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*Seconda Lezione*

26/1/1999 Questo e' il punto per me piu' importante del contesto evolutivo: come sorge la coscienza contemporanea. La schizofrenia ad esempio e` l'espressione diretta di tutto cio`. Infatti prima della rivoluzione industriale non ci sono queste manifestazioni.

LINGUAGGIO Oggi proseguiremo con il tema del linguaggio, ma su un altro fronte. Il linguaggio e` comparso, per come lo utilizziamo ora, con il Sapiens Sapiens quindi fra i 40 e i 50.000 anni fa. Ha avuto quindi una lunghissima evoluzione. Non e` stata una folgorazione, un salto evolutivo che e` apparso dal nulla. Se ci riferiamo alla volta scorsa in cui dicevamo che le prime forme di vocalizzazione orientata, chiamate vocal grooming", appaiono nell'Erectus, significa che il linguaggio ha avuto una gestazione di 2 milioni e mezzo di anni. Quindi e` un prodotto evolutivo molto avanzato. La maggior parte dei paleontologi attuali sono dell'idea che il Neanderthal parlasse ma non lo facesse come noi, gli mancavano per lo meno 2 vocali. Voi sapete che il Neanderthal e il Sapiens sono vissuti contemporaneamente, per un arco di tempo di circa 30/40.000 anni. Considerando che non ci sono molte tracce che facciano pensare ad un estinzione del Nehandertal provocata da un genocidio prodotto dai Sapiens, probabilmente i Nehandertal si sono estinti in quanto non c'era confronto in termini di adattabilita`. Era come mettere in uno stesso ambiente, in cui si dovessero sfruttare le stesse risorse, un uomo attuale ed uno scimpanze` avanzato. Un uomo attuale ha delle capacita` intellettive e riflessive per cui le risorse a disposizione vengono utilizzate prima rispetto allo scimpanze` quindi non ci 1

sarebbero possibilita` di sopravvivenza. Comunque il linguaggio, per come strutturato adesso, compare con il Sapiens intorno ai 50/60.000 anni fa. Tuttavia questo vero solo in parte perche` il linguaggio ha avuto una sua articolazione successiva nella lunga storia del Sapiens e soprattutto e` stato importante l'avvento, la scoperta della scrittura. L'invenzione della scrittura e` stato forse il prodotto piu` grande dell'evoluzione culturale. Per capire bene questo aspetto torniamo un attimo a cio` a cui accennavo l'altra volta: la novita` introdotta dal linguaggio e` la capacita` di strutturare l'esperienza in sequenza. L'altra volta dicevo che la novita` piu` importante del linguaggio tematico e` proprio la capacita` di strutturare l'esperienza in sequenze che sono poi relativamente stabili, e che vanno quindi a formare una sorta di orizzonte di aspettative entro le quali l'individuo si muove. Un'altro punto importante della scrittura e` come la scrittura influenza le capacita` di sequenzializzazione gia` determinate dal linguaggio orale. Questo e` il punto che ci permette di capire come arriviamo ai giorni nostri. La scrittura e` stata scoperta molto tardi, circa 4.000 anni or sono. E quando dico 4.000 anni fa` parlo della prima scrittura simbolica, quella dei Sumeri, quella cuneiforme. Oggi in realta` la cosa e` un po` controversa poiche` non e` certo se i primi siano stati gli Egiziani o i Sumeri. Questa e` una questione difficile da dirimere perche` entrambi erano geograficamente abbastanza vicini. La zona della Mesopotamia era chiamata "la mezzaluna fertile" ed era probabilmente la zona del mondo piu` adatta allo sviluppo dell'agricoltura, che infatti sorse per la prima volta li`, e c'erano molti contatti fra i due popoli, quindi c'era una continua influenza reciproca. Sino a poco tempo fa le prime tavolette "cuneiformi" che si conoscevano erano dei Sumeri ed erano di 4.000 anni or sono. Di recente, e risale proprio allo scorso anno, sono state trovate delle iscrizioni Egizie simili a quelle "cuneiformi" dei Sumeri che sembra siano anteriori, di 5/600 anni. Pero` la scrittura simbolica non e` che abbia fatto fare molti passi avanti in quanto era molto complicata, di difficilissima interpretazione e quindi appannaggio di pochissime persone. Praticamente erano i sacerdoti e pochi altri. Questa scritura non era accessibile neanche ad una classe sociale, era accessibile solo a qualche elemento. E poi era di difficilissima interpretazione, non era proprio leggibile, da nessuno. Potete facilmente immaginare come i Sumeri o gli Egizi comuni non potessero leggere cio` che era scritto sugli obelischi o tombe, quelli erano scritti in codici segreti riservati solo a pochi addetti ai lavori. Il vero passo in avanti si verifica con i Greci che hanno inventato tutto e soprattutto l'alfabeto. L'alfabeto e` stata la vera grande invenzione dell'umanita`. Perche` per la prima volta i simboli non rappresentano piu` le cose del mondo come per gli altri linguaggi simbolici, ma per la prima volta i simboli rappresentano i suoni, i fonemi. Questa e` una scoperta di portata rivoluzionaria perche` permette, per la prima volta, una connessione intermodale fra diverse modalita` sensoriali. Prima, finche si era in un linguaggio puramente orale, il linguaggio stesso e` confinato unicamente nella dimensione del sonoro, dell'udito che e` la dimensione piu` effimera che esiste. Appena sentito un suono questo e` gia` finito. Con la visualizzazione dei suoni, attraverso i simboli riproduttori di suoni, il linguaggio, per la prima volta, viene anche permesso alla dimensione visiva. Oggi, per noi, il linguaggio e` prevalentemente in una dimensione visiva.

ORALITA E SCRITTURA Laspetto visivo del linguaggio ha prodotto delle grandissime ripercussioni che forse e` meglio chiarire attraverso la spiegazione delle differenze tra il mondo orale e il mondo scritturale.Il mondo orale presenta dei problemi molto diversi dal mondo scritturale. Nel mondo orale c'e` infatti il problema della "memoria", perche` il suono era unicamente confinato alla dimensione sonora che e la piu effimera che esiste. Le comunita` umane, anche quelle piu` elementari, essendo comunita` primarie cioe` molto soggette a rivalita` interne, hanno sempre avuto un insieme di norme, regole, istruzioni importanti proprio per la coesione del gruppo. Queste norme o regole, che poi potevano essere personificate attraverso le gesta di un eroe, di uno del gruppo (la tradizione dell'imitazione e` stata sempre uno degli aspetti piu` netti in tutti i primati ma soprattutto nell'uomo), questo insieme di regole, quindi, o di norme e anche istruzioni, che riguardavano le attivita` di caccia, di raccolta, etc., dovevano essere sempre ripetute, non potevano essere mantenute diversamente. La memoria orale e` una memoria ritmica, di ripetizione, tutto e` confinato unicamente nel sonoro. Il mondo orale ha la caratteristica di essere un mondo particolarmente ritmico, e` il mondo che, proprio per il problema della memoria, inventa la musica, i canti, le canzoni, e` un mondo di immagini, e` un mondo in cui tutto deve essere sfruttato per produrre la ripetizione, e la ripetizione e` casuale. La ripetizione non e` assicurata dai nessi logici ma soprattutto da quelli ritmici. I nessi ritmici possono essere non solo abitudini ritmiche del gruppo ma possono essere legati anche ad eventi intercorrenti. Nella tipica cerimonia rituale, in cui c'e` il capogruppo, lo sciamano, il sacerdote o chicchessia che sta narrando le gesta dell'eroe del gruppo, per ricordare le norme e le istruzioni, se passa un volo di uccelli questo evento innesca nella mente dello sciamano un'altro gruppo di racconti. La memoria orale e` tutta una "memoria analogica", non segue mai ritmi logici. Il problema e` come immagazzinare, come ricordare. Poiche` tutto e` espresso nel sonoro tutte le assonanze sono in grado di creare dei ritmi. Tutti i proverbi, per esempio, che noi conosciamo nascono in queste epoche appena descritte, come modi di trasmissione di regole e norme. Dire un proverbio o una frase condivisa da un gruppo significava ingaggiare automaticamente tutto un set di norme, di regole e di racconti; significava che tutti i membri del gruppo iniziavano a ripetere la stessa cosa, era un'attivita` incessante. Si calcola che per mantenere stabile il tutto erano necessarie varie ore al giorno, era un continuo riattivare e ripetere le stesse regole o norme del gruppo. Il mondo orale ha anche altre caratteristiche interessanti: e` un mondo d'azione. Nel mondo orale non c'e` spazio per nessuna riflessione interna. Nel mondo orale non e` possibile individuare un senso di se` o di identita` cosi` come ci pu sembrare di concepirlo oggi. Nel mondo orale il senso di se` e` semplicemente l'appartenenza al gruppo, non c'e` un senso di distinzione dal gruppo. L'appartenenza e al gruppo, e soprattutto l'appartenenza e all'azione, all'agire simultaneo. Il mondo orale e` un mondo che non riuscira` mai a scoprire le categorie che noi chiamiamo "categorie astratte". Per esempio nel mondo orale non era possibile parlare di giustizia o di onesta`, era possibile semplicemente raccontare gesti o azioni che descrivevano questo concetto. Non era possibile astrarre dai gesti o dalle azioni un concetto piu` generale tipo la giustizia, l'onesta`, la rettitudine o la fedelta`. Tutto cio` doveva essere sempre agito, sia in senso diretto sia nel senso che veniva raccontato. L'altro aspetto importante del mondo orale era il tipo di sequenzializzazione : questa era caratterizzata dal non avere niente a che fare 3

con quella che per noi e` una sequenzializzazione tipica in cui c'e` un ordine cronologico rigoroso, un ordine che non e` solamente di successione ma e` anche un ordine causale. C'e` cio una trama cronologica e una trama causale nonch una trama tematica che si succedono in modo ordinato. Nel mondo orale non c'e` il senso della storia, della storia nel senso proprio di "cronaca". La narrativa nel mondo orale e` quella che si chiama narrativa epicadove l'insieme delle norme, delle regole, etc., sono impersonate, come nel tema biblico, da un personaggio, da un eroe del gruppo in cui le azioni non seguono un filo logico: l'eroe viene rappresentato nel ventre della madre, poi e` morto, poi e` fanciullo, poi e` giovane che si sposa. Non c'e` nessuna rigorosita`, tutta l'esigenza e` sempre quella che si basa sulla modalita` di agganciare, di come riunire un grappolo di racconti o di istruzioni a delle chiavi mnemoniche ritmiche. Quindi la sequenzializzazione del mondo orale non tiene gran conto dell'esperienza quotidiana delle singole persone del gruppo. Nel gruppo l'individuo non torna indietro, prima e` vecchio poi torna nel ventre materno poi diventa giovane poi torna ad essere un cinquantenne. L'individuo al contrario ha l'esperienza che si nasce, si diventa prima bambini poi adulti e poi si muore. Quindi si puo` dire che c'e` una coscienza che e semplicemente un modo di tenere viva una serie di istruzioni fondamentali per il gruppo ma che magari non avevano niente a che fare con l'esperienza quotidiana che ognuno viveva e che, inoltre, condivideva con il gruppo stesso. Notate che i bambini, tutti i bambini, sino all'eta` di almeno 4 anni, sono in un mondo orale, non importa se siamo nellepoca dell'informatica. Le caratteristiche piu` tipiche del mondo orale le vediamo nei bambini di quest'eta`. Il fatto che la memoria e` ritmica, che si aggancia a suoni determina che le cose siano ripetute sempre allo stesso modo, siano fatte sempre allo stesso modo. Questi sono segni assolutamente tipici di quella che e` la ritmicita` analogica del mondo orale. Con l'alfabeto avviene una vera e propria rivoluzione. Purtroppo riusciamo a capirla solo quando ci poniamo dal punto di vista dell esperienza scritturale. Questo e un mondo che noi possiamo descrivere poco e ci appare quasi come una abberrazione, un mondo in cui abbiamo vissuto per piu` di 50.000 anni. Un altro fatto importante del mondo orale e` che non c'e` distinzione fra interno ed esterno. Ognuno di noi in grado di distinguere un interno a cui ha accesso privilegiato solo l'individuo: il suo interno sono le immagini, i pensieri, le fantasie, i ricordi. C'e` poi un esterno: l'agire, la mimica, il parlare che tutti vedono. Nel mondo orale non c'e` questa distinzione. Se voi notate anche in uno dei primi resoconti di un mondo orale, che e` l'Iliade (si tratta di una prima trascrizione di una serie di racconti che erano stati trasmessi sino ad allora solo oralmente), gli eroi dell'Iliade, per dirla da un punto di vista nostro, attuale, sono continuamente allucinati. Cioe` le immagini che hanno le vedono come fuori di loro stessi, non c'e` questa distinzione fra interno ed esterno, anche l'interno accade sempre all'esterno. Questa e` una cosa molto economica. Se tutto il sistema di ricordare, che e` fondamentale, e` agganciato in maniera analogica ad immagini, suoni e ritmi, l'individuo che viene a trovarsi in una situazione di pericolo invece di fare tutta una fatica a dire: "mio nonno, mi diceva sta` attento...." lui si immagina suo nonno che gli dice la cosa direttamente ed e` fatta, accorcia di un passagio e diventa piu` veloce. E` solo intorno ai 4 anni che i bambini differenziano il senso interno dal senso esterno. Il mondo orale, notate bene, esiste ancora in molte parti del pianeta. Tutto quello che si chiama "idealismo magico non e` un invenzione puramente letteraria, e` come dove non c'e` distinzione fra percezione e immaginazione, percezione e fantasia, non c'e` alcuna differenziazione. Qui la differenzazione fra interno e esterno e` molto labile. Gia` vediamo che nel mondo orale ci sono delle caratteristiche della sequenzializzazione che noi oggi 4

vedremmo come caratteristiche di sequenzializzazione psicotica. Una struttura che non ha un andamento cronologico, che non ha riferimento con l'esperienza condivisa, in cui non si distingue l'interno dall'esterno, un istruzione che e` un mio pensiero diventa una cosa che e` sentita dal di fuori, l'ordine che mi viene dalla Dea, cioe` dal di fuori, etc. Questo per dire che l'importanza di questi argomenti ha un'applicabilita` clinica, non immediata, ma che e` necessaria per comprendere altre cose. Con l'alfabeto succede una cosa fondamentale: il suono inizia ad essere visualizzato. La prima cosa importante di questa visualizzazione del suono e` proprio in senso nettamente epistemologico. Una volta che il suono e` visualizzato non importa se e` scritto, anche se e` visualizzato nello schermo, e` la prima volta che c'e` una distinzione fra linguaggio e persona. E` la prima volta che c'e` una distinzione fra conoscente e conosciuto, soggetto conoscente che produce quello che conosce. E` la prima volta che c'e` questo spazio di demarcazione. Prima questo non era possibile. Considerate che i primati sono animali preferenzialmente visivi, infatti sono gli unici nel mondo animale che hanno la vista stereoscopica. Questa e` una parentesi per dire che noi siamo co-costruttori dell'esperienza anche del mondo fisico in cui viviamo, le priorita` del mondo cromatico in cui viviamo sono priorita` che dipendono dal nostro apparato percettivo. I cani vedono in bianco e nero. Le ricchezze delle nostre tonalita` di verde dipendono dal nostro apparato percettivo che proviene dai primati stereoscopici in cui la distinzione delle varie tonalita` di colore erano fondamentali per la sopravvivenza, essendo animali arboricoli. Quindi questo per dire che il linguaggio permette questa prima separazione fra conoscente e conosciuto, la prima distinzione in cui uno viene a trovarsi di fronte al prodotto del suo pensiero, e` come distinguere il pensare da cio` che si e` pensato. LEmergere del Self Questa prima distinzione e` quella fessura, quello spazio che permette l'emergere del "Self", cosi` come lo intendiamo e lo sentiamo oggi. Il self nasce proprio con questa possibilita` di demarcazione: prima il self era solo nell'azione, non era rappresentato da un senso di individualizzazione e di unicita` in grado di staccare lindividuo dal gruppo pur riconoscendolo come facente parte di esso come avverr successivamente. Poiche` il linguaggio puo` essere fissato, il fatto che sia rappresentato visivamente ne da` un distanziamento. Noi non ce ne rendiamo conto perche` e` un processo automatizzato ma il processo si disautomatizza se cerchiamo di parlare in un'altra lingua. Riesce difficile capire l'altra lingua perche` non ci ricordiamo il vocabolo, se poi riusciamo a visualizzarlo il problema si risolve. E in questo modo che ci rendiamo conto che cio` che facciamo nella nostra lingua abitualmente non e` una comprensione di suoni. Il mondo scritturale pone per altri tipi di problemi: non ce` piu`la difficolt di immagazzinamento, di memoria, anzi, una volta che il linguaggio si visualizza e si stabilizza puo` essere direttamente attaccato alle capacita` cognitive emergenti, quindi puo` essere soggetto a concettualizzazione, astrazione, etc. Il problema centrale del mondo scritturale quello del significato, perche` il linguaggio scritto indipendente dal soggetto conoscente che l'ha prodotto. Questo crea un'altro spazio che si apre alla costruzione, allo sviluppo del self: il testo, contrariamente a quello che era il mondo orale, non e` modificabile. Nel mondo orale tutto e` modificabile. Il testo scritto non si puo` cambiare: l'unica cosa possibile, come e` stato fatto spesso nella storia, e` bruciarli. Il vero problema del testo scritto e` il significato: e` capire il significato dato da colui che l'ha 5

scritto e ci introduce il tema di capire chi era il soggetto conoscente che ha lasciato lo scritto, il suo modo di vedere il mondo, etc. Inoltre con il significato e con il testo fisso nasce lermeneutica. Nasce lo studio dell'interpretazione dei testi, che diventano quasi oggetti a se stanti staccati dalle persone che li hanno scritti. La cosa piu` importante del mondo scritturale e` sicuramente il numero di proprieta` nuove che aquisisce la sequenzializzazione dell'esperienza. Innanzi tutto si ha una sequenzializzazione che diventa rigorosamente cronologica, in cui la cronologia non e` solamente un ordine di successione di eventi ma diventa causalit. La Storia inizia solamente con il mondo scritturale, Tucidite, Erotodo, iniziano solo allora, prima non c'e` traccia di Storia. Quindi la scrittura diventa rigidamente cronologica, causale e tematica. Guardate il passaggio dalla narrativa epica del mondo orale, il riferimento tipico e` l'Iliade, con il mondo scritturale dove si passa alla tragedia greca. E proprio un esempio mirabile di sequenzializzazione: niente e` lasciato al caso, tutti gli elementi riportati nel primo atto vengono portati con una sequenzialita` logica, inesorabile e tematica a conclusione finale. Un'altra proprieta` importante della sequenzializzazione del mondo scritturale e` che inizia a diventare una costante quello che si chiama il "parallelismo con il contesto", cioe` tutta la sequenzializzazione, fatta anche dai singoli membri, deve essere in accordo con l'esperienza condivisa dal gruppo. Non puo` essere come la narrativa epica in cui non c'e` linearita` di vita, in cui uno e` prima vecchio poi giovane, etc., deve essere sempre consona, corrispondente al modo di condividere la vita, l'esperienza che il gruppo ha. Con il problema del significato nasce una sorta di condivisione comune che diventa una specie di attrazione gravitazionale, di cui tutte le strutture sequenziali non possono non tenerne conto. Cambia proprio l'oggetto della conoscenza. La conoscenza e` semplicemente un modo per conservare un patrimonio di esperienze perch altrimenti non ci sarebbe consentita la sopravvivenza. Una volta che questa acquisizione sicura diventa importante come utilizzarla per iniziare a sfruttare il mondo esterno. La lotta per la sopravvivenza e` stata sempre il nostro problema di base. Oggi viviamo in un lusso evolutivo e non dobbiamo dimenticare che il nostro problema e` sempre stato quello di procacciarci il cibo. Una volta che non abbiamo piu` il problema di come ricordarci le regole per sopravvivere grazie alla scrittura, queste stesse regole le possiamo impiegare per assoggettare l'esterno. Sino al periodo dell oralita` il rapporto con la natura era il problema primario. L'uomo si garantiva una supremazia sugli altri animali e questo perche` parlava e aveva l'uso del fuoco. E solo successivamente, con l'avvento della concettualizzazione, che si ha il sovvertimento completo di questo rapporto. L'uomo assoggetta la natura. Fino ad allora l'uomo aveva solo preso il posto di "primo fra gli animali". La Natura era completamente estranea, faceva freddo, etc. Poi diventa un discorso di come modificare la natura esterna. All'uomo non interessa piu` avere il primato tra gli animali. Da questo punto di vista il mondo scritturale e` il mondo della "prosa". Il mondo orale era invece quello del ritmo, delle canzoni, della poesia, delle danze. Il mondo scritturale e' un mondo piu' compatto, un mondo di prose. La grande novita' della sequenzializzazione del mondo scritturale, che inizia con questa demarcazione tra soggetto conoscente e conosciuto, e' la distinzione fra mondo interno e mondo esterno. Questo comincia ad emergere solamente allora e con un lento sviluppo. L' alfabeto e' stato inventato 500 anni prima di Cristo. Potete individuare bene il periodo della nascita dell'alfabeto perche' e' esattamente tra Socrate e Platone. Negli ultimi anni della vita di Socrate l'alfabeto gia' esisteva ma lui si rifiutava di usarlo. In un passo di una sua opera Socrate dice proprio questo: fissare il linguaggio sara' utile ma portera' anche tante sciagure. Per cui si rifiuta di utilizzarlo, ecco perche e facile 6

collocare precisamente la sua nascita. Questo e' solo l'inizio di una grande avventura: per la prima volta si distingue linterno dall esterno. Si per sprovvisti della capacit di descrivere questo interno. Quindi lo sviluppo successivo si manifestera con l'articolazione di quello che i linguisti chiamano il metalinguaggio di significato che significa, per esempio, l'inventare e strutturare tutti i verbi di pensiero, i verbi di azione, i verbi di emozione legati al sentire. Questo e' un interno cui bisognera' dare una serie di spazi. Prima non c'era la ricchezza di verbi di pensiero come abbiamo adesso:opinare, congetturare, ipotizzare, supporre. Questi non sono sinomini, ognuno ha delle sfumature di intenzionalita' e di punto di vista del soggetto conoscente completamente diversi. Lo strutturare correlazioni fra pensare, sentire e comportarsi avra uno sviluppo molto lento sia per quanto riguarda il metalinguaggio, sia per lo sviluppo della concettualizzazione, dell' astrazione. Pensate che uno dei primi scrittori in grado di maneggiare bene il linguaggio, Esiodo, riesce a fare una cosa sconvolgente per quel tempo, riesce ad individuare una categoria astratta - la Giustizia scrivendo un libro su di essa non in termini astratti ma facendo una raccolta di racconti o lezioni di uomini giusti. Siamo gia' al primo-secondo secolo e il massimo e' concepire una categoria, anche se poi non riuscira' neanche a svilupparla. Il libro e' una serie di racconti anche dettagliati in cui perorimane sempre l'azione. Il fatto di sviluppare l'interno vuol dire farlo sia in termini di proprieta` di linguaggio, che possa proprio descrivere l'esperienza soggettiva umana, sia di agganciare questo a categorie concettuali astratte piu` ampie che possano riferirsi ad ogni epoca. Tutto ci ha uno sviluppo lunghissimo. Comincia ad apparire abbastanza chiaramente dopo 1500 anni. Questo fenomeno, ben strutturato, iniziamo a vederlo intorno all'Umanesimo e al Rinascimento. E` un cammino quindi molto lungo.

Lo Sviluppo Individuale Facciamo un breve raccordo applicativo e torniamo un attimo allo sviluppo individuale dal punto di vista evolutivo. Lo sviluppo individuale ha delle similarita` abbastanza caratteristiche. Per esempio come dicevo tutti i bambini nascono in un mondo orale, non importa quanto siano informatici i genitori. Certo l'effetto dei genitori informatici influisce poiche` tutti i bambini aquisiscono delle capacita` di sequenzializzazione scritturale molto tempo prima di saper leggere e scrivere. All'eta` di 4 anni gia` ce l'hanno quasi tutti, pero` sino a 4 anni possiamo dire che c'e` una oralita` quasi totale. Ci sono stati molti esperimenti in questo senso. Dai 4 anni in poi inizia ad instaurarsi la prima distinzione, non stabile, fra interno ed esterno, cioe` la prima volta in cui un bambino inizia ad avere un senso che l'interno e` separato dall'esterno. Dopodiche impieghera` molto tempo a sviluppare il metalinguaggio di significati che gli permettera` di visualizzare l'interno, di averci finalmente chiari come fluiscono i suoi pensieri, le emozioni, le azioni, di visualizzare l'immediatezza. In ci consiste la capacita` di applicare il linguaggio all'interno cio di rendere l'immediatezza meno compattata e visualizzarla. Oggi ci sono molti linguisti che si occupano di questo, uno dei gruppi principali fa riferimento a David Olson in Canada. Lui e` quello che ha fatto gli studi piu` approfonditi, e` un caposcuola nel settore dello sviluppo del metalinguaggio, della 7

distinzione fra interno ed esterno che, come detto, puo` iniziare intorno ai 4 anni e tende a completarsi all'80% intorno ai 18 anni. Quindi occorrono 14 anni. Quando Olson dice che e` completato all'80% a 18 anni intende dire che, per la maggior parte degli adulti, si ferma li`. Molti di noi, anche adulti molto istruiti, ritengono che non ci siano molte differenze tra parole simili, credono che i verbi che ho menzionato prima quali opinare, congetturare, supporre e ipotizzare siano sinonimi. Invece hanno delle sfumature di significato molto importanti. Lo sviluppo pieno, 100%, di questo metalinguaggio, non avviene completamente in tutte le persone, comunque negli adolescenti di 18-19 anni si vede un picco massimo e si arriva intorno al 75-80%. C'e` tutto un filone di ricerca importante che all'origine non aveva alcuna intenzione di agganciarsi a quello chiamato teoria della mente, che nasce storicamente per lo studio dei bambini autistici. " Teoria della mente" e` una definizione che viene usata per la prima volta da due primatologi: i Premack, marito e moglie, che usano questa terminologia a proposito di una scimpanze` famosa a cui tentavano di insegnare l'alfabeto simbolico e poiche` lei si muoveva in maniera consona, nelle interazioni con gli umani, loro si chiesero se questa scimpanze` avesse o meno una "teoria della mente", avesse cioe` idea di come funzionassero gli altri per poter loro rispondere. Questa frase, un po` infelice devo dire, e` stata presa come etichetta e adattata agli umani, ai bambini, da coloro che studiavano l'autismo, per capire cioe` come un bambino di 3-4 anni possa avre una "teoria della mente" tanto da poter interagire con gli adulti, e cosa succede invece ad un bambino autistico che non ha questa capacita. Che succede alla sua "teoria della mente", ce l'ha o non ce l'ha, ce l'ha fatta male? Questa fu l'origine di questa terminologia. Poi il movimento si e` molto modificato, ovviamente sono 20 anni che esiste e tutti sono molto critici a proposito di questo termine perche` e` un termine eccessivamente "razionalista", come se un bambino fosse un piccolo scienziato, fa previsioni, etc. Per cui oggi questo e` un settore molto ampio e troverete in tutti i contesti della Psicologia la presenza di queste due anime: quella di tipo soggettivista e quella di tipo oggettivista. Avrete gli oggettivisti che vi dicono che le capacita` di un bambino, che noi chiamiamo "teorie della mente", sono capacita` puramente computazionali (tra questi ci sono Werner, Baron-Coen, etc.), per cui la mente e` fatta di algoritmi con i quali i bambini riescono ad attribuire intenzioni agli altri e riescono a capire le intenzioni degli altri. Poi invece abbiamo i soggettivisti che sostengono che il bambino interagisce con gli altri, capisce gli altri ma il tutto avviene all'interno del processo di interazione, avviene all'interno di una relazione vera, effettiva in cui e` ingaggiato. In realta` quello che ci hanno dimostrato gli studi sulla "teoria della mente", e questo e interessante, e` tutto l'opposto di cio` che volevano dimostrare. Sono sorti per capire l'autismo e dell'autismo ci abbiamo capito abbastanza poco, quello che invece abbiamo compreso e` il bambino normale. Il Test di Falsa Credenza Il bambino normale e` un bambino che ha capacita`, a 3-4 anni, di inferire stati emozionali anche abbastanza complessi mentre e` invece completamente sguarnito, primitivo su quelle che sono le spiegazioni sul mondo fisico. E` proprio questa caratteristica che manca invece agli autistici, questa e` la cosa incredibile. Per esempio supponiamo un bambino cui si sottopongono dei tests molto elementari, quali un problema che si risolve in maniera unicamente fisica e successivamente gli si da` un problema di natura comportamentale, una 8

sequenza prescelta, per esempio una donna che fa` la pizza e poi la mette al forno e, infine, gli si da` un problema di tipo psicologico in cui ci sono due scene e da queste il bambino deve dedurre quali sono le intenzioni del personaggio "X". I bambini autistici, anche di 14 anni, capiscono innanzitutto il primo problema, quello fisico, poi quello comportamentale ma mai quello psicologico. Un bambino normale di 4 anni indovina il terzo, quello psicologico, e fallisce gli altri due. Questo e` importante proprio per capire il concetto per cui il bambino nasce gia` attrezzato per essere in sintonia con le intenzioni degli altri e con gli stati d'animo degli altri, in ci e` uno specialista quando le sue capacita` cognitive ancora non gli permettono di arrivare neanche a dare spiegazioni piu` banali del mondo fisico circostante. La "teoria della mente" comunque ci ha dato una serie di tests abbastanza interessanti per vedere questi passaggi. Uno dei tests fondamentali che segna questo passaggio di distinzione fra interno ed esterno e` il test cosiddetto della "Falsa Credenza" . E` un test molto semplice basato su tre scene ed e` il seguente: nella prima ce un bambino, che chiamiamo Giovanni e un'altro che chiameremo Pasquale. Giovanni prende una biglia, la pone dentro un cestino e se ne va. Pasquale rimane solo e che fa? Nella seconda scena prende la biglia che Giovanni aveva messo nel cestino e la mette invece su uno scaffale e se ne va anche lui. Nella terza scena Giovanni rientra cercando la biglia e non sa che le e` stato cambiato il posto e a questo punto viene fatta la domanda al bambino testato. Dove va a cercare la biglia Giovanni? Quelli che non passano il test della "Falsa Credenza" dicono che Giovanni la va cercare sullo scaffale, cioe` dove Pasquale l'aveva precedentemente messa quando Giovanni non c'era, quelli che passano il test invece dicono che Giovanni va a cercare la biglia nel cestino, dove cioe` l'aveva lasciata prima, non sa` che Pasquale l'ha spostata. Per poter risolvere questo test il bambino deve aver sviluppato la distinzione tra interno ed esterno dei tre personaggi: Giovanni, Pasquale e se stesso. Lui deve avere chiaro, stabile cio` che Giovanni non sa` di Pasquale e, viceversa, cio` che Pasquale ha fatto in sua assenza e cio` che lui stesso sa di tutti e due. Quindi e` una distinzione tra interno ed esterno che riguarda tre persone compreso se stesso. Questa capacita` i bambini la sviluppano spontaneamente fra i 4 e 5 anni. Guardate che molti psicotici non riescono a farlo un test di "Falsa Credenza" come questo o un po` piu` elaborato per una persona adulta, e comunque il problema e` sempre lo stesso cioe` riuscire ad avere un interno/esterno differenziato e stabile per il tempo necessario alla durata del test fra tre persone distinte. Capite che questo fatto qui di differenziazione interno/esterno, che e` la proprieta` piu` grossa che ci viene data dal linguaggio scritturale, e` una rivoluzione di portata enorme. Significa che noi, in ogni sequenza di esperienza, abbiamo sempre quello che Bruner chiama "un doppio scenario". Quello che si vede, le azioni, le parole di una persona e quello che si costruisce, le intenzioni, gli stati d'animo, etc. Anzi, questo ci puo` portare anche (ed in genere ci porta, e` il massimo tipo di apprendimento che gia` inizia dopo i 4 anni), a poter declinare molte delle sequenze, per noi piu` interessanti, al congiuntivo. Per esempio se io cambio la sequenza di azioni, come cambierebbero gli interni, quali sarebbero gli stati d'animo che uno dovrebbe provare, quali sarebbero le intenzioni? E se cambio l'interno come cambia l'esterno? Posso cioe` iniziare a coniugare la realta`, che ho sperimentato, anche in forma congiuntiva, anche in altre modalita`. E` un lento processo di cui questo e` solo un inizio nella distinzione fra interno ed esterno, e all'inizio e` possibile coglierla con questi esperimenti molto banali, ma e` poco stabile. Pensate che bambini di 7-8 anni, negli studi di Olson di 10 anni fa`, non riescono a mantenere una distinzione interno / esterno stabile per piu` di 20 minuti. Se voi gli fate un racconto di un quarto d'ora in cui ci sono dei personaggi che si sono contraddetti all'interno di quel racconto, 9

ai piu` scemi non verra` di fare il collegamento, non ce la fanno. Olson faceva dei test con delle vignette di Schultz, "Charlie Brown", per cui a volte un'intera vignetta corrispondeva ad una pagina intera, dove si divideva in 4 o 5 strisce di "cartoon". Un bambino di 7-8 anni, messo di fronte ad una intera sequenza di interazioni, quindi 4 o 5 strisce di vignette, in cui la prima e` contraddittoria con l'ultima, non riesce a coglierla. Non supera il test, gli da` la risposta ultima, contesto-dipendente, l'ultima uscita e` quella giusta. Perche` riesca a tener conto dell'intero set, dalla prima striscia fino all'ultima, deve gia` avere 9 anni circa, cioe` deve essere in quella fase che e` la fanciullezza piu` avanzata. Quindi questo vi da` proprio un idea di quanto lo stabilizzare questa distinzione interno / esterno sia un processo cosi lungo che si completa solo verso gli ultimi anni delle elementari. Se pensate che per noi e` apparentemente sempre stabile e non dobbiamo fare fatica a concepirla quando una persona ci parla (a parte che facciamo questo mestiere e automaticamente pensiamo all'interno e viceversa: questa e unoperazione che facciamo anche vedendo un film mentre un bambino, per raggiungere questa stabilita, impiega molto). Ma anche li`, alle elementari, il bambino manifesterebbe una certa instabilita` se di nuovo lo si sottoponesse ad una contraddizione o al dover tener conto di 2 mondi interni distinti e complessi. Lui ricorda ad esempio in termini puramente di opinioni, non di azioni, ed e per questo che sbaglierebbe il test anche alle Medie. Ci a dimostrare quanto e` lungo questo processo. La stabilizzazione e` lenta ad instaurarsi, diventa piu` stabile a livello comportamentale e anche li` i bambini hanno bisogno di un po` piu` di tempo perche` il comportamento e` complesso e ci vuole molto per raggiungere un buon livello di astrazione concettuale. Questo soprattutto quando parliamo di pure sequenze di stati d'animo, di attivita` sequenziali, con poche azioni, che diventa difficile anche in un'eta` che praticamente si avvicina alla puberta`.

Esperienza Immediata e Immagine Coscente di Se GUIDANO risponde ad una domanda: difatti il bambino riesce a dire per la prima volta in vita sua le bugie quando scopre il "doppio scenario", prima non ce la fa`, prima ci prova ma non ci riesce. Prima non ha la distinzione fra interno ed esterno, e questa distinzione porta alla scoperta rivoluzionaria che all'interno non c'e` accesso a chiunque, all'interno puo` accedere solo l'individuo stesso. Fino a prima dei 4 - 5 anni tutti i bambini provano a mentire ma non ce la fanno: o si dimenticano di aver mentito o si tradiscono, si sentono "letti". Dopo i 4 - 5 anni riescono effettivamente a dire le bugie e a tenerle. Da questo punto di vista, contrariamente a cio` che potrebbe definire la pedagogia classica, la bugia e` il primo atto di autonomia, la vera capacita` di individuazione, riuscire a dire le bugie e a tenerle. L'aggancio per noi interessante direttamente legato alla psicopatologia e` il seguente: attualmente sappiamo che la maggior parte delle emergenze psicopatologiche dipendono tutte dalla carenza di una buona visualizzazione dell'interno, dalla carenza della capacita` di visualizzare l'immediatezza, specialmente quando l'immediatezza porta attivazioni intense, perturbanti che uno non riesce a visualizzare. E` chiaro che lindividuo la puo` vivere semplicemente come estraneita`, come una cosa che lo riguarda in quanto sofferenza, in quanto si abbatte su di lui ma che non riconosce come propria, come facente parte della sua intenzionalita`, del suo 10

essere agente del suo essere protagonista. Quasi tutte, sia le emergenze nevrotiche sia quelle psicotiche, hanno sempre questo punto di partenza tant'e` vero che il nostro lavoro, quello per cui poi diventeremo tutti esperti, e` quello rivolto sempre all'interfaccia tra l'esperienza immediata e l'immagine coscente di se`. Il nostro lavoro consiste proprio nel riuscire a far mettere a fuoco e a far riferire quegli aspetti fondamentali di attivazione interna che invece vengono percepiti come estranei, questo e` il lavoro di base. Questo lavoro di fatto non cambia neanche con gli psicotici, dove va fatto un lavoro preliminare in cui e importante ricostruire la sequenzializzazione. Di fronte ad una situazione in cui si ha una "non-distinzione" fra interno ed esterno, che per la maggior parte e allorigine delle allucinazioni, echiaro che i pensieri possono non essere riconosciuti come voci interne e su questo ci sono state parecchie conferme sperimentali. Ogni attivita` di pensiero, anche subliminale, si accompagna sempre ad una attivazione anch'essa subliminale dei muscoli della fonazione. E` stato visto molte volte che durante le allucinazioni i pazienti hanno un'attivazione subliminale dei muscoli della fonazione. Quindi questi sono pensieri sentiti dall'esterno: siamo proprio di fronte ad una non distinzione fra interno ed esterno. Anche la sequenzializzazione e` del tipo che non tiene conto di quello che e` il "parallelismo contestuale", non tiene conto dei "nessi di casualita`", non tiene conto neanche dell'andamento cronologico. Quindi in questo caso va fatto un lavoro inizialmente preliminare di ricostruzione della capacita` di sequenzializzazione che abbia un minimo di tenuta ed un minimo di distinzione tra esterno e interno, dopodiche si inizia anche li` a fare un lavoro sulle interfaccie tra attivazione, in termini di esperienza immediata e quello che poi la persona riesce a riconoscere e a riferirsi. Quindi tutto il tema basato sulla capacita` di visualizzare l'immediatezza va di pari passo con il problema psicopatologico. Se questa capacita` di visualizzare l'immediatezza richiede come minimo 14 anni di svilppo, per un metalinguaggio che sia adequato a questo, capite che 14 anni e` un tragitto talmente lungo che ammette una possibilita` di interferenze infinita. Pensiamo allo sviluppo che, in 6 mesi, un anno, 4 - 5 anni, e` rapidamente soggetto ad un range di rischio appartenente a quella fascia d'eta`, al particolare tipo di attaccamento di quell'eta`, etc. Ecco perche` lo stesso meccanismo puo` essere fonte di una variabilita` enorme in termini psicopatologici, perche` vari modi di interferire in questo lungo cammino possono dare problemi di eccessiva concretezza, problemi di mancanza di integrazione, problemi di scarsa sequenzializzazione, etc.

Analfabetismo Funzionale e Analfabetismo Formale La condizione interessante, che oggi si evince da questi studi, e` anche quella che ci puo` spiegare meglio l'aspetto psicopatologico. Il problema riguarda quello che i linguisti chiamano analfabetismo funzionale che e` diverso dallanalfabetismo formale. Quello formale e tipico di coloro che non sanno proprio scrivere, neanche la propria firma, letteralmente non sanno leggere e scrivere. Il problema pero non e` tanto legato al secondo bensi` all'analfabetismo funzionale che e` tutta un'altra faccenda ed e rappresentato da cifre allarmanti. C'e` stato uno studio, fatto da un gruppo di linguisti che fanno capo a De Mauro, che ha preso in considerazione una popolazione di giovani che andava dai 18 ai 24 anni, tutti 11

con licenza media e tutti con un lavoro stabile. Di questi il 26% era analfabeta funzionale che significa avere l'incapacita` di compitare, di scrivere una paginetta che abbia senso e che sia strutturata da un filo unico, che si riferisca alla situazione attuale del soggetto e partendo da un qualsiasi punto di vista da lui scelto. Un punto di vista personale, sociale, politico, familiare, il tutto in una paginetta di quaderno, dove ci fosse un senso compiuto, in cui la prima frase fosse collegata all'ultima e non ci fosse un' accozzaglia di frasi. Su questa capacita` di compilare una paginetta come resoconto di vita attuale il 26% si e rivelato analfabeta funzionale. Voi capite che in questo ambito la capacita` di visualizzare l'immediatezza o l'interno sono molto basse. La considerazione piu` grave e` che questi erano ragazzi di 18 - 24 anni, tutti con licenza media e questa percentuale e` destinata ad aumentare. Se noi prendiamo questo stesso gruppo e lo riconsideriamo quando ha 40 anni, la percentuale si raddoppia, siamo passati al 40% di analfabetismo funzionale. Questi giovani presi in considerazione erano al loro picco alto di scolarita`, avevano terminato la scuola Media, i piu` grandi da 9 anni, gli altri da 5 anni. Va poi considerato che gli italiani non leggono nemmeno il giornale per cui quel picco va in decremento. Per cui la vita, diventando maggiormente complessa, andando avanti verso la mezza eta`, sara maggiormente caratterizzata da minori capacita` di visualizzare l'interno. Quindi e` una situazione abbastanza seria. LEuropa non terzo mondo e questo tasso di analfabetismo funzionale, in cui c'entra anche la televisione etc., e` molto alto e coinvolge tutti i paesi dellUnione Europea. Ci sono stati altri studi simili in Belgio, in Olanda, in Francia, in Germania e sono tutti concordi, le percentuali sono molto simili, non si discostano, quindi e` un fenomeno abbastanza grosso. DOM: Questo ultimo studio riguardava la descrizione di fatti e di situazioni in cui il soggetto si trovava o di cio` che provavano in quelle situazioni specifiche? GUIDANO: No, avevano proprio il compito di scrivere semplicemente una paginetta, un resoconto, potevano scrivere quello che volevano, basta che fossero tutti concetti collegati in un testo unico, in cui ci fosse un resoconto lavorativo, familiare, sociale, liberamente scelto. Il solo requisito era che ci fosse una paginetta ma un tutt'uno, non scollegata. Questa e` stata la cosa sconcertante, compitare una paginetta doveva essere un resoconto attuale, ma attualita` voleva dire cio` che lui preferiva e rivolto a se`, poteva basarsi su un aspetto politico, lavorativo, sociale, familiare, "ho il papa` che e` ricoverato all'ospedale.....", quello che volevano. Il 26% scrisse una pagina scombinata, non c'erano nessi. DOM: Ma in quale contesto era stato richiesto a questi giovani di scrivere questo tema, in classe, a scuola? Io posso dire che vado spesso a lavorare nelle scuole, anche le superiori e c'e` una percentuale incredibile di persone che non sa scrivere neanche una pagina, a tal punto che, in alcune situazioni di insufficienza mentale, i ragazzi sono piu` capaci di organizzarsi rispetto a quelli con intelligenza normale. GUIDANO: Ma se voi vedete alcuni adulti sono insospettabili. Vedete alcuni pazienti che arrivano, gente laureata, a cui chiedete semplicemente di scriversi due note, per ricordarsele, glielo specificate pure, dicendo che non e` un diario, non e` che si devono scrivere chissa` quali dettagli, semplicemente se gli capita una situazione di lunedi` alle 11.00, "si appunti due righe che poi ce la ricordiamo meglio". Se vedete cio` che scrivono e` incredibile. Questo fu un lavoro che usci` nel 1997 e che in realta` e` molto specialistico, e` un capitolo di questo libro, edito da Nicola Rossi e che si intitola:LIstruzione in Italia: solo un pezzo di carta? e si riferisce a questo tema dell'alfabetismo funzionale. E edito dal Mulino ed e` del 1997. A questo tema di qualita` di scrittura ci sono anche degli agganci interessanti da un punto di vista storico. Se voi considerate per esempio la conquista dell'America, vedete come hanno 12

reagito diversamente nei confronti degli spagnoli tre diverse culture, gli Incas, gli Aztechi e i Maya a seconda del livello che avevano di oralita` e scrittura. Gli unici che avevano la scrittura fonetica erano i Maya e loro sono gli unici che si pongono la domanda: "Gli spagnoli sono dei?" e si rispondono subito: "No!". Gli Incas non avevano alcuna scrittura, non sono mai riusciti a capire che gli spagnoli non erano dei, per loro sono stati sempre dei. In mezzo ci sono gli Aztechi, che hanno una scrittura primordiale, i pittogrammi, e quindi fanno il percorso tutto intero, partono dal fatto che gli spagnoli sono dei e dopo qualche anno arrivano a capire che non lo sono. Ma e` incredibile, questo e` stato riportato in un libro da un linguista famoso che si intitola:"La Conquista dell'America", tradotto da Einaudi. E` un libro che tratta molto bene questo aspetto, analizza gli esiti della conquista spagnola e come tre culture diverse hanno reagito in relazione alla capacita` di maneggiare un alfabeto o no. Gli Incas hanno rappresentato l'impero piu` grande dell'epoca, e` l'impero che andava dall'Ecuador fino alla Patagonia. Capite che significa a livello umano la differenza culturale, un impero dall'Ecuador fino alla Patagonia distrutto da 160 uomini. Gli spagnoli erano 160 uomini. Gli Incas erano milioni, non si sono mai accorti che gli spagnoli non erano dei. I Maya, viceversa, appena si sono posti la domanda, si sono riuniti e durante lo stesso contesto si sono risposti: questi sono come noi e anche peggio di noi. C'e` un paleontologo (J. Diamond) che ha vinto il premio Pulitzer per la scienza due anni fa con un libro che tradotto in italiano si intitola: "Armi, Acciaio e Malattia" ed e` la storia del mondo negli ultimi 12.000 anni. E lunghissima da leggere perche` coinvolge tutto il periodo in cui noi smettiamo di essere cacciatori e raccoglitori ed inizia l'agricoltura. Il problema e` perche` l'Europa si e` sviluppata come si e` sviluppata, perche` non si e` sviluppato cosi` anche il Sudamerica, perche gli Incas non hanno conquistato l'Europa anziche` viceversa. Come che gli Incas non sono sbarcati in Spagna e non l'hanno conquistata. Le differenze erano legate in parte alle modalit agricole e di allevamento e soprattutto alla scrittura. Questa fece fare il grosso passo concettuale, con capacita` di strategie e di assoggettamento degli altri per cui coloro che rimangono in un mondo orale ne sono praticamente sprovvisti. Queste sono delle variabili di base che ha l'esperienza umana. Nella nostra cultura uno degli aspetti paradossali, per quanto riguarda l'analfabetismo funzionale, e` proprio l'aspetto informatico. Sia il mezzo audiovisivo che l'aspetto informatico limitano molto le capacita` strutturanti e articolanti del linguaggio, e` una rivincita della natura. In un mondo in cui tutti maneggiamo i computer e abbiamo tutta l'informazione in audiovisivi rischiamo di diventare analfabeti. Difatti gia` nei ragazzi di oggi vedo moltissimi figli di miei amici che preferiscono vedere un film anziche` leggere un libro, fanno molta meno fatica. E` tutto un'altro modo, quando uno legge un libro, e qui` e` importante l'interno. Walter Ong ha scritto molto sull'oralita` e sulla scrittura e ha scritto un libro che vi consiglio e che ha tradotto il "Mulino", si intitola: "Oralita` e Scrittura" ed e` dell'82. Ong sostiene che lo spazio del "Se", l'articolazione del "Se" emerge, perfino storicamente, anche con lesercizio della lettura, e proprio nella lettura che uno e` solo di fronte al testo e deve ricostruire al suo interno quello che e` il contesto che sta` leggendo. Ritrova una qualita` nuova di esperienza di se`. Un altro libro importante su questo tema "oralita` e scrittura", che invece e` gia` piu`di tipo applicativo, e stato scritto da Olson che e` un linguista. Il libro e` piu` generale anche se ha dei capitoli fondamentali. Ci sono due capitoli su come la scrittura struttura la coscienza mentre uno invece e maggiormente applicato al livello di apprendimento dei bambini, basato su studi sperimentali. E un libro che ha tradotto Raffaello Cortina nel 1995, ed e` comunque reperibile, e gli autori sono: Olson e Torrance e 13

si intitola:"Alfabetizzazione e Oralita`". Anche qui` c'e` un capitolo di Bruner che si intitola: "Il se` come narrativa autobiografica", inoltre c'e` un capitolo di Olson che accenna a tutti gli aspetti di metalinguaggio di significato, come lo chiama lui, per iniziare a definire il tema. Questo e` un tema molto importante per quanto riguarda la psicosi, li, come vedrete, il linguaggio come lo intendiamo noi si perde, si perde proprio la connessione fra le parole, si perde proprio la correlazione fra le parole, come se le parole aquisissero un significato a se stante, come se fossero sconnesse dalle altre, dove c'e` proprio un cambiamento in termini non soltanto quantitativi ma anche qualitativi della capacita` di sequenzalizzare, quella che viene chiamata, in gergo, "l'apoteosi" della parola. La parola che assume per molti un significato che e` staccato proprio dal contesto perdendo le proprieta` di correlazioni, di significati. Quindi questo aspetto sara` importante perche` lo vediamo in tutti, e` tipico che tutti i disturbi della sequenzializzazione accompagnano qualsiasi espressione psicopatologica. Si possono fare delle distinzioni e voi lo notate proprio nei disturbi nevrotici. Prendiamo questa grossa categoria, vedete che c'e` sempre un gravissimo problema di sequenzializzazione ma soprattutto per quanto riguarda l'aspetto concretezza, cioe` e` una sequenzializzazione molto poco articolata, molto spesso legata semplicemente all'azione, con poca astrazione concettuale, spesso anche con qualche difficolta`, oscillante, di distinzione fra interno ed esterno, in cui pero` certi aspetti si mantengono sempre basici. Cioe` si mantiene sempre intatta la sequenzializzazione cronologica, quella causale e quella tematica. Voi pensate al gravissimo fobico di tipo ipocondriaco, lui vi distingue il lunedi, il martedi`, il mercoledi`, ma lui lo distingue perche` il lunedi` ha avuto l'infarto, il giovedi` ha avuto un collasso circolatorio, il mercoledi` ha avuto un ictus, insomma ha una sequenza rudimentale, ma ce l'ha. Ha anche la sequenza causale per cui il collasso l'ha avuto perche` s'e` stancato troppo, l'infarto l'ha avuto perche` ha mangiato troppo, l'indigestione fa andare il sangue alla pancia, il miocardio e` rimasto esangue, etc. Insomma ha dei temi costanti, ha il tema della ricerca della medicina giusta, del dottore giusto, e` tutto concretizzato, ma questa cosa qui` non la perde assolutamente mai, per quanto grave possa essere. Questa e` invece la prima cosa che salta in uno psicotico, quello di non saper mai ricostruire il martedi`, il mercoledi`, il giovedi`. Ed e` per noi un'esperienza assolutamente fondamentale, cioe` il fatto che io mi sento che sto` in un martedi`, che dopo viene il mercoledi` e` parte integrante del senso di me. Quindi ci sono delle alterazioni molto grosse negli psicotici mentre nei nevrotici e` tutto un problema di sequenzializzazione iperconcreta. Negli psicotici, daltro canto, quello che troviamo e` un problema di integrazione, proprio come se uno non riuscisse a mantenere una sequenzializzazione stabile neanche per i criteri piu` elementari: quello cronologico, quello causale e quello tematico. GUIDANO risponde alla seguente domanda: E` possibile che questa incapacita` di distinguere l'interno con l'esterno si manifesti anche in un incapacita` di comprendere le emozioni che l'individuo prova? Sempre, praticamente e` quasi sempre quello. Infatti in genere il lavoro che si deve fare con un paziente nevrotico e` quello di articolare la trama narrativa che possiede, che e` molto concreta, e` molto rigida. Se considerate l'esempio piu` tipico, che e` quello di un fobico classico, il fobico ha come categorie di base della realta` il tema della protezione, cioe` di sentirsi protetto ma senza sentirsi costretto. Il tipico paziente fobico applica il tema protezione/costrizione unicamente al mondo "fisico". Non lo applica mai al mondo interpersonale, e` come se la modalita` interpersonale fosse un livello impastato, lui non lo vede. La costrizione lui la legge unicamente nel mondo fisico, entra nel supermercato, dove ci sono l'entrata e l'uscita obbligate, c'e` molta gente, non ci sono finestre 14

aperte........mentre invece la costrizione e` che lui deve andare al supermercato perche` altrimenti la moglie gli fa un casino, lui non ci vorrebbe andare affatto al supermercato. Vorrebbe andare con gli amici a vedere la partita di pallone, a prendere un caff`, se non lo fa e non ci va la moglie gli tiene il muso per una settimana perche` e` imperdonabile. D'altro canto se non va con gli amici loro lo sfottono, diventa un coglione, quindi la situazione di costrizione e` interpersonale, ma lui non riesce a leggerla. Considera soltanto gli attributi fisici, il livello di concretezza e` proprio questo qua`; quando siete finalmente arrivati a fargliela leggere sulle situazioni interpersonali non e` piu` sintomatico. Cioe` gli capita, ma non sa perche` gli capita, perche`, secondo lui, e` semplicemente legato al fatto di stare in un posto chiuso. L'unica cosa cui i fobici sono sensibili sono lavvicinamento e lallontanamento, la protezione e la costrizione nei rapporti interpersonali, del resto non si preoccupano. Quelli che voi vedete come pazienti lo sanno proprio leggere sugli eventi fisici del mondo esterno, mai nell'interpersonalita`. E un vincolo concreto, e` un senso unico obbligato, in treno, in aereo, ma lui non riesce a riconoscerlo. Se poi gli date una trama vedete che li` c'e` uno scatto nella sintomatologia, appena aquisisce la capacita` di leggere l'interno puo` controllare meglio, puo`regolare anche le posizioni interpersonali; finche` non le vede non riesce nemmeno a regolarle. E` proprio questo aspetto della sequenzializzazione concreta che vi colpisce nei pazienti nevrotici, che arrivano a certi livelli di concretezza in cui si fermano alle apparenze fenomeniche della realta` fisica, anche se la realta` fisica significa un'altra persona. Voi vedete che, per esempio, molti di quelli che hanno una organizzazione di tipo DAP, di tipo Disturbo Alimentare Psicogeno, che hanno il tema del giudizio degli altri fino al punto che non riescono neanche a dirselo. Loro si dicono che quando stanno in pubblico hanno paura a guardare negli occhi una persona, vedono gli occhi, ma se vedi gli occhi vedi anche la persona che ce li ha, loro no, vedono solo gli occhi. Io ho visto, due settimane fa (poi vedete anche l'origine di certe cose che possono sembrare feticismi), uno che ha un tema per cui a lui delle donne piacciono le caviglie e si masturba pensando alle caviglie, ma il motivo e` proprio questo, lui non regge lo sguardo quindi guarda sempre le caviglie, e` li` che e` iniziato il tema delle caviglie. Quando io gli ho detto che forse lo sguardo poteva essere collegato a questo tema suo della paura del giudizio, e` rimasto illuminato, lui non ci aveva mai pensato, lui era proprio convinto che esisteva lo sguardo in se`, lui guardava sempre per terra, mai sopra alle caviglie, lui non poteva guardare nemmeno il ginocchio. Sembra una banalita` ma non lo e`. Gli psicotici invece hanno una capacita` di astrazione che a volte puo` essere addirittura superiore a quella dei normali. Ci sono stati vari tests fatti, e confermati varie volte, in cui gli psicotici hanno risposto in maniera molto piu` creativa, molto piu`astratta dei "normali". Quello che a loro manca prevalentemente e` cio` che noi chiamiamo capacita di integrazione, cioe` la capacita` di avere una sequenzializzazione unica, stabile, cronologica, in cui ci sia rigidamente diviso l'interno dall'esterno in modo integrale, in cui sia possibile vedere tutto quanto o da vicino o d'assieme. Ma su singoli compiti possono mantenere unastrazione notevole. Questa e` una cosa che si puo` vedere a tutti i livelli, io mi ricordo che quando frequentavo l'Istituto di Psichiatria, tanti anni fa, dove facevo anche il "testologo", quando facevo i test avevo a volte delle risposte da schizofrenici che erano ipermnemoniche, di ipermnesia, a volte si ricordavano 8 cifre consecutive, impossibile per uno "normale". Qui e` l'integrazione che principalmente viene ad essere carente, colpita nei processi di sequenzializzazione, mentre invece nel nevrotico il problema e` sempre piu` la concretezza della trama; l'integrazione piu` o meno resta, rimane relativamente indisturbata, o 15

per lo meno, se si puo` perdere, si perde sempre per periodi estremamente brevi nel tempo. La tipica perdita di sequenzializzazione integrata nel nevrotico e` data dagli attacchi di "depersonalizzazione", o da altri attacchi, per esempio, come quelli dissociativi, ma sono sempre limitati nel tempo, non hanno quella stabilita` tipica degli psicotici. L'attacco di depersonalizzazione a volte dura frazioni di secondo, la reazione crepuscolare che puo` avere un depresso rispetto ad una perdita, ad un'abbandono puo` durare mezz ora, 3/4 d'ora, e` un crepuscolo rigido, orientato, sono sempre fenomeni principalmente indotti, sia per quanto riguarda l'intensita` che per quanto riguarda la durata, che e` assolutamente transitoria. C'e` da dire che coloro che sono piu` stabilmente disintegrati non sono neanche gli psicotici, se uno li pone in un continuum integrazione/non-integrazione, se consideriamo un picco di massima disintegrazione, gli psicotici non lo raggiungono, mentre quelli che sono al culmine sono quelli affetti da "personalita` multiple" su cui c'e` molto da dire perche` in America sono molto di moda. Le personalita` multiple accertate sono pochissime. Devo fare una precisazione poiche` in America la situazione e` divertente: in America dall'`85 a oggi, quindi in 14 anni, si sono fatte qualcosa come 4 milioni di diagnosi di personalita` multiple e i casi accertati sono meno di 10. Le personalita` multiple accertate sono poche ed hanno una condizione completamente diversa da quella che viene descritta da questo tipo di letteratura, che appare di "essere multiplo". Le personalita` multiple sono personalita` effettive in cui esistono tre sensi di se` e tre sistemi di memoria che sono pero separati fra loro. Cioe` quando e` in carica uno questo esclude gli altri due. Non c'e` possibilita` di nessuna connessione. Ora i casi accertati sono pochissimi, sotto i 10 in tutto il mondo e sono sempre situazioni invariabilmente collegate proprio a drammi fisici, il piu` delle volte sessuali che si verificano in tenerissima eta`. Prima degli 8 anni, c'e` sempre un abuso fisico, che significa proprio botte sino all'annullamento, sino allo svenimento della persona, spesso c'e` un abuso fisico connesso con un abuso sessuale. Quello che si vede nella letteratura sui multipli in America, che l'essere multiplo sia la condizione di maggiore possibilita`, poveretti quelli che sono singoli, quelli che sono multipli hanno tre tipi di personalita`, tre tipi di esperienza. In realta` sono esseri umani che non sono riusciti a sviluppare un "self" stabile e continuativo nel tempo, e` gente che non ha un senso di unicita`, che non ha un senso di continuita`. C'era un clinico americano che diceva: "io l'unico multiplo che ho visto mi ha dato un senso come dell'inverno nucleare del secolo, il self dopo la bomba atomica, non c'e` piu` niente", non c'e` piu` nessun riferimento, e` un mondo desolato, un mondo in cui non c'e` nemmeno un senso di continuita` della propria storia, un senso di essere un'individualita` a se`stante, di essere una persona che ha una sua unicita`, quindi e` un mondo che per fortuna e` rarissimo, a dispetto delle mode culturali attuali. Questo e` sicuramente il massimo della disintegrazione e comunque questa e` una condizione quasi subumana, non si e` sviluppato nemmeno un senso di se` unitario, non si ha neanche un senso di se`, non dico degli altri, quindi e` una situazione che e quasi ai limiti per similitudine con i primati non umani e sono sempre segni di espressione di grosse patologie. Dicevo prima che questi abusi sessuali/fisici non si sono generalmente verificati una sola volta ma che si sono ripetuti a lungo nel tempo, una sola volta non sembra avere questo effetto sullo sviluppo. L'altra volta mi sono dimenticato di darvi il nome di un libro che vi avevo menzionato, di Franco Angeli dove ce il titolo di un capitolo che ho scritto io ed e` un escursus che andava dal Comportamentismo sino al Cognitivismo post-razionalista, non mi ricordavo la collocazione e invece ora ve la posso dare, forse non lo trovate in libreria perche` e` fuori 16

stampa pero` in biblioteca lo trovate e lo potete fotocopiare. Gli autori si chiamano: De Isabella , Festini-Cucco e Sala, il libro si intitola: "Psicoterapeuti, teorie, tecnica: un incontro possibile?" edito da Franco Angeli nel 1991. I capitoli che vi possono interessare sono due, uno e` il mio, che e` il secondo dove pero` l'ottica e` legata al periodo in cui l'ho scritto, 10 anni fa, nel 1988 e fu scritto in modo particolare in risposta alla richiesta che mi fecero per un convegno e che poi pubblicarono. La prima parte e` intitolata "Biografie" poiche` mi avevano chiesto di scriverlo da un punto di vista particolare cioe` del rapporto fra teoria e prassi, tracciando un cammino di come la dialettica, la teoria e la prassi si andavano modificando. Poi c'e` un capitolo di Giampiero Arciero, che lavora nel nostro gruppo, che e` sull'epistemologia post-razionalista, sulla conoscenza non come rappresentazione ma come costruzione. Linguaggio Tematico La chiave di volta di tutto il tema di sequenzializzazione di cui vi ho parlato prima sta proprio in questa proprieta` emergente dovuta al linguaggio tematico. Vi accennavo che il linguaggio tematico e` sostanzialmente caratterizzato dalla capacita` di porre l'esperienza in sequenza. Proprio per la capacita` che il linguaggio ha di staccare il contenuto di immediatezza dal contenuto informativo rende le sequenze abbastanza stabili, per cui non dipendono dall'accadere e, in questo senso, diventano come un orizzonte di aspettative. La cosa piu` importante, in psicoterapia e in psicopatologia, e` il rapporto fra quello che si chiama il "framing", termine inglese che indica la capacita` di articolazione della narrativa, e laspetto narrativo stesso. Il "framing" quindi la capacit di "fare trama", cioe` la capacita` di elaborare trame, dove trama e quella che oggi viene definita come narrativa. Con lespressione "mettere l'esperienza in sequenza" si intende dire che queste sequenze formano una storia unitaria e articolata, che e` appunto quello che definisce l'aspetto narrativo dell'esperienza umana. C'e` un rapporto fra capacita` di "framing" e la "regolazione affettiva". Queste vanno in parallelo, in generale significa che maggiore e` la capacita` di elaborare una trama narrativa maggiormente articolata, piu` le oscillazioni sottostanti saranno contenute, saranno oscillazioni che non sorpasseranno una soglia. Viceversa maggiormente la narrativa sara` rigida, poco articolata, piu` si noteranno oscillazioni che vanno oltre le capacita` di controllo dell'individuo. Negli umani una delle capacita` piu` grandi e` la capacita` di articolare le emozioni di base in modo indefinito per tutto il corso della vita. Questo dipende sostanzialmente dal livello di capacit di costruire una trama narrativa, che e` quello che ci consente di visualizzare l'attivazione immediata. Emozioni Le emozioni vengono distinte in due gruppi: le tonalita` emotive di base chiamate anche non self-conscious emotions, cioe` emozioni che non dipendono dalla coscienza di se`, dalla consapevolezza di se`, che vengono anche chiamate basic feeling. Queste sono poche, circa 8, e sono emozioni come tristezza, rabbia, paura, curiosit. Emozioni come vergogna, colpa, disgusto sono numericamente inferiori alle precedenti e appartengono ad un secondo ambito 17

che si chiama self-conscious emotions. Queste seconde, prima di essere esperite, richiedono un senso di se` strutturato. La vergogna e` assolutamente tipica essendo un emozione che non compare mai prima dei 3 anni poiche richiede che il bambino abbia una coscienza interiorizzata di se` negativa, una percezione negativa globale di se`, ma di cui sia cosciente. Mentre invece la paura non richiede alcun tipo di strutturazione interiore, la paura e` esibita sin dai primi momenti dalla nascita insieme con la sorpresa e la rabbia. Pensate ad unemozione come la rabbia: ha una attivazione globale e diffusa. Se i gruppi di sequenzializzazione di esperienza, che si riferiscono all'esperienza di rabbia, episodi con papa`, mamma, con i compagni, episodi in cui lindividuo e riuscito anche a rivedersi e a coniugarsi al congiuntivo, cominciano ad essere abbastanza articolati, vari e collegati fra loro, questi consentiranno delle distinzioni dell esperienza globale di rabbia che prima non erano possibili. Questo vi consente di distinguere la rabbia in un continuum che va dall' irritazione al risentimento alla rivalsa, al desiderio di vendetta, fino a raggiungere i confini con la violenza. Inizia cio ad essere una tonalita` emotiva che si "sgrana" maggiormente. Piu` si "sgrana" in "sottosfumature", piu` diventa facilmente riconoscibile, controllabile e soprattutto canalizzabile nell'ambiente che sta intorno a quel particolare individuo. Questo e` grosso modo il processo, e` il processo piu` tipico degli esseri umani, non abbiamo traccia negli altri animali del fatto che le tonalita` emotive possano andare incontro ad una articolazione continua per tutto il corso della vita. Nell'andare avanti con gli anni la trama narrativa si arricchisce. Maggiore sara larricchimento piu` la stessa categoria emotiva tender ad articolarsi nel senso che acquister sempre piu` connessioni con tratti, dettagli della propria storia o anche di storie di altre persone che possiamo immaginare. Unaltra cosa importante e che in questa maggiore articolazione cambiano anche le connessioni che il feeling, per esempio la rabbia, acquista con la percezione, l immaginazione, la memoria, la capacita` di empatia o di simulazione di altre emozioni. La tonalita` emotiva resta abbastanza uguale, come tonalita` del sentire, pero` tutte queste reti di connessioni cambiano continuamente permettendo anche un'altra percezione della stessa tonalita` emotiva. Una tonalita` emotiva non cambia, rimane sempre la stessa, come fosse una tonalita` musicale. Il fatto che voi volete comporre un qualsiasi brano musicale va bene ma un "Do" e` sempre un "Do", un "Mi" e` sempre un "Mi", il timbro non cambia, e` quello che permette il senso di continuita` immediato che ognuno di noi ha di se stesso senza doverci pensare. Ed e` cio` che permette anche tutta l'articolazione di immagini, di memorie connesse, in genere ad una particolare attivazione emotiva, piu`o meno cosciente o piu` o meno subliminale. Questo e` il principio su cui si fonda tutto il discorso che abbiamo fatto prima a proposito dei termini di sequenzializzazione, con il discorso di oralita` e scrittura, e poi il rapporto tra la capacit di sequenzializzazione e la psicopatologia. Se volete il "vocal grooming" dellErectus, di cui abbiamo gi parlato, e` il primo esempio, in senso evolutivo, di questo rapporto tra vocalizzazione, linguaggio e modulazione affettiva. GUIDANO risponde ad una domanda: c'e` un'autore che ha un nome italiano ma e` inglese, si chiama Aiello, che lavora a Londra e si e` occupato di questo negli ultimi 10 anni. Ha fatto dei calcoli al computer relativi al livello di complessita` dell'Erectus in gruppi che erano formati da 350 membri. Se la regolazione interna fosse stata affidata unicamente al "grooming tattile" si sarebbero dovuti grattare 12 ore al giorno togliendo tempo prezioso alla caccia e alla ricerca di risorse naturali. Il "vocal grooming" invece era molto piu` efficace perche` permetteva lacquietamento anche a distanza senza che ci fosse il bisogno di un contatto fisico, molto piu` rapido nel comprendere le intenzioni dell'altro. Comunque e` il 18

primo collegamento, in senso evolutivo, di questa correlazione fra linguaggio e regolazione affettiva, che poi diventa la trama narrativa della modulazione affettiva. Senza questa correlazione non esisterebbe la psicoterapia, dove lo strumento che si usa necessariamente e` il linguaggio e, in genere, l'obiettivo e` ottenere una regolazione emotiva piu` efficiente per la persona, e questo viene raggiunto attraverso un'aumento di coscienza di se`, attraverso il riconoscimento di stati interni che uno prima non riconosceva. Comunque l'effetto finale, da cui dipende poi lessere asintomatici, e` che la regolazione affettiva rimanga entro i limiti di intensita` che gli permettono il riconoscimento, l'attribuzione a se`, altrimenti non sarebbe possibile il miglioramento clinico. Se consideriamo una persona qualsiasi, uno di noi che avesse un'attivazione emotiva che, di colpo, oltrepassa le sue soglie di controllo, in termini di intensita` e qualita`, tutti noi l'attribuiremmo all'esterno, l'avvertiremmo come esterna, come estranea. Sono ritornato all'Erectus ma volevo riprendere anche questo discorso della scritturalita`, cioe` l'aspetto dello sviluppo culturale, in senso storico. Lo sviluppo del metalinguaggio di significati per definire l'interno si attua lungo un cammino che inizia a delineare i margini, appena abbozzati, di quella che chiamiamo la coscienza contemporanea non prima del 1400, in particolare con l'Umanesimo e il Rinascimento. Il mondo Medioevale e` un mondo ancora completamente a parte, e` un mondo curioso, e` un mondo che e` ancora prevalentemente orale perche` l'appannaggio della scrittura, come sapete, apparteneva solo ai monaci che costituivano l'1 per 1.000 della popolazione. Era un mondo prevalentemente unitario, d'azione anche se vi compare un'interno abbastanza differenziato e stabile. Cioe` lo potremmo definire, in gergo giornalistico, un interno che e` quasi di massa. Non e` un interno individualizzato, e` soprattutto una religione, come il cristianesimo che, storicamente, e` importante in questo percorso. Il fronte interno legato a tutto il tema dei resoconti: la confessione, il resoconto quotidiano fra se` e Dio, apre, in modo ufficiale, in maniera netta, un interno che il mondo pagano non aveva. Il mondo greco, il mondo romano non avevano questa internalita`, erano mondi alle soglie della scritturalita`, ma era un mondo prevalentemente di azione. Nel mondo medioevale vediamo il sorgere di questo interno, ma e` un interno diverso da quello che noi intendiamo oggi, e` un interno che non da` un senso di unicita` e identita` come lo intendiamo noi oggi nel 2000. E un interno quasi "massificato", e` un interno quasi "collettivo", e` un interno che e` uguale per tutti, in tutti suscita lo stesso tipo di pratiche, lo stesso tipo di rituali, di modalita` di rivolgersi a se`, le stesse categorie di valutazione, quindi e` un interno "collettivo". La vera nascita di un interno individualizzato sorge con l'Umanesimo e il Rinascimento in cui si verifica lentamente il fenomeno per cui il mondo diventa maggiormente "antropocentrico", in cui ogni individuo, il soggetto umano e` visto come il protagonista della realta`, mentre il mondo medioevale e` un mondo teocentrico, il soggetto umano non conta assolutamente nulla. Voi considerate che oggi per esempio una disciplina fondamentale per comprendere cio` e` tutta la storiografia di questo ultimo secolo, specialmente la scuola francese, quella di Fernand Braudel, di Philippe Aris. E una storiografia tutta centrata a cercare di ricostruire lambiente materiale di vita di un determinato periodo storico. Pensate che Philippe Aris e` stato uno degli storici, morto qualche anno fa, che ha dimostrato per primo che il senso della morte ha iniziato a riguardare il "self" intorno al 1400, fra il '400 e il '500. Prima la morte era collettiva. Ariet lo dimostra molto bene con l'analisi dei cimiteri: l'epitaffio personalizzato 19

non compare prima del '400. Prima del '400 gli epitaffi, tutti, sono generalizzati, non si riferiscono mai alla persona come entita` distinta, la persona e` sempre una funzione, l'epitaffio diventa personalizzato dal '400. Vi faccio notare che in quel periodo iniziano anche altre categorie del senso del "Se`". Per esempio, e` allora che inizia anche il discorso dell'amore come sentimento piu` individualizzato, piu` umano: tutto il provenzale"," il dolce stil novo" erano del 1300, e` la prima emergenza anche quella di una affettivita` staccata, maggiormente rivolta verso di se`, maggiormente rivolta alla fruibilita` di certi stati d'animo in se stessi. Diremmo che per quanto riguarda la storia culturale occidentale e` come se fossimo al livello di un bambino di un'eta` che si aggira intorno a quella delle Medie, insomma si ha la capacita` di essere un protagonista pi attivo. La cosa va avanti in maniera simile ad un accrescimento graduale, ma la vera svolta, quella che nasce dal mondo moderno, si ha in un periodo che, grosso modo, si aggira fra la fine del '600 e la fine del '700. E` con l'opera di due notissimi filosofi: uno e` Cartesio e l'altro e` Kant. Con Cartesio il centro del mondo diventa non piu` solo il soggetto ma anche la capacita` conoscitiva. E Kant da` il colpo di grazia, Kant e` fondamentale perche`, da allora, come avevo accennato, inizia questo eterno dualismo in tutto il mondo scientifico. Kant e` colui che con le categorie trascendentali a priori, le categorie di spazio, tempo, causalita`, trova un modo con cui strutturare la nostra mente. Kant, da questo punto di vista, e` il primo costruttivista, cio` che dice e` che la realta`, in cui noi siamo immersi, e` il prodotto della nostra capacita` di categorizzazione e percezione. E` il primo che dice che la realta` in se` e` inconoscibile. Con Kant inizia il problema della coscienza moderna, un problema molto grosso perche` ci da` anche indicazioni su che tipo di animali siamo. Il tema che Kant descrive e` un tema a doppia lama perche`, al tempo stesso, dice che noi siamo gli arbitri della nostra esperienza, siamo i padroni della nostra esperienza, quindi quelli che "facciamo" la nostra esperienza, ma allo stesso tempo gli stessi fattori, diciamo cosi` "creativi", si identificano anche come i limiti. La nostra conoscenza strutturata in un certo modo proprio perche` abbiamo delle determinate capacita` formatesi nel corso dell evoluzione. A partire da Kant la coscienza puo` essere studiata come qualsiasi altro oggetto dell'universo. L'ottica che privilegia l'aspetto di "coscienza come pura creativita`, senza limiti" e' quella che vedremo unicamente come l'aspetto "soggettivista". Tutta l'altra parte e` quella che arrivera alla coscienza come un altro oggetto dell'universo, e` quella che prevedera` tutto l'aspetto dello sviluppo oggettivista". Sono le due anime che trovate sempre anche nella teoria della mente: c'e` l'anima oggettivista, computazionale e l'anima soggettivista che e` invece quella piu` immaginativa, Non si e` mai riusciti a conciliare questi due aspetti, non si e` mai riusciti ad arrivare ad una teoria piu` esaustiva che spieghi insieme i limiti e le capacita`, come si spiegano le capacita` creative entro questi limiti; sino ad oggi quelle che ci siamo dati erano legate all'una o all'altra. Coscienza contemporanea e sue propriet sostantive e transitive Entriamo nell'aspetto forse piu` importante, in questo momento, perche` i paradossi che noi siamo abituati a conoscere come i paradossi della filosofia occidentale, non sono paradossi che hanno riguardato unicamente 3-4 dotti studiosi che li discutevano fra loro. Questi si occupavano delle trasformazioni del modo con cui ci si sentiva, del modo con cui si vedeva il mondo e quindi era un qualcosa che apparteneva un po` a tutti. Uno degli aspetti importanti e`che dopo Kant inizia, in termini narrativi, un qualcosa che prima non c'era quasi mai stato. 20

Sino ad allora la narrativa riguardava gesta, epopee, storie politiche, sociali, quello che volete. Con l'epoca post-kantiana la narrativa inizia ad essere la narrativa del "self", il soggetto e` il "self", questo e` l'unico soggetto. E` l'unico soggetto possibile, ma addirittura scollegato anche dall'esterno, e` il "self" in quanto tale, il modo con cui il "self" pensa, sente, ragiona, mette insieme i pezzi. Pensate a uno come Joyce che scrive l'esperienza dell'esperienza. Cioe` l'esperienza di essere consapevole, l'esperienza di essere cosciente, il pensiero che diventa consapevole del suo pensare. C'e` questa radicata, esasperata attenzione, il ripiegamento verso lo studiare la coscienza, per far si` che la coscienza diventi, anche per un non-addetto ai lavori, uno qualsiasi, oggetto di scrutinio, oggetto di osservazione. Mentre prima si era interessati solamente ai campi, come punti dai quali si osservava; i limiti non erano compresi nell'osservazione. Questo e` importante per capire le alterazioni in senso psicopatologico che ci sono state a partire da allora. Perche` il fatto che la coscienza si metta a fuoco, ha delle ripercussioni abbastanza importanti, anche in senso negativo. Il primo che se ne accorse in maniera distinta fu William James: lui vedeva come una coscienza particolarmente attenta nell'individuare i suoi processi, una coscienza riflessa su di se`, fosse una coscienza che finiva con non avere "oggetto", cioe` era una conoscenza che finiva con l'individuare solamente quelle che lui chiamava le propriet sostantive della coscienza, che sono gli ingredienti, cioe` le immagini, i ricordi, i flussi di pensiero, le parole interne. Mentre invece, perdeva completamente le proprieta` che lui chiamava transitive, cioe` il senso di continuita`, il senso di unicita` nel tempo, il senso di permanenza nel tempo, che erano proprieta` processuali, non erano presenti nei singoli oggetti. Questo portava a una frammentazione della coscienza, cioe` portava come ad un senso di stordimento del senso di se`, di unitarieta` e di continuita`, come se i singoli ingredienti della coscienza fossero scollegati fra loro. In molte delle opere contemporanee del '900, che portano avanti come tema il "self", voi trovate, come anche nelle tecniche di Yoga e di Meditazione, che per ottenere il vuoto interno, che negli Orientali coincide con il senso di liberazione etc., etc., si arriva a questa frammentazione di coscienza. Quanto ho spiegato sino ad ora e stato solo un anticipazione, prima di applicare gli argomenti di cui abbiamo discusso. Visto che noi siamo in un mondo occidentale e non in un mondo orientale, che succede se qualcuno per una serie di circostanze di vita, per esempio, va incontro ad un isolamento in cui ce`uninattivita` praticamente quasi contemplativa, come fanno molti adolescenti a 18 anni che si chiudono in camera? Loro non e` che si chiudono in camera e leggono, si chiudono in camera e si mettono a guardare il soffitto e quindi vanno incontro ad una frammentarieta` di coscienza in cui proprio perdono il senso di unitarieta` e di continuita`. Il problema e che noi siamo in un mondo occidentale e qui`questo fenomeno non viene avvertito come una liberazione, qui` viene avvertito proprio come disintegrazione, dapprima dallo stesso soggetto che lo prova e poi da parte di coloro che circondano il soggetto. Oggi, per esempio, si sa abbastanza bene che sicuramente nella schizofrenia il disturbo puo` essere non tanto una diminuzione di coscienza, quanto una ipercoscienza, alla Joyce, cioe` e` come se il soggetto della coscienza fosse l'esperienza dell'esperienza, in cui le cose sono tutte frammentate e si staccano una dall'altra, anche le parole perdono i collegamenti fra loro. Un personaggio come Schreber, magistrato, morto in manicomio, e` il paziente psichiatrico piu` famoso del mondo, che ha anche scritto un libro dal titolo "Memorie di un malato di nervi", di cui si occupo` persino Freud. E opinione diffusa che egli fosse un ossessivo che poi sviluppo` un delirio mistico. Lui era influenzato dai raggi divini, aveva allucinazioni, queste erano allucinazioni che lui chiamava "i miracoli". Per esempio se 21

lui vedeva una vespa che volava quella l'aveva creata lui, aveva fatto un miracolo, gli passava poi accanto e lui sosteneva che l'aveva fatta sparire, l'aveva polverizzata. La cosa interessante e` che Schreber, quando stava in manicomio, diceva sempre che era molto contrariato dal fatto che i "miracoli" non gli "capitavano" mai. Questo avveniva in alcune circostanze del giorno che lui odiava e che erano due: la mattina e il pomeriggio, quando, nel primo caso, gli infermieri lo portavano a fare una passeggiata nel parco per unora e lui si doveva muovere. La seconda era quando mangiava al refettorio dove lo "imboccavano" per farlo mangiare. Quindi lui allucinava durante i periodi di totale inattivita`, lui stava in giardino anche per ore a fissare il vuoto, senza leggere, solo a fissare il vuoto e li` raggiungeva questi stati in contatto con i raggi cosmici, in cui gli appariva la produzione di "miracoli". Questo rapporto, come vi dicevo, fra alterazioni di coscienza e alterazioni dell'attivita` e` uno dei fatti piu` chiari di questo episodio. Quindi, per dire cio che dice un autore, che e` Sass, che da questo punto di vista la schizofrenia non nasce per caso. Quello che e` importante e` che esiste un modo specifico di essere della coscienza contemporanea che ha delle contraddizioni intrinseche, ma sopratutto quello che e` tipico della contraddizione intrinseca della coscienza contemporanea e` questa tendenza che esiste a oggettivizzare l'interno e a soggettivizzare l'esterno. Questo e` uno degli aspetti che vedremo quando parleremo di quello che accade nella schizofrenia. E` in questa coscienza di base che ogni occidentale ha. Che succede se ad una persona, che magari non ha neanche degli stili narrativi ben sviluppati, che ha avuto un attaccamento che l'ha portato a scarse capacita` di integrazione e di sequenzializzazione, se questa persona nel far fronte ad una difficolt nel rapportarsi con l'esterno arriva ad un processo di isolamento e di inattivazione tale che gli induce delle modifiche di ipercoscienza? E' soggettivizzare il mondo esterno e oggettivizzare quello interno, qui puo` diventare che l'interno e` irreale e l'esterno e` soggettivizzato ad "una macchina infernale che mi controlla, che mi manipola, che mi porta da tutte le parti" . Da questo punto di vista e` interessante notare che comunque e` una traccia, una via da seguire per cercare di capire, per lo meno, quale possa essere l'esperienza schizofrenica, capire da cosa possa nascere, da cosa possa essere legata al contesto di sviluppo a cui siamo arrivati. GUIDANO risponde ad una domanda: l'interno viene sempre piu` oggettivizzato, frammentato, per questa esasperazione che c'e`dell'introspezione, ad essere coscienti della coscienza, quindi viene sempre a perdersi senso delle proprieta` transitive, a perdersi il senso dell unicita`, continuita`. Il tema anche degli esistenzialisti, dove all'esterno e` tutto quanto soggettivizzato, e` la realta` esterna che acquista le intenzioni della continuita` che non ho piu` io in quanto soggetto. DOM: La Soggettivizzazione dell'esterno e` speculare all'oggettivazione dell'interno o sono indipendenti? GUIDANO: Ma, io credo che siano proprio speculari. Faccio riferimento al senso di sentirsi, come dicono gli inglesi, "agency", che significa essere l'agente, il protagonista: questo essere agente lo si pu collocare dentro o fuori ma se l'esterno esiste in funzione mia, tutto il mondo esiste per influenzare i miei pensieri; le mie intenzioni sono regolate e vengono da fuori, quello che sperimento dentro e` il deserto assoluto, tutto frammentario e fuori mi mettono i pensieri in testa, mi mettono le voci, le idee, il fuori e` animato, il dentro e` desertico. GUIDANO continua rispondendo ad un'altra domanda: quello che hanno sono gli aspetti iatrogeni che stabilizzano il quadro, sono molto piu` responsabili del fattore "cronicita`", stabilizzano il quadro perche`, paradossalmente, intervengono (come poi da un certo punto di vista e` giusto che sia) sulla fase produttiva, delirante che e` la fase migliore, e` la fase in cui 22

stanno meglio, tutti i parametri migliorano, se voi vedete i parametri, anche quelli strettamente biologici della frontalit, osservate che molti schizofrenici cronici sono ipofrontali, mentre quelli che delirano possono essere iperfrontali. Gli ipofrontali sono piu` coerenti, piu` organizzati, generalmente la fase di intervento e` li`. Quindi tende a dare al decorso unandamento diverso, piu` stabilizzante. Il delirio, in realta`, e` una fase in cui l'essenza sembra essere proprio questa frammentazione, in cui non c'e` nemmeno un elemento di contenuto. E' come se gli oggetti fossero mera esistenza, le parole mero suono, tutto in un'atmosfera di sospensione in cui non si sa` cosa potrebbe accadere, ma qualcosa accadra` senz'altro. Li` il delirio e` l'atto di ristrutturazione, gli rida` la coerenza, gli rimette questa cosa in sesto. Voglio dire, e questo poi lo possiamo utilizzare anche anticipando un cocetto per il sistema del "Se`", il tema dell'identita` e` un tema processuale, e` un processo che si svolge ed ha costantemente due aspetti che si mantengono sempre in una dialettica, che sono l'aspetto di se`, inteso come "medesimezza", che in inglese e conosciuto come "sameness", la continuita`, e l'aspetto di se` che in inglese chiamano "selfhood", che significa invece l'accadere, il se` che accade momento per momento. Se la "selfhood" diventasse un accadere continuo senza piu` alcun punto di collegamento, cio` che verrebbe a mancare sarebbe la continuita`. Quando l'individuo diventa accadere puro, anche l'individuo e`, nell'accadere, staccato dalla propria successione. Lo e` l'individuo, lo sono le parole, lo sono gli oggetti, e` una situazione impossibile da sostenere, che si chiama proprio ansia psicotica, e` una cosa per cui l'individuo non sa nemmeno dove pararsi. A quel punto li`, l'individuo procede invariabilmente verso l'uscita delirante, il fatto che lui se lo organizzi come "questo mi perseguita, quello ce l'ha con me....", e proprio per dare una continuita`, per recuperare il senso di continuita`. GUIDANO risponde ad un'altra domanda: oggi se andiamo in un paese del terzo mondo non avremo dei quadri compatibili con la schizofrenia, avremo quelli che sono fenomeni tipo "bouffe" deliranti acute che possono durare pochissimo, anche 4-5 giorni, e che rientrano rapidamente perche` c'e` una grossa condivisione del gruppo. Sono molto diversi, e in genere, (e questo e` un'altro aspetto caratteristico) si svolgono sempre entro le strutture di realta` che il gruppo condivide. Possono sembrare strane ad un occidentale, ad esempio uno che ha un delirio "Woo-Doo", ma nelle strutture del gruppo, che sono condivise dal gruppo, non debordano, non vanno oltre, e uno dei fattori di rientro e` appunto la condivisione del gruppo, che e` molto forte. Quella che e` invece la caratteristica distintiva, tipica della schizofrenia che andrebbe distinta dalle altre psicosi, e` che in essa il delirio, che possiamo chiamarlo come ci pare, mistico, persecutorio, etc., e` un delirio piu` tipicamente "epistemologico", mette proprio in discussione i criteri di realta`, della realta` esterna e del soggetto. Si evidenziano sempre i temi che la realta` non e` reale ma e` reale allo stesso tempo, che lui esiste e non esiste, e questi temi qui non si trovano in altri deliri, anche nei paesi occidentali. Se consideriamo, per esempio, il delirio di gelosia voi vedete sempre che il paziente delira sui contenuti ma entro storie di realta`: l'uomo e` uomo, le donne sono donne, le corna sono corna, l'onesta` e` onesta`, e li` poi fa dei salti logici e di contenuto, ma anche l'affettivita` e` consistente con quello che dice. Voi vedete che lui impersona il fatto che la realta` e` reale e irreale allo stesso momento. Questo e` cio` che noi chiamiamo schizofrenia nel mondo occidentale e non lo vedete nelle culture primitive. Nelle "bouffe" deliranti acute vedete che sono consone al contesto ambientale anche se con temi esasperati, difatti rientrano rapidamente per questo, perche` sono condivise dal gruppo. Con lo schizofrenico non c'e` condivisione possibile quando si ha un tema che perde gli assunti di fondo, riconsidera gli 23

assunti sulla realta`, su chi sono gli esseri umani, etc. In questo senso c'e` una grossa differenza, quando io mi riferisco alla schizofrenia mi riferisco in particolare a questo, non ai fenomeni psicotici in generale, dove potete avere molte situazioni. Se pensate ad ogni grossa esperienza non integrabile, questa vi d un aspetto psicotico, pensate al delirio che hanno i nostri emigranti, basta che gli si modifichi il contesto e questo passa subito. Nella schizofrenia abbiamo altre caratteristiche, e` proprio come se fossero cambiati i connotati di soggetto e oggetto. E sicuramente questo subisce un'influenza da parte delle modificazioni della coscienza contemporanea. Comprensione e Spiegazione Se non ci sono altre domande (questo, ovviamente, e` un argomento che ho solo accennato, poi lo tratteremo piu` ampiamente, dal punto divista psicopatologico, qui ne ho parlato brevemente per discutere di questo contesto iniziale di oralita` e scritturat, coscienza, l'evoluzione della coscienza sino ad arrivare ai giorni nostri) io volevo tornare su questa parte epistemologica, che forse ci puo` chiarire meglio tutta una serie di punti controversi, sia nell'ambito scientifico, in generale, che soprattutto nell'ambito della psicologia e del funzionamento della mente, etc. Questo si riferisce al lavoro di un epistemologo non molto conosciuto, noto solo agli addetti ai lavori, che ha lavorato nel mondo americano. Si chiama Von Wright. Non vi consiglio di leggere i suoi lavori perche` sono quasi incomprensibili, sono proprio per gli addetti ai lavori. C'e` un suo libro, tradotto dal Mulino, che si intitola: "Comprensione e Spiegazione". Pero` vi leggete l'introduzione e poi vi fermate. Il punto di partenza di tutti i lavori di Von Wright e` che la metodologia scientifica, che noi conosciamo, si riferisce soltanto alle scienze cosiddette, "dure", le scienze "esatte", alle scienze che riguardano il mondo "fisico", il mondo "inanimato". Von Wright e` stato quello che ha concluso tutta l'esperienza iniziata da Popper, ha studiato l'altra faccia della moneta che Popper non e` riuscito a guardare. Popper ha fatto la metodologia delle scienze "dure", mancava l'altra. Per lui il punto interessante di tutta la questione e` il seguente: ogni processo di spiegazione scientifica, propriamente detto, costituito da due momenti: il primo momento e` la comprensione, quello che lui chiama "understanding", che e` quello ermeneutico. In altre parole, comprensione significa il processo con cui costruiamo la natura degli eventi che vogliamo spiegare. Il secondo momento e` il processo di spiegazione, che in inglese e` detto "explanation", che e` invece l'aspetto piu` teorico, cioe` una volta che con la comprensione abbiamo definito quali sono gli eventi che dobbiamo spiegare, con la spiegazione si ha un modo di trovare rapporti, correlazioni di contingenza o non, fra gli stessi eventi in modo da metterli insieme in un ordine. Ora ci sono due aspetti fondamentali, il primo che riguarda l'understanding e il secondo che riguarda l'explanation. Per quanto riguarda il primo, l'understanding, c una successione: un processo che avviene sempre per primo perche` se prima non costruiamo gli eventi da spiegare non sappiamo cosa spiegare, quindi prima c'e` sempre l'understanding e poi c'e` la spiegazione. Per quanto riguarda l'understanding una prima grande differenza e`tra il mondo fisico e il mondo non fisico. Nel mondo fisico, poiche` siamo tutti animali della stessa specie, che abbiamo lo stesso apparato percettivo, la stessa percezione dello spazio, del tempo, si richiede, per esempio, un understanding che sia 24

in un mondo in cui l'esperienza fenomenica e` la stessa e condivisa da tutti. Tutto cio` fino al punto che nel mondo fisico l'understanding puo` essere quasi omesso, specialmente se ci occupiamo di un mondo fisico in senso macroscopico. Nella fisica macroscopica, idraulica, meccanica, cinematica, l'understanding puo` essere addirittura omesso. L'understanding inizia ad entrare in discussione quando scendiamo nella fisica infrastrutturale, in cui, effettivamente, dobbiamo dedicare un po` di tempo a costruire gli eventi che vogliamo spiegare, in termini di particelle, infraparticelle, reazioni. Questa e` la prima differenza, invece, che cambia completamente in tutta l'altra scienza del mondo non fisico. Nella scienza del mondo non fisico l'understanding non e` dato perche` nel mondo non fisico tutto e` soggetto al punto di vista dell'osservatore, lo e` anche nel mondo fisico, figuriamoci. Quindi nel mondo non fisico gran parte della spiegazione scientifica dovrebbe occuparsi della costruzione dell'understanding. Notate che questo non si fa mai nel nostro campo. Se voi pensate che sono 50 anni che si parla di teorie della personalita`e nessuno ha mai chiarito, definito che cosa sia la personalita`, questo fenomeno che vogliamo studiare come lo definiamo, che cos'e`, che cosa riguarda, riguarda il "self", le emozioni, la faccia, la costituzione, le cardiopatie, che riguarda? Tutti lo danno per scontato, si inizia dalla personalita`. Questo e` un elemento fondamentale, cioe` il primo fatto importante e` costruire un senso epistemologico, il secondo fatto, conseguentemente logico, e l individuazione di quali sono i fenomeni che vogliamo spiegare, differenziandoli da quelli che non ci interessano. Secondo punto importante, nel mondo non fisico cambia il tipo di spiegazione. Le spiegazioni, che ci sono sempre state da quando e` nata la scienza, che iniziano da Galileo in poi, sono di due tipi: le spiegazioni, secondo i termini di Von Wright, "galileiane" o "causali", che significa "com'e` fatto quest'evento", l'identita`, la struttura della cosa, oppure da una spiegazione che viene detta "aristotelica" o "teleologica", in cui si cerca la finalita` della cosa. La domanda, nel senso "aristotelico" o "teleologico" sarebbe non "com'e` fatto l'oggetto" ma "a che cosa serve questo oggetto", perche` e` stato fatto questo oggetto, per quale funzione e` stato fatto questo oggetto. Le spiegazioni galileiane e aristoteliche, e questo e` uno dei punti che Von Wright dimostra, coprono tutta l'intellegibilita` scientifica che puo` essere ricondotta a questi due tipi di spiegazione di cui, ovviamente, quella "causale-galileiana" e` quella imperante ed e` stata applicata "tout court" anche al mondo non fisico. Io credo che questo sia un punto essenziale perche` uno degli aspetti di base, nellottica di Von Wright, e che nessuna delle ricerche biologiche o biochimiche o bioelettriche o bioematiche in corso sul cervello per spiegarci i disturbi nevrotici o psicotici hanno avuto risultati definitivi, e cio accade perche` questi sono test con spiegazioni causali. Se anche noi riuscissimo a sapere esattamente, non dico quale zona limbica, ippocampale e` attivata con le allucinazione uditive, visive, ma addirittura sapere i singoli neuroni, questo non ci spiegherebbe il significato di quelle allucinazioni. Sono due ordini di spiegazioni completamente diverse. Se noi seguissimo il senso della spiegazione in termini galileiani ci sfuggirebbe il significato di quella allucinazione e non potremmo fare il nostro lavoro. Cioe` il fatto che l'allucinazione uditiva "X", con caratteristiche di timbro vocale "Y" sia attivata dai neuroni 1, 2, 4, e 5, sara` interessantissimo per un neurofisiologo ma, per uno che deve fare un lavoro di comprensione, di psicoterapia, per lui quella non e` la cosa fondamentale, quello e` un dato di curiosita`, per lui invece e` importante conoscere il significato, perche` proprio la mattina alle 11.00, perche` dopo quell'evento, e perche` poi con le allucinazioni quello ha avuto quelle consequenze sul senso di se`. Questo e` il tema di base e l'illusione del neo-positivismo attuale, che e` stata sempre 25

la stessa, e cio che alla fine la spiegazione causale possa coincidere con quella teleologica. Ma sono due dimensioni assolutamente diverse, si riferiscono a ordini di fenomeni deversi, a livelli di realta` diversi. Il nostro grosso problema e` quello di dover definire ogni volta cio` di cui vogliamo parlare. Quindi, in ogni senso, sia che noi si parli di psicoterapia, sia che si parli di quadri psicopatologici, sia che si parli di schizofrenia, non ci riferiamo alle psicosi in generale, ma e importante definire il tipo di psicosi e le sue caratteristiche. Successivamente il nostro sforzo, che cercheremo di mantenere per tutto l'andamento di questo corso, in termini di modello teorico, e` sempre quello rivolto ad un livello di interpretazione, di spiegazione sempre piu` di tipo teleologico o aristotelico: per noi il tema e` il significato". In generale il tema del significato voi lo ricostruite sulla singola persona momento per momento. Noi siamo stati un po` sfortunati come branca scientifica, disciplinare, perche` abbiamo avuto, soprattutto ai nostri esordi di disciplina, alcuni grandissimi errori che ci hanno bloccato per secoli, per esempio nelle psicosi, l'errore fondamentale e` stato quello fatto da Jasper sul tema dell'incomprensibilita`. Proprio li dell'understanding non se ne parla affatto e c'e` unapplicazione completa della spiegazione causale. GUIDANO risponde ad una domanda: No, vedi, per quello c'e` proprio un libro bello di Bruner sulla narrativa, che e` stato tradotto da Boringhieri e che si intitola: " La Ricerca del Significato". Tratta di quell'argomento da tempo, ma secondo la ricerca positivista, in cui anche Wittengstein e` coinvolto, il significato e` decontestualizzato, ed e innanzitutto un significato assolutamente ermeneutico che va riferito ad un testo scritto. E la ricerca di un significato invariante che prescinda dal contesto contingente del testo, cioe` trovare l'ingrediente di base per cui quel testo ha lo stesso significato per tutti. Quindi e` la ricerca di un significato avulso dal contesto, decontestualizzato e per questo universale. Tutto cio` che tratta del significato contemporaneo, dopo l'avvento dell'ottica di costruzione della mente come livello di significati, dell'ottica Post-Razionalista, e` il significato contestuale, sempre riferito ad un contesto ed e` sempre il significato nel senso del modo con cui una persona, un individuo "fa senso", del suo agire quotidiano, della sua esperienza quotidiana. E` sempre un'interazione dell'individuo con il mezzo e non si capisce se non si tiene in considerazione il mezzo. Quello che noi diciamo qui, in gergo, e` che il significato di cui noi parliamo e` un significato che e` sempre totalmente contestualizzato, se lo si toglie dal contesto allora e` incomprensibile, non c'e` alcuna universalita`. Questo ha un applicazione pratica, che vedremo quando passeremo alla parte tecnica, voglio dire che la parte che riesce piu` difficile imparare a fare e` costruire il contesto a partire da un dettaglio. Senza di questo non esce fuori assolutamente nulla, non si riesce a ricostruire alcun tema narrativo personale, alcun tema di significato. E i contesti sono sempre di prassi quotidiana, perche` il significato non e` legato all'invarianza del pensiero, e` legato proprio al senso di se` che deriva dalla continua attivazione emotiva e dalla continua attivazione in termini di esperienza immediata. E` questo tipo di significato che per l'individuo e il significato dell'esistere, non e` il significato del comprendere in quanto comprendere puro, culturale. GUIDANO risponde ad un'altra domanda: c'e` in questo libro ("La Ricerca del Significato" di J. Bruner, Boringhieri) un capitolo, penso che sia il secondo, in cui l'autore fa proprio la storia, nella Psicologia Occidentale, del significato, cioe` come prima il significato e` visto fuori del contesto e come, da 20 anni a questa parte, e` tutto fortemente contestualizzato proprio perche` legato agli aspetti emotivi, mentre prima era legato agli aspetti logici. Lautore distingue due tipi di pensiero ed e` interessante proprio perche` entrambi sono chiamati "pensiero", questo e` un punto importante per noi, per cui ne parleremo ancora piu` 26

in la` perche fa parte dell'aspetto epistemologico. Lui distingueva :

Pensiero Paradigmatico e Pensiero Narrativo Il pensiero paradigmatico e` il pensiero tipico della scienza galileiana, cioe` il pensiero che e` fatto prevalentemente di argomentazioni concettuali. Ogni argomentazione deve essere fortemente coerente all'interno, coerente in senso logico, nel senso della logica deduttiva. Ogni argomentazione deve essere agganciata alla successiva sempre con una procedura di deduzione che sia impeccabile. E` un pensiero orientato soprattutto a trovare le costanti della realta`, cioe` gli invarianti di base, cio` che non muta mai, cio` che e` sempre lo stesso. E` un pensiero maggiormente volto a catturare cio` che e` familiare, non gli interessano le anomalie, non gli interessano le contingenze, le eccezioni. Ha come intento sempre quello di verificare la "verita`", oggi si dice la "validita`". La validita` e` identificata con il livello di strutturazione delle argomentazioni e il livello di coesione le une con le altre. E` il tipico procedimento scientifico della logica deduttiva. Un esempio tipico del pensiero paradigmatico e` il linguaggio matematico, completamente decontestualizzato, dove i simboli X, Y, Z si applicano a tutto, il contesto e` l'universo intero. Il pensiero narrativo e` un'altra faccenda, e` il porre l'esperienza in sequenza. Noi siamo prevalentemente, come dicono molti, dei raccontatori di storie, non solo perche` ascoltiamo storie con gli amici al bar, ma anche perche` continuamente ci raccontiamo noi la nostra storia, la rivediamo, come pure la storia degli altri, etc. Il pensiero narrativo procede in maniera diversa da quello paradigmatico, per esempio, il pensiero narrativo non e` affatto interessato agli invarianti, a cio` che e` stabile, e` interessato alla cosa opposta, e` interessato alle anomalie, in ogni racconto e` incentrato su un esperienza umana largamente conosciuta da tutti che ha qualche anomalia, qualche anomalia nel modo con cui insorge, nel modo con cui si svolge e nel modo con cui si conclude. E noi, in genere, riusciamo a comprendere che ovviamente qui il concetto di comprensione e` diverso, e` piu` di tipo aristotelico. Quando abbiamo simulato l'anomalia nella nostra esperienza di vita l'abbiamo resa verosimile, abbiamo visto che e` possibile, e ci si aggiunge una strategia in piu` all'esperienza di vita che gia` conosciamo. Il lavoro del pensiero narrativo e` prevalentemente basato sul simulare, cioe riprodurre empaticamente nellindividuo l'esperienza dell'altro, e in questo lindividuo capisce l'anomalia che prima lo aveva colpito. In modo verosimile potrebbe accadere anche a me in certe circostanze, in certi posti, se fossi diverso, fossi nato in Papuasia, ma e` un allargare uno scorcio dell'esperienza, dove non cerco ne` verita` ne` validita`, cerco solo che sia verosimile, verosimile con l'esperienza che io condivido. GUIDANO risponde ad un'altra domanda: si certo gli invarianti possono riguardare anche il modo con cui sono assemblate le emozioni. Un dato invariante e` che la continuita` di se` rimane sempre la stessa nel corso della vita. Pero` e` una continuita` di se` che e` tutta nel pensiero narrativo, non e` il pensiero paradigmatico, laddove il pensiero narrativo significa non solo il senso di attivazione emotiva ma e` anche l'aspetto immaginativo. Oggi sappiamo, da molto tempo, che immaginazione ed emozione sono due processi quasi simultanei, non c'e` immagine senza emozione e non c'e` emozione senza immagine, si specificano insieme. 27

Uno degli aspetti tipici con cui si puo` vedere la continuita` si ha con lattualita` del pensiero narrativo che procede anche senza che sia necessaria l'intenzionalita` di pensare verbalmente. Uno degli aspetti dei temi narrativi tipici e` che "la storia" e` una delle modalita` con cui gli umani fanno il "vocal grooming", tutto e` sempre narrato. Nelle storie che si vedono in una famiglia, per esempio, la famiglia ha dei racconti ritualizzati da sempre, i genitori raccontano il loro incontro, etc., tutto questo e` orale ed e` fatto a uso e consumo del gruppo per il suo mantenimento. Potete vedere che in molte patologie il problema e` proprio questo: il racconto dell'incontro dei genitori, per esempio, non coincide affatto con la vita vissuta. Tutto e` raccontato e ogni personaggio e` un personaggio. Ci sono dei racconti stereotipi che vengono sempre fatti, cioe` c'e` quello li` famoso, all'interno di quella stessa famiglia, per esempio, che si racconta sempre, che lui a 3 anni attraversava la strada e non voleva dare la mano a papa`, papa` gliela prende e lo rimprovera e lui inizia a frignare, e questa e` una storia che si racconta sempre da 15 anni, la domenica a pranzo. Non sono naturalmente cose puramente ripetitive, stereotipe, e` un aggiornamento del personaggio con cui in famiglia si commentano implicitamente le cose che non doveva fare e che ha fatto la settimana scorsa ma che e` meglio non dire. Lui ha preso 4 in latino e un membro della famiglia inizia a raccontare: "Mi ricordo che a 3 anni lui non voleva dare la mano a papa`....", e tutti gli altri capiscono (e anche lui capisce) che lui non studia il latino, che si e` fatto fregare, che ha preso 4 e tutto questo senza che venga esplicitamente verbalizzato, e il personaggio, che a 3 anni non voleva dare la mano a papa`, e` stato aggiornato anche di questo ultimo dato. Ma questa cosa puo` capitare anche alla stessa persona per esempio 20-30 anni dopo. Ha 43 anni e sta` tornando a casa di sera. Per esempio sta` nel mezzo di una separazione coniugale che ha chiesto soprattutto lui e vede per strada la stessa situazione in cui si era trovato 40 anni prima, un bambino che non vuole dare la mano a papa`. Lui di colpo ha un senso di se` che va da 3 anni sino ad allora, in quel momento ha inglobato anche la sua separazione: "Sono il solito cretino, che si impunta, come da bambino....", tutto in un momento e senza dire nulla. E stata un'attivazione che ha seguito una situazione vista, in cui la narrativa stessa e attivata in tutta questa catena di ricordi, e questa e` una continuita` che noi abbiamo e per cui ci si impiega tempo a capirla. Questi sono quelli che noi chiamiamo gli "episodi emotivi", gli "stirring", per cui uno sta` in macchina e di botto si sente fortemente emozionato e non sa che cos'e`, poi va a casa e ci deve pensare, ci deve riflettere. Non sono collegati certamente ad una reazione di pensiero immediata, ma comunque colpiscono e si ha un senso di discontinuita` che e` talmente forte, schiacciante che da il groppo alla gola, da gli occhi lucidi, senza neanche riuscire a capire bene perche`, che cosa e` accaduto. Questo e` tipico del pensiero narrativo, li` il pensiero paradigmatico va a monte, lo si usa per considerazioni conseguenti: "sei scemo, sei immaturo, allora vuol dire che a 43 anni ne hai 17, non crescerai mai", questo e` parte del pensiero paradigmatico. I due pensieri vanno sempre avanti in maniera sinergica, forse questa divisione in cui noi abbiamo potuto rivederci si riferisce unicamente a noi. E forse vedere in manieria sinergica e` una delle possibilita` con cui potrebbe essere risolto il famoso problema, che e` rimasto tale in tutto il mondo epistemologico, dellinduzione, che e` un problema capitale. Ad un certo punto e` stato necessario un secolo per capire come si falsificavano le ipotesi e il problema rimaneva: da dove accidenti venivano le ipotesi, cioe`, deduttivamente, da dove vengono? Questa e` l'induzione, cioe` che cos'e` che fa emergere le ipotesi. E forse e` proprio in quello che abbiamo appena detto: forse l'induzione, le ipotesi o le idee che emergono vengono da questi aspetti del processo narrativo, dal pensiero narrativo. Esattamente come accadeva 28

nellesempio precedente, del bambino che non voleva dare la mano al padre, per strada, questa cosa emerge cosi` e poi ad essa si applica il pensiero paradigmatico che inizia ad elaborare. Molte scoperte scientifiche, e ne abbiamo anche i dati, sono nate cosi`. Ad esempio lesagono di carbonio lo scienziato se lo sogno` la notte, poi ci fu l'elemento paradigmatico che contribui` ad elaborare una teoria articolata con i legami polivalenti di carbonio. Ma lui che erano 6 atomi di carbonio lo aveva visto, come stavano insieme non l'aveva capito ma quelli erano 6 e l'esagono lo sogno la notte e lo disse proprio ad una conferenza, che era un esagono luminoso, poi il problema era quello di dargli una forma paradigmatica e li sviluppo` la famosa teoria del legame covalente. Ma anche lo scienziato che dimostro` l'esistenza dell'adrenalina si sogno` la notte di sperimentarlo con i politrasfusi. Le ipotesi possono sorgere con unemergenza naturale, probabilmente da ricombinazioni che possono essere determinate dal pensiero narrativo, dopodiche` l'insorgere di unipotesi non vuol dire niente, deve essere sottoposta alla procedura di articolazione, di verifica che solo il pensiero paradigmatico e` in grado di dare. Questo lo trovate chiaramente espresso nel libro di Bruner, c'e` proprio un capitolo intitolato: "Due modi di pensare". Ora, visto che dando un'occhiata alla letteratura vi trovate sommersi dalla narrativa, direi di stare attenti, di usare un po` di discernimento perche` purtroppo il mondo scientifico non e` diverso dagli altri mondi, tutto va a "mode", ora sono 5 anni che c'e` la moda della narrativa. Il problema oggi piu` fuorviante per la narrativa, cosi` come viene comunemente intesa, e` l'equazione identit=storia, cioe` l'identita` e` dissolta, il senso di se` e` dissolto nella storia raccontata. Si arriva a dire che il "self" non esiste, e` solo conversazionale. Cioe` l'interno non esiste, la vita di ognuno viene da fuori, e` il fuori che e` soggettivo, l'individuo e` semplicemente il punto d'incontro di alcune conversazioni, cio` che da` l'intenzionalita` viene dalle conversazioni che vengono da fuori, nella vita dell'individuo non esiste il "di per se`", l'individuo e` un incrocio, mentre parla con uno parla con un'altro, parla con se stesso, il self e` solo questo tipo di intersezione. Questo e` il pericolo piu` grosso, di ridurre tutto al solo aspetto conversazionale, fa ridere. Ricordo la battuta di un filosofo polacco che diceva che il principio e` il verbo e la fine sono le chiacchiere. Questo e` un fondamentale errore epistemologico, perche` significa "confondere il soggetto conoscente con il conosciuto" e il "self", la storia, e` il prodotto dellindividuo che l'ha creata, non si puo identificare, insieme, la realta` ordinata e il soggetto ordinante: sono due livelli epistemologicamente e logicamente distinti. Questo e` l'elemento piu` grave che c'e` nella narrativa. Del resto e` una lunga storia iniziata con Gergen, nel 1992, ed e` un suo cavallo di battaglia, poi vi si sono aggiunti tutti i decostruzionisti della realt`, in cui la realta` e` puramente conversazionale ma senza contenuti, e` solo una forma linguistica. Un decostruzionista potrebbe dire che, visto che Democrito parlava di atomi e di atomi parlava anche Plank, la realta` e` solo conversazione, i contenuti non sono importanti, che poi noi con gli atomi di Democrito e di Plank ci andiamo sulla luna questo non conta nulla, queste erano solo parole. Cosi` nasce questo aspetto drammatico, cioe` l'identita` self=storia, sono identificate, soggetto ordinante e esperienza ordinata sono due aspetti che, epistemologicamente, sono distinti. Questo e` l'errore piu` grosso, per cui diventa anche pericoloso in terapia; una terapia fatta con un atteggiamento conversazionale di questo tipo qua e` la conversazione nella conversazione, come se non dovesse essere una conversazione orientata, basta che si conversi, il paziente si d un nuovo senso di s se ce conversazione. Non deve essere orientato verso certi aspetti che attivano internamente e che non si riconoscono, l'importante e` semplicemente conversare. C'e` stata un'ondata di reazioni, in America, che segnala una nostra crisi abbastanza grossa come 29

professionisti. L si sono preoccupati perche` la maggior parte degli oratori, cioe` coloro che non usano farmaci per curare, non usano piu` le categorie psicopatologiche o nosologiche, tutto e` riferito alla conversazione personale. Quindi e` una situazione triste. GUIDANO risponde ad un'altra domanda: il fatto e` che anche su questo ci sono vari dati, per esempio ce una serie di lavori interessanti di un gruppo che spiegava il riverberio delle emozioni, una volta che uno le ha provate, emozioni anche banali che riverberano abbastanza, riverberano anche per qualche giorno e anche le piu` banali ad esempio il disappunto sperimentato con il posteggiatore, ti rimbalza dentro. Questo evidenzia due aspetti: il primo la cosiddetta rumination dove lindividuo pensa e ripensa allevento, laltro la condivisione sociale in cui se ne parla con gli amici, si fanno commenti sulla persona e la situazione. E` interessante sapere che la qualita` della "condivisione sociale" in grado di determinare quanto tempo si impiegher ad elaborare lo stato emotivo. Se la "condivisione sociale" e` di livello superficiale pu non aiutare nellelaborazione dello stato emotivo. Lo si elabora a fondo solo se la "condivisione sociale" e` fatta da una persona che aiuta a far soffermare lindividuo e a ricostruire tutti gli elementi spiacevoli provati. Il recupero, determinato dal parlarne con gli altri, collegato a quanto il parlare con gli altri fa mettere a fuoco le emozioni critiche provate durante l'evento. Per se queste non vengono toccate l'individuo pu parlarne anche per due anni rimanendo comunque allo stesso punto. Quindi e` questo il fatto importante: non basta conversare, occorre una conversazione che non sia di livello ordinario, di primo ordine, ma sia una conversazione di un livello pi elevato, di secondo ordine. Per noi il problema e` che come scienza o disciplina non ci differenziamo dal livello ordinario, dal primo ordine. C'e` una ricerca che e` rimasta storica, e` da manifesto, apparsa su "Science" 11 anni fa in cui un gruppo di sociologi volevano fare un lavoretto circoscritto, volevano dimostrare che in ogni cultura il pensiero, come si dice nel senso comune, e` un pensiero di primo ordine, che si riferisce alle apparenze fenomeniche, mentre il pensiero tecnico e` un pensiero di secondo ordine, e` un pensiero che spiega perche` quelle apparenze fenomeniche sono nel modo in cui sono. Per fare questo hanno scelto un ambito legale come piano di verifica dove il giudice poneva dei problemi ad un perito e i sociologi paragonavano, area per area, le risposte di un profano, che sarebbe stato il pensiero di primo ordine, le risposte del senso comune, alle risposte di un perito tecnico (ingegnere, legale), tra i quali era compreso il perito psichiatra o psicologo. L'unica categoria nella quale non era possibile fare una differenziazione fra pensiero di primo e secondo ordine erano gli psichiatri e gli psicologi. Infatti le spiegazioni del senso comune non differivano dalle spiegazioni tecniche se non per il livello semantico. Il profano rispondeva alla domanda: "Perche` tizio ha ammazzato la moglie?" nel seguente modo: Eh, non ce la faceva piu` a sopportare la moglie". Lo psicologo o lo psichiatra invece rispondevano: "la frustrazione ha raggiunto un livello tale che l'impulso e` diventato incontrollabile...." In tutti gli altri periti c erano degli ordini di pensiero nettamente diversi, significativamente non correlati, c'era una distinzione netta tra un primo e un secondo ordine, cioe` il primo ordine aveva le apparenze scontate e il secondo ordine le spiegava. Solo gli psichiatri non facevano differenza. GUIDANO inizia a raccontare la barzelletta del topo che e` scritta nella trascrizione della prima lezione di training. 30

Il bello e` che questa era una barzelletta a cui non pensavo piu` da tempo, sono passati 15 anni, e il tempo e` come se si fosse fermato, me la sono ricordata perche` ho visto il mio amico Mahoney, con cui avevo creato questa barzelletta negli ani '80, l'ho visto a Settembre e mi ha raccontato che l'ha chiamato Beck, che passava di li`, a Filadelfia, chiedendogli se poteva commentare, dare un suo parere di fronte agli studenti, ad una seduta di psicoterapia che lui aveva fatto con un paziente. E Mike mi diceva che la situazione da commentare era proprio come quella del signore che credeva di essere un topo. E letteralmente come segue: un paziente va per una seduta di consultazione e gli dice che il suo problema e` di essere basso e Beck, attraverso dialettica, lo convince che ha una altezza normale e il alla fine paziente gli dice proprio questo: "Scusi dottore, ma le persone alte lo sanno che sono normale? Questa sara` una difficolta` tecnica che si manifestera` maggiormente quando faremo le ricostruzioni su di noi, e sara` proprio quella di riuscire a maneggiare questo metodo che, sostanzialmente, e` una conversazione non ordinaria. Quello che cercavo di dirvi, a proposito della Schizofrenia, e` che conoscendo le premesse epistemologiche di come si arriva alla coscienza moderna, e in cosa consiste la coscienza moderna, forse quelli che seguono dei pazienti schizofrenici possono avere uno spiraglio per capirla. Praticamente fino ad oggi ha regnato l'incomprensibilita` piu` totale. Jaspers fece uno degli errori, anche in termini neurologici ed epistemologici, piu grossi. Jaspers fu uno degli allievi di Husserl e come tale ne prese il metodo usando la fenomenologia basata sul metodo introspettivo. Quindi lui considero la coscienza fenomenologica fra il "se`" e il "se`", intrasoggettiva. Jaspers lo prende tout court e lo applica come metodo intersoggettivo, per comprendere la soggettivita` altrui e da qui` e` nato il tema della "incomprensibilita`". Pero`, questo e` un errore grosso, trasformare tout court, senza neanche rendersene conto, un metodo che era "intrasoggettivo" a "intersoggettivo", lasciandolo immodificato: non ci siamo mai piu` ripresi da quell'errore. E per questo che la psicosi, da quel momento, e` rimasta, per definizione, incomprensibile, ma una incomprensibilita` che non disturbava nessuno perche` questa stessa incomprensibilita` era un criterio diagnostico, era logico che fosse incomprensibile. E` stato un equivoco di base. A volte la storia del pensiero scientifico e culturale e` fatta da umani e lo vedete anche nella vicenda di Jaspers, che tra gli allievi di Husserl era uno dei piu` pignoli. Allora c'era anche Heidegger e l'unico campo dove Jaspers poteva primeggiare era appunto la psichiatria. Sull'altro versante non reggeva proprio il confronto, Heidegger lo ha sempre trattato come fosse un povero scemo, neanche gli parlava: stavano insieme, nello stesso villaggio della Selva Nera e c'era un comune conoscente che chiedeva ad Heidegger di rivolgergli la parola perche` Jasper era risentito e lui ribatteva:" ma quello che capisce, e` un povero scemo". E cosi` a Jasper non gli era rimasto che dedicarsi alla psichiatria dove all'epoca non c'era nessuno, non c'era alcuna rivalita`.

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