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FACOLTÀ DI AGRARIA
CORSO DI LAUREA IN SCIENZE FORESTALI ED AMBIENTALI
STUDENTE TUTOR
Emilio Badalamenti Prof.Giuseppe Venturella
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INDICE
1. INTRODUZIONE……………………………………………………………….3
3. LA VEGETAZIONE..............................................................................................6
4. INTERVENTI IN ATTO………………………………………..……………….13
5. REGOLAMENTI………………………………………………………………17
6. MATERIALI E METODI....................................................................................20
7. CONCLUSIONI……………………………………………………………….32
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1. INTRODUZIONE
La Riserva Naturale Orientata di Capo Gallo è stata istituita con Decreto dell’Assessore del
Territorio e dell’Ambiente n. 438/44 del 21/06/2001. Lo stesso Decreto affida la gestione
della Riserva all’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia, include la convenzione
di affidamento ed, in allegato, il regolamento e la Perimetrazione su cartografia 1:25.000.
La Riserva è estesa complessivamente 585,83 ha; 484,37 ha ricadono nella Zona A e
101,46 ha nella Zona B (pre-riserva), e sono tutti compresi all’interno del territorio
comunale di Palermo. Nella cartografia I.G.M. scala 1:25000 ricade nel foglio 249,
quadrante I, tavoletta S.O. Il territorio protetto si sviluppa a partire dal livello del mare sino
a 526 m circa, dove si trova l’ex semaforo, una costruzione usata in passato dai militari e
adesso abitata da un eremita che l’ha arricchita con particolari mosaici.
I confini della Riserva Naturale sono stati modificati, rispetto al Decreto istitutivo, con
Decreto dell’Assessore del Territorio e dell’Ambiente del 29 novembre 2006. Tale
modifica si è resa necessaria in quanto la precedente delimitazione risultava inadeguata per
le seguenti motivazioni: il Decreto istitutivo (art. 2) e l'allegata perimetrazione in scala
1:25.000 escludevano "dal perimetro della Riserva, ancorché non segnatamente stralciate
nell'allegata cartografia, l'area di cantiere della Motomar, l'area portuale e la relativa area di
espansione ad oggi prevista, nonché l'attuale asse stradale"; tale indicazione risultava
pregiudizievole per la delimitazione certa dell'area protetta anche in virtù del fatto che la
cosiddetta area di espansione portuale non risulta a tutt'oggi chiaramente delimitata; si era
inoltre evidenziato che l'attuale trasposizione 1:25.000 taglia in due la zona B1 di Pizzo
Sella, che risulta in parte inserita in zona "A"; dal lato Barcarello, la delimitazione
escludeva la strada di ingresso ed il tratto di battigia adiacente, con l'esclusione del
marciapiede a vermetidi e la conseguente impossibilità di tutela dello stesso che costituisce
habitat di importanza comunitaria il cui perimetro risulta più esteso della delimitazione
della Riserva. I confini della Riserva Naturale sono adesso quelli ricompresi all'interno
delle linee di delimitazione segnate sulla carta topografica 1:10.000 di cui all'allegato 1 che
forma parte integrante del presente Decreto, e specificamente con lettera A l'area destinata
a Riserva e con lettere B, B1 e B2 l'area destinata a pre-riserva, con vincolo di
inedificabilità assoluta. All'interno di tale zona sono consentiti, previa verifica della
legittimità delle costruzioni e delle attività esistenti e dell'uso di beni demaniali,
esclusivamente la prosecuzione delle attività cantieristiche e nautiche nonché la
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manutenzione, ristrutturazione e adeguamento funzionale delle opere e manufatti esistenti
strettamente necessari alla prosecuzione delle attività consentite, ad esclusione di ogni
potenziamento e/o espansione delle stesse.
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Si tratta di una piattaforma protesa verso il mare nata in seguito ad un processo di
cementificazione di gusci carbonatici di molluschi Vermetidi e di rivestimenti calcarei
di altri organismi. Questa formazione occupa la zona caratterizzata dall’alternarsi delle
maree ed è stata posta in analogia con la formazione dei "reef" corallini nei mari
tropicali.
Per queste sue peculiarità in termini di biodiversità e di habitat prioritari, la Riserva è
stata proposta come sito di interesse comunitario (SIC) con codice ITA020006, per
rientrare all’interno della rete Natura 2000, la rete ecologica europea nata con lo scopo
di proteggere la biodiversità a livello comunitario. Nel formulario standard della Rete si
afferma che si tratta di uno dei biotopi di estremo interesse scientifico per le numerose
entità della flora (endemica, subendemica o/e di rilevante interesse biogeografico) anche
se si sottolinea la grande vulnerabilità del territorio, in particolare del versante
meridionale, che si presenta particolarmente degradato nei suoi aspetti vegetazionali,
costituito ormai da formazioni di tipo steppico. Si evidenzia anche il forte impatto
antropico, principalmente legato alle costruzioni edili, diffuse sul Pizzo della Sella e
molte delle quali adesso disabitate.
I dati termopluviometrici di una serie trentennale, provenienti dalla vicina stazione di Isola
delle Femmine, evidenziano una Temperatura media di circa 20°C e una Piovosità media
annua di 645 mm. La distribuzione della vegetazione risulta però fortemente influenzata
anche dai microclimi che caratterizzano le falesie di Monte Gallo, che favoriscono la
diffusione della vegetazione rupestre, anche per l’esposizione a Nord-Nord Ovest che
consente di mantenere un elevato livello di umidità, favorevole all’affermazione della
vegetazione arborea. Sulla base della classificazione bioclimatica di Rivas-Martinez (1985)
rientriamo quindi nel piano Termomediterraneo subumido, caratteristico delle zone
costiere.
Monte Gallo è un massiccio montuoso di natura calcareo-dolomitica risalente al Triassico
– Cretaceo superiore (Mesozoico) e Paleocene (Cenozoico). Le rocce carbonatiche che lo
costituiscono denunciano un ambiente di formazione di mare poco profondo, una
piattaforma carbonatica. Su queste rocce solubili, soggette al fenomeno carsico, l'azione
delle acque meteoriche ha determinato la presenza di forme carsiche superficiali (karren,
scannellature...) e profonde (cavità carsiche). L'azione congiunta del mare e del carsismo
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ha anche modellato le numerose grotte e gli antri che si aprono sulle pareti del rilievo.
Alcune grotte, tra cui l'importantissima Perciata, hanno conservato i resti fossili di fauna
vertebrata pleistocenica oggi estinta. I suoli dominanti sono litosuoli, poco profondi per la
presenza di roccia affiorante, accompagnati da terre rosse (suoli lisciviati) nei versanti
meridionali.
3. LA VEGETAZIONE
Come evidenzia la Carta del Paesaggio e della Biodiversità Vegetale della Provincia di
Palermo (F.M. Raimondo con la collaborazione di G. Bazan, L. Gianguzzi, V. Ilardi, R.
Schicchi e N. Surano, 2000), la Riserva ospita numerosi e differenti aspetti di vegetazione,
anche se molti di questi risultano localizzati su piccole superfici. La notevole biodiversità
dell’area protetta (circa 500 specie su poco meno di 600 ha) è dovuta da un lato alla grande
variabilità microclimatica, con grande influenza del fattore esposizione e della vicinanza al
mare, e dall’altro all’uso del territorio in epoche passate. Il forte impatto antropico (attività
agropastorali, incendi, forte antropizzazione delle zone costiere…) che ha interessato nel
passato l’area protetta ha infatti determinato una profonda trasformazione rispetto alla
vegetazione potenziale dell’area. Questa era un tempo dominata, nel piano arboreo, dal
leccio (Quercus ilex L.) e dalle querce caducifoglie del gruppo della roverella (Quercus
pubescens s.l. Willd.). Sono inoltre ben visibili i segni degli antichi terrazzamenti e
resistono anche lembi delle antiche coltivazioni arboree disposte su terrazzi con ulivi (Olea
europea var. sativa Hoffmgg. et Link, carrubi (Ceratonia siliqua L.) e ornielli (Fraxinus
ornus L.). L’abbandono delle attività agro-pastorali ha consentito il ripristino dei processi
evolutivi naturali e la conseguente ricolonizzazione dell’area da parte della vegetazione
spontanea.
Le formazioni forestali sono caratterizzate da lembi di macchia mediterranea, un tempo
certamente più abbondanti, da interessanti e limitate leccete sui versanti settentrionali e dai
rimboschimenti di conifere diffusi in tutta la Riserva.
Dal punto di vista fitosociologico, il bosco di leccio appartiene all’ordine Quercetalia
ilicis, che comprende gli aspetti forestali e pre-forestali dell’isola dal livello del mare fino a
1400-1500 m. Questa formazione su substrati basifili come quelli calcarei è inquadrata
nell’alleanza Quercion ilicis. Soltanto nei versanti settentrionali della Riserva vi sono le
condizioni di umidità favorevoli per la diffusione delle specie arboree, ed oltre al leccio, si
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ritrovano nel piano arboreo l’orniello e il terebinto (Pistacia terebinthus L.). In particolare,
nelle zone più coperte, a partire dalla prateria di ampelodesma (Ampelodesmos
mauritanicus Dur. & Sch), si assiste al progressivo aumento della componente arbustiva ed
arborea, testimoniato dalla presenza dell’abbondante Erica multiflora L., del sommacco
(Rhus coriaria L.), della ginestra comune (Spartium junceum L.), della palma nana
(Chamaerops humilis L.), del lentisco (Pistacia lentiscus L.), dello gnidio (Daphne
gnidium L.), dello stracciabrache (Smilax aspera L.) e di altre specie. In fondo al
Malpasso e sotto le pareti, sul detrito, è già visibile uno stadio più avanzato verso la
formazione del bosco con arbusti e piccoli alberi di leccio che tendono a svilupparsi ed
infittirsi.
Alle comunità alofitiche della fascia costiera, riferibili alla classe Ammophiletea sulle
dune e all’alleanza Chritmo-Staticion sui litorali rocciosi, seguono verso l’interno le
comunità della macchia mediterranea afferenti all’ordine Pistacio-Rhamnetalia alaterni.
Questo comprende le formazioni arbustive o arbustivo-arboree delle zone aride e litoranee,
tra cui le macchie primarie, le boscaglie e i boschi termofili molto degradati come
formazioni secondarie. L’intensa antropizzazione cui è stata sottoposta la fascia costiera ha
però determinato una notevole rarefazione degli originali aspetti di macchia, dei quali si
ricordano in particolare quelli a lentisco e palma nana (dell’associazione Pistacio-
Chamaeropetum humilis) che caratterizzano le scogliere calcaree e quelli ad olivastro ed
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euforbia arborescente (Euphorbia dendroides L.) (ass. Oleo-Euphorbietum dendroidis)
tipici dei versanti più assolati e con poco suolo. Questi aspetti sono inquadrati nell’alleanza
Oleo-Ceratonion, che comprende gli aspetti più xerici della vegetazione arbustiva ed
arborea mediterranea. Pur formando solo raramente uno strato continuo, la Riserva ospita
tutte le più tipiche specie arbustive della macchia mediterranea. Le più abbondanti sono la
palma nana, il lentisco, il carrubo, la ginestra comune, l’euforbia arborea, il camedrio
femmina (Teucrium fruticans L.), il the siciliano (Prasium majus L.) e l’erica multiflora,
molto diffusa solo nei versanti settentrionali.
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Fig. 4 - La notevole capacità di ricaccio del lentisco dopo l’incendio.
Purtroppo un incendio molto esteso, all’inizio della scorsa estate, ha interessato la prateria
di ampelodesma dei versanti meridionali causando soprattutto danni al piano arbustivo e
rallentando inevitabilmente la naturale dinamica evolutiva di queste formazioni. Infatti il
passaggio del fuoco, soprattutto se frequente, impedisce l’ulteriore sviluppo delle specie
arbustive ed arboree e tende a fare rimanere nel tempo lo stadio di prateria accompagnata
dalla presenza di piccoli arbusti. Senza questo fattore di disturbo si potrebbero avere nel
tempo riflessi positivi in termini di aumento della complessità e della biodiversità oltrechè
in termini di qualità del paesaggio. Nonostante questo, la rapida ripresa dello strato
arbustivo ed erbaceo spontaneo conferma l’adattamento al fuoco che caratterizza la
vegetazione mediterranea.
La vegetazione rupestre delle rupi di bassa e media quota appartiene all’alleanza Dianthion
rupicolae e risulta diffusa in gran parte dell’intero territorio protetto. Sui rilievi costieri è
presente l’associazione Scabioso creticae-Centauretum ucriae che è caratterizzata dalla
presenza di diverse specie endemiche sicule e sud-tirreniche. Alcune di queste
rappresentano degli endemismi puntiformi, vere rarità del mondo vegetale ed esclusive di
Monte Gallo: Lithodora rosmarinifolia, localizzata nei versanti settentrionali, Genista
gasparrini Guss., lo Sparviere di Monte Gallo (Hieracium lucidum) nelle rupi esposte a
nord, Asperula rupestris Tin., il Cavolo di rupe e la Camomilla del Monte Gallo (Anthemis
ismelia Lojac.), dalle ligule candide, rarissima e presente nei versanti esposti a Nord. Tra i
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taxa endemici a più ampia distribuzione, alcuni dei quali con areale relitto e frammentario,
vanno ricordate invece Iberis semperflorens L., Dianthus rupicola Biv. (il garofano
rupestre), Scabiosa cretica L. (vedovina delle scogliere), Centaurea ucriae Lac. ssp. ucriae
e Centaurea ucriae Lac. ssp. umbrosa Cela Renz. & Viegi, Cymbalaria pubescens
(C.Presl.) Cufod. e Odontites bocconei (Guss.) Walp. (perlina di boccone).
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capacità di ricaccio posseduta, questa graminacea riesce a ricostituire in poco tempo la
parte epigea, dopo ogni passaggio del fuoco, senza mostrare apparenti sintomi di
sofferenza. In virtù di questa velocità di ricoprimento del suolo svolge un insostituibile
ruolo nella stabilizzazione dei versanti denudati costituendo in questi ambienti l’ultima
valida barriera all’azione erosiva delle acque di scorrimento superficiale. Gli aspetti
presenti su substrati calcarei sono riferiti all’Helictotricho convoluti-Ampelodesmetum
mauritanici. Oltre alle due specie che danno il nome all’associazione, questa è
caratterizzata anche dalla presenza di altre specie quali: Brachypodium retusum (Pers.) P.
Beauv., Phoeniculum vulgare Mill. ssp. vulgare , Micromeria greca (L.) Bent. ssp. greca e
altre. L’associazione è inquadrata nell’Avenulo-Ampelodesmion mauritanici, ordine
Hyparrhenietalia hirtae, classe Thero-Brachypodietea, alla quale appartengono tutte le
praterie xerotermofile mediterranee caratterizzate da grosse graminacee perenni. La
prateria ad ampelodesma è in grado di fornire protezione ad un ricco contingente di specie
endemiche o di rilevante interesse fitogeografico, tra cui alcune orchidee, come Orchis
brancifortii Biv. presente nella Riserva.
Fig. 6 – Una delle specie di orchidee della Riserva: Ophrys ciliata Biv.
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Fig. 7 - La prateria ad ampelodesma del versante settentrionale.
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considerare diverse associazioni tra le quali Parietarietea, Poligono-Poetae annuae e
Stellarietea mediae.
4. INTERVENTI IN ATTO
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soprattutto), hanno mostrato una grande e rapida capacità di ricaccio, sottolineando ancora
una volta il grande adattamento al passaggio del fuoco della vegetazione mediterranea.
Molte specie, tra cui la palma nana e i cisti, vengono infatti stimolate nei processi di
riproduzione o moltiplicazione dal passaggio del fuoco e vengono definite pirofite. In
particolare la palma nana è una pirofita attiva, in grado di rispondere attivamente attraverso
una ripresa vegetativa, con la produzione di gemme radicali ed epicormiche. Certo a causa
di questo evento molto dannoso sarà necessario attendere ancora prima di potere
considerare avviato il processo di rinaturalizzazione del soprassuolo.
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Fig. 10 - Una piantina di Leccio dopo l’incendio.
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Da questo punto di vista bisogna però sottolineare che non sempre l’accesso alla Riserva
risulta agevole e ben segnalato, come avviene ad esempio per l’ingresso dalla Via
Tolomea, che è raggiungibile unicamente superando un cancello privato normalmente
chiuso.
Fig. 11 - Gli operai al lavoro nella manutenzione del sentiero Coda di Volpe.
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impiegati 9-10 operai, mentre si arriva all’impiego di 18 operai stagionali nei periodi più
critici, quando è necessario completare gli interventi prima della stagione più affollata di
visitatori. Un’importante iniziativa è stata realizzata il 22 maggio 2008, in occasione della
giornata mondiale della biodiversità. Sono stati coinvolti circa 1200 ragazzi delle scuole
elementari e medie della Provincia di Palermo, nell’ambito di un progetto di educazione
ambientale a cura dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Sicilia. Hanno inoltre
partecipato l’associazione Palermo Ambiente, che si è occupata della raccolta differenziata
dei rifiuti durante la manifestazione, e le associazioni Mare Vivo e Trinacria Onlus, che
hanno anche allestito delle Mostre fotografiche tematiche. Queste iniziative vanno
sicuramente promosse e realizzate; oltre a consentire la conoscenza diretta dell’area
protetta, danno infatti un fondamentale contributo alla diffusione e alla maturazione di una
coscienza ambientale soprattutto nelle giovani generazioni.
5. REGOLAMENTI
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Eventuali trasformazioni di tipo diverso, che possono modificare il paesaggio agrario
caratteristico della zona e che comportino movimenti di terra, devono essere sottoposte a
preventivo nulla osta dell'ente gestore. Il pascolo compatibilmente con gli interventi di
gestione naturalistica, è consentito nei limiti necessari ad assicurare il mantenimento e/o il
ripristino della copertura vegetale e la rinnovazione naturale. L'esercizio del pascolo è
sempre soggetto all'acquisizione del nulla osta dell'ente gestore che fisserà limiti temporali
di zona e di carico di capi di bestiame distinti per specie.
Per quanto riguarda le risorse forestali è consentito effettuare interventi per finalità
naturalistiche e per la costituzione di fasce antincendio, fermo restando il divieto di aprire
nuove piste di accesso e di interventi preventivi strutturali. Gli interventi di ricostruzione
del manto vegetale delle zone nude devono rispondere a criteri naturalistici, favorendo il
mantenimento e la diffusione degli attuali aspetti di macchia e boschivi. Tutti gli interventi
di rinaturazione e restauro ambientale sono sottoposti a nulla osta dell'ente gestore.
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dell'ente gestore, introdurre armi da caccia, esplosivi e qualsiasi altro mezzo di cattura o di
danneggiamento degli animali, esercitare la caccia e l'uccellagione e apportare qualsiasi
forma di disturbo alla fauna selvatica; molestare o catturare animali vertebrati o
invertebrati; raccogliere, disturbare o distruggere nidi, uova, tane e giacigli, salvo che per
motivi connessi ad attività consentite dal presente regolamento, previa autorizzazione
dell'Ente Gestore, distruggere, danneggiare o asportare vegetali di ogni specie e tipo, o
parti di essi, fatti salvi gli interventi connessi con lo svolgimento delle attività consentite
dal presente regolamento, previa autorizzazione dell'ente gestore. La raccolta di frutti di
bosco e vegetali commestibili spontanei potrà essere regolamentata dall'ente gestore in
ordine a tempi, quantità e specie, alterare l'equilibrio delle comunità biologiche naturali,
con l'introduzione di specie estranee alla flora ed alla fauna autoctone. L'eventuale
reintroduzione di specie scomparse dovrà essere autorizzata dall'Assessorato Regionale
Territorio ed Ambiente previo parere del C.R.P.P.N.
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ripristino dei luoghi, utilizzando a tal fine tecniche di rinaturazione secondo criteri
naturalistici.
All’interno della Zona B2, determinata in sede di riperimetrazione nel 2006, sono
consentiti, previa verifica della legittimità delle costruzioni e delle attività esistenti e
dell'uso di beni demaniali, esclusivamente la prosecuzione delle attività cantieristiche e
nautiche nonché la manutenzione, ristrutturazione e adeguamento funzionale delle opere e
manufatti esistenti strettamente necessari alla prosecuzione delle attività consentite, ad
esclusione di ogni potenziamento e/o espansione delle stesse. E' vietata ogni mutazione di
destinazione d'uso degli immobili rispetto a quelle relative alla cantieristica ed al
rimessaggio-noleggio nautico
6. MATERIALI E METODI
Nell’inverno del 2008 sono state avviate, all’interno della R.N.O. di Capo Gallo, raccolte
finalizzate alla conoscenza dei macromiceti attraverso l’osservazione dell’epoca di
comparsa dei basidiomi e degli ascomi e l’individuazione dei relativi habitat di crescita. La
determinazione delle specie è stata effettuata attraverso la combinazione di esami
macromorfologici e micromorfologici, condotti sia su esemplari freschi che essiccati.
6.1 DETERMINAZIONE
Lo studio di un fungo ha inizio dalla sua raccolta e finisce con la sua determinazione
ottenuta attraverso l’osservazione dei caratteri macroscopici e microscopici. I primi studi
vengono eseguiti direttamente sul terreno, poi in laboratorio per i caratteri macroscopici e
per quelli microscopici.
È bene avere sempre con se una macchina fotografica, le schede di rilevamento
micologico, nonché quanto necessario per la raccolta e la conservazione del fungo
(coltello, cestino, carta alluminio, sacchetti di stoffa, ecc.).
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fine di evitare eventuali rotture, avvalendosi magari dell’ausilio di un coltello a lama larga
o una spatola da giardinaggio, avendo cura di disporlo in un cestino, in modo da favorire la
dispersione delle spore. Nel trasporto, è bene evitare di mettere a contatto tra loro più
funghi diversi, per evitare un inquinamento di spore. Al fine di evitare l’essiccamento del
fungo, questi possono essere avvolti in carta alluminio, dopo essere stati osservati e
fotografati. Sul terreno si compila la scheda di rilevamento, dove vengono inseriti il nome
del raccoglitore, la data di raccolta, il numero di raccolta, la località, i vari caratteri
stazionali (altitudine, esposizione, ecc.), la quantità dei corpi fruttiferi, il tipo di terreno e
l’habitat. L’identificazione dei funghi è facilitata poi dall’osservazione delle caratteristiche
specifiche salienti. L’osservazione dei caratteri morfologici deve essere effettuata su
esemplari integri, tali cioè da presentare tutte le caratteristiche morfologiche della specie.
Per un’esatta determinazione è opportuno tenere in considerazione che nell’ambito della
stessa specie è possibile riscontrare modificazioni anche sostanziali delle caratteristiche
morfologiche, causate da particolari fattori atmosferici o ambientali.
Cappello o pileo: osservando le dimensioni che vengono espresse in cm, la forma che è
molto variabile, i colori, la struttura e la consistenza. Se è levigato e asciutto o vischioso,
fibroso o squamoso. La consistenza del fungo può essere fibrosa o gessosa in base alla
frattura oppure molliccia o resistente in base alla risposta alla pressione. Per misurare il
diametro del cappello questo viene misurato lungo la sua superficie come se il cappello
fosse del tutto espanso. Il suo spessore invece, può essere misurato dopo aver eseguito una
sezione longitudinale.
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caratteri, ma non è sempre sufficiente per la determinazione. Il punto in cui si percepisce
maggiormente l’odore, è quello situato tra le lamelle e il gambo e, per aumentarne la
percezione, basta maneggiare il fungo o farne una sezione. Sia per l’odore che per il
sapore, è necessario usare delle definizioni comuni per tutti, poiché essi sono elementi
soggettivi di ogni singola persona.
Habitat: bisogna osservare l’ambiente, il terreno e la pianta nei pressi di cui cresce il
fungo.
Sporata: sarebbe utile farla direttamente sul campo, prima di avvolgere il fungo nella carta
argentata e porlo nel cestino, ma poiché è necessario aspettare poche ore, solitamente si
esegue in laboratorio, facendo molta attenzione nel trasporto dei funghi, per evitare
l’inquinamento sporale. Al fine di ottenere una corretta sporata, si procede semplicemente
tagliando il gambo del fungo e ponendo il cappello con le lamelle o i pori appoggiati su un
foglio di carta bianca al fine di ottenere una perfetta impronta, e osservarne poi sia il colore
che la forma. Il colore della polvere sporale è stato da sempre un carattere importante per
la determinazione dei funghi, bisogna però tenere sempre presente che il colore può variare
con l’essiccamento quindi non è sempre costante neanche a livello delle stesse specie e che
quindi vi possono essere delle differenze, dovute sia alla variabilità delle specie, ma anche
ai diversi gradi di maturazione del fungo. Per determinare il colore, comunque, viene
utilizzata una tavola dei colori e una mascherina che ne permette il rilevamento.
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dimensione, la forma delle spore, dei basidi, degli aschi, dei cistidi, delle parafisi, la trama
della struttura delle lamelle, della cuticola e del cappello.
Spore: viene osservata la forma, le dimensioni e le ornamentazioni, che sono i caratteri più
importanti per l’identificazione.
Per l’osservazione al microscopio, occorre prendere un vetrino su cui disporre una goccia
d’acqua nel caso di materiale fresco, o KOH (idrossido di potassio) nel caso di materiale
secco, per far in modo di idratare il materiale da osservare, si aspetta per qualche minuto,
dopo di ciò si copre con un vetrino copri oggetto, si schiaccia un po il tutto per una visione
migliore sia delle spore che dei basidi e dei cistidi e poi si passa all’osservazione al
microscopio. Le spore sono molto variabili nella forma, possono essere sferiche, ellittiche,
ovoidali e spesso sono irregolari.
La loro dimensione è variabile ma facile da misurare se la forma è regolare, ma molto
difficile in caso contrario. Di ogni spora viene misurata la sua lunghezza e la sua larghezza;
i dati ottenuti, vengono inseriti in una scheda per poi essere riportati su un foglio di calcolo
elettronico per ottenere la media e le dimensioni espresse in µm, in quanto i valori ottenuti
dalla misurazione tramite microscopio devono essere moltiplicati per il valore 2,5. Il primo
numero si riferisce alla lunghezza, mentre il secondo alla larghezza. Il numero minimo di
misurazioni deve essere di almeno 30 esemplari se si tratta di materiale fresco, e di almeno
50 per il materiale essiccato.
Colore e ornamentazioni: il colore delle spore al microscopio, viene effettuata solo se non
è stato osservato mediante la sporata, e in ogni modo questo è raramente significativo. In
molte spore abbiamo la presenza di ornamentazioni superficiali caratteristiche come per
esempio, piccole protuberanze, aculei, creste e scanalature, che sono tutti caratteri utili per
la determinazione.
Basidi e aschi: in alcuni casi, oltre alla forma e alla misurazione dei basidi e degli aschi,
vengono osservati anche il numero di spore. Dopo il riconoscimento dei basidi e degli
aschi, che hanno la loro caratteristica forma, la misurazione viene eseguita con le stesse
modalità di quelle delle spore, trascrivendo sempre sullo stesso foglio delle spore i dati, per
poi riportarli in un foglio di calcolo elettronico per la determinazione della media e delle
dimensioni. L’osservazione viene fatta sullo stesso vetrino preparato per le spore,
calcolando la lunghezza e la larghezza del basidio o dell’asco. Importanti sono le
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osservazioni delle strutture imeniali sterili, quali i cistidi e le parafisi che hanno forma
variabile e possono presentare ornamentazioni superficiali, incrostazioni apicali o nel caso
delle parafisi svariate forme della estremità apicale.
Trama ifale: la trama è la parte interna del fungo; l’osservazione viene eseguita su una
sottile sezione del fungo, tale osservazione può essere effettuata su diverse parti del fungo.
Coriolopsis gallica
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LOCALITÀ DI RACCOLTA: Sentiero Pietra Tara (ingresso di Barcarello)
DATA DI RACCOLTA: 08-04-2008
HABITAT: Ampelodesmeto con presenza di piante di Ceratonia siliqua
SUBSTRATO: su grosso ramo di Ceratonia siliqua
CATEGORIA ECOLOGICA: Saprotrofo lignicolo
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Gloeophyllum sepiarium
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Peniophora lycii
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Pholiota highlandensis
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Psathyrella candolleana
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Schizophyllum commune
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Stereum hirsutum
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7. CONCLUSIONI
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Un'altra problematica riguarda la presenza del cantiere della Motomar: in particolare
andrebbero definiti il carico massimo di imbarcazioni in entrata e uscita dal cantiere e
l’esatta delimitazione dei confini della Riserva e di questa zona (B2), come previsto dal
Decreto che definiva la riperimetrazione.
Il Decreto affermava infatti che entro 30 giorni dall'emanazione del Decreto istitutivo della
Riserva risarebbe proceduto:
- a cura dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente all'esatta delimitazione
delle aree demaniali marittime; - a cura dell'Ente gestore all'emanazione di uno specifico
regolamento di attuazione contenente le modalità e i limiti per la prosecuzione delle attività
consentite, fissando un carico massimo ammissibile per l'approdo, il noleggio ed il
rimessaggio delle imbarcazioni. Tutti gli interventi riguardanti l'esistente molo e la
gestione degli specchi acquei portuali dovranno essere assunti di concerto tra ente gestore
della Riserva naturale ed ente gestore dell'area marina protetta. La soluzione della
controversia non è però semplice e richiede la collaborazione di tre soggetti: l’Ente gestore
(Azienda Foreste Demaniali), la Motomar, proprietaria del cantiere, e la Capitaneria di
Porto. Infatti bisogna anche considerare che la presenza di questa attività è precedente
rispetto all’istituzione della Riserva e certamente vi sono notevoli implicazioni di carattere
sociale ed economico da prendere in debita considerazione. Sempre dall’ingresso di
Mondello è presente anche una pista di go-kart adesso dismessa, ma che potrebbe essere
destinata ad un diverso uso, qualora i terreni venissero acquisiti da parte dell’ente gestore.
In funzione dello stato attuale si potrebbe pensare di favorire i processi evolutivi naturali e
quindi la ricolonizzazione da parte della flora spontanea oppure si potrebbe realizzare una
pista sportiva eco-compatibile (per bici, mountain bike…). La risoluzione di queste
problematiche, più che una maggiore difesa del patrimonio naturale, porterebbe un grande
miglioramento nella possibilità di fruizione della Zona B. Malgrado queste difficoltà
l’istituzione della Riserva ha permesso innanzitutto di sottrarre il territorio all’uso
incontrollato da parte dell’uomo. Ciò consente da un lato di mantenere integro e
sufficientemente protetto l’ambiente naturale e dall’altro assicura l’uso sociale del bene.
Grazie agli interventi di manutenzione e ripristino di molti sentieri si aprono infatti al
visitatore numerose possibilità di fruizione della Riserva: si possono scegliere percorsi più
difficili, come il sentiero Piano dello Stinco-Semaforo che richiede circa due ore e mezza,
o percorsi meno impegnativi come quelli dal lato Barcarello, o ancora si possono praticare
sport eco-compatibili, come l’escursionismo o il free-climbing. Dai numerosi sentieri che
attraversano l’area protetta è possibile giungere nelle zone costiere, dove è consentita la
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balneazione, o all’opposto salire in cima e godere di splendidi e suggestivi panorami, come
il caratteristico Golfo di Mondello, e anche le isole Eolie e le Madonie in funzione della
visibilità. Dai dati relativi alla fruizione si registra un notevole afflusso di visitatori.
Bisogna anche considerare che vi sono informazioni unicamente per l’ingresso di
Barcarello e quindi certamente sono valori sottostimati. In tutti i mesi la media di presenze
non scende mai sotto i 200 e nei mesi primaverili ed estivi si hanno picchi di 1200-1400
visitatori. Dal punto vista scientifico e didattico va infine segnalato il sentiero Costa
Spartivento che consente di osservare i diversi stadi evolutivi della vegetazione
mediterranea. Dalla prateria di ampelodesma, localizzata nella zona più esposta, si registra
il progressivo aumento delle specie arbustive e arboree (Erica multiflora, lentisco, ginestra,
carrubo…) fino all’affermazione di una fitta lecceta in fondo al Malopasso, nella zona di
maggiore copertura del versante. Al leccio si accompagnano l’orniello e il terebinto sul
piano arboreo. L’attività di tirocinio da me svolta nell’ambito dell’identificazione di
macromiceti ha permesso di individuare 7 macromiceti . Inoltre ho potuto constatare
l’importanza del rilevamento dei caratteri ecologici al fine di ottenere una corretta
identificazione che consenta di incrementare la ricchezza di dati in termini di biodiversità
fungina. In particolare dall’analisi dei dati raccolti risulta evidente una predominanza delle
specie saprotrofe lignicole (6 taxa) e la presenza di un taxon con crescita all’interno di aree
percorse dal fuoco. Quattro dei sei taxa lignicoli sono stati rinvenuti su legno di Pinus
halepensis, uno su legno di Ceratonia siliqua e uno su radici affioranti di Quercus ilex. Le
specie rinvenute sono comuni ed ampiamente distribuite sul territorio regionale e
nazionale. La scarsa presenza di specie fungine può essere direttamente correlata
all’andamento climatico ed in particolare alle ripetute escursioni termiche che hanno
insistito sull’area nel periodo di osservazione. Un ulteriore fattore limitante è certamente
rappresentato dalla notevole pressione antropica.
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