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Il

cavaliere
dell�intelletto

Opera
in
2
atti
dedicata
a
Federico
II
di
Svevia
nell'ottavo
centenario
della
nascita
(Jesi,
26
dicembre
1194)
per
4
attori,
soli,
coro
e
orchestra

Su
commissione
della
Regione
Siciliana
Assessorato
dei
Beni
Culturali
e
Ambientali
e
della
Pubblica
Istruzione

Prima
rappresentazione:
Palermo,
Cattedrale,
20
e
21
Settembre
1994
Libretto
di
Manlio
Sgalambro
Musica
di
Franco
Battiato

Edizioni
Casa
Musicale
Sonzogno
-Milano
L'Ottava
-Giarre

Una
voce

Teoria
della
Sicilia:
L�
dove
domina
l�elemento
insulare

impossibile
salvarsi.
Ogni
isola
attende
impaziente
di
inabissarsi.
Una
teoria
dell�isola

segnata
da
questa
certezza;
un�isola
pu�
sempre
sparire.
Entit�
talattica,
essa
si
sorregge
sui
flutti,
sull�instabile.
Per
ogni
isola
vale
la
metafora
della
nave;
vi
incombe
il
naufragio.
Il
sentimento
insulare

un
oscuro
impulso
verso
l�estinzione.
L�angoscia
dello
stare
in
un�isola,
come
modo
di
vivere,
rivela
l�impossibilit�
di
sfuggirvi
come
sentimento
primordiale.
La
volont�
di
sparire

l�essenza
esoterica
della
Sicilia.
Poich�
ogni
isolano
non
avrebbe
voluto
nascere,
egli
vive
come
chi
non
vorrebbe
vivere.
La
storia
gli
passa
accanto
con
i
suoi
odiosi
rumori.
Ma
dietro
il
tumulto
dell�apparenza
si
cela
una
quiete
profonda.

Vanit�
delle
vanit�

ogni
storia!
La
presenza
della
catastrofe
nell�anima
siciliana
si
esprime
nei
suoi
ideali
vegetali,
nel
suo
tedium
storico,
fattispecie
nel
Nirvana.

La
Sicilia
esiste
solo
come
fenomeno
estetico.
Solo
nel
momento
felice
dell�arte
quest�isola

vera.
ATTO
I

Esterno giorno piazza


Cattedrale
di
Palermo,
lontano un
gregoriano

Uno

Dimmi,
chi
si
incorona
Re
oggi?
(Finge
di
guardare)
Nessuno,
non
c��
nessuno
sul
trono,
nessuno
nel
corteo
(un
bambino
di
quattro
anni
non

nessuno).
In
fatto
di
magie
e
di
incantesimi
in
quest�isola
tutto

possibile.
Maghi
e
negromanti
fate
apparire
un
Re.
Lavorate
sul
vostro
fiato
e
sul
nostro
delirio.
Fatto
di
rugiada
e
simile
alla
bocca
di
un
fiore�.
Degno
di
noi,
insomma,�
Ma
ahim�,
non
vedo
nessuno
(un
bambino
di
quattro
anni
non

nessuno)�

Un
altro

Zitto,
rutto
pestifero
di
un
otre
piena
di
putridi
venti,
mangiatore
di
rifiuti,
pecora
pazza.
L�idea
di
sovranit�
si
incorona,
essa
in
persona
sieder�
sul
trono.
Ascolta.

Un
cancelliere
(dottorale,
compassato)

La
lingua
delle
lingue.
Marino
da
Caramanico,
rimanda
a
questa
fonte,
benedetto
il
Suo
nome,
al
signor
Seneca
che
nel
�De
clementia�
fa
dire
al
sovrano
dei
sovrani,
A
Nerone
s�intende:
�Io
sono
l�arbitro
della
vita
e
della
morte
dei
popoli.
Quale
debba
essere
la
sorte
e
lo
stato
di
ciascun
uomo
dipende
dalle
mie
mani.
E
la
fortuna
annuncia
per
mia
bocca
ci�
che
intenda
attribuire
ad
ogni
mortale��

Uno

Re

dunque
colui
che
mi
pu�
uccidere
in
qualunque
momento.
Fammi
schizzare
il
cervello
fuori
dalla
testa,
strappami
le
gambe,
appendimi
per
le
budella
in
cima
a
un
minareto
e
in
cambio�
lasciami
vivere.

Un
altro

Sputo
di
una
fogna,
continui
ancora?!�
saggi
consiglieri
circondano
un
Re
ed
egli
porge
loro
graziosamente
orecchio.

Uno

No,
Amico.
Il
becchino

l�unico
ministro
che
un
Re
ascolta.
Coro

�Christus
vincit.
Christus
regnat.
Christus
imperat�

Le
vie
di
Palermo,
vagabondare
di
bambini,
gente.
Daccapo un
brusio di
lingue,
frammenti
di
parole
si
sentono pi�
di
altre:
ebreo,
arabo,
greco,
tedesco (�un
latrato di
cane
e
gracchiare
di
cornacchia�).
Improvviso silenzio.

Dialogo tra
Federico e
Michele
Scoto

Federico

Messer
Scoto,
in
nome
di
Aristotele
fermati.
I
tuoi
ragionamenti
vanno
in
fretta.
Bisogna
fermarsi.
Fermandosi
Aristotele
trov�
un
Dio.
Ma
io
mi
contento
di
molto
meno:
chiuderti
la
bocca
per
un
momento.

Michele
Scoto

La
tua
maest�
sa,
signor
Re,
che
il
sillogismo

impressionante.
Vola
come
i
tuoi
falchi.
E�
forte
come
una
tigre�

Federico
E
poi?
Cosa
distingue
qui
un
ragionamento
da
un
muggito
di
bove?
Entrambi
hanno
una
forza
enorme.
Ascoltami
piuttosto.
Tutta
la
volta
celeste
della
tua
filosofia
crollerebbe,
capiscimi,
se
dovessimo
aspettare
l�ultima
mano
di
calce:
l�argomento
decisivo.
Lo
hai
mai
tu
trovato?
(Beffardo)
Siamo
nella
fase
di
luna
crescente,
puoi
dunque
rispondermi!

Michele
Scoto
Maest�,
t�ho
detto
le
propriet�
dei
minerali
e
dei
metalli,
e
ti
parlai
della
natura
delle
droghe
e
delle
piante.
Tu
credi
che
ci
arrivai
con
gli
occhi
e
col
ragionamento?

Federico

Vi
sono
cose
che
il
tuo
ragionare
per
quanto
lo
lanci
in
alto
non
acchiapperebbe,
come
non
acchiapperebbe
una
mosca.
Ti
diro,
Michele,
non
amo
Socrate,
inverecondo
ciarlone,
ma
hai
sentito
tu
di
Parmenide?
Egli
dice
con
semplicit�,
ascolta
attentamente:
�Io
ti
comando:
l�essere

e
il
non
essere
non
�.
Tu
sai
che
su
questo
si
sorregge
la
nobile
filosofia.
Forse
dunque
su
un
ragionamento?
No,
su
un
ordine.

Michele
Scoto

Tu
parli
da
Re.

Federico

La
natura
della
verit�

leggera
come
quella
di
una
cortigiana.
Tu
coi
tuoi
ragionamenti
la
corteggi.
Io
con
i
miei
ordini
la
posseggo.
Si,
mio
Scoto,
la
verit�

cosa
da
Re
non
da
filisofo.

Un
canto

Vol�
con
le
ali
della
durabilit�,
nell�aria
della
non-qualit�
al
di
sopra
del
campo
dell�eternit�
e
vide
l�albero
dell�unit�
per
realizzare
che
�tutto
quello�
era
illusione.
(un
sufi)

Duello
(danza)
Il
buffone

Io
sono
il
buffone.
Io
solo
ho
diritto
a
parlare
del
passato.
Nel
comico
il
destino
dell�individuo
si
palesa
nel
riso
che
destano
un
eroe
preso
a
pedate

o
un
Re
morto.
Il
lamento
solenne
che
costituisce
l�essenza
della
tragedia

sostituito
ora
dal
riso
sino
alle
lacrime
al
quale
la
risata
si
strozza
in
gola.
Come
fenomeno
collettivo
il
riso
si
rivela
tardi.
Prima
che
si
stampi
sulla
faccia
dell�uomo
qualsiasi
come
un
marchio
bestiale
il
riso

ancora
appannaggio
regale.
Ora
invece
l�esperienza
del
riso
diventa
comune.
Ridere
non

pi�
cosa
da
eroi
che
ridono
degli
altri.
Non
ride
pi�
solo
il
Re,
il
cui
diritto
a
ridere

consacrato
dal
buffone
che
lo
segue
come
un�ombra.
Il
riso

profanato.
Assieme
all�insegna
del
Re,
la
plebaglia
si
fregia
della
berretta
a
sonagli:
il
diritto
a
ridere
come
immortale
principio
non
scritto.
Ora
ognuno
ride
degli
altri.
Il
riso
idiota
subentra
al
Mugugno.
Invece
della
colpa
e
delle
offese
tragiche.
Pedate,
al
posto
di
veleni
e
pugnali.
Gesti
invece
che
azioni.
Il
succedere
del
gesto
all�agire
segna
il
trapasso
all�et�
del
comico;

il
momento
in
cui
la
stessa
tragedia
cede
le
armi.
Ora
il
fuoco,
come
fa
dire
Hebbel
nella
Giuditta,
serve
a
cucinare
i
cavoli�
(A
un
tratto si
interrompe,
si
prende
il
capo
tra
le
mani
come
per
un
improvviso
dolore,
si
scuote
e
poi:)
ma
il
morto
squittisce
come
un
topo
nel
mio
cranio,
o
Dio
la
codina
si
impiglia
tra
emisfero
e
emisfero�
Corre
su
e
gi�,
su
e
gi�,
ors�,
Federico�
cade
nella
cavit�
cerebrale
attraverso
il
plesso
coroideo
del
terzo
ventricolo,
titilla
la
mia
immaginazione.
Ora
si
scarica
sul
parietale
sede
della
memoria,
lo
giuro
sull�anatomia
del
Mondino
di
l�
da
venire
e
paff�
piomba
sulla
mia
lingua,
chiede
voce,
parola.
E
tutto
ci�
che
egli
fece?
Le
sue
azioni?
Com��
vero
che
non
mi
chiamo
Yorick
e
pur
lo
sono,
ci�
che
resta

parola.

Danzatori
e
suonatori
di
tromba
irrompono sulla
scena

Abulafia:
�non

difficile
supporre
che
la
sua
corte
folta
di
danzatrici
e
suonatori
di
tromba
musulmani
suscitasse
impressioni
stravaganti
nei
visitatori
provenienti
dal
Nord�.

Isabella

Addio
mia
Siria,
ma
patrie
addio,
nemmeno
naufraga
torner�
alle
tue
sabbie

Aria
di
Isabella

Soprano

Addio
mi
siria,
ma
patrie
addio,
nemmeno
naufraga
torner�
alle
tue
sabbie.
La
storia
ha
bisogno
anche
della
mia
stinta
ombra
Per
dare
all�insieme
alcuni
effetti.
Chi
fui?
Una
mano
di
nulla
Sul
ritratto
di
Federico.
Isabella,
petite
moi-meme.

Coro

Addio
mia
Siria,
ma
patrie
addio,
nemmeno
naufraga
torner�
alle
tue
sabbie.

Isabella
legge
la
�Lettera
di
federico a
Michele
Scoto�

A
me
Isabella
di
Brienne
viene
affidata
la
lettera
che
Federico
scrive
nel
1227
a
Michele
Scoto.
Io
morir�
un
anno
dopo.
�Preziosissimo
tra
i
miei
maestri,
spesso
in
svariate
maniere
abbiamo
inteso
domande
e
risposte
intorno
ai
corpi
celesti,
il
sole,
la
luna,
le
stelle
fisse,
ed
agli
elementi,
all�anima
del
mondo,
alle
genti
pagane
e
cristiane
e
le
altre
creature
sotto
la
terra.
Tuttavia
mai
abbiamo
inteso
qualcosa
di
quei
segreti
che
appartengono
al
diletto
dello
spirito
e
della
saggezza,
vale
a
dire
del
Paradiso
e
dell�Inferno,
delle
fondamenta
della
Terra
e
delle
sue
meraviglie.
E
se
esistano
diversi
cieli
e
chi
li
guidi;
e
l�esatta
misura
che
separa
un
cielo
dall�altro
e
ci�
che
esiste
al
di
l�
dell�ultimo
cielo;
in
quale
cielo
Dio,
per
sua
natura,
ossia
nella
sua
divina
maest�
si
trovi.
E
in
che
modo
egli
sia
assiso
sul
trono
celeste,
e
come
gli
facciano
corona
gli
angeli
e
dove
esattamente
si
trovino
l�Inferno,
il
Purgatorio,
il
Paradiso:
sotto
la
Terra,
nella
Terra
o
sopra
di
essa?
E
quale
differenza
intercorra
tra
le
anime
che
ogni
giorno
approdano
laggi�.
E
vogliamo
sapere
se
un�anima
nell�aldil�
riconosca
un�altra
anima
e
se
taluna
di
esse
possa
tornare
in
vita
per
parlare
con
qualcuno,
o
mostrarglisi
e
quante
e
quali
siano
le
pene
infernali�.
Questo
chiede
di
sapere
per
bocca
mia
Isabella,
il
mio
Federico.
Ma
per
mio
conto
ho
gi�
la
certezza
che
egli
non
lo
chiederebbe
se
non
lo
sapesse
gi�.

Aria
di
Costanza
di
Aragona
Soprano

Attraverso
l�amplesso
partecipo
alla
tua
regalit�.
Per
le
mille
vie
delle
carezze
(spezie
d�amore)
mi
unisco
alla
tua
suprema
Idea
che
consacra
all�Ordine
un
insieme
di
canaglie
e
di
assassini
generati
da
sperma.
Ah!
Federico,
chi
amo
quanto
amo?

Soprano
e
coro

Abbraccio
la
tua
idea,
splendente
come
l�armatura,
piccolo
fermaglio
di
nozze
che
ti
donai,
o
il
corpo
robusto,
forgiato
da
cacce
e
guerre
anche
all�amore
pi�
squisito?

Federico

Messer
notaio
Jacopo
vi
faccio
arrivare
con
cavalli
veloci
a
Lentini,
patrietta
vostra
e
di
chi
sa
chi
altri,
questo
sonetto
che
non
ha
nulla
di
nuovo,
vi
giuro,
ma
come
nulla
di
nuovo
vi

nell�eterno
cerchio
dei
cieli.
Spogliatevi,
notaio,
della
vostra
doppiezza,
voi
e
tutti
i
lentinesi,
e
temetemi
se
non
mi
direte
la
verit�
�Oi
lasso!
Non
pensai
si
forte
mi
parisse
lo
dipartire
da
donna
mia;
da
poi
ch�io
m�allontanai�
Coro

Oi
lasso!
Non
pensai
Si
forte
mi
parisse

Basso

Lo
dipartire
da
donna
mia;
da
poi
ch�io
m�allontanai,
ben
paria
ch�io
morisse,
membrando
di
sua
dolze
compagnia;
e
gi�
mai
tanta
pena
non
durai,
se
non
quando
alla
nave
adimorai.
Ed
ora
mi
credo
morir
certamente,
se
da
lei
non
ritorno
prestamente�

ATTO
II

Il
poeta

L�Hohenstaufen
dei
poeti,
il
beatissimo
Goethe
sostiene,
parola
mia,
ci�
che
segue
(o
su
per
gi�).
�A
dire
il
vero
non
vi
sono
in
poesia
personaggi
storici,
ma
quando
il
poeta
vuole
rappresentare
il
mondo
che
ha
concepito,
fa
l�onore
a
certi
individui
che
incontra
nella
storia,
di
prendere
i
loro
nomi
per
applicarli
alle
figure
da
lui
create�.
Nei
seguenti
mugolii,
che
il
poeta
a
voi
davanti,
un
Gringoire
a
servirvi,
un
paltoniere
qualsiasi,
vi
declina,
il
nome
Federico

inventato,
tutto
il
resto

vero.
O

il
contrario?!
(Le
ultime
parole
vengono dette
quando �
quasi
fuori
scena)

Coro
Ragioni
metafisiche
mi
obbligano
a
contrastare
l�affinit�

Soprano

Estraneit�
Relazioni
fuggevoli

Basso

Ragioni
sociali
mi
obbligano
Soprano

all�amore

Basso

All�
umanit�

Soprano
e
basso

Ragioni
abissali
mi
obbligano
a
imporre
la
verit�

Coro

Ragioni
sociali
mi
obbligano
all�amore,
all�umanit�.
Ragioni
abissali
mi
obbligano.

(Tranche
nel
porto di
Palermo.
XII
secolo.
Un
piccolo angolo,
quanto basta
a
un
qualunque
marinaio venuto un
giorno dalla
Francia
a
lasciare
questa)

�Ser�nade
Sicilienne�

Soprano

Jours
siciliens
Envies
par
le
soleil
Fleuvies
siciliens
Que
brigue
aussi
la
mer
Et
toi,
ma
belle

Contez,
nymphes,
souvenirs
Las
splendides
cheuveux,
le
baiser,
la
morsure
de
mes
dents
sur
votre
chair
de
ma
chair

Basso

Je
t��t�rne,
mon
reve
Mon
doute,
ma
nuit,
Soprnao
e
Basso

Assoupi
por
ton
parfum

Basso

Suffocant
de
chaleurs

Soprano
e
basso


les
douces
�treintes�
O
bords
siciliens.

Soprano

Immobile
ile,
Dieu

Basso

Tout
brule
dans
le
ferveur

Soprano

Conte
de
f�e.
Basso

Sicile

Soprano
e
basso

Un
matelot
du
treizi�me
si�cle

Basso

(ou
du
vingti�me?)

Soprano
e
Basso

parmi
d�obscures
espoirs
songe

toi
La
danza
dei
falchi

Voce
di
Federico
(fuori
scena)

Saxo
Yalla�
quf�
khatt
bajna-s-sama
wa-l-ard.
Sahm
Muhandis
al
Muhandisi.
Saetta�
Geometra
dei
geometri�
linea
tra
cielo
e
terrra.

(Due
qualsiasi,
mentre
Federico e
Ibn
Sab�yn
si
avvicinano).

Uno

Ecco
quei
due,

un
giorno
che
parlano
andando
avanti
e
indietro,
che
pazzia
parlare!

L�altro

Sono
il
Re
Ibn
Sab�yn,
un
filosofo�

Uno

I
loro
discorsi
mi
danno
i
brividi,
ti
dico.
Quando
parlano
re
e
filosofi
capita
sempre
qualche
sciagura.
I
segni
del
cielo
non
mi
piacciono.
Una
cometa,
e
un
re

spacciato.
Ma
per
un
poveraccio
le
stelle
non
si
scomodano
di
certo�

L�altro

Ma
qui
non
ci
pu�
capitare
nulla,
compare.
Questo

teatro.
Noi
siamo
al
sicuro
nella
finzione.
Protetti
dalla
stessa
fantasia
che
ci
ha
messi
qua
sopra.
(lontano voce
di
muezzin)

Ibn
Sab�yn

Dio

tutto,
federico,
unirsi
a
Lui

il
fine,
tutti
i
tuoi
atti
invece
sono
colpi
di
spada
che
dai
ai
tuoi
legami
con
Dio.

Federico

Nella
risposta
che
hai
dato
ad
unamia
domanda
sei
stato
pi�
preciso.
Hai
detto:
�Il
solo
essere
che
esiste
in
realt�
essendo
Dio,
l�uomo,
essere
limitato,
arrivandovi,
perirԅ

Ibn
Sab�yn

Ebbene?�
Federico

Tu
sai
che
il
sillogismo

per
me
come
una
carezza
per
l�intelletto,
ma
terribile

la
sua
forza.
Ci�
che
tu
non
vorresti
nemmeno
sfiorare
esso
ti
costringe
a
pensarlo
con
la
potenza
di
mille
cavalli.
Non
io
dunque,
ma
il
sillogismo
mi
spinge
a
questo
(interrompendosi.
Come
divagando)�
Tu
sai
quel
che
si
dice,
che
io
feci
visita
al
Vecchio
della
Montagna,
al
Capo
degli
Assassini�
(Riprende
il
discorso che
aveva
iniziato).
Quello
che
mi
hai
risposto,
Ibn
Sab�yn,
non
mi
ha
lasciato
in
pace
un
momento�La
forza
del
ragionamento,
spietata
come
uno
dei
miei
boia,

arrivata
in
un
lampo
a
questa
conclusione,
ascolta.
L�assassinio,
la
cui
traccia
metafisica
va
seguita
con
tenacia,
rappresenta,
nella
sua
chiave
ultrasegreta,
il
modo
come
tutti
moriamo.
Il
fatto
che
si
distinguano
gli
assassini
dalle
vittime
non

che
un
tributo
pagato
all�apparenza.
Un
tributo
per
giudici
e
avvocati.
L�assassinio

certamente
nello
stesso
Principio,
Ibn
Sab�yn.
Nella
matrice
di
tutte
le
cose,
come
hai
detto
tu
stesso,
sta
in
agguato
il
loro
annientamento�
e
il
tuo
e
il
mio�.

Ibn
Sab�yn

(La
sua
voce

dolce,
carezzevole)
Che
vuoi
dire,
fanciullo�

Federico

Che
ogni
morte

un
collegamento
a
un
delitto.
In
altre
parole,
tutti
moriamo
assassinati.
(Si
ferma.
Sovrappensiero.
Poi:)
Dio

la
stessa
morte.

Una
voce
da
sacerdote
di
�mestiere�,
una
voce
da
messa,
ora
pi�
alta,
ora
pi�
bassa,
ora
chiara,
ora
appena
un
brontolio,
biascica:

��
quod
potius
igniominiose,
quam
juste
habendos
nos
dixerit
a
chatolica
fide
suspectos,
quam
nos,
teste
supremo
judice,
in
omnibus
et
singulis,
ejusdem
articulis
secundum
universalem
Ecclesiae
disciplinam
et
approbationem
per
Romanam
Ecclesiam,
et
symbolum
firmater
credimus
et
profitemur
simpliciter�
(Lettera
di
Federico diretta
nel
1246
ai
prelati,
ai
nobili
e
al
popolo di
Inghilterra,
dopo la
sua
condanna
e
deposizione
pronunciata
alla
presenza
e
per
opera
di
Innocenzo IV
dal
concilio di
Lione).

(Nel
frattempo Ibn
Sab�yn
risponde
a
Federico,
la
sua
voce

un
sussurro.
Ai
limiti
del
silenzio,
come
tutte
le
cose
degne)
Ibn
Sab�yn

Io
ti
ho
ingiuriato
e
vilipeso
nelle
mie
risposte,
Federico.
Ma
ora
hai
bisogno
della
mia
dolcezza.
Voglio
carezzare
il
tuo
intelletto,
Federico,
con
tenerezza
di
donna�
Non
Dio

la
morte,
ma
la
morte

Dio.
Morendo
ci
sciogliamo
in
lui
come
nell�abbraccio
delle
nostre
donne
nelle
notti
di
desiderio.

Una
voce

(Senza
intonazioni
particolari,
come
se
leggesse,
estranea):

Il
28
shawwal
dell�anno
668
dell��gira
(1271
d.C)
all�et�
di
cinquantacinqe
anni
Ibn
Sab�yn
si
suicid�
tagliandosi
le
vene
per
rientrare
al
pi�
presto
nel
seno
di
Dio.
Il
fine
dei
fini
della
teologia,
egli
aveva
detto

l�unione
intera
con
Dio.
Il
mezzo
pi�
veloce
per
arrivarvi

la
rassegnazione
e
l�ammissione
dell�impotenza
del
nostro
intelletto.
Ma
poi
gli
apparvero
il
ricordo
della
discussione
con
Federico
e
la
Verit�.
Il
solo
essere
che
esiste
in
realt�
essendo
Dio,
l�uomo
non
appena
vi
perviene
muore.
Ibn
Sab�yn
stavolta,
per
pervenirvi
pi�
velocemente,
trasse
l�altra
conclusione
e
affrett�
la
morte.

Costanza

Le
carceri
di
Sicilia
e
di
Puglia
si
sono
riempite
di
prigionieri.
Federico
per
non
sentirne
i
lamenti
li
far�
uccidere.

Federico

C��
qualcosa
nel
lamento
che
fa
che
gli
si
rifiuti
la
natura
di
linguaggio.
E�
come
se
esso
ne
fosse
al
di
qua
o
al
di
l�.
In
ogni
caso
in
una
zona
inospitale,
dove
non
vorremmo
mai
mettere
piede.
Se
si
interviene
si
interviene
per
farlo
tacere.
Non
per
la
pena.
E�
come
se
al
di
l�
della
sofferenza
ci
fosse
qualcosa
di
peggio.
Il
lamento
oltrepassa
la
soglia
della
sofferenza
educata
e
civile
(c��
infatti
un
lamento
che
ubbidisce
alle
buone
maniere)
e
ci
conduce
in
una
zona
in
cui
la
sofferenza

sfrenata
e
selvaggia.
Il
lamento
penetra
per
un
momento
in
questa
zona
senza
difese,
dove
la
sofferenza

pura
e
tocca
la
carne
viva.
Di
fronte
a
chi
si
lamenta
siamo
perci�
pronti
a
tutto
pur
di
farlo
tacere.
A
tappargli
la
bocca
fino
a
farlo
morire.
(Esce)

Costanza

Gli
ho
sentito
dire
una
volta:
�Lesto
di
coltello
deve
essere
un
re
come
lesto
di
becco
un
falco�.

Michele
Scoto

Tu
sai
come
con
l�arte
della
falconeria
Federico
vuole
conoscere
la
natura
e
penetrarne
i
segreti
penetrando
i
segreti
del
falcone.
Ma
ti
sei
mai
chiesta
chi

il
falcone?
Ti
sei
mai
domandata
se
non

lui
stesso?
Il
modo
come
piomba
sulla
preda,
sia
una
verit�
o
un
nemico
mortale,
non
lo
riconosci?
Non

il
modo
del
falco?

(Si
avviano dietro le
quinte
mentre
si
svolge
il
dialogo.
Nel
frattempo Federico
sfoglia
il
Liber
Augustalis)

Federico

Il
nascere
e
il
morire
sono
i
due
momenti
unicamente
reali.
Il
resto

sogno
interrotto
da
qualche
insignificante
sprazzo
di
veglia.
Tutto
ci�
che
ho
fatto?
Vuoti
gesti,
gusci
senza
polpa.
Agivo?
Mi
agitavo,
piuttosto.
Solo
ci�
che
dicevo
era
eterno.
Solo
la
parola
resta.
Cosa
rimane
del
mio
impero
se
non
le
parole
di
cui
era
fatto?
Eterna
essenza
del
teatro!
Esso
divora
distanze
e
unisce
le
cose
pi�
lontane
e
di
individui
chiusi
e
sprangati
in
se
stessi,
di
eventi
sparsi
e
senza
nesso,
se
non
quello
che
piace
a
Dio,
fa
una
farsa
o
una
lunga
lagna,
in
onore
di
chi
poi
non
si
sa.
Sulla
scena
del
mondo
appariamo
e
spariamo,
come
il
mestruo
delle
giovani
o
come
in
questo
teatro
e
tutti
vogliono
sapere
perch�.
Quando
la
scienza,
ad
onore
del
vero,
ci
insegna
che
esso

solo
un
balbettio
di
bambini.
Ma
cosa
unisce
un
agnello
sgozzato,
il
volto
della
mia
donna,
i
miei
due
maestri,
il
mio
levriero,
la
merda
dei
miei
cavalli
e
il
qui
presente?
Cosa
di
questo
immane
coacervo
fa
un
levigato
specchio
in
cui
si
pu�
specchiare
persino
un
sorriso?
Cosa
tiene
assieme
insomma
questo
pasticcio?
Cosa
tiene
unito,
spero
con
benevoli
lacci,
cio
che
su
questa
scena
si

andato
svolgendo
(se
pure
qualcosa
si

svolto)?
Lo
sguardo.
Lo
sguardo
di
Dio
o
di
un
nano
basta
perch�
ci
sia
spettacolo.
E
per
gli
Dei,
solo
spettacolo

la
Terra,
e
il
sidereo,
e
me
e
gli
altri
e
questa
scena�

L�accostamento alla
morte

Federico

Voglio
accostarmi
alla
morte
come
al
mio
vino.
E
gustarla�
Fui
nemico
ad
entrambi,
a
Dio
e
alla
morte.
Essi
sono
Uno
e
una
fu
la
mia
inimicizia.
Allargai
un
impero
per
allargare
me
stesso.
Per
non
offrire
alla
morte
un
piccolo
bersaglio.
Il
mio
impero
era
il
mio
corpo.
Si,
per
scongiurare
Dio
e
la
morte,
mi
creai
un
impero.
Anche
a
Dio

difficile
distruggere
un
impero.
Che
strano
per�!

Nell�atto
di
morire
scompaiono
i
confini.
L�impero
che
cercavo,
l�impero
senza
confini,

Dio
dunque?
Voce

Mi
immergo
con
volutt�
nel
felice
mare
della
mortalit�
Nell�assenza
perfetta

Soprano
e
coro

Voglio
morire
interamente
nessun
residuo
che
non
si
sciolga
nell�abyssus
abyssum
del
Niente.

Coro

Che
il
niente
lo
accolga

Basso
Risolto
in
Dio,
dominer�
in
Lui
attraverso
Lui
di
nuovo
imperatore
sar�
del
mondo.

Coro
Florebat
olim

Floribus
omnia
vestiebantur

florebat
illo
tempore.

FINE
Campi
Magnetici

Musiche
per
balletto
Libretto di
Manlio Sgalambro
Musiche
di
Franco Battiato

In
trance

Voce
recitante:
Dormienti
in
stato
di
trance
perenne
transitano
naviganti
che
non
conoscono
mare
chi
si
desta
perde
il
clima
della
non
curanza.

Corpi
in
movimento

Voce
recitante:
...a
corpi
in
movimento
ad
asimmetrie
che
paiono
non
essere
aderenti
ai
fenomeni.
Si
pensi
per
esempio
alle
interazioni
elettrodinamiche
tra
un
magnete
e
un
conduttore.
Il
fenomeno
osservabile
dipende
qui
solo
dal
moto
relativo
fra
magnete
e
conduttore,
mentre
secondo
il
consueto
modo
di
vedere
sono
da
tenere
rigorosamente
distinti
i
due
casi
che
l'uno
o
l'altro
di
questi
corpi
sia
quello
mosso.
Infatti,
se
si
muove
il
magnete
e
rimane
fisso
il
conduttore,
si
produce
nell'intorno
del
magnete
un
campo
elettrico
di
certi
valori
di
energia
il
quale
provoca
una
corrente
nei
luoghi
ove
si
trovano
parti
del
conduttore.
Rimane
invece
fisso
il
magnete
e
si
muove
il
conduttore,
non
si
produce
nell'intorno
del
magnete
alcun
campo
elettrico,
ma
al
contrario
si
produce
nel
conduttore
una
forza
elettromotrice,
alla
quale
non
corrisponde
per
s�
alcuna
energia...

Sopranista:
Volatile
components
for
the
existence
of
non-gravitational
forces.
This
structure
explains
how
large
parts
of
a
comet.

Voce
recitante:
In
una
lettera
a
Frege,
Hilbert
comunque
aveva
scritto:
"Se
io,
come
miei
punti,
penso
quali
si
vogliano
sistemi
di
cose,
per
esempio
il
sistema
amore,
legge,
spazzacamino...,
e
poi
non
faccio
altro
che
assumere
tutti
i
miei
assiomi
come
relazioni
tra
tali
cose,
allora
le
mie
proposizioni,
per
esempio
il
teorema
di
Pitagora,
valgono
anche
per
queste
cose.
Il
retaggio
di
un
universo
dotato
di
senso,
nobilmente
dato
all'intuizione
da
un'unica
matematica
e
da
un'unica
geometria,
viene
sconvolto
da
siffatta
matematica,
la
quale
pu�
asserire
qualsiasi
cosa
e
questo
universo
in
quanto
qualsiasi.
Sopranista:
Magnetic lines
cloud
structure
in
the
atmosphere
of...
in
contact
with
the
nucleus
may
break
away
trough
vaporization
causing
the
fragmentation
of
nuclei.

Voce
recitante:
E'
la
matematica
il
linguaggio
odierno,
non
le
grida
scomposte.
Essa

il
coro
dei
sopravvissuti.
Il
"latino"
con
cui
l'uomo
d'oggi
celebra
la
liturgia
dell'estinzione
senza
capirci
granch�.
I
numeri
non
si
possono
amare.

Fulmini
globulari

Sopranista:
Fulgit
item,
cum
rarescunt
quoque
nubila
caeli.
Quando
un
temporale
mette
in
moto
i
fulmini,
lampi
squarciano
le
nubi.
Fulgit
item,
cum
rarescunt...

The
Age
of
the
Hermaphrodites

Sopranista:
The
Age
of
the
Hermaphrodites

Voce
recitante:
L�abisso
originale
l�autonomia
dell�infertile
L'ignoto

Sopranista:
L'eterno
mattino

Voce
recitante:
I
numeri
non
si
possono
amare

Sopranista:
Trascina
sogni
a
riva,
il
timore
di
sapere
che
si
espia.
Ignoti
segni
la
notte.

Voce
recitante:

Come
un
branco
di
lupi
che
scende
dagli
altipiani
ululando,
o
uno
sciame
di
api
accanite
divoratrici
di
petali
odoranti,
precipitano
roteando
come
massi
da
altissimi
monti
in
rovina:
logoi
dagli
ultimi
duemila
anni.

FINE
Angelo
Arioli

Remote
memorie
di
argilla

�Proclamer� al
mondo le
imprese
di
Gilgamesh,
l�uomo a
cui
erano
note
tutte
le
cose,
il
Re
che
conobbe
i
paesi
del
mondo.
Era
saggio:
vide
misteri
e
conobbe
cose
segrete:
un
racconto egli
ci
rec� de
giorni
prima
del
Diluvio.
Fece
un
lungo
viaggio,
fu
esausto,
consunto dalla
fatica;
quando ritorn� si
ripos�,
su
una
pietra
l�intera
storia
incise�

Con
simili
parole
inizia
una
delle
versioni
in
prosa
dell�
epopea
di
Gilgamesh,
tesoro
letterario
fra
i
pi�
antichi
inciso
in
caratteri
cuneiformi
su
tavolette
d�argilla
rimaste
per
millenni
sepolte
e
solo
nell�ultimo
secolo
disseppellite
da
archeologi
tenaci,
e
poi
decifrate
da
filologi
instancabili.
Un
documento
poetico
che
ci
riconduce
ad
epoche
remote
della
storia
che
videro
il
sorgere,
il
declino,
il
sovrapporsi
di
civilt�
raffinate
da
noi
comunemente
relegate
nei
recessi
della
memoria,
ove
vengono
evocate
da
parole
come
Sumeri,
Assiri,
Babilonesi�.
Testo
antico,
i
cui
primi
frammenti
reperiti,
scritti
in
lingua
sumerica,
risalgono
intorno
al
2150
avanti
Cristo,
ai
quali
poi
si
aggiunsero
redazioni
posteriori
in
lingua
accadica
(gli
uni
e
gli
altri
dissotterrati
nelle
antiche
citt�
mesopotamiche
di
Ninive,
Ur,
Nippur),
e
ulteriori
frammenti
provenienti
dalla
Palestina,
dalla
Siria,
dall�Anatolia,
a
riprova
della
sua
diffusione
geografica
confermata
dall�esistenza
di
traduzioni
in
altre
lingue
del
passato
come
l�ittita
e
l�hurrita.
Un
mosaico
incompleto
di
tavolette
appartenenti
ad
epoche,
lingue,
aree
diverse,
alla
cui
ricostruzione
definitiva
tuttora
ostano
difficolt�
testuali,
filologiche
e
interpretative.
Un
labirinto
di
segni,
un
intarsio
frammentario
di
storie
e
leggende,
probabilmente
trasmesse
oralmente
e
poi
incise
su
argilla,
nel
quale
tuttavia
si
staglia
nitida
la
figura
dell�eroe:
Gilgamesh.

Sovrano
di
Uruk,
la
biblica
Ereck,
identificata
nel
sito
iracheno
di
Warka
ai
bordi
dell�Eufrate,
per
due
terzi
divino
e
per
un
terzo
umano,
signore
incontrastato
cui
gli
dei
per
frenarne
la
tracotanza
inviano
Enkidu,
dapprima
suo
avversario
e
poi
suo
fedele
compagno.
Con
Enkidu,
Gilgamesh,
che
persegue
la
fama
e
desidera
eternare
il
suo
nome
con
una
grande
impresa,
volge
verso
una
foresta
di
cedri
ove
si
cela
Khumbaba,
possente
forza
del
male,
per
liberare
la
Terra
dalla
sua
presenza.
Sconfitto
Khumbaba
e
acquisita
ulteriore
fama
e
potenza,
Gilgamesh
rifiuta
di
giacere
con
la
dea
Ishtar
e
assiste
addolorato
alla
morte
dell�amico
Enkidu.
Rimasto
solo
Gilgamesh
tenta
l�ultima
umana
impossibile
avventura,
quella
di
eludere
la
morte.
Si
mette
in
viaggio
alla
ricerca
di
Utnapishtim,
l�unico
umano
cui
gli
dei
concessero
vita
eterna.
Per
raggiungerlo
affronta
un
viaggio
estenuante
che
lo
conduce
dapprima
al
giardino
degli
dei,
poi
all�incontro
con
la
divina
Siduri
la
quale
tenta
di
dissuaderlo
dall�impresa
rammentandogli
che
gli
umani
hanno
per
fato
la
morte
e
i
piaceri
della
vita,
e
tuttavia
gli
indica
la
via
da
attraversare:
l�oceano
dalle
acque
mortali.
Aiutato
da
un
traghettatore
Gilgamesh
naviga
su
quelle
acque
e
giunto
davanti
all�umano
immortale
ascolta
da
questi
il
pi�
antico
resoconto
del
Diluvio
e
un
segreto
degli
dei:
un
fiore
d�acqua
che
assicura
l�eterna
giovinezza.
Gilgamesh
coglie
quel
fiore,
ma
nel
viaggio
di
ritorno
verso
Uruk,
mentre
si
bagna
a
una
fonte,
un
serpente
gli
ruba
il
fiore.
Tornato
a
Uruk
Gilgamesh
incide
su
una
pietra
la
sua
storia
e
come
per
ogni
mortale
si
conclude
la
sua
vita.

L�ipotesi
che
il
Gilgamesh
dell�epopea
sia
il
riverbero
leggendario
d�un
sovrano
effettivamente
esistito,

ormai
accettata
dagli
studiosi
che
ne
fissano
l�epoca
in
un
periodo
di
tempo
oscillante
tra
il
2800
e
il
2500
avanti
Cristo,
col
tentativo
altres�
di
intravedere
oltre
il
velo
affabulante
della
narrazione
epica
probabili
eventi
storici
di
quel
periodo,
o
meglio
la
registrazione
in
chiave
mitografica
delle
fasi
pi�
significative
che
ritmarono
l�evolversi
delle
antiche
civilizzazioni
mesopotamiche.
Interpretazioni
plausibili,
forse
meno
suggestive
di
quella
per
cui
l�intera
mitologia
antica
,
e
specialmente
l�epopea
di
Gilgamesh,
altro
non
sarebbe
che
la
complessa,
oggi
a
noi
imperscrutabile,
scrittura
dell�eterno
spettacolo
dai
moti
degli
astri
nell�orizzonte
celeste.
Quale
che
sia
il
decreto
degli
specialisti,
il
fascino
dell�avventura
umana
di
Gilgamesh
permane
immutato
da
tempo
per
diversi
motivi.
Sono
vicende
note
che
evocano
altre
storie
gi�
sentite.
L�intera
vicenda
di
Gilgamesh,
ad
esempio,
si
ripercorre,
con
le
ovvie
ed
inevitabili
varianti,
in
un
episodio
delle
Mille
e
una
notte.
Chi
vuole
scorger�
la
replica
di
Gilgamesh
nel
conquistatore
invincibile
a
noi
pi�
familiare,
in
quell�Alessandro
che
instancabile
varca
gli
orizzonti
alla
ricerca
dell�introvabile
Acqua
di
Vita,
l�acqua
che
rende
immortali.
Per
altri
momenti
delle
vicende
di
Gilgamesh

stata
osservata
la
somiglianza
con
equivalenti
reperibili
nell�Odissea�

Ma
al
di
l�
di
questi
accostamenti
puntuali,
che
suggeriscono
l�eventualit�
di
un
antico
patrimonio
comune
di
leggende
diffusosi
nel
tempo
in
un
area
vastissima,
l�epopea
di
Gilgamesh
ripropone,
in
una
delle
versioni
pi�
antiche,
il
destino
tragico
d�ogni
essere
umano:
la
sua
ansia
di
eludere
la
sorte
gia
decretata,
di
imprimere
un
segno
indelebile
nel
tempo
che
fluisce
perenne,
di
trascendere
l�umana
natura
qualunque
sia

e
ogni
epoca
ha
il
proprio

l�Oceano
d�acque
mortali
o
di
spazi
siderali
da
varcare.
Ma
per
quanto
in
alto
proietti
la
sua
parabola
tesa
a
lambire
il
cielo
dell�eterno,
qualunque
sia
l�Acqua
di
Vita
effimeramente
perseguita
o
illusoriamente
acquisita,
essa
ineludibilmente
si
conclude
in
terra,
dove
ognuno
a
suo
modo
rende
l�ennesima
testimonianza
di
quanto
sia
vano
rincorrere
il
vento,
e
incide
su
argilla
la
propria
storia.
Gilgamesh

Opera
lirica
in
due
atti
Libretto e
musica
di
Franco Battiato

Prologo

di
Angelo Arioli

Nell'antica
citt�
di
Uruk,
in
epoche
perdute
della
memoria,
regn�
Gilgamesh:
colui
che
tutto
intravide.
L'eroe
a
cui
i
misteri
furono
manifesti.
Estraete
la
tavoletta
di
lapislazzuli
e
leggetela,
la
storia
di
quest'uomo
che
pat�
sofferenze
di
ogni
genere.
Cerc�
la
vita
eterna,
raggiunse
Utnapishtim
'il
Lontano,
e
la
completa
saggezza.
Per
due
terzi
divino
e
per
un
terzo
mortale,
come
sole
possente,
invincibile,
regnava
in
Uruk,
citt�
dalle
mura
ben
salde,
e
soverchiava
tiranno
i
suoi
sudditi
contrariando
gli
dei.
E
gli
dei
convennero
di
dargli
un
avversario,
pari
in
forza
e
bellezza:
in
terra
precipitarono
una
stilla
di
firmamento...
ed
ecco
sorgere
Enkidu,
figlio
del
silenzio,
saetta
di
Ninurta,
delle
umane
cose
ignaro.
Enkudu,
reso
umano
dall'abbraccio
di
donna
(una
sacerdotessa
del
tempio
di
Ishtar),
verso
Uruk
si
avvia
a
sfidare
Gilgamesh
che
ne
divina
nel
sogno
le
mosse
e
gli
intenti.
L'incontro

scontro
d'astri
tremendo,
e
tremano
le
mura
e
sussultano
i
telai
delle
porte
allo
schianto
dei
corpi
avvinghiati
alla
lotta.
Soggiace
infine
Enkidu,
e
Gilgamesh
vittorioso
l'abbraccio
gli
tende,
suggello
d'eterna
amicizia.
Terribile
prova
ora
attende
i
due
amici:
nella
remota
foresta
labirinto
trapunto
di
cedri,
ove
il
viaggio
si
fa
passo
di
danza,
sta
Khumbaba
potenza
del
male,
terrore
di
umani.
"Trema
la
terra
e
freme
ignara
della
sorte
del
combattimento...
e
buio
e
luce
insieme"

Atto
I

Utnapishtim
e
moglie
di
Utnapishtim:

Il
re
di
Uruk
sfida
le
forze
oscure
della
foresta
al
fianco
di
Enkidu.

Popolo di
Uruk:

Trema
la
terra
e
freme
ignara
della
sorte
del
combattimento
e
buio
e
luce
insieme.
Gilgamesh!
Enkidu!
Khumbaba!

Utnapishtim,
moglie
di
Utnapishtim
e
popolo di
Uruk:

Era
felice
Gilgamesh
in
quella
vita,
in
quel
tempo,
che
a
contemplarlo
lo
si
fermava.

Popolo:

Enkidu
muore;
chiamate
Gilgamesh!

Voce
recitante:

Quando
apparvero
le
prime
luci
dell'alba,
Gilgamesh
mand�
un
grido
che
si
sparse
su
tutta
la
terra.
Disperato
disse:
"Ti
far�
riposare
su
un
letto
preparato
con
amorevole
cura;
i
principi
della
terra
ti
baceranno
i
piedi;
e
io
stesso
trascurer�
il
mio
aspetto
e
vagher�
in
aperta
campagna.
La
tristezza

entrata
nel
pi�
profondo
del
mio
essere
e,
solo
adesso,
scopro
di
avere
paura
della
Morte!"

Moglie
di
Utnapishtim:

Gilgamesh,
lascia
il
tuo
corpo
immobile,
viaggerai
sul
suono
in
cerca
di
Utnapishtim,
l'uomo
immortale.

Siduri:

(la
dea
che
vive
nel
giardino
degli
dei
in
riva
al
mare)
Forse
quest'uomo

un
assassino;
come
osa
entrare
nel
giardino
degli
dei?
(nel
frattempo
Gilgamesh
si
avvicina)
Gilgamesh!...
sei
irriconoscibile.
Come
sono
smunte
le
tue
gote;
come

infelice
il
tuo
cuore!...
Esausto
e
pieno
di
dolore
il
tuo
aspetto.
Il
fato
dei
mortali
che
ha
raggiunto
Enkidu
(l'amico
amato
e
pianto
per
sei
giorni
e
sette
notti),
non
riesci
a
capire.
La
tua
meta:
incontrare
Utnapishtim
(l'unico
uomo
che
ha
conquistato
l'eternit�),

ardua,
difficile.
Nessuno
da
tempo
immemorabile

riuscito
ad
attraversare
'le
acque
letali',
(Pausa)
Ti
voglio
aiutare.
Gi�
c'�
Urshanabi
'il
barcaiolo
di
Utnapishtim'.
Che
gli
altri
dei
ti
proteggano.
(mentre
Gilgamesh
va
via
e
Siduri
con
tutto
il
giardino
esce
di
quinta):
Cambiategli
la
veste
e
pulitelo...
in
queste
condizioni
non
riuscirebbe
mai
ad
entrare
nel
'Regno
del
Lontano.

Popolo:

Gloria
Aeter...
dona
eis
requiem
Utnapishtim:

Lascia
che
ti
riveli
una
cosa
ben
custodita,
quando
gli
dei
in
consiglio
decisero
il
diluvio.

Moglie
di
Utnapishtim:

C'era
Anu,
padre
loro,
Enlil
il
guerriero,
Ninurta,
Ennugi
e
il
lungimirante
Ea.

Utnapishtim:

Ea
mi
disse:
costruirai
una
barca;
larghezza
e
lunghezza
saranno
in
armonia.
Coprila
di
un
tetto
come
l'Apsu
(l'abisso),
dividila
in
sette,
caricala
di
amici
e
di
parenti,
di
animali,
di
artigiani.
Due
terzi
dovranno
emergere
dall'acqua...

Popolo:

Alleluja
Pater
noster

Utnapishtim
(voce
recitante):

La
tempesta
era
terribile
a
vedersi.
Gli
stessi
dei,
pentiti,
ebbero
paura
di
quel
furioso
diluvio;
e
si
accucciarono
come
cani.
Per
sei
giorni
e
sei
notti
soffi�
il
vento.
L'inondazione
sommerse
la
terra.
Il
settimo
giorno
il
diluvio
cess�.
Guardai
il
tempo.
Regnava
il
silenzio.
Mi
chinai
e
piansi.

Donne:

Liberai
una
colomba,
ma
ritorn�
indietro.

Uomini:

Utnapishtim
disse:
e
ancora
un
corvo.

Donne:
Misi
fuori
la
rondine:
non
torn�.

Uomini:

Misi
fuori
la
rondine
e
non
torn�.

Popolo:

Gilgamesh!
Gilgamesh!
Guardate
il
nostro
re.
E'
morto
o
dorme?
Atto
II

Estate
1240
in
Sicilia.
Incontro
di
sette
sufi.

Baritono:

Pater

Baritono e
mezzosoprano:

noster

Baritono:

qui
es
in
caelis:
sanctific�tur
nomen
tuum
Pater
noster,
qui
es
in
caelis:
sanctific�tur
nomen
tuum.

Mezzosoprano:

adv�niat
regnum
tuum;
fiat
vol�ntas
tua,
sicut
in
caelo
et
in

Mezzosoprano e
baritono:

terra.

Coro:

Panem
nostrum
substantialem
da
nobis
h�die.

Mezzosoprano

et
dim�tte
nobis
d�bita
nostra,
sicut
et
nos
dim�ttimus
debit�ribus
nostris;
et
ne

Coro:

nos
ind�cas
in
tentationem;

Baritono:

sed
libera
nos
amalo.

Tutti:

Amen.

Il
maestro:

"A
giudicare
dall'apparenza,
il
ramo

l'origine
del
frutto;
ma
in
realt�,
il
ramo

venuto
all'esistenza
in
vista
del
frutto.
Se
non
ci
fossero
stati
un
desiderio
e
una
speranza
per
il
frutto,
come
avrebbe
potuto
il
giardiniere
piantare
la
radice
dell'albero?
Ecco
perch�
in
realt�
dal
frutto

nato
l'albero."
Rumi

Vi
ascolto.

Un
uomo:

Durante
un
mio
viaggio
alla
ricerca
del
miracoloso,
capitai
in
una
zona
del
nord
Africa,
dove
esiste
il
monastero
senza
porte
dalle
mura
alte
come
l'antica
Uruk.
Per
entrarvi,
bisogna
attendere
che
qualcuno
decida
di
calare
gi�
una
corda
con
appesa
una
cesta;
cosa
che
potrebbe
non
accadere.
Aspettai
invano
per
due
giorni,
ma
la
notte
successiva
mi
apparve
in
sogno
un
essere
trasparente,
una
pura
vibrazione
di
luce.
"Quando
avrai
trasceso
la
condizione
dell'uomo,
mi
disse,
sarai
condotto
in
una
terra
dolcissima
che
non
si
pu�
n�
immaginare
n�
rappresentare:
la
sua
natura

di
espandere
l'anima
nella
gioia.
E
in
questo
firmamento
ci�
che

giovane
non
diventa
vecchio,
ci�
che

nuovo
non
diventa
antico;
non
si
corrompe
cosa
alcuna
n�
si
guasta;
nulla
muore;
nessuna
persona
desta
si
addormenta,
poich�
il
sonno

fatto
per
il
riposo
e
per
scacciare
il
dolore...
e
in
questo
luogo
non
ci
sono
n�
sofferenze
n�
dispiacere."
Rumi

Una
donna:
"Io
fui
gi�
un
tempo
giovane
e
ragazza
ed
anche
pianta
ed
uccello
e
muto
pesce
che
salta
fuori
dal
mare."
Empedocle
A
Murcia,
dove
ho
abitato
per
sette
anni,
ebbi
come
maestro
Ibn
Arabi,
a
Lui
pace
e
gloria.
"Il
mondo

fatto
di
sostanze
grossolane
e
di
sostanze
sottili;
E
fa
da
velo
a
se
stesso,
di
modo
che
non
pu�
vedere
Iddio
proprio
perch�
si
vede.
Dio
resta
sempre
sconosciuto,
cos�
all'intuizione
come
alla
contemplazione,
poich�
l'effimero
non
ha
presa
sull'eterno."
Ibn
Arabi
"Non

possibile
avvicinare
la
divinit�
s�
che
abbia
accesso
ai
nostri
occhi.
Non

corredata
di
umana
testa
sulle
membra,
n�
di
piedi,
n�
di
agili
ginocchia,
n�
di
vergogne
pelose,
ma

Intelletto
sacro
ed
ineffabile,
che
coi
rapidi
pensieri
per
l'Universo
intero
si
squaderna."
Empedocle

Il
maestro:

Giusto

Un
altro uomo:

Negli
ultimi
tempi,
mi
sono
dedicato
con
assiduit�
all'esercizio
che
Lei
ci
assegn�
l'estate
scorsa.
Ho
preparato
un
pezzo
che
ho
chiamato,
parafrasando
il
libro
di
Abul
Qasim,
"Luci
sulla
scienza
dei
suoni
e
sui
percorsi
interni
della
voce."
Ho
delimitato
la
ricerca
alla
sola
zona
del
sentimento,
sperimentando
che
il
punto
che
colpisco
con
una
nota
all'interno,
risuona
esattamente
nello
stesso
punto
all'esterno
di
chi
ascolta.

Uno straniero:
Io
credo
di
vedere,
di
giorno,
le
microscopiche
particelle
che
compongono
l'aria.

Il
maestro:

E
la
notte?

Coro:

Deo
nostro.
Vere
dignum
et
iustum
est,
invis�bilem
Deum
Patrem
Omnipot�ntem,
Fili�mque
eius
unig�nitum,
D�minum
nostrum
Iesum
Christum,

Baritono:

toto
cordis
ac mentis
aff�ctu,
et
vocis
minist�rio
person�re.
Coro:

Qui
pro
nobis.

Voce:

Ex�ltet
iam
ang�lica
turba
cael�rum:
ex�ltent
divina
myst�ria:
et
pro
tanti
Regis
vict�ria,
tuba
insonet
salut�ris.
G�udeat
et
tellus
tantis
irradi�ta
fulg�ribus:
tot�us
orbis
se
s�ntiat
amis�sse
cal�ginem.

Mezzosoprano,
baritono e
voce:

Sursum
corda.
Habemus
ad
Dominum.

Mezzosoprano:
Laet�tur
et
mater
Eccl�sia,
tanti
l�minis
adorn�ta
fulg�ribus:
et
magnis
popul�rum
v�cibus
haec aula
res�ltet.

Voce:

Quapropter
ast�ntes
vos,
fratres
carissimi,
ad
tam
miram
huius
sancti
l�minis
clar�t�tem,
una
mecum,
quaeso,
Dei
omnipot�ntis.

Mezzosoprano e
baritono:

Miseric�rdiam
invoc�te.

Coro:

Vob�scum
et
cum
sp�ritu
tuo.

Mezzosoprano e
baritono:
Haec nox
est,
in
qua
primum
patres
nostros,
filios
Israel
ed�ctos
de
Aegypto.

Coro:
Oramus
ergo
te,
Domine,
oramus.
Voce:

Toto
cordis
ac mentis
aff�ctu,
et
vocis
minist�rio
person�re.

Coro:

Qui
pro
nobis.

Tutti:

Ex�ltet
ecc...
e
Haec nox
ecc...

FINE
Gabriele
Mandel
su
Barzani

Quando
il
Buddha
disse
ai
suoi
allievi:
"Spiegatemi
lo
spirito
della
nostra
fede"
ognuno
si
sforz�
di
dare
una
risposta
adeguata
con
le
parole
pi�
ricercate
e
frasi
tortuose
e
profonde.
Ananda,
in
silenzio,
gli
mostr�
un
fiore.
Come
adeguarsi,
in
pittura,
a
questo
gesto
sublime?
Come
esprimere
Dio
se
non
con
il
grido
del
cuore,
di
l�
da
ogni
parola
azione
immagine
dettate
dalla
mente?
Cos�
in
pittura
la
rarefazione
dell'arte
porta
forse
molto
lontani
dai
pesantumi
barocchi
ma
molto
vicini
alle
emozioni
pure
dell'anima.
Questa

la
pittura
di
Battiato.
Certo:
occorrerebbe
dire
dell'altro,
perch�
la
tradizione
pretende
presentazioni
di
due
pagine
almeno;
e
cos�

facile
correre
con
la
memoria
ai
"primitivi
senesi",
questi
pittori
che
avevano
e
arte
e
fede
sulla
punta
dei
pennelli
vibranti,
liberi
da
finzioni
orpelli
convenzioni
preconcetti
e
valori
transitori
allora
come
oggi
di
un'umanit�
prigioniera
del
consumismo.
Anche
in
pittura
Battiato
ci
lancia
il
messaggio

messaggio
dovuto
al
suo
amore
per
l'umanit�
tutt'intera
senza
discriminanti
barriere;
alla
sua
tolleranza
che
gli
permette
d'abbracciare
e
di
fare
suo
il
buono
d'ogni
messaggio
umano
arricchimento
ed
acquetamento
dell'anima;
empatia,
pietas,
valori
dell'anima
capiti
vissuti
e
amati...
e
alla
fine
tradotti
in
pittura.
Cos�
la
pittura
di
Battiato
ha
una
"sua"
religione:
il
monoteismo
dello
spirito
contro
il
monolitismo
del
Mercato
che
ha
posto
sugli
altari
del
dio
Oro
nuovi
santi:
Corruzione,
Violenza,
Alienazione,
Delinquenza,
Odio,
Malvagit�,
Interesse...
E'
l'accostamento

o
la
rivisitazione
in
chiave
contemporanea

ai
Primitivi
senesi,
con
una
doppia
valenza:
da
un
lato
ci�
colloca
la
sua
pittura
nella
casella
opportuna
(e
siamo
oramai
abituati
a
incasellare
per
capire,
prigionieri
della
nostra
stessa
idiozia
generalizzante);
e
dall'altro
ci
permette
di
capirne
pi�
facilmente
l'essenza.
"Come
quelli
e
bravo!",
e
siamo
acquietati
nei
dubbi
d'essere
condotti
ad
amare
apprezzare
prediligere
questa
pittura
"senza
saperne
il
perch�".
Poi
c'�
l'altro
discorso,
per
gli
addetti
ai
lavori:
Battiato
creativo
sensibile
cantando
l'anima

grande
nella
musica
e
nella
poesia;
con
la
pittura
porta
a
completamento
il
ciclo
poich�
la
piena
del
fiume
gonfio
ribollente
della
sua
lava
etn�a
prorompe,
sconvolge
e
investe...
ma
non
s'esaurisce
del
tutto
nella
musica
e
nella
poesia:
restano
bagliori,
sprazzi,
angoli
in
cui
la
lava
giunge
uscendo
dal
suo
grande
fiume...
e
allora
dipinge.
Sgalambro
su
Barzani

Il
senso
della
bellezza
torna
a
occupare
un
posto
nella
nostra
vita.
La
bellezza
chiama.
Il
nichilismo
artistico
in
cui
siamo
vissuti

stato
soprattutto
un
nichilismo
pittorico.
Per
ci�
che
offriva
agli
occhi
abbiamo
avuto
per
lo
pi�
noia
e
indifferenza.
"Tutti
i
quadri
sono
belli":
'et
omnia
bona
sunt'.
Come
un
dio
stanco
il
testimone
dell'arte
visiva
sbadigliava
trovando
tutto
buono.
Cercavamo
a
volte
il
bello
ma
trovavamo
solo
"abbellimento".
In
realt�
la
visivit�
oggi

in
pericolo.
Tutto

indirizzato
agli
occhi.
L'uomo
oculare

l'uomo
d'oggi,
cio�

costruisce
le
sue
cose
in
funzione
della
sua
vista
e
si
appaga
della
loro
presenza
.
Ma
che
forse
la
vista
�,
come
egli
crede,
soltanto
ci�
che
"vede"
e
ci�
che
vede
soltanto
"presenza"?
"La
vista
ha
una
funzione
profetica.
Pi�
che
per
se
stessa
ci
interessa
per
l'indicazione
di
quanto
pu�
avvenire...
La
vista

un
mezzo
per
presentare
psichicamente
ci�
che
in
realt�

assente,
e
poich�
l'essenza
della
cosa

ci�
che
esiste
anche
in
nostra
assenza,
la
cosa
viene
spontaneamente
concepita
in
termini
visivi"
(Santayana,
The
Sense
of
Beauty).
Qui
Santayana
distribuisce
saggiamente
le
forze
dell'azione
visiva.
Chi
vede
solo
ci�
che
ha
davanti
agli
occhi
in
realt�
non
vede.
C'�
bisogno
di
esser
platonici?
La
forza
di
un
quadro

quella
di
restituire
un'assenza.
Ma
vorrei
andare
un
po'
pi�
in
l�.
La
presenza
pittorica
richiami
pure
l'assenza
(che

infine
la
bellezza)
o
no.
Ma
chi
vuole
vedere
la
bellezza
cosparsa
sul
quadro
come
magica
polvere
soffrir�
le
pene
dell'inferno.
Perch�
il
suo
desiderio
non
sar�
appagato.
La
bellezza

un
invito
che
il
quadro
le
rivolge
pressante:
pu�
essergli
rifiutato.
Le
mani
calde
della
bellezza
hanno
accarezzato
il
quadro
di
questo
pittore.
Eppure
tutto

"semplice".
Il
ritmo
della
simmetria
induce
all'equilibro
l'occhio
che
guarda.
I
nostri
sensi
logorati
riacquistano
vita.
S'intende,
non

offerto
molto
alla
loro
cupidigia.
Perch�
ci
si
possa
ubriacare,
manca
il
"pittoresco".
Pittura
senza
pittoresco:
non
ne
vedevamo
da
molto.
C'�
invece,
ne
siamo
testimoni,
quello
che
il
nobile
Santayana
(questo
quadro
ci
ha
rimandato
a
lui
e
lui
a
questo
quadro)
chiama:"la
capacit�
permanente
di
piacere".
Battiato
ci
vuole
infine
convincere
che
riprodurre
l'imperfezione

il
destino
dei
moderni


da
anime
ignobili.
Forse

vero.
Manlio
Sgalambro

Sodalizio

E�
vero,
due
perfetti
amici
ormai
tacciono.
Non
hanno
pi�
nulla
da
dirsi.
Ma
nel
senso
superiore.
Godono
delle
loro
sembianze
stando
accanto
e
delle
loro
anime
stando
lontano.
Il
mortificante
chiacchiericcio
non
prevale
sulle
ragioni
profonde
per
cui
l�esistenza
reciproca

assaporata
come
aria
pura
di
montagna.
Eppure
si
deve
parlare
ancora,
e
sfidare
con
turbanti
parole
l�atroce
sordit�
del
mondo.
Ma
in
ultimo
nel
momento
migliore
della
loro
amicizia
sono
solo
loro
due.
Tra
essi
non
si
introduce
che
l�incanto
della
Forma
che
d�nno
a
emozioni
comuni.

Franco
Battiato

Uno
sguardo
dal
ponte
dello
stretto
di
Messina

E�
certo,
pensavo,
ritornando
a
casa
dopo
anni
di
studi
musicali,
che
molti
artisti
occidentali
hanno
proprio
l�ossessione
dello
sviluppo
delle
forme,
col
fatto
non
trascurabile
che
essendo
queste
prive
di
contenuto
reale,
invecchiano
con
e
come
la
moda
che
le
ha
generate.
Quanti
sarebbero
in
grado
di
riconoscere
una
bella
donna
dall�indiscutibile
talento,
che
si
presentasse
sotto
mentite
spoglie?
Quanti
sono
capaci
di
ascoltare
in
relazione
diretta
e
non
�a
programma�?
E
quanti
sentono
il
dispiacere
che
certe
aggregazioni
di
suoni
producono
su
certi
organi?
La
musica
dodecafonica

stata
per
la
Musica
quello
che
oggi
i
filmini
pornografici
sono
per
il
Sesso.
E
non
ho
certo
le
condizioni
necessarie
per
scagliare
pietre,
ne
il
bench�
minimo
atteggiamento
moralistico,
ma
che
decadenza
,
che
vecchiume,
che
lascivia
e
corruzione!
E
pensare
che
molti
credono
in
chiss�
quali
conquiste
di
libert�.
Da
una
qualche
parte
di
me
sorse
spontanea
una
domanda:
e
il
puntinismo
dissociativo?
E
lo
strutturalismo
integrale?
Altrettanto
spontanea
la
risposta
�patat�
patat�
(un
piccolo
omaggio
a
Tommaso
Landolfi).
Intendiamoci,
nessuno
mette
in
dubbio
le
qualit�
tecniche
dalle
quali
muovono
la
loro
invenzione
almeno
alcuni
compositori
con
eccellenti
risultati,
ma
questo
cosa
c�entra?
Molte
sono
purtroppo
le
invenzioni
assolutamente
ridicole
in
partenza
che
diventano
irresistibilmente
comiche
quando
arrivano
a
essere
definite
�avanguardia�.
Egregio
signore,
mi
creda,
dissi
al
mio
occasionale
compagno
di
viaggio:
avanguardia
non

uno
spazzolino
da
denti
sbattuto
sulle
corde
di
un
violino,
ne
un
glissando
di
ottoni,
ne
una
provocazione
o
una
ideologia,
ne
tantomeno
la
scoperta
di
armonici
artificiali,
ne
la
cronaca
sublime
delle
schizofrenie
del
nostro
tempo
o
ancor
peggio
una
rarefatta
e
raffinata
atmosfera
cangiante
per
timbri
interstellari,
lunari
o
come
si
vuole.
Non
potrebbe
essere
invece
un
profondo
stato
dell�essere?
Un
percepire
e
riconoscere
il
disegno
delle
leggi
che
governano
la
materia
e
la
sua
evoluzione?
Sa
che
ho
avuto
la
fortuna
di
incontrare
eremiti
che
hanno
scoperto
cose
a
cui
la
scienza
non
arriver�
mai?!
San
Paolo

dalla
mia
parte
(prima
lettera
ai
Corinti

distinzione
tra
sapienza
e
scienza
�alla
prima
appartiene
la
conoscenza
intellettuale
delle
cose
eterne,
alla
seconda
la
conoscenza
razionale
delle
cose
temporali�)
E
Ettore
Majorana,
e
la
lista
sarebbe
lunga.
Chi
l�ha
detto
che
ci
vuole
fede
per
credere?
E
se
bastasse
percepire?
Sentire?
Se
non
vedere?
Quando,
per
esempio,
gioie
inesprimibili,
come
adesso
che
mi
sto
avvicinando
alla
mia
terra,
mi
invadono,
quando
tutte
le
cellule
del
mio
corpo
danzano
con
i
ritmi
di
una
stagione,
come
posso
trovare
posto
e
tempo
per
una
disquisizione
sull�esistenza
di
una
vita
dopo
la
morte?
Sembrerebbe
un
fuori
tema,
ma
non
lo
�.
E
quante
chiacchiere
negli
ultimi
tempi
anche
da
parte
di
scrittori
straordinari
su,
in,
per,
contro
Dio.
Non
sforziamoci
amici,
non
ci
pu�
sentire
e
forse
i
nostri
reclami
stanno
andando
a
vuoto
per
l�inesistenza
di
questo
canale
di
comunicazione
nella
natura
primigenia.
E
se
provassimo
a
cambiare
frequenza,
che
non
si
sa
mai
o
almeno
ad
abbassare
il
tiro?
�Nun
t�allarg�
diceva
giustamente
un
mio
amico
cantautore
romano
al
tastierista
che
gli
armonizzava
le
canzoni
con
tipico
modo
jazzistico.
Un
brusio
e
una
eccitazione
crescente
nei
viaggiatori
mi
distolse
piacevolmente
dai
miei
pensieri
e
dai
miei
discorsi.
Eravamo
gia
sull�isola.
Come
ho
amato
ed
amo
i
rituali
e
le
tradizioni
di
questo
popolo
e
come
sto
combattendo
contro
quella
specie
di
malattia
ereditaria
che
si
trasmette
anche
via
etere,
per
cui
ti
ritrovi
ad
avere
un
gusto,
un
idea,
un�immagine
(molte
volte
sbagliati),
di
cose,
fatti
e
persone
che
non
hai
mai
conosciuto.

Franco
Battiato

La
primordiale
Trasparenza

L�eterna
continuit�
del
divenire
dei
buddhisti�,
in
fondo,
la
teoria
elettromagnetica
della
materia.
La
natura
della
realt�
fisica
non

materia
statica,
ma
energia
vibrazionale,
che
radia
onde.
Avete
presenti
i
disegni
di
Henri
Michaux?
Per
i
buddhisti,
l�esistenza

trasformazione.
Tutte
le
cose
sono
soggette
cambiamenti.
�Sappi
che
qualunque
cosa
esiste,
nasce
da
cause
condizioni,
ed

impermanente
sotto
ogni
aspetto�.
Buddhisti
Posteriori,
per�,
sostengono
che
esiste
un
elemento
permanente,
soggiacente
a
tutti
i
cambiamenti.
Ogni
cosa
ha
un
esistenza
limitata.
Qualcosa
cessa
di
esistere,
e
qualcosa
di
nuovo
viene
all�esistenza.
Il
Buddhismo

un
�Via�
verso
la
liberazione,
verso
la
Primordiale
Trasparenza.
Attraverso
l�anamnesi
(il
ricordo
del
S�),
si
crea
una
nuova
personalit�,
con
una
coscienza
meno
passiva
della
precedente
e
meno
sottoposta
(rispetto
alle
percezioni
sensibili)
alle
reazioni
istintive,
dovute
alla
propria
costituzione
karmica.
Nel
progresso
verso
la
liberazione,
questo

solo
il
primo
stadio,
quello
del
convertito,
destinato
a
rinascere
almeno
altre
sette
volte.
Il
secondo

quello
di
�colui
che
ritorna
ancora
una
volta�.
Il
terzo

quello
del
�non
ritornante�.
L�ultimo
stadio

quello
di
colui
che
ha
raggiunto
la
�degnit�,
e
attende
solo
la
morte
per
entrare
nell�estinzione
assoluta:
�Esiste
il
non-nato,
il
non-originato,
il
non-creato,
il
non-composto;
se
non
ci
fosse,
o
monaci,
non
ci
sarebbe
scampo
dal
mondo
del
nato,
dell�originato,
del
creato
e
del
composto�
(Udana,
VIII,
3).

Franco
Battiato

Delirio
di
una
proteina

Non
mai,
non
mai
l�italica
Po�si
vant�
lusinghe
di
pi�
dolci
note,
n�
a
pi�
squisito
lavorio
sospesi
furo
i
ritmi
e
le
rime.

ENRICO
PANZACCHI

L�antica
esegesi
fatic�
non
poco
per
trovare
un
espediente
che
desse
al
Salmo
cittadinanza
poetica.
Si
ritenevano
i
Salmi
solo
un
innalzamento
stilistico
del
linguaggio
prosastico
(cose
da
pazzi!).
Si
escogit�
quindi
la
�legge
del
parallelismo
dei
membri�,
che
li
fece
entrare
per
diritto
tecnico
nella
terra
dell�Alloro.
Oggi
in
zone
un
po�
pi�
basse
si
ripropone
per
penna
dei
nipotini
di
classificatori
coatti
lo
stesso
dilemma.
Pu�
il
testo
di
una
canzone
essere
considerato
poesia?
Io
dico
invece:
come
si
pu�
porre
una
simile
domanda?
Basta
scrivere
o
pubblicare
libri
di
poesie,
vincere
premi
letterari
eccetera,
per
essere
poeta?
Solo
menti
burocratiche
e
livorose
possono
ignorare,
misconoscere
e
sottovalutare
gli
strepitosi
testi
musicali
degli
ultimi
quarant�anni.
Nella
canzone,
miracolosa
espressione
del
nostro
tempo,
parole
e
musica
sono
un
corpo
solo,
stessa
materia,
non
scindibile,
ma
non
per
questo
classificabile
come
cosa
�altra�
dalla
poesia.
Certi
autori
di
canzoni
sono
come
dei
piccoli
Abramo,
scopritori
di
codici
di
segrete
lingue.
L�oscura
consapevolezza
della
petites
perceptions.
Quell�ignoto
che
precede
di
poco
una
delle
sue
manifestazioni.
La
canzonetta
la
frequent�
Monteverdi,
per
esempio.
Nel
XIII
secolo
esplose
la
sensualit�
della
canzone
arabo-andalusa.
Al-Isfahani
(897-967),
nel
suo
Kitab
al-Aghani
(Libro
delle
canzoni),
raccolse
in
circa
venti
volumi
tutte
le
canzoni
dal
periodo
preislamico
al
suo.
La
canzone
era
cantata
nei
mercati,
per
le
strade,
e
anche
la
notte
come
preghiera
mistica.
Al
di
la
della
bellezza
o
meno
di
un
testo
musicato,
direi,
ci
sta
un
mare
di
complessit�
quasi
insondabile:
il
carisma,
il
timbro,
il
momento
astrale
dell�interprete�
La
prima
canzone
scritta
fu
Jahveh.

Interviste

E'
un
po'
nostalgico?

�Bisogna
vedere
che
cosa
s'intende
per
nostalgia.
Io
vivo
bene
in
questo
tempo,
ma
nel
ritrovare
cose
perdute
che
avevano
valenza
ed
eccellenza
mi
sono
sentito
molto
a
mio
agio.
Per
esempio,
oggi

sfumato
il
piacere
di
vivere
e
anche
un
certo
modello
femminile
che
c'era
negli
anni
50�.

In
Sicilia?

�Non
lo
restringerei
a
un
luogo
preciso.
Venivamo
da
una
guerra
tremenda,
c'
era
molta
solidariet�
e
non
c'era
delinquenza.
Le
porte
delle
case,
per
esempio,
erano
sempre
aperte�.

In
questi
anni
ha
scoperto una
forte
amicizia
e
comunanza
artistica
con
Manlio
Sgalambro che
con
lei
ha
scritto la
sceneggiatura
del
film.

�E'
importante
poter
discutere,
lavorare
con
persone
affini.
E'
una
fortuna,
una
grazia.
C'�
chi
lavora
e
produce
bene
con
persone
con
cui
litiga.
Io
lavoro
bene
solo
con
persone
con
cui
non
ho
contrasti.
Il
contrasto
mi
annoia,

una
perdita
di
tempo
e
l'ho
allontanato
dalla
mia
vita�.
La
musica
resta
importante
nella
sua
vita?
�Sicuramente
il
mio
legame

pi�
forte
con
la
musica
del
passato
per
la
sua
eccellenza.
Penso
a
un
quartetto
di
Beethoven,
a
Mendelssohn.
Preferisco
una
musica
che
mi
aiuta
a
concentrarmi,
a
leggere.
I
suoni
contemporanei
esprimono
altro�.

Quant'�
forte
per
lei
il
legame
tra
arte
e
spiritualit�?
Per
me

fondamentale,
ogni
volta
che
mi
metto
a
scrivere
qualcosa
che
non
sia
banale,
sento
il
bisogno
di
inserirvi
elementi
metafisici.

Ha
scelto di
narrare
la
narrazione,
ma
dice
di
rifiutare
la
consequenzialit�.
Non
c'�
un
po'
di
contraddizione
in
questo?

La
contraddizione

necessaria.
L'esercizio
del
dubbio
dovrebbe
essere
alla
base
dell'esperienza
umana.

Nel
film
descrive
il
mondo musicale
come
un
mondo cinico,
dove
si
ragiona
solo
in
termini
di
guadagno.
Lei
lo vive
cos�?

Mi
sono
soltanto
divertito
a
descrivere
l'errode
del
discografico
che
dice
"non
funziona,
non
emoziona"
a
proposito
di
una
canzone
che
avr�
un
enorme
successo.
Il
bello
nella
musica

che
la
riuscita
o
meno
di
un
pezzo

imprevedibile
perch�
dipende
dal
capriccio
primigenio,
insondabile
del
pubblico.

Ha
mai
pensato di
fare
un
film
dove
la
musica
sia
completamente
assente?

Sarebbe
un
progetto
interessantissimo,
ci
ho
pensato
spesso
e
mi
piacerebbe
molto
perch�
si
potrebbero
approfondire
le
sperimentazioni
sul
sonoro.
Secondo
me
la
musica
o

presente
in
modo
preponderane
o
deve
essere
completamente
assente,
il
commento
da
serie
televisiva
non
mi
interessa.
Servirebbe
il
film
giusto.

Nel
suo film
il
protagonista
compie
un
viaggio verso la
spiritualit�
che
si
concre6tizza
come
un
viaggio reale
dalla
Sicilia
a
Milano.
Oggi

ancora
possibile
compiere
viaggi
cos�?

Quando
Corrado
torna
in
Sicilia
con
il
contratto
della
casa
editrice
il
Pigmalione
commenta
dicendo
"che
tempi".
E'
atterrito
dalla
possibilit�
di
avere
successo
immediato,
senza
fatica,
senza
studio.
Questo
processo

cominciato
proprio
negli
anni
'60.

Cos'�
per
lei
il
sogno?

Il
film
inizia
con
una
frase
che
sembra
una
dichiarazione
d'intenti:
"Nascita
e
morte
sono
gli
unici
momenti
reali,
tutto
il
resto

sogno"
La
frase

una
terribile
frase
di
Sgalambro.
Terribile
nel
senso
che
non

molto
consolatoria.
Il
sogno
di
per
s�

un
meccanismo
molto
complesso,
ma
va
bene
all'interno
del
sonno.
Nella
vita
si
dovrebbe
cercare
di
non
sognare
ma
di
vedersi
per
ci�
che
si
�.
Campi
magnetici

�La
musica

in
prima
esecuzione.
Solo
il
coreografo,
Paco
Decina,
l'ha
finora
ascoltata
-�
ovvio
-e
ci
sta
lavorando
sopra.
Per
quanto
si
tratti
di
musica
senza
molte
inclinazioni
al
ritmo
e
alla
corporeit�,
Decina
non
ha
fatto
una
piega.
Significa
che

il
coreografo
giusto:
appartiene
gi�
alla
nuova
generazione
e
sa
bene
che
si
tratta,
ormai,
di
operare
una
trasposizione
del
segno,
non
di
creare
un
collegamento
fra
musica
e
gesto�.

Musica
astratta,
insomma.

�Fondamentalmente
s�.
Un
finto
descrittivismo,
un
finto
impressionismo...I
titoli
della
suite,
per
esempio,
non
contemplano
il
sentimento,
e
alcuni
si
rifanno
alla
fisica
atomica�.

Suite
in
quanti
movimenti?
�Sette,
senza
contare
introduzione
e
Finale,
che
contengono
due
sorprese
che
non
posso
ovviamente
rivelare:
sono
due
appendici
che
alleviano
le
pene
del
percorso�.

Qualche
esempio?

�Uno
dei
movimenti
si
intitola
Fulmini
globulari,
e
su
un
background
di
batteria
elettronica,
nello
spazio
di
una
battuta
ho
concentrato
centinaia
di
note,
anche
di
un
centoventottesimo,
cos�
che
l'effetto

di
pura
materia.
Un
altro
si
intitola
Suoni
primordiali,
e
sono
onde
assolutamente
senza
vibrazioni.
Suoni
fissi
e
puri
su
cui
entrano
altri
suoni
puri.
E'
una
musica
che
tende
a
svincolarsi
dal
tempo,
ad
andare
oltre�.

Nessuna
indulgenza
al
ritmo?

�C'�
s�,
qualche
parte
ritmica,
ma
un
ritmo
interno,
che
non
ha
alcuna
intenzione
di
far
muovere
il
corpo.
In
un
brano
che
s'intitola
Trance,
c'�
del
ritmo,
ma

quasi
un
abbaglio.
Come
un'ossessione.
In
Campi
magnetici
c'�
molta
materia
distruttiva�.

Tutta
musica
di
sintesi?
Solo elettronica?

�Una
parte
s�,
ma
dal
vivo
ci
saranno
due
pianoforti,
una
tromba,
tastiere,
un
sopranista
e
due
voci,
una
di
Sgalambro
e
una
mia�.
Com��
nata
questa
collaborazione
cos�
particolare,
l'idea
del
suo ultimo album?

BATTIATO:
Non
so
se

particolare.
Diciamo
che

nata
su
un
altro
versante.
Io
dovevo
comporre
un'opera
sulla
distruzione
di
Troia
quando
lessi
il
suo
libro,
�Dialogo
teologico�
per
l'esattezza,
fui
contagiato
da
quella
scrittura
-io
sono
un
musicista
quindi
amo
le
sonorit�,
al
di
l�
del
contenuto
-e
insistetti
perch�
lui
scrivesse
il
libretto.
Si
prese
un
p�
di
tempo
prima
di
accettare
perch�
era,
e
notate
l'imperfetto,
un
filosofo
strict,
troppo
strict,
e
infine
mi
disse
che
poteva
provare.
Nel
frattempo
arriv�
la
commissione
della
regione
siciliana
per
un'opera
in
occasione
dell'ottavo
centenario
della
nascita
di
Federico
Il
di
Svevia
alla
quale
demmo
priorit�
perch�
aveva
una
scadenza
immediata.
Nel
frattempo
la
collaborazione
ha
avuto
una
specie
di
perfezionamento
progettuale
ed

nato
questo
disco
di
canzoni.
Ne
sta
seguendo
un
altro,
con
calma.

Il
progetto continua,
dunque...

BATTIATO:
Sicuramente.
Per
me

stata
una
liberazione
perch�
ritorno
cos�
al
mio
ruolo
primigenio.
Ogni
volta
che
Sgalambro
mi
manda
un
fax
i
sensi
sono
accesi.

Che
diff�colt�
ci
sono state
a
musicare
i
testi
di
Sgalambro?

BATTIATO:
Non
ci
possono
essere
delle
difficolt�.
E�
un
fatto
di
sonorit�,
di
ritmo.
La
difficolt�
si
ha
quando
devi
mettere
a
posto
conti
che
non
tornano.

Volevamo chiedere
a
Sgalambro come
mai
avesse
deciso
di
scrivere
testi
per
delle
canzoni,
ma
la
risposta
forse
l'abbiamo avuta:

stata
una
richiesta.

SGALAMBRO:
Questa

uno
questio
facti,
poi
vi

un'altra
questione.
Io
credo
che
la
riflessione,
il
pensare,
in
ispecie
il
filosofore
cerchino
in
certi
periodi,
in
certi
snodi
della
loro
esistenza,
nuove
forme.
Questo

un
momento,
a
mio
avviso,
in
cui
il
fallimento
delle
forme
abituali
dei
filosofare
(il
fatto
che
la
filosofia
in
qualche
modo
ha
un'eternit�
di
fatto,
un'esistenza
acuta,
esiste)
spinge
chi
pratica
la
filosofia
a
sentire
l'occorrenza
di
esplorare
vie
diverse.
Naturalmente
io
non
pensavo
per
nulla
di
esplorare
vie
date
da
canzoni...

Il
bilancio ci
sembra
positivo.

SGALAMBRO:
Credo
di
s�
dal
mio
punto
di
vista,
oltre
che
dal
punto
di
vista
comune.

Nel
suo libro �Del
pensare
breve�
lei
dice
che
la
coniugazione
tra
la
filosofia
e
la
narrazione
avviene
solamente
con
l'epos.
Poi
afferma
che
la
filosofia
non
pu�
pi�
narrare
e
la
letteratura
non
sa
pi�
scrivere.
Voi
vi
trovate
per� a
collaborare
ad
un'opera
che
rientra
nella
forma
narrativa
dell'epos.

SGALAMBRO:
Il
fatto
narrativo
della
filosofia

detto
non
in
senso
trionfale.
E�
piuttosto
spesso
il
rimpianto
che
essa
non
possa
narrare
daccapo.
A
mio
avviso
l'odoperabilit�
di
forme
diverse
resta
sempre,
per�
bisogna
che
esse
siano
in
effetti
adoperate,
che
trovino
l'esecutore,
un
uomo
in
cui
tutte
queste
cose
si
accolgono
e
con
grazia
diventino
qualche
cosa
di
semplice.
Quindi

chiaro
�narrare
di�

il
�sistema�.
Cos'�
narrare
in
filosofia?
Il
vecchio
sistema,
il
sistema
della
filosofia
idealistica
tedesca,
quella
narrazione
che,
si

detto
un
po'
da
tante
parti,
non
pu�
essere
pi�
possibile,
In
realt�
questa
narrazione
pu�
avvenire
anche
attraverso
diverse
altre
maniere.
Direi
che
il
piccolo
testo
di
canzoni
pu�
essere
una
maniera
per
aggirare
e
dare
oggi,
in
un'epoca
dove
tutto

rimpicciolito,
queste
piccole
schegge
di
un
sistema.
Infine,
la
canzone
porta
al
problema
dell'oralit�,
della
vocalit�
delle
cose,

esprimersi
mediante
la
voce,
il
canto,
porta
insomma
a
problemi
non
indifferenti.

Tanto per
giocare
con
il
titolo di
un
libro di
Sgalambro:
la
societ�
dimostra
molta
indifferenza
in
materia
di
poesia.
Dall'Ottocento
in
poi
il
ruolo del
poeta

andato scadendo,
perdendo presa
sulla
societ�.
La
poesia
sta
traslocando nella
canzone?

BATTIATO:
Sono
assolutamente
d'accordo.
La
societ�
va
sempre
per
schemi,
difficilmente
accetta
l'idea
di
trasformazione
delle
cose.
Si
va
a
cercare
la
poesia
in
un
campo
dove
non
esiste
pi�,
dove
ormai

solamente
imitazione
di
modelli
arcaici
e
ben
riusciti.
E�
quello
che

successo
anche
alla
musica
contemporanea.
E�
la
cecit�
attuale
che
non
pu�
far
vedere
che
la
musica
leggera

la
continuazione
di
quella
classica
perch�

impensabile,
per
la
gente
cos�
detta
colta,
una
simile
caduta,
mentre
in
realt�
non
sa
accorgersi
dell'esistenza
di
nuovi
linguaggi,
nuovi
modelli
di
penetrazione.
Ci
sono
dei
prodotti
apparentemente
di
consumo
(tecnodance)
che
hanno
una
intrinseca
verit�,
che
per�
non

riconosciuta
e
non

neanche
cosciente
in
chi
la
produce.

Le
vostre
frequentazioni
con
la
poesia
?

BATTIATO:
Sgalambro

un
appassionato.
Voleva
addirittura
dedicare
una
giornata
alla
poesia
in
questa
�estate
catanese�
di
cui
ci
siamo
occupati,
ma
poich�
il
programma
consisteva
in
soli
cinque
giorni
ha
dovuto
limitarsi.

Quali
autori
aveva
in
mente?

SGALAMBRO:
Mi
piace
molto
la
Volduga.
Mi
piace
l'impresa
che
lei
conduce.
Per�
non

questo
il
punto,

inutile
fare
dei
nomi.

Ritornando alla
canzone,
sembra
di
percepire
nell'ultimo album
che
i
testi
di
Sgalambro
seguano un
modello narrativo molto simile
a
quello che
appartiene
a
Battiato.
Si
potrebbe
parlare
di
una
destrutturazione
logica
che
procede
attraverso metafore...

BATTIATO:
Attenzione,
Sgalambro
odia
il
simbolismo.

Voleva
essere
una
provocazione:
diciamo che
questo procedere
per
immagini
ricorda
la
tecnica
dello
�stop
gurdjeffiano�.
BATTIATO:
E�
curioso,
una
ragazza
che
mi
ha
chiamato
ieri
ha
letto
il
suo
ultimo
libro
e
mi
diceva
che
sentiva
delle
analogie
tra
Sgalambro
e
Gurdieff,
ma
lui
non
sopporta
tutta
quell'aria.
Secondo
me
Sgalambro
ha
raggiunto
un
alto
livello
di
penetrazione.
E�
inevitabile
che
il
suo
modello
coincida
con
quello
di
altri,
anche
se
poi
li
differenziano
le
conclusioni.
Un
mistico
conosce
la
gente,
penetra,
Sgalambro
vede
le
stesse
cose,
ma
trae
conclusioni
apparentemente
opposte.

SGALAMBRO:
Io
sono
molto
legato
alla
tradizione
europea
e
occidentale
della
filosofia.
Per
me
non
c'�
salvezza
per
la
filosofia
al
di
fuori
di
questa
sua
tradizione,
e
ogni
suo
debordare
non

soltanto
tradire,
se
cos�
si
pu�
dire,
la
sua
intima
essenza,
ma
negarsi.
Dentro
la
tradizione
si
possono
fare
anche
testi
per
canzoni,
ma
fuori
di
essa
non
si
pu�
fare
nulla.
Questa
tradizione
contiene
non
a
caso
i
poemi
di
un
Parmenide,
di
un
Empedocie.
Oggi
il
pensiero
occidentale
si
percorre
in
una
specie
di
viavai
continuo.
Non
si
arriva
ad
un
punto
e
si
dice
�Ecco,
da
qui�,
ma
si
va
per
continui
ritorni,
e
come
se
qualcuno
facesse
qualcosa
in
cui

implicato
questo
andare
e
poi
tornare,
e
poi
riandare
da
capo
magari
tracciando
vie
di
altro
tipo.
Questa
soluzione
mi
convince,
ma
fuori
dalla
mia
tradizione
non
metto
piede.

Allora,
rimanendo nell'ambito della
tradizione
occidentale,
esiste
un'etica
della
scrittura?

SGALAMBRO:
La
scrittura

forse
l'attuale
situazione
in
cui
siamo.
Attraverso
la
scrittura
possiamo
raggiungere
il
punto
che
oggi
ci
pu�
essere
dato
come
possibile,
e
cio�
la
materialit�
del
pensare,
Pensare
si
ha
appunto
nella
scrittura.
la
scrittura

una
costruzione
ben
visibile,

qualcosa
di
ponderabile.
Cos'�
la
�Critica
della
ragion
pura�
di
Kant?
E�
un
libro,
cio�
un
sistema
di
scrittura,
scrittura
attraversata
certamente
da
molteplici
sensi

BATTIATO:
Scusi
se
la
interrompo.
E�
un
libro,
ma
lei
non
crede
nella
deformazione
di
certi
pensieri,
di
alcune
idee
che
si
sviluppano,
vanno
a
sedere
nella
gente
anche
senza
che
lo
sappiano...

SGALAMBRO:
S�,
senza
dubbio,
per�
il
momento
concreto
in
cui
la
scrittura,
il
pensare
occidentale
trova
la
sua
differenza
dal
pensare
orientale
consiste
proprio
in
questo:
che
trova
la
sua
etica
nella
scrittura.
L�

il
suo
bene,
il
suo
male,
il
suo
metro
di
giudizio,
la
sua
misura.
Ma

detto,
ripeto,
non
in
senso
trionfale.
La
scrittura

il
nostro
limite,
il
limite
per�
che
consente
al
pensare
di
poter
essere
qualcosa,
altrimenti
rischia
di
rimanere
un
rimugin�o,
un
fatto
psicologico.

E
la
dimensione
del
concerto ?
Pu� essere
un
luogo concreto di
incontro fra
persone,
fra
filosofia
espressa
nel
testo di
una
canzone
e
pensiero espresso in
una
composizione
musicale;
fra
l'altro in
�Del
pensare
breve�
lei
dice
�pensare
divide�:
queste
due
forme
di
pensiero -la
scrittura
e
la
musica

forse
collidono
nel
luogo,
nell'evento del
concerto.
SGALAMBRO:
lei
ha
ragione.
Una
lezione
di
filosofia
dell'Universit�
non
riesce
a
realizzare
il
minimo
dei
suoi
assunti,
cio�
quello
informativo.
Non
riesce
poi
a
realizzare
una
situazione
filosofica,
cio�
una
situazione
d'ascolto,
una
situazione
di
dialogo.
Ecco,
lei
ha
ragione
in
questo:
una
situazione
di
incontro
in
cui
chi
proviene
dalla
filosofia
si
incontra
con
chi
proviene
dalla
musica
ed
entrambi
camminano
quel
momento,
cio�
il
concerto,
pu�
avere
il
senso
di
un
dialogo.
Tra
una
lezione
di
filosofia
fatto
da
una
cattedra
e
una
canzone
cantato
da
Battiato
io
preferisco
quest'ultimo.

La
canzone

pi�
efficace.

SGALAMBRO:
Non
si
tratto
solo
di
efficacia,
non

solo
un
fatto
pragmatico.
Credo
sia
anche
un
fatto
intrinseco,
vero.

Probabilmente
il
pensiero si
svolge
abbondantemente
al
di
fuori
delle
aule
universitarie,
e
quindi
anche
un
concerto diventa
un
luogo dove

pi�
facile
che
i
pensieri
siano a
confronto.
Non
dimentichiamo
che
nell'efficacia
della
comunicazione
contano entrambi
i
termini,
quindi
spesso c'�
pi�
pensiero anche
dalla
parte
del
pubblico di
un
concerto che
non
dentro un'aula
universitaria.
SGALAMBRO:
Io
parlo
di
un'aula
universitaria
perch�
usualmente
la
filosofia,
ahim�,
si
svolge
l�.
Ci�
che
chiamiamo
filosofia

legato
a
un
luogo,
ma
filosofia
la
si
pu�
insegnare
da
un
lettino
d'ospedale,
da
un
bar,
magari
con
le
spalle
appoggiate
a
un
angolo.
Ora
il
luogo
occidentale
della
filosofia,
il
suo
destino
amaro
o
no
(non
importa
qui
dirlo),

appunto
l'accademia.

BATTIATO:
Giusto,
ma
io
non
me
la
sento
proprio
di
perdere
una
lezione
eterna
e
determinante
datami
magari
da
un
fattorino
mentre
mi
porta
i
bagagli.

Pensando ai
suoi
interessi
per
il
sufismo,
Rumi
ad
esempio:
quanto un
concerto
di
questo tipo,
concepito
in
questo modo si
avvicina
a
quello che

il
�Sama�
per
i
sufi?
Forse

un
po'
azzardato...

BATTIATO:
Non

per
niente
azzardato,
anzi
direi
che
il
naturale
ambiente
del
rito

gi�
questo:
la
forza
della
canzone.
Poi

chiaro,
bisogna
fare
delle
differenze
naturali:
c'�
la
musica
di
intrattenimento,
c'�
il
piano-bar,
ogni
cosa
ha
una
dose.
Ci
sono
certi
concerti
che
sono
molto
vicini
a
riti
iniziatici,
in
cui
proprio
il
tutto
assume
un
aspetto
inquietante
e
impenetrabile,
altri
in
cui
l'attenzione

tale
che
la
parola
fa
pi�
che
comunicare:
esprime.

Allora
diventa
curioso che
questa
forma
di
pensiero,
che
forse

pi�
della
tradizione
orientale,
entri
nelle
nostre
sale
da
concerto attraverso poi
dei
testi
scritti
da
chi
si
dichiara
invece
della
tradizione
occidentale.

BATTIATO:
E�
un
problema
teorico,
non
pratico.
Perch�
Sgolambro
pu�
dire
quello
che
vuole:
pur
avendo
una
sua
posizione
netta
e
operando
una
divisione
manichea
con
tutto
quell'aria,
andando
a
rileggere
alcune
cose
che
lui
ha
scritto,
anche
per
delle
canzoni,
si
trova
lo
stesso
genere
di
profondit�.
Mi
viene
in
mente
una
canzone,
�Fornicazione�
il
cui
testo
che
mi
ha
pilotato
a
penetrare
in
un
campo
musicale
in
qualche
maniera
inconsueto.
Quel
testo
descrive
ambienti
di
una
profondit�
misteriosa
che
gi�
nell'epoca
di
Rumi
esistevano
in
maniera
cos�
mistica
e
che
la
suo
poesia
descriveva.
Anche
se
Sgalambro
e
Rumi
sono
due
mondi
diversi.

Potremmo dire
che
il
mondo �
sempre
stato molto
complesso
e
quindi
per
descrivere,
per
affrontare
questa
complessit�
una
ricchezza
di
strumenti

solo
buona;
quindi
non
occorre
tanto scegliere
fra
tradizioni
differenti
quanto
riuscire
a
farle
convivere
assieme.

BATTIATO:
Non
solo
convivere,
ma
anche
farle
reagire.

Restringendo questo discorso al


campo dell'opera,
da
�Genesi�
a
�Gilgamesh�
infine
a
quest'ultima
opera:
il
concerto,
la
possibilit�
di
comunicazione
pu�
avvenire
solamente
attraverso il
mito perch�
necessario come
ripresa
di
un
archetipo collettivo?

BATTIATO:
Da
quando
collaboro
col
nostro
professore

cambiato
una
cosa
determinante
nel
mio
lavoro.
Quando
in
passato
ho
preso,
come
lei
definisce,
un
archetipo,
un
eroe
d'altri
tempi,
l'ho
fatto
perch�
avevo
bisogno
di
utilizzare
una
drammaturgia
che
mi
servisse
per
descrivere
in
un
certo
modo
lo
scopritore
di
mondi
ultraterreni,
quindi
di
utilizzare
una
meccanica
classica,
sempre
uguale,
sia
per
�Genesi�
che
per
�Gilgamesh�:
la
meccanica
del
viaggio.
Con
l'arrivo
dei
libretto
di
Sgalambro,
parlo
dei
�Cavaliere
dell'intelletto�,
non
ne
ho
avuto
pi�
bisogno
perch�
il
libretto
partiva
con
questa
straordinaria
teoria
della
Sicilia,
di
una
bellezza
spudorata.
Mi
accorsi
che
come
compositore
dovevo
semplicemente
capire
quali
erano
le
cose
da
musicare.
Negli
altri
percorsi
la
storia
era
una
storia
parateatrale,
una
specie
di
sceneggiata
dietro
le
quinte.
Ad
esempio
in
�Genesi�
ho
utilizzato
per
il
testo
diverse
lingue
come
il
sanscrito
e
il
persiano
proprio
perch�
non
me
la
sentivo
di
raccontare
in
italiano,
avevo
come
il
ribrezzo
verso
il
melodramma
tradizionale
con
tutta
la
sua
retoriche,
non
sono
pi�
tempi,
viviamo
un
epoca
velocissima,
abbiamo
bisogno
di
sintesi.

Con
Sgalambro
abbiamo
avuto
il
miracolo
della
comunicazione.
Il
suo
testo
l'ho
lasciato
come
teatro
puro
e
sono
intervenuto
con
la
musica
solo
nei
momenti
in
cui
poteva
alleviare
le
pene
della
parola.
Quella
parola
pura
mi
fece
venire
in
mente
che
in
effetti
stavamo
entrando
in
un
nuovo
genere
di
proposta
teatrale,
e
quando
lbsabin
dice
a
Federico:
�Dio

tutto
Federico,
unirsi
a
lui

il
fine�
sentivi
proprio
la
platea,
era
una
cosa
miracolosa,-allora
l�
individui,
quando
la
parola

fatta
con
arte
e
contiene
concetti
alti,
che
la
musica
pu�
solo
disturbare.

L'opera
ha
un
bilanciamento
bellissimo
tra
le
parti
musicali
che
alleviano
la
parola
e
l'aissoluto
rigore
di
questa
parola.
Pensavamo alla
frase
�mi
ispirano paesaggi
senza
alcuna
idea
di
movimento�
da
�Moto browniano�.
Il
paesaggio nel
suo lavoro e
nel
suo pensiero ha
uno
svolgimento,
una
sua
riflessione?

SGALAMBRO:
Quando
uno
scrive
non

sempre
se
stesso;
se
adopero
una
chiave
nella
porta
adopero
me
stesso?
Attraverso
me
stesso
adopero
una
cosa:
la
chiave.
Moto
browniano:
supponiamo
che
queste
due
parole
unite
assieme
formino
un
corpo
oggettivo.
E�
qualcosa
che
va
descritto.
Ma
descritto

poco:
che
va
sciolta
in
quelle
che
sono
le
sue
componenti.
Eppure,
in
ci�
io
non
faccio
un'operazione
dove
sono
solo
io:
l'io

sub�to
dalla
cosa,
che
mi
sopporta.
In
questa
sopportazione
che
l'oggetto
del
nostro
scrivere,
del
nostro
poetare,
musicare,
pensare,
ha
verso
di
noi,
in
questa
sopportazione
e
nella
sua
consapevolezza
c'�
forse
un
diverso
rapporto,
che
in
qualche
modo
fa
s�
che
la
cosa
non
venga
ad
essere
assorbita
in
me.
Sono
io,
ma
fino
ad
un
certo
punto:
sono
una
sua
pedina,
se
vogliamo,
e
nemmeno
accettata:
sopportata.

Nei
discorsi
che
facevamo attorno al
paesaggio sostenevamo che
il
soggetto
diventava
un
luogo,
non
era
pi�
il
centro della
scrittura
ma
uno dei
luoghi,
o
meglio una
mappa
dei
luoghi.
Ci
potremmo ricollegare
a
tante
cose
che
Battiato
ha
scritto,
canzoni
in
cui
la
geografia
viene
prelevata
in
una
specie
di
cut-up
e
poi
rimontata
in
una
atmosfera
che
d�
l'immagine
del
tutto;

una
forma
questa
di
archetipo moderno,
di
mito
collettivo attraverso il
quale
si
pu� comunicare
a
tutti.

BATTIATO:
Mi
piacerebbe,
ma
vorrei
rispondere
a
Sgalambro
dicendogli
che
se
un
contenitore

di
colore
nero
non
pu�
dare
l'azzurro
all�acqua.
La
cosa
ti
pu�
possedere,
ma
non

importante
quanto
il
fatto
che
solo
l'occhio
attento
di
un
determinato
osservatore
pu�
posarsi
su
certe
cose.

SGALAMBRO:
Supponiamo
che
ci
sia
un
cammino,
un
iter.
C'�
un
momento
in
questo
cammino
in
cui
-parlo
di
quello
che
conosco
un
p�
meglio,
cio�
il
mio
mestiere,
che
poi
se
togli
nel
filosofore
il
lato
dei
mestiere,
si
toglie
la
zavorra,
e
un
filosofare
che
non
avesse
la
zavorra,
la
gravezza
materiale,
se
ne
andrebbe
chiss�
dove
-un
momento
in
cui
chi
fa
questo
mestiere

un
artigiano
di
cose.
Un
artigianato
essenziale,
e
in
questo
momento
uno
pu�
scrivere
o
pu�
parlare
o
pensare,
pu�
descrivere
questa
cosa
come
se
non
lo
riguardasse.
Ma
questi
giochetti
sono
necessari
come
alla
musica
di
Battiato
sono
necessari
certi
giochetti
perch�
essa
si
componga,
si
formi
con
una
grana
di
cose.
Allo
stesso
modo
nel
pensare
c'�
questa
granulosit�
ed

il
momento
della
cosa;
ed

appunto
il
momento
della
cosa
che
non

una
manifestazione
mia,
un
me
che
si
oblia.

Per
fare
circolare
una
parola
che
lei
ha
usato:
l'artgianato genera
grazia.

SGALAMBRO:
Perch�
no.
D.
Dalla
forma
aforistica
de
"La
morte
del
Sole"
al
"Dialogo
sul
comunismo".
E'
indifferente
la
scelta
di
un
nuovo
genere?
R.
Via
via
che
si
scrive,
lei
sa,
si
cerca
di
incardinare
ci�
che
si
pensa,
o
le
proprie
emozioni,
in
un
certo
tipo
di
scrittura,
o,
meglio,
in
una
certa
organizzazione
di
scrittura,
organizzazione
in
questo
caso
dialogica.
Io
poi
ne
ho
scritti
due
di
dialoghi,
perch�
pubblicai
un
"Dialogo
teologico"
qualche
anno
fa
con
l'
Adelphi,
e
dicevo
che
erano
dei
falsi
dialoghi.
In
realt�
"Augustinus
cum
Augustinum",
come
dice
Agostino
da
qualche
parte,
cio�
era
Agostino
che
parlava
con
Agostino.
E
quindi
in
sostanza
cho
il
sospetto
che
i
dialoghi
siano
in
realt�
falsi
dialoghi.
Ma
in
ogni
caso,
lei
dice
perch�
il
dialogo:
perch�
appunto
ti
permette
di
stabilire
questa
specie
di
sfalsatura
fra
te
che
dici
e
un
altro
te,
che
indubbiamente
c'�
ormai

pacifico
per
tutti
che
i
"me"
in
ciascuno
di
noi
pullulano
-,
che
in
qualche
modo
fa
da
cassa
di
risonanza
o
riprende
ci�
che
dici.
Quindi
la
parola
dialogo
va
presa
in
senso
"losco"
direi,
non
in
senso
diretto,
cio�
va
presa,
bassamente,
per
dir
cos�
,
per
celare,
o
manifestare,
o
celare
e
manifestare,
un
certo
tipo
di
operazione,
un
certo
tipo
di
rete,
con
cui
agganciare.
Perch�
,
infine,
se
noi
scriviamo,
scriviamo
s�
per
ordinare,
per
dar
peso,
gravezza,
materia
alle
idee
che
altrimenti
fluttuerebbero,
anzi
forse
nemmeno,
perch�
sarebbero
solo
una
pasticciatissima
nebulosa,
ma
anche
per
agganciare
il
lettore,
e
questa
volta
la
forma
scelta

stata
quella
del
dialogo.
D.
La
sua
filosofia
appare
come
diretta
pi�
a
discepoli
che
ad
interlocutori...
R.
Lei
ha
perfettamente
ragione.
D.
E
quindi
la
scelta
del
dialogo
non
potrebbe
a
questo
punto
apparire
come
una
deviazione,
un'apertura
verso
un
altro
tipo
di
approccio?
R.
Il
dialogo

circolare.
In
realt�
non
ci
sono
interlocutori.
L'interlocutore
partecipa
il
minimo
indispensabile
perch�
ci
sia
questa
specie
di
partita
a
tennis
Io
scrivevo
una
volta
questo
qui,
pi�
o
meno.
Riportavo
un
esame
di
docenza
che
fece
Schopenauer
in
una
commissione
in
cui
c'era
anche
Hegel.
Fu
proprio
Hegel
a
porgli
la
domanda:
se
un
cavallo
si
sdraia
sulla
strada
quali
motivi
vi
sono
o
cause?
e
allora
nell'incontro
tra
questi
due
grandi
filosofi,
l'uno
la
cui
grandezza
la
conosce
solo
lui,
(Schopenauer),
l'altro
la
cui
grandezza
cominciava
ad
essere
abbastanza
diffusa
(Hegel),
si
danno
ad
una
specie
di
dialogo
veramente
buffo:
a
stabilire
se
erano
cause,
se
erano
motivi.
Cio�
mi
parve
che
questa
fosse
una
contraffazione
del
dialogo,
che
metteva
per�
in
evidenza
il
dialogo
cos�
come
effettivamente

,
e
in
ogni
caso
con
questo
mi
pare
che
si
chiuda
l'era
del
dialogo
in
filosofia.
Nata
con
Platone
essa
si
chiude
con
questa
buffa
faccenda,
di
due
grandi
che
si
incontrano
e
non
sanno
parlare
altro
che
di
un
cavallo...

D.
Perch�
proprio
un
dialogo
sul
comunismo?
R.
Ecco,
e
cos�
andiamo
all'argomento,
perch�
vorrei
che
si
chiarisse
un
equivoco.
Comunismo,
qui,
vuole
indicare
esattamente
questo:
innanzitutto
questo
slancio
per
dir
cos�
,
che

tipico
della
nostra
civilt�.
Ma
voglio
indicare
piuttosto
un
pericolo
che
in
questo
momento
vi

.
C'�
una
gerarchia
di
comunismi,
vi
sono
pi�
comunismi,
certamente,
non
nel
senso
storico,
ma
nel
senso
ideale.
E
questo
comunismo
di
cui
mi
preoccupo
io

proprio
il
venir
meno
e
l'individualizzarsi
dell'idea
di
verit�,
il
crollo
della
comunit�
scientifica,
che
comincia
ad
essere
individualizzata
anche
nella
scienza,
anche
nella
fisica.
La
fisica
parla
oggi
di
principi
quasi
individuali
nel
suo
ambito,
ad
esempio
qualcuno
ha
potuto
parlare
di
una
fisica
a
misura
d'uomo,
perch�
il
fine

quello
che
l'uomo
goda,
che
abbia
piacere,
una
fisica
che
stabilisca
la
possibilit�
di
una
libert�
nell'ambito
dell'universo:

una
fisica
come
un'altra,
cio�
a
dire,
pu�
essere
benissimo
una
fisica
accettabile.
Oggi
vi

il
nuovo
principio
antropico:
anche
questo
obbedisce
a
esigenze
dell'individuo
nell'ambito
della
fisica,
cio�
a
proiettare
le
nostre
esigenze
di
finalit�,
di
soddisfazione,
nell'ambito
di
una
disciplina
come
la
fisica
che
era
stata
altera,
si
era
presentata
come
un
assoluto
sdegno
dell'umano.
E
l'idea
di
verit�,
espunta
dal
contesto
della
filosofia
o
ridotta
a
un
fatto
individuale.
Ecco
qual

la
mia
preoccupazione
e
qual

il
comunismo
di
cui
parlo:
tentare
di
destare
l'allarme
per
il
venir
meno
di
idee
di
verit�
comuni,
di
un
comune
senso
della
scienza,
di
un
comune
senso
dell'operare
all'interno
del
sapere.
Il
frammentarsi
in
principi
individuali
di
tutto
quanto
l'assetto
del
sapere,
per
cui
il
comunismo
in
definitiva
-in
questa
gerarchia
di
comunismi
che
nel
libro

pi�
o
meno
adombrata,
per
quello
che
mi
interessa
-,

proprio
il
ristabilirsi
di
una
comune
idea
di
verit�,
di
cui
oggi

impossibile
parlare,
perch�
una
cosa
del
genere
fa
ridere.
Ma,
lo
ripeto,
soprattutto
per
quanto
riguarda
l'ambito
del
sapere,
laddove
esso

frammentato
in
saperi
individualizzati
-e
il
principio
individuationis
frusta
a
sufficienza
non
solo
le
filosofie
che
sono
ormai
quasi
personalizzate:
ciascuno
ha
la
sua,
come
ognuno
ha
la
sua
cravatta,
la
sua
donna
-,
ma
anche
in
quelle
che
sono
le
discipline
rettrici
della
civilt�occidentale,
la
matematica,
poniamo.
Ecco:
mentre
gli
altri
si
preoccupano
del
comunismo
dei
bisogni,
de
la
merde,
-come
io
lo
chiamo
-,
io
mi
preoccupo
di
questo,
che
certamente
sar�superfluo,
ma
che
a
me
d�l'impressione
che
sia
bisognevole
di
un
occhio
attento:
perch�
stiamo
perdendo
la
"comunit�"
di
questi
beni
intellegibili,
di
questi
beni
spirituali,
che
si
frammentano
e
diventano
propriet�di
piccoli
o
grandi
proprietari
che
ne
fanno
in
qualche
modo
un
fatto
personale,
a
s�
.

D.
Quindi
un
interesse
per
il
comunismo
da
dove
meno
ce
lo
si
aspettava?
R.
Certo,
il
comunismo
per
quello
che
interessava
veramente
me
.
D.
Lei
ha
scritto
un
libro
intitolato
"Dell'indifferenza
in
materia
di
societ�".
Questo
suo
interesse
per
la
filosofia
come
verit�,
questo
comunismo
inteso
come
riverca
di
verit�
comuni,
ha
a
che
fare
invece
con
un
interesse
per
la
societ�,
pu�
servire
alla
societ�?
R.
Io
personalmente
ritengo
che
l'interesse
per
la
societ�
sia
un
interesse
sussidiario
e
avventizio.
Il
primo
interesse
per
l'uomo
non
credo
sia
la
societ�,
la
societ�

un
dato:
ma

un
dato
questo
pavimento,

un
dato
che
devo
apripre
la
porta
se
voglio
entrare
,

un
dato
che
sono
in
una
societ�
perch�
nasco,sono
buttato
gi�,
nasco
in
una
societ�:
ma
questo
non
significa
che
io
dirigo
le
mie
intenzioni
e
i
miei
sforzi
al
pavimento
in
cui
cammino,
certo,
se
non
ci
fosse
il
pavimento
io
crollerei,
se
non
ci
fosse
la
societ�,
cio�
tutto
il
complesso,
l'organizzazione
che
forma
la
struttura
di
una
societ�,
probabilmente
non
soddisferei
i
miei
bisogni,
sarei
privo
di
molte
delle
cose
che
formano
il
mio
benessere,
ma
questo
non
significa
che
io
debba
ritenere
primaria
la
societ�,
la
societ�

come
il
pavimento,
come
la
porta,
strumenti
che
mi
giovano,
che
mi
servono
ma
non
il
mio
interesse.
Io
credo
che
l'interesse
primario,

qui
bisognerebbe
considerarlo
all'interno
della
nostra
civilt�,
e
per
me
la
civilt�

quella
occidentale
o
non
�,
non
sia
la
societ�
ma
l'arte,
il
produrre,
anche
il
generare
pu�
essere
interesse
primario,
ma
non
sia
dia
l'interesse
primario
alla
societ�,
soprattutto
non
si
dia
a
quelli
che
di
questa
societ�
si
fanno
per
dir
cos�
portatori,
i
falsi
servitori
di
essa,
o
quelli
che
se
ne
fanno
padroni,
cio�
il
politico,
la
politica,
che

diventata
nel
nostro
assetto
sociale,
europeo,
talmente
primaria
da
abbattere
qualsiasi
interesse
o
da
ridurlo
sotto
di
s�
:
questa

per
me
un'oscurante
sconfitta
delle
cose
dello
spirito.
D.
Qual

questa
verit�
comune
che
lei
ravvisa
nel
comunismo?
R.
Io
dico
l'idea
di
verit�
anzitutto,
cio�
il
perseguire
l'idea
di
verit�,
le
cui
caratteristiche
sono,
risibili
per
l'uomo
comune,
ovviamente,
l'idea
di
unicit�,
l'idea
di
eternit�:
oggi
i
filosofi
hanno
idee
pi�
comuni
dell'uomo
comune
,
ritengono
che
l'idea
di
verit�
sia
un
ferrovecchio,
noi
abbiamo
perso
i
grandi
principi
che
abbiamo,
che
ci
tengono,
ma
che
noi
possiamo
ammirare
e
contmplare,
cos�
come
l'uomo
della
tecnica
ammira
le
pi�
grandi
invenzioni
di
quest'et�
tecnologica:
anche
l'invenzione
dell'imperativo
categorico,
della
nozione
di
legge,
in
senso
fisico
come
in
senso
sociale,
queste
cose
sono
proprio
il
grande
patrimonio
comune
che
si
sta
smembrando
e
sta
diventando
invece
propriet�
di
singoli,
perch�
ci
sono,
si,
non
soltanto
i
grandi
proprietari
di
ricchezze
materiali,
ci
sono
anche
i
grandi
proprietari
di
ricchezze
intellegibili,
delle
idee,
come
se
in
sostanza
delle
idee
ne
fosse
padrone
questo
o
quel
filosofo;
ecco,
se
noi
diciamo
le
automobili
della
Fiat,
ci
accorgiamo
dell'onta,
del
disdoro
che
c'�
nell'affermazione,
ma
se
diciamo
le
idee
di
questo
o
quel
filosofo
non
ci
accorgiamo
quasi
di
questo
senso
in
cui
idee
comuni,patrimonio
di
intellegibilit�,
almeno
dell'elite
europea,
diventano
propriet�
di
uno,
di
grandi
proprietari
del
pensiero,
i
quali
ne
fanno
l'uso
e
l'abuso
che
vogliono.
Perch�
,
e
con
ci�
vorrei
concludere,
la
ricchezza
materiale,
solo
quella,
non

possibile
rendere
comune,
checch�
se
ne
dica,
perch�
essa

strettamente
individuale,
mentre

proprio
l'altra,
la
ricchezza
spirituale
che

comune
in
se
stessa
e
che
per
accidente
oggi
sta
diventando
singola,
individuale.
E'
questa
che
bisogna
rendere
comune.
D.
Ma
questa
sembra
impresa
difficile,
visto
che
lei
definisce
la
scuola
"una
barriera
opposta
al
male
del
sapere"
R.
La
scuola

in
realt�
una
grande
neutralizzatrice.La
scuola
pubblica
europea
nasce
con
la
funzione
di
formare,
di
educare,
di
istruire,
ma
in
maniera
tale
che
tutto
ci�
che
viene
impartito
sia
neutralizzato
in
partenza:
il
sapere

il
veleno
quale
pu�
essere
in
un
trattato
di
tossicologia,
cio�
innocuo,
descritto
ben
bene
ma
in
cui
manca
proprio
l'elemento
primo,
la
possibilit�
che
se
tu
tocchi
gli
occhi
o
lo
ingerisci
muori
o
resti
deturpato:
ma
questo
non

il
volere
o
non
volere
dell'insegnante.
E'
proprio
l'assetto
specifico
del
sapere
scolastico:
Essenzialmente
neutralizzatore
esso
deve
togliere
l'elemento
non
formativo,
non
educativo
che
vi

nel
sapere:
Lei
pensi
a
un
Beaudelaire,
nelle
scuole
francesi,
preso
cos�
per
com'�,
sarebbe
dirompente....o
a
Leopardi
nelle
nostre
scuole...
Sono
sette
anni
che
Franco
Battiato
ha
spostato
la
sua
dimora
stabile
da
Milano
a
Giarre�

Proprio
come
i
ritmi
che,
da
sette
anni
esatti,
con
ogni
tempo
e
in
ogni
stagione,
cadenzano
le
sue
giornate:
la
sveglia
alle
5
del
mattino,
poi
la
contemplazione
del
paesaggio
(quasi
a
voler
riempire
il
cuore
e
i
polmoni
di
tutta
quanta
l'aria
di
Sicilia),
poi
l'ascolto,
per
una
mezz'oretta
buona,
di
musica
classica.
Seguono
lo
yoga
e
la
meditazione;
poi,
alle
7
e
30
precise,
la
colazione,
quindi
il
lavoro
fino
all'una.
Dopo
pranzo,
immancabile,
il
riposino
pomeridiano,
e
poi
ancora
il
lavoro
dalle
3
alle
8
di
sera.
E
solo
a
questo
punto
Battiato
si
concede
una
cena
frugale,
il
rito
del
Telegiornale,
la
visione
di
un
film
in
cassetta.
Da
quando

qui,
lei
ha
deciso di
affiancare
all'attivit�
di
musicista
anche
quella
di
pittore:
pittore
di
icone,
soprattutto.
Come

nata
questa
passione?

"Pi�
che
una
passione,
direi
che
quella
della
pittura

stata
una
necessit�.
La
necessit�
di
porre
rimedio
a
un
difetto
troppo
grande:
la
mia
totale
incapacit�
di
fare
qualsiasi
cosa
con
le
matite
e
i
pennelli,
il
mio
blocco
di
fronte
alla
trasformazione
di
una
cosa
vista
in
una
cosa
trasposta
su
tela.
Quella
della
pittura

stata
una
sorta
di
sfida
con
me
stesso.
E
ora
-che
i
miei
dipinti
piacciano
oppure
no
-credo
di
poter
affermare
di
averla
vinta,
questa
sfida.
Ora
so
che
cos'�
la
prospettiva,
ora
ho
capito
che
la
pittura
e
la
musica
occupano
dimensioni
totalmente
diverse,
anche
se
complementari,
nella
mia
mente
e
nel
mio
cuore".

Altra
singolare
coincidenza:
sono molti
anni
che
lei
pratica
il
sufismo,
ma
solo da
quando �
qui
ha
deciso
di
rendere
pubblica
ed
evidente
la
sua
fede
religiosa.
Come
mai?

"E'
molto
semplice.
Pur
senza
voler
convincere
nessuno
l'indottrinamento
non
fa
certo
parte
del
mio
bagaglio
filosofico
e
culturale
-trovo
che
non
sia
male
lanciare
segnali
evidenti
di
un
certo
genere
di
testimonianza.
E'
un
modo
di
dire
a
chi
ti
segue
e
a
chi
ti
apprezza:
'Stai
all'erta,
qualcosa
in
te
pu�
cambiare'.
Cos�
come

cambiato
in
me".
Mi
tolga
una
curiosit�,
e
mi
perdoni
la
banalit�
della
domanda:
che
cosa
l'ha
spinta
a
"scegliere" il
sufismo in
luogo -che
so -del
buddismo o della
teosofia?

"Direi
che
l'ho
abbracciato
per
una
questione
di
vicinanza,
per
quella
sorta
di
illuminazione
che
ti
pervade
quando
ti
accorgi
di
aver
trovato
proprio
quello
che
andavi
cercando.
In
altre
parole,
io
sono
legato
al
sufismo
perch�
ho
scoperto
che
il
mio
mondo
interiore

assolutamente
uguale
a
quello
dei
mistici
sufi,
in
particolare
per
quel
che
riguarda
la
concezione
della
sofferenza".

La
sofferenza?

"S�,
proprio
la
sofferenza.
Da
non
intendersi
nell'accezione
'normale'
del
termine,
come
quel
'qualcosa'
che
in
genere
pervade
i
rapporti
di
coppia
e
provoca
le
liti
e
le
rotture
coniugali:
ma,
semmai,
nel
suo
senso
pi�
universale
e
trascendente,
vicino
a
quello
stato
che
generalmente
viene
classificato
come
'angoscia'.
Bene,
questo
sgomento,
quando
sopravviene,
implica
una
totale
inabilit�
nei
confronti
delle
faccende
della
vita,
impedisce
ogni
comprensione
di
quel
che
sta
succedendo.
E,
quando
viene
portato
alle
conseguenze
estreme,
assomiglia
a
una
tempesta
cosmica
che
si
abbatte
su
un
individuo
inerme:
totalmente
incapace
di
sopportare
anche
una
briciola
minuscola
del
suo
furore.
Proprio
questo
tipo
di
sofferenza,
che
pi�
volte
ho
sperimentato
sulla
mia
pelle,

stato
il
tramite
che
mi
ha
avvicinato
al
sufismo".

E'
a
questo tipo di
sofferenza
che
si

ispirato
per
scrivere
"Il
Re
del
Mondo",
la
canzone
che
prende
a
prestito il
titolo di
un
famoso saggio di
Ren�
Gu�non?
"Direi
di
no:
perch�
'Il
Re
del
Mondo',
pur
descrivendo
una
situazione
assolutamente
opprimente,
�,
tutto
sommato,
una
canzone
abbastanza
serena.
Direi
anzi
che
l'unico
riferimento
a
una
sofferenza
come
quella
che
ho
tentato
di
descrivere
in
precedenza
si
trova
in
una
canzone
del
mio
ultimo
album,
"Lode
all'Inviolato".
Nel
passo
dove
canto:
'Ne
abbiamo
attraversate
di
tempeste,
e
quante
prove
antiche
e
dure...'".

Sempre
da
questo punto di
vista,
una
canzone
prettamente
politica
come
"Povera
patria" sembra
quasi
anomala,
nella
sua
produzione..

"Infatti

proprio
cos�.
A
pensarci
adesso,
avrei
preferito
non
farla:
perch�
la
'politica'
non

proprio
il
mio
mestiere.
Ma
ci
sono
stato
costretto
per
l'indignazione
che
provavo
-e
che
tuttora
provo
-di
fronte
alla
volgarit�
dei
politici.
Una
volgarit�
che
mi
fa
realmente
orrore,
e
che
si
manifesta
nella
totale
insensibilit�
per
le
esigenze
degli
altri".

Che
cosa
la
spinge,
dunque,
a
scrivere
musica?
Musica
cos�
diversa,
fra
l'altro?

"E'
molto
difficile
rispondere
a
questa
domanda.
Perch�
si
tratta
di
una
sorta
di
'necessit�
arcaica':
di
un
qualcosa
che
preesiste
a
me,
e
che
utilizza
qualsiasi
tipo
di
linguaggio,
dal
canto
gregoriano
fino
al
techno-pop,
per
comunicare
a
chi
ascolta
i
miei
sentimenti.
Per�,
aldil�
delle
differenze
formali,
ci�
che
trovo
invariabilmente
presente
in
tutti
i
miei
lavori,
da
quelli
'avanguardistici'
degli
anni
Settanta
fino
alla
mia
recentissima
'Messa
arcaica',

una
ricerca
costante
della
bellezza,
dell'armonia,
della
fluidit�
delle
soluzioni
che
si
muovono
all'interno
di
ogni
linguaggio
prescelto.
Perch�
sono
assolutamente
sicuro
che
per
comunicare
certi
sentimenti,
certe
emozioni,
certe
opzioni
del
cuore,

necessario
seguire
strade
ben
definite".

Strade
come
quelle
della
"Messa
arcaica",
per
esempio?

"S�.
E
quest'esperienza,
fra
l'altro,

stata
per
me
estremamente
significativa
anche
per
altri
motivi.
Perch�,
per
esempio,
mi
ha
insegnato
quanto
sia
strano
questo
nostro
mondo
musicale:
dove
capita
di
essere
al
centro
di
un
tifo
da
mega-concerto
rock
anche
quando
si
suona
in
una
chiesa,
anche
quando
si
esegue
un'opera
che
si
muove
lungo
un
tenuissimo
filo
orizzontale.
Tutto
questo

molto
gratificante,
intendiamoci:
ma

certo
che
non
mi
sarei
mai
aspettato
di
vedere
il
Duomo
di
Orvieto
trasformarsi
in
una
sorta
di
Palasport,
al
termine
dell'esecuzione...".

In
�Cammino Interminabile�
hai
usato per
il
canto l�uso del
dialetto siciliano,
un
omaggio alla
tua
terra.

Per
me
l�uso
dialettale

bellissimo,
mi
piace
molto,
l�importante

che
non
sia
un
fattore
usato
per
esibizionismo,
come
fanno
alcuni
politici
e
anche
letterati.
Questa
canzone
si
far�
apprezzare
al
di
l�
dell�uso
del
dialetto,
perch�
se

vero
che
non
tutti
capiscono
il
siciliano,

altrettanto
vero
che
la
musica
va
oltre
l�aspetto
dei
testi.
E�
importante
che
ognuno
interpreti
a
suo
gusto
un
verso
o
una
canzone.
Apprezzo
quello
che
dice
Sgalambro
al
proposito,
quando
asserisce
che
il
dialetto

un
duro
linguaggio
della
necessit�,

il
momento
animale
della
lingua,
il
desiderio
di
animalit�.
Chi
parla
di
musicalit�
del
dialetto
non
sa
di
che
cosa
parla:
se
la
lingua

storica
e
culturale,
il
dialetto

cosmico.
Chi
muore,
muore
in
dialetto!

La
civilt�

quella
assiro-babilonese
e
"Gilgamesh"

un
eroe
divinizzato,
mitico
re
d'Uruk,
che
ispir�
uno
dei
pi�
conosciuti
poemi
della
letteratura
di
quella
civilt�:
l'Enuma
Lish.
Su
questa
figura
si
intrecciano
una
serie
di
miti
dell'Olimpo
babilonese
legati
alla
spiegazione
di
fenomeni
naturali.

Dove
presenter�
il
suo lavoro?

Si
tratta
di
un'opera
che
privilegia
il
trascendentale,
ma
devo
ancora
terminarla,
non
voglio
che
le
mie
idee,
che
devo
ancora
sviluppare,
siano
travisate.
Per
questo
non
ho
accettato
la
proposta
di
far
rappresentare
in
tv
"Genesi".
Lo
schermo
pu�
snaturare
le
intenzioni
del
rito.

Vivo
nel
sacro
e
la
mia
musica
riflette
questa
dimensione.
Ma
si
tratta
di
qualcosa
di
diverso
dal
culto,
e
neanche
la
sua
accettazione
della
Bibbia

incondizionata.
La
lettura
della
Bibbia
non
mi
ha
mai
veramente
esaltato.
Certo
contiene
aspetti
stimolanti
e
alcuni
elementi
che
hanno
rappresentato
le
fondamenta
per
la
civilt�
occidentale,
ma
dalla
Bibbia
non
sono
mai
coinvolto
in
modo
totale:
anche
per
"Genesi",
del
resto,
l'ho
considerata
soltanto
un
testo
di
riferimento.
Non
sono
d'accordo
con
l'assolutismo
a
favore
della
Bibbia.
Nell'interpretazione
sono
stati
fatti
errori
grossolani,
forse
anche
in
malafede
(pure
Aristotele
potrebbe
essere
raccontato
diversamente).
Esistono
tanti
altri
libri
mistici,
il
Corano
ad
esempio.
La
Bibbia
fa
riferimento
a
una
societ�
di
diritto
piuttosto
che
di
spirito.
Dobbiamo
imparare
a
dare
pi�
importanza
alla
meditazione
che
alla
ritualit�
dei
gesti
comuni:
quando
entro
in
chiesa
faccio
fatica
a
fare
il
segno
della
croce.
Quando
mi
accorsi
che
non
ero
capace
di
comandare
il
mio
corpo,
non
ho
pi�
abbandonato
la
ricerca
spirituale.
In
questi
anni
ho
incontrato
molte
verit�,
ho
girato
monasteri
di
tutto
il
mondo
apprendendo
le
diverse
tecniche
di
meditazione
spirituale.
Mentre
per
lo
studio
di
uno
strumento
tutti
sono
concordi
nel
ritenere
che
sia
indispensabile
il
rigore,
pochi
riconoscono
l'importanza
del
rigore
nella
ricerca
interiore.
I
mistici
sono,
invece,
la
razza
pi�
intelligente
che
conosca.
Oggi
sono
capace
di
concentrarmi
nel
silenzio,

una
sensazione
che
diventa
materia.
L'abbandono
totale
non
sempre
consente
una
completa
sintonia
con
l'esterno.
E'
necessario
ascoltare
gli
altri,
solo
cos�
possiamo
comprendere
la
vera
musica.
La
meditazione

importante.
Il
giudizio
di
un
singolo
ti
pu�
devastare,
quello
della
collettivit�
ha
un
valore
effimero.
La
musica
per
me

uno
strumento
per
raggiungere
certi
livelli
spirituali,
ma
non
sono
d'accordo
con
chi
vuol
accomunare
tutto
nella
categoria
del
sublime.
Preferisco
vivere
ritirato
oggi,
faccio
quasi
fatica
a
uscire.
"Gilgamesh"
sar�
una
grande
opera,
un
lavoro
inedito.

�Medito
tutti
i
giorni,
all�alba
e
all�imbrunire�.
Dice
proprio
cos�,
all�imbrunire,
usando
questo
termine
arcaico
che
trasmette
un
senso
di
calma
e
al
tempo
stesso
di
malinconia.

Quando?

�Direi
trentacinque
anni
fa.
Io
sono
nato
nel
1945,
ma
la
mia
vita
ha
iniziato
a
definirsi
tale
quando
ho
scoperto
la
meditazione,
nei
primi
anni
Settanta.
La
pratico
due
volte
al
giorno,
come
gli
egizi.
Cambio
orario
a
seconda
della
stagione.
Comunque,
non
sono
regole
fisse,
se
ho
degli
impegni
la
sposto.
Ma
mai
rinuncerei,
per
me

diventata
una
cosa
indispensabile,
non
potrei
vivere
senza�.

Adesso l�esoterismo va
molto di
moda.
Ci
sono scuole
di
meditazione
yoga,
sufi,
addirittura
Spa
che
mettono a
disposizione
pacchetti
di
massaggi
anticiccia
e
meditazione
antistress.
Lei
che
meditazione
pratica?

�La
mia

una
meditazione
personale.
Negli
anni
ho
letto
e
raccolto
tutte
le
indicazioni
possibili.
Poi
ho
scelto
la
mia
linea
personale.
Medito
dai
quaranta
ai
cinquanta
minuti.
Quando
ho
iniziato,
negli
anni
�70,
impiegavo
mezz�ora
a
rilassare
tutto
il
corpo.
Oggi
in
una
frazione
di
secondo
riesco
a
ricollegarmi
con
tutto
il
lavoro
che
ho
gi�
fatto.
Se
ci
sono
alcune
parti
che
si
devono
sciogliere,
se
sei
pieno
di
nodi,

difficile
cogliere
qualcosa.

l�eterna
lotta
tra
il
s�
e
il
no.
All�inizio
il
corpo,
non
essendo
ammaestrato,
ha
le
sue
necessit�,
non
vuole
stare
fermo
in
quella
posizione,
ti
suggerisce
scuse
di
tutti
i
tipi,
impegni
immaginari,
impegni
che
non
si
possono
rimandare.
Invece,

tutto
rimandabile�.

Perch�
ha
cominciato?

�Ho
iniziato
per
necessit�,
per
problemi
esistenziali.
Una
persona
a
un
certo
punto
della
vita
si
ferma
e
cerca
di
capire:
perch�
fai
cos�?
Avevo
24
anni.
La
politica
non
mi
ha
mai
interessato.
Con
il
movimento
non
ho
mai
avuto
contatti.
Ho
ancora
un
senso
di
notevole
sgradevolezza
se
ripenso
alle
occupazioni,
alle
aule
magne
con
molti
che
poi
ho
scoperto
terroristi.
Gi�
allora
avevo
capito
che
si
impegnano
molte
pi�
energie
nelle
faccende
effimere
che
in
quelle
serie�.

Per
lei
il
sociale
non
esiste?

�Con
il
tempo
ho
scoperto
che
aumentando
un
certo
tipo
di
sensibilit�
si

pi�
vicini
alla
gente,
ma
da
lontano.

una
strada
che
anche
mostrandoti
che
sei

miserabile

ti
porta
ad
accettarti
e
correggerti.
Fin
da
giovane
ho
sempre
avuto
grandi
sospetti
verso
quelli
che
se
la
prendono
sempre
con
qualcun
altro
e
mai
guardano
a
se
stessi�.

Lei
in
che
cosa
crede?

�Come
scrisse
Rumi:
�Io
non
sono
musulmano,
n�
induista
n�
cattolico.
Non
credo
n�
al
cielo
n�
alla
terra�.
Dopo
un
certo
numero
di
esistenze
(credo
nella
reincarnazione)
si
spera
di
entrare
nel
mondo
del
non
ritorno�.

Anche
il
protagonista
del
suo film
Perduto Amor,
scritto insieme
con
il
filosofo e
amico inseparabile
Manlio Sgalambro,
scopre
un
certo tipo di
letteratura
esoterica.
Come

arrivato a
queste
coincidenze?

�Scoprii
per
primi
i
mistici
indiani:
Yogananda,
Aurobindo.
Poi
sono
passato
al
buddhismo,
ai
sufi,
e
soprattutto,
fondamentale,
al
sistema
di
Gurdjieff.
Maestri
ne
ho
avuti
tanti.
Tra
i
nostri
occidentali
Santa
Teresa
D�Avila,
Giovanni
della
Croce
e
poi
tutti
i
padri
del
deserto,
Sant�Agostino.
Ho
iniziato
da
autodidatta.
Ho
imparato
a
ordinare
il
disordine,
a
non
disperdermi.
Dice
Gurdjieff:
�Il
tempo

prezioso,
non
sprecarlo
per
cose
che
non
siano
in
rapporto
con
la
tua
meta��.

Autodidatta,
come
in
tutte
le
altre
cose
che
lei
ha
fatto.
Dalla
musica
alla
pittura,
al
cinema.

�S�,
anche
con
la
musica
ero
un
orecchiante.
Poi
ho
incontrato
Stockhausen,
che
mi
ha
proposto
di
interpretare
una
sua
opera
e
non
poteva
credere
che
non
sapessi
leggere
la
partitura.
Cos�
ho
iniziato
a
studiare
la
notazione
classica.
Anche
con
i
testi
sacri,
sono
come
uno
che
va
per
mare
come
praticante
e
poi
trova
le
carte
nautiche�.

Che
cosa

il
sacro per
lei?

�Tanto
per
scherzare,
posso
dire
che

l�unica
zona
del
nostro
universo
dove
non
ci
sono
raccomandazioni.
Il
sacro
non
si
pu�
comprare.
Se
non
lasci
la
zavorra,
in
queste
zone
non
entri�.

Con
la
meditazione
lei

riuscito a
lasciare
la
sua
zavorra?
�Io
ci
provo.
Pi�
in
alto
vai
pi�
la
materia
si
fa
leggera,
pi�
hai
la
percezione
di
mondi
delicati
e
sottili.
Devi
lasciare
fuori
le
grossolanit�
e
un
certo
genere
di
pensieri.
Alcune
sensazioni,
un
litigio,
una
guerra
contaminano
e
i
tuoi
sentimenti
sono
tirati
gi�,
verso
il
basso�.

Per� il
basso esiste.

�Il
sociale
come
luogo
comune
non
mi
interessa,
invidie
e
gelosie
sono
mondi
che
se
non
si
riesce
a
eliminare
almeno
si
deve
cercare
di
controllare.
Paul
Val�ry
ha
scritto
una
pagina
di
indimenticabile
bellezza
sulla
competizione
tra
gli
uomini.
Il
competitivo
ha
bisogno
dell�altro,
da
solo
non

nessuno�.

C'�
una
grande
tensione
filosofica,
oggi,
sulla
verit�.
L'ermeneutica,
per
esempio,
fa
parte
dei
tentativi
di
legare
l'estetica
alla
verit�
piuttosto che
all'emozione
e
alla
sensibilit�.

A
me
non
risulta.
Vedo
scomparire
il
concetto
di
verit�,
vedo
la
prevalenza
del
concetto
di
opinione,
quasi
identica
all�uomo.
Il
concetto
di
verit�
non
ha
pi�
autorit�.
Viene
espulso
dagli
stessi
contesti
in
cui
sembrava
fosse
essenziale
alla
vita
stessa.
Le
grandi
prese
di
posizione
di
fronte
a
questo
concetto
la
scarnificano.
Bisogna
avere
una
buona
dose
d�ingenuit�
per
poter
professare
il
concetto
di
verit�,
che
dovrebbe
avere
i
connotati
classici,
che
dovrebbe
essere
filosoficamente
piena...
come
quella
di
cui
parlava
Husserl
nelle
Ricerche
logiche:
la
verit�
che

identica
e
una
per
angeli,
d�i,
mostri
e
uomini.
Epper�
Husserl
dice
in
seguito
anche
che
il
mercante
al
mercato
ha
la
sua
verit�.
Che
ogni
uomo
ha
la
sua
verit�.
Come
suo
postero
mi
accadde
di
mettere
queste
due
accezioni
in
stridente
e
meccanico
contrasto.
Il
prima
e
il
dopo.
Ma
poi
Husserl
voleva
anche
lui
guarire
la
civilt�
dai
suoi
mali,
era
diventato
un
"medico"
della
civilt�.
Le
civilt�
hanno
per
essenza
limiti
intrinseci.
Se
oggi
sfogliamo
il
Gibbon,
possiamo
notare
che
la
campana
suona
sempre
allo
stesso
modo:
la
senescenza
del
mondo,
i
giovani
che
non
ci
sono
pi�,
il
fatto
che
si
vedano
soltanto
vecchi,
il
senato
delle
donne,
molti
danni...
La
civilt�
non
ha
mali,

tutto
un
male
che
poi
sfuma,
come
ogni
altra
cosa.

Lei
d�
un
enorme
rilievo alla
comunicazione
del
pensiero.
La
possibilit�
di
pensare
insieme.
Comunit�
di
pensiero,
pi�
alto
rispetto all�amore
e
alla
sessualit�.

un
pensiero o un
desiderio?

Io
credo
sia
insito
in
ogni
essere
pensante.
Filosofare
insieme,
io
credo
anche
sul
piano
dello
scambio
emotivo,
pur
sempre
nella
vicinanza
dei
corpi,

uno
splendido
momento
che
ho
provato
da
giovane,
quando
filosofare
non
era
un
mestiere.
Chiedersi
e
rispondersi
sulle
cose
stesse.
Nel
mio
rapporto
coi
libri
la
parte
dell�odio

stata
superiore
a
quella
dell�amore.
Dietro
il
libro
cercavo
il
conforto
della
vita,
la
corrispondenza
con
ci�
che
si
chiamava
vivere.
Non
attraverso
il
libro,
che
era
un
pericolo,
ma
attraverso
un
filosofare
comune.
Lo
considero
un
momento
di
alta
possibilit�
di
rapporto.
Ma
quanto
pu�
interessare...

un
rapporto
di
pochissimi.
Gi�
il
fatto
che
si
faccia
filosofia
solo
nelle
universit�!
Laddove
si
filosofa,
quello

il
luogo
della
filosofia.
Pu�
essere
un
bar,
un
ospedale.
L�
c��,
e
allora
quello
diventa
il
luogo.
Ci�
suppone
una
temperie
culturale:
che
sia
abbandonato
questo
miserabile
concetto
di
cultura;
che
si
ritorni
a
una
concezione
Ottocentesca
che
illustra
meglio
i
vari
echi
del
pensiero.
Il
brillare
di
luci
varie.
Il
concetto
di
Spirito,
il
luogo
dove
pu�
avvenire
questo
rapporto.
L�
dove
penso,
l�

filosofare.
Non
si
pu�
filosofare
senza
luogo;
sarebbe
portarlo
a
un�astrattezza
tale...!

Il
rapporto
tra
il
filosofo e
il
potere
si
va
intensificando.
Non
ovunque,
non
un
servitore...
Ma
Cacciari

sindaco di
Venezia,
lei
ha
relazioni
con
il
potere
catanese...
Come
lo spiega?
A
volte
mi
sembra
che
il
filosofo
sia
un
tiranno
fallito.
Ha
rapporti
con
colui
il
quale
pu�
realizzare
ci�
che
pensa.
Avviene
che
il
filosofo
si
avvicini
al
potere.
Il
potere
dei
giudizi
tende
a
diventare
un
potere
dei
fatti
e
delle
cose.
Il
tiranno
che

in
lui
viene
oggettivato
nel
tiranno
politico.
Di
fronte
alla
beffarda
realizzazione
dell�idea,
il
filosofo
si
ritira.
Il
tiranno
insister�
ma
il
filosofo
si
ritira.
Tranne
nei
casi
in
cui
l�avvicinamento
al
potere

coessenziale
alla
miglior
parte.
Ma
il
filosofo
non
ha
i
mezzi
per
imporre
le
sue
idee.
Ha
solo
il
potere
dei
giudizi.
In
momenti
come
questi,
di
trasformazione,
il
filosofo

al
massimo
tentato
di
avvicinarsi
al
potere.

la
follia
del
potere
che
lo
prende.
Potrebbero
essere
lui
e
i
suoi
giudizi
a
trasformarsi
in
potere.
E�
un
pericolo
per
lui.

Mi
sbaglio o recentemente
lei
ha
riflettuto sul
comunismo?

S�,
ho
scritto
un
"Dialogo
sul
comunismo".
La
riflessione

riferita
ad
un
comunismo
particolare,
un
comunismo
della
verit�,
non

il
comunismo
rozzo
della
condivisione
e
della
soddisfazione
dei
bisogni.
E�
quello
in
cui
in
comune
sono
messe
le
cose;

un
comunismo
dello
spirito.
Io
credo
che
si
dovrebbe
ripristinare
il
vecchio
esercizio
spirituale,
l�esercizio
della
filosofia
come
nell�et�
ellenistica.
C��
contemporaneit�
fra
l�et�
ellenistica
e
la
nostra.
L�esercizio
e
la
disciplina
della
mente
sono
essenziali
sul
piano
del
pensare,
non
solo
su
quello
dell�essere.
Io
preferisco
il
pensiero.
Anzi,
l�essere
mi
fa
schifo...
ontologicamente
parlando.
Il
pensare
non
solo
mi
diletta,
e
io
credo
che
sia
un�ipotetica
bilancia
sulla
quale
possiamo
buttare
qualcosa
a
favore
di
questa
specie
immonda
che
siamo.
Credo
in
questo
congegno,
in
questa
misteriosa
faccenda
che
�,
infine,
il
pensare.
C��
bisogno
di
una
disciplina
che
non
proviene
dalla
pratica,
ma
dal
teorizzare.

intrinseca
al
fatto
di
come
vivere
meglio
per
poter
pensare,
non
come
pensare
per
poter
vivere
meglio...
Come
pensare
meglio,
questo

il
mio
problema.

C��
dolore
quando si
esce
dal
pensiero e
si
entra
nella
pratica
quotidiana?

Io
credo
che
si
possa
vivere
come
un
chierico
nel
mondo,
quasi
senza
esserci;
quindi
non
c��
lacerazione,
non
c��
dolore.
Credo
anzi
che
si
possano
raggiungere
spazi
di
gioia,
riuscendo
a
disciplinare
il
pensare,
a
vedere
in
atto
questa
trasformazione
delle
cose
in
idee,
che
fu
appannaggio
di
tutti
i
filosofi
nell�et�
d�oro
della
filosofia.
Era
l�epoca
in
cui
la
meraviglia
di
trasformare
le
cose
in
idee
era
ugualmente
il
loro
godimento.

Recentemente
ho letto il
libro di
Kupfer
"L�esperienza
come
arte",
dove
si
legge
un
capitolo
dedicato all�estetica
della
violenza,
come
un
aspetto che
connota
il
nostro secolo.
La
violenza,
secondo lui,
non
si
produce
pi�
a
causa
dell�emarginazione,
ma
si
produce
perch�
questa
societ�
non
garantisce
e
non
favorisce
pi�
la
possibilit�
di
intrattenere
relazioni
estetiche
con
il
prossimo e
con
il
mondo.
L�isolamento,
non
quello dell�intellettuale,
ma
della
gente
comune,
genera
violenza,
che
ormai

gratuita,
senza
pi�
nemico...

Innanzitutto
il
nemico

l�altro,
la
sordit�
dell�altro.
L�altro

sordo
non
perch�
lo

diventato,
ma
perch�
noi
siamo
in
una
situazione
di
maggiore
consapevolezza
e
dunque
di
maggiore
richiesta.
Quindi
l�altro,
allorquando
la
porta
non
si
apre,
cerca
di
sfondarla,
di
spaccare
tutto.
La
violenza

un
modo,
oggi,
di
attestare
che
l�altro
c��,
ma
attraverso
un�inversione
del
rapporto
classico
che
ci
attestava
l�altro
con
l�amore.
La
violenza

questo
capovolgimento
che

richiesto
dal
capovolgimento
delle
cose,
cio�
dal
fatto
che
l�altro,
il
nostro
prossimo,
oggi,

distante.
Chiss�
quanto
grande

questa
distanza!
Io
credo
che
la
violenza
sia
proprio
dovuta
all�aumentata
consapevolezza
della
sordit�
che
c��
nell�essere
altro...
ed
io
nell�essere
altro
da
lui.
Sono
elementi
che
prevalgono
in
questa
nostra
societ�:
come
l�esagitazione
del
coito,
che
nel
momento
dello
spasimo
ci
accerta
che
noi
abbiamo
un
rapporto
con
l�altro,
quando
l�altro
grida,
c��,
e
io
penso:
"sono
con
uno,
sono
con
l�altro".
Il
grido,
il
mugolio,
te
l�accerta.
Ecco,
la
violenza

l�estremo
punto
a
cui
giunge
chi,
quando
bussa
dolcemente,
non
gli
si
spalanca
nulla.
Allora
insiste
sempre
pi�
forte.
Al
termine
dell�atto,
c��
l�altro.

La
bellezza

l�attesa,
l�attesa
dell�altro,
di
poterlo contemplare?

Io
credo
che
l�attesa,
la
pazienza,

una
lunga
linea
che
in
tempi
come
questi
si
vuole
accorciare.
L�attesa

deliziosa,
si
pu�
godere
dell�attesa.
I
nostri,
non
sono
tempi
di
attesa.
Professore,
quando nasce
il
suo amore
per
la
filosofia?

Gi�
all'et�
di
nove
anni
avverto
un
amore
dissennato
per
qualcosa
che
non
conoscevo.
M'incapriccio
del
mistero
che
rappresentava
la
parola
'filosofia',
in
una
Lentini
di
tanti
anni
fa.
Scopro
che
facevo
gi�
filosofia
senza
saperlo,
che
dentro
di
me
vi
era
un
fuoco
che
bruciava,
come
in
quella
splendida
immagine
in
cui
S.
Tommaso
equipara
l'inferno
ad
un
luogo
in
cui
l'uomo
brucia
alla
semplice
visione
del
fuoco.

E
poi,
cosa
succede?

Prendo
i
primi
contatti
con
l'Universit�
e
conosco
un
professore
che
parlava,
con
un
ridicolo
accento
napoletano,
dell'Uno
di
Plotino.
Ne
avverto
l'assurdit�,
di
natura
estetica!
Da
giovani
certe
cose
urtano
con
la
propria
sensibilit�,
per
una
mancanza
di
eleganza
interna.

Naturalmente,
la
filosofia

un'altra
cosa!

Ritengo
che
bisogna
tornare
al
concetto
di
"natura
filosofica",
una
disposizione
misteriosa
a
filosofare,
che
non
vuole
essere
spiegata,
e
che
ci
porta
continuamente
a
trasformare
il
problema
di
ordine
generale
in
particolare
e
viceversa.
Allora
bisogna
lottare
per
raggiungere
un
equilibrio
all'interno
di
questo
tramutarsi
delle
cose
nelle
loro
ombre,
nelle
idee.

Quando ha
iniziato a
scrivere?

Avevo
gi�
circa
vent'anni
e
pubblicavo
degli
articoli
dai
temi
forti,
su
una
rivista
romana,
diretta
da
Vittorio
Chiaromonte
e
Ignazio
Silone,
"Tempo
presente",
che
tra
l'altro
pagava
piuttosto
bene,
per
quei
tempi,
mi
davano

20.000
lire
a
colonna,
poi
sono
passato
ai
saggi
e
.....
Ha
mai
percepito la
dimensione
siciliana
come
un
limite,
anche
solo geografico?

No,
noi
siamo
isolati
per
il
fatto
che
riteniamo
di
esserlo
e
condividiamo
una
sensazione
che
ci
tramandano,
che
viene
ben
prima
del
reale
isolamento.

Mi
racconta
com'�
avvenuto il
suo incontro con
la
musica
e
con
Franco Battiato?


stato,
come
spesso
accade,
un
caso.
Ci
fu
commissionata
un'opera
dalla
Regione
Siciliana:
"Il
cavaliere
dell'intelletto".
Franco
fece
le
musiche
ed
io
scrissi
il
libretto
in
pochissimo,
una
nuova
febbre,
una
nuova
malattia.
Abbiamo
fatto
28
recite,
in
diverse
parti
d'Italia.
Poi
gli
proposi
un
disco
di
musica
pop
e
lui
volle
musicare
tali
e
quali
alcuni
miei
testi,
che
riconosco
erano
un
po'
difficoltosi,
cos�
nacque
il
CD
"L'ombrello
e
la
macchina
da
cucire",
al
quale
fecero
seguito
alcuni
altri,
cui
ho
contribuito
anche
con
la
mia
voce
"truce".

Questo episodio mi
ricorda
una
sua
frase:
"getta
la
vita
lontano
da
te
e
va
a
riprenderla"�.

S�,
accade
quando
la
disperazione
dell'uomo
diventa
tale
che
si
tramuta
in
senso
dell'avventura,
in
una
gioia
dionisiaca,
e
cerca
un
obiettivo
sempre
pi�
lontano.

la
saggezza
dei
tempi
in
cui
il
soggetto

solo,
e
la
societ�

'dissociet�'.

�Il
libro
tibetano
dei
morti.
Lo lessi
all'inizio degli
anni
Settanta.
La
prima
volta
fu
un'esperienza
traumatica,
perch�
stavo attraversando un
periodo
molto delicato.
Non
riuscii
ad
arrivare
in
fondo,
non
potevo neanche
tenerlo sul
comodino.
La
seconda
volta
lo lessi
con
maggiore
padronanza.
La
terza
mi
ha
fulminato�.
In
che
senso?
�Diciamo che
l'ho
fatto mio.
Questo libro �
perfetto,
ognuno lo assimila
al
proprio metabolismo,
alla
propria
essenza
culturale.
Perch�
le
distanze
sono notevoli,
a
volte
si
incontrano delle
descrizioni
simboliche
che
sono reali,
o viceversa.
Io ho fatto un
percorso
molto preciso di
ricerca,
e
quindi
ho
ritrovato delle
affinit�
che
non
avrei
nemmeno sospettato�.

Che
cosa
succede
quando
si
muore?

�Tutto questo succede


nei
quarantanove
giorni
successivi
alla
morte
fisica.
-continua
Battiato -Quelli
della
cosiddetta
"esistenza
intermedia".
Il
libro �
abbastanza
crudo,
non
addolcisce
nessun
dettaglio.
Ma
al
fondo c'�
la
convinzione
del
buddismo tibetano che
tutto

"maja",
cio�
illusione.
E
questa
consapevolezza
aiuta
a
sopportare
anche
le
cose
pi�
orrende�.

Il
corpo
come
�vanitas�,
come
involucro
transitorio
e
corruttibile
dell'
anima,

anche
un
concetto
cristiano...

�Per
i
buddisti,
ci� che
resta
di
noi
non

l'anima
ma
il
pensiero.
Per� �
un
peccato buttare
via
il
corpo,
perch�

quello che
d�
la
possibilit�
di
raggiungere
la
salvazione.
E'
un
tempio,
e
come
tale
va
rispettato.
Il
pensiero "poggia
sul
respiro".
Quando si
muore
cessa
il
respiro,
il
prana
vitale.
Il
pensiero resta
solo,
e
comincia
a
errare.
Fa
qualche
tentativo di
rientrare
nel
corpo,
e
capisce
che
non

possibile.
Allora
comincia
la
sua
vita
intermedia,
in
cerca
di
nuovi
supporti.
Il
libro descrive
un
itinerario,
dove
a
seconda
del
tuo desiderio,
di
quello che
hai
lasciato in
sospeso,
dei
piccoli
o grandi
peccati
che
hai
fatto,
vieni
attirato da
una
luce
piuttosto che
da
un'altra.
Soltanto a
pochi
eletti,
a
coloro che
hanno
raggiunto la
perfetta
coscienza,

consentito superare
il
ciclo della
morte
e
della
rinascita.
Gli
altri
sono costretti
a
rinascere
come
uomini
o come
animali�.

Lei
ci
crede
davvero
nella
reincarnazione?

�Assolutamente
s�.
E
non
su
base
fideistica.
Ci
sono arrivato per
sperimentazione�.

E
in
che
cosa
le
piacerebbe
reincarnarsi?

�E'
pi�
facile
dire
che
cosa
non
vorrei.
Non
mi
piacerebbe
ritornare
in
regni
animali.
Preferirei
rinascere
albero.
Oppure
un
uomo evoluto o qualcosa
di
pi�.
Sempre
che
ci
riesca...�.

Rieccoci
con
il
premio
e
il
castigo,
l'inferno
e
il
paradiso.
�S�,
ma
come
ho detto
tutto �
illusione,
anche
i
mostri
si
manifestano perch�
tu
sei
cos�.
Proietti
le
tue
paure.
I
ritorni
sono i
desideri
che
abbiamo lasciato,
e
solo
quando abbiamo esaurito questi
desideri
possiamo ricongiungerci
al
pensiero
puro,
che

l'origine
di
tutte
le
cose�.

Il
libro
dei
morti
ha
ispirato
qualcuna
delle
sue
canzoni?

�Direttamente
no.
Beh,
forse
"L'ombra
della
luce" rappresenta
in
qualche
modo
questo desiderio di
illuminazione�.

Non
trova
che
certi
mistici,
pi�
che
chiarire
concetti
o
trasmettere
conoscenze,
si
limitino
a
comunicare
delle
emozioni?
Che
in
realt�
facciano
poesia
pi�
che
filosofia?

�Non
sono d'accordo.
Prenda
Abdal
Qadir,
"Il
segreto dei
segreti":
quando l'ho
visto in
una
libreria,
in
Inghilterra,
i
miei
pensieri
erano determinati
da
una
sinistra
ombra
del
vivere.
L'ho aperto,
e
ci
ho
trovato quello di
cui
avevo
bisogno.
La
bont�
d'animo dei
sufi,
la
loro purezza
era
cos�
vera
da
sciogliere
anche
i
ghiacci.
Possiamo accusarli
di
fanatismo ma
non
di
millanteria.
Cos�,
quando
uno legge
i
padri
del
deserto,
anche
se

ateo deve
rimanere
affascinato dalle
vette
di
queste
intelligenze
che
lanciavano massi
come
i
Rolling
Stones�.

Permetta
una
domanda
scontata,
Battiato
:
l'ha
trovato
il
suo
centro
di
gravit�
permanente?

�Per
fortuna
no.
Penso che
sia
impossibile.
In
compenso ho trovato qualcosa
di
importante.
Non
mi

pi�
capitato di
cambiare
idea
su
una
persona.
Di
fare
una
inversione
a
U�.
Manlio
Sgalambro

Poesie

Edizioni
La
Pietra
Infinita
1998

Dimmi,
un
attimo
prima
della
putrefazione
quali
evidenze,
prove
mi
porti
della
tua
sorte?
Mentre
la
lingua
cade
marcia
quali
parole
pronuncia?

Il
seno
che
palpasti

frollo,
sfatto
non
ne
gode
il
tatto
come
una
volta
mentre,
dentro
di
me
il
tuo
pene,
sfrigolava
la
mia
potta.

Lei
si
volta
e
mi
dice,
sono
morta.

II

No,
questa
parola
non
basta!
i
tuoi
occhi
sono
grumo
giallastro,
poltiglia
stracca.
Le
tue
guance
un
alito
le
stacca.
No,
questa
parola
non
basta!
E�
solo
morte,
questa?

III
Seduto
sotto
i
terebinti,
sai
a
Mamre
Jahveh
mangia
a
saziet�
ricotta
vitello
arrosto
e
pane:
se
ne
fotte
il
cane.
IV

Prover�
a
cominciare
dall�inizio,
ha
detto
Agatha
Christie
come
un
teologo
provetto.
Chi
mi
ha
ucciso,
dimmi
chi
mi
ha
ucciso?
Scoprilo,
tu
che
hai
scoperto
chi
uccise
John.
Chi
uccise
Muriel�
chi
uccise
un�infinit�
di
uccisi.
Scopri
chi
uccise
uberhaupt,
si,
uccide
in
generale.
Persa,
ogni
fatica

persa:
Dio

la
morte
stessa.
ILLE
OMICIDA
ERAT
AB
INITIO.

Allora
Eud
si
accost�
al
re
e
gli
disse:
ho
una
parola
per
te,
gli
disse

da
parte
di
Dio.
La
spada
dal
fianco
trasse
e
gliela
piant�
nel
ventre
nel
grasso
ventre
da
parte
di
Dio.

Giudici,
3.20

21

VI
Sfera
di
cristallo:
stella
era,
stella
ora
imputridita
a
causa
della
vita.
Stella
sar�.
Via,
per
sempre.
Disdici
dalla
terra
ogni
cosa
che
vive

lascia
solo
una
rosa.

Mi
empio
di
questa
terra
che
daccapo
la
luce
riprende
risplende,
l�ombra
scompare
sgombra
rientra
nello
stanco
tango
universale.
VII

L�essere

screditabile
e
saputo.
Via
stracci,
veli,
avvolto
in
stracci
e
garze,
ci�
che
resta

tracce
di
biancospino
attorcigliato

Nudo

Batillo.
Dio
e
le
leggi
meccaniche
dell�urto,
ecco
tutto.

Voglio
che
dal
nostro
abbraccio
Trasudi
idea
Oltre
che
carne
e
scolatura.
Umidori
esalano
dalla
vagina,
dal
cervello
il
problema
della
verit�
matura.

VIII

Ti
sei
lamentato
bene
pattoniere.
Smarrito
nelle
ceneri
scovavi
sostanze
mio
Gringoire.

Sui
giacigli
non
stavi
pieni
di
dubbi
e
di
riposi.
Nei
golfi
del
Sud
non
cercavi
giardini.
Azzurri
scogli
dettano
rapine
e
risposte
alla
fine.
Mon
d�linquant.

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