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Sito Web Italiano per la Filosofia-La Repubblica-2 GENNAIO 2001

RASSEGNA STAMPA

2 GENNAIO 2001

PIERGIORGIO ODIFREDDI

LE BARZELLETTE DI HEIDEGGER
PARLA SAUL KRIPKE, IL PI GRANDE LOGICO CONTEMPORANEO Qualcuno lo ha definito il "Bobby Fisher della filosofia". Ma per questo sessantenne il problema coniugarla con la matematica Pi che un professore una leggenda vivente Ha insegnato a Harvard e Princeton senza aver mai preso il dottorato Quando Carnap riport alcune frasi del pensatore tedesco le trovai assurde e pensai che fossero inventate. Non credo che si debba essere per forza un matematico per essere un buon filosofo bench la cosa aiuti A tre anni Saul Kripke sorprese la madre facendole notare che se davvero Dio fosse dovunque, per entrare in cucina dovremmo scacciarne una parte fuori. A diciannove stup il mondo matematico risolvendo il problema, che aveva impegnato i logici da Aristotele a Carnap, di dare un significato alla logica modale, cio a termini quali "possibile" e "necessario". A trenta rivoluzion la filosofia analitica improvvisando tre conferenze sulla teoria del riferimento, sbobinate nel classico Nome e necessit (Boringhieri, 1982). Da allora Kripke entrato nella leggenda. Ha insegnato a Harvard e Princeton, senza aver mai preso un dottorato. E' finito sulla copertina dell'inserto culturale del New York Times, con grande sorpresa (e invidia) dei colleghi. Ha ispirato il romanzo Il problema mentecorpo di Rebecca Goldstein, il cui protagonista un genio incapace di vivere il quotidiano. Ha sconvolto la setta degli adoratori di Wittgenstein, assiomatizzandone il pensiero in Sulle regole e il linguaggio privato (Boringhieri, 1984). Bench appena sessantenne, Kripke gi andato in pensione. Le uniche occasioni di vederlo sono dunque le sue rare apparizioni pubbliche, sempre in forse fino all'ultimo momento. L'ultima stata a Bologna il 20 dicembre 2001, dove l'abbiamo intervistato. Lei ha cominciato molto giovane, quasi bambino. Come arrivato alla filosofia?
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"Vivevamo a Omaha, un posto sperduto nel Nebraska. Verso i dodici o tredici anni chiesi a mio padre come potevamo sapere che non stiamo sognando. Mi disse che Cartesio, che lui pronunciava letteralmente "Descartis", aveva gi risposto al problema nelle sue Meditazioni, e me le diede da leggere. Ho cominciato cos. Poi sono passato a Hume e Berkeley, e verso i quattordici o quindici anni ho letto Platone. All'epoca non ho fatto nessun serio tentativo di leggere Kant". E la logica dove l'ha imparata? "Poich la matematica che si faceva alle medie era troppo elementare, la mia professoressa mi ha consigliato libri pi avanzati, e qualcuno di questi parlava di fondamenti. Poi ho letto i testi di Quine e Rosser, e la Introduzione alla metamatematica di Kleene. E ho finalmente capito l'intuizionismo: prima non riuscivo a immaginare come si potesse rifiutare il principio del terzo escluso, che mi sembrava evidente". Nessuno di quei libri parla per di logica modale, che il campo in cui lei diventato famoso. "E' vero. La logica modale l'ho scoperta sulle riviste specializzate che incominciai a leggere al liceo. Andavo a prenderle a Lincoln, la "capitale" del Nebraska, perch non si trovavano a Omaha. Tra parentesi, bench il mio liceo fosse in una citt sperduta, ha diplomato anche Lawrence Klein e Alan Heeger, che hanno vinto rispettivamente il premio Nobel per l'economia nel 1980, e per la chimica nel 2000. E l'ha frequentato anche Ronald Jensen: un altro logico molto famoso, che io per ho conosciuto solo dopo". E come arrivato al suo primo grande risultato? "Conoscevo le tavole di verit per la logica classica, e ho cercato di estenderle alla logica modale. Si trattava di tavole sempre con due soli valori di verit, come nella logica classica, ma con molte pi righe, che sarebbero poi diventate i mondi possibili. Nel mio articolo originale del 1959 ho esposto le cose nel modo in cui le ho trovate". E cos, a diciannove anni, diventato famoso. "Per modo di dire. Quando arrivai a Harvard credevo che mi avrebbero incoraggiato, e invece ho passato un periodo molto infelice. Il professore di logica, Burt Dreben, fu molto dogmatico e scoraggiante: mi continuava a dire di fare il matematico, di non sprecare il mio talento con lavori filosofici che non valeva neppure la pena di pubblicare. Credo che non avrei dovuto andare a

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studiare a Harvard". Forse Dreben pensava che solo un matematico possa essere un buon filosofo. E' un caso che lei, Putnam e Dummett arriviate tutti dalla matematica? Anzi, dalla logica? "Non credo che si debba essere per forza un matematico o un logico per essere un buon filosofo, bench la cosa aiuti. C' chi bravo a fare una cosa, e chi bravo a fare l'altra. Quanto a Dummett, ha addirittura cominciato con una laurea in storia, credo. Lei l'ha intervistato, non gliel'ha detto?" Non gliel'ho chiesto. Lei, per, un giorno ha detto di un suo collega: "Che cosa volete che sappia? E' un fenomenologo!". "Non l'ho mai detto, e sono contento di poterlo negare ufficialmente. E nemmeno lui ha detto le cose che gli hanno fatto dire su di me. Sono i giornalisti che ci hanno fatto dire quelle cose. Spero che lei non far lo stesso!" Tra logici non si fa cos. Ci dica per che cosa pensa, allora, della fenomenologia. "Certamente ci sar del lavoro serio e interessante. Io ho letto solo qualche traduzione di Husserl, non molto buona: non si capiva niente. Di Heidegger ho letto soltanto le frasi citate da Carnap: credevo che se le fosse inventate lui, ma sono andato a controllare e Heidegger le aveva dette sul serio. Ricorda? "Parler dell'essere stesso e di niente altro". Che altro potrebbe esserci, oltre l'essere? Queste sono barzellette". Conosce la sua intervista postuma Solo un Dio ci pu salvare? Heidegger dice che i suoi amici francesi gliel'hanno confermato: quando iniziano a pensare, devono farlo in tedesco. "Ridicolo. Fra l'altro, Diderot diceva lo stesso del francese". A proposito di battute, qualcuno l'ha definita "il Bobby Fisher della filosofia". "Lo so, e sono molto seccato". E perch mai? Fisher era un genio degli scacchi, che dopo aver vinto il campionato mondiale ha deciso di non giocare pi in pubblico. Anche lei non ha pi pubblicato niente, no? "Io l'ho preso come un insulto, come un giudizio di ristrettezza mentale. Anche perch, quando
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l'hanno detto, avevo appena pubblicato il mio libro su Wittgenstein. In ogni caso, non la prima volta nella vita che passo del tempo senza pubblicare: gi successo anche durante gli anni '60, quando lavoravo alla teoria degli insiemi ammissibili". Credo di avere una copia dei suoi appunti, di quegli anni. Neppure quelli sono mai stati pubblicati. "E come li ha avuti? Io non li ho pubblicati perch nel frattempo la teoria stata sviluppata indipendentemente, da Richard Platek. Li ho presentati a una conferenza e Georg Kreisel, che era il relatore di Platek, venuto a dirmi che tutto ci che avevo fatto era implicito nel suo lavoro. Io per credo di essere arrivato primo. A dire il vero, anche Platek non ha pubblicato niente. Per fortuna c' stato Barwise, che ha scritto un libro sull'argomento". E a che cosa ha lavorato, in questi ultimi anni di silenzio editoriale? "Molte cose. In filosofia, il legame fra identit e tempo, ad esempio, o l'esistenza di entit fittizie. In matematica, ho trovato un modo alternativo di provare i teoremi di incompletezza di Gdel: una dimostrazione nello stile della discesa infinita di Fermat, in cui se qualcosa di un certo tipo dimostrabile, allora lo anche qualcosa dello stesso tipo ma pi corto. Alcune di queste cose le ho presentate in una conferenza, e sono state registrate e trascritte. Poi hanno distrutto i nastri: non straordinario?" E qualcosa di tutto ci sar pubblicato? "Spero proprio di s. In fondo, lo devo al mondo".
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