Una diecina di giorni dopo l'avvenimento del
quale era stato la vittima volontaria, si poteva considerarlo
fuori di pericolo e presto si ebbe la certezza che l'amputazione
sarebbe stata evitata. I giorni seguenti infatti la cicatrizzazione
progred con la rapidit, meglio con la foga, che la
prerogativa dei tessuti giovani e in meno di due mesi Sand pot
lasciare il letto.
Lasciare il letto? L'espressione, in verit, impropria. Sand
non poteva pi, n avrebbe mai pi potuto lasciare il letto, n
in alcun modo muoversi senza l'aiuto d'una mano estranea. Le
gambe morte non avrebbero mai pi potuto sostenere il suo
corpo, condannato ormai all'immobilit.
Il fanciullo non sembrava, del resto, preoccuparsene troppo.
Quando riprese la coscienza delle cose, la sua prima parola non
fu per compiangere s stesso, ma per informarsi della sorte di
Dick, alla cui salvezza egli si era cos eroicamente sacrificato.
Un pallido sorriso gli schiuse le labbra, quando lo assicurarono
che Dick era sano e salvo, ma questo dopo un po' non gli bast
pi e, mano mano che gli ritornavano le forze, incominci a
reclamare l'amico con crescente insistenza.
Per molto tempo non fu possibile soddisfarlo. Durante pi d'un
mese, Dick non usc dal delirio. La sua fronte scottava
letteralmente, nonostante il ghiaccio che il Kaw-djer poteva ora
adoperare senza economia. Poi, quando finalmente il periodo
acuto si risolse, l'ammalato era tanto debole che la sua vita
pareva attaccarsi a un filo.
Per, a datare da quel giorno, la convalescenza fece progressi
rapidi e il rimedio pi efficace per lui fu l'apprendere che anche
Sand era salvo. A tale notizia, il viso di Dick si irradi di gioia
sovrumana e, per la prima volta dopo tanti giorni, si
addorment d'un sonno tranquillo.
Dall'indomani, egli pot assicurare di persona Sand che non lo
avevano ingannato e questi fu liberato cos da ogni
preoccupazione. Dimenticando la sua disgrazia personale e
tranquillo ormai sul conto dell' amico, richiese subito il suo
violino e quando pot impugnare l'istrumento prediletto parve
al colmo della gioia.
Dopo un po' di giorni, si dovette cedere alle preghiere dei
fanciulli e riunirli nella stessa stanza. Da allora, il tempo pass
per essi con la rapidit di un sogno. Nei loro lettini riavvicinati,
si guardavano e si sorridevano felici.
Ma triste fu il giorno in cui Sand lasci il letto. La vista
dell'amico cos martirizzato immerse Dick, che si alzava gi da
una settimana, nella pi grande disperazione. L'impressione
che ne sub fu tanto profonda quanto duratura. Egli si trasform
di un tratto, come al tocco di una bacchetta magica e dalla
vecchia crisalide venne fuori un altro Dick pi rispettoso, pi
riflessivo, meno indocile e combattivo.
Si era allora al principio di giugno, vale a dire nel momento in
cui la neve cominciava a bloccare i Liberiani nelle loro case.
Un mese dopo, si entr nel periodo pi freddo di quel duro
inverno; e non bisognava calcolare sul disgelo prima della
primavera.
Il Kaw-djer si studi di reagire contro gli effetti deprimenti di
una cos lunga prigionia. Sotto la sua direzione, si
organizzarono giochi all'aria aperta. Da un canaletto aperto a
forza di braccia nella sponda del fiume, l'acqua presa sotto al
ghiaccio fu sparsa nella pianura paludosa, che fu trasformata
cos in meravigliosa sala da pattinaggio. Gli appassionati di
tale sport, molto in uso in America, poterono abbandonatisi
allegramente. Per coloro ai quali non era familiare, si
organizzarono corse su sci e su slitte lungo i pendii delle
colline del Sud.
A poco a poco i Liberiani si abituarono a quegli sports del
ghiaccio e vi presero gusto. Il buon umore, e la salute pubblica
a un tempo, se ne avvantaggiarono. Cos si giunse all'ottobre,
iniziatore del disgelo.
Prima si sciolse la neve che copriva la pianura situata dalla
parte del mare, poi fu la volta di quella che ricopriva Liberia e
le strade si mutarono in torrenti, mentre il fiume spezzava la
sua prigione di ghiaccio. Presto il fenomeno si generalizz,
cos che il fiume, eccessivamente gonfio, minacci di straripare
e di inondare la citt. Bisognava intervenire, se pur si voleva
evitare il disastro.
Il Kaw-djer mise in moto tutte le braccia. Un'armata di
sterratori innalzarono un argine, seguendo un angolo che
circondava la citt, e il cui vertice era volto al Sud-Ovest. Uno
dei lati dello sbarramento si dirigeva obliquamente verso i
monti del Sud, mentre l'altro, tracciato a una certa distanza dal
fiume, ne seguiva sensibilmente il corso. Un piccolo numero di
case, e specialmente quella di Patterson, fabbricata troppo
vicino alla sponda, restavano fuori dal perimetro di protezione.
Avevano dovuto rassegnarsi a tale sacrificio necessario.
Il lavoro, continuato giorno e notte, si comp in quarantotto ore.
Era tempo. Dall'interno correva un diluvio verso il mare.
L'argine a guisa di cuneo biforc tutta l'immensa massa di
acqua: una parte si rigett nell'Ovest verso il fiume, l'altra,
rumorosamente, si riversava nel mare.
Nonostante l'inclinazione del terreno, Liberia divenne in poche
ore un'isola dentro l'isola. Da ogni parte non si vedeva che
acqua, da cui verso l'Est e il Sud emergevano le montagne e
verso il Nord-Est le case del Borgo-Nuovo, difeso dalla sua
altezza relativa. Tutte le comunicazioni vennero interrotte. Fra
la citt e il sobborgo, il fiume precipitava muggendo in flutti
centuplicati.
Otto giorni dopo, l'inondazione non tendeva ancora a
decrescere, quando accadde un fatto grave. All'altezza
dell'ortaglia di Patterson, la sponda, minata dalle acque furiose,
croll improvvisamente, trascinando la casa dell'Irlandese.
Questi e Long scomparvero insieme ad essa, trasportati da un
vortice invincibile.
Dopo l'inizio del disgelo, Patterson, sordo a tutte le esortazioni,
si era energicamente rifiutato di lasciare la sua casa. Non aveva
ceduto neppure nel vedersi escluso dalla protezione dell'argine
e neppure quando il basso del suo recinto fu invaso. N cedette
di pi, quando l'acqua giunse a battere la soglia della casa.
Fu un attimo. Sotto gli occhi di alcun spettatori che dall'alto
dell'argine assistevano impotenti alla scena, casa e abitanti
furono travolti.
Come se il doppio delitto avesse soddisfatto la sua collera,
l'inondazione cominci tosto a decrescere. Il livello dell'acqua
diminu a poco a poco e, finalmente, il 5 novembre, un mese
preciso dopo il principio dello sgelo, il fiume riprese il suo
solito letto.
Ma il fenomeno si lasciava dietro innumerevoli rovine! Le vie
di Liberia apparivano devastate, come se vi fosse passato sopra
l'aratro. Delle strade, sfondate in vari punti e ricoperte in altri
da un fitto strato di fango, non restavano che le tracce.
Ci si occup subito a ristabilire le comunicazioni soppresse. La
strada che conduceva al Borgo-Nuovo, costruita in piena
palude, era quella che aveva subito i danni pi gravi. Occorsero
pi di tre settimane per rendere di nuovo praticabile il
passaggio.
Con sorpresa generale, la prima persona che la percorse fu
precisamente Patterson. Scorto dai pescatori del Borgo-Nuovo
nel momento, in cui, avvinghiato disperatamente a un pezzo di
legno, giungeva al mare, l'Irlandese aveva avuto la fortuna di
uscire sano e salvo da quel cattivo affare. Long, invece, doveva
essere perito, perch tutte le ricerche fatte per ritrovare il suo
corpo erano riuscite infruttuose.
Tali informazioni si ebbero in seguito dai salvatori, ma non da
Patterson che, senza dare la minima spiegazione, si era recato
direttamente nel luogo dove prima sorgeva la sua casa. Quando
vide che non ne sussisteva traccia, la sua disperazione fu
immensa. Con essa scompariva quanto possedeva sulla terra.
Ci che aveva portato all'isola Hoste e accumulato dopo, a
furia di fatiche, di privazioni, di crudele durezza verso gli altri
e verso se stesso, tutto era perduto senza speranza. Egli che
dell'oro aveva fatta la sua unica passione, egli, che non aveva
avuto altro scopo oltre quello di ammucchiare, egli non
possedeva ora pi nulla, e restava il pi povero fra i pi poveri
che lo circondavano. Nudo e sprovvisto di tutto, come quando
era venuto al mondo, doveva ricominciare la vita.
Per quanto fosse grande il suo accoramento, Patterson non si
permise n gemiti n lamenti. Medit dapprima tacitamente,
con gli occhi fissi sul fiume che gli aveva tolto ogni suo bene,
poi si rec deliberatamente dal Kaw-djer. Gli si avvicin con
umile cortesia e, dopo essersi scusato per la grande libert, gli
espose che l'inondazione, la quale, per poco non gli aveva tolto
la vita, lo riduceva anche alla pi spaventosa miseria.
Il Kaw-djer, il quale nutriva per lui profonda antipatia, rispose
con freddezza:
cosa spiacevolissima, ma che posso farci? Mi chiedete un
aiuto?
Quale contrappeso alla sua implacabile avarizia, Patterson
possedeva una qualit: l'orgoglio. Non aveva mai implorato
alcuno. Per quanto poco scrupoloso nella scelta dei mezzi,
aveva per tenuto sempre testa a tutti e a tutto da solo e la sua
lenta ascesa verso la ricchezza non la doveva che a se stesso.
Non chiedo la carit replic, raddrizzandosi sulla
persona curvata. Reclamo giustizia.
Giustizia! ripet il Kaw-djer sorpreso. Da chi?
Dalla citt di Liberia rispose Patterson, dall'intero
Stato Hostelliano.
A proposito di che? domand il Kaw-djer sempre
maggiormente stupito.
Riprendendo l'atteggiamento ossequiente, Patterson spieg il
suo pensiero in termini insinuanti. Secondo lui, era impegnata
la responsabilit della colonia, prima di tutto perch si trattava
di una sventura generale e pubblica, il cui danno doveva essere
sopportato proporzionatamente da tutti, poi perch essa aveva
seriamente mancato al suo dovere, non rizzando l'argine a
difesa della citt in riva al fiume stesso, in modo da proteggere
indistintamente tutte le case.
Il Kaw-djer si sforz in ogni modo per spiegargli che il torto
cui accennava era immaginario, che se la diga fosse stata
rizzata pi vicina al fiume, sarebbe crollata insieme alla
sponda, sommergendo per con conseguenza l'intera citt.
Patterson non volle capir ragione e si intest a riattaccarsi agli
argomenti esposti prima. Il Kaw-djer perdette la pazienza e
tagli corto alla inutile discussione.
Patterson non tent di prolungarla. And subito a riprendere il
suo posto fra i lavoratori del porto. Distrutta cos la sua vita,
egli si impiegava, senza perdere un minuto, onde riedificarla.
Il Kaw-djer, considerando chiuso l'incidente, cess
immediatamente dal pensarvi. Ma l'indomani dovette mutare
opinione. No, l'incidente non era chiuso; lo provava una
citazione ricevuta da Ferdinando Beauval nella sua qualit di
Presidente del Tribunale. Poich una prima volta si era
dimostrato all'Irlandese che nell'isola Hoste esisteva una
giustizia, ora egli vi ricorreva una seconda volta.
Per amore o per forza si fu costretti a discutere la strana causa,
che, naturalmente, Patterson perdette. Senza palesare l'ira che
doveva destargli l'insuccesso, sordo ai frizzi che nessuno
lesinava a una vittima universalmente odiata, egli si ritir, letta
la sentenza, e ritorn placidamente al suo posto di lavoratore.
Ma una nuova rivolta gli fermentava nell'anima. Fino allora,
egli aveva veduto la terra divisa in due campi: da una parte lui,
dall'altra, il resto dell'umanit. Il problema da risolvere
consisteva unicamente nel far passare pi oro che fosse
possibile dal secondo campo nel primo. La cosa implicava la
lotta perpetua, non implicava l'odio. L'odio passione sterile; i
suoi interessi non si pagano in moneta corrente. Il vero avaro
non la conosce. Ora, Patterson odiava. Odiava il Kaw-djer che
gli negava giustizia; odiava tutto il popolo hostelliano che
aveva lasciato tranquillamente perire il prodotto, cos
aspramente conquistato, di tante fatiche e di tanti sforzi.
Patterson rinchiuse il suo odio in se stesso e in quell'anima,
come in una serra calda favorevole alla vegetazione dei
sentimenti peggiori, esso doveva prosperare e crescere. Per il
momento, egli era impotente contro i nemici. Ma i tempi
potevano mutare Egli avrebbe aspettato.
La maggior parte della bella stagione fu impiegata a riparare i
danni causati dall'inondazione. Si lavor a riattare le strade, a
riedificare le fattorie dove c'era bisogno, e gi dal febbraio
1885 non restava pi traccia della prova subita dalla colonia.
Mentre i lavori procedevano, il Kaw-djer- come il solito
percorse l'isola ih tutti i sensi. Ora poteva moltiplicare le sue
escursioni che faceva a cavallo. Di questi animali se ne erano
importati un centinaio. Durante le sue corse, ebbe occasione, a
pi riprese, d'informarsi di Sirdey. Ma non ottenne che qualche
vago ragguaglio. Pochi emigranti poterono fornire qualche
vaga notizia sul cuoco del Jonathan. Alcuni soltanto
ricordavano di averlo scorto, l'autunno precedente, risalire a
piedi verso il Nord. Nessuno seppe dire di pi.



Nell'ultimo mese del 1884, una nave port i duecento fucili
ordinati dopo il primo attentato di Dorick. Lo Stato hostelliano
possedeva ormai quasi duecentocinquanta armi da fuoco, non
comprese quelle che un piccolo numero di coloni aveva potuto
procurarsi.
Un mese dopo, al principio del 1885, l'isola Hoste ricevette la
visita di parecchie famiglie fuegiane. Come ogni anno, i poveri
Indiani venivano a chieder aiuto e consiglio al Benefattore,
poich tale era il significato del nome indigeno decretato per
riconoscenza al Kaw-djer. Se egli li aveva abbandonati, essi
non potevano dimenticare, e non avrebbero mai dimenticato
tutte le prove ricevute della sua devozione e della sua bont.
Tuttavia, per quanto fosse grande l'affetto che nutrivano i
Fuegiani per lui, egli non era mai riuscito a decidere uno solo
fra essi a stabilirsi nell'isola Hoste. Tali trib sono troppo
indipendenti per piegarsi a una regola qualsiasi. Per esse non
c' vantaggio materiale che valga la libert. Ora, avere una
dimora, vuol gi dire essere schiavi. Libero veramente
soltanto l'uomo che non possiede nulla. Ecco perch, alla
certezza dell'indomani, essi preferiscono le corse vagabonde
alla ricerca di un nutrimento scarso e incerto.
Per la prima volta il Kaw-djer persuase, in quell'anno, tre
famiglie di Pescherecci a piantare le loro tende e a fare una
prova di vita sedentaria. Esse, che appartenevano alle pi
intelligenti fra quelle trib erranti attraverso l'arcipelago, si
stabilirono sulla riva sinistra del fiume, fra Liberia e il Borgo-
Nuovo, e fondarono un casale, che fu il fulcro dei villaggi
indigeni sorti in seguito.
In quell'estate accaddero ancora due fatti importanti sotto
aspetti diversi.
Uno relativo a Dick.
Fin dal 15 del giugno precedente, i due fanciulli si potevano
considerare ristabiliti. Specialmente Dick, era ormai
completamente guarito e se ancora appariva un po' magro, tale
magrezza non poteva sussistere a lungo, dato il suo formidabile
appetito. Anche lo stato di Sand non lasciava pi nulla da
desiderare e per il resto non valeva ormai preoccuparsene,
perch la scienza era impotente ad impedire che egli non fosse
condannato all'immobilit sino alla fine dei suoi giorni. Del
resto, il piccolo infermo accettava tranquillamente l'inevitabile
sventura. La natura gli aveva data un'anima dolce e tanto poco
incline alla rivolta, quanto il suo amico Dick vi era portato. La
sua mansuetudine gli giov in quella dolorosa circostanza. No,
in verit non rimpiangeva i giochi violenti ai quali si
abbandonava in passato pi per far piacere agli altri che per
soddisfare i suoi gusti personali. Codesta sua vita da recluso gli
piaceva e gli sarebbe sempre piaciuta, a condizione d'avere il
suo violino e che il suo amico Dick gli stesse vicino, quando
posava l'istrumento.
Riguardo a ci non poteva lamentarsi. Dick era divenuto il suo
infermiere di tutti i momenti. Non avrebbe ceduto il posto a
nessuno per aiutare Sand a uscire dal letto, a raggiungere la
poltrona sulla quale trascorreva le lunghe giornate. Restava poi
vicino al ferito, attento ai suoi minimi desideri, con pazienza
inalterabile, della quale nessuno avrebbe creduto capace il
bollente ragazzetto d'un tempo.
Il Kaw-djer assisteva alla loro commovente intimit. Durante la
malattia dei due fanciulli, aveva avuto tutto il tempo per
osservarli, ed anch'egli si era loro affezionato. Ma Dick, oltre
all'affezione paterna che gli aveva destato, lo interessava
anche.
Giorno per giorno si era convinto di quale anima retta, di quale
squisita sensibilit e vivace intelletto fosse dotato quel
fanciullo e, a poco a poco, era giunto a dolersi che doni cos
rari restassero improduttivi.
Fisso in tale idea, risolse di occuparsi in modo particolare del
ragazzo, che sarebbe divenuto cos l'erede delle sue cognizioni
nei rami svariati dell'umana attivit. Cos aveva fatto per Halg.
Ma con Dick i risultati sarebbero stati ben diversi.
Sul terreno preparato da una lunga schiera di ascendenti
civilizzati, la semente poteva crescere pi energicamente, alla
sola condizione che Dick volesse valersi dei doni eccezionali di
cui l'aveva dotato la natura.
Verso la fine dell'inverno, il Kaw-djer inizi la sua opera
educativa. Un giorno, conducendo seco Dick, parl al suo
cuore.
Ecco, Sand guarito gli disse quando furono soli in
mezzo alla campagna. Ma rester infermo. Non dovrai mai
dimenticare, ragazzo, che egli ha perduto le gambe per salvarti.
Dick alz verso il Kaw-djer gli occhi gi umidi di pianto.
Perch il Governatore gli parlava cos? Quanto doveva a Sand,
non c'era pericolo che potesse mai dimenticarlo.
Tu non hai che un mezzo per ringraziarlo riprese il Kaw-
djer fare cio in modo che il suo sacrificio serva a qualche
cosa, rendendo la tua vita utile a te stesso e agli altri. Fino ad
ora sei vissuto da fanciullo. Bisogna che tu ti prepari ad essere
un uomo.
Gli occhi di Dick brillarono. Comprendeva quel linguaggio.
Che bisogna fare, Governatore? domand.
Lavorare rispose il Kaw-djer con voce grave. Se tu mi
prometti di lavorare con volont, io sar il tuo maestro. La
scienza un mondo che noi percorreremo insieme.
Ah, Governatore! disse Dick, incapace d'altre parole.
Le lezioni incominciarono immediatamente. Ogni giorno il
Kaw-djer dedicava un'ora al suo allievo. Dopo di che, Dick
studiava vicino a Sand. E subito, fece progressi meravigliosi
che stupivano il maestro. Lo studio compiva la trasformazione
cominciata dal sacrificio di Sand. Ora non era pi tempo da
trastulli. Il fanciullo era morto, generando un uomo
precocemente maturato nel dolore.
Il secondo importante avvenimento fu il matrimonio di Halg
con Graziella Ceroni. Halg aveva allora ventidue anni e
Graziella stava per toccare i venti.
Quel matrimonio non era proprio il primo celebrato all'isola
Hoste. Sin dall'inizio del suo governo, il Kaw-djer aveva
organizzato lo stato civile, e la costituzione della propriet
aveva avuto la conseguenza di suscitare nei giovani il desiderio
di formarsi una propria famiglia. Ma il matrimonio di Halg
assumeva pel Kaw-djer importanza speciale, costituendo il
coronamento di una delle opere e, veramente, di quella che, per
molto tempo, era stata la pi cara al suo cuore. Il selvaggio, da
lui trasformato in essere civile, si sarebbe perpetuato nei figli.
L'avvenire della nuova famiglia appariva largamente
assicurato. I prodotti della pesca assicuravano ad Halg e a suo
padre larghi profitti. Si parlava gi d'impiantare una nuova
industria, in prossimit del Borgo-Nuovo, da cui i prodotti
marittimi dell'isola Hoste sarebbero stati riversati, debitamente
preparati, sul mondo intero. Ma, se anche tale progetto ancora
vago non fosse stato realizzato, Halg e Karroly avevano gi di
che vivere abbastanza comodamente e senza temere il bisogno.
Verso la fine dell'estate, il Kaw-djer ricevette dal Governo
chileno la risposta alle sue offerte relative al Capo Horn. Nulla
di positivo per ancora. Si chiedeva tempo per riflettere, si
cavillava. Il Kaw-djer, conosceva troppo bene il mondo
ufficiale per meravigliarsi della dilazione. Si arm di pazienza
e si rassegn a continuare una conversazione diplomatica, la
quale, a causa delle distanze, non stava certo per giungere alla
conclusione.
Poi ritorn l'inverno, riportando le brine. I cinque mesi della
sua durata non avrebbero presentato nulla d'importante, se una
agitazione di ordine politico, del resto piuttosto calma, non si
fosse osservata nella popolazione.
Circostanza curiosa, l'autore occasionale di essa altri non era se
non Kennedy. Nessuno ignorava le gesta dell'antico marinaio.
La morte di Lewis Dorick e dei fratelli Moore, l'eroica
devozione di Sand, la lunga malattia di Dick, la scomparsa di
Sirdey non erano passate inosservate. Si conosceva tutto il
fatto, compresa la maniera quasi miracolosa con la quale il
Kaw-djer era scampato alla morte.
Cos, quando Kennedy ritorn in mezzo agli altri coloni, non
ricevette buona accoglienza. Ma a poco a poco la prima
impressione svan, mentre, per uno strano fenomeno di
cristallizzazione, tutti i malcontenti isolati si raggrupparono
intorno a lui. In fondo la sua avventura non era comune. Era un
personaggio in vista. Criminale per la maggior parte degli
Hostelliani, nessuno, per, poteva contestare che egli fosse
uomo d'azione, pronto alle risoluzioni energiche. Tale qualit
fece di lui il capo naturale dei malcontenti.
Malcontenti ce ne sono dovunque. Soddisfare tutti , per ora
almeno, chimera irrealizzabile. Dunque ce n'erano anche a
Liberia.
Oltre agli infingardi, che formavano, s'intende, il grosso
dell'esercito, vi si contavano coloro che non erano riusciti ad
abbandonare le vecchie abitudini, oppure che le avevano
lasciate per ricadervi poi subito. Gli uni e gli altri rendevano
responsabile, come il solito, l'Amministrazione della colonia
delle proprie delusioni. A questo primo gruppo, venivano ad
aggiungersi coloro che erano trascinati, per temperamento, a
nutrirsi di verbosit, i politici puri, alcuni che professavano le
dottrine che un giorno avevano avuto le preferenze del Kaw-
djer, considerandole sfortunatamente da un punto di vista meno
alto, alcuni comunisti sul tipo di Lewis Dorick, o collettivisti
secondo il vangelo di Carlo Marx e di Ferdinando Beauval.
I diversi elementi, per quanto fossero eterogenei,
armonizzavano tra loro, per la ragione che non si trattava se
non di fare opera d'opposizione. Finch questione di
distruggere, tutte le ambizioni si alleano facilmente. Solo al
momento della conquista gli appetiti appaiono alla luce del sole
e trasformano in avversari implacabili gli alleati del giorno
prima.
Per ora l'accordo appariva dunque completo, e ne risultava una
agitazione superficiale, che, nel corso dell'inverno, si tradusse
in riunioni e in comizi di protesta. I cittadini presenti alle
sedute non erano mai numerosissimi, un centinaio tutto al pi,
ma facevano chiasso per mille e il Kaw-djer necessariamente
se ne accorse.
Anzich indignarsi per la nuova prova dell'ingratitudine
umana, esamin freddamente le rivendicazioni formulate e, in
un punto almeno, le trov fondate. I malcontenti avevano
ragione, infatti, di sostenere che il Governatore non teneva il
suo mandato da nessuno e che s'era attribuito il potere di sua
propria volont, cosa che costituiva atto da tiranno.
Egli non deplorava in modo alcuno di avere violentata la
libert. Le circostanze non avevano ammesso esitazioni a suo
tempo. Ma la situazione, oggi, appariva assai cambiata. Gli
Hostelliani si erano incanalati ognuno nella direzione preferita
e la vita sociale pulsava vigorosamente. La popolazione poteva
forse considerarsi matura per tentare, senza imprudenza, una
organizzazione pi democratica.
Risolse quindi di soddisfare i malcontenti, sottomettendosi
spontaneamente alla prova delle elezioni e facendo nominare
nello stesso tempo dagli elettori un Consiglio di tre membri,
che dovevano assistere il Governatore nell'esercizio delle sue
funzioni.
Il collegio elettorale fu convocato per il 20 ottobre 1885, vale a
dire al principio della primavera. La popolazione totale
dell'isola Hoste si componeva allora di duemila anime, di cui
milleduecentosessantacinque uomini maggiorenni. Ma alcuni
elettori, troppo lontani da Liberia, non si recarono alle urne e
non votarono che mille e ventisette elettori, di cui
novecentosessantotto a favore del Kaw-djer.
Per formare il Consiglio, gli elettori ebbero il buon senso di
scegliere Harry Rhodes con ottocentotrentadue voti,
Hartlepool, che lo segu da vicino, con ottocentoquattro e,
finalmente, Germano Rivire con settecentodiciotto. La
maggioranza era schiacciante e, per quanto di mala voglia, il
partito dell'opposizione dovette riconoscere la sua sconfitta.
Il Kaw-djer trasse profitto della libert relativa che gli
assicurava la collaborazione del Consiglio, per compiere un
viaggio che desiderava fare da molto tempo. In vista della
discussione impegnata col Chili riguardo al Capo Horn, non
riteneva inutile percorrere l'arcipelago ed esaminare in modo
speciale l'isola che formava oggetto dei negoziati in corso.
Part sulla Wel-Kiej, insieme a Karroly, il 25 novembre per non
ritornare, coi suoi piani gi definitivamente fissati, che il 10
dicembre, dopo quindici giorni di navigazione, non sempre
fortunata.
Nel momento in cui sbarcava, un cavaliere entrava pure in
Liberia dalla strada del Nord. Dalla polvere che lo ricopriva, si
deduceva che venisse da lontano e che aveva corso a briglia
sciolta.
Costui si avvi direttamente al Palazzo raggiungendolo nello
stesso momento in cui ritornava il Kaw-djer. Annunziandosi
portatore di gravi notizie, chiese un'udienza particolare, che gli
venne subito concessa.
Un quarto d'ora pi tardi il Consiglio veniva riunito ed emissari
si sparpagliavano a cercare gli uomini di polizia. E non era
trascorsa un'ora dall'arrivo del Kaw-djer, che egli, alla testa di
venticinque cavalieri, si slanciava a briglia sciolta verso
l'interno dell'isola.
La causa della partenza precipitosa non rimase segreta a lungo.
Cominciarono presto a circolare voci sinistre. Dicevasi che
l'isola Hoste fosse stata invasa, che un esercito di Patagonesi
avesse attraversato il canale del Beagle e fosse sbarcato sulla
costa Nord della penisola Dumas, marciando su Liberia.
VII.
L'INVASIONE
Gli allarmi erano giustificati, ma la voce pubblica li esagerava.
Come sempre, la verit passando di bocca in bocca si
amplificava. L'orda Patagonese, ch'era di circa settecento,
sbarcata un giorno prima sulle coste Nord dell'isola, non
meritava il nome di esercito.
Sotto il nome di Patagonesi, si comprendevano, in linguaggio
corrente, l'insieme delle trib, in realt assai diverse le une
dalle altre dal punto di vista etnologico, che vivono nelle
pampas dell'America del Sud. Di esse le pi settentrionali, vale
a dire quelle che vivono pi prossime alla Repubblica
Argentina, sono relativamente pacifiche. Dedite all'agricoltura,
esse hanno formato numerosi villaggi e il loro paese non
neppure sprovvisto di borgate d'importanza pi o meno grande.
Ma, mano mano che si discende verso il Sud, tendono a
cambiar carattere. Le pi australi sono meno sedentarie e pi
temibili ad un tempo. Gli indigeni che le compongono, i
Patagonesi propriamente detti, che vivono soprattutto dei
prodotti della loro caccia, sono abili tiratori e cavalieri
insuperabili. Praticano ancora la schiavit, alimentata dai
continui saccheggi, le guerre da trib a trib sono incessanti e
non risparmiano punto i rari stranieri che si avventurano in
quelle regioni quasi inesplorate. Sono veri selvaggi.
La mancanza di governo regolare, la completa anarchia
fomentata fino a non molto tempo addietro dalla rivalit degli
Stati civilizzati limitrofi, hanno permesso il perpetuarsi di tali
esistenze selvagge dedite al brigantaggio. Nessuno dubita che
la Repubblica Argentina e il Chili, ora finalmente d'accordo,
non vi sappiano porre fine; ma non bisogna illudersi che l'opera
non sia lunga e faticosa, data la regione immensa, la
popolazione disseminata, senza mezzi di comunicazione e usa,
fin dalle origini del mondo, a una indipendenza illimitata.
Gli invasori dell'isola Hoste appartenevano a tale categoria di
Indiani. Come abbiamo veduto al principio del presente
racconto, i Patagonesi hanno l'abitudine di simili incursioni in
territori vicini e oltrepassano sovente lo stretto di Magellano
per razziare con crudelt feroce la grande isola della
Magellania, conosciuta pi specialmente col nome di Terra del
Fuoco. Tuttavia, essi non si erano mai spinti fino allora cos
lontano.
Per giungere all'isola Hoste avevano dovuto, o attraversare la
Terra del Fuoco da parte a parte e poi il canale del Beagle,
oppure seguire, dopo il litorale americano, i canali sinuosi
dell'arcipelago. In ogni caso, essi non avevano compiuto simile
esodo che a costo di gravissime difficolt, tanto per
approvvigionarsi durante la strada terrestre, come per navigare
nei bracci di mare, a rischio di veder capovolgersi le loro
leggere piroghe sotto il peso dei cavalli.
Il Kaw-djer, galoppando alla testa dei suoi venticinque
compagni, si chiedeva quale motivo avesse deciso i Patagonesi
a una impresa cos fuori delle loro abitudini secolari.



Senza dubbio la fondazione di Liberia poteva spiegare, in
qualche modo, il fatto anormale. Forse la reputazione della
citt novella si era sparsa nelle regioni circostanti, e la voce
pubblica le aveva attribuito ricchezze meravigliose, ricchezze
ingrandite anche maggiormente dall'immaginazione selvaggia.
Nulla quindi di pi naturale che esse avessero destato un senso
di cupidigia.
S, le cose, potevano spiegarsi cos. Ma malgrado tutto,
l'audacia degli invasori restava sorprendente e, bench si
conoscesse la loro rapacit, riusciva difficile concepire che si
fossero arrischiati ad affrontare un numeroso agglomeramento
di uomini bianchi. Per slanciarsi in tale avventura, essi avevano
avuto verosimilmente ragioni speciali, che il Kaw-djer cercava
senza trovare. Egli ignorava in quale punto dell'isola avrebbe
incontrato il nemico.
Forse essi erano gi in marcia. Forse non avevano ancora
lasciato

il luogo di sbarco. In questo caso, riferendosi alle
informazioni dell'emissario, si sarebbe trattato di un percorso
da centoventi a centoventicinque chilometri. Il viaggio avrebbe
richiesto almeno due giorni, perch le grandi velocit erano
interdette sulle strade hostelliane, che lasciavano ancora molto
a desiderare dal lato della viabilit. Partito di buon mattino il
10 dicembre, il Kaw-djer non poteva giungere che l'11 sera.
Un po' oltre Liberia, la strada, dopo avere attraversato la
penisola Hardy in tutta la sua larghezza, si orientava verso il
Nord-Ovest e ne seguiva, dapprima per una trentina di
chilometri, la spiaggia Ovest, battuta dai flutti del Pacifico; poi
risaliva al Nord e, attraversando una seconda volta l'isola, in
senso contrario, secondo il capriccio delle vallate, sfiorava,
trentacinque chilometri pi lungi, il fondo di Tekinika Sund,
profonda frastagliatura dell'Atlantico, delimitante il Sud della
penisola Pasteur, che un altro golfo pi profondo ancora, il
Ponsunby Sund, separa al Nord dalla penisola Dumas. Al di l,
la strada, con svolte numerose, raggiungeva un colle elevato
dell'importante catena di montagne, che, venute dall'Ovest, si
prolungano fino all'estremit orientale della penisola Pasteur,
poi si piegava, da capo, nell'Ovest, all'altezza dell'istmo che
riunisce tale penisola all'insieme dell'isola Hoste. Finalmente,
dopo aver lasciato dietro di s il fondo del Ponsunby Sund, si
ricurvava verso l'Est e, oltrepassando a ottantacinque
chilometri da Liberia lo stretto istmo della penisola Dumas, ne
costeggiava la spiaggia Nord, bagnata dalle acque del canale
del Beagle.
Tale la strada che il Kaw-djer doveva seguire. Cammin
facendo, la truppa che guidava aument di qualche unit.
Coloro fra i coloni che possedevano un cavallo, si unirono ad
essi. Agli altri il Kaw-djer impartiva, passando, le istruzioni
necessarie. Dovevano chiamare a raccolta e riunire il maggior
numero di combattenti. Coloro che possedevano un fucile
avevano ordine di piazzarsi da una parte e dall'altra della strada
carreggiabile, scegliendo i posti pi inaccessibili, in modo che i
cavalieri non potessero inseguirli. Di l dovevano sparare con
prontezza sugli invasori al loro apparire, battendo poi subito in
ritirata verso un punto pi elevato della montagna.
La consegna era di mirare preferibilmente il cavallo: un
Patagonese a piedi cessa di essere temibile. Quanto ai coloni, i
quali non avevano che le proprie braccia, furono adibiti a
rompere la strada e ritirarsi dietro un deserto. Sopra la distesa
di un chilometro, da ogni parte della strada, i campi dovevano
venire devastati entro le ventiquattro ore, le fattorie vuotate di
utensili e di provvigioni. In tal modo si sarebbe reso pi
difficile il vettovagliamento degli invasori. Poi, per tutti, tanto
per quelli armati quanto per coloro i quali non possedevano che
la falce e l'ascia, l'ordine era di concentrarsi presso i Rivire. Il
recinto circondato da una solida palizzata e difeso da numerosa
guarnigione, poteva considerarsi una vera piazza forte, che non
correva rischio di essere espugnata.
Conformemente alle sue previsioni il Kaw-djer raggiunse
l'istmo della penisola Dumas l'11 dicembre, verso le sei di sera.
Nessuna traccia ancora dei Patagonesi! Ma, a partire da quel
punto, si avvicinavano al luogo dello sbarco ed era necessaria
prudenza estrema. Si trovavano anche nel periodo delle
giornate lunghe e quindi l'oscurit non sarebbe venuta che
tardi. Impiegarono quasi cinque ore per giungere in vista del
campo nemico. Era quasi mezzanotte e un'oscurit relativa
copriva la terra. Si scorgevano chiaramente le luci dei fuochi. I
Patagonesi non si erano mossi. La necessit di far riposare i
cavalli li aveva fatti fermare nel luogo di sbarco.
La piccola armata del Kaw-djer contava ora trentadue fucili,
compreso il suo. Ma, dietro, centinaia di braccia erano
occupate a rovinare la strada, ad accumularvi tronchi di alberi,
ad innalzare barricate, in modo da complicare, il pi possibile,
la marcia degl'invasori.
Riconosciuto il campo avversario, essi retrocessero, e
sostarono a cinque o sei chilometri prima dell'istmo della
penisola Dumas. I cavalli furono allora ricondotti al di l
dell'istmo da alcuni coloni che li dovevano tenere in riserva
nelle montagne, poi i cavalieri appiedati, nascosti sui pendii
scoscesi che costeggiavano il Sud della strada, attesero il
nemico.
Il Kaw-djer non aveva intenzione d'impegnare una vera
battaglia, che la sproporzione delle forze avrebbe resa
insensata. Indicatissima invece una tattica di guerriglie. Dai
loro posti elevati, i difensori dell'isola potevano tirare a piacere
sugli avversari, poi, mentre costoro avrebbero perduto il tempo
a sbarazzarsi degli ostacoli accumulati loro dinanzi, essi si
sarebbero ripiegati di cresta in cresta in scaglioni, in modo da
assicurarsi successivamente protezione reciproca. Non esisteva
pericolo serio, se non nel caso che i Patagonesi si fossero risolti
ad abbandonare i loro animali, per slanciarsi all'inseguimento
dei tiratori. Ma tale eventualit non si doveva temere. I
Patagonesi non avrebbero indubbiamente rinunziato alla
abitudine inveterata di non combattere che a cavallo, per
avventurarsi sopra un terreno caotico, ove ogni roccia poteva
nascondere un'imboscata.
Erano le nove del mattino, quando il giorno dopo, 12 dicembre,
cominciarono ad apparire i primi Patagonesi. Partiti alle sei,
avevano impiegato tre ore a percorrere venticinque chilometri.
Turbati per essere cos lontani dalla loro base in una regione
totalmente sconosciuta, seguivano cautamente la strada,
limitata da una parte dal mare e dall'altra da montagne
scoscese. Marciavano gomito contro gomito, in fila serrate,
cos da render pi facile il compito dei tiratori.
Tre scariche che scoppiarono d'un tratto alla loro sinistra,
gettarono lo scompiglio tra loro. La testa della colonna
retrocesse, disordinando le file seguenti. Ma poich
nessun'altra scarica segu la prima, gli invasori ripresero fiducia
e avanzarono di nuovo. Tutti,i colpi avevano mirato giusto,
per. Un uomo si torceva sul ciglio della strada nelle
convulsioni dell'agonia. Due cavalli giacevano per terra, uno
col petto perforato, l'altro con la gamba rotta.
Cinquecento metri pi in l, i Patagonesi urtarono contro una
barricata di tronchi d'alberi ammucchiati. Mentre erano
occupati a rimuoverla, risuonarono ancora altre fucilate Uno
dei proiettili mise un altro cavallo fuori servizio.
Dieci volte era stata rinnovata la tattica con successo, quando
la colonna pervenne all'istmo della penisola Dumas. In quel
punto in cui la strada incassata non aveva altra uscita che una
stretta gola, la difesa si era fatta pi seria. Prima d'una barricata
pi solida e pi alta delle precedenti, un fossato largo e
profondo tagliava la strada e nel momento in cui i Patagonesi
raggiunsero l'ostacolo, la fucileria crepit sul loro fianco
sinistro.
Ma dopo un primo momento di rinculo, gl'invasori ritornarono
alla carica e risposero ai colpi, mentre un centinaio dei loro
cercavano ogni mezzo per ristabilire il passaggio.
Allora la fucileria raddoppi d'intensit. Un vero nugolo di
proiettili sibil attraverso il sentiero, che divenne intenibile. I
primi che si avventurarono nella zona pericolosa vennero
colpiti senza piet, il che dette da pensare ai compagni e l'orda
tutta intiera parve esitasse a spingersi pi oltre.
I tiratori hostelliani la vedevano per intero svolgersi sopra pi
di seicento metri di strada. Percorsa da violente scosse,
oscillava talvolta in massa, mentre alcuni cavalieri
galoppavano da una estremit all'altra, come se avessero
portato gli ordini di un capo.
Ogni volta che uno dei cavalieri giungeva alla testa della
colonna, si rinnovava un altro tentativo contro la barricata,
tentativo subito seguito da un nuovo moto indietreggiante,
quando la caduta di un uomo o di un cavallo veniva a
dimostrare quanto la posizione fosse pericolosa.
Il tempo trascorse cos. Finalmente, solo all'avvicinarsi della
sera, la barricata fu rovesciata. Ormai la strada non era sbarrata
che dai proiettili. I Patagonesi presero una risoluzione
disperata. Riunirono improvvisamente i cavalli e incitandoli a
un galoppo furibondo, si rovesciarono come un turbine
attraverso il passaggio. Vi restarono tre uomini e dodici cavalli,
ma l'orda pass.
Cinque chilometri pi in l, approfittando di uno spazio
scoperto nel quale non erano possibili altre insidie, essa si
ferm e prese le disposizioni per la notte. Gli Hostelliani
invece, senza concedersi un istante di riposo, continuarono la
loro sapiente ritirata e andarono a prender posizione per il
giorno veniente. La giornata era buona. Costava agli invasori
trenta cavalli e cinque uomini fuori combattimento, contro un
solo colono leggermente ferito. Gli uomini appiedati non erano
pi calcolabili. Cattivi camminatori, sarebbero rimasti indietro
e ridotti subito, cos sbrancati, all'impotenza.
Nel giorno seguente venne adottata la stessa manovra. Verso le
due del pomeriggio, i Patagonesi, avendo gi percorso in totale
una sessantina di chilometri, raggiunsero la sommit del colle,
fino al quale saliva la strada per superare la catena centrale
dell'isola. Uomini e bestie apparivano ugualmente estenuati.
Prima di inoltrare nella strettoia che cominciava in quel posto,
sostarono. Il Kaw-djer ne approfitt per appostarsi qualche
poco pi innanzi.
La sua truppa, ingrossata dai tiratori radunati durante la ritirata
e da quelli che gi si trovavano sulla cima del colle, contava in
quel momento quasi sessanta fucili. Egli dispose i sessanta
uomini sul culmine dell'argine che dominava la strada e, assai
bene protetti dalle enormi rocce che cadevano a piombo, gli
Hostelliani potevano ridersi dei proiettili nemici e decimare
impunemente l'invasore.
Appena i Patagonesi ripresero la marcia, dalla cresta rimbalz
una pioggia di palle, che falci le prime file. Essi
indietreggiarono in disordine, poi ritornarono alla carica, ma
senza esito. Durante due ore, l'alternativa si rinnov. I
Patagonesi, che erano coraggiosi, non apparivano intelligenti.
Soltanto quando videro stesi a terra un grande numero dei loro,
si ricordarono della manovra del giorno prima, cos bene
riuscita. Risuonarono alcuni richiami. I cavalli si riunirono,
l'orda form un sol blocco. Poi, pronta finalmente alla carica,
essa si slanci tutta intera, in una sol volta e part a un galoppo
furioso. Gli zoccoli calpestavano il terreno col rumore del
tuono, la terra tremava. E i fucili hostelliani sparsero pi
attivamente la morte.
Era uno spettacolo superbo. Nulla poteva trattenere i cavalieri,
mutati in meteore. Uno di essi lasciava vuoto l'arcione? Colui
che lo seguiva lo calpestava senza piet. Un cavallo cadeva
ferito o morto? Gli altri saltavano sopra l'ostacolo e
continuavano senza titubanza la corsa sfrenata.
Gli Hostelliani non pensavano certo ad ammirarne la prodezza.
Per essi era questione di vita o di morte. Non pensavano che a
questo: caricare, mirare, sparare, poi caricare e mirare e
sparare, e cos di seguito, senza un momento di riposo. Le
canne dei fucili bruciavano loro le mani; ma sparavano ancora.
Nell'impazzamento della battaglia, dimenticavano ogni
prudenza. Uscivano dai nascondigli, si offrivano ai colpi
nemici. E i nemici avrebbero vinto, se fosse stato loro possibile
rispondere ai colpi.
Ma i Patagonesi, nella loro corsa, non potevano adoperare le
armi. A che scopo, del resto? La distesa mediocre del fronte di
battaglia rivelava il piccolo numero degli avversari e quindi il
loro solo obbiettivo era oltrepassare la zona pericolosa, disposti
a compiere, pur di raggiungerlo, i sacrifici necessari.
La superarono in fatti. Le palle non fischiarono pi. Allora
rallentarono la corsa e seguirono al gran trotto la strada, che,
dopo aver superato il culmine del colle, digradava adesso verso
la pianura con brusche svolte. Tutto, intorno, era tranquillo.
Tratto tratto, raramente, un colpo scoppiava alla loro destra o
alla loro sinistra, quando le rocce guardavano a picco la strada.
Del resto, quei colpi, tirati da qualche colono trasformato in
guerriero, fallivano, generalmente, la mira. In ogni modo, i
Patagonesi rispondevano con una grandine di palle, poi
proseguivano il cammino.
Forti dell'esperienza fatta, non commisero l'errore di fermarsi a
troppo breve distanza dal luogo dell'ultimo combattimento.
Fino a notte inoltrata essi scesero rapidamente il pendo e per
accamparsi non si fermarono che alla piana.
Era stata per loro una dura giornata. Avevano percorso
sessantacinque chilometri, dei quali trentacinque oltre il colle.
Ora potevano scorgere alla loro destra le onde del Pacifico, che
lambivano la spiaggia sabbiosa e a sinistra si stendeva una
vasta pianura, dove le sorprese non erano pi da temere.
Domani sarebbero giunti di buon'ora alla mta, dinanzi a
Liberia, distante soli trenta chilometri.
Ormai, non restava altro al Kaw-djer che portarsi davanti agli
invasori. Ma oltre alla natura del paese, che non si prestava alla
manovra cos bene riuscita fino allora, lo separava anche dai
nemici una troppo grande distanza. Dietro suo ordine, non ci si
ostin quindi in un inutile inseguimento, e ci si concesse
invece, stesi sulla nuda terra, alla luce delle stelle, qualche ora
di riposo, reso necessario dalle fatiche sopportate durante tre
notti consecutive.
Il Kaw-djer non ebbe da dolersi del risultato della sua tattica.
In quell'ultima giornata, i nemici avevano perduto almeno
cinquanta cavalli e una quindicina di uomini. Restavano quindi
diminuiti di circa cento cavalli e la truppa sarebbe giunta in
Liberia moralmente scossa. Contrariamente poi a quanto essi si
attendevano, non vi sarebbe entrata senza gravissime perdite.
L'indomani mattina, riavuti i cavalli, cosa che non fu possibile
prima di mezzogiorno, i tiratori, ridivenuti cavalieri e ridotti di
conseguenza a trentadue, poterono iniziare, a loro volta, la
discesa.
Nessun ostacolo impediva loro di proseguire celermente. La
prudenza non appariva pi necessaria, essendo stati informati
che i Patagonesi continuavano la marcia in avanti ed essi non
correvano quindi il rischio di urtare ad un tratto nella coda
della colonna nemica.



Verso le tre fu raggiunto il posto dove l'orda si era accampata.
Se ne scorgevano tracce numerose. Ma dalle prime ore del
mattino essa si era rimessa in moto e assai probabilmente
doveva trovarsi, in quel momento, sotto Liberia.
Dopo due ore essi cominciavano a fiancheggiare la palizzata
che chiudeva la fattoria dei Rivire, quando sulla strada
scorsero un forte gruppo di uomini appiedati. Erano pi di
cento e avvicinandosi compresero che si trattava di Patagonesi
privati dei loro cavalli durante gli scontri precedenti.
All'improvviso, dall'interno del recinto partirono alcuni colpi di
arma da fuoco. Una diecina di Patagonesi caddero. Taluni dei
superstiti risposero e diressero contro la palizzata palle
inoffensive, altri tentarono un movimento di fuga, e solo allo
scoprirono i trentadue cavalieri, che ostacolavano loro la
ritirata scaricando le carabine.
Al rumore della detonazione pi di duecento uomini armati di
forche, di falci e di ascie irruppero dal recinto, sbarrando la
strada verso Liberia. Circondati da tutte le parti, a destra da
rocce insormontabili, davanti da contadini resi temibili dal loro
numero, a sinistra dai fucili, le cui canne luccicavano sopra la
palizzata, di dietro finalmente dal Kaw-djer e dai suoi cavalieri,
i Patagonesi, perduta ogni speranza, gettarono a terra le armi.
Vennero catturati senz'altro spargimento di sangue. Legati
mani e piedi, furono rinchiusi in un granaio, alla porta del
quale si posero uomini di guardia.
L'operazione era riuscita a meraviglia. Non soltanto gli invasori
avevano perduto un centinaio di cavalieri, ma anche un
centinaio di fucili, di mediocre valore sicuramente, ma che
avrebbero aumentato invece la forza degli Hostelliani. Questi
potevano ora disporre di trecentocinquanta armi da fuoco,
contro seicento circa del nemico. La partita diveniva quasi
uguale.
La guarnigione riunita dai Rivire pot informare il Kaw-djer
sulla marcia dei Patagonesi. Passando al mattino davanti alla
palizzata non avevano fatto che lievi tentativi per superarla. Ma
fin dalle prime fucilate, vi avevano rinunciato, accontentandosi
di scambiare qualche proiettile, senza impegnarsi in un attacco
pi serio. Decisamente, quei selvaggi potevano essere prodi,
ma non certo uomini di guerra. Il loro obbiettivo era Liberia e
vi andavano direttamente, senza curarsi dei nemici che si
lasciavano alle spalle.
Avendo avuto la fortuna di fare cos numerosi prigionieri, il
Kaw-djer non volle allontanarsi senza interrogarne qualcuno.
Nel granaio ove stavano rinchiusi regnava profondo silenzio.
Rannicchiati contro i muri, quei cento uomini aspettavano, con
immobilit feroce, che si decidesse la sorte loro. Vincitori
avrebbero fatto schiavi i vinti. Vinti, ritenevano naturale che
simile trattamento venisse loro inflitto. Non uno fra essi si
degn osservare la presenza del Kaw-djer.
Qualcuno di voi capisce lo spagnuolo? chiese questi a
voce alta.
Io disse un prigioniero alzando la testa.
Il tuo nome?
Athlinata.
Cosa sei venuto a fare in questo paese? L'indiano, senza un
gesto, rispose:
La guerra.
Perch farci la guerra? osserv il Kaw-djer. Noi non
siamo nemici del tuo popolo.
Il Patagonese tacque. Il Kaw-djer riprese:
I tuoi fratelli non sono mai venuti qui. Perch questa volta
vi siete spinti cos lontani dal vostro paese?
Il capo ha ordinato disse l'Indiano calmo. I guerrieri
hanno obbedito.
Ma, insomma, insist il Kaw-djer il vostro scopo
quale ?
La grande citt del Sud rispose il prigioniero. E gli
indiani sono poveri.
Ma quelle ricchezze bisogner prenderle replic il Kaw-
djer e gli abitanti della citt le difenderanno. Il Patagonese
sorrise ironicamente.
La prova nel fatto che tu e i tuoi fratelli siete ora
prigionieri soggiunse il Kaw-djer sotto forma di argomento
ad hominem.
I guerrieri Patagonesi sono numerosi rispose l'Indiano
senza lasciarsi turbare. Gli altri ritorneranno nella loro
patria, trascinando i tuoi fratelli alla coda dei loro cavalli.
Il Kaw-djer alz le spalle.
Tu farnetichi, ragazzo, non uno di voi entrer in Liberia. Il
Patagonese torn a sorridere con aria incredula.
Non lo credi? chiese il Kaw-djer.
L'uomo bianco ha promesso replic l'Indiano con
sicurezza.
Egli dar la grande citt ai Patagonesi.
L'uomo bianco? ripet il Kaw-djer. C' dunque un
bianco tra voi?
Ma tutte le sue domande riuscirono vane. L'Indiano aveva
evidentemente detto quanto sapeva e fu impossibile ottenere
maggiori schiarimenti.
Il Kaw-djer si ritir preoccupato. Chi era l'uomo bianco,
traditore della sua razza, che si alleava a un'orda di selvaggi
contro altri bianchi? In ogni modo ecco una buona ragione per
affrettarsi. Bench Hartlepool, conformandosi agli ordini
ricevuti, avesse preso sicuramente le misure pi urgenti,
diveniva necessario portare rinforzi alla guarnigione di Liberia.
Si mossero verso le otto di sera. La truppa guidata dal Kaw-
djer contava ora centocinquantasei uomini, di cui centodue
armati a spese dei Patagonesi e si componeva esclusivamente
di fanti perch i cavalli erano stati lasciati presso i Rivire. Per
introdursi in Liberia e oltrepassare la linea nemica, il Kaw-djer
non aveva intenzione, infatti, di adoperare il metodo,
certamente ardito, ma insensato, usato dai Patagonesi per
forzare i passaggi difficili.
Il suo piano consisteva nell'adoperare la scaltrezza anzich la
forza e in questo caso i cavalli divenivano imbarazzanti
piuttosto che utili.
Dopo tre ore di marcia, si giunse in vista della citt. Nella
notte, gi completamente caduta, una linea di fuochi indicava il
campo dei Patagonesi, steso in vasto semicerchio tra la palude
e il fiume.
L'investimento era completo. Diveniva impossibile quindi,
attraversare non visti la linea delle sentinelle, poste a un
centinaio di metri di distanza l'una dall'altra. Il Kaw-djer fece
fermare tutta la sua gente. Prima di spingersi pi oltre,
bisognava decidere la tattica da seguire. Certo gli invasori non
stavano tutti sulla riva destra del fiume. Alcuni, almeno,
avevano dovuto guadagnare l'acqua a monte della citt. Mentre
il Kaw-djer rifletteva, una viva luce splend improvvisamente
nel Nord-Ovest. Le case del Borgo-Nuovo bruciavano.
VIII.
UN TRADITORE.
Harry Rhodes e Hartlepool sui quali, in assenza del Kaw-djer,
ricadeva naturalmente il peso del potere, non avevano perduto
tempo, mentre questi ostacolava nel miglior modo possibile la
marcia dei Patagonesi. I quattro giorni di respiro che Liberia
doveva alla tattica del suo Governatore, erano bastati per
mettere la citt in istato di difesa.
Due fossati lunghi e profondi, sopra i quali la terra rigettata
aveva formato uno spalto a prova di fucile, rendevano
impossibile un colpo di mano. Uno dei fossati, quello del Sud,
lungo circa due mila passi, partiva dal fiume, poi, curvandosi a
semicerchio, abbracciava la citt fino alla palude, che
costituiva gi di per se stessa un ostacolo insormontabile.
L'altro, quello del Nord, lungo cinquecento passi soltanto,
nasceva parallelamente al fiume per andare a morire nella
palude, attraversando la strada che riuniva Liberia al Borgo-
Nuovo.
La citt era cos difesa da tutti i lati. A Nord e al Nord-Est dalla
palude, nella quale un cavallo sarebbe affondato fino al ventre,
al Nord-Ovest e al Sud-Est da bastioni improvvisati; all'Ovest
dal corso d'acqua, che opponeva agli assedianti la sua barriera
liquida.
Il Borgo-Nuovo era stato evacuato. Gli abitanti rifugiatisi a
Liberia con tutto quanto possedevano, avevano lasciato le case,
condannate a sicura distruzione.
Fin dalla prima sera, prima ancora che i lavori difensivi fossero
stati ultimati e quando il pericolo non appariva imminente, non
si trascur di stabilire guardie vigilanti tutt'intorno alla citt.
Circa cinquanta uomini furono costantemente adibiti a tale
servizio, e incaricati di dare l'allarme al primo indizio di
pericolo. Centosessantacinque uomini, armati dei residui fucili
e riuniti nel cuore della citt, si tenevano in riserva, pronti ad
accorrere al primo richiamo. Tutti i cittadini prendevano parte
per turno a questi tre servizi.
La difesa non poteva essere meglio organizzata. Dinanzi, la
linea di copertura formata dalle cinquanta sentinelle, che, a
intervalli fissi, erano rilevate dai centosessantacinque uomini
della riserva centrale. In terzo luogo, il resto dei Liberiani, che
non avrebbero tardato a prestar mano forte al minimo allarme.
Questi ultimi non possedevano in verit migliori armi offensive
che scuri, spranghe o coltelli, armi per non trascurabili nel
caso di un assalto e quindi di un combattimento corpo a corpo.
L'obbligo della guardia era generale e nessuno poteva
sottrarvisi. Patterson vi si dovette assoggettare al pari di tutti
gli altri. D'altronde, qualunque fosse il sentimento che lo
animava, parve adattarsi di buon animo, e in verit lo agitavano
pensieri cos contraddittori, che egli stesso non avrebbe potuto
dire se ne provasse contrariet o soddisfazione.
Durante le ore di fazione, egli rifletteva su tale problema e, per
la prima volta in vita sua, faceva un po' di analisi. L'animosit
gi concepita contro i suoi concittadini, contro la citt di
Liberia, contro l'intera isola Hoste, esisteva sempre in fondo al
suo cuore e quindi gli sembrava duro contribuire, in un modo o
in un altro, alla salvezza di persone esecrate. Considerata da
quel punto di vista, la fazione lo esasperava.
Ma l'odio, in Patterson, non veniva che in terza linea. Per l'odio
sincero, come per il sincero amore, ci vogliono anime ardenti e
vaste e quella meschina di un avaro non pu albergare passioni
cos ampie. Dopo la cupidigia, il sentimento predominante in
lui era la paura.
Ora la sua sorte si legava a quella degli altri concittadini e tutti
i Liberiani erano solidali; la paura quindi gli consigliava di
soffocare l'odio. Gli sarebbe certo piaciuto vedere in fiamme la
citt che ormai abborriva, ma a condizione per di poter prima
porre in salvo se stesso. Ora non v'era alcuna possibilit di
scampo. L'isola brulicava di Patagonesi, la cui ferocia era
leggendaria, che sarebbero stati presto in vista di Liberia.
Patterson, difendendola, difendeva, dopo tutto, s stesso. A
conti fatti, preferiva dunque montare la guardia, bench la cosa
gli fosse fonte delle pi penose sensazioni. Non prov infatti
nessun piacere a restare solo, talvolta di notte, in posti avanzati,
a rischio di venire sorpreso dal nemico.
Cos la paura faceva di lui un'ottima sentinella. Con quale forza
spalancava gli occhi nell'ombra! Con quanta coscienza frugava
le tenebre, col fucile spianato e col dito sul grilletto, al pi
piccolo rumore!
I primi quattro giorni passarono senza incidenti, ma cos non fu
del quinto. Verso mezzogiorno si videro i Patagonesi apparire
ed accamparsi al Sud della citt. La fazione diveniva cosa
seria. Ormai il nemico era minaccioso.
La sera di quel giorno Patterson stava di guardia sullo spalto
settentrionale tra il fiume e la strada del Borgo-Nuovo, quando
una luce intensa brill in direzione del porto. Non c'era da
illudersi; i Patagonesi incominciavano la danza. Forse stavano
per dare l'assalto senz'altra attesa e molto verosimilmente
proprio in faccia a lui, perch la sua cattiva stella l'aveva voluto
vicinissimo alla strada del Borgo-Nuovo.
Quale terrore non lo prese quando, precisamente su quella
strada, scoppi all'improvviso un grande baccano. Certo, e
Patterson lo sapeva, la strada era tagliata da un fossato che una
derivazione aveva riempito di acqua. Ma, nel momento del
pericolo, quella difesa che durante il giorno gli inspirava
fiducia, sembravagli assai debole! Vide il fossato guadato, la
spallata scavalcata, la citt invasa
Tuttavia i presunti assedianti avevano sostato in riva al fiume.
Patterson, troppo lontano per distinguere le parole, ud tuttavia
che si parlottava. Poi ci fu un grande rimescolo. Si
trascinavano assi, traversini, pertiche, con l'intenzione di
stabilire un ponte provvisorio. Qualche momento dopo,
Patterson, rassicurato, osserv sfilare i nuovi venuti. Le canne
dei loro fucili scintillavano debolmente sotto il raggio della
luna, la quale entrava nell'ultimo quarto. Alla testa marciava un
uomo robusto intorno al quale ci si stringeva. Il suo nome
correva di bocca in bocca. Era il Kaw-djer.
Patterson risent, ad un tempo, ira e gioia. Ira, perch detestava
il Kaw-djer sopra tutti, ma gioia altres sentendosi rassicurato
dalla presenza di tanti nuovi difensori.
Se il Kaw-djer arrivava da quella parte, voleva dire che veniva
effettivamente dal Borgo-Nuovo. Infatti, scorta nel buio la luce
dell'incendio che distruggeva il Borgo-Nuovo, egli aveva
ideato un piano d'azione. Varcando il fiume, sull'esempio dei
Patagonesi, a tre chilometri a monte, con la sua piccola armata
si era avviato attraverso la campagna nella direzione delle
fiamme che lo guidavano come un faro.
Dal numero dei fuochi di bivacco che brillavano al Sud della
citt, supponeva giustamente che vi fosse accampato il grosso
degli invasori. Nel quale caso, in direzione del Borgo-Nuovo,
non ne avrebbe trovato che un piccolo nucleo, facilmente
disperdibile. Fatto ci, avrebbero potuto entrare in Liberia,
tranquillamente, dalla strada.
Le cose si erano svolte conformi alle sue previsioni. Gli
incendiari del porto furono sorpresi mentre, per l'ira di non
avervi trovato nulla che valesse la pena di essere saccheggiato,
stavano ancora occupatissimi a compiere la distruzione. Giunti
senza la pi piccola resistenza fino a quel raggruppamento di
case trovate deserte completamente, erano cos tranquilli che
non si davano neppure il pensiero di vigilare.
Il Kaw-djer piomb su costoro come un fulmine. La fucileria
crepit intorno all'improvviso da tutte le parti.
I Patagonesi presero la fuga, lasciando nelle mani dei vincitori
altri quindici fucili e cinque prigionieri.
Non si tent di inseguirli. Le detonazioni potevano essere state
udite dall'altro lato del fiume e diveniva possibile un ritorno
offensivo. Senza attendere, gli Hostelliani ripiegarono su
Liberia. La battaglia non era durata dieci minuti.
Il ritorno inatteso del Kaw-djer non fu la sola emozione che il
destino serbasse a Patterson. Tre giorni dopo ne prov una
seconda, molto pi intensa, le cui conseguenze dovevano
divenire assai gravi.



Il suo turno di guardia lo aveva posto questa volta, dalle sei
della sera alle due di notte, sulla sponda alta del fiume, a un
centinaio di metri dal punto dove si appoggiava lo spalto
settentrionale. Tra lui e lo spalto erano scaglionate altre tre
sentinelle. Il posto non sembrava cattivo. Si era protetti da ogni
lato.
Quando Patterson vi giunse, ci si vedeva ancora e la posizione
gli sembr eccellente. Ma, poco a poco, scese la notte ed egli
venne ripreso dai soliti terrori. Daccapo tese l'orecchio ai pi
piccoli sussurri e scandagli con lo sguardo in tutti i sensi,
sforzandosi di sorprendere un possibile movimento sospetto.
Egli guardava lontano e il pericolo invece gli era vicinissimo.
Quale non fu il suo spavento, quando all'improvviso ud
chiamarsi sottovoce:
Patterson! si mormorava a due passi da lui. Egli
soffoc un grido pronto a sfuggirgli dalle labbra, perch, con
tono minaccioso, gli si ordinava gi sordamente:
Silenzio! Mi riconosci?
E poich l'Irlandese, incapace d'articolare parola, non
rispondeva:
Sirdey fu detto nell'ombra. Patterson respir. Parlava un
camerata. L'ultimo, per esempio, che avesse immaginato di
incontrare in un posto simile.
Sirdey? ripet interrogativamente, smorzando a sua
volta il tono della voce.
S Sii prudente Parla piano Sei solo? Non c'
nessuno intorno?
Patterson frug con gli occhi le tenebre.
Nessuno disse.
Non muoverti raccomand Sirdey. Resta in piedi
Che ti si veda Io mi avvicino, ma tu non voltarti dalla mia
parte.
Vi fu un fruscio tra l'erbe della sponda.
Eccomi disse Sirdey che rest steso a terra. Malgrado il
divieto, Patterson arrischi un'occhiata dalla parte del
compagno e constat che egli era bagnato dalla testa ai piedi.
Di dove vieni? interrog riprendendo l'atteggiamento di
prima.
Dal fiume Sono coi Patagonesi.
Coi Patagonesi! esclam sordamente Patterson.
S! Diciotto mesi fa, quando cio ho lasciato l'isola Hoste,
alcuni Indiani mi hanno fatto passare il canale del Beagle. Io
volevo andare a Punta-Arenas e di l in Argentina, o altrove.
Ma i Patagonesi mi hanno colto per strada.
Che hanno fatto di te?
Uno schiavo.
Uno schiavo! ripet Patterson. Ma ora sei libero, mi
sembra.
Guarda, rispose Sirdey semplicemente.
Patterson, obbedendo all'invito, distinse una corda che il suo
interlocutore gli mostrava e che sembrava legata alla sua
cintura. Ma avendo l'altro agitato la pretesa corda, egli
riconobbe che si trattava d'una sottile catena di ferro.
Ecco come sono libero riprese Sirdey. Senza contare
che l, a dieci passi, nascosti entro l'acqua fino al collo, ci sono
due Patagonesi che mi sorvegliano. Quando anche giungessi a
spezzare questa catena, di cui essi tengono l'altro capo, essi
saprebbero ben riprendermi prima che fossi lontano.
Patterson trem in modo cos evidente, che Sirdey se ne
avvide.
Che hai? chiese.
Due Patagonesi! balbett Patterson spaventato.
Non aver paura disse Sirdey. Non ti faranno niente.
Hanno bisogno di noi. Ho detto loro che potevo contare su te e
per conseguenza mi hanno mandato qui come ambasciatore.
Cosa vogliono? balbett Patterson.
Ci fu un momento di silenzio, prima che Sirdey si decidesse a
parlare.
Che tu li faccia entrare in citt.
Io? protest Patterson.
S, tu. Bisogna che tu lo faccia Ascolta! Per me
questione di vita o di morte. Quando caddi nelle loro mani,
divenni loro schiavo, te lo dissi. Mi hanno torturato in mille
modi. Un giorno hanno capito da alcune parole che mi sono
sfuggite, che io ero di Liberia. Ebbero l'idea di servirsi di me
per saccheggiare la citt, che conoscono gi per fama, e mi
hanno offerto la libert se volevo aiutarli. Io, tu comprendi
bene
Zitto! interruppe Patterson.
Una delle sentinelle vicine, stanca della sua immobilit, si
avanzava dalla loro parte. Ma a una quindicina di metri si
ferm, perch era arrivata al limite del settore sottoposto alla
sua sorveglianza.
Fa un po' fresco, questa sera rimarc l'Hostelliano prima
di tornare indietro.
S rispose Patterson con voce strozzata.
Buona sera, camerata!
La sentinella fece voltafaccia, s'allontan e sparve nell'ombra.
Sirdey riprese subito:
Io, capirai, ho promesso Allora, hanno organizzato la
spedizione, e mi hanno trascinato con loro, sorvegliandomi
notte e giorno. Ora essi mi costringono a mantenere la
promessa. Invece di trovare passaggio libero, hanno perduto
molta gente e cento prigionieri. Sono furiosi Questa sera ho
detto che avevo qualche intelligenza nella piazza, un camerata
che non avrebbe rifiutato di aiutarmi Ti avevo riconosciuto
da lontano Se scoprono che li ho ingannati, io sono un uomo
finito!
Mentre Sirdey lo metteva al corrente della sua storia, Patterson
rifletteva. Certo, avrebbe avuto piacere di vedere la citt
distrutta e tutti gli abitanti, il capo specialmente, massacrati o
dispersi. Ma quanti rischi avrebbe corso egli pure in simile
avventura! A conti fatti, Patterson si decise per la sua
tranquillit:
Cosa potrei fare? chiese freddamente.
Aiutarci a passare rispose Sirdey.,
Non avete bisogno di me, obbiett Patterson. La
prova n' la tua presenza qui.
Un uomo solo passa senza essere visto replic Sirdey.
Cinquecento uomini ben altro.
Cinquecento!
Perbacco! T'immagini forse che sia per fare una
passeggiata in citt che mi rivolgo a te? Per me Liberia
malsana, quanto la compagnia dei Patagonesi A proposito
Silenzio! ordin bruscamente Patterson.
Si udiva il rumore di passi che si avvicinavano e presto tre
uomini emersero dall'ombra. Uno di essi si accost a Patterson
e, smascherando una lanterna che teneva nascosta sotto il
mantello, ne proiett un istante la luce sulla faccia della
sentinella.
Nulla di nuovo? domand il nuovo venuto che altri non
era se non Hartlepool.
Nulla.
Tutto tranquillo?
S.
La ronda continu il suo cammino.
Dicevi? domand Patterson, quando essa fu
sufficentemente lontano.
Dicevo: a proposito che ne stato, degli altri?
Quali altri?
Dorick?
Morto.
Fred Moore?
Morto.
William Moore?
Morto.
Diavolo! E Kennedy?
Sta come me e come te.
Non possibile! riuscito a salvarsi?
Probabilmente.
Senza essere sospettato?
Bisogna crederlo, perch non ha mai cessato di circolare
liberamente.
Dov' ora?
Monta la guardia in qualche posto, da una parte o dall'altra.
Non so dove
Non potresti informartene?
Impossibile. Mi proibito di lasciare il mio posto.
D'altronde cosa vuoi da Kennedy?
Rivolgermi a lui giacch la mia proposta non ti piace.
E tu credi che io ti aiuterei? protest Patterson. Tu
credi che io aiuter i Patagonesi perch vengano a massacrarci
tutti?
Non c' pericolo afferm Sirdey. I camerati non
avranno nulla da temere, anzi avranno la loro parte nel bottino.
stabilito cos.
Uhm! mormor Patterson che sembrava poco
convinto. Tuttavia era un poco turbato. Vendicarsi degli
Hostelliani e nello stesso tempo arricchire da capo con le loro
spoglie, era cosa tentatrice! Ma come fidarsi delle promesse
di quei selvaggi? Una volta di pi, ebbe il sopravvento la
prudenza.
Coteste non sono che parole in aria disse decisamente.
E quand'anche lo volessimo, n Kennedy, n io, si potrebbe
far passare cinquecento uomini in incognito.
Non c' bisogno che entrino tutti in una volta obbiett
Sirdey. Una cinquantina, anche trenta, saranno sufficenti.
Mentre i primi sosterranno l'urto, gli altri passeranno.
Cinquanta, trenta, venti, dieci, sono ancora troppi.
la tua ultima parola?
La prima e l'ultima.
Dunque no?
Proprio no.
Non parliamone pi concluse Sirdey, che incominci a
strisciare nella direzione del fiume.
Ma quasi subito si ferm e rialz gli occhi su Patterson:
Sai, i Patagonesi pagherebbero.
Quanto?
La parola usc involontaria dalle labbra di Patterson. Sirdey si
riavvicin.
Mille piastre annunci.
Mille piastre! Cinquemila franchi! Malgrado l'importanza
della somma, Patterson, in altri tempi, non ne sarebbe stato
sbalordito. Il fiume gli aveva portato via molto di pi. Ma ora
non possedeva nulla. A stento, dopo un anno, a prezzo di
lavoro accanito, era riuscito ad economizzare venticinque
piastre, che costituivano tutta la sua ricchezza.
Senza dubbio, essa si sarebbe accresciuta adesso con maggiore
rapidit. Le occasioni non sarebbero mancate. Il pi duro, lo
sapeva per esperienza, sempre il primo risparmio. Ma mille
piastre! Guadagnare in un attimo quaranta volte il prodotto
di diciotto mesi di sforzi! Senza calcolare poi che poteva
ottenere anche pi, perch in qualsiasi mercato doveroso
contrattare.
Non troppo davvero! disse atteggiandosi a disgusto.
Per un affare dove si arrischia la pelle, bisognerebbe arrivare
almeno fino a duemila
In questo caso, buona sera replic Sirdey, abbozzando un
nuovo movimento di ritirata.
O, almeno, fino a millecinquecento prosegu Patterson,
senza lasciarsi intimidire dalla minaccia d'una rottura.
Ora si trovava sul suo terreno: quello del contrattare. Aveva
l'esperienza di certe transazioni. Che l'oggetto in gioco fosse
merce o coscienza, si trattava, pur sempre, di compra e vendita.
Ora le compere e le vendite sono sottomesse a regole
immutabili, che egli conosceva in ogni dettaglio. abituale,
ognuno lo sa, che il venditore richieda troppo, e che il
compratore non offra abbastanza. La discussione stabilisce
1'equilibrio. A contrattare c' sempre da guadagnar qualche
cosa, non mai da perdere. Ma poich il tempo strideva
Patterson si era rassegnato a doppiare le tappe ed ecco perch
era disceso d'un sol tratto da duemila piastre a
millecinquecento No disse Sirdey con fermezza.
Almeno fossero millequattrocento sospir Patterson si
potrebbe vedere! Ma mille piastre!
Patterson ebbe, come si suol dire, buon fegato.
Allora impossibile, dichiar tranquillamente.
A sua volta Sirdey fu inquieto. Un affare cos bene avviato!
Doveva dunque andare a monte per poche centinaia di
piastre? Egli torn indietro.
Dividiamo la pera propose. Si arriver a
milleduecento.
Patterson si affrett ad accettare.
solo per farti piacere, accondiscese. Vada pure per
milleduecento piastre!
Convenuto? chiese Sirdey.
Convenuto assent Patterson.
Restavano, tuttavia, da regolare i dettagli.
Chi mi pagher? riprese Patterson. Sono cos ricchi i
Patagonesi, da seminare cos mille e duecento piastre?
Poverissimi invece replic Sirdey ma sono in molti.
Si salasseranno pur di riunire la somma. D'altra parte non
ignorano che il saccheggio di Liberia render loro cento volte
di pi.
Non dico di no, concesse Patterson. Ma ci non mi
riguarda. A me interessa essere pagato. Come mi pagheranno?
Prima o dopo?
Met prima e met dopo.
No dichiar Patterson. Ecco le mie condizioni. Entro
domani sera ottocento piastre
Dove? interruppe Sirdey.
Dove sar di guardia. Cercami Per il resto, nel giorno
fissato, passeranno prima soli dieci uomini e il primo di essi mi
verser la somma. Se non mi si paga, chiamo. Se si paga, bocca
chiusa, e io filo da un'altra parte.
D'accordo approv Sirdey. - Per quando il passaggio?
La quinta notte dopo questa. Ci sar la luna nuova.
Dove?
Da me Nel mio recinto.
Ma appunto! disse Sirdey non vedo pi la tua casa.
L'ha travolta il fiume, un anno fa spieg Patterson Ma
non abbiamo bisogno della casa. Baster la palizzata.
demolita per tre quarti.
La riparer.
Benissimo! approv Sirdey. A domani.
A domani rispose Patterson.
Egli ud frusciare tra l'erba, poi un debole gorgoglo gli fece
capire che Sirdey entrava prudentemente nel fiume e nulla
turb pi il silenzio notturno.
Il giorno dopo, con grande meraviglia dei compagni, si vide
Patterson intento a riparare la palizzata mezzo divelta, che
limitava il suo recinto.
Parve a tutti che il momento non fosse troppo propizio a simile
lavoro. Ma il terreno era suo, dopo tutto. Ne aveva in tasca i
titoli di propriet, dei quali, dopo l'inondazione, gli si era
rilasciato, il duplicato. Aveva quindi il diritto di utilizzarlo
come meglio gli piaceva.
Lavor tutta la giornata. Dal mattino alla sera, rialz i pali, li
riun merc solide traverse, ottur le connessure con altre assi,
indifferente ai commenti che poteva destare.
La sera volle il caso che fosse posto di sentinella sullo spalto
meridionale, in faccia alle montagne che si rizzavano da quella
parte. Mont di guardia senza dir nulla e attese con pazienza
gli avvenimenti. Il suo turno giunse pi presto del giorno
prima. Era ancora giorno, ma non doveva smontare che a notte
fatta e Sirdey avrebbe avuto tutto l'agio per avvicinarsi allo
spalto. A meno
A meno che la proposta dell'antico cuoco del Jonathan non
fosse seria. Non era infatti possibile che si fosse teso un laccio
a Patterson e che egli vi si fosse lasciato stupidamente
prendere? L'Irlandese fu tosto tranquillizzato a questo riguardo.
Sirdey era l, di fronte a lui, nascosto entro l'erbe, invisibile per
tutti, ma visibile a un occhio prevenuto.
A poco a poco scese la notte. La luna, nel suo ultimo quarto,
solo all'alba avrebbe mostrato all'orizzonte la minuscola
falciuola. Appena l'oscurit divenne profonda, Sirdey strisci
fino al complice, poi ripart senza destare l'attenzione di
nessuno. Tutto era andato second il convenuto. Le due parti si
trovavano in perfetto accordo.
La quarta notte dopo questa aveva mormorato in un
soffio Patterson.
Sta bene aveva risposto Sirdey.
Che non si dimentichino le piastre! Senza di che non si fa
nulla.
Sii tranquillo.
Sirdey, dopo il breve dialogo, si allontan. Ma prima aveva
deposto ai piedi del traditore un sacco, che, toccando terra,
diede un suono cristallino. Erano le ottocento piastre promesse.
Era il salario di Giuda.
IX.
LA PATRIA HOSTELLIANA.
Il giorno dopo Patterson continu a riparare la palizzata.
Tuttavia egli immaginava i commenti che doveva suscitare la
sua occupazione insolita ed ora, che era stato pagato a mezzo,
aveva tutto l'interesse a farli cessare. Perci approfitt della
prima occasione favorevole, per dare una spiegazione
semplicissima.
L'occasione anzi la provoc egli stesso, andando da Hartlepool
di buon mattino per chiedergli arditamente di essere posto di
sentinella da ora in poi esclusivamente nel suo recinto.
Proprietario rivierasco, era pi logico che facesse la guardia in
casa sua, anzich cedere il suo posto a un altro, per essere
mandato poi altrove.
Hartlepool, che non provava per lui simpatia alcuna, non
poteva per muovergli nessun rimprovero. Anzi, sotto certi
riguardi, Patterson meritava la sua stima.
Era un uomo tranquillo, un lavoratore infaticabile. D'altronde
non vedeva motivo per non accogliere favorevolmente la sua
domanda.
Avete scelto uno strano momento per compiere le vostre
riparazioni, gli fece tuttavia osservare.
Tranquillamente l'Irlandese rispose che non ne avrebbe potuto
trovare uno pi propizio. I lavori pubblici si erano arenati ed
egli ne approfittava per occuparsi dei suoi interessi personali.
Cos non sciupava il tempo. La spiegazione appariva
naturalissima e calzava a pennello con le abitudini laboriose di
Patterson. Hartlepool ne fu pago.
Per il resto siamo d'accordo concluse senza insistere.
Dava cos poca importanza alla decisione presa, che non
ritenne neppure necessario informare il Kaw-djer.



Fortunatamente, per l'avvenire della colonia Hostelliana un
altro si incaricava nello stesso momento di destare i sospetti del
Governatore. Il giorno prima, nel momento in cui Patterson
giungeva al suo posto di fazione, egli non era solo, come a
torto credeva. A meno di venti metri, Dick era coricato tra
l'erba. Del resto egli non vi si trovava punto per spiare
l'Irlandese: il caso l'aveva guidato. Dick non si preoccupava in
modo alcuno di Patterson.
Quando questi venne a prender posto a pochi passi da lui, egli
non gli rivolse che un'occhiata distratta e si rimise subito
all'occupazione assorbente di sorvegliare oh! a titolo
ufficioso, perch la sua et lo dispensava dalla guardia i fatti
e i gesti dei Patagonesi, i nemici feroci che facevano tanto
lavorare la sua immaginazione d'adolescente. Se l'Irlandese non
fosse stato cos intento a cercare lontano Sirdey, forse avrebbe
veduto il ragazzo, che non si nascondeva e che gli sterpi
dissimulavano solo a met.
Dick, invece, come si detto, vide Patterson perfettamente, ma
senza notarlo pi di quanto non avrebbe notato qualsiasi altra
sentinella Hostelliana. Presto, anzi, dimentic la sua presenza,
assorbito da una scoperta straordinaria che richiamava tutta la
sua attenzione. Che aveva dunque veduto, laggi, lontanissimo,
dalla parte dei Patagonesi, nascosto dietro uno dei boschetti
innumerevoli, sparsi sui primi pendii delle montagne? Un
uomo?
No, non un uomo, un volto. Neppure un volto, null'altro che
una fronte e due occhi fissi nella direzione di Liberia. Quella
fronte e quegli occhi appartenevano a uno degli Indiani, dei
quali pi lungi si scorgevano gruppi numerosi in movimento.
Senza esitare Dick rispose negativamente. Non soltanto aveva
la certezza che quella fronte e quegli occhi non fossero di un
Indiano, ma metteva anche un nome sulla parte di quel viso, un
nome che era il vero, il nome di Sirdey.
Perbacco! Lo conosceva bene, l'avrebbe riconosciuto fra mille
quel Sirdey che stava con gli altri nella grotta, nel giorno in cui
Sand aveva arrischiato di morire! Che veniva a fare l
quell'essere nefasto? Istintivamente Dick si era appiattato
dietro i ciuffi di erbe. Senza spiegarsene il perch, ora non
voleva essere veduto.
Il tempo passava: il lungo crepuscolo delle alte latitudini si
cangi poco a poco in notte profonda. Dick rimase
ostinatamente rannicchiato nel nascondiglio, con l'occhio e
l'orecchio in agguato. Ma il tempo scorse, senza che egli
percepisse alcuna luce, alcun rumore. Tuttavia, a un certo
punto, credette di distinguere nell'ombra un'altra ombra mobile
che strisciava per terra, che si avvicinava a Patterson; credette
di udire fruscii misteriosi, un sussurrar di voci, un tintinno
metallico, come di monete d'oro che si urtassero Ma non era
che una impressione, una sensazione vaga e imprecisa.
Finito il suo turno, l'Irlandese si allontan. Dick non lasci il
suo posto e, fino all'alba, tenne gli orecchi e gli occhi aperti
alle sorprese delle tenebre. Perseveranza inutile. La notte
trascorse tranquilla e quando il sole si lev non era accaduto
nulla d'insolito.
Dick pens immediatamente di recarsi dal Kaw-djer. Tuttavia,
non sapendo bene se il passare la notte all'aperto fosse o no
cosa lecita, anzich metterlo subito al corrente, tast
prudentemente il terreno.
Governatore, devo dirvi qualche cosa incominci.
Poi, dopo una sapiente sospensione, precipitosamente
soggiunse: Ma non mi sgriderete per!
Secondo, rispose il Kaw-djer sorridendo. Perch non
dovrei sgridarti se tu avessi fatto qualcosa di male?
Alla domanda, Dick rispose con un'altra domanda. Era un gran
politico messer Dick!
Passare tutta la notte sullo spalto meridionale una brutta
cosa, Governatore?
Secondo quello che facevi sullo spalto meridionale.
Guardavo i selvaggi.
Tutta la notte?
Tutta la notte.
Perch?
Per sorvegliarli.
E perch sorvegliarli? Non ci sono le sentinelle?
Perch, insieme ad essi, ho visto qualcuno che conosco.
Qualcuno che tu conosci coi Patagonesi? esclam il
Kaw-djer al colmo dello stupore.
S, Governatore.
E chi dunque?
Sirdey.
Sirdey! Il Kaw-djer pens repentinamente a ci che gli
aveva detto Athlinata. Sirdey era dunque l'uomo bianco, nelle
promesse del quale l'Indiano riponeva tanta fiducia?
Ne sei sicuro? chiese vivamente.
Sicuro, Governatore afferm Dick. Ma non sono
sicuro del resto
Del resto? Che c' ancora?
Quando stato buio, mi parso che qualcuno si avvicinasse
allo spalto.
Sirdey?
Non lo so Qualcuno Dopo m' sembrato che risuonasse
qualche cosa forse dollari Ma non sono sicuro
Chi era di guardia in quel posto?
Patterson, Governatore.
Quel nome suonava male al Kaw-djer, che quelle strane
novelle immergevano in profonde riflessioni. Quanto aveva
veduto e udito Dick, o meglio quanto aveva creduto di vedere e
di udire, poteva avere qualche rapporto col lavoro intrapreso da
Patterson? O poteva spiegare l'inazione degli assedianti,
inazione della quale gli assediati cominciavano a sentirsi
immensamente sorpresi? I Patagonesi calcolavano forse su altri
mezzi che non la forza, per impadronirsi di Liberia e
perseguivano, nell'ombra, l'esecuzione di qualche piano
tenebroso?
Tutte domande che restavano senza risposta. In ogni modo, le
informazioni troppo vaghe e troppo imprecise non
permettevano di prendere una risoluzione in qualsiasi senso.
Bisognava aspettare e soprattutto sorvegliare Patterson, dal
momento che, ingiustamente forse, il suo contegno sembrava
losco.
Non hai fatto niente di male disse il Kaw-djer a Dick che
aspettava la sua sentenza anzi hai fatto molto bene. Ma tu
mi devi dare la tua parola di non ripetere ad alcuno quanto mi
hai raccontato.
Dick stese la mano con solennit.
Lo giuro, Governatore. Il Kaw-djer sorrise.
Va bene disse. Ora va' a dormire per guadagnare il
tempo perduto. Ma non dimenticare. A nessuno, capisci.
Neanche ad Hartlepool, neanche al signor Rhodes Ho detto:
a nessuno.
Dal momento che ho giurato, Governatore fece osservare
Dick con importanza.
Il Kaw-djer, desideroso di ottenere qualche informazione
complementare, senza rivelare nulla di ci che aveva saputo, si
diede a cercare subito Hartlepool.
Nulla di nuovo? gli chiese avvicinandosi.
Nulla, signore rispose Hartlepool.
La guardia fatta regolarmente? la cosa principale, lo
sapete. Bisogna che ispezioniate di persona, per assicurarvi che
ognuno adempia il suo dovere.
Non manco di farlo afferm Hartlepool. Tutto va
bene.
Non si lamentano del servizio faticoso?
No, signore. Son tutti troppo interessati in proposito.
Neppure Kennedy?
Lui? uno dei migliori. Una vista superba. E
un'attenzione! Per quanto non sia gran che, il marinaio
sempre pronto al bisogno.
N Patterson
Neppure. Nulla da dire A proposito di Patterson, non
meravigliatevi se non lo vedrete pi. Ormai monter la guardia
in casa sua, sulla riva del fiume.
Perch?
Me lo ha chiesto. Non ho creduto di rifiutarglielo.
Avete fatto bene, Hartlepool approv il Kaw-djer,
allontanandosi. Continuate a vigilare. Ma se fra qualche
giorno i Patagonesi faranno ancora il morto, andremo a trovarli
noi.
Le cose cominciavano a delinearsi con evidenza. Patterson
aveva avuto uno scopo presentando ad Hartlepool la domanda
e questi, non essendo prevenuto, non poteva trovarvi alcun
carattere sospetto. Per il Kaw-djer era altrimenti. La
ricomparsa di Sirdey, i probabili conciliaboli fra i due uomini,
la palizzata rifatta e, finalmente, la domanda di Patterson che
dimostrava il suo desiderio di non lasciare il suo recinto e di
tenerne lontani gli altri, tutti questi fatti convergevano e
tendevano a provare
Ma no: non provavano niente, in fin dei conti e tutto ci non
era sufficiente per incriminare l'Irlandese. Non si poteva che
raddoppiare di prudenza e vigilare pi che mai.
Patterson, ignorando i sospetti che gravavano su di lui,
continuava tranquillamente il lavoro incominciato. I pali si
rizzavano di nuovo, si univano gli uni con gli altri. Gli ultimi
vennero piantati nella stessa acqua del fiume e resero il recinto
impenetrabile allo sguardo.
Nel giorno da lui stabilito, il quarto dopo la seconda intervista
con Sirdey, il lavoro fu terminato. Da commerciante leale
aveva mantenuto i suoi impegni all'epoca fissata. Agli
acquirenti non restava pi che farsi avanti.
Il sole tramont. Venne la notte. Una notte senza luna e quindi
profondamente oscura. Dietro la palizzata del recinto, Patterson
attese, fedele all'appuntamento.
Ma non si pensa mai a tutto. La chiusura cos impenetrabile
che poneva lui al riparo dagli sguardi altrui, rimetteva nello
stesso tempo gli altri al riparo dai suoi. Se nessuno poteva
vedere quello che accadeva in casa sua, egli non poteva
nemmeno veder pi quello che accadeva all'esterno. Tutto
intento a sorvegliare la riva opposta del fiume, non si accorse
quindi che un gruppo numeroso di uomini circondava
silenziosamente il recinto, n che altri uomini prendevano
posizione alle due estremit della palizzata.
Era quasi la mezzanotte, quando i dieci primi Patagonesi
guadarono il fiume e guadagnarono il recinto. Nessuno aveva
potuto vederli, almeno cos ritenevano. Dietro essi seguivano
quaranta guerrieri e dietro i guerrieri tutta l'orda Importava
poco che essa venisse scoperta prima che tutti avessero toccato
terra, purch in quel momento fossero passati abbastanza
uomini per dare ai compagni il tempo di passare a loro volta.
Se anche i primi avessero dovuto farsi uccidere, la messe
sarebbe rimasta egualmente agli altri.
Uno degli Indiani tese a Patterson una manata d'oro, che questi
trov assai leggera.
Non abbastanza osserv per ogni evento. Il Patagonese
non ebbe l'aria di comprendere.
Patterson si sforz di spiegarsi con segni e, a titolo di prova, si
sent in obbligo di controllare la somma, facendo scivolare ad
una ad una dalla mano destra alla sinistra le monete, che
seguiva con lo sguardo e con la testa chinata.
Un colpo violento alla nuca lo tramort all'improvviso. Egli
cadde, fu imbavagliato, legato e gettato in un canto, senz'altra
forma di processo. Era morto? Gli Indiani non se ne curarono.
Se viveva ancora, sarebbe stata partita rimessa, ecco tutto! Per
il momento mancava il tempo di assicurarsene. Pi tardi
avrebbero finito con comodo quel traditore, se ce ne fosse stato
il bisogno, dopo avere spogliato il cadavere del prezzo del
tradimento.
I Patagonesi si avvicinarono alla riva strisciando. Tenendo alte
le armi sull'acqua, altri fantasmi giungevano a riva gli uni dopo
gli altri e riempivano il recinto. Ben presto furono pi di
duecento.
Repentinamente, dalle due estremit della palizzata, scoppi
una violenta scarica di fucileria. Gli Hostelliani, entrati in
acqua fino alla cintola, prendevano il nemico alle spalle. Gli
Indiani, smarriti, restarono un istante immobilizzati, poi, i
proiettili scavando nella massa solchi sanguinosi, corsero verso
la palizzata. Ma anche la cima del riparo fu presto coronata da
fucili che vomitavano, a loro volta, la morte. Allora, spaventati,
smarriti, impazziti, si misero a correre girando stupidamente
intorno al recinto, come selvaggina offrentesi all'arma del
cacciatore. In pochi minuti, perdettero la met del loro
effettivo. Finalmente, ritrovando un po' di sangue freddo, i
superstiti si riversarono verso il fiume, malgrado i fuochi
convergenti che ne difendevano le sponde, e nuotarono verso
l'altra riva con tutta la forza delle loro braccia.
A quei colpi di fucile, altre detonazioni lontane avevano
risposto, eco di un secondo combattimento che si svolgeva
sulla strada.
Nella supposizione che i Patagonesi avessero concentrati tutti i
loro sforzi nel punto in cui credevano di penetrare senza colpo
ferire e che non avessero quindi lasciato a guardia del campo
che forze insignificanti, il Kaw-djer aveva sbozzato tutto un
piano eccellente.
Mentre il maggior numero degli uomini di cui poteva disporre
veniva riunito sotto i suoi ordini diretti intorno al recinto di
Patterson, ove prevedeva si sarebbe svolta l'azione principale,
un'altra spedizione era pronta a varcare lo spalto meridionale
sotto il comando d'Hartlepool, per operare una diversione nel
campo dei Patagonesi.
Questo secondo gruppo segnalava ora la sua presenza. Senza
dubbio, ora, era alle prese coi pochi guerrieri rimasti a custodia
dei cavalli. Anche quella scarica di fucileria, del resto, non
dur che pochi istanti. Ambedue i combattimenti erano stati
ugualmente brevi.
Scomparsi i Patagonesi, il Kaw-djer si spinse verso il Sud e
incontr subito la truppa comandata da Hartlepool, mentre
risaliva lo spalto per rientrare in citt.
La spedizione era meravigliosamente riuscita. Hartlepool non
aveva perduto neppure un uomo ed anche le perdite del
nemico, del resto, dovevano essere nulle. Ma, risultato molto
pi utile, avevano catturato quasi trecento cavalli, che
riconducevano seco.
La lezione troppo severa ricevuta dai Patagonesi toglieva
dall'ordine delle cose probabili un ritorno offensivo da parte
loro. La guardia fu tuttavia organizzata come nelle sere
precedenti, e, solo dopo essersi assicurato della sicurezza
generale, il Kaw-djer ritorn nel recinto di Patterson.
Alla luce pallida delle stelle, il suolo gli apparve tutto seminato
di cadaveri e di feriti, dei quali, nella notte, si udivano i
lamenti. Egli si affrett a soccorrerli.
Ma dove giaceva Patterson? Lo scoprirono finalmente sotto un
mucchio di corpi, imbavagliato, legato, svenuto. Era anch'egli
una vittima forse? Il Kaw-djer si rimproverava gi d'averlo
giudicato ingiustamente, quando, nel momento in cui veniva
rialzato, dalla cintura gli scivolarono fuori alcune monete d'oro,
che caddero per terra.
Il Kaw-djer, accorato, distolse gli sguardi.
Con generale sorpresa, Patterson fu condotto in prigione, dove
il medico di Liberia, chiamato, dovette andare a prestargli le
sue cure. Questi assicur poi il Governatore che l'Irlandese non
era in pericolo, e si sarebbe anzi completamente rimesso in
breve tempo.
Il Kaw-djer non rimase soddisfatto della notizia. Avrebbe
preferito assai di pi, che tale vicenda dolorosa si fosse risolta
da se stessa con la morte del colpevole. La sopravvivenza del
colpevole, invece, implicava necessariamente un seguito
penoso. Non si poteva infatti risolverla con un atto di
clemenza, come quello di cui aveva beneficiato Kennedy.
Questa volta vi era interessata la popolazione intera e nessuno
avrebbe compreso l'indulgenza verso un miserabile che,
freddamente, aveva tentato di sacrificare un numero cos
grande di uomini alla sua insaziabile cupidigia. Bisognava
dunque procedere al giudizio e punire, fare atto da giudice e da
padrone. Ora, nonostante l'evoluzione delle sue idee, quegli atti
ripugnavano in sommo grado al Kaw-djer.
La notte trascorse senz'altri incidenti. Tuttavia, superfluo
dire, che a Liberia non si dorm. Nelle case e nelle strade tutti
si intrattenevano febbrilmente sopra i gravi avvenimenti
accaduti, felicitandosi del modo con cui erano stati risolti. Ne
facevano risalire il merito al Kaw-djer, che aveva cos
esattamente indovinato il piano nemico.



Si era nel solstizio d'estate. La notte vera durava a stento
quattro ore. Gi, fino dalle due mattino, il cielo si imporpor
dei primi chiarori dell'alba. Simultaneamente, tutti gli
Hostelliani si riversarono sullo spalto meridionale, da cui si
poteva scorgere la linea del campo nemico.
Un'ora dopo, urr di gioia sfuggirono da tutti i petti. Nessun
dubbio: i Patagonesi iniziavano i preparativi della partenza. Ci
non sorprendeva, perch il macello della notte precedente
aveva dovuto insegnare loro che nell'isola Hoste non c'era nulla
da fare. Con gioia orgogliosa si faceva il bilancio delle loro
perdite. Pi di quattrocento cavalli, di cui trecento presi e gli
altri ammazzati durante l'invasione, o nella scaramuccia del
Borgo-Nuovo. Ne restavano forse appena trecento a quegli
intrepidi cavalieri. Pi di duecento uomini, dei quali cento
prigionieri nella fattoria Rivire, e un maggior numero uccisi o
feriti negli scontri successivi e specialmente nell'ecatombe del
recinto di Patterson. Ridotti a quasi un terzo del loro effettivo,
quasi la met dei superstiti trasformati in fanti, era naturali che
gli Indiani non desiderassero fermarsi ancora in quella regione
lontana, ove avevano ricevuto cos dura accoglienza.
Verso le otto, un grande movimento percorse l'orda e la brezza
port a Liberia un vociferare spaventoso. Tutti i guerrieri si
riversavano sopra un sol punto, come se assistessero a uno
spettacolo che gli Hostelliani non potevano vedere. La distanza
non permetteva infatti di distinguere i dettagli. Si scorgeva
soltanto il formicolare generale dell'orla e tutti gli urli
individuali si fondevano in un clamore immenso.
Che facevano? In quali violente discussioni si erano
impegnati?
La cosa dur a lungo. Almeno un'ora. Poi, parve, che la
colonna si organizzasse. Si divise in tre gruppi: i guerrieri
appiedati al centro, preceduti e seguiti da uno squadrone di
cavalieri. Uno dei guerrieri d'avanguardia portava alta, al di
sopra delle teste, qualche cosa che non si poteva ben definire.
Una cosa rotonda Si sarebbe detta una palla infissa sopra un
bastone
L'orda si mosse verso le dieci. Regolandosi sul passo dei
pedoni, sfil lentamente sotto gli occhi dei Liberiani. Il
silenzio, ora, da una parte e dall'altra, era profondo. Non pi
vociferazioni dalla parte dei vinti, non urr fra i vincitori.
Nel momento in cui la retroguardia dei Patagonesi si metteva
in marcia, corse un ordine fra gli Hostelliani. Il Kaw-djer
chiedeva che tutti i coloni capaci di montare a cavallo si
presentassero immediatamente. Chi avrebbe creduto che
Liberia possedesse un numero cos grande di abili cavallerizzi?
Quasi tutti si offersero, animosi di prendere parte all'ultimo atto
del dramma. Si dovette scegliere. In meno di un'ora fu riunita
una piccola armata di trecento uomini. Comprendeva cento
pedoni e duecento cavalieri e, col Kaw-djer alla testa, i trecento
uomini si mossero, raggiunsero la strada e sparvero verso il
Nord, dietro l'orda in ritirata. Sopra alcune barelle i coloni
trasportavano i feriti raccolti nel recinto di Patterson, la
maggior parte dei quali non avrebbero raggiunto viventi il
litorale americano Si fece una prima sosta alla fattoria dei
Rivire. Tre quarti d'ora prima i Patagonesi erano passati
davanti alla palizzata, ma questa volta senza tentare di
superarla. Nascosta dietro il baluardo, la guarnigione li aveva
visti sfilare e bench non si fosse ancora al corrente degli
avvenimenti accaduti nella notte precedente, nessuno di quelli
che la componevano aveva avuto il pensiero di scaricare una
fucilata contro gli Indiani. Avanzavano con l'aspetto cos
depresso e stanco, che non si dubit della loro disfatta. Non
serbavano pi nulla che intimorisse. Non erano pi nemici, ma
infelici, che destavano piet.
Uno dei cavalieri di avanguardia portava ancora in cima a una
picca quell'oggetto rotondo, che si era gi scorto dagli spalti di
Liberia. Ma, al pari dei Liberiani, anche la guarnigione della
fattoria Rivire non aveva potuto riconoscere cosa fosse quello
strano oggetto.
Per ordine del Kaw-djer, si sbarazzarono i prigionieri
patagonesi dai loro legami e si spalancarono le porte dinanzi ad
essi. Gli Indiani non si mossero. Evidentemente non credevano
alla libert e, giudicando gli altri da s stessi, temevano di
cadere in un agguato.
Il Kaw-djer si avvicin a quell'Athlinata, col quale aveva gi
scambiata qualche parola.
Che aspettate? chiese.
Conoscere la sorte che ci riserbata rispose Athlinata.
Non temete di nulla afferm il Kaw-djer. Siete liberi.
Liberi! ripet l'Indiano sorpreso.
S, i guerrieri Patagonesi hanno perduto la battaglia e
ritornano in patria. Partite con loro. Siete liberi. Direte ai vostri
fratelli che gli uomini bianchi non hanno schiavi e che essi
sanno perdonare. Possa tale esempio renderli pi umani!
Il Patagonese guard il Kaw-djer dubitoso, poi, seguito dai
compagni, si avvi a passi lenti. La truppa disarmata pass fra
la doppia siepe della guarnigione silenziosa, usc dalla cinta e
prese a destra, verso il Nord. A cento metri lontano, il Kaw-
djer e i suoi trecento uomini la scortavano sbarrando la strada
del Sud.
Verso sera fu scorto il grosso degli invasori, accampati per la
notte. Nessuno durante la ritirata li aveva molestati, non era
stata sparata una sola fucilata. Ma tale prova di misericordia da
parte degli avversari non valse a tranquillizzarli, e vedendo che
si avvicinava una cos grande massa di cavalieri e di fanti,
furono assaliti da viva inquietudine. Gli Hostelliani sostarono a
due chilometri per rassicurarli, mentre i prigionieri liberati,
traendo seco i feriti, continuavano il cammino per raggiungere
i compagni.
Quali dovettero essere i pensieri degli Indiani tanto selvaggi,
quando rividero liberi coloro che essi ritenevano gi schiavi?
Athlinata fu mandatario fedele? E gli altri conobbero le parole
che egli doveva loro ripetere? Avrebbero paragonato i suoi
fratelli, come lo sperava il Kaw-djer, il loro solito modo di
procedere con quello di quei bianchi che essi volevano
crudelmente sterminare e che li trattavano invece con tanta
clemenza?
Il Kaw-djer non l'avrebbe mai saputo, ma se anche la sua
generosit fosse riuscita inutile, non era uomo da rimpiangerla.
Solo continuando a spargere il buon grano, la semente finisce
per cadere entro la zolla fertile.
Durante tre giorni ancora, la marcia continu verso il Nord
senza incidenti. Talora appariva qualche colono sulle colline e
guardava a lungo l'orda e la truppa che la seguiva.
Finalmente, la sera del quarto giorno, i Patagonesi pervennero
al punto stesso dov'erano sbarcati. L'indomani all'alba, essi
spinsero in mare le piroghe che avevano nascoste fra le rocce
del litorale.
Alcune, cariche di soli uomini, volsero la prora all'Ovest per
costeggiare la Terra del Fuoco, le altre, oltrepassando il canale
del Beagle, andarono a prender terra nella grande isola che i
cavalieri avrebbero attraversata. Ma dietro lasciarono qualche
cosa.
In cima a una lunga pertica piantata nell'arena della spiaggia,
abbandonarono quell'oggetto rotondo, portato fino da Liberia
con s strana ostinatezza.
Quando l'ultima piroga scomparve all'orizzonte, gli Hostelliani,
avvicinatisi alla riva, poterono scorgere con orrore che il trofeo
era una testa umana. Pochi passi ancora e riconobbero la testa
di Sirdey.
Tale scoperta li riemp di stupore. Nessuno sapeva spiegarsi in
quale modo Sirdey, scomparso da lunghi mesi, si trovasse coi
Patagonesi. Il Kaw-djer solo non ne fu sorpreso.
Conosceva, o meglio sospettava, la parte avuta dall'antico
cuoco del Jonathan e il dramma gli appariva con chiarezza.
Sirdey era l'uomo bianco, nel quale gli Indiani nutrivano ampia
fiducia. Essi si erano mendicati dell'insuccesso.
Il mattino dopo, il Kaw-djer si incammin verso Liberia. Vi
entrava la sera del 30 dicembre con la sua scorta estenuata.
L'isola Hoste aveva conosciuto la guerra. Grazie a lui, essa
usciva illesa dalla prova e gli invasori erano cacciati fino
all'ultimo dal suo territorio. Ma alla terribile avventura
mancava ancora l'ultima parola. Restava un dovere crudele da
compiere.
Patterson, nel carcere in cui lo detenevano, si sentiva agitato
dal susseguirsi di sentimenti diversi. Prima di tutto, lo stupore
di essere imprigionato. Che gli era mai accaduto? Poi,
lentamente, ricord Sirdey, i Patagonesi, il loro orribile
tradimento E dopo cos'era avvenuto? Se i Patagonesi fossero
riusciti vincitori, avrebbero certo finito di massacrarlo ed egli
sarebbe gi morto. Poich si destava invece in quella prigione,
doveva concluderne ch'erano stati respinti. Stando cos le cose,
dal momento che l'avevano incarcerato, voleva dire che il suo
tradimento era noto! E in tal caso che cosa non aveva da
temere? Allora Patterson trem. Tuttavia, riflettendo meglio,
si tranquillizz. Poteva esistere un dubbio a suo carico, sia, ma
la certezza no! Nessuno lo aveva veduto, nessuno lo aveva
colto sul fatto, ci era sicuro. Dunque, egli sarebbe uscito
incolume da tale avventura, la quale non si poteva saldare che
con profitto vistoso.
Cerc il suo oro e non lo trov. Eppure non aveva sognato! Lo
aveva ricevuto! Quanto? Non sapeva esattamente. Per non le
milleduecento piastre stipulate, poich quei malfattori lo
avevano derubato, ma almeno novecento, forse mille. Chi era
stato il ladro del suo oro? I Patagonesi? Forse. Ma pi
verosimilmente i suoi carcerieri.
Allora il cuore di Patterson si gonfi di collera e odio. Indiani e
coloni, fossi e bianchi, contro tutti, ugualmente ladri e vili, egli
imprec con uguale furore!
Da allora non ebbe pi riposo. Angosciato, non vivendo che
per odiare, esitante fra mille ipotesi, attese con impazienza
febbrile di conoscere la verit. Ma coloro che Io detenevano
non si preoccupavano della sua ira impotente e i giorni
succedettero ai giorni, senza modificare la sua situazione.
Pareva l'avessero dimenticato.
Egli usc finalmente di carcere il 31 Dicembre, sotto la guardia
di quattro uomini armati, dopo pi di una settimana di
prigionia. Ora avrebbe saputo!
Ma, giungendo sul piazzale del governo, si ferm interdetto.
La scena appariva realmente imponente, perch il Kaw-djer
aveva voluto circondare di solennit il giudizio che si stava per
formulare contro il traditore. Dinanzi al Palazzo del Governo si
rizzava una tribuna elevata, nella quale presero posto, oltre al
Kaw-djer, i tre membri del Consiglio e il giudice titolare,
Ferdinando Beauval. Ai piedi del tribunale stava il posto
riservato all'accusato. Pi indietro, trattenuta da steccati, si
addensava la popolazione intera di Liberia.
Quando apparve Patterson, scoppi, da mille petti, un grido di
riprovazione. Un cenno del Kaw-djer impose silenzio.
Incominci subite l'interrogatorio dell'accusato. L'Irlandese
insistette a negare sistematicamente. Ma era facile cosa
persuaderlo delle sue menzogne. Il Kaw-djer, una dopo l'altra,
enumer le accuse che gravavano su di lui. Anzitutto la
presenza di Sirdey fra i Patagonesi. Sirdey era stato veduto
effettivamente e d'altronde la sua presenza non risultava pi
dubbia, perch gli Indiani, furenti per il loro insuccesso,
avevano issato la sua testa come trofeo di vendetta. Patterson,
alla notizia della morte del suo complice, trasal. Quella morte
per lui era un presagio funebre. Il Kaw-djer continu la
requisitoria.
Non solo Sirdey stava fra i Patagonesi, ma si era abboccato con
Patterson e in seguito all'accordo concluso fra loro, egli,
Patterson, aveva ripreso possesso del suo terreno, riattata la
cinta, e chiesto infine di montarvi la guardia esclusivamente. I
Patagonesi stessi avevano fornito la prova dell'intesa criminale,
entrando nel recinto di Patterson, e l'oro trovato su di lui ne era
prova ancora pi palese. Poteva egli spiegare la provenienza
dell'oro trovato in suo possesso, egli che un anno prima, per
sua confessione, aveva perduto quanto possedeva? Patterson
abbass il capo. Si sent perduto.
Finito l'interrogatorio, il Tribunale deliber, poi il Kaw-djer
pronunci la sentenza. I beni del colpevole erano confiscati. Il
terreno, al pari dell'oro, prezzo del delitto, ritornavano allo
Stato. Inoltre, Patterson era condannato all'esilio perpetuo, e il
territorio dell'isola Hoste gli veniva interdetto per sempre.
La sentenza fu eseguita immediatamente. L'Irlandese venne
condotto alla rada, a bordo d'una nave in partenza, ove doveva
restare prigioniero, con le catene ai piedi, le quali non gli
sarebbero state tolte che fuori delle acque hostelliane.
Mentre la folla s'allontanava, il Kaw-djer si ritirava nel
Palazzo. Aveva bisogno di essere solo per calmare la sua anima
agitata. Chi avrebbe detto, un giorno, che egli, feroce
egualitario, sarebbe giunto ad erigersi giudice di un altro
uomo? Egli, l'amante appassionato della libert, a ripartire la
terra, propriet comune dell'umanit, a erigersi a padrone di
una frazione del vasto mondo, ad arrogarsi il diritto di
interdirne l'accesso a uno dei suoi simili? Eppure egli aveva
fatto tutto questo e se ne sentiva commosso, ma non pentito.
Aveva agito bene: ne era sicuro. La condanna del traditore
compiva il miracolo cominciato dalla lotta contro i Patagonesi.
L'avvenimento costava il Borgo-Nuovo, ridotto in cenere, ma
la trasformazione avvenuta si pagava a buon mercato. Il
pericolo corso da tutti, gli sforzi compiuti in comune, avevano
creato fra gli emigranti un legame, di cui essi stessi ignoravano
la forza. Prima del succedersi di tali avvenimenti, l'isola Hoste
non era che una colonia, ove erano fortuitamente rimasti gli
uomini di venti nazionalit diverse. Ora i coloni avevano
ceduto il posto agli Hostelliani. L'isola Hoste era ormai la
Patria.
PARTE QUINTA
I.
CINQUE ANNI DOPO.
Cinque anni dopo gli avvenimenti test raccontati, la
navigazione nei paraggi dell'isola Hoste non presentava pi ne
le difficolt, n i pericoli del passato. All'estremit della
penisola Hardy un fuoco lanciava la sua grande luce. Non quei
fuochi da Pescherecci, quali brillano negli accampamenti della
terra fuegiana, ma un vero faro che illuminava i passi e
permetteva di evitare gli scogli nelle cupe notti invernali.
Quello, invece, che il Kaw-djer progettava di innalzare sul
Capo Horn, non era neppure iniziato. Da sei anni, egli
perseguiva invano la soluzione di quell'affare con instancabile
perseveranza, senza mai riuscire a nulla. Secondo le note
scambiate fra i due Governi, sembrava che il Chili non potesse
rassegnarsi all'abbandono dell'isolotto del Capo Horn e che tale
condizione essenziale posta dal Kaw-djer fosse un ostacolo
insormontabile.
Tuttavia, il faro della penisola Hardy non era il solo che
rischiarasse quei mari. Al Borgo-Nuovo, risorto dalle rovine e
triplicato di importanza, ogni sera si accendeva un fuoco di
porto, che guidava le navi verso il capo della diga.
La diga, completamente finita, trasformava il seno in un porto
vasto e sicuro. Protetti da essa, e quindi in acqua tranquilla, i
bastimenti caricavano e scaricavano le loro merci sulla calata,
parimenti compiuta. Perci il Borgo-Nuovo era ora
frequentatissimo. A poco a poco aveva allacciato relazioni
commerciali col Chili, con l'Argentina e, persino, col Vecchio
Continente. Un servizio mensile regolare collegava l'isola
Hoste a Valparaiso e a Buenos Ayres.
Liberia si era enormemente sviluppata sulla riva sinistra del
suo fiume. Stava per divenire citt di reale importanza in un
avvenire prossimo. Le sue vie simmetriche, tagliate ad angolo
retto, secondo la moda americana, erano fiancheggiate da
numerose case in legno o muratura, precedute da una corte e
arricchite da un giardinetto. Alberi robusti, quasi tutti faggi
antartici a fogliame persistente, ombreggiavano alcuni piazzali,
Liberia aveva due stamperie e un piccolo numero di veri
monumenti. Possedeva inoltre la posta, la chiesa, due scuole, e
un tribunale, meno modesto della sala decorata di quel nome,
che Lewis Dorick aveva tentato un giorno di distruggere. La
casa improvvisata, che altra volta solevano designare con quel
nome, era stata abbattuta e rimpiazzata da un edificio
importante ove continuava a risiedere il Kaw-djer, che vi aveva
anche accentrati tutti i servizi pubblici.
Non lungi si rizzava la caserma, nella quale giacevano
depositati pi di mille fucili e tre cannoni. Ivi tutti i cittadini
maggiorenni passavano un mese per turno. La lezione dei
Patagonesi non era stata inutile. Un'armata, che avrebbe
compreso nelle sue file tutti gli Hostelliani, era sempre pronta
per la difesa della patria.
Liberia aveva anche un teatro, assai rudimentale, vero, ma di
proporzioni piuttosto vaste e, ci che pi vale, illuminato a
elettricit.
Il sogno del Kaw-djer si era realizzato. Dall'officina idro-
elettrica, posta a tre chilometri all'ins del fiume, giungevano
alla citt forza e luce a profusione.
La sala del teatro, specialmente durante le lunghe giornate
invernali, diveniva veramente utile. Serviva alle riunioni e il
Kaw-djer, o Ferdinando Beauval, assai rinsavito ora e divenuto
una persona importante, vi tenevano, talvolta, belle conferenze.
Vi si davano anche buoni concerti, sotto la direzione di una
bacchetta, quale non facile bene spesso trovare.



Il direttore, vecchia conoscenza nostra, altri effettivamente non
era che Sand. A forza di perseveranza e tenacit, aveva
reclutato fra gli Hostelliani gli elementi di una vera orchestra,
che dirigeva magistralmente. Nei giorni di concerto lo
trasportavano al suo scanno e, quando dominava la squadra dei
musicisti, il viso gli si trasfigurava e il fuoco sacro dell'arte lo
rendeva l'uomo pi felice.
Nei concerti figuravano opere antiche e moderne; talvolta
anche composizioni di Sand stesso, che non riuscivano n le
meno gradevoli, n le meno applaudite.
Erano trascorsi poco pi di nove anni dacch il Jonathan aveva
naufragato sugli scogli della penisola Hardy. Ed ecco il
risultato raggiunto, in cos breve periodo di tempo, merc
l'energia, l'intelligenza, lo spirito pratico dell'uomo incaricatosi
del destino degli Hostelliani, quando l'anarchia trascinava
l'isola alla rovina.
Di quell'uomo si continuava a non saper niente, ma nessuno
pensava a chiedergli conto del passato. La curiosit pubblica,
se pure fosse mai esistita, si era attutita per abitudine e gli
Hostelliani ormai pensavano che per non ignorare quello che
era essenziale conoscere, bastava ricordare i servizi
innumerevoli da lui resi.
Ma le preoccupazioni opprimenti di nove anni di potere
pesavano sul Kaw-djer. Egli conservava intatto il vigore
erculeo e l'et non aveva curvata la sua persona quasi
gigantesca, ma la barba e i capelli apparivano ora d'una
bianchezza di neve e rughe profonde gli solcavano il volto,
sempre maestoso e gi venerando.
La sua autorit non conosceva limiti. I membri del consiglio,
che egli stesso aveva formato, Harry Rhodes, Hartlepool e
Germano Rivire, rieletti regolarmente ad ogni votazione, non
prendevano parte alle sedute che pro forma. Lasciando al capo
e all'amico carta bianca, si limitavano ad esprimere
rispettosamente il loro parere, se ne venivano richiesti da lui.
Gli avvenimenti accaduti nell'isola Hoste, l'indipendenza che le
aveva concesso il Chili, la prosperit che aumentava sempre
pi sotto la salda amministrazione del Kaw-djer, destarono
presto l'attenzione del mondo commerciale e industriale. Altri
coloni vi furono attratti e ad essi si concessero i terreni
liberamente, a condizioni vantaggiose. N si tard a conoscere
che le sue foreste, ricche di legnami di qualit superiore a
quella dei legnami d'Europa, rendevano fino al quindici e al
venti per cento; da ci lo stabilirsi di altre segherie. Nello
stesso tempo, si trovarono acquirenti di terreni a mille piastre la
lega in superficie per coltivazioni agricole e il numero dei capi
di bestiame nei pascoli dell'interno in poco tempo si elev fino
a parecchie migliaia.
La popolazione si accrebbe rapidamente. Ai milleduecento
naufraghi del Jonathan, erano venuti ad aggiungersi, in numero
tre o quattro volte maggiore, emigranti dell'ovest degli Stati
Uniti, del Chili e dell'Argentina. Nove anni dopo la
proclamazione d'indipendenza, otto anni dopo il colpo di Stato
del Kaw-djer, e cinque dopo l'invasione dell'orda patagonese,
Liberia contava pi di duemila cinquecento anime, e l'isola
Hoste pi di cinquemila.
Si capir facilmente che oltre al matrimonio di Halg con
Graziella, altri ne erano avvenuti. Citiamo quelli di Edward e
Clary Rhodes. Il giovane aveva sposato la figlia di Germano
Rivire, la fanciulla il dottor Samuel Arvidson.
Ora, nella bella stagione, il porto ricettava numerose navi. Il
cabotaggio faceva ottimi affari fra Liberia e le varie agenzie
commerciali fondate su altri punti dell'isola, sia nelle adiacenze
della punta Roos, sia sulle spiagge settentrionali bagnate dal
canale del Beagle. Erano, in massima parte, bastimenti
dell'arcipelago delle Falkland, il cui traffico assumeva ogni
anno maggiore estensione.
Il traffico si alimentava in gran parte dalle pescagioni, che, in
ogni epoca, hanno dato risultati ottimi nei paraggi della
Magellania. Ma si capisce che tale industria dovette essere
severamente regolamentata dalle ordinanze del Kaw-djer.
Infatti, non si doveva provocar a breve scadenza, con l'abuso
della distruzione, la scomparsa, l'esaurimento degli animali
marini che frequentavano quei mari cos volontieri. Sul litorale
si erano fondate, in localit diverse, colonie di cacciatori di lupi
marini, gente di ogni origine, di ogni specie, senza patria; e
Hartlepool, in principio, dur molta fatica a tenerli in freno. Ma
a poco a poco gli avventurieri si umanizzarono, si civilizzarono
sotto l'influenza di una vita nuova. A tali vagabondi senza casa
n tetto l'esistenza sedentaria diede, progressivamente, costumi
pi dolci. D'altronde ora che avevano molta minor miseria da
soffrire nel loro rude mestiere, essi erano pi felici. Infatti
lavoravano in condizioni migliori del passato. Non si trattava
pi di spedizioni effettuate a spese comuni, che li trascinavano
su qualche isola deserta, dove troppo spesso morivano di
freddo e di fame. Ora erano sicuri di smerciare il prodotto della
loro pesca, senza dovere aspettare, per lunghi mesi, il ritorno di
una nave che non sempre tornava.
Lo sfruttamento poi delle spiagge coperte da miliardi di
conchiglie di ogni specie, aveva dato vita a un altro ramo di
commercio. Degno di particolare menzione il myllones,
mollusco di qualit eccellente e d'incredibile abbondanza. Le
navi ne esportavano carichi completi, che si vendevano poi
persino a cinque piastre al chilogrammo nelle citt del Sud-
America. Ai molluschi si aggiungano i crostacei. Gli studiosi
dell'isola Hoste si sono particolarmente interessati a un
granchio di mare gigantesco, un frequentatore di alghe
sottomarine, il cutoya. Due cutoyas bastano al nutrimento
quotidiano di un uomo d'appetito.
Ma tali granchi non sono gli unici rappresentanti del genere.
Sulla costa si trovano pure l'aragosta, la locusta, e il dattero
marino; ricchezze che venivano largamente sfruttate. Halg,
realizzando uno dei progetti formati in passato dal Kaw-djer,
dirigeva al Borgo-Nuovo una industria prosperosa di crostacei
conservati in modo speciale, che venivano spediti nel mondo
intiero. Halg, che contava allora ventotto anni, riuniva intorno
a s tutte le condizioni per essere felice. Moglie amorosa, tre
bei figlioli, due bambine e un maschio, salute perfetta, rapida
ascesa alla ricchezza; non gli mancava nulla. Egli era felice e il
Kaw-djer poteva essere soddisfatto della sua opera.
Karroly, invece aveva anche rinunziato alla pesca.
Data l'importanza marittima del porto dell'isola Hoste, situata
fra il Darwin Sund e la baia di Nassau, le navi vi giungevano
numerose, preferendolo anche a Punta Arenas. Vi trovavano
ancoraggio ottimo e pi sicuro di quello del posto chileno, e
pi frequentato, inoltre, dagli steamers passanti da un oceano
all'altro, per lo stretto di Magellano.
Karroly, per questo motivo, aveva deciso di riprendere il suo
antico mestiere. Divenuto capitano di porto e pilota in capo
dell'isola Hoste, era ricercatissimo dai bastimenti con
destinazione a Punta Arenas o alle agenzie marittime stabilite
sui canali dell'arcipelago e il lavoro non gli mancava.
Possedeva ora un cutter di cinquanta tonnellate, costruito a
prova dei pi violenti marosi. Col suo solido battello,
manovrato da un equipaggio di cinque uomini, e non pi con la
scialuppa, egli, con ogni tempo, andava incontro alle navi. La
Wel-Kiej esisteva sempre, per, ma non si adoperava pi.
Restava generalmente in porto, vecchia e fedele servente in
meritato riposo.
Il Kaw-djer, al pari di un bravo operaio che, compiuto un
lavoro, si interessa subito di iniziarne uno nuovo, quando
giunse il momento di lasciare che Halg, divenuto a sua volta un
uomo, spaziasse liberamente nella vita, si impose gli obblighi
di una seconda adozione. Dick non aveva sostituito Halg, si era
aggiunto a lui nel suo cuore, ingrandito. Dick contava allora
circa diciannove anni e da pi di sei era il suo allievo.
L'adolescente aveva mantenuto le promesse del fanciullo. S
era assimilata, senza sforzo, la scienza del maestro e
incominciava gi a meritare per conto suo il nome di sapiente,
ond' che il Kaw-djer, il quale ammirava la vivezza e la
profondit della sua intelligenza, non avrebbe presto saputo che
altro insegnargli.
A Dick non conveniva gi pi il nome d'allievo. Maturato
precocemente alla rude scuola della sua infanzia e dei drammi
terribili nei quali era stato coinvolto, egli, nonostante la
giovane et, pi che l'allievo, poteva considerarsi il discepolo e
l'amico del Kaw-djer, il quale aveva in lui fiducia assoluta e si
compiaceva di considerarlo come suo successore. Germano
Rivire e Hartlepool erano certamente brave persone, ma il
primo non avrebbe mai lasciato la sua impresa forestale, che
dava risultati meravigliosi, per dedicarsi completamente alla
cosa pubblica e Hartlepool, ammirabile e fidato esecutore di
ordini, non era a suo posto che in seconda linea. Ambedue, del
resto, mancavano troppo di idee generali e di coltura
intellettuale per governare un popolo, il quale aveva ben altri
interessi che non quelli materiali. Harry Rhodes sarebbe stato
meglio adatto. Ma invecchiava, mancava, d'altra parte,
dell'energia necessaria e si sarebbe rifiutato.
Dick, invece, riuniva tutte le qualit di un capo. Era una natura
di prim'ordine. Aveva il sapere, l'intelligenza, il carattere e la
stoffa d'un uomo di Stato e bisognava dolersi che tali brillanti
qualit fossero destinate a una cos piccola cornice. Ma
un'opera, quando perfetta, non mai piccola: assicurare la
felicit di poche migliaia di esseri opera di bellezza non
inferiore ad alcun'altra.
Dal punto di vista politico la situazione si presentava pure
favorevolissima. Le relazioni fra l'isola Hoste e il Governo
chileno erano eccellenti sotto tutti i rapporti. Il Chili, ogni anno
di pi, si compiaceva della determinazione presa. Otteneva
vantaggi morali e materiali che mancheranno sempre alla
Repubblica Argentina, finche non modificher i suoi metodi
amministrativi e i suoi principi economici.
All'inizio, vedendo alla testa dell'isola Hoste quel personaggio
misterioso, la cui presenza nell'arcipelago magellanico gli era
parsa sospetta, non aveva dissimulato le sue inquietudini e il
suo malcontento. Malcontento forzatamente platonico.
Sopra quell'isola indipendente dove si era rifugiato, non si
poteva indagare sulla persona del Kaw-djer, n verificare la sua
origine, n chiedergli conto del passato. Tutto in lui
autorizzava l'ipotesi che fosse, uomo incapace di sopportare il
giogo di un'autorit qualsiasi, che fosse stato ribelle, un giorno,
a tutte le leggi sociali, e scacciato probabilmente da tutti i paesi
sottomessi a qualsiasi legge e, certo, se egli fosse rimasto
all'Isola Nuova, non sarebbe sfuggito alle inchieste della
Polizia chilena. Ma quando si constat, dopo i torbidi provocati
dall'anarchia iniziale, la tranquillit perfetta dovuta alla ferma
amministrazione del Kaw-djer, il commercio nascere ed
aumentare; la prosperit accrescersi, largamente, non si trov,
nulla di meglio che lasciarlo fare. E, in complesso, mai nessuna
nube, sorse tra il Governatore dell'isola Hoste e il Governatore
di Punta Arenas.
Trascorsero cos cinque anni, durante i quali i progressi
dell'isola Hoste non cessarono di consolidarsi. Rivali di
Liberia, ma di rivalit generosa e feconda, si fondarono tre
altre borgate: una sulla penisola Dumas, una sulla penisola
Pasteur, e la terza all'estrema punta occidentale dell'isola, sul
Darwin Sund, di fronte all'isola Gordon. Esse dipendevano
dalla capitale e il Kaw-djer vi si recava, sia per mare, sia per
strade tracciate attraverso le foreste e le pianure dell'interno.
Sulle coste si erano stabilite parecchie migliaia di Pescherecci,
fondandovi villaggi fuegiani, seguendo l'esempio di coloro che,
per primi, avevano acconsentito ad abbandonare le loro
abitudini secolari di vagabondaggio per stabilirsi nei pressi del
Borgo-Nuovo.
In quell'epoca, nel mese di dicembre del 1890, Liberia ricevette
per la prima volta la visita del Governatore di Punta-Arenas, il
signor Aguire. Egli ammir la nazione prosperosa, le savie
misure prese per aumentarne le risorse, l'omogeneit perfetta di
una popolazione di origini differenti, l'ordine, l'agiatezza, la
felicit che regnavano in tutte le famiglie. Si capisce che
osserv anche da vicino l'uomo che aveva creato tante cose
belle e al quale bastava di essere conosciuto col titolo di Kaw-
djer, Gli prodig molti complimenti.
Questa colonia opera vostra, signor Governatore, disse
e il Chili si compiace di avervi fornito l'occasione di crearla.
Un trattato si accontent di rispondere il Kaw-djer,
aveva posto quest'isola, la quale non apparteneva che a s
stessa, sotto il dominio chileno. Era giusto che il Chili le
rendesse l'indipendenza.
Il signor Aguire comprese che la risposta significava
restrizione. Il Kaw-djer non voleva ammettere che l'atto di
restituzione dovesse valere un tributo di riconoscenza al
Governo chileno.
In ogni modo riprese il signor Aguire, mantenendosi in
prudente riserbatezza non credo che i naufraghi del
Jonathan possano rimpiangere la concessione della baia di
Lagoa
Infatti, signor Governatore, perch l sarebbero stati sotto il
dominio portoghese, mentre qui non dipendono da nessuno.
Cos tutto per il meglio!
Speriamolo approv il Kaw-djer.
Come noi speriamo aggiunse con deferenza il signor
Aguire che continuino i buoni rapporti tra il Chili e l'isola
Hoste.
Lo speriamo anche noi rispose il Kaw-djer e forse,
constatando i risultati del sistema applicato alla isola Hoste,
chiss che la Repubblica Chilena non si decida a estenderlo
anche alle altre isole dell'arcipelago magellanico.
Il signor Aguire rispose con un sorriso che significava tutto
quello che si voleva.
Harry Rhodes, che desiderava trascinare la conversazione fuori
da tale terreno scabroso e che assisteva all'intervista insieme
con i due colleghi del Consiglio, cambi argomento.
La nostra isola Hoste, disse paragonata alle
possessioni argentine della Terra del Fuoco, pu dare materia a
riflessioni interessanti. Come vedete, signore, da una parte la
prosperit, dall'altra il deperimento. I coloni argentini
indietreggiano davanti alle esigenze del Governo di Buenos
Aires e alle formalit che esso impone e anche le navi fanno lo
stesso. La Terra del Fuoco, malgrado i reclami del suo
Governo, non fa progresso alcuno.
Ne convengo rispose il signor Aguire. Il Governo
Chileno invece, ha agito affatto diversamente anche con Punta-
Arenas. Senza proprio accordarle indipendenza completa, le si
sono conceduti buon numero di privilegi che assicurano il suo
avvenire.
Signor Governatore interruppe il Kaw-djer, c'
tuttavia una piccola isola dell'arcipelago, semplice roccia
sterile, isolotto senza valore, del quale chiedo al Chili la
cessione.
Quale? chiese il signor Aguire.
L'isolotto del Capo Horn.
Cosa diavolo ne volete fare? esclam il signor Aguire
stupito.
Innalzarvi un faro, che di prima necessit in quest'ultima
punta del continente americano. Sarebbe utilissimo rischiarare
questi paraggi alle navi, non soltanto a quelle che vengono
all'isola Hoste, ma anche alle altre che vogliono doppiare il
capo fra l'Atlantico e il Pacifico.
Harry Rhodes, Hartlepool e Germano Rivire, edotti dei
progetti del Kaw-djer, appoggiarono la sua richiesta,
avvalorandone l'importanza reale, che il signor Aguire non
aveva voglia alcuna di contestare.
Dunque egli chiese il Governo dell'isola Hoste
sarebbe disposto a costruire il faro?
S disse il Kaw-djer.
A sue spese?
A sue spese, ma a condizione per che il Chili gli conceda
la propriet integrale dell'isola Horn. Sono pi di sei anni che
ho fatto tale proposta al vostro Governo, senza nessun risultato.
Che vi si risponde? chiese il signor Aguire.
Parole, nient'altro che parole. Non si dice no, ma neppure s.
Si sofistica. La discussione, cos com' impostata, pu durare
qualche secolo. E intanto le navi continuano a perdersi contro
l'isolotto sinistro, che non loro segnalato nell'oscurit.
Il signor Aguire espresse vero stupore. Conscio pi del Kaw-
djer dei metodi prediletti alle Amministrazioni del mondo
intiero, forse, nel fondo del suo cuore, non li approvava. Egli
promise di appoggiare la proposta, con tutta la sua influenza,
presso il Governo di Santiago, ove si recava lasciando l'isola.
E si deve ritenere che mantenesse la parola e che il suo
appoggio fosse efficace, perch dopo meno di un mese, la
questione che si trascinava da tanti anni venne infine risolta e il
Kaw-djer ricevette la comunicazione ufficiale che le sue
proposte erano state accettate.
Il 25 dicembre si stipul, tra il Chili e l'isola Hoste, un atto di
cessione, ai termini del quale lo Stato Hostelliano diveniva
proprietario dell'isola Horn, a condizione per che esso
elevasse e mantenesse un faro sul suo punto pi culminante.
Il Kaw-djer cominci subito i lavori, i cui preparativi erano
iniziati da molto tempo. Secondo le previsioni pi pessimiste,
dovevano bastare due anni per condurli a buon esito e per
garantire la sicurezza della navigazione nei pressi del capo
terribile.
Quell'impresa rappresentava per il Kaw-djer il coronamento
della sua opera. L'isola Hoste pacificata e organizzata, la
miseria del passato rimpiazzata dal benessere, l'istruzione
profusa a piene mani e, infine, migliaia e migliaia di vite
umane salvate nel punto terribile ove si incontrano i due pi
vasti oceani del globo: ecco il suo compito quaggi.
Il compito era bello. E quando fosse stato ultimato, egli
avrebbe avuto il diritto di pensare a se stesso e di rinunziare a
funzioni, che ripugnavano al suo essere fino nelle fibre pi
intime.
Bench il Kaw-djer governasse e, praticamente, fosse il
despota pi assoluto, non era, per, un despota felice. Il lungo
esercizio del potere non gliene aveva dato il gusto e governava
a malincuore. Refrattario personalmente a ogni autorit, gli era
sempre penoso imporre la propria agli altri. Era rimasto lo
stesso uomo energico, freddo e triste, apparso come un
salvatore nel giorno lontano in cui il popolo hostelliano stava
per perire. Egli aveva salvato gli altri, iti quel giorno, ma
condannato s stesso. Costretto a rinnegare la sua chimera,
obbligato ad inchinarsi davanti ai fatti, aveva compiuto
coraggiosamente il sacrifizio. Ma il sogno rinnegato gli
protestava entro il cuore. Quando i nostri pensieri, sotto la falsa
apparenza della logica, non sono che il germogliare dei nostri
istinti naturali, hanno una vita propria, indipendente dalla
nostra ragione e dalla nostra volont. Essi lottano oscuramente,
fosse anche contro l'evidenza, come esseri che non vogliano
morire. Bisogna che la prova del nostro errore ci sia data a
saziet, perch ne restiamo convinti e tutto pretesto per farci
ritornare a ci che fu la nostra fede.



Il Kaw-djer aveva immolato la sua al bisogno di dedizione, alla
sete di sacrifizio, alla piet verso i fratelli infelici, che, sopra la
sua stessa passione di libert, formavano il fondo della sua
magnifica natura. Ma ora che la dedizione non aveva pi
ragione di prolungarsi, che il sacrifizio era superfluo, che gli
Hostelliani non inspiravano pi nulla che somigliasse alla
piet, l'antica fede riprendeva, lentamente, la sua apparenza di
verit e il despota ridiventava gradatamente l'ardente libertario
del passato.
Harry Rhodes aveva constatato tale trasformazione con
chiarezza crescente, mano mano che si affermava la prosperit
dell'isola Hoste. Essa divenne pi evidente ancora, quando,
incominciato il faro del Capo Horn, il Kaw-djer pot
considerare come quasi compiuto il dovere che si era imposto.
Allora espresse chiaramente il suo pensiero. Harry Rhodes,
conversando con lui, evocava un giorno i tempi passati, ed
esaltava i benefici dei quali tutti gli erano debitori, ma il Kaw-
djer rispose con una dichiarazione che non lasciava dubbi.
Assunsi il dovere di organizzare la colonia disse. Ho
cercato di adempirlo. Ma terminata l'opera, cesser anche il
mio mandato. Vi avr cos provato, lo spero, che ci pu essere
almeno un canto di questa terra, ove l'uomo non abbia bisogno
di padroni.
Un capo non un padrone, amico mio replic con
emozione Harry Rhodes e voi stesso lo dimostrate. Ma
nessuna societ possibile che non sia retta da un'autorit
superiore, qualunque sia il nome di cui la si rivesta.
A mio parere rispose il Kaw-djer penso che l'autorit
debba cessare, quando non sia pi imperiosamente necessaria.
Cos, dunque, il Kaw-djer accarezzava sempre le sue antiche
utopie e, malgrado l'esperienza fatta, si illudeva ancora sulla
natura degli uomini, al punto da ritenerli capaci di regolare,
senza l'aiuto di alcuna legge, le innumerevoli difficolt che
nascono dal conflitto degli interessi individuali. Harry Rhodes
constatava con malinconia il sordo lavoro che si compiva nella
coscienza dell'amico e ne traeva le peggiori previsioni.
Giungeva ad augurarsi che un incidente, il quale agitasse per
un momento l'esistenza placida degli Hostelliani, dimostrasse
nuovamente al loro capo il suo errore.
Il suo desiderio doveva, sfortunatamente, realizzarsi e
l'incidente nascere anche pi presto di quello che non si
pensasse.
Nei primi giorni di marzo 1891, corse improvvisamente la voce
che si era scoperto un giacimento aurifero di grande ricchezza.
In s la cosa non aveva nulla di tragico, Anzi, tutti ne gioirono
e i migliori, non escluso lo stesso Harry Rhodes, divisero il
gaudio generale. Fu una giornata di festa per la popolazione di
Liberia.
Il solo Kaw-djer ebbe una specie di chiaroveggenza. Egli solo
previde, in un attimo, le conseguenze della scoperta e ne
comprese la forza latente di distruzione. Ecco perch, mentre
tutti si esaltavano, egli solo rimase tetro, gi accasciato dalle
tristezze che riserbava l'avvenire.
II.
LA FEBBRE DELL'ORO.
La scoperta era avvenuta nella mattina del 6 marzo.
Una comitiva, di cui faceva parte Edward Rhodes, progettando
una partita di caccia, aveva lasciato Liberia di buon mattino per
recarsi in carrozza a una ventina di chilometri nel Sud-Ovest,
sul versante occidentale della penisola Hardy, al piede dei
monti Sentry Boxs che la limitano. Ivi si stendeva una foresta
profonda, non ancora abbattuta, covo preferito dalle bestie
feroci dell'isola Hoste, puma e giaguari, che conveniva
distruggere fino all'ultimo, perch avevano fatte gi troppe
vittime fra i montoni.
I cacciatori batterono la pista, uccisero per strada due puma, e
raggiunsero un ruscello torrentizio che delimitava il confine
opposto, quando fu scorto un grosso giaguaro.
Edward Rhodes, ritenendolo a buona portata, gli spar una
prima fucilata che lo colp al fianco sinistro. Ma l'animale, non
mortalmente ferito, dopo un ruggito di rabbia pi che di dolore,
spicc un salto nella direzione del torrente, rientr sotto le
piante e scomparve.
Non cos presto, per, che Edward Rhodes non avesse avuto il
tempo di inviargli un secondo colpo. La palla, che non
raggiunse la mta, colp invece un angolo di roccia. La pietra
rimbalz in frantumi. I cacciatori se ne sarebbero forse andati
subito, se uno dei frammenti di roccia non fosse caduto ai piedi
di Edward Rhodes, il quale, incuriosito del suo aspetto
particolare, lo raccolse e lo esamin.
Era un pezzetto di quarzo, striato da vene caratteristiche, fra le
quali gli riusc facile distinguere alcune particelle di oro.
Edward Rhodes rimase assai impressionato della scoperta.
Oro! C'era dunque l'oro nel terreno dell'isola Hoste? Quel
framment di roccia lo testimoniava.
D'altronde perch stupirne? Non si erano forse trovati filoni del
prezioso metallo, nelle adiacenze di Punta-Arenas come alla
Terra del Fuoco, in Patagonia, ed anche in Magellania? Non
forse una catena d'oro la gigantesca spina dorsale delle due
Americhe che, sotto il nome di Montagne Rocciose e di
Cordigliera delle Ande, va dall'Alaska al Capo Horn e dalla
quale, in quattro secoli, si sono estratti per quarantacinque
miliardi di lire?
Edward Rhodes comprese l'importanza della scoperta. Avrebbe
voluto tenerla segreta, non parlarne che a suo padre, il quale ne
avrebbe parlato, a sua volta, al Kaw-djer. Ma non era solo. I
compagni di caccia avevano esaminato il pezzo di roccia e
raccolti altri frammenti, che contenevano tutti un po' d'oro.
Non bisognava quindi calcolare sul segreto e il giorno stesso
infatti l'isola intiera sapeva di non dovere invidiare nulla al
Klondyke, al Transvaal o all'Eldorado. Fu come una fiammata,
che si propag in un istante attraverso tutta Liberia e le altre
borgate.
Tuttavia, data la stagione, non si poteva neppure pensare a trar
profitto della scoperta. Fra non molto sarebbero entrati
nell'equinozio d'autunno e sotto il parallelo dell'isola Hoste non
possibile intraprendere lavori all'aria aperta, all'avvicinarsi
dell'inverno. Quindi la scoperta di Edward Rhodes non ebbe e
non poteva avere alcuna conseguenza immediata.
L'estate fin in condizioni climatiche piuttosto favorevoli.
Quell'annata, la decima della fondazione della colonia, diede il
beneficio di un raccolto eccezionale. Intanto, nell'interno
dell'isola, si erano organizzate altre segherie, talune mosse dal
vapore, altre dall'elettricit generata dalle cascate d'acqua. Le
pescagioni e l'industria del pesce conservato avevano prodotto
un traffico considerevole e il carico delle navi in entrata e in
uscita dal porto si enumerava a
trentaduemilasettecentosettantacinque tonnellate.
Con l'inverno si dovettero interrompere tutti i lavori intrapresi
al Capo Horn per l'erezione del faro e la costruzione delle sale
ove dovevansi collocare le macchine motrici e le dinamo. I
lavori avevano proseguito fino allora in modo soddisfacente,
malgrado la lontananza dell'isola Horn, situata circa a
settantacinque chilometri dalla penisola Hardy, e la necessit di
trasportare il materiale a traverso un mare seminato di scogli e
reso impraticabile dalle tempeste invernali.
Per, la stagione che, come il solito, port molte raffiche e
tormente di grande violenza, non fu eccessivamente fredda ed
anche in luglio la temperatura non scese oltre i dieci gradi sotto
zero.
Gli abitanti di Liberia ora non temevano pi n il freddo n le
intemperie, perch l'agiatezza generale permetteva che tutte le
famiglie rendessero assai comode le proprie abitazioni.
Sull'isola Hoste non si conosceva pi la miseria e nessun
delitto contro le persone e le propriet aveva turbato l'ordine
pubblico. Non accadeva che qualche rara contestazione civile,
transatta generalmente ancor prima di accedere al Tribunale.
Sembrava che nessun turbamento minacciasse la colonia, senza
quella scoperta di giacimento aurifero, le cui conseguenze, data
l'avidit umana, potevano divenire estremamente gravi.
Il Kaw-djer non si era sbagliato. La notizia gli aveva fatto
concepire i pi cupi pronostici e la riflessione li rese anche pi
neri. Alla prima riunione del Consiglio, non nascose i suoi
timori.
Cos disse egli proprio nel momento in cui la nostra
opera ultimata e quando non ci resta che raccogliere il frutto
dei nostri sforzi, il caso, un caso maledetto, getta in mezzo a
noi questo fermento di torbidi e di rovine
Il nostro amico va troppo lontano intervenne Harry
Rhodes, che considerava il fatto in modo meno pessimista.
La scoperta dell'oro pu essere una causa di torbidi, sia pure,
ma non di rovine.
S, di rovine afferm il Kaw-djer con forza. La
scoperta dell'oro ha lasciato sempre la rovina dietro di s.
Tuttavia obbiett Harry Rhodes l'oro una mercanzia
come un'altra
La pi inutile.
Niente affatto. La pi utile, perch si pu scambiare contro
tutte le altre.
Che importa replic il Kaw-djer con calore quando
per ottenerla bisogna sacrificare tutto! La maggior parte dei
cercatori d'oro muoiono nella miseria. Quelli poi che riescono,
perdono addirittura il senno data la facilit del successo. Si
appassionano ai piaceri, cos comodamente ottenuti, per essi il
superfluo diviene necessario e, rammolliti dai godimenti
materiali, diventano incapaci del pi piccolo sforzo. Si sono
forse arricchiti, nel senso sociale della parola, ma impoveriti
secondo il significato umano, che il vero. Non sono pi
uomini.
La penso anch'io come il Kaw-djer disse allora Germano
Rivire. Senza calcolare che, abbandonando i campi, i
raccolti perduti non potranno essere surrogati. Misera cosa
invero essere ricchi e morire di fame! Io temo che la nostra
popolazione non resista a quell'influenza funesta. I nostri
coltivatori non abbandoneranno i campi e gli operai il lavoro,
per correre alle miniere?
L'oro! l'oro! la sete dell'oro! ripeteva il Kaw-djer.
Un flagello pi terribile non poteva colpire il paese.
Harry Rhodes era scosso.
Ammettendo che abbiate ragione disse non potete
scongiurare il flagello?
No, mio caro Rhodes rispose il Kaw-djer. possibile
lottare contro un'epidemia, circoscriverla. Ma alla febbre
dell'oro non c' rimedio. l'agente pi distruttivo di ogni
organizzazione. Possiamo dubitare, dopo quanto avvenuto nei
distretti auriferi dell'Antico e del Nuovo Mondo, in Australia,
in California, nel Sud-Africa? Si abbandonarono i lavori utili
dall'oggi al domani, i coloni disertarono i campi e le citt, le
famiglie si sparsero sui giacimenti. Poi si dissip stupidamente
l'oro estratto con tanta avidit, come accade di tutti i troppo
facili guadagni, si dissip in follie senza nome e a tanti
insensati non rimase pi nulla!
Il Kaw-djer parlava con una eccitazione, che dimostrava la
forza del suo convincimento e la profondit della sua
inquietudine.
E non soltanto c' il pericolo interno, ma anche quello
esterno aggiunse: tutti gli avventurieri, gli spostati che
invadono i paesi auriferi e li turbano e li sconvolgono per
strappare dalle loro viscere il metallo maledetto. Ne vengono
da tutte le parti del mondo! una valanga, che non lascia
dietro di s se non il nulla. Ah! perch la nostra isola deve
essere minacciata da simile disastro?
Non dobbiamo conservare pi nessuna speranza? chiese
Harry Rhodes assai emozionato. Se la notizia non dilaga,
saremo preservati da quell'invasione.
No rispose il Kaw-djer: gi troppo tardi per
impedire il male. Nessuno pu immaginare con quale rapidit
il mondo intiero conosca la scoperta, in una regione qualsiasi,
per quanto lontana, dei giacimenti auriferi. Pare in verit, che
la notizia si trasmetta con l'aria, che i venti trascinino seco il
bacillo di tal peste, che contagia anche i pi savi e migliori.
Il Consiglio si sciolse senza prendere alcuna decisione. E, in
verit, non era il caso di prenderne alcuna. Come il Kaw-djer
aveva giustamente detto, non si lotta con la febbre dell'oro.
Del resto, tutto non appariva ancora completamente perduto.
Non poteva infatti accadere che il giacimento non fosse cos
ricco come lo si riteneva, e che l'oro vi fosse cos disseminato
in modo da renderne impossibile lo sfruttamento? Per saperlo
bisognava aspettare la scomparsa della neve, che durante
l'inverno ricopriva l'isola di un manto gelido.
Ai primi soffi della primavera, i timori del Kaw-djer
cominciarono ad avverarsi. Appena s'inizi lo sgelo, i coloni
pi intraprendenti e pi avventurieri si trasformarono in
cercatori di oro, lasciarono Liberia e partirono in cerca del
prezioso metallo. I pi impazienti si recarono al Golden Creek
cos fu battezzato il torrentello, del quale la palla
malaugurata d'Edward Rhodes aveva sfiorata la sponda dove
l'oro era stato scoperto. Molti altri ne seguirono l'esempio,
malgrado tutti gli sforzi del Kaw-djer e dei suoi amici, e le
partenze si moltiplicarono. Fino dal 5 novembre, parecchie
centinaia d'Hostelliani, in preda all'idea dell'oro, si erano
riversate verso i giacimenti, ed erravano per le montagne alla
ricerca di un filone o di una vena ricca di pepite. In principio lo
sfruttamento dei terreni non impose gravi difficolt. Quando si
tratta di filoni basta seguirli, intaccando la roccia con la picca,
poi si frantumano i pezzi ottenuti per estrarne il metallo che
contengono. Cos si pratica nelle miniere del Transvaal.
Tuttavia, seguire un filone presto detto. In pratica, non gran
che comodo. Talvolta i filoni si imbrogliano e scompaiono e la
scienza dei tecnici sperimentati non vale a rintracciarli. Spesso
essi si addentrano profondissimamente nelle viscere della terra.
Seguirli, vuol quindi dire scavare una miniera con tutte le
sorprese e i pericoli inerenti a tal genere di imprese. D'altra
parte, il quarzo roccia di durezza estrema e per frantumarlo
non si pu fare a meno di macchine costose. Ne risulta che lo
sfruttamento di una miniera d'oro interdetto ai lavoratori
isolati e che ne possono trar profitto soltanto societ potenti,
che dispongano di abbondante mano d'opera e di capitali
considerevoli.
Cos i cercatori di oro, quando hanno la fortuna di scoprire un
giacimento, si accontentano di assicurarsene la concessione,
che cedono poi, il pi presto possibile, a banchieri o a grandi
imprenditori.
Coloro che preferiscono invece lavorare per proprio conto e
con le loro risorse personali, rinunziano assolutamente a
qualsiasi sfruttamento minerario e cercano, nelle adiacenze
delle rocce aurifere, terreni alluvionali, formati a spese di tali
rocce dall'azione secolare delle acque. Sfaldando la roccia,
l'acqua ghiaccio, pioggia o torrente ha necessariamente
trasportato seco le particelle d'oro che facilissimo isolare.
Basta un semplice piatto per raccogliere le sabbie e un po'
d'acqua per lavarle.
Gli Hostelliani, si capisce, operavano con tali attrezzi
rudimentali. I primi risultati furono abbastanza incoraggianti.
Sulla riva del Golden Creek, sopra una lunghezza di parecchi
chilometri e una larghezza di due o trecento metri, si stendeva
uno strato fangoso, profondo otto piedi.
In ragione di nove a dieci piatti per piede cubo, la riserva
pareva dunque abbondante, perch, quasi sempre, un piatto
rendeva almeno alcuni grani d'oro. Le pepite, vero, non erano
che allo stato di polvere, e tali terreni non sembravano doverne
produrre le centinaia di milioni che hanno dato altri terreni
auriferi in altre regioni. Ma tuttavia apparivano ricchi
abbastanza per far girare la testa a quei coloni, che fino allora
avevano guadagnato il loro pane a costo di un lavoro ostinato.
Sarebbe stata cattiva amministrazione non regolamentare lo
sfruttamento dei terreni auriferi. Il giacimento, insomma, era
propriet collettiva, spettava quindi alla collettivit l'alienarlo a
favore dei singoli individui. Il Kaw-djer aveva fatto tavola rasa
delle sue idee personali e, costringendosi a considerare il
problema sotto lo stesso aspetto della generalit degli uomini,
aveva cercato la soluzione pi utile a quel gruppo sociale di cui
era il capo. Durante l'inverno, aveva avuto, al riguardo,
numerose conferenze con Dick, che ormai egli associava ad
ogni sua decisione, e dall'avvenuto scambio di idee si giunse
alla conclusione che bisognava raggiungere un triplice scopo;
limitare il pi possibile il numero degli Hostelliani che
sarebbero partiti alla ricerca dell'oro; beneficiare l'insieme della
colonia delle ricchezze strappate alla terra e, finalmente,
limitare, respingere anzi, se si poteva, l'afflusso degli stranieri
poco raccomandabili, che sarebbero accorsi da tutte le parti del
mondo.
La legge che venne promulgata alla fine dell'inverno,
soddisfaceva a questi tre desiderata. Subordinava, anzitutto, il
diritto di sfruttamento alla deliberazione anteriore di una
concessione, poi fissava l'estensione massima di tali
concessioni e decretava, a carico dei concessionari, tanto una
indennit d'acquisto, quanto il versamento di un quarto del
prodotto dell'estrazione metallica a profitto della collettivit. Ai
termini di questa legge, le concessioni restavano riserbate ai
cittadini hostelliani, titolo che in avvenire non poteva
acquistarsi che dopo un anno di dimora effettiva e su conforme
decisione del Governatore.



Promulgata la legge, ne restava l'applicazione.
Essa urt, fin dall'inizio, contro grandi difficolt. Indifferenti
alle disposizioni che conteneva in loro favore, i coloni non
furono sensibili che agli obblighi che loro imponeva. Che
bisogno c'era di ottenere e di pagare una concessione, dal
momento che bastava prendersela? Scavare la terra, lavare il
fango dei fiumi, non diritto di ogni uomo? Perch essere
costretti, per esercitare liberamente un diritto naturale, a
versare una parte qualsiasi del prodotto del proprio lavoro a
coloro che non vi avevano in modo alcuno partecipato? In
fondo al suo cuore, il Kaw-djer condivideva quelle idee. Ma
colui che si assunta la missione di governare i suoi simili,
deve saper dimenticare le sue preferenze personali e
sacrificare, quando ce ne sia il bisogno, i suoi principi alle
necessit del momento. Ora era indispensabile incoraggiare i
coloni pi saggi che avrebbero avuto l'energia di resistere al
contagio e di restare applicati al loro lavoro abituale, e
l'incoraggiamento migliore consisteva nella sicurezza di
ottenere la loro parte, ridotta certamente, ma sicura, pure
rimanendo a casa.
Ma la legge non fu rispettata spontaneamente e allora si
dovette imporla.
Il Kaw-djer non disponeva a Liberia che d'una cinquantina di
uomini, i quali formavano il corpo della polizia permanente,
ma altri novecentocinquanta Hostelliani figuravano sulla
scheda di leva, in cui i pi anziani venivano eliminati per turno,
mano mano che vi si aggiungevano i giovani pervenuti all'et
necessaria.
Cos mille uomini armati potevano essere sempre rapidamente
riuniti. Fu indetta la convocazione generale.
Vi risposero soltanto settecento cinquanta Hostelliani. I
duecento refrattari erano partiti essi pure per le miniere e
battevano la campagna nelle adiacenze del Golden-Creek..
Il Kaw-djer divise in due gruppi le forze di cui disponeva.
Cinquanta uomini furono scaglionati lungo le coste, con la
consegna di impedire l'esodo clandestino dell'oro.
Egli si pose alla testa degli altri trecento, che divise in venti
squadre sotto gli ordini di coloro dei quali poteva fidarsi e con
essi part per la regione aurifera.
La piccola armata repressiva si dispose traversalmente alla
penisola, al piede dei Sentry Boxs, e di l risal verso il Nord,
spazzando via tutto dinanzi a s. I lavoratori di oro, incontrati
per strada, venivano spietatamente ricacciati a meno che non
acconsentissero a mettersi in regola.
Il metodo ottenne da principio qualche buon successo. Alcuni
furono costretti a pagare in danari contanti il diritto di
sfruttamento, dopo di che era loro assegnata la concessione
prescelta. Altri invece e in maggioranza non possedendo
la somma richiesta per la concessione, dovettero rinunziare
all'impresa. Cos il numero dei minatori decrebbe
sensibilmente.
Ma la situazione si aggrav subito. Coloro che non avevano
potuto ottenere la concessione, durante la notte, aggiravano le
truppe comandate dal Kaw-djer e ritornavano a stabilirsi sulla
riva del Golden Creek, nel punto preciso da cui erano stati
scacciati. Nello stesso tempo il male dilagava, come una marea
ascendente.
Eccitati dalla cupidigia di quanto avevano trovato i primi,
entrava: ora in scena una seconda serie d'Hostelliani. Secondo
le notizie pervenute al Kaw-djer, l'isola intiera veniva attaccata
dal contagio. Il male non era pi localizzato al Golden Creek e
innumerevoli cercatori di oro frugavano le montagne del
Centro e del Nord.
Si era naturalmente pensato che, secondo ogni verosimiglianza,
i giacimenti auriferi non dovevano incontrarsi esclusivamente
nella pianura paludosa posta alla base dei Sentry Boxs.
Essendo dimostrata la presenza dell'oro sull'isola Hoste, tutto
portava a credere che se ne sarebbe trovato anche lungo gli altri
corsi d'acqua dipendenti dallo stesso sistema orografico, Ci si
era dunque messi alla caccia da ogni parte, dalla punta della
penisola Hardy e dell'estremit della penisola Pasteur fino al
Darwin Sund.
Le prime ricerche avendo condotto a piccoli successi, ne fu
aumentata la febbre generale e il fascino dell'oro divenne anche
pi imperioso. Una follia irresistibile vuot in poche settimane
Liberia, le borgate e le fattorie dei loro abitanti. Uomini, donne
e fanciulli andavano a lavorare sui terreni auriferi. Qualcuno
arricchiva scovando una di quelle tasche, ove le pepite si sono
accumulate sotto l'azione delle piogge torrenziali. Ma la
speranza non abbandonava neppure coloro che avevano
lavorato in pura perdita per lunghi giorni e al prezzo di dure
fatiche. Tutti accorrevano dalla capitale, dalle borgate, dai
campi, dalle pescagioni, dalle officine e dalle agenzie del
litorale. Quell'oro sembrava dotato di un potere magnetico, al
quale la ragione umana non avesse la forza di resistere. In
breve, a Liberia non rimase pi che un centinaio di coloni, gli
ultimi rimasti fedeli alle loro famiglie e agli usati affari, ber
che assai provati da tale stato di cose.
Per quanto penosa, per quanto desolante ne sia la confessione,
bisogna pure riconoscere che, soli fra tutti gli abitanti dell'isola
Hoste, gli Indiani che vi si erano stabiliti, resistettero a quella
furia trascinatrice generale. Essi soli restarono sordi alle voci
della cupidigia. Che ci sia detto in onore di quegli umili
Fuegiani; se parecchie pescagioni, se parecchie imprese
agricole non vennero completamente abbandonate, lo si
dovette alla loro natura onesta che li preserv dal contagi.
D'altra parte i poveretti non avevano disimparato ad ascoltare il
Benefattore e mai avrebbero pensato a ripagare con
l'ingratitudine i benefici innumerevoli ricevuti da lui.
Le cose si spinsero ancora pi avanti. Venne il momento in cui
gli equipaggi delle navi ancorate cominciarono a seguire
l'esempio funesto che loro era dato. Vi furono diserzioni, che
aumentarono di giorno in giorno. I marinai abbandonavano alla
chetichella il proprio bastimento e si sperdevano nell'interno
del paese, inebbriati dal miraggio del prezioso metallo.
I capitani, spaventati dalla dispersione dei loro equipaggi, si
affrettarono a lasciare il Borgo-Nuovo, gli uni dopo gli altri,
senza neppure aspettare il termine delle operazioni di carico e
scarico. Senza alcun dubbio, essi avrebbero raccontato il
pericolo corso e l'isola Hoste arrischiava di essere messa in
quarantena da tutti i marinai della terra.
Il contagio non risparmi neppure coloro, che avevano il
dovere di combatterlo. Il corpo organizzato dal Kaw-djer per la
sorveglianza delle coste scomparve appena formato. Dei
cinquecento uomini che lo componevano nemmeno venti
raggiunsero il posto loro assegnato. Nello stesso tempo, la
truppa che egli comandava direttamente si fondeva come un
pezzo di ghiaccio al sole. Non v'era notte di cui parecchi
fuggiaschi non approfittassero e in quindici giorni si ridusse da
trecento uomini a meno di cinquanta.
A dispetto della sua indomabile energia, il Kaw-djer si sent
allora profondamente scoraggiato. Spinto dall'irresistibile
passione del bene, egli si era riavvicinato all'umanit dopo cos
lunga rottura ed ecco che essa gli si svelava cinicamente,
denudando tutti i suoi difetti, tutte le sue vergogne, tutti i suoi
vizi. Crollava, in un attimo, quanto egli aveva eretto con tanta
fatica e la rovina stava per abbattersi sulla colonia disgraziata,
perch il caso aveva fatto splendere alcune particelle di oro nel
frammento d'una roccia.
Egli non poteva pi lottare. I pi fedeli lo abbandonarono al
pari degli altri. Non certo, con quel pugno di uomini dei quali
ancora disponeva e che forse l'avrebbero abbandonato domani,
egli poteva ricondurre alla ragione la moltitudine impazzita.
Il Kaw-djer ritorn a Liberia. Non c'era pi nulla da fare. Il
flagello, come torrente investitore dilagato a traverso l'isola, la
devastava tutta. Bisognava aspettare l'esaurimento della sua
violenza.
Per un istante si pot credere che il momento fosse giunto.
Verso la met di dicembre, quindici giorni dopo il ritorno del
Kaw-djer pochi Liberiani cominciarono a rientrare in citt. Nei
giorni seguenti il movimento si accentu. Per ogni colono che
si metteva tardivamente in campagna, ne rientravano due a
riprendere le primitive occupazioni con le orecchie basse. Due
cause motivavano quei ritorni. In primo luogo, il mestiere di
cercatore d'oro era meno facile di quanto non si fosse supposto.
Frangere la roccia a colpi di piccone, o lavare le sabbie dal
mattino alla sera, sono fatiche penose, che soltanto la speranza
di un guadagno fa sopportare. Ora, non era sufficente chinarsi
per raccogliere l'oro, come ci si era figurato. Sopra pochi,
guidati dalla loro buona stella verso un cantuccio favorito, se
ne contavano centinaia ai quali il nuovo mestiere, bench
infinitamente pi duro del lavoro abituale, aveva reso molto
poco. Sulla fede delle dicerie, si era attribuita ai giacimenti una
ricchezza incalcolabile. Bisognava ricredersi. Non si poteva
contestare che nell'isola ci fosse una certa quantit d'oro, ma
non lo si raccattava a palate, come ingenuamente si era creduto
di prim'acchito. Ed ecco, per certi coloni, uno scoramento,
tanto pi rapido quanto maggiori erano state le illusioni.
D'altra parte, il rallentamento delle trattazioni commerciali e
l'arresto quasi completo delle lavorazioni agricole,
cominciavano a produrre i loro effetti. Certo, ancora, non
mancavano di nulla. Ma il prezzo degli oggetti di prima
necessit era enormemente aumentato. Potevano ridersene
soltanto coloro che avevano tratto profitto dalla ricerca dell'oro.
Il rincaro, invece, concorreva ad aumentare la miseria degli
altri, per i quali le poche pepite di valore rinvenute non
avevano compensato la soppressione dei soliti salari.
Da ci i ritorni, il cui numero fu, del resto, limitato ai pi
deboli e ai pi poveri e, in qualche giorno, il movimento cess.
Il Kaw-djer non ne prov disinganno, perch non si era mai
illuso sulla sua ampiezza. Lungi dal considerare la crisi come
prossima a calmarsi, il suo sguardo chiaroveggente scopriva
pericoli nuovi nell'oscuro avvenire. No: la crisi non era finita.
Anzi non faceva che principiare. Fino ad ora, non si aveva
avuto da fare che con gli Hostelliani, ma non poteva andare
sempre cos. Sull'isola disgraziata si sarebbe inevitabilmente
abbattuta la razza terribile dei cercatori d'oro, appena fosse
stato conosciuto il nuovo campo aperto alla loro insaziabile
rapacit.
La prima carovana giunse al Borgo-Nuovo il 17 gennaio.
Sbarcarono in numero di duecento circa da uno steamer:
duecento uomini pi o meno in cenci, d'aspetto robusto,
risoluti, brutali e feroci. Qualcuno portava alla cintola un largo
coltello, ma i calzoni di tutti, senza eccezione, per quanto
cenciosi, avevano una tasca speciale gonfiata da un revolver.
Sulle spalle avevano un piccone e un sacco che conteneva i
loro miseri indumenti e, sul fianco sinistro, una zucca, un piatto
e una scodella, urtandosi, producevano un rumore di
ferramenta. Il Kaw-djer li guard sbarcare con tristezza. Quei
duecento avventurieri rappresentavano il primo giro della
catena che avrebbe strettamente inceppata l'isola Hoste.
A partire da quel giorno, gli arrivi si susseguirono a intervalli
sempre pi vicini. I cercatori d'oro appena sbarcati, da gente
abituata alle formalit obbligatorie, si recavano direttamente al
governo e si informavano delle prescrizioni legali in vigore.
Ma le trovavano unanimemente esorbitanti. Rimettendo allora
ad altro momento la regolarizzazione della loro situazione, si
riversavano in citt. Il piccolo numero degli abitanti e le
informazioni abilmente raccolte li persuadevano in breve della
debolezza dell'Amministrazione hostelliana. Per cui si
decidevano tutti a non curarsi di leggi, che gli stessi Hostelliani
sfidavano impunemente e, dopo avere vagato un giorno o due
nelle vie deserte di Liberia, lasciavano la citt e si
allontanavano senza altra formalit alla ricerca d'un
appezzamento conveniente.
Ma venne l'inverno e, nello stesso istante in cui i lavori
minerari dovettero essere sospesi, il flusso dei nuovi arrivati
cess del pari. L'ultima nave si allontan il 24 marzo dal
Borgo-Nuovo, dove aveva sbarcato il suo contingente di
cercatori di oro. Pi di duemila avventurieri calcavano in quel
momento il suolo dell'isola.
Quella nave portava con s, in copie numerose, un decreto
notificato dal Governo dell'isola Hoste a tutti gli Stati del
globo. Il Kaw-djer, che aveva assistito all'invasione con dolore
crescente, faceva sapere urbi et orbi che l'isola Hoste, avendo
gi una popolazione eccedente, avrebbe impedito, fosse pure
con la forza, la sbarco di qualsiasi altro nuovo straniero.
Tale misura sarebbe stata efficace? L'avvenire lo avrebbe detto,
ma il Kaw-djer, nel suo interno, ne dubitava. L'attrattiva
dell'oro troppo potente su certe nature, che nulla pu frenare.
D'altra parte, il male era gi fatto. La rivolta degli Hostelliani,
che rinnegavano ogni disciplina, l'inevitabile miseria alla quale
venivano condannati, l'invasione della turba di avventurieri,
gente da sacco e da corda, che portavano seco tutti i vizi della
terra, tutto ci rappresentava un disastro.
Che cosa si poteva fare? Nulla. Non altro che temporeggiare
nell'attesa di giorni migliori, se ne potevano ancora sorgere.
Halg, Karroly, Hartlepool, Harry e Edward Rhodes, Dick,
Germano Rivire e una trentina d'altri, erano soli contro tutti.
Erano gli ultimi fedeli, il battaglione sacro raggruppato intorno
al Kaw-djer, il quale assisteva impotente, alla distruzione della
sua opera!
III.
L'ISOLA DEVASTATA.
Tale fu il primo atto del dramma dell'oro, che doveva, come
ogni produzione teatrale ben congegnata, comportarne tre,
correttamente separati dagli intermezzi invernali.
I fatti deplorevoli che avevano costituito la trama del primo
atto, ebbero forzatamente ripercussione immediata sulla vita,
fino a quel punto felice, degli Hostelliani. Un piccolo numero
di essi era scomparso. Che ne era stato? Lo si ignorava, ma
tutto induceva a credere che fossero stati vittime di qualche
rissa o accidente. Parecchie famiglie portavano quindi il lutto
del padre o del figlio o del marito.
Inoltre, il benessere cos universalmente esteso in passato sopra
l'isola Hoste, era assai diminuito. Non mancava ancora nulla, in
verit, di quanto sia essenziale o soltanto utile alla vita, ma
ogni cosa aveva raggiunto prezzi tripli e quadrupli di quelli
praticati anteriormente.
I poveri ebbero da soffrire di questo stato di cose. Gli sforzi del
Kaw-djer, che si ingegnava di procurare loro un po' di lavoro,
non avevano che scarso successo. L'arresto quasi completo
degli affari particolari incitava tutti alla prudenza e nessuno
osava intraprendere alcunch. I lavori eseguiti per conto dello
Stato erano stati sospesi, essendo vuote le casse dello Stato
stesso. Conseguenza ironica della scoperta dell'oro, lo Stato
mancava di oro, da quando se che trovava in abbondanza nel
suolo.
E come procurarsene? Qualcuno soltanto fra gli Hostelliani si
era rassegnato a pagare la propria concessione, ma nessuno
aveva poi versato la percentuale prescritta dalla legge
sull'estrazione; e la miseria generale, sopprimendo ogni
contribuzione dei cittadini, aveva anche disseccato la fonte alla
quale si era alimentata fino allora la cassa pubblica.



Pochi giorni bastarono inoltre ad esaurire i fondi personali del
Kaw-djer. Egli li aveva gi largamente intaccati durante
l'estate, perch non fossero interrotti i lavori del Capo Horn,
malgrado le gravi difficolt fra cui si dibatteva. E non vi era
agevolmente pervenuto. La febbre dell'oro non risparmi pi
degli altri Hostelliani gli operai che vi lavoravano e le opere
subirono un grave ritardo. Nel mese di aprile 1892, otto mesi
dopo il primo colpo di zappa, il grosso dell'opera giungeva
appena all'altezza di un primo piano, mentre, secondo le
previsioni dell'inizio, avrebbe dovuto essere completamente
finita.
Fra la ventina d'Hostelliani, pei quali il mestiere di cercatore
d'oro aveva avuto buoni risultati, figurava Kennedy, l'antico
marinaio del Jonathan, trasformato ih nababbo da un fortunato
colpo di piccone e che si faceva sufficientemente rimarcare,
perch la sua fortuna non restasse ignorata da alcuno.
Quanto possedeva? Nessuno lo sapeva e forse neanche lui,
perch non certo che fosse capace di contare; molto in ogni
modo a giudicare dalle sue spese. Seminava l'oro a piene mani.
Non l'oro monetato che ha corso legale in tutti i paesi
civilizzati, ma il metallo in pepite o in pagliuzze, delle quali
sembrava abbondantemente provvisto.
Il suo contegno sbalordiva. Perorava con autorit, si atteggiava
a miliardario e annunziava, a chi voleva ascoltarlo, la sua
intenzione di lasciare prossimamente una citt dove non poteva
procurarsi un'esistenza adatta alla sua ricchezza.
Tutti ignoravano l'importanza di codesta sua ricchezza, come
se ne ignorava l'origine esatta e nessuno avrebbe potuto dire
con esattezza dove fosse situato l'appezzamento dal quale era
stata estratta. Quando lo si interrogava al riguardo, egli
assumeva certe arie misteriose e trinciava l'aria senza dare
risposte precise. Tuttavia, alcuni Liberiani lo avevano visto
durante l'estate, ma non intento a lavorare in un modo
qualsiasi, bens a passeggiare tranquillamente con le mani in
tasca.
Costoro non avevano obliato tale incontro perch coincideva,
per alcuni, con una grande disgrazia che li aveva colpiti. Poche
ore o pochi giorni dopo avere veduto Kennedy, l'oro strappato
da essi alla terra in quantit talvolta considerevole, era stato
loro rubato, senza che ne fosse scoperto il colpevole. Quando
le vittime si trovarono riunite, la regolare concordanza dei furti
e della presenza di Kennedy in prossimit della localit ove
erano avvenuti, necessariamente li colp e l'antico marinaio
cominci a destare sospetti, contro i quali, per, non si
potevano produrre prove.
Costui, ad ogni modo, non se ne preoccupava, e si
accontentava dell'ammirazione dei gonzi, la cui razza
universale.
Quelli di Liberia si lasciavano prendere dalla sua parlantina e
la sua disinvoltura si imponeva loro. Bench fosse conosciuto
per ci che valeva, qualcuno, malgrado tutto, lo teneva in una
certa considerazione ed egli reclutava quindi una clientela e
diveniva una specie di personalit.
Il Kaw-djer inasprito si risolse a un atto d'autorit. Kennedy e i
suoi compari si ridevano troppo apertamente delle leggi.
Finch non aveva potuto fare altrimenti, aveva subito la loro
rivolta. Ora che era possibile, si doveva reprimerla. Ormai tutti
i coloni, cacciati dall'inverno, erano di nuovo riuniti e,
malcontenti in massima parte della campagna mineraria,
riprendevano di buon grado le loro occupazioni regolari. La
milizia soprattutto, ricostituita, si componeva di uomini i quali,
per il momento almeno, sembravano animati dai migliori
sentimenti.
Una mattina, senza che nulla lontanamente avvertisse gli
interessati del colpo che li minacciava, la Polizia irruppe nel
domicilio di coloro fra i Liberiani che facevano pompa speciale
delle loro ricchezze e, sotto la direzione di Hartlepool, si
praticarono regolari e minuziose perquisizioni. Si confisc
spietatamente il quarto dell'oro trovato in loro possesso, e sulla
rimanenza si prelevarono ancora duecento pesos, o piastre
argentine, prezzo stabilito dal Kaw-djer per le singole
concessioni. Kennedy non si vantava a torto. In casa sua fu
fatta la messe pi abbondante. Vi si scoperse tanto oro infatti
per il valore corrispondente a centosettantacinquemila franchi
di moneta francese. Ma presso di lui si incontr altres la pi
viva resistenza.
Mentre si procedeva alla visita del suo domicilio, si fu costretti
a tenere in rispetto l'antico marinaio, che scoppiava di bile e
urlava imprecando furiosamente.
Massa di ladri! esclamava mostrando i pugni ad
Hartlepool.
Canta pure, ragazzo, rispose questi, continuando
imperterrito la perquisizione.
Me la pagherete! minacci Kennedy, esasperato dal
sangue freddo del suo antico capo.
Ah! ah! Mi sembra che, per ora, sii tu a pagare
constat con spietata ironia Hartlepool.
Ci rivedremo!
Quando vorrai. Ma, secondo il mio desiderio, il pi tardi
possibile.
Ladro! grid Kennedy, al colmo della collera.
T'inganni replic Hartlepool con tono placido e la
prova ne sia, che, sui tuoi cinquantatr chili di oro, non ne
prelevo che tredici chili e duecentocinquanta grammi, vale a
dire il quarto, esattamente, pi il valore delle duecento piastre
che tu sai. S'intende che pel tuo danaro
Miserabile!
Hai diritto ad una regolare concessione.
Brigante!
Non hai che da dirci dov' il tuo appezzamento.
Bandito!
Non vuoi dirlo?
Canaglia!
A tuo piacere, ragazzo! concluse Hartlepool, mettendo
fine alla scena.
A conti fatti, le perquisizioni fruttarono al tesoro pubblico
quasi trentasette chili d'oro, rappresentanti in moneta italiana
un valore di circa centoventiduemila lire. In cambio si
accordarono concessioni regolari. Kennedy soltanto non
l'ottenne, per non aver voluto ostinatamente indicare il posto
dell'appezzamento che gli aveva dato cos buona raccolta.
La somma ricavata entr nelle casse dello Stato, per essere
scambiata con moneta corrente a primavera, quando le
relazioni col resto del mondo fossero state riprese. Intanto il
Kaw-djer, dopo avere reso pubblico il risultato delle
perquisizioni, cre una quantit equivalente di carta-moneta, a
cui si accord piena fiducia, cosa che gli permise di sollevare
molte miserie.
L'inverno trascorse bene o male e si raggiunse la primavera.
Subito, le stesse cause produssero gli stessi effetti. Come l'anno
precedente, Liberia fu abbandonata. La lezione non era bastata.
Ci si precipitava, forse con maggior frenesia, alla caccia
dell'oro, come quei giuocatori, a tre quarti rovinati, che gettano
sul tappeto verde l'ultima moneta, nell'assurda speranza di
rifarsi.
Kennedy part fra i primi. Messo al sicuro l'oro che gli restava,
scomparve una mattina, incamminato senza dubbio verso
l'appezzamento misterioso di cui si ostinava a non rivelare la
localit. Coloro che si erano ripromessi di seguirlo, vi rimisero
il tempo.
La milizia stessa, guardia fedle e devota, finch era durata la
cattiva stagione, si liquefece daccapo con la neve e il Kaw-djer,
ridotto al solo aiuto degli amici migliori, dovette restare
spettatore del secondo atto del dramma.
Tuttavia, le scene si svolgevano pi rapidamente di quelle del
primo. Meno di otto giorni dopo la loro partenza, alcuni
Liberiani cominciarono a ritornare, poi i ritorni si succedettero,
accelerandosi progressivamente. La milizia si ricostitu una
seconda volta. Gli uomini riprendevano silenziosamente il
posto lasciato, senza che il Kaw-djer muovesse
un'osservazione. Non era il momento di mostrarsi severo.
Tutte le informazioni attestavano concordemente che la
situazione all'interno si modificava in identico modo. Le
fattorie, le officine, le agenzie si ripopolavano. Il movimento
era generale al pari della causa che lo produceva.
I cercatori d'oro avevano trovato, infatti, una situazione ben
diversa da quella dell'anno prima. Allora le cose erano rimaste
fra Hostelliani. Ora era entrato in scena l'elemento straniero e
bisognava fare i conti con esso. E quali stranieri! Il rifiuto
dell'umanit. Esseri rifiniti, mezzo bruti, abituati a tutto, che
non pesavano n la soffernza n la morte, spietati verso s
stessi e verso gli altri. Bisognava combattere pel possesso degli
appezzamenti contro tali uomini avidi, che, fin dall'inizio della
stagione, si erano assicurati i posti migliori. Dopo una lotta pi
o meno lunga, a seconda dei singoli caratteri, la maggior parte
degli Hostelliani vi aveva rinunziato.
Era tempo che giungessero rinforzi. L'invasione cominciata
alla fine dell'estate precedente, ricominciava in maniera assai
pi intensa. Ogni settimana, due o tre steamers portavano un
carico di cercatori d'oro stranieri. Il Kaw-djer si era inutilmente
opposto allo sbarco. Gli avventurieri, incuranti di una
interdizione non appoggiata dalla forza, sbarcavano malgrado
il Governatore e le brigate rumorose percorrevano Liberia
prima di mettersi in cammino per i giacimenti.
Le navi addette al trasporto dei cercatori d'oro erano quasi le
sole che si scorgessero ormai nel porto del Borgo-Nuovo. E
infatti, cosa sarebbero venute a fare le altre? Essendo gli affari
completamente sospesi, esse non avrebbero trovato carico. Gli
stocks di legname da costruzione e di pelliccerie si esaurirono
fin dalla prima settimana e il Kaw-djer si opponeva
energicamente all'esportazione del bestiame, dei cereali e delle
conserve, cosa che avrebbe ridotta la popolazione a tutti gli
orrori della carestia.
Appena il Kaw-djer pot disporre di duecento uomini, gli
invasori ebbero la peggio. Quando duecento baionette
appoggiarono le ordinanze del Kaw-djer, esse divennero d'un
tratto degne di rispetto e furono rispettate. Dopo aver tentato
invano di vincere le proibizioni vigenti, gli steamers dovettero
riprendere il largo col detestabile carico che avevano portato.
Ma non si tard a sapere, che la ritirata non era che fittizia.
Obbligati a cedere dinanzi alla forza, le navi navigavano lungo
la costa occidentale dell'isola e, al riparo entro qualche
insenatura, sbarcavano il carico umano in aperta campagna,
servendosi delle proprie imbarcazioni. Le brigate volanti,
create per la sorveglianza delle coste, non servirono a nulla.
Furono sopraffatte. Coloro che volevano metter piede sull'isola
vi riuscivano, ad ogni modo, e l'onda degli avventurieri non
cess d'ingrossare.
Il disordine nell'interno dell'isola raggiunse il colmo. Erano
orgie continue, stravizzi, rotti da contese, da risse sanguinose al
revolver e al coltello. E come i cadaveri attirano le iene e gli
avvoltoi dai confini dell'orizzonte, cos quelle migliaia di
avventurieri avevano attirato tutta una popolazione ancor pi
degradata. Coloro che componevano questa seconda serie
d'immigrati non pensavano a cercare il prezioso metallo. Le
loro miniere erano in fondo alle tasche dei cercatori d'oro e lo
sfruttamento ne era assai pi comodo. Sopra tutti i punti
dell'isola, ad eccezione di Liberia, ove non avrebbero osato
sfidare il Kaw-djer cos apertamente, pullulavano le taverne e
le bische. Erano sorti persino music-halls di bassa sfera, rizzati
in aperta campagna con poche travi mal squadrate, in cui
femmine da conio affascinavano i minatori ebbri con le loro
voci rauche e i volgari ritornelli.
Nelle bische, nei music-halls, nelle taverne, l'alcool, generatore
di tutte le vergogne, scorreva a torrenti.
Nonostante tante tristezze, il Kaw-djer non si perdeva d'animo.
Fermo al suo posto, centro intorno al quale si sarebbero ancora
riuniti tutti per riedificare, non appena cessata la tormenta, egli
si adoprava a riconquistare la fiducia degli Hostelliani, che,
lentamente ma sicuramente, ritornavano in s stessi. Nulla
sembrava avere presa su lui e, volontariamente cieco alle
defezioni, continuava, imperturbabile, il suo mestiere di
Governatore, non trascurando neppure la costruzione del faro,
che gli stava tanto a cuore. Per ordine suo, Dick, in estate,
aveva compiuto un viaggio d'ispezione all'isola Horn.
Malgrado tutto, i lavori, certamente rallentati, non erano stati
sospesi neppure di un giorno. Il grosso dell'opera poteva essere
terminato alla fine dell'estate e per le macchine, gi piazzate in
quell'epoca, sarebbe stato sufficiente uh mese a compierne il
montaggio.
Verso il 15 dicembre, si poteva calcolare che la met degli
Hostelliani fossero gi ritornati al dovere, mentre all'interno
sfrenava tuttavia il sabba infernale. Proprio in quell'epoca, il
Kaw-djer ricevette una visita inattesa, le cui conseguenze
dovevano essere fortunatissime. Due uomini, un Inglese e un
Francese, giunti sulla stessa nave, si presentarono insieme al
Governo. Ammessi immediatamente presso il Kaw-djer,
declinarono i loro nomi: Maurizio Reynaud, il Francese;
Alessandro Smith, l'Inglese; e, senza parole superflue,
espressero il desiderio di ottenere una concessione.
Il Kaw-djer sorrise con amarezza.
Permettetemi di chiedervi, signori disse se siete al
corrente di quanto accade in questo momento all'isola Hoste.
S rispose il Francese.
Ma noi preferiamo, lo stesso, essere in regola termin
l'Inglese.
Il Kaw-djer esamin con maggior attenzione i due uomini.
Avevano tra essi, pure essendo di razze differenti, qualche cosa
di comune; quel non so che famigliare agli uomini d'azione.
Erano giovani entrambi, forse avevano trent'anni, ed entrambi
erano robusti e coloriti in volto. Le fronti, lasciate libere dai
capelli tagliati a spazzola, denotavano intelligenza, e il mento
un po' sporgente, un'energia che avrebbe potuto sembrare
durezza, se lo sguardo assai franco dei loro occhi turchini, non
ne avesse addolcita l'espressione.
Per la prima volta, il Kaw-djer si trovava di fronte a cercatori
d'oro simpatici.
Ah! siete gi al corrente disse. Pure, siete appena
giunti.
Cio ritornati spieg Maurizio Reynaud. L'anno
scorso passammo pochi giorni qui. Ne siamo ripartiti, dopo
avere rilevato e riconosciuto l'appezzamento che desideriamo
sfruttare.
Insieme? domand il Kaw-djer.
Insieme rispose Alessandro Smith.
Il Kaw-djer, con espressione di rincrescimento sincero, riprese:
Giacch siete cos bene informati, saprete pure che non
posso soddisfarvi, perch la legge che voi desiderate rispettare
riserba ogni concessione ai cittadini hostelliani.
Per gli appezzamenti obbiett Maurizio Raynaud.
Ebbene? chiese il Kaw-djer.
Si tratta d'una miniera spieg Alessandro Smith. La
legge non parla di ci.
Infatti, riconobbe il Kaw-djer ma una miniera
impresa che esige capitali importanti
Li possediamo interruppe Alessandro Smith. Siamo
partiti per procurarceli.
cosa fatta disse Maurizio Raynaud. Noi
rappresentiamo la Franco-English Gold Mining Company,
della quale il mio collega Smith l'ingegnere-capo ed io il
direttore, societ costituitasi a Londra il 10 settembre scorso,
col capitale di quarantamila lire sterline. Se concluderemo
l'affare, come non dubito, lo steamer che ci ha condotti,
riporter i nostri ordini. Fra otto giorni inizieremo i lavori, fra
un mese avremo le prime macchine e nel prossimo anno il
nostro attrezzaggio sar gi completo.
Il Kaw-djer, interessandosi assai all'offerta fattagli, rifletteva
circa l'accoglienza da farle e ne pesava il pro e il contro. I due
giovani gli garbavano. Ne ammirava il carattere deciso e
l'aspetto di sana freschezza. Ma permettere a una societ
franco-inglese di installarsi sull'isola Hoste e crearvi interessi
considerevoli, non valeva come aprire la porta a future
complicazioni internazionali? La Francia e l'Inghilterra, sotto
pretesto di sostenere i loro sudditi, non avrebbero avuto la
tentazione un giorno di ingerirsi dell'amministrazione interna
dell'isola? Alla fine il Kaw-djer si risolse per una risposta
affermativa. La proposta era troppo seria per essere respinta e,
poich la malattia dell'oro era ormai inevitabile, meglio valeva,
anzich lasciarla diffondere attraverso tutto il territorio,
localizzarla in qualche focolare di facile sorveglianza,
dividendo, al bisogno, tutti i giacimenti fra un piccolo numero
di societ importanti.



Accetto disse. Tuttavia, poich si tratta di lavori di
scavo, reputo che le condizioni previste per le concessioni
degli appezzamenti debbano essere modificate.
Come vi piacer rispose Maurizio Reynaud.
Si pu fissare un prezzo per ettaro.
Sia!
Per esempio, cento piastre argentine.
Accettato.
Quale sar l'estensione della vostra concessione?
Cento ettari.
Si tratter dunque di diecimila piastre.
Eccole disse Maurizio Reynaud, spiccando rapidamente
un assegno bancario.
Invece riprese il Kaw-djer si potr, in ragione delle
spese che saranno pi forti che non per lo sfruttamento in
superficie piana, abbassare il tasso della nostra
compartecipazione alla vostra estrazione. Vi propongo il venti
per cento.
Accettiamo dichiar Alessandro Smith.
Siamo d'accordo? Su tutti i punti.
mio dovere prevenirvi aggiunse il Kaw-djer che,
durante un certo periodo almeno, lo Stato hostelliano
nell'impossibilit di garantirvi la libera disposizione della
concessione che vi accorda e di proteggere efficacemente le
vostre persone.
I due giovani sorrisero con baldanza.
Sapremo proteggerci da noi stessi rispose Maurizio
Reynaud. La concessione venne firmata, e il titolo rimesso ai
due amici, che si congedarono subito. Tre ore dopo avevano
lasciato Liberia, dirigendosi verso l'estremit occidentale della
catena media dell'isola, ove era situata la loro concessione.
Invece di calmarsi, l'anarchia dell'interno non fece che
aumentare mano mano che l'estate avanzava. Nell'Antico e nel
Nuovo Mondo, l'esagerazione e l'immaginazione se ne erano
interessate, scaldando i cervelli, per cui l'isola Hoste veniva
considerata ormai come un'isola d'oro. E i cercatori affluivano.
Respinti dal porto, s'insinuavano attraverso le baie dell'isola.
Negli ultimi giorni di gennaio, il Kaw-djer, riferendosi alle
informazioni giuntegli da varie localit, pot valutare a non
meno di ventimila gli stranieri ospitati per forza, che certo
avrebbero finito col divorarsi l'un l'altro. Cosa non si doveva
temere da quei forsennati, gi in lotta sanguinosa per il
possesso degli appezzamenti, quando la carestia li avesse
gettati gli uni contro gli altri?
In quell'epoca il disordine raggiunse l'apice e parecchi
Hostelliani caddero vittime nei conflitti feroci, quasi
quotidianamente scatenati dalla cupidigia. Il Kaw-djer, appena
ne ebbe notizia, si rec coraggiosamente sui terreni auriferi e si
slanci in mezzo alle turbe. Ma i suoi sforzi riuscirono inutili e
il suo intervento poco manc non gli costasse caro. Fu respinto,
minacciato e si attent perfino alla sua vita.
La sua visita ebbe per un risultato, che egli era ben lungi
dall'aspettarsi. La folla eterogenea degli stranieri comprendeva
persone, non soltanto di tutte le razze del mondo, ma anche di
tutte le condizioni. Sebbene eguagliate dal decadimento attuale,
traevano per origini differenti. Se per la maggior parte
uscivano dalle tane ove si nascondono, fra due delitti, i banditi
delle grandi citt, qualcuno invece discendeva dalle pi alte
sfere sociali. Parecchi portavano anzi nomi noti e avevano
posseduto una ricchezza considerevole, prima di scivolare
nell'abisso, rovinati, disonorati, avviliti dalla crapula e dai vizi.
Alcuni di costoro, non si seppe mai quali fossero, riconobbero
il Kaw-djer, cos come l'aveva riconosciuto un giorno il
comandante del Ribarto, ma con sicurezza maggiore del
capitano chileno, che ricordava soltanto una vecchia fotografia.
Costoro, invece, avevano veduto il Kaw-djer in carne ed ossa
durante i loro pellegrinaggi attraverso il mondo e, per quanto
tempo fosse gi passato, non potevano sbagliarsi, occupando
egli allora un posto troppo elevato perch i suoi lineamenti non
si fossero incisi nella loro memoria. Il suo nome corse subito di
bocca in bocca.
Quel nome illustre era, diciamolo subito, giustamente
attribuito.
Discendente dalla famiglia regnante d'un potente impero del
Nord e destinato dalla nascita a signoreggiare, il Kaw-djer era
cresciuto sui gradini di un trono. Ma il destino che talvolta si
compiace di talune ironie, aveva dato al figlio dei Cesari
l'anima d'un San Vincenzo di Paola, convertito all'anarchismo.
Uscito appena dall'adolescenza, la sua situazione privilegiata
gli fu sorgente non di felicit, ma di dolore. Le miserie che lo
circondavano offuscarono ai suoi occhi lo splendore della sua
grandezza. Egli tent dapprima di lenirle, ma dovette presto
convincersi che tale impresa eccedeva il suo potere. N la sua
ricchezza, bench immensa, n la durata della sua vita,
potevano bastare ad alleviare neppure la centomilionesima
parte delle sventure umane. Per stordirsi, per attutire il dolore
che gli causava il senso della sua impotenza, egli si rifugi
nella Scienza, come altri si sarebbero rifugiati nel piacere. Ma
divenuto medico, ingegnere, sociologo di grande valore, anche
dal sapere non pot trarre il mezzo per assicurare a tutti
l'eguaglianza della felicit. Di disinganno in disinganno,
perdette a poco a poco la chiarezza del giudizio. Scambiando
l'effetto per la causa, anzich considerare gli uomini come
vittime che lottino ciecamente attraverso i secoli contro la
materia spietata e che fanno, dopo tutto, del loro meglio, giunse
a rendere responsabile della loro infelicit le diverse forme
d'associazioni, alle quali, non conoscendone migliori, si sono
rassegnate le collettivit.
L'odio profondo che concep contro tutte le istituzioni e le
organizzazioni sociali, che, secondo lui, rendevano perenne il
male, gli rese impossibile il continuare a subire le loro leggi
detestate. Per liberarsene, non scorse altro mezzo che separarsi
volontariamente dai viventi. Senza prevenire alcuno, era
dunque partito un bel giorno, abbandonando la Corte e i suoi
beni, e aveva percorso il mondo, fino al momento in cui, giunto
nella Magellania, la sola regione ove forse regnasse la libert
assoluta, vi era sbarcato. E l, da dieci anni si prodigava
ininterrottamente ai pi diseredati fra gli uomini, quando
l'accordo chilo-argentino e poi il naufragio del Jonathan erari
venuti a turbare la sua esistenza.
Tali sparizioni principesche, causate da motivi, se non identici,
analoghi almeno a quelli che avevano mosso il Kaw-djer, non
sono assolutamente rare. Tutti rammentano il nome di parecchi
principi, tanto pi celebri la loro rinunzia apparve
prodigiosa! quanto pi cercarono appassionatamente di
essere obliati. Alcuni hanno abbracciato una professione attiva
e l'hanno esercitata come qualsiasi altro mortale. Altri si sono
confinati nell'oscurit della vita borghese. Uno di questi grandi,
guarito dalle vanit terrene, si dedicato alla Scienza, ed ha
scritto opere magnifiche, ammirate universalmente. La parte
del Kaw-djer, che dell'altruismo aveva fatto il polo e la ragione
di essere della sua vita, non era, certo, la meno bella.
Una volta sola nel momento in cui aveva assunto il governo
della colonia, fu costretto a ricordarsi della passata grandezza.
Conosceva abbastanza lo spirito delle leggi umane per non
prevedere le conseguenze della sua partenza. Pur occupandosi
poco delle persone, esse sono per assai scrupolose nella tutela
della propriet individuale. Per cui, pur certo d'essere stato
completamente obliato, egli non dubitava che la sua ricchezza
non fosse stata severamente rispettata. Una parte di quella
ricchezza poteva divenire in quel momento una leva potente e
allora, vincendo le sue ripugnanze, aveva svelato la sua vera
personalit ad Harry Rhodes, il quale, munito delle necessarie
istruzioni, era partito per prelevare quell'oro, che l'isola Hoste
prodigava adesso con cos perniciosa abbondanza.
L'effetto prodotto sugli Hostelliani e sugli avventurieri dalla
rivelazione del nome del Kaw-djer, fu assai disparato. N gli
uni n gli altri videro giusto d'altra parte, e il lato sublime di
quel magnifico carattere fu da tutti ugualmente disconosciuto.
I cercatori di oro stranieri, vecchie volpi che avevano troppo
percorso la Terra in tutti i sensi per rimanere sbalorditi dalla
distinzione sociale, detestarono ancora pi colui che
consideravano loro nemico. Non era da meravigliarsi che
promulgasse leggi cos dure per i miseri. Era un aristocratico.
Ci spiegava tutto.
Gli Hostelliani, invece, non rimasero insensibili alla gloria di
essere governati da un capo di cos alto lignaggio. La loro
vanit ne fu deliziosamente solleticata e l'autorit del Kaw-djer
ne fu avvantaggiata.
Questi era tornato a Liberia cos disperato, cos accorato per i
fatti abbominevoli ai quali aveva assistito, che i suoi intimi
amici ventilarono la possibilit di abbandonare l'isola Hoste.
Tuttavia, prima di ricorrere a tali estremi, Harry Rhodes
propose di rivolgersi al Chili. Conveniva forse tentare questa
suprema possibilit di salvezza.
Il Governo chileno non ci abbandoner fece osservare.
nel suo interesse che la Colonia ricuperi la sua
tranquillit.
Chiedere aiuto allo straniero! esclam il Kaw-djer.
Basterebbe rispose Harry Rhodes che una delle navi
di Punta-Arenas venisse ad incrociare in vista dell'isola.
Che Karroly parta per Punta-Arenas propose Hartlepool
e prima di quindici giorni
No interruppe il Kaw-djer con tono che non ammetteva
replica. Simile passo non sar mai compiuto col mio
consenso, nemmeno se la nazione hostelliana dovesse perire.
Tutto, del resto, non ancora perduto. Noi potremo salvarci da
soli col coraggio, come, da soli ci siamo formati.
Dinanzi a una volont espressa cos chiaramente non restava
che inchinarsi. Dopo pochi giorni, come per giustificare
quell'energia che nulla poteva abbattere, si deline fra gli
Hostelliani una corrente di reazione molto pi importante delle
precedenti. Forse anche perch la situazione sui terreni auriferi
diveniva impossibile. La partita era troppo ineguale per essi,
che dovevano competere con avventurieri senza scrupoli, i
quali consideravano la coltellata quale argomento
naturalissimo di discussione. Rinunziavano dunque alla lotta e
venivano a rifugiarsi presso un capo, al quale non erano alieni
dall'attribuire potere illimitato, ora che ne conoscevano il vero
nome. In pochi giorni, tutti, a Liberia come nel resto dell'isola,
avevano ripreso l'antico posto.
Fra quelli che ritornavano, si sarebbe vanamente cercato
Kennedy, rimasto sui giacimenti insieme con gli avventurieri
suoi pari. Cattive voci seguitavano a circolare sul conto
dell'antico marinaio.
Al pari dell'anno precedente, nessuno l'aveva mai visto
lavorare, o scavare per conto suo e la sua presenza aveva
coinciso, in pi riprese, con furti ed anche, per due volte, con
assassini, il cui movente era stato il furto. Da tali voci
un'accusa aperta, non mancava che un passo. Che, per, per il
momento almeno, non era possibile il compiere.
In quel paese cos agitato, diveniva impossibile ogni sorta
d'inchiesta. Fondata o no, bisognava rinunziare a chiarire
l'accusa.
La natura del Kaw-djer era troppo nobile per conoscere il
rancore. Ma, anche se ne fosse stato capace, l'aspetto dei coloni
sarebbe bastato a dissiparlo. Ritornavano vinti, in uno stato
doloroso di miseria e di stanchezza. Fra quella popolazione
nomade, che aveva raccolto i germi ammorbati di tutti i cieli e
che formicolava sulle concessioni, quasi senza tetto, esposta
alle intemperie di un clima spesso burrascoso in estate, che
respirava l'aria delle paludi delle quali rimoveva il fango
infetto, la malattia s'era scatenata rabbiosa. I Liberiani
ritornavano in citt, smagriti, tremanti di febbre, e per un lungo
mese il Kaw-djer, pi medico che governatore, dovette aiutare
il dottor Arvidson, il quale non bastava da solo ad assolvere il
suo compito.
Ci malgrado lo confortava una grande speranza. Questa volta
egli aveva la coscienza che il suo popolo gli veniva reso. Lo
sentiva vibrare nella sua mano, oppresso dalle sue colpe,
fremente pel desiderio di farsele perdonare. Con un po' di
pazienza ancora, egli avrebbe disposto della forza necessaria
per lottare contro il cancro immondo che si era attaccato alla
sua opera.
Verso la fine dell'estate, l'isola Hoste era infatti divisa in due
zone ben distinte. Nell'una, la pi grande, cinquemila
Hostelliani, uomini, donne e fanciulli, ritornati a riprendere la
vita normale. Nell'altra, poche localit intorno ai terreni
auriferi, ventimila avventurieri, pronti a tutto e imbaldanziti
dall'impunit. Ora osavano perfino venire a Liberia e trattavano
la citt da paese conquistato. Percorrevano le vie
insolentemente, con la testa alta, facendo risuonare i tacchi e
prendendo senza scrupoli ci che trovavano di loro
convenienza. Se l'interessato protestava, rispondevano a
bastonate.
Ma un giorno finalmente, il Kaw-djer, che si sentiva
abbastanza forte per iniziare la lotta, si risolse a dare un
esempio. In quel giorno, gli scavatori d'oro che si
avventuravano in Liberia, vennero arrestati e imprigionati,
senz'altra forma di processo, nell'unico steamer che si trovava
al Borgo-Nuovo e che il Kaw-djer aveva noleggiato a tale
scopo. L'operazione si rinnov nei giorni seguenti, cos che al
15 marzo, quando lo steamer prese il largo, trasportava seco
pi di cinquecento di quei passeggeri involontari, solidamente
incatenati in fondo alla stiva.
Tali espulsioni sommarie ebbero una certa eco all'interno e vi
scatenarono ire spaventose. Dalle notizie che pervenivano, tutta
la regione aurifera era in tumulto e bisognava aspettarsi una
rivolta generale. Non si era gi pi sicuri in alcuna parte
dell'isola.
I delitti individuali, segni premonitori dei delitti collettivi, si
moltiplicavano. Alcune fattorie erano state saccheggiate, alcuni
capi di bestiame rubati. A venti chilometri da Liberia, erano
stati commessi uno dopo l'altro tre assassini. Poi si apprese che
gli stranieri si concertavano, che avevano tenuto qualche
comizio e che dinanzi a un uditorio di migliaia di persone
venivano pronunziati discorsi di violenza incredibile.
Gli oratori parlavano, nientemeno, che di marciare sulla
capitale e distruggerla da cima a fondo. Ma tutto ci, per uno
spirito chiaroveggente, era ancora ben poca cosa. Presto
sarebbero mancati i viveri. E quando la fame avesse straziato le
viscere di quel popolaccio delirante, la sua rabbia ne sarebbe
stata decuplicata. Bisognava aspettarsi di peggio
All'improvviso, tutto si calm. Era ritornato l'inverno,
agghiacciando l'anima tumultuosa degli uomini. E, dal cielo
grigio, tutto ovattato di neve, la valanga implacabile dei fiocchi
scendeva come un sipario sul secondo atto del dramma.
IV.
UNA GIORNATA.
Il traviamento degli Hostelliani non aveva soltanto soppresso,
quasi totalmente, la produzione dell'isola, ma una popolazione
quintuplicata doveva inoltre vivere sulle riserve quasi esaurite.
Cos la miseria fu atroce durante l'inverno del 1893. Nei cinque
mesi della sua durata, il Kaw-djer dovette addossarsi un
compito formidabile. Dovette risolvere giorno per giorno le
difficolt continuamente rinascenti, soccorrere gli affamati,
curare gli ammalati innumerevoli, essere, insomma, ovunque
ad un tempo. Dinanzi alla sua energia indomabile e
all'inalterabile dedizione, i Liberiani furono colpiti di
ammirazione e torturati dal rimorso. Ecco come si vendicava
colui che aveva rinunziato, ora lo sapevano, a un'esistenza
tanto superiore, per condividere la loro vita di miseria, e che
essi avevano nonpertanto cos vilmente rinnegato!
Nonostante tutti gli sforzi del Kaw-djer, a mala pena ci si pot
provvedere a Liberia dello stretto necessario. Cosa doveva
essere nelle campagne? Cosa, specialmente, sui terreni auriferi,
ove si ammucchiavano migliaia di uomini che non avevano
preso nessun provvedimento per combattere un clima di cui
ignoravano i rigori?
Ora era troppo tardi per riparare alla loro imprevidenza. Essi
erano bloccati dalle nevi e non potevano calcolare che sulle
risorse delle adiacenze pi prossime. Ma tante e tante bocche
affamate, in pochi giorni, le avrebbero esaurite.
Per, come si seppe pi tardi, alcuni riuscirono a vincere tutti
gli ostacoli e poterono perfino spingersi molto lontano,
nell'interno dell'isola. Tra essi e parecchi fattori avvennero
battaglie sanguinose. La ferocia umana superava quella della
natura. L'inverno aveva diminuito ma non arrestato il flusso di
sangue che arrossava la terra.
Tuttavia, soltanto pochi fra essi, sfidarono con tali audaci
escursioni l'ostilit degli uomini e quella insieme delle cose.
Come vissero gli altri? Molti, cosa che non si sarebbe mai
riuscito a sapere, eran morti di fame e di freddo. E come gli
altri, pi fortunati, avessero provveduto alla loro esistenza,
anche questo rest sempre mistero impenetrabile.
Ma il Kaw-djer non aveva bisogno di conoscere i particolari
delle cose, per concepire di quali torture fossero preda quei
miserabili. Ne immaginava la disperazione e comprendeva che
tale sentimento si sarebbe mutato in furore ai primi tepori
primaverili. Allora, soltanto, il pericolo avrebbe assunto
proporzioni minacciose. Quella gentaglia affamata, trovando
dinanzi a s le strade rese libere dalla neve disciolta, si poteva
riversare da tutte le parti e mettere l'isola a sacco
Due giorni dopo il disgelo, si apprese infatti che una banda di
forsennati aveva attaccato la concessione della Franco-English
Gold Mining Company, diretta dal francese Maurizio Reynaud
e dall'inglese Alessandro Smith. Ma i due giovani si erano
difesi da soli. Riunendo i loro operai, in numero gi di
parecchie centinaia, avevano respinto gli assalitori, non senza
infliggere loro perdite gravi.
Qualche giorno dopo giunse la notizia di una serie di delitti
commessi nella regione del Nord. Alcune fattorie erano state
saccheggiate i proprietari scacciati dalle loro abitazioni, o
anche, talvolta, puramente e semplicemente uccisi. Se si
lasciava fare, quei banditi, in meno di un mese, avrebbero
finito per devastare l'isola intiera. Era tempo d'agire.
La situazione appariva infinitamente migliore dell'anno
precedente. La primavera, che aveva determinato violente
agitazioni tra la folla sparsa degli avventurieri, non aveva avuto
nessuna influenza sul contegno degli Hostelliani. Questa volta
la lezione era stata sufficente. Ad eccezione del centinaio di
traviati, incaponitisi a restare sui giacimenti e che senza dubbio
dovevano essere ormai tutti periti, la popolazione di Liberia
non era diminuita di un'unit. Nessuno aveva menomamente
pensato a riprendere una terza campagna. Tolti pochi coloni
favoriti dal caso, la maggior parte erano ritornati rovinati, con
la salute e l'avvenire compromessi per sempre. Inoltre, le
piccole ricchezze guadagnate con l'oro in massima parte erano
state dissipate, come fatalmente accade, nelle taverne e nelle
bische di bassa sfera, ove le detonazioni delle revolverate si
confondono alle urla dei giocatori. Tutti si rendevano conto
della passata folla, e nessuno aveva voglia di ricominciare
l'esperienza.
Il Kaw-djer, dunque, disponeva al completo della milizia. Mille
uomini incorporati, disciplinati, obbedienti ai loro capi,
rappresentavano una forza rispettabile e, bench gli avversari
fossero venti volte pi numerosi, egli non dubitava di metterli a
dovere. Qualche giorno ancora, per lasciare alle strade
imbevute d acqua il tempo d'asciugare meglio, e poi si sarebbe
potuto battere tutta l'isola e spazzarla degli avventurieri che
l'infestavano
Ma costoro lo prevennero e provocarono la tragedia, rapida e
terribile, che decise la sorte dell'isola.
Il 3 novembre, quando le strade erano ancora pantanose, alcuni
contadini hostelliani, accorsi a galoppo sui loro cavalli,
avvertirono il Kaw-djer che una colonna forte d'un migliaio di
avventurieri marciava contro la citt. Si ignoravano le
intenzioni di quegli uomini, ma esse non dovevano essere
pacifiche, a giudicarne dall'atteggiamento e dalle urla
minacciose.
Il Kaw-djer prese le misure del caso. Dietro suo ordine la
milizia fu raccolta dinanzi al Palazzo del Governo e sbarr le
strade che sboccavano sulla piazza. Poi si attesero gli eventi.
La colonna annunziata raggiunse Liberia verso le nove,
preceduta da canti e da gridi. I cercatori di oro che credevano
di sorprendere, ebbero invece la sorpresa di urtarsi contro la
milizia hostelliana, schierata in battaglia e il loro slancio ne fu
fiaccato.
Si fermarono interdetti. Avendo perduto il beneficio della
sorpresa, conveniva loro parlamentare.
Dopo un'animata discussione in famiglia, coloro che stavano
alla testa della colonna fecero conoscere ad Hartlepool che
desideravano parlare al Governatore. La domanda trasmessa di
bocca in bocca fu favorevolmente accolta. Il Kaw-djer
acconsent a ricevere dieci delegati.
Si dovettero scegliere i dieci delegati, cosa che motiv una
recrudescenza di discussioni e di clamori. Finalmente essi si
presentarono dinanzi al fronte della milizia, che aperse le file
per lasciarli passare. 11 movimento, a un cenno di Hartlepool,
fu eseguito con grande perfezione e i delegati ne rimasero
impressionati. E lo furono anche pi, quando la milizia, a un
nuovo cenno del Capo, manovrando con pari sicurezza,
rinchiuse le file alle loro spalle.
Il Kaw-djer stava ritto in mezzo alla piazza, nello spazio
rimasto libero dietro le truppe. Mentre i delegati avanzavano, si
pot comodamente osservarli. Visti da vicino, non apparivano
gran che rassicuranti. Di statura alta, con le spalle larghe,
sembravano robusti, bench le privazioni invernali li avessero
dimagrati. Vestivano quasi tutti di cuoio, di cui uno spesso
strato di untume uniformava la tinta primitiva: avevano capelli
irti e barbe incolte, che facevano rassomigliare i visi a musi di
belve. In fondo alle orbite incavate, rilucevano occhi da lupo e
stringevano i pugni nel camminare.
Il Kaw-djer rest immobile, senza avanzare di un sol passo
incontro ad essi e, quando gli furono vicini, attese
tranquillamente che facessero conoscere lo scopo del loro
passo.
Ma i delegati non avevano fretta di parlare. S'erano scoperti
istintivamente il capo nell'avvicinarsi al Kaw-djer e, schierati
in semicerchio intorno a lui, si dondolavano goffamente da una
gamba all'altra. La loro apparenza feroce era ingannatrice.
Sembravano invece ragazzi e assai imbarazzati della loro
persona nel trovarsi cos isolati dai compagni nella solitudine
del vasto piazzale, davanti a quell'uomo che li dominava con la
testa, dall'atteggiamento grave e freddo e la cui maest si
imponeva loro.
Finalmente, attenuatosi un po' il turbamento, ritrovarono lo
scilinguagnolo e uno fra essi prese la parola.
Governatore disse veniamo a nome dei nostri
camerati L'oratore, intimidito, s'interruppe. Il Kaw-djer non
fece moto per aiutarlo a riannodare il filo del discorso e l'altro
riprese:
I camerati ci hanno mandato
Nuova pausa dell'oratore e uguale mutismo del Kaw-djer.
Insomma, siamo i loro delegati! spieg un altro
avventuriero, impazientito da tutte quelle esitazioni.
Lo so disse il Kaw-djer freddamente. E poi?
I delegati rimasero attoniti! Essi che pensavano di far
tremare! Ecco in che modo erano temuti! Ci fu ancora un
silenzio. Poi un terzo delegato, rimarchevole per l'ampiezza
della barba incolta, riun tutto il suo coraggio ed entr nel vivo
della questione.
Dopo? Dopo c' che abbiamo motivo di lagnarci.
Di che?
Di tutto. Non possiamo pi tirare innanzi, a motivo del mal
volere che ci viene dimostrato qui.
Per quanto la situazione fosse seria, il Kaw-djer non pot a
meno di sorridere per la piacevole ironia di tale recriminazione,
sulle labbra di un invasore dell'isola Hoste.
tutto qui? egli chiese.
No rispose il terzo delegato, che decisamente possedeva
la lingua sciolta pi degli altri. Si vorrebbe anche noialtri
che gli appezzamenti non fossero proprio di chi vuole
prenderseli. Bisogna combattere per averli. I gentlemen
l'avventuriero, un americano dell'Ovest, adoper quella parola
con la maggior seriet del mondo proferirebbero
concessioni in regola, come si pratica dovunque Sarebbe
pi ufficiale aggiunse dopo un istante di riflessione, con
convincimento comico.
tutto qui? ripet il Kaw-djer.
Un momento! rispose il delegato barbuto. Ma,
prima di passare ad altro, i gentlemen vorrebbero una risposta a
proposito delle concessioni.
No disse il Kaw-djer.
No?
La risposta : no precis il Kaw-djer.
I delegati rialzarono la testa all'unisono. Entro i loro occhi
cominciarono a passare bagliori sinistri.
Perch? chiese uno di coloro che non avevano ancora
parlato. Ci vuole una ragione da ripetere ai gentlemen.
Il Kaw-djer serb il silenzio. Davvero, osavano chiedergli una
ragione! Non la conoscevano forse? La legge, che nessuno
aveva rispettata, non fissava forse un prezzo per il
conferimento d'una concessione? Ben pi, questa legge,
conosciuta da tutti, non riservava le concessioni agli
Hostelliani soltanto, interdicendo il territorio hostelliano a
quella gente che l'aveva audacemente sfidata?
Perch? ripet il delegato, constatando che la domanda
non otteneva risposta.
Poi, la seconda interrogazione non ottenendo miglior successo
della prima, formul da s la risposta.
La legge? disse. Oh! la si conosce la legge Non
abbiamo che da naturalizzarci La terra di tutti e noi siamo
uomini come gli altri, mi pare!
Un tempo, il Kaw-djer non si sarebbe espresso diversamente.
Ma le sue idee si erano ben mutate adesso, ed egli non
comprendeva pi tale linguaggio. No, la terra non di tutti.
Appartiene a coloro che la dissodano, che la coltivano, a coloro
che, con ostinato lavoro, la trasformano in madre nutritiva e
costringono il suolo a tessere il tappeto dorato della messe.
E poi riprese ancora il delegato barbuto quando si
parla di legge bisognerebbe cominciarla a vedere rispettata
questa legge. Quando coloro che la promulgano se ne
infischiano, domando io, cosa dovranno fare gli altri? Siamo al
3 novembre. Perch non si sono fatte le elezioni al primo del
mese, visto che il Governo scaduto?
L'osservazione inattesa sorprese il Kaw-djer. Chi aveva potuto
informare cos minutamente il minatore? Certo Kennedy, che
non si era fatto pi vedere a Liberia. Del resto, l'osservazione
era giusta. Il periodo che egli aveva fissato, sottomettendosi
spontaneamente al suffragio degli elettori, era gi spirato,
infatti e, ai termini della legge promulgata un giorno da lui
stesso, si sarebbe dovuto procedere sin da due giorni prima a
una nuova elezione. Ma se ne era dispensato, trovando
inopportuno complicare ancora pi una situazione gi cos
turbata per rispetto a una semplice formalit e la sua rielezione
essendo assolutamente sicura. D'altra parte, cosa interessava
tutto questo a uomini non eleggibili, n elettori?
Intanto il minatore, rincorato dalla calma del Kaw-djer,
continuava sempre pi rassicurato:
I gentlemen reclamano l'elezione e vogliono che i loro voti
contino. I loro voti valgono quelli degli altri, non vero?
Perch cinquemila dovrebbero dettar la legge a ventimila? Non
giusto
L'avventuriero si ferm un momento e attese, inutilmente, che
il Kaw-djer rispondesse. Imbarazzato infine dal silenzio
persistente e desideroso di far comprendere che la sua missione
era finita, concluse:
Ed ecco detto!
tutto? chiese per la terza volta il Kaw-djer.
S rispose il delegato. tutto senz'essere tutto
Insomma, tutto per ora.
Il Kaw-djer guardando bene in faccia i dieci uomini attenti,
dichiar allora con grande freddezza:
Ecco la mia risposta: Voi siete qui contro il nostro volere.
Vi do tempo ventiquattr'ore per sottomettervi tutti senza
condizione. Passato questo termine, provveder.
Fece un segno e Hartlepool accorse con una ventina di uomini.
Hartlepool disse riconducete questi signori oltre le
file.
I delegati erano stupefatti. Per quanto sicuri della loro forza,
quella calma glaciale li sconcertava. Si allontanarono
docilmente, circondati dagli Hostelliani.



Ma, quando furono riuniti a coloro che avevano designato col
nome generico di gentlemen, cambiarono tono.
Mentre rendevano conto del loro passo, la loro collera, fino
allora repressa, scoppi furiosamente e per esprimere la loro
indignazione seppero trovare una quantit sufficente di parole
sconce e di bestemmie sonore.
Quella specialissima eloquenza trov eco nella folla e bentosto
un concerto di vociferazioni apprese al Kaw-djer che si
conosceva la sua risposta. Ci volle molto tempo perch
l'agitazione si calmasse. La notte la diminu senza spegnerla
interamente e fino al mattino l'ombra fu piena di gridi furiosi.
Se i minatori non erano visibili, si facevano sentire.
Evidentemente, ostinandosi nelle loro idee, si erano accampati
a ciel sereno.
La milizia fece altrettanto. Ma, dandosi il cambio, vegli tutta
notte, con l'arme al piede.
La colonna, infatti, non si era ritirata. All'alba le strade
apparvero nere di gente. Molti minatori, stanchi di quella notte
d'attesa, si erano sdraiati per terra. Ma ai primi raggi del sole
furono tutti in piedi e il baccano del giorno prima ricominci
anche pi intenso.
Nelle strade le case apparivano ermeticamente chiuse. Nessuno
osava uscir fuori. Se da un primo piano un Hostelliano pi
curioso si permetteva di socchiudere le imposte per dare
un'occhiatina, un uragano di urli lo costringeva subito a
rinchiuderle in fretta.
In principio la mattinata fu relativamente calma. Gli
avventurieri indecisi forse ancora su quanto convenisse fare,
discutevano animatamente. Il loro numero aumentava man
mano che le ore passavano. Da quanto si poteva giudicare,
ascendevano ora forse a quattro o cinquemila.
Emissari inviati durante la notte, avevano battuto la campagna
e radunato e condotto rinforzi. I minatori della regione del
Golden Creek avevano avuto il tempo di giungere, ma non
coloro che lavoravano nelle montagne del centro, alla punta del
Nord-Ovest.
I loro compagni che avevano gi invasa la citt, avrebbero fatto
bene ad aspettarli. Quando essi fossero divenuti dieci o
quindici mila la situazione di Liberia, gi cos grave, sarebbe
divenuta disperata.
Ma tali teste calde, incapaci di resistere alla violenza delle loro
passioni, non avevano la pazienza dell'attesa. L'agitazione
aumentava in ragione del tempo che passava. Sotto la sferza
della fatica e delle ripetute eccitazioni degli oratori, la folla si
snervava a vista d'occhio.
Verso le undici, uno slancio generale la gett d'improvviso
sopra la milizia hostelliana. Questa innest immediatamente le
baionette. Gli assalitori indietreggiarono precipitosamente,
sforzandosi di vincere la spinta di quelli che stavano in coda. Il
Kaw-djer, per evitare disgrazie involontarie, fece retrocedere la
truppa, che si ripieg in bell'ordine, andando a piazzarsi
davanti al Governo. Cos si resero libere le vie che facevano
capo al piazzale. I minatori, interpretando male il senso di
questo movimento, gettarono un assordante clamore di vittoria.
Lo spazio reso libero dal ritirarsi degli Hostelliani fu invaso in
un attimo da una folla brulicante, la quale non tard a
riconoscere il proprio errore. No
;
essa non era vittoriosa. La
milizia intatta le sbarrava sempre il passaggio. I mille uomini
che la componevano, modellando il proprio atteggiamento su
quello del capo, serbavano, vero, impassibili, l'arma al piede,
ma non disponevano meno della folgore. I mille fucili, carabine
americane che molti minatori conoscevano assai bene, alle
quali un serbatoio assicura la riserva di sette cartucce, potevano
sparare in meno di un minuto i loro settemila colpi, che in
questo caso sarebbero stati sparati a bruciapelo. C'era di che far
riflettere anche i pi coraggiosi.
Ma gli avventurieri non erano pi in uno stato d'animo, in cui
fosse possibile riflettere e si eccitavano e si ubbriacavano a
vicenda. Il loro grande numero li esaltava e presto cessarono di
temere quella truppa la cui immobilit fu scambiata per
debolezza. Venne il momento in cui perdettero completamente
la ragione.
Lo spettacolo era tragico. Alla periferia del piazzale una folla
urlante e scatenata gridava con migliaia di bocche parole che
nessuno percepiva e tendeva migliaia di pugni con gesto
minaccioso. A trenta metri da essa e proprio di fronte ad essa,
la milizia hostelliana, i cui uomini conservavano un'immobilit
statuaria, si allineava in bell'ordine lungo la facciata del
Governo. Dietro la milizia, sull'ultimo gradino della scalinata
che dava accesso al Palazzo, il Kaw-djer, solo, contemplava il
quadro movimentato con aria preoccupata, cercando il mezzo
di risolvere pacificamente una situazione della quale
comprendeva tutta la gravit.
Era l'una del pomeriggio quando le ingiurie dirette
cominciarono a piovere dalla folla febbricitante. Gli
Hostelliani, trattenuti dal loro capo, non risposero.
Nella prima fila di quei miserabili si poteva scorgere un viso
noto.
I rivoltosi avevano spinto in avanti Kennedy, i cui consigli
insidiosi dovevano averli influenzati ad avventurarsi in
quell'impresa. Egli aveva reso loro nota la legge relativa alle
elezioni e suggerito di reclamare la qualit di cittadini e di
elettori, affermando che il Kaw-djer, abbandonato da tutti, non
avrebbe avuto la forza di resistere. La realt appariva diversa.
Si urtava ora contro mille fucili e sembrava giusto che colui dal
quale erano stati condotti fin l, fosse esposto ai colpi.
L'antico marinaio che aveva voluto vendicarsi, era il cattivo
mercante di quell'affare. Non serbava pi la sua iattanza da
nababbo, ma pallido, tremante, non faceva pi lo spaccone,
come si dice familiarmente.
Perdendo la folla sempre pi il senno, presto le ingiurie non
bastarono pi a soddisfare l'ira crescente e bisogn passare agli
atti.
Le prime pietre cominciarono a grandinare sulla milizia
impassibile.
Le cose prendevano, decisamente, una piega cattiva.
La pioggia micidiale continu per un'ora. Rimasero feriti
parecchi uomini, due dei quali dovettero ritirarsi. Un sasso
colp alla fronte lo stesso Kaw-djer. Egli vacill, ma rizzandosi
con sforzo energico, si asciug tranquillamente il sangue che
gli arrossava il viso e riprese il suo atteggiamento osservatore.
Dopo un'ora di quell'esercizio senza risultato, gli assalitori
parvero stanchi. I proiettili si diradarono, e si sentiva che
sarebbero presto cessati, quando dalla folla scoppi
improvvisamente un clamore enorme.
Che era accaduto? Il Kaw-djer, alzandosi sulla punta dei piedi,
si sforz inutilmente di guardare nelle vie adiacenti. Non vi
pot riuscire. Lontano, l'agitazione della folla sembrava pi
violenta, ecco tutto, senza che fosse possibile discernerne la
causa.
Ma non si doveva tardare a conoscerla. Pochi minuti dopo, tre
minatori, tre ercoli, si aprivano un passaggio e vennero a porsi
davanti ai compagni, come per dimostrare che se ne ridevano
delle palle.
E non le temevano infatti, perch portavano davanti, a guisa di
scudo, tre ostaggi che li proteggevano contro esse.
I miserabili avevano avuto un'idea diabolica. Forzata la porta
d'una casa, si erano impadroniti delle due giovani donne che vi
abitavano, due sorelle con un bimbo, il marito di una di esse
essendo morto l'inverno precedente. Due minatori avevano
afferrato le donne, un altro il bimbo e, ognuno col suo fardello,
sfidavano ora il Kaw-djer e la sua milizia. Chi avrebbe osato
sparare, quando i primi colpi sarebbero stati per le creature
innocenti?
Le due donne, terrorizzate, si erano abbandonate senza
resistenza. Il bimbo, che una specie di bruto gigantesco
sollevava in alto, come per offrirlo in olocausto, rideva.
Ci superava in orrore tutto quanto il Kaw-djer fosse capace di
immaginare. L'atrocit del fatto fece tremare quell'uomo cos
forte, che ebbe paura. Impallid.
Eppure era giunto il momento delle decisioni supreme.
Bisognava, d'urgenza, risolversi. I minatori, gettando grida
confuse e furiose, avevano mosso un passo.
La loro rabbia era tale, che non seppero attendere di essere
vicini per ingaggiare una lotta corpo a corpo, nella quale la
superiorit numerica avrebbe assicurato loro la vittoria. Erano a
venti metri dalla milizia, irrigidita nel suo atteggiamento
marmoreo, quando scoppiarono alcune detonazioni. I revolvers
scattarono. Un Hostelliano cadde.
Non era pi possibile esitare. In meno di un minuto si sarebbe
stati sopraffatti e tutta la popolazione di Liberia, uomini,
donne, fanciulli, senz'altro massacrata.
Puntate! comand il Kaw-djer che divenne ancora pi
pallido.
La milizia obbed con mirabile precisione. I calci dei fucili si
alzarono, tutti insieme, fino alla spalla, e le canne si diressero
verso la folla minacciosa.
Ma questa s'era oramai troppo eccitata, perch la paura potesse
fermarla. Risuonarono altri colpi di revolver, che ferirono altri
tre militi.
La folla ebbra, scatenata, stava a soli dieci passi.
Fuoco! comand il Kaw-djer con voce rauca.
Con la loro eroica calma, in mezzo alla bufera, i suoi uomini lo
ripagavano in una volta sola di tutto quello che egli aveva fatto
per essi. Si erano sdebitati. Ma se nella riconoscenza e
nell'affetto che nutrivano per lui, avevano attinto la forza di
condursi come soldati, essi non erano soldati tuttavia. Spinto
appena il grilletto, la frenesia li colse a loro volta. Non tirarono
un sol colpo, li spararano tutti. Fu un rombare di tuono. In tre
secondi le carabine vomitarono le settemila palle. Poi si fece un
silenzio enorme
I militi guardarono inebetiti. Lontano scomparivano i
fuggiaschi. Davanti ad essi non c'era pi nessuno. Il piazzale
era deserto!
Deserto? S, salvo quel mucchio, quella montagna di
cadaveri, dai quali gemeva un torrente di sangue! Quanti
erano? Mille? Millecinquecento? Di pi? Non si
sapeva.
Di sotto alla massa spaventosa, a lato di Kennedy morto, erano
cadute le due giovani donne. Una con un proiettile nella spalla,
morta o svenuta. L'altra si rialz senza ferite e si pose in salvo,
pazza di spavento. Il bambino giaceva anche l, in mezzo ai
morti, in mezzo al sangue. Ma miracolo! non aveva nulla
e, assai divertito da quel gioco nuovo, continuava a ridere di
gusto
Il Kaw-djer, in preda ad un dolore spaventoso, aveva nascosto
il viso fra le mani per sottrarsi all'orrido spettacolo. Rimase
prostrato un momento, poi, lentamente, rialz il capo.
Con uno stesso movimento, tutti gli Hostelliani volsero a lui il
viso e lo guardarono in silenzio.
Egli non ebbe uno sguardo per essi. Contemplava, immobile, il
macello sinistro e sul suo volto scomposto, invecchiato di dieci
anni, grosse lagrime scendevano goccia a goccia.
Il Kaw-djer piangeva disperatamente.
V.
L'ABDICAZIONE.
Il Kaw-djer piangeva
Come erano strazianti le lagrime di un tale uomo! Con quale
eloquenza esse dicevano il suo dolore!
Egli aveva comandato il fuoco! Proprio lui! Per ordine suo i
proiettili avevano tracciato i loro solchi sanguinosi! S, gli
uomini l'avevano costretto a far ci e, per colpa loro, era
oramai simile ai peggiori tiranni che egli aveva odiati di odio
cos feroce, giacch anch'egli era scivolato nel delitto, nel
sangue!
Ben pi, bisognava versarne ancora. L'opera non era che
abbozzata. Restava da compierla. Malgrado tutte le apparenze
contrarie, quello diveniva il dovere inesorabile.
Il Kaw-djer guard quel dovere coraggiosamente in faccia.
L'abbattimento fu breve; presto riacquist tutta la sua energia.
Lasciando, ai vecchi e alle donne la cura di seppellire i morti e
di sollevare i feriti, si slanci senza ritardo ad inseguire i
fuggiaschi. Costoro, colpiti da terrore, non pensavano pi ad
opporre resistenza e li si ricacci indietro, sempre pi indietro,
come bestiame.
In parecchie riprese, le forze hostelliane si urtarono contro
alcune bande, le quali accorrevano in ritardo alla riscossa.
Anche queste furono disperse senza difficolt l'una dopo l'altra
e rigettate successivamente verso il Nord.
L'isola fu frugata in tutti i sensi. In certa localit, fu trovato il
terreno seminato dei resti dei minatori, che l fame aveva
spinto fuori dalle loro tane, e che erano morti fra le nevi
durante l'inverno precedente. Il freddo aveva conservato a
lungo le misere spoglie. Ora, col disgelo, si disfacevano, e quel
fango umano si mesceva al fango della terra. In tre settimane,
gli avventurieri, in numero di quasi diciottomila, furono
ricacciati nella penisola Dumas, di cui il Kaw-djer occup
l'istmo.
Alla milizia si aggiunsero trecento uomini forniti dalla Franco-
English Gold Mining Company, che arrecarono un aiuto
efficace ai difensori del buon ordine. Pure, malgrado il
rinforzo, la situazione perdurava preoccupante. Se i cercatori di
oro erano rimasti depressi alla prima notizia della carneficina
dei compagni e se in seguito erano stati facilmente vinti alla
spicciolata, poteva accadere ben diversamente ora che, dopo la
lezione ricevuta, si trovavano tutti riuniti e potevano facilmente
mettersi d'accordo.
La superiorit numerica era cos grande, che era possibile un
loro ritorno offensivo.
L'intervento della Societ franco-inglese ripar al pericolo. I
due direttori, Maurizio Reynaud e Alessandro Smith,
desiderosi di assicurarsi la mano d'opera loro necessaria,
proposero al Kaw-djer di procedere a una selezione e di
scegliere, dopo severa inchiesta, un migliaio d'uomini, ai quali
concedere di restare sull'isola Hoste. La Gold Mining Company
li avrebbe impiegati sotto la sua responsabilit e sotto
condizione di espulsione immediata alla prima bravata.
Il Kaw-djer accolse favorevolmente le proposte, che gli
fornivano il mezzo di indebolire le forze dell'avversario e
Maurizio Reynaud e Alessandro Smith, senza esitare, dando
prova di un coraggio indubbiamente maggiore di quello del
domatore che entra nella gabbia delle sue belve, si
addentrarono nella penisola Dumas, ove pullulava la folla dei
minatori ribelli. Otto giorni pi tardi tornarono alla testa di
mille uomini, minuziosamente scelti.
Ci cambi faccia agli avvenimenti. I mille uomini che
perdevano gl'insorti, li guadagnavano gli Hostelliani, i quali
serbavano inoltre il vantaggio della disciplina e la superiorit
degli armamenti. Il Kaw-djer varc a sua volta l'istmo, di cui
affid la custodia ad Hartlepool. Nella penisola trov resistenza
minore di quanto avesse temuto. I minatori non avevano ancora
avuto il tempo di riprendere completamente il possesso si se
stessi. Si riusc a separarli, ed ogni frazione venne
successivamente costretta ad imbarcarsi su navi spedite dal
Borgo-Nuovo, e che incrociavano a quello scopo in vista della
costa. L'operazione fu compiuta in pochi giorni. Eccezion fatta
per coloro dei quali rispondevano Maurizio Reynaud e
Alessandro Smith, i quali del resto costituivano un numero
troppo esiguo per essere temibili, il suolo dell'isola venne
purgato fin dell'ultimo degli avventurieri, che l'avevano
infestata.
Ma in quale stato doloroso non la lasciavano essi! La terra non
era stata coltivata e la prossima raccolta era perduta al pari
della precedente! Molti animali, abbandonati a se stessi, erano
morti nei pascoli. Insomma bisognava tornare indietro di
parecchi anni, e, come nei primi tempi della loro indipendenza,
la carestia minacciava i coloni dell'isola Hoste.
Il Kaw-djer scorgeva nettamente il pericolo, ma esso non era
superiore al suo coraggio. L'importante era di non perder
tempo. Egli lo comprese ed ag a questo scopo da dittatore, per
quanto quella parte gli sembrasse penosa.
Come in passato, dovette riunire dapprima tutte le riserve
dell'isola, per suddividere secondo i bisogni di ogni famiglia.
La cosa non avvenne senza mormorii. Ma la misura si
imponeva e si pass sopra alle proteste dei ricalcitranti.
D'altronde non avrebbe avuto che breve durata. Mentre si
radunavano le riserve, grandi acquisti venivano effettuati
nell'America del Sud, tanto per conto dello Stato che dei
privati. Un mese dopo, i primi carichi giungevano al Borgo-
Nuovo e la situazione cominci a migliorare rapidamente.
Grazie a quel dispotismo benefico, Liberia e il sobborgo non
tardarono a riacquistare l'animazione del passato. Anche il
porto durante l'estate ricover un numero di navi pi grande
che mai. Per un caso fortunato la pesca della balena si
annunzi, in quell'anno, particolarmente abbondante.
Affluirono perci al Borgo-Nuovo molti bastimenti americani e
norvegesi e la preparazione dell'olio impieg un centinaio di
Hostelliani, con salari assai rimunerativi. Nello stesso tempo,
venne dato nuovo impulso alle segherie e all'industria dei pesci
in conserva e il numero dei cacciatori di lupi marini raddoppi.
Parecchie centinaia di Pescherecci, non potendo assoggettare le
loro abitudini nomadi alle severit dell'amministrazione
argentina, lasciarono la Terra del Fuoco, traversarono il canale
del Beagle e trasportarono i loro accampamenti sul litorale
dell'isola Hoste, ove si fissarono definitivamente. Verso il 15
dicembre, le piaghe della colonia, se non erano guarite, erano
almeno medicate.
Certo essa aveva subito danni considerevoli che non sarebbero
stati riparati prima di parecchi anni, ma almeno non ne
esistevano pi le tracce esterne. Il popolo era ritornato alle sue
occupazioni abituali e la vita normale aveva ripreso il suo
corso.
Lo Stato hostelliano acquist in quell'epoca uno steamer di
seicento tonnellate, che fu battezzato Yacana. Esso doveva
stabilire un servizio regolare fra le borgate costiere e le varie
industrie e agenzie dell'arcipelago, e avrebbe servito inoltre ad
assicurare le comunicazioni col Capo Horn, il cui faro era
finalmente compiuto.
Il Kaw-djer, negli ultimi giorni dell'anno 1893, ne aveva
ricevuto la notizia. Tutto era compiuto: l'alloggio dei guardiani,
il magazzino di riserva, il pilone di metallo alto circa venti
metri, il fabbricato e il montaggio delle dinamo, alle quali un
ingegnoso dispositivo, immaginato da Dick, trasmetteva
l'energia delle onde e delle maree. Il funzionamento delle
macchine veniva cos assicurato senza combustibile di sorta.
Per renderlo continuo, sarebbe bastato procedere alle
riparazioni necessarie e provedersi di pezzi di ricambio.
L'inaugurazione, che il Kaw-djer decise di circondare d'una
certa solennit, fu fissata al 15 gennaio 1894. In quel giorno
l'Yacana doveva portare all'isola Horn due o trecento
Hostelliani, dinanzi ai quali il faro avrebbe lasciato sfavillare il
suo primo raggio. Il Kaw-djer, dopo le tristezze sofferte, si
faceva una festa di quella inaugurazione, che realizzava uno dei
suoi sogni, cos lungamente accarezzato.
Tale il programma e nessuno pensava che qualche cosa potesse
intralciarne l'esecuzione, quando, improvvisamente,
brutalmente, gli avvenimenti lo modificarono in modo strano.
Il 10 gennaio, cinque giorni innanzi la data fissata, un vascello
da guerra entr nel porto del Borgo-Nuovo.
All'albero d'artimone sventolava la bandiera chilena. Il Kaw-
djer, che dalla finestra del Governo aveva visto, con l'aiuto di
un canocchiale da campo, la nave entrare in porto, la segu
nelle varie manovre di approdo e credette distinguere a bordo
come un trambusto, del quale non giungeva a conoscere la
natura.
Stava assorto da un'ora a guardare, quando lo si prevenne che
un uomo, giunto trafelato dal Borgo-Nuovo, chiedeva di
parlargli immediatamente da parte di Kafroly.
Che c'? chiese il Kaw-djer quando l'uomo fu introdotto.
Un bastimento chileno appena entrato nel Borgo-Nuovo
disse l'uomo, ansante per la corsa rapida.
L'ho visto. E poi?
una nave da guerra.
Lo so.
Si afforcata sopra due ncore in mezzo al porto e ha
sbarcato un certo numero di soldati sopra i suoi canotti.
Soldati! esclam il Kaw-djer.
S, soldati chileni armati Cento duecento Karroly
non si divertito a contarli Ha preferito mandarmi qui a
dirvelo.
Il fatto ne valeva la pena e giustificava ampiamente l'emozione
di Karroly. Da quando in qua soldati armati penetravano, in
tempo di pace, sopra un territorio straniero? Il fatto che quei
soldati fossero chileni, rassicurava in certo modo il Kaw-djer.
Secondo ogni probabilit non c'era nulla da temere dal paese al
quale l'isola Hoste doveva l'indipendenza, ma lo sbarco dei
soldati non diveniva per questo meno anormale e la prudenza
esigeva che si prendessero a ogni modo le precauzioni
necessarie.
Vengono! esclam improvvisamente l'uomo,
additando, dalla finestra aperta, in direzione del Borgo-Nuovo.
Sulla strada avanzava un gruppo numeroso, che il Kaw-djer
valut con un'occhiata. L'Hostelliano aveva un poco esagerato.
Si trattava bene di una truppa di soldati, perch i fucili
scintillavano al sole, ma erano in centocinquanta al massimo.
Il Kaw-djer, stupefatto, impart una serie di ordini chiari e
precisi. Gli emissari partirono da ogni parte. Fatto ci attese
tranquillamente.
In un quarto d'ora la truppa chilena, seguita dagli occhi degli
Hostelliani stupiti, giungeva sulla piazza e prendeva posizione
dinanzi al Palazzo governativo. Un ufficiale, in alta tenuta, che
doveva essere di grado elevato, a giudicare dalle dorature che
l'ornavano, se ne stacc, urt con l'elsa della sciabola la porta
che si aperse subito e chiese di parlare al Governatore.
Egli fu condotto in una stanza ove si trovava il Kaw-djer e la
porta gli si richiuse dietro silenziosamente.
Un minuto dopo, un rumore sordo indic che anche le porte
esterne venivano, a lor volta, richiuse. Senza che ne dubitasse,
l'ufficiale chileno era virtualmente prigioniero.
Ma egli sembrava non provasse alcuna preoccupazione della
sua situazione personale. Si ferm a qualche passo dalla soglia,
con la mano al bicorno piumato, con gli occhi fissi sul Kaw-
djer che, ritto fra due finestre, serbava una immobilit perfetta.
Il Governatore prese la parola per il primo:
Vorreste spiegarmi, signore chiese con voce breve
cosa significa lo sbarco di forza armata sull'isola Hoste? Non
siamo in guerra col Chili, che io mi sappia!
L'ufficiale chileno tese al Kaw-djer una larga busta.
Signor Governatore rispose permettete che vi presenti
anzitutto la lettera con cui il mio Governo mi accredita presso
di voi.
Il Kaw-djer ruppe i suggelli e lesse con attenzione, senza che
nulla gli tradisse le sensazioni che quel foglio poteva
procurargli.
Signore disse con calma quand'ebbe finito il Governo
chileno, come voi gi saprete, vi mette a mia disposizione, con
questa lettera, per ristabilire l'ordine nell'isola Hoste.
L'ufficiale s'inchin silenziosamente assentendo.
Il Governo chileno, signore, fu male informato continu
il Kaw-djer. Al pari di tutti i paesi del mondo, l'isola Hoste
ebbe giorni dolorosi. Ma i suoi stessi abitanti seppero ristabilire
l'ordine, che ora perfetto.
L'ufficiale che sembrava imbarazzato, non rispose.
In tali condizioni rispose il Kaw-djer pure essendo
riconoscente alla Repubblica del Chili delle sue intenzioni
benevole, credo dovere declinare le sue offerte e vi prego
volere considerare la vostra missione come compiuta.
L'ufficiale sembrava sempre pi imbarazzato.
Le vostre parole, signor Governatore, saranno fedelmente
trasmesse al mio Governo disse ma voi comprenderete
come io non possa sottrarmi, finch non avr la sua risposta,
all'adempimento delle istruzioni che mi furono date.
Istruzioni che consistono?.
Nell'installare sull'isola Hoste una guarnigione che, sotto la
vostra autorit e sotto il mio diretto comando, dovr cooperare
a ristabilire e a mantenere l'ordine.
Benissimo! disse il Kaw-djer. Ma se io, per caso, mi
opponessi all'insediamento della vostra guarnigione? Hanno
previsto questo caso le vostre istruzioni?
S.
E quali sono, eventualmente?
Di passare oltre.
Con la forza?
Occorrendo anche con la forza, ma voglio sperare che non
mi ridurrete a tale estremo.
Ecco poche parole nette, approv il Kaw-djer, senza la
pi piccola emozione. A dire il vero, m'aspettavo alcun che
del genere Non importa, la questione posta chiaramente.
Ammetterete, tuttavia, che, in materia cos grave, io non voglia
agire alla leggera e tollererete, per conseguenza, che mi prenda
il tempo di riflettere.
Allora aspetter, signor Governatore, che mi rendiate note
le vostre intenzioni.
Da capo, egli salut militarmente, gir sui tacchi e si avvi alla
porta. Ma essa era chiusa e resistette ai suoi sforzi. Egli si volse
verso il Kaw-djer,
Sono forse caduto in un agguato? domand
nervosamente. Mi permetterete di trovare amena la vostra
domanda rispose con ironia il Kaw-djer. Chi , tra noi
due, che si reso colpevole di agguato? Non forse colui, che,
in piena pace, ha invaso, con le armi alla mano, un paese
amico? L'ufficiale arross lievemente.
Voi conoscete, signor Governatore disse con evidente
imbarazzo il motivo di ci che vi piace chiamare invasione.
N il mio Governo, n io stesso, possiamo essere responsabili
del vostro modo d'interpretare un avvenimento semplicissimo.
Ne siete sicuro? replic il Kaw-djer con la sua voce
tranquilla. Osereste dare la vostra parola d'onore che la
Repubblica del Chili non persegue nessun altro scopo che
quello ufficiale e confessato? Una guarnigione opprime tanto
quanto protegge. Quella che voi avete la missione di piazzare
qui, non potrebbe aiutare potentemente il Chili, se, per caso,
giungesse a deplorare il trattato del 26 ottobre 1881, al quale
dobbiamo la nostra indipendenza?
L'ufficiale arross di nuovo e questa volta pi visibilmente di
prima. Non sta a me discutere gli ordini dei miei capi
disse. Il mio solo dovere di eseguirli ciecamente.
Infatti riconobbe il Kaw-djer ma, anch'io, ho doveri
da adempiere, che si confondono con l'interesse del popolo
posto sotto la mia custodia. dunque semplicissimo che io
voglia pesare quello che l'interesse del mio popolo mi ordina di
fare.
Mi ci sono forse opposto? replic l'ufficiale. Siate
sicuro, signor Governatore, che attender il vostro beneplacito
tutto il tempo necessario.
Non basta disse il Kaw-djer. Bisogna aspettare qui.
Qui! Mi considerate, dunque, vostro prigioniero?
Precisamente dichiar il Kaw-djer. L'ufficiale chileno
alz le spalle.
Dimenticate esclam facendo un passo verso la finestra
che mi basterebbe un grido, un richiamo
Provate! interruppe il Kaw-djer, che gli sbarr il
passo.
Chi me lo potrebbe impedire?
Io.
I due uomini, con gli occhi negli occhi, si guardarono come
due lottatori che stanno per venire alle mani. Dopo un lungo
momento di attesa, l'ufficiale chileno indietreggi. Comprese
che, malgrado la relativa giovinezza, non avrebbe avuto
ragione di quel vegliardo dalle spalle atletiche, il cui
atteggiamento maestoso l'impressionava suo malgrado.
Cos va bene approv il Kaw-djer. Riprendiamo
ognuno il nostro posto, e aspettate con pazienza la mia risposta.
Erano tutti e due in piedi. L'ufficiale a breve distanza dalla
porta d'entrata, sforzandosi di assumere, nonostante
l'inquietudine, un contegno disinvolto. Davanti a lui, il Kaw-
djer, fra le due finestre, rifletteva cos profondamente, da
dimenticare la presenza del suo avversario. Con calma e
metodo, studiava il problema che gli veniva posto.
Prima di tutto il movente del Chili. Non era difficile
indovinarlo.
Il Chili invocava invano la necessit di porre fine ai torbidi.
Non era che un pretesto! La protezione che si imponeva
assomigliava troppo ad annessione, perch ci si potesse
ingannare. Ma perch il Chili mancava alla parola data?
Evidentemente per interesse, ma quale? La prosperit dell'isola
non bastava a spiegare quel voltafaccia. Mai nulla, malgrado i
progressi degli Hostelliani, aveva autorizzato a credere che la
Repubblica Chilena rimpiangesse l'abbandono di una contrada
priva, in passato, di ogni valore. Del resto, il Chili non poteva
lagnarsi del suo gesto generoso. Aveva beneficiato dello
sviluppo di quel popolo del quale era, per forza delle cose, il
fornitore principale.
Ma era intervenuto un nuovo fattore. La scoperta delle miniere
d'oro cambiava di punto in bianco la situazione. L'isola Hoste
dimostrava di rinchiudere nel suo seno un tesoro: il Chili
intendeva di averne la sua parte e deplorava la passata
imprevidenza. Era chiaro!
La questione importante non consisteva, del resto, nel
determinare la causa di quel voltafaccia. Si poneva chiaramente
un ultimatum; importava quindi concretare in che modo
bisognava rispondere.
Resistere? Perch no? I centocinquanta soldati allineati sul
piazzale non spaventavano il Kaw-djer e neppure la nave da
guerra ancorata davanti al Borgo-Nuovo. Anche se essa
conteneva altri soldati, certo non sarebbero stati mai in numero
tale d impedire che la vittoria definitiva decidesse in favore
della milizia hostelliana. Quanto alla nave stessa, sarebbe certo
stata capace di lanciare fino a Liberia qualche obice che
avrebbe fatto pi rumore che danno. Ma dopo? Esaurite le
munizioni, avrebbero dovuto togliere l'ancora, ammettendo che
i tre cannoni hostelliani non riuscissero a causare qualche seria
avaria. No, in verit, la resistenza non era presunzione. Ma
resistere voleva dire combattere, voleva dire sangue.
Ne avrebbe egli fatto scorrere ancora su quella terra ohim!
gi satura? Per difendere che cosa? L'indipendenza degli
Hostelliani? Ma potevansi considerare liberi quegli Hostelliani,
che si erano cos docilmente curvati sotto un padrone? Avrebbe
dunque cercato di salvaguardare la propria autorit? Per
quale scopo? I suoi meriti eccezionali giustificavano forse che
venissero sacrificate tante vittime alla sua causa? Da quando
esercitava il potere, si era egli dimostrato diverso da tutti gli
altri sovrani che tengono la terra sotto tutela?
Il Kaw-djer era a questo punto delle sue riflessioni, quando
l'ufficiale chileno fece un movimento. Cominciava a trovare il
tempo lungo. Il Kaw-djer si accontent di esortarlo con un
cenno e con un po' di pazienza e prosegu la meditazione
silenziosa.
No; egli non era stato n peggiore n migliore di tutti gli altri
padroni di tutte le epoche e ci semplicemente perch la
funzione di padrone impone obblighi ai quali nessuno pu
lusingarsi di sfuggire. Bench le sue intenzioni fossero state
rette, le mire disinteressate, pure esse non gli avevano per nulla
impedito di commettere, a sua volta, gli stessi delitti necessari,
che egli rimproverava a tanti altri capi. Il libertario aveva
comandato, l'egualitario aveva giudicato i suoi simili, il
pacifico aveva fatto la guerra, il filosofo altruista aveva
decimato la folla e l'orrore che egli provava per il sangue
versato, non era riuscito che a fargliene versare ancora.
Non uno dei suoi atti che non fosse in antagonismo con le sue
teorie e, su tutti i punti, aveva toccato col dito l'errore del
passato. Prima di tutto, gli uomini si erano rivelati con le
imperfezioni e le incapacit innate ed egli aveva dovuto
condurli per mano, come bimbi. Poi, gli appetiti che formano il
fondo di certe nature avevano causato una successione di
drammi e dimostrato la legittimit della forza. Gli era stata
finalmente data la triplice prova, che la solidariet dei gruppi
sociali non minore di quella degli individui e che un popolo
non potrebbe isolarsi in mezzo ad altri popoli. E perci,
quand'anche uno di essi fosse giunto ad innalzarsi all'ideale
inaccessibile, che il Kaw-djer considerava un giorno come
verit obbiettiva, quel popolo avrebbe dovuto ancora fare i
conti col resto della terra, il cui progresso morale eccede le
forze umane e non pu essere che il risultato di secoli di sforzi
accumulati.
La prima di tali prove era l'invasione dei Patagonesi. Simile a
tutti gli altri capi, n pi ne meno di essi, il Kaw-djer aveva
dovuto combattere ed uccidere. In quell'occasione Patterson gli
aveva dimostrato a qual grado di decadenza morale possa
scendere una creatura, e, indulgente ancora, egli si era arrogato
il diritto di disporre di un angolo del mondo abitato, come di
propriet sua personale. Aveva giudicato, condannato, esiliato,
allo stesso titolo di tutti coloro che egli chiamava tiranni.
La seconda prova gliela porgeva la scoperta dei giacimenti
auriferi. Le migliaia e migliaia di avventurieri che si erano
riversati sull'isola Hoste, stabilivano, sotto la forma pi
eloquente, l'inevitabile solidariet delle nazioni. Contro il
flagello egli non aveva potuto trovare un rimedio che non fosse
conosciuto. Il rimedio era pur sempre la forza, la violenza e la
morte. Per suo ordine, il sangue umano era sgorgato a fiotti.
La terza prova, finalmente, gliela offriva, perentoria,
l'ultimatum del Governo chileno.
Doveva egli dare oggi, un'altra volta ancora, il segnale della
lotta, di una lotta pi sanguinosa forse delle precedenti, solo
allo scopo di conservare agli Hostelliani un capo, simile in fin
dei conti a tutti i capi di tutti i paesi e di tutti i tempi? Al suo
posto un altro avrebbe fatto altrettanto e, qualunque fosse il suo
successore, il Chili o chicchessia, esso non poteva essere
condotto ad impiegare mezzi peggiori di quelli, ai quali la
fatalit delle cose avevano costretto lui.
E allora, perch lottare?
E poi, come si sentiva stanco! L'ecatombe ordinata da lui, quel
massacro mostruoso, quello spaventevole macello, era
un'ossessione che non lo abbandonava mai. Di giorno in
giorno, sotto il peso del ricordo opprimente, l'alta figura si
curvava, gli occhi perdevano la loro fiamma e il pensiero la sua
lucidit. La forza si esauriva in quel corpo d'atleta, in quel
cuore d'eroe.
Il Kaw-djer parve infine accorgersi della presenza dell'ufficiale
chileno, che aspettava con impazienza.
Signore, disse mi avete minacciato, poco fa, di
adoperare la forza. Vi siete reso un conto esatto della nostra?
La vostra? ripet l'ufficiale sorpreso.
Giudicatene disse il Kaw-djer, invitandolo ad avvicinarsi
alla finestra.
Sotto ai loro sguardi si stendeva il piazzale. In faccia al
Governo, i centocinquanta soldati chileni stavano allineati
ordinatamente sotto il comando dei capi.



Tuttavia la loro situazione era critica, perch li circondavano
pi di cinquecento Hostelliani coi fucili carichi e le baionette
inastate.
L'esercito hostelliano conta oggi cinquecento fucili disse
freddamente il Kaw-djer. Domani ne conter mille, dopo
domani millecinquecento.
L'ufficiale chileno era livido. In quale vespaio si era dunque
cacciato? La sua missione gli sembrava compromessa. Volle
tuttavia fare buon viso ad avversa fortuna.
Ma l'incrociatore osservo con voce titubante.
Non lo temiamo interruppe il Kaw-djer, non temiamo
neppure i suoi cannoni. Anche noi ne siamo provvisti.
Il Chili tent di insinuare l'ufficiale, che non voleva
riconoscersi vinto.
S interruppe da capo il Kaw-djer, il Chili ha altre
navi e altri soldati. Si capisce. Ma farebbe un cattivo affare ad
usarne contro di noi. Non riuscir facilmente a sottomettere
l'isola Hoste, che conta ora pi di seimila abitanti. Senza
calcolare i centocinquanta uomini che avete sbarcato e che
potrebbero essere ostaggi meravigliosi.
L'ufficiale continu a tacere. Il Kaw-djer con voce grave
soggiunse:
Infine, sapete voi chi sono io?
Il Chileno consider quell'avversario che si rivelava cos
terribile e, senza dubbio, lesse nello sguardo di lui la risposta
eloquente alla domanda che egli stesso gli aveva rivolta, perch
si turb ancora pi.
Cosa volete dire? balbett. Dodici o tredici anni fa, al
ritorno del Ribatto, corse voce che il comandante avesse
creduto di riconoscervi. Ma sembra che si fosse sbagliato,
perch voi stesso lo avete smentito.
Quella voce era fondata disse il Kaw-djer. Se mi
piaciuto allora, se mi conviene tuttora dimenticare chi sono,
penso che voi farete cosa saggia a ricordarvene. E ne
concluderete, mi figuro, che non mi sarebbe impossibile
trovare aiuti abbastanza potenti per fare riflettere il Governo
chileno.
L'ufficiale non rispose. Sembrava accasciato.
Credete voi riprese il Kaw-djer,. che io sia in
situazione, non di cedere puramente e semplicemente, ma di
trattare da pari?
L'ufficiale chileno rialz la testa. Trattare? Aveva capito
bene? L'avventura spiacevole nella quale si era cos
inconsideratamente imbarcato, poteva dunque sciogliersi in
modo favorevole?
Resta a sapersi se possibile continu tuttavia il Kaw-
djer e di quali poteri siate investito.
I pi estesi afferm vivamente l'ufficiale chileno.
Scritti?
Scritti.
In questo caso vi prego di comunicarmeli disse il Kaw-
djer con calma.
L'ufficiale trasse dalla tasca interna un secondo plico che
rimise al Kaw-djer.
Eccoli disse.
Se il Kaw-djer avesse ceduto senza resistenza alla prima
ingiunzione, non avrebbe mai conosciuto quel documento, che
lesse con estrema attenzione.
perfettamente in regola dichiar. La vostra firma
avr per conseguenza tutto il valore compatibile con gli
impegni umani, dei quali la vostra presenza qui prova, del
resto, la fragilit.
L'ufficiale si morse le labbra senza rispondere. Il Kaw-djer
dopo una pausa riprese:
Parliamoci chiaro. Il Governo chileno desidera ridiventare
padrone dell'isola Hoste. Potrei oppormi: acconsento. Per
intendo dettare le mie condizioni.
Ascolto disse l'ufficiale.
In primo luogo, il Governo chileno non fisser alcuna
imposta all'isola Hoste, all'infuori di quelle concernenti le
miniere d'oro e dovr essere cos anche dopo il loro
esaurimento. Invece, sulle miniere d'oro avr le mani
completamente libere e fisser a suo profitto il canone che pi
gli converr.
L'ufficiale non credeva ai suoi orecchi. Ecco che, senza
discussioni, senza difficolt di sorta, gli si cedeva la cosa
essenziale! Tutto il resto andava da s.
Intanto il Kaw-djer continuava.
La sovranit del Chili dovr limitarsi al percepimento di un
imposta sulle miniere. Per il resto, l'isola Hoste conserver la
sua autonomia completa e conserver il suo vessillo. Il Chili
potr collocarvi un residente, il quale, ben inteso, non avr che
semplice diritto di consiglio, ma il Governo effettivo verr
esercitato da un Comitato nominato elettivamente e da un
Governatore designato da me.
Il Governatore sarete voi sicuramente? chiese l'ufficiale.
No protest il Kaw-djer. A me abbisogna la libert
integrale, totale, illimitata, e d'altronde sono stanco tanto di
dare ordini, quanto incapace di riceverne. Io mi ritiro, ma mi
riservo d scegliere il mio successore.
L'ufficiale ascoltava, senza interromperle, le dichiarazioni
inattese. Tanto amaro disinteresse era sincero? Il Kaw-djer non
avrebbe stipulato nulla a suo profitto?
Il mio successore si chiama Dick egli riprese
malinconicamente e dopo un breve silenzio e non ha altro
nome. giovane. Forse non ha ancora ventidue anni, ma l'ho
formato io e ne rispondo. Io rassegner il potere nelle sue
mani, nelle sue sole mani Queste sono le mie condizioni.
Le accetto disse l'ufficiale, felicissimo d'avere trionfato
sulla questione principale.
Benissimo rispose il Kaw-djer. Io rediger l'atto in
iscritto. Egli si mise all'opera, poi le due parti contraenti
firmarono il trattato scritto.
Una copia per il vostro Governo spieg il Kaw-djer, la
seconda per il mie successore. La terza la serbo io e se
gl'impegni assunti non venissero mantenuti siate sicuro che
saprei farli rispettare Ma fra noi non tutto finito
aggiunse porgendo all'ufficiale un altro documento. Ci resta
da sistemare la mia situazione personale. Abbiate la cortesia di
dare una scorsa a questo secondo trattato, il quale la regola
secondo la mia volont.
L'ufficiale obbed, ma, mano mano che leggeva, il viso suo
esprimeva meraviglia crescente.
Come esclam finito di leggere voi proponete questa
cosa seriamente?
S, seriamente riprese il Kaw-djer e ne faccio
condizione sine qua non del mio assenso al resto del nostro
accordo. Siete disposto ad accettarla?
Subito annu l'ufficiale.
Le firme vennero di nuovo scambiate.
Ora, concluse il Kaw-djer non abbiamo pi nulla da
dirci. Fate rimbarcare i vostri uomini che, per nessun pretesto,
potranno rimettere piede sull'isola Hoste. Domani verr
inaugurato il nuovo regime. Far il possibile perch non
sorgano difficolt. Fino a domani, per, esigo il pi assoluto
segreto.
Rimasto solo, il Kaw-djer fece chiamare Karrply e mentre il
suo ordine veniva eseguito, scrisse poche parole che chiuse in
una busta, aggiungendovi una copia del trattato firmato col
Governo chileno. La lettera che aveva richiesto qualche minuto
era gi ultimata, quando fu introdotto l'Indiano.
Caricherai la Wel-Kiej con questi oggetti disse il Kaw-
djer, che porse a Karroly una lista sulla quale figuravano oltre a
una certa quantit di viveri, polvere, palle e sacchi di semenze
di varie qualit.
Nonostante le abitudini di cieca devozione, Karroly non pot
trattenere una domanda. Partiva per un lungo viaggio il Kaw-
djer? E perch non prendeva piuttosto il battello del porto,
anzich la vecchia scialuppa? Ma alle sue domande il Kaw-djer
rispose una parola sola:
Obbedisci.
Partito Karroly, fece chiamare Dick.
Figliuolo disse, rimettendogli la busta che aveva
suggellata, ecco un documento che ti regalo. Ti appartiene.
L'aprirai domani allo spuntar del sole.
Sar fatto promise Dick semplicemente.
Egli non espresse la sorpresa che doveva provare. Ed era tanto
grande l'impero su s stesso, che non la trad con segno alcuno.
Aveva ricevuto un ordine. Un ordine si eseguisce e non si
discute.
Bene! disse il Kaw-djer. Ora va', figliuolo, e attieniti
scrupolosamente alle mie istruzioni.
Il Kaw-djer, rimasto solo, si avvicin alla finestra e sollev la
tendina. Guard fuori lungamente, per scolpirsi nella memoria
tutto quello che non doveva mai pi rivedere. Dinanzi a lui
stava Liberia e pi lontano il Borgo-Nuovo e, pi lontano
ancora, gli alberi dei vascelli ancorati in porto. Calava la sera e
il lavoro giornaliero cessava. Si anim dapprima la strada del
Borgo-Nuovo, poi le finestre delle case brillarono nell'ombra,
che ingrandiva. La citt, l'attivit laboriosa, la calma, l'ordine,
la felicit, tutto era opera sua. In un attimo l'intiero passato si
ridest ed egli sospir di fatica e di orgoglio.
Finalmente, era giunto il momento di pensare a s stesso. Egli
stava per sparire, senza mercanteggiare, da quella folla della
quale aveva fatto un popolo ricco, felice e possente. Padrone
per padrone, codesto popolo non si sarebbe accorto del
mutamento. Egli, almeno, sarebbe andato a morire, come aveva
vissuto, nella libert.
Egli non avrebbe rattristato con nessun addio quella partenza
che era una liberazione. Prima di partire non voleva stringere
fra le sue braccia n il fedele Karroly, n il suo amico Harry
Rhodes, n Hartlepool, quel leale e devoto servitore, n Halg,
n Dick, i suoi figliuoli. A che pro? Egli evadeva dall'umanit
per la seconda volta. Da capo, il suo amore si ampliava,
diveniva vasto come il mondo, impersonale come quello di un
Dio e non aveva pi bisogno, per soddisfarsi, di gesti puerili.
Voleva scomparire senza un segno, senza una parola.
La notte divenne profonda. Come palpebre che si chiudessero
al sonno, le finestre delle case si spensero una ad una.
Anche l'ultima finalmente si addorment. Tutto divenne nero.
Il Kaw-djer usc dal Palazzo e si avvi verso il Borgo-Nuovo.
La strada era deserta e fino al sobborgo non incontr nessuno.
La Wel-Kiej si dondolava presso alla calata. Egli s'imbarc e
sciolse l'ormeggio. Distingueva in mezzo al porto la massa
cupa del vascello chileno, a bordo del quale un timoniere
batteva, nello stesso istante, la mezzanotte.
Stornando il capo, il Kaw-djer si spinse al largo e iss la vela.
La Wel-Kiej si mosse e usc dalla gettata. Poi il suo andamento
si acceler sotto la spinta di una fresca brezza del Nord. Il
Kaw-djer pensoso teneva il timone, ascoltando la canzone
dell'acqua che ribolliva contro i fianchi della scialuppa.
Quando volle gettare uno sguardo indietro, era troppo tardi.
Liberia, l'isola Hoste erano scomparse nella notte. Tutto
svaniva gi nel passato.
VI.
SOLO!
Dick, attento a non anticipare il momento fissato, aperse al
primo raggio di sole il plico che gli aveva lasciato il Kaw-djer.
E lesse:
Figlio mio,
Sono stanco di vivere e desidero riposare. Quando tu leggerai
le mie parole, avr lasciato la colonia per non ritornarvi pi.
Rimetto la sua sorte nelle tue mani. Tu sei ancora molto
giovine per assumere simile compito, ma io so che non gli sarai
inferiore.
Eseguisci lealmente il trattato firmato da me col Chili, ma
esigi rigorosamente la reciprocit. Quando i giacimenti auriferi
saranno esauriti, lo stesso Governo chileno rinunzier, senza
dubbio, spontaneamente, a una sovranit puramente nominale.
Tale trattato costa temporaneamente agli Hostelliani l'isola
Horn, che diviene mia propriet personale. Essa ritorner loro
dopo di me. Io mi ritiro col. Col intendo vivere e morire.
Se il Chili mancasse ai suoi impegni, tu ti ricorderai del luogo
del mio ritiro. All'infuori di questo caso, voglio che tu mi
cancelli dalla tua memoria. Non una preghiera. un ordine.
L'ultimo.
Addio. Non avere che un solo obbiettivo: la Giustizia; un solo
amore: la Libert,
Nel momento in cui Dick, agitato, leggeva il testamento
dell'uomo al quale doveva tanto, costui, con la fronte oppressa
da pensieri gravi, continuava a fuggire, punto impercettibile
sulla vasta pianura del mare. Nulla era mutato a bordo della
Wel-Kiej, della quale egli teneva sempre il timone con mano
ferma.
Ma l'alba imporpor il cielo e un brivido di raggi d'oro corse
sulla superficie palpitante del mare. Il Kaw-djer rialz il capo e
con lo sguardo scrut l'orizzonte del Sud. L'isola Horn apparve
in distanza fra la luce crescente. Il Kaw-djer guard
appassionatamente quel vapore confuso che indicava il termine
del viaggio, non di quello che egli compiva in quel momento,
bens del lungo viaggio della sua vita.
Verso le dieci del mattino, approd in una piccola insenatura
riparata dal risucchio e cominci lo sbarco del carico. Una
mezz'ora gli bast.
Allora, come un uomo il quale voglia subito sbarazzarsi di un
lavoro penoso che per ha risoluto di compiere, egli sfasci la
scialuppa con un colpo furioso d'ascia. L'acqua, gorgogliando,
penetr dalla ferita. La Wel-Kiej, al pari di un essere che
colpito a morte vacilli, si inclin su babordo, oscill, col
nell'acqua profonda Il Kaw-djer, con aria tetra, la guard
sommergere Qualche cosa sanguinava in lui.
La distruzione della fedele scialuppa che l'aveva portato per
tanto tempo, gli causava dolore e vergogna come di un delitto.
Con quel delitto egli aveva ucciso insieme anche il passato.
L'ultimo filo che lo allacciava al resto del mondo era
definitivamente spezzato.
Dedic l'intera giornata a trasportare fino al faro gli oggetti che
aveva con s e a visitare il suo dominio. Tutto era
completamente finito.
Il faro, le macchine pronte a funzionare, l'alloggio
ammobigliato. D'altra parte, dal lato materiale, la vita gli
sarebbe stata facile col, grazie al magazzino largamente
provveduto di viveri, agli uccelli marini che avrebbe abbattuto
il suo fucile, alle sementi delle quali si era munito e che egli
poteva seminare nei cavi delle rocce.
Un po' prima del finir del giorno, completata la sua
installazione, egli usc. A breve distanza dalla soglia, scorse un
mucchio di pietre, formato dai detriti estratti nello scavo delle
fondamenta.
Una di quelle pietre attir subito la sua attenzione. Era rotolata
fin sul ciglio dell'altipiano. Sarebbe bastato spingerla col piede
perch si sprofondasse nel mare.
Il Kaw-djer si avvicin. Una fiamma di sprezzo e di odio gli
brillava nello sguardo
Non si era sbagliato. La pietra zebrata da linee rilucenti, era di
quarzo aurifero. Forse conteneva un'intiera fortuna che gli
operai non avevano saputo riconoscere. Giaceva abbandonata,
come un blocco senza valore.
Cos, il metallo maledetto lo perseguitava fino l!
Rivide i disastri che si erano abbattuti sull'isola Hoste, il
traviamento della colonia, l'invasione degli avventurieri accorsi
da tutte le parti del mondo, la fame la miseria la rovina
Spinse col piede l'enorme pepita nell'abisso, poi, alzando le
spalle, si inoltr fino all'estrema punta del promontorio.
Dietro lui si rizzava il pilone metallico che portava sulla cima
la lanterna, dalla quale, per la prima volta, doveva sprigionarsi,
fra un momento, il raggio potente che avrebbe mostrato la
buona strada ai bastimenti.
Il Kaw-djer, fronteggiando il mare, percorse con gli occhi
l'orizzonte.
Egli era gi venuto, un'altra sera, fino a quel punto estremo del
mondo abitabile. In quella sera, il cannone del Jonathan,
pericolante, rimbombava lugubremente. Che ricordo! Ed
erano passati tredici anni da allora!
Ma oggi la distesa delle acque appariva vuota. Intorno a lui, per
quanto lontano giungesse il suo sguardo, ovunque, da ogni lato,
null'altro che il mare! E se pure egli avesse superato la barriera
di cielo che limitava la sua vista, nessuna vita ancora gli
sarebbe apparsa. Al di l, lontanissimo, nel mistero
dell'Antartico, c'era un mondo morto, una regione di ghiaccio,
ove nulla di ci che vive potrebbe sussistere.
Egli aveva raggiunta la meta e quello era il rifugio. Per quale
sinistro sentiero vi era stato condotto? Eppure, egli non aveva
sofferto i dolori abituali dell'uomo! Egli stesso era l'autore e la
vittima dei suoi mali. Invece di far capo alla roccia sperduta in
un deserto liquido, non sarebbe dipeso che d lui essere uno di
quei felici che sono invidiati, uno di quei possenti dinanzi cui
le fronti si curvano. E tuttavia egli era l!
D'altronde, in nessun luogo egli avrebbe avuto effettivamente
la forza di sopportare il fardello della vita. I drammi pi
dolorosi sono quelli del pensiero. Per chi li ha subiti, per chi ne
esce, finito, disarmato, gettato fuori dalle basi sulle quali ha
edificato, non c' altra risorsa che la morte o il chiostro. Il
Kaw-djer aveva scelto il chiostro. Quella roccia era una cella e
la luce e lo spazio ne costituivano le mura insormontabili.
Dopo tutto, il suo destino ne valeva un altro. Noi moriamo, ma
i nostri atti non muoiono, perch si perpetuano nelle loro
conseguenze infinite. Viandanti di un giorno, i nostri passi
lasciano nella polvere tracce eterne. Nulla accade che non sia
stato determinato da ci che l'ha preceduto e l'avvenire fatto
dai prolungamenti sconosciuti del passato. Qualunque fosse
stato l'avvenire, se anche il popolo che egli aveva creato avesse
dovuto scomparire, dopo un'esistenza effimera, se anche la
terra si fosse dispersa nell'infinito cosmico, l'opera del Kaw-
djer non sarebbe perita ugualmente.
In piedi, sulla cima dello scoglio, tutto illuminato dai raggi del
sole al tramonto, i capelli di neve e la lunga barba fluttuanti
alla brezza, cos pensava il Kaw-djer, contemplando l'immensa
distesa dinanzi alla quale, lontano da tutti, utile a tutti, sarebbe
vissuto libero, solo, per sempre.

FINE.

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