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numero 3 anno IV - 1 febbraio 2012

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L.B.G. MILANO, LA CASA: 60 ANNI DI ERRORI Guido Martinotti GIORGIO BOCCA DALLE PAROLE AI FATTI Emilio Vimercati IL NUOVO PGT E LA QUESTIONE DEL LAVORO /1 Ilaria Li Vigni LE TRUFFE AI SOGGETTI DEBOLI: UN PROBLEMA SOCIALE Arturo Calaminici ABOLIRE LE PROVINCE: UN SACRIFICIO TRIBALE Giovanni Agnesi RIFORMA FISCALE TRA EQUIT E ASSISTENZA Rita Bramante ALDA MERINI, LANTRO DI CIRCE SUI NAVIGLI Luca Carra AREA C: MILANO MAGLIA NERA IN EUROPA Franca Caffa PROBLEMI MILANESI: UN FORUM E VIA? Jacopo Gardella DALLA SVIZZERA A VENEZIA, RIAPRIRE I NAVIGLI CONTINUA IL DIALOGO

VIDEO NATALIA ASPESI: GIORGO BOCCA COLONNA SONORA Amy Winehouse TO KNOW HIM IS TO LOVE HIM

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MILANO, LA CASA: 60 ANNI DI ERRORI Luca Beltrami Gadola


Certo rimediare a sessanta anni di errori nella politica della casa non una robetta che si fa in quattro e quattrotto ma per cominciare a cambiar strada basta un attimo, un po di amarcord e labbandono della demagogia. Gli errori storici fondamentali sono stati due: la creazione di categorie di privilegiati e la svendita del patrimonio di edilizia residenziale pubblica di ogni genere, da quella dei cosiddetti allora Istituti Autonomi Case Popolari a quelli degli enti previdenziali e ai fondi pensione e per finire i beni demaniali statali e comunali. A questi errori se n aggiunto un terzo pi di recente, quando ledilizia popolare ha cominciato a chiamarsi housing sociale: lillusione che per provvedere a queste necessit si potesse far carico ai privati di una quota del nuovo edificato. Ma andiamo per ordine cominciando dalla creazione di categorie di privilegiati, con una premessa sulla quale non torneremo: vi una categoria di nostri concittadini che non hanno mai avuto e mai avranno le risorse economiche per provvedersi di un tetto n di un affitto lontanamente paragonabile al mercato n tantomeno in acquisto. Di costoro non dobbiamo mai dimenticarci perch la casa il diritto di accesso a un bene primario ormai universalmente riconosciuto come tale: esso rientra tra i diritti inviolabili delluomo, riconosciuti e garantiti dallarticolo 2 della Costituzione, e trova un riconoscimento espresso nellart. 25 della Dichiarazione universale dei diritti delluomo e nellart. 11 del Patto internazionale dei diritti economici, sociali e culturali. Purtroppo mai nella storia del nostro Paese vi sono state risorse sufficienti a far fronte a questo impegno di civilt ma storicamente le risorse destinate alla casa sono andate via via diminuendo e, abbandonando i pi diseredati, ci si avviati verso il meccanismo delle agevolazioni: si in pratica offerto a chi qualche risorsa pure laveva, un aiuto dello Stato allacquisto legato alle condizioni di reddito al momento dellacquisto stesso. Mentre in altri Paesi si privilegiava la locazione agevolata, col vantaggio che allaumentare del reddito il supporto pubblico ai singoli diminuiva a favore di nuove fasce di utenti meno fortunati, la nostra politica della casa in propriet ha fatto s che chi a suo tempo ha acquistato con aiuti pubblici (mutui agevolati e aree edificabili a prezzi convenzionali o in edilizia cooperativa) anche quando, fortunatamente, il suo reddito aumentato ha continuato a godere di vantaggi che lo seguono per tutta la vita, vantaggio particolarmente gradito in un Paese come il nostro dove le imposte patrimoniali vere ce le sogniamo e dove, a parit di reddito, chi la casa lha e non deve n comprarla n affittarla, dispone di un reddito spendibile molto maggiore. Non un danno tangibile per la societ ma una ingiustizia fiscale come molte altre. Praticamente la stessa cosa accaduta nel momento nel quale il Paese stato percorso dalle prime ondate di dismissioni del patrimonio residenziale pubblico. Da quel momento situazioni come quelle della casa del ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, venuta alla luce qualche giorno fa, ve ne sono decine di migliaia e posso, senza tema di smentita, dire che questo patrimonio immobiliare fu svenduto. Le ragioni, o meglio le scuse, erano che era un bene che non rendeva (non si sapeva farlo rendere) e che spesso gli enti proprietari non riuscivano nemmeno a farsi pagare le spese di gestione: era la resa incondizionata allinerzia non del tutto casuale visto che si sommavano pigrizia e favoritismi delle amministrazioni e il desiderio di favorire clientele elettorali in tutti i ceti e in tutte le classi sociali, con buona pace anche dei sindacati. Dunque anche qui lennesima occasione per creare classi privilegiate che hanno potuto godere di un incremento patrimoniale straordinario e di un costo per labitazione che non incideva sul reddito come per altri meno fortunati, a parit di aliquota imponibile. Sono state, tanto per andare nellamarcord, anche gli anni delle grandi operazioni immobiliari milanesi di operatori che costruivano con la certezza di vendere interi quartieri a enti previdenziali a trattativa privata, magari con un tantino di lubrificante, poi svenduti. Veniamo ora alla grande illusione dellhousing sociale ottenuto con il sistema delle convenzioni di lottizzazione che prevedevano la cessione gratuita di parte delledificato a un ente pubblico. Facciamola corta. Spesso era la ciliegina sulla torta per ottenere o maggiori cubature, magari per legge, o la infernale prassi dellurbanistica contrattata. Inconvenienti? Scarsa o nulla produzione di quel tipo di edilizia sociale, la generale pessima qualit di quel costruito, visto come un onere improprio da parte delloperatore, lo sgattaiolamento tra le pieghe delle convenzioni per negare impegni assunti. Per ultimo, ma non meno grave, quando ledilizia privata si ferma non che contemporaneamente scompaia la domanda di edilizia sociale e dunque se non si fa luna non si fa nemmeno quel poco che si prevedeva dellaltra. Quale la situazione ora del patrimonio di edilizia pubblica? La domanda cresce perch diminuiscono i redditi, gli enti proprietari cercano di vendere per riuscire a pagare almeno le manutenzioni pi urgenti e reggere le morosit incolpevoli. Siamo di fronte a un fenomeno di auto cannibalismo immobiliare, un modo nuovo per dichiarare fallimento per auto consunzione: pochi anni ancora e di edilizia pubblica abitabile non ve ne sar pi. questo il destino che ci aspetta? Le tensioni sociali le vediamo solo altrove? Di ricominciare a investire in edilizia popolare proprio non ce la sentiamo? Non una priorit? Stiamo a vedere!

GIORGIO BOCCA DALLE PAROLE AI FATTI Guido Martinotti


Per Giorgio Bocca, luso della parola sobria e incisiva faceva parte di quel suo carattere brusco e poco retorico che metteva in tutte le cose e corrispondeva allaltra dote, certamente naturale, ma affinata dal mestiere di giornalista di cogliere il particolare significativo di una situazione e riportarlo pi nel racconto

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spesso con bonaria ironia. Da vecchio compagno di liceo di Silvia Giacomoni avevo frequentato sporadicamente casa Bocca finch il giorno dopo lassassinio del giudice Alessandrini ho accettato la proposta di andare con lui a Courmayeur per toglierci entrambi da un ambiente mefitico. Scappare con il Bocca in montagna, andando a sciare a Courmayeur, per sfuggire alle BR sembrava una parodia di tempi pi seri ma cera davvero poco da scherzare. Lui era stato minacciato direttamente e ripetutamente per i reportages sui terroristi in carcere e prendeva queste minacce maledettamente sul serio. Io mi ero svegliato una mattina trovando in prima pagina del Corriere il pezzo scritto da me, di un documento che gli assassini avevano lasciato nella loro rivendicazione sul petto dellammazzato. Non cera il mio nome ma era lecito pensare che chi aveva messo le mani sul documento non avesse difficolt a risalire allautore: in quel periodo facevo parte con Alessandrini di un gruppo ristretto presso il CNPDS Centro Nazionale di Prevenzione e Difesa Sociale e poco tempo prima avevamo preparato il documento finito poi nelle mani di Prima Linea e ampiamente ritagliato per il documento di rivendicazione finito poi sul Corriere, soprattutto nella parte in cui io avevo tracciato le linee di una banca dati sugli atti di terrorismo che rendeva ancora pi esplicito il mio coinvolgimento in quel gruppo. Allora non potevamo sapere come il documento fosse arrivato nelle mani dei terroristi e ogni illazione era plausibile: mi ricordo bene che era una sera freddissima dei giorni della merla del 1979 e proprio da casa di Giorgio Bocca ho avuto un rovente scambio telefonico con Tobagi al Corriere, cui rimproveravo di non essere stato abbastanza cauto nel proteggere gli autori del documento. Ovviamente avevo torto, ma mi sentivo il dito puntato addosso e quella sera decidemmo appunto di toglierci dai piedi. Io non ero mai stato a sciare a Courmayeur, Bocca abitava ancora vicino al paese in un condominio dalle parti di Entrves, mi pare e al piano sopra cera lappartamento di Franco Momigliano. In quel periodo insegnavo a Torino e per molti anni sono ritornato a Courmayeur in ogni stagione spesso ospite di Bocca nella sua nuova casa bellissima alta sul lato soleggiato della valle. Con lui e la figlia Nicoletta o qualche altre ospite occasionale credo di aver fatto le pi belle sciate della

mia vita. Ma Giorgio con il suo occhio fotografico non te ne perdonava una: mi ricordo che una volta scendendo da un panettone a la Thuile, come al solito ghiacciato come un freezer, sono scivolato negli ultimi metri finendo quasi sulle punte degli sci di Giorgio e cos per sdrammatizzare ho commentato il tempo, meritandomi la sera a cena una recita buffa della mia caduta e del mio voler far finta di niente con quelle risatine che erano la sua specialit. Mi sono vendicato pochi giorni dopo perch alla fine di una bella risalita con gli sci da fondo io, che allora ero in piena forma con il jogging, gli ho dato qualche metro di distacco e siccome eravamo in pieno sole ed io avevo uno di quegli indistruttibili golf di lana fatti a mano dalle vecchie signore di Bergen per Husfliden, la sera Bocca mi prendeva in giro raffigurandomi come il dio Odino che emergeva dalle nevi per dargli la baia. Non cera modo di sfuggire al suo occhio fotografico e alle risatine con cui smascherava quello che pensavi senza dire. Negli ultimi tempi la sua tagliente scanzonatura si era tinta di una sorta di disperazione a volte troppo tetra, non era il solo a soffrire di pelle per linfinita infingardaggine che ha avvolto il nostro discorso pubblico ma le offese al buon gusto e alla decenza da buon piemontese lo ferivano in modo particolare. Lultimo articolo di Giorgio Bocca, pubblicato postumo, contiene una critica durissima alluso smodato del linguaggio in anticipazione di un libro sul tema. La mia generazione, scrive Bocca, ha pensato di fare buona informazione, buona cultura, con la buona cronaca, onesto racconto della realt con il mero realismo; siamo stati superati, sommersi dallo tsunami pubblicitario, dal realismo del venduto e dellacquistato, dal trionfo del paramercato (La lingua perduta cos le nostre parole sono diventate di plastica, La Repubblica, 10/01/12 p. 51). un tema di cui molti dei grandi scrittori e letterati italiani si sono occupati pi volte, anche in virt della circostanza che in Italia esistono ancora e sempre forti tracce di una sorta di dualismo linguistico, quello delle classi colte (10% della popolazione molto approssimativamente) e quello della plebe (parla come mangi) che la diffusione della cultura di massa non ha colmato, ma anzi forse ulteriormente complicato. Vedi Raffaele Simone Tra le disinfestazioni di cui il Paese ha bisogno in questintervallo post-berlusconiano ce n' una immateriale ma non

per questo meno urgente. Si tratta di bonificare a fondo il linguaggio che le persone pubbliche usano per rivolgersi ai cittadini e per parlare tra loro (Il linguaggio da bonificare, La Repubblica, 7/12/2011 p. 47). Io penso che le parole siano una eredit che ci viene trasmessa, una eredit che a volte contiene tesori nascosti che pi che giusto esplorare, ma con il rispetto che si deve a un dono prezioso. Distorcere le parole per ottenere effetti effimeri mi sempre sembrato uno dei trucchi pi banali e davanspettacolo del mestiere di scrivere. Purtroppo in questo periodo, in cui i cosiddetti comunicatori pubblici, o come li volete chiamare, si dedicano sistematicamente al manierismo alessandrino, mescolando suono, parola e immagine, quello che io (ma non solo) ritengo un pessimo vizio, viene perseguito con spensierata grullaggine. Prendiamo la campagna di rinnovo degli abbonamenti RAI 2012, in cui volendo pasticciare con le parole, qualcuno ha avuto lalzata di genio di definire il canone della RAI un tributo, ma poi, sospettando che forse cera qualche problemino (in un paese in cui non solo levasione universale, ma in cui anche lo sciopero dei pagamenti alla collettivit visto come un qualsiasi altro diritto) ha pensato di rimediare giocando con lidea plasti-buonista che pagare il canone un tributo al lavoro di chi in RAI lavora. Rallegramenti: per 8 su 10 degli italiani tributo significa la (polizia) tributaria e non credo che ci sia modo pi efficace in questo paese per scoraggiare, piuttosto che incoraggiare, una pubblica contribuzione di quello di assimilarla a una imposta: in particolare, il canone RAI la contribuzione pubblica pi evasa in percentuale sullincassato di ogni altra in Italia, 37,5% (La Repubblica, 19/01/2012, p. 9). Per di pi , tecnicamente parlando un brutto svarione, il canone RAI non un tributo, ma una tariffa, cio un esborso per acquistare un servizio, come il biglietto del treno, dellaereo o il pedaggio di una autostrada. Costantino Bresciani Turroni, uno dei padri della moderna scienza delle finanze e limpido antifascista, insegnava che la tariffa la culla dellimposta, ma non una imposta. Un caso esemplare, ma ahim modale, in cui lignoranza e lo scarso rispetto per le parole, si mescola alla supponente pretesa di manipolarle a piacere. Ma siamo nel pieno di una onda di moralismo verbale: in questa nuova

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temperie politica, passata la parola dordine che occorre far la guerra allevasore, alcuni si sono convinti che unarma efficace di questa guerra fosse quella di raffigurare questo evasore come lodiato ROM, con la faccia del mendicante roma che si incontra allangolo della strada, assimilandolo anche, con un tocco incredibilmente greve di razzismo, a uno o pi dei vermi orribili che abitano nel nostro intestino. Cos della intera campagna rimane soprattutto impresso che il roma simile allorrido Ancylostoma Canina, mentre levasore esce di scena

(1). La stessa agenzia ha cercato di infondere negli italiani il concetto che il paese in cui si pagano le tasse un felice paesaggio per bambini con idilliaci giardinetti da Corrierino dei piccoli affissi in tutti i luoghi pubblici... Sfortunatamente, questa campagna, puerile oltre che puerilizzante, ha coinciso con una delle maggiori ondate di esportazione di capitali allestero della storia recente. Io non so se le agenzie statali che investono milioni dei nostri soldi in questo tipo di campagne pretendano poi di avere qualche prova dellefficacia della campagna, sarei

veramente curioso di sapere (con evidenza fattuale) quanti evasori sia riuscita a convincere la campagna di Saatchi & Saatchi contro levasione e se, almeno, si siano recuperati i soldi spesi. (1) Sulla Rete si giustamente scatenata una protesta, con un migliaio di video che ridicolizzano lo spot della grande agenzia internazionale, non di rado molto pi divertenti ed efficaci dello spot originario.

IL NUOVO PGT E LA QUESTIONE DEL LAVORO /1 Emilio Vimercati


Concordo con le linee politiche e programmatiche del PGT (Piano di Governo del Territorio) contenute nel rivisitato strumento predisposto dalla Giunta Municipale che peraltro si impegnata in un corposo progetto di confronto e partecipazione al fine di recepire ulteriori indicazioni provenienti dalla societ milanese. Le condivido soprattutto laddove Milano rinuncia a una sua presuntuosa autosufficienza e allarga i suoi rapporti oltre i propri confini in uno scenario che include il comprensorio provinciale, consapevole che si potranno migliorare e compenetrare le nostre periferie nella misura in cui si interiorizza la convinzione della necessit di attuare piani intercomunali condivisi. Ma c un obbiettivo dal quale non si pu prescindere e che nel PGT annunciato va ancor di pi reso esplicito ed evidenziato come prioritario. Il tema la questione del lavoro. Milano e la sua amministrazione devono agire di pi in questo settore assumendo la questione come vocazione e prospettiva di governo, guardando oltre i prossimi cinque anni di governo e conferendo a essa lassoluta priorit. Oggi siamo alle prese con una situazione economica di cui dalla gente non del tutta percepita la gravit. Per il lavoro accade un po come per la salute, si avverte la seriet del caso quando si personalmente colpiti, con il malato o il disoccupato in casa. La crisi profonda e graver pesantemente sulle condizioni di vita di tutti determinando cambiamenti nei comportamenti e nei rapporti sociali ed economici, modificando le abitudini e lo stile di vita. In questa critica fase di congiuntura economica si impone quindi maggiore responsabilit nellagire politico e di conseguenza per invertire la tendenza occorrono con coraggio urgenti azioni concrete. In questo senso il PGT pu contribuire a determinare un apporto importante ed quindi opportuno che favorisca un maggior riconoscimento della questione lavoro lanciando un forte segnale alla citt di grande apertura per il mantenimento e la crescita delle attivit imprenditoriali pubbliche e private nel contesto di scelte sostenibili con il territorio in primo luogo senza il consumo di suolo bene scarso e non riproducibile. una questione politica rilevante, anche sotto laspetto della fiducia nella crescita, cercare di far intendere che su questo impegno lamministrazione c e intende salvaguardare il lavoro, loccupazione, il destino delle famiglie, dei giovani e delle donne. In particolare dopo la dismissione delle produzioni manifatturiere impostate sul modello fordista c stato un ritardo nel riconoscere i processi socio economici che spontaneamente e a pioggia si sono riprodotti in citt e pertanto occorre ricostruire lo spazio delle idee per condurle a sistema, potenziare e sviluppare sia il settore manifatturiero che le moderne produzioni riguardanti beni e servizi, economia della conoscenza e del sapere, il design e la moda, finanza, cultura, turismo e affari, non dimenticando le attivit artigianali e commerciali il cui servizio di prossimit essenziale per il loro ruolo rilevante di cucitura sociale. Il PGT rappresenta una opportunit per la competitivit e linnovazione in un mercato nel quale si riconosca al lavoro un fondamento adeguato come fattore di risposta alla crisi, altrimenti di cosa stiamo parlando. Di immaginari numeri di residenti o di argomenti seri? Ma il lavoro non basta. Per vivere e sopravvivere occorre il rispetto della natura. Si presta poca attenzione ai limiti che la natura pone allo sviluppo. Vi sono evidenze drammatiche sui rischi che lecosistema sta correndo, per il solo effetto di uno sviluppo economico che ancora limitato a una parte del pianeta..(Thomas L.Friedman, Caldo, piatto e affollato, Mondadori, 2009). evidente che il territorio in questi ultimi ventanni si sviluppato a Milano caso per caso, area per area, avvallando operazioni immobiliari fondate solo sulla massima remunerazione degli interventi fuori da un impianto urbanistico concertato: valgano come brucianti esempi le trasformazioni delle aree industriali dismesse avvenute senza un disegno organico, la citt riempita di edifici terziari rimasti vuoti, per tacere di pessime espansioni chiacchierate come il complesso ospedaliero mezzo condonato del San Raffaele (a proposito: lufficio condono sempre affollato); questo stato uno sviluppo disordinato spinto da leggi deregulation che hanno sostituito la pianificazione con atti dovuti autorizzando in pratica i singoli progetti a priori. Occorre che le redini programmatiche degli interventi tornino in mano alla regia pubblica, sicuramente con una normativa meno vincolistica ma capace di respingere le sirene incantatrici che prefigurano quartieri da favole (appunto) e con lobiettivo di guidare linsieme dello sviluppo, non avendo solo come bussola la rendita fondiaria, azione privilegiata dalla vecchia Giunta. Quante feste e inaugurazioni si sono tenute a Santa Giulia? Quante paginate di mera

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propaganda? questo il punto. Sviluppo in una citt antropizzata non significa intensificare il ciclo del mattone massimizzando le potenzialit edificatorie, come era evidente nel precedente PGT adottato; cos si accontenta una parte degli attori, quella gi grassa di suo. Se cos fosse che paesaggio urbano avr di fronte agli occhi la gente tra ventanni e come sar definito: Ecco la Milano di Pisapia? Il PGT modificato ha un senso se fa proprio il concetto di uno sviluppo inteso a favorire la sostenibilit sociale e ambientale. La sovrabbondanza di offerta, linvenduto, gli edifici vuoti, inducano a sobriet: si abbassino gli indici edificatori e si approvino buoni e normali progetti senza che ledilizia sociale sia un alibi per allargarsi. Di pi. La liberalizzazione delle destinazioni funzionali (purch fra loro compatibili) crea una concorrenza di mercato in cui soccombe luso del suolo meno redditizio e cio in genere quello non dedicato alla libera residenza di lusso. Per rilanciare lo sviluppo occorre che si riservi al produttivo un proprio spazio dazione anche con regole agevolate mirate allo scopo di attrarre investimenti e lavoro con lobbiettivo di un programma inteso

a marcare la priorit della crescita economica contro la crisi e la recessione. Purtroppo in questo senso non aiuta la legge regionale n. 12 del 2005, i cui articoli hanno gi subito quasi 200 modifiche secondo spinte di bassa lega, una legge di procedure, complessa, omnibus, ipertrofica, che necessita di una decisa sforbiciata per essere pi dedicata ai temi della qualit delle nuove questioni urbane. Una legge a cui TAR, Consiglio di Stato e Corte Costituzionale ogni tanto tagliano un pezzo. Una legge che risente della mancanza di una efficace e moderna cornice nazionale di coordinamento (ancora datata 1942!). Una legge che con lintroduzione dei PGT doveva snellire i PRG, solo che prima il PRG ci stava in tasca ora per il PGT ci vuole il carrello. Una legge che doveva semplificare le norme ma che i cittadini non riescono a comprendere senza ricorrere a un consulente giuridico: Vigilantibus non dormientibus iura succurrunt. La legislazione regionale del PGT e dei suoi corollari comporta una dimensione gigantesca dello strumento. Si impone la necessit di conseguire una stesura pi semplice e snella magari lasciando fuori le ricerche di det-

taglio. Occorre agire nel senso di privilegiare pi che mai in questo momento la questione lavoro e la questione ambiente convincendoci che sono questi sono i temi prioritari sui quali concentrarsi pi che su programmi che non hanno risorse a supporto. Plastici, rendering e slides di fantastici e avveniristici colorati scenari per ora lasciamoli ai convegni e alla spettacolarizzazione mercantile, vedasi le cartoline illustrate dei vari Garibaldi / Repubblica, Citylife, Cascina Merlata ed Expo. Lavoro, occupazione, economia, mercato, disagio sociale, non hanno in agenda T rovesciate ed Epicentri, NIL, Rotonde dellarte e Raggi Verdi, pi che utili scenari ma che possono, devono, essere svincolati dal PGT ed eventualmente accompagnare lo strumento anche come allegati senza diventare condizionanti come le vecchie B2 ed i suoi PIO, quando redatti. Semplicemente per riprendere slancio nei prossimi anni ora c bisogno di un progetto urbanistico liberato da anacronistiche catene che consenta alle relazioni economiche e sociali di tradurre le dinamiche di sviluppo del mercato in potenzialit reali per creare lavoro.

LE TRUFFE AI SOGGETTI DEBOLI: UN PROBLEMA SOCIALE Ilaria Li Vigni


Le recenti notizie di cronaca, sia locale sia nazionale, hanno messo in risalto una problematica molto frequente, soprattutto nelle grandi citt: le truffe a soggetti deboli, in particolar modo anziani o ammalati. Si tratta di banali approfittamenti o sotterfugi che avvengono prevalentemente allinterno delle mura domestiche e che portano gli autori della truffa a far credere alla "vittima" di detenere qualche particolare qualifica di pubblica utilit (addetto a servizi essenziali, quali elettricit, telefonia o riscaldamento) ovvero proponendo qualche fantomatica operazione commerciale, cos inducendo la persona a corrispondere una somma di denaro, pi o meno ingente, per una prestazione in realt mai eseguita. I mezzi di informazione, in particolare la televisione (notevole stato, in questo senso, lapporto civico che hanno fornito negli anni programmi televisivi quali Striscia La Notizia) hanno messo in risalto le modalit pi comuni con cui vengono commesse queste truffe. Non le ripetiamo: ne sono pieni i vademecum delle forze dellordine e dei servizi sociali, che, tuttavia, stante lampiezza e la costante crescita del fenomeno, evidentemente non sembrano sortire leffetto sperato. Infatti, la vera prevenzione di tale deleteri comportamenti ancor pi disdicevoli in quanto colpiscono la persona nella sua debolezza - mantenere vivo e accrescere il contatto sociale fra i cittadini. Parliamoci chiaro, troppo spesso questi fenomeni si annidano laddove c solitudine estrema, mancanza di confronto e di fiducia in se stesso da parte del soggetto debole, si tratti di un anziano, di un ammalato, di un emarginato o di persona che, per qualsiasi ragione, vive un periodo di particolare difficolt. E la truffa subta accentua questo stato di disagio, facendo perdere nella vittima del reato qualsiasi tipo di autostima personale e di capacit di autonomia quotidiana. Solo parlando, facendosi raccontare la vita del vicino di casa come del genitore o dell'amico, si potr avere il sentore di comportamenti commessi da altri in suo danno e prestargli il dovuto soccorso. Ovviamente i consigli di sano buon senso debbono essere ripetuti e devono fare parte della prassi comportamentale quotidiana (non aprire la porta a sconosciuti, farsi mostrare sempre un tesserino di riconoscimento da chi afferma ricoprire un determinato pubblico servizio, telefonare subito a un parente o amico in caso di strana percezione dellinterlocutore), ma possono essere solo un corollario di un problema che va risolto a monte. Infatti, dove vi sono persone sole e senza una capacit argomentativa autonoma, concreto il rischio che questi consigli pratici vengano poi disattesi nellemergenza del momento, di fronte a una richiesta particolare o a una situazione che si ritiene di assoluta urgenza. proprio per questa ragione che davvero fondamentale il ruolo che, soprattutto nelle grandi citt quali Milano, possono svolgere i servizi sociali, sia pubblici sia nelle varie forme dellassociazionismo privato. Un impegno capillare sul territorio, infatti, pu permettere di conoscere

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le situazioni di particolare disagio e aiutarle concretamente nelle problematiche quotidiane. Sono molti gli esempi virtuosi, anche nella nostra citt, soprattutto nelle periferie: pensiamo ai servizi di assistenza sociale comunale (pur con qualche pecca dovuta alla carenza di organico e di aggiornamento), allasso-

ciazionismo laico e cattolico che agisce nellombra. Lattenzione della nuova Giunta a tale aspetto problematico metropolitano induce a ben sperare, nella assoluta convinzione che la creazione di un tessuto sociale omogeneo e coeso serva, molto di pi di tanti vademecum sbandierati, a cercare di risolvere lodioso problema di cui

si trattato. Impegnamoci tutti, nella nostra quotidianit, fatta di condominio, di lavoro, di amicizie, di vita a che sempre meno persone si sentano e siano effettivamente sole, fisicamente e moralmente e contribuiremo, nel nostro piccolo, a fornire un apporto di civilt per il bene di tutti.

ABOLIRE LE PROVINCE: UN SACRIFICIO TRIBALE Arturo Calaminici


Sul tema delle Province, il professor Monti lunga vita al suo governo! si dimostrato in questo caso poco competente e ha fatto un gran pasticcio. Evidentemente, non conosceva la questione ed andato dietro agli idola tribus, a una mitologia recente, tanto fumosa quanto aggressiva, creata dal combinato disposto della demagogia politica e del superficialismo dei giornali. stata installata, infatti, nella testa di molte persone lidea che le Province producano solo sperperi, inefficienze e lentezze burocratiche e che siano mantenute in piedi per foraggiare la peggiore politica, quella che le utilizza per dare posti e prebende a politici di seconda o terza fila. Che ci possa essere del vero in questo io non contesto, per questo discorso andrebbe, come dire, un po meglio tarato e precisato. Che ci sia stata, poi, per responsabilit della politica clientelare e opportunistica di tutti i partiti, una indecente proliferazione delle Province, create con irresponsabile facilit e cedendo alle rivendicazioni localistiche pi chiassose, anche questo sotto gli occhi di tutti. Ma una sacrosanta sciocchezza, e spesso una voluta mistificazione, che le Province in quanto tali non servano. Le Province non sono presenti nella Costituzione per capriccio e, soprattutto, non esistono da centocinquantanni (quella di Milano da centocinquantuno), avendo superato quindi ogni pi imprevedibile tornante della nostra storia, solo per forza dinerzia. Bisognerebbe fare una cosa che in un paese serio sarebbe normale: distinguere il grano dal loglio. Avere la pazienza di studiare le cose e di pronunciarsi nel merito, circostanziando e precisando, e anche, naturalmente, tagliando e togliendo, ma non alla cieca e, se possibile, riservando a ben pi impegnative imprese certi eroici furori. Invece su questa questione il senno proprio scappato via, e speriamo sia finito anchesso sulla vicina luna, che forse potremo un giorno andare a riacchiapparlo. Comunque, davanti ai nostri occhi si sta celebrando solo un rito sacrificale, non privo di gravi conseguenze amministrative. Pare che certi facili liquidatori ragionino (sic!) cos: se la gente crede che questa cosa aiuta, perch si darebbe prova di voler incominciare a bonificare la politica, ebbene facciamoglielo credere, tiriamocele via dai piedi queste Province: oltretutto mostriamo di essere decisionisti, e questo alla gente piace!. Le Province sarebbero, quindi, soltanto un capro espiatorio e, togliendole, non faremo alcun risparmio, non ci sar maggiore efficienza, anzi il contrario, ed esporteremo solo della confusione nei Comuni e nelle Regioni. La domanda da porsi : le Province hanno motivo reale di esistere? Nel senso che ci sono cose che esse fanno e di cui non si pu fare a meno? Possono queste stesse cose essere fatte meglio dai Comuni e dalle Regioni? Vediamo: i Comuni esercitano la loro competenza nei confini del loro territorio e su temi che l nascono e l muoiono; ma, evidente, ci sono cose e problemi che non si possono costringere entro quel perimetro. Tutto ci che flusso, tutto ci che per sua natura transita e attraversa: traffico, fiumi, aria; tutto ci che riguarda una dimensione pi vasta: ambiente, paesaggio, trasporti, cave, rifiuti, scuole di un certo grado, cultura e beni culturali: tutto questo e i servizi e le strutture tecniche di cui abbisognano, non pu essere n abolito n devoluto ai comuni. Per una questione, come dire, di concetto. Se vero che nella natura dei comuni di interessarsi di quello che avviene dentro la cerchia dei loro muri, non pensabile che decidano su questioni che per loro intrinseca qualit e natura eccedono quei confini e sono oggettivamente transcomunali. Altrettanta incompatibilit si ha nei confronti delle Regioni. Allente maggiore, cos ha voluto la legge istitutiva, sono delegate funzioni legislative, non amministrative. La Regione deve agire attraverso provvedimenti normativi, ed esercitare funzioni di programmazione e di controllo. Non pu eseguire opere direttamente, salvo creare evidenti e gravi conflitti. Insomma, occorre, ed necessaria e urgente, una riforma vera e concreta di tutti gli enti intermedi territoriali. Ma questo un vecchio discorso. Che centra col disboscamento delle Province, certo, e pure con una definizione pi aggiornata e rigorosa delle loro competenze, e riguarda anche quella specie di araba fenice che sono le Citt metropolitane. Il cannibalismo delle istituzioni, invece, non dovrebbe entrarci nulla, se non fosse che troppo comodo cavalcare la demagogia.

RIFORMA FISCALE TRA EQUIT E ASSISTENZA Giovanni Agnesi


Oggi ci sono pi prestazioni assistenziali a favore dei ricchi. Da uno studio dellIstituto Ricerca Sociale (IRS) risulta che una parte rilevante delle prestazioni di welfare oggi vanno a finire nelle tasche di famiglie relativamente benestanti, cio quelle che superano tendenzialmente il reddito annuale di circa 30mila

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euro. Per esempio a queste famiglie va il 58% delle indennit di accompagnamento, va il 34% degli assegni familiari e il 24% delle pensioni sociali. Le famiglie pi fragili non essendo bene a conoscenza dei loro diritti, non riescono a trasformare i loro bisogni in domande, frastornati dalla burocrazia e da leggi e prestazioni farraginose dei diversi Enti Pubblici. Questa assurda situazione data dal nostro sistema di stato sociale spezzatino che eroga a pioggia ben 61miliardi di euro da parte dello Stato, dellINPS, delle Regioni e dei Comuni, enti che purtroppo non si parlano e confrontano fra loro. A fronte di tale situazione di estrema iniquit e di sprechi accumulati nei decenni scorsi, opportuno prevedere nella prossima riforma fiscale - assistenziale il trasferimento di tutte le risorse e funzioni attualmente gestite all80% a livello centrale, alle Regioni e ai Comuni come previsto dieci anni fa dalla legge 328 e come inizio di un serio federalismo. Infatti sul territorio che meglio si colgono i bisogni effettivi delle persone e delle famiglie, garantendo adeguate prestazioni, controllando e verificando sia le erogazioni che gli aventi diritto, rispondendo con efficacia e tempestivit alle esigenze emergenti dei cittadini. Nel contempo, occorre mettere mano alla razionalizzazione della spesa globale per i servizi e per lassistenza sociale, evitando sovrapposizioni e doppioni, inoltre in nome di una equit reale armonizzare gli interventi al reddito delle famiglie. Sul piano dei diritti universali siamo tutti uguali, ma su quello delle prestazioni chi pi ha, pi deve

pagare. Occorrer legare ogni prestazione allISEE, derivato dai redditi, dai beni mobiliari e immobiliari di tutti i componenti della famiglia con particolare attenzione alla situazione numerica e di casi di inabilit in essa presenti. Seguendo questo metodo perequativo di redistribuzione delle risorse, passando cio da un universalismo di diritti a un universalismo selettivo legato al reddito, sar possibile migliorare le condizioni economiche e di vita delle categorie pi deboli con maggiori assegni familiari, indennit di accompagnamento e pensioni sociali. Questo nuovo metodo che non comporta ulteriori costi, si riveler particolarmente utile nellattuale momento di crisi, dove in prospettiva non si potr contare su risorse aggiuntive a fronte di un inevitabile incremento della povert, del trend della bassa natalit, di un invecchiamento pressoch esponenziale con relativi malati cronici e non autosufficienti. Necessita pertanto una riforma che a costo zero utilizzi senza sprechi i 50 miliardi di euro indicati per questi settori di intervento nellallegata tabella dei costi sociali globali del 2010. Il precedente Governo nella manovra di Ferragosto ha emesso una legge delega sulla riforma fiscale assistenziale che prevede il recupero nel settore assistenziale di 4 miliardi nel 2012 e di 16 miliardi nel 2013, al fine di pareggiare il bilancio dello Stato entro il 2013, come promesso allUnione Europea. Qualora tale riforma non venisse attuata entro il 30 settembre 2012, scatter la norma capestro che prevede il taglio lineare del 5% per il 2012 e di un ulteriore 20% nel 2013 sulle a-

gevolazioni e sulle deduzioni fiscali: di fatto una riduzione dei crediti dimposta da dedurre e/o detrarre dai nostri 730. In parole povere, avremmo avuto nei prossimi anni oltre allaumento delle tasse locali (le addizionali di Regioni e Comuni) rese necessarie dai tagli delle precedenti manovre, anche delle minori detrazioni fiscali e di conseguenza una ulteriore tassazione. Lattuale governo ha dovuto provvedere alla pesante manovra Salva Italia (di 39,5milardi, comprendenti i 20 miliardi della manovra ferragostana ) sia per mantenere le promesse fatte allUE di pareggio di bilancio entro il 2013, sia per evitare lapplicazione della famosa norma capestro. Infatti si constatata limpossibilit di recuperare 20 miliardi di euro nel settore assistenziale, cosa che avrebbe portato di fatto alla demolizione del nostro belare, con grave danno alle fasce di cittadini fragili e gi pesantemente colpiti dai tagli degli ultimi anni. Tale valutazione contabile confermata autorevolmente anche dalla Corte dei Conti. Una manovra questultima che considero necessaria, ma che avrei desiderato pi attenta alla crescita e allequit. Ho apprezzato la documentazione di ricerca, analisi e proposte di Emanuele Ranci Ortigosa direttore scientifico dellIRS portate al 1 Forum delle Politiche Sociali Tutta la Milano possibile promosso dallAssessore Majorino, un notevole contributo da discutere e sviluppare a tutti i livelli in quanto la vita quotidiana degli Italiani sar fortemente influenzata dal nuovo welfare.

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ALDA MERINI, L'ANTRO DI CIRCE, SUI NAVIGLI Rita Bramante


Un regno di carta e di fumo sui Navigli, in Ripa Ticinese al numero 47: l Alda Merini ha trascorso la sua vita per oltre cinquantanni e l si spenta nel novembre 2009. Una piccola stanza dove ci si stava appena, un eterogeneo mondo di oggetti accatastati, di libri introvabili, di pareti scarabocchiate con la matita: nomi, numeri del telefono, piccoli disegni indecifrabili (1). Mozziconi di sigarette e polvere, che per la penna della scrittrice zingara e sigaraia era polvere di ali di farfalle, come sono i pensieri e se la togli, non volano pi. Poi a seguito della morte lo sfratto e gli scatoloni catalogati, imballati e numerati, preparati dalla figlia Emanuela Carniti, aiutata da alcuni amici e dai rappresentanti del Comitato Pronome Alda Merini, hanno trovato destinazione in un deposito, in attesa che per quei simboli e ricordi della bottega delle idee e dei pensieri della poetessa le autorit municipali individuassero una pi degna destinazione. L'ex tabaccheria di via Magolfa 32, a ridosso del Naviglio Grande, a pochi passi dalla casa dove abit la Merini, ora la sede della casamuseo su due piani per la poetessa di Milano, che ricrea una ricostruzione dell'abitazione con i mobili realmente appartenuti ad Alda, alcuni vestiti e gli oggetti personali da cui non si separava mai, come il letto, il pianoforte, le collane, il rossetto rosso fuoco e le sigarette. Un percorso di pannelli, intitolato Sono nata il ventuno a primavera, racconta la biografia della poetessa e presenta alcuni dei suoi versi pi belli. Casa Merini. Atelier della parola giovane anche un atelier di poesia che pu ospitare corsi e laboratori per giovani aspiranti poeti e accogliere incontri, eventi culturali, dibattiti e reading letterari. Manoscritti, soprammobili e effetti personali non esauriscono, per, il tesoro dell'antro di Circe sui Navigli: rimangono le pareti-quaderno, gli intonaci scritti e dipinti dalla poetessa, ricchi di iscrizioni autografe, graffiti e autoritratti. L'appello delle figlie a salvare il muro ove la madre scriveva i suoi appunti con penne e rossetto stato sostenuto anche online da molti milanesi, tra cui Adriano Celentano, e il Comune si impegnato a recuperare con una tecnica di alto restauro e traslocare le parti pi significative degli intonaci nella casa-museo, dove il pubblico potr leggerli e ammirarli. Il sindaco Pisapia si attivato in prima persona per accogliere l'appello di tanti milanesi e ha garantito che, malgrado le difficolt economiche del Comune, sono stati trovati i 40.000 euro per salvare in tempi brevi il muro che Alda Merini ha trasformato in unopera darte. E con il muro la porta dingresso dellappartamento, anch'essa piena di graffiti e scritte. I lavori inizieranno alla met di gennaio e sono stati affidati dal Comune di Milano allo Studio Barbara Ferriani, in collaborazione con la Soprintendenza. Chiss che a breve in quelle stanze al quartiere dei Navigli non risuonino come sottofondo anche le parole di Sono nata il ventuno a primavera con la voce intensa di Milva. (1) A. MERINI, Un bacio dalle anticamere del silenzio, a cura di Canzio Bogarelli, Zanetto ed., 2010.

AREA C: MILANO MAGLIA NERA IN EUROPA Luca Carra*


Seconde solo a Los Angeles per numero di automobili pro capite e chilometri percorsi, Milano e Roma si sono viste rifilare l'ennesima bocciatura europea in fatto di inquinamento e trasporti. L'Ufficio europeo dell'ambiente, verso la fine del 2011 ha infatti stilato una classifica che mette in fila 17 fra le principali citt del vecchio continente analizzando le rispettive politiche di monitoraggio della qualit dell'aria e capacit di governo del traffico, considerato la prima causa d'inquinamento urbano. Non stupisce che Berlino si aggiudichi il primo posto, seguito a ruota da Copenaghen, Stoccolma, Vienna, Zurigo, Amsterdam e Lione. Non stupisce nemmeno che Londra, Parigi e Madrid navighino a mezza classifica dovendo gestire complesse megalopoli. E certo non saltiamo sulla sedia trovando Milano e Roma a chiudere la classifica nelle due ultime posizioni. (vedi link: http://sootfreecities.eu/) La figuraccia, insomma, era da mettere nel conto. L'incapacit delle citt italiane di governare il territorio urbano e a maggior ragione il sistema della mobilit, tutta sbilanciata verso il mezzo privato, non una novit. Lasciamo perdere Roma. Milano, che l'anno scorso ha totalizzato 145 giorni di superamento delle soglie di inquinamento da polveri (e quest'anno gi 20, dato aggiornato al 26 gennaio), non riesce a raggiungere la sufficienza nella classifica delle capitali europee della mobilit dolce. In realt negli ultimi mesi le cose sono molto cambiate e la nuova amministrazione ha messo in campo notevoli competenze per riprendere il governo della mobilit cittadina, a partire dall'Area C. Ma non baster questo pedaggio anticongestione (simile a quello di Londra e Stoccolma) per raddrizzare una situazione compromessa al di l del livello di decenza. Guardiamo allora a Berlino e alle altre, e impariamo da loro. Effetto Berlino - Berlino conquista in realt il primo posto in classifica delle citt virtuose per un insieme di misure ben armonizzate fra loro. La zona interdetta alle auto pi inquinanti (Low Emission Zone) si estende per un decimo della citt e riguarda un milione di abitanti. Il successo di questa misura sta nei numeri: a tre anni di distanza dalla sua applicazione i berlinesi hanno accelerato il cambio dell'auto, al punto che oggi il 90% dei veicoli circolanti sono euro4, e possono quindi esibire sul parabrezza il bollino verde che consente l'ingresso nella zona centrale della capitale. L'inquinamento da polveri si cos quasi dimezzato, mentre quello da ossidi di azoto (NOX) sceso del 19%. La nostra strategia sulla mobilit sostenibile comprende per molti altri punti spiega ad ArcipelagoMilano Martin Lutz, delegato alla mobilit del Senato berlinese. La flotta dei mezzi pubblici stata dotata di motori a gas o di filtro antiparticolato se a Diesel (che adesso vengono sperimentati con successo anche sui battelli che fanno la spola lungo il fiume Sprea che attraversa la citt). Tram e bus possono sfruttare la cosiddetta onda verde dei semafori avendo sempre la precedenza sulle

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www.arcipelagomilano.org auto. Il 75% delle strade di Berlino sono soggette al limite dei 30 km all'ora, e molto si fa anche per i pedoni e le biciclette. Berlino una citt per ciclisti. Come Amsterdam, Goeningen, Copenaghen, Parigi, Vienna e Zurigo. Tutte le strade devono avere una pista ciclabile e a ogni angolo si trovano stazioni di noleggio per bici normali e ora anche ibride pedale - elettrico (per indurre anche i pigri e gli anziani ad abbandonare l'auto). D'altra parte, Berlino un caso un po' a s anche a confronto con le altre citt tedesche. Il tasso di motorizzazione uno dei pi bassi del mondo (32 auto per 100 abitanti, la met del nostro), mentre il 16% per cento si sposta in bicicletta, il 29% a piedi e il 27% con i mezzi pubblici. Non siamo ancora soddisfatti di queste percentuali commenta implacabile Lutz, e per il 2025 ci poniamo l'obiettivo di portare l'uso della bici al 25%, pari a quello delle auto, e dei trasporti pubblici al 29%. Per noi Berlino come Marte: una libera repubblica di pedoni e ciclisti. Non dimentichiamoci che ci reso possibile da una rete di servizio pubblico urbano e suburbano fra i primi al mondo spiega l'esperto di mobilit Andrea Debernardi. La decina di linee metropolitane integrate con la S-Bahn ha le sue origini all'inizio del Novecento. Dopo la riunificazione delle due Berlino la Germania ha investito decine di miliardi di euro nei trasporti pubblici della citt (pari all'investimento pubblico per tutta Italia), culminato con la pi grande stazione ferroviaria d'Europa. I treni e la metro vanno giorno e notte e arrivano ovunque, drenando gran parte dei pendolari. Meno parcheggi, pi biciclette - Gi che siamo su Marte possiamo fare un giro anche a Londra e Amsterdam per trovare altri spunti di buone politiche anti traffico. Londra, per esempio, affronta in modo sistemico il problema dell'inquinamento non solo con la congestion charge (che come dice il nome serve pi che altro per ridurre traffico e ingorghi in centro) ma anche con la Low Emission Zone pi grande del mondo, 1.570 chilometri quadrati interdetti al traffico dei mezzi pesanti, pi inquinanti. Se ci provano a entrare, la multa di 224 sterline. Prima di altre citt, Londra ha cominciato a ragionare anche in termini di riduzione dei gas serra, attraverso un piano climatico che prevede la progressiva riduzione del traffico privato. In alcuni sobborghi, come Richmond upon - Thames, la tariffa del parcheggio si paga in ragione della CO2 emessa. Qualcosa di simile sta per entrare in vigore anche ad Amsterdam, che per il 2030 si prefigge di convertire la maggior parte del parco auto da benzina e gasolio a elettrico. Come osservano gli autori del rapporto dell'Institute for Transportation and Development Policy (Europe's Parking U-Turn: From Accomodation to Regulation, 2011) il controllo del traffico e dell'inquinamento si ottiene tanto con pedaggi e isole pedonali quanto con una rigorosa politica della sosta e parcheggio. Anzi, questa la leva pi utilizzata e apparentemente pi efficace. Ogni posto macchina occupa dai 15 ai 30 metri quadrati e in media gli automobilisti usano da due a cinque diversi parcheggi al giorno spiegano gli autori dello studio. Cos ci si cominciati a chiedere se destinare questo spazio pubblico alle automobili sia ancora ecologicamente e socialmente sostenibile. Da qui la vera e propria inversione a U compiuta da tante amministrazioni in Europa, che dopo decenni di aumento dei posti auto ora li stanno diminuendo. Parigi, ad esempio, nell'ultimo decennio ha risposto all'aumento complessivo delle automobili circolanti tagliando 15.000 posti macchina solo nel centro a vantaggio delle stazioni delle bici a noleggio (Velib) e del car-sharing. Ancora pi incisiva Monaco di Baviera, che ha pedonalizzato grandi parti del centro creando 120 parcheggi Park-and-Ride in prossimit delle stazioni ferroviarie. In questo modo l'uso dell'auto negli ultimi dieci anni sceso dal 42 al 36%, mentre il 29% degli spostamenti avviene a piedi, il 21% con i mezzi pubblici e il 14% in bicicletta. In Italia come osserva Debernardi nelle grandi citt come Milano e Roma si ha quasi paura di far rispettare le norme del Codice della strada, e chiunque sa che, partendo da casa con la propria auto, potr parcheggiare ovunque, magari sulle aiuole o sui marciapiedi, senza rischiare una multa. appena il caso di notare che in nessuna delle dodici citt europee analizzate dal rapporto ITDP i residenti possono parcheggiare gratuitamente come ancora oggi nelle due citt italiane. Una rivoluzione in corso - Facile fare paragoni con le virtuose citt tedesche e nordeuropee dir qualcuno. Ma il discorso non cambia se si guarda alla Francia o alla Spagna. Lione, per esempio, forse la citt pi dotata di mezzi pubblici in Europa. In generale tutte le medie citt francesi (come Bordeaux, Marsiglia, Valenciennes, Montpellier, Grenoble, Nizza) stanno investendo intensamente su tecnologie avanzate di trasporto collettivo come i 'tram su gomma' e i 'bus ad alto livello di servizio' spiega il ricercatore Luca Trepiedi dell'Isfort di Roma. Anche Madrid e Barcellona non sfigurano affatto nel trasporto pubblico sia in citt sia nei collegamenti con l'hinterland. Tutti proventi dei parcheggi della citt catalana, per esempio, va al potenziamento della mobilit dolce, in particolare agli spostamenti in bicicletta. Nessuna citt europea si sognerebbe di far mancare un parcheggio per biciclette in corrispondenza con le stazioni ferroviarie, come invece avviene a Termini a Roma e in stazione Centrale a Milano. Anche nelle stazioni secondarie appena rifatte di Tiburtina (Roma) e di Lambrate (Milano) ai progettisti le due ruote non sono proprio venute in mente, nonostante gruppi di cittadini avessero inoltrato petizioni per reclamare posteggi per biciclette. Ad Amsterdam, Copenaghen (dove il 67% degli spostamenti nel centro avviene in bici) e a Parigi (con le 20mila biciclette di Velib) i ciclisti hanno la precedenza assoluta e possono anche procedere contromano rispetto al flusso dei veicoli. Intere parti di queste citt hanno il limite dei 30 km/h, e al di fuori delle grandi arterie di scorrimento, le automobili sono state retrocesse a mezzi a malapena tollerati, e costretti a procedere a passo di lumaca nei cosiddetti woonerfs olandesi (ma un primo esperimento stato fatto anche a Milano nel quartiere Crescenzago): strade destrutturate, in cui non vige pi la suddivisione fra pedone, bicicletta e automobile, ma dove tutto mischiato, con chicane, panchine, aiuole quasi in mezzo alla via, e senza strisce pedonali. Le auto passano, ma a passo d'uomo, quasi scusandosi di esistere. Non sono pi loro le padrone della strada. *Italia Nostra

PROBLEMI MILANESI: UN FORUM E VIA? Franca Caffa

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La maggior parte dei cittadini che abitano nei quartieri di degrado ed esclusione, di propriet ALER o del Comune, non conoscono con esattezza il significato della parola Forum. Qualcuno fra i pi informati dice: Forum? Mah, sar un congresso. Pi spesso, se tu chiedi, la risposta : E che ne so io! No, un Forum non un congresso. Possiamo dire: un Forum unoccasione dincontro delle pi importanti esperienze di un determinato settore, unoccasione di condivisione e di dialogo. Pierfrancesco Majorino, Assessore alle Politiche Sociali e Cultura della Salute, con il suo Assessorato, ha indetto il 1 Forum delle Politiche Sociali, Tutta la Milano possibile: due mattinate, venerd 2 e sabato 3 dicembre 2011 presso il Teatro Strehler, il pomeriggio di venerd dedicato a occasioni di confronto in diverse sedi della citt. Certo, alla notizia di questa iniziativa, pervenuta a pochissimi giorni dallapertura, tanti di noi hanno inevitabilmente ricordato i cosiddetti Stati Generali del tempo delle passate amministrazioni, iniziative proprie della politica-spettacolo, in cui i cittadini diventavano spettatori di una sorta di circo, per tanti aspetti mortificante. Tanti di noi: i veterani dellazione dispiegata per oltre un ventennio nella resistenza contro il degrado della politica, nella costruzione e nella sperimentazione dal basso di indirizzi di politiche volte al bene pubblico. Tanti di noi, esperti degli interessi che presiedono cos spesso allorganizzazione di Stati Generali, di Forum, di iniziative pubbliche diverse: aprire una grossa vetrina in pompa magna su proble-

mi della citt, con lo scopo principale di mettersi al centro, insieme con una sorta di corte composta da selezionati protagonisti e un grosso concorso di partecipanti muti. Sono le concezioni e le pratiche della politica degradata, che dai Partiti si trasferiscono alle Istituzioni. Quale cambiamento ci ha offerto il Forum del 2 e 3 dicembre? Duemila partecipanti, ha dichiarato orgogliosamente lAssessore alla conclusione delle due giornate. No, il cambiamento non dato dalla quantit dei partecipanti. Possiamo dire che c stato un innegabile cambiamento di stile, come diciamo a proposito del Governo Monti rispetto al Governo Berlusconi: non sono comparabili con i prodotti del passato il garbo del giovane Assessore e lorganizzazione delle due mattinate. In apertura, il discorso dellassessore ha aperto scenari di concezioni nuove dei compiti della pubblica amministrazione, per la costruzione di relazioni pi giuste e solidali, ha fatto giustizia dellorizzonte di cecit e, cos spesso, di arroganza, che le passate amministrazioni hanno calato sulla citt cos a lungo, con politiche di discriminazione e di persecuzione dei pi poveri, di privilegio degli interessi privati nel campo della cosa pubblica. Eppure, eppure Non era in contrasto con le enunciazioni dellAssessore la concezione stessa del Forum? Nella mattinata di venerd, una serie di interventi programmati e quindi la possibilit di pronunciarsi con un s o con un no sul nuovo welfare, offerta a circa venti ospiti selezionati. Nella mattinata di sabato, altri interventi programmati, e quindi larticolazione dei discorsi

successivi a proposito di due temi: Le nuove frontiere del welfare: innovazione metropolitana, tecnologia, expo e Nuovo welfare: s, ma i soldi? con la possibilit di esprimersi offerta a due successive infornate di altri ospiti selezionati. Quanto alle occasioni di incontro programmate per il venerd pomeriggio, beh, non si pu proprio dire che le dieci sedi aperte ai partecipanti per altrettanti temi da affrontare siano stati luogo di serio esame e di efficace confronto. In diversi casi non stato proprio possibile parlare! Sarebbe stato ben diverso il Forum se fosse stato la conclusione di un serio lavoro, condotto con la regia dei Presidenti dei Consigli di Zona, la partecipazione dei Consigli, delle Commissioni, nella relazione con i cittadini. Invece, i Consigli di Zona, sulla scena di Tutta la Milano possibile non sono stati considerati possibili protagonisti. E quanto lontani, dunque, proprio come al tempo delle passate amministrazioni, Giovanna, Paolo, Concetta, Heba, Carlos i cittadini che in basso sono portatori delle reali possibilit di cambiamento della citt. Infine, lassessore Majorino ha compiuto con il suo Forum un vero e proprio miracolo: ha risolto il problema dei quartieri di degrado e di esclusione! Un colpo di bacchetta magica? No, un colpo di spugna. Semplicemente, nel suo discorso programmatico non li ha neanche nominati. Quanto cammino da fare, per il cambiamento! Organizzeremo un Forum sullutilit dei Forum, sui loro scopi reali e possibili?

DALLA SVIZZERA A VENEZIA, RIAPRIRE I NAVIGLI CONTINUA IL DIALOGO Jacopo Gardella


A Aspetto con interesse gli esempi di abilit e di competenza idraulica di cui mi avevi dato un anticipo la volta scorsa. La tua descrizione della Martesana e degli altri Navigli mi fa apparire davanti agli occhi una Milano incantevole; una citt ricca di canali, di laghetti, di darsene, di ponti, di chiuse; una citt di acque, di giardini (allora non ancora distrutti), di palazzi riflessi nello specchio dei Navigli. B Ora voglio dirti di pi. La rete dei Navigli Milanesi non solo una ricchezza della Regione Lombardia, ma di tutto il nord Italia; da un lato si spinge fino alla Svizzera, ed entra nel Canton Ticino; dallaltro fino allAdriatico, e permette di raggiungere Venezia. Questa grandiosa rete di collegamenti era gi stata concepita, e in parte attuata, pi di cinque secoli fa, con mezzi, conoscenze, disponibilit ben minori di quelle attuali. Non possiamo che ammirare lintraprendenza e lintelligenza che animavano gli uomini di allora; e rattristarci di fronte allindolenza e al torpore mentale che tolgono vigore e fantasia agli uomini di oggi. A Non a tutti; rammento infatti che anni fa Piero Bassetti, primo Presidente della Regione Lombardia, aveva prospettato un collegamento navigabile fra la Svizzera e Venezia, passando da Milano; e aveva insistito molto per realizzarlo; ma linerzia dei politici e la diffidenza dei finanziatori avevano ostacolato e fatto morire il suo progetto. Tutto di fermato e nessuno oggi ne parla pi. B Tuttavia il progetto merita un commento, perch indicava una prospettiva non nuova nella storia dei Navigli. La rete delle comunicazioni per via dacqua, auspicata da Bassetti, gi in passato era stata prevista allo scopo di collegare Milano con i porti dellAdriatico; si pensava si unire i due laghi lombardi (Verbano e Lario), con il litorale veneto; e perfino di creare un colle-

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www.arcipelagomilano.org gamento ininterrotto tra Svizzera italiana (Canton Ticino) e paesi slavi, affacciati sulle coste dellIstria e della Dalmazia. La navigazione si sarebbe svolta lungo i corsi dacqua del nord Italia; percorrendo sia fiumi naturali (Ticino, Adda, Po), sia canali artificiali (Naviglio Grande, Naviglio di Pavia, Naviglio della Martesana, Naviglio di Paderno). Gli ingegneri di una volta non mancavano di coraggio. A Era un disegno grandioso, una visione ciclopica, un progetto si sorprendente lungimiranza. sbalorditiva la fantasia, la determinazione e lardire di ingegneri e uomini politici vissuti cinquecento anni fa. Data linvoluzione dellattuale momento storico si sa che non possibile riproporre un disegno tanto imponente e coraggioso; ma almeno si dovrebbe proteggere e salvaguardare ci che ancora resta di quella mirabile visione, di quellaudace programma che univa nazioni e popoli lontani. B Ora capisci perch io cerco di difendere con ostinazione quel poco che ancora resta della nostra vecchia citt; una volta come hai detto tu cos vivace e affascinante, oggi appiattita, spenta, priva di idee. A Ti capisco e ti seguo quando proponi di difendere ci che ancora rimane; ti capisco meno e mi rammarico quando rifiuti di considerare ci che ancora si potrebbe fare. B Non riesco a cogliere che cosa intendi dire. Non c pi niente di nuovo da fare. Non si pu restituire ci che morto. A Non si pu resuscitarlo, certo. Ma continuarne lesempio, questo si. B E come? A Riaprendo i Navigli interni; scoperchiando il tratto della Martesana, ora coperto, che scorre sotto da via Melchiorre Gioia; riportando lacqua nel cuore di Milano. B La considero peggio di una utopia; una pazzia. Non pi fattibile quel che proponi; non se ne vede lo scopo; non si troveranno i finanziamenti; non comparir mai nessuno disposto ad avventurarsi in una operazione cos fuori da ogni realt, cos priva di ogni buon senso. A Vi sono alcune persone che credono nellutopia: anzi nella pazzia, come dici tu. Recentemente, a uno dei soliti incontri organizzati dallinstancabile e ammirevole Emilio Battisti, abbiamo visto alcuni architetti (Umberto Vallara; Antonello Boatti; Marco Stanislao Prusicki con Giovanni Cislaghi), fare tre proposte stimolanti e molto diverse tra loro. B Sapresti descrivermele sinteticamente? A Certo. Vallara della tua idea: non crede nella possibilit di riaprire i Navigli n di farvi scorrere, come una volta, lacqua corrente. Propone tuttavia di ricordare e di rendere noto il loro intero percorso, che come sai si svolgeva allinterno della citt, intorno al centro storico. Per fare ci Vallara pensa di lasciare un segno e di mettere in evidenza questo percorso, segnandone una traccia di colore azzurro brillante, sullasfalto delle strade che oggi ricoprono la vecchia Cerchia dei Navigli. Pensa anche di segnalare i luoghi in cui si trovavano opere di particolare importanza (ponti, conche, laghetti); e di esporre pannelli e tabelloni contenenti grafici, disegni, fotografie, e ogni altra notizia tecnica, storica, urbanistica necessaria a illustrare lopera idraulica oggi scomparsa. B La sua proposta molto realistica e pienamente condivisibile; anche attuabile senza difficolt, perch non richiede grandi lavori n alti costi. A La sua proposta a me sembra molto nostalgica e, direi, rinunciataria. Vallara, non vi dubbio, ama i Navigli e ne riconosce limportanza nella storia di Milano, ma si accontenta di amarli da lontano, nel ricordo, attraverso una immagine. come se amasse una donna non stringendola a s in carne e ossa, ma limitandosi a guardarla in una fotografia. Boatti al contrario propone di riaprire i Navigli, e di far tornare lacqua nel cuore di Milano, come si vedeva in passato; il suo progetto coraggioso e forse avventato, ma a me piace e lo condivido. Infine Prusicki e Cislaghi progettano unampia distesa dacqua navigabile, tangente al Naviglio Grande, ed estesa nellarea oggi occupata dai binari della Stazione di Porta Genova. Il loro grande merito consiste nellaver compreso che il ritorno dellacqua potrebbe ridare vita e bellezza alla nostra brutta Milano. Tuttavia si pu fare ancora di pi: si pu riportare la navigazione non solo lungo i Navigli esterni, anche dentro alla Cerchia dei Navigli interni e instaurare un trasporto di persone su di un regolare servizio di battelli. Muovendosi in due direzioni opposte i battelli potrebbero compiere il giro completo della citt, il periplo del centro storico, seguendo lo stesso itinerario lungo il quale oggi transitano i due filobus della circonvallazione interna. B Sono proposte interessanti come esercizio di fantasia; sono utili come visioni teoriche; possono servire come progetti di idee: ma nulla pi. A Al contrario, sono proposte capaci di dare una scossa a questa nostra citt, che sta diventando sempre pi anonima e triste; e servirebbero da stimolo per rinnovarla e trasformarla radicalmente. B Cerchiamo di essere realisti e restiamo con i piedi per terra. I Navigli interni sono stati riempiti di sabbia durante le passate amministrazioni socialiste, intorno allanno 1960 circa. Il riempimento si era reso necessario perch la soletta di copertura, gettata sopra lalveo vuoto, aveva cominciato a dare segni di cedimento. Riconosco tuttavia che tale riempimento, supponendo seriamente di volere riaprire i Navigli, non sarebbe linconveniente pi grave, perch potrebbe facilmente essere rimosso. In realt vi sono altri ostacoli ben maggiori, e, ti assicuro, ormai insormontabili. Te ne elenco alcuni, ponendoteli sotto forma di quesiti. Dove le linee della metropolitana incrociano il vecchio alveo dei Navigli sei sicuro che rimarrebbe un margine dacqua abbastanza alto, sopra le gallerie sotterranee, per consentire il passaggio dei battelli senza il pericolo di vederli arenare? Sai che il tratto del vecchio Naviglio di San Gerolamo, compreso tra la attuale piazza Cadorna (Ferrovie Nord) e la antica Pusterla di SantAmbrogio, stato interamente occupato dalla linea due, la linea verde della metropolitana? Come puoi pensare di poter riaprire, lungo quel tratto, lalveo originale del Naviglio? Non ti ho detto che esso ormai scomparso per sempre? Una volta le principali strade radiali, dirette al centro citt, scavalcavano il vecchio canale e lo superavano con un ponte; oggi tu credi che rimarrebbe abbastanza altezza sotto larco del ponte per far passare un battello destinato al trasporto di persone; e perci ben pi alto di una chiatta carica di sabbia? Se laltezza non fosse sufficiente occorrerebbe rialzare la quota del ponte; ma ci obbligherebbe a creare delle rampe di raccordo tra la strada esistente e il futuro estradosso del ponte. Che succederebbe dei portoni di ingresso e delle vetrine dei negozi se, in prossimit del ponte, venisse sollevata la strada che passa a loro davanti? E infine ti pare che offrano una vista entusiasmante le cortine di case moderne, ai due lati della circonvallazione interna che oggi copre i Navigli interrati? La navigazione in mezzo a quelle due cortine di case non potrebbe certo considerarsi un tragitto panoramico interessante. Non sarebbe certo paragonabile al Canal Grande di Venezia,

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www.arcipelagomilano.org ma neanche ai molti piccoli canali di tante citt nord europee, ancora oggi solcati da battelli carichi di turisti. E infine vi un ultimo ostacolo che impedisce definitivamente qualsiasi ipotesi di navigazione, sia per trasporto di merci sia di passeggeri: sono le chiuse. Ve ne erano molte lungo la Cerchia dei Navigli; ed erano necessarie a superare vari dislivelli, tutti di lieve entit, ma ineliminabili. A Perch ineliminabili? B Il perch te lo spiego nella nostra prossima conversazione. A Sono molto curioso di sentire la tua spiegazione fine parte quinta continua

Scrive Paolo Ranci Ortigosa a Luca Beltrami Gadola


Caro Direttore, l'articolo di Cino Zucchi e il Suo editoriale sull'area ex-Enel e sul tema del "bello" mi sembrano centrare il problema ed evidenziare la povert culturale della politica e della classe dirigente cittadina, che si mossa e si muove ancora tra i due poli delle regole formali da una parte e della delega ai grandi marchi dell'architettura (le cosiddette archistar) delle scelte estetiche (compositive, ma anche tipologiche etc.) delle nuove architetture cittadine. Bene dice Zucchi quando parla dei piccoli studi, che sarebbero capaci di scelte pi attente nei progetti sul territorio. In questo periodo di grande attenzione mediatica al tema della riforma e dell'accesso alle professioni, nessuno evidenzia come per i progettisti rappresenterebbe scelta politica molto pi efficace (rispetto ad es. all'abolizione delle tariffe minime o dell'ordine tout-court) la diffusione dei concorsi di idee, la modifica delle soglie di sbarramento economico organizzative di accesso alle gare e la riduzione degli appalti concorso. Tutte misure che permetterebbero ai giovani e non solo delle opportunit di lavoro straordinarie, permettendo l'avvio di nuovi studi professionali o il rilancio di molti studi presenti sul territorio e attualmente in una fase di stallo. Richiamavo questi temi nel mio articolo per ArcipelagoMilano sui concorsi e l'expo. Tema su cui tra l'altro i rappresentanti degli architetti e degli ingegneri hanno chiamato a un confronto e a delle risposte concrete il Sindaco Pisapia.

Scrive Cristina Mordiglia a Nanni Anselmi


tutto vero, ma aggiungo di pi: la sensazione proprio che i comitati per Milano, gi comitati Pisapia, siano stati allontanati ed emarginati, quasi che dessero, ora, fastidio. Ormai non esistono pi, il Presidente del comitato di zona 4, Bonessa, ha dato ieri le dimissioni dopo che lAssessore Bisconti (Limonta e compagnia) non hanno neppure voluto far vedere ai comitati (e a tutti i cittadini della zona) la convenzione che stanno per firmare con la fondazione Pier Lombardo sulla piscina Caimi. E ci dopo aver dichiarato in varie interviste che hanno ascoltato tutti e poi deciso, e cercando di far passare questo progetto come una decisione partecipata. La decisione era gi presa allinizio e ci sono stati solo tentativi mal riusciti di indorare la difficile digestione della pillola ai cittadini della zona dissenzienti (la maggior parte).La partecipazione una cosa seria, che comporta volont e impegno, che fino ad oggi lattuale giunta, salvo rare eccezioni, non ha mai mostrato. Giulio Ernesti parlava su un vostro articolo dell Oro di Milano, riferendosi allenergia e alla voglia di partecipare dei cittadini attivi milanesi, orbene, questoro stato buttato via

Scrive Franco Morganti ad ArcipelagoMilano


Vedo che Raffaello Morelli continua a tacciare il governo Monti di scarso liberalismo. Non vorrei che i lettori di ArcipelagoMilano pensassero che queste stroncature provengano dal tempio del liberalismo e che i liberali siano tutti allineati e ben ordinati dietro le opinioni di Morelli. A parte che non tipico dei liberali essere allineati e ordinati e per fortuna ci sono tanti liberalismi quanti sono i liberali. Vorrei comunque segnalare che solo due volte nella storia della Repubblica un governo ha aperto una strada di liberazione del paese dai tanti vincoli da cui oppresso: con Amato ai tempi di Mani Pulite e con Dini e Ciampi dopo la prima caduta di Prodi. Questa di Monti la terza. Guarda caso tutte e tre le volte la democrazia parlamentare era andata in vacanza. Ma, come diceva Einaudi, la democrazia non assolve al suo compito se non sa selezionare una classe dirigente.

Scrive Antonio V. Gelormini in ricordo di Oscar Luigi Scalfaro


Ne sono certo. Oscar Luigi Scalfaro si presenter alle porte del Paradiso col suo intramontabile sorriso, il rosario in tasca, e avendo ben stretta tra le braccia la Costituzione della Repubblica Italiana. Sar il suo ultimo, ma imperituro gesto da Presidente emerito, senatore a vita e Presidente dellAssociazione di Difesa della Carta. Amatela, proteggetela e praticatela, ebbe a raccomandarci durante una delle tante iniziative organizzate da Libert e Giustizia, per la salvaguardia della Carta Costituzionale. La teneva tra le mani come un breviario, e non tralasci di aggiungere: il frutto ricco e sofferto di una pagina storica immensa, che i Padri Costituenti, di cui mi onoro umilmente di aver fatto parte, hanno scritto con limpegno, lamore e lintelligenza politica che il popolo e questo Paese meritavano e continuano, nonostante tutto, a meritare. Ci piace immaginarlo con i ritrovati amici di sempre, Alcide, Aldo, Umberto e Piero (De Gasperi, Moro, Terracini e Calamandrei), nellaula senza confini dellaldil, mentre ne declama con orgoglio gli

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www.arcipelagomilano.org articoli. Da strenuo difensore di una laicit nobile e solenne, da autentico democratico cristiano, potrebbe anche essere capace di chiedere a Mos di fargli spazio, per affiancare le Tavole di Montecitorio a quelle del Monte Sinai.

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Les Contes dHoffmann
Dal nostro... inviato speciale alla Scala! Appena entrato alla Scala per ascoltare i Contes dHoffman, il 25 gennaio, il pubblico stato preso da un vero e proprio sgomento: il teatro sorprendentemente mezzo vuoto, sia nei palchi che in platea! Cosa succede? Eppure non si d unopera sperimentale, contemporanea o fuori repertorio, ma una piacevolissima e notissima Opera phantastique in unedizione che ha tenuto il cartellone allOpera di Parigi con quasi un centinaio di recite dal 2000 a oggi Non solo: unopera legatissima al Don Giovanni di cui tutta Milano - e anche questo giornale - ha parlato e talvolta sparlato appena poco pi di un mese fa, soprattutto intorno allinterpretazione di quel Carsen che firma anche la regia di questo spettacolo, che quindi avremmo pensato fosse atteso alla controprova; per non dire del cast musicale, certo privo di esponenti dello star system internazionale ma sicuramente allaltezza del Teatro, dal Direttore allo stuolo imponente di prime parti (tre soprano, una mezzosoprano, due tenori e un basso) tutti con voci e presenza scenica pi che soddisfacenti, come i lunghi e ripetuti applausi del (rarefatto) pubblico hanno testimoniato. E dunque, perch cos poco interesse? Forse la risposta va cercata in una situazione che supera la specifica occasione, toccando quel punto debole del teatro che le tante amministrazioni succedutesi negli anni ancora non sembra siano riuscite a risolvere: il rapporto con il pubblico pagante, il meccanismo di acquisto dei biglietti e di selezione degli happy few che riescono ad assistere ad almeno una rappresentazione. Non si tratta di politica dei prezzi se vero, come sappiamo, che leffettivo ricavato dalla vendita dei biglietti di una stagione di molto superiore a quello che il Teatro incassa, visto il fiorire di rivendite e di bagarinaggio tradizionale ed elettronico che contraddistingue il cartellone. E se il sistema adottato (inizio delle prevendite a data e ora fissa per la grandissima parte dei posti disponibili, che di norma vanno esauriti nel giro di poche ore quando non di pochi minuti) fosse tale da prestarsi non solo a tante manipolazioni ma addirittura a un effetto respingente del tipo non ci provo nemmeno, tanto so che non lo trovo? Esattamente questo era stato il nostro caso, perch non ci avremmo provato se amici non ci avessero segnalato che a due giorni dalla recita cerano ancora molti posti liberi Se non fosse questa la causa del paradosso cui abbiamo assistito unopera di successo che alla Scala ha successo ma poco pubblico allora non resterebbe che una sconsolante conclusione: quella che ormai anche la Scala sia vittima della propria eccellenza, e che quando non mette in scena lEvento la Grande Opera di repertorio, il Grande Direttore, lEtoile del bel canto, ecc. cessa di essere quel luogo ambito e affollato che merita di essere. Dunque, dicevamo del rapporto dei Contes con Mozart e il Don Giovanni, un rapporto a pi livelli: dallautore (Offenbach noto come il Mozart degli Champs Elysees), al protagonista dellOpera, lo scrittore romantico E.T.A. Hoffman che per devozione a Mozart aveva addirittura cambiato il suo terzo nome da Wilhelm in Amadeus, alle citazioni musicali che si susseguono (dallentrata di Nicklausse la Musa en travesti che canticchia Notte e giorno mal dormir sullaria iniziale di Leporello, al personaggio autoda-f di Stella, lultimo incontro femminile di Hoffmann che nellepilogo entra in scena abbracciando il gran mazzo di fiori donatogli per il suo successo in un ruolo femminile dellopera mozartiana), ma soprattutto nel personaggio stesso di Hoffmann, un Don Giovanni della Belle Epoque, anchegli in sempiterna e frustrata ricerca di una donna da conquistare. Ma le analogie finiscono qui, perch Hoffmann, a differenza di Don Giovanni, cerca lamore, cui disposto a sacrificare persino la sua Arte: in pieno mood tardo romantico, ai fulminei innamoramenti che nei Racconti si susseguono, lo sventurato paga un prezzo sempre pi alto, la disillusione di trovarsi fra le braccia non la donna amata ma un Authomathe meccanico (Olympia), la perdita della vocalit (Antonia) e nellultima avventura con Giulietta addirittura levanescenza della sua immagine. I tre infelici amori di Hoffmann (alle cui disavventure assistiamo con un pathos pi vicino allOpera Comique che al dramma) sono - e qui ancora ci ricordano le eroine del Don Giovanni - le tre metamorfosi di uno stesso ideale irraggiungibile (Trois ames dans une seule ame) cui solo il rifugiarsi nellarte al quale alla fine lo convince la Musa - potr dare consolazione. Dunque un dramma denso di intenzioni moralistiche ma vissuto e rappresentato con la leggerezza di unOperetta, come non poteva che essere per un Autore che di operette, prima di questultima sua tormentata e incompiuta creazione, ne aveva scritte pi di cento. Non sembri un paragone blasfemo, sicuramente non vuol diminuirne il valore, ma i Contes offenbachiani, mutatis mutandis, ricordano la stessa nostalgia della Belle Epoque che ha ispirato il Midnight in Paris di Woody Allen. Sulla regia di Carsen e sulle scene e i costumi di Michel Levine davvero nulla da dire, una macchina perfetta e visibilmente rodata, che ripropone un topos gi visto ma sempre efficace come il teatro che si rispecchia nel teatro (in un Atto il palcoscenico, nellaltro addirittura la platea, con le poltrone che ondeggiano al ritmo della celebre Barcarolle). Un caleidoscopio di soluzioni

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www.arcipelagomilano.org sceniche che asseconda il melodismo torrenziale (Mario Bortolotto) con cui si susseguono piacevolissime arie, pezzi dassieme, cori e danze al ritmo di valzer, can can e galop, magistralmente interpretate dalle belle voci e dalla capacit recitativa dei protagonisti: fra tutti lOlympia della bella e giovanissima soprano Rachel Gilmore e la grande presenza scenica e vocale di Hoffman Ramon Vargas. Insomma, uno spettacolo da non perdere, ci sono ancora tre recite e, a quanto pare, ci sono ancora posti liberi Andrea Silipo Musica per una settimana *mercoled 1, venerd 3 e domenica 5 alla Scala le ultime tre recite dei Contes dHoffmann di cui si racconta in questa nota, diretti da Marko Letonja per la regia di Robert Carsen *gioved 2, venerd 3 e domenica 5, allAuditorium, lorchestra e il coro della Verdi nel meraviglioso Oratorio Elias, opera 70, di Mendelssohn-Bartholdy diretto da Helmuth Rilling (direttrice del coro (Erina Gambarini) con Simone Easthope (soprano) Kisnara Pessatti (contralto), Dominik Wortig (tenore) e Markus Eiche (basso) *luned 6 al Conservatorio (Serate Musicali) Miklos Perenyi e Andras Shiff (violoncello e pianoforte) eseguono le 12 Variazioni di Beethoven in fa maggiore op. 66 su Ein Mdchen oder Weibchen dal Flauto Magico; la Sonata di Schubert in la bemolle Arpeggione D821; i Tre Piccoli Pezzi op. 11 di Webern (del1914); il Rond in la minore K. 511, il Minuetto in re maggiore K. 355 (576b) e la Piccola Giga in sol maggiore K. 574 di Mozart; le Sette Variazioni di Beethoven in mi bemolle maggiore su Bei Mnnern, welche Liebe fhlen dal Flauto Magico *luned 6, alla Scala. lorchestra della Filarmonica diretta da Daniel Harding nel primo Concerto per pianoforte e orchestra in re minore opera 15 di Johannes Brahms (pianista Lars Vogt) e Le Sacre du printemps di Igor Strawinskij *marted 7, al Conservatorio (Societ del Quartetto) Leonidas Kavakos ed Enrico Pace in quattro Sonate per violino e pianoforte di Beethoven: la n. 2 in la maggiore (opera 12 n.2), la n. 3 in mi bemolle maggiore (opera 12 n.3), la n. 6 in la maggiore (opera 30 n.1) e la n. 7 in do minore (opera 30 n.2)

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Bologna. Cronaca di una fiera darte
Si conclusa luned una delle fiere pi importanti dItalia, ArteFiera - Art First, la grande manifestazione che ogni anno richiama nella citt emiliana artisti, gallerie, collezionisti, curatori, appassionati e i soliti prezzemolini del mondo dellarte. Unedizione ricca di eventi ma che ha sicuramente subito la pressione della crisi, come dimostra la diminuzione del numero di gallerie presenti in fiera, questanno meno di 200, tra italiane ed estere. La direttrice, Silvia Evangelisti, sottolinea che questo dimagrimento delle gallerie dovuto in parte alla crisi ma in parte era gi stato deciso tre anni fa. Qualit meglio di quantit, in linea con le tendenze delle fiere darte degli ultimi anni. Un match di grandi nomi (Beecroft, Abramovic e Kosuth da Lia Rumma; Fontana, Burri e Pistoletto, tanto per citare i super famosi), e di talenti emergenti ma su cui bene puntare, esposti con cura e rigore nei tanti stand dei tre padiglioni fieristici. Una kermesse dedicata allarte contemporanea delle grandi installazioni, come le barchette fluttuanti e di grande effetto scenico di Hashimoto presso Studio LaCitt (Verona); ma anche larte delle ricerche sperimentali, con le polaroid fatte attraverso lAuraCam della bolognese Francesca Grilli (Galleria Riccardo Crespi, Milano). Il padiglione 16 era invece dedicato allarte moderna e agli artisti gi storicizzati, attivi dallinizio del secolo scorso fino agli anni 50. Una nota di novit stata la presenza di On the spot, progetto ideato dal curatore spagnolo Paolo Barragn. In ogni giorno di fiera stata realizzata una piccola mostra, in uno spazio dedicato, firmata da quattro curatori: Laura Pan, Olivier Kielmayer, Direttore della Kunsthalle di Winterthur, Francesca Ferrarini, art advisor e Barragn stesso, che hanno selezionato, secondo tema e tipologia, alcune delle opere esposte dalle gallerie per creare una mostra allinterno della mostra. Fiera ma non solo. In un format che ricorda il Fuori Salone milanese, anche Bologna si ammantata di eventi collaterali, con Bologna Arte Fiera Off: mostre, performance ed eventi sparsi nella citt e in provincia. Oltre allingresso convenzionato tra la Fiera, il MAMbo e il museo Morandi; a Palazzo Pepoli con Bologna si rivela, progetto della Fondazione Carisbo, ha aperto il Museo della Storia di Bologna; al Salone del Podest di Palazzo Re Enzo ha inaugurato la mostra Da 0 a 100. Le nuove et della vita. Arte e scienza, due occhi su noi stessi, in cui arte e scienza si uniscono per analizzare luomo, (fino al 12 febbraio 2012). Chiude il 26 febbraio A bordo del cuore doro, giunto alla settima edizione, progetto che coinvolge Bologna e dintorni. A cura di Julia Draganovic, un percorso per immagini tra arte e storia attraverso installazioni e lavori di artista, per creare un dialogo tra arte contemporanea, inedite locations e luoghi quotidiani. Ma in tempi di crisi, come andata la fiera? Si venduto? Si mormora che le grandi gallerie abbiano mantenuto i loro standard e che le medie siano riuscite a stare a galla. Una manciata di grandi collezionisti si vista passare tra i padiglioni, forse in cerca di novit. Tutto sommato i bollini rossi presenti accanto alle opere segnalano una timida ripresa delle vendite, anche se il collezionista medio sembra essere quasi del tutto fuori dal gioco. Tendenza questa gi intuibile dallinaugurazione un po sotto tono dellapertura.

Brera mai vista: due lavori di Gerolamo Giovenone


In un mese in cui molte mostre stanno per giungere al termine (Artemisia Gentileschi, Oro dai Visconti agli Sforza e lArte Povera nella sua sede milanese), continua lesposizione di capolavori della Pinacoteca

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www.arcipelagomilano.org di Brera con il ciclo Brera mai vista. Fino a marzo sar possibile vedere due dipinti su tavola dellartista vercellese Gerolamo Giovenone (1490 1555). Le due opere, unAssunzione della Vergine e una grande ancona raffigurante la Madonna con il Bambino e i santi Giacomo, Giuseppe, Marta e donatore, rappresentano due momenti diversi e successivi della carriera dellartista. Giovenone nasce e cresce in una vera e propria stirpe dartisti: il padre Amadeo era maestro di legname, cos come lo fu il fratello, mentre furono pittori il fratello minore del Giovenone, Giuseppe (allievo e poi collaboratore di Gaudenzio Ferrari), e i figli di Gerolamo stesso, Giuseppe il Giovane e Giovanni Paolo. La formazione di Giovenone avviene quindi in un contesto caratterizzato dalle esperienze familiari e locali, ed stata infatti ipotizzata una formazione presso Martino Spanzotti, documentato a Vercelli a fine Quattrocento, e il suo discepolo Defendente Ferrari, con il quale collabora in diverse occasioni nei primi decenni del Cinquecento. Presto per lo stile di Giovenone cambia, venendo condizionato dallincontro con Gaudenzio Ferrari, che aveva gi operato a Vercelli per la prima volta agli inizi del secolo. Linfluenza di Gaudenzio si avverte nelle opere di Gerolamo fin da subito, ma diventa particolarmente importante in quelle del decennio successivo, quando sono ripetutamente documentati i rapporti del maestro valsesiano con la famiglia Giovenone. A questa fase appartiene lAssunzione della Vergine, giunta a Brera nel 1903/1904 con il dono della collezione del mercante Casimiro Sipriot, e che si ipotizza dipinta per la cappella dellAssunta in San Marco a Vercelli. Nel 1525 infatti il testamento di Nicolino de Lancis ne disponeva la decorazione, destinando agli eredi duecento fiorini per la realizzazione di unancona entro sei anni. Ma un nuovo artista si inserisce sulle scene vercellesi negli anni trenta, dominata a tutto tondo dai Giovenone: Bernardino Lanino, giovane pittore allievo e collaboratore di Gaudenzio Ferrari che diviene presto il pi importante divulgatore della poetica gaudenziana. I rapporti di Lanino con la famiglia Giovenone sono documentati dal 1530, e diventano via via pi fitti fino ad arrivare al matrimonio, dieci anni dopo, tra la figlia di Gerolamo, Dorotea, e il Lanino. Inizia da questo momento un intenso rapporto di scambio tra suocero e genero, del quale esempio la Madonna con il Bambino e i santi Giacomo, Giuseppe, Marta e donatore (ca. 1543), entrata in Pinacoteca nel 1808 con le soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi e gi in Santa Maria delle Grazie a Novara. Limpostazione ha infatti numerosi punti di contatto con la pala dipinta da questultimo per la cappella della Maddalena in San Francesco a Vercelli (1543, ora alla National Gallery di Londra). Il motivo del baldacchino, inoltre, si trova nella Madonna con il Bambino, santi e angeli, opera di Lanino per la chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Borgosesia. Nel paesaggio si riconosce invece il Sacro Monte di Varallo Sesia come si presentava allepoca, opera in cui gioc la parte del protagonista lo stesso Gaudenzio Ferrari. Un artista dal linguaggio sobrio e misurato, forse privo di grandi invenzioni ma che incontr grande favore da parte della committenza, come dimostra la fiorente bottega vercellese. Due opere provenienti dai depositi della Pinacoteca ed esposte per la prima volta al grande pubblico. Brera mai vista - fino al 18 marzo 2012 - Orari: 8.30 -19.15 da marted a domenica. chiuso luned - Biglietti: 6,00 intero, 3,00 ridotto

Botticelli apocalittico allAmbrosiana


Botticelli incontra Botticelli. Succede a Milano, in una straordinaria occasione di confronto organizzata dalla Pinacoteca Ambrosiana. Ecco dunque Apocalittico Botticelli, una mostra curata da don Alberto Rocca, Dottore della Biblioteca Ambrosiana, che mette a confronto un Botticelli di casa, con la Madonna del Padiglione gi parte della collezione milanese, e la Nativit mistica, della National Gallery di Londra. Un prestito esclusivo reso possibile dallinvio a Londra del Ritratto di Musico di Leonardo da Vinci che per la prima volta esce dai confini italiani. Lopera del genio fiorentino uno dei pezzi fondamentali dellesposizione Leonardo da Vinci pittore alla corte di Milano gi definita la mostra del secolo. Perch questa definizione cos forte, apocalittico addirittura, in riferimento al pittore fiorentino? Botticelli stesso lo spiega con una enigmatica frase scritta in cima alla sua Nativit mistica: Questa pittura, sulla fine dellanno 1500, durante i torbidi dItalia, io, Alessandro, dipinsi nel mezzo del tempo dopo il tempo, secondo lXI di san Giovanni nel secondo dolore dellApocalisse, nella liberazione di tre anni e mezzo del diavolo; poi sar incatenato nel XII e lo vedremo [precipitato] come nel presente dipinto. Spiega cos don Rocca: I torbidi dItalia fanno riferimento al travagliato periodo attraversato da Firenze e dalla penisola in quegli anni: nel 1492 mor Lorenzo il Magnifico e Firenze fu scossa dalla predicazione di Fra Gerolamo Savonarola, dai toni fortemente moraleggianti e apocalittici, e, dopo la morte sul rogo di questultimo, dalla seconda invasione francese del 1499 e dalla minaccia portata a Firenze nel 1500 da Cesare Borgia. in questo clima, a cavallo tra i due secoli, che matura il dipinto, vero testamento spirituale dellartista, segnato da un profondo travaglio interiore, ben simboleggiato dai movimenti delle figure, frenetici e concitati, lontani dallequilibrio delle opere di et medicea. Unopera accattivante e dipinta in un momento storico travagliato, e che forse per questo, stata scelta dal Cardinale Angelo Scola come copertina della lettera di Natale che verr consegnata nelle case dei milanesi durante le benedizioni natalizie. Ma Botticelli fu anche pittore lieve e delicato, che seppe regalarci oltre alla ultra nota Primavera e alla Nascita di Venere, anche opere dallambientazione familiare e raccolta, come la Madonna del Padiglione. Il dipinto, donato alla Pinacoteca nel 1837, mostra una scena intima e tenera, in cui siamo invitati dagli angeli che scostano le cortine, a entrare e a far parte del mistero della nascita di Cristo, in un luogo in cui tutto indica la perfezione e lintegrit virginale di Maria: il padiglione stesso, con la sua forma circolare, ci indica la sua perfezione; il muretto, di derivazione fiamminga come il paesaggio, richiama un hortus conclusus; e infine, i fiori bianchi suggeriscono lidea della purezza della Vergine. Due opere che ben si adattano alle feste natalizie e allatmosfera, un po inquieta, dei nostri tempi. Apocalittico Botticelli- Pinacoteca Ambrosiana fino al 5 febbraio 2012 - Biglietto + Pinacoteca + Mostra Leonardo e il Codice Atlantico

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www.arcipelagomilano.org Intero: 15 Ridotto: 10 - Da Marted a Domenica dalle 10.00 alle 18.00.

Abo e la Transavanguardia italiana


ABO (Achille Bonito Oliva) vs Germano Celant. I due giganti della critica darte si sfidano con due mostre diversissime ma non troppo nella citt meneghina. Se Celant ha proposto la sua Arte Povera sparsa per lItalia, con sede principale presso la Triennale, ABO propone una grande retrospettiva sulla sua Transavanguardia, con seguito di mostre personali in giro per lItalia. Cinque i protagonisti di ieri e di oggi, riuniti sotto letichetta di Transavanguardia proprio da Bonito Oliva alla fine degli anni 70: Cucchi, Chia, Clemente, Paladino e De Maria. Di ciascuno dei cinque protagonisti raccoglie 15 opere, selezionate dal curatore in collaborazione con gli artisti, scegliendole tra le loro pi significative, inedite o particolari. Teorizzata nel 1979 da Achille Bonito Oliva con un saggio su Flash Art e da questi presentata per la prima volta al pubblico alla XIII Rassegna internazionale darte di Acireale, la Transavanguardia ha la propria consacrazione ufficiale nella sezione Aperto 80 della 39 Biennale di Venezia, segnando un punto di rottura con le ricerche minimaliste, poveriste, processuali e concettuali che avevano dominato gli anni Sessanta e Settanta. Un movimento artistico che sin dal suo nascere ha saputo e voluto puntare sullidentit della cultura italiana, inserendola a pieno titolo, e con una sua peculiare originalit, nel dibattito culturale internazionale degli ultimi quarantanni. Nello stesso tempo ha portato larte contemporanea italiana a un livello di attenzione, da parte di collezionisti, musei e critici stranieri, del tutto nuovo. Allidealismo progressista delle neoavanguardie il nuovo movimento risponde con il ritorno alla manualit dellarte e alle sue tradizioni. Allutopia del modernismo e del moderno in cui tutto internazionale, multinazionale e globalizzato, la Transavanguardia, nel suo trans-attraversamento di linguaggi, tecniche e scelte, oppone il genius loci del singolo artista, ossia il territorio del suo immaginario, nonch una rivalutazione del proprio nomadismo culturale e delleclettismo stilistico, che si nutre di memorie del passato (vedi i riferimenti longobardi beneventani di Paladino) e di citazioni dalla storia dellarte, contribuendo cos al pi generale processo di rielaborazione della Storia e della soggettivit avviato negli anni ottanta. Levento milanese ruota attorno ad alcune tematiche comuni, che attraversano le diverse poetiche dei cinque artisti: il ritorno alla manualit della pittura, delle tecniche semplici e primitive, il narcisismo dellartista, il doppio e laltro, la violenza, la natura, lincertezza della ricerca, linconscio, limmagine tra disegno e astrazione, il tutto in bilico tra bi e tridimensionalit. La mostra raccoglie in tutto 66 opere: 44 provenienti da musei, fondazioni, gallerie e collezioni private italiane, e 22 da musei e collezioni europee. Si potranno mettere cos a confronto le opere dei cinque artisti, appartenenti s a ununica corrente ma sicuramente diversi nella propria ricerca personale: le cupole, i fiori e i colori sgargianti di De Maria; i dipinti un po espressionisti e alla Bacon di Francesco Clemente, nella sua visone dellarte come catastrofe; i riferimenti a Chagall, Picabia, Picasso e De Chirico di Sandro Chia; le memorie storiche, tra forme organiche, simboliche e arcaiche di Mimmo Paladino; infine i riferimenti alla morte e alla decadenza fatti da Enzo Cucchi, in una profusione di teschi e immagini precarie sui suoi fondali desertici. La mostra di Palazzo Reale parte di un ciclo progressivo di sei mostre dedicato alla Transavanguardia. In concomitanza con la mostra milanese, sei importanti istituzioni italiane organizzeranno alcune giornate di approfondimento sulla Transavanguardia presiedute da uno dei cinque filosofi del comitato scientifico composto da Massimo Cacciari, Giacomo Marramao, Bruno Moroncini, Franco Rella, Gianni Vattimo, e contestualmente esporranno le opere della Transavanguardia presenti nelle loro collezioni. Alle giornate di studio prenderanno parte critici darte, curatori e direttori di musei. Di seguito il calendario delle giornate ancora a venire: Le mostre personali saranno ospitate in altrettante citt italiane tra le pi rappresentative della storia e dellidentit italiana, oppure legate alle vicende stesse della Transavanguardia. Le varie mostre saranno incentrate sulla recente produzione dei singoli protagonisti, partendo da un primo nucleo di opere storiche per poi seguire levolversi nel tempo e gli esiti ultimi delle loro ricerche artistiche. 1 marzo 2012, ROMA - MIMMO PALADINO: Roma, ex-GIL di Luigi Moretti, a cura di Achille Bonito Oliva e Mario Codognato e lorganizzazione di Civita. Marzo 2012, PALERMO - FRANCESCO CLEMENTE: Palermo, Palazzo Sant'Elia, a cura di Achille Bonito Oliva e Francesco Gallo e lorganizzazione di Civita. Transavanguardia-Palazzo Reale, fino al 4 marzo 2012 Orari: luned 14.30 - 19.30, marted, mercoled, venerd e domenica 9.30 19.30, gioved e sabato 9.30 - 22.30 Biglietti: 9,00 intero, 7,50 ridotto

25 anni di Pixar a Milano


Dopo il MOMA di New York e un tour internazionale, finalmente arrivata a Milano PIXAR 25 anni di animazione. Un viaggio nel mondo dellimmaginazione che affasciner bambini ma non solo, alla scoperta di come si creano i personaggi animati pi amati del grande schermo. Oltre settecento opere, un viaggio attraverso la creativit e la cultura digitale come linguaggio innovativo applicato allanimazione e al cinema: dal primo lungometraggio dedicato a Luxo Jr. (1986) ai grandi capolavori come Monster & Co (2001), Toy Story (1, 2 e 3), Ratatouille (2007), WALL-E (2008), Up (2009) e Cars 2 (2011). Molti non sanno che la maggior parte degli artisti che lavorano in Pixar utilizzano i mezzi propri dellarte (il disegno, i colori a tempera, i pastelli e le tecniche di scultura), come quelli dei digital media dice John Lasseter, chief creative officer di Walt Disney and Pixar Animation Studio e fondatore di Pixar. Quando si pensa ai film danimazione, difficilmente ci si immagina artisti armati di matita e pennello, intenti a disegnare storie e personaggi. Nel mondo Pixar, invece, proprio cos. Gli artisti utilizza-

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www.arcipelagomilano.org no i mezzi tradizionali: matite, dipinti, pastelli e sculturine, per creare i loro personaggi, cos come altrettanti numerosi sono gli artisti che impiegano esclusivamente i mezzi digitali. Ma in questo caso, lecito parlare di arte? I disegni, le bozze e le maquettes, hanno una tale importanza artistica da essere esposte in sedi ufficiali come i musei, in questo caso il PAC di Milano? Si potrebbe cos cadere in un tranello: tutta arte quella che luccica? Se definiamo larte come processo o prodotto dellorganizzazione e dellassemblaggio di oggetti per creare qualcosa che stimoli unemo-zione o una risposta, allora chiaro che tutti gli oggetti nella mostra Pixar sono proprio questo e, quindi, rispondono alla definizione di arte. I nostri film sono fatti da artisti e i nostri artisti, come qualsiasi altro artista, scelgono strumenti che consentono loro di esprimere le loro idee e le loro emozioni pi efficacemente. Una ampia variet di media e tecniche rappresentata nella mostra: disegni a matita e pennarello, dipinti in acrilico, guazzo e acquarelli; dipinti digitali; calchi; modelli fatti a mano; e pezzi in media digitali. Alcuni dei nostri artisti, di formazione tradizionale, hanno aggiunto dipinti digitali alla loro raccolta per esprimere qualcosa che non avrebbero potuto esprimere con qualsiasi altro mezzo, spiega esaustivamente Elyse Klaidman, direttore della Pixar University e Conservatore degli archivi. Riflessione importante questa, perch molto spesso i film Pixar contengono rimandi stilistici, citazioni e omaggi ai percorsi classici e da sempre riconosciuti della storia dellarte moderna e contemporanea. In tal senso, rappresentano il tentativo di continuare un discorso puramente artistico sulla ricerca della prospettiva, della spazialit e della rappresentazione verosimile che affonda le sue radici nelle esperienze del Rinascimento, Leon Battista Alberti su tutti. E una sorta di bottega rinascimentale, per citare Lasseter (sua madre era insegnante di storia dellarte e da sempre lo ha istruito in questa materia), che unisce artisti diversi e i fondamenti e le radici della storia dellarte a quelle che sono le pi nuove e originali invenzioni tecnologiche, con contaminazioni verso i linguaggi pi contemporanei. Strumenti che rendono i film Pixar, agli occhi dei loro creatori e spettatori, opere darte totali, concetto sostenuto dalle avanguardie del primo Novecento che, con le sperimentazioni su pellicola e nuovi ritrovati, si erano auspicate una svolta nella creazione e nella fruizione di unopera audiovisiva. La Pixar quasi 100 anni dopo, riesce a raggiungerla. Degna di nota, allinterno di questo straordinario laboratorio che spiega passo passo la creazione di un filmdalla nascita di un personaggio, alla scelta dei colori, alla creazione 3D dei movimenti, alla colonna sonora sicuramente lo zootropio, disco rotante su cui si muovono i personaggi 3D di Toy Story, ognuno in una diversa posizione, e che fatto girare ad altissima velocit e con laiuto di un flash, permette allo spettatore di cogliere lintera sequenza dei movimenti dei personaggi, impressionando limmagine sulla retina dellocchio, in un fluire di immagine continuo e affascinante. Pixar. 25 anni di animazione PAC Padiglione di Arte Cotemporanea, fino al 14 febbraio 2012 Orari: luned 14.30 19.30. Marteddomenica 9.30 19.30 . Gioved 9.30 22.30 biglietti: 7,00, ridotto 5,50

Brera incontra il Puskin. Capolavori dal museo russo


Sono capolavori di inestimabile valore e importanza le diciassette opere provenienti dal museo Puskin di Mosca ed esposte, fino al 5 febbraio, nelle sale XV e XII della Pinacoteca di Brera. Lesposizione, promossa dal Ministero per i Beni e le Attivit Culturali italiano, dal Ministero della Cultura e dei Media della Federazione Russa e dal Museo Pukin, nata in occasione dellAnno della Cultura Italia-Russia, e ha permesso, oltre allesposizione di Brera, anche lorganizzazione di una mostra sul Caravaggio che lo Stato Italiano presenter al Pukin a partire dal 22 novembre. Mostre da record, per nomi e assicurazioni: il valore assicurativo dei dipinti va ben oltre il miliardo di dollari. Tutte le opere in mostra provengono dalle collezioni di Sergei ukin e Ivan Morozov, i due collezionisti russi che agli albori del Novecento diventarono, con la loro passione per larte, testimoni degli artisti, dei movimenti e dei fermenti artistici che caratterizzarono lEuropa tra Otto e Novecento. Un periodo doro ineguagliabile, che permise ai due colti e brillanti collezionisti di visitare gli atelier dei pittori, di scegliere e commissionare ad hoc dipinti per i loro palazzi. Collezioni di inestimabile valore che furono fatte affluire nel museo Puskin al momento della sua creazione. Grandi mercanti e viaggiatori, ukin e Morozov, in anni diversi, divennero i migliori clienti delle pi importanti gallerie di Parigi, come Druet, Durand-Ruel, Kahnweiler e Vollard, uomini che decretarono la fortuna di artisti come Monet e Cezanne, e che divennero amici e confidenti degli artisti stessi e dei loro collezionisti. Una scelta tutta personale quella dei due gentiluomini russi, che non seguirono le mode ma anzi le anticiparono, comprando e sostenendo artisti al tempo ben poco famosi. Come spesso accade, i collezionisti si legarono in particolar modo ad alcuni artisti, creando un rapporto unico e speciale che permise la nascita di capolavori assoluti, quali i famosissimi Pesci rossi di Matisse, dipinto nel 1911 per ukin, che divent il patron dellartista. Con ben trentasette dipinti acquistati, ukin dedic il salone centrale della propria abitazione alle opere di Matisse, che dispose personalmente i dipinti per lamico mecenate. Ma ukin non si occup solo di Matisse. Un altro dei suoi artisti favoriti fu Picasso, del quale divenne, dopo una prima fase di incertezza, un grande sostenitore, comprando pi di cinquanta tele. Anche Ivan Morozov fu un grande collezionista, ammiratore di Cezanne e cliente affezionato di Ambrosie Vollard, mercante gallerista - soggetto spesso ritratto dallo stesso Cezanne. Di propriet Morozov fu anche lo splendido Boulevard des Capucinnes di Monet, che segn la svolta di Morozov come collezionista, e che da quel momento in poi ag tanto in grande da superare talvolta lo stesso ukin. In quindici anni riusc a raccogliere oltre duecento opere attraverso le quali possibile leggere levoluzione della pittura francese moderna. Tanti gli artisti e le opere presenti in mostra. Pregevole La ronda dei carcerati (1890) di Vincent Van Gogh, come anche Eiaha Ohipa (Tahitiani in una stanza. Non lavorare!), 1896, di Gauguin, dal gusto esotico e misterioso; le sempre grandiose Ninfee bianche di Monet, Le riva della Marna. (Il ponte sulla Marna a Creteil) di Cezanne, e la Radura nel bosco a Fontainebleau di Sisley. Ma il percorso non si e-

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www.arcipelagomilano.org saurisce qui, proseguendo anzi in una panoramica esaustiva dellevoluzione dellarte di inizio Novecento. Oltre ai gi citati Pesci Rossi di Matisse, da segnalare sicuramente sono il Ritratto di Ambroise Vollard (1910) di Picasso; la Veduta del ponte di Svres, 1908, di Henri Rousseau detto il Doganiere e La vecchia citt di Cagnes (Il castello), 1910, di Derain. Unoccasione unica per vedere grandi capolavori da uno dei principali musei russi, nella cornice dei grandiosi capolavori dellarte del passato conservati a Brera.

Brera incontra il Pukin. Collezionismo russo tra Renoir e Matisse fino al 5 febbraio Biglietto solo Pinacoteca: 6,00 Intero, 3,00 Ridotto - Biglietto Pinacoteca + Mostra: 12,00 Intero, 9,00 Ridotto - Orario di apertura: h 8.30-19.15 dal marted alla domenica

Le Gallerie dItalia nel cuore di Milano


Dopo il Museo del Novecento, apre a Milano, in centro che pi centro non si pu, un altro museo destinato a diventare una realt importante del panorama artistico milanese. Hanno infatti debuttato in pompa magna le Gallerie dItalia, museopolo museale in piazza Scala, ospitato negli storici palazzi Anguissola e Brentani, restaurati per loccasione. Un avvenimento cittadino, che ha avuto unintera nottata di eventi e inaugurazioni dedicate. Si iniziato con Risveglio, videoproiezione sui palazzi di piazza Scala, a cura di Studio Azzurro, ispirate allomonimo dipinto Risveglio (190823) di Giulio Aristide Sartorio (di propriet della fondazione Cariplo), artista liberty e simbolista, esposto allinterno del museo. C stato poi un incontro con il filosofo Remo Bodei, con una riflessione sul bello e sul valore dei musei, per poi passare alle visite gratuite per il grande pubblico del Teatro alla Scala. Una serata fitta dimpegni, che si protratta fino alluna di notte, per permettere ai tanti visitatori in fila nonostante la pioggia battente, di visitare gratuitamente il nuovo museo. E in effetti valeva la pena di aspettare per vedere le tredici sezioni di questo museo che comprende, cronologicamente e per temi, tanti capolavori del nostro passato per approdare poi ai Futuristi. Un ideale partenza per visitare poi il vicino Museo del Novecento. Un museo voluto e creato, nonostante i tempi poco propizi, da Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, da sempre attente allarte e alla cultura, che grazie al progetto architettonico di Michele de Lucchi, ospita 197 opere dellOttocento italiano, in particolare lombardo, delle quali 135 appartenenti alla collezione darte della Fondazione Cariplo e 62 a quella di Intesa Sanpaolo. Il percorso espositivo di 2.900 mq, curato da Fernando Mazzocca, propone un itinerario alla scoperta di una Milano ottocentesca, assoluta protagonista del Romanticismo e dellindustrializzazione, ma anche di altre scuole artistiche e correnti. Aprono il percorso i tredici bassorilievi in gesso di Antonio Canova, che gi di per s varrebbero la visita, ispirati a Omero, Virgilio e Platone; si passa poi ad Hayez e alla pittura romantica, con il suo capolavoro I due Foscari; largo spazio stato dedicato a Giovanni Migliara e Giuseppe Molteni, per passare a Gerolamo Induno; alla sezione dedicata al Duomo di Milano e alle sue vedute prospettiche e quella dedicata ai Navigli. Se a palazzo Anguissola tutto era un trionfo di stucchi, specchi e puttini, lambientazione cambia quando si passa al contiguo palazzo Brentani, con la pittura di genere settecentesca, i macchiaioli, con Segantini e Boldini, i divisionisti, il Simbolismo di Angelo Morbelli e Previati, per arrivare allinizio del 900 con quattro dipinti di Boccioni, ospitati in un ambiente altrettanto caratteristico ma pi neutro e museale. Al centro, nel cortile ottagonale, troneggia un disco scultura di Arnaldo Pomodoro. Ma non finita qui. Al settecentesco Palazzo Anguissola e alladiacente Palazzo Brentani, si affiancher nella primavera del 2012 la storica sede della Banca Commerciale Italiana, che ospiter la nuova sezione delle Gallerie e vedr esposta una selezione di opere del Novecento. Insomma un progetto importante che, in un momento di crisi e preoccupazione globale, vuole investire e rilanciare arte, cultura e il centro citt, facendo di piazza della Scala un irrinunciabile punto di riferimento, un salotto cittadino adatto ai turisti, ma, si spera, non solo. Gallerie dItalia piazza della Scala - entrata libera fino allapertura della sezione novecentesca del Museo, prevista nella primavera 2012 Orari: Da marted a domenica dalle 9.30 alle 19.30. Gioved dalle 9.30 alle 22.30. Luned chiuso

Cezanne e les ateliers du midi


Palazzo Reale presenta, per la prima volta a Milano, un protagonista indiscusso dellarte pittorica, colui che traghetter simbolicamente la pittura dallImpressionismo al Cubismo; colui che fu maestro e ispiratore per generazioni di artisti: va in scena Paul Cezanne. Sono una quarantina i dipinti esposti, con un taglio inedito e particolare, dovuto a vicende alterne che hanno accompagnato fin dallorigine la nascita di questa grande esposizione, intitolata Czanne e les atliers du midi. E appunto da questo titolo che tutto prende forma. Lespressione ateliers du midi fu coniata da Vincent Van Gogh, il cui progetto ero quello di creare una comunit di artisti riuniti in Provenza, una sorta di novella bottega, in cui tutti avrebbero lavorato in armonia. Un progetto che, come noto, non port mai a termine, ma dal quale Rudy Chiappini e Denis Coutagne, curatori della mostra, hanno preso spunto per delineare il percorso artistico di Cezanne. La mostra un omaggio al grande e tenace pittore solitario, nato ad Aixen-Provence, luogo al quale fu sempre attaccato, e che nei suoi continui spostamenti tra il paese natio, Parigi e lEstaque, cre quella che da sempre stata considerata la base dellarte moderna. Il tema portante dellesibizione riguarda lattivit di Cezanne in Provenza, legata indissolubilmente ai suoi ateliers: prima di tutti il Jas de Bouffan, la casa di famiglia in cui Cezanne compie le sue prime opere e prove giovanili; la soffitta dell'appartamento di Rue Boulegon; il capanno vicino alle cave di Bibmus; i locali affittati a Chteau Noir; la piccola casa a l'Estaque, e infine il suo ultimo atelier, il pi perfetto forse, costruito secondo le indicazioni del pittore stesso, latelier delle Lauves. Luoghi carichi di significato e memoria, in cui il maestro si divise, nelle fasi della sua vita, tra attivit en plein air, seguendo i consigli degli

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www.arcipelagomilano.org amici Impressionisti, e opere sur le motiv, una modalit cara a Cezanne, che della ripetizione ossessiva di certi soggetti ne ha fatto un marchio di fabbrica. Opere realizzate e rielaborate allinterno dello studio, luogo di creazione per ritratti, nature morte, composizioni e paesaggi. Ma latelier anche il luogo della riflessione per Cezanne, artista tormentato e quasi ossessivo nel suo desiderio di dare ordine al caos, cercando equilibrio e rigore, usando soprattutto, secondo una sua celebre frase, il cilindro, la sfera e il cono. In natura tutto modellato secondo tre modalit fondamentali: la sfera, il cono e il cilindro. Bisogna imparare a dipingere queste semplicissime figure, poi si potr fare tutto ci che si vuole. Una mostra che vanta prestiti importanti (quale un dipinto dallHermitage); che coinvolge una istituzione importante come il Museo dOrsay, e che ha nel suo comitato scientifico proprio il direttore del museo e il pronipote dellartista, Philippe Cezanne. Con un allestimento semplice ma accattivante, merito anche dei grandi spazi, il visitatore potr scoprire i primi e poco noti lavori del maestro francese, le opere murali realizzate per la casa paterna e i primi dipinti e disegni ispirati agli artisti amati, come Roubens, Delacroix e Courbet. Dal 1870 Cezanne trascorrer sempre pi tempo tra Parigi, in compagnia dellamico di scuola Emile Zola, e la Provenza. Nascono quindi inediti soggetti narrativi, usando lo stile en plein air suggeritogli da Pissarro. Si schiariscono i colori e le forme sono pi morbide: ecco le Bagnanti, ritratte davanti allamata montagnafeticcio Sainte Victorie. Stabilitosi quasi definitivamente in Provenza, eccolo licenziare alcuni dei suoi paesaggi pi straordinari, con pini, boschi e angoli nascosti, tra cui spiccano quelli riguardanti le cave di marmo di Bibemus, luogo amato e allo stesso tempo temuto da Cezanne, che vedeva nella natura il soggetto supremo, il principio dellordine, ma che al tempo stesso poteva essere anche nemica e minaccia. Capolavori della sua arte sono anche i ritratti, dipinti in maniera particolare e insolita. Sono ritratti di amici e paesani, di gente comune che Cezanne fissa su tela senza giudicare n esprimere pareri, figure immobili ed eterne, come le sue nature morte. E sono proprio queste le composizioni pi mature, tra cui spicca per bellezza Il tavolo di cucina - Natura morta con cesta, (1888-1890), dalle prospettive e dai piani impossibili, con una visione lontanissima dalla realt e dal realismo imitativo, con oggetti ispirati s da oggetti reali, tra cui le famosissime mele, ma reinventati in chiave personale. Una mostra dunque densa di spunti per comprendere lopera del pittore di Aix, complementare alla mostra del Muse du Luxembourg di Parigi, intitolata Cezanne et Paris, che indagher invece gli anni parigini e approfondir il rapporto tra Cezanne, gli Impressionisti e i post Impressionisti. Czanne e les atliers du midi. Fino al 26 febbraio, Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. sab. 9.30-22.30. Costi: intero euro 9, ridotto euro 7,50.

LIBRI questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero rubriche@arcipelagomilano.org Dizionario Analogico della Lingua Italiana
Donata Feroldi Zanichelli, sett. 2011, pp.960 + CD-Rom e licenza online, euro 59
Il Dizionario verr presentato Mercoled 8 febbraio, ore 18, presso Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F. Sforza 7 Il Dizionario analogico Zanichelli (4.000 termini, 19.000 lemmi) ha lo scopo di restituire sulla pagina i reticoli associativi in cui si collocano le diverse voci e i micro-contesti d'uso in cui essi figurano, in una sorta di mappa o atlante della lingua italiana. Detto altrimenti, il Dizionario uno strumento di navigazione - sul modello dei moderni GPS - che consente di orientarsi e raggiungere le informazioni ricercate sia sul piano fonico, sia su quelli semantico e logico-grammaticale. Ma nell'opera di Donata Feroldi c' molto di pi. Infatti il suo dizionario navigatore non si limita a segnalare direzioni e percorsi, accompagnando l'utilizzatore (studenti, filologi, uomini e donne di lettere, traduttori, etc.) verso l'obiettivo traguardato. Ma ogni passaggio, attraverso cui si costruisce lo sviluppo del singolo termine, accompagnato, da un lato, dall'esplicitazione delle procedure seguite verificabili e quindi, come vuole Popper, falsificabili - e, dall'altro da un sontuoso apparato storico - ricostruttivo, che non tralascia nemmeno le derivazioni gergali. come se il navigatore montato su un veicolo accompagnasse le asettiche indicazioni stradali con attente informazioni storiche, urbanistiche, artistiche e sociali dell'area urbana o rurale attraversata. Nasce cos uno strumento di imprevedibile utilit, tanto pi incisivo se si consideri che l'utilizzo di un dizionario analogico non presuppone la conoscenza del termine che si va cercando perch anzi proprio quel termine o quella allocuzione che fa difetto ma, invece, la conoscenza di un termine collegato e genericamente rientrante in un ambito esperienziale analogo. Il dizionario aiuta in tal modo a trovare parole o allocuzioni ignote di cui si avverte la mancanza ma se ne presuppone l'esistenza, arricchendo il lessico e le capacit espressive. L'opera accompagnata da un CD Rom che ne contiene il testo integrale, consultabile tramite campi predefiniti o operatori logici. (Paolo Bonaccorsi)

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org

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Ombre Wozzeck
da Georg Bchner e Alan Berg, regia di Claudio Morganti con G. Balducci, Rita Frongia, C. Morganti, F. Pennacchia, A.Perrone, Gianluca Stetur, Grazia Minutella musiche Claudio Morganti, tecnico Fausto Bonvini, fonico Roberto Passuti, progetto Adriana Vignali, in collaborazione con Larboreto Teatro Dimora di Mondaino
Dopo una ventina di minuti dallinizio dello spettacolo Claudio Morganti chiede al pubblico: Volete sapere la storia? E liquida in due frasi la vicenda di Woyzeck: un barbiere ama una donna, con la quale non sposato ma ha un figlio, la donna lo tradisce con il Tamburmaggiore e lui la uccide. Coerentemente a questo rifiuto della pura narrazione, la messa in scena si svolge per quadri, che certe volte sono veri e propri flash, tutti recitati dietro un telo bianco. Gli attori sono ombre che si allargano e si restringono, in un omaggio al teatro di figura e al cinema espressionista. Morganti, lunico a essere al di qua del telo, visibile dalla platea, entra ed esce da vari personaggi, soprattutto quello dellimbonitore, attraverso il quale si rivolge spesso direttamente al pubblico. Il testo di Bchner perfetto per questa operazione, perch la sua forza non certo nella trama, ma nelle atmosfere espressioniste e nelle crepe profonde che si dilatano allinterno dei personaggi; luomo un abisso, dice infatti Woyzeck. Gli addetti ai lavori avranno sicuramente apprezzato il gioco metateatrale, i finti vuoti di memoria, i buchi nellazione scenica ironicamente sottolineati da Morganti che urla buco!, e anche il grande lavoro sulla recitazione svolto dagli attori. Il rischio per, in casi come questo, quello di perdere di vista il pubblico di non-teatranti. Uno spettatore, infatti, potrebbe avere la sensazione di sentirsi come un medico a una cena con solo ingegneri, in cui tutti parlano unicamente dingegneria e fanno ben poco per coinvolgerlo. Resta comunque innegabile la bellezza estetica del gioco dombre, leffetto inquietante di certe atmosfere, la bravura degli attori che giocano con i loro corpi riflessi e con le loro voci, e la capacit di Morganti di virare abilmente fra comicit e tragedia. Ma anche la scena finale, con lattore/scimmia che rompe il telo bianco e si mostra al pubblico, nonostante la bella interpretazione, ricorda troppo unavanguardia di anni lontani. CRT Teatro dellArte, dal 17 al 29 gennaio In scena Al Teatro Elfo Puccini fino al 5 febbraio Il Mare di e con Paolo. Al Teatro Grassi fino al 5 febbraio La modestia di Rafael Spregelburd, regia di Luca Ronconi. Al Teatro Strehler fino al 11 febbraio Un flauto magico, da Mozart, regia di Peter Brook. Al Teatro Franco Parenti dal 2 febbraio al 12 febbraio Pali, di Spiro Scimone, regia di Francesco Sframeli. Allo Spazio Tertulliano fino al 5 febbraio Tito Andronico da William Shakespeare, regia di Fulvio Vanacore. Al Teatro Out/Off fino al 5 febbraio Mia figlia vuole portare il velo di Sabina Negri, regia di Lorenzo Loris. Al Teatro Ringhiera il 4 e 5 febbraio Il banchetto della Fattoria Vittadini.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org The Help


di Tate Taylor [USA, 2012, 137'] con Emma Stone, Viola Davis, Octavia Spencer Bryce Dallas Howard, Mike Vogel, Allison Janney
Il foglio bianco finch una mano decisa compone con una matita la parola The Help, sottolineandola due volte. Questa prima sequenza non ci mostra solo il titolo della pellicola di Tate Taylor, adattamento dell'omonimo romanzo di Kathryn Stockett, ma anche la parola che racchiude dentro di s il sostegno e la cooperazione che animano questa storia. The Help un termine inglese che indica la collaboratrice domestica. Un mestiere che anche un destino a Jackson, Mississippi, per tutte le donne che nascono con la pelle nera. Mia madre era una domestica, mia nonna era una schiava domestica racconta Aibileen Clark (Viola Davis), una donna nera di mezza et, alla persona che prende appunti e a noi spettatori con occhi che confessano un'atavica rassegnazione. The Help pu essere tradotto anche letteralmente con l'aiuto. L'aiuto tanto indispensabile quanto incompreso che queste donne sagge e pazienti portano all'esercito di casalinghe bianche, nevrotiche e superficiali, incapaci di gestire la propria casa e di crescere i propri figli. Taylor sceglie di essere meticoloso e spietato nella rappresentazione della parte pi cinica e meschina della popolazione della sua citt natale. La costruzione di un bagno fuori casa, destinato unicamente al personale domestico, la metafora pi evidente del crudele desiderio di barricarsi nelle proprie fortezze lucenti e sfarzose. La recinzione non fatta, per, solo di legno come nei servizi igienici ma di razzismo e segregazione. L'arma per abbattere questo muro, sadico e inumano, proprio quella matita che Taylor ci ha mostrato nella prima inquadratura. La mano tenace e ostinata che la guida di Eugenia "Skeeter" Phelan (Emma Stone), la ragazza bianca che si schiera con queste donne indifese, mettendo a disposizione la sua pi potente virt, la forza narrativa. The Help un film che parla di coraggio. Il coraggio anticonformista di Skeeter che rifiuta e si oppone alle ottuse consuetudini della sua classe sociale. Il coraggio, soprattutto, di Aibileen e Minny (Octavia Spencer), due donne speciali in grado di scatenare una rivoluzione le cui conseguenze ricadono sulle loro vite, sui

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www.arcipelagomilano.org loro equilibri familiari, sul loro lavoro. Non hanno paura di mettere a rischio la loro stessa incolumit fisica alla ricerca di quel diritto inviolabile che l'uguaglianza. Martin Luther King ha detto: Ogni uomo deve scegliere se camminer nella luce dell'altruismo creativo o nel buio dell'egoismo distruttivo questa la decisione. La pi insistente e urgente domanda della vita : che cosa fate voi per gli altri?. The Help, potrebbero rispondere Skeeter, Kathryn Stockett e Tate Taylor. Marco Santarpia In sala a Milano: Apollo, UCI Cinemas Bicocca, Mexico.

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NATALIA ASPESI: GIORGIO BOCCA


http://www.youtube.com/watch?v=GxeidYgv0FI

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