Scelta della città, della giuria, dell’accusa, dei capi di imputazione, tipo di pena,
unanimità o maggioranza
Necessità di punire chi aveva ideato e attuato l’Olocausto
Segue: seguire il processo
https://www.raicultura.it/storia/accadde-oggi/La-senten
za-del-processo-di-Norimberga-c8cc1a8d-4a6f-48a8-9afa-2
76b36a7002f.html
“For his twenty-five years of speaking, writing, and preaching hatred of the
Jews, Streicher was widely known as ‘Jew- Baiter Number One.’
[…]
In his speeches and articles, week after week, month after month, he infected
the German mind with the virus of anti-Semitism and incited the German people
to active persecution.
[…]
Streicher’s incitement to murder and extermination at the time when Jews in
the East were being killed under the most horrible conditions clearly
constitutes persecution on political and racial grounds in connection with war
crimes as defined by the Charter, and constitutes a crime against humanity.“
Il Genocidio
Origini
obbligo ripreso nel I Protocollo del 1977, che amplia la nozione di infrazioni
gravi (art. 85), prevedendo una responsabilità per omissione (art. 86) e
stabilendo un obbligo di cooperazione tra le Alte parti contraenti che sono
tenute a ricercare e processare gli autori anche in assenza di un titolo di
giurisdizione, con ciò implicitamente affermando il principio della
giurisdizione universale
La punizione degli individui nelle Convenzioni di Ginevra e nel Protocollo è
affidata ai tribunali interni
Crimini di guerra
Crimini che consistono nella violazione grave delle norme internazionali sui
mezzi e sui metodi di combattimento
Crimini che consistono nella violazione delle norme poste a tutela di coloro
che non prendono o non prendono più parte alle attività
Anche la Grand Chambre della Corte europea dei diritti dell’uomo, nella
sentenza del 17 maggio 2010 nel caso Kononov contro Lettonia, ritenendo non
contraria alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo la condanna per
crimini di guerra inflitta dai tribunali lettoni al ricorrente, accusato di aver
ucciso durante la Seconda guerra mondiale, in qualità di soldato dell’armata
sovietica, diversi civili rei di collaborazionismo con i tedeschi, aveva
rimarcato che l’uccisione di una donna incinta costituiva un crimine di guerra
commesso in violazione “of the special protection afforded to women” (par.
218)
Segue
Kononov aveva fatto parte di un commando sovietico che era entrato nel
villaggio di Mazie Bati e aveva ucciso numerosi abitanti accusati di aver
consegnato alcuni partigiani ai tedeschi. Condannato per crimini di guerra si
era rivolto alla Corte europea che, con sentenza del 24 luglio 2008, aveva
ritenuto che la condanna era stata inflitta in violazione dell’art. 7 della
Convenzione europea. La Grand Chambre, al contrario, ha ritenuto
insussistente tale violazione ritenendo che vi fosse una base giuridica
sufficiente per condannare il ricorrente per crimini di guerra anche alla luce
della Convenzione dell’Aja del 1907. Gli abitanti del villaggio, quindi, se
considerati combattenti, avrebbero dovuto godere della protezione concessa
ai prigionieri di guerra, se considerati civili doveva essere loro accordata la
protezione propria dei civili.
Bambini
Nei confronti dell’altra categoria di persone oggetto di particolare protezione, ossia i bambini, i belligeranti non
solo sono tenuti ad astenersi dal compimento di atti offensivi, ma dovranno fornire cure e aiuto. Inoltre, l’art.
77 del I Protocollo pone un divieto sulle Parti in conflitto di reclutare fanciulli di meno di 15 anni e nei casi in cui
esse reclutino persone che hanno più di 15 anni ma meno di 18 è necessario che le parti diano la precedenza a
quelli di maggiore età, con l’obbligo di assicurare una protezione speciale nel caso di fanciulli di età inferiore ai
15 anni che cadono nelle mani della parte avversaria, siano essi prigionieri di guerra o no.
Un’ulteriore protezione è assicurata dall’art. 38 della Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989
che vieta il reclutamento di bambini soldato considerati come coloro che hanno meno di 15 anni, richiedendo
agli Stati l’adozione di ogni misura per vigilare “che le persone che non hanno raggiunto l’età di 15 anni, non
partecipino direttamente alle ostilità”. Tuttavia, poiché l’indicata protezione è apparsa eccessivamente scarsa e
insufficiente anche perché limitata unicamente alla partecipazione diretta è stato poi adottato il Protocollo alla
Convenzione concernente il coinvolgimento dei fanciulli nei conflitti armati del 25 maggio 2000 che però sposta
il limite dell’età minima stabilendo che il divieto di partecipazione e di reclutamento riguarda le persone di età
inferiore ai 18 anni. Analoga soglia di età è stata codificata nella Carta africana sui diritti e il benessere dei
fanciulli adottata nell’ambito dell’Organizzazione dell’Unità Africana l’11 luglio 1990 il cui art. 22 vieta la
partecipazione diretta dei fanciulli alle ostilità e il loro reclutamento.
La. Camera di appello del Tribunale per la Sierra Leone, nella decisione del 31 maggio 2004, Prosecutor v. Sam
Hinga Norman, sulla mozione preliminare relativa alla mancanza di giurisdizione del Tribunale, in relazione al
crimine del reclutamento dei bambini soldato, ha respinto l’istanza ritenendo che la proibizione del
reclutamento dei bambini ha carattere consuetudinario e si estende anche a fatti avvenuti prima del 1996 (SCSL-
2004-14-AR72(E), reperibile nel sito http://www.sc-sl.org/).
Giornalisti
Il I Protocollo dedica poi un’ampia e rafforzata protezione ai giornalisti: l’articolo 79, intitolato «Misure di
protezione dei giornalisti» e riprodotto in numerosi manuali militari, stabilisce che «i giornalisti che svolgono
missioni professionali pericolose nelle zone di conflitto armato saranno considerati come persone civili ai sensi
dell’articolo 50, paragrafo 1» e, quindi, non potranno essere oggetto di attacchi diretti o di attacchi indiscriminati.
Nella protezione accordata nel Protocollo rientra anche il personale associato che supporta l’attività dei giornalisti,
come ribadito nella risoluzione 1738/2006 del 23 dicembre 2006 del Consiglio di sicurezza che espressamente
richiede un’adeguata protezione per i giornalisti, per i «media professionals» e per «associated personnel»,
sottolineando, nel Preambolo, la profonda preoccupazione per la frequenza «of acts of violence in many parts of
the world against journalists, media professionals and associated personnel in armed conflict, in particular
deliberate attacks in violation of international humanitarian law».
La protezione accordata grazie all’articolo 79 è, però, attribuita solo a patto che i giornalisti «si astengano da
qualsiasi azione che pregiudichi il loro status di persone civili, e senza pregiudizio del diritto dei corrispondenti di
guerra accreditati presso le forze armate, di beneficiare dello status previsto dall’articolo 4 A. 4) della III
Convenzione».
In relazione alla qualificazione delle azioni che possono pregiudicare la protezione accordata ai reporter, si è posta
la questione se l’attività di propaganda possa far perdere tale status. Nel citato rapporto dell’8 giugno 2000 stilato
dal Comitato istituito dalla Procura del Tribunale penale internazionale per i crimini commessi nell’ex Iugoslavia
con il compito di indagare sul comportamento delle forze Nato in Kosovo, in relazione al bombarmento della sede
della radio televisione a Belgrado, il Comitato ha sostenuto che «disrupting government propaganda may help to
undermine the morale of the population and the armed forces, but justifying an attack on a civilian facility on such
grounds alone may not meet the “effective contribution to military action” and “definite military advantage”
criteria by the required Additional Protocols».
Nei casi in cui i giornalisti compiano attività di incitamento alla commissione di
crimini, invece, sussiste una partecipazione alle ostilità che fa perdere la speciale
protezione.
Occorre poi ricordare che l’incitamento all’odio e alla commissione di crimini
contro l’umanità o al genocidio comporta una responsabilità individuale degli
autori. Si ricordi, a tale proposito, il caso della Radio télévision libre des milles
collines. Con due sentenze pronunciate dalla Camera di primo grado e da quella di
appello rispettivamente il 3 dicembre 2003 e il 28 novembre 2007 (ICTR-99-52), il
Tribunale penale internazionale per i crimini commessi in Ruanda ha condannato i
due fondatori della radio, Nahimana e Barayagwiza, e un giornalista, Ngeze,
direttore del quotidiano Kangura, per aver trasmesso messaggi di odio e di
incitamento al genocidio e alla violenza nei confronti del gruppo etnico dei tutsi e
degli hutu moderati. Le pronunce sono reperibili nel sito http://www.unictr.org.
Segue: patrimonio culturale
Il diritto umanitario tutela, in via generale, tutti i beni, mobili e
immobili, necessari al sostentamento, all’assistenza sanitaria e allo
sviluppo della popolazione civile in caso di guerra.
Il patrimonio culturale costituisce una categoria distinta ma comunque
sottoposta a tutela internazionale, anche in caso di conflitto.
Regolamento allegato alla IV Convenzione dell’Aja relativa alle
leggi e agli usi della guerra terrestre del 18 ottobre 1907, all’Art. 27
si era previsto che «negli assedi e bombardamenti debbono essere
adottate tutte le misure necessarie per risparmiare, per quanto
possibile, gli edifici consacrati al culto, alle arti, alle scienze e alla
beneficenza, i monumenti storici, gli ospedali e i luoghi di raccolta di
malati e feriti, a condizione che essi non siano utilizzati nel contempo
per scopi militari».
Segue
Trasferimento per scontare la pena nel Regno Unito (29 agosto 2018)
Articolo 79: Fondo di garanzia per le vittime
1. È istituito, con decisione dell'Assemblea degli
Stati Parte, un Fondo a beneficio delle vittime dei
reati di competenza della Corte e delle loro
famiglie.
2. La Corte può ordinare che il ricavato delle
ammende e dei beni confiscati sia versato Fondo.
3. Il Fondo è gestito in conformità ai criteri stabiliti
dall'Assemblea degli Stati Parte.
Crimini contro l’umanità