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C. d. L.

in INGEGNERIA per l’AMBIENTE ed il TERRITORIO

A. A. 2004/2005

Andrea Lisjak

CORSO DI TOPOGRAFIA
Cartografia
Livellazione
EDM
GPS
Cenni di fotogrammetria
Compensazione degli errori
Andrea Lisjak 2

CORSO DI TOPOGRAFIA

CARTOGRAFIA
1. GEODESIA

1.1 Geoide
1.2 Ellissoide
1.3 Quota
1.4 Coordinate curvilinee
1.5 Raggi di curvatura e sezioni normali
1.6 Geodetiche
1.7 Misure: superficie fisica – superficie riferimento
1.8 I teoremi della geodesia operativa
1.9 Calcoli sulla superficie di riferimento
1.10 Coordinate geografiche locali
1.11 Coordinate geodetiche ortogonali

2. CARTOGRAFIA

2.1 Rappresentazione dell’ellissoide sul piano


2.2 Moduli di deformazione
2.3 Tipi di rappresentazione
2.4 Rappresentazione di Cassini-Soldner
2.5 Proiezione cilindrica diretta di Mercatore
2.6 Proiezione stereografica polare
2.7 Proiezione cilindrica traversa di Mercatore
2.8 Rappresentazione di Gauss
2.9 Reti di inquadramento
2.10 Scala di una carta ed errore di graficismo
2.11 Sistema cartografico nazionale: cenni storici
2.12 Cartografia ufficiale italiana
2.13 Sistema universale UTM
2.14 Carta tecnica della regione Friuli – Venezia Giulia
2.15 Cartografia digitale
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1. GEODESIA
1.1 GEOIDE

La superficie fisica della Terra ha una forma molto irregolare e discontinua che quindi non è definibile analiticamente.

La soluzione a questo problema è di proiettare tutti i punti del terreno lungo la verticale su una superficie di riferimento.
Questa superficie, normale in ogni punto alla direzione della verticale, coincide con la superficie dei mari, prolungata
sotto le terre emerse, qualora l’acqua avesse la stessa temperatura, la stessa densità e non ci fossero perturbazioni
dovute a correnti, venti e maree.

Geoide: superficie equipotenziale della gravità, che passa per un determinato punto cui è attribuita quota nulla. Questo
punto è definito in modo assoluto da un mareografo.

Ogni punto proiettato è univocamente determinato da:


ƒ coppia di coordinate curvilinee;
ƒ distanza fra punto reale e sua proiezione: quota ortometrica o geoidica (Qg)

Il problema dell’assumere il geoide come superficie di riferimento è dovuto a:


ƒ la sua equazione non è determinabile in maniera rigorosa dal momento che bisognerebbe sapere come varia la
densità per ogni punto della Terra (anomalie gravitazionali);
ƒ anche se espresso in maniera approssimata la sua equazione è analiticamente molto complessa.

1.2 ELLISSOIDE

La superficie matematica analiticamente più semplice che meglio approssima il geoide è un ellissoide di rotazione (=
x2 + y2 z 2
ellissoide biassiale): + 2 = 1.
a2 b
Ogni ellissoide è quindi definito mediante due parametri:
ƒ semiasse equatoriale a;
ƒ semiasse polare b;
da questi due parametri ne dipendono altri due:
a −b
ƒ schiacciamento: α= ;
a
a 2 − b2
prima eccentricità: e =
2
ƒ .
a2
I metodi per la misura di questi parametri si basano su misure geometriche (misure di archi di meridiano e parallelo), su
misure di gravità e di tracciamento di orbite di satelliti artificiali.

1.3 QUOTA

In ogni punto P sulla superficie terrestre si possono definire due normali:


ƒ normale al geoide o verticale;
ƒ normale all’ellissoide.

Altezza ellissoidica: distanza di un punto P sulla superficie fisica dall’ellissoide lungo la normale all’ellissoide.
Altezza ortometrica o quota geoidica: distanza di un punto P sulla superficie fisica dal geoide lungo la verticale.
Ondulazione del geoide: distanza, lungo la verticale, tra la proiezione del punto P sul geoide e la proiezione del punto P
sull’ellissoide.
Deviazione dalla verticale: angolo formato dalla verticale con la normale all’ellissoide.
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1.4 COORDINATE CURVILINEE (COORDINATE GEOGRAFICHE)

Latitudine geoidica ϕg: angolo che la verticale forma con un piano ortogonale all’asse di rotazione (piano equatoriale).
Longitudine geoidica λg: angolo diedro che il semipiano meridiano (piano che contiene la verticale ed è parallelo
all’asse della Terra) per un punto forma con un altro semipiano meridiano di riferimento.

Latitudine ellissoidica ϕe: angolo che la normale all’ellissoide in un punto forma con un piano ortogonale all’asse di rot.
Longitudine ellissoidica λe: angolo che il semipiano meridiano (piano contenente la normale all’ellissoide e l’asse della
Terra) per il punto forma con un semipiano meridiano di riferimento.

Paralleli: linee di uguale latitudine ellissoidica.


Meridiani: linee di uguale longitudine ellissoidica.

La misura della latitudine geoidica è di tipo astronomico: è il complementare a 90° dell’angolo che la verticale forma
con la mira alla polare (distanza zenitale della polare), con le correzioni astronomiche.

La determinazione della latitudine ellissoidica avviene grazie dalla determinazione della latitudine geoidica nel punto
di emanazione (ellissoide tangente al geoide, ϕg=ϕe) e alla conoscenza dell’equazione dell’ellissoide.

La misura della longitudine: s’individua l’istante t1 del passaggio di un astro sul meridiano fondamentale, portandosi
dietro l’orologio si determina l’istante t2 del passaggio dello stesso astro sul meridiano del punto :λ =(t2-t1)*ω.

1.5 RAGGI DI CURVATURA E SEZIONI NORMALI

Consideriamo un punto P giacente sull’ellissoide e la sua normale:

ƒ sezione normale: linea di intersezione con l’ellissoide dei piani appartenenti al fascio di piani aventi come sostegno
la normale in P;
ƒ sezione obliqua: tutte le altre intersezioni tra un piano che non contiene la normale e l’ellissoide.

Sezioni normali principali: sezione normale coincidente con il piano meridiano per P;
sezione normale ortogonale al piano meridiano per P.

Raggi di curvatura delle sezioni normali principali: la prima ha il raggio minimo (ρ);
la seconda ha il raggio massimo: gran normale (N)

1.6 GEODETICHE

Geodetica: curva di minor lunghezza sulla superficie che unisce due punti della superficie.
Gode della proprietà di avere la normale in ogni punto coincidente con la normale alla superficie.
(Piano: rette; sfera: archi di cerchio massimo; ellissoide: curve gobbe)

1.7 MISURE: SUPERFICIE FISICA – SUPERFICIE RIFERIMENTO

Distanza tra due punti: considerati due punti A’ e B’ sulla superficie fisica terrestre, si può misurare la lunghezza
dell’arco di sezione normale che congiunge le proiezioni A e B sulla superficie di riferimento.
NB: le sezioni rette sono due: una è la traccia del piano che contiene la verticale per A ed il
punto B, l’altra è la traccia del piano che contiene la verticale per B ed il punto A.

Azimut di un punto: considerati due punti A e B, l’azimut di B rispetto ad A, misurabile con osservazioni astronomiche
o con teodoliti giroscopici, è l’angolo che la sezione normale AB forma con la tangente al
meridiano in A diretta verso Nord.

Angolo azimutale tra due punti: presi due punti A e B ed un terzo C, l’angolo azimutale ACB, che si po’ misurare con
un teodolite , è l’angolo tra le sezioni normali CA e CB.

Distanza zenitale: considerati due punti A e B della superficie fisica terrestre, la distanza zenitale ϕAB, misurabile con
un teodolite se B è visibile da A, è l’angolo che la congiungente AB forma con la verticale in A.
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Dislivello: considerati due punti A e B, il dislivello fra A e B, indicato con ∆AB, è la differenza tra la QA e la QB.

Poiché gli strumenti sono messi in stazione tramite delle livelle, le misure descritte fanno riferimento alla verticale.
Di conseguenza le misure topografiche equivalgono a misure eseguite sull’ellissoide fra sezioni oblique.

A questo punto si accetta l’incongruenza e si procede nell’ipotesi che le misure eseguite sulla superficie fisica terrestre
siano effettivamente riferite all’ellissoide.

1.8 I TEOREMI DELLA GEODESIA OPERATIVA

“Si considera che misure di distanza eseguite secondo archi di sezione normale diano gli stessi risultati delle misure
eseguite secondo archi di geodetica dell’ellissoide di riferimento.”

“Si considera che misure da azimut (o angoli azimutali = differenze di azimut), anche se effettuate con riferimento ad
una sezione normale, possono sempre considerarsi riferite ad una geodetica dell’ellissoide di riferimento.”

Questi teoremi sono una conseguenza del fatto che gli errori che si commettono con queste approssimazioni sono
inferiori alle incertezze delle misure.

1.9 CALCOLI SULLA SUPERFICIE DI RIFERIMENTO

Accettati i teoremi della geodesia operativa, la risoluzione di un qualsiasi problema deve essere eseguita con gli
algoritmi propri della trigonometria ellissoidica. Tale trattazione analitica risulta molto complessa.

Si cerca quindi la possibilità di operare diversamente limitando la dimensione del campo di misura. Ossia facendo in
modo che l’errore di approssimazione sia inferiore all’incertezza sulle misure.

Campo geodetico o sferico: nell’intorno di un punto di raggio 100 km le figure ellissoidiche possono essere risolte con
la trigonometria sferica.
Si approssima l’ellissoide con una sfera locale: sfera che ha come raggio la media
geometrica dei raggi di curvatura delle sezioni normali principali del punto di tangenza.
Per le quote le distanze devono essere inferiori a 20 km, altrimenti si considera il raggio
della sezione normale.

Campo topografico: nell’intorno di un punto di raggio 15 km le figure ellissoidiche possono essere risolte con la
trigonometria piana.
Per le quote non si può definire un campo topografico poiché i metodi di misura dei dislivelli
consentono di avere precisioni di qualche decimo di millimetro su distanze di alcune centinaia di
metri. Bisogna tener conto della sfericità della terra (vedi livellazione).

1.10 COORDINATE GEOGRAFICHE LOCALI

Le coordinate geografiche (o geodetiche) possono essere fornite anche in un

datum locale: ellissoide non baricentrico ma rototraslato in modo da approssimare una zona limitata nel migliore dei
modi, ossia reso tangente al geoide in un punto.

Il problema del datum locale è che, allontanandosi dalla zona di tangenza, ellissoide e geoide tendono a scostarsi
maggiormente che nel caso di scelta baricentrico.

Un datum è quindi costituito da:


ƒ 2 dati di forma: a, α;
ƒ 3 dati di traslazione dell’origine della terna OXYZ;
ƒ 3 dati di rotazione degli assi XYZ;
ƒ 1 fattore di scala.

Per fissare un datum:


ƒ calcolo in un punto O, detto punto di emanazione, delle coordinate geografiche astronomiche: ϕO, λO;
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ƒ calcolo dell’azimut astronomico di una geodetica uscente da O e passante per un altro punto di inquadramento P:
αO ;
ƒ rendere la normale all’ellissoide in O coincidente con la verticale in O;
ƒ per fissare completamente l’ellissoide, che può ancora ruotare attorno alla normale in O, si impone che l’azimut
astronomico αO coincida con quello ellissoidico.

Primo problema fondamentale della geodesia: dato un punto di cui si conoscono le coordinate geografiche ellissoidiche
ϕO, λO, noti la lunghezza s dell’arco di geodetica compreso tra O e un
punto P e l’azimut αO di tale geodetica in O, calcolare le coordinate
geografiche ellissoidiche ϕP, λP, di P e l’azimut αP della stessa geodetica
in P.

Il primo problema riguarda le reti di punti di inquadramento rilevate quando nella zona non esiste alcun rilievo
geodetico precedente.

Secondo problema fondamentale della geodesia: determinare le coordinate geodetiche polari α ed s, del punto P rispetto
al punto O, note che siano ϕO, λO, ϕP, λP.

1.11 COORDINATE GEODETICHE ORTOGONALI

Si sceglie un’origine O. Il punto P è individuato dall’arco Y di geodetica per P ortogonale al meridiano per O e
dall’arco X di meridiano per O fino alla suddetta geodetica.

Questo tipo di coordinate interessano la cartografia a grandissima scala, in quanto in questo caso l’ellissoide può essere
confuso con il piano tangente (campo topografico).
Siccome sul piano gli archi di geodetica sono segmenti, allora la trasformazione sulla carta sarà particolarmente
semplice.
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2. CARTOGRAFIA
2.1 RAPPRESENTAZIONE DELL’ELLISSOIDE SUL PIANO

Il cilindro è una superficie sviluppabile: il triangolo geodetico sul cilindro non si deforma se il cilindro viene sviluppato.
L’ellissoide terrestre, così come la sfera, non sono superfici sviluppabili, quindi qualsiasi rappresentazione
dell’ellissoide sul piano è deformata.
Se c’è un unico modo di distendere un cilindro sul piano, vi sono infiniti modi di ottenere una rappresentazione piana
dell’ellissoide.

Le rappresentazioni utili nella pratica dovranno avere deformazioni contenute entro determinati limiti e si dovrà tener
conto del fatto che le deformazioni sulla carta varieranno da punto a punto. Per caratterizzare le deformazioni bisogna
riferirsi ad elementi infinitesimi e ricavare quelle di elementi finiti tramite integrazione.

2.2 MODULI DI DEFORMAZIONE

Per definire la deformazione in un punto della rappresentazione si potranno prendere in considerazione diversi moduli.

dsr
Modulo di deformazione lineare: m = , dove con dse si indica un archetto infinitesimo sull’ellissoide e con dsr il
dse
corrispondente nella rappresentazione.

dσ r
Modulo di deformazione areale: ma = ,dove con dσe si indica l’area di un quadrilatero infinitesimo sull’ellissoide
dσ e
e con dσr quella racchiusa dal corrispondente quadrilatero sulla rappresentazione.

Modulo di deformazione angolare: δ = α − α ′ , dove α è l’azimut che un elemento di linea forma con un meridiano e
α’ è l’angolo che l’elemento corrispondente nella rappresentazione forma con la
linea trasformata del meridiano.

2.3 TIPI DI RAPPRESENTAZIONE

La rappresentazione dell’ellissoide sul piano è definita da due funzioni, che stabiliscono una corrispondenza biunivoca
fra la posizione di un punto P sull’ellissoide (coordinate geografiche ϕ e λ) e la posizione del corrispondente punto P’
⎧⎪ x = x (ϕ , λ )
sul piano della rappresentazione (coordinate piane ortogonali x e y): ⎨ .
⎪⎩ y = y (ϕ , λ )
Per definire una rappresentazione bisogna quindi:
ƒ definire le formule di corrispondenza e di quelle inverse;
ƒ definire i moduli di deformazione in funzione di ϕ,λ e x,y;
ƒ definire il reticolato geografico ovvero le trasformate dei meridiani e dei paralleli.

Le rappresentazioni particolari sono:

conformi: m, pur variando da punto a punto, non varia in uno stesso punto, al variare della direzione dell’elemento
considerato, quindi: figure infinitesime del piano simili sono simili alle corrispondenti sull’ellissoide.
Le condizioni di conformità sono equazioni differenziali alle derivate parziali: condizioni di Cauchy-
Riemann;

isogone: δ=0 ossia α = α’. La condizione di conformità comprende quella di isogonia.

equivalenti: ma=1. Si conserva costante il rapporto tra le aree di due quadrilateri infinitesimi corrispondenti.
Sono utili per le mappe catastali;

afilattiche: m, ma, δ = minimo. Sono presenti tutti i moduli di deformazione, ma ognuno è mantenuto nei limiti più
ristretti possibili.
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A seconda delle superfici sviluppabili utilizzate, le proiezioni si dividono in:

prospettiche: utilizzano il piano. A seconda della posizione del punto di proiezione P si individuano proiezioni:
o centrografiche: P nel centro dell’ellissoide;
o stereografiche: P diametralmente opposto al punto di tangenza tra l’ellissoide ed il
piano di proiezione;
o scenografiche: P esterno alla superficie terrestre;
o ortografiche: P all’infinito;

per sviluppo: utilizzano il cono od il cilindro. Essi si dispongono tangenti o secanti alla superficie dell’ellissoide, ed il
punto di proiezione è in generale il centro dell’ellissoide o un punto all’infinito in direzione normale alla
linea di tangenza.

2.4 RAPPRESENTAZIONE DI CASSINI-SOLDNER


⎧x = X
È una proiezione che si basa su coordinate geodetiche rettangolari: ⎨
⎩y = Y
Il modulo di deformazione lineare varia con l’azimut e quello di deformazione areale non è costante, ma le
deformazioni sono contenute se l’estensione della zona è limitata.
La scala tipica è 1:2.000 e la rappresentazione si estende fino a 70 km dall’origine.
La deformazione angolare massima è di 6” e quella lineare di 6 cm per km.
Il territorio nazionale è diviso in 35 zone ognuna con la sua origine Æ carta policentrica.

Il piano Muller è stato ottenuto con la proiezione di Cassini-Soldner (scala 1:1000).

2.5 PROIEZIONE CILINDRICA DIRETTA DI MERCATORE

Per iniziare si può considerare una proiezione cilindrica diretta centrale con cilindro tangente all’equatore: nello
sviluppo, paralleli e meridiani sono rappresentati da rette parallele agli assi x e y. La distanza tra le rette che
rappresentano lo sviluppo dei paralleli va crescendo verso i Poli.

Mercatore modificò la proiezione cilindrica al fine di contenere le deformazioni.

È una rappresentazione conforme, che rappresenta la più semplice soluzione alle condizioni di Cauchy-Riemann.
Ha deformazioni tollerabili solo per una fascia di 5° attorno all’equatore. Per altre zone si prende il cilindro non
tangente all’equatore bensì secante l’ellissoide sui paralleli di tali zone (paralleli standard).

Lossodromia: linea di rotta ad azimut costante. Non è il percorso più breve. La sua trasformata è una retta.

Ortodromica: è il percorso più breve fra due punti e coincide con la geodetica. È una rotta ad azimut variabile.

2.6 PROIEZIONE STEREOGRAFICA POLARE (U.P.S)

I punti dell’ellissoide sono proiettati su un piano tangente ad un polo, con il centro di proiezione sull’altro polo.
È l’unica proiezione geometrica prospettica conforme.
È utilizzata per rappresentare la terra dalla latitudine ± 80° a ± 90° (carte delle calotte polari).

2.7 PROIEZIONE CILINDRICA TRASVERSA DI MERCATORE

Prima si ha la proiezione dell’ellissoide sulla sfera e poi quella dei punti della sfera su un cilindro tangente ad un
meridiano passante per il baricentro della zona da rappresentare.
A differenza di quella diretta questa non è conforme.
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2.8 RAPPRESENTAZIONE DI GAUSS

Nasce come rappresentazione analitica. Sembra che l’idea sia però partita però dalla proiezione cilindrica traversa di
Mercatore.

Le condizioni di questa rappresentazione sono:


• è una rappresentazione conforme: soddisfa quindi le equazioni di Cauchy-Riemann;
• l’equatore si trasforma nell’asse y;
• il meridiano centrale (passante per l’origine) si trasforma nell’asse x;
• sul meridiano centrale la rappresentazione è equidistante;
• si applica ai fusi stretti (3°+3°): necessità di contenere le deformazioni della rappresentazione entro gli errori di
graficismo.

2.9 RETI DI INQUADRAMENTO

La carta viene costruita mediante la determinazione delle coordinate di punti di inquadramento ai quali si appoggiano i
rilievi di dettaglio (terrestri o fotogrammetrici). Essi sono i vertici di reti di estensione nazionale curata dall’IGM.

La rete di base è detta rete geodetica o trigonometrica del 1° ordine.


I suoi vertici sono disposti a distanze non superiori ai 30-40 km. La forma dei triangoli è il più possibile vicina a quella
equilatera.

Appoggiata alla rete del 1° ordine (considerata priva di errori) è una rete del 2° ordine, nella quale compaiono nuovi
vertici in posizione baricentrale rispetto ai precedenti.
Le reti del 3° ordine (vertici nuovi in posizione panoramica) e del 4° ordine (vertici nei punti al centro del dettaglio)
sono appoggiate alle precedenti.

2.10 SCALA DI UNA CARTA ED ERRORE DI GRAFICISMO

La cartografia consiste in un disegno piano inserito in un sistema di riferimento.

1 unità
La scala: =
n n° _ riduzioni _ delle _ dim ensioni _ reali

• Piccola scala: 1:100.000 - 1:25.000


• Media scala: 1:10.000 - 1:5.000
• Grande scala: 1:2.000 - 1:1000
• Grandissima scala: 1:500 - 1:200

Il graficismo di una carta definisce la precisione che si può attendere ed il livello di dettaglio rappresentabile.
Dimensioni del tratto grafico: ε = 0.2 mm
La dimensione del tratto grafico, costante nelle rappresentazioni a scala diversa, si ripercuote in modo diverso nelle
varie carte secondo la scala.

Carta 1:25.000 Æ errore di graficismo = ±5m


Carta 1:10.000 Æ errore di graficismo = ±2m
Carta 1:5.000 Æ errore di graficismo = ±1m
Carta 1:2.000 Æ errore di graficismo = ± 0.4 m
Quando si sceglie una scala bisogna trovare una soluzione di compromesso tra prestazioni, da una parte, e costi e tempi
dall’altra. A scala doppia corrisponde superficie cartografica quadrupla mentre i costi e i tempi aumentano di circa 2,5
volte.
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2.11 SISTEMA CARTOGRAFICO NAZIONALE: CENNI STORICI

1872 Æ viene istituito l’Istituto Topografico Militare.

1882 Æ l’ITM diventa l’IGM (Istituto Geografico Militare) con i seguenti compiti:
- formazione di una rete geodetica nazionale;
- rilevamento e rappresentazione della carta ufficiale dello stato in scala 1:100.000 (ellissoide di Bessel
orientato a Roma Monte Mario con proiezione naturale policentrica di Sanson-Flamsteed);
- formazione di una rete di livellazione di alta precisione.

1940 Æ si decide di adottare l’ellissoide internazionale (Hayford) orientato a Roma Monte Mario come superficie di
riferimento: ROMA 1940 o ITA40.

1941 Æ la rete geodetica nazionale viene ricalcolata sul piano di Gauss dal Prof. Boaga, da cui il nome della proiezione
Gauss-Boaga.

1948 Æ la proiezione di Gauss viene adottata anche per la cartografia.

1950 Æ nasce l’ED50: ellissoide internazionale con orientamento medio europeo (Postdam) ed origine delle longitudini
Greenwich. Accanto alle coordinate Gauss-Boaga sulla cartografia sono disponibili anche quelle UTM-ED50.

1970 Æ nascono nelle regioni i programmi di cartografia tecnica a grande scala: C.T.R. – Carta Tecnica Regionale.

2.12 CARTOGRAFIA UFFICIALE ITALIANA GAUSS-BOAGA

È disegnata nella rappresentazione conforme di Gauss.

Vengono utilizzati due fusi di 6°: due cilindri tangenti ai due meridiani centrali:

ƒ Fuso Ovest: meridiano centrale 9°;


estensione da 6° a 12.30°;
falsa origine Est: 1.500 km (prima cifra coordinata Est: “1”)
ƒ Fuso Est: meridiano centrale 15°;
estensione da 12° a 18.30°;
falsa origine Est: 2.520 km (prima cifra coordinata Est: “2”)

La prima cifra della coordinata Est indica il fuso di appartenenza.

Lo sviluppo del fuso lungo il parallelo per una latitudine di 45° è di circa 474 km.

I 20 km aggiunti alla falsa origine del secondo fuso servono ad evitare confusione nelle coordinate della fascia di
sovrapposizione dei due fusi: le coordinate di uno stesso punto nei due fusi differiscono anche per la terza cifra.

La scelta dell’ampiezza di 6°30’ (ampliata rispetto all’ampiezza standard UTM) è stata fatta sia per collegare, nella
fascia di sovrapposizione, le informazioni date dai due fusi, sia per comprendere in due fusi tutto il territorio nazionale.

In un fuso di 6°, nella proiezione su cilindro tangente ad un meridiano, la deformazione lineare ai bordi del fuso stesso
supererebbe l’errore di graficismo (m=1 per λ=0°, m=1,0008 per λ=3°).
Si applica quindi un fattore di contrazione pari a 0,996 a tutte le coordinate piane, il che equivale a considerare un
cilindro secante e non tangente (m=0,9996 per λ=0°, m=1,0004 per λ=3°). La scala effettiva è quindi 1:25.010.

Il taglio dei fogli di tutta la cartografia ufficiale è quello geografico, secondo le trasformate di meridiani e di paralleli.
Il reticolato chilometrico delle coordinate cartografiche risulta costituito da linee non parallele ai bordi della carta:
l’angolo g formato fra la direzione nel nord geografico (trasformata del meridiano) e quello cartografico (direzione
parallela all’asse Y, trasformata del meridiano centrale del fuso) è detto convergenza del meridiano (si trova a lato).
Il taglio dei fogli ha come meridiano origine il meridiano di Roma Monte Mario, al quale è stato attribuito il valore di
longitudine di 12°27’08.40’’ Est di Greenwich.

Nella cartografia ufficiale italiana si possono distinguere carte appartenenti a due famiglie di serie distinte, una già
interamente pubblicata ed una ancora in fase di produzione.
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La prima famiglia è inquadrata nella rappresentazione conforme di Gauss-Boaga ed ha come sistema di riferimento
geodetico quello nazionale (Roma40).
Essa ha come elemento base la tavoletta al 25.000 che ricopre un territorio pari a 7’30”x5’ (circa 10km x 10km).
Dalla tavoletta, ricavata da rilievi perlopiù fotogrammetrici, sono state ricavate per riduzione grafiche i quadranti al
50.000 (15’x10’) ed i fogli al 100.000 (30’x20’).

La seconda famiglia è inquadrata nel sistema UTM ed ha come riferimento geodetico quello medio europeo (ED50).
È composta da elementi al 25.000, denominati sezioni, cha hanno dimensioni 10’ x 6’. Dai rilievi realizzati per la serie
25 è stata ricavata anche la serie 50: fogli al 50.000, di dimensioni 20’ x 12’.

2.13 SISTEMA UNIVERSALE UTM

Dopo la seconda guerra mondiale venne introdotto un sistema di proiezione traverso di Mercatore standard, detto UTM.

Si utilizza il fattore di contrazione pari a 0,996 e la falsa origine comune per tutti i fusi di 500 km.
La terra è stata suddivisa in 60 fusi di 6° di longitudine.

Visto che le coordinate cartografiche non erano in grado di individuare in modo univoco un punto sulla superficie
terrestre, poiché si ripetevano ogni fuso, si sono introdotte ulteriori suddivisioni dei fusi: 20 fasce di 8° di latitudine
suddivise a loro volta in quadrati di 100 km di lato, individuati da una coppia di lettere.

Qualunque punto sulla superficie della terra è univocamente individuabile da una denominazione UTM:
es. 32TPN43206515
ƒ fuso: 2 cifre Æ 32
ƒ fascia: 1 lettera Æ T
ƒ quadrato: 2 lettere Æ PN
ƒ Est: 4 cifre (omettendo le cifre delle centinaia di km e limitando la risoluzione al decametro) Æ 4320
ƒ Nord: 4 cifre

Il nostro paese è coperto da 4 zone: 32S, 32T, 33S e 33T (34S e 34T per la penisola Salentina)

Per convertire le coordinate dal sistema nazionale Gauss-Boaga al sistema UTM non ci sono formule analitiche
rigorose, ma solo tabelle e grafici empirici, che possono garantire l’approssimazione del metro.
Ciò è dovuto al fatto che i due sistemi di coordinate sono sì riferiti a due ellissoidi la cui rototraslazione è conosciuta
analiticamente con precisione, ma derivano anche da due diverse compensazioni delle reti di primo ordine a cui si
riferiscono.

Coordinate geografiche ellissoidiche di Roma Monte Mario

λ ϕ
ITA40 12° 27’ 08’’, 40 41° 55’ 25’’, 51
ED50 12° 27’ 10’’, 93 41° 55’ 31’’, 49
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2.14 CARTA TECNICA DELLA REGIONE FRIULI - VENEZIA GIULIA

La cartografia tecnica regionale nacque per colmare la lacuna esistente all’epoca tra le carte topografiche a media scala
dell’IGM e quelle a grande scala del Catasto.
Essa era indispensabile quale base per la moderna pianificazione e programmazione industriale, urbanistica, agricola;
per la conoscenza dell’ambiente naturale, l’utilizzazione delle sue risorse, la prevenzione del suo dissesto e del suo
inquinamento.

La scala 1:5.000 è la prima, in ordine crescente, che consente la rappresentazione a “misura” di taluni particolari
topografici importanti. Per quanto riguarda le curve di livello consente un’equidistanza di 5 m.

Per la costruzione della C.T.R. è stata impiegata la rappresentazione di Gauss, sistema nazionale Gauss-Boaga,
omogenea con quella della cartografia topografica dell’IGM.

Il territorio della regione è tutto compreso entro il fuso Est, e resta a Ovest del meridiano centrale del fuso.
La deformazione lineare massima si verifica al bordo Est del territorio regionale e raggiunge l’entità dello 0,9997.
Sulla carta sono riportate di 10 cm in 10 cm le linee del reticolato chilometrico, le quali ripartiscono la superficie
cartografica in quadrati con lato 500 m.
Il formato dei fogli è l’A1.
La squadratura degli elementi è geografica: i bordi del campo cartografico corrispondono alle trasformate piane di
paralleli e meridiani.
Le coordinate geografiche della C.T.R. sono riferite all’Ellissoide Internazionale con orientamento medio europeo,
sistema ED50 e le longitudini sono contate dal meridiano di Greenwich.

Le coordinate geografiche (delimitanti i bordi del campo topografico) della CTR sono omogenee con quelle delle altre
carte IGM.
Le coordinate piane della CTR non sono omogenee con quelle riportate in magenta sulle carte dell’IGM, le quali si
riferiscono al sistema UTM.

Tutta l’altimetria è riferita al livello medio marino del mareografo di Genova.

2.15 CARTOGRAFIA DIGITALE

I vantaggi della cartografia digitale sono:

• la comodità: backup (copia), storage (archiviazione), distribuzione;


• l’interrogabilità: è la capacità di recuperare dati dalla carta, sia dal punto di vista umano che del calcolatore.

Il passaggio dal supporto cartaceo a quello digitale può avvenire in due modi:

• scanner (fotocamere digitali,…): uno scanner legge i livelli di riflettanza Æ file raster (*.bmp, *.jpg,…);
• tavolette grafiche: dei sensori rilevano il passaggio di un altro strumento eseguito da un operatore, l’operazione si
chiama restituzione (assomiglia al ricalco) Æ file vettoriale (*.dxf, *.dwg).

IL FILE RASTER

È una matrice rettangolare di punti ad ognuno dei quali è assegnato un numero che rappresenta un colore.

Viene utilizzato per:


• cartografie;
• fotografie;
• ortofotocarte;
• DTM: modello digitale del terreno.

Pixel: minima superficie di rappresentazione (dipende dalle caratteristiche dello schermo).


Cella bitmap: cella a cui viene assegnato un numero.

L’errore di graficismo presente nelle carte raster è dovuto alla dimensione della cella bitmap, la quale a sua volta
dipende dalla risoluzione dello scanner.
Maggiore risoluzione Æ più punti (= pixels) per pollice (dpi) Æ celle più piccole Æ minore errore di graficismo.
Andrea Lisjak 13

LA COMPRESSIONE DEI FILES RASTER

L’efficacia della compressione dipende dal tipo di immagine (dettagli, colori,…)

Compressione non a perdita: viene effettuata una codifica a blocchi senza perdita di informazioni.
Per esempio: un blocco tutto bianco non viene memorizzato pixel per pixel ma si memorizza il colore bianco e
l’estensione del blocco. (*.tif)

Compressione a perdita: per aumentare l’efficacia della compressione si cancellano dettagli aumentando le zone
uniformi. In questo caso si può decidere la soglia di tolleranza nell’eliminazione dei dettagli e quindi l’efficacia della
compressione. (*.jpg)
Mediante l’analisi di Fourier si può eliminare il rumore: si aumenta l’efficacia ma non si perdono informazioni rilevanti.

IL FILE VETTORIALE

È un insieme di oggetti individuati da coordinate.

È il tipo di file che viene utilizzato da programmi come AutoCAD.


In questo caso la limitazione è data solamente dalla dimensione del pixel: il programma ridisegna sempre utilizzando il
tratto più sottile Æ “non ho limiti di graficismo”.

Nella cartografia vettoriale (CTRN) le misure si fanno sempre utilizzando le differenze di coordinate, espresse nel
sistema nazionale Gauss-Boaga.
I limiti di estensione coincidono con gli estremi del fuso.
La scala è 1:1, in quanto la misura sulla carta (=differenza di coordinate) coincide con quella della realtà.
O in alternativa si può dire che non esiste una scala.
La scala viene detta 1:5.000 (CTRN) poiché è stata acquisita da una carta 1:5.000, il cui graficismo porta all’errore di
un metro Æ le cifre decimali delle coordinate sono assolutamente prive di senso.

I files vettoriali sono organizzati in layers: strati di informazioni Æ grande praticità nella manipolazione.

LA SOVRAPPOSIZIONE DI CARTE VETTORIALI A CARTE VETTORIALI

Per effettuare questa operazione in teoria servono 7 parametri: 3 di rotazione, 3 di traslazione e 1 come fattore di scala
relativo.
In AutoCAD non si parla di 1 rotazione relativa e di 3 fattori di scala lungo i 3 assi.

Consideriamo un esempio semplificato: fattore di scala 1:1, stesso sistema di riferimento (Gauss-Boaga), rotazione
relativa nulla. Il punto d’inserimento di una carta sull’altra è l’origine poiché i punti sono rappresentati mediante le
coordinate. Quella che viene inserita è l’origine non il punto dove finisce la rappresentazione grafica.

LA SOVRAPPOSIZIONE DI CARTE RASTER A CARTE VETTORIALI

Per poter sovrapporre una carta raster ad una vettoriale devo poter definire sulla carta raster come minimo le coordinate
di due punti. Per fare ciò si utilizza un file *.bmpw che contiene oltre al raster anche il testo.

La determinazione delle coordinate di un file raster


• Se ho una scansione di una carta posso usare gli incroci del reticolato chilometrico quali punti di coordinate note.
• Se non ho il reticolato chilometrico devo basarmi su di una carta vettoriale che già esiste. A questo punto il
problema è quello di georeferenziare il file raster.

Il problema della scala relativa


Per prima cosa s’inserisce una scala fittizia S, poi con il righello devo poter misurare una distanza da rapportare alla
stessa misurata sulla vettoriale.
Prendo un oggetto grande in modo da minimizzare l’errore di graficismo e lo misuro: ∆R.
Faccio la stessa cosa con la carta vettoriale stando attendo a disinserire lo snap: ∆V.
∆V X
Una volta ottenute le due distanze ottengo il fattore di scala relativo: =
∆R S
Una volta ottenuto il corretto fattore di scala posso inserire la carta raster su quella vettoriale.
Andrea Lisjak 14

Il risultato però continua a non essere soddisfacente:


• vi è un piccolo errore di scala (precisione sulle misure);
• ci può essere una rototraslazione;
• problemi legati alla costruzione diversa delle due carte (CTRN: rappresenta i tetti, Piano Mueller: sgrondato)

Per rimediare a questo problema devo:


• effettuare più misure, ottenere più fattori di scala e poi mediarli;
• utilizzare software che utilizzano più punti di controllo e ottimizzano tutto con il metodo dei minimi quadrati.
Andrea Lisjak 15

CORSO DI TOPOGRAFIA

LIVELLAZIONE

1.1 Materializzazione di punti


1.2 Treppiede
1.3 Cannocchiale topografico
1.4 Basetta
1.5 Livella torica
1.6 Mareografo
1.7 Rete di livellazione italiana
1.8 Misura di dislivelli
1.9 Tipi di livelli
1.10 Tipi di livellazione geometrica
1.11 Livellazione geometrica dal mezzo
1.12 Tolleranze
1.13 Compensazione empirica di una linea di livellazione geometrica dal mezzo
1. 14 Unità di misura degli angoli
1.15 Teodolite
1.16 Errori nella misura degli angoli azimutali
1.17 Triangolazione mediante stazione totale
Andrea Lisjak 16

1.1 MATERIALIZZAZIONE DI PUNTI

Punto di stazione: punto in cui è posto lo strumento.


Punti collimati: punti osservati mediante lo strumento.

La materializzazione fisica dei punti dipende dalla precisione richiesta dalla misura, dall’accessibilità del punto e dalla
necessità di conservazione nel tempo della materializzazione.

Il punto di stazione può essere costituito da:


• borchia metallica infissa nel terreno;
• cilindretto cementato in una gettata di calcestruzzo;
• incrocio delle diagonali sulla testa di un paletto;
• punto non materializzato, ma facilmente individuabile.

I punti collimati possono essere costituiti da:


• punti di strutture artificiali esistenti;
• punti del tipo su cui si fa stazione resi evidenti a grande distanza grazie a opportuni segnali.

1.2 TREPPIEDE

Serve a sostenere gli strumenti di misura.


È formato da 3 gambe allungabili incernierate in una piastra detta piastra d’appoggio (forma di triangolo ad angoli
smussati con foro centrale).
Nel foro centrale passa una grossa vite detta vitone mediante la quale si fissa al treppiede o direttamente lo strumento o
un dispositivo intermedio fra il treppiede e lo strumento, detto basetta.

Per mettere in stazione il treppiede sul punto:


• si posiziona il foro della piastra approssimativamente sulla verticale del punto agendo sulle 3 gambe;
• si rende la piastra approssimativamente orizzontale (con l’ausilio di una livella sferica);
• grazie al vitone, che può scorrere, è possibile posizionare il centro dello strumento sul punto di stazione.

1.3 CANNOCCHIALE TOPOGRAFICO

Esso serve a materializzare la retta che congiunge idealmente il punto di stazione con il punto collimato.

Esso è costituito da:


• un corpo metallico tubolare;
• una lente obiettiva L1;
• una lente interna L2;
• un reticolo R: lastrina di vetro con sopra incisi dei riferimenti a croce;
• una lente oculare L3.

Le lenti L1 ed L2 sono delimitate da superfici sferiche i cui centri Ci devono essere tutti allineati su una stessa retta ,
detta asse ottico.
La lente che congiunge la lente obiettiva con il centro del reticolo è detta invece asse di collimazione.
Nel cannocchiale l’asse ottico e quello di collimazione devono essere coincidenti.

Collimare un punto con il cannocchiale significa puntare il cannocchiale sul punto P in modo che esso si trovi sull’asse
ottico dello stesso. Poiché l’asse ottico coincide con l’asse di collimazione, la condizione citata è verificata quando il
puntamento viene effettuato in modo che l’immagine del punto P si formi sul reticolo, in coincidenza dell’incrocio dei
tratti che ne determinano il centro.
Per questa operazione sono disponibili dei sistemi di mira grossolani, che permettono di inquadrare nell’obiettivo
l’elemento da collimare; grazie poi a delle viti micrometriche è poi possibile realizzare il centramento di precisione.

Per poter dare al cannocchiale delle rotazioni azimutali e zenitali esso è montato su un asse rotante m, detto asse
primario, sostenuto da un supporto a U, che a sua volta è sorretto da un basamento B; il supporto U può inoltre ruotare
intorno ad un asse r, detto asse secondario.
Gli assi m ed r devono essere complanari ed ortogonali.
Il cannocchiale deve essere montato in modo che l’asse di collimazione passi per il punto C, detto centro dello
strumento, intersezione degli assi m ed r.
Andrea Lisjak 17

1.4 BASETTA

La basetta è uno strumento interposto fra treppiede e strumento. Essa si compone di:
• una piastra base: viene resa solidale alla piastra d’appoggio del treppiede grazie al vitone;
• una piastra basculante;
• tre viti calanti, che uniscono le due piastre: permettono il basculamento rispetto alla piastra base e di realizzare la
perfetta orizzontalità della piastra basculante;
• un piombo ottico: serve a centrare la basetta e quindi lo strumento sul punto di stazione;
• una livella sferica: è costituita da un piccolo tronco di cilindro di vetro del diametro di circa 2 cm con la faccia
inferiore piana e quella superiore a forma di calotta sferica. Sulla calotta è inciso un cerchietto. Essa è piena di un
liquido volatile con la bolla formata da parte del liquido volatilizzato. La bolla ha dimensioni tali da poter esser
inscritta nel cerchietto inciso sulla calotta.
La sua sensibilità è molto inferiore a quella della livella torica, viene impiegata quando possono essere tollerati
errori di verticalità dell’ordine di 10’.

1.5 LIVELLA TORICA

È costituita da una fiala cilindrica di vetro la cui parte superiore è internamente lavorata a forma di superficie torica.
La fiala è inserita in una custodia metallica ed è fissata agli strumenti.Sulla parte superiore della fiala è incisa una
graduazione a tratti, distanziati di 2 mm, simmetrica rispetto ad uno zero centrale. La fiala contiene un liquido
abbastanza volatile che è in parte allo stato gassoso e quindi forma la bolla.

La tangente al punto centrale della graduazione si chiama tangente centrale della livella.
Quando si vuole disporre orizzontalmente la tangente centrale di una livella, occorre posizionare la livella stessa in
modo che la bolla si disponga con le estremità equidistanti dal punto zero della graduazione.

Sensibilità della livella: angolo, espresso in secondi sessagesimali, che sottende un tratto di graduazione (“/mm).

Ponendo una livella torica sull’alidada, cioè sul supporto del cannocchiale di un teodolite, è possibile rendere verticale
l’asse r di rotazione dell’alidada stessa.
L’asse r viene fatto coincidere con la verticale passante per il punto di stazione e materializza lo spigolo degli angoli
azimutali.
Per rendere verticale un asse con una livella torica bisogna:
-disporre la livella parallela alla congiungente due viti calanti e centrarla;
- ruotare l’elemento di 90° disponendo la livella torica in posizione ortogonale alla posizione precedente;
-centrare nuovamente la livella torica.

Errore residuo di verticalità: è dovuto all’impossibilità di agire sulle viti micrometriche in modo da sfruttare a pieno la
sensibilità della livella e ai gioghi meccanici degli strumenti.

Accuratezza verticalità asse primario: livella sferica basetta Æ ~5’


livella torica alidada Æ ~ 5”-10”

1.6 MAREOGRAFO

Definito un punto di quota assoluta (ortometrica) nulla, operazioni di livellazione partenti da tale punto consentono, per
somma di dislivelli, il calcolo della quota di qualsiasi punto sulla superficie fisica della terra.
La definizione di un punto di quota nulla viene fatta con il mareografo.

Esso è costituito da un galleggiante disposto in un pozzo in comunicazione con il mare, i cui movimenti vengono
registrati in scala ridotta da una punta scrivente su un foglio di carta che trasla con velocità costante.
Nella misura del mareografo devono essere eliminati il moto ondoso e l’effetto sistematico di correnti o venti
dominanti.
La definizione della quota nulla si ottiene: calcolando l’area sottesa dalla curva tracciata, dividendo per l’intervallo di
tempo considerato e quindi ottenendo la posizione media della punta scrivente e quindi del galleggiante.

Il mareografo è collegato altimetricamente, mediante livellazione geometrica, ad un caposaldo costruito con speciali
cure detto punto di derivazione delle quote.
Sempre mediante livellazione geometrica, è stata derivata dal punto di derivazione delle quote una rete di punti
fondamentali ai quali si possono collegare le operazioni altimetriche da compiere localmente.
Andrea Lisjak 18

1.7 RETE ITALIANA DI LIVELLAZIONE

Nel dopoguerra l’IGM ha provveduto, con criteri e strumentazioni moderne, alle misure di una nuova rete fondamentale
di alta precisione, riferita ad un unico caposaldo derivato dal mareografo di Genova.
Particolare attenzione è stata posta alla materializzazione dei caposaldi in modo da garantirne la durata nel tempo e allo
stesso tempo la fruibilità da parte degli operatori.

L’IGM fornisce a richiesta le monografie di tutti i capisaldi.

1.8 MISURA DI DISLIVELLI

Per determinare i dislivelli si può procedere con:


• la livellazione geometrica: semplici differenze di misure dirette (letture alla stadia);
• la livellazione trigonometrica: misure indirette di angoli e distanze;
• il GPS;
• tacheometria;
• barometria.

1.9 TIPI DI LIVELLI

Strumento per la misura diretta di dislivelli è il livello, con il quale viene realizzata una linea di mira orizzontale, in
corrispondenza della quale viene effettuata la misura del dislivello su una stadia graduata, che costituisce pertanto il
campione di misura diretta.

L’orizzontalità della linea di mira si può realizzare automaticamente (autolivelli), oppure con l’imposizione del
parallelismo con il piano orizzontale, tramite la tangente centrale della livella torica (livelli con livella torica).
Caratteristica di tutti i livelli è il diverso grado di attendibilità col quale viene realizzata l’orizzontalità della linea di
mira: esso dipende dall’ingrandimento del cannocchiale e dalla sensibilità della livella torica (o dei sistemi pendolari
negli autolivelli).

• Livelli da cantiere Æ cannocchiali con 15-20 ingrandimenti, sensibilità delle livelle 1’ circa.
• Livelli di precisione Æ cannocchiali con 20-30 ingrandimenti, sensibilità delle livelle 20”-30”.
• Livelli di alta precisione Æ cannocchiali con 50 ingrandimenti, sensibilità delle livelle 5”-10”.

La classificazione dei livelli e della livellazione geometrica viene fatta in relazione alla precisione dello strumento: è
basata sull’errore quadratico medio di una livellazione in andata e ritorno su un tratto di un chilometro (σk).

• Livelli da cantiere Æ σ k ≥ 5mm


• Livelli da ingegneria Æ 2mm ≤ σ k ≤ 5mm
• Livelli di precisione Æ 1mm ≤ σ k ≤ 2mm
• Livelli di alta precisione Æ σ k < 1mm

1.10 TIPI DI LIVELLAZIONE GEOMETRICA

Livellazione da un estremo: si pone il livello in un estremo del tratto AB di cui si vuole determinare il dislivello; si
misura l’altezza dello strumento rispetto al suolo e si esegue con il livello la lettura sulla stadia posta sull’altro estremo
del tratto.
Questo metodo viene utilizzato per poligonali tecniche e nel rilevamento altimetrico del territorio intorno al punto di
stazione.

Livellazione reciproca: sugli estremi A e B di un tratto da misurare si pongono due stadie e con il livello in un punto S1
distante pochi metri da A si esegue la lettura sulle due stadie. Quindi si esegue una nuova lettura sulle due stadie
facendo stazione con il livello in un punto S2 prossimo a B, tale che sia S1A = S2B.
I punti di stazione S1 e S2 sono entrambi esterni al tratto AB o entrambi interni.
Il metodo è molto preciso ma usato raramente perché oneroso.

Livellazione dal mezzo: si fa stazione con il livello nel mezzo del tratto e si eseguono le letture sulle due stadie poste
sugli estremi.
È il metodo più preciso e viene usato nella livellazione di precisione e di alta precisione.
Andrea Lisjak 19

1.11 LIVELLAZIONE GEOMETRICA DAL MEZZO

Siano A e B due punti del suolo di quota rispettivamente HA e HΒ. Sia C un punto intermedio di quota H sulla cui
verticale in C’ si ponga un teodolite e si osservino le zenitali ZA e ZB sui punti A e B.

Si dimostra che il dislivello tra i due punti A e B può essere determinato indipendentemente dalla quota del punto C e
dall’altezza dello strumento ∆I.
Se scegliamo il punto C equidistante da A e B (DA=DB=D) e nell’ipotesi ZA=ZB si dimostra che il dislivello è
determinato indipendentemente dall’influenza della curvatura terrestre e della rifrazione atmosferica.

Supponiamo di porre verticalmente in A e B una stadia e di eseguire le letture alla stadia IA e IB con un livello messo in
stazione centrando la sua bolla torica (ZA=ZB=90°): HB-HA=IA-IB ossia il dislivello tra i due punti è uguale alla
differenza tra le due letture sulle stadie.

Inoltre supponendo che per imperfetta rettifica del livello la linea di mira dello strumento non fosse perfettamente
orizzontale (ZA=ZB=90°+ε) le letture sulle stadie sarebbero entrambe scorrette della medesima quantità, ma lo loro
differenza darebbe ugualmente il corretto valore del dislivello.

In genere, poiché ε è piccolo, una differenza di qualche metro tra le distanze delle due stadie non comporta un errore
sensibile nel dislivello, ma è sempre opportuno verificare quanta eccentricità può essere tollerata:
se D è la distanza maggiore e d la minore, l’errore sul dislivello derivante dall’errore di rettifica è pari a ε(D-d) e quindi
occorre verificare che tale quantità sia una frazione delle fluttuazioni accidentali di misura che si verificano nella
battuta.

Supponiamo di voler misurare il dislivello tra gli estremi P1 e Pn di un percorso lungo circa 1 km.
Dapprima occorre porre nei due estremi dei contrassegni, detti caposaldi di livellazione. Quindi si pone una stadia sul
caposaldo in P1 ed un’altra stadia ad un’opportuna distanza (<100m) in P2. La stadia in P2, come nei successivi punti
intermedi, non poggia direttamente sul terreno, ma su una piastra che è a corredo di ogni stadia.
Posto il livello nel mezzo del tratto P1P2 si esegue la lettura I1i (lettura indietro) sulla stadia in P1 e la lettura I2a (lettura
avanti) sulla stadia in P2. Il dislivello tra P1 e P2 è: ∆H1=I1i-I2a
Quindi si porta la stadia da P1 a P3 ed il livello nel punto intermedio del tratto P2P3. La stadia in P2, ferma restando sul
punto d’appoggio, viene ruotata in modo da presentare la graduazione verso il livello. Siano I2i la lettura indietro sulla
stadia in P2 e I3a la lettura avanti sulla stadia in P3. Il dislivello fra i punti P2 e P3 è: ∆H=I2i-I3a
Si procede in questo modo fino all’ultimo tratto Pn-iPn, ottenendo l’ultimo dislivello: ∆Hn-1=In-1i-Ina
Sommando i dislivelli ∆H1, ∆H2,…∆Hn-1, si ottiene il dislivello totale fra i due estremi:
∆H=Hn-H1=(I1i+…In-1i)-(I1a+…In-ia) ossia il dislivello tra i due estremi del percorso è uguale alla differenza tra la somma
delle letture indietro e la somma delle letture avanti.

La distanza tra le due stadie si dice campata mentre quella tra stadia e strumento si dice battuta.

Ricapitolando, con la livellazione geometrica dal mezzo:

• si eliminano gli effetti: dell’errore residuo di rettifica;


della curvatura terrestre;
della rifrazione atmosferica;
• non occorre misurare l’altezza strumentale;
• non si è obbligati a fare stazione in un punto determinato;
• si possono battere punti a distanza doppia della portata del cannocchiale;
• si potrebbe determinare, anche se sconsigliato, un dislivello pari all’altezza della stadia.

1.12 TOLLERANZE

Nell’eseguire livellazioni geometriche di precisione o alta precisione bisogna sempre eseguire una linea fra due
caposaldi di quota nota, chiudere la linea di livellazione con un poligono oppure precorrere la linea in andata e ritorno.
Così facendo è possibile calcolare subito, per semplice somma algebrica dei dislivelli misurati, l’errore di chiusura, che
dovrebbe essere nullo, in caso di percorsi chiusi, o pari al dislivello fra i caposaldi di quota nota.
Se tale errore è superiore alla tolleranza, stabilita dal committente per quella livellazione, la misura si considera affetta
da errore grossolano e va eseguita nuovamente.
Andrea Lisjak 20

1.13 COMPENSAZIONE EMPIRICA DI UNA LINEA DI LIVELLAZIONE GEOMETRICA

Le misure di livellazione eseguite sul terreno, ancorché siano stati eliminati gli errori teoricamente prevedibili, sono pur
sempre affette dagli errori accidentali di osservazione.
È quindi necessaria una compensazione, che consiste nell’eliminare le discordanze delle misure con opportune
correzioni, calcolate secondo la teoria degli errori.

Supponiamo di aver misurato i dislivelli lungo una linea e che le quote h0 e hn dei caposaldi estremi siano note e
abbiano una precisione maggiore o uguale alle misure.
• ∆1, ∆2,…, ∆n Æ dislivelli tra caposaldi consecutivi
• I1, I2,…,In Æ distanze in km tra i caposaldi
• L Æ lunghezza della linea
• E Æ errore di chiusura

La teoria dimostra che le correzioni x1, x2,…, xn ai dislivelli misurati si ottengono ripartendo l’errore di chiusura,
E E
secondo le relazioni: x1 = − I1 ,..., xn = − I n .
L L
I pesi dei dislivelli sono inversamente proporzionali alle lunghezze delle linee.
E E
Pertanto le quote dei capisaldi P1,…,Pn sono: h1 = h0 + ∆1 − I1 ,..., hn −1 = hn −2 + ∆ n −1 − I n −1
L L
Le stesse formule sono valide nel caso di un poligono chiuso, che altro non è che una linea con gli estremi coincidenti.
In questo caso l’errore di chiusura è: E=∆1+…+∆n

Nel momento in cui si ha una rete di livellazione, ovvero l’appartenenza di alcuni caposaldi a diversi poligoni di
livellazione, non è possibile operare per semplice ripartizione dell’errore di chiusura e bisogna adottare una
compensazione in presenza di equazioni d’osservazione esuberanti.

1.14 UNITA’ DI MISURA DEGLI ANGOLI

Gradi sessagesimali
1° è definito come la novantesima parte di un angolo retto
Notazione: ###° ##’ ##.####’’
Angolo giro = 360°
Angolo piatto = 180 °
Angolo retto = 90°
1° = 60’
1’ = 60”

Gradi centesimali
1 g è definito come la centesima parte di un angolo retto
Notazione: ###g ###c ###cc oppure ##,######g
Angolo giro = 400g
Angolo piatto = 200g
Angolo retto = 100g
1g = 100c
1c = 100cc

Radianti
1 rad è definito come l’angolo al centro di una circonferenza di raggio arbitrario, che sottende un arco di lunghezza
eguale al suo raggio.
Angolo giro = 2π
Angolo piatto = π
Angolo retto = π/2

Gradi millesimali
Angolo giro = 6400 °° (millesimi)
Andrea Lisjak 21

1.15 TEODOLITE

È uno strumento che serve a misurare angoli azimutali e distanze zenitali.

È formato da tre parti fondamentali: basamento, alidada e cannocchiale.

Nel teodolite si distinguono 3 assi:


• principale o di rotazione dell’alidada (a1);
• secondario o di rotazione del cannocchiale (a2);
• terziario o di collimazione del cannocchiale (a3).

Le tre parti che lo costituiscono devono essere assemblate in modo che siano rispettate le condizioni di rettifica:
• i tre assi fondamentali devono avere come unico punto d’intersezione il centro dello strumento;
• l’asse a2 deve essere perpendicolare all’asse a1;
• l’asse a3 deve essere perpendicolare all’asse a2.

Se lo strumento è rettificato, posto l’asse a1 verticale si ha che:


• il cerchio azimutale giace in un piano orizzontale;
• il cerchio zenitale giace in un piano verticale;
• l’asse a2 è orizzontale;
• l’asse a3 descrive piani verticali passanti per il centro strumentale.

Il cerchio orizzontale è solidale al basamento mentre gli indici di lettura sono solidali all’alidada.
Il cerchio verticale è solidale verticale e i relativi indici sono interni alidada.
I cerchi sono di vetro ottico, hanno un raggio che varia da 4 a 8cm e la graduazione è incisa o riprodotta
fotograficamente.

L’osservazione ai cerchi si esegue con microscopi composti, il cui percorso all’interno del teodolite.
Nelle letture si leggono direttamente i gradi e le frazioni di grado incise sul cerchio e si valutano le frazioni di intervallo
di grado secondo due modalità:
• mediante conteggio o stima Æ strumenti a stima: nonio (coincidenza di tacche);
• mediante misura della frazione Æ strumenti micrometrici: si sfrutta la sensibilità dell’occhio umano nel realizzare
la coincidenza di due tratti e le proprietà ottiche di una lamina paino parallela che ruotando sposta l’immagine del
cerchio fino ad ottenere una coincidenza .

1.16 ERRORI NELLA MISURA DI ANGOLI AZIMUTALI

Se il teodolite fosse perfettamente rettificato, la misura dell’angolo azimutale consisterebbe nella esecuzione di due
letture sul cerchio orizzontale ai punti avanti e indietro.
Questo procedimento è adottato solo nei casi di bassa precisione richiesta.

In generale sono presenti tre errori residui di rettifica:


• errore di verticalità Æ angolo che l’asse a1 forma con la verticale;
• errore di inclinazione Æ angolo che l’asse a2 forma con la normale ad a1;
• errore di collimazione Æ angolo che l’asse a3 forma con il piano normale all’asse a2.

Si ha poi un errore di eccentricità dovuto al fatto che l’asse a1 non passa per il centro geometrico O del cerchio
azimutale ma in un punto Q di eccentricità e.

L’alidada ed il cannocchiale dei teodoliti sono costruiti in modo che la collimazione ad un punto sia eseguibile in due
posizione diverse dello strumento, una con il cerchio zenitale a sinistra dell’osservatore (CS) ed una con il cerchio a
destra (CD).
Vale quindi la regola di Bessel: in un teodolite è possibile eliminare, nelle misure angolari azimutali, l’influenza degli
errori residui di collimazione, inclinazione, eccentricità dell’alidada e del cannocchiale, facendo per ogni punto
collimato la media delle due letture agli indici diametralmente opposti, col cannocchiale cioè in posizione prima CS e
poi in posizione CD.

L’errore di verticalità non può essere eliminato, ma si può considerare accidentale e quindi è opportuno ripetere la
misura, rifacendo più volte la messa in stazione.
Andrea Lisjak 22

Esistono anche gli errori del tracciamento della graduazione del cerchio.
La suddivisione della graduazione del cerchio, pur essendo molto precisa, può non essere uniforme. Questo errore è
sistematico ma si cerca di renderlo accidentale ripetendo le osservazioni angolari su porzioni differenti di cerchio.
Andrea Lisjak 23

CORSO DI TOPOGRAFIA

EDM

1.1 Equazioni dei vari tipi di EDM


1.2 Componenti di un EDM ad impulsi
1.3 EDM ad onda continua e misura di fase
1.4 Incertezza nella conoscenza della velocità di propagazione
Andrea Lisjak 24

1.1 EQUAZIONI DEI VARI TIPI DI EDM

Il metodo concettualmente più semplice per misurare una distanza facendo uso di onde, acustiche ed elettromagnetiche,
è quello di misurare l’intervallo di tempo T impiegato da un impulso, acustico ed elettromagnetico, a percorrere la
distanza AB.

AB
+ δ = ∆t con δ sfasamento tra i due orologi (EDM ad impulsi solo andata)
v
AB
2 = ∆t (EDM ad impulsi andata e ritorno)
v

Nel caso di onda sinusoidale continua:


A1 ( t ) = A0 sin ( 2π ft ) onda vista in A (=origine);
⎛ ⎛ AB ⎞ ⎞
A2 ( t ) = A0 sin ⎜ 2π f ⎜t − ⎟ ⎟ onda vista in B.
⎝ ⎝ v ⎠⎠
AB
La differenza di fase tra le due onde è: ∆ϕ = 2π f − ϕ B − ϕ A (EDM ad onda continua solo andata)
v
Ponendo un riflettore in B le cose sono più semplici perché tutte le misure vengono fatte in A:

⎛ ⎛ AB ⎞ ⎞ 2 AB
A2 ( t ) = A0 sin ⎜ 2π f ⎜ t − 2 ⎟ ⎟⎟ Æ ∆ϕ = 2π f (EDM ad onda continua andata e ritorno)

⎝ ⎝ v ⎠⎠ v

1.2 COMPONENTI DI UN EDM AD IMPULSI

Un EDM ad impulsi è formato da:

• Laser: montato nell’estremo A della base;


• Fotorilevatore: montato nell’estremo A della base;
• Riflettore: prisma trirettangolo (“cornercube”) montato nell’estremo B;
• Cronometro: deve consentire un’incertezza ε nella misura non superiore al centimetro
1cm
ε≤ ⋅ 2 ≅ 7 ⋅10−11 = 70 ps
300.000 km s

1.3 EDM AD ONDA CONTINUA E MISURA DI FASE

2 AB
Si ha che ∆ϕ = 2π f , se misuriamo ∆ϕ, conoscendo f e v si può determinare AB.
v
ϕ però non è determinabile a meno di multipli interi di 2π:

2 AB f f λ λ
2π f = N 2π + k 2π Æ AB = N +k Æ AB = N + k
v 2v 2v 2 2

ossia la distanza AB viene misurata impiegando come unità di misura la lunghezza d’onda λ.

La scelta della frequenza f dell’onda è fatta in funzione della risoluzione che si vuol ottenere sulla misura di AB.

1.4 INCERTEZZA NELLA CONOSCENZA DELLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE

La velocità di propagazione v e l’indice di rifrazione n sono inversamente proporzionali: v ⋅ n = c .


La velocità di propagazione di un’onda in atmosfera dipende dalla sua temperatura, dalla sua pressione, dal contenuto di
vapore acqueo e da altri parametri.
Andrea Lisjak 25

CORSO DI TOPOGRAFIA

GPS
Capitolo 1. Il sistema di posizionamento GPS: struttura geometrica ed analitica
Capitolo 2. Errori nelle misure GPS
Capitolo 3. Trasformazioni fra sistemi di riferimento. Trasformazioni di coordinate
Andrea Lisjak 26

IL SISTEMA DI POSIZIONAMENTO GPS: STRUTTURA GEOMETRICA ED ANALITICA

1.1 PREMESSA: IL SISTEMA DI POSIZIONAMENTO GPS (Global Positioning System)

Il G.P.S. nacque inizialmente per scopi navigazionali, al fine di fornire in tempo reale la posizione di natanti militari
sulla superficie marina, rispetto ad un sistema di riferimento geocentrico.

Il principio su cui si basa è semplice: è un’intersezione in avanti spaziale al punto di coordinate incognite da un certo
numero di satelliti (almeno 4) di posizione nota.
ρij = distanza satellite – punto a terra
C = centro di massa della Terra

Il primo satellite GPS f u inviato nello spazio nel 1979.


Attualmente la costellazione NAVSTAR della difesa statunitense è formata da 24 satelliti, distribuiti su 6 orbite
inclinate di 55 gradi rispetto al piano equatoriale. Essi percorrono in circa 12 ore orbite quasi circolari.
A causa della differenza fra tempo siderale e tempo solare, i satelliti appaiono su un certo punto della Terra 4 minuti
prima ogni giorno, cosicché il periodo di copertura viene anticipato di circa 2 ore ogni mese.
I satelliti NAVSTAR costituiscono il segmento spaziale del sistema GPS.

Ciascun satellite trasmette in continuazione due portanti radio:


- L1 a 1575,42 Mhz
- L2 a 1227,60 MHz
Le fasi delle portanti sono modulate da due codici pseudo-casuali (codice C/A, Corse Acquisition, e codice P, Precise, o
Y per la L1, solamente codice P o Y per la L2) e da un messaggio navigazionale.
Le frequenze e le modulazioni sono controllate da orologi atomici.

Il segmento spaziale è controllato da un sistema di controllo formato da 5 stazioni monitor sulla Terra.
Lo scopo di questo sistema di controllo è quello di:
• monitorare lo stato di salute dei satelliti;
• determinare le loro orbite ed il comportamento degli orologi atomici;
• inviare il messaggio radio ai satelliti.

I ricevitori a Terra elaborano i codici e le fasi delle portanti ed estraggono anche il messaggio radio.
L’introduzione, il 31 gennaio 1994, dell’Anti-Spoofing (AS), implica l’esclusione dell’utilizzo del codice P per gli
utenti civili mediante crittografazione dello stesso in codice Y.

1.2 MODALITÀ DI ACQUISIZIONE ED ELABORAZIONE DEI DATI – GLI ALGORITMI

La soluzione del posizionamento tridimensionale di un punto può essere vista, da un punto di vista geometrico, come
l’intersezione di tre sfere di raggio pari alla distanza satellite-punto a terra.
L’intersezione delle tre sfere è rappresentata da due punti, per poter scegliere fra queste due possibili posizioni quella
effettiva del punto P a terra è necessario utilizzare informazioni provenienti da un quarto satellite.

1.2.1 GPS PSEUDORANGE ASSOLUTO – MISURE DI CODICE

Il sistema consente di posizionare un punto sulla superficie terrestre rispetto al sistema di riferimento ECEF.
La precisione nel posizionamento per il metodo navigazionale assoluto è di circa 20m.
Il principio su cui si basa tale metodologia è sostanzialmente fondato sulla misura di tempo che il segnale inviato da un
satellite impiega per coprire la distanza Satellite-Terra, ed essere quindi captato dal ricevitore posizionato nel punto di
cui si vogliono conoscere le coordinate.

Se P1 è il punto a Terra e S1, S2, S3 ed S4 sono 4 satelliti “in vista” rispetto al ricevitore collocato in P1, le equazioni di
osservazione saranno:

( XP − XS ) + (YP − YS ) + ( ZP − ZS ) ( XP − XS ) + (YP − YS ) + ( ZP − ZS )
2 2 2 2 2 2
1
1
1
1
1
1
= ρ11 ; 1
3
1
3
1
3
= ρ13

( XP − XS ) + (YP − YS ) + ( ZP − ZS ) ( XP − XS ) + (YP − YS ) + ( ZP − ZS )
2 2 2 2 2 2
1
2
1
2
1
2
= ρ12 ; 1
4
1
4
1
4
= ρ14
Andrea Lisjak 27

Esprimendo le distanze ρij come: ρij = vij ∆t ci si ridurrebbe, una volta misurati gli intervelli di tempo, ad un sistema di 4
equazioni indipendenti, in 4 incognite, immediatamente risolvibile.

In realtà la situazione è più complessa per i motivi che seguono:

• innanzitutto i satelliti non emettono semplici impulsi ma treni di onde quadre; tali onde hanno una frequenza di 1
MHz (CODICE C/A, λ=300m) e di 10 MHz (CODICE P, λ=30m);

• queste onde quadre non sono sequenze di transizioni regolarmente alternate on-off, off-on, bensì seguono codici
casuali.

Le onde quadre sono sovrimposte come modulazione di fase alla sinusoidi portanti: L1 (λ=190mm) ed L2 (λ=240mm).

Malgrado la complessità dei segnali emessi dai satelliti, con il sistema GPS pseudorange assoluto si possono assimilare
i fronti d’onda ad impulsi che transitano dai satelliti alle antenne a Terra con una successione di 1 MHz o di 10 MHz.
Nel ricevitore a terra viene generata una copia del codice con la stessa frequenza di quello emesso dal satellite Sj. I due
segnali vengono confrontati, con tecniche di correlazione che permettono di ottenere il valore ∆t.

Sia tj(i) l’istante nel quale uno di questi impulsi parte dal satellite j, misurato nel sistema di riferimento del satellite j.
Sia ti(j) l’istante nel quale tale impulso raggiunge la stazione i a Terra; ti(j) è misurato da un ricevitore collegato
all’antenna i.
La distanza satellite-antenna è: ( ( ))
ρi j = vi j ti ( j ) − t j ( i )
i

( ) è l’istante in cui l’impulso parte dal satellite misurato nell’asse dei tempi della stazione i;
Dove: t j ( i )
i

ti( j ) è l’istante in cui l’impulso raggiunge la stazione misurato nell’asse dei tempi della stazione i;
vi j la velocità media di propagazione della portante fra il satellite Sj e l’antenna della stazione Pi.

Indicando con τ l’asincronismo fra la stazione ed il satellite, si ha: t j ( i ) ( ) =t ( )- τi


i j

ρ = v (t ( ) − t ( ) + τ )
i
j
i
j
i j j i

dove τ è il termine incognito e tj(i) è in qualche modo noto.

Inglobando questi due in un nuovo asincronismo: τ i j = −t j ( i ) + τ


l’espressione della distanza cercata diventa: ρi j = ti( j ) vi j + τ i j vi j
dove il termine di tempo ti ( j ) è misurato, τ i è un’incognita e della vi si può conoscere un valore approssimato v0, in
j j

base a ciò che possiamo conoscere dei parametri fisici della troposfera e della ionosfera.

Se si prende in considerazione un riferimento dei tempi arbitrario comune, τ può venir scisso in due termini τi e τj,
appartenenti uno alla stazione l’altro al satellite: (
ρi j = vi j ti ( j ) − t j (i ) + τ i − τ j ),
dove ti ( j ) è misurato e tutti gli altri sono incogniti.

Per determinare tali incognite e se si vuole la risoluzione in tempo reale, è necessario che tutte le osservazioni
avvengano in una sola epoca; se non vi è tale necessità, l’osservazione può durare molte epoche, cioè anche diversi
minuti.

Ponendo, per semplicità, nota la velocità di propagazione, se m è il numero dei punti incogniti a terra ed n il numero dei
satelliti, dato che viene effettuata una osservazione per ogni coppia stazione-satellite, il numero delle osservazioni è
m*n.
Si dimostra che il numero minimo di satelliti è 4.
Se le coordinate dei satelliti sono note, per risolvere il problema deve essere n=4, il che significa che le stazioni devono
ricevere i segnali di almeno 4 satelliti.
Andrea Lisjak 28

Il sincronismo degli orologi dei satelliti è dell’ordine di qualche nanosecondo. Gli orologi di tutti i satelliti si possono
considerare, al livello di approssimazione detto, sincronizzati fra di loro: si possono considerare pertanto uguali i τj dei
diversi satelliti, mentre rimane nel sistema risolutivo l’incognita τi relativa all’asincronismo tra satelliti e la stazione a
Terra.

Impostando quindi un semplice sistema di 4 equazioni del tipo: (


ρi j = vi j ti ( j ) − t j ( i ) + τ ) relative a 4 satelliti, il
sistema di equazioni iniziale fornisce direttamente le coordinate assolute del punto P1.
Le 4 incognite sono rappresentate dalle 3 coordinate cartesiane ortogonali geocentriche del punto P1 e dall’incognita τ.

Se si vogliono aumentare le precisioni ottenibili è necessario utilizzare la metodologia differenziale, in quanto, andando
ad ordini inferiori al nanosecondo, non sussiste più la relazione τj =cost.
Un’alternativa alla metodologia differenziale per ottenere una posizione del punto approssimata a qualche metro è
quella di mediare gli errori dovuti alla propagazione in atmosfera del segnale, nelle misure pseudorange registrate in un
certo intervello di tempo.

1.2.2 DGPS – PSEUDORANGE DIFFERENZIALE

La metodologia differenziale viene utilizzata per ridurre gli errori sistematici presenti nelle osservazioni registrate da un
singolo ricevitore.
Esso si attua sfruttando le misure pseudorange registrate contemporaneamente da un secondo ricevitore e può essere
eseguita sia in post-elaborazione che in tempo reale.

1.2.2.1 DIFFERENZIALE OTTENUTO COME SOLUZIONE DEL SISTEMA ALLE DIFFERENZE DOPPIE

Si considerano due stazioni che osservano contemporaneamente un gruppo di satelliti (almeno 3 per un posizionamento
bidimensionale, 4 per il posizionamento tridimensionale) e si suppongono note le coordinate di una delle due stazioni.
Nel sistema di equazioni indipendenti analizzate per il metodo assoluto si introducono i diversi asincronismi τi j relativi

ai satelliti: (
ρi j = vi j ti ( j ) − t j (i ) + τ i j ) dove: ρ i
j
è il modulo del vettore unente il satellite j al ricevitore i;

vi j è la velocità media di propagazione del segnale;


t j ( i ) è l’istante in cui il baricentro del treno di onde quadre lascia il
satellite j;
ti( j ) è l’istante in cui tale baricentro arriva all’antenna del ricevitore i;
τi j è l’asincronismo fra l’orologio sul satellite j che misura t j(i ) e
quello nel ricevitore a terra i che misura ti ( j ) .

La differenza fra due osservazioni eseguite da due stazioni a terra i ed i+1 rispetto uno stesso satellite Sj viene detta
differenza prima ed è data da: ρi − ρi +1 = vi
j j j
(t ( ) − t ( ) + τ ) − v (t
i j j i i
j
i +1
j
i +1( j ) − t j (i +1) + τ i +1 j . )
La differenza fra 2 equazioni alle differenze prime calcolate rispetto due satelliti Sj e Sj+1 fornisce l’equazione alle
differenze seconde espressa da:

( )( ) (() ) ( ) (( ) ( )
j
j j j +1 j +1 j j j j j +1 j +1 j +1 j +1
ρ − ρ − ρ − ρ = v − t +τ − v − t +τ − v − t +τ + v − t +τ
i i +1 i i +1 i
t
i j ()
j i i i +1
t
i +1 j() ( )
j i +1 i +1
i
i
t
i j +1) ()
j +1 i i i +1
t
( )
i +1 j +1 ( )
j +1 i + 1 i +1

Ipotizzando uguali le velocità di propagazione dei segnali gli asincronismi riferiti ai medesimi satelliti si possono
ritenere uguali e quindi i termini vτ i e vτ i +1 si eliminano algebricamente.
j j

Di conseguenza nell’equazione risultante rimangono come incognite solo le tre componenti tridimensionali ∆x, ∆y e ∆z
del vettore fra i due punti a terra, note che siano le coordinate dei satelliti.
Poiché in realtà le velocità non sono uguali tra loro deve essere aggiunto un termine d’errore ε che tenga conto
dell’approssimazione.
L’equazione di osservazione assume così la forma:

( )( ) (() ) ( ) (( ) ( )
j
j j j +1 j +1 j j j +1 j +1
ρ − ρ − ρ − ρ = v − t − v − t − v − t + v − t + ε
i i +1 i i +1 i
t
i j ()
j i i +1
t
i +1 j() ( )
j i +1
i
i
t
i j +1 ) j +1 i () i +1
t
( )
i +1 j +1 ( )
j +1 i +1
Andrea Lisjak 29

La soluzione di un sistema di almeno tre equazioni alle differenze seconde, corrispondenti all’osservazione di almeno 4
satelliti, fornisce differenze fra le coordinate delle due stazioni i e i+1 ovvero le componenti tridimensionali del vettore
baseline unente le due stazioni e quindi, note le coordinate di una di esse, le coordinate dell’altro punto a terra.

1.2.2.2 DIFFERENZIALE DI PSEUDORANGE IN DIFFERITA ED IN TEMPO REALE

Questa metodologia si applica calcolando le correzioni sulle misure pseudorange come differenza tra i valori
pseudorange misurati (affetti da errori) e quelli calcolati in base alle coordinate dei satelliti e di quelle, note, della
stazione master ed applicando (in differita) tali correzioni alle misure pseudorange registrate dal secondo ricevitore.
Disponendo di un collegamento radio-modem fra i due ricevitori è possibile inviare le correzioni calcolate presso il
master al ricevitore mobile, che può quindi navigare con le informazioni di posizione corrette in tempo reale.

L’equazione di osservazione alla stazione master i è data da:


ρi j (teorico ) − vi j ∆ti j ( misurato ) = τ i j vi j + ε i j = Ri j ( calcolato ) correzione RTCM
con εij errore dovuto a fluttuazioni della velocità nella stazione i-esima.

j
Il termine Ri ( calcolato ) rappresenta la correzione pseudorange sulla distanza fra la stazione i ed il satellite j che viene
inviata, epoca per epoca, per mezzo dell’opzione “RTCM output” del ricevitore master al ricevitore mobile.

L’equazione di osservazione alla stazione mobile i+1 è data dunque da:


ρi j (teorico ) = vi j ∆ti +1 j ( misurato ) + τ i +1 j vi +1 j + ε i +1 j
ρi j = vi j ∆ti +1 j ( misurato ) + Ri j + (τ i +1 j − τ i j ) vi +1 j + ∆ε
con εi+1j errore dovuto a fluttuazioni della velocità, S/A ecc. nella stazione i+1;
∆ε= εi+1j- εij differenza d’errore tra le due stazioni a terra.

Risolvendo un sistema di 4 equazioni di questo tipo per j=1,2,3,4 ed ipotizzando nell’ambito delle approssimazioni
navigazionale che τ i j =cost e τ i +1 j =cost per j=1,2,3,4, si determinano in tempo reale le coordinate del veicolo mobile
corrette con le correzioni RTCM.

Per ottenere il posizionamento differenziale tridimensionale del ricevitore mobile il ricevitore master e quello mobile
devono vedere almeno 4 satelliti; la scomparsa o comparsa su uno dei due ricevitori di ulteriori satelliti non provoca
brusche variazioni di precisione sul calcolo delle coordinate del mobile, come invece può avvenire utilizzando il
differenziale sulle coordinate.

1.2.2.3 DIFFERENZIALE DI COORDINATE

Se non si dispone degli algoritmi per il calcolo in tempo reale delle coordinate dei satelliti, è possibile eseguire in tempo
reale una correzione differenziale operando direttamente sulle coordinate geografiche e sul valore della quota
ellissoidica calcolate, epoca per epoca, dal ricevitore sulla base delle misure di pseudorange.

Le correzioni sulle coordinate vengono ottenute come differenza fra le coordinate fisse e note a priori che vengono
impostate sul ricevitore master e quelle calcolate dal ricevitore stesso ad ogni epoca di acquisizione.
Tali correzioni vengono quindi inviate al ricevitore mobile (rover) che calcola le coordinate corrette relative alla sua
posizione lungo la traiettoria percorsa.

In questo caso la precisione degrada e se uno dei due ricevitori acquisisce un nuovo satellite si hanno delle variazioni
improvvise sulla precisione delle coordinate del ricevitore rover.

1.2.2.4 PRECISIONI OTTENIBILI

Questo metodologie differenziali permettono di ottenere precisioni metriche (2-5m).


Precisioni superiori si possono ottenere utilizzando una classe di ricevitori cosiddetti sub-metrici, che grazie ad
innovazioni tecnologiche nella circuiteria interna consentono di raggiungere scarti quadratici medi pari a 70 cm.
Andrea Lisjak 30

1.2.3 GPS INTERFERENZIALE – MISURE DI FASE

La modalità interferenziale prevede la misura del ritardo di fase della portante L1 (o delle due portanti L1 ed L2),
accumulato nel percorso satellite – antenna a terra, e calcolato rispetto ad una sinusoide di uguale frequenza generata
nel ricevitore della stazione stessa.
Per far ciò viene eseguita una correlazione incrociata fra il segnale C/A o quello P generati nel ricevitore e l’onda
ricevuta (procedura che consente comunque di ottenere gli pseudorange e quindi le coordinate del punto incognito).
Eseguita tale correlazione il segnale generato localmente è centrato su quello ricevuto: è allora possibile sottrarre dalla
portante ricevuta il segnale nel ricevitore; ottenuta così la portante pura, la sua fase viene confrontata con quella di una
sinusoide della stessa frequenza generata localmente, il che può essere fatto solo sulla L1 o su entrambe le portanti.

Il sistema di misura di fase risolve un ciclo di fase (2p) in circa 360 parti cosicché la distanza satellite – stazione viene
misurata con un’incertezza strumentale dell’ordine del mm.

ϕi j ϕ j j
La distanza terra-satellite: ρi = N i λi + ki λi +
j j j j j
λi − λi
2π 2π
Dove: λ è lunghezza d’onda media della portante;
N è il numero intero di lunghezze d’onda comprese tra il satellite e la stazione a terra, detto ambiguità;
k è la frazione di lunghezza d’onda, misurata a partire dall’istanze iniziale: 0<k<1;
ϕj è la fase della portante in partenza dal satellite;
ϕi è la fase della sinusoide di riferimento.

La differenza fra due osservazioni eseguite all’epoca t0 dalle stazioni a terra i e i+1 al satellite j è detta differenza prima
ed è priva del termine relativo alla fase del satellite.
L’equazione alle differenze seconde è quella che si ottiene come differenza tra due differenze prime eseguite in
un’epoca generica t da due stazioni a terra i e i+1 rispetto a due satelliti Sj e Sj+1. Essa contiene come incognite le
coordinate delle stazioni e la combinazione delle ambiguità ed anche la componente d’errore e che tiene conto di tutte le
componenti d’errore non differenziate.
Eseguendo un’ulteriore differenziazione di due differenze seconde calcolate per due epoche successive t e t+1, si ottiene
la cosiddetta differenza tripla, la quale, nell’ipotesi non venga perduto il contatto con i satelliti, è priva delle ambiguità.

Tre equazioni alle differenze triple consentono di calcolar le coordinate della stazione i+1 rispetto alla stazione i, ovvero
le componenti cartesiane ∆x,∆y,∆z del vettore baseline fra le due stazioni.
Andrea Lisjak 31

ERRORI NELLE MISURE GPS


2.1 TIPOLOGIE D’ERRORE

I principali errori nelle misure GPS possono essere suddivisi nei seguenti gruppi:

1. Errori legati ai satelliti


- errori di orologio
- errori di posizione dei satelliti
- errori legati alla geometria dei satelliti

2. Errori legati alla propagazione del segnale in atmosfera


- errore ionosferico
- Errore troposferico

3. Errori legati alla strumentazione a terra:

Antenne:
- errore legato all’instabilità del centro di fase
- errore legato all’eccentricità del centro di fase

Ricevitori
- errori di orologio del ricevitore
- errore intrinseco di misura
- errore legato all’intervallo di filtraggio delle osservazioni

4. Errori indotti dalle condizioni ambientali


- multipaths

Consideriamo gli effetti degli errori nelle misure pseudorange stand-alone:

• errore di orologio satellite Æ 3,00 m


• errore di effemeridi Æ 2,50 m
• errore ionosferico Æ 10,00 m
• errore troposferico Æ 1,00 m
• rumore del ricevitore Æ 1,25 m
• multipath Æ variabile (fino a 50 m)

Precisioni ottenibili sul posizionamento del singolo punto GPS:

• codice C/A (SPS – Standard Positioning Service) Æ 10 m


• codice P (PPS – Precise Positioning Service) (Y) Æ 5 m
Andrea Lisjak 32

2.1.1 ERRORI LEGATI AI SATELLITI

ERRORI DI OROLOGIO

Da un punto di vista teorico, un orologio perfetto è costituito da un oscillatore avente frequenza costante e da un
contatore che conteggia il numero di cicli.
Gli oscillatori impiegati per generare i segnali e per misurare il tempo nei satelliti e nei ricevitori dovrebbero possedere
due requisiti, non indipendenti:
• la stabilità nel tempo;
• il sincronismo rispetto al tempo GPS.

Nella pratica non è possibile realizzare una sincronizzazione perfetta e comunque essa non può essere mantenuta perché
non esistono oscillatori a frequenza costante, ma solo molto stabili.
In genere gli errori di sincronizzazione più elevati si verificano tra i satelliti ed un ricevitore oppure tra ricevitori
diversi.

Nella soluzione alle differenze seconde gli asincronismi con e tra gli orologi dei satelliti vengono eliminati, mentre nelle
correzioni DGPS trasmesse in RTCM essi sono inclusi in tutti gli altri errori.

ERRORI DI POSIZIONE DEI SATELLITI

Le informazioni sulla posizione dei satelliti sono trasmesse al ricevitore mediante un messaggio navigazionale
pseudocasuale (codice D) con frequenza 50 Hz.

Tale messaggio contiene oltre alle informazioni relative ai parametri di correzione dell’orologio e allo stato di salute dei
satelliti le effemeridi degli stessi in ricezione espresse in forma di parametri kepleriani la cui validità è limitata nel
tempo.
La precisione di tali effemeridi, chiamate effemeridi predette (perché calcolate sui dati dell’ultima settimana), è di 20-
40 m e diminuisce in funzione del tempo a partire dall’istante dell’ultimo aggiornamento (ogni 6-12 ore).

Una precisione maggiore, 5-10 m, sulla posizione dei satelliti viene fornita dalle effemeridi precise, che vengono
calcolate presso le stazioni di monitoraggio del segmento di controllo in base ai datti effettivi registrati.

Gli errori si posizione dei satelliti nel caso di GPS stand-alone si propagano direttamente sulle coordinate del punto,
mentre nel caso di GPS differenziale si propagano sulla distanza misurata tra due punti secondo la legge:
db dr
= dove: ρ è la distanza punto a terra – satellite;
b ρ
dr è l’errore nella posizione del satellite sull’orbita;
b è la lunghezza della base;
db errore nella misura della base.

Attualmente esistono due tipi di servizio a disposizione degli utenti: il PPS ad uso degli utenti autorizzati e l’SPS per usi
civili.
L’SPS era stato progettato per fornire informazioni di posizione con un errore di 300m ma che in realtà si rivelò molto
più ridotto e cioè pari a 30m. Ciò aveva spinto il governo USA a sviluppare un programma denominato Selective
Availability (SA), con cui, per questioni di sicurezza, venivano degradate le prestazioni del sistema mediante un
algoritmo non disponibile, fornendo agli utenti non autorizzati posizionamenti con un’accuratezza di circa 100m
(degradazione artificiale delle effemeridi e dell’errore di orologio del satellite).
Dal 2 maggio 2000 la SA è stata abolita.

Nel GPS stand-alone permangono gli errori dovuti alla propagazione in atmosfera, l’influenza dell’errore del ricevitore
e gli errori di multipaths.
Nel GPS differenziale, con cui alla stazione Master vengono calcolati gli errori di posizione e/o pseudorange indotti e
successivamente diffuse le correzioni al rover, gli errori sistematici, correlati fra due stazioni, vengono eliminati
ottenendo una precisione di circa 5m.
Andrea Lisjak 33

2.1.2 ERRORI LEGATI ALLA PROPAGAZIONE DEL SEGNALE IN ATMOSFERA

La propagazione degli errori ionosferico e troposferico dipende dalla propagazione del segnale e dalla struttura
dell’atmosfera.
A causa delle differenti posizioni occupate dai ricevitori a terra i segnali seguono cammini diversi e con condizioni
atmosferiche non omogenee, le misure differenziali sono affette pertanto da un errore residuo la cui entità dipende da:
• condizioni atmosferiche locali;
• posizione dei satelliti;
• lunghezza della base fra i due ricevitori.

ERRORE IONOSFERICO

Gli errori di propagazione del segnale in ionosfera sono fortemente correlati al contenuto di elettroni liberi in uno strato
ad altezza compresa fra circa 70 km e 1000 km.
Essi dipendono dalla lunghezza d’onda e possono quindi essere misurati utilizzando ricevitori a doppia frequenza (L1
ed L2).

M
Il ritardo di propagazione è inversamente proporzionale al quadrato della frequenza: ∆t = cos t
f2
dove f è la frequenza della portante ed M è la densità degli elettroni.

Utilizzando ricevitori a frequenza singola gli errori vengono corretti tramite modelli:
si modellizza il ritardo del codice sommando un valore costante per quanto riguarda le ore notturne e una funzione
cosinusoidale per le ore diurne (parametri aggiuntivi: elevazione e azimut dei satelliti, posizione del ricevitore).
Per ottenere precisioni più elevate bisogna utilizzare modelli più sofisticati e misure doppia frequenza (Æ soluzione
iono-free).

Il ritardo ionosferico comporta un errore nella misura della distanza di varie decine di metri, però poiché gli effetti
ionosferico non hanno una natura localizzata non producono residui apprezzabili per basi inferiori ai 100km.

ERRORE TROPOSFERICO

L’influenza dell’errore troposferico ha natura maggiormente locale ed è principalmente dovuta alle variazioni del
coefficiente di rifrazione troposferico in una fascia che va dalla quota del ricevitore fino a circa 70 km, costituita
essenzialmente da aria secca e vapore acqueo.
L’indice di rifrazione dipende dalla pressione barometrica, dalla temperatura e dall’umidità. Varia inoltre
significativamente con la quota.

Per correggere questo errore si usa il modello empirico di rifrattività di Saastamoinen.


L’influenza di questo errore è fortemente dipendente dall’elevazione dei satelliti e dai gradienti di temperatura..

2.1.3 ERRORI LEGATI ALLE CONDIZIONI AMBIENTALI

MULTIPATH

Gli errori cosiddetti da multipaths (multipercorso) sono dovuti all’interferenza nell’antenna fra il segnale diretto
proveniente dal satellite ed il segnale riflesso da una o più superfici a terra.
L’entità di tali errori varia a seconda che si considerino le misure pseudorange, che risultano sperimentalmente più
sensibili a tali effetti, o quelle di fase.
Andrea Lisjak 34

2.2 PARAMETRI STATISTICI

La precisione di una misura GPS dipende anche dalla disposizione dei satelliti nello spazio durante l’intervallo scelto
per le osservazioni.
Questa dipendenza viene espressa tramite un parametro geometrico chiamato PDOP (Positioning Dilution of Precision)
che rappresenta il contributo alla configurazione geometrica alla accuratezza del posizionamento:
σ posizionamento = σ 0 PDOP dove σ0 è la precisione delle misure;
PDOP = σ x 2 + σ y 2 + σ z 2 (radice quadrata della traccia della matrice di varianza-
covarianza delle coordinate del punto a cui si riferisce).
Migliore è la configurazione satellitare scelta e minore è il valore del PDOP ad essa associato, e di conseguenza
migliore è il risultato del posizionamento che si può ottenere, a parità di altre fonti di errore.
Una buona configurazione satellitare è quella con un numero di satelliti sovrabbondante (n>4) e ben distribuiti
spazialmente all’interno della semisfera cui appartiene il punto di osservazione.

Esistono anche altri tipi di DOP relativi ad altre grandezze: GDOP, HDOP, VDOP, TDOP.

I valori dei vari valori di DOP vengono forniti dai diversi software in commercio per un dato giorno, intervallo di
osservazione e per una data posizione approssimata in coordinate geografiche.
Andrea Lisjak 35

TRASFORMAZIONI FRA SISTEMI DI RIFERIMENTO


TRASFORMAZIONE DI COORDINATE
Per poter inserire i rilievi effettuati con la metodologia GPS nella cartografia locale o per poter confrontare i parametri
ricavati con quelli ottenibili con metodi di rilievo topografico tradizionale è necessario eseguire un cambiamento di
sistema di riferimento e trasformazione di coordinate.

I metodi tradizionali di posizionamento geodetico (a parte le determinazione astronomiche) hanno come sistema di
riferimento quello altazimutale, strettamente collegato al geoide tramite la direzione della verticale.
Le determinazioni planimetriche, dopo la riduzione al geoide, si considerano poi riferite all’ellissoide locale (ϕ,λ),
mentre quelle altimetriche conservano il naturale riferimento al geoide.

IL SISTEMA DI RIFERIMENTO ECEF

Il metodo di posizionamento GPS fornisce la coordinate cartesiane dei punti di stazione rispetto ad un sistema ECEF
(Earth Centered, Earth Fixed), ovvero geocentrico e solidale alla rotazione terrestre.

L’origine di tale terna cartesiana è costituita dal centro di massa della Terra, determinabile con tecniche di geodesia
spaziale.
Gli assi X,Y e Z coincidono con quelli del Sistema Convenzionale Terrestre (CTS):
• asse Z: parallelo alla direzione del Polo Convenzionale Terrestre per il moto polare (CTP);
• asse X: appartiene al piano equatoriale ortogonale al CTP ed al piano per i meridiano di riferimento (Greenwich);
• asse Y: completa la terna destrorsa e giace sul piano equatoriale a 90° ad est dell’asse X.

La scelta di tale sistema di riferimento è motivata dall’utilizzo di modelli gravitazionale per il calcolo delle effemeridi
dei satelliti.

L’ELLISSOIDE WGS 84 CTS

È un ellissoide geocentrico equipotenziale che ha come centro geometrico il centro di massa terrestre e come asse la
terna X,Y,Z già definita.

Risulta definito da 4 parametri convenzionali:


• semiasse equatoriale a;
• costante gravitazionale geocentrica GM: G costante gravitazionale, M massa della Terra;
• coefficiente armonico normalizzato J2,0 dello sviluppo in serie del potenziale gravitazionale normale in armoniche
sferiche normalizzate.

Da questi 4 parametri si possono ricavare tutte le costanti geometriche e fisiche associate: a,b, e α.

Il risultato delle posizioni pseudorange stand-alone o differenziali, anche per le misure di fase, fornisce rispettivamente
le coordinate X,Y,Z dei punti stazione o le componenti ∆X, ∆Y, ∆Z del vettore baseline unente due stazioni rispetto a
tale sistema cartesiano geocentrico.
Il software all’interno dei ricevitori trasforma le coordinate cartesiane, ottenute come elaborazione delle misure
pseudorange stand-alone, in coordinate geografiche j, l, h sull’ellissoide geocentrico WGS 84.

Tale ellissoide risulta rototraslato rispetto agli ellissoidi normalmente utilizzati in sede locale (ITA40, ED50,…),
bisogna inoltre tenere conto di una fattore di scala.
Inoltre le quote h essendo sempre riferite a tale ellissoide differiscono notevolmente da quelle geoidiche utilizzate in
tutte le rappresentazioni e, dato che le ondulazioni N sono note solo approssimativamente, la trasformazione altimetrica
fra i due sistemi rappresenta un problema di non facile soluzione cosicché il GPS non può sostituire nella maggior parte
dei casi una livellazione di tipo tradizionale.

Limitando la trasformazione al solo caso planimetrico, si possono considerare valori approssimati delle quote
introducendo così errori che si ripercuotono in modo rilevante sull’altimetria ma in maniera alquanto ridotta sulle
coordinate planimetriche.
Andrea Lisjak 36

TRASFORMAZIONE DALLE COORDINATE CARTESIANE GEOCENTRICHE WGS84 ALLE COORDINATE


CARTESIANE RIFERITE AD ELLISSOIDI LOCALI (trasformazione fra sistemi di riferimento)

Le formule più comuni sono, nel caso delle coordinate cartesiane rettangolari, le trasformazioni a 3,4 e 7 parametri, a
seconda delle dimensioni dell’area interessata e della precisione richiesta.

TRASFORMAZIONE A 7 PARAMETRI

Consistono in una rototraslazione con fattore di scala fra il sistema globale e quello locale.
Tale modello consente di passare dalle coordinate X, Y, Z dei punti determinati nel sistema WGS84 (SG) alle coordinate
di tali punti determinate con le usuali operazioni di triangolazione e trilaterazione, nel sistema locale (SL).

Le formule di trasformazione a 7 parametri scritte in forma matriciale sono:

⎡XL ⎤ ⎡X0 ⎤ ⎡ XG ⎤
⎢Y ⎥ = ⎢Y ⎥ + R ⎡ E , E , E ⎤ ⎢Y ⎥ 1 + k
⎢ L ⎥ ⎢ 0 ⎥ ⎣ x y z⎦ ⎢ G ⎥( )
⎢⎣ Z L ⎥⎦ ⎢⎣ Z 0 ⎥⎦ ⎢⎣ Z G ⎥⎦

XL, YL, ZL: coordinate cartesiane di un punto nel sistema locale SL


XG, YG, ZG: coordinate cartesiane dello stesso punto nel sistema globale SG
X0, Y0, Z0: coordinate cartesiane dell’origine del sistema SG nel sistema SL
EX, EY, EZ: rotazioni elementari intorno agli assi coordinati X, Y, Z, di SG agenti in senso antiorario
1+k: fattore di scala

La matrice R contiene 3 angoli di rotazione EX, EY, EZ degli assi WGS84 rispetto a quelli del sistema locale espressi in
radianti ed agenti in senso antiorario, essa si può ritenere il prodotto di 3 matrici di rotazione RZ, RY, e RX attorno agli
assi.

Essendo gli angoli di rotazione molto piccoli si possono introdurre le seguenti semplificazioni: cosEX,Y,Z=1,
sinEX,Y,Z=EX,Y,Z e si trascurano i prodotti di ordine superiore, si ottiene così la matrice semplificata:

⎡ 1 EZ − EY ⎤
R ≅ ⎢⎢ − EZ 1 E X ⎥⎥
⎢⎣ EY − EX 1 ⎥⎦

Tale modello presuppone però la perfetta congruenza geometrica, a meno del fattore di scala, tra l’insieme dei punti
della rete determinati con GPS e gli stessi punti determinati con operazioni di rilievo tradizionale il che non è sempre
ipotizzabile nella realtà a causa soprattutto delle distorsioni indotte nelle reti dalla propagazione degli errori e dalle
approssimazioni nei metodi usuali di riduzione alla superficie di riferimento.
Il fattore 1+k tiene quindi conto anche di tali distorsioni.

Ottenute a questo punto le coordinate cartesiane dei punti nel sistema di riferimento locale, bisogna passare da queste
alle coordinate geografiche ellissoidiche ϕ, λ, h.

Tale trasformazione avviene invertendo le seguenti formule:


⎪ X = ( N + h ) cos ϕ cos λ

⎨Y = ( N + h ) cos ϕ sin λ con N grannormale ed f schiacciamento.

⎪ Z = ⎡⎣(1 − f ) N + h ⎤⎦ sin ϕ
2


Per invertire tali formule è necessario ricorrere ad un procedimento iterativo, a causa del fatto che la latitudine che si
ottiene è funzione trascendente.
Andrea Lisjak 37

Valori approssimati, dell’ordine di alcuni metri, dei parametri necessari per applicare le formule a 7 parametri sono
forniti dalla NIMA (National Imagery and Mapping Agency).
Tali valori si trovano nei software maggiormente in uso ed anche all’interno dei ricevitori.

Valori più precisi di questi parametri possono essere ricavati conoscendo le coordinate in entrambi i sistemi di
riferimento in un certo numero di punti (punti doppi) superiore al minimo necessario (n>3), viene così impostato un
procedimento di calcolo ai minimi quadrati, risolvendo il sistema normale con le equazioni generatrici ricavate
linearizzando le formule a 7 parametri.

L’IGM ha completato da anni la rete IGM95 e forniva per ciascun punto doppio i valori dei parametri di rototraslazione
e di scala, emanabili in un intorno di 15 km dal punto.
Con l’utilizzo di questi parametri era possibile effettuare la trasformazione dalle coordinate WGS84 alle coordinate nel
sistema ITA40 e viceversa.
Attualmente l’IGM distribuisce il software “Verto” per la trasformazione da coordinate WGS84 a coordinate nei sistemi
ITA40 ed ED50, e viceversa. Il software fornisce anche i valori delle ondulazioni geoidiche, mediante interrogazione
del modello ITALGEO’99, sviluppato dal Politecnico di Milano.

TRASFORMAZIONE DALLE COORDINATE ELLISSOIDICHE SU ELLISSOIDE LOCALE A COORDINATE


ELLISSOIDICHE WGS84 (trasformazione fra sistemi di riferimento)

FORMULE DI MOLODENSKIJ

Le formule di Molodenskij in forma estesa tengono conto anche delle rotazioni fra i due sistemi di riferimento.

⎧∆ϕ = ...

⎨∆λ = ...
⎪∆H = ...

i parametri da inserire sono: ∆X, ∆Y, ∆Z traslazioni fra i centri del sistema di riferimento locale SL e del sistema globale
S G;
dEX, dEY, dEZ rotazioni elementari attorno agli assi di SL;
1+k fattore di scala;
a semiasse maggiore dell’ellissoide;
f schiacciamento dell’ellissoide;
ρ raggio di curvatura del meridiano;
N gran normale.

Le formule di Molodenskij semplificate considerano solamente i parametri di traslazione e la diversa forma dei due
ellissoidi (4 parametri).

⎧∆ϕ ′′ = ...

⎨∆λ ′′ = ...
⎪∆H = ...
⎩ m

dove ∆ϕ’’, ∆λ’’, ∆Hm sono le correzioni per trasformare le coordinate geografiche dal sistema locale al WGS84;
i parametri da inserire sono: ∆X, ∆Y, ∆Z traslazioni fra i centri del sistema di riferimento locale SL e del sistema globale
S G;
a semiasse maggiore dell’ellissoide del sistema locale;
∆a, ∆f differenze fra i semiassi maggiori e gli schiacciamenti degli ellissoidi del sistema
geodetico locale e WGS84;
N gran normale;
ρ raggio di curvatura del meridiano;
e eccentricità dell’ellissoide locale.

Le differenze fra le coordinate geografiche WGS84 e quelle locali che si ottengono utilizzando queste formule e i
parametri approssimati, possono raggiungere l’ordine di qualche centinaio di metri nella planimetria e di parecchie
decine di metri nella quota.
Andrea Lisjak 38

L’ALTIMETRIA

Le trasformazioni permettono di ottenere le quote riferite sì ad un sistema locale ma di tipo ellissoidico e non quindi le
quote geoidiche.

Per poter avere le quote geoidiche con la precisione consentita dal metodo GPS occorrerebbe disporre di un modello di
geoide che fornisca le ondulazioni N fra le due superfici di riferimento, con lo stesso grado di precisione fornita dal
sistema GPS, cosa non ancora realizzabile.

Le variazioni dei dislivelli ellissoidici descrivono bene l’andamento altimetrico di una data area sempre che questa sia
poco estesa e non vi siano comprese irregolarità nell’andamento del geoide, ossia le due superfici si possono ritenere nel
grado di approssimazione voluto parallele.
In tutti gli altri casi neppure in termini differenziali è possibile definire un andamento altimetrico in base a misure di
tipo GPS per cui tale sistema non può sostituirsi alle tradizionali operazioni di rilievo topografico (livellazione di
precisione).

Una conoscenza approssimata del geoide, almeno di qualche metro, è tuttavia indispensabile per ridurre al livello del
mare le coordinate planimetriche GPS, al fine di renderle compatibili con quelle locali.

TRASFORMAZIONE DALLE COORDINATE GEOGRAFICHE ELLISSOIDICHE NEL SISTEMA DI


RIFERIMENTO LOCALE ϕ E λ A COORDINATE CARTOGRAFICHE GAUSSIANE PIANE EST E NORD

Tale trasformazione si opera con le ben note formule di Gauss, che, estese fino ai termini di 6° grado in λ, consentono
di calcolare le coordinate Gaussiane dei punti di cui siano note le coordinate geografiche, con una precisione dell’ordine
del centimetro, per un fuso di estensione in longitudine pari a 6° (|λ|<3°).

⎧⎪ x = f (ϕ , λ )
⎨ dove λ è la differenza di longitudine rispetto alla longitudine del meridiano centrale.
⎪⎩ y = g (ϕ , λ )

Va in fine tenuto conto delle False Origini (essendo, per l’emisfero Boreale, Falsa Origine per la coordinata Nord = 0).

Per la rappresentazione UTM (a partire da coordinate ellissoidiche su ED50):

⎧ N = 0,996 x

⎩ E = 0,996 y + 500
Per la rappresentazione Gauss-Boaga (a partire da coordinate ellissoidiche ITA40):

⎧ N = 0,996 x ⎧ N = 0,996 x
Fuso ovest: ⎨ Fuso Est: ⎨
⎩ E = 0,996 y + 1500 ⎩ E = 0,996 y + 2520
Per punti appartenenti all’emisfero Australe viene imposta invece una Falsa Origine N0 per la coordinata Nord, pari a
10.000km.

NB Per evitare le incertezze dei parametri di rototraslazione relative al passaggio WGS84 Æ ellissoide locale (Æ
coordinate cartografiche), la soluzione che si sta iniziando ad adottare è quella dotare le carte anche degli elementi
geografici WGS84 e del reticolo ottenuto mediante proiezione di Gauss del WGS84 (UTM-WGS84).
Andrea Lisjak 39

CORSO DI TOPOGRAFIA

CENNI DI FOTOGRAMMETRIA

1.1 Definizioni ed applicazioni


1.2 Analogia rilievo mediante teodolite con rilievo fotogrammetrico
1.3 Prospettiva centrale nello spazio
1.4 Lo schema di prese fotogrammetriche aeree
1.5 Orientamento interno
1.6 Stereo restituzione
1.7 Ortofotografia
Andrea Lisjak 40

1.1 DEFINIZIONI E APPLICAZIONI

La fotogrammetria è l’arte e la scienza per determinare la posizione degli oggetti a partire da fotografie.
I risultati delle misure fotogrammetriche possono essere:
• numeri: coordinate di punti oggetto in un sistema di coordinate tridimensionale;
• disegni: carte topografiche;
• immagini: fotografie rettificate (ortofotopiani) e mappe da esse derivate (ortofotocarte).

In fotogrammetria si distinguono:
• la fase di presa;
• la fase di restituzione;
• la fase di ricognizione (le informazioni desumibili dalle fotografie non sono complete: toponomastica,…).

1.2 ANALOGIA DEL RILIEVO TOPOGRAFICO CLASSICO CON IL TEODOLITE CON IL RILIEVO MEDIANTE
FOTOCAMERE.

Il fotogramma è la registrazione analogica di tutte le possibili collimazioni del teodolite avente il centro coincidente con
il centro della proiettività (punto per cui passano tutte le rette proiettive).

Il problema fotogrammetrico, rispetto al rilievo topografico, è complicato dal fatto che occorre stabilire la posizione e
l’orientamento del fotogramma all’atto della presa.

I gradi di libertà di una presa fotografica sono 6:


• le tre coordinate Xo, Yo ,Zo del centro di proiezione O;
• i tre angoli di direzione dell’asse ottico.

La determinazione dei parametri che in entrambi i casi consentono di individuare una retta nello spazio si definisce
orientamento.

In fotogrammetria:

• parametri di orientamento: 6;
• determinazione dell’orientamento: intersezione inversa tridimensionale;
• tipo di misura: due coordinate lastra;
• metodo di rilievo dei punti: intersezione in avanti;
• tipo di punti rilevati: nel continuo;
• tipo di rilievo: tridimensionale.

1.3 PROSPETTIVA CENTRALE NELLO SPAZIO

Per ricostruire la posizione e la forma degli oggetti a partire da fotografie, dobbiamo conoscere le relazioni geometriche
in base a cui si sono formate le immagini.
Le camere usate in fotogrammetria producono fotografie, dette fotogrammi per indicare che sono adatte a misure di
precisione, che, con sufficiente approssimazione, possono essere considerate prospettive centrali dell’oggetto
fotografato.

Le equazioni (*) fra le coordinate ξ e η di un punto immagine P’ e le coordinate XYZ del corrispondente punto oggetto
P evidenziano che ad ogni punto oggetto corrisponde un punto immagine, ma che per ogni punto immagine esistono
infiniti punti oggetto.

⎧ r11 ( X − X 0 ) + r21 (Y − Y0 ) + r31 ( Z − Z 0 ) ⎧ r11 (ξ − ξ 0 ) + r21 (η − η0 ) − r31c


⎪ξ = ξ 0 − c ⎪ X = X 0 − ( Z − Z0 )
⎪ r13 ( X − X 0 ) + r23 (Y − Y0 ) + r33 ( Z − Z 0 ) ⎪ r13 (ξ − ξ 0 ) + r23 (η − η0 ) − r33c
⎨ ⎨
⎪η = η − c r12 ( X − X 0 ) + r22 (Y − Y0 ) + r32 ( Z − Z 0 ) ⎪Y = Y − Z − Z r21 (ξ − ξ0 ) + r22 (η − η0 ) − r23c
⎪ ⎪ ( 0)
r13 ( X − X 0 ) + r23 (Y − Y0 ) + r33 ( Z − Z 0 ) r31 (ξ − ξ0 ) + r32 (η − η0 ) − r33c
0 0
⎩ ⎩
Andrea Lisjak 41

È quindi impossibile ricostruire la geometria spaziale di un oggetto a partire da un solo fotogramma.


È necessario disporre o di un secondo fotogramma dello stesso oggetto o di ulteriori informazioni sulle coordinate Z.

Le trasformazioni definite dalle (*) richiedono la conoscenza delle seguenti variabili indipendenti, dette parametri di
orientamento interno, le quali definiscono la posizione del centro di proiezione relativamente al piano dell’immagine:

• ξ0η0: coordinate immagine del punto principale PP;


• c: distanza principale.

Vi sono poi i 6 parametri di orientamento esterno, i quali definiscono la posizione e l’assetto della camera nel sistema di
coordinate oggetto:

• X0Y0Z0: coordinate oggetto del punto di presa;


• ω,φ,κ: 3 angoli si rotazione del fotogramma.

La definizione della prospettiva centrale, rappresentata da un fotogramma, richiede in totale 9 parametri, che si possono
determinare in molti modi.
Quelli dell’orientamento interno sono costanti, caratteristici della particolare camera, e vengono determinati dal
costruttore con misure di laboratorio.
I 6 parametri di orientamento esterno possono essere determinati con metodi topografici, soprattutto in fotogrammetria
terrestre. In fotogrammetria aerea si ricorre ad un metodo indiretto, usando i punti d’appoggio (almeno 3).

1.4 LO SCHEMA DI PRESE FOTOGRAMMETRICHE AEREE

Per rilevare il territorio occorrono almeno due fotogrammi:


• ricoprimento longitudinale: zona in comune a due fotogrammi attigui, deve essere pari al 60% dell’area coperta da
un fotogramma;
• strisciata: insieme di tutte le foto scattate in successione;
• ricoprimento trasversale: zona in comune a due strisciate parallele, circa 20% della larghezza della strisciata;
• blocco fotogrammetrico: insieme delle strisciate.

1.5 ORIENTAMENTO INTERNO

Nella realtà il fotogramma non è rigorosamente una prospettiva centrale, in cui il centro di prospettiva è a una distanza c
dal punto principale del fotogramma. Se si vuole ottenere la massima precisione possibile è necessario tenere conto
degli inevitabili errori dell’obiettivo, della camera e del fotogramma stesso.

1.5.1 RIENTAMENTO INTERNO DI UNA CAMERA METRICA

La teoria geometrica dei sistemi ottici postula l’esistenza, per ogni sistema ottico, di due piani principali H e H’, su cui
l’uno riproduce l’altro alla scala 1:1perpendicolarmente all’asse ottico.
I due punti ottici principali, cioè le intersezioni dell’asse ottico OA coi piani principali, coincidono con i due punti
nodali N e N’.

1.6 STEREO RESTITUZIONE

La stereo restituzione consiste nella ricostruzione della posizione e della forma di un oggetto a partire da due
fotogrammi. Generalmente i due fotogrammi si sovrappongono di circa il 60%.
Questa coppia stereoscopica può essere osservata con uno stereoscopio che consente una visione tridimensionale.

Supponiamo noti i parametri di orientamento interno.

Nel caso in cui l’orientamento esterno sia incognito si devono determinare, con l’aiuto di punti d’appoggio, i 12
parametri di orientamento esterno (6+6). I diversi metodi di soluzione, detti procedure di orientamento, si possono
classificare in 3 gruppi.
Andrea Lisjak 42

1.6.1 ORIENTAMENTO INDIPENDENTE DEI DUE FOTOGRAMMI

Servono 3 punti d’appoggio in ciascun fotogramma Æ 6 equazioni (*) in 6 incognite, si risolvono dopo averle
linearizzate mediante l’introduzione di valori approssimati delle incognite.

ξi1 = f (ξ0 , c, X 01 , Y01 , Z 01 , ω1 , φ1 , κ1 , X i , Yi , Z i )


ηi1 = f (η0 , c, X 01 , Y01 , Z 01 , ω1 , φ1 , κ1 , X i , Yi , Z i )

Inconvenienti:
• non si sfrutta l’informazione che i raggi omologhi si intersecano in corrispondenza dei punti oggetto;
• sono necessari tre punti d’appoggio plano-altimetrici (XYZ noti);
• è una procedura non utilizzabile con gli strumenti analogici.

1.6.2 ORIENTAMENTO SIMULTANEO DEI DUE FOTOGRAMMI (CONTEMPORANEAMENTE)

Si misurano le coordinate immagine di 3 punti d’appoggio e di alcuni altri punti. Per ogni punto d’appoggio si hanno 4
equazioni del tipo (*) nelle 12 incognite (sopralineate):

ξi1 = f (ξ0 , c, X 01 , Y01 , Z 01 , ω1 , φ1 , κ1 , X i , Yi , Z i )


ηi1 = f (η0 , c, X 01 , Y01 , Z 01 , ω1 , φ1 , κ1 , X i , Yi , Z i )
ξi1 = f (ξ 0 , c, X 02 , Y02 , Z 02 , ω2 , φ2 , κ 2 , X i , Yi , Z i )
ηi1 = f (η0 , c, X 02 , Y02 , Z 02 , ω2 , φ2 , κ 2 , X i , Yi , Z i )

Per ciascun altro punto si hanno 3 ulteriori incognite ma 4 equazioni:

ξi1 = f (ξ0 , c, X 01 , Y01 , Z 01 , ω1 , φ1 , κ1 , X i , Yi , Z i )


ηi1 = f (η0 , c, X 01 , Y01 , Z 01 , ω1 , φ1 , κ1 , X i , Yi , Z i )
ξi1 = f (ξ 0 , c, X 02 , Y02 , Z 02 , ω2 , φ2 , κ 2 , X i , Yi , Z i )
ηi1 = f (η0 , c, X 02 , Y02 , Z 02 , ω2 , φ2 , κ 2 , X i , Yi , Z i )

Dapprima si linearizzano i due sistemi, utilizzando i valori approssimati delle incognite, e poi si ricava la soluzione con
il metodo di compensazione delle misure indirette.
Come risultato si ottengono i 12 parametri di orientamento esterno e le coordinate terreno dei punti incogniti osservati.

È la metodologia più precisa però ha lo svantaggio di essere ottenuta solo per via analitica.

1.6.3 ORIENTAMENTO SIMULTANEO DEI DUE FOTOGRAMMI (IN DUE FASI SUCCESSIVE)

Nella prima fase si crea un modello stereo scopino a partire dai due fotogrammi, in un sistema xyz arbitrario. Nella
seconda si trasforma questo modello nel sistema XYZ.

Seconda fase: orientamento assoluto

Le relazioni fra coordinate modello xyz e coordinate oggetto XYZ si possono esprimere con le equazioni:

⎛ X ⎞ ⎛ Xu ⎞ ⎛x⎞
⎜ ⎟ ⎜ ⎟ ⎜ ⎟
⎜ Y ⎟ = ⎜ Yu ⎟ + m ⋅ R ⋅ ⎜ y ⎟
⎜Z ⎟ ⎜Z ⎟ ⎜z ⎟
⎝ ⎠ ⎝ u ⎠ ⎝ ⎠

• Xu,Yu,Zu: coordinate oggetto dell’origine del sistema xyz;


• m: fattore di scala del sistema xyz;
Andrea Lisjak 43

• R: matrice di rotazione spaziale del sistema xyz a XYZ (funzione di ω,φ,κ).

Questi 7 valori si chiamano parametri di orientamento assoluto.

Per ricavarli sono necessarie almeno 7 equazioni. Si possono scrivere, utilizzando i punti d’appoggio::
• 3 equazioni per ogni punto plano-altimetrico (con XYZ noti);
• 2 equazioni per ogni punto planimetrico (con XY noti);
• 1 equazione per ogni punto altimetrico (con Z nota).

L’orientamento assoluto richiede perciò almeno:


o 2 punti planimetrici e 3 punti altimetrici, non allineati;
o 2 punti plano-altimetrici e 1 punto altimetrico, non allineati.

Prima fase: orientamento relativo

Poiché 7 dei 12 parametri vengono determinati in fase di orientamento assoluto, 5 devono essere ricavati durante la
prima fase.
Da questa considerazione si desume che il modello è completamente formato, nel sistema xyz, quando si intersecano i
raggi omologhi di almeno 5 punti ben distribuiti. Una volta realizzata questa condizione, tutte le altre infinite coppie di
raggi omologhi, che proiettano i punti immagini corrispondenti, devono necessariamente intersecarsi. Questa
condizione viene detta di complanarità dei raggi omologhi.

Il luogo di queste infinite intersezioni costituisce la superficie del modello ottico.

Per effettuare l’orientamento relativo non serve nessun punto d’appoggio.

1.7 ORTOFOTOGRAFIA

Talvolta la carta al tratto può non essere un prodotto del tutto soddisfacente, in quanto spesso è richiesta la
conservazione di tutti i contenuti informativi delle foto aeree.
In generale il fotogramma (prospettiva centrale) è deformato rispetto alla carta (proiezione ortogonale), quindi per
ottenere un’ortofotocarta è necessario correggere il fotogramma trasformandolo in un ortofotogramma.

Raddrizzamento prospettico con ricostruzione dell’orientamento interno

I teoria per risolvere il problema del raddrizzamento sarebbe necessario uno strumento in cui fosse possibile ricostruire
l’orientamento interno ed esterno del fotogramma originale.
Ciò avviene mediante l’impostazione dei parametri geometrici di orientamento.
Raddrizzamento prospettico senza ricostruzione dell’orientamento interno

Raddrizzamento con punti d’appoggio e con orientamento interno noto

Si utilizza quando non si hanno a disposizione i parametri d’orientamento esterno. Per il raddrizzamento di ciascun
fotogramma sono necessari 3 punti d’appoggio, nella pratica si utilizzano sempre 4.

1. Si piazza il fotogramma nel portalastra centrandolo per mezzo delle marche fiduciali e si tiene conto dei 3
parametri dell’orientamento interno;
2. si varia la distanza di proiezione s e si rototrasla il foglio su cui cono disegnati i punti d’appoggio, finché si
ottiene la coincidenza dei punti proiettati con quelli disegnati;
3. il piano di proiezione deve ruotare attorno a 2 assi perpendicolari.

1. Æ 2 parametri: 2 traslazioni, rotazione arbitraria;


2. Æ 4 parametri: 2 traslazione e 1 rotazione del foglio + distanza di proiezione;
3. Æ 2 parametri: 2 rotazioni del piano di proiezione.
Andrea Lisjak 44

CORSO DI TOPOGRAFIA

COMPENSAZIONE DEGLI ERRORI

1.1 Errori accidentali e sistematici


1.2 Variabile statistica monodimensionale
1.3 Variabile statistica bidimensionale
1.4 Funzioni di variabili statistiche
1.5 Postulati di Gauss e Legendre. Massima verosimiglianza
1.6 Compensazione di un’intersezione in avanti multipla col metodo dei minimi quadrati
1.7 Compensazione di una linea di livellazione
1.8 La matrice diagonale S
1.9 Ellissi standard
Andrea Lisjak 45

ERRORI ACCIDENTALI E SISTEMATICI

Errori sistematici: sono errori che, ripetendo le misurazioni nelle medesime condizioni, hanno stesso valore assoluto e
segno. In alcuni casi è possibile eliminarli per differenza aritmetica (es. regola di Bessel).

Errori accidentali: sono errori che, nonostante le condizioni di misura rimangano uguali (per quanto a conoscenza
dell’operatore), cambiano valore e segno. Ciò è dovuto a variazioni delle condizioni di misura che sfuggono
all’operatore ed in generale ad un’analisi deterministica (es. errori dovuti alla turbolenza dell’aria).

Se in generale y = f ( X 1 , X 2 , X 3 ,...) allora la propagazione su y degli errori dX1, dX2,… segue la legge:

⎛ ∂f ⎞ ⎛ ∂f ⎞
dy = ⎜ ⎟ dX 1 + ⎜ ⎟ dX 2 + ...
⎝ ∂X 1 ⎠ x1= X 1 ⎝ ∂X 2 ⎠ x1 = X1

Si applica questa legge per la determinazione dell’errore massimo, quindi gli addendi devono essere presi in valore
assoluto e sono essi stessi gli errori massimi nella misura delle grandezze X1,X2,…

L’affidabilità, ossia la bontà, di una misura viene indicata associando al risultato uno fra i seguenti parametri.

Errore massimo atteso: è calcolato con la formula di prima come somma dei valori assoluti degli errori massimi
componenti. È un parametro di affidabilità deterministico.

Esattezza (o accuracy): è lo scostamento dalla misura del valore vero. In una singola misura è l’errore infatti una misura
è tanto più esatta quanto più piccolo è l’errore. È un parametro deterministico se si conosce il valore vero o una sua
stima su basi deterministiche (fisiche), mentre non è un parametro deterministico se si stima il valore vero mediante
media aritmetica.

Precisione: è il grado di concentrazione dei risultati di misurazioni ripetute, le cui differenze non hanno sistematicità. È
misurata dallo scarto quadratico medio. Non è un parametro deterministico, anche se dietro di essa c’è un sottostrato
deterministico: per diminuire l’imprecisione di agisce sulle parti meccaniche ed elettroniche dello strumento.

Incertezza: è l’ampiezza I di un intervallo di valori, tutti egualmente rappresentativi della grandezza misurata. L’errore
massimo atteso è una misura deterministica di I/2. In assenza di errori sistematici sulla media tre volte lo scarto
quadratico medio è una misura statistica di I/2.

NB Dai risultati della misurazione di una grandezza, senza altre informazioni, si può solo ricavare la precisione
misurata con lo scarto quadratico medio.
Solo confrontando misurazioni della stessa grandezza fatte con un altro strumento o in altre condizioni si potranno avere
informazioni sugli errori sistematici e quindi sull’esattezza della misura.

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