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^importanza di essere
(prevedibile
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Giuliano Toraldo di Francia In fin dei conti
Dialoghi - Documenti
Milvia Spadi - Le parole di un uomo - Incontro con Primo Levi
SCIENZA
Freeman Dyson
L'importanza di essere
imprevedibile
Presentanone di Bruno Coppi
Propriet letteraria riservata
Di Renzo Editore
Presentazione
Considero una delle circostanze fortunate della mia vita l'aver conosciuto da vicino Freeman Dyson ed essergli diventato amico. Non saprei
datare l'inizio della nostra conoscenza, ma ricordo che c'incontrammo per
la prima volta a Princeton, ormai pi di trent'anni fa, e ci rivedemmo a San
Diego, presso la General Atomics, e ancora a Princeton, all'Insritute for
Advanced Studies, e diverse altre volte.
Vi sono stati, in particolare, punti inaspettati d'intersezione delle nostre traiettorie: uno di questi momenti, di sicuro avvincente, nel 1989 al Jet
Propulsion Laboratory, presso Pasadena, in California, entrambi "presenti" all'incontro della navicella spaziale "Voyager II" con Nettuno, il pianeta
ora pi distante: io tra gli addetti ai lavori, ne&'innersanctuaty del progetto,
con i pochissimi fortunati destinati a ricevere i primi risultati delle osservazioni e i nuovi dati; lui, con la sua straordinaria immaginazione e fantasia, in
sala stampa, se ben ricordo, interessato anche all'aspetto umano di quella
vicenda.
Entrambi abbiamo provato ed espresso il nostro disappunto, in occasioni differenti e separate, nei confronti di macchine eccessivamente grandi e del gigantismo di certe imprese scientifiche e siamo stati coinvolti, in
circostanze e con funzioni diverse, nella progettazione di macchine per
esperimenti avanzati. Quando uscito con molto successo il suo primo libro Disturbingthe Universe, leggendolo ho avuto la sensazione di continuare
le nostre conversazioni. Queste erano in parte "parlate" e in parte "pensate", perch, quando ci incontravamo, la mia impressione era che molte
cose fossero implicite.
Mi sembrato che il corso dei nostri pensieri fluisse in direzioni parallele. A tal proposito, un amico mi ricordava, poco tempo fa, il famoso racconto di Poe, I delitti della Rue Morgue, che si apre con una descrizione delle
facolt analitiche del pensiero umano e continua con l'episodio in cui il g-
niale Dupin "indovina" o "riconosce telepaticamente" i pensieri dell'amico con il quale sta camminando per le strade di Parigi, attraverso una serie
concatenata d'idee, suggerimenti, sensazioni istintive e comunione di progetti generali.
Introduzione
Sin da quando ero bambino, non ho mai avuto bisogno di fare delle
scelte relative al mio futuro: il mio destino era gi segnato dall'amore per la
matematica e, anche se mio padre era musicista, gli unici strumenti che mi
interessavano erano quelli matematici. Ovviamente, non avevo un gran talento per la musica, e mio padre, che era un uomo saggio, non mi spinse
mai in quella direzione. Avvertivo sin dall'inizio un grande piacere nel lavorare con i numeri, perci la questione era solo d'individuare a quali problemi specifici dedicarmi.
Nato in Inghilterra nel 1923, provengo da una famiglia i cui membri
hanno partecipato attivamente alla creazione dell'impero britannico. Avevo zii e zie sparsi in tutta l'Africa; lo zio preferito era Oliver Atkey, un medico che trascorse tutta la vita, quasi trent'anni, in Sudan, istruendo medici
e contribuendo cosi a organizzare il sistema sanitario in un Paese grande
due volte il Texas, ma uno dei pi poveri del pianeta. Egli amava questa nazione e la sua gente; quando torn definitivamente a Londra, la sua casa era
sempre piena di amici sudanesi che andavano a fargli visita nel corso dei
loro soggiorni in Inghilterra. Era socialista e sua moglie, Dulcibella, era
iscritta al partito comunista britannico; con tali scelte essi volevano dimostrare l'opposizione ad aspetti negativi, ingiusti, insiti nella politica dell'impero britannico; ma va anche detto che proprio l'impero offri quelle opportunit che diedero un senso alla loro vita.
Zia Dulcibella stata la prima donna inglese a ottenere il brevetto di
pilota negli anni Venti, quando i viaggi in aereo erano appena agli inizi. Riu-
sci addirittura a persuadere mio zio ad acquistare un aeroplano, che poi essi
usavano per spostarsi in Sudan e per visitare zone che sarebbe stato difficilissimo raggiungere via terra e per ispezionare tutti i centri medici dei quali
lo zio era responsabile. Durante le vacanze, con il loro aereo visitarono
moltissimi luoghi africani; un giorno, mentre erano in volo, videro un
uomo che stava per essere aggredito da un leone; atterrarono immediatamente, facendo fuggire il leone, spaventato dal rumore, e trasportarono subito il ferito in ospedale. Anni dopo ebbi modo di incontrare quell'uomo,
sopravvissuto alla brutta avventura, nella quale aveva solo perso un pezzo
di naso.
Le altre due persone che furono dei maestri per me, e di cui parler ancora, sono Dick Feynman e Philip Morrison. Proprio come Oliver e Dulcibella, mettevano nel t sia latte che limone e, per me, questa particolarit
equivale a dire che erano spiriti liberi, imprevedibili a tal punto che una volta Dick Feynman lo fece effettivamente, in pubblico.
Dal 1936 al 1941 studiai al Winchester College, un'antica e famosa
scuola che ammetteva ragazzi dall'et di dodici anni, dopo una selezione
dura e competitiva. Fui fortunato ad arrivarci insieme con gli altri tre componenti di quella che poi chiamammo la "banda dei quattro", di cui, oltre a
me, facevano parte i fratelli Christopher, Michael Longuet-Higgins e James Lighthill. In seguito tutti e quattro siamo diventati membri della Royal
Society, distinguendoci nella carriera scientifica.
Il metodo didattico adottato al Winchester College si basava sull'assunto che non fosse giusto costringere i ragazzi pi dotati a studiare matematica e altre scienze in classe. Gli insegnanti saggiamente riconoscevano
che potevamo fare meglio da soli, trattandoci cos con benign neglect, con benevola noncuranza. Disponevamo inoltre di un'ottima biblioteca e di molto tempo libero. Durante gli ultimi anni al Winchester trascorsi in media
solo sette ore settimanali in classe e, frequentandoci assiduamente nelle altre ore, noi della "banda dei quattro" imparammo molto di pi l'uno
dall'altro che dagli insegnanti.
Una caratteristica stimolante della mia scuola era il sistema dei premi.
In ogni classe, tre volte l'anno, si tenevano gare di apprendimento e ai vincitori veniva assegnato un premio consistente di trenta scellini, pi o meno
sei dollari di oggi, da spendere nella libreria della scuola. I libri venivano
consegnati al vincitore, con impresso il logo del College sulla copertina:
IO
Riporto alcuni di quei titoli, con la relativa data di acquisto, anche per far meglio
capire quali fossero a quell'epoca i miei interessi: E. T. Bell: Men of Mathematics
(1937); A. S. Eddington: New Pathways in Science (1937); W. W. Rouse Bali: A Short
History of Mathematics (1937); G. H. Hardy: A Course in Pure Mathematics (1938); G.
H. Hardy and E. M. Wright: An Introduction to th Theory ofNumbers (1938); H. G.
Wells, Julian Huxley and G. P. Wells: The Science ofLife (1938); H. G. Wells: The Work,
Wealth and Happiness ofMankind (1938); Aldous Huxley: Ends and Means (1938); H. T.
H. Piaggio: Differential Equations (1939); A. S. Eddington: The Philosophy ofPhysical
Science (1939); E. T. Whittaker: Analytical Dynamics (1939); E. T. Whittaker and G.
Robinson: The Calculus of Observations (1939); Ludwig Wittengstein: Tractatus
Logico-philosophicus (1939); Felix Klein: Lectures on th Icosahedron (1939); David
Hilbert: Grundlagen der Geometrie (1939); Georg Joos: Theoretical Physics (1939);
Srinivasa Ramanujan: Collected papers (1940); Emile Legouis and Louis Cazamian:
History ofEnglish letterature (1940); Maurice Baring: The Oxford Book ofRussian Verse
(1940).
parammo come i fili della geometria, dell'algebra e della teoria delle funzioni sono intrecciati insieme in una singola trama senza cuciture.
Non potevamo ancora sapere che anche il nostro futuro insegnante,
Geodfrey Hardy, aveva studiato su quei testi, come scrisse nel suo A Mathematician's Apology, pubblicato per la prima volta nel 1940. Probabilmente
fu lui ad aver regalato il Cours d'Analyse alla biblioteca scolastica e, com'era
nel suo carattere, non indic in alcun modo di esserne il donatore. Dovette
aver sperato che un giorno, qualche studente lo trovasse e ne venisse ispirato, come era accaduto a lui: altrimenti in che modo si poteva spiegare la
presenza di un simile libro in una biblioteca scolastica? Hardy mori prima
che avessi la possibilit di chiedergli se la mia supposizione fosse vera e,
ogni volta che ci penso, mi spiace di non averlo ringraziato per quei primi
contributi alla mia educazione.
Un altro grande regalo di cui sono in debito con l'istituto di Winchester stato il mio primo contatto con un vero matematico. Durante l'ultimo semestre, nel 1941, Clement Durell, decano di matematica, nomin
come mio "tutor" Daniel Pedoe, che era allora incaricato all'universit di
Southampton. Aveva lavorato con Hodge a Cambridge ed era stato socio
invitato presso l'Institute for Advanced Studies di Princeton. Fu lui che mi
diede da leggere la Geometra algebrica di Severi.
Dopo Winchester, andai a Cambridge, dove rimasi circa due anni, dal
settembre 1941 al giugno 1943. La prima cosa che feci, appena vi giunsi, fu
quello di perlustrare la libreria per cercare delle buone occasioni; comprai
molti libri e tra questi uno del famoso matematico Edmund Landau, ber
neuere Fortschritte der auditive Zahlentheorie (Sui nuovi sviluppi della teoria additiva dei numeri). Questo matematico aveva trascorso gli ultimi anni di
vita a Cambridge, dove si era rifugiato per sfuggire alle persecuzioni hitleriane, e mori prima che io vi arrivassi: nel capitolo quarto del suo libro descrive la "congettura alfa-beta" che costituiva, nel 1937, uno dei famosi
problemi matematici non risolti. Fu risolto pi tardi, nel 1942, da Henry
Mann e, sebbene mi spiacesse di essere stato battuto nella gara per trovarne
la soluzione - vi lavorai infatti per l'intero periodo che rimasi a Cambridge fui contento di essermici applicato e averlo ulteriormente semplificato. Infatti, su una parte del teorema di Mann non ancora provata mi impegnai
moltissimo; per nel 1943, lasciai Cambridge, richiamato per motivi bellici
dalTOperational Research Section della Royal Air Porce ad High Wycombe, dove erano gi molti fisici, matematici e ingegneri, e solo nei primi mesi
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scienza si definisce utile - diceva ancora - se il suo sviluppo tende ad accentuare le ineguaglianze esistenti nella distribuzione della ricchezza o, pi direttamente, a promuove la distruzione della vita umana". Dichiarava orgogliosamente di non aver mai fatto nulla nella vita che potesse essere considerato utile. Ogni sua produzione era in realt un'opera d'arte, bella nella
forma e nel contenuto, chiara ed elegante come il suo pensiero.
Hardy rientr nella mia vita trent'anni pi tardi, in un momento di
svolta nella mia carriera. Fino allora mi ero occupato della soluzione di problemi tecnici di matematica e fisica. Nel corso dei quegli anni avevo scritto
alcuni saggi di carattere generale, non tecnico, pubblicati su riviste di divulgazione scientifica, ma a quei tempi scrivere costituiva solo un diversivo
dal mio reale lavoro di scienziato. Poi, nel 1975, all'et di cinquantanni, fui
invitato dalla Sloan Foundation a scrivere un libro, un'autobiografia scientifica per il grande pubblico. Accettai l'invito e scrissi Disturbing th Universe
(Turbare l'universo, 1981). Da quel momento non ho pi smesso di scrivere
e, da allora a oggi, met del mio tempo l'ho dedicata a tale attivit e l'altra
met a fare ricerca scientifica. Quando presi la decisione d'iniziare a scrivere come attivit permanente, mi ricordai di una conversazione che avevo
avuto anni prima con Hardy. Dopo una lezione, gli chiesi perch passasse
tanto tempo a redigere i suoi scritti invece di fare ricerca matematica, e lui
rispose, senza alcun pathos nella voce: "I giovani devono lavorare sui teoremi, i vecchi scrivere libri". Cosi, nel 1975 decisi di seguire l'esempio di
Hardy e, come lui, anche scrivendo non smisi di lavorare sui teoremi, ma la
mia produzione matematica diminuiva gradualmente, mentre quella editoriale aumentava. Avevo scoperto, come Hardy, che l'arte di tessere le frasi
in una storia pu essere creativa come quella di cucire assieme le idee in un
teorema.
Tornando al periodo trascorso a Cambridge, devo dire che, sebbene
vivessi a gomito con Hardy e Uttlewood ogni giorno durante le lezioni nelle piccole aule, non ebbi mai contatti stretti con loro e ancor meno con i fisici Dirac e Eddington, che tenevano lezione in grandi aule di fronte a uno
sparuto numero di studenti seduti silenziosi nelle ultime file. Mi sarebbe
piaciuto moltissimo fare qualche ricerca interessante di fisica, ma non avrei
saputo come iniziare, in quanto ero troppo timido per chiedere consiglio a
Dirac o Eddington. L'unico dei grandi professori con il quale, nonostante
la mia timidezza, riuscii a entrare in contatto e che mi aiut, fu Besicovitch,
originario della Russia.
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II mio servizio militare si concluse quindi con un anno di insegnamento all'Imperiai College di Londra. In quel periodo la situazione era tranquilla e non c'era gran bisogno di me, sicch potei frequentare regolarmente i
seminari al Birkbeck College, dove ebbi la fortuna di incontrare Harold
Davenport, il primo matematico di mia conoscenza ad avere riunito intorno a s un gruppo di giovani ricercatori, cui forniva regolarmente problemi
da risolvere. Era un amico di Besicovitch e mi accolse subito nel suo gruppo come membro informale. Davenport, come il fisico Bethe che mi
avrebbe accolto alla Cornell University due anni dopo, possedeva la straordinaria capacit di assegnare problemi di ricerca adeguati alle diverse capacit dei suoi studenti: fu lui che mi sugger di provare la congettura di
Minkowski sul prodotto delle forme lineari non omogenee.
La congettura dice che il prodotto di forme in n variabili intere con
determinante unitario ha un valore minimo non superiore a 2~". Minkowski l'aveva gi dimostrata per = 2 e Remak per n = 3. Davenport propose
che io verificassi il caso di = 4 (a tutt'oggi non conosco ulteriori progressi
per provarla per generale). Questo lavoro si rivel inaspettatamente interessante, perch la prova richiedeva un'escursione importante nella topologia. In realt, la congettura in questione non di fondamentale importanza e avrebbe ricevuto ben poca attenzione, se non fosse stata associata al
nome famoso di Minkowski, e io sapevo che la prova per = 4 era poco pi
di un'espressione di virtuosismo con pi acrobazie tecniche che sostanza
intellettuale. Comunque, la mia prova fu utile in un altro senso, come vedremo.
Dopo il mio periodo all'Imperiai College decisi di tornare a Cambridge, possibilmente con una borsa di studio al Trinity e l'unico ostacolo era la
necessit di sottoporre una tesi entro l'aprile del 1946. La prova della con-
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gettura di Minkowski per = 4 arriv giusto in tempo. La presentai e ottenni la borsa di studio, potendo cosi tornare, trionfante, a Cambridge lo stesso anno.
Vi tornavo con l'intenzione d'imparare la fisica moderna, ma, una volta arrivato, trovai che la fisica sperimentale era in declino: i ricercatori erano stati chiamati in guerra e nel 1946 stavano ancora cercando di mettere in
moto quei nuovi progetti che, nel giro di pochi anni, avrebbero raggiunto
grandissimo successo, come le nuove scienze della radioastronomia e della
biologia molecolare. Martin Ryle, con il suo surplus di radio di origine bellica, e Max Perutz, con i suoi cristalli di emoglobina, stavano facendo cose
mirabili, ma non nel campo della fisica. Per quanto mi riguardava, avevo
bisogno di trovare a Cambridge qualcuno che mi indicasse importanti problemi irrisolti di fisica teorica e mi consigliasse su come impiegare le mie
capacit matematiche per cercare di risolverli.
Il mio primo colpo di fortuna fu di conoscere Nicholas Kemmer che
teneva a Cambridge due corsi, l'uno di fisica nucleare e l'altro di teoria
quantlstica dei campi. Nel 1946, l'unico libro esistente su quest'ultimo argomento era il Quantentheorie der Wellenfelder (Teoria quantlstica dei campi
d'onda) di Gregor Wentzel, scritto a Zurigo e pubblicato a Vienna nel
1943, durante la guerra. Kemmer era stato studente di Wentzel e aveva una
copia del suo libro, cosa che a quel tempo voleva dire possedere una ricchezza inestimabile. Nel 1946 poche persone negli Stati Uniti ne conoscevano l'esistenza e ancor meno ne capivano l'importanza. Kemmer mi prest la copia e me ne spieg l'importanza, dimostrandosi cosi generoso con
me da dedicarmi tempo ed energie, come faceva di solito con i suoi studenti. Aveva sempre tempo per consigliarmi, per spiegarmi i punti pi difficili
del testo di Wentzel e per trasmettermi la sua conoscenza della teoria quantlstica dei campi e la sua concezione secondo cui essa era la chiave di una
coerente descrizione matematica della natura. Egli era, ed , lo scienziato
pi altruista che abbia mai conosciuto.
Durante quel mio anno a Cambridge, decisi di andare negli Stati Uniti
per ricominciare tutto daccapo. Nonostante la mia amicizia con Kemmer,
infatti, trovavo Cambridge deprimente, dal momento che volevo lavorare
in un posto dove potessi trovare gruppi di giovani ricercatori e collaborare
attivamente con loro. Per caso conobbi Sir Geoffrey Taylor, che aveva costruito una piccola camera del vento sotto il laboratorio Cavendish di
Cambridge, dove stava portando avanti classici esperimenti sulla turbolen-
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za. Egli era l'esperto mondiale di onde d'urto e aveva lavorato, durante la
guerra a Los Alamos, per assicurarsi che le bombe esplodessero all'altezza
giusta per provocare il massimo danno. Mi consigli di andare alla Cornell
University, negli Stati Uniti, dove avrei potuto lavorare con Bethe e trovare
i pi brillanti intelletti provenienti da Los Alamos. L'anno seguente ero alla
Cornell, operavo nel gruppo di Bethe ed ero diventato amico di Richard
Feynman.
La mia istruzione di tipo europeo era assai diversa da quella del sistema
educativo statunitense, la cui tradizione scientifica era molto caratterizzata
in senso empirico: la teoria era considerata un male necessario, indispensabile per la corretta comprensione degli esperimenti, ma non importante in
s. La teoria quantlstica dei campi, inventata ed elaborata in Europa, era
giudicata una sofisticata costruzione matematica, motivata forse pi da
considerazioni di bellezza matematica che dalla necessit di spiegare gli
esperimenti. La maggior parte dei fisici americani non si era presa la briga
di studiarla, perch la considerava, come Samuel Johnson giudicava l'opera
italiana, un intrattenimento esotico e irrazionale, una stravaganza.
Cosi, quando arrivai alla Cornell University, mi ritrovai a essere, grazie
a Kemmer, l'unica persona in tutta l'universit a conoscere la teoria quantlstica dei campi. Il grande Hans Bethe e il brillante Richard Feynman mi insegnarono moltissimo in vari settori della fisica sui quali stavano lavorando, ma quando si trattava di teoria quantlstica dei campi, ero io il professore e loro gli studenti. Bethe e Feynman avevano fatto dell'ottima fisica, per
molti anni, senza impiegare la teoria quantlstica dei campi e non erano ansiosi di impararla. Cosi, portai dall'Europa un piccolo regalo, che avrebbe
potuto essere utile nei calcoli e negli esperimenti. Dopo le prime incertezze
ed esitazioni, il mio regalo ebbe una buona accoglienza.
Da parte mia, imparai da Feynman quel suo metodo particolare per effettuare i calcoli relativi ai processi atomici: egli, non essendosi mai occupato
di teoria quantlstica dei campi, aveva elaborato un suo sistema di calcolo basato su elementi da lui chiamati "propagatori", che erano le ampiezze di probabilit con cui le particelle si propagano da un punto dello spazio-tempo
all'altro. Feynman calcolava le probabilit dei processi fisici, sommando i
propagatori, e aveva delle regole per calcolarli: ogni propagatore era rappresentato graficamente da una serie di diagrammi e ogni diagramma forniva un
quadro pittorico del moto delle particelle che si muovevano lungo linee rette
e collidevano l'un l'altra nei punti dove le linee rette si incontravano.
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Quando appresi da Feynman questa tecnica, rimasi davvero sconcertato, perch tale metodo riusciva sempre a dare la risposta giusta, ma non
sembrava fondato su alcun formalismo matematico. Feynman aveva chiamato quel suo modo di effettuare calcoli relativi ai processi fisici th space-time approach, approccio spazio-temporale, perch i suoi diagrammi rappresentavano eventi che avevano luogo in specifici punti e istanti e i propagatori descrivevano sequenze di eventi nello spazio-tempo. Pi tardi scoprimmo che i propagatori di Feynman erano un altro modo per chiamare
ci che Julian Schwinger aveva denominato le "funzioni di Green", funzioni che erano fondamentalmente la stessa cosa dei commutatori della
teoria quantlstica (chiamati diversamente per ragioni storiche). Quest'ultimo era stato il migliore studente di Oppenheimer, il ragazzo prodigio della
fisica degli anni Quaranta. Durante la guerra, lui e Feynman furono totalmente "assorbiti" nei progetti e nei compiti bellici, il primo con il radar, il
secondo con l'energia nucleare.
Feynman aveva parlato la lingua delle funzioni di Green per tutta la
vita senza saperlo: era cresciuto negli Stati Uniti, secondo il sistema americano, aveva idee meravigliose, ma l'astrazione matematica era per lui una
lingua straniera. Era in grado di scrivere le risposte, ma non sapeva formulare le equazioni, e fui io che riuscii a riempire quel vuoto matematico. La
sua teoria era quasi del tutto definita e, come fu evidente, funzionava molto
meglio di quanto ci saremmo aspettati, pensando che sarebbe durata pochi
anni, finch qualcun altro non ne avesse trovata una migliore e pi convincente; invece rimane tuttora la migliore teoria per descrivere atomi e radiazioni. Nel frattempo, erano arrivati in America gli scritti di Sin-Itiro Tomonaga, un famoso fisico giapponese, educato nella tradizione europea
(aveva lavorato con Heisenberg a Lipsia prima della guerra), che aveva sviluppato indipendentemente una nuova, elegante versione della teoria
quantlstica dei campi. Il suo lavoro, svolto nel completo isolamento della
guerra, era stato pubblicato in Giappone nel 1943. Il resto del mondo ne
venne a conoscenza soltanto nella primavera del 1948, quando una traduzione inglese arriv a Princeton, inviata da Hideki Yukawa a Robert Oppenheimer. I risultati di Tomonaga coincidevano quasi completamente
con quelli di Schwinger e Feynman.
Quando lessi il lavoro di Tomonaga, ero ancora alla Cornell University, e fui felice di costatare che egli parlava la lingua della teoria quantlstica
dei campi che io avevo imparato da Kemmer. Non ci volle molto perch
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mettessimo tutti gli ingredienti assieme: l'idea di base era calcolare le funzioni di Green per tutti i processi atomici che potessero essere osservati direttamente. Questo ci diede una solida base matematica per tutte e. tre le
versioni dell'elettrodinamica quantlstica: le funzioni di Green di Schwinger, la versione di Feynman e quella di Tomonaga. Grazie all'attivo incoraggiamento di Bethe, di Schwinger e di Feynman, lavorai per tutta l'estate
del 1948 sull'unificazione dell'elettrodinamica quantlstica, inventata da
Fermi e Heisenberg quindici anni prima che io arrivassi negli Stati Uniti.
Mostrai che i risultati della teoria sistematica della perturbazione1 erano
identici a quelli ottenuti dai grafici di Feynman, impiegando le sue regole di
calcolo, e che le procedure di rinormalizzazione della massa e della carica
eliminavano gli infiniti nella teoria ed esprimevano tutte le quantit osservabili finite.
Il mio contributo fu di raffinare un po' la matematica. In particolare,
lavorai sulla teoria dell'elettrodinamica quantlstica, che era corretta come
teoria fisica, si accordava assai bene con i dati osservativi, spiegava la radiazione, gli elettroni e cosi via, ma, nonostante la correttezza fisica, era matematicamente inconsistente e priva di senso e non permetteva calcoli accurati, costituendo proprio il tipo di problema che amavo e mi ero trovato ad
affrontare al posto giusto nel momento giusto. Esso era dello stesso grado
di difficolt di quello della teoria dei numeri che avevo risolto due anni prima. La reazione che suscit il mio lavoro fu per sproporzionata rispetto
alla difficolt del problema e, poich esso era posto dalla natura e considerato di cruciale importanza, io immediatamente divenni un eroe. Nonostante fossero stati Bethe e Feynman ad avermi indicato come fare, essi si
congratularono generosamente con me e mi portarono alle stelle. Ero entrato in un nuovo mondo, molto diverso da quello schermato di Hardy a
Cambridge, diventando una stella dell'universo internazionale della fisica.
Il risultato dei miei due lavori fu di rendere l'elettrodinamica quantlstica uno strumento adeguato e maneggevole per effettuare calcoli nella praLa teoria sistematica della perturbazione uno dei metodi standard per effettuare
calcoli in fisica. Funziona bene quando si ha a che fare con oggetti che interagiscono
soltanto, o, come si dice, perturbano ogni altro moto, debolmente: per esempio,
funziona bene quando si tratta di elettroni o atomi interagenti mediante forze
elettriche o magnetiche. Ma funziona male quando si ha a che fare con oggetti che,
come le particelle all'interno del nucleo, interagiscono fortemente mediante forze
nucleari. (N. d. A.)
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tica; ma, sebbene il mio lavoro avesse risolto il problema pratico di trasformare l'elettrodinamica quantlstica in uno strumento facile da usare, non
aveva risolto i profondi problemi matematici della teoria quantlstica dei
campi. Due questioni fondamentali rimanevano irrisolte. La prima era
come estendere quel metodo in modo che si adattasse a particelle diverse
dagli elettroni e dai fotoni, con interazioni che non fossero le forze elettrica
e magnetica: infatti, la teoria funzionava, se applicata all'elettrodinamica,
ma quando, nel 1949, cercammo di usare lo stesso metodo per calcolare
processi nucleari, non funzion (le interazioni nucleari sono forti). Il secondo problema irrisolto relativo al mio lavoro era se l'elettrodinamica
quantlstica, o ogni teoria quantlstica dei campi con interazioni relativistiche, fosse matematicamente auto-consistente.
Il metodo di calcolo che si era dimostrato funzionare cosi egregiamente come strumento pratico era basato sull'aver chiuso un occhio sulle ovvie
assurdit matematiche. Le equazioni dell'elettrodinamica quantlstica, se
prese alla lettera, fornivano ancora risposte assurde delT'infinit" di fronte
a semplici problemi relativi alla massa e alla carica di un elettrone. Il metodo funzionava e dava valori finiti per quantit osservabili, solo nel contesto
della teoria delle perturbazioni che assicurava l'eliminazione degli "infiniti". Se l'elettrodinamica quantlstica era destinata a esistere come una ben
definita teoria matematica, non avrebbe dovuto richiedere l'eliminazione
delle assurdit e non limitarsi a definire un'espansione in serie di potenze.
Tutte le quantit che apparivano nelle equazioni dell'elettrodinamica
quantlstica avrebbero dovuto avere un preciso significato matematico e il
loro comportamento sarebbe dovuto essere descritto da equazioni in
modo tale che non comparissero affatto delle assurdit.
Dopo questo lavoro di elettrodinamica quantistica tornai in Inghilterra dove ottenni un incarico di ricerca della Royal Society presso l'Universit di Birmingham, venendo accolto con grande gentilezza da Rudolf
Peierls - come Kemmer, un fisico molto brillante e un uomo estremamente generoso - che mi introdusse a casa sua e nell'Universit. In quel
periodo, continuavo a combattere con i due problemi irrisolti di elettrodinamica quantistica: l'uno dell'estensione della teoria alle interazioni
forti e l'altro il problema della sua consistenza matematica. I risultati del
mio lavoro furono pubblicati in un libro, che usci in Inghilterra con il titolo The Renormali^ation Method in Quantum Electrodjnamics, e in altre pubblicazioni, dove parlavo o h toni ottimistici della possibile soluzione dei
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te for Advanced Studies di Princeton, attivit che svolgo tuttora: cosi, lasciai la fisica delle particelle e mi dedicai ad altri settori della scienza dove le
mie capacit matematiche potessero essere meglio impiegate. L'Institute
for Advanced Studies si confaceva al mio stile di lavoro: il suo ciclo di studi
di un anno accademico, e a settembre arrivano, ogni anno, nuovi gruppi
di insegnanti chiamati da altre universit. Con un po' di dispiacere, ma un
gran senso di sollievo, lasciai Cornell University nel giugno del 1953 e a settembre mi insediai nel mio nuovo incarico a Princeton. Felicissimo di aver
ottenuto un posto dove mai pi sarei stato responsabile di Ph.D., da allora
in poi ho combattuto, senza successo, quel sistema che diventato sempre
pi massacrante nei confronti di giovani che iniziano la loro carriera scientifica. Sar eternamente grato alla Cornell University per avermi accolto
come insegnante nel 1951, senza Ph.D.: sfortunatamente, la liberalit con
cui Cornell mi tratt non si estese ai miei studenti.
Da allora ho lavorato su un gran numero di problemi, di meccanica
statistica, di fisica degli stati condensati, di astronomia, di biologia. Ho anche affrontato questioni di ingegneria, applicando la matematica alla progettazione di strumenti e macchine. Mentre progettavo macchine, spesso
mi veniva in mente l'affermazione di Hardy: "Una scienza detta utile se il
suo sviluppo tende ad accentuare le esistenti diseguaglianze nella distribuzione della ricchezza o promuove pi direttamente la distruzione della vita
umana". Ho cercato di provare che Hardy non aveva ragione e di mostrare
che la scienza pu risultare utile senza essere dannosa. Nella scelta dei problemi sui quali lavorare, ho sempre tenuto a mente quella frase che spesso
vera, e costituisce monito degno di essere preso in seria considerazione da
tutti gli scienziati applicati.
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che impiegano materiale radioattivo e le officine di produzione responsabili dell'inquinamento. Il trasferimento di tali industrie nello spazio non sarebbe necessariamente a carico dei governi, poich potrebbe aver luogo
spontaneamente, per esempio come conseguenza di un aggravio di tassazione imposto sulle produzioni altamente inquinanti. Prevedo che nel futuro la maggior parte di queste industrie si trasferir nello spazio, sicch la
Terra diverr pi verde, pi sicura e pi piacevole da abitare.
L'altro grave problema che potrebbe essere risolto dall'esplorazione
spaziale la vulnerabilit della Terra. Oggi l'umanit minacciata da un
olocausto di dimensioni globali a causa delle pericolose armi diffuse su tutto il pianeta: la fine della guerra fredda avrebbe dovuto porre fine alla corsa
agli armamenti, invece un sempre maggior numero di nazioni ha aumentato il proprio arsenale, per cui un maggior numero di armi nucleari e altri ordigni sono caduti in mani insicure e inaffidabili. Purtroppo, possiamo immaginare l'eventualit che una guerra nucleare globale scoppi come risultato di conflitti locali tra due nazioni relativamente piccole, in possesso per
di armi nucleari e, data la presenza di tali dispositivi mortali, non possibile sperare di sopravvivere sul nostro pianeta.
L'emigrazione di un numero considerevole di persone in zone lontane
del nostro sistema solare potrebbe rendere la nostra specie inattaccabile da
questo punto di vista: ammesso che un possibile olocausto sulla Terra potrebbe uccidere il novantanove per cento dell'umanit, quell'un per cento
che fosse emigrato nello spazio avrebbe la possibilit di sopravvivere, non
toccato dalle tragedie che l'uomo riesce a infliggere al proprio pianeta. E
possiamo immaginare che alcuni di queste donne e questi uomini nello
spazio potrebbero un giorno tornare e ripopolare la Terra, una volta che la
radioattivit si fosse ridotta a livelli accettabili. Il fatto che l'umanit debba
attraversare questo pericolosissimo periodo della storia, minacciata da
armi nucleari e dall'esplosione demografica, senza soluzioni n strategia
per il futuro, una fonte costante di preoccupazione e apprensione. Quando i viaggi spaziali ci consentiranno di muoverci liberamente nello spazio,
saremo in grado di costruire il nostro habitat su larga scala e, finalmente,
essere padroni del nostro destino, liberati dalla minaccia permanente di
estinzione.
Il terzo beneficio che l'umanit otterrebbe dall'esplorazione dello spazio la rinnovata ricerca di una nuova frontiera come risposta alla domanda: "Dove potremmo stabilire un'altra New England? Vi sono altri pianeti
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abitabili nel nostro sistema solare?". I messaggi che ci arrivano dalle missioni di "Viking" e "Pathfnder" su Marte hanno mostrato, fino a oggi, che
gli altri pianeti del sistema solare lasciano molto a desiderare dal punto di
vista dell'interesse "immobiliare". La maggior parte non sono abitabili e, in
ogni caso, non rappresentano la soluzione ideale, poich non aumenterebbero di molto il nostro spazio vivibile: il vero futuro dell'uomo lontano
dalla Terra e dai pianeti del Sole, in isolate citt-stato sospese nello spazio,
possibilmente agganciate a piccoli asteroidi o a comete. Infatti, in questo
contesto le comete assumeranno una crescente importanza.
La scienza ci dice che esistono, ai margini del nostro sistema solare, da
uno a dieci miliardi di comete che si muovono liberamente intorno al Sole
e, molto raramente, viaggiano vicino al nostro pianeta. Ognuna di queste
una preziosa miniera di elementi e materiali importanti biologicamente
come il carbone, l'acqua, l'azoto, il che significa che esse potrebbero costituire un habitat migliaia di volte pi vasto di quello dei pianeti solari e,
cosa ancora pi importante, offrire una frontiera aperta, un posto dove
nascondersi senza lasciare tracce, fuori dal raggio di polizia, di burocrati e
ficcanasi.
L'immagine di futuri emigranti che saltano da una cometa all'altra,
sparpagliati alle frontiere pi lontane del sistema solare, come i vecchi pionieri nella California d'altri tempi, forse un po' assurda e romantica. In
realt, ci potrebbe non accadere mai, ma questa un'idea possibile, poich lo spazio abbastanza grande da accogliere ogni dissidente, spirito libero o fuorilegge. Lo spazio vicino al Sole sar occupato da industrie computerizzate e da altre attivit industriali; lo spazio pi lontano, l'ultima
frontiera, eserciter sempre il suo fascino sulle minoranze perseguitate che
vogliano fuggire l'oppressione, o su comunit religiose represse dall'ortodossia, su adolescenti in fuga dalla famiglia, dagli insegnanti, dalle autorit,
sugli artisti e gli amanti della solitudine. Avr molta importanza un posto
sicuro nello spazio, lontano da occhi indiscreti, dove gli uomini potranno
svolgere liberamente i loro esperimenti sociali, in nuove forme di societ,
per nuovi tipi di esseri umani, differenti da noi, come noi lo siamo dagli
scimpanz. Nondimeno, il principale beneficio dell'avventura umana nello
spazio sar la possibilit di offrire all'umanit la chance di tornare a una vita
di comunit isolate, dove le qualit umane della lealt alla trib e l'esclusivit torneranno a diventare importanti valori positivi, invece di essere, come
oggi, fonti di pericoli ispirati al razzismo, ai nazionalismi e ad altri compor-
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lamenti antisociali: l, i nostri istinti tribali saranno incanalati verso un nuovo sentiero evolutivo, una nuova fondamentale sfida.
Il mio rapporto con lo spazio cominci nel 1931, quando l'asteroide
Eros pass eccezionalmente vicino alla Terra: allora avevo otto anni e ricordo quell'avvenimento in modo chiarissimo. A nove anni scrissi un racconto di fantascienza, in quanto fin da piccolo ero interessato allo spazio,
fu la letteratura fantascientifica ad accendere il mio interesse per la scienza.
Anche mio padre era un appassionato di scienza e acquistava tutta la letteratura scientifica del tempo, che leggevo anch'io. In particolare mi piacevano Eddington, Haldane, Jules Verne e, come tutti coloro che hanno desiderato dare un'occhiata nel futuro, ho un debito di gratitudine nei confronti di H. G. Wells per le sue previsioni, anche se pessimistiche, sul comportamento dell'uomo. Da allora credo di essermi sempre interessato allo
spazio e alla fantascienza, anzi, sono stato un fanatico dello spazio gi
molto prima di diventare uno scienziato; ho sempre pensato che lo spazio fosse il posto dove, infine, l'umanit si sarebbe indirizzata, l'ultima
frontiera. Quando, pi tardi, riuscii a lavorare a una missione spaziale, ne
fui felicissimo.
Nel 1958 Fredrick De Hoffman giunse a Princeton: guidava un gruppo alla General Atomic, e io avevo una grande stima nei confronti della sua
competenza e capacit, poich lo conoscevo dal periodo in cui avevo collaborato con lui al progetto "Triga"; ora stava cercando fisici e matematici
che collaborassero con la General Atomic per progettare e costruire una
navicella spaziale a propellente nucleare, il progetto "Orion", un programma folle, ma che era stato preso molto sul serio. Egli mi invit a lavorare
nuovamente con loro e io accettai, dopo che Oppenheimer, molto a malincuore, mi concesse un'aspettativa dall'Institute for Advanced Studies per
l'anno accademico 1958-59.
Il progetto "Orion" prevedeva, come ho detto, di costruire una navicella spaziale a propellente nucleare per volare in tutto il sistema solare; il
suo apparato propulsivo era basato su una serie di esplosioni nucleari successive in coda alla navicella. Il veicolo avrebbe potuto trasportare un equipaggio umano e la necessaria quantit di dispositivi nucleari, pi il sistema
per lanciarlo nel ''ti spazio nel momento e nel luogo giusti, in modo da garantire la sicureiiza dell'equipaggio, dal punto di vista dell'uomo e dell'ambiente. La navetta avrebbe dovuto essere costruita in modo tale da avere
sufficiente propellente per l'intera missione, dotata di dispositivi per attuti-
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no lentamente e necessitano di un tempo sufficientemente lungo per raggiungere la velocit desiderata. Nonostante ci, essi possono giocare un
ruolo molto importante in missioni che devono coprire lunghe distanze,
mentre sono impraticabili per l'esplorazione del sistema solare.
Il sistema propulsivo di "Orion" non era limitato n dalla temperatura
n dalla potenza. Per quanto riguarda la temperatura, questa non costituiva
un problema perch il contatto tra il veicolo e i residui caldi dell'esplosione
sarebbe stato cosi irrilevante che, semmai, avrebbe prodotto solo pochi
danni superficiali. Inoltre, il motore nucleare sarebbe stato collocato all'esterno del veicolo, il che significa che non avrebbe impiegato, per il suo
funzionamento, i motori di raffreddamento e il reattore della navicella. Un
veicolo "Orion" sarebbe stato unico per la sua capacit di sfruttare completamente l'enorme contenuto energetico del combustibile nucleare e per
le sue combinate qualit di forte spinta e alta accelerazione.
Sviluppammo dettagliati progetti per un veicolo con un equipaggio
umano di otto persone e un carico di un centinaio di tonnellate, per un
viaggio veloce su Marte e ritorno. Il veicolo era abbastanza leggero per essere trasportato nello spazio da razzi tipo "Saturn", ma il costo dei razzi si
rivel essere pi della met del costo totale dell'intera impresa. Il nostro
progetto non intendeva dimostrare l'utilit e la fattibilit economica e sociale di una viaggio spaziale su Marte con equipaggio umano, ma solo che,
una volta raggiunta la decisione, "Orion" sarebbe stato il veicolo capace di
farlo pi velocemente e con minor costo di ogni altro.
"Orion" avrebbe potuto funzionare in teoria, sebbene dal punto di vista dell'ambiente potesse risultare un po' folle e, forse fortunatamente, non
fu mai realizzato. Eppure, ancor oggi mi sono rimaste molte domande senza risposta, e soprattutto mi chiedo se sia stata veramente una buona cosa
che il progetto fosse stato chiuso in quel modo. Nel gennaio del 1965, la
NASA annunci la fine del progetto "Orion": come si giunse a tale conclusione una storia lunga e triste. Ma l'annuncio pubblico conteneva il commento che la decisione era stata presa per il bene della collettivit.
In un senso, penso che ci sia stato giusto e che siamo stati fortunati,
perch il progetto sarebbe potuto cadere in cattive mani; in un altro, io sento, come sentii allora, che nessuno, compresa la NASA, il Ministero della
Difesa, i promotori del trattato sul bando ai test nucleari e la comunit
scientifica mostrarono alcun interesse nella spinta all'esplorazione spaziale
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che il miglioramento nella comprensione di ci che l'equipaggio di scienziati osserva mediante i propri strumenti; in senso letterale, significa l'ambiente, formato da macchine, robot e piante, con cui una colonia su Marte
potrebbe essere costruita. Questo significa, dunque, che prima che l'uomo
arrivi su Marte, la sua strada sar stata preparata da migliaia e migliaia di piccole missioni, del tipo degli Astropolli o di altre creature messe a disposizione dall'ingegneria genetica, con il compito di preparare l'ambiente dal
punto di vista ecologico affinch l'uomo possa vivervi. In questo senso gli
Astropolli e i loro possibili cugini si riveleranno molto utili.
Vorrei fare un esempio. Missioni su grande scala, come quella
dell'esplorazione del "Voyager", dei pianeti esterni o quella, del telescopio
spaziale Hubble, di galassie distanti, hanno fornito, decisamente, una ricchezza in conoscenze scientifiche e, contemporaneamente, gloria politica
per i vari burocrati, i "Napoleoni" della NASA. Ma le circostanze stanno
rapidamente cambiando: missioni da miliardi di dollari non sono pi la tendenza, e limitare i deficit di bilancio porter a una drastica riduzione delle
missioni costose. Le migliori possibilit di realizzazione riguarderanno
missioni piccole e poco costose. Ho avuto la possibilit di vedere la sonda
"Cassini" presso il Jet Propulsion Laboratory (}PL) in California, prima del
lancio: dopo un lungo e complicato viaggio, la sonda si collocher su un'orbita intorno a Saturno e far rilevazioni ravvicinate degli anelli e dei satelliti
di quel pianeta e invier alla Terra un numero di informazioni maggiore di
quanto potrebbe fornire "Voyager" nel suo breve viaggio.
"Cassini", per, somiglia molto a "Voyager". una grande navicella
con molti brcci su cui sono installati diversi strumenti: il costo della missione, compresi cinque anni di operazioni sul sistema di Saturno, stimato
intorno ai 3,5 miliardi di dollari ed un primo esempio del tipo di missione
che i riformatori nella NASA e nel Congresso degli Stati Uniti vorrebbero
abolire. Peraltro, il JPL in California sta lavorando su "Pluto Express" e
"Neptune Orbiter": ambedue queste sonde esistono, sino a oggi, solo nella
mente dei progettisti del JPL come prototipi, ma gi chiaro che ambedue
sono strumenti leggeri, poco costosi e dalle alte prestazioni.
"Pluto Express" potrebbe completare l'esplorazione, iniziata da
"Voyager", dei pianeti esterni effettuando fotografie, ad alta risoluzione a
larga banda, di Fiutone e del suo principale satellite Chiron. Dopo aver superato Fiutone, "Pluto Express" andr a esplorare la fascia di Kuiper, piccoli oggetti, appena scoperti, orbitanti intorno al Sole oltre l'orbita di Net-
palloni, quindi trattate chimicamente in modo che la loro forma diventi rigida e. permanente. Al JPL, dove ho visitato il gruppo delle strutture gonfiabili, i progettisti sognano di ridurre i costi di tutte le strutture larghe e
sottili, come radio antenne, collettori solari, specchi ottici e. freni ad aria, di
un fattore di cento. I nuovi tipi di tecnologia citati stanno germogliando al
JPL in modo del tutto "antinapoleonico", per effetto di un grande entusiasmo che nasce dal basso piuttosto che dalle direttive che giungono dall'alto, dalla direzione in gi.
"Neptune Orbiter" un'avventura coraggiosa, che apre la strada in
moltissime direzioni. Richiede nuove tecnologie e un nuovo stile di gestione e potrebbe fallire se i dirigenti non saranno coraggiosi quanto i progettisti: i primi potrebbero infatti trasformarla in una missione non sufficientemente conveniente, dal punto di vista finanziario. Ma la propulsione elettro-solare ha aperto la porta a una nuova generazione di piccole navicelle
spaziali, caratterizzate da un buon rapporto costo-efficacia, facendo tesoro
dell'enorme sviluppo che stato realizzato negli ultimi trent'anni nella miniaturizzazione di strumenti e computer. L'impiego della propulsione elettrosolare cambier la natura e lo stile delle missioni planetarie: navicelle a
propulsione elettrosolare possono viaggiare nel sistema solare facilmente,
cambiando la loro traiettoria di volta in volta a seconda delle esigenze delle
missioni scientifiche. Tale propulsione fornir la flessibilit necessaria per
gestire le operazioni in modo non napoleonico. Se "Neptune Orbiter" voler, molte altre audaci missioni si succederanno.
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L'idea che noi non siamo l'unica forma di vita nell'universo non nuova: in effetti l'ipotesi dell'esistenza di altre forme di vita nasce direttamente
all'alba del pensiero razionale. Sebbene Aristotele la rifiutasse e credesse
che l'uomo fosse unico nell'intera creazione, molti filosofi e cosmologi
greci, come Epicuro, credevano nell'esistenza "di infiniti mondi sia simili
sia dissimili al nostro" e affermavano: "Dobbiamo credere che in tutti i
mondi vi sono creature viventi, piante e altro che noi vediamo nel nostro
mondo". Leucippo e Democrito, sulla base della scoperta degli atomi, credevano che questa fosse la prova dell'esistenza di altri mondi.
Non penso che noi uomini siamo soli nell'universo, in quanto, pi lo
studio e ne analizzo in dettaglio l'architettura, pi prove trovo che mi convincono che esso deve "aver saputo" che noi saremmo comparsi. E per
quanto riguarda l'esistenza di altre forme di vita nell'universo, intelligenti o
no, le credo altamente probabili, poich la natura ha sempre pi immaginazione di noi. Due prove sono la scoperta di pianeti orbitanti intorno a una
pulsar e di un pianeta intorno alla stella 51 Pegasi: ambedue queste scoperte erano all'opposto del senso comune. Da un lato, infatti, non si era mai
pensato che una pulsar avesse dei pianeti, e 51 Pegasi ha un pianeta delle dimensioni di Giove, dove nessuno si sarebbe aspettato di trovarlo, poich
tale pianeta pi vicino alla sua stella che Mercurio al nostro Sole. Qualsiasi
pianeta che si rispetti sarebbe evaporato in tale situazione!
Comunque, dobbiamo guardarci da due assunti comuni: che i pianeti
siano solo vicino alle stelle e che creature intelligenti possano vivere solo su
pianeti. Ambedue questi presupposti possono esser messi completamente
in discussione: forse vi sono molti pianeti nella Galassia che non sono collegati a una stella; le stelle, sappiamo, si formano da nubi di gas e polvere
stellare e non vi alcuna ragione per cui questo processo formi solo stelle e
non pianeti. Gli elementi pesanti del Sole potrebbero aver costituito 5.000
pianeti, liberi nella Galassia, per ogni stella.
Credo che le civilt colonizzeranno lo spazio, non solo i pianeti, e spero che noi non siamo l'unica civilt nella nostra Galassia. Vi possono essere
centinaia di forme di vita intelligente sparse tra i 400 miliardi di stelle, molte
delle quali devono sicuramente essere potenzialmente ospitali per lo sviluppo della vita. Se dovessimo localizzare o prendere contatti con queste
forme di vita intelligente, ci avrebbe un profondo e drammatico impatto
sul significato della vita come la intendiamo oggi.
Quando nel 1959 stavo ancora lavorando su "Orion", Giuseppe Cocconi e Philip Morrison pubblicarono il loro primo progetto per la ricerca,
mediante radiotelescopi, di segnali trasmessi nello spazio da creature intelligenti extraterrestri. Da questo punto di vista, i due scienziati sono i veri
creatori di E. T. e Philip Morrison uno dei miei eroi. Egli fece moltissimo,
in vari modi, per avvicinare i problemi umani alla scienza e avvicinare la
scienza agli esseri umani. In verit uno di quegli scienziati atomici che intervennero pubblicamente durante tutta la loro vita, per evidenziare i rischi
connessi all'uso militare dell'energia nucleare: egli aveva previsto, nel 1945,
gli effetti del bombardamento atomico durante i primi esperimenti, prima
ancora di Hiroshima e Nagasaki.
Poco tempo dopo, il radioastronomo Frank Drake cominci a cercare
segnali usando un telescopio dell'Osservatorio nazionale di radioastronomia di Green Bank. Questo fu l'inizio dell'impresa internazionale, nota
con il nome di SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence), che ha portato avanti con crescente rapidit, efficienza e importanza le ricerche negli
anni seguenti. SETI fu per un breve periodo sostenuto dalla NASA nell'ottobre del 1992, esattamente cinquecento anni dopo che Cristoforo Colombo mise per la prima volta piede sul suolo americano. I radiotelescopi
sono oggi usati universalmente per scrutare migliaia di sistemi di stelle nella
speranza di rilevare radio-segnali da sorgenti artificiali.
Sono stato un sostenitore entusiasta del SETI, ma ho individuato un
punto debole nelle argomentazioni di Cocconi e Morrison: essi avevano
ipotizzato che intelligenze aliene sarebbero state in certa misura cooperative, che gli alieni, cio, avrebbero impiegato almeno radiosegnali per comunicare con altri e inoltre che fossero interessati a mettersi in contatto con
noi. Io proposi che noi avremmo dovuto cercare con telescopi a infrarossi,
e non solo mediante radiotelescopi. Dal momento che ogni importante civilt costretta dalla seconda legge della termodinamica a emettere scorie
di calore sotto forma di raggi infrarossi, una ricerca in tal senso riuscirebbe
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a'rilevare anche alieni non cooperativi. Proposi l'idea che esistesse un'ipotetica sorgente infrarossa che sarebbe costituita dalla calda superficie esterna di una biosfera artificiale, abitata da una grande popolazione di alieni, e
suggerii che civilt molto avanzate, confinate solo dalle leggi fisiche attualmente conosciute, potrebbero circondare le loro stelle d'origine con habitat formati da pianeti frantumati.
ni falsi allarmi. Per laver domanda : se ricevessimo un segnale, dovremmo rispondere? Drake ha elaborato un nuovo tipo di protocollo per affrontare appunto la questione di come rispondere. Ma, che cosa dire a potenziali extraterrestri se non ne conosciamo il linguaggio? Inoltre, ha veramente senso rispondere loro? Se essi si trovano a una distanza da noi di milioni di anni luce, che senso ha rispondere?
Nonostante non abbiamo ancora trovato alcuna prova che nello spazio ci siano forme di vita intelligente, nessuno ha finora scoperto alcuna
prova contraria. Io credo fermamente che SETI sia una causa degna d^essere portata avanti e, come i suoi osservatori, spero che l'umanit sar un
giorno in grado di rispondere alla domanda: "Siamo soli nell'universo?".
Inoltre, l'idea di una biosfera artificiale come un oggetto rigido fu definitivamente acquisita dalla letteratura fantascientifica e le venne attribuito
il nome di "sfera di Dyson". Ho visto una volta alla televisione un programma chiamato StarTrek: sebbene il suo contenuto violasse sistematicamente le leggi della fisica, sono lieto che il concetto di una biosfera artificiale abbia contribuito a diffondere le mie idee nella cultura popolare.
Il progetto SETI, diventato ora Phoenix, e del quale Frank Drake il
presidente, ora interamente finanziato da donazioni private ed stato immortalato in molti film tra cui Independence Day, Contaci, e ha anche ricevuto
un sostegno finanziario dal regista di E.T., Stephen Spielberg.
Data l'abbondanza di materia nell'universo e l'uniformit della natura,
sembra molto probabile che lo stesso processo evolutivo verificatosi sulla
Terra si sia ripetuto in altre parti dell'universo. Partendo da questo presupposto, SETI ha perlustrato le galassie con sofisticati radiotelescopi nella
speranza di effettuare qualche tipo di contatto. Dopo il lavoro pionieristico di Drake sui radiotelescopi, ora possibile esplorare una quantit di stelle target su migliaia di possibili frequenze a una velocit altissima. Non vi
sono state, a tutt'oggi, conferme e dati relativi a segnali alieni, ma solo alcu1
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Idee brillanti
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nerare energia elettrica; la sua sicurezza interna era basata sulle leggi della
fisica e non su dispositivi meccanici. Il prototipo del "Triga" fu mostrato a
un pubblico internazionale in una cerimonia tenuta a San Diego alla quale
partecip Niels Bohr, che ebbe l'incarico di girare l'interruttore per farlo
partire. In quei giorni la maggioranza degli scienziati, compreso Bohr,
guardava allo sviluppo dell'energia nucleare a scopi pacifici come a un'immensa opportunit per l'umanit, mentre Oppenheimer apparteneva alla
minoranza che pensava il contrario. "Triga" era un reattore piccolo che
non sarebbe stato sufficiente per una produzione significativa di elettricit:
il carburante era composto da uranio e idrogenato di zirconio, componente assai costoso. Ripensando, dopo quarantanni, a come siano state generalmente mal condotte le questioni relative all'energia nucleare, penso che
forse fu un errore che il nostro gruppo non abbia deciso di mettersi in proprio, perch avremmo potuto progettare, utilizzando "Triga" come base,
un reattore nucleare alimentato da idrogenato di zirconio. Anche se l'energia nucleare non realizz le nostre speranze, continuo ancora a credere che
il "Triga" sia uno strumento che avrebbe potuto offrire dei benefici, non
gi degli svantaggi, all'umanit.
Nonostante la General Atomics abbia cambiato propriet, ancora
forte e continua a produrre reattori "Triga". Io ci vado ogni estate, non per
collaborare con la General Atomics in s, ma con Jason, che un gruppo di
scienziati e matematici i quali si incontrano ogni estate per lavorare insieme
su problemi tecnici di interesse per il governo: alcuni di questi lavori sono
segreti, ma la maggior parte no. Uno dei progetti su cui ho lavorato riguarda il campo dell'ottica adattiva, consistente nel progettare uno specchio
flessibile con un sistema di controllo rapido che compensi la distorsione
delle immagini ottiche prodotta dalla turbolenza dell'atmosfera. Prima
d'intraprendere il lavoro, ho studiato approfonditamente le applicazioni
civili e militari dell'ottica adattiva e sono arrivato alla conclusione che il suo
previsto impiego nella realizzazione delle cosiddette armi a raggio era una
fantasia mentre il suo utilizzo in astronomia era reale. Oggi il mio giudizio
appare corretto: l'ottica adattiva viene usata dagli astronomi con grande
successo, specialmente in Francia, mentre le armi a raggio si vedono solo
nelle storie e nei film di fantascienza.
Molti astronomi in Europa e negli Stati Uniti stanno collegando sistemi di ottica adattiva ai loro telescopi e, per fortuna, non occorre trasformare il grande specchio principale del telescopio in specchio flessibile per
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contrastare gli effetti della turbolenza dell'atmosfera: lo specchio principale viene lasciato cosi com' e la luce riflessa su di un piccolo specchio terziario, che deve essere flessibile e in grado di muoversi rapidamente. Cosi, gli
astronomi possono scegliere se impiegare il telescopio con o senza ottica
adattiva: continuano a usare i telescopi nel modo normale la maggior parte
del tempo, impiegando la nuova tecnologia occasionalmente, per osservare oggetti luminosi. Oggi, questa tecnologia stata usata con successo per
osservare macchie sulla superficie di alcune stelle giganti rosse molto luminose come Betelgeuze; in futuro, nella misura in cui la tecnologia dell'ottica
adattiva sar ancora migliorata, si potranno osservare oggetti di luminosit
debole, sicch verr impiegata assai pi frequentemente.
Una delle persone con cui discuto spesso al Jason Paul Horowitz, un
grande fisico che si interessato a vari argomenti, dall'ascolto di possibili
messaggi provenienti da forme di vita extraterrestre al problema delle
mine, la cui soluzione allevier i problemi delle popolazioni della Cambogia, Bosnia, Angola, Afghanistan e di altri Paesi distrutti dalla guerra, dove
milioni di mine nascoste sotto terra causano la morte e la mulilazione di civili innocenti, soprattutto di bambini. Queste popolazioni hanno bisogno
di rivelatori di mine economici, per essere prodotti e distribuiti in grandissima quantit, e facilmente trasportabili, cosi da essere utilizzati in posti
senza strade ed elettricit. Il problema di adattare la tecnologia bellica ai
bisogni civili rendendola semplice e leggera.
Paul Horowitz ha inventato quella che chiama una "sonda intelligente", una versione modificata del rivelatore a bastone appuntito, normalmente impiegato per cercare le mine nel terreno. Il metodo tradizionale
consiste nel sondare molto attentamente il terreno con la punta intorno a
un oggetto interrato, cercando di distinguere, tramite la forma, le mine dalle rocce e dalle radici degli alberi. Invece, Horowitz ha progettato un bastone, leggero e robusto, con una trasmittente e un ricevitore sonoro molto
piccoli, collocati sulla punta: questa trasmette una lieve vibrazione ad alta
frequenza a ogni oggetto che tocca, e riceve la riposta: le mine danno una
risposta che molto diversa da quella delle rocce o delle radici di alberi. Il
processo d'identificazione delle mine cosi pi rapido e sicuro: la sonda intelligente usa una corrente elettrica molto bassa e pu funzionare a batterie. Ho lavorato con Horowitz sul problema delle mine e sono stato molto
contento di averlo fatto. Nel nostro piccolo, stiamo rimediando al danno
che l'abuso della scienza ha fatto all'umanit.
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La fisica nucleare
La fisica nucleare sta diventando una materia morta e pur essendo una
scienza molto bella, ormai ha quasi concluso l'esplorazione di tutte le aree a
sua disposizione: ci sono solo circa 500 possibili nuclei e questi sono stati
analizzati accuratamente. La teoria buona, gli esperimenti sono stati efficaci, si tratta di una disciplina quasi scolpita nella pietra, e non c' molto pi
da fare a un livello fondamentale. Naturalmente, la situazione potrebbe
cambiare e potremmo avere ancora sorprese inattese. Ci che noi chiamiamo fisica nucleare lo studio dei nuclei mentre la fisica delle particelle lo
studio dei quark e, mentre questi sono ancora in fase di indagine, i nuclei
sono stati quasi completamente compresi e identificati. Questa situazione,
come appena descritta, certamente triste per gli esperti di fisica nucleare,
che si sono specializzati in un settore in via di estinzione.
Il futuro dell'energia nucleare ha ormai poco a che fare con la scienza,
poich i problemi di questo settore riguardano soprattutto l'ingegneria, l'economia e l'ambiente. L'energia nucleare ha preso un indirizzo autonomo
rispetto al mondo della scienza: conosciamo molto bene il funzionamento
dei reattori nucleari e anche quello della generazione del vapore assai ben
noto. Oggi i problemi sono ingegneristici e riguardano il modo di costruire
macchine che siano meno costose e pi semplici dal punto di vista della
loro utilizzazione di quelle di cui disponiamo attualmente.
Credo che il futuro dell'energia nucleare sia del tutto imprevedibile,
poich dipende moltissimo dall'umore del pubblico e dagli eventi politici:
la Francia e il Giappone sono molto soddisfatti dell'energia nucleare, da cui
dipendono pi di ogni altra nazione del mondo e, senza dubbio, continueranno a esserlo; hanno persone competenti che curano le questioni relative
e vi un notevole rispetto da parte della popolazione nei confronti di tale
industria. In America, invece, alcuni di quelli che dirigono il settore sono
incompetenti e tuttavia si trovano a dover affrontare svariati tipi di problemi. Il futuro dell'energia nucleare anche un problema economico e a lun-
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principale che dovr essere risolto per fare dell'energia solare la nostra
principale fonte energetica il costo: rispetto al petrolio costa ancora troppo. Molti Paesi hanno messo a punto un serio programma per l'energia solare. Il Brasile ha organizzato grandi coltivazioni di canna da zucchero per
convertire lo zucchero in alcool, anche se al momento l'alcool ancora
troppo costoso rispetto al petrolio, ma credo che l'ingegneria genetica riuscir a ridurne il costo.
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Quando parliamo del futuro lontano, siamo tutti egualmente ignoranti. Per parte mia, non pretendo dunque di prevedere quello che faranno i
nostri nipoti tra cinquantanni, poich toccher a loro assumersi le proprie
responsabilit e decidere che cosa vorranno fare. Mi piace comunque offrire loro una lista di idee da scegliere e suggerire possibili vie per far proseguire l'esplorazione dello spazio. La mia unica qualifica a parlare del futuro
che l'ho gi fatto e, quando prendi l'abitudine di parlare del futuro, acquisisci la fama di profeta, persine se quello che predici riguarda eventi che non
si avvereranno affatto. Ecco qui una lista di desideri, una lista di strumenti
di cui abbiamo bisogno per aprire tutto il sistema solare all'umanit. L'importante mantenere una chiara distinzione tra desideri e fatti: non sto dicendo, invero, che le voci sulla mia lista si realizzaranno veramente, ma alludo a obiettivi per i quali bisogna lottare, non a fatti dati per scontati. Se
volete avere un futuro soddisfacente, dovete lavorare sodo, oltre a essere
fortunati. Una volta chiarito questo, ecco la mia lista.
Il primo desiderio che l'esplorazione dello spazio diventi sempre
meno costosa; se ci sapremo fare, qualsiasi esplorazione che valga la pena
di essere realizzata potr essere effettuata con meno di un miliardo di dollari. Non mi interessano progetti grandiosi la cui realizzazione assorba una
quota significativa del reddito nazionale; i nostri nipoti potranno decidere
di imbarcarsi in questi progetti ambiziosi, ma che - credo - dovrebbero essere finanziati pi come avviene per eventi sportivi internazionali che per
missioni di esplorazione spaziale, le quali dovrebbero essere sempre cosi
convenienti dal punto di vista economico che ci si possa permettere anche
il lusso di fallire, perch, se un'impresa non pu permettersi di fallire, non
una vera impresa.
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asteroidi e comete che potrebbero colpire la Terra, il cui costo sarebbe modesto se il tempo di preavviso fosse almeno di cento anni. Perci, il sistema
di individuazione deve comprendere una schiera di potenti telescopi in
grado di coprire tutto il ciclo, la cui costruzione e il cui funzionamento costeranno pi o meno quanto "Mission to Planet Earth", l'impresa iniziata
dalla NASA per il monitoraggio ecologico del pianeta su scala globale. I costi dei telescopi potrebbero essere adeguatamente coperti da un premio assicurativo per la protezione dalle catastrofi astronomiche: i telescopi ci fornirebbero allora, come bonus addizionale, uno strumento magnifico per
esplorare l'universo anche al di fuori della zona di pericolo.
Un'altra soluzione al problema della possibile collisione di asteroidi o
comete con la Terra un mass-driver, una macchina inventata vent'anni fa
da Gerard O'Neill, consistente essenzialmente di un acceleratore magnetico che spinge piccole pale lungo una linea retta: alla fine della pista il carico
vola via e la pala vuota torna al punto di partenza. Il peso del carico sar
adeguato alla potenza e alla velocit dell'acceleratore, lungo circa un centinaio di metri, che accelera un carico (di roccia, se un asteroide, o ghiaccio,
se una cometa) che volerebbe nello spazio con una data quantit di moto
verso l'oggetto da deviare e la stessa quantit, ma in direzione opposta, sarebbe impressa alla cometa o all'asteroide. La macchina devierebbe la cometa usando semplicemente la terza legge del moto di Newton (per ogni
azione ve n' una uguale e contraria) e sarebbe una soluzione economica ai
problemi posti dal possibile impatto di oggetti contro la Terra, per il fatto
che la potenza richiesta per deviare un oggetto direttamente proporzionale alla massa dell'oggetto e inversamente proporzionale al quadrato del
tempo di preavviso.
positivo il fatto che un sistema completo di telescopi di rilevamento
e preavviso e la difesa costituita da questa macchina potrebbero essere realizzati entro il prossimo secolo, dandoci un centinaio di anni di preavviso,
necessari per risolvere il problema costituito dal possibile impatto di oggetti celesti, in modo rapido e senza grossi problemi. I telescopi di preavviso
non scoprirebbero soltanto potenziali oggetti pericolosi che potrebbero
essere deviati dal mass-driver, ma riuscirebbero anche a fornire un ampio
quadro dell'intero universo visibile. La felice unione tra astronomia e assicurazione-vita porterebbe durevoli benefici a entrambe le parti.
Non so se i miei desideri si avvereranno, ma quello che so che siamo
all'inizio di una rivoluzione nella tecnologia spaziale dove l'imperativo sar
SO
per la prima volta il basso costo. Questo pu essere spiacevole, a breve termine, per gli esploratori dello spazio, ma si riveler vantaggioso a lungo termine. E l'aspetto positivo che oggi le missioni poco costose hanno molte
pi possibilit di essere realizzate e la vicina ra delle operazioni spaziali
economiche comincer con missioni senza equipaggio umano, cui seguiranno quelle con equipaggio umano, dopo che le prime avranno provato e
perfezionato le nuove tecnologie della propulsione e del funzionamento
generale.
Le missioni senza equipaggio poco costose hanno bisogno solo di una
nuova ingegneria, e quelle con l'equipaggio umano di una nuova biotecnologia. Per queste ultime, il problema principale non arrivare alla destinazione, ma imparare a sopravvivere una volta arrivati: sopravvivere e crearsi
un habitat lontano dalla Terra un problema di biologia pi che di ingegneria; in ogni caso, facilmente prevedibile che le missioni a basso costo, sia
con equipaggio umano che senza, potranno essere realizzabili: non c' infatti alcuna legge della fisica o biologica che impedisca i viaggi e l'insediamento dell'uomo in tutto il sistema solare o anche oltre, ma impossibile
prevedere quanto tempo ci vorr per realizzarli, perch la previsione dei
tempi di future conquiste notoriamente difficile. Il mio augurio che nei
prossimi cinquantanni si apra l'ra delle missioni poco costose senza equipaggio umano, mentre quella delle missioni con equipaggio umano inizier
dopo, nel corso del XXI secolo. Il tempo necessario per l'attuazione di
questi progetti dipender da imprevedibili eventi storici e politici e le mie
proiezioni per l'inizio dell'esplorazione economica con equipaggio umano
e della colonizzazione si fondano su una analogia storica: tra il primo viaggio di Colombo e l'insediamento dei pellegrini nel Massachusetts trascorsero 128 anni, perci immagino che nel 2085,128 anni dopo il lancio del
primo "Sputnik", colonie di pellegrini cominceranno a stabilirsi in tutto il
sistema solare.
I due requisiti essenziali per missioni spaziali poco costose, con equipaggio umano, sono i sistemi di lancio economici e le piante a sangue caldo. I tre nuovi sistemi di lancio che ho menzionato sono quelli a' propulsione laser, gli acceleratori ram e gli slingatron. La propulsione laser stata inventata e promossa trent'anni fa da Arthur Kantrowitz: possiamo sognare,
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oggi, come potrebbe essere un possibile futuro centro di lancio a propulsione laser. Il laser si trova sulla cima di una montagna con il raggio puntato
verso il ciclo: l'astronave decolla sul raggio con un'accelerazione di tre g,
raggiungendo la velocit di fuga in sei minuti a duemila chilometri di altezza. La massa dell'astronave al lancio di due tonnellate, il propellente una
tonnellata di acqua contenuta in un serbatoio di un metro cubo, la massa finale dell'astronave, compreso il carico utile, di una tonnellata.
La potenza del raggio laser di un gigawatt, convertita in spinta con un
rendimento complessivo del quindici per cento. Alla fine dei sei minuti di
volo a propulsione, l'astronave in orbita di fuga e il laser di nuovo pronto per il lancio seguente. Se la base di lancio impiegata per il sessanta per
cento del tempo, pu lanciare mezzo milione di astronavi l'anno. Il sistema
di lancio potrebbe operare come un'autostrada, accessibile a chiunque arrivi alla base di lancio con un'astronave: tu paghi il pedaggio per coprire i costi del capitale e i costi operativi della base di lancio, guidi la tua astronave e
viaggi a tuo rischio.
Per ottenere un risparmio notevole sui lanci nello spazio necessario
raggiungere un gran volume di traffico: il costo dell'energia per ogni lancio
laser sarebbe intorno ai dieci dollari per chilogrammo di carico; se il sistema di lancio tenuto quasi sempre in funzione con mezzo milione di carichi l'anno, ognuno dei quali con un pedaggio di venti dollari il chilo, il reddito lordo sar di dieci miliardi di dollari l'anno, sufficienti per coprire, oltre ai costi dell'energia, il costo del capitale e per ottenere un certo profitto.
Se il traffico sar invece di pochi lanci al giorno, il pedaggio salir a diverse
migliaia di dollari al chilogrammo e il sistema sar un disastro economico
come lo "Space Shuttle", un progetto prestigioso, ma troppo costoso per
essere usato per le normali operazioni commerciali. Non si dovrebbe mai
costruire un sistema di lancio laser fioche non esista una domanda di lanci
sufficiente per farlo funzionare per un buon lasso di tempo. Il sistema di
lancio laser brevemente descritto progettato per il trasporto di passeggeri
umani; ma sarebbe saggio iniziare con un sistema pi modesto, che io chiamo a mini propulsione laser, per il solo trasporto di merci e con un'accelerazione di trenta anzich tre. In tal caso, la potenza del laser passa da un gigawatt a un centinaio di megawatt, il carico da una tonnellata a dieci chilogrammi, il tempo di accelerazione si riduce da sei minuti a trentasei secondi, il costo dell'energia per chilogrammo rimane inalterato e quello del capitale si riduce di un fattore dieci. Dopo che il sistema di lancio mini-laser
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sia stato messo in funzione e abbia operato con profitto, possono essere
realisticamente affrontati i rischi e i costi di un sistema globale di trasporto
dei passeggeri.
Non occorre dire che questi sogni di sistemi di lancio laser a basso costo non si materializzeranno fino a quando non sar costruito e fatto funzionare un motore a propulsione laser affidabile ed efficiente, e realizzare
un tale motore difficile e occorre molto tempo. Leik Myrabo, con un piccolo sostegno dall'Istituto per gli Studi Spaziali di Princeton, ha ripreso la
sfida l dove Arthur Kantrowitz l'aveva lasciata.
Il secondo sistema di lancio radicalmente nuovo , come ho detto,
l'acceleratore ram, inventato da Abraham Hertzberg dell'Universit di
Washington a Seattle: si tratta di un motore ram-jet in-out che possiamo
anche immaginare come la versione efficiente di un fucile a gas che accelera un proiettile dentro un tubo di acciaio pieno di una miscela di gas combustibile. Il proiettile attraversa il tubo, spinto dalla pressione stazionaria
del gas che si accende a poppa; il gas non si muove con il proiettile, rimane
fermo mentre il proiettile lo attraversa. La parte anteriore del proiettile
molto appuntita in modo che l'urto di prua non sia cosi forte da incendiare
il gas quando l'urto riflesso, a poppa, sia pi forte e provochi l'accensione
del gas. Ho visto un modellino di acceleratore ram in funzione nel sotterraneo del dipartimento di ingegneria dell'Universit di Washington, costruito e messo in funzione da due studenti sotto la supervisione di Hertzberg; il
cilindro aveva un diametro di dieci centimetri e una lunghezza di dieci metri, il gas era una miscela di metano e aria compressa a venticinque atmosfere; il proiettile era un cono appuntito con alette che lo mantenevano al centro del tubo. All'inizio, una scintilla ha acceso il gas dietro al proiettile e, per
tutta la corsa, il gas bruci in modo omogeneo, mentre il proiettile aumentava la velocit con un'accelerazione costante di trentamila , uscendo, alla
fine del tubo, alla velocit di due chilometri e mezzo al secondo e conficcandosi in un serbatoio pieno di pezzi di tappeti orientali.
Quando ho visitato il sotterraneo e ho visto l'operazione, il modellino
aveva gi sparato cinquecento volte e la parte interna del tubo non mostrava un solo graffio: il proiettile si sempre collocato automaticamente al
centro nel tubo mentre lo percorreva. Trentamila non sarebbero molto
salutari per eventuali passeggeri, mentre sarebbero tollerati da carichi di
merci e anche da dispositivi elettronici, se fossero ben sistemati e imballati.
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' Hertzberg propone di costruire, sulla base del suo modellino, un completo sistema di lancio spaziale: il lanciatore dovrebbe trovarsi sul lato di
una montagna e puntare verso lo spazio. Per uscire dall'atmosfera terrestre, il carico deve raggiungere una velocit di 12,5 km al secondo, cinque
volte la velocit del modellino, per raggiungere la quale, con la stessa accelerazione, il cilindro dovr essere lungo 250 anzich 10 metri. Tutto considerato, 250 metri non una distanza eccessivamente lunga, pili corta di
una pista di media lunghezza di un aeroporto; il carico dovr essere lungo e
sottile, in modo da riuscire a innalzarsi nell'atmosfera senza perdere quasi
nulla della quantit di moto a causa della resistenza.
La principale difficolt a estendere l'acceleratore al dominio ipersonico che la miscela dei gas nel tubo deve cambiare mentre la velocit aumenta da un capo all'altro: la velocit del suono nel gas deve aumentare con
la velocit del proiettile, e la miscela dei gas cambiare da uno stadio di metano e aria a uno di idrogeno e ossigeno. Hertzbertg prevede cinque stadi,
tutti alla stessa pressione, separati nel tubo da sottili diaframmi e, quando il
proiettile passa nel tubo, le membrane si rompono senza impedirne il passaggio. Il flusso del gas cambia da uno stadio all'altro, ma l'accelerazione rimane generalmente costante.
La terza possibilit per un sistema di lancio dal costo conveniente lo
slingatron, inventato recentemente da Derek Tidman, consistente in una
pista a forma di anello nella quale un certo carico libero di circolare: mediante motori elettrici, ogni punto della pista si muove orizzontalmente in
un piccolo cerchio, mentre la dimensione e l'orientamento della pista rimangono immutati. La posizione del carico sulla pista viene monitorata e il
moto della pista programmato per essere sempre a 90 gradi rispetto al carico, di modo che la pista cede energia al carico che accelerato continuamente. Affinch il sistema funzioni essenziale che l'attrito tra la pista e il
carico sia minimo.
Un sistema di lancio slingatron dovrebbe raggiungere una velocit di
10 km al secondo. Il raggio della pista dovrebbe essere di diversi chilometri
per mantenere la forza centrifuga entro limiti tollerabili, mentre il raggio
dell'anello in movimento dovrebbe essere di pochi metri per gestire i problemi meccanici. Inoltre, se il coefficiente di attrito non sar dell'ordine
IO"3, il sistema non potr funzionare: la necessit di un valore di attrito
prossimo allo zero infatti il principale inconveniente dello slingatron, dal
momento che, per essere accelerato, il carico deve muoversi nella pista con
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un attrito minore di quello di un pattinatore sul ghiaccio. Tidman ha avanzato due modi per risolvere questo problema: o usando cuscinetti di gas
ad alta pressione o con la sospensione a levitazione magnetica (maglev),
in modo che non vi sia superficie di contatto tra il carico e l'anello. Il trasferimento del carico dall'anello alla rampa di lancio puntata verso lo spazio deve essere fluido e la struttura di sospensione a cuscinetti di gas, o
maglev, deve essere dolcemente decelerata per essere pronta per il carico
successivo.
Molti problemi di ingegneria devono ancora essere risolti: per esempio, il carico dello slingatron deve essere in grado di sostenere un picco di
accelerazione di circa mille g, di gran lunga maggiore di quella con sistema
di lancio laser, ma inferiore a quella dell'acceleratore ram. possibile che
per lo slingatron si trovi una soluzione economica intermedia tra il morbido lanciatore laser e il brutale acceleratore ram.
I tre sistemi di lancio di cui ho parlato hanno una caratteristica in comune che si riveler di grande importanza economica qualora i sistemi, o
anche uno di essi, possano essere realizzati. Tutti e tre lanciano i carichi
nelle orbite di fuga o in lontane orbite terrestri con lo stesso costo necessario per quelle vicine, e da questo punto di vista differiscono radicalmente
dai razzi chimici. L'economia di un notevole volume di traffico e un'intensa attivit industriale nello spazio richiederanno sistemi di magazzinaggio e
centri di rifornimento di carburante, fabbriche, uffici e alberghi e, se sistemi di lancio economici potranno portare i carichi direttamente alle alte orbite terrestri, vuoi dire che li ci sar il cuore delle attrezzature per l'industria
spaziale e il trasporto. L'orbita bassa sar sempre un buon punto da cui osservare la Terra e installare una rete di rapidi collegamenti punto a punto,
ma, per accedere al sistema solare, il posto migliore sono le orbite alte, che
sono fortunatamente anche un luogo ideale per collocare gli strumenti
astronomici, in modo da poter osservare completamente il ciclo senza che
la Terra entri nel campo visivo.
Le rocce di Marte
Pi di dieci anni fa ho visitato il Johnson Space Flight Centre di Houston e sono salito su un modello a grandezza naturale dello "Space Shuttle"
che a disposizione dei visitatori: questo fu prima del disastro del "Chal-
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lenger", quando i viaggi sullo "Space Shuttle" erano pubblicizzati come sicuri, per i deputati del Congresso come per gli insegnati delle scuole. Quello che mi ha impressionato stata l'immensa quantit di oggetti che era necessario avere a bordo per ospitare comodamente i passeggeri; sembrava
pi un albergo o un ospedale che una navicella spaziale. Feci rapidamente
dei calcoli approssimativi di quante tonnellate di oggetti si portavano dietro per mantenere sette passeggeri per un paio di settimane, e i dati che
vennero fuori erano impressionanti. Non riuscivo a spiegarmi perch non
si liberassero di quella massa di roba e non lasciassero gli astronauti a terra,
facendo volare lo Shuttle con controllo a distanza. Il decollo e il volo orbitale della navicella erano gi controllati da terra e solo l'attcrraggio era eseguito da un pilota umano, ma sarebbe stato semplice usare il controllo a distanza anche per l'attcrraggio.
In quegli anni, la maggior parte delle missioni dello "Shuttle" portavano in orbita satelliti per vari scopi, alcuni scientifici, altri commerciali e militari, operazioni che avrebbero potuto essere eseguite automaticamente e
solo per alcune missioni, non molte, sarebbero stati realmente necessari
degli astronauti a bordo, per effettuare esperimenti o riparazioni, come nel
caso del telescopio spaziale Hubble. Sarebbe stato pi ragionevole riservare due navicelle "Shuttle" con tutta la loro attrezzatura da albergo per missioni, in cui la presenza umana fosse effettivamente indispensabile, e usare
gli altri due "Shuttle" per il lancio di satelliti, liberi del peso di tutti quegli
oggetti. Da tempo i dirigenti delle ferrovie si sono resi conto che pi razionale usare due tipi diversi di treni, per passeggeri e per merci, perch i
primi sono pi costosi e gli esseri umani hanno un sacco di esigenze, mentre i treni merci sono pi economici e possono trasportare molte pi tonnellate di carico. Se avessimo usato lo stesso approccio delle ferrovie per lo
"Shuttle", avremmo risparmiato un'enorme quantit di denaro: la versione
merci dello "Shuttle" avrebbe potuto portare carichi maggiori con meno
spesa della versione per passeggeri, senza mettere a repentaglio alcuna vita;
sfortunatamente le autorit di Houston non hanno ritenuto questa una
buona idea: tutta la loro vita organizzata intorno all'addestramento degli
astronauti e alla preparazione delle missioni con equipaggio.
Dopo aver tentato di alleggerire lo "Shuttle", senza riuscirci, ho continuato a vagare perii museo dello Johnson Space Fligth Centre fino ad arrivare al settore in cui conservata una collezione di rocce che gli astronauti
hanno riportato dalla Luna. Gli scienziati interessati alle rocce lunari di so-
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lito sono anche interessati alle meteoriti, per cui nel museo di Houston vi
anche una bella collezione di meteoriti, sistemate in teche di vetro vicino
alle rocce lunari, alcune delle quali provengono dalle spedizioni effettuate
dagli scienziati del museo stesso in Antartide, sui cui ghiacci si trovano appunto molte meteoriti. In questa collezione ce n'erano due, identificate
come provenienti da Marte, e vi era anche la meteorite ALH84001, che in seguito divenne famosa: era stata trovata da Roberta Score nel 1984 e portata a
Houston, ma, quando visitai il museo, non era stata ancora identificata come
una roccia di Marte, cosa che fece, tre anni dopo, David Mittelfehldt.
Le rocce di Marte hanno un aspetto diverso dalle altre meteoriti, essendo di colore pi chiaro e pi sabbiose nella composizione, ma le differenze di aspetto di per s non provano che esse provengano da un'altra
parte del cielo: sappiamo di sicuro che vengono da Marte perch una di
quelle contiene delle piccolissime bolle piene di un gas che ha esattamente
la stessa composizione dell'atmosfera di Marte, oggi nota grazie agli strumenti che vi sono scesi con la missione Viking nel 1976. un'atmosfera diversa da quella terrestre e il gas presente in quella roccia non sarebbe potuto provenire da alcun altro luogo se non da quel pianeta.
Le rocce di Marte devono essere balzate via dalla superficie del pianeta
a causa di un forte impatto dovuto alla collisione di un asteroide o di una
cometa, devono aver poi orbitato intorno al Sole per alcuni milioni di anni
finch sono atterrate sulla Terra. Oltre alle due che ho visto a Houston, ce
ne sono una dozzina in vari altri musei, ed sorprendente che cosi tante
siano sopravvissute alla collisione iniziale su Marte, al viaggio verso la Terra e abbiano avuto tale fortuna da essere state trovate dai cercatori di meteoriti. Dato che ne sono state trovate moltissime sulla Terra in pochi anni,
ce ne devono essere altri milioni fluttuanti nell'orbita intorno al Sole che
aspettano di essere scoperte.
Quasi non riuscivo a crederci: mi trovavo nel museo di Houston, a
poco pi di trenta centimetri da un pezzo di Marte e solo una sottile lastra
di vetro mi impediva di afferrarlo. In quei giorni la NASA stava discutendo
seriamente grandiose missioni su Marte del costo di molti miliardi di dollari. Una delle ragioni per andare su quel pianeta era di prendere campioni di
rocce e portarle sulla Terra per farle analizzare dagli scienziati, mentre qui a
Houston c'erano campioni delle rocce, fornite dalla natura senza alcuna
spesa. Trovai molto strano che a nessuno fosse passato per il cervello di
mettersi a studiare quelle e, per quanto ne sapevo io, nessuno a Houston, a
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parte me, sembrava veramente interessato alle rocce di Marte: ero rimasto
infatti di fronte a quella teca a guardarle a lungo, ma nessun altro si avvicin. Feci notare ai tecnici della NASA che avrebbero potuto dedicare un
po' di tempo a studiare le rocce che gi avevano, invece di progettare missioni da miliardi di dollari per andare a prenderne altre. A quel tempo le autorit di Houston non sembravano interessate a nessuna cosa che non costasse miliardi di dollari.
molte rocce terrestri devono essere cadute su Marte. Non dovremmo dunque sorprenderci se troviamo che la vita, dovunque si sia originata, si sia
diffusa rapidamente da un pianeta all'altro: qualsiasi creatura dovessimo
trovare su Marte, essa sar stata, probabilmente, un nostro antenato o un
nostro cugino.
Da allora le cose sono cambiate e oggi la NASA interessata alle missioni economiche, molti pi scienziati si occupano delle rocce di Marte e
attualmente alcune di queste sono state esaminate pi accuratamente di
prima: una di loro, la famosa roccia ALH84001, che ho citato e che si trovava al museo di Houston quando lo visitai, ma che allora non era stata
identificata come una pietra di Marte, contiene residui chimici che potrebbero essere interpretati come prova della presenza su quel pianeta, in passato, di forme di vita. Due gruppi di scienziati vi hanno scoperto piccole
strutture vermiformi che potrebbero essere residuali di antichi microbi, ma
la prova che queste tracce siano da collegarsi con forme biologiche molto
dubbia e, sulla base di questa scoperta, non si pu affermare che sia esistita
la vita su Marte. La scoperta nondimeno importante per altri due motivi.
Primo: se siamo veramente interessati a trovare la prova della presenza della vita su Marte, ora sappiamo che le rocce di Marte sulla Terra sono il posto pi adatto in cui cercarla. Perci, invece di aspettare che, tra vari anni,
ritorni una costosa missione su Marte che ci riporti campioni di roccia,
possiamo trovare un'ampia gamma di pezzi pi grandi in Antartide, dove
le meteoriti si accumulano sul ghiaccio e si possono raccogliere senza grossi problemi. Secondo: queste rocce dimostrano che, semmai, in qualsiasi
momento del passato, vi fu vita su Marte, questa potrebbe essere stata trasportata intatta sulla Terra e quindi la vita sulla Terra potrebbe essere originata dalla vita su quel pianeta.
L'oceano di Europa
Joseph Kirschvink al Caltech ha condotto un attento studio mineralogico della roccia ALH84001 e ha concluso che la temperatura al suo interno non avrebbe potuto mai superare i 110 C e quindi, se dentro la roccia ci
fosse stato un batterio vivo, potrebbe essere sopravvissuto al viaggio da
Marte alla Terra. Nel primo miliardo di anni che segui la formazione del sistema solare, quando Marte aveva un clima tiepido e acqua in abbondanza,
le collisioni con asteroidi erano molto pi frequenti di ora: a quei tempi, le
rocce di Marte cadevano in grande quantit sulla Terra, e a loro volta anche
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sangue caldo si siano evoluti sulla Terra e abbiano colonizzato zone con
climi freddi, mentre le piante a sangue caldo no.
A causa della pi dura selezione naturale, le piante su Marte devono essere state costrette a un pi drastico adattamento, a imparare a costruirsi
una serra intorno per mantenersi calde, grazie alla luce del Sole, anche se
distante, e a conservare l'ossigeno prodotto per fotosintesi: esse potrebbero produrre delle serre, proprio come le tartarughe con il loro guscio e gli
orsi polari con la pelliccia. Similmente, una serra artificiale su Marte potrebbe essere come una pelle spessa che garantisce l'isolamento termico,
dotata di piccole finestre trasparenti per far entrare la luce del Sole. All'interno, ci sarebbero delle persiane per coprire le finestre di notte e durante il
cattivo tempo e all'esterno un rivestimento di semplici lenti o specchi che
fecalizzino la luce del Sole all'interno, attraverso le finestre: queste dovrebbero essere piccole per limitare la perdita di calore dovuta alla radiazione
esterna e al fenomeno della convezione.
Per mantenere una differenza di temperatura di 100 C tra l'interno e
l'esterno, sarebbe necessario limitare l'area delle finestre a meno di un decimo dell'area di superficie della serra; le lenti o gli specchi dovrebbero concentrare la luce solare incidente per un fattore dieci, il che non richiede
l'impiego di ottica di alta qualit, ma solo che le lenti o gli specchi seguano il
Sole a mano a mano che si sposta nel ciclo ed sufficiente che la precisione
del movimento sia quella di un comune girasole. Una pianta che viva su
Marte avr anche bisogno di radici profonde per estrarre acqua e nutrienti
dagli strati inferiori pi caldi. La caratteristica "a sangue caldo" non significa che la pianta abbia un sistema circolatorio o un preciso controllo della
temperatura, ma solo che essa in grado di mantenere la propria temperatura interna entro la normale escursione termica di una serra fresca, approssimativamente tra O e 30 C. Dentro la serra, la pianta potrebbe far crescere foglie e fiori in un habitat contenente ossigeno in cui potrebbero vivere anche batteri aerobici, animali ed esseri umani.
Se su Marte esistono delle piante a sangue caldo, potrebbero essere facili da individuare, ma potrebbe anche essere il contrario, e non possibile
prevedere se si riusciranno a distinguere con un'indagine visiva o fotografica. Di sicuro sarebbero individuabili due indizi della loro presenza: la dispersione di calore e di ossigeno, poich n l'isolamento termico n il contenimento atmosferico sono perfetti. Cosi, se cercassimo la radiazione termica in zone insolitamente calde, di notte, sulla superficie di Marte, o ano-
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scopi a breve termine da quelli a lungo, poich il sogno di espandere nell'universo il regno della vita terrestre ha senso come meta a lungo termine, ma
non a breve. La fattibilit pratica di viaggi a basso costo con equipaggio
umano e la formazione di colonie umane nel sistema solare dipendono dai
progressi fondamentali in biologia: qualsiasi progetto fattibile di esplorazione con equipaggio umano si deve basare sulla biologia e sar correlato
direttamente con la scala dei progressi in quel settore, presumibilmente, di
qui a una cinquantina d'anni, il tempo necessario - credo - per imparare a
coltivare le piante a sangue caldo. In quanto tali, queste non risolveranno
tutti i nostri problemi: sono necessarie ma non sufficienti, essendo solo le
prime di migliaia di nuove specie diverse di cui avremo bisogno per creare
ecologie vivibili nei luoghi dello spazio in cui gli umani desiderino andare.
Una tecnologia biologica sufficientemente sviluppata per creare piante a
sangue caldo sar anche in grado di affrontare gli altri problemi ecologici,
su Marte, su Europa o anche sulla Terra.
Se Gerry O'Neill, il fondatore dello Space Studies Institute di Princeton (SSI), fosse ancora vivo, si renderebbe conto di come il rapido progresso della biotecnologia abbia cambiato totalmente la natura delle colonie
spaziali: adattare la forme di vita della Terra allo spazio, in modo che si possa vivere sui pianeti e sugli asteroidi cosi come sono, sar molto pi facile
che trasformare i pianeti e gli asteroidi a immagine del pianeta Terra. Invece di costruire enormi strutture artificiali in cui vivere, dovremmo fare in
modo che le piante a sangue caldo facciano crescere serre alte come alberi e
grandi come cattedrali. Quando arriveremo su Marte o su Europa, troveremo i nostri habitat che stanno gi crescendo, in attesa che noi ci trasferiamo li e, come l'SSI di O'Neill stato un pioniere nello studio delle colonie
spaziali artificiali, cos l'uomo dovr spingersi oltre, a pianificare le colonie
spaziali vivibili del futuro.
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L'evoluzione
L'umanit deve imparare a sopravvivere nel futuro affrontando simultaneamente problemi a diverse scale temporali: tra questi, il fatto che probabilmente le sperequazioni economiche si intensificheranno nei prossimi dieci anni e i Paesi ricchi diventeranno pi ricchi e quelli poveri pi poveri. Dobbiamo riuscire a ribaltare in qualche modo questo processo di
accentuazione delle ineguaglianze, ma non disponiamo ancora dei mezzi
per farlo.
Consideriamo la mera questione quantitativa: le dimensioni della popolazione umana, la quantit delle nostre risorse economiche, lo spazio
abitato stanno aumentando a un tasso di circa il due per cento l'anno e, per
quanto riguarda la popolazione sulla Terra, il tasso di crescita deve diminuire prima possibile. Ma, quando la vita e le attivit industriali saranno diffuse in tutto il sistema solare, non ci sar pi una ragione che ci costringer
a bloccare la crescita: potrebbe accadere che questa continui a un tasso del
due per cento l'anno per un migliaio di anni, alla fine dei quali la nostra popolazione, le risorse o lo spazio abitato saranno aumentati di un fattore di
cinquecento milioni. Ci saranno ancora ampie riserve di luce solare, di acqua e altri materiali essenziali saranno disponibili nel sistema solare per
mantenere una popolazione di quelle dimensioni.
Pi importante della crescita numerica degli esseri umani la possibilit di cambiamenti radicali nella qualit della vita. Durante i prossimi mille
anni ci saranno molte opportunit per effettuare esperimenti sulla ricostruzione radicale degli esseri umani, alcuni dei quali potranno andare a
buon fine e, in questo caso, i nostri discendenti potrebbero nascere con caratteristiche mentali diverse dalle nostre. Esplorare la possibilit delle
esperienze mentali sar una sfida importante come l'esplorazione dell'universo fisico, perci dobbiamo prevedere che almeno alcuni dei nostri discendenti saranno desiderosi di scoprire le meraviglie della memoria e della
coscienza collettiva, rese possibili dalla tecnologia della radiotelepatia: tali
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di vita nella Galassia e, se saremo fortunati, la nostra storia potr essere arricchita da molte culture e tradizioni aliene che probabilmente avranno nozioni del bene e del male diverse dalle nostre: avremo molto da insegnare e
molto da imparare.
Forse, su una scala temporale di centomila anni, il fattore dominante
nella storia della vita sar l'adattamento a vivere in un "universo di Carroll": il fisico francese Jean-Marc Lvy-Leblond invent un tale universo
come esercizio matematico, dimostrando che uno tra i pochi modelli di
universo coerenti da un punto di vista logico e gli ha dato il nome di Lewis
Carroll, il matematico inglese che scrisse Alice nel paese delle meraviglie, e Attraverso lo specchio. Nell'universo di Carroll di Lvy-Leblond, niente si sposta
da un luogo a un altro, e anche la luce ha velocit zero: quando la vita si diffonder in tutta la Galassia, vivremo in un universo di Carroll perch le distanze sono troppo ampie per percorrerle con misure temporali umane e
anche i messaggi che viaggiano alla velocit della luce impiegherebbero
cinquantamila anni per attraversare la Galassia sicch, tra una chiamata telefonica e la risposta saranno trascorse intere epoche storiche e grandi culture saranno nate e morte. Ogni piccola parte della Galassia sar un mondo
a s stante, isolato dalle altre dall'immensit dello spazio e dalla velocit del
tempo, e potremo comunicare moltissimo con i nostri vicini nel passato,
ma non riusciremo a sapere nulla dei nostri vicini nel presente.
Ci sono altri due semplici modelli di universo che sono pi conosciuti
di quello di Carroll: quello di Newton e quello di Einstein. Nell'universo
einsteiniano, lo spazio e il tempo sono relativi; nell'universo newtoniano, il
tempo assoluto e lo spazio relativo; nell'universo di Carroll, lo spazio
assoluto e il tempo relativo. Non possiamo prevedere l'evoluzione della
vita nei prossimi milioni di anni, ma solo studiare i limiti posti alle potenzialit del suo sviluppo dalle leggi della fisica e dalla teoria dell'informazione.
Alcuni anni fa ho pubblicato uno studio proprio su questo argomento,
prendendo come base per i miei calcoli un modello di universo a "densit
sub-critica", a significare che esso contiene meno materia di quella necessaria per arrestare il processo di espansione. In un tale universo, le galassie
continuano ad allontanarsi l'una dall'altra con velocit costante, all'infinito. Riuscii a dimostrare che in un universo a densit sub-critica, anche se le
risorse di materia e di energia disponibili in ogni galassia siano finite, le leggi della fisica e la teoria dell'informazione permetterebbero alla vita di sopravvivere all'infinito usando una quantit finita di energia.
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zione, in corso, caratterizzata dai computer e dalla memoria digitale; la seconda l'ra della Biotecnologia, che raggiunger la massima espansione
all'inizio del prossimo secolo dietro l'impulso delle ricerche sulla sequenza
del DNA e dell'ingegneria genetica; la terza l'ra della Neurotecnologia,
che si svilupper pi tardi, nel prossimo secolo, a seguito della costruzione
di sensori neurali i quali renderanno fattibile la manipolazione dei meccanismi interni dell'emozione e della personalit dell'uomo.
Queste tre nuove tecnologie hanno profonde caratteristiche di rottura: liberano dalla fatica del lavoro nelle fabbriche, nei campi e negli uffici;
possono offrire ricchezza e potere alle persone che possiedono le capacit
di comprenderle e di controllarle; eliminano le industrie basate su vecchie
tecnologie e rendono inutili persone con un'istruzione legata a vecchi modelli. probabile che esse non favoriranno in alcun modo i poveri, mentre
premieranno i ricchi.
Che cosa possiamo fare oggi, nel mondo che abbiamo trovato cosi
com', alla fine del XX secolo, per volgere al bene le conseguenze malvagie
della tecnologia? I modi in cui la scienza pu determinare sviluppi, positivi
o negativi, nella societ sono svariati: di regola, ma con molte eccezioni, la
scienza negativa quando i suoi effetti creano principalmente giocattoli
per i ricchi, ed positiva quando i suoi effetti provvedono alle necessit dei
poveri e il basso costo delle sue invenzioni un pregio indispensabile. Il
motore stato un'invenzione positiva perch era economico e perci accessibile a molti; l'energia nucleare stata pi che altro negativa perch rimasta un giocattolo per i governi e le ricche societ. "Giocattoli per ricchi"
non vuoi dire solo giocattoli nel senso letterale del termine, ma anche lussi
tecnologici, accessibili a una minoranza di persone e che accentuano l'emarginazione di quanti sono esclusi dalla vita economica e culturale della
comunit mondiale.
Il progresso scientifico del XIX secolo e della prima met del XX secolo ha favorito generalmente l'intera societ, diffuso il benessere sia ai ricchi che ai poveri con un certo grado di equit: la luce elettrica, il telefono, il
frigorifero, la radio, la televisione, i tessuti sintetici, gli antibiotici, le vitamine e i vaccini sono stati tutti socialmente utili in maniera egualitaria, rendendo la vita pi sicura e pi comoda quasi per tutti e tendendo a colmare,
piuttosto che ad allargare, le distanze tra ricchi e poveri. Solo nella seconda
met del nostro secolo la bilancia dei vantaggi si alterata.
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solo dall'etica, e negli ultimi trent'anni abbiamo potuto vedere molti esempi della sua efficacia: il movimento ambientalista mondiale, per esempio, la
cui forza basata solo sulla persuasione etica, ha vinto molte battaglie nei
confronti della potenza industriale e dell'arroganza tecnologica, ma la vittoria pi spettacolare degli ambientalisti stata l'aver fatto chiudere l'industria nucleare negli Stati Uniti e in molti altri Paesi, prima il settore dei reattori nucleare e pi recentemente quello delle armi. Se concordiamo con
Thomas Jefferson e siamo convinti della verit ovvia che tutti gli uomini
sono creati uguali, con gli stessi inalienabili diritti, tra i quali la vita, la liber
e il perseguimento della felicit, allora dovrebbe essere altrettanto ovvio
che nella societ moderna l'abbandono di milioni di persone alla disoccupazione e alla miseria peggiore dell'inquinamento delle centrali nucleari.
Se la forza morale del movimento ambientalista riuscita a sconfiggere i
produttori di centrali nucleari, lo stesso impegno dovrebbe anche essere in
grado di incoraggiare lo sviluppo di una tecnologia che faccia fronte ai bisogni dei pi poveri a un prezzo loro accessibile: questa la grande sfida
della tecnologia nel prossimo secolo. Il libero mercato non produrr di per
s una tecnologia favorevole ai poveri: solo una tecnologia guidata da criteri morali potr farlo, perci ambientalisti, scienziati impegnati, educatori e
imprenditori dovranno unirsi in tale compito comune.
La biologia ha fatto sorprendenti progressi in questo secolo e continuer a farne ancora di pi sbalorditivi nel prossimo: si tratta di un altro settore in cui scienza ed etica possono scontrarsi. Nei dibattiti odierni sulla
biotecnologia, l'idea di migliorare la razza umana con mezzi artificiali universalmente condannata, ma, per quanto ripugnante ci possa apparire questa idea, il miglioramento artificiale degli esseri umani avverr, in un modo
o in un altro, ci piaccia o no, non appena il progresso nelle nostre conoscenze biologiche lo render possibile. Quando verranno offerti mezzi tecnologici atti a migliorare la popolazione, non importa quale concezione si
abbia di tale miglioramento, i nostri figli e nipoti, in una parola, l'umanit
accetter l'offerta, perch tali sviluppi possono significare miglioramento
della salute, longevit, un carattere pi allegro, un cuore pi forte, un cervello pi brillante, la capacit di guadagnare di pi, di diventare una stella
del rock, un giocatore di baseball o un dirigente d'azienda. La tecnologia
del miglioramento pu essere ostacolata o ritardata dall'introduzione di regolamenti e normative, ma non potr essere contenuta a lungo: milioni di
cittadini la vedranno come una liberazione dai limiti e dalla ingiustizie passate e la loro libert di scelta non potr essere negata per sempre.
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Circa duecento anni orsono, William Blake scrisse The Gates of Paradise,
un libretto in versi e disegni, di cui uno intitolato Aged Ignorante e mostra
un vecchio con gli occhiali che regge nelle mani un grande paio di forbici;
di fronte a lui, un bambino alato sta correndo nudo nella luce di un Sole nascente. Il vecchio siede con le spalle al Sole: con un sorriso compiaciuto,
apre le forbici e taglia le ali del bambino. L'immagine una rappresentazione della condizione umana nell'era che sta oggi per cominciare: il Sole nascente la scienza biologica, che getta una luce sempre pi intensa sui processi con cui viviamo, pensiamo e sentiamo. Il bambino alato simboleggia
la vita dell'uomo, il quale diventa per la prima volta conscio di se stesso e
delle sue potenzialit alla luce della scienza. Il vecchio la societ in cui viviamo, forgiata da epoche di passata ignoranza. Le nostre leggi, i legami, la
paura e l'odio, le avversit, le ingiustizie economiche e sociali, sono tutti
cresciuti lentamente e si sono profondamente radicati nel passato. Il progresso della conoscenza scientifica porter inevitabilmente allo scontro tra
le vecchie istituzioni e i nuovi desideri di miglioramento dell'uomo. Le vecchie istituzioni taglieranno le ali ai nuovi desideri: fino a un certo punto, la
prudenza giustificata cosi come sono necessarie restrizioni sociali, poich le nuove tecnologie possono essere pericolose oltre che liberatorie. Ma
a lungo andare i limiti sociali dovranno piegarsi alle nuove realt perch l'umanit non potr vivere sempre con le ali tarpate. La visione che William
Blake e molti altri ebbero del miglioramento umano non sparir mai.
Appendice
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75
I fattori materiali che in ultima analisi limitano l'espansione di una specie tecnicamente avanzata sono la fornitura di materiali e di energia. Oggi,
le risorse materiali che vengono sfruttate dalla specie umana sono grosso
modo limitate alla biosfera della Terra, una massa dell'ordine di 5x IO19; le
nostre attuali risorse energetiche possono essere stimate, per eccesso, a
IO20 erg al secondo; le quantit di materia ed energia che possono ragionevolmente diventare accessibili a noi all'interno del sistema solare sono
2xlO30 grammi (la massa di Giove) e 4x1033 erg per secondo (l'output
energetico totale del Sole).
II lettore si potr chiedere in che senso si possa parlare di massa di Giove o di radiazione totale del Sole come di una sorgente accessibile di sfruttamento; l'argomento che segue vuole quindi mostrare che uno sfruttamento di tale grandezza non affatto assurdo. Prima di tutto, il tempo necessario per un'espansione della popolazione e dell'industria di un fattore
di IO12 assai breve, diciamo tremila anni con un tasso costante medio di
crescita dell'I %. Secondo, l'energia necessaria per smantellare e riassemblare un pianeta delle dimensioni di Giove di circa IO44 erg, la stessa energia irraggiata dal Sole in 800 anni. Terzo, la massa di Giove, se distribuita su
un guscio sferico (shell) orbitante intorno al Sole a una distanza doppia di
quella della Terra dal Sole, avrebbe uno spessore tale per cui la massa sarebbe di 200 grammi per centimetro quadrato di area di superficie (da due a
tre metri, a seconda della densit). Una struttura di tale spessore potrebbe
essere resa confortevole e abitabile e potrebbe contenere tutti i macchinari
necessari per lo sfruttamento della radiazione solare che vi cada.
Vogliamo sottolineare che la scala del tempo dell'espansione industriale, la massa di Giove, l'output di energia del Sole e lo spessore della biosfera abitabile sono tutti dello stesso ordine di grandezza. Sembra allora ragionevole aspettarsi che, se si escludono incidenti, la pressione malthusiana spinger in ultima analisi una specie intelligente ad adottare alcune forme efficienti di sfruttamento di queste risorse disponibili. Ci potremmo
aspettare che, dopo poche migliaia di anni dal suo ingresso nell'era industriale, ogni specie intelligente dovrebbe trovarsi a occupare una biosfera
che circonda la stella d'origine. Se questa nostra argomentazione viene accettata, allora la ricerca di esseri intelligenti extraterrestri non dovrebbe essere confinata alle stelle visibili prossime a noi; il pi probabile habitat per
tali esseri sarebbe infatti un oggetto nero, delle dimensioni dell'orbita terrestre e la cui temperatura alla superficie dovrebbe essere tra i 200 e i 300
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Indice
Presentazione
Introduzione
7
9
16
25
38
Idee brillanti
42
La fisica nucleare
45
48
L'evoluzione
65
69
Appendice
75
Finito di stampare
nel mese di dicembre 1998
EFFEGI GRAFICA - ROMA
Via Marino Laziale, 25/27