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Il cavaliere dellintelletto

Opera in 2 atti dedicata a Federico II di Svevia nell'ottavo centenario della nascita (Jesi, 26 dicembre 1194) per 4 attori, soli, coro e orchestra Su commissione della Regione Siciliana Assessorato dei Beni Culturali e Ambientali e della Pubblica Istruzione Prima rappresentazione: Palermo, Cattedrale, 20 e 21 Settembre 1994 Libretto di Manlio Sgalambro Musica di Franco Battiato Edizioni Casa Musicale Sonzogno - Milano L'Ottava - Giarre

Una voce
Teoria della Sicilia: L dove domina lelemento insulare impossibile salvarsi. Ogni isola attende impaziente di inabissarsi. Una teoria dellisola segnata da questa certezza; unisola pu sempre sparire. Entit talattica, essa si sorregge sui flutti, sullinstabile. Per ogni isola vale la metafora della nave; vi incombe il naufragio. Il sentimento insulare un oscuro impulso verso lestinzione. Langoscia dello stare in unisola, come modo di vivere, rivela limpossibilit di sfuggirvi come sentimento primordiale. La volont di sparire lessenza esoterica della Sicilia. Poich ogni isolano non avrebbe voluto nascere, egli vive come chi non vorrebbe vivere. La storia gli passa accanto con i suoi odiosi rumori. Ma dietro il tumulto dellapparenza si cela una quiete profonda. Vanit delle vanit ogni storia! La presenza della catastrofe nellanima siciliana si esprime nei suoi ideali vegetali, nel suo tedium storico, fattispecie nel Nirvana. La Sicilia esiste solo come fenomeno estetico. Solo nel momento felice dellarte questisola vera.

ATTO I

Esterno giorno piazza Cattedrale di Palermo, lontano un gregoriano

Uno
Dimmi, chi si incorona Re oggi? (Finge di guardare) Nessuno, non c nessuno sul trono, nessuno nel corteo (un bambino di quattro anni non nessuno). In fatto di magie e di incantesimi in questisola tutto possibile. Maghi e negromanti fate apparire un Re. Lavorate sul vostro fiato e sul nostro delirio. Fatto di rugiada e simile alla bocca di un fiore. Degno di noi, insomma, Ma ahim, non vedo nessuno (un bambino di quattro anni non nessuno)

Un altro
Zitto, rutto pestifero di un otre piena di putridi venti, mangiatore di rifiuti, pecora pazza. Lidea di sovranit si incorona, essa in persona sieder sul trono. Ascolta.

Un cancelliere (dottorale, compassato)


La lingua delle lingue. Marino da Caramanico, rimanda a questa fonte, benedetto il Suo nome, al signor Seneca che nel De clementia fa dire al sovrano dei sovrani, A Nerone sintende: Io sono larbitro della vita e della morte dei popoli. Quale debba essere la sorte e lo stato di ciascun uomo dipende dalle mie mani. E la fortuna annuncia per mia bocca ci che intenda attribuire ad ogni mortale

Uno
Re dunque colui che mi pu uccidere in qualunque momento. Fammi schizzare il cervello fuori dalla testa, strappami le gambe, appendimi per le budella in cima a un minareto e in cambio lasciami vivere.

Un altro
Sputo di una fogna, continui ancora?! saggi consiglieri circondano un Re ed egli porge loro graziosamente orecchio.

Uno
No, Amico. Il becchino lunico ministro che un Re ascolta.

Coro
Christus vincit. Christus regnat. Christus imperat Le vie di Palermo, vagabondare di bambini, gente. Daccapo un brusio di lingue, frammenti di parole si sentono pi di altre: ebreo, arabo, greco, tedesco (un latrato di cane e gracchiare di cornacchia). Improvviso silenzio.

Dialogo tra Federico e Michele Scoto

Federico
Messer Scoto, in nome di Aristotele fermati. I tuoi ragionamenti vanno in fretta. Bisogna fermarsi. Fermandosi Aristotele trov un Dio. Ma io mi contento di molto meno: chiuderti la bocca per un momento.

Michele Scoto
La tua maest sa, signor Re, che il sillogismo impressionante. Vola come i tuoi falchi. E forte come una tigre

Federico
E poi? Cosa distingue qui un ragionamento da un muggito di bove? Entrambi hanno una forza enorme. Ascoltami piuttosto. Tutta la volta celeste della tua filosofia crollerebbe, capiscimi, se dovessimo aspettare lultima mano di calce: largomento decisivo. Lo hai mai tu trovato? (Beffardo) Siamo nella fase di luna crescente, puoi dunque rispondermi!

Michele Scoto
Maest, tho detto le propriet dei minerali e dei metalli, e ti parlai della natura delle droghe e delle piante. Tu credi che ci arrivai con gli occhi e col ragionamento?

Federico
Vi sono cose che il tuo ragionare per quanto lo lanci in alto non acchiapperebbe, come non acchiapperebbe una mosca. Ti diro, Michele, non amo Socrate, inverecondo ciarlone, ma hai sentito tu di Parmenide? Egli dice con semplicit, ascolta attentamente: Io ti comando: lessere e

il non essere non . Tu sai che su questo si sorregge la nobile filosofia. Forse dunque su un ragionamento? No, su un ordine.

Michele Scoto
Tu parli da Re.

Federico
La natura della verit leggera come quella di una cortigiana. Tu coi tuoi ragionamenti la corteggi. Io con i miei ordini la posseggo. Si, mio Scoto, la verit cosa da Re non da filisofo.

Un canto
Vol con le ali della durabilit, nellaria della non-qualit al di sopra del campo delleternit e vide lalbero dellunit per realizzare che tutto quello era illusione. (un sufi)

Duello (danza) Il buffone


Io sono il buffone. Io solo ho diritto a parlare del passato. Nel comico il destino dellindividuo si palesa nel riso che destano un eroe preso a pedate o un Re morto. Il lamento solenne che costituisce lessenza della tragedia sostituito ora dal riso sino alle lacrime al quale la risata si strozza in gola. Come fenomeno collettivo il riso si rivela tardi. Prima che si stampi sulla faccia delluomo qualsiasi come un marchio bestiale il riso ancora appannaggio regale. Ora invece lesperienza del riso diventa comune. Ridere non pi cosa da eroi che ridono degli altri. Non ride pi solo il Re, il cui diritto a ridere consacrato dal buffone che lo segue come unombra. Il riso profanato. Assieme allinsegna del Re, la plebaglia si fregia della berretta a sonagli: il diritto a ridere come immortale principio non scritto. Ora ognuno ride degli altri. Il riso idiota subentra al Mugugno. Invece della colpa e delle offese tragiche. Pedate, al posto di veleni e pugnali. Gesti invece che azioni. Il succedere del gesto allagire segna il trapasso allet del comico; il momento in cui la stessa tragedia cede le armi. Ora il fuoco, come fa dire Hebbel nella Giuditta, serve a cucinare i cavoli (A un tratto si interrompe, si prende il capo tra le mani come per un improvviso dolore, si scuote e poi:)

ma il morto squittisce come un topo nel mio cranio, o Dio la codina si impiglia tra emisfero e emisfero Corre su e gi, su e gi, ors, Federico cade nella cavit cerebrale attraverso il plesso coroideo del terzo ventricolo, titilla la mia immaginazione. Ora si scarica sul parietale sede della memoria, lo giuro sullanatomia del Mondino di l da venire e paff piomba sulla mia lingua, chiede voce, parola. E tutto ci che egli fece? Le sue azioni? Com vero che non mi chiamo Yorick e pur lo sono, ci che resta parola. Danzatori e suonatori di tromba irrompono sulla scena Abulafia: non difficile supporre che la sua corte folta di danzatrici e suonatori di tromba musulmani suscitasse impressioni stravaganti nei visitatori provenienti dal Nord.

Isabella
Addio mia Siria, ma patrie addio, nemmeno naufraga torner alle tue sabbie

Aria di Isabella

Soprano
Addio mi siria, ma patrie addio, nemmeno naufraga torner alle tue sabbie. La storia ha bisogno anche della mia stinta ombra Per dare allinsieme alcuni effetti. Chi fui? Una mano di nulla Sul ritratto di Federico. Isabella, petite moi-meme.

Coro
Addio mia Siria, ma patrie addio, nemmeno naufraga torner alle tue sabbie.

Isabella legge la Lettera di federico a Michele Scoto A me Isabella di Brienne viene affidata la lettera che Federico scrive nel 1227 a Michele Scoto. Io morir un anno dopo.

Preziosissimo tra i miei maestri, spesso in svariate maniere abbiamo inteso domande e risposte intorno ai corpi celesti, il sole, la luna, le stelle fisse, ed agli elementi, allanima del mondo, alle genti pagane e cristiane e le altre creature sotto la terra. Tuttavia mai abbiamo inteso qualcosa di quei segreti che appartengono al diletto dello spirito e della saggezza, vale a dire del Paradiso e dellInferno, delle fondamenta della Terra e delle sue meraviglie. E se esistano diversi cieli e chi li guidi; e lesatta misura che separa un cielo dallaltro e ci che esiste al di l dellultimo cielo; in quale cielo Dio, per sua natura, ossia nella sua divina maest si trovi. E in che modo egli sia assiso sul trono celeste, e come gli facciano corona gli angeli e dove esattamente si trovino lInferno, il Purgatorio, il Paradiso: sotto la Terra, nella Terra o sopra di essa? E quale differenza intercorra tra le anime che ogni giorno approdano laggi. E vogliamo sapere se unanima nellaldil riconosca unaltra anima e se taluna di esse possa tornare in vita per parlare con qualcuno, o mostrarglisi e quante e quali siano le pene infernali. Questo chiede di sapere per bocca mia Isabella, il mio Federico. Ma per mio conto ho gi la certezza che egli non lo chiederebbe se non lo sapesse gi.

Aria di Costanza di Aragona

Soprano
Attraverso lamplesso partecipo alla tua regalit. Per le mille vie delle carezze (spezie damore) mi unisco alla tua suprema Idea che consacra allOrdine un insieme di canaglie e di assassini generati da sperma. Ah! Federico, chi amo quanto amo?

Soprano e coro
Abbraccio la tua idea, splendente come larmatura, piccolo fermaglio di nozze che ti donai, o il corpo robusto, forgiato da cacce e guerre anche allamore pi squisito?

Federico
Messer notaio Jacopo vi faccio arrivare con cavalli veloci a Lentini, patrietta vostra e di chi sa chi altri, questo sonetto che non ha nulla di nuovo, vi giuro, ma come nulla di nuovo vi nelleterno cerchio dei cieli. Spogliatevi, notaio, della vostra doppiezza, voi e tutti i lentinesi, e temetemi se non mi direte la verit Oi lasso! Non pensai si forte mi parisse lo dipartire da donna mia; da poi chio mallontanai

Coro
Oi lasso! Non pensai Si forte mi parisse

Basso
Lo dipartire da donna mia; da poi chio mallontanai, ben paria chio morisse, membrando di sua dolze compagnia; e gi mai tanta pena non durai, se non quando alla nave adimorai. Ed ora mi credo morir certamente, se da lei non ritorno prestamente

ATTO II

Il poeta
LHohenstaufen dei poeti, il beatissimo Goethe sostiene, parola mia, ci che segue (o su per gi). A dire il vero non vi sono in poesia personaggi storici, ma quando il poeta vuole rappresentare il mondo che ha concepito, fa lonore a certi individui che incontra nella storia, di prendere i loro nomi per applicarli alle figure da lui create. Nei seguenti mugolii, che il poeta a voi davanti, un Gringoire a servirvi, un paltoniere qualsiasi, vi declina, il nome Federico inventato, tutto il resto vero. O il contrario?! (Le ultime parole vengono dette quando quasi fuori scena)

Coro
Ragioni metafisiche mi obbligano a contrastare laffinit

Soprano
Estraneit Relazioni fuggevoli

Basso
Ragioni sociali mi obbligano

Soprano
allamore

Basso
All umanit

Soprano e basso
Ragioni abissali mi obbligano a imporre la verit

Coro
Ragioni sociali mi obbligano allamore, allumanit. Ragioni abissali mi obbligano. (Tranche nel porto di Palermo. XII secolo. Un piccolo angolo, quanto basta a un qualunque marinaio venuto un giorno dalla Francia a lasciare questa)

Sernade Sicilienne

Soprano
Jours siciliens Envies par le soleil Fleuvies siciliens Que brigue aussi la mer Et toi, ma belle Contez, nymphes, souvenirs Las splendides cheuveux, le baiser, la morsure de mes dents sur votre chair de ma chair

Basso
Je ttrne, mon reve Mon doute, ma nuit,

Soprnao e Basso
Assoupi por ton parfum

Basso
Suffocant de chaleurs

Soprano e basso
les douces treintes O bords siciliens.

Soprano
Immobile ile, Dieu

Basso
Tout brule dans le ferveur

Soprano
Conte de fe.

Basso
Sicile

Soprano e basso
Un matelot du treizime sicle

Basso
(ou du vingtime?)

Soprano e Basso
parmi dobscures espoirs songe toi

La danza dei falchi

Voce di Federico (fuori scena)


Saxo Yalla quf khatt bajna-s-sama wa-l-ard. Sahm Muhandis al Muhandisi. Saetta Geometra dei geometri linea tra cielo e terrra. (Due qualsiasi, mentre Federico e Ibn Sabyn si avvicinano).

Uno
Ecco quei due, un giorno che parlano andando avanti e indietro, che pazzia parlare!

Laltro
Sono il Re Ibn Sabyn, un filosofo

Uno
I loro discorsi mi danno i brividi, ti dico. Quando parlano re e filosofi capita sempre qualche sciagura. I segni del cielo non mi piacciono. Una cometa, e un re spacciato. Ma per un poveraccio le stelle non si scomodano di certo

Laltro
Ma qui non ci pu capitare nulla, compare. Questo teatro. Noi siamo al sicuro nella finzione. Protetti dalla stessa fantasia che ci ha messi qua sopra. (lontano voce di muezzin)

Ibn Sabyn
Dio tutto, federico, unirsi a Lui il fine, tutti i tuoi atti invece sono colpi di spada che dai ai tuoi legami con Dio.

Federico
Nella risposta che hai dato ad unamia domanda sei stato pi preciso. Hai detto: Il solo essere che esiste in realt essendo Dio, luomo, essere limitato, arrivandovi, perir

Ibn Sabyn
Ebbene?

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Federico
Tu sai che il sillogismo per me come una carezza per lintelletto, ma terribile la sua forza. Ci che tu non vorresti nemmeno sfiorare esso ti costringe a pensarlo con la potenza di mille cavalli. Non io dunque, ma il sillogismo mi spinge a questo (interrompendosi. Come divagando) Tu sai quel che si dice, che io feci visita al Vecchio della Montagna, al Capo degli Assassini (Riprende il discorso che aveva iniziato). Quello che mi hai risposto, Ibn Sabyn, non mi ha lasciato in pace un momentoLa forza del ragionamento, spietata come uno dei miei boia, arrivata in un lampo a questa conclusione, ascolta. Lassassinio, la cui traccia metafisica va seguita con tenacia, rappresenta, nella sua chiave ultrasegreta, il modo come tutti moriamo. Il fatto che si distinguano gli assassini dalle vittime non che un tributo pagato allapparenza. Un tributo per giudici e avvocati. Lassassinio certamente nello stesso Principio, Ibn Sabyn. Nella matrice di tutte le cose, come hai detto tu stesso, sta in agguato il loro annientamento e il tuo e il mio.

Ibn Sabyn
(La sua voce dolce, carezzevole) Che vuoi dire, fanciullo

Federico
Che ogni morte un collegamento a un delitto. In altre parole, tutti moriamo assassinati. (Si ferma. Sovrappensiero. Poi:) Dio la stessa morte. Una voce da sacerdote di mestiere, una voce da messa, ora pi alta, ora pi bassa, ora chiara, ora appena un brontolio, biascica: quod potius igniominiose, quam juste habendos nos dixerit a chatolica fide suspectos, quam nos, teste supremo judice, in omnibus et singulis, ejusdem articulis secundum universalem Ecclesiae disciplinam et approbationem per Romanam Ecclesiam, et symbolum firmater credimus et profitemur simpliciter (Lettera di Federico diretta nel 1246 ai prelati, ai nobili e al popolo di Inghilterra, dopo la sua condanna e deposizione pronunciata alla presenza e per opera di Innocenzo IV dal concilio di Lione). (Nel frattempo Ibn Sabyn risponde a Federico, la sua voce un sussurro. Ai limiti del silenzio, come tutte le cose degne)

Ibn Sabyn
Io ti ho ingiuriato e vilipeso nelle mie risposte, Federico. Ma ora hai bisogno della mia dolcezza. Voglio carezzare il tuo intelletto, Federico, con tenerezza di donna Non Dio la morte, ma la morte Dio.

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Morendo ci sciogliamo in lui come nellabbraccio delle nostre donne nelle notti di desiderio.

Una voce
(Senza intonazioni particolari, come se leggesse, estranea): Il 28 shawwal dellanno 668 dellgira (1271 d.C) allet di cinquantacinqe anni Ibn Sabyn si suicid tagliandosi le vene per rientrare al pi presto nel seno di Dio. Il fine dei fini della teologia, egli aveva detto lunione intera con Dio. Il mezzo pi veloce per arrivarvi la rassegnazione e lammissione dellimpotenza del nostro intelletto. Ma poi gli apparvero il ricordo della discussione con Federico e la Verit. Il solo essere che esiste in realt essendo Dio, luomo non appena vi perviene muore. Ibn Sabyn stavolta, per pervenirvi pi velocemente, trasse laltra conclusione e affrett la morte.

Costanza
Le carceri di Sicilia e di Puglia si sono riempite di prigionieri. Federico per non sentirne i lamenti li far uccidere.

Federico
C qualcosa nel lamento che fa che gli si rifiuti la natura di linguaggio. E come se esso ne fosse al di qua o al di l. In ogni caso in una zona inospitale, dove non vorremmo mai mettere piede. Se si interviene si interviene per farlo tacere. Non per la pena. E come se al di l della sofferenza ci fosse qualcosa di peggio. Il lamento oltrepassa la soglia della sofferenza educata e civile (c infatti un lamento che ubbidisce alle buone maniere) e ci conduce in una zona in cui la sofferenza sfrenata e selvaggia. Il lamento penetra per un momento in questa zona senza difese, dove la sofferenza pura e tocca la carne viva. Di fronte a chi si lamenta siamo perci pronti a tutto pur di farlo tacere. A tappargli la bocca fino a farlo morire. (Esce)

Costanza
Gli ho sentito dire una volta: Lesto di coltello deve essere un re come lesto di becco un falco.

Michele Scoto
Tu sai come con larte della falconeria Federico vuole conoscere la natura e penetrarne i segreti penetrando i segreti del falcone. Ma ti sei mai chiesta chi il falcone? Ti sei mai domandata se non lui stesso? Il modo

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come piomba sulla preda, sia una verit o un nemico mortale, non lo riconosci? Non il modo del falco? (Si avviano dietro le quinte mentre si svolge il dialogo. Nel frattempo Federico sfoglia il Liber Augustalis)

Federico
Il nascere e il morire sono i due momenti unicamente reali. Il resto sogno interrotto da qualche insignificante sprazzo di veglia. Tutto ci che ho fatto? Vuoti gesti, gusci senza polpa. Agivo? Mi agitavo, piuttosto. Solo ci che dicevo era eterno. Solo la parola resta. Cosa rimane del mio impero se non le parole di cui era fatto? Eterna essenza del teatro! Esso divora distanze e unisce le cose pi lontane e di individui chiusi e sprangati in se stessi, di eventi sparsi e senza nesso, se non quello che piace a Dio, fa una farsa o una lunga lagna, in onore di chi poi non si sa. Sulla scena del mondo appariamo e spariamo, come il mestruo delle giovani o come in questo teatro e tutti vogliono sapere perch. Quando la scienza, ad onore del vero, ci insegna che esso solo un balbettio di bambini. Ma cosa unisce un agnello sgozzato, il volto della mia donna, i miei due maestri, il mio levriero, la merda dei miei cavalli e il qui presente? Cosa di questo immane coacervo fa un levigato specchio in cui si pu specchiare persino un sorriso? Cosa tiene assieme insomma questo pasticcio? Cosa tiene unito, spero con benevoli lacci, cio che su questa scena si andato svolgendo (se pure qualcosa si svolto)? Lo sguardo. Lo sguardo di Dio o di un nano basta perch ci sia spettacolo. E per gli Dei, solo spettacolo la Terra, e il sidereo, e me e gli altri e questa scena

Laccostamento alla morte

Federico
Voglio accostarmi alla morte come al mio vino. E gustarla Fui nemico ad entrambi, a Dio e alla morte. Essi sono Uno e una fu la mia inimicizia. Allargai un impero per allargare me stesso. Per non offrire alla morte un piccolo bersaglio. Il mio impero era il mio corpo. Si, per scongiurare Dio e la morte, mi creai un impero. Anche a Dio difficile distruggere un impero. Che strano per! Nellatto di morire scompaiono i confini. Limpero che cercavo, limpero senza confini, Dio dunque?

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Voce
Mi immergo con volutt nel felice mare della mortalit Nellassenza perfetta

Soprano e coro
Voglio morire interamente nessun residuo che non si sciolga nellabyssus abyssum del Niente.

Coro
Che il niente lo accolga

Basso Risolto in Dio, dominer in Lui


attraverso Lui di nuovo imperatore sar del mondo. Florebat olim Floribus omnia vestiebantur florebat illo tempore.

Coro

FINE

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Campi Magnetici Musiche per balletto Libretto di Manlio Sgalambro Musiche di Franco Battiato

In trance Voce recitante: Dormienti in stato di trance perenne transitano naviganti che non conoscono mare chi si desta perde il clima della non curanza.

Corpi in movimento Voce recitante: ...a corpi in movimento ad asimmetrie che paiono non essere aderenti ai fenomeni. Si pensi per esempio alle interazioni elettrodinamiche tra un magnete e un conduttore. Il fenomeno osservabile dipende qui solo dal moto relativo fra magnete e conduttore, mentre secondo il consueto modo di vedere sono da tenere rigorosamente distinti i due casi che l'uno o l'altro di questi corpi sia quello mosso. Infatti, se si muove il magnete e rimane fisso il conduttore, si produce nell'intorno del magnete un campo elettrico di certi valori di energia il quale provoca una corrente nei luoghi ove si trovano parti del conduttore. Rimane invece fisso il magnete e si muove il conduttore, non si produce nell'intorno del magnete alcun campo elettrico, ma al contrario si produce nel conduttore una forza elettromotrice, alla quale non corrisponde per s alcuna energia... Sopranista: Volatile components for the existence of non-gravitational forces. This structure explains how large parts of a comet. Voce recitante: In una lettera a Frege, Hilbert comunque aveva scritto: "Se io, come miei punti, penso quali si vogliano sistemi di cose, per esempio il sistema amore, legge, spazzacamino..., e poi non faccio altro che assumere tutti i miei assiomi come relazioni tra tali cose, allora le mie proposizioni, per esempio il teorema di Pitagora, valgono anche per queste cose. Il retaggio di un universo dotato di senso, nobilmente dato all'intuizione da un'unica matematica e da un'unica geometria, viene sconvolto da siffatta matematica, la quale pu asserire qualsiasi cosa e questo universo in quanto qualsiasi.

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Sopranista: Magnetic lines cloud structure in the atmosphere of... in contact with the nucleus may break away trough vaporization causing the fragmentation of nuclei. Voce recitante: E' la matematica il linguaggio odierno, non le grida scomposte. Essa il coro dei sopravvissuti. Il "latino" con cui l'uomo d'oggi celebra la liturgia dell'estinzione senza capirci granch. I numeri non si possono amare.

Fulmini globulari Sopranista: Fulgit item, cum rarescunt quoque nubila caeli. Quando un temporale mette in moto i fulmini, lampi squarciano le nubi. Fulgit item, cum rarescunt...

The Age of the Hermaphrodites Sopranista: The Age of the Hermaphrodites Voce recitante: Labisso originale lautonomia dellinfertile

L'ignoto Sopranista: L'eterno mattino Voce recitante: I numeri non si possono amare Sopranista: Trascina sogni a riva, il timore di sapere che si espia. Ignoti segni la notte. Voce recitante: Come un branco di lupi che scende dagli altipiani ululando, o uno sciame di api accanite divoratrici di petali odoranti, precipitano roteando come massi da altissimi monti in rovina: logoi dagli ultimi duemila anni.

FINE

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Angelo Arioli Remote memorie di argilla

Proclamer al mondo le imprese di Gilgamesh, luomo a cui erano note tutte le cose, il Re che conobbe i paesi del mondo. Era saggio: vide misteri e conobbe cose segrete: un racconto egli ci rec de giorni prima del Diluvio. Fece un lungo viaggio, fu esausto, consunto dalla fatica; quando ritorn si ripos, su una pietra lintera storia incise Con simili parole inizia una delle versioni in prosa dell epopea di Gilgamesh, tesoro letterario fra i pi antichi inciso in caratteri cuneiformi su tavolette dargilla rimaste per millenni sepolte e solo nellultimo secolo disseppellite da archeologi tenaci, e poi decifrate da filologi instancabili. Un documento poetico che ci riconduce ad epoche remote della storia che videro il sorgere, il declino, il sovrapporsi di civilt raffinate da noi comunemente relegate nei recessi della memoria, ove vengono evocate da parole come Sumeri, Assiri, Babilonesi. Testo antico, i cui primi frammenti reperiti, scritti in lingua sumerica, risalgono intorno al 2150 avanti Cristo, ai quali poi si aggiunsero redazioni posteriori in lingua accadica (gli uni e gli altri dissotterrati nelle antiche citt mesopotamiche di Ninive, Ur, Nippur), e ulteriori frammenti provenienti dalla Palestina, dalla Siria, dallAnatolia, a riprova della sua diffusione geografica confermata dallesistenza di traduzioni in altre lingue del passato come littita e lhurrita. Un mosaico incompleto di tavolette appartenenti ad epoche, lingue, aree diverse, alla cui ricostruzione definitiva tuttora ostano difficolt testuali, filologiche e interpretative. Un labirinto di segni, un intarsio frammentario di storie e leggende, probabilmente trasmesse oralmente e poi incise su argilla, nel quale tuttavia si staglia nitida la figura delleroe: Gilgamesh. Sovrano di Uruk, la biblica Ereck, identificata nel sito iracheno di Warka ai bordi dellEufrate, per due terzi divino e per un terzo umano, signore incontrastato cui gli dei per frenarne la tracotanza inviano Enkidu, dapprima suo avversario e poi suo fedele compagno. Con Enkidu, Gilgamesh, che persegue la fama e desidera eternare il suo nome con una grande impresa, volge verso una foresta di cedri ove si cela Khumbaba, possente forza del male, per liberare la Terra dalla sua presenza. Sconfitto Khumbaba e acquisita ulteriore fama e potenza, Gilgamesh rifiuta di giacere con la dea Ishtar e assiste addolorato alla morte dellamico Enkidu. Rimasto solo Gilgamesh tenta lultima umana impossibile avventura, quella di eludere la morte. Si mette in viaggio alla ricerca di Utnapishtim, lunico umano cui gli dei concessero vita eterna. Per

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raggiungerlo affronta un viaggio estenuante che lo conduce dapprima al giardino degli dei, poi allincontro con la divina Siduri la quale tenta di dissuaderlo dallimpresa rammentandogli che gli umani hanno per fato la morte e i piaceri della vita, e tuttavia gli indica la via da attraversare: loceano dalle acque mortali. Aiutato da un traghettatore Gilgamesh naviga su quelle acque e giunto davanti allumano immortale ascolta da questi il pi antico resoconto del Diluvio e un segreto degli dei: un fiore dacqua che assicura leterna giovinezza. Gilgamesh coglie quel fiore, ma nel viaggio di ritorno verso Uruk, mentre si bagna a una fonte, un serpente gli ruba il fiore. Tornato a Uruk Gilgamesh incide su una pietra la sua storia e come per ogni mortale si conclude la sua vita. Lipotesi che il Gilgamesh dellepopea sia il riverbero leggendario dun sovrano effettivamente esistito, ormai accettata dagli studiosi che ne fissano lepoca in un periodo di tempo oscillante tra il 2800 e il 2500 avanti Cristo, col tentativo altres di intravedere oltre il velo affabulante della narrazione epica probabili eventi storici di quel periodo, o meglio la registrazione in chiave mitografica delle fasi pi significative che ritmarono levolversi delle antiche civilizzazioni mesopotamiche. Interpretazioni plausibili, forse meno suggestive di quella per cui lintera mitologia antica , e specialmente lepopea di Gilgamesh, altro non sarebbe che la complessa, oggi a noi imperscrutabile, scrittura delleterno spettacolo dai moti degli astri nellorizzonte celeste. Quale che sia il decreto degli specialisti, il fascino dellavventura umana di Gilgamesh permane immutato da tempo per diversi motivi. Sono vicende note che evocano altre storie gi sentite. Lintera vicenda di Gilgamesh, ad esempio, si ripercorre, con le ovvie ed inevitabili varianti, in un episodio delle Mille e una notte. Chi vuole scorger la replica di Gilgamesh nel conquistatore invincibile a noi pi familiare, in quellAlessandro che instancabile varca gli orizzonti alla ricerca dellintrovabile Acqua di Vita, lacqua che rende immortali. Per altri momenti delle vicende di Gilgamesh stata osservata la somiglianza con equivalenti reperibili nellOdissea Ma al di l di questi accostamenti puntuali, che suggeriscono leventualit di un antico patrimonio comune di leggende diffusosi nel tempo in un area vastissima, lepopea di Gilgamesh ripropone, in una delle versioni pi antiche, il destino tragico dogni essere umano: la sua ansia di eludere la sorte gia decretata, di imprimere un segno indelebile nel tempo che fluisce perenne, di trascendere lumana natura qualunque sia e ogni epoca ha il proprio lOceano dacque mortali o di spazi siderali da varcare. Ma per quanto in alto proietti la sua parabola tesa a lambire il cielo delleterno, qualunque sia lAcqua di Vita effimeramente perseguita o illusoriamente acquisita, essa ineludibilmente si conclude in terra, dove ognuno a suo modo rende lennesima testimonianza di quanto sia vano rincorrere il vento, e incide su argilla la propria storia.

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Gilgamesh Opera lirica in due atti Libretto e musica di Franco Battiato

Prologo di Angelo Arioli Nell'antica citt di Uruk, in epoche perdute della memoria, regn Gilgamesh: colui che tutto intravide. L'eroe a cui i misteri furono manifesti. Estraete la tavoletta di lapislazzuli e leggetela, la storia di quest'uomo che pat sofferenze di ogni genere. Cerc la vita eterna, raggiunse Utnapishtim 'il Lontano, e la completa saggezza. Per due terzi divino e per un terzo mortale, come sole possente, invincibile, regnava in Uruk, citt dalle mura ben salde, e soverchiava tiranno i suoi sudditi contrariando gli dei. E gli dei convennero di dargli un avversario, pari in forza e bellezza: in terra precipitarono una stilla di firmamento... ed ecco sorgere Enkidu, figlio del silenzio, saetta di Ninurta, delle umane cose ignaro. Enkudu, reso umano dall'abbraccio di donna (una sacerdotessa del tempio di Ishtar), verso Uruk si avvia a sfidare Gilgamesh che ne divina nel sogno le mosse e gli intenti. L'incontro scontro d'astri tremendo, e tremano le mura e sussultano i telai delle porte allo schianto dei corpi avvinghiati alla lotta. Soggiace infine Enkidu, e Gilgamesh vittorioso l'abbraccio gli tende, suggello d'eterna amicizia. Terribile prova ora attende i due amici: nella remota foresta labirinto trapunto di cedri, ove il viaggio si fa passo di danza, sta Khumbaba potenza del male, terrore di umani. "Trema la terra e freme ignara della sorte del combattimento... e buio e luce insieme" Atto I Utnapishtim e moglie di Utnapishtim: Il re di Uruk sfida le forze oscure della foresta al fianco di Enkidu. Popolo di Uruk: Trema la terra e freme ignara

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della sorte del combattimento e buio e luce insieme. Gilgamesh! Enkidu! Khumbaba! Utnapishtim, moglie di Utnapishtim e popolo di Uruk: Era felice Gilgamesh in quella vita, in quel tempo, che a contemplarlo lo si fermava. Popolo: Enkidu muore; chiamate Gilgamesh! Voce recitante: Quando apparvero le prime luci dell'alba, Gilgamesh mand un grido che si sparse su tutta la terra. Disperato disse: "Ti far riposare su un letto preparato con amorevole cura; i principi della terra ti baceranno i piedi; e io stesso trascurer il mio aspetto e vagher in aperta campagna. La tristezza entrata nel pi profondo del mio essere e, solo adesso, scopro di avere paura della Morte!" Moglie di Utnapishtim: Gilgamesh, lascia il tuo corpo immobile, viaggerai sul suono in cerca di Utnapishtim, l'uomo immortale. Siduri: (la dea che vive nel giardino degli dei in riva al mare) Forse quest'uomo un assassino; come osa entrare nel giardino degli dei? (nel frattempo Gilgamesh si avvicina) Gilgamesh!... sei irriconoscibile. Come sono smunte le tue gote; come infelice il tuo cuore!... Esausto e pieno di dolore il tuo aspetto. Il fato dei mortali che ha raggiunto Enkidu (l'amico amato e pianto per sei giorni e sette notti), non riesci a capire. La tua meta: incontrare Utnapishtim (l'unico uomo che ha conquistato l'eternit), ardua, difficile. Nessuno da tempo immemorabile riuscito ad attraversare 'le acque letali', (Pausa) Ti voglio aiutare. Gi c' Urshanabi 'il barcaiolo di Utnapishtim'. Che gli altri dei ti proteggano. (mentre Gilgamesh va via e Siduri con tutto il giardino esce di quinta): Cambiategli la veste e pulitelo... in queste condizioni non riuscirebbe mai ad entrare nel 'Regno del Lontano. Popolo: Gloria Aeter... dona eis requiem

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Utnapishtim: Lascia che ti riveli una cosa ben custodita, quando gli dei in consiglio decisero il diluvio. Moglie di Utnapishtim: C'era Anu, padre loro, Enlil il guerriero, Ninurta, Ennugi e il lungimirante Ea. Utnapishtim: Ea mi disse: costruirai una barca; larghezza e lunghezza saranno in armonia. Coprila di un tetto come l'Apsu (l'abisso), dividila in sette, caricala di amici e di parenti, di animali, di artigiani. Due terzi dovranno emergere dall'acqua... Popolo: Alleluja Pater noster Utnapishtim (voce recitante): La tempesta era terribile a vedersi. Gli stessi dei, pentiti, ebbero paura di quel furioso diluvio; e si accucciarono come cani. Per sei giorni e sei notti soffi il vento. L'inondazione sommerse la terra. Il settimo giorno il diluvio cess. Guardai il tempo. Regnava il silenzio. Mi chinai e piansi. Donne: Liberai una colomba, ma ritorn indietro. Uomini: Utnapishtim disse: e ancora un corvo. Donne: Misi fuori la rondine: non torn. Uomini: Misi fuori la rondine e non torn. Popolo: Gilgamesh! Gilgamesh! Guardate il nostro re. E' morto o dorme?

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Atto II

Estate 1240 in Sicilia. Incontro di sette sufi. Baritono: Pater Baritono e mezzosoprano: noster Baritono: qui es in caelis: sanctifictur nomen tuum Pater noster, qui es in caelis: sanctifictur nomen tuum. Mezzosoprano: advniat regnum tuum; fiat volntas tua, sicut in caelo et in Mezzosoprano e baritono: terra. Coro: Panem nostrum substantialem da nobis hdie. Mezzosoprano et dimtte nobis dbita nostra, sicut et nos dimttimus debitribus nostris; et ne Coro: nos indcas in tentationem; Baritono: sed libera nos amalo. Tutti: Amen. Il maestro: "A giudicare dall'apparenza, il ramo l'origine del frutto; ma in realt, il ramo venuto all'esistenza in vista del frutto. Se non ci fossero stati un desiderio e una speranza per il frutto, come avrebbe potuto il giardiniere piantare la radice dell'albero? Ecco perch in realt dal frutto nato l'albero."

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Rumi Vi ascolto. Un uomo: Durante un mio viaggio alla ricerca del miracoloso, capitai in una zona del nord Africa, dove esiste il monastero senza porte dalle mura alte come l'antica Uruk. Per entrarvi, bisogna attendere che qualcuno decida di calare gi una corda con appesa una cesta; cosa che potrebbe non accadere. Aspettai invano per due giorni, ma la notte successiva mi apparve in sogno un essere trasparente, una pura vibrazione di luce. "Quando avrai trasceso la condizione dell'uomo, mi disse, sarai condotto in una terra dolcissima che non si pu n immaginare n rappresentare: la sua natura di espandere l'anima nella gioia. E in questo firmamento ci che giovane non diventa vecchio, ci che nuovo non diventa antico; non si corrompe cosa alcuna n si guasta; nulla muore; nessuna persona desta si addormenta, poich il sonno fatto per il riposo e per scacciare il dolore... e in questo luogo non ci sono n sofferenze n dispiacere." Rumi Una donna: "Io fui gi un tempo giovane e ragazza ed anche pianta ed uccello e muto pesce che salta fuori dal mare." Empedocle A Murcia, dove ho abitato per sette anni, ebbi come maestro Ibn Arabi, a Lui pace e gloria. "Il mondo fatto di sostanze grossolane e di sostanze sottili; E fa da velo a se stesso, di modo che non pu vedere Iddio proprio perch si vede. Dio resta sempre sconosciuto, cos all'intuizione come alla contemplazione, poich l'effimero non ha presa sull'eterno." Ibn Arabi "Non possibile avvicinare la divinit s che abbia accesso ai nostri occhi. Non corredata di umana testa sulle membra, n di piedi, n di agili ginocchia, n di vergogne pelose, ma Intelletto sacro ed ineffabile, che coi rapidi pensieri per l'Universo intero si squaderna." Empedocle Il maestro: Giusto Un altro uomo: Negli ultimi tempi, mi sono dedicato con assiduit all'esercizio che Lei ci assegn l'estate scorsa. Ho preparato un pezzo che ho chiamato, parafrasando il libro di Abul Qasim, "Luci sulla scienza dei suoni e sui percorsi interni della voce." Ho delimitato la ricerca alla sola zona del sentimento, sperimentando che il punto che colpisco con una nota all'interno, risuona esattamente nello stesso punto all'esterno di chi ascolta. Uno straniero:

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Io credo di vedere, di giorno, le microscopiche particelle che compongono l'aria. Il maestro: E la notte? Coro: Deo nostro. Vere dignum et iustum est, invisbilem Deum Patrem Omnipotntem, Filimque eius unignitum, Dminum nostrum Iesum Christum, Baritono: toto cordis ac mentis affctu, et vocis ministrio personre. Coro: Qui pro nobis. Voce: Exltet iam anglica turba caelrum: exltent divina mystria: et pro tanti Regis victria, tuba insonet salutris. Gudeat et tellus tantis irradita fulgribus: totus orbis se sntiat amissse calginem. Mezzosoprano, baritono e voce: Sursum corda. Habemus ad Dominum. Mezzosoprano: Laettur et mater Ecclsia, tanti lminis adornta fulgribus: et magnis populrum vcibus haec aula resltet. Voce: Quapropter astntes vos, fratres carissimi, ad tam miram huius sancti lminis clarttem, una mecum, quaeso, Dei omnipotntis. Mezzosoprano e baritono: Misericrdiam invocte. Coro: Vobscum et cum spritu tuo. Mezzosoprano e baritono: Haec nox est, in qua primum patres nostros, filios Israel edctos de Aegypto. Coro: Oramus ergo te, Domine, oramus.

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Voce: Toto cordis ac mentis affctu, et vocis ministrio personre. Coro: Qui pro nobis. Tutti: Exltet ecc... e Haec nox ecc...

FINE

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Gabriele Mandel su Barzani

Quando il Buddha disse ai suoi allievi: "Spiegatemi lo spirito della nostra fede" ognuno si sforz di dare una risposta adeguata con le parole pi ricercate e frasi tortuose e profonde. Ananda, in silenzio, gli mostr un fiore. Come adeguarsi, in pittura, a questo gesto sublime? Come esprimere Dio se non con il grido del cuore, di l da ogni parola azione immagine dettate dalla mente? Cos in pittura la rarefazione dell'arte porta forse molto lontani dai pesantumi barocchi ma molto vicini alle emozioni pure dell'anima. Questa la pittura di Battiato. Certo: occorrerebbe dire dell'altro, perch la tradizione pretende presentazioni di due pagine almeno; e cos facile correre con la memoria ai "primitivi senesi", questi pittori che avevano e arte e fede sulla punta dei pennelli vibranti, liberi da finzioni orpelli convenzioni preconcetti e valori transitori allora come oggi di un'umanit prigioniera del consumismo. Anche in pittura Battiato ci lancia il messaggio messaggio dovuto al suo amore per l'umanit tutt'intera senza discriminanti barriere; alla sua tolleranza che gli permette d'abbracciare e di fare suo il buono d'ogni messaggio umano arricchimento ed acquetamento dell'anima; empatia, pietas, valori dell'anima capiti vissuti e amati... e alla fine tradotti in pittura. Cos la pittura di Battiato ha una "sua" religione: il monoteismo dello spirito contro il monolitismo del Mercato che ha posto sugli altari del dio Oro nuovi santi: Corruzione, Violenza, Alienazione, Delinquenza, Odio, Malvagit, Interesse... E' l'accostamento o la rivisitazione in chiave contemporanea ai Primitivi senesi, con una doppia valenza: da un lato ci colloca la sua pittura nella casella opportuna (e siamo oramai abituati a incasellare per capire, prigionieri della nostra stessa idiozia generalizzante); e dall'altro ci permette di capirne pi facilmente l'essenza. "Come quelli e bravo!", e siamo acquietati nei dubbi d'essere condotti ad amare apprezzare prediligere questa pittura "senza saperne il perch". Poi c' l'altro discorso, per gli addetti ai lavori: Battiato creativo sensibile cantando l'anima grande nella musica e nella poesia; con la pittura porta a completamento il ciclo poich la piena del fiume gonfio ribollente della sua lava etna prorompe, sconvolge e investe... ma non s'esaurisce del tutto nella musica e nella poesia: restano bagliori, sprazzi, angoli in cui la lava giunge uscendo dal suo grande fiume... e allora dipinge.

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Sgalambro su Barzani

Il senso della bellezza torna a occupare un posto nella nostra vita. La bellezza chiama. Il nichilismo artistico in cui siamo vissuti stato soprattutto un nichilismo pittorico. Per ci che offriva agli occhi abbiamo avuto per lo pi noia e indifferenza. "Tutti i quadri sono belli": 'et omnia bona sunt'. Come un dio stanco il testimone dell'arte visiva sbadigliava trovando tutto buono. Cercavamo a volte il bello ma trovavamo solo "abbellimento". In realt la visivit oggi in pericolo. Tutto indirizzato agli occhi. L'uomo oculare l'uomo d'oggi, cio costruisce le sue cose in funzione della sua vista e si appaga della loro presenza . Ma che forse la vista , come egli crede, soltanto ci che "vede" e ci che vede soltanto "presenza"? "La vista ha una funzione profetica. Pi che per se stessa ci interessa per l'indicazione di quanto pu avvenire... La vista un mezzo per presentare psichicamente ci che in realt assente, e poich l'essenza della cosa ci che esiste anche in nostra assenza, la cosa viene spontaneamente concepita in termini visivi" (Santayana, The Sense of Beauty). Qui Santayana distribuisce saggiamente le forze dell'azione visiva. Chi vede solo ci che ha davanti agli occhi in realt non vede. C' bisogno di esser platonici? La forza di un quadro quella di restituire un'assenza. Ma vorrei andare un po' pi in l. La presenza pittorica richiami pure l'assenza (che infine la bellezza) o no. Ma chi vuole vedere la bellezza cosparsa sul quadro come magica polvere soffrir le pene dell'inferno. Perch il suo desiderio non sar appagato. La bellezza un invito che il quadro le rivolge pressante: pu essergli rifiutato. Le mani calde della bellezza hanno accarezzato il quadro di questo pittore. Eppure tutto "semplice". Il ritmo della simmetria induce all'equilibro l'occhio che guarda. I nostri sensi logorati riacquistano vita. S'intende, non offerto molto alla loro cupidigia. Perch ci si possa ubriacare, manca il "pittoresco". Pittura senza pittoresco: non ne vedevamo da molto. C' invece, ne siamo testimoni, quello che il nobile Santayana (questo quadro ci ha rimandato a lui e lui a questo quadro) chiama:"la capacit permanente di piacere". Battiato ci vuole infine convincere che riprodurre l'imperfezione il destino dei moderni da anime ignobili. Forse vero.

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Manlio Sgalambro Sodalizio E vero, due perfetti amici ormai tacciono. Non hanno pi nulla da dirsi. Ma nel senso superiore. Godono delle loro sembianze stando accanto e delle loro anime stando lontano. Il mortificante chiacchiericcio non prevale sulle ragioni profonde per cui lesistenza reciproca assaporata come aria pura di montagna. Eppure si deve parlare ancora, e sfidare con turbanti parole latroce sordit del mondo. Ma in ultimo nel momento migliore della loro amicizia sono solo loro due. Tra essi non si introduce che lincanto della Forma che dnno a emozioni comuni.

Franco Battiato Uno sguardo dal ponte dello stretto di Messina E certo, pensavo, ritornando a casa dopo anni di studi musicali, che molti artisti occidentali hanno proprio lossessione dello sviluppo delle forme, col fatto non trascurabile che essendo queste prive di contenuto reale, invecchiano con e come la moda che le ha generate. Quanti sarebbero in grado di riconoscere una bella donna dallindiscutibile talento, che si presentasse sotto mentite spoglie? Quanti sono capaci di ascoltare in relazione diretta e non a programma? E quanti sentono il dispiacere che certe aggregazioni di suoni producono su certi organi? La musica dodecafonica stata per la Musica quello che oggi i filmini pornografici sono per il Sesso. E non ho certo le condizioni necessarie per scagliare pietre, ne il bench minimo atteggiamento moralistico, ma che decadenza , che vecchiume, che lascivia e corruzione! E pensare che molti credono in chiss quali conquiste di libert. Da una qualche parte di me sorse spontanea una domanda: e il puntinismo dissociativo? E lo strutturalismo integrale? Altrettanto spontanea la risposta patat patat (un piccolo omaggio a Tommaso Landolfi). Intendiamoci, nessuno mette in dubbio le qualit tecniche dalle quali muovono la loro invenzione almeno alcuni compositori con eccellenti risultati, ma questo cosa centra? Molte sono purtroppo le invenzioni assolutamente ridicole in partenza che diventano irresistibilmente comiche quando arrivano a essere definite avanguardia. Egregio signore, mi creda, dissi al mio occasionale compagno di viaggio: avanguardia non uno spazzolino da denti sbattuto sulle corde di un violino, ne un glissando di ottoni, ne una provocazione o una ideologia, ne tantomeno la scoperta di armonici artificiali, ne la cronaca sublime delle

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schizofrenie del nostro tempo o ancor peggio una rarefatta e raffinata atmosfera cangiante per timbri interstellari, lunari o come si vuole. Non potrebbe essere invece un profondo stato dellessere? Un percepire e riconoscere il disegno delle leggi che governano la materia e la sua evoluzione? Sa che ho avuto la fortuna di incontrare eremiti che hanno scoperto cose a cui la scienza non arriver mai?! San Paolo dalla mia parte (prima lettera ai Corinti distinzione tra sapienza e scienza alla prima appartiene la conoscenza intellettuale delle cose eterne, alla seconda la conoscenza razionale delle cose temporali) E Ettore Majorana, e la lista sarebbe lunga. Chi lha detto che ci vuole fede per credere? E se bastasse percepire? Sentire? Se non vedere? Quando, per esempio, gioie inesprimibili, come adesso che mi sto avvicinando alla mia terra, mi invadono, quando tutte le cellule del mio corpo danzano con i ritmi di una stagione, come posso trovare posto e tempo per una disquisizione sullesistenza di una vita dopo la morte? Sembrerebbe un fuori tema, ma non lo . E quante chiacchiere negli ultimi tempi anche da parte di scrittori straordinari su, in, per, contro Dio. Non sforziamoci amici, non ci pu sentire e forse i nostri reclami stanno andando a vuoto per linesistenza di questo canale di comunicazione nella natura primigenia. E se provassimo a cambiare frequenza, che non si sa mai o almeno ad abbassare il tiro? Nun tallarg diceva giustamente un mio amico cantautore romano al tastierista che gli armonizzava le canzoni con tipico modo jazzistico. Un brusio e una eccitazione crescente nei viaggiatori mi distolse piacevolmente dai miei pensieri e dai miei discorsi. Eravamo gia sullisola. Come ho amato ed amo i rituali e le tradizioni di questo popolo e come sto combattendo contro quella specie di malattia ereditaria che si trasmette anche via etere, per cui ti ritrovi ad avere un gusto, un idea, unimmagine (molte volte sbagliati), di cose, fatti e persone che non hai mai conosciuto.

Franco Battiato La primordiale Trasparenza Leterna continuit del divenire dei buddhisti, in fondo, la teoria elettromagnetica della materia. La natura della realt fisica non materia statica, ma energia vibrazionale, che radia onde. Avete presenti i disegni di Henri Michaux? Per i buddhisti, lesistenza trasformazione. Tutte le cose sono soggette cambiamenti. Sappi che qualunque cosa esiste, nasce da cause condizioni, ed impermanente sotto ogni aspetto. Buddhisti Posteriori, per, sostengono che esiste un elemento permanente, soggiacente a tutti i cambiamenti.

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Ogni cosa ha un esistenza limitata. Qualcosa cessa di esistere, e qualcosa di nuovo viene allesistenza. Il Buddhismo un Via verso la liberazione, verso la Primordiale Trasparenza. Attraverso lanamnesi (il ricordo del S), si crea una nuova personalit, con una coscienza meno passiva della precedente e meno sottoposta (rispetto alle percezioni sensibili) alle reazioni istintive, dovute alla propria costituzione karmica. Nel progresso verso la liberazione, questo solo il primo stadio, quello del convertito, destinato a rinascere almeno altre sette volte. Il secondo quello di colui che ritorna ancora una volta. Il terzo quello del non ritornante. Lultimo stadio quello di colui che ha raggiunto la degnit, e attende solo la morte per entrare nellestinzione assoluta: Esiste il non-nato, il non-originato, il non-creato, il non-composto; se non ci fosse, o monaci, non ci sarebbe scampo dal mondo del nato, delloriginato, del creato e del composto (Udana, VIII, 3).

Franco Battiato Delirio di una proteina Non mai, non mai litalica Posi vant lusinghe di pi dolci note, n a pi squisito lavorio sospesi furo i ritmi e le rime. ENRICO PANZACCHI Lantica esegesi fatic non poco per trovare un espediente che desse al Salmo cittadinanza poetica. Si ritenevano i Salmi solo un innalzamento stilistico del linguaggio prosastico (cose da pazzi!). Si escogit quindi la legge del parallelismo dei membri, che li fece entrare per diritto tecnico nella terra dellAlloro. Oggi in zone un po pi basse si ripropone per penna dei nipotini di classificatori coatti lo stesso dilemma. Pu il testo di una canzone essere considerato poesia? Io dico invece: come si pu porre una simile domanda? Basta scrivere o pubblicare libri di poesie, vincere premi letterari eccetera, per essere poeta? Solo menti burocratiche e livorose possono ignorare, misconoscere e sottovalutare gli strepitosi testi musicali degli ultimi quarantanni. Nella canzone, miracolosa espressione del nostro tempo, parole e musica sono un corpo solo, stessa materia, non scindibile, ma non per questo classificabile come cosa altra dalla poesia. Certi autori di canzoni sono come dei piccoli Abramo, scopritori di codici di segrete lingue. Loscura

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consapevolezza della petites perceptions. Quellignoto che precede di poco una delle sue manifestazioni. La canzonetta la frequent Monteverdi, per esempio. Nel XIII secolo esplose la sensualit della canzone arabo-andalusa. Al-Isfahani (897-967), nel suo Kitab al-Aghani (Libro delle canzoni), raccolse in circa venti volumi tutte le canzoni dal periodo preislamico al suo. La canzone era cantata nei mercati, per le strade, e anche la notte come preghiera mistica. Al di la della bellezza o meno di un testo musicato, direi, ci sta un mare di complessit quasi insondabile: il carisma, il timbro, il momento astrale dellinterprete La prima canzone scritta fu Jahveh.

Interviste
E' un po' nostalgico? Bisogna vedere che cosa s'intende per nostalgia. Io vivo bene in questo tempo, ma nel ritrovare cose perdute che avevano valenza ed eccellenza mi sono sentito molto a mio agio. Per esempio, oggi sfumato il piacere di vivere e anche un certo modello femminile che c'era negli anni 50. In Sicilia? Non lo restringerei a un luogo preciso. Venivamo da una guerra tremenda, c' era molta solidariet e non c'era delinquenza. Le porte delle case, per esempio, erano sempre aperte. In questi anni ha scoperto una forte amicizia e comunanza artistica con Manlio Sgalambro che con lei ha scritto la sceneggiatura del film. E' importante poter discutere, lavorare con persone affini. E' una fortuna, una grazia. C' chi lavora e produce bene con persone con cui litiga. Io lavoro bene solo con persone con cui non ho contrasti. Il contrasto mi annoia, una perdita di tempo e l'ho allontanato dalla mia vita. La musica resta importante nella sua vita? Sicuramente il mio legame pi forte con la musica del passato per la sua eccellenza. Penso a un quartetto di Beethoven, a Mendelssohn. Preferisco una musica che mi aiuta a concentrarmi, a leggere. I suoni contemporanei esprimono altro. Quant' forte per lei il legame tra arte e spiritualit?

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Per me fondamentale, ogni volta che mi metto a scrivere qualcosa che non sia banale, sento il bisogno di inserirvi elementi metafisici. Ha scelto di narrare la narrazione, ma dice di rifiutare la consequenzialit. Non c' un po' di contraddizione in questo? La contraddizione necessaria. L'esercizio del dubbio dovrebbe essere alla base dell'esperienza umana. Nel film descrive il mondo musicale come un mondo cinico, dove si ragiona solo in termini di guadagno. Lei lo vive cos? Mi sono soltanto divertito a descrivere l'errode del discografico che dice "non funziona, non emoziona" a proposito di una canzone che avr un enorme successo. Il bello nella musica che la riuscita o meno di un pezzo imprevedibile perch dipende dal capriccio primigenio, insondabile del pubblico. Ha mai pensato di fare un film dove la musica sia completamente assente? Sarebbe un progetto interessantissimo, ci ho pensato spesso e mi piacerebbe molto perch si potrebbero approfondire le sperimentazioni sul sonoro. Secondo me la musica o presente in modo preponderane o deve essere completamente assente, il commento da serie televisiva non mi interessa. Servirebbe il film giusto. Nel suo film il protagonista compie un viaggio verso la spiritualit che si concre6tizza come un viaggio reale dalla Sicilia a Milano. Oggi ancora possibile compiere viaggi cos? Quando Corrado torna in Sicilia con il contratto della casa editrice il Pigmalione commenta dicendo "che tempi". E' atterrito dalla possibilit di avere successo immediato, senza fatica, senza studio. Questo processo cominciato proprio negli anni '60. Cos' per lei il sogno? Il film inizia con una frase che sembra una dichiarazione d'intenti: "Nascita e morte sono gli unici momenti reali, tutto il resto sogno" La frase una terribile frase di Sgalambro. Terribile nel senso che non molto consolatoria. Il sogno di per s un meccanismo molto complesso, ma va bene all'interno del sonno. Nella vita si dovrebbe cercare di non sognare ma di vedersi per ci che si .

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Campi magnetici
La musica in prima esecuzione. Solo il coreografo, Paco Decina, l'ha finora ascoltata - ovvio - e ci sta lavorando sopra. Per quanto si tratti di musica senza molte inclinazioni al ritmo e alla corporeit, Decina non ha fatto una piega. Significa che il coreografo giusto: appartiene gi alla nuova generazione e sa bene che si tratta, ormai, di operare una trasposizione del segno, non di creare un collegamento fra musica e gesto. Musica astratta, insomma. Fondamentalmente s. Un finto descrittivismo, un finto impressionismo...I titoli della suite, per esempio, non contemplano il sentimento, e alcuni si rifanno alla fisica atomica. Suite in quanti movimenti? Sette, senza contare introduzione e Finale, che contengono due sorprese che non posso ovviamente rivelare: sono due appendici che alleviano le pene del percorso. Qualche esempio? Uno dei movimenti si intitola Fulmini globulari, e su un background di batteria elettronica, nello spazio di una battuta ho concentrato centinaia di note, anche di un centoventottesimo, cos che l'effetto di pura materia. Un altro si intitola Suoni primordiali, e sono onde assolutamente senza vibrazioni. Suoni fissi e puri su cui entrano altri suoni puri. E' una musica che tende a svincolarsi dal tempo, ad andare oltre. Nessuna indulgenza al ritmo? C' s, qualche parte ritmica, ma un ritmo interno, che non ha alcuna intenzione di far muovere il corpo. In un brano che s'intitola Trance, c' del ritmo, ma quasi un abbaglio. Come un'ossessione. In Campi magnetici c' molta materia distruttiva. Tutta musica di sintesi? Solo elettronica? Una parte s, ma dal vivo ci saranno due pianoforti, una tromba, tastiere, un sopranista e due voci, una di Sgalambro e una mia.

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Com nata questa collaborazione cos particolare, l'idea del suo ultimo album? BATTIATO: Non so se particolare. Diciamo che nata su un altro versante. Io dovevo comporre un'opera sulla distruzione di Troia quando lessi il suo libro, Dialogo teologico per l'esattezza, fui contagiato da quella scrittura - io sono un musicista quindi amo le sonorit, al di l del contenuto - e insistetti perch lui scrivesse il libretto. Si prese un p di tempo prima di accettare perch era, e notate l'imperfetto, un filosofo strict, troppo strict, e infine mi disse che poteva provare. Nel frattempo arriv la commissione della regione siciliana per un'opera in occasione dell'ottavo centenario della nascita di Federico Il di Svevia alla quale demmo priorit perch aveva una scadenza immediata. Nel frattempo la collaborazione ha avuto una specie di perfezionamento progettuale ed nato questo disco di canzoni. Ne sta seguendo un altro, con calma. Il progetto continua, dunque... BATTIATO: Sicuramente. Per me stata una liberazione perch ritorno cos al mio ruolo primigenio. Ogni volta che Sgalambro mi manda un fax i sensi sono accesi. Che diffcolt ci sono state a musicare i testi di Sgalambro? BATTIATO: Non ci possono essere delle difficolt. E un fatto di sonorit, di ritmo. La difficolt si ha quando devi mettere a posto conti che non tornano. Volevamo chiedere a Sgalambro come mai avesse deciso di scrivere testi per delle canzoni, ma la risposta forse l'abbiamo avuta: stata una richiesta. SGALAMBRO: Questa uno questio facti, poi vi un'altra questione. Io credo che la riflessione, il pensare, in ispecie il filosofore cerchino in certi periodi, in certi snodi della loro esistenza, nuove forme. Questo un momento, a mio avviso, in cui il fallimento delle forme abituali dei filosofare (il fatto che la filosofia in qualche modo ha un'eternit di fatto, un'esistenza acuta, esiste) spinge chi pratica la filosofia a sentire l'occorrenza di esplorare vie diverse. Naturalmente io non pensavo per nulla di esplorare vie date da canzoni... Il bilancio ci sembra positivo. SGALAMBRO: Credo di s dal mio punto di vista, oltre che dal punto di vista comune. Nel suo libro Del pensare breve lei dice che la coniugazione tra la filosofia e la narrazione avviene solamente con l'epos. Poi afferma che la filosofia non pu pi narrare e la letteratura non sa pi scrivere. Voi vi trovate per a collaborare ad un'opera che rientra nella forma narrativa dell'epos. SGALAMBRO: Il fatto narrativo della filosofia detto non in senso trionfale. E piuttosto spesso il rimpianto che essa non possa narrare daccapo. A mio avviso l'odoperabilit di forme diverse resta sempre, per

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bisogna che esse siano in effetti adoperate, che trovino l'esecutore, un uomo in cui tutte queste cose si accolgono e con grazia diventino qualche cosa di semplice. Quindi chiaro narrare di il sistema. Cos' narrare in filosofia? Il vecchio sistema, il sistema della filosofia idealistica tedesca, quella narrazione che, si detto un po' da tante parti, non pu essere pi possibile, In realt questa narrazione pu avvenire anche attraverso diverse altre maniere. Direi che il piccolo testo di canzoni pu essere una maniera per aggirare e dare oggi, in un'epoca dove tutto rimpicciolito, queste piccole schegge di un sistema. Infine, la canzone porta al problema dell'oralit, della vocalit delle cose, esprimersi mediante la voce, il canto, porta insomma a problemi non indifferenti. Tanto per giocare con il titolo di un libro di Sgalambro: la societ dimostra molta indifferenza in materia di poesia. Dall'Ottocento in poi il ruolo del poeta andato scadendo, perdendo presa sulla societ. La poesia sta traslocando nella canzone? BATTIATO: Sono assolutamente d'accordo. La societ va sempre per schemi, difficilmente accetta l'idea di trasformazione delle cose. Si va a cercare la poesia in un campo dove non esiste pi, dove ormai solamente imitazione di modelli arcaici e ben riusciti. E quello che successo anche alla musica contemporanea. E la cecit attuale che non pu far vedere che la musica leggera la continuazione di quella classica perch impensabile, per la gente cos detta colta, una simile caduta, mentre in realt non sa accorgersi dell'esistenza di nuovi linguaggi, nuovi modelli di penetrazione. Ci sono dei prodotti apparentemente di consumo (tecnodance) che hanno una intrinseca verit, che per non riconosciuta e non neanche cosciente in chi la produce. Le vostre frequentazioni con la poesia ? BATTIATO: Sgalambro un appassionato. Voleva addirittura dedicare una giornata alla poesia in questa estate catanese di cui ci siamo occupati, ma poich il programma consisteva in soli cinque giorni ha dovuto limitarsi. Quali autori aveva in mente? SGALAMBRO: Mi piace molto la Volduga. Mi piace l'impresa che lei conduce. Per non questo il punto, inutile fare dei nomi. Ritornando alla canzone, sembra di percepire nell'ultimo album che i testi di Sgalambro seguano un modello narrativo molto simile a quello che appartiene a Battiato. Si potrebbe parlare di una destrutturazione logica che procede attraverso metafore... BATTIATO: Attenzione, Sgalambro odia il simbolismo. Voleva essere una provocazione: diciamo che questo procedere per immagini ricorda la tecnica dello stop gurdjeffiano.

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BATTIATO: E curioso, una ragazza che mi ha chiamato ieri ha letto il suo ultimo libro e mi diceva che sentiva delle analogie tra Sgalambro e Gurdieff, ma lui non sopporta tutta quell'aria. Secondo me Sgalambro ha raggiunto un alto livello di penetrazione. E inevitabile che il suo modello coincida con quello di altri, anche se poi li differenziano le conclusioni. Un mistico conosce la gente, penetra, Sgalambro vede le stesse cose, ma trae conclusioni apparentemente opposte. SGALAMBRO: Io sono molto legato alla tradizione europea e occidentale della filosofia. Per me non c' salvezza per la filosofia al di fuori di questa sua tradizione, e ogni suo debordare non soltanto tradire, se cos si pu dire, la sua intima essenza, ma negarsi. Dentro la tradizione si possono fare anche testi per canzoni, ma fuori di essa non si pu fare nulla. Questa tradizione contiene non a caso i poemi di un Parmenide, di un Empedocie. Oggi il pensiero occidentale si percorre in una specie di viavai continuo. Non si arriva ad un punto e si dice Ecco, da qui, ma si va per continui ritorni, e come se qualcuno facesse qualcosa in cui implicato questo andare e poi tornare, e poi riandare da capo magari tracciando vie di altro tipo. Questa soluzione mi convince, ma fuori dalla mia tradizione non metto piede. Allora, rimanendo nell'ambito della tradizione occidentale, esiste un'etica della scrittura? SGALAMBRO: La scrittura forse l'attuale situazione in cui siamo. Attraverso la scrittura possiamo raggiungere il punto che oggi ci pu essere dato come possibile, e cio la materialit del pensare, Pensare si ha appunto nella scrittura. la scrittura una costruzione ben visibile, qualcosa di ponderabile. Cos' la Critica della ragion pura di Kant? E un libro, cio un sistema di scrittura, scrittura attraversata certamente da molteplici sensi BATTIATO: Scusi se la interrompo. E un libro, ma lei non crede nella deformazione di certi pensieri, di alcune idee che si sviluppano, vanno a sedere nella gente anche senza che lo sappiano... SGALAMBRO: S, senza dubbio, per il momento concreto in cui la scrittura, il pensare occidentale trova la sua differenza dal pensare orientale consiste proprio in questo: che trova la sua etica nella scrittura. L il suo bene, il suo male, il suo metro di giudizio, la sua misura. Ma detto, ripeto, non in senso trionfale. La scrittura il nostro limite, il limite per che consente al pensare di poter essere qualcosa, altrimenti rischia di rimanere un rimugino, un fatto psicologico. E la dimensione del concerto ? Pu essere un luogo concreto di incontro fra persone, fra filosofia espressa nel testo di una canzone e pensiero espresso in una composizione musicale; fra l'altro in Del pensare breve lei dice pensare divide: queste due forme di pensiero - la scrittura e la musica forse collidono nel luogo, nell'evento del concerto.

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SGALAMBRO: lei ha ragione. Una lezione di filosofia dell'Universit non riesce a realizzare il minimo dei suoi assunti, cio quello informativo. Non riesce poi a realizzare una situazione filosofica, cio una situazione d'ascolto, una situazione di dialogo. Ecco, lei ha ragione in questo: una situazione di incontro in cui chi proviene dalla filosofia si incontra con chi proviene dalla musica ed entrambi camminano quel momento, cio il concerto, pu avere il senso di un dialogo. Tra una lezione di filosofia fatto da una cattedra e una canzone cantato da Battiato io preferisco quest'ultimo. La canzone pi efficace. SGALAMBRO: Non si tratto solo di efficacia, non solo un fatto pragmatico. Credo sia anche un fatto intrinseco, vero. Probabilmente il pensiero si svolge abbondantemente al di fuori delle aule universitarie, e quindi anche un concerto diventa un luogo dove pi facile che i pensieri siano a confronto. Non dimentichiamo che nell'efficacia della comunicazione contano entrambi i termini, quindi spesso c' pi pensiero anche dalla parte del pubblico di un concerto che non dentro un'aula universitaria. SGALAMBRO: Io parlo di un'aula universitaria perch usualmente la filosofia, ahim, si svolge l. Ci che chiamiamo filosofia legato a un luogo, ma filosofia la si pu insegnare da un lettino d'ospedale, da un bar, magari con le spalle appoggiate a un angolo. Ora il luogo occidentale della filosofia, il suo destino amaro o no (non importa qui dirlo), appunto l'accademia. BATTIATO: Giusto, ma io non me la sento proprio di perdere una lezione eterna e determinante datami magari da un fattorino mentre mi porta i bagagli. Pensando ai suoi interessi per il sufismo, Rumi ad esempio: quanto un concerto di questo tipo, concepito in questo modo si avvicina a quello che il Sama per i sufi? Forse un po' azzardato... BATTIATO: Non per niente azzardato, anzi direi che il naturale ambiente del rito gi questo: la forza della canzone. Poi chiaro, bisogna fare delle differenze naturali: c' la musica di intrattenimento, c' il piano-bar, ogni cosa ha una dose. Ci sono certi concerti che sono molto vicini a riti iniziatici, in cui proprio il tutto assume un aspetto inquietante e impenetrabile, altri in cui l'attenzione tale che la parola fa pi che comunicare: esprime. Allora diventa curioso che questa forma di pensiero, che forse pi della tradizione orientale, entri nelle nostre sale da concerto attraverso poi dei testi scritti da chi si dichiara invece della tradizione occidentale. BATTIATO: E un problema teorico, non pratico. Perch Sgolambro pu dire quello che vuole: pur avendo una sua posizione netta e operando una divisione manichea con tutto quell'aria, andando a rileggere alcune cose

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che lui ha scritto, anche per delle canzoni, si trova lo stesso genere di profondit. Mi viene in mente una canzone, Fornicazione il cui testo che mi ha pilotato a penetrare in un campo musicale in qualche maniera inconsueto. Quel testo descrive ambienti di una profondit misteriosa che gi nell'epoca di Rumi esistevano in maniera cos mistica e che la suo poesia descriveva. Anche se Sgalambro e Rumi sono due mondi diversi. Potremmo dire che il mondo sempre stato molto complesso e quindi per descrivere, per affrontare questa complessit una ricchezza di strumenti solo buona; quindi non occorre tanto scegliere fra tradizioni differenti quanto riuscire a farle convivere assieme. BATTIATO: Non solo convivere, ma anche farle reagire. Restringendo questo discorso al campo dell'opera, da Genesi a Gilgamesh infine a quest'ultima opera: il concerto, la possibilit di comunicazione pu avvenire solamente attraverso il mito perch necessario come ripresa di un archetipo collettivo? BATTIATO: Da quando collaboro col nostro professore cambiato una cosa determinante nel mio lavoro. Quando in passato ho preso, come lei definisce, un archetipo, un eroe d'altri tempi, l'ho fatto perch avevo bisogno di utilizzare una drammaturgia che mi servisse per descrivere in un certo modo lo scopritore di mondi ultraterreni, quindi di utilizzare una meccanica classica, sempre uguale, sia per Genesi che per Gilgamesh: la meccanica del viaggio. Con l'arrivo dei libretto di Sgalambro, parlo dei Cavaliere dell'intelletto, non ne ho avuto pi bisogno perch il libretto partiva con questa straordinaria teoria della Sicilia, di una bellezza spudorata. Mi accorsi che come compositore dovevo semplicemente capire quali erano le cose da musicare. Negli altri percorsi la storia era una storia parateatrale, una specie di sceneggiata dietro le quinte. Ad esempio in Genesi ho utilizzato per il testo diverse lingue come il sanscrito e il persiano proprio perch non me la sentivo di raccontare in italiano, avevo come il ribrezzo verso il melodramma tradizionale con tutta la sua retoriche, non sono pi tempi, viviamo un epoca velocissima, abbiamo bisogno di sintesi. Con Sgalambro abbiamo avuto il miracolo della comunicazione. Il suo testo l'ho lasciato come teatro puro e sono intervenuto con la musica solo nei momenti in cui poteva alleviare le pene della parola. Quella parola pura mi fece venire in mente che in effetti stavamo entrando in un nuovo genere di proposta teatrale, e quando lbsabin dice a Federico: Dio tutto Federico, unirsi a lui il fine sentivi proprio la platea, era una cosa miracolosa,- allora l individui, quando la parola fatta con arte e contiene concetti alti, che la musica pu solo disturbare. L'opera ha un bilanciamento bellissimo tra le parti musicali che alleviano la parola e l'aissoluto rigore di questa parola.

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Pensavamo alla frase mi ispirano paesaggi senza alcuna idea di movimento da Moto browniano. Il paesaggio nel suo lavoro e nel suo pensiero ha uno svolgimento, una sua riflessione? SGALAMBRO: Quando uno scrive non sempre se stesso; se adopero una chiave nella porta adopero me stesso? Attraverso me stesso adopero una cosa: la chiave. Moto browniano: supponiamo che queste due parole unite assieme formino un corpo oggettivo. E qualcosa che va descritto. Ma descritto poco: che va sciolta in quelle che sono le sue componenti. Eppure, in ci io non faccio un'operazione dove sono solo io: l'io subto dalla cosa, che mi sopporta. In questa sopportazione che l'oggetto del nostro scrivere, del nostro poetare, musicare, pensare, ha verso di noi, in questa sopportazione e nella sua consapevolezza c' forse un diverso rapporto, che in qualche modo fa s che la cosa non venga ad essere assorbita in me. Sono io, ma fino ad un certo punto: sono una sua pedina, se vogliamo, e nemmeno accettata: sopportata. Nei discorsi che facevamo attorno al paesaggio sostenevamo che il soggetto diventava un luogo, non era pi il centro della scrittura ma uno dei luoghi, o meglio una mappa dei luoghi. Ci potremmo ricollegare a tante cose che Battiato ha scritto, canzoni in cui la geografia viene prelevata in una specie di cut-up e poi rimontata in una atmosfera che d l'immagine del tutto; una forma questa di archetipo moderno, di mito collettivo attraverso il quale si pu comunicare a tutti. BATTIATO: Mi piacerebbe, ma vorrei rispondere a Sgalambro dicendogli che se un contenitore di colore nero non pu dare l'azzurro allacqua. La cosa ti pu possedere, ma non importante quanto il fatto che solo l'occhio attento di un determinato osservatore pu posarsi su certe cose. SGALAMBRO: Supponiamo che ci sia un cammino, un iter. C' un momento in questo cammino in cui - parlo di quello che conosco un p meglio, cio il mio mestiere, che poi se togli nel filosofore il lato dei mestiere, si toglie la zavorra, e un filosofare che non avesse la zavorra, la gravezza materiale, se ne andrebbe chiss dove - un momento in cui chi fa questo mestiere un artigiano di cose. Un artigianato essenziale, e in questo momento uno pu scrivere o pu parlare o pensare, pu descrivere questa cosa come se non lo riguardasse. Ma questi giochetti sono necessari come alla musica di Battiato sono necessari certi giochetti perch essa si componga, si formi con una grana di cose. Allo stesso modo nel pensare c' questa granulosit ed il momento della cosa; ed appunto il momento della cosa che non una manifestazione mia, un me che si oblia. Per fare circolare una parola che lei ha usato: l'artgianato genera grazia. SGALAMBRO: Perch no.

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D. Dalla forma aforistica de "La morte del Sole" al "Dialogo sul comunismo". E' indifferente la scelta di un nuovo genere? R. Via via che si scrive, lei sa, si cerca di incardinare ci che si pensa, o le proprie emozioni, in un certo tipo di scrittura, o, meglio, in una certa organizzazione di scrittura, organizzazione in questo caso dialogica. Io poi ne ho scritti due di dialoghi, perch pubblicai un "Dialogo teologico" qualche anno fa con l' Adelphi, e dicevo che erano dei falsi dialoghi. In realt "Augustinus cum Augustinum", come dice Agostino da qualche parte, cio era Agostino che parlava con Agostino. E quindi in sostanza cho il sospetto che i dialoghi siano in realt falsi dialoghi. Ma in ogni caso, lei dice perch il dialogo: perch appunto ti permette di stabilire questa specie di sfalsatura fra te che dici e un altro te, che indubbiamente c' ormai pacifico per tutti che i "me" in ciascuno di noi pullulano -, che in qualche modo fa da cassa di risonanza o riprende ci che dici. Quindi la parola dialogo va presa in senso "losco" direi, non in senso diretto, cio va presa, bassamente, per dir cos , per celare, o manifestare, o celare e manifestare, un certo tipo di operazione, un certo tipo di rete, con cui agganciare. Perch , infine, se noi scriviamo, scriviamo s per ordinare, per dar peso, gravezza, materia alle idee che altrimenti fluttuerebbero, anzi forse nemmeno, perch sarebbero solo una pasticciatissima nebulosa, ma anche per agganciare il lettore, e questa volta la forma scelta stata quella del dialogo. D. La sua filosofia appare come diretta pi a discepoli che ad interlocutori... R. Lei ha perfettamente ragione. D. E quindi la scelta del dialogo non potrebbe a questo punto apparire come una deviazione, un'apertura verso un altro tipo di approccio? R. Il dialogo circolare. In realt non ci sono interlocutori. L'interlocutore partecipa il minimo indispensabile perch ci sia questa specie di partita a tennis Io scrivevo una volta questo qui, pi o meno. Riportavo un esame di docenza che fece Schopenauer in una commissione in cui c'era anche Hegel. Fu proprio Hegel a porgli la domanda: se un cavallo si sdraia sulla strada quali motivi vi sono o cause? e allora nell'incontro tra questi due grandi filosofi, l'uno la cui grandezza la conosce solo lui, (Schopenauer), l'altro la cui grandezza cominciava ad essere abbastanza diffusa (Hegel), si danno ad una specie di dialogo veramente buffo: a stabilire se erano cause, se erano motivi. Cio mi parve

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che questa fosse una contraffazione del dialogo, che metteva per in evidenza il dialogo cos come effettivamente , e in ogni caso con questo mi pare che si chiuda l'era del dialogo in filosofia. Nata con Platone essa si chiude con questa buffa faccenda, di due grandi che si incontrano e non sanno parlare altro che di un cavallo... D. Perch proprio un dialogo sul comunismo? R. Ecco, e cos andiamo all'argomento, perch vorrei che si chiarisse un equivoco. Comunismo, qui, vuole indicare esattamente questo: innanzitutto questo slancio per dir cos , che tipico della nostra civilt. Ma voglio indicare piuttosto un pericolo che in questo momento vi . C' una gerarchia di comunismi, vi sono pi comunismi, certamente, non nel senso storico, ma nel senso ideale. E questo comunismo di cui mi preoccupo io proprio il venir meno e l'individualizzarsi dell'idea di verit, il crollo della comunit scientifica, che comincia ad essere individualizzata anche nella scienza, anche nella fisica. La fisica parla oggi di principi quasi individuali nel suo ambito, ad esempio qualcuno ha potuto parlare di una fisica a misura d'uomo, perch il fine quello che l'uomo goda, che abbia piacere, una fisica che stabilisca la possibilit di una libert nell'ambito dell'universo: una fisica come un'altra, cio a dire, pu essere benissimo una fisica accettabile. Oggi vi il nuovo principio antropico: anche questo obbedisce a esigenze dell'individuo nell'ambito della fisica, cio a proiettare le nostre esigenze di finalit, di soddisfazione, nell'ambito di una disciplina come la fisica che era stata altera, si era presentata come un assoluto sdegno dell'umano. E l'idea di verit, espunta dal contesto della filosofia o ridotta a un fatto individuale. Ecco qual la mia preoccupazione e qual il comunismo di cui parlo: tentare di destare l'allarme per il venir meno di idee di verit comuni, di un comune senso della scienza, di un comune senso dell'operare all'interno del sapere. Il frammentarsi in principi individuali di tutto quanto l'assetto del sapere, per cui il comunismo in definitiva - in questa gerarchia di comunismi che nel libro pi o meno adombrata, per quello che mi interessa -, proprio il ristabilirsi di una comune idea di verit, di cui oggi impossibile parlare, perch una cosa del genere fa ridere. Ma, lo ripeto, soprattutto per quanto riguarda l'ambito del sapere, laddove esso frammentato in saperi individualizzati - e il principio individuationis frusta a sufficienza non solo le filosofie che sono ormai quasi personalizzate: ciascuno ha la sua, come ognuno ha la sua cravatta, la sua donna -, ma anche in quelle che sono le discipline rettrici della civiltoccidentale, la matematica, poniamo. Ecco: mentre gli altri si preoccupano del comunismo dei bisogni, de la merde, - come io lo chiamo -, io mi preoccupo di questo, che certamente sarsuperfluo, ma che a me dl'impressione che sia bisognevole di un occhio attento: perch stiamo perdendo la "comunit" di questi beni intellegibili, di questi beni spirituali, che si frammentano e

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diventano proprietdi piccoli o grandi proprietari che ne fanno in qualche modo un fatto personale, a s . D. Quindi un interesse per il comunismo da dove meno ce lo si aspettava? R. Certo, il comunismo per quello che interessava veramente me . D. Lei ha scritto un libro intitolato "Dell'indifferenza in materia di societ". Questo suo interesse per la filosofia come verit, questo comunismo inteso come riverca di verit comuni, ha a che fare invece con un interesse per la societ, pu servire alla societ? R. Io personalmente ritengo che l'interesse per la societ sia un interesse sussidiario e avventizio. Il primo interesse per l'uomo non credo sia la societ, la societ un dato: ma un dato questo pavimento, un dato che devo apripre la porta se voglio entrare , un dato che sono in una societ perch nasco,sono buttato gi, nasco in una societ: ma questo non significa che io dirigo le mie intenzioni e i miei sforzi al pavimento in cui cammino, certo, se non ci fosse il pavimento io crollerei, se non ci fosse la societ, cio tutto il complesso, l'organizzazione che forma la struttura di una societ, probabilmente non soddisferei i miei bisogni, sarei privo di molte delle cose che formano il mio benessere, ma questo non significa che io debba ritenere primaria la societ, la societ come il pavimento, come la porta, strumenti che mi giovano, che mi servono ma non il mio interesse. Io credo che l'interesse primario, qui bisognerebbe considerarlo all'interno della nostra civilt, e per me la civilt quella occidentale o non , non sia la societ ma l'arte, il produrre, anche il generare pu essere interesse primario, ma non sia dia l'interesse primario alla societ, soprattutto non si dia a quelli che di questa societ si fanno per dir cos portatori, i falsi servitori di essa, o quelli che se ne fanno padroni, cio il politico, la politica, che diventata nel nostro assetto sociale, europeo, talmente primaria da abbattere qualsiasi interesse o da ridurlo sotto di s : questa per me un'oscurante sconfitta delle cose dello spirito. D. Qual questa verit comune che lei ravvisa nel comunismo? R. Io dico l'idea di verit anzitutto, cio il perseguire l'idea di verit, le cui caratteristiche sono, risibili per l'uomo comune, ovviamente, l'idea di unicit, l'idea di eternit: oggi i filosofi hanno idee pi comuni dell'uomo comune , ritengono che l'idea di verit sia un ferrovecchio, noi abbiamo perso i grandi principi che abbiamo, che ci tengono, ma che noi possiamo ammirare e contmplare, cos come l'uomo della tecnica ammira le pi grandi invenzioni di quest'et tecnologica: anche l'invenzione dell'imperativo categorico, della nozione di legge, in senso fisico come in

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senso sociale, queste cose sono proprio il grande patrimonio comune che si sta smembrando e sta diventando invece propriet di singoli, perch ci sono, si, non soltanto i grandi proprietari di ricchezze materiali, ci sono anche i grandi proprietari di ricchezze intellegibili, delle idee, come se in sostanza delle idee ne fosse padrone questo o quel filosofo; ecco, se noi diciamo le automobili della Fiat, ci accorgiamo dell'onta, del disdoro che c' nell'affermazione, ma se diciamo le idee di questo o quel filosofo non ci accorgiamo quasi di questo senso in cui idee comuni,patrimonio di intellegibilit, almeno dell'elite europea, diventano propriet di uno, di grandi proprietari del pensiero, i quali ne fanno l'uso e l'abuso che vogliono. Perch , e con ci vorrei concludere, la ricchezza materiale, solo quella, non possibile rendere comune, checch se ne dica, perch essa strettamente individuale, mentre proprio l'altra, la ricchezza spirituale che comune in se stessa e che per accidente oggi sta diventando singola, individuale. E' questa che bisogna rendere comune. D. Ma questa sembra impresa difficile, visto che lei definisce la scuola "una barriera opposta al male del sapere" R. La scuola in realt una grande neutralizzatrice.La scuola pubblica europea nasce con la funzione di formare, di educare, di istruire, ma in maniera tale che tutto ci che viene impartito sia neutralizzato in partenza: il sapere il veleno quale pu essere in un trattato di tossicologia, cio innocuo, descritto ben bene ma in cui manca proprio l'elemento primo, la possibilit che se tu tocchi gli occhi o lo ingerisci muori o resti deturpato: ma questo non il volere o non volere dell'insegnante. E' proprio l'assetto specifico del sapere scolastico: Essenzialmente neutralizzatore esso deve togliere l'elemento non formativo, non educativo che vi nel sapere: Lei pensi a un Beaudelaire, nelle scuole francesi, preso cos per com', sarebbe dirompente....o a Leopardi nelle nostre scuole...

Sono sette anni che Franco Battiato ha spostato la sua dimora stabile da Milano a Giarre Proprio come i ritmi che, da sette anni esatti, con ogni tempo e in ogni stagione, cadenzano le sue giornate: la sveglia alle 5 del mattino, poi la contemplazione del paesaggio (quasi a voler riempire il cuore e i polmoni di tutta quanta l'aria di Sicilia), poi l'ascolto, per una mezz'oretta buona, di musica classica. Seguono lo yoga e la meditazione; poi, alle 7 e 30 precise, la colazione, quindi il lavoro fino all'una. Dopo pranzo, immancabile, il riposino pomeridiano, e poi ancora il lavoro dalle 3 alle 8 di sera. E solo a questo punto Battiato si concede una cena frugale, il rito del Telegiornale, la visione di un film in cassetta.

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Da quando qui, lei ha deciso di affiancare all'attivit di musicista anche quella di pittore: pittore di icone, soprattutto. Come nata questa passione? "Pi che una passione, direi che quella della pittura stata una necessit. La necessit di porre rimedio a un difetto troppo grande: la mia totale incapacit di fare qualsiasi cosa con le matite e i pennelli, il mio blocco di fronte alla trasformazione di una cosa vista in una cosa trasposta su tela. Quella della pittura stata una sorta di sfida con me stesso. E ora - che i miei dipinti piacciano oppure no - credo di poter affermare di averla vinta, questa sfida. Ora so che cos' la prospettiva, ora ho capito che la pittura e la musica occupano dimensioni totalmente diverse, anche se complementari, nella mia mente e nel mio cuore". Altra singolare coincidenza: sono molti anni che lei pratica il sufismo, ma solo da quando qui ha deciso di rendere pubblica ed evidente la sua fede religiosa. Come mai? "E' molto semplice. Pur senza voler convincere nessuno l'indottrinamento non fa certo parte del mio bagaglio filosofico e culturale - trovo che non sia male lanciare segnali evidenti di un certo genere di testimonianza. E' un modo di dire a chi ti segue e a chi ti apprezza: 'Stai all'erta, qualcosa in te pu cambiare'. Cos come cambiato in me". Mi tolga una curiosit, e mi perdoni la banalit della domanda: che cosa l'ha spinta a "scegliere" il sufismo in luogo - che so - del buddismo o della teosofia? "Direi che l'ho abbracciato per una questione di vicinanza, per quella sorta di illuminazione che ti pervade quando ti accorgi di aver trovato proprio quello che andavi cercando. In altre parole, io sono legato al sufismo perch ho scoperto che il mio mondo interiore assolutamente uguale a quello dei mistici sufi, in particolare per quel che riguarda la concezione della sofferenza". La sofferenza? "S, proprio la sofferenza. Da non intendersi nell'accezione 'normale' del termine, come quel 'qualcosa' che in genere pervade i rapporti di coppia e provoca le liti e le rotture coniugali: ma, semmai, nel suo senso pi universale e trascendente, vicino a quello stato che generalmente viene classificato come 'angoscia'. Bene, questo sgomento, quando sopravviene, implica una totale inabilit nei confronti delle faccende della vita, impedisce ogni comprensione di quel che sta succedendo. E, quando viene portato alle conseguenze estreme, assomiglia a una tempesta cosmica che si abbatte su un individuo inerme: totalmente incapace di sopportare anche una briciola minuscola del suo furore. Proprio questo tipo di sofferenza, che pi volte ho sperimentato sulla mia pelle, stato il tramite che mi ha avvicinato al sufismo". E' a questo tipo di sofferenza che si ispirato per scrivere "Il Re del Mondo", la canzone che prende a prestito il titolo di un famoso saggio di Ren Gunon?

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"Direi di no: perch 'Il Re del Mondo', pur descrivendo una situazione assolutamente opprimente, , tutto sommato, una canzone abbastanza serena. Direi anzi che l'unico riferimento a una sofferenza come quella che ho tentato di descrivere in precedenza si trova in una canzone del mio ultimo album, "Lode all'Inviolato". Nel passo dove canto: 'Ne abbiamo attraversate di tempeste, e quante prove antiche e dure...'". Sempre da questo punto di vista, una canzone prettamente politica come "Povera patria" sembra quasi anomala, nella sua produzione.. "Infatti proprio cos. A pensarci adesso, avrei preferito non farla: perch la 'politica' non proprio il mio mestiere. Ma ci sono stato costretto per l'indignazione che provavo - e che tuttora provo - di fronte alla volgarit dei politici. Una volgarit che mi fa realmente orrore, e che si manifesta nella totale insensibilit per le esigenze degli altri". Che cosa la spinge, dunque, a scrivere musica? Musica cos diversa, fra l'altro? "E' molto difficile rispondere a questa domanda. Perch si tratta di una sorta di 'necessit arcaica': di un qualcosa che preesiste a me, e che utilizza qualsiasi tipo di linguaggio, dal canto gregoriano fino al techno-pop, per comunicare a chi ascolta i miei sentimenti. Per, aldil delle differenze formali, ci che trovo invariabilmente presente in tutti i miei lavori, da quelli 'avanguardistici' degli anni Settanta fino alla mia recentissima 'Messa arcaica', una ricerca costante della bellezza, dell'armonia, della fluidit delle soluzioni che si muovono all'interno di ogni linguaggio prescelto. Perch sono assolutamente sicuro che per comunicare certi sentimenti, certe emozioni, certe opzioni del cuore, necessario seguire strade ben definite". Strade come quelle della "Messa arcaica", per esempio? "S. E quest'esperienza, fra l'altro, stata per me estremamente significativa anche per altri motivi. Perch, per esempio, mi ha insegnato quanto sia strano questo nostro mondo musicale: dove capita di essere al centro di un tifo da mega-concerto rock anche quando si suona in una chiesa, anche quando si esegue un'opera che si muove lungo un tenuissimo filo orizzontale. Tutto questo molto gratificante, intendiamoci: ma certo che non mi sarei mai aspettato di vedere il Duomo di Orvieto trasformarsi in una sorta di Palasport, al termine dell'esecuzione...". In Cammino Interminabile hai usato per il canto luso del dialetto siciliano, un omaggio alla tua terra. Per me luso dialettale bellissimo, mi piace molto, limportante che non sia un fattore usato per esibizionismo, come fanno alcuni politici e anche letterati. Questa canzone si far apprezzare al di l delluso del dialetto, perch se vero che non tutti capiscono il siciliano, altrettanto vero che la musica va oltre laspetto dei testi. E importante che ognuno interpreti a suo gusto un verso o una canzone. Apprezzo quello che dice Sgalambro al

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proposito, quando asserisce che il dialetto un duro linguaggio della necessit, il momento animale della lingua, il desiderio di animalit. Chi parla di musicalit del dialetto non sa di che cosa parla: se la lingua storica e culturale, il dialetto cosmico. Chi muore, muore in dialetto!

La civilt quella assiro-babilonese e "Gilgamesh" un eroe divinizzato, mitico re d'Uruk, che ispir uno dei pi conosciuti poemi della letteratura di quella civilt: l'Enuma Lish. Su questa figura si intrecciano una serie di miti dell'Olimpo babilonese legati alla spiegazione di fenomeni naturali. Dove presenter il suo lavoro? Si tratta di un'opera che privilegia il trascendentale, ma devo ancora terminarla, non voglio che le mie idee, che devo ancora sviluppare, siano travisate. Per questo non ho accettato la proposta di far rappresentare in tv "Genesi". Lo schermo pu snaturare le intenzioni del rito. Vivo nel sacro e la mia musica riflette questa dimensione. Ma si tratta di qualcosa di diverso dal culto, e neanche la sua accettazione della Bibbia incondizionata. La lettura della Bibbia non mi ha mai veramente esaltato. Certo contiene aspetti stimolanti e alcuni elementi che hanno rappresentato le fondamenta per la civilt occidentale, ma dalla Bibbia non sono mai coinvolto in modo totale: anche per "Genesi", del resto, l'ho considerata soltanto un testo di riferimento. Non sono d'accordo con l'assolutismo a favore della Bibbia. Nell'interpretazione sono stati fatti errori grossolani, forse anche in malafede (pure Aristotele potrebbe essere raccontato diversamente). Esistono tanti altri libri mistici, il Corano ad esempio. La Bibbia fa riferimento a una societ di diritto piuttosto che di spirito. Dobbiamo imparare a dare pi importanza alla meditazione che alla ritualit dei gesti comuni: quando entro in chiesa faccio fatica a fare il segno della croce. Quando mi accorsi che non ero capace di comandare il mio corpo, non ho pi abbandonato la ricerca spirituale. In questi anni ho incontrato molte verit, ho girato monasteri di tutto il mondo apprendendo le diverse tecniche di meditazione spirituale. Mentre per lo studio di uno strumento tutti sono concordi nel ritenere che sia indispensabile il rigore, pochi riconoscono l'importanza del rigore nella ricerca interiore. I mistici sono, invece, la razza pi intelligente che conosca. Oggi sono capace di concentrarmi nel silenzio, una sensazione che diventa materia. L'abbandono totale non sempre consente una completa sintonia con l'esterno. E' necessario ascoltare gli altri, solo cos possiamo comprendere

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la vera musica. La meditazione importante. Il giudizio di un singolo ti pu devastare, quello della collettivit ha un valore effimero. La musica per me uno strumento per raggiungere certi livelli spirituali, ma non sono d'accordo con chi vuol accomunare tutto nella categoria del sublime. Preferisco vivere ritirato oggi, faccio quasi fatica a uscire. "Gilgamesh" sar una grande opera, un lavoro inedito.

Medito tutti i giorni, allalba e allimbrunire. Dice proprio cos, allimbrunire, usando questo termine arcaico che trasmette un senso di calma e al tempo stesso di malinconia. Quando? Direi trentacinque anni fa. Io sono nato nel 1945, ma la mia vita ha iniziato a definirsi tale quando ho scoperto la meditazione, nei primi anni Settanta. La pratico due volte al giorno, come gli egizi. Cambio orario a seconda della stagione. Comunque, non sono regole fisse, se ho degli impegni la sposto. Ma mai rinuncerei, per me diventata una cosa indispensabile, non potrei vivere senza. Adesso lesoterismo va molto di moda. Ci sono scuole di meditazione yoga, sufi, addirittura Spa che mettono a disposizione pacchetti di massaggi anticiccia e meditazione antistress. Lei che meditazione pratica? La mia una meditazione personale. Negli anni ho letto e raccolto tutte le indicazioni possibili. Poi ho scelto la mia linea personale. Medito dai quaranta ai cinquanta minuti. Quando ho iniziato, negli anni 70, impiegavo mezzora a rilassare tutto il corpo. Oggi in una frazione di secondo riesco a ricollegarmi con tutto il lavoro che ho gi fatto. Se ci sono alcune parti che si devono sciogliere, se sei pieno di nodi, difficile cogliere qualcosa. leterna lotta tra il s e il no. Allinizio il corpo, non essendo ammaestrato, ha le sue necessit, non vuole stare fermo in quella posizione, ti suggerisce scuse di tutti i tipi, impegni immaginari, impegni che non si possono rimandare. Invece, tutto rimandabile. Perch ha cominciato? Ho iniziato per necessit, per problemi esistenziali. Una persona a un certo punto della vita si ferma e cerca di capire: perch fai cos? Avevo 24 anni. La politica non mi ha mai interessato. Con il movimento non ho mai avuto contatti. Ho ancora un senso di notevole sgradevolezza se ripenso alle occupazioni, alle aule magne con molti che poi ho scoperto terroristi.

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Gi allora avevo capito che si impegnano molte pi energie nelle faccende effimere che in quelle serie. Per lei il sociale non esiste? Con il tempo ho scoperto che aumentando un certo tipo di sensibilit si pi vicini alla gente, ma da lontano. una strada che anche mostrandoti che sei miserabile ti porta ad accettarti e correggerti. Fin da giovane ho sempre avuto grandi sospetti verso quelli che se la prendono sempre con qualcun altro e mai guardano a se stessi. Lei in che cosa crede? Come scrisse Rumi: Io non sono musulmano, n induista n cattolico. Non credo n al cielo n alla terra. Dopo un certo numero di esistenze (credo nella reincarnazione) si spera di entrare nel mondo del non ritorno. Anche il protagonista del suo film Perduto Amor, scritto insieme con il filosofo e amico inseparabile Manlio Sgalambro, scopre un certo tipo di letteratura esoterica. Come arrivato a queste coincidenze? Scoprii per primi i mistici indiani: Yogananda, Aurobindo. Poi sono passato al buddhismo, ai sufi, e soprattutto, fondamentale, al sistema di Gurdjieff. Maestri ne ho avuti tanti. Tra i nostri occidentali Santa Teresa DAvila, Giovanni della Croce e poi tutti i padri del deserto, SantAgostino. Ho iniziato da autodidatta. Ho imparato a ordinare il disordine, a non disperdermi. Dice Gurdjieff: Il tempo prezioso, non sprecarlo per cose che non siano in rapporto con la tua meta. Autodidatta, come in tutte le altre cose che lei ha fatto. Dalla musica alla pittura, al cinema. S, anche con la musica ero un orecchiante. Poi ho incontrato Stockhausen, che mi ha proposto di interpretare una sua opera e non poteva credere che non sapessi leggere la partitura. Cos ho iniziato a studiare la notazione classica. Anche con i testi sacri, sono come uno che va per mare come praticante e poi trova le carte nautiche. Che cosa il sacro per lei? Tanto per scherzare, posso dire che lunica zona del nostro universo dove non ci sono raccomandazioni. Il sacro non si pu comprare. Se non lasci la zavorra, in queste zone non entri. Con la meditazione lei riuscito a lasciare la sua zavorra?

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Io ci provo. Pi in alto vai pi la materia si fa leggera, pi hai la percezione di mondi delicati e sottili. Devi lasciare fuori le grossolanit e un certo genere di pensieri. Alcune sensazioni, un litigio, una guerra contaminano e i tuoi sentimenti sono tirati gi, verso il basso. Per il basso esiste. Il sociale come luogo comune non mi interessa, invidie e gelosie sono mondi che se non si riesce a eliminare almeno si deve cercare di controllare. Paul Valry ha scritto una pagina di indimenticabile bellezza sulla competizione tra gli uomini. Il competitivo ha bisogno dellaltro, da solo non nessuno. C' una grande tensione filosofica, oggi, sulla verit. L'ermeneutica, per esempio, fa parte dei tentativi di legare l'estetica alla verit piuttosto che all'emozione e alla sensibilit. A me non risulta. Vedo scomparire il concetto di verit, vedo la prevalenza del concetto di opinione, quasi identica alluomo. Il concetto di verit non ha pi autorit. Viene espulso dagli stessi contesti in cui sembrava fosse essenziale alla vita stessa. Le grandi prese di posizione di fronte a questo concetto la scarnificano. Bisogna avere una buona dose dingenuit per poter professare il concetto di verit, che dovrebbe avere i connotati classici, che dovrebbe essere filosoficamente piena... come quella di cui parlava Husserl nelle Ricerche logiche: la verit che identica e una per angeli, di, mostri e uomini. Epper Husserl dice in seguito anche che il mercante al mercato ha la sua verit. Che ogni uomo ha la sua verit. Come suo postero mi accadde di mettere queste due accezioni in stridente e meccanico contrasto. Il prima e il dopo. Ma poi Husserl voleva anche lui guarire la civilt dai suoi mali, era diventato un "medico" della civilt. Le civilt hanno per essenza limiti intrinseci. Se oggi sfogliamo il Gibbon, possiamo notare che la campana suona sempre allo stesso modo: la senescenza del mondo, i giovani che non ci sono pi, il fatto che si vedano soltanto vecchi, il senato delle donne, molti danni... La civilt non ha mali, tutto un male che poi sfuma, come ogni altra cosa. Lei d un enorme rilievo alla comunicazione del pensiero. La possibilit di pensare insieme. Comunit di pensiero, pi alto rispetto allamore e alla sessualit. un pensiero o un desiderio? Io credo sia insito in ogni essere pensante. Filosofare insieme, io credo anche sul piano dello scambio emotivo, pur sempre nella vicinanza dei corpi, uno splendido momento che ho provato da giovane, quando filosofare non era un mestiere. Chiedersi e rispondersi sulle cose stesse. Nel mio rapporto coi libri la parte dellodio stata superiore a quella

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dellamore. Dietro il libro cercavo il conforto della vita, la corrispondenza con ci che si chiamava vivere. Non attraverso il libro, che era un pericolo, ma attraverso un filosofare comune. Lo considero un momento di alta possibilit di rapporto. Ma quanto pu interessare... un rapporto di pochissimi. Gi il fatto che si faccia filosofia solo nelle universit! Laddove si filosofa, quello il luogo della filosofia. Pu essere un bar, un ospedale. L c, e allora quello diventa il luogo. Ci suppone una temperie culturale: che sia abbandonato questo miserabile concetto di cultura; che si ritorni a una concezione Ottocentesca che illustra meglio i vari echi del pensiero. Il brillare di luci varie. Il concetto di Spirito, il luogo dove pu avvenire questo rapporto. L dove penso, l filosofare. Non si pu filosofare senza luogo; sarebbe portarlo a unastrattezza tale...! Il rapporto tra il filosofo e il potere si va intensificando. Non ovunque, non un servitore... Ma Cacciari sindaco di Venezia, lei ha relazioni con il potere catanese... Come lo spiega? A volte mi sembra che il filosofo sia un tiranno fallito. Ha rapporti con colui il quale pu realizzare ci che pensa. Avviene che il filosofo si avvicini al potere. Il potere dei giudizi tende a diventare un potere dei fatti e delle cose. Il tiranno che in lui viene oggettivato nel tiranno politico. Di fronte alla beffarda realizzazione dellidea, il filosofo si ritira. Il tiranno insister ma il filosofo si ritira. Tranne nei casi in cui lavvicinamento al potere coessenziale alla miglior parte. Ma il filosofo non ha i mezzi per imporre le sue idee. Ha solo il potere dei giudizi. In momenti come questi, di trasformazione, il filosofo al massimo tentato di avvicinarsi al potere. la follia del potere che lo prende. Potrebbero essere lui e i suoi giudizi a trasformarsi in potere. E un pericolo per lui. Mi sbaglio o recentemente lei ha riflettuto sul comunismo? S, ho scritto un "Dialogo sul comunismo". La riflessione riferita ad un comunismo particolare, un comunismo della verit, non il comunismo rozzo della condivisione e della soddisfazione dei bisogni. E quello in cui in comune sono messe le cose; un comunismo dello spirito. Io credo che si dovrebbe ripristinare il vecchio esercizio spirituale, lesercizio della filosofia come nellet ellenistica. C contemporaneit fra let ellenistica e la nostra. Lesercizio e la disciplina della mente sono essenziali sul piano del pensare, non solo su quello dellessere. Io preferisco il pensiero. Anzi, lessere mi fa schifo... ontologicamente parlando. Il pensare non solo mi diletta, e io credo che sia unipotetica bilancia sulla quale possiamo buttare qualcosa a favore di questa specie immonda che siamo. Credo in questo congegno, in questa misteriosa faccenda che , infine, il pensare. C bisogno di una disciplina che non proviene dalla pratica, ma dal teorizzare. intrinseca al fatto di come vivere meglio per poter pensare, non come

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pensare per poter vivere meglio... Come pensare meglio, questo il mio problema. C dolore quando si esce dal pensiero e si entra nella pratica quotidiana? Io credo che si possa vivere come un chierico nel mondo, quasi senza esserci; quindi non c lacerazione, non c dolore. Credo anzi che si possano raggiungere spazi di gioia, riuscendo a disciplinare il pensare, a vedere in atto questa trasformazione delle cose in idee, che fu appannaggio di tutti i filosofi nellet doro della filosofia. Era lepoca in cui la meraviglia di trasformare le cose in idee era ugualmente il loro godimento. Recentemente ho letto il libro di Kupfer "Lesperienza come arte", dove si legge un capitolo dedicato allestetica della violenza, come un aspetto che connota il nostro secolo. La violenza, secondo lui, non si produce pi a causa dellemarginazione, ma si produce perch questa societ non garantisce e non favorisce pi la possibilit di intrattenere relazioni estetiche con il prossimo e con il mondo. Lisolamento, non quello dellintellettuale, ma della gente comune, genera violenza, che ormai gratuita, senza pi nemico... Innanzitutto il nemico laltro, la sordit dellaltro. Laltro sordo non perch lo diventato, ma perch noi siamo in una situazione di maggiore consapevolezza e dunque di maggiore richiesta. Quindi laltro, allorquando la porta non si apre, cerca di sfondarla, di spaccare tutto. La violenza un modo, oggi, di attestare che laltro c, ma attraverso uninversione del rapporto classico che ci attestava laltro con lamore. La violenza questo capovolgimento che richiesto dal capovolgimento delle cose, cio dal fatto che laltro, il nostro prossimo, oggi, distante. Chiss quanto grande questa distanza! Io credo che la violenza sia proprio dovuta allaumentata consapevolezza della sordit che c nellessere altro... ed io nellessere altro da lui. Sono elementi che prevalgono in questa nostra societ: come lesagitazione del coito, che nel momento dello spasimo ci accerta che noi abbiamo un rapporto con laltro, quando laltro grida, c, e io penso: "sono con uno, sono con laltro". Il grido, il mugolio, te laccerta. Ecco, la violenza lestremo punto a cui giunge chi, quando bussa dolcemente, non gli si spalanca nulla. Allora insiste sempre pi forte. Al termine dellatto, c laltro. La bellezza lattesa, lattesa dellaltro, di poterlo contemplare? Io credo che lattesa, la pazienza, una lunga linea che in tempi come questi si vuole accorciare. Lattesa deliziosa, si pu godere dellattesa. I nostri, non sono tempi di attesa.

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Professore, quando nasce il suo amore per la filosofia? Gi all'et di nove anni avverto un amore dissennato per qualcosa che non conoscevo. M'incapriccio del mistero che rappresentava la parola 'filosofia', in una Lentini di tanti anni fa. Scopro che facevo gi filosofia senza saperlo, che dentro di me vi era un fuoco che bruciava, come in quella splendida immagine in cui S. Tommaso equipara l'inferno ad un luogo in cui l'uomo brucia alla semplice visione del fuoco. E poi, cosa succede? Prendo i primi contatti con l'Universit e conosco un professore che parlava, con un ridicolo accento napoletano, dell'Uno di Plotino. Ne avverto l'assurdit, di natura estetica! Da giovani certe cose urtano con la propria sensibilit, per una mancanza di eleganza interna. Naturalmente, la filosofia un'altra cosa! Ritengo che bisogna tornare al concetto di "natura filosofica", una disposizione misteriosa a filosofare, che non vuole essere spiegata, e che ci porta continuamente a trasformare il problema di ordine generale in particolare e viceversa. Allora bisogna lottare per raggiungere un equilibrio all'interno di questo tramutarsi delle cose nelle loro ombre, nelle idee. Quando ha iniziato a scrivere? Avevo gi circa vent'anni e pubblicavo degli articoli dai temi forti, su una rivista romana, diretta da Vittorio Chiaromonte e Ignazio Silone, "Tempo presente", che tra l'altro pagava piuttosto bene, per quei tempi, mi davano 20.000 lire a colonna, poi sono passato ai saggi e ..... Ha mai percepito la dimensione siciliana come un limite, anche solo geografico? No, noi siamo isolati per il fatto che riteniamo di esserlo e condividiamo una sensazione che ci tramandano, che viene ben prima del reale isolamento. Mi racconta com' avvenuto il suo incontro con la musica e con Franco Battiato? stato, come spesso accade, un caso. Ci fu commissionata un'opera dalla Regione Siciliana: "Il cavaliere dell'intelletto". Franco fece le musiche ed io scrissi il libretto in pochissimo, una nuova febbre, una nuova malattia. Abbiamo fatto 28 recite, in diverse parti d'Italia. Poi gli proposi un disco di musica pop e lui volle musicare tali e quali alcuni miei testi, che riconosco erano un po' difficoltosi, cos nacque il CD "L'ombrello e la

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macchina da cucire", al quale fecero seguito alcuni altri, cui ho contribuito anche con la mia voce "truce". Questo episodio mi ricorda una sua frase: "getta la vita lontano da te e va a riprenderla". S, accade quando la disperazione dell'uomo diventa tale che si tramuta in senso dell'avventura, in una gioia dionisiaca, e cerca un obiettivo sempre pi lontano. la saggezza dei tempi in cui il soggetto solo, e la societ 'dissociet'.

Il libro tibetano dei morti. Lo lessi all'inizio degli anni Settanta. La prima volta fu un'esperienza traumatica, perch stavo attraversando un periodo molto delicato. Non riuscii ad arrivare in fondo, non potevo neanche tenerlo sul comodino. La seconda volta lo lessi con maggiore padronanza. La terza mi ha fulminato. In che senso? Diciamo che l'ho fatto mio. Questo libro perfetto, ognuno lo assimila al proprio metabolismo, alla propria essenza culturale. Perch le distanze sono notevoli, a volte si incontrano delle descrizioni simboliche che sono reali, o viceversa. Io ho fatto un percorso molto preciso di ricerca, e quindi ho ritrovato delle affinit che non avrei nemmeno sospettato. Che cosa succede quando si muore? Tutto questo succede nei quarantanove giorni successivi alla morte fisica. - continua Battiato - Quelli della cosiddetta "esistenza intermedia". Il libro abbastanza crudo, non addolcisce nessun dettaglio. Ma al fondo c' la convinzione del buddismo tibetano che tutto "maja", cio illusione. E questa consapevolezza aiuta a sopportare anche le cose pi orrende. Il corpo come vanitas, come involucro transitorio e corruttibile dell' anima, anche un concetto cristiano... Per i buddisti, ci che resta di noi non l'anima ma il pensiero. Per un peccato buttare via il corpo, perch quello che d la possibilit di raggiungere la salvazione. E' un tempio, e come tale va rispettato. Il pensiero "poggia sul respiro". Quando si muore cessa il respiro, il prana vitale. Il pensiero resta solo, e comincia a errare. Fa qualche tentativo di rientrare nel corpo, e capisce che non possibile. Allora comincia la sua vita intermedia, in cerca di nuovi supporti. Il libro descrive un itinerario, dove a seconda del tuo desiderio, di quello che hai

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lasciato in sospeso, dei piccoli o grandi peccati che hai fatto, vieni attirato da una luce piuttosto che da un'altra. Soltanto a pochi eletti, a coloro che hanno raggiunto la perfetta coscienza, consentito superare il ciclo della morte e della rinascita. Gli altri sono costretti a rinascere come uomini o come animali. Lei ci crede davvero nella reincarnazione? Assolutamente s. E non su base fideistica. Ci sono arrivato per sperimentazione. E in che cosa le piacerebbe reincarnarsi? E' pi facile dire che cosa non vorrei. Non mi piacerebbe ritornare in regni animali. Preferirei rinascere albero. Oppure un uomo evoluto o qualcosa di pi. Sempre che ci riesca.... Rieccoci con il premio e il castigo, l'inferno e il paradiso. S, ma come ho detto tutto illusione, anche i mostri si manifestano perch tu sei cos. Proietti le tue paure. I ritorni sono i desideri che abbiamo lasciato, e solo quando abbiamo esaurito questi desideri possiamo ricongiungerci al pensiero puro, che l'origine di tutte le cose. Il libro dei morti ha ispirato qualcuna delle sue canzoni? Direttamente no. Beh, forse "L'ombra della luce" rappresenta in qualche modo questo desiderio di illuminazione. Non trova che certi mistici, pi che chiarire concetti o trasmettere conoscenze, si limitino a comunicare delle emozioni? Che in realt facciano poesia pi che filosofia? Non sono d'accordo. Prenda Abdal Qadir, "Il segreto dei segreti": quando l'ho visto in una libreria, in Inghilterra, i miei pensieri erano determinati da una sinistra ombra del vivere. L'ho aperto, e ci ho trovato quello di cui avevo bisogno. La bont d'animo dei sufi, la loro purezza era cos vera da sciogliere anche i ghiacci. Possiamo accusarli di fanatismo ma non di millanteria. Cos, quando uno legge i padri del deserto, anche se ateo deve rimanere affascinato dalle vette di queste intelligenze che lanciavano massi come i Rolling Stones. Permetta una domanda scontata, Battiato : l'ha trovato il suo centro di gravit permanente? Per fortuna no. Penso che sia impossibile. In compenso ho trovato qualcosa di importante. Non mi pi capitato di cambiare idea su una persona. Di fare una inversione a U.

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Manlio Sgalambro Poesie

Edizioni La Pietra Infinita 1998

I Dimmi, un attimo prima della putrefazione quali evidenze, prove mi porti della tua sorte? Mentre la lingua cade marcia quali parole pronuncia? Il seno che palpasti frollo, sfatto non ne gode il tatto come una volta mentre, dentro di me il tuo pene, sfrigolava la mia potta. Lei si volta e mi dice, sono morta.

II No, questa parola non basta! i tuoi occhi sono grumo giallastro, poltiglia stracca. Le tue guance un alito le stacca. No, questa parola non basta! E solo morte, questa?

III Seduto sotto i terebinti, sai a Mamre Jahveh mangia a saziet ricotta vitello arrosto e pane: se ne fotte il cane.

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IV Prover a cominciare dallinizio, ha detto Agatha Christie come un teologo provetto. Chi mi ha ucciso, dimmi chi mi ha ucciso? Scoprilo, tu che hai scoperto chi uccise John. Chi uccise Muriel chi uccise uninfinit di uccisi. Scopri chi uccise uberhaupt, si, uccide in generale. Persa, ogni fatica persa: Dio la morte stessa. ILLE OMICIDA ERAT AB INITIO.

V Allora Eud si accost al re e gli disse: ho una parola per te, gli disse da parte di Dio. La spada dal fianco trasse e gliela piant nel ventre nel grasso ventre da parte di Dio. Giudici, 3.20 21

VI Sfera di cristallo: stella era, stella ora imputridita a causa della vita. Stella sar. Via, per sempre. Disdici dalla terra ogni cosa che vive lascia solo una rosa. Mi empio di questa terra che daccapo la luce riprende risplende, lombra scompare sgombra rientra nello stanco tango universale.

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VII Lessere screditabile e saputo. Via stracci, veli, avvolto in stracci e garze, ci che resta tracce di biancospino attorcigliato Nudo Batillo. Dio e le leggi meccaniche dellurto, ecco tutto. Voglio che dal nostro abbraccio Trasudi idea Oltre che carne e scolatura. Umidori esalano dalla vagina, dal cervello il problema della verit matura.

VIII Ti sei lamentato bene pattoniere. Smarrito nelle ceneri scovavi sostanze mio Gringoire. Sui giacigli non stavi pieni di dubbi e di riposi. Nei golfi del Sud non cercavi giardini. Azzurri scogli dettano rapine e risposte alla fine. Mon dlinquant.

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