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Monica De Filpo

UN’INTRODUZIONE ALLA
CARTOGRAFIA

Lezioni teorico-pratiche

Edizioni Nuova Cultura


Il presente volume è stato realizzato con i fondi
della Sapienza Università di Roma

Copyright © 2017 Edizioni Nuova Cultura - Roma


ISBN: 9788868128890
DOI: 10.4458/6995

Composizione grafica: a cura dell’Autore


Copertina: Luca Mozzicarelli

È vietata la riproduzione non autorizzata, anche parziale,


realizzata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia,
anche ad uso interno o didattico.
Indice

Premessa di Gino De Vecchis ................................................................................... 9


Introduzione .............................................................................................................. 11

Capitolo 1 – Concetti preliminari


1.1. La forma della Terra ........................................................................................ 13
1.2. Sistemi di riferimento ...................................................................................... 15
1.3. Sistemi di coordinate ....................................................................................... 17

Capitolo 2 – Elementi di cartografia


2.1. La carta geografica ........................................................................................... 21
2.2. Le proiezioni cartografiche ............................................................................. 22
2.3. La scala di riduzione........................................................................................ 27
2.4. La classificazione delle carte geografiche ..................................................... 30
2.5. I simboli ............................................................................................................. 32
2.6. La carta topografica d’Italia............................................................................ 41

Capitolo 3 – Lettura delle carte topografiche IGM


3.1. La cornice della tavoletta ................................................................................ 51
3.2. Elementi del paesaggio naturale e umano ................................................... 63
3.3. Determinare la quota di un punto ................................................................. 70
3.4. Calcolare le coordinate chilometriche ........................................................... 79
3.5. Calcolare le coordinate geografiche .............................................................. 84

Appendice .................................................................................................................. 89

Bibliografia ............................................................................................................... 119


«Che cos’è un geografo?»
«È un sapiente che sa dove si trovano i mari,
i fiumi, le città, le montagne e i deserti».
«È molto interessante», disse il piccolo principe,
«questo finalmente è un vero mestiere!»

Antoine de Saint-Exupéry, Il piccolo principe


Premessa

Il tentativo di raffigurare graficamente – e con qualsiasi mezzo e materiale disponibile – gli


spazi di vita ha costituito una costante nello sviluppo dell’umanità, fin dalle epoche più
lontane. D’altra parte la conoscenza dei luoghi e le loro rispettive posizioni e distanze era-
no essenziali per la stessa sopravvivenza delle prime collettività, che in qualche modo, an-
che solo per orientarsi e trovare la giusta direzione, dovevano comunicare e trasmettere
informazioni utili al conseguimento dello scopo. Da queste premesse si è sviluppata la car-
tografia, che nel corso dei secoli ha assunto caratteristiche di vera e propria scienza.
L’associazione tra geografia e cartografia è stata sempre stretta, a volte andando quasi a
confondersi, come avvenne nel periodo rinascimentale; la stessa locuzione “carta geografi-
ca”, del resto, è testimonianza di relazioni molto strette tra le due discipline.
La carta geografica è “parlante” (anche quella cosiddetta muta); essendo, infatti, auto-
referenziata fornisce al suo lettore/fruitore una serie straordinariamente grande di infor-
mazioni, che giungono soprattutto attraverso l’utilizzo di simboli, ovvero di segni conven-
zionali, che possono essere puntiformi, lineari, areali, con vari tipi di tratteggi e di colori,
con varietà di forma, dimensione, orientazione, intensità, con numerose combinazioni per
moltiplicarne le possibilità espressive. Non mancano i numeri (ad esempio quelli che indi-
cano l’altezza di un monte o la profondità di un lago), né le scritte, innanzitutto i nomi di
luogo o toponimi. Grazie a questo vero e proprio codice semiologico, in uno spazio variabi-
le ma in ogni caso molto ridotto (la carta geografica), sono consentite letture e interpreta-
zioni di spazi molto estesi, fino a raggiungere l’intera superficie terrestre.
La molteplicità di questi simboli costituisce un vero e proprio linguaggio, a valenza in-
ternazionale, per cui, a prescindere dalla toponomastica – che in qualche caso comporta
problemi di comprensione perché dipende dai diversi alfabeti e sistemi di scrittura utilizza-
ti – il linguaggio geo-cartografico è unico in tutto il mondo.
Tuttavia, come tutti gli altri linguaggi, a partire dalla comunicazione scritta e orale, il
linguaggio geo-cartografico si organizza con una propria grammatica e sintassi che occor-
re conoscere per saper leggere e possibilmente scrivere il territorio; altrimenti si è in pre-
10 Un’introduzione alla cartografia

senza di un analfabetismo spaziale o geografico, che oggi, in un “mondo globalizzato”, è


ancor più grave di ieri. Né i GPS possono sostituire le carte geografiche con tutte le possi-
bilità comunicative che queste hanno per offrire un aiuto efficace alla comprensione del ter-
ritorio alle varie scale spaziali.
La scuola non si è mai preoccupata a sufficienza di questa forma di analfabetismo, pe-
nalizzando ad esempio la geografia negli ordinamenti scolastici. Il risultato è una diffusa
ignoranza rispetto a questa disciplina, che coinvolge anche la lettura di piante, di carte, di
grafici e che non risparmia neppure molti giovani che si iscrivono a corsi di studio univer-
sitari.
Nell’ambito geografico della Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza Università di
Roma vi è una lunghissima tradizione rispetto agli studi cartografici, che risale all’inizio
del Novecento e che si articolava in corsi di esercitazioni, con lo scopo di fornire a giovani
universitari le competenze essenziali per una alfabetizzazione. In questi corsi una posizio-
ne rilevante era assegnata alla lettura della carta topografica, con un riferimento particola-
re alla tavoletta della Carta topografica d’Italia in scala 1:25.000, realizzata dall’Istituto
Geografico Militare (IGM). La riforma universitaria avviata nell’anno accademico 2001-
2002 ha in parte sostituito con una molteplicità dei moduli le tradizionali discipline an-
nuali, tradizionalmente accompagnate dalle esercitazioni. Il diverso assetto organizzativo,
tuttavia, non può penalizzare un settore essenziale dell’insegnamento geografico qual è
quello cartografico. Per questa ragione si è sempre cercato di offrire, utilizzando anche i
crediti (CFU) assegnati alle Altre Attività Formative, i concetti cartografici di base, asso-
ciandoli peraltro ai più recenti traguardi raggiunti nella rappresentazione del territorio,
quali sono, ad esempio, i Sistemi Informativi Geografici (GIS).
In questo quadro, sinteticamente delineato, si colloca il lavoro di Monica De Filpo,
giovane studiosa che, dimostrando adeguate capacità di scrittura e di metodo, offre un
quadro sistematico e attento delle principali nozioni necessarie allo studio di base della car-
tografia generale. Si tratta di un contributo, elaborato con spiegazioni semplici e nello
stesso tempo rigorose, che associando aspetti teorici utili alla comprensione delle problema-
tiche connesse alla rappresentazione cartografica a riferimenti pratici quali la lettura delle
carte topografiche e l’orientamento attraverso la cartografia, accompagna studentesse e
studenti lungo un percorso di apprendimento, che può risultare di notevole interesse, oltre
che di sicura utilità.

Gino De Vecchis
Introduzione

Le presenti dispense vogliono costituire un supporto per studenti universitari che per la
prima volta si avvicinano alle scienze cartografiche. L’intento principale è quello di fornire
un’introduzione alla materia seguendo uno schema semplice, fatto di concetti essenziali e
argomenti chiave. Il lavoro raccoglie lezioni teoriche arricchite da un ampio corredo icono-
grafico e fornisce competenze utili per poter leggere e interpretare le carte geografiche.
Nella prima parte si richiamano alcune nozioni propedeutiche per affrontare gli argo-
menti trattati nei capitoli successivi. Verranno introdotti elementi propri delle scienze
geodetiche come la forma e la dimensione della Terra, nonché i principali sistemi di riferi-
mento e di coordinate utili a stabilire la posizione di un punto sulla superficie terrestre.
Nel secondo capitolo si entrerà nel merito delle trattazioni cartografiche, enunciandone
le proprietà distintive e i metodi che hanno condotto alla costruzione delle carte, per con-
cludere con accenni alla realizzazione della Carta topografica d’Italia.
Nel terzo capitolo si affronteranno problematiche di tipo pratico: facendo riferimento
alle tavolette dell’Istituto Geografico Militare, si forniranno le competenze per una corret-
ta interpretazione delle carte e saranno illustrati i procedimenti per effettuare gli esercizi
di calcolo delle coordinate sulle tavolette. A chiusura, l’appendice raccoglie alcune letture
di tavolette commentate da esperti geografi e pubblicate in diverse sedi, con l’obiettivo di
offrire una guida per lo studente che si appresta a leggere il paesaggio rappresentato nella
carta.
Capitolo 1
Concetti preliminari

1.1. La forma della Terra

La Geodesia è la scienza che studia la dimensione e la forma della Ter-


ra. Il globo terrestre non ha una forma perfettamente sferica, ma risulta
schiacciato alle due estremità in corrispondenza dei poli ed è “rigon-
fio” all’equatore. Geometricamente la sua forma è quindi riconducibile
a un ellissoide di rotazione. In realtà la forma della Terra non corrispon-
de esattamente a quella dell’ellissoide di rotazione; gli strati più super-
ficiali presentano infatti varie irregolarità, differenti equidistanze ri-
spetto al centro della Terra, quindi campi gravitazionali che variano da
punto a punto, dovute alla diversa natura dei materiali costitutivi, al
movimento rotatorio e ai rigonfiamenti e schiacciamenti presenti. Co-
noscere il campo gravitazionale terrestre permette di identificare la
superficie teorica per poter descrivere la Terra, esso viene dedotto at-
traverso le superfici equipotenziali perpendicolari alle verticali fisiche
date dalla direzione del filo a piombo (Fig. 1.1): l’insieme dei punti in
cui il filo a piombo è perpendicolare alla superficie media del livello
dei mari è detta geoide (Fig. 1.2). Il geoide è assunto come superficie di
riferimento più fedele nella descrizione della Terra.
14 Un’introduzione alla cartografia

Figura 1.1 La perpendicolare alla superficie del geoide non sempre coincide con il
centro della Terra.
Fonte: Lavagna, Lucarno, 2014, p.5.

Il geoide presenta concavità in corrispondenza degli oceani e con-


vessità in corrispondenza dei continenti, rispondendo a considerazioni
fisiche e non matematiche; non è pertanto utilizzabile ai fini cartografi-
ci, per i quali viene invece assunto come superficie di riferimento
l’ellissoide, un’approssimazione del geoide definibile matematicamen-
te, quindi ideale per le applicazioni cartografiche.
Gli studi portati avanti nei secoli hanno determinato ellissoidi di-
versi, risultato di approssimazioni sempre più vicine al geoide. Tra i
più ricorrenti vi sono l’ellissoide sviluppato da Hayford nel 1909, as-
sunto nel 1924 come ellissoide internazionale e l’ellissoide WGS84, usato
dalla rete di rilevamento satellitare GPS e da Google Earth.

Figura 1.2 Riproduzione del geoide.


Fonte: www.esa.int, pagina visitata il 07/06/2016.
1. Concetti preliminari 15

1.2. Sistemi di riferimento

Il sistema di riferimento è dato dall’insieme di metodi e misure ideati


per posizionare dei punti della superficie terrestre nello spazio. Infatti
una volta scelto l’ellissoide si pone il problema della relazione tra
geoide ed ellissoide e della rappresentazione bidimensionale.
Identificare un univoco sistema di riferimento non è possibile, la
superficie terrestre infatti può essere riprodotta per mezzo di moltepli-
ci tipi di rappresentazioni, ciascuna di esse più o meno valida a secon-
da del tipo di utilizzo e scopo che si intende perseguire. Ad esempio,
in ambito locale o internazionale esistono molteplici ellissoidi, ognuno
dei quali posizionato differentemente rispetto allo spazio; a seconda
dell’ellissoide scelto e del suo posizionamento si realizzano le condi-
zioni ottimali per l’approssimazione locale o globale del geoide, queste
condizioni sono dette sistema geodetico di riferimento o datum. I si-
stemi di riferimento globali sono utilizzati per riproduzioni di tutta la
superficie terrestre; il sistema di riferimento internazionale globalmen-
te riconosciuto è il WGS84 il quale usa un proprio ellissoide geocentri-
co (WGS84), reso possibile dai sistemi di posizionamento assoluti (sa-
tellitari). Storicamente, infatti, il problema connesso all’individuazione
del sistema geodetico di riferimento è stato sempre affrontato local-
mente: ogni nazione ha un suo sistema di riferimento, utilizzando so-
vente ellissoidi comuni, ma orientati rispetto a un determinato punto
sul proprio territorio detto punto di emanazione, ovvero quando
l’ellissoide è tangente al geoide in quel punto (Fig. 1.3). La cartografia
nazionale ancora oggi fa riferimento a ellissoidi con orientamento loca-
le, i più noti per la cartografia italiana sono Roma40 ed ED50 i quali
usano entrambi l’ellissoide di Hayford orientato rispettivamente a
Monte Mario e Postdam, approssimando al meglio l’area specifica di
interesse (italiana o europea).
16 Un’introduzione alla cartografia

Figura 1.3 Tangenza dell’ellissoide rispetto al geoide, nel punto di emanazione si


avrà un accuratezza maggiore dell’area geografica corrispondente in quel punto.
Fonte: http://www.colorado.edu, pagina visitata il 07/06/2016.

Il sistema di riferimento geodetico o datum è stabilito dalla scelta


dell’ellissoide e del punto di emanazione (orientamento). Esso è un ri-
ferimento importante per i sistemi di coordinate che si utilizzano; in-
fatti nel momento in cui si indicherà un punto sulla superficie terrestre
si dovrà far riferimento oltre alle coordinate anche al sistema di riferi-
mento sul quale sono state calcolate (Fig. 1.4). Uno stesso punto sulla
superficie può avere quindi coordinate differenti in base al sistema di
riferimento usato.
A seconda dell’area che vogliamo rappresentare si sceglierà il si-
stema di riferimento più adeguato. I sistemi geodetici di riferimento
usati in Italia sono:

 Roma 1940 (Roma40), specifico per la rappresentazione


del territorio italiano, usa l’ellissoide internazionale ed è orienta-
to a Monte Mario (Roma).
 European Datum 1950 (ED50), specifico per il territorio
europeo, usa l’ellissoide internazionale ed è orientato a Postdam
(Germania).
 World Geodetic System 1984 (WGS84), per tutto il mon-
do, usa un proprio ellissoide ed è geocentrico.
1. Concetti preliminari 17

Figura 1.4 Particolare della cornice della tavoletta indicante il sistema geodetico di
riferimento.
I.G.M. 1:25.000 F. 150 IV N.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017.

1.3. Sistemi di coordinate

Definite sulla base del sistema di riferimento o datum, le coordinate


(geografiche o piane) descrivono la posizione di un punto sulla superfi-
cie terrestre. Le coordinate geografiche sono calcolate sulla superficie sfe-
rica, esse sono espresse in grandezze angolari determinate attraverso la
misurazione della latitudine e della longitudine. La latitudine è
l’ampiezza angolare compresa fra l’equatore e la località in esame (P)
misurata sul meridiano passante per quel punto. La latitudine viene
espressa in gradi da 0 a 90 a nord o sud dell’equatore. La longitudine è
l’ampiezza angolare compresa fra il meridiano zero e la località in esa-
me (P) misurata sul parallelo che passa per quel punto. La longitudine
è espressa in gradi da 0 a 180 a est o ovest dal meridiano di riferimento.
Longitudine e latitudine sono misurate in gradi, si tratta di una gra-
dazione sessagesimale in quanto ogni grado è suddiviso in sessanta primi
o minuti (60’) e ogni primo di grado è suddiviso in sessanta secondi
(60’’). Ad esempio, le coordinate geografiche del Colosseo sono:
41°53'25.36″ N; 12°29'32.70″ E.
Se individuiamo un asse, attorno al quale ruota la Terra, che passa
per i poli estremi nord e sud, il piano perpendicolare all’asse terrestre
che passa per il centro della Terra è l’equatore, circonferenza massima
18 Un’introduzione alla cartografia

che divide la Terra in due emisferi, settentrionale o boreale e meridio-


nale o australe. Le circonferenze minori parallele all’equatore sono det-
te paralleli, essi vanno da nord a sud e diminuiscono di circonferenza
avvicinandosi ai poli, ogni parallelo si indica con la sua latitudine. I
meridiani (da meridies) uniscono tutti i punti sulla Terra che hanno
contemporaneamente lo stesso mezzogiorno, sono semicirconferenze
massime che hanno per estremi i poli e tagliano perpendicolarmente
l’equatore e i paralleli. Il meridiano è completato dall’antimeridiano,
semicirconferenza opposta a esso, il quale unisce i punti che hanno
contemporaneamente la stessa mezzanotte. Meridiano e antimeridiano
insieme formano il circolo meridiano, ogni meridiano si indica con la
sua longitudine. Essendo i meridiani uguali tra loro è stato adottato
convenzionalmente (in occasione della Conferenza di Washington te-
nutasi nel 1884) il meridiano che passa per l’osservatorio di Green-
wich, nei pressi di Londra, come punto di partenza, il cui antimeridia-
no corrispondente passa per l’Oceano Pacifico.
Meridiani e paralleli presentano le seguenti caratteristiche (Baldac-
ci, 1981):

 Il numero di meridiani e paralleli è infinito, sono tanti


quanti sono i punti sulla superficie terrestre.
 Meridiani e paralleli si intersecano ad angolo retto.
 I meridiani sono uguali di forma e dimensioni. I paralle-
li sono uguali di forma, ma solo a coppia sono uguali di di-
mensioni (simmetria nell’emisfero boreale e australe).
 Il parallelo zero è sempre l’equatore; il meridiano zero
internazionale è Greenwich, ma ne esistono di nazionali (es.
meridiano di Monte Mario per l’Italia).
 Per i poli passano infiniti meridiani. Per ogni al-
tro punto passano un solo meridiano e un solo parallelo.

Sulla base di quanto detto la Terra si può immaginare avvolta in


una rete formata da riferimenti virtuali; si tratta di circonferenze che
passano per i poli, e circonferenze perpendicolari a queste, ovvero me-
ridiani e paralleli che insieme formano il reticolato geografico (Fig. 1.6)
(Mori, 1996).
1. Concetti preliminari 19

Figura 1.6 Reticolato geografico.


Fonte: http://www.belloma.it/geometria-ellittica-geometria-del-globo-terrestre/ pa-
gina visitata il 15/07/2016.

Le coordinate piane invece determinano dei riferimenti cartesiani sul


piano della carta (Fig. 1.7), esse sono la trasformazione delle coordinate
espresse in gradi (geografiche) in coordinate espresse in unità lineari,
quindi utili per calcolare su carta le distanze nella realtà. Nelle carte
dell’Istituto Geografico Militare sono valori metrici espressi in coppia
(Est e Nord), specificando anche il fuso1 o zona di riferimento. Ad
esempio le coordinate piane 33TUM43604570 indicano un punto esatto
su una carta IGM dove 33 è il fuso, T la fascia, UM il quadrato, 4360
Est, 4570 Nord.

1I fusi sono spicchi di superficie terrestre usati nei sistemi di coordinate piane per limitare le
deformazioni delle proiezioni, vedi cap. 2.6.
20 Un’introduzione alla cartografia

Figura 1.7 Le frecce indicano i valori est e nord delle coordinate piane e il reticolato
chilometrico da esse formato. Nel cerchio invece le coordinate geografiche espresse
in gradi.
I.G.M. 1:25.000 150 IV N.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
Capitolo 2
Elementi di cartografia

2.1. La carta geografica

La carta geografica costituisce lo strumento fondamentale per lo studio


del territorio; essa risponde a finalità sia scientifiche sia pratiche, rive-
landosi essenziale per l’applicazione di quello che è definito il “meto-
do geografico” (De Rocchi, Innocenti, 1970), ovvero l’indagine di qual-
siasi fenomeno nella sua distribuzione spaziale. Le rappresentazioni
cartografiche, in realtà, hanno applicazioni che vanno oltre la scienza
geografica, esse sono infatti usate anche da discipline quali la geologia,
la geofisica, la botanica, l’economica ecc., proprio perché tutte queste
scienze hanno bisogno di localizzare i fenomeni e conoscerne la distri-
buzione nello spazio (Sestini, 1981). In pratica, le carte sono strumenti
di comunicazione che servono a registrare e trasmettere informazioni
sulla distribuzione di fenomeni fisici o sociali.
La carta geografica oltre ai suoi svariati usi è da ritenere un impor-
tante strumento di potere, specie nel passato. Basti pensare alle ragioni
militari con cui molte carte vennero realizzate come afferma Lucio
Gambi (1987, p.850) «con la sua elaborazione è divenuta un “modello”
che ha servito a governare e viaggiare, a fare la guerra e a esercitare i
commerci».
Le carte geografiche sono disegni di punti, linee e segni convenzio-
nali che corrispondono nella loro distribuzione agli oggetti che essi
rappresentano nella realtà. Nella definizione maggiormente condivisa
proposta da Baldacci (1982, pp. 85) «la carta geografica è il disegno ra-
zionale in piano di tutto o parte del reticolato geografico che avvolge
22 Un’introduzione alla cartografia

virtualmente la Terra e dei fenomeni e/o dei temi che si vogliono evi-
denziare».
La carta geografica è una rappresentazione approssimata, ridotta e
simbolica della superficie terrestre. Approssimata perché non essendo
possibile riprodurre la superficie sferica della Terra su un piano, la
rappresentazione ne risulta deformata. I metodi usati per contenere le
deformazioni sono detti proiezioni geografiche. È ridotta perché non è
possibile mantenere su carta le dimensioni reali, bisogna quindi ridur-
le preservando il rapporto tra le lunghezze del disegno e quelle sul ter-
reno, questo rapporto è detto scala di riduzione. La carta è simbolica in
quanto i diversi oggetti geografici sono riprodotti per mezzo di simboli
convenzionali, descritti nella legenda (Mori, 1986).
Infine, nell’interpretare una carta bisogna sempre tenere a mente
che essa è il frutto di un’interpretazione dovuta ai filtri che applica il
cartografo nel selezionare cosa rappresentare e come farlo. Uno stesso
territorio può essere quindi rappresentato in molteplici modi.

2.2. Le proiezioni cartografiche

Il processo di rappresentazione su un piano del reticolato dei meridia-


ni e paralleli della sfera è detto proiezione. Le proiezioni geografiche
non servono a restituire una rappresentazione perfetta della Terra, ma
piuttosto a limitare le alterazioni nella sua rappresentazione (Mori,
1986). Ogni rappresentazione piana della Terra comporta delle defor-
mazioni, specie se la superficie è ampia in quanto la porzione di terri-
torio interesserà una curvatura maggiore, si possono però scegliere le
caratteristiche da mantenere inalterate a scapito di altre a seconda del-
la proiezione utilizzata. La proiezione per potersi dire fedele alla realtà
dovrebbe conservare allo stesso tempo le seguenti proprietà:

 equivalenza, mantiene inalterato il rapporto fra le aree


sulla carta con quelle del reticolato sferico (ad esempio, aree che
risultano uguali sulla sfera lo sono anche sulla carta);
 equidistanza, le distanze sulla carta corrispondono in
proporzione a quelle reali;
2. Elementi di cartografia 23

 conformità o isogonia, mantiene inalterati gli angoli retti


tra meridiani e paralleli nella sfera e sulla carta, utile soprattutto
nelle carte nautiche.

Le rappresentazioni cartografiche riescono a conservare solo una o


due delle proprietà descritte; per questo è opportuno scegliere la
proiezione più adeguata all’uso che si intende fare della carta.
Le proiezioni possono dividersi in proiezioni vere, basate su principi
matematici e sulla proiezione geometrica del reticolato della sfera su
una superficie avvolgente (da queste derivano le proiezioni modificate),
e proiezioni convenzionali fondate su procedimenti empirici (Rocchi, Inno-
centi, 1970). Le proiezioni geometriche vere sono poco utilizzate, la
maggior parte delle carte infatti è realizzata per mezzo di proiezioni
modificate, le quali derivano dalle proiezioni vere apportandovi però
delle modifiche per renderle più adeguate agli scopi pratici (Baldacci,
1966). Le proiezioni vere si dividono in azimutali e di sviluppo (Fig. 2.1).
Le proiezioni azimutali sono basate sulla proiezione su un piano
orizzontale della superficie del globo, quelle di sviluppo adottano so-
lidi ausiliari che avvolgono la superficie sferica. Le proiezioni azimuta-
li si dividono in prospettiche o azimutali vere. Le proiezioni prospetti-
che proiettano meridiani e paralleli sul piano, si può immaginare come
una sorgente luminosa sulla rete dei meridiani e dei paralleli che pro-
duce un’ombra su di un piano tangente alla sfera. Per costruire le
proiezioni prospettiche basta fissare la posizione della sorgente lumi-
nosa (o punto di vista) e il punto di tangenza, per poi prolungare la
sorgente luminosa fino al piano dove si determinano i punti corri-
spondenti a quelli della sfera. In funzione della posizione della sorgen-
te luminosa si distinguono in proiezioni centrografiche, stereografiche,
ortografiche e scenografiche.
Nelle proiezioni azimutali propriamente dette il piano di proiezione
coincide con l’orizzonte dell’osservatore, i vertici di meridiani e paral-
leli vengono definiti sulla base della distanza in arco dell’osservatore e
dall’angolo che tale arco forma con il meridiano mediano (Mori, 1986).
Anche le proiezioni azimutali possono essere distinte sulla base del
punto di tangenza: polari, trasverse o oblique. Le proiezioni azimutali
si dividono in polari, equidistanti, equivalenti e globulari.
24 Un’introduzione alla cartografia

Figura 2.1 Proiezioni vere, distinte in proiezioni azimutali e di sviluppo.


Fonte: Rielaborazione su Mori, 1986, p.94.

Le proiezioni di sviluppo proiettano la rete di meridiani e paralleli


della sfera sulla superficie laterale di alcuni solidi ausiliari sviluppabili
su un piano; il cono e il cilindro sono solidi la cui superficie laterale
può essere srotolata in piano, dando il nome alle proiezioni cilindriche
e coniche (Fig. 2.2), la cui particolarità è quella di mantenere
l’equidistanza solo nel punto di tangenza. Nelle proiezioni cilindriche
le maglie del reticolato sono rettangolari e allontanandoci dal punto di
tangenza si ha una dilatazione delle aree se tangente al centro del glo-
bo, mentre se posta all’infinito si avrà uno schiacciamento delle aree e
una diminuzione della distanza tra i paralleli. Nelle proiezioni coniche
i paralleli sono rappresentati come archi di cerchi, mentre i meridiani
sono rette convergenti verso il vertice del cono, questa proiezione con-
sente la rappresentazione adeguata di un solo emisfero alla volta.
2. Elementi di cartografia 25

Figura 2.2 Proiezioni di sviluppo cilindriche e coniche.


Fonte: www.treccani.it

Le proiezioni modificate alterano e correggono le proiezioni vere di


sviluppo con l’intento di conferire alla rappresentazione i caratteri di
equivalenza, equidistanza o di isogonia, non conseguibili nelle proie-
zioni pure (De Rocchi, Innocenti, 1970). La più nota proiezione di svi-
luppo modificata è quella cilindrica isogona di Mercatore, considerato
fondatore della cartografia scientifica, il quale nel 1569 pubblicò il
“mappamondo nautico” nel quale venne utilizzata per la prima volta la
proiezione che oggi porta il suo nome. Contrariamente a quanto avvie-
ne nella proiezione cilindrica vera, dove i paralleli sono più vicini tra
loro ai poli, nella proiezione di Mercatore i paralleli sono più distanti in
queste aree; le regioni vicine ai poli ne risultano più estese, mantenendo
però la proprietà dell’isogonia e introducendo il vantaggio di rappre-
26 Un’introduzione alla cartografia

sentare con una retta la curva lossodromica2 (Fig. 2.3) agevolando la


navigazione (De Rocchi, Innocenti, 1970). A livello internazionale, per
la realizzazione delle carte topografiche ufficiali si usa la proiezione
Universale Trasversa di Mercatore (UTM).

Figura 2.3 Curva lossodromica nella proiezione di Mercatore (a) e in una proiezione
centrografica (b).
Fonte: Lavagna, Lucarno, 2014, p.37.

Le proiezioni convenzionali seguono criteri empirici stabiliti dal lo-


ro ideatore per ottenere particolari risultati, si dividono in due grandi
gruppi a seconda delle categorie di derivazione: pseudocilindriche e

Linea curva che unisce due punti sulla superficie terrestre, avendo sempre lo stes-
2

so angolo (azimut) con meridiani e paralleli. La linea lossodromica è un po’ più lunga
della ortodromica, ma in questo modo le navi non devono cambiare rotta (azimut).
2. Elementi di cartografia 27

pseudoconiche. Le proiezioni pseudocilindriche sono molto usate per i


planisferi e hanno il pregio dell’equivalenza, tra queste la più nota è la
proiezione di Gauss; si tratta della proiezione trasversa di Mercatore
modificata e completata dal tedesco Gauss, la quale essendo conforme
è stata usata per la Carta topografica d’Italia. Le proiezioni convenzio-
nali sono molto numerose (Fig. 2.4) proprio perché non vincolate da
leggi geometriche o matematiche (De Rocchi, Innocenti, 1970).
Infine le rappresentazioni discontinue o interrotte sono molto usate
per la costruzione di planisferi, esse sono ottenute proiettando ciascun
continente su un cilindro distinto con il meridiano centrale tangente al
cilindro, tra queste la più nota è la interrotta di Goode.

Figura 2.4 Tipologie di proiezioni convenzionali.


Fonte: Rielaborazione dell’autrice su Mori, 1986, p.94.

2.3. La scala di riduzione

Le dimensioni reali della Terra non essendo riproducibili sulla carta


vengono rappresentate con misure inferiori, ridotte appunto. La ridu-
zione è rappresentata sulla carta mediante la scala, situata ai margini
28 Un’introduzione alla cartografia

della stessa, indicando il rapporto tra distanze effettive sul territorio e


quelle sulla carta. Osservando la scala sappiamo quante volte le di-
stanze reali sono state ridimensionate sulla carta.
La scala può essere numerica o grafica. Quella numerica è data da
una frazione; al numeratore è indicata sempre l’unità, quindi 1 cm sul-
la carta, e al denominatore un numero che si riferisce a quante volte le
distanze reali sono state rimpicciolite. Moltiplicando la distanza grafi-
ca misurata sulla carta per il denominatore si ottiene la distanza reale
sul terreno. Ad esempio, la frazione 1/50.000 si troverà sulla carta come
1:50.000 e vorrà dire che 1 cm sulla carta corrisponde a 50.000 cm sul
terreno.
Se si vuole convertire la distanza reale in distanza sulla carta la
proporzione è la seguente:
1:scala = distanza sulla carta (dc) : distanze reali (dr)

Ipotizziamo che la carta abbia una scala 1:5.000 e che si voglia misu-
rare una distanza reale di 100 m, prima di tutto si procederà con la
conversione delle distanze reali da metri in centimetri, quindi 100 m
corrispondono a 10.000 cm.

1:5.000 = dc:10.000
dc=10.000/5.000=2 cm sulla carta

Se invece si vuole convertire una distanza misurata sulla carta nella


distanza reale si effettuerà il procedimento, utilizzando la proporzione
precedente, per sapere su una carta con scala 1:10.000 a quanto corri-
spondono 2 cm nella realtà.

1:10.000 = 2:dr
Dr = 2x10.000=20.000 cm nella realtà (ovvero 200 m)

Nelle carte inglesi o americane la scala è espressa solitamente in


miglia, oppure con due diverse unità di misura, ad esempio 1 pollice
sulla carta corrisponde a un miglio nella realtà (Mori, 1986).
Nella scala grafica si ha un disegno di un segmento rettilineo diviso
in parti uguali; a ogni suddivisione (unità grafica) è indicato il valore
2. Elementi di cartografia 29

delle distanze reali. Il nome di scala ha origine proprio da questo dise-


gno (come è visibile in carte antiche), il cui segno ricorda una scala a
pioli (Colamonico, 1963). Questo tipo di scala consente di avere
un’idea a colpo d’occhio delle distanze reali sulla carta, inoltre è utile
se intendiamo ridurre o aumentare le dimensioni della carta, poiché la
scala subirà le stesse modifiche della carta conservando le proporzioni
tra scala e carta (Lavagna, Lucarno, 2014) .
Per tracciare la scala grafica di una carta 1:5.000 basterà dividere un
segmento in parti uguali, ad esempio un segmento di 10 cm può esser
suddiviso in 5 parti di 1 cm, ogni parte corrisponderà a un km (o altra
unità di misura, a seconda di quanto indicato dalla scala grafica) sul
terreno (Mori, 1986).
Per misurare le distanze con la scala grafica non servono calcoli; ba-
sterà misurare sulla carta la distanza tra due punti e rapportarla al di-
segno della scala grafica partendo dallo 0 verso destra. Nel punto dove
cadrà la parte finale della nostra misura si avranno i km; la parte tra
due segmenti che eccede si potrà misurare sulla parte a sinistra dello 0,
ricavandone così i metri.
Nella scala grafica delle carte topografiche si hanno alla destra dello
zero unità grafiche in chilometri e alla sinistra dello zero le suddivisio-
ni in metri. Le carte IGM riportano sia la scala grafica, sia quella nume-
rica (Fig. 2.5); è frequente infatti trovare molte carte con entrambe le
scale, si ricorda però che la scala numerica ha iniziato a essere usata so-
lo a partire dal secolo XIX (Colamonico, 1963).

Figura 2.5 Scala numerica e scala grafica presente nelle carte topografiche I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Il riferimento alla scala utilizzata si indica con i termini grande o


piccola, dove la grande scala ha il denominatore più piccolo e la picco-
30 Un’introduzione alla cartografia

la scala ha il numero al denominatore più grande. Questo perché i


numeri relativi alla scala sono dei rapporti, quindi nella scala 1:100.000
le lunghezze sono 100.000 volte più piccole rispetto alla realtà, mentre
in una scala 1:5.000 sono solamente 5.000 volte più piccole.

 Da 1:1.000 a 1:10.000, grandissima scala


 Da 1:10.000 a 1:100.000, grande scala
 Da 1:100.000 a 1:1.000.000, piccola scala
 Da 1:1.000.000 a 1:100.000.000, piccolissima scala

Al variare della grandezza della porzione di territorio variano i par-


ticolari rappresentati nel disegno; una carta a grande scala rappresenta
un territorio limitato, ma presenta una grande quantità di informazio-
ni, riportando molti particolari, man mano però, che la scala diminui-
sce e il territorio rappresentato si allarga, si assisterà a una perdita no-
tevole di dettagli, il disegno sarà semplificato e saranno riprodotti solo
gli elementi territoriali più importanti.

2.4. La classificazione delle carte geografiche

Le carte possono essere classificate in base alla scala e alla porzione di


territorio rappresentato, partendo dalle scale più piccole si distinguono
quindi:
 carte generali a scala piccolissima, riportano perciò solo
gli elementi fisici e antropici maggiori, consentono una visione
d’insieme e riproducono tutta la Terra, interi continenti o Stati,
sono ad esempio i mappamondi3 e planisferi utili per avere
un’idea delle distanze, proporzioni e collocazione dei continenti.
I mappamondi raffigurano la superficie terrestre divisa in due
emisferi accostati (planiglobi, globo piano), il planisfero (sfera
piana) è invece in un unico quadro. Un’altra tipologia è il globo,

Il termine mappamondo, usato a partire dal medioevo, deriva da mappa mundi,


3

ovvero carta del mondo.


2. Elementi di cartografia 31

ovvero la riproduzione dell’intera superficie terreste su una sfe-


ra, in questo caso non sono presenti errori di approssimazione.
Queste tipologie di rappresentazione sono usate soprattutto per
fini didattici.
 carte corografiche (dal greco chora, regione), a piccola
scala, riproducono ad esempio aree estese di uno stato o di una
regione, riportando un dettaglio maggiore di informazioni.
 carte topografiche (da topos, luogo), a grande scala, ri-
producono porzioni limitate della superficie terrestre, come una
provincia o un comune, sono molto ricche di particolari, è possi-
bile visualizzare ad esempio la viabilità minore, orografia e idro-
grafia, costruzioni, o toponimi di centri minori.
 planimetrie, distinguibili in piante e mappe, a grandis-
sima scala, forniscono moltissimi particolari, le zone riprodotte
sono molto ristrette, la pianta riproduce il disegno di una città o
una parte di essa, la mappa invece è la rappresentazione di limi-
tate zone di campagna. Sono da preferire quando è richiesta una
lettura dei dettagli, come per le finalità escursionistiche o militari.

Un altro tipo di classificazione delle carte geografiche si può effet-


tuare prendendone in considerazione il contenuto e la funzione. Le
carte classiche si dividono in fisiche e politiche, le prime riproducono
elementi relativi allo studio della geografia fisica, le carte politiche in-
vece riguardano lo studio della geografia antropica.
Un’altra categoria è quella delle carte speciali relative a fenomeni
specifici, le quali richiedono conoscenze avanzate sia per la realizza-
zione sia per la lettura, si distinguono in:
 geologiche
 geomorfologiche
 oceanografiche
 idrografiche, marine, nautiche

Le carte cosiddette tematiche rappresentano un tema specifico, sin-


goli fatti o fenomeni, sono ad esempio:
 orografiche
 climatiche
32 Un’introduzione alla cartografia

 etniche
 demografiche
 dell’utilizzo del suolo
 stradali e ferroviarie
 storiche

Le carte tematiche possono essere distinte in tematiche vere e pro-


prie quando riguardano dati qualitativi, e cartogrammi se riproducono
dati quantitativi (De Vecchis, 2011). La distinzione tuttavia non è netta,
un cartogramma infatti rappresenta anch’esso un tematismo, rientran-
do quindi nella classificazione di carta tematica. Si potrebbe dire che le
carte tematiche pongono l’accento sulla distribuzione del fenomeno,
mentre i cartogrammi sulla sua quantificazione. Alternative al carto-
gramma, in quanto seguono lo stesso principio di base, sono le meta-
carte, si tratta di rappresentazioni dove le dimensioni delle aree sono
proporzionali alla consistenza del fenomeno riprodotto, quindi risul-
tano distorte e non corrispondenti alle dimensioni reali, esse hanno pe-
rò una efficacia comunicativa immediata (De Vecchis, 2011).
Infine, si ricordano altre tipologie come le carte mute, dove cioè so-
no del tutto assenti i toponimi; le carte mentali o mental maps le quali
variano da persona a persona e sono costruite sulla base di conoscenze
e ricordi personali relativi allo spazio; gli atlanti4 sono una raccolta di
carte dello stesso formato e interessanti tutta la superficie della terra o
una parte di essa.

2.5. I simboli

Sulla carta gli elementi fisici e antropici vengono riprodotti per mezzo
di segni convenzionali, detti segni o simboli cartografici, spiegati nella
legenda al margine della carta.

Il nome atlante venne proposto per la prima volta da Mercatore per una raccolta
4

di carte, contenente nel frontespizio la figura mitologica di Atlante, cui era attribuita la
funzione di sorreggere il mondo (Baldacci, 1966).
2. Elementi di cartografia 33

Fino al XVIII secolo le carte non riportavano di frequente elementi


speciali, così i simboli si limitavano a descrivere i confini, i fiumi, i ri-
lievi e i centri abitati, senza richiedere necessaria la presenza della le-
genda poiché di facile interpretazione (Calamonico, 1963).
I simboli attualmente più in uso sono ad esempio per indicare le se-
di umane, rappresentate nelle carte a grandissima scala dalla riprodu-
zione della singola casa isolata indicata con il disegno della pianta, le
vie e piazze e l’aggregato delle abitazioni, mentre nelle carte a piccola
scala i diversi centri abitati sono differenziati a seconda della loro im-
portanza e del numero di abitanti, di solito le più grandi sono ripro-
dotte per mezzo di un quadratino, le medie con un circoletto e le più
piccole con un puntino. I simboli del confine sono linee, tratti, punti o
piccole croci, a seconda del tipo di confine. La vegetazione spontanea
(Fig. 2.6), come il bosco, viene riprodotta per mezzo di circoletti più o
meno vicini in base alla fittezza della vegetazione, con l’aggiunta di
piccoli disegni che riproducono le essenze arboree prevalenti. Le coltu-
re essendo frutto dell’attività antropica non sono distribuite sul territo-
rio in maniera spontanea, esse sono rappresentate nella Carta topogra-
fica d’Italia indicandone i limiti e distinguendo tra frutteti, oliveti,
agrumeti, vigneti, tipici del paesaggio italiano.
34 Un’introduzione alla cartografia

Figura 2.6 Legenda presente nelle carte topografiche I.G.M.


I.G.M. 1:25.000, F.374 I N.E. SerieDB.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Le vie terrestri di comunicazione si distinguono in vie ferrate e vie


per veicoli e pedoni. Le ferrovie nelle carte topografiche sono segnate
con una linea continua, distinguendo la tipologia di ferrovia con diver-
se linee, sono inoltre indicate stazioni e gallerie, cavalcavia, sottopas-
saggi e passaggi a livello. Le strade rotabili sono indicate da linee pa-
rallele, variando a seconda dell’importanza della strada. Le strade a
fondo naturale sono segnate da linee tratteggiate, ad esempio i tratturi,
le mulattiere, i sentieri ecc.
Uno dei problemi più grandi in cartografia, sorto già dalla fine del
secolo XVIII, è la raffigurazione del rilievo. L’orografia di un territorio
2. Elementi di cartografia 35

può essere raffigurata in vari modi, a seconda del tipo di carta, di scala
e dell’uso che se ne dovrà fare.
Nella cartografia più antica venivano utilizzati i cosiddetti mucchi di
talpa (Fig. 2.7), raffiguranti i profili delle montagne, tale metodo ha
rappresentato fino al Settecento i rilievi di profilo da un punto di vista
sopraelevato; si trattava di una raffigurazione approssimata, senza ri-
produrne effettivamente la reale dimensione e diffusione. Dalla metà
del Settecento si iniziò a usare un sistema diverso, detto a bruco o a spi-
na di pesce (Fig. 2.8), perché la linea di cresta veniva rappresentata at-
traverso due serie vicine di trattini, questo sistema era utile solamente
a dare un’idea della direzione del rilievo, ed è simile al tratto forte.

Figura 2.7 Rappresentazione a mucchi di talpa.


Fonte: Colamonico, 1963, p.49.
36 Un’introduzione alla cartografia

Figura 2.8 Rappresentazione a bruco o a spina di pesce.


Fonte: Colamonico, 1963, p.49.

I progressi scientifici e tecnici hanno permesso di arrivare a una


rappresentazione del rilievo più preciso. Oggi i sistemi usati per ripro-
durre il rilievo sono diversi, variando anche seconda della scala.
Nel sistema raffigurante i piani quotati, l’orografia è data da un in-
sieme di punti con indicati dei numeri (le quote) relativi all’altitudine
sopra il livello del mare, questo metodo non consente una visione
complessiva delle variazioni di livello del suolo, tuttavia essi sono utili
per la costruzione delle carte con curve di livello (Capello, 1968).
La tinteggiatura altimetrica rappresenta le variazioni di livello at-
traverso tinte convenzionali, in genere il verde per le zone pianeggian-
ti fino a 200 m, in giallo e marrone le fasce più alte, mentre per i fondi
marini si usa l’azzurro (Sestini, 1981), ogni tinta corrisponde a una fa-
scia altimetrica, i colori variano di intensità dal più chiaro al più scuro
2. Elementi di cartografia 37

con l’aumentare dell’altitudine. Questo sistema rende immediato


l’effetto d’insieme sulla conformazione generale del territorio a scapito
delle specificità dei rilievi, ottimo quindi per le carte a piccola scala.
Nella tecnica della zonatura altimetrica in bianco e nero le tinte al-
timetriche sono sostituite da punteggi o tratteggi, punti e tratti aumen-
tano d’intensità nel passare da aree bianche ad aree nere aumentando
di dimensioni e densità.
Il tratto forte (Fig. 2.9) usa linee nere molto marcate che seguono
l’andamento dello spartiacque della catena montuosa, i triangoli o cer-
chi indicano le cime principali e le parentesi curve )( indicano i valichi.
Questo metodo è utile a indicare la posizione e la direzione delle altu-
re, però non consente di avere un’idea delle altitudini o variazioni di
pendenza, è un sistema grossolano usato in schizzi o carte speciali a
piccola scala per rappresentare le catene montuose principali.

Figura 2.9 Rappresentazione del rilievo con tecnica del tratto forte.
Fonte: Colamonico, 1963, p.49.
38 Un’introduzione alla cartografia

Il tratteggio (Fig. 2.10) segue un metodo rigoroso, introdotto dal mag-


giore sassone Lehmann a fine XVIII (Colamonico, 1963), è usato so-
prattutto per le carte a grande scala. Riproduce l’inclinazione del ter-
reno con piccoli trattini paralleli diretti nel senso della pendenza dei
versanti, i trattini sono più fitti e marcati graduandone spessore e di-
stanza dove la pendenza è maggiore.

Figura 2.10 Rappresentazione del rilievo con tecnica del tratteggio.


Fonte: Colamonico, 1963, p.50.

La tecnica dello sfumo è usata per le carte con scala media,


l’ombreggiatura più o meno intensa in toni di grigio indica la penden-
za dei rilievi, si tratta di una tecnica approssimata, per questo viene
usata congiuntamente ad altri metodi.
Il sistema che permette una rappresentazione geometricamente pre-
cisa è quello delle isoipse o curve di livello il quale consiste in linee ideali
che uniscono tutti i punti sul terreno con la stessa altezza sul livello
medio del mare. Immaginando di tagliare un cono (Fig. 2.11) in piani
2. Elementi di cartografia 39

orizzontali a intervalli regolari, si proietteranno su un piano le interse-


zioni, ottenendo così circonferenze concentriche che rappresentano la
pendenza del suolo (Capello, 1968). Al centro sarà la vetta della mon-
tagna, rappresentata da un cerchio piccolo, intorno a esso gli altri cer-
chi che a partire dalla somma giungeranno, a scendere, alla base della
montagna, rappresentata dal cerchio esterno più grande. Le curve di
livello forniscono non solo preziose informazioni sull’altezza dei di-
versi punti del rilievo, ma forniscono anche un’idea della sua forma e
andamento (Fig. 2.12).

Figura 2.11 Tecnica delle isoipse o curve di livello.


Fonte: Capello, 1968, p.24.

Le curve di livello sono tracciate alla stessa equidistanza altimetrica,


ovvero tra una isoipsa e l’altra si ha sempre la stessa variazione di quo-
ta. Il valore dell’equidistanza è fissato in base alla scala e alle caratteri-
stiche del terreno, in territorio montuoso si fa in modo che le isoipse
non siano né troppo lontane né troppo vicine tra di loro per rendere la
carta chiara e leggibile. Di solito, l’equidistanza è data dal denominato-
re della scala della carta diviso per mille (Capello, 1968), anche se la
40 Un’introduzione alla cartografia

tecnica del millesimo non è sempre applicata e spesso la scelta è condi-


zionata anche dal tipo di paesaggio rappresentato. L’equidistanza è
quasi sempre presente ai margini della carta, dove non espressamente
indicata essa è facilmente calcolabile analizzando le quote indicate sul-
le direttrici e contando il numero di intermedie tra una direttrice e
l’altra, infatti ogni tre, quattro o cinque curve intermedie, a seconda
delle carte, si trova una direttrice.
Osservando le curve di livello si può assumere che dove il pendio è
più ripido tali linee saranno più vicine, mentre dove il dislivello è più
dolce le linee si allontaneranno tra di loro. Se sulla carta le linee sono
molto fitte e ravvicinate si è in presenza di una zona montuosa, vice-
versa se le linee mancano o sono a grande distanza tra di loro la zona
sarà pianeggiante. Un monte isolato è rappresentato con linee chiuse
l’una dentro l’altra, in questo caso bisognerà fare attenzione se le curve
si chiudono attorno a un punto più alto trattandosi di un sollevamento
isolato o più basso formando una concavità.
Il sistema delle isoipse è usato soprattutto nelle carte a grande scala
in quanto è possibile disegnare una grande quantità di linee, questa
tecnica è talvolta usata anche in carte corografiche, ma in tali casi le
curve non possono essere tracciare con equidistanze di 25 o 50 m, in
quanto il risultato sarebbe troppo caotico (oltre a non esservi lo spazio
materiale per poter disegnare tutte le curve), in questi casi si scelgono
quindi solo le linee più significative, ad esempio ogni 100 o 1000 metri.
Il sistema delle curve è utilizzato anche per riprodurre la profondità
dei fondali, si parlerà in questo caso di curve batimetriche o isòbate, le
quali uniscono i punti con la stessa profondità sotto il livello medio del
mare (Colamonico, 1963).
2. Elementi di cartografia 41

Figura 2.12 Tecnica delle isoipse o curve di livello.


Fonte: Capello, 1968, p.24.

2.6 La carta topografica d’Italia

Dopo aver impostato il reticolato chilometrico sulla base della proie-


zione adottata, si riportano le posizioni dei vari oggetti geografici (cor-
so di fiumi, andamento delle coste, vie di comunicazione…). Questa
operazione è detta planimetria proprio perché riporta gli elementi reali
della superficie terrestre sul piano della carta (Mori, 1986). Per stabilire
la posizione esatta di punti individuabili sul terreno si ricorre alla
triangolazione del territorio, dai punti così ottenuti si procede con il ri-
levamento diretto di aspetti planimetrici e altimetrici, rappresentati
sulla carta attraverso simboli e scritture.
La triangolazione consente di trovare, attraverso misurazioni indi-
rette, la posizione degli elementi geografici. Essa è fondata sulla misu-
razione della posizione astronomica di due punti fissi (basi astrono-
miche) e della loro distanza, costituendo così la base geodetica; in Ita-
42 Un’introduzione alla cartografia

lia le basi geodetiche, diffuse su tutto il territorio nazionale sono nove.


Da questa si calcolano una rete di triangoli collegati tra di loro, i cui
lati e vertici si possono determinare trigonomicamente sulla base della
distanza e dall’azimut (coordinate polari). Tutta la parte cartografata
viene racchiusa da questa rete di triangoli i cui vertici sono detti punti
trigonometrici o geodetici. I triangoli più grandi formano la rete geo-
detica di primo ordine, questi sono suddivisi in triangoli più piccoli, a
formare la rete di secondo ordine, seguono la rete di terzo ordine e co-
sì via (Mori, 1986). Tale rete di triangoli è il punto d’appoggio per la
rappresentazione del territorio. Essa veniva infatti effettuata dai topo-
grafi mediante il rilevamento attraverso appositi strumenti, come il
teodolite, per la misurazione degli angoli orizzontali e verticali, stabi-
lendo poi, basandosi sulla rete geodetica, la posizione e la distanza dei
punti. Il rilevamento topografico diretto si avvale dell’uso della tavo-
letta pretoriana, ovvero di un goniografo con una tavoletta, della bus-
sola con traguardo e del tacheometro (Mori, 1986). Nel punto di cui si
vuole conoscere la distanza viene piantato un palo graduato con tratti
bianchi e rossi (stàdia), successivamente, con l’uso di un cannocchiale
con oculare con incorporato un reticolo e due rette orizzontali con in-
tervallo, in modo che a una certa distanza, corrisponda una suddivi-
sione della stàdia, il topografo, puntando il cannocchiale verso la
stàdia e contando le suddivisioni tra le due rette, ottiene la distanza
del punto. Infine, su un foglio da disegno posto sulla tavoletta si trac-
cia in via schematica la planimetria in scala sulla base delle distanze
direttamente rilevate.
Il rilevamento così concepito, specie per regioni molto estese, è una
procedura complessa e dispendiosa, per questo organizzata e gestita
da organi statali, in considerazione anche dell’uso militare delle carte
topografiche. Il Italia il rilevamento e la realizzazione della carta topo-
grafica è formalmente attribuito all’Istituto Geografico Militare
(I.G.M.).
In seguito all’unificazione d’Italia si presentò il problema
dell’unificazione cartografica, ovvero di raccogliere l’eredità cartogra-
fica dei vari stati in cui l’Italia era precedentemente divisa e costruire
una grande carta uniforme dello Stato. Nel 1861 tutti gli uffici topogra-
fici dei vari stati italiani vennero riuniti nell’Ufficio Tecnico dello Stato
2. Elementi di cartografia 43

Maggiore, con sedi a Torino e Napoli, nel 1872 trasferitosi a Firenze si


trasformò nell’Istituto Topografico Militare, assumendo nel 1882
l’attuale denominazione di Istituto Geografico Militare (Emiliani, Pa-
pocchia, 1943).
L’avvio ai lavori per la pubblicazione della Carta topografica
d’Italia, nota come Gran Carta d’Italia alla scala 1:100.000, fu in data 3
febbraio 1875, quando venne approvato in parlamento il primo proget-
to cartografico nazionale (Cantile, 2013). La realizzazione si rese possi-
bile solo grazie ai fondi stanziati dal Ministero della Guerra visti gli
ampi mezzi finanziari richiesti e un’organizzazione tecnica notevole
per le campagne di rilievo e di realizzazione tipografica.
La Carta topografica d’Italia è costituita da 290 fogli. I fogli con
progressione numerica vanno da 1 a 277, tra questi vi sono 7 fogli con
numero doppio, raffiguranti zone del litorale che esigenze tecniche
hanno preferito non dividere in carte diverse (quindi i fogli scendono a
270). A questi si aggiungono i 16 indicati con numero e lettera, riferiti a
zone di confine o territori già italiani. Altri 4 fogli hanno una numera-
zione a parte, in quanto riguardano paesi stranieri (Baldacci, 1966).
Il meridiano di riferimento della Carta topografica d’Italia è quello
di Roma Monte Mario, che avrà quindi longitudine 0°0’0’’E; rispetto al
meridiano internazionale, ovvero Greenwich, la longitudine di Monte
Mario è 12°27’08.40’’E.
In merito al sistemi di riferimento la cartografia IGM venne inqua-
drata in passato fondandosi sull’ellissoide di Bessel, dal 1940 si adottò
l’ellissoide internazionale, ritenuto più preciso (De Rocchi, Innocenti,
1970). Nel 1947 la proiezione policentrica venne sostituita dalla con-
forme di Gauss (cilindrica inversa), chiamata dall’IGM Gauss-Boaga in
quanto i calcoli della proiezione di Gauss per l’Italia vennero effettuati
da Giovanni Boaga (Aruta, Marescalchi, 1986), mantenendo il meridia-
no di Monte Mario per conservare la suddivisione dei fogli (De Rocchi,
Innocenti, 1970).
Nel sistema cartografico internazionale U.T.M. (Universal Transver-
se Mercator), la proiezione convenzionale cilindrica inversa di Merca-
tore (detta anche proiezione conforme di Gauss), il cilindro che avvol-
ge la superficie sferica è tangente a un meridiano e non all’equatore
(De Rocchi, Innocenti, 1970). La proiezione, nella fascia intorno al me-
44 Un’introduzione alla cartografia

ridiano di tangenza, presenta un grado minimo di deformazioni, che


però aumentano allontanandosi da esso, per questo motivo tale proie-
zione è usata solo per un fuso cartografico ampio 6°, con il meridiano
di tangenza posto al centro. Si useranno quindi 60 cilindri tangenti in
60 diversi meridiani, risolvendo così il problema delle deformazioni, si
avranno 60 fusi di 6°di longitudine ciascuno, numerati da 1 a 60 a par-
tire dall’antimeridiano di Greenwich verso est. L’Italia cade nei fusi 32,
33 e 34 (per una piccola porzione di territorio pugliese).
Da questa raffigurazione sono state escluse le calotte polari oltre gli
80° nord e sud di latitudine a causa dello schiacciamento della sfera in
queste zone il cilindro non è tangente alla superficie terrestre, si adotta
per le calotte polari la proiezione polare stereografica.
Tra 80° N e 80° S si è proceduto dividendo la zona in 20 fasce paral-
lele ampie 8° ciascuna, denominate con lettere alfabetiche: partendo
dall’equatore sono state nominate 10 fasce nell’emisfero settentrionale
e 10 in quello meridionale. L’Italia è compresa nelle fasce S e T.
L’intersezione tra fusi e fasce forma dei trapezi detti zone, contrad-
distinti dal numero del fuso e dalla lettera della fascia; l’Italia è nelle
zone 32T, 33T, 34T, 32S, 33S, 34S.
Queste zone essendo molto ampie sono state divise nella Carta to-
pografica in quadrati di 100km di lato contrassegnati da due lettere;
alcune carte potrebbero avere più di una coppia di lettere se l’area ap-
partiene a più quadrati (De Rocchi, Innocenti, 1970).
La carta indicherà se siamo nel fuso 33 (fuso est), oppure fuso 32
(fuso ovest), tangenti ai meridiani 9° e 15° a est di Greenwich (da nota-
re che entrambi i fusi sono stati prolungati di mezzo grado) il fuso 32
va da 6° a 12.30° e il fuso 33 da 12° a 18.30°; per mezzo grado c’è quin-
di una zona di sovrapposizione segnalata nelle carte IGM delle vecchie
edizioni con i riferimenti ai due fusi stampati in diversi colori.
La Carta topografica d’Italia è divisa in fogli (Fig. 2.13) in scala
1:100.000, contraddistinti da un numero arabo da 1 a 277; ogni foglio è
diviso in 4 quadranti in scala 1:50.000 indicati con numero romano da I
a IV; ogni quadrante è diviso in 4 tavolette in scala 1:25.000 indicate
con i punti cardinali, NE, SE, SO, NO. Fogli, quadranti e tavolette
prendono il nome dalla località o elemento geografico principale in es-
2. Elementi di cartografia 45

si compresa. I quadri d’unione mostrano la suddivisione e la numera-


zione delle carte (Fig. 2.14).
Dato il crescente interesse dell’esercito e della comunità scientifica a
una più dettagliata rappresentazione cartografica, sono state realizzate
le carte topografiche in scala 1:25.000 dette Tavolette (in riferimento al-
le tavolette pretoriane), derivate dalla Gran carta d’Italia dalla quale si
assunsero gli stessi sistemi di riferimento geodetico e cartografico. Le
prime serie erano esclusivamente in nero, con rappresentazione oro-
grafica con curve di livello a equidistanza di cinque metri, per poi es-
sere aumentata nel 1886 a 25 metri, riducendo il numero di isoipse per
una migliore leggibilità della carta. Le curve di livello di 5 metri, utili
per descrivere le zone pianeggianti, vennero conservate introducendo
le curve di livello ausiliarie. A partire dal 1944 venne avviata una nuo-
va serie, con tre colori caratteristici, nero, azzurro e bistro, impostando
i tre tipi di curve di livello secondo una simbologia precisa (cap. 3.3).
Dal 1961 venne avviata la costruzione di una nuova serie in tre versio-
ni: per uso militare, classificata e per uso civile, portando a cinque i co-
lori di stampa, con l’aggiunta del rosa e del verde ai colori già presenti.
Nelle edizioni a uso militare un sesto colore, il magenta, venne usato
per rappresentare il reticolato chilometrico e le scritte in inglese. Que-
sta edizione rimase in produzione fino a metà anni Ottanta, conti-
nuando a essere stampata per un breve periodo sotto il nome di Se-
rieV5 (vecchia), per poi essere sostituita nel 1987 dalla Serie25 (Fig.
2.15). I sistemi di riferimento per la Serie25 furono ED50-UTM,la parte
grafica venne realizzata in quattro colori (nero, azzurro, bistro, verde),
e l’orografia con curve di livello di 25m. Nel 2000 venne sostituita da
un’ulteriore serie, attualmente in produzione, SerieDB (database) (Fig.
2.16), basata sull’organizzazione in layers delle informazioni geografi-
che presenti nelle banche dati. Il sistema geodetico di riferimento adot-
tato è l’ETRS89 (WGS84 nell’implementazione europea e ellissoide
GRS80), con proiezione UTM (Cantile, 2004).

5 Dal 1947 realizzata con sistema geodetico nazionale (ellissoide internazionale con
orientamento a M. Mario) e proiezione conforme di Gauss.
46 Un’introduzione alla cartografia

Figura 2.13 Suddivisione dei fogli della Carta topografica d’Italia.


Fonte: Aruta, 1986, p.19.
2. Elementi di cartografia 47

Figura 2.14 Quadro d’unione tavolette IGM.


Fonte: www.igmi.org
48 Un’introduzione alla cartografia

Figura 2.15 Tavoletta IGM 1:25.000, serie 25, F. 299 II S.E.


Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
2. Elementi di cartografia 49

Figura 2.16 Tavoletta IGM 1:25.000, serie 25DB, F. 374 I N.E.


Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
Capitolo 3
Lettura delle carte topografiche IGM

3.1. La cornice della tavoletta

La cornice della Tavoletta IGM (Fig. 3.1) riporta tutte le indicazioni ne-
cessarie per la corretta interpretazione della carta vi sono indicate in-
formazioni fondamentali come la scala, la legenda, la proiezione, il si-
stema di riferimento, il titolo e le indicazioni per riconoscere la Tavo-
letta e l’anno di realizzazione della carta.
Il primo elemento che troviamo nella cornice in alto a sinistra è
quello che ci permette di identificare la Tavoletta (Fig. 3.2). Viene indi-
cato il nome della tavoletta Albano Laziale, seguito dal numero del fo-
glio corrispondente F.°150 della Carta topografica d’Italia.
L’indicazione è riportata anche attraverso una riproduzione dell’intero
foglio suddiviso in quadranti e tavolette: la tavoletta interessata è quel-
la evidenziata dal tratteggiato nero, mentre ai quattro lati del foglio
sono indicati i numeri dei fogli confinanti.
Al centro in alto è il titolo della tavoletta (Fig. 3.3) indicante la loca-
lità o l’elemento del paesaggio più importante all’interno della ripro-
duzione.
Immediatamente sotto al titolo si trova l’indicazione relativa al me-
ridiano di riferimento (Monte Mario), in base al quale si calcola la lon-
gitudine.
In alto a destra sono le indicazioni relative alle coordinate geografi-
che: viene indicato l’ellissoide di riferimento e il suo orientamento (Fig.
3.4); in questo caso si è adottato l’Ellissoide Internazionale orientato a
Monte Mario. Inoltre è riportata la differenza tra il meridiano di Monte
52 Un’introduzione alla cartografia

Mario e quello di Greenwich, il quale dista 12°27’08’’ da Monte Mario,


valore utile per calcolare la longitudine rispetto a Greenwich.

Figura 3.1 Tavoletta I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
3. Lettura delle carte topografiche IGM 53

Figura 3.2 Particolare del margine, identificativo tavoletta e foglio di appartenenza.


I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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Figura 3.3 Particolare del margine, titolo della tavoletta e indicazione del meridiano.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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Figura 3.4 Particolare del margine, riferimenti coordinate geografiche e differenza


dal meridiano di Greenwich.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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54 Un’introduzione alla cartografia

Sulla destra sono riportate altre informazioni per identificare il


Quadrante di riferimento e la tavoletta corrispondente (III S.E.). In alto
rispetto a queste si trova il rapportatore per l’orientamento della carta
con la bussola, utile per usare la carta sul territorio orientandola verso
il nord magnetico. La retta che si crea tra P e 0 è parallela al meridiano
geografico (Fig. 3.5).

Figura 3.5 Particolare del margine della tavoletta, rapportatore per l’orientamento.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
3. Lettura delle carte topografiche IGM 55

Nella parte destra della cornice il quadrante in alto indica la serie


della tavoletta, ad esempio M891, 25V, 25 e 25DB; il foglio corrispon-
dente alla cartografia 1:100.000 ad esempio 150; il quadrante indicato
in numeri romani, in questo caso III; la tavoletta indicata con i punti
cardinali ad esempio SE; il titolo della stessa. Infine è riportata
l’edizione della serie (Fig. 3.6).

Figura 3.6 Particolare del margine della tavoletta, indicazione serie e identificativo.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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A seguire (Fig. 3.7) sono riportate le indicazioni relative alle coordi-


nate piane (o reticolato chilometrico), la proiezione e il sistema di rife-
rimento adottato (U.T.M., ED50).

Figura 3.7 Particolare del margine della tavoletta, indicazione del sistema di riferi-
mento.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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56 Un’introduzione alla cartografia

Il riquadro che segue evidenzia che il reticolato visibile sulla carta


(maglie quadrate sovrapposte alla rappresentazione) e i numeri ai
margini di esso fanno riferimento al reticolato chilometrico U.T.M.; so-
no poi indicati il fuso e l’ellissoide adottato (Fig. 3.8).

Figura 3.8 Particolare del margine della tavoletta, indicazione della proiezione, fuso
ed ellissoide.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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A seguire è il riquadro con le indicazione per la designazione di un


punto sulla carta (Fig. 3.10), ovvero l’indicazione delle coordinate pia-
ne. Sulla carta vi è l’esempio per determinare le coordinate della locali-
tà Rosi. La designazione di zona indica il fuso e la fascia, sappiamo
quindi che la zona rappresentata si trova nel fuso 33 fascia T. Dopodi-
ché bisogna indicare il quadrato di 100km specificato sempre sulla ta-
voletta con una coppia di lettere (Fig. 3.9), nel nostro caso la tavoletta
inquadra due quadrati TG e UG separati sulla carta da una linea nera
marcata.

Figura 3.9 Particolare del margine della tavoletta, indicazione del quadrato di 100km
di appartenenza.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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3. Lettura delle carte topografiche IGM 57

Si procede con l’indicazione dei valori dei meridiani e paralleli. Le


coordinate chilometriche si deducono dal valore della linea verticale a
Ovest del punto (numeri grandi), procedendo con il calcolo della di-
stanza tra il punto e la linea presa come riferimento, lo stesso procedi-
mento si adotta per l’altra coordinata, il cui valore si ottiene dalla linea
orizzontale immediatamente a sud del punto in considerazione (cifre
grandi), per misurare infine la distanza tra il punto e la linea di riferi-
mento, questo calcolo sarà illustrato nel dettaglio nel paragrafo 3.4.
Quindi le coordinate chilometriche saranno 33TUG 051174.

Figura 3.10 Particolare del margine della tavoletta, esempio per il calcolo delle coor-
dinate chilometriche.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
58 Un’introduzione alla cartografia

Figura 3.11 Particolare del margine della tavoletta, indicazione dei tre nord e decli-
nazione magnetica.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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Il riquadro successivo riporta i valori della declinazione magnetica


(Fig. 3.11). Sono qui individuati i tre nord: il nord del reticolato, il nord
geografico e il nord magnetico. Il nord del reticolato rappresenta un
insieme di punti verso cui convergono le linee parallele del reticolato
chilometrico. Il nord geografico rappresenta il punto unico verso cui
convergono tutti i meridiani ovvero il Polo Nord, e il nord magnetico è
3. Lettura delle carte topografiche IGM 59

dettato dall’orientamento del campo gravitazionale terrestre, il quale


nel tempo varia di posizione ed è attualmente situato in Groenlandia.
Nella carta viene indicata la declinazione magnetica, ovvero la diffe-
renza tra il nord magnetico e il nord geografico, la quale varia ogni
anno insieme al campo magnetico terrestre. Sulla carta è indicato
l’anno di osservazione del fenomeno e la variazione annuale, nel ret-
tangolo sono rappresentate le zone di anomalia magnetica presenti
nell’area rappresentata. In Italia la declinazione magnetica assume va-
lori piuttosto bassi specialmente per le piccole distanze (1 o 2 km), re-
stituendo errori trascurabili. Questa misura è utile nel caso in cui la
carta venga usata per l’orientamento, dato che la bussola fa riferimento
al nord magnetico.
Nel riquadro sottostante sono i riferimenti per la quadrettatura chi-
lometrica italiana su proiezione Gauss-Boaga (Fig. 3.12), i fusi ovest ed
est sono indicati anteponendo i valore 1 o 2 alle coordinate metriche
est. Le coordinate metriche contengono quindi indicazioni sul fuso di
riferimento (in questo caso siamo nel fuso est). Infine sono illustrati i
segni con i quali è indicato il reticolato italiano (dove presente).


Figura 3.12 Particolare del margine della tavoletta, indicazione delle coordinate dei
vertici secondo i sistemi di riferimento geodetici e cartografici indicati.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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60 Un’introduzione alla cartografia

Sul lato destro della carta è riprodotto lo strumento (Fig. 3.13) utile
al calcolo delle coordinate chilometriche, da usare su foglio trasparente
alla stessa scala in cui è riprodotto sulla carta, da sovrapporre al retico-
lato chilometrico (il procedimento sarà illustrato nel paragrafo 3.4).

Figura 3.13 Particolare del margine della tavoletta, coordinatometro.


I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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Nella parte bassa della cornice, partendo da sinistra, è indicata


l’equidistanza per il calcolo delle curve di livello, solitamente di 25 me-
tri (Fig. 3.14).
3. Lettura delle carte topografiche IGM 61

Figura 3.14 Particolare del margine della tavoletta, indicazione dell’equidistanza.


I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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Al di sotto di questa informazione sono riportati oltre ai nomi degli


operatori, la data in cui è stato eseguito il rilievo e gli aggiornamenti a
esso seguiti: dati molto importanti per conoscere l’anno al quale la car-
ta fa riferimento (Fig. 3.15).

Figura 3.15 Particolare del margine della tavoletta, indicazione del nome dei topo-
grafi, dell’anno del rilievo e dei successivi aggiornamenti.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
62 Un’introduzione alla cartografia

In basso al centro è la scala di riduzione, sia grafica sia numerica (Fig.


3.16).

Figura 3.16 Particolare del margine della tavoletta, indicazione della scala numerica
e grafica.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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Segue la legenda (Fig. 3.17), utile per la corretta decodifica dei segni
convenzionali presenti sulla carta, i quali possono essere distinti in:
simbologia di tipo lineare, usata soprattutto per la descrizione di stra-
de, ferrovie e confini; simbologia puntuale per insediamenti, servizi e
industrie; simbologia areale relativa alla copertura vegetazionale. La
legenda varia in base alla serie consultata, restano però invariati i sim-
boli principali utilizzati.
3. Lettura delle carte topografiche IGM 63

Figura 3.17 Particolare del margine della tavoletta, legenda.


I.G.M. 1:25.000, F.150 III S.E. Serie storica, levata del 1873.
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3.2 Elementi del paesaggio naturale e umano

La Tavoletta dell’IGM 1:25.000 riproduce una determinata area geogra-


fica con tutti gli elementi collocati sul territorio. La corretta lettura del-
la carta permette di avere un’immagine del paesaggio, ricostruendo i
particolari della zona rappresentata. I segni convenzionali raffigurati
forniscono indicazioni sulla morfologia generale del territorio e su
aspetti antropici; nella lettura si farà attenzione all’immagine evocata
da ciascun segno tenendo conto della distanza e della distribuzione
che separano gli elementi. È importante considerare i simboli nel loro
insieme e nei rapporti che si creano, un simbolo cioè non deve essere
osservato come isolato, ma parte del territorio nel suo complesso, col-
legato e dipendente in maniera indissolubile da tutti gli altri elementi
presenti che formano quel paesaggio specifico (De Rocchi, Innocenti,
1970). Leggere una carta vuol dire configurare quell’area nei suoi
aspetti fisici e umani dopo un’attenta analisi dei simboli raffigurati
64 Un’introduzione alla cartografia

(Mori, 1986). Di seguito si illustrano i vari passaggi da seguire per la


lettura della carta topografica IGM6.
Il primo aspetto da stabilire riguarda la metodologia adottata per la
costruzione della carta: informazioni presenti nella cornice come la
proiezione, utile per tenere conto delle zone dove la deformazione è
maggiore, e la scala adottata. Se si intende ricorrere all’individuazione
dei punti sulla carta per mezzo delle coordinate geografiche o piane
sarà necessario indicare il sistema di riferimento in uso. Infine si do-
vranno esaminare i simboli cartografici in legenda e individuarli sulla
carta, proponendo una sintesi del paesaggio che vede coinvolti aspetti
del rilievo, idrografici, costieri, insediativi e viari, esaminando i reci-
proci rapporti tra fattori fisici e umani. Per la lettura della carta si pro-
cede distinguendo gli elementi naturali e antropici, di seguito schema-
tizzati (Capello, 1968):
Elementi del paesaggio naturale
 Orografia
 Idrografia continentale
 Idrografia marina e linea di costa
 Vegetazione spontanea
Elementi del paesaggio umano
 Sedi umane e costruzioni
 Vie di comunicazione
 Pozzi e corsi d’acqua artificiali
 Colture
 Limiti amministrativi

Nella carta topografica i segni che ci permettono di conoscere le va-


riazioni del rilievo sono quelli che rivestono la maggiore importanza.
Ricostruire le forme del terreno comporta l’identificazione di pianure,
valli, rilievi o concavità nella loro distribuzione e nei loro rapporti. Lo
studio dei rilievi si basa sulle curve di livello e sulle quote, le quali
consentono di ricostruire le forme del rilievo; alcuni aspetti fondamen-
tali da tenere in considerazione sono la pendenza e la concavità o con-

In appendice sono riportati alcuni esempi di descrizione delle tavolette IGM realizzate da noti
6

geografi.
3. Lettura delle carte topografiche IGM 65

vessità del rilievo. Curve molto fitte, come detto, rappresentano un ter-
ritorio in forte pendenza o montuoso, inversamente isoipse molto di-
stanziate denotano una debole pendenza e quindi un territorio pia-
neggiante. In entrambi i casi è bene specificare le quote più alte e quel-
le più basse. Nel caso in cui si notano isoipse chiuse l’una nell’altra si
dovrà stabilire se la quota centrale ha un valore più alto o più basso,
indicando una convessità o una concavità. La concavità o depressione
con isoipse chiuse denota una conca, se esse sono aperte si avrà invece
una valle; una convessità o altura è determinata da curve di livello con
una quota maggiore al centro, tenendo a mente che minore è il circuito
delle isoipse, più le montagne saranno aguzze. Inoltre, isoipse con an-
damento regolare indicano un rilievo regolare, se sinuose invece il ri-
lievo sarà irregolare. Per elevazioni e depressioni si dovranno studiare
le loro dimensioni, la loro direzione e la loro forma, l’analisi delle for-
me del terreno permetterà considerazioni importanti per tipo di mo-
dellamento (glaciale, carsico, eolico, vulcanico, da acque correnti). Inol-
tre, è utile osservare l’inclinazione dei versanti e lo sviluppo longitudi-
nale o trasversale.
Tenendo in considerazione l’inclinazione del terreno è possibile ri-
cavare la pendenza della rete viaria, evidenziando difficoltà di salita;
lo stesso accorgimento vale per fiumi e torrenti, insediamenti sparsi e
tutti quegli elementi influenzati dall’andamento dei rilievi.
Delle coste si dovrà osservare l’andamento e il tipo delle rientranze
(se cala, baia o golfo) e delle sporgenze (se capo, promontorio o peni-
sola), relazionando la loro forma con il rilievo e l’idrografia allo scopo
di definirne il tipo morfologico di costa.
L’analisi idrografica procede con l’osservazione della presenza di
fonti d’acqua sul territorio e la loro distribuzione mettendola in rela-
zione con la natura delle rocce e il loro grado di permeabilità, ad
esempio le rocce carsiche sono molto permeabili, data questa caratteri-
stica si avrà l’assenza di idrografia di superficie. È da notare inoltre la
presenza di sorgenti e la loro relazione con gli acquedotti. Si analizze-
ranno i corsi d’acqua, osservati nel loro insieme, valutando il reticolo
idrografico formatosi. Nell’esaminare più nel dettaglio i singoli corsi
d’acqua si osserverà il loro andamento, se rettilineo, con anse e mean-
dri, o con gomiti e la forma dell’alveo. Sarà bene tenere in considera-
66 Un’introduzione alla cartografia

zione la presenza di idrografia sotterranea e la presenza di corsi


d’acqua interrotti che proseguono nel sottosuolo, propri dei paesaggi
carsici. Le irregolarità altimetriche di un corso d’acqua sono rilevabili
ad esempio in presenza di cascate, rapide o cateratte, indicando rotture
nelle pendenze, gradini tipici delle valli glaciali, tale aspetto può essere
collegato con la presenza di impianti idroelettrici o idraulici (Mori,
1986). Importante è la direzione del flusso da dedurre confrontando la
conformazione dei rilievi e dei punti quotati o dall’osservazione
dell’angolo che si forma nel punto d’incidenza con corsi affluenti, con
angolo acuto rivolto verso la sorgente (Lavagna, Lucarno, 2014). Indi-
cazioni utili ai fini escursionistici sono i simboli indicanti pozzi, sor-
genti, fontane e acquedotti, facilmente riconoscibili sul territorio. Dei
laghi è opportuno osservarne la forma, la dimensione, le coste e il tipo
morfologico al quale appartiene il lago (glaciale, tettonico, di sbarra-
mento, vulcanici, carsici, costieri). Infine si osserverà la presenza di
ghiacciai in zone montuose.
La vegetazione è descritta nelle carte solo quando essa è stabile nel
tempo, anche se in molti casi dopo anni dalla pubblicazione della carta
la situazione può risultare variata a causa di opere di bonifica, coloniz-
zazione, degrado idrogeologico, incendi o altro. La vegetazione, sulla
base dei diversi simboli per rappresentarla, si intende spontanea (pra-
terie, boschi misti, macchie, sottoboschi, boschi cedui) o frutto
dell’attività umana come le colture agrarie (un’opportuna analisi di
questi elementi può fornire informazioni sugli aspetti economici). La
vegetazione è sempre da ricollegare alla morfologia del territorio, al
clima e al tipo di terreno. Di norma per le praterie un’area bianca corri-
sponde a terreno facilmente percorribile, se la vegetazione rappresenta
un ostacolo al movimento essa viene rappresentata con simboli più o
meno fitti in proporzione all’entità della vegetazione. La prateria è
rappresentata con ciuffetti d’erba, i boschi vengono distinti in radi e
fitti: i boschi fitti di una sola essenza sono rappresentati da tre segni vi-
cini della stessa essenza tra dei circoletti, mentre per i boschi radi è ri-
portato solo il segno dell’essenza, se il bosco è misto sono rappresenta-
ti cerchietti disposti in maniera irregolare, il sottobosco viene rappre-
sentato solo se costituisce un ostacolo. Il limite del bosco è rappresen-
tato da una linea tratteggiata accompagnata da circoletti. Nelle tavolet-
3. Lettura delle carte topografiche IGM 67

te a colori i boschi sono identificabili dal colore verde e dai segni con-
venzionali indicanti la specie più importante presente, la costituzione
(se boschi puri o misti) e la forma di governo (sempreverdi, caducifo-
glie o cedui). Un simbolo fuori dall’area boschiva indica una presenza
arborea caratteristica riportata se nelle vicinanze sono assenti altri
simboli utili per l’orientamento (Lavagna, Lucarno, 2014). In ultimo si
osserverà la diffusione e la distribuzione sul territorio tenendo conto
dell’altimetria, evidenziando possibili differenze sulla base delle di-
verse esposizioni (un’esposizione più soleggiata determinerà colture o
boschi più estesi con limiti altimetrici più elevati rispetto al versante in
ombra).
Gli aspetti umani sono rappresentati sul territorio dagli insedia-
menti, le vie di comunicazione, le colture e i limiti amministrativi. Le
tipologie delle forme d’insediamento si differenziano in base alla loro
importanza economica e amministrativa, alla distribuzione e alla con-
centrazione delle abitazioni. I punti di riferimento per l’orientamento
sono le chiese, croci isolate o cimiteri. La posizione degli insediamenti
rispetto ad aspetti fisici del territorio permette di classificare la tipolo-
gia abitativa, se in corrispondenza di rilievi si indicherà se è posto sul-
la cima del rilievo, su un ripiano, su una valle, su un pendio, con rife-
rimenti all’esposizione, oppure se in corrispondenza di idrografia, del-
le coste, o di strade. Si analizzerà poi la pianta dell’insediamento sulla
base dei suoi limiti e delle strade principali (ortogonale, irregolare, al-
lungata…), ad esempio dall’andamento delle strade o dalla presenza
di mura si potrà riconoscere la parte più antica da quella moderna. La
struttura del centro andrà specificata sulla base della concentrazione
delle abitazioni e la loro disposizione, ad esempio se è agglomerata o
disseminata, mettendole poi in relazione al paesaggio, se si tratta di
case rurali in campagna sviluppate seguendo corsi d’acqua o in pros-
simità di strade. Il nome delle dimore indica la loro natura (casali, ca-
scine, trulli, baracche, capanne, baite, fenili…), la quale in accordo con
la forma e natura del territorio fornisce informazioni importanti per
ricostruire aspetti economici del territorio (agricoltura, industria, tran-
sumanza…). Le forme di agglomerato dovranno essere messere in re-
lazione con la presenza di servizi importanti come chiese, industrie,
stazioni, dalla densità dei centri abitati e da eventuali case sparse nei
68 Un’introduzione alla cartografia

dintorni si avrà un’idea della distribuzione della popolazione (Mori,


1986). Infine si dovrà individuare la presenza di eventuali sobborghi o
nuclei satellite sorti nelle vicinanze della città, se diversi centri si sus-
seguono lungo strade o corsi d’acqua.
Le vie di comunicazione riguardano la rete ferroviaria, stradale,
fluviale, lacustre, marittima e aerea. Essa può essere descritta
nell’andamento esaminando la rete stradale nel suo insieme, nella di-
sposizione in relazione alla morfologia del terreno (rilievi e idrografia
ad esempio), o dei fattori umani come la presenza di insediamenti o
punti d’interesse in generale. Le strade possono svilupparsi a raggiera
a partire da centri abitativi o a scacchiera formando tanti quadrati. Le
strade si dividono in rotabili e non rotabili. Quelle rotabili rappresen-
tano la viabilità principale, solamente le autostrade sono rappresentate
dal simbolo apposito, mentre le altre sono divise in cinque classi a se-
conda dell’ampiezza della carreggiata; nelle serie recenti le strade sono
classificate in base alle corsie (Lavagna, Lucarno, 2014). La viabilità
minore riguarda le strade non percorribili da veicoli (sentieri, mulattie-
re, tratturi…), le quali potrebbero fornire informazioni sulla viabilità
antica o sulle vie seguite dai pastori. Le ferrovie infine si distinguono
in ferrovie di pianura dai lunghi tratti rettilinei e curve ampie e ferro-
vie di montagna le quali seguono l’andamento dei monti in curve
strette e numerose gallerie.
Le attività economiche sono indicate con numerosi simboli.
L’attività agricola è rappresentata dalle colture (risaie, vigneti, oliveti,
agrumeti, frutteti) indicate con il simbolo dell’essenza, mentre la pa-
storizia è indicata dalla presenza dei tratturi (vie percorse dalle greggi
nello spostarsi dalla pianura alla montagna e seconda delle stagioni) e
da abbeveratoi. Le attività estrattive sono indicate da simboli relativi
alla presenza di miniere, cave e pozzi petroliferi, o da teleferiche per
trasportare i materiali estratti. Gli opifici e le irrigazioni o pozzi sono
indicazione di un’attività economica dell’area.
Riguardo ai limiti politici e amministrativi, oltre ai confini di Stato,
sono indicati quelli di Regione (non presenti nelle vecchie tavolette), di
Provincia e di Comune. Dei limiti è possibile osservarne la regolarità in
base agli aspetti morfologici del territorio (monti, linee di costa, corsi
d’acqua…). Se i limiti non coincidono con aspetti fisici del territorio si
3. Lettura delle carte topografiche IGM 69

osserverà se vi sono relazioni con strade, proprietà, muri. Di norma tali


simboli non hanno riscontri reali sul territorio, fatta eccezione per la
presenza di eventuali muri, barriere e termini. Dei limiti statali si potrà
osservare le possibili relazioni con fatti storici, ad esempio in punti
strategici per la difesa e per il transito (Mori, 1986). I confini possono
riguardare anche aree naturali protette o colture.
La toponomastica infine rappresenta un elemento fondamentale per
la ricostruzione delle vicende storiche del luogo. I nomi di luogo sono
il risultato di stratificazioni linguistiche avvenute nel tempo, essi han-
no origini antichissime e per tale motivo forniscono informazioni im-
portanti per la comprensione dei luoghi. I toponimi7 si riferiscono a ca-
ratteristiche importanti del territorio, possano esse riguardare elementi
fisici, fatti storici, o nomi di personaggi importanti.
La lettura e interpretazione della carta geografica richiede
un’attenta disamina delle possibili relazioni tra gli elementi presenti, la
sintesi conclusiva è essenziale per comprendere il paesaggio, principa-
le scopo della ricerca geografica (Mori, 1986).

7 L’assegnazione del nome al luogo è una fase fondamentale all’interno del più ampio
processo di territorializzazione che vede la comunità fare proprio un luogo ritenuto adat-
to al suo insediamento; la denominazione attribuisce quindi un valore e un significato nel
quale la comunità si riconosce e si identifica, il toponimo diffonde, comunica e rappre-
senta i significati socio-culturali di quella comunità (Turco, 1988). La fase di denomina-
zione rappresenta un atto costitutivo del luogo, il quale non esisterebbe in assenza del
nome (Heidegger, 1973). Per queste ragioni il toponimo è elemento riconosciuto e con-
diviso dalla comunità; denominare un luogo diversamente dal toponimo tradizionale si-
gnifica non permettere alla comunità di riconoscervisi. Nel caso di regioni con minoranze
linguistiche sono infatti presenti toponimi in due lingue, o nel caso del Südtirol la topo-
nomastica tedesca è stata reintrodotta a seguito della seconda guerra mondiale, essendo
questa la sola a essere utilizzata dalla popolazione locale. In alcuni periodi storici è possi-
bile rilevare l’influenza politica nei toponimi, ad esempio nelle tavolette degli anni Qua-
ranta è evidente l’influsso del regime fascista nella città di Littoria, poi Latina.
70 Un’introduzione alla cartografia

3.3 Determinare la quota di un punto

L’esame delle isoipse ci consente di conoscere l’inclinazione del terre-


no, operazione fondamentale per diverse ragioni, basti pensare ad
esempio al momento in cui si progettano interventi di qualsiasi tipo
sul territorio, o se si usa la carta per programmare escursioni sul cam-
po. In riferimento a quanto precedentemente detto sulla simbologia re-
lativa all’orografia (cap. 2) si riportano i procedimenti relativi
all’interpretazione delle isoipse e quindi della determinazione della
quota di un punto sul terreno.
Anzitutto bisognerà prendere nota dell’equidistanza delle curve,
ovvero il dislivello tra due isoipse successive. Nelle tavolette IGM
l’equidistanza varia al mutare della serie e del paesaggio raffigurato;
nelle serie più vecchie l’equidistanza è di 5 o 10 e le direttrici di 50 m in
presenza di territori poco montuosi, nelle serie pubblicate dopo il 1886
l’equidistanza è di 25 m e la direttrice di 100 m (Capello, 1968; Cantile,
2014). Per ovviare ogni dubbio è bene leggere il valore
dell’equidistanza indicato al margine di ogni Tavoletta IGM (Fig. 3.18);
qualora esso non fosse indicato sulla carta è possibile determinarlo os-
servando il numero di curve intermedie tra una direttrice e l’altra.

Figura 3.18 Particolare del margine della tavoletta, valore dell’equidistanza.


I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. Serie storica, levata del 1873.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
3. Lettura delle carte topografiche IGM 71

Nelle serie con equidistanza di 25 m, in legenda sono indicate le ti-


pologie di linee che si trovano sulla carta (Fig. 3.19). La curva direttri-
ce, indicata da una linea continua più marcata, ha valore di 100 m, ed è
segnata quando il livello raggiunge un valore che sia un multiplo di
100, essa prevale nelle zone di montagna dove le quote saranno mag-
giori con aumenti di livello più ripido. La curva di livello intermedia è
continua ma più fina della direttrice, essa ha valore di 25 m e suoi mul-
tipli. Infine la curva di livello ausiliaria è tratteggiata e ha valore di 5 m
e multipli, caratteristica delle zone pianeggianti. Analizzando il tipo di
curva di livello prevalente si potrà dedurre se siamo in presenza di un
territorio montuoso o pianeggiante.
Riepilogando, si può dire che, se l’equidistanza è di 25 m, ogni mul-
tiplo di 100 si troverà solo su una curva di livello direttrice (100-200-
300 ecc.), tra una curva direttrice e l’altra ci saranno tre intermedie, e
ogni multiplo di 25 si troverà solo sulla intermedia (25-50-75 ecc.). Non
si potrà trovare quindi un’ausiliaria di 25 m poiché a questa altezza ci
sarà una intermedia, così come non si troverà una intermedia di 100 m,
dato che essendo multiplo di 100 sarà indicato con una direttrice. Se
invece l’equidistanza è di 10 m avremo direttrici ogni 50 m, quindi tra
una direttrice e l’altra avremo quattro intermedie, in questo modo: 100
direttrice, 110 intermedia, 120 intermedia, 130 intermedia, 140 inter-
media, 150 direttrice.
72 Un’introduzione alla cartografia

Figura 3.19 Particolare del margine della tavoletta, simbologia relativa all’altimetria.
I.G.M. 1:25.000, serie DB, F.374 I N.E.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Nella legenda inoltre, si trovano altri simboli riferiti all’altimetria.


Anzitutto si deve ricordare che il sistema delle curve di livello risulta
poco leggibile nel caso di pareti molto ripide, quasi verticali, dove le
curve sarebbero troppo vicine, in questo caso si usano simboli diversi
per rendere la carta più leggibile, come delle linee puntinate, a indicare
una scarpata o una forte acclività.
Le linee formate da piccoli “triangolini” (Fig. 3.20) denotano rial-
zamenti del terreno: il vertice dei triangoli indica la parte dove il terre-
no ha quota inferiore, la base del triangolo indica invece dove il terre-
no è più elevato. Questa simbologia è frequente ad esempio ai margini
3. Lettura delle carte topografiche IGM 73

di ferrovie, strade o fiumi; importante per interventi sul territorio è sa-


pere se un fiume si trova ad un livello sopraelevato rispetto al territo-
rio circostante, aiutando a prevedere possibili allagamenti in periodi di
piena.


Figura 3.20 Particolare della tavoletta raffigurante il dislivello del terreno in prossi-
mità del fiume.
I.G.M. 1:25.000, F.150 IV N.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Altri simboli riguardano gli argini, raffigurati con due linee paralle-
le puntinate; il punto di quota rappresentato da un punto e da un valo-
re numerico; le doline, ovvero delle concavità tipiche dei terreni carsi-
ci, indicate con un cerchio di puntini e un meno al centro; infine le
grotte indicate da trattini in cerchio o semicerchio a seconda se sono ad
accesso verticale od orizzontale.
Per procedere bisogna tenere a mente alcune regole (Mori, 1986):
 la linea di livello può essere chiusa, attorno a un
punto quotato, oppure aperta con le estremità presso
piani quotati;
 le linee di livello non si intersecano mai;
 se tra punti vicini non vi è spazio sufficiente per
disegnare più curve di livello, se ne tracciano solo alcu-
ne interrompendo le altre.
Si osservi l’esempio del Lago Albano (Fig. 3.21). Le isoipse molto
ravvicinate in prossimità del lago mostrano una variazione di livello
74 Un’introduzione alla cartografia

netta rispetto al territorio circostante. La quota che leggiamo proprio


sulla riva corrisponde al pelo dell’acqua (293 m) e ci fornisce informa-
zioni della quota di quel punto, osservando gli altri valori vicini no-
tiamo che vanno ad aumentare (358 e 426m) formando un pendio ripi-
do, quindi si può affermare che il lago si trova in una conca.
All’interno del lago le curve non sono riferite alla profondità (le isòba-
te aumenterebbero di valore procedendo verso il centro), ma conti-
nuano con lo stesso procedimento dei rilievi terrestri, ovvero indicano
il dislivello del fondale rispetto al livello medio del mare, quindi, es-
sendo in presenza di una depressione, il valore più basso è al centro
(nel caso delle isòbate si sarebbe osservato il valore più alto al centro
del lago).

Figura 3.21 Particolare della tavoletta raffigurante la pendenza di livello in prossi-


mità del lago. A opera dell’autrice sono evidenziati nei cerchi dei punti quotati.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III N.E. serie storica.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Nello stralcio di Tavoletta proposto (Fig. 3.22) è possibile individua-


re chiaramente tutti i tipi di curve di livello studiati. Partendo dalla di-
rettrice immediatamente a est della carta, attraverso l’individuazione
del punto quotato più vicino (604 m) possiamo stabilire che la direttri-
3. Lettura delle carte topografiche IGM 75

ce misura 600 m. Procedendo verso ovest, le curve che seguono sono


ausiliarie, quindi si conterà di 5 in 5 a salire, sino ad arrivare alla in-
termedia di 625, seguono altre ausiliarie, sino alla intermedia di 650,
seguita dalla intermedia 675, e dalla direttrice 700. Il rilievo aumenta di
quota in maniera più decisa, seguono intermedie, sino alla direttrice
800 e poi 900, da qui è la intermedia 925 e infine il punto quotato indi-
cante la vetta di 938 m.
Il secondo caso proposto illustra una regione carsica (Fig. 3.23), ca-
ratterizzata da numerose doline, depressioni del terreno calcareo sca-
vate dall’acqua. In questo caso si procederà con il calcolo delle isoipse
partendo dal centro della dolina che costituisce il punto più basso,
procedendo a salire verso l’esterno. Nello stralcio di Tavoletta è evi-
denziata la dolina con punto quotato di 156m, la prima curva che si in-
contra è una intermedia, che sarà quindi di 175m, seguita dalla diret-
trice di 200m.

Figura 3.22 Particolare della tavoletta raffigurante le variazioni di quota. A opera


dell’autrice sono indicate con delle frecce i valori delle isoipse corrispondenti.
I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. serie storica.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
76 Un’introduzione alla cartografia

Figura 3.23 Particolare della tavoletta raffigurante le variazioni di quota in corri-


spondenza delle doline. A opera dell’autrice sono evidenziate con delle frecce le
quote delle isoipse.
I.G.M. 1:25.000, F.40 II S.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Figura 3.24 Particolare della tavoletta raffigurante la linea di cresta e i punti quotati
evidenziati a opera dell’autrice.
I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. serie storica.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
3. Lettura delle carte topografiche IGM 77

Attraverso le isoipse è possibile individuare la linea di cresta del ri-


lievo (Fig. 3.24), ovvero il punto più alto, basterà tracciare una retta se-
guendo i punti quotati e l’andamento delle curve che si chiudono at-
torno alle vette.
Per determinare la quota di un punto qualsiasi sulla carta è impor-
tante individuare dei punti quotati, ovvero delle vette di monti, delle
curve di livello con scritta la quota, o altri punti sparsi nella carta, indi-
cati a fianco a un puntino o a oggetti geografici, questi saranno i punti
di partenza cui fare riferimento per leggere le isoipse. Da questi punti
si potrà procedere con il calcolo della quota della singola isoipsa.

Riepilogando, i passaggi da seguire per calcolare la quota di un


punto sono i seguenti:
 stabilire gli intervalli dell’equidistanza;
 individuare uno o più punti quotati vicino al punto
d’interesse;
 stabilire se si tratta di una concavità o una convessità;
 stabilire il valore delle curve vicine al punto d’interesse.
Dopo aver individuato il punto quotato, si dovrà determinare se
questo si trova in una concavità o in un’altura, per farlo basterà osser-
vare i punti quotati intorno a esso. Se il punto è su una vetta man ma-
no che ci si allontana da questo si scenderà di quota, quindi si conterà
a ritroso, se invece il punto è in una concavità allontanandosi da esso i
valori delle curve di livello aumenteranno. Il passo successivo consiste
con l’individuare il valore della curva di livello più vicina a partire da
quel punto, fino ad arrivare alla curva nei pressi del punto d’interesse
P. Una volta che si è stabilito il valore delle isoipse, se il punto
d’interesse si trova tra una isoipsa e l’altra è possibile calcolarne la
quota con maggiore precisione (Fig. 3.25), ipotizzando che tra le isoip-
se vi sia una pendenza costante, basterà misurare sulla carta la distan-
za tra le due isoipse A-B entro le quali si trova il punto P, misurare la
distanza tra il punto P e la curva di valore inferiore, in questo caso A, e
applicare la seguente proporzione:

AB:25=AP:X
78 Un’introduzione alla cartografia

Dove 25 m è la differenza di quota tra le due isoipse, AP la distanza


grafica in millimetri tra il punto A e il punto P, AB la distanza in mil-
limetri tra i punti A e B, il valore ottenuto per X è la quota in metri da
aggiungere alla isoipsa di livello più basso, quindi A.
Nel nostro caso la distanza tra A e B è di 9 mm grafici e tra A e P di
5 mm8, quindi avremo:

9:25=5:X
X=13,8 (approssimato a 14 m)

Il valore 14 m è da aggiungere a quello della isoipsa A, quindi la


direttrice A misura 500, più i 14 m si avrà che 514 m è la quota del
punto P.

Figura 3.25 Particolare della tavoletta raffigurante la distanza tra due isoipse e il cal-
colo di un punto intermedio P tra le isoipse A e B, rielaborazione a opera
dell’autrice su tavoletta I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. serie storica.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Tale misura è calcolata sulla reale dimensione della tavoletta, nello stralcio propo-
8

sto potrebbe risultare variata a seguito di ingrandimenti o riduzioni di impaginazione.


3. Lettura delle carte topografiche IGM 79

3.4 Calcolare le coordinate chilometriche

Su tutta la superficie della carta è disegnato il reticolato chilometrico,


la prevalenza del reticolato chilometrico su quello geografico è dovuto
al fatto che le carte IGM nascono con finalità militari, le coordinate chi-
lometriche, infatti, erano utili per calcolare le distanze in operazioni di
artiglieria e missilistica (Bellezza et alii, 1987). Il reticolato chilometrico
è costituito da linee parallele orizzontali e verticali, le quali formano
una rete ortogonale con maglie quadrate dai lati di 1 km in scala. I me-
ridiani e paralleli del reticolato sono diversi dai meridiani e paralleli
geografici, infatti i meridiani del reticolato, essendo paralleli non si in-
contrano mai, a differenza di quelli geografici che invece si incontrano
ai poli.
Le coordinate chilometriche si basano su un sistema di riferimento
cartesiano, calcolate sull’asse delle ascisse e delle ordinate (Fig. 3.26),
dove i paralleli chilometrici sono numerati ai margini est e ovest della
carta, indicando la loro distanza dall’equatore, i meridiani chilometrici
invece sono numerati ai margini nord e sud della carta indicando la
distanza dal meridiano di riferimento, ovvero il meridiano centrale del
fuso adottato cui è attribuito un valore convenzionale di 500, i numeri
dei meridiani si susseguono rispetto a questo numero convenzionale
(De Rocchi, Innocenti, 1970).
Tali distanze sono indicate ai margini della tavoletta (Fig. 3.27) , in
corrispondenza delle linee orizzontali e verticali del reticolato, la pri-
ma o le prime due cifre scritte in piccolo indicano le centinaia, se a una
cifra, o migliaia, se a due cifre, di chilometri dall’Equatore o dal meri-
diano di riferimento del fuso, tale valore non viene sempre indicato, se
è presente solamente al primo e ultimo parallelo e meridiano disegna-
to sulla carta vorrà dire che il valore non varia. Vicine a queste, sono le
cifre scritte con caratteri più grandi, indicano invece le decine e le unità
di chilometri (a seconda se è a una cifra o due).
80 Un’introduzione alla cartografia

Figura 3.26 Particolare della tavoletta raffigurante la quadrettatura chilometrica e i


valori delle rispettive coordinate, rielaborazione dell’autrice su tavoletta I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. serie storica
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Figura 3.27 Particolare della tavoletta raffigurante la quadrettatura chilometrica e i


valori delle rispettive coordinate, rielaborazione dell’autrice su tavoletta I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.374 I N.E. serie DB.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
3. Lettura delle carte topografiche IGM 81

Per calcolare le coordinate chilometriche di un punto P bisogna indivi-


duare le maglie corrispondenti in verticale e orizzontale, ovvero il me-
ridiano immediatamente a est del punto e il parallelo immediatamente
a sud (Fig. 3.28).

Figura 3.28 Particolare della tavoletta raffigurante le procedure per il calcolo delle
coordinate chilometriche, rielaborazione dell’autrice su tavoletta I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III N.E. serie storica
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Nel caso mostrato nello stralcio della carta, il punto P , nei pressi di
Grottaferrata, si trova nella maglia corrispondente al meridiano 08 e al
parallelo 25.
82 Un’introduzione alla cartografia

Successivamente, si procede col calcolo delle coordinate decametri-


che, più precise, per questo passo è necessario l’uso del coordinatome-
tro (Fig. 3.29). Esso è uno strumento trasparente da sovrapporre alla
carta, formato da due righelli perpendicolari delle stesse misure dei
quadrati formati dalla quadrettatura chilometrica disegnata sulla carta.
I lati del coordinatometro sono divisi in 10 segmenti, ciascuno di 100 m
sul terreno, ogni segmento è suddiviso in cinque divisioni di 0.8 mm,
corrispondenti a 20 m. Considerando la mezza divisione, questo stru-
mento permette di calcolare con precisione distanze reali fino a 10 m.

Figura 3.29 Particolare della tavoletta raffigurante il coordinatometro.


I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. serie storica
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Lo strumento andrà sovrapposto con il righello orizzontale in corri-


spondenza della riga orizzontale inferiore al punto P (25), e il righello
verticale sovrapposto al punto P (Fig. 3.30).
3. Lettura delle carte topografiche IGM 83

Sul righello orizzontale9 si legge il punto in cui il coordinatometro si


interseca con la maglia del reticolato a ovest del punto P, ovvero la ret-
ta 07, l’intersezione avviene sul coordinatometro nel sesto segmento,
terza suddivisione, quindi moltiplichiamo per 2 il valore della suddi-
visione:

3x2=6 dam

Figura 3.30 Uso del coordinatometro per il calcolo delle coordinate chilometriche,
rielaborazione dell’autrice su tavoletta I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.150 III N.E. serie storica
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Il primo valore sarà dato dalla riga di intersezione sulla carta 07, dal
segmento di intersezione sul coordinatometro 6, dalla suddivisione del
segmento moltiplicata per 2, ovvero 6. Il risultato della prima coordi-
nata chilometrica è: 0766.

9 È preferibile effettuale l’esercizio su tavoletta in scala, l’esempio riportato serve


solo a illustrare il procedimento, le dimensioni potrebbero risultare distorte a seguito
di riadattamenti alla pagina.
84 Un’introduzione alla cartografia

Le cifre della seconda coordinata si leggono sul righello verticale


dove cade il punto P seguendo lo stesso procedimento. Il primo valore
è dato dalla riga immediatamente a sud del punto d’interesse, 25. Suc-
cessivamente si misurerà sul coordinatometro il segmento che si so-
vrappone al punto P e la suddivisione dello stesso, rispettivamente set-
timo (7) segmento e seconda tacca di suddivisione, quest’ultima da
moltiplicare per 2:
2x2=4 dam

La seconda coordinata decametrica sarà 2574.


Entrambe le coordinate decametriche devono essere completate con
l’indicazione della designazione di zona, ovvero del fuso 33 e della fa-
scia T, queste se non sono note, si possono leggere al margine della
carta nell’esempio di assegnazione di un punto (vedi paragrafo 3.1). Si
aggiunge poi l’indicazione in lettere relativa al quadrato di 100km di
lato (UG), queste lettere sono sempre indicate in maniera visibile sulla
carta (vedi paragrafo 3.1).
Le coordinate complete del punto P proposto nell’esercizio saranno:
33TUG07662574

3.5 Calcolare le coordinate geografiche

I paralleli e i meridiani geografici non sono disegnati sulla carta, essi


vengono indicati solo ai margini della cornice: sul margine superiore e
inferiore (nord-sud) della carta si hanno i gradi della longitudine, su
quello di destra o sinistra (est-ovest) i gradi della latitudine.
Altro elemento importante per il calcolo delle coordinate geografi-
che sono le listarelle, tutte intorno ai margini della carta, esse sono del-
le barre alternate bianche e nere, ciascuna dal valore di un primo (Fig.
3.31).
Per trovare le coordinate geografiche di un punto sulla carta si parte
dai valori indicati a uno dei quattro vertici della carta, i gradi restano
invariati rispetto a quelli specificati, per il valore dei primi si calcole-
ranno le listarelle tra quella più vicina al vertice che abbiamo preso
come riferimento e quella corrispondente al punto P.
3. Lettura delle carte topografiche IGM 85

Dato il punto P tracciamo sulla carta una retta parallela al margine


inferiore e una parallela al margine laterale della carta (Fig. 3.32).

Figura 3.31 Particolare della tavoletta raffigurante le coordinate geografiche e le li-


starelle, rielaborazione dell’autrice su tavoletta I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. serie storica.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
86 Un’introduzione alla cartografia

Figura 3.32 Particolare della tavoletta raffigurante il procedimento per il calcolo del-
le coordinate geografiche, rielaborazione dell’autrice su tavoletta I.G.M.
I.G.M. 1:25.000, F.150 II N.O. serie storica
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017

Dovendo calcolare il punto P nella carta, per la latitudine sappiamo


che sono 41°e 46’perché il punto cade nella seconda listarella, quindi
aumenta di un primo rispetto al valore del vertice.
3. Lettura delle carte topografiche IGM 87

Per il calcolo dei secondi (X) si applica la seguente proporzione:

BC:BD = X:60’’

I valori BC e BD si ottengono misurando con un righello il segmen-


to indicato, dove BC vale 30 mm e BD vale 73 mm, quindi:

30:73 = X:60
X = 24’’

La latitudine di C è 41° 46’ 24’’ Nord dall’Equatore.


Il calcolo della longitudine segue lo stesso procedimento, i gradi so-
no 0°, i primi 16’ perché è una listarella in più rispetto a quella al verti-
ce, i secondi:

EF:EG=X:60’’
20:51=X:60
X=23

La longitudine è 0°16’23’’ Est di Monte Mario.


Da tenere a mente, nel caso in cui si parta da un vertice che non sia
al margine sud ovest della carta, che se siamo nel margine est la longi-
tudine andrà a diminuire in quanto ci avviciniamo al meridiano, se
siamo nel margine nord la latitudine andrà a scendere perché ci avvi-
ciniamo all’Equatore.
Infine, si riporta uno stralcio di carta della serie DB (Fig. 3.33), evi-
denziando la variazione nella raffigurazione delle listarelle. In realtà il
calcolo è semplificato rispetto alle serie precedenti, in quanto ogni
primo è indicato al margine della carta, e ciascun primo è suddiviso in
6 segmenti (gradazione sessagesimale), ognuno del valore di 10’’. Così
ad esempio, le coordinate della stazione metro di piazza Bologna sa-
ranno: 41°54’48’’N - 12°31’15’’E.
88 Un’introduzione alla cartografia

Figura 3.33 Particolare della tavoletta raffigurante le listarelle nella nuova serie.
I.G.M. 1:25.000, F.374 I N.E. serie DB.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n. 6921 del 20.01.2017
Appendice

Leggere una tavoletta topografica permette di avere un’immagine del


paesaggio raffigurato grazie all’osservazione attenta dei simboli carto-
grafici. La sintesi del paesaggio è quindi la fase finale, quella dove tut-
te le considerazioni teoriche e metodologiche vengono messe in prati-
ca. Pertanto è sembrato opportuno proporre alcune letture di carte
IGM 1:25.000 attraverso la cui analisi, con tavoletta alla mano, si inten-
de abituare lo studente alla interpretazione del paesaggio. Si propon-
gono alcuni esempi di stralci di tavolette commentate da diversi geo-
grafi già pubblicati in testi precedenti, per dimostrare che la lettura
della carta è il risultato di un’interpretazione soggettiva, la quale di-
pende non solo dalla cultura geografica posseduta, ma anche dal senso
di osservazione e di sintesi dello studioso, come ricorda Baldacci
(1966).

MONTE BIANCO
F. 27 II N.E.
E. Paratore (Bellezza et alii, 1987, pp.11-12).

Questa tavoletta illustra il massiccio del Monte Bianco co-


me punta estrema nord-occidentale dell’Italia.
Qui la linea di frontiera con la Francia segue precisa-
mente lo spartiacque tra il versante nord e sud della catena
alpina.

AMBIENTE NATURALE
Innanzitutto si riscontrano una linea di spartiacque prin-
cipale già evidenziata ed una minore che, nella parte meri-
90 Un’introduzione alla cartografia

dionale della tavoletta, gira da ovest verso est, interessa le


cime dei monti Perce, Favre, Testa d’Arp.
Lungo la principale che raggiunge le vette più alte si ri-
scontra la presenza di ghiacciai, mentre le cime dello spar-
tiacque minore, pur essendo innevate d’inverno, non svi-
luppano dei ghiacciai.
Comunque il paesaggio glaciale domina incontrastato
sia con forme recenti che residuali. L’attuale configurazione
rileva il caratteristico ghiacciaio alpino, che si sviluppa con
più lingue che dipartono dalle vette più alte. Queste si
spingono sino ad altezze inferiori a seconda dell’ampiezza
del bacino di ablazione.
Il più grande bacino è quello del ghiacciaio di Geant che,
in suolo francese, si sviluppa con la famosa Mer de Glace
sino a circa 1000 m. di altezza.
Nel nostro versante, qui visibile, il più grande è il
ghiacciaio della Brenva che raggiunge i 1400 m.
Facilmente individuabili sono i caratteristici circhi gla-
ciali che ospitano i bacini di alimentazione dei ghiacciai
medesimi. La morfologia degli stessi è riscontrabile con
maggiore precisione nella zona meridionale, non occupata
dai ghiacciai, come quelli ampi che dipartono verso nord
dalla cima del monte Favre. Caratteristica la forma a pira-
mide della cima di questa vetta interessata da ben quattro
circhi glaciali, formatisi ovviamente in epoche di più inten-
sa glaciazione.
Altra evidente caratteristica forma del paesaggio glaciale
è la presenza di vaste pietraie moreniche (indicate con il
puntinato) che ai piedi dei ghiacciai del versante meridiona-
le alpino le vediamo disposte ad anfiteatro terminale, con
diverse quinte a secondo delle varie fasi di avanzamento del
ghiacciaio, mentre ai lati del ghiacciaio della Brenva risal-
tano le pietraie di morene così dette appunto laterali. Lungo
il ghiacciaio del Miage, subito dopo la confluenza con quel-
lo del Dóme, si rilevano i puntini delle morene mediante
appunto per confluenza di due laterali.
Appendice 91

Dei numerosi piccoli laghi si distinguono quelli alla ba-


se dei circhi glaciali e quelli intramorenici. Nel primo caso è
quello de Plate e nel secondo quelli di Combal e del Miage,
questi ultimi formatisi all’incontro degli archi morenici dei
ghiacciai del Miage, de Lex Blanche e di quello che scende-
va dal versante settentrionale del monte Favre nella zona
centro meridionale della tavoletta.
Le valli libere dai ghiacciai sono tutte di conformazione
glaciale. La maggiore nell’ambito della carta è la grande
valle del fiume Dora di Venny, e infatti tracciando un pro-
filo trasversale ad essa si riscontra la caratteristica forma
ad U.
Piuttosto particolare è invece la conformazione della
valle del torrente di Dolonne (nel quadrante orientale della
tavoletta) che sino a circa 1700 m. mantiene una configu-
razione di valle glaciale, per poi assumere quella con profilo
a V delle valli fluviali.
La rete idrografica superficiale si sviluppa nel versante
italiano con due spartiacque, uno che fa capo al fiume Dora
di Veny e l’altra minore che, interessando la parte meridio-
nale della tavoletta, va ad alimentare il non visibile fiume
Dora di la Thuile che insieme formano la famosa Dora Bal-
tea.
Gli affluenti di sinistra della Dora di Veny sono alimen-
tati dai caratteristici torrenti sub glaciali.
La vegetazione riscontrabile lungo la valle della Dora,
data l’altezza, è composta da abeti e larici che raggiungono
al massimo la quota di 2000 m.

INFRASTRUTTURE E ATTIVITA’ ECONOMICHE


L’infrastruttura che risalta maggiormente è il tracciato del
traforo stradale del Monte Bianco con al margine della ta-
voletta l’imbocco italiano di Entréves.
Nel versante settentrionale della valle di Veny da occi-
dente ad oriente e dal basso verso l’alto si segnalano il rifu-
gio Elisabetta (2197 m.) raggiunto dalla carrozzabile che
92 Un’introduzione alla cartografia

corre lungo la valle, il rifugio Gonella (3072 m.) raggiun-


gibile solo a piedi, quello Monzino (2561 m.) raggiungibile
con teleferica e il famoso rifugio Torino (3322 m.) raggiun-
gibile con funivia che, non indicata nella tavoletta, attra-
versa la catena alpina da Entréves sino a Chamoni.
Ben più attrezzato è il versante meridionale della stessa
valle con impianti di risalita per attività sciistica. Si riscon-
trano numerose seggiovie e sciovie, nonché un “altiporto”,
ovviamente per elicotteri.
Come ultima attività economica si riscontra un piccolo
impianto di estrazione di ghiaia e sabbia (1475 m. lungo la
carrozzabile) che sfrutta i depositi morenici del ghiaccio
della Brenva.

Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Monte Bianco, f. 27, II, N.E.


Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
Appendice 93

VESUVIO
F.184 II N. E.
De Vecchis G. (Bellezza et alii, 1987, pp.30-31).

L’elemento di maggior spicco della tavoletta è costituito


dall’edificio vulcanico del Vesuvio, che è situato nella parte
nord-orientale della carta topografica.
È chiaramente visibile il grande tronco di cono, che si fa
progressivamente più ripido.
Al centro dell’apparato vulcanico si trova il cono termi-
nale, propriamente detto Vesuvio, con il suo cratere (il se-
gno -, con la quota 951, indica che siamo in presenza di una
depressione e non di una forma convessa, mentre la mag-
giore altitudine della cinta è a 1281 m.).
Il cono terminale è parzialmente circondato da una pos-
sente (e più antica) cinta craterica, che è rimasta soltanto
nella parte settentrionale ed in quella orientale (Monte
Somma). Tra il Vesuvio e il Monte Somma (che ne costitui-
sce il “recinto” esterno) si trova un vasto vallo craterico, a
fondo quasi piatto (Atrio del Cavallo, Valle del Gigante,
Valle dell’Inferno). Nella parte terminale della Valle
dell’Inferno la cresta del Monte Somma va confondendosi
con i versanti dell’edificio vulcanico.
La Valle del Gigante è attraversata da varie colate lavi-
che (vedi sulla carta le indicazioni “Lava del 1944”, “Lava
del 1891-93”, ecc.), che offrono un’ulteriore informazione
per la lettura e l’interpretazione del paesaggio.
Osservate lungo le pendici del Vesuvio numerose bocche
laterali di emissione lavica: Bocche del 1794 e Bocche del
1861 (circa 3 Km a SO del cratere), Bocche del 1760 (quasi
4 km a S).
Il rilievo va progressivamente diminuendo di altitudine
(ma con andamento piuttosto irregolare a causa della pre-
senza delle colate laviche), dal cratere alla fascia costiera. Le
colate laviche, infatti, sono ripetutamente giunte fino al
mare. Le lave più recenti si mostrano tuttora prive di vege-
94 Un’introduzione alla cartografia

tazione, mentre le più antiche appaiono coperte di arbusti,


alberi o sono intensamente coltivate.
Una protagonista del paesaggio vesuviano è la gialla gi-
nestra; pur non essendovi un simbolo apposito che ne indi-
chi la presenza, potete osservare il toponimo “Piano delle
ginestre” (la scritta è quasi coincidente con l’isoipsa 500).
Sebbene le lave ed altro materiale vulcanico abbiano a più
riprese percorso i versanti del Vesuvio, la vegetazione spon-
tanea è, con il trascorrere degli anni, riuscita a riconquista-
re lo spazio perduto formando, in qualche caso, estese for-
mazioni boschive. Si riportano a puro titolo esemplificativo,
alcuni esempi significativi. Osservate, un paio di km a S
del cratere, l’accostamento “Lava del 1944” e “Lava del
1822”, la prima colata – ammassi caotici e lingue chiara-
mente visibili – è completamente priva di vegetazione, men-
tre la seconda, già abbondantemente “lavorata” dagli agen-
ti esogeni, è coperta da una pineta piuttosto fitta come si
può desumere dalla presenza del simbolo dei tre pini ravvi-
cinati.

INSEDIAMENTO UMANO
L’area in questione posta, ad oriente di Napoli, tra la costa
e le falde del Vesuvio – è stata sempre “attrattiva" per la
popolazione; è visibile, tra la costa e l’abitato di Resina,
l’area degli Soavi di Ercolano, città romana distrutta
nell’eruzione del 79 d.C.
Da quando fu costruito a Portici il Palazzo Reale (vedi
Parco Inferiore e Parco Superiore attorno alla strada per
Resina) la nobiltà napoletana edificò numerose ville, parti-
colarmente lungo l’arteria stradale che prosegue oltre Resi-
na verso Torre del Greco (vedi in particolare Villa Aprile, la
Favorita, Villa Matarazzo).
Oltre ai grossi centri di Torre del Greco e di Torre An-
nunziata si osservano (da nord-ovest a sud-est) gli agglo-
merati di San Giorgio a Cremano, Portici, Resina-
Ercolano. In realtà si tratta di una fascia costiera intera-
Appendice 95

mente urbanizzata. Notate, tuttavia, come singole abita-


zioni, gruppi di case, masserie, ville si spingano fin quasi
sotto il cratere, in un’area cioè ad alto rischio vulcanico.

ECONOMIA E INFRASTRUTTURE
A monte di Resina e Torre del Greco la colata lavica del
1631 (da un punto di vista geomorfologico non più facil-
mente distinguibile), è coperta di vigneti.
In realtà le falde del Vesuvio, particolarmente fertili per
la presenza di Sali e minerali presenti nel materiale vulca-
nico, sono intensamente coltivate, con prevalenza di vigneti
e, poi, di uliveti. Si può inoltre notare la presenza di tantis-
simi pozzi, cisterne, fontane, che denotano una certa neces-
sità di approvvigionamento di acqua per le pratiche agrico-
le, almeno nei mesi estivi.
Il tratto costiero è “percorso” da tutta una serie di vie di
comunicazione: autostrade, strade statali, strade locali, fer-
rovie elettrificate a doppio binario (Napoli-Salerno), ferro-
vie a scartamento ridotto (Circumvesuviana).
Una ferrovia a scartamento ridotto conduce
all’Osservatorio Vesuviano e alla Stazione inferiore della
seggiovia (che porta a sua volta al cratere del Vesuvio). At-
tualmente il tronco ferroviario è stato abbandonato e la
seggiovia non è più in funzione.
96 Un’introduzione alla cartografia


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Vesuvio, f. 184, II, N.E.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
Appendice 97

POGGIOREALE DEL CARSO


F.40 II S.O.
Bellezza G. (Bellezza et alii, 1987, pp.19-21).

AMBIENTE NATURALE
La carta ha la direttrice morfologica principale orientata in
senso NW-SE, che è indicata nel modo più evidente dalla
linea di costa; già alla prima occhiata si può vedere come la
viabilità di maggiore importanza abbia lo stesso orienta-
mento. Nella stessa direzione si allunga il confine di Stato
tra la Venezia Giulia italiana e la Slovenia iugoslava,
nell’angolo nordorientale della tavoletta.
Al margine orientale, sul lato italiano del confine si ve-
dono le quote 472 e 427 (zona di M. Orsario), mentre in
zona iugoslava si superano appena i 400 m. Continuando a
osservare le quote ai due lati del confine, nel tratto da Colle
dell’Anitra a Vetta Grande in Italia, si superano più volte i
500 m. appena sfiorati invece in territorio sloveno. Il confi-
ne si allunga parallelamente e in vicinanza delle quote
maggiori, ma lasciandole in Italia.
Nei circa 6 chilometri che intercorrono tra la zona delle
quote maggiori e il mare il declivio è tutt’altro che costante:
a un chilometro dal mare infatti, si sta ancora (da NW
verso SE) a 272 m. nel M.S. Paolo, a 253 nell’abitato di
Contovello, a 334 nel M. Grisa, a 368 nel M. Gurca; solo
oltre questo rilievo tra l’orlo del gradino morfologico e il
mare le isoipse si distanziano maggiormente, ma senza che
vi sia comunque spazio per una pianura costiera. La terra
ferma, in pratica, incombe sul mare con un dirupo a forte
pendenza.
Il tratto a pendenza meno accentuata, tra 1 e 6 km. della
costa presenta una forma di erosione particolare, evidente
anche nelle zone coperte di vegetazione (in verde nella car-
ta). Il territorio è disseminato di piccole cavità circolari, in
genere della profondità di pochi metri rispetto al piano di
campagna. Queste cavità sono altrettante doline, le classi-
98 Un’introduzione alla cartografia

che forme superficiali dell’erosione carsica. Ci si potrebbe


chiedere se si tratta di cavità o rilievi, ma in merito la carta
fornisce indicazioni inequivocabili. Il segno – chiarisce che
si tratta di forme cave e non prominenti, ma spesso la pro-
fondità supera i 25 metri, di modo che la dolina attraversa
una curva di livello. Si veda, ad esempio, quella posta circa
al 5 km a SE di Gabrovizza S. Primo, nella quale l’orlo è a
circa 220 metri, e il fondo a 179.
Nella zona slovena le doline sono abbondanti solo a quo-
te inferiori ai 300 m., ma il fenomeno non è legato
all’altezza. Il fatto è che nell’intervallo 500-300 metri la
pendenza è molto forte, e alle acque scorrenti manca il tem-
po per esercitare una dissoluzione superficiale della roccia;
sotto i 300 metri, invece, il territorio è pianeggiante, il che
consente un buono sviluppo di questo tipo di erosione. Si
può ora constatare che lo stesso fenomeno (assenza di doli-
ne) si osserva nel tratto a forte pendenza che da direttamen-
te sul mare.
Il grande sviluppo dell’erosione carsica nella regione è
indicato anche, in negativo, dalla assenza di corsi d’acqua
superficiali. Appena a SE di Contovello si vede una lineetta
azzurra di poche centinaia di metri, e altre appena più lun-
ghe si vedono nella parte più meridionale, sempre in pros-
simità della costa. In tutto il territorio l’acqua piovana vie-
ne assorbita, appena caduta, da migliaia di doline, e va ad
alimentare la circolazione sotterranea tipica delle regioni
carsiche.
La vegetazione della regione trova un forte limite nella
grande estensione degli affioramenti calcarei. Le zone mi-
gliori sono quelle a minore pendenza, che favoriscono
l’accumularsi della discretamente fertile terra rossa, resi-
duo della corrosione del calcare. Si trovano conifere nelle
regioni più elevate, e la grande estensione del ceduo indica
che nell’insieme prevalgono specie arboree poco pregiate.
Gran parte della vegetazione indicata come “bosco” risulta
in effetti costituita da cespugli.
Appendice 99

INSEDIAMENTO UMANO
Il rapporto tra popolazione sparsa e accentrata è impropo-
nibile dato che la popolazione sparsa è del tutto assente. La
regione più popolosa è quella costiera, non appena la pen-
denza si addolcisce; lo si osserva da Bàrcola verso sud, dove
comincia l’agglomerato urbano triestino.
Interessante è la posizione di Contovello e Prosecco, sul
solo punto in cui il gradino tra costa ed entroterra è a quota
inferiore 250. Immediatamente al di là del ciglio le quote
scendono di alcune decine di metri, e altri centri si svilup-
pano nella parte meno rilevata. Gabrovizza S. Primo verso
NW, Poggioreale del Carso e Trebiciano verso SE, scherma-
ti dal mare del rilievo Poggioreale-M. Belvedere.
Da questa zona depressa allungata parallelamente alla
costa (e nella quale troviamo le doline maggiori e più pro-
fonde) si sale verso i maggiori rilievi della carta. A
un’altezza di 270-208 m sul versante italiano (meglio so-
leggiato) si sviluppano i piccoli centri di Sales, Sgonico e
Rupinpiccolo. Gli altri centri abitati (Rupingrande e Zolla
in Italia, Vogliano e Vercogliano di Monrupino in Iugosla-
via) sono posti nella zona del valico tra M. Orsario e Vetta
Grande.

ECONOMIA E INFRASTRUTTURE
L’attività agricola, per quanto si desume dalla carta, si li-
mita all’impianto di alcuni vigneti sul versante prospicien-
te il mare e nei pressi di alcuni centri dell’interno. Un’altra
attività economica deducibile dalla carta è l’estrazione di
calcare dalla numerose cave di pietra. L’abbondanza di af-
fioramenti rocciosi è sottolineata anche dalla toponomasti-
ca, nella quale è frequente il termine “rupe” con i suoi de-
rivati.
La regione è percorsa da intensi traffici, come si può de-
sumere dalla forte densità delle vie di comunicazione, il cui
insieme risulta fortemente condizionato dalle direttrici
100 Un’introduzione alla cartografia

morfologiche. Lungo il mare passano una strada statale e


una ferrovia a doppio binario; a Bàrcola risulta chiaro che
la strada è precedente allo sviluppo dell’abitato, mentre la
ferrovia è successiva, dato che è costretta ad aggirarlo. Im-
mediatamente oltre il gradino che domina la costa si vedono
la strada che passa per Prosecco e Trebiciano e la statale
Triestina, successiva e molto più rettilinea. Sempre paralle-
la a questo allineamento è la strada che unisce i centri da
Sales a Rupingrande e oltre. Una seconda ferrovia a doppio
binario percorre la zona più bassa al di là del ciglio roccioso
Poggioreale-M. S. Paolo, accanto alle doline maggiori.
Le altre vie di comunicazione sono più o meno perpendi-
colari a queste, e la principale è quella che da Poggioreale
punta verso NE sino in Iugoslavia, affiancata da una ferro-
via ad un binario. Si noti che questa ferrovia giunge evi-
dentemente nella zona urbana di Trieste, e per superare il
forte dislivello si sono dovuti realizzare molti tratti in gal-
leria. Appena oltre confine si vede la stazione di Monrupi-
no, che è un toponimo evidentemente italiano e riferito a
una zona che si trova in Italia (sulla carta è scritto imme-
diatamente a sud di Rupingrande); questo è uno dei tanti
segni del lungo conflitto successivo alla seconda guerra
mondiale per la definitiva fissazione del confine. Si osservi
anche (ultima indicazione nella prima colonna della legen-
da) che nell’anno di edizione della carta (1962) questo era
ancora indicato con una semplice linea di demarcazione e
non con un confine statale definitivo come è oggi.
Dalla periferia di Trieste alcune strade secondarie a forte
pendenza salgono verso Poggioreale (sulla Trieste-Opicina
si è svolta per molti una gara automobilistica in salita), ma
la sola strada di una certa importanza che sale dalla costa
all’entroterra è quella che da Bàrcola si dirige a Contovello
e Prosecco, e che impiega circa 6 Km per salire meno di 250
metri per poi proseguire verso l’interno.
Appendice 101


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Poggioreale del Carso, f. 40, II,
S.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
102 Un’introduzione alla cartografia

VICOPISANO
F. 105 III S.E.
Mori A., (Mori, 1986, pp. 254-255).

Tratto dell’andamento del terreno è qui caratterizzato dalla


netta distinzione fra il rilievo, limitato alla zona occidentale
con le ultime propaggini orientali del M. Pisano e la parte
orientale completamente pianeggiante con la pianura allu-
vionale dell’Arno.
Dall’andamento delle curve di livello e dalle quote si os-
serva che il rilievo degrada rapidamente con un paio di chi-
lometri, dai 270 m di Casa Cima alla Serra ai 14 m de la
Ciona della Piana di Bientina, in cui sembra quasi immer-
gersi per effetto del sovralluvionamento operato dall’Arno.
Il rilievo, inoltre, ha andamento piuttosto irregolare, con
colline minori e talvolta erte, come quella di M. d’Oro (201
m). Esso viene inciso com’è dai torrenti, sia per i due mag-
giori -del Rio Magno e del Rio Tanali- sia numerosi corsi
minori che hanno quasi tutti origine in una fascia non su-
periore ai 100 m, caratterizzata pure dalla presenza di di-
verse sergenti perenni e da prese d’acquedotti.
Altro elemento dell’idrografia è il canale emissario che,
scendendo da NE a SO insieme al Fosso della Serezza, por-
ta al mare (passando al di sotto dell’alveo pensile dell’Arno)
le acque raccolte da tutta una serie di canali minori
nell’alveo del vecchio lago di Bientina. Si tratta dunque di
un paesaggio dominato, dal punto di vista economico, dalla
bonifica, facilmente riconoscibile per le regolarità dei canali,
delle strade, delle colture ecc. Il manto vegetale è costituito
essenzialmente da specie coltivate, non solo in pianura, con
seminativo arborato con la vite, ma anche sul rilievo dove
predomina l’olivo, specie nei versanti esposti a sud. Si ten-
ga presente che la vite è rappresentata da una specie di L in
corsivo maiuscolo, mentre il segno di un alberello molto
espressivo indica l’olivo. Un semplice circoletto indica la
ripetizione, sul territorio, di una specie arborea, che è indi-
Appendice 103

cata di tanto in tanto con un segno speciale. Notevole im-


portanza nella pianura bonificata hanno le molto estese vi-
gne e vigneti specializzati e promiscui, ma si coltivano an-
che piante legnose per lo più fruttifere o piante erbacee co-
me foraggere. Insieme all’agricoltura è stata progressiva-
mente svolta l’attività industriale di vario genere (di cui
appare qualche segno) a cominciare da quella del legno cui
poi si sono aggiunti interessanti lavori.
Per le sedi umane è stata fatta una discreta quantità di
case sparse sia nella pianura sia nei versanti a solatio. Dai
due centri di Cascine e Bièntina, il primo è caratterizzato
da una struttura molto allentata, con case distribuite lungo
la strada; il secondo è un centro di pianura a struttura mol-
to più accentrata e con pianta regolare nella zona centrale,
da cui si dipartono a raggiera diverse strade. In tutta la zo-
na la rete viaria sia principale che secondaria è abbastanza
sviluppata, e si nota pure con andamento dal nord a sud,
una ferrovia in disarmo (a tratto spezzato).
La presenza, infine, di numerosi opifici, sia a forza
idraulica (indicato con una stellina) che elettrica (una frec-
cina a zig-zag), distribuiti in particolare lungo il corso del
Rio Magno e nei due centri, indica come in questa zona
l’attività economica si è evoluta, dalle tradizionali basi
agricole, verso nuove prospettive industriali.
104 Un’introduzione alla cartografia


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Vicopisano, f. 105, III, S.E.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
Appendice 105

CONTARINA
F. 65 II S.O.
Capello C. F. (Capello, 1968, pp.94-95).

Questo stralcio di tavoletta raffigura un tratto della pianu-


ra percorsa dal Po di Levante, presso la sua foce. Sono rile-
vabili i seguenti fatti:
a) il territorio non è percorso da isoipse, quindi è piano; b)
nella metà a destra lo solcano numerosi canaletti irrigui che
dividono la superfice in campi ad assetto regolare ed in pic-
coli appezzamenti con orti, oppure vigneti; c) sull’estrema
destra vi è una prateria di bonifica fiancheggiata da due ar-
gini uno dei quali costeggiato da un canale; d) nella parte
sinistra si sviluppano terreni sabbiosi d’origine alluvionale
con qualche pianta sporadica; e) il centro di Rosolina pos-
siede un punto della rete geodetica (chiesa); f) lungo le
strade principali e secondarie s’allineano case sparse; g) la
linea ferroviaria ha ivi una stazione.
106 Un’introduzione alla cartografia


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Contarina, f. 65, II, S.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
Appendice 107

GARBAGNA
F. 71 III N.O.
Capello C. F. (Capello, 1968, pp.104-105).

Le quote segnate, massime e minime, e l’andamento delle


isoipse, denotano che la zona è collinare (colline di Torto-
na). Elementi morfologici dominanti del paesaggio sono i
calanchi che si sviluppano ampiamente e con struttura a
ventaglio nel bacino di Frascata. I burroni e le vallecole si
diramano fitte in ognuno dei solchi idrici costituenti la rete
fluviale e sono senza un ordine apparente: si deduce perciò
che, in genere, i calanchi sono dovuti alla incoerenza del
terreno e non alla sua struttura.
Il bacino idrico del rio di Moncalvo è invece dissimme-
trico ed i calanchi si sono sviluppati anormalmente, forse
per particolari condizioni stratigrafiche. Le colline sono co-
perte da vegetazione boschiva e talvolta da vigneti, i quali
ultimi sono estesi in piano. Il letto torrentizio di fondovalle
è ampio, alluvionato, e su di esso stanno nuclei abitati no-
tevoli, con alcune sorgenti, una delle quali è sulfurea. Si
hanno ancora case sparse sui colli, i quali sono percorsi da
sentieri e mulattiere.
108 Un’introduzione alla cartografia


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Garbagna, f. 71, III, N.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
Appendice 109

COVENAGO D’ADDA
F. 60 IV N.E.
De Rocchi S. T. , Innocenti P. (De Rocchi, Innocenti, 1970, pp.
56-58).

La mancanza di isoipse dimostra la conformazione pianeg-


giante del territorio: la parte più elevata è il terrazzo (deli-
mitato da una scarpata) su cui si stende il centro di Cave-
nago d’Adda, mentre il punto più basso va cercato
nell’angolo inferiore a destra, lungo il corso del fiume, per-
ché questo scorre verso SE, come si deduce dalle quote.
Il corso dell’Adda, che segna il confine tra due province,
si snoda in ampi e ripetuti meandri. I meandri hanno una
loro evoluzione: attraverso processi di erosione, la forma a
ferro di cavallo assunta dal fiume si allarga, poi il collo
dell’ansa si assottiglia gradatamente finché viene divelto da
una piena del fiume che riprende un percorso diretto. Ma il
vecchio alveo abbandonato (mortizza) non scompare. Come
ben si nota nella carta, il vecchio meandro contiene ancora
acque morte mentre i depositi del fiume ne chiudono gli
imbocchi; è rimasto come uno stagno semilunare che si va
trasformando in acquitrino. L’alveo lentamente tende a
cancellarsi, ma ne rimangono sempre tracce evidenti sul
terreno ed anche nella viabilità: si può infatti osservare che
la strada che da Cavenago conduce a Persia ha il ponte sul
meandro e non sull’attuale corso del fiume che viene attra-
versato con chiatte.
Numerosi canaletti irrigui, fiancheggiati da alberi, in-
tersecano campi coltivati (aree in bianco) e prati (trattini a
ciuffetti); nell’angolo a NE si vedono alcune risaie (tratti
orizzontali). Ai margini del fiume ed all’apice dei meandri
abbondano pioppete e boscaglie.
Il centro di Cavenago d’Adda occupa l’estremità del ter-
razzo sovrastante il meandro morto e si distende più in bas-
so lungo le strade: le case sono piuttosto diradate dando po-
sto ad orti e cortili. Le abitazioni isolate (“cassine”) sono
110 Un’introduzione alla cartografia

scarse. Strade carrozzabili o carreggiabili percorrono in va-


rio senso la regione, mentre i campi sono attraversati da al-
cune strade campestri o da semplici viottoli.
Il corso dell’Adda segna un confine prima di comune e
successivamente di provincia. Quando il letto di un fiume è
piuttosto ampio, i limiti amministrativi si disegnano
nell’alveo stesso, perché in teoria tali limiti seguono la linea
di maggior profondità dei fiumi stessi.


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Covenago D’Adda, f. 60, IV,
N.E.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
Appendice 111

FIRENZUOLA
F. 98 II N.E.
Sestini A. (Sestini, 1972, p.94).

1°) descrizione della strada da Fantino a Poggio Renzuola.


Dalla carrozzabile che segue da vicino il fiume, si stacca
una strada carreggiabile, che sale con ripetute svolte il fian-
co assai ripido della valle. Questa carreggiabile lascia a si-
nistra la chiesa isolata di Fantino; dallo stesso lato dirama
una mulattiera che porta a O. Nuova. Più sopra la carreg-
giabile rasenta una casetta, e si sviluppa poi con moderata
pendenza sul fianco sinistro della piccola valle che discende
dal Poggio Renzuola. Traversa un lembo di bosco, oltrepas-
sa un ruscelletto, tocca un’altra casa (Mengacci), traversa
un secondo ruscello. Un po’ oltre rasenta un castagneto e,
passato un terzo ruscello, riprende a salire più ripida e con
qualche svolta, terminando sulla cresta della montagna, a
quota 861. La cresta è percorsa da una mulattiera; pren-
dendo a sinistra si arriva sotto la cima di Poggio Renzuola,
dove la mulattiera si biforca. Per raggiungere la cima oc-
corre compiere una breve e ripida salita in mezzo al bosco.
2°) regione di bassa montagna (Appennino Romagnolo).
Da una cresta con molte piccole cime (presso il margine
superiore della carta), alta 850-950 m., si staccano verso
sud-sud-est tre brevi contrafforti, ciascuno dei quali ha un
fianco assai ripido e accidentato ad oriente, un fianco più
uniforme e meno inclinato ad ovest. Il contrafforte orientale
e quello centrale discendono sopra la valle principale, per-
corsa dal fiume (Lamone), l’altro sopra una valle secondaria
(delle Fogare). Il terreno è in parte nudo, con frequente af-
fiorare di sassi e roccia, in parte rivestito da bosco (alcuni
castagneti). Poche case isolate sono sparse qua e là sui fian-
chi; isolata è pure la chiesa di Fantino. Lungo la valle prin-
cipale corrono una ferrovia (con gallerie e stazione) ed una
strada carrozzabile; nel rimanente le vie di comunicazione
sono quasi soltanto mulattiere (talora fiancheggiate da sie-
pi) o semplici sentieri.
112 Un’introduzione alla cartografia


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Firenzuola, f. 98, II, N.E.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
Appendice 113

SESTRI PONENTE
F. 82 II N.E.
Sestini A. (Sestini, 1972, p. 150-151).

La Tavoletta F.82 II NE (Sestri Ponente) è caratterizzata


da un tipico paesaggio industriale che, nella parte ripro-
dotta, si prolunga seguendo il torrente Polcèvera
(l’idronimo non è scritto nello stralcio di carta). Il solco
vallivo si sviluppa secondo una direzione meridiana, fian-
cheggiato ad est e ad ovest da acclivi montuosi di notevole
ripidità. In questa situazione morfologica il fondovalle è
doppiamente prezioso: 1) perché offre gli unici spazi pia-
neggianti disponibili; 2) perché consente l’utilizzazione
delle acque correnti.
Nonostante la sovrapposizione intensa del paesaggio an-
tropico su quello naturale, la carta topografica consente an-
cora di notare un letto fluviale molto ghiaioso, con numero-
se isolette. Il corso d’acqua è arginato lungo ambedue le
sponde. Non sono osservabili le confluenze dei solchi pro-
venienti dalle colline, proprio a motivo della obliterazione
delle condizioni naturali effettuata da parte dell’uomo con
le sue opere molteplici.
Le colline per lo più sono arborate in alto (castagni) e a
vigneto in basso; numerose costruzioni di vario tipo ed en-
tità si osservano lungo i fianchi. Risalendo la valle, si nota-
no ad oriente gli sproni imponenti di antiche fortezze a di-
fesa della città di Genova e numerose dimore, spesso alli-
neate, come evidente proliferazione filamentosa di coagula-
menti urbani. Nel settore vallivo occidentale l’insediamento
presenta più villette residenziali e case rurali, forse perché
ci si allontana dai centri polarizzatori delle attività indu-
striali. Invece tutta la parte orientale è collegata con Geno-
va e ne è praticamente la periferia anche come tipo di inse-
diamento nettamente urbano, come maglia viaria, come
ampiezza di edifici.
114 Un’introduzione alla cartografia

Fabbriche ed opifici, depositi all’aperto e grossi magaz-


zini sono a destra e a sinistra del torrente Polcèvera, ma gli
impianti maggiori si sviluppano sulla destra, per motivi
che dalla carta topografica si possono desumere soltanto a
titolo di ipotesi: minore costo dei terreni perché situati oltre
il torrente Polcèvera rispetto a Genova? Precedente esisten-
za dell’abitato sulla sponda sinistra? Necessità di tenersi a
distanza dalle fortezze? ecc. ecc.
Il solco del torrente condiziona tutte le opere umane,
come situazione locale (affiancamento in prevalenza paral-
lelo lungo le sponde) e come direzione di tutto il complesso
dell’attività, che si accumulano materialmente nel fondo
valle, allineandosi e costipandosi nel medesimo per più chi-
lometri, senza soluzione di continuità. Il sistema stradale e
ferroviario esaspera questi aspetti e li esprime materialmen-
te con più binari sulla sponda destra e sinistra, con stazioni
e scali merci in disimpegno locale. Si osservano strade fer-
rate a doppio binario e a trazione elettrica, che collegano
Genova con il Piemonte e la Lombardia. Quella ferrovia a
doppio binario, che partendo da Genova supera dapprima
con un ponte in ferro il torrente Polcèvera, e abbandona il
fondovalle (che segue però parallelamente alla sponda de-
stra), presenta già nello stralcio in esame una piccola galle-
ria. Altre ne seguono con audaci opere d’arte, che hanno re-
so particolarmente dispendiosa la pur necessaria costruzio-
ne di questa tratta.
È un paesaggio industriale al quale i numerosi fumaioli
(indicati nella carta), conferiscono una notevole dimensione
anche in altezza, che noi possiamo purtroppo solo intuire
dalla osservazione della carta.
Appendice 115


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Sestri Ponente, f. 82, II, N.E.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
6921 del 20.01.2017
116 Un’introduzione alla cartografia

TRAPANI
F.248 III S.O.
Sestini A. (Sestini, 1972, p. 150-151).

Rappresenta la tavoletta di SW del III quadrante del foglio


248° in cui è stata è stata divisa l’Italia dall’I.G.M.
La costa si presenta bassa e sabbiosa a Sud e con una
leggera scarpata a Nord. Oltre la fascia pianeggiante, le
curve di livello molto ravvicinate, con quote che arrivano
oltre i 570 metri in breve tratto, ci stanno ad indicare che il
rilievo presenta un brusco innalzamento.
L’abitato di Trapani presenta una parte antica con stra-
de molto strette e tortuose e una parte moderna a scacchiera
con strade ampie che s’incrociano ad angolo retto. I sobbor-
ghi (borgo Annunziata) si sviluppano lungo due grandi
strade fuori dell’abitato. Case sparse le troviamo alle falde
del rilievo e nella zona pianeggiante. A Sud e a NE di Tra-
pani troviamo il simbolo delle saline. Nella parte pianeg-
giante invece, ad Est della città, vediamo il tipico simbolo
degli orti e delle colture arboree, in piccoli appezzamenti,
costituite da vigneti, agrumi, ed oliveti. Da notare anche il
simbolo della ferrovia che si biforca all’altezza della stazione
marittima. Tra le numerose strade carrozzabili che si dira-
mano da Trapani, ne vediamo una che sale con numerosi
tornanti dandoci l’idea del brusco innalzamento del rilievo
ivi presente. Nella parte piana vi sono anche strade carreg-
giabili e campestri mentre sul rilievo ci sono le mulattiere e
i sentieri.
Appendice 117


Stralcio di carta I.G.M. 1:25.000, Trapani, f. 248, III, S.O.
Dai tipi dell’Istituto Geografico Militare – Autorizzazione n.
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p.le Aldo Moro, 5 - 00185 Roma
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