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Inconscio

Inconscio
Il termine inconscio sta a indicare genericamente tutto ci che non presente alla coscienza. In senso pi specifico, rappresenta quella dimensione psichica contenente pensieri, emozioni, istinti, rappresentazioni, modelli comportamentali, spesso alla base dell'agire umano ma di cui il soggetto non assolutamente consapevole.[1]

Storia del concetto


Carl Gustav Jung riteneva che una psicologia dell'inconscio fosse presente sin dagli albori dell'umanit, collegata alle antiche pratiche sciamaniche dei popoli primitivi.[2] Il termine inconscio a ogni modo stato utilizzato come sostantivo solo a partire dall'Ottocento, mentre in precedenza veniva usato per lo pi come aggettivo per denotare quei processi di pensiero nascosti alla coscienza.[3]

Dall'et antica a quella moderna


Le origini del concetto si possono rintracciare gi presso gli antichi Greci,[4] che tuttavia non conoscevano ancora un termine equivalente a quello odierno di inconscio. Platone, rifacendosi alle dottrine religiose orfiche e pitagoriche, parlava di un sapere nascosto all'interno dell'anima umana, la quale lo aveva contemplato nel mondo iperuranio delle idee, per poi dimenticarlo dopo la sua rinascita nel corpo; si tratta di una conoscenza latente che la filosofia dovr risvegliare con la reminiscenza o anamnesi (anmnesis).[5] Egli descrive la triste condizione dell'oblio soprattutto nel mito della caverna, dove gli uomini sono condannati a vedere soltanto le ombre del vero, e condannano i pochi illuminati che, usciti fuori dalla caverna, intendono svelare loro la luce del sole.[6] Questo "inconscio" platonico non da intendere in senso freudiano,[7] ma si avvicina comunque al significato che Jung dar all'inconscio collettivo.[8][9]

Platone

Anche il filosofo neoplatonico Plotino stato ritenuto un precursore della psicologia dell'inconscio,[10] per le sue riflessioni sui processi non coscienti dell'anima, da lui "sdoppiata" in una superiore e una inferiore, alle quali corrispondono due forme distinte di pensiero: quello intellettivo-noetico, cio intuitivo, rivolto alla contemplazione degli archetipi (l'"inconscio")[11] collegato all'Anima del mondo, e il pensiero logico-discorsivo che spesso coincide con quel che noi chiamiamo "conscio". Jung sostenne che la concezione platonica dell'inconscio archetipico avesse permeato di s anche il Medioevo e il Rinascimento, per spegnersi infine alle soglie dell'et moderna:[12]
In Platone si d un'enorme importanza agli archetipi, quali idee metafisiche, paradigmi o modelli, mentre gli oggetti reali sono trattati alla stregua di semplici copie di questi modelli ideali. La filosofia medievale, dai tempi di S. Agostino dal quale ho preso l'idea di archetipo fino a Malebranche e a Bacone, segue ancora le orme di Platone. [...] Da Cartesio a Malebranche in poi, il valore metafisico dell'idea o archetipo va gradatamente deteriorandosi. L'idea diventa un pensiero, una condizione gnoseologica interna. [...] Infine Kant riduce gli archetipi a un numero limitato di categorie della conoscenza. (Jung, Istinto e inconscio, in La psicologia dell'inconscio, trad. di Marco Cucchiarelli e Celso Balducci, Newton Compton editori, 1997, pag. 169)

Inconscio

Leibniz e le "piccole percezioni"


Il primo filosofo a evidenziare l'esistenza di percezioni inconscie stato nell'et moderna il neoplatonico Gottfried Leibniz, in opposizione alla dottrina di Cartesio che aveva identificato la coscienza con la totalit della vita pensante. Secondo Leibniz la posizione di Cartesio era gravemente sbagliata, perch dentro di noi esistono anche pensieri di cui non siamo coscienti. Secondo Leibniz era inoltre sbagliato contrapporre la res cogitans (la cartesiana "sostanza pensante") ad una res extensa (o "sostanza materiale"), perch persino al pi infimo livello dell'essere non c' mai assenza totale di una qualche attivit pensante. Non esiste una realt che sia priva di pensiero, contrapposta allo spirito; esistono semmai infinite gradazioni di pensiero, da quello pi confuso o inconscio a quello pi chiaro e distinto, che l'appercezione.[13] Leibniz si pose agli antipodi anche rispetto all'empirismo di Locke, che pur partendo da una prospettiva diversa da quella di Cartesio, era giunto ugualmente a concludere che esistessero solo Leibniz le idee di cui abbiamo coscienza, presumendo che queste fossero un'"impronta" del mondo sensibile, un prodotto dell'esperienza che plasmerebbe la nostra mente come una tabula rasa. Leibniz fu invece un sostenitore dell'innatismo platonico della conoscenza: dentro di noi esistono gi delle idee latenti, o appunto inconsce, che l'esperienza pu risvegliare, ma non creare dal nulla.[14] Ognuno di noi infatti una monade, secondo Leibniz, cio un centro di rappresentazione, e quindi anche il processo della conoscenza avviene tutto al nostro interno. Percepire diverso da accorgersi: vi sono monadi pi elevate e meno elevate, cio meno coscienti. Tra noi e una roccia c' alla fine solo una differenza di coscienza. Ma anche in noi ci sono certamente pensieri inconsci. Leibniz affermava che noi abbiamo delle "piccole percezioni" che assimiliamo inconsciamente proprio perch sono molto piccole. E la percezione cosciente il risultato della somma delle piccole percezioni.
Da mille indizi noi possiamo essere sicuri che ci sono in noi, in ogni momento, innumerevoli percezioni senza appercezione... pi efficaci di quanto sembra... e anche le percezioni avvertibili derivano per gradi da quelle cos piccole che non si possono avvertire. (Leibniz, Nuovi Saggi, prefazione)

Cos ad esempio il rumore del mare in fondo il risultato del rumore delle piccole onde che essendo piccole percezioni noi assimiliamo inconsciamente, fino a comporre il quadro generale di cui abbiamo coscienza. Soltanto in Dio esiste il pi alto grado di rappresentazione del mondo, ossia l'appercezione pi chiara e distinta che l'autocoscienza: questa riassume in s le percezioni inconsce di tutte le altre monadi.

Inconscio

L'et dell'Idealismo
L'esistenza di una zona inconscia divenne un cardine della scuola di Wolff e fu ammessa da Kant. Con l'idealismo tedesco la nozione di inconscio torn neoplatonicamente a denotare quel mondo di finzioni che il senso comune scambia erroneamente per la realt oggettiva al di fuori di noi, perch non si accorge di vivere in una dimensione onirica ed incapace di destarsi. Fichte riprese il concetto kantiano di immaginazione produttiva per indicare il modo in cui l'Io produce inconsciamente il mondo, cio la materia o il non-io.[15] Proprio perch sottratta alla coscienza, la materia ci appare come altro da noi: non sappiamo che essa la parte inconscia di noi, ce la troviamo gi data. In tal modo, Fichte riesce a rendere ragione del punto di vista del realismo, che non pu essere considerato del tutto erroneo, essendo giustificato dall'azione necessaria e inconscia della stessa immaginazione produttiva. La superiorit dell'idealismo sul realismo consiste per nel fatto che il primo riesce a rendere ragione del punto di vista realistico, mentre il secondo, che presume di essere pi vicino al senso comune, non sa spiegarlo. Accrescendo questa consapevolezza possibile avvicinarsi sempre di pi all'autocoscienza pura, ma solo nell'agire etico, non certo con la semplice teoria, che l'uomo pu recuperare coscienza della propria zona d'ombra, scontrandosi praticamente col limite che insconsciamente si posto.[16] Schelling estese ancora di pi la nozione di inconscio che in Fichte non era ancora esplicita, sostenendo che esso la modalit con cui Dio crea il mondo in uno stato di estasi pi o meno onirico. Il termine da lui adoperato per indicare questo eterno inconscio... che si nasconde... e imprime alle azioni libere la sua identit.[17] L'inconscio per Schelling la parte oggettivata, "pietrificata", dello Spirito, cio la Natura. Questa un'intelligenza addormentata, uno spirito in potenza, che per conserva una reminiscenza dell'Idea e mira perci ad evolversi dai gradi inferiori verso quelli superiori, fino a diventare piena autocoscienza nell'uomo, il quale rappresenta il vertice in cui la natura pu prendere finalmente coscienza di s. Si tratta tuttavia di un processo conoscitivo che non si esaurisce mai completametamente, perch anche nell'uomo permane sempre un elemento naturale che si sottrae alla comprensione. Non dunque la ragione, ma soltanto l'arte che pu cogliere appieno, nella loro compresenza, i due aspetti bipolari in cui si articola l'Assoluto:[18] conscio e inconscio, ideale e reale, spirito e natura.[3] Rifacendosi a Jakob Bhme, l'ultimo Schelling afferm che anche in Dio presente un lato oscuro e inconscio. Si tratta di un abisso profondo a partire dal quale per Dio emerge, rivelando se stesso come Persona e facendo trionfare la luce sull'oscurit. Le tenebre di per s non sono un principio del male, ma piuttosto il fondamento a partire dal quale Dio si attua come causa sui, cio causa di s. tuttavia in questo fondo oscuro che risiede la possibilit del male, che dunque non un semplice non-essere, ma una potenzialit, che nell'uomo pu diventare realt e richiede di essere sconfitta attraverso un processo di redenzione.[19]

Schopenhauer e Nietzsche
Arthur Schopenhauer riteneva inconscia la volont di vivere, una Volont che il principio dominatore dell'universo. L'uomo si illude con la sua coscienza di poter conoscere e ordinare il mondo secondo criteri di razionalit e moralit, ma dimentica che quest'ordine soltanto di tipo fenomenico, deriva cio da una sua rappresentazione, al di sotto della quale sta il noumeno, la realt nascosta e autentica, dalla quale si fa dominare senza neppure accorgersene. Questa Volont sfrenata e irrazionale si oggettiva dando forma alla natura e al suo stesso corpo, all'interno del quale ogni pulsione si materializza in uno specifico organo.[3] Ritorna qui la visione neoplatonica di un atto inconscio originario dal quale ha origine la vita, la cui impossibilit di razionalizzarsi e di far rientrare totalmente l'Essere nell'Idea causa della sofferenza. Soltanto la presa di coscienza di questa volont inconscia, che coincide con la sua stessa auto-negazione, consente di uscire dal ciclo insensato dei desideri, morti e rinascite. Inizialmente seguace di Schopenhauer,[20] Nietzsche ribadiva l'esistenza di pulsioni inconsce e incontrollate che sarebbero alla base non solo dell'agire umano, ma anche di tutti quei valori della tradizione occidentale ritenuti moralmente "validi" di per s, ma la cui vera origine sarebbe stata ottenebrata. La costruzione di questi valori risulterebbe in realt da un espediente subdolo attuato dai pi deboli per impedire, attraverso il ricatto della morale,

Inconscio l'affermazione degli istinti pi sani e vitali degli individui. A differenza di Schopenhauer, Nietzsche invitava quindi a dare libera espressione alla propria autentica natura, con la sua forza, il suo piacere, e la sua terribilit, liberando dalla coscienza e dalla morale i propri antichi istinti.[3] Esaltando l'aspetto "dionisiaco" dell'essere umano in contrapposizione a quello riflessivo e "apollineo", Nietzsche individuava cos nella volont di potenza il principio inconscio fondamentale da cui nasce ogni azione o pensiero, che risultano non pi vincolati da criteri logici di distinzione tra vero e falso, bene e male, ma hanno un'origine irrazionale e quindi inaccessibile alla coscienza.[21]

La nascita della psicanalisi


Probabilmente pochissimi uomini hanno compreso che ammettere l'esistenza di processi psichici inconsci significa compiere un passo denso di conseguenze per la scienza e per la vita. Affrettiamoci comunque ad aggiungere che un tale passo la psicoanalisi non l'ha compiuto per prima. Molti filosofi possono essere citati come precursori, e sopra tutti Schopenhauer, la cui volont inconscia pu essere equiparata alle pulsioni psichiche di cui parla la psicoanalisi. Si tratta del resto dello stesso pensatore che, con enfasi indimenticabile, ha anche rammentato agli uomini l'importanza misconosciuta delle loro aspirazioni sessuali. (Freud, Una difficolt della psicoanalisi (1917), in Opere, vol. VIII, pagg. 663-664, Boringhieri, Torino, 1967-1980)

Il rilievo dato alla nozione di inconscio da parte dei filosofi dell'epoca romantica contribu alla formazione del contesto culturale in cui sarebbe sorta la psicanalisi: vi chi riconduce la genesi di quella freudiana a Schopenhauer, e quella junghiana a Schelling.[22] La nozione di inconscio (in tedesco Unbewusstsein) fu comunque ancora utilizzato in filosofia da Karl Robert Eduard von Hartmann per indicare il principio della sua dottrina. Egli si rifaceva ai precedenti delle "percezioni insensibili" di Gottfried Leibniz teorizzando l'esistenza di una zona inconscia nell'animo umano. Da annoverare poi Henri Bergson, il quale, polemizzando contro il determinismo e il materialismo, affermava che la vita biologica, come del resto la coscienza, non un semplice aggregato di elementi composti che si riproduce in maniera sempre uguale a se stessa. La vita invece una continua e incessante creazione che nasce da un principio assolutamente semplice, non rieseguibile deliberatamente, n componibile a partire da nient'altro: esso perci inconscio, perch inaccessibile alla ragione discorsiva. Freud e i successivi "psicologi del profondo" fecero quindi dell'inconscio, insieme ai concetti complementari di proiezione e rimozione che lo giustificano, il cardine del pensiero e della prassi psicoanalitica, portando questo concetto a livelli di diffusione mai raggiunti prima. In un certo senso, da questo momento tutta la storia della psicoanalisi corrisponder ad un tentativo di articolare progressivamente una compiuta teoria della mente fondata sul costrutto teorico di inconscio. Soltanto negli ultimi decenni si sviluppata una concezione neuroscientifica dell'inconscio che ha reciso i legami con le congetture degli psicologi del profondo. Le scoperte e le elaborazioni della psicoanalisi hanno avuto comunque, dopo una prima forte resistenza, un grande impatto sulla nostra civilt: non a caso il sostantivo inconscio diventato parte del vocabolario comune, superando i limiti della terminologia tecnica della medicina.

Inconscio

Considerazioni di Sigmund Freud


Con il termine inconscio Freud intendeva un complesso di processi, contenuti ed impulsi che non affiorano alla coscienza del soggetto e che pertanto non sono controllabili razionalmente. Egli rifer il termine dapprima ad una parte della mente in cui si trovano i contenuti psichici rimossi, per poi passare ad indicare i contenuti stessi che possono riaffiorare nei sogni in forma simbolica, o manifestarsi come atti mancati, come i lapsus e le distrazioni. In sintesi nella nostra psiche esiste una dimensione inconscia e irrazionale, in cui si annidano una serie di istinti e desideri il cui contenuto non si manifesta a livello cosciente, ma la cui soddisfazione necessaria, pena il manifestarsi di disturbi del comportamento pi o meno gravi. Il fatto che ritenesse i contenuti inconsci per lo pi di natura sessuale va collegato alla morale dell'epoca e delle precedenti, e particolarmente alla repressione della sessualit, essendo oggi dimostrata la validit dell'intuizione generaleWikipedia:Uso delle fonti: l'inconscio sede di ogni processo psichico che debba restare inaccessibile al pensiero cosciente e comprende almeno una parte di quelli attinenti alla sfera sessuale.

Freud

L'interiorit umana, quella che tradizionalmente era definita anima o psiche ed era ritenuta indistintamente la sede della razionalit, della volont e delle emozioni, venne perci indagata come un complesso di luoghi diversi, ciascuno dotato di una sua forza e di una sua autonomia. Era cos possibile conoscere particolari aspetti della personalit soltanto percorrendo vie molto tortuose. Poteva essere quindi necessario analizzare i sogni dei pazienti o le loro manifestazioni di ansia, oppure prestare attenzione ad alcuni gesti quotidiani, od a espressioni e modi di dire apparentemente insignificanti. L'inconscio in sostanza era una ragione, che trascendeva quella dell'Io, e che comunicava attraverso le sintomatologie la verit non consapevole. L'ottimismo terapeutico di Sigmund Freud fece dell'inconscio un luogo dotato di senso, che richiedeva un'ermeneutica, una capacit interpretativa specifica. Pi avanti, Sigmund Freud nell'illustrare il nuovo statuto dell'Io, introdusse la nuova istanza dell'Es (in latino Id),[23] che descrisse riportando le parole di Georg Groddeck come "la forza ignota e incontrollabile da cui veniamo vissuti". Al di l della collocazione topica delle nuove istanze, il padre della psicoanalisi invit a non considerarle quali entit separate, mettendo in guardia dal sostanzializzarle. Su queste considerazioni psicoanalisti post-freudiani si basarono per ipotizzare la possibilit di un'ereditariet stessa dell'Es. Bench Sigmund Freud non abbia potuto scrivere nulla di assoluto in merito, bene comunque ricordare che nelle frammentarie annotazioni che questi prese nell'estate del 38, quindi poco prima di morire, contenute sulle due facciate di un foglio considerato il suo testamento programmatico, scrisse di possibili mutamenti sull'ipotetica vestigia ereditaria dell'inconscio, e ci indicherebbe la mancanza di uno statuto d'attinenza definitiva della psicoanalisi.

Schema del modello psicoanalitico della mente

Freud riteneva che il sogno fosse una manifestazione psichica, onirica, mirata alla realizzazione di un desiderio pulsionale non realizzato nella realt, che attingeva i propri contenuti latenti dall'inconscio. I lapsus, le forme d'amnesia momentanea ed i falsi ricordi non sono casuali. Con la "strutturazione" Sigmund Freud ci indica che la psiche strutturata in: Io - Es - Super-io. L'Es rappresenta l'istinto, la pulsione, completamente mutuate

Inconscio dall'inconscio. Il Super-Io il "precipitato" degli insegnamenti morali, sociali ed educativi, ed esita tra contenuti consci e inconsci. L'Io il mediatore tra l'Es ed il Super-Io (tra istanze pulsionali e morali).

Considerazioni di Melanie Klein


Le definizioni secondo Melanie Klein di determinismi inconsci sono: la coscienza di una casualit od eccezionalit nei processi mentali, giacch ogni evento psichico viene determinato dagli eventi che lo hanno preceduto, in cui il fattore tempo, come lo si concepisce coscientemente, non esiste. Oltremodo, il senso di colpa che si riferisce sempre ad un evento psicologico passato, e l'angoscia che si riferisce sempre ad un evento psichico futuro.

Jung e l'inconscio collettivo

Carl Gustav Jung

Per approfondire, vedi Inconscio collettivo.

Carl Gustav Jung, allievo di Freud, ha fortemente contribuito a fare chiarezza sul concetto e sulle definizioni del termine inconscio. Nei suoi studi ha distinto l'inconscio personale, formato dalle esperienze e dai vissuti personali del singolo individuo costruiti durante la sua crescita, dall'inconscio collettivo, formato invece da costrutti e contenuti innati, che ogni individuo cio possiede al suo interno sin dalla nascita. Con questo termine egli indica l'insieme dei contenuti psichici universali, propriamente gli archetipi, preesistenti all'individuo e legati al complessivo patrimonio della civilt. In esso consiste la struttura della psiche dell'intera umanit. Gli archetipi trovano il loro riferimento nel patrimonio storico-culturale di un vasto gruppo o dell'intera umanit e si presentano nei simboli onirici e nelle allucinazioni, ma anche nelle visioni dei mistici, nei riti religiosi e nelle opere d'arte. Anche l'alchimia, a cui Jung dedic gran parte degli scritti finali della sua vita,[24] non sarebbe che la proiezione nel mondo materiale degli archetipi dell'inconscio collettivo, mentre il procedimento per ottenere la pietra filosofale rappresenterebbe l'itinerario psichico che conduce alla coscienza di s ed alla liberazione dell'io dai conflitti interiori.

Inconscio

Considerazioni di Wilfred Bion


I fenomeni che hanno origine dall'inconscio secondo Bion, dipendono da come si sono sedimentate le tracce di esperienze precoci che risalgono fino alla primissima infanzia e dal ruolo che in tali circostanze ha svolto la madre (o il sostituto eventuale). Una madre adeguata alle necessit primarie del suo ruolo, secondo questo Autore, quella che pu avocare a s gli stimoli della realt che il figlio non in grado di gestire, di trasformarli in forme verbali e comportamentali emotivamente connotate e mostrarli al piccolo in modi adeguati all'et, evidenti e rassicuranti, rendendogli possibile averne esperienza. Gli stimoli esterni dell'esperienza fisica e psichica, che arrivano al bambino senza che questi sia in grado di interpretarli sono da Bion definiti "elementi beta" e descritti come analoghi a conglomerati che la psiche non in grado di metabolizzare. Essi possono entrare a far parte dell'inconscio come oggetti malevoli e distruttivi e causare nel tempo fenomeni che vanno dal disturbo psicologico, al disadattamento fino all'alienazione in pi gradi e a franche forme di allucinazione. Quando tali oggetti vengono interiorizzati dalla madre e trasformati in oggetti comprensibili - da Bion detti "elementi alfa", una volta restituiti al bambino questi pu a sua volta interiorizzarli come oggetti buoni e alleati; esperienze delle quali potr fruire inconsciamente in modo proficuo.

Considerazioni di Jacques Lacan


Il linguaggio si suddivide tra significante e significato: il significante il concetto, il simbolo, quello che si vorrebbe esprimere, che si forma nella mente e viene trasmesso per mezzo della comunicazione; il significato invece, sempre secondo Jacques Lacan, ci che viene decifrato e capito dal ricevente e, di sovente, vi sono delle vere sorprese se si cerca di capire quanto gli altri hanno compreso di ci che noi volevamo esprimere.

Considerazioni di Noam Chomsky


Tutto ci che serve a manifestare all'esterno la nostra interiorit ha il nome di linguaggio, ossia linguaggio parlato, scritto e gestuale. Esso si suddivide, in termini strutturali, in una parte superficiale ed una pi profonda, inconscia. Noam Chomsky sottolinea che la parte superficiale riguarda l'organizzazione della frase, mentre la parte pi profonda attinente al substrato strutturale astratto.

Note
[1] [2] [3] [4] Cfr. la voce " inconscio (http:/ / www. treccani. it/ vocabolario/ inconscio/ )" su Treccani.it. C. G. Jung, Der philosophische Baum (L'albero filosofico), CW, vol. 13, 1967. Cfr. L'inconscio (http:/ / www. loescher. it/ librionline/ risorse_portalefilosofia/ download/ inconscio/ _inconscio. pdf), Loescher, librionline. Il Greco non ignora la dimensione inconscia, anzi la chiama demone (daimon), distinguendola anche terminologicamente dall'anima (psych), e solo per una scarsa familiarit con la filosofia il militare Senofonte poteva confondere le due cose (U. Galimberti, Il corpo, Milano, Feltrinelli, 1983, p. 51). Reminiscenza l'atto che trasforma quel sapere dallo stato inconscio allo stato conscio ( dizionario di Filosofia Treccani (http:/ / www. treccani. it/ enciclopedia/ reminiscenza_(Dizionario_di_filosofia)/ )). Cfr. Platone, La Repubblica, libro VII. Cfr. Massimo Recalcati, Elogio dell'inconscio, Mondadori, 2007, pag. 4. Cfr. Leonardo Lotito, Il mito e la filosofia, Mondadori, 2003, pag. 49: I contenuti dell'inconscio collettivo sono gli "archetipi", termine di chiara origine platonica. stato lo stesso Jung ad aver percorso un itinerario che si richiama direttamente al sentiero tracciato da Platone, e successivamente fatto proprio dai neoplatonici, laddove, uscito dalla prigione rappresentata dall'ermeneutica fisicalista, si spinto [...] fino a quelle forme dell'istinto che prenderanno il nome di archetipi (Niccol Cappelli, Le radici dell'inconscio (http:/ / www. vitapensata. eu/ 2011/ 01/ 03/ le-radici-dellinconscio/ ), Vita pensata, 2011).

[5] [6] [7] [8] [9]

[10] Ad esempio Arthur Drews, Plotin und der Untergang der antiken Weltanschauung, Diederichs, Jena 1907; Schweyzer, Bewusst und Unbewusst bei Plotin. [11] Cfr. Thomas Alexander Szlezk, Platone e Aristotele nella dottrina del "Nous" di Plotino, pag. 226, Milano, Vita e Pensiero, 1997 ISBN 88-343-0872-7.

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[12] La filosofia rinascimentale, in particolare, avrebbe rivitalizzato il patrimonio immaginifico della cultura classica, con il suo carico di simbolismi inconsci legati soprattutto all'alchimia, che il razionalismo illuminista avrebbe invece rimosso (cfr. Jung, C. G., & Hinkle, B. M. Psychology of the Unconscious: a study of the transformations and symbolisms of the libido, a contribution to the history of the evolution of thought, Londra, Kegan Paul Trench Trubner, 1912). [13] Lo stato passeggero, che implica o rappresenta una molteplicit nell'unit o sostanza semplice, non altro che ci che chiamato percezione, e che deve essere distinta dall'appercezione o coscienza, come si vedr in seguito. Ed su questo punto che i cartesiani hanno sbagliato gravemente, avendo considerato come un nulla le percezioni delle quali non si abbia appercezione (G. W. Leibniz, Monadologia, 14, in Scritti filosofici, UTET, Torino, 1967, vol. I, pagg. 284-285). [14] Il nostro egregio autore [J. Locke] sembra invece affermare che in noi non c' nulla di virtuale e di cui non abbiamo sempre una appercezione attuale. Ma egli non pu sostenere ci fino in fondo, perch altrimenti la sua opinione sarebbe troppo paradossale, in quanto le abitudini acquisite e gli stessi contenuti della nostra memoria non sono sempre appercepiti e non vengono sempre in nostro soccorso quando ne abbiamo bisogno, bench spesso noi li ricollochiamo agevolmente nello spirito quando una pur leggera occasione ce li faccia ricordare, come il semplice inizio ci fa ricordare tutta una canzone (G. W. Leibniz, Nuovi saggi sull'intelletto umano, prefazione, in Scritti filosofici, vol. II, op. cit., pagg. 171-172). [15] Cfr. La teoria dell'immaginazione produttiva (http:/ / www. emsf. rai. it/ brani/ brani. asp?d=47) in Fichte, La dottrina della scienza, a cura di A. Tilgher, Bari, Laterza, 1971, pagg. 165-170. [16] Fichte ha infatti ben presente come la filosofia sia ben distinta dalla vita, al punto da affermare che vivere non-filosofare e filosofare non-vivere (cit. in Fichte, La dottrina della religione, pag. 192, a cura di G. Moretto, Guida, Napoli 1989). [17] Schelling, System des transzendentalen Idealismus (Sistema dell'Idealismo trascendentale), IV, F. [18] Se l'intuizione estetica non se non l'intuizione intellettuale divenuta obiettiva (cio fatta oggetto, opera d'arte), s'intende di per s che l'arte sia l'unico vero ed eterno organo e documento insieme della filosofia, il quale sempre e con novit incessante attesta quel che la filosofia non pu rappresentare esternamente, cio l'inconscio nell'operare e nel produrre, e la sua originaria identit con il cosciente. Appunto perci l'arte per il filosofo quanto vi di pi alto (F. Schelling, Sistema della filosofia trascendentale, cit. in Grande Antologia Filosofica, Marzorati, Milano 1971, vol. XVIII, pagg. 189-190). [19] Cfr. Schelling, Lezioni di Stoccarda (1810). [20] Io sono uno di quei lettori di Schopenhauer che, dopo averne letto la prima pagina, sanno con certezza che le leggeranno tutte e ascolteranno ogni parola che egli abbia detto [] dal momento che Schopenhauer [] appartiene a quei grandi vincitori, i quali, giacch hanno pensato le cose pi profonde, [] si muovono e vivono realmente, e non a quel modo di maschere sinistre nel quale solitamente gli uomini vivono (Nietzsche, Considerazioni inattuali, 3, Schopenhauer come educatore, pag. 372). [21] Chiamando spirito di gravit, con suggestiva espressione, la funzione inibitrice della morale, Nietzsche in molti passi delle sue opere fa un chiaro riferimento a forze inconsce che nell'uomo reclamano espressione: Tutto ci che uno possiede , per lui che lo possiede, ben nascosto: e di tutte le miniere preziose la propria l'ultima ad essere scavata ed opera dello spirito di gravit. Siamo ancora nella culla e gi ci danno parole e valori pesanti: "bene" e "male" - cos si chiama questo viatico. [...] Soprattutto l'uomo forte, paziente, che ha in s reverenza: troppe parole e valori estranei carica su di s cos la vita gli appare un deserto! [...] Molta bont e forza nascoste non vengono scorte; i pi saporiti bocconi non trovano buongustai! (Nietzsche, cit. da Cos parl Zarathustra). [22] Cfr. U. Galimberti, Idee: il catalogo questo, pag. 180, Feltrinelli, Milano 1992 ISBN 88-07-08108-3. [23] Es in tedesco il neutro della terza persona singolare, e corrisponde grossolanamente all'italiano esso. Lo si pu tuttavia tradurre anche col pronome s, a indicare l'involontariet di una forza appartenente all'Io. [24] L'esposizione junghiana della teoria dei rapporti intercorrenti tra alchimia ed inconscio si trova in particolare nelle seguenti opere: Psicologia e alchimia (1944), Psicologia del transfert (1946), Saggi sull'alchimia (1948), Mysterium Coniunctionis (1956).

Bibliografia
Henri Ellenberger (1970). The Discovery of the Unconscious: The History and Evolution of Dynamic Psychiatry. Basic Books, New York, ISBN 0-465-01673-1 (traduzione italiana: La Scoperta dell'Inconscio, 2 voll., Bollati Boringhieri, Torino, 1976, 2003 ISBN 88-339-0367-2). Lancelot Law Whyte (1970). LInconscio prima di Freud: una storia dellevoluzione della conoscenza umana. Astrolabio, Roma. Nietzsche, F. Cos parl Zarathustra, 1984, Newton Compton Editori. Frank Tallis (2003). Breve storia dell'Inconscio. Esploratori della mente nascosta da Leibniz a Hitchcock. Il Saggiatore. ISBN 88-428-1066-5

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Psicoanalisi Storia della Psicoanalisi Storia della psicoterapia

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Inconscio Fonte: http://it.wikipedia.org/w/index.php?oldid=59599929 Autori:: Ares, Caig, Capannelle, Crypto, Doctor Dodge, Dr Zimbu, EMMA STOPELLI, EdoM, Er Cicero, Eumolpo, Frieda, Hill, Iardo, Johnlong, Kaesar, Laboratorio.Ricerche.Evolutive, MItaly, Marius, Massimiliano Panu, Micione, Ndhre, Pall Mall, Paopp, Phantomas, PiterC`e`, Pracchia-78, Renato Caniatti, Sanremofilo, Sesquipedale, Sizigia, Snowdog, Trevinci, Truman Burbank, Turillazzo, Uqbar, Veneziano, Vituzzu, Ylebru, 60 Modifiche anonime

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