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numero 41 anno III - 23 novembre 2011

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L.B.G. MILANO E LO STRUZZIONISMO DELLOPPOSIZIONE Guido Martinotti AL GOVERNO LA BORGHESIA RITROVATA Diego Corrado LA SAGA BPM O LA LENTA FINE DELLE POPOLARI Valentino Ballabio DOMENICHE A PIEDI: BASTA LA PRIMA CINTURA? Stefania Boleso IL MARKETING DELLE AZIENDE E LA COSA PUBBLICA: UN BINOMIO POSSIBILE? Elena Grandi GIARDINI CONDIVISI E ORTI URBANI: LA TERRA AI MILANESI Jacopo Gardella CONTINUA - DIALOGO SULLA DARSENA E SUI NAVIGLI FRA UN URBANISTA (B) E UN ARCHITETTO (A) Giovanni Agnesi DONI 1 OFFRI 12: IL VOLONTARIATO VALE COME LORO Luciano Balbo UNA BANCA ETICA O SEMPLICEMENTE ... UNA BANCA? Maurizio Spada LA CITT BELLA: SALVARSI IN TEMPO

VIDEO A. PROFUMO: IL CARDINAL BERTONE E ALTRO ANCORA COLONNA SONORA Adele canta Crazy for you Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia www.arcipelagomilano.org

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MILANO E LO STRUZZIONISMO DELLOPPOSIZIONE Luca Beltrami Gadola


Struzzionismo non un refuso di ostruzionismo ma un neologismo che mi va di inventare: tutti inventano, magari italianizzando parole inglesi come capita capita, soprattutto nel web. una moda anzi una mania. Parliamo subito un momento dellostruzionismo, quello che lopposizione ha messo in atto la settimana scorsa costringendo sindaco, Giunta e consiglieri a stare in aula 27 ore filate sulla vicenda della vendita Sea-Serravalle. Avrei anche io da dire la mia su queste vendite ma ve la risparmio e soprattutto cos nessuno mi potr accusare di statalismo per quel che direi. Il ricorso allostruzionismo vecchio come il regime parlamentare e forse di pi ma non lo sappiamo, le antiche cronache non ce ne parlano. parente stretto del Conclave, istituito per lelezione del Papa: per qualche conclave laico alle volte non ci starebbe male. Quanto allostruzionismo son due le ragioni per ricorrervi: avere visibilit sui media e dunque verso lopinione pubblica oppure far saltare un provvedimento non lasciandolo prendere entro i termini stabiliti per legge. Quel che successo a Milano, oltre a essere il tentativo di far emergere contraddizioni nella maggioranza, riguarda le due ragioni insieme perch questa minoranza ha il cuore gonfio di amarezza per essere stata allontanata dal potere - evento normale - e tutto farebbe pur di tornarvi e con qualunque mezzo, dimenticando che lattuale maggioranza ma soprattutto il sindaco sono stati eletti dal popolo, proprio quel popolo che Berlusconi non trascura mai di evocare contro i suoi oppositori per zittirli, popolo al quale Giuliano Pisapia non sente il bisogno di appellarsi ogni due per tre, probabilmente proprio per rispetto della minoranza e dei valori della democrazia parlamentare. Ma veniamo allo struzzionismo. il filo conduttore di tutto il dibattito dellopposizione che continua a mettere la testa sotto la sabbia per non guardare in faccia la realt, quella passata, quella presente e quella futura. Il passato, soprattutto quello dei numeri e della contabilit, difficile da negare e sono solo stupito della poca enfasi con la quale si parli dei buchi lasciati nel bilancio e delle manovre contabili sottostanti: lo attribuisco allagentilezza del potere di Giuliano Pisapia che non vuole smentire se stesso. Fosse per me, avrei gi fatto un librettino bianco, come quelli ai quali ci aveva abituato donna Letizia, spedito alle famiglie per spiegare loro perch non ci sono i soldi per la carta igienica nelle scuole e via elencando. Quanto al presente, invece di girarci intorno lopposizione farebbe meglio a dire in quattro parole, se bastano, come avrebbe tappato i buchi per evitare il rischio di commissariamento. Forse contava su un governo amico. Come sarebbe andata con Mario Monti Presidente del Consiglio? Fuori la testa dalla sabbia! Abbia il coraggio di guardare in faccia la realt. Quanto, infine, al futuro, gli affetti da ostruzionismo non stanno solo allopposizione. Anche nella maggioranza c qualcuno che non ha capito che il mondo cambiato, che i sottili distinguo su problemi marginali alla gente interessano affatto, semprecch avessero interessato qualcuno in passato. Ma soprattutto il momento che le forze politiche prendano atto ora per allora, e per allora intendiamo una qualunque delle prossime scadenze elettorali, che nessuno pi disposto a far caso a problemi di alleanze magari geograficamente variabili o a complessi meccanismi di rinnovo di classe dirigente attraverso nuove architetture istituzionale. Nessuno vuol sapere chi comanda in cucina: il piatto che viene in tavola a contare. Per il momento dobbiamo accontentarci di un regime a pane e acqua, anche fuor di metafora, ringraziando chi sappiamo: la cucina italiana del passato. Il futuro in grembo a Giove.

AL GOVERNO LA BORGHESIA RITROVATA Guido Martinotti


Il governo Monti, ma soprattutto la sua rappresentazione mediatica, si sono rivelati pieni di sorprese e agiscono da cartina tornasole per molte idee acquisite. Solo un mese fa (il 20 ottobre 2011) Il Corriere titolava deciso La borghesia arrivata al capolinea, commentando il libro di Giuseppe De Rita che riproponeva un vecchio topos del sociologismo italico. Sulla copertina del libro, Leclissi della borghesia (2011), campeggia lusuale poltrona ministeriale vuota, che in Italia significa mancanza di potere. Ora quella poltrona stata riempita abbondantemente proprio da quella borghesia (di cui i tanto vituperati baroni sono consistente parte, cos come lo sono del governo) data tanto spicciamente per morta. Nel caso dei milanesi, e pi in generale i lombardi, questa borghesia ha fornito, in rapida successione, personale a due opposti schieramenti: mica roba da poco. Se poi si dava retta alle prime notizie di stampa, che lo stesso Monti ha dovuto smentire, poco poco si sarebbe potuto tenere un Senato accademico della Bocconi a Palazzo Chigi. Quelli che ora siedono sugli scranni del governo, per molti milanesi sono persone che si conoscono, che si vedono alle prime della Scala, come ha fatto notare con orgoglio Marco Garzonio su Il Corriere, in altri eventi pubblici o in normali cene da amici. La sera del 16 novembre la padrona di casa mi ha fatto notare, con legittima soddisfazione, che i due posti vuoti erano Monti e Passera. Ma a fianco di questa borghesia dei cosiddetti salotti buoni ( un luogo comune ma serve per capirci) con un suo stile inconfondibile, esiste anche la borghesia pi ostentatrice del berlusconismo, e persino una borghesia leghista. Non facciamoci incantare dal cinema delle pernacchie e delle salamelle, la Lega ha una base solida di imprenditori, professionisti e amministratori. Non borghesia? Dubiterei molto della sostenibilit scientifica di una esclusione di tal genere. Lerrore sta nello scambiare concetti analitici escogitati per capire e ordinare la complessit dei fatti sociali

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con essenze reali: i tipi ideali, direbbe Weber, con i tipi naturali. Ovviamente essendo le singole borghesie locali il frutto della specifica storicit, sono, in Italia come altrove una formazione sociale multiforme che comprende molti tipi concreti specifici, dalla borghesia imprenditoriale pura, a quella di Stato, come Berlusconi, alla borghesia funzionariale a quella delle arti e cos via. Lidea che lItalia non abbia una borghesia un topos che viene periodicamente ventilato da sociologi accademici come Franco Ferraresi (Un paese senza lites, 1996) o da professionisti del sociologismo come De Rita che la lanci gi nel 1997. Ora, che in Italia non ci sia la borghesia dei Lloyds o quella dellENA, una ovviet che non mette neppure conto di ribadire, ma spingere lhype retorica al punto da sostenere che nel nostro paese non esista una borghesia un giochetto che andr bene per attirare linteresse dei media, ma non contribuisce affatto al buon ordine del discorso e alla comprensione della societ italiana che ha una borghesia, multiforme come nel resto del mondo, ma molto ben identificabile. Basta andare alle prime della Scala, come abbiamo gi detto per Milano, o a eventi sociali comparabili per le altre citt o nella Capitale, oppure fare un rapido passaggio nei luoghi deputati come Cortina, Capalbio,

Portofino o Porto Rotondo e di recente, anche in qualche campo da golf o resort specializzato. Va da se che come tutte le categorie sociologiche anche quella di borghesia ha confini incerti e cangianti cosa che si presta ai soliti dibattiti nominalistici, croce e delizia del mondo mediatico italiano. E ovvio che ci sono molte accezioni del termine borghese originato nel medioevo urbano per definire con lappellativo di burghenses o poortmanni le nuove classi mercantili che abitavano appunto i sobborghi delle citt medievali, non il burg o fortezza i cui abitanti si chiamavano castellani. Poi da questa rudimentale proto-borghesia mercantile si svilupp quella che la borghesia moderna, un corpo multiforme e variabile, ma unificato dalla caratteristica unica di essere la classe dominante tipica di sistemi capitalistici, inclusi i sistemi capitalisti di stato. Borghesia e capitale sono termini necessari e sufficienti per il concetto. Ma, chiss perch, nella cultura italiana si radicato il topos della mancanza di una borghesia, che piace molto ai mass media. Questanno lanciamo il tema della morte della borghesia. Dai, bravo!. E patatrac due settimane dopo la borghesia in massa si ripresenta a occupare tutti gli scranni ministeriali disponibili. Non solo, ma appe-

na tolto il tendone da circo dei fondali azzurrini, le caratteristiche precipuamente borghesi di questo governo hanno subito fatto presa sulla maggioranza della popolazione. Non c stato bisogno di spiegare a nessuno come era fatto il presunto estinto. Se poi guardiamo ai fatti storici la borghesia italiana ha dimostrato una piuttosto rimarchevole capacit di durare, di sopravvivere e di adattarsi anche a cambiamenti molto profondi, guerre, dittature, rivoluzioni. Molto del capitale di famiglia italiano ormai l da pi generazioni: poi, ogni tanto, salta fuori qualche uomo nuovo come Berlusconi, ma assai pi leccezione che non la regola. Del resto il principale meccanismo di mobilit sociale, cio listruzione superiore, in Italia da anni bloccato ai livelli pi bassi di mobilit e pi elevati di riproduzione sociale. Dalluniversit escono in pochissimi e tutte le volte che si cercato di ampliare questo ambito le reazioni della borghesia, dirette o indirette tramite i suoi intellettuali, sono state violente. Allora c o non c questa borghesia? Decida il lettore, ma forse qualche cautela nelle dichiarazioni di morte sarebbe raccomandabile, per evitare il rischio di trovarsi poi, come commensale, il presunto cadavere.

LA SAGA BPM O LA LENTA FINE DELLE POPOLARI Diego Corrado


Cera una volta una grande banca popolare fortemente radicata nel territorio pi ricco e dinamico del paese Potrebbe essere questo lincipit scelto da chi tra qualche anno vorr raccontare le vicende che negli ultimi anni hanno riguardato la Banca Popolare di Milano, e non perch pensiamo che questa sia destinata a scomparire, ma perch le sue ultime vicissitudini (e non intendiamo riferirci alle inchieste penali in corso, che pure hanno messo in luce un deficit di controllo e trasparenza sui vertici aziendali in alcune operazioni chiave degli ultimi anni) paiono indicare che difficilmente essa potr mantenere a lungo le caratteristiche che lhanno cos fortemente connotata dal 1865, anno della sua fondazione. Queste sono note: una struttura fortemente ed effettivamente cooperativa, con una importante concentrazione di poteri nelle componenti organizzate dei soci dipendenti ed ex dipendenti, favorita dal voto strettamente capitario; una altrettanto forte centralit del territorio di riferimento nella scelta di allocazione dei fondi raccolti tra la clientela. Questi due capisaldi sono stati messi progressivamente in crisi dalla crescente concentrazione del settore bancario, ormai caratterizzato anche in Italia da pochi player di rilievo nazionale, quando non europeo, e dalla regolamentazione sovranazionale (leggi UE e Basilea) che impone a tutte le banche le medesime regole e i medesimi ratios patrimoniali, indipendentemente dalla estensione della rete e dalla tipologia prevalente di business svolto; sotto questultimo profilo pare anzi che solo la ferma resistenza del valtellinese Tremonti (conterraneo dei due colossi del settore Creval e Popolare di Sondrio) abbia evitato che Bruxelles negli ultimi anni assumesse decisioni irreversibili in materia. Aggiungiamo infine che linfluenza dei sindacati, che coagulano attorno a s le componenti organizzate dei soci-dipendenti, non sempre ha spinto (per usare un eufemismo) in direzione di efficienza e solidit gestionale, come ha riconosciuto da ultimo Raffaele Bonanni. Intervenendo con una lettera al Corriere proprio nella campagna elettorale di BPM per chiedere un passo indietro alle sigle egemoni nellazionariato della banca, il leader Cisl ha affermato condivisibilmente che la realizzazione di una democrazia economica pi avanzata, che un valore in s, resta ovviamente lobbiettivo di un grande sindacato, ma che deve essere perseguita senza risolversi in detrimento per la creazione di valore nel lungo periodo, come invece evidenziava a fine ottobre unimpietosa indagine del Sole 24 Ore. Erano del resto le medesime considerazioni cui era pervenuta da tem-

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www.arcipelagomilano.org rinunci a spingere per unevoluzione che nel medio periodo gli consenta di far pesare il proprio investimento (che cresciuto sino al 10% del capitale, e ha fatto nelle ultime settimane da polo aggregante per lingresso di altre famiglie storiche del capitalismo milanese) con strumenti pi incisivi di quanto sia possibile nella situazione attuale, in cui il suo voto vale quanto quello di qualsiasi altro socio. Del resto, il fatto che il titolo tratti al 30% del patrimonio netto spiega le dinamiche in corso meglio di qualsiasi altra cosa. Se in questa fase prematuro esprimere giudizi netti, appare per chiaro che nulla sar pi come prima.

po Bankitalia, imponendo una drastica revisione dello statuto, con il passaggio a un modello di gestione duale piuttosto estremo, che prevede non solo una radicale separazione tra propriet e gestione, ma altres la totale discontinuit con il passato, vietando la nomina in consiglio di gestione di esponenti che avessero ricoperto analoghe posizioni in passato. Sarebbe per ingeneroso attribuire oggi a sole lacune di governance di BPM le ragioni di una redditivit inferiore a quella dei grandi gruppi di banche commerciali, che invece comune a tutte le popolari; il loro modello di business (pi sbilanciato sulla componente retail, con minori

commissioni da trading e investment banking, con costi di personale e di struttura pi alti) a renderle in questa congiuntura meno competitive e a far prevedere una fase di consolidamento del settore nel medio periodo. Poco importa oggi che delle due contrapposte cordate, guidate luna dal duo Annunziata-Bonomi, laltra da Messori-Arpe, abbia prevalso la prima, pi continuista. Quello che infatti balzava agli occhi era piuttosto lanalogia della loro composizione, giacch ciascuna delle due prevedeva lingresso di un socio di capitale. Oggi che Bonomi siede nel consiglio di gestione di BPM appare francamente ingenuo pensare che

DOMENICHE A PIEDI: BASTA LA PRIMA CINTURA? Valentino Ballabio


Sarebbe ora di smacchiare il leopardo, ragazzi? La domanda va assolutamente presa sul serio se si guarda la mappa dei comuni che, accanto al capoluogo, hanno deciso di fermare i motori il 20 novembre. A prescindere dalle annose discussioni sulla relativa utilit o inutilit, esemplarit o rappresaglia ai fini della riduzione dellinquinamento atmosferico, stupisce la eterna improvvisazione (chiedo scusa per lossimoro) con la quale la pletora di comuni e comunelli, province e provincine affronta ogni qualvolta la questione. Lunica omogeneit in materia fornita da madre natura che con saggia equanimit (secondo il principio dei vasi comunicanti) distribuisce polveri sottili e ben miscelati inquinanti su almeno tutta larea metropolitana. Il fenomeno ben visibile anche agli scettici verso la sempre rinviata istituzione metropolitana, spesso col pretesto che difficile stabilirne i confini, qualora volessero infilare gli scarponi e salire sulla vetta della Grignetta o del Resegone in una di quelle placide giornate padane senza vento e senza pioggia. Osserverebbe chiaramente, sotto il ciel di Lombardia che tanto bello quando bello, una densa e uniforme chiazza marrognola, pi simile alla ispida pelliccia dellorso che a quella maculata offerta dalla carta geografica politica di cui sopra. I confini di una possibile citt metropolitana risultano disegnati direttamente sul terreno! Tornando alle domeniche a piedi invece diversi comuni, a dispetto del buon senso posto che pi probabile usare lauto per medie e lunghe distanze piuttosto che per spostamenti domestici, giocano al bastiancontrario trasferendo il legittimo principio di autonomia in un contesto di anarchia e anomia. Le province, assolto se del caso il rito del tavolo, si ritirano nel silenzio dimostrando se ancora ce ne fosse bisogno la propria inadeguatezza e inutilit. Quella di Monza-Brianza in particolare non vede e non sente, questa volta con il tacito assenso unanime dei comuni, come se linquinamento si fermasse miracolosamente alle soglie di Brugherio e di Nova Milanese. Milano inoltre, al di l della meritoria iniziativa di rendere periodiche e prevedibili le fermate, a sua volta invece di aggredire le fonti della congestione oltre lanello delle tangenziali, regredisce dentro i bastioni spagnoli riattivando gabelle di manzoniana memoria. Potr mai essere che questo disordine istituzionale e funzionale possa essere archiviato insieme al ciarpame della seconda repubblica, portatore di diseconomie, disfunzioni e costi della politica? Tenuto conto che in gioco non sono solo le domeniche a spasso ma fondamentali politiche attinenti il governo del territorio, il sistema della mobilit, le essenziali risorse ambientali, ossia le funzioni che richiedono una visione dinsieme e interventi integrati, lasciando ovviamente al livello comunale le attivit di dettaglio e le materie riguardanti i servizi alla persona. Si potrebbe allora scoprire che per decongestionare Milano sarebbe forse pi economico prolungare le linee del metr in superficie verso lesterno piuttosto che moltiplicarle in sotterranea allinterno, pi utile dotare le stazioni ferroviarie extra-urbane di parcheggi di corrispondenza che attirare traffico perforando il centro, e cos via. Smacchiare il leopardo non facile, come non facile uscire dalla crisi attuale. Per Milano (e finalmente anche Roma?!) potrebbe provare a manovrare con pi energia spazzola e sapone.

IL MARKETING DELLE AZIENDE E LA COSA PUBBLICA: UN BINOMIO POSSIBILE? Stefania Boleso


La crisi c (ora lo sappiamo proprio tutti), le risorse scarseggiano e i servizi pubblici sono i primi a risentirne. Dobbiamo partire da questo dato, aguzzare lingegno ed essere creativi. In occasione dellincontro tra lamministrazione comunale e le associazioni femminili del 28 settembre, in uno degli interventi si chiesto al Comune di mettere a disposizione delle donne uno spazio dove poter lasciare i loro figli in occasioni di incontri pubblici, per incentivare la partecipazione femminile. Premessa: credo che i figli non siano un fardello esclusivo delle madri, piuttosto sono a favore di

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una responsabilit condivisa nella gestione da parte di madri e padri. Questo interessante suggerimento si scontrato immancabilmente con lantico muro: bella idea, ma non ci sono soldi. Da professionista del marketing, il mio pensiero per cercare di abbattere il muro stato piuttosto semplice, e forse anche poco originale: far finanziare o realizzare ad aziende private servizi destinati ad agevolare categorie che, per svariati motivi, hanno difficolt a partecipare alla cosa pubblica. Sto parlando per esempio del servizio di baby parking per genitori che vogliono partecipare a incontri pubblici, ma anche a un servizio di traduzione simultanea destinato agli incontri con cittadini stranieri residenti a Milano, al trasporto per anziani o disabili, e altro ancora. Si tratta di sdoganare e istituzionalizzare su larga scala ci che nel piccolo succede gi: gran parte dei fogli da disegno nella classe di mia figlia alla scuola dellinfanzia, per esempio, sono gentilmente messi a disposizione da una banca, tramite un genitore. E non credo sia un caso isolato. I vantaggi per il Comune

(e quindi per noi cittadini) sono evidenti: facilitare e quindi incentivare la cosiddetta cittadinanza attiva; realizzare lidea di una citt sempre pi attenta alle esigenze dei suoi abitanti. Ci sono molte aziende che sicuramente sarebbero disposte a destinare parte del loro budget di marketing a iniziative del genere, con costi irrisori rispetto ai loro investimenti complessivi annui. I vantaggi per loro? Innanzitutto poter sfruttare la partnership nella comunicazione interna ed esterna, verso i consumatori, i media, gli azionisti e stakeholder in generale. Attenzione, non sto parlando di ritrovarsi la Kalashnikov (o la Beretta) come sponsor a un incontro sulla pace, come ha provocatoriamente ipotizzato unamica. E un lavoro che va pianificato nel dettaglio e non pu essere lasciato al caso. Occorre selezionare con criterio le aziende con cui collaborare, mettendo dei paletti molto rigidi nel momento della selezione, scegliendo dei partner istituzionali adatti al contesto e alla situazione: il servizio di baby parking in occasio-

ne degli incontri con le associazioni femminili potrebbe essere organizzato da Chicco o Pampers ma anche da Banca Intesa o Vodafone, realt attente ai temi legati al diversity management e alla leadership al femminile. Secondo me bisognerebbe provare. Piccole cose all'inizio, cos da aggiustare il tiro e correggere eventuali errori, ma varrebbe la pena farlo. Non so se si tratti esclusivamente di un problema organizzativo, oppure se fino ad ora lamministrazione comunale abbia avuto paura di sporcarsi. Ma siamo sicuri che fare entrate il privato nelle cosa pubblica abbia davvero solo unaccezione negativa? Di fronte allalternativa di non fare nulla, forse giunto il momento di provare a sperimentare questa commistione tra pubblico e privato cercando una collaborazione proficua e soddisfacente per entrambi (e a costo zero per il Comune, se posso aggiungere). Anche questo sarebbe un gesto sicuramente alla avanguardia. Se non a Milano, dove?

GIARDINI CONDIVISI E ORTI URBANI: LA TERRA AI MILANESI Elena Grandi


Se vero, come cantava Giorgio Gaber, che la libert partecipazione, Milano in questo periodo, in barba alla crisi politica ed economica che sta strangolando lItalia e lEuropa, appare come un fulgido esempio di citt libera. I comitati cittadini, quegli stessi che hanno decretato il successo del sindaco Pisapia, sono pi attivi che mai e organizzano incontri e dibattiti; le associazioni promuovono progetti e idee; i singoli scrivono ai giornali e alle istituzioni, commentano le scelte dellamministrazione, propongono alternative, chiedono di decidere e di essere consultati; le sedute dei Consigli di Zona sono spesso affollate di gente desiderosa di ascoltare e di intervenire; gli Assessori sono sommersi di proposte. I milanesi, insomma, vogliono contribuire attivamente al rinnovamento della loro citt e per farlo sono disposti a profondere sforzi e impegno. In linea con questa tendenza, vi sono le numerose associazioni che si curano di verde, di orticultura urbana, di botanica, di floricultura. Sono associazioni molto attive (a volte, ma non sempre, sostenute dalla amministrazione, comunque determinate a non lasciarsi scoraggiare dalla mancanza di fondi o di riconoscimenti pubblici), che da anni lavorano con le scuole, con gli ospedali, con le onlus che si occupano di disagio psichico o sociale: lavorare la terra, raccoglierne i frutti, coltivare fiori e ortaggi, sono attivit terapeutiche, oltre che educative. Gli orti urbani, i giardini condivisi, i laboratori temporanei nelle aree verdi pubbliche sono gi una realt in citt; la richiesta di giardini comuni (collettivi, partecipati, adottati: come li si voglia chiamare, il contenuto non cambia) che si fa di giorno in giorno pi forte, il segno di una reale esigenza dei milanesi di occuparsi personalmente del loro verde. Inoltre, tale richiesta si rivolge spesso a quelle aree poco utilizzate, degradate o che, per una ragione o per laltra, sono al momento inagibili. Gli oltre trecento bambini che, accompagnati dai loro genitori, pochi giorni fa hanno partecipato a uniniziativa di floricultura urbana in un piccolo e nascosto giardino del centro storico, hanno dato prova di quanto sia forte e sentito il desiderio di molti di prendersi direttamente cura del verde. In citt vi sono quindi molti segnali che non devono essere sottovalutati: un comune virtuoso deve far tesoro di queste opportunit, che non solo promuovono concetti fondamentali come quello della cultura del verde e della sua valorizzazione, ma consentono alla stessa amministrazione comunale di affidare ad altri la cura di alcuni suoi spazi, risparmiando risorse che potranno essere destinate ad altri scopi. A fronte di queste considerazioni, auspicabile che questo fenomeno spontaneo venga al pi presto codificato e regolamentato. LAmministrazione deve impegnarsi a sostenere un progetto che metta in rete tutti soggetti che abbiano in comune attivit di cura, di mantenimento di valorizzazione del verde pubblico; deve dotarsi di uno statuto che indichi norme, diritti, doveri a fronte di progetti preventivamente approvati; deve infine istituire unentit che si faccia carico del controllo e della messa in pratica dei progetti che le saranno via via presentati. I Consigli di Zona potranno fare da tramite tra le associazioni, i comitati di cittadini, quelli di quartiere e il Comune, procedere a una mappatura delle aree che possono essere affidate in cura, segnalarle alle associazioni, tenere

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sotto controllo il procedere dei lavori. Se il Comune dar avvio a un progetto del genere, lo far facendo tesoro dellesperienza di chi gi lo ha messo in atto con successo. E il caso della Francia (ma lo stesso vale per la Gran Bretagna, la Germania, e per molti altri paesi europei) dove il sistema dei Jardins Partags si affermato da tempo e riscuote unanimi consensi e grande partecipazione tra i cittadini. Lo statuto di cui il Comune di Parigi si dotato semplice e potr essere facilmente adottato anche da noi: il Comune ha l creato e mantiene una rete, la Main Verte, a cui fanno riferimento coloro che vogliono prendersi cura di uno spazio pubbli-

co verde. Dopo avere verificato che il progetto presentato dai richiedenti sia compatibile con i criteri adottati, viene firmata una convenzione tra Comune e associazione / scuola / comitato di cittadini, per la quale il primo si impegna a fornire il luogo prescelto di una recinzione e di un punto derogazione dellacqua, i secondi a rispettare alcune regole per un tempo prestabilito, fissato di volta in volta (apertura al pubblico, impegno per un certo periodo alla cura del verde, con leccezione dei lavori di potatura e di abbattimento di alberi, disponibilit a concedere lo spazio per conferenze, manifestazioni, corsi di giardinaggio, ecc.). Le aree, che potranno essere diverse tra loro per dimensione e per col-

locazione (aiuole, piccoli parchi interclusi tra le case, aree dismesse, zone allinterno di grandi giardini, centrali, periferiche), diverranno oggetto di progetti differenti: semplici aree verdi, orti urbani, luoghi dove apprendere buone pratiche di rispetto per lambiente, dove mettere in valore lesperienza degli anziani, promuovere leducazione dei bambini o il recupero di categorie deboli. Il Comune di Milano potr dunque ispirarsi con grande vantaggio al modello parigino, che appare non solo in sintonia con lo spirito di partecipazione che contraddistingue la nuova amministrazione, ma anche in linea con i temi dellExpo: gli orti urbani, lalimentazione naturale, i prodotti a Km 0.

DIALOGO SULLA DARSENA E SUI NAVIGLI FRA UN URBANISTA (B) E UN ARCHITETTO (A) Jacopo Gardella II parte
B Riprendiamo la nostra conversazione, interrotta la scorsa settimana. Oggi ti illustro il delicato impianto idrico che regolava il sistema dei cinque Navigli milanesi: di loro ti far un elenco completo pi avanti. Per i due Navigli principali esterni alla citt, Naviglio Grande e Naviglio della Martesana, e per la Cerchia interna, esiste un attentissimo studio e una pratica secolare, entrambi impegnati a controllare i movimenti di afflusso e di deflusso delle acque. Inizio a parlarti del padre di tutti i Navigli, il Naviglio Grande, che corre a ovest di Milano, alimentato dalle acque del Ticino. Il Naviglio Grande arriva in Darsena dopo un percorso di circa cinquanta chilometri. Lacqua, che scorre per pendenza naturale e senza bisogno di chiuse, arriva indisturbata fino alla periferia di Milano. Questo il motivo per cui essa non viene prelevata nel tratto di fiume vicino alla cittadina di Abbiategrasso, ma viene catturata molto pi a monte, dove la quota del fiume sufficientemente alta da superare il dislivello necessario ad arrivare fino in citt. Come vedi, gi nel Medioevo si aveva una conoscenza idro-geologica perfetta ed esattissima. Alla periferia di Milano lacqua non arrivava nella stessa Darsena che vediamo oggi, ma in un piccolo bacino, detto laghetto di San Eustorgio, sufficientemente largo da consentire lattracco dei barconi. Il laghetto di S. Eustorgio si trovava circa dove oggi si trovano i due caselli ai lati dellarco di Porta Ticinese, a pochi passi dalla chiesa gotica di S. Eustorgio. Dal laghetto lacqua si immetteva nella vicina roggia della Vettabbia, proveniente dalla Cerchia dei Navigli interni; oggi, coperta e non visibile, essa corre sotto le attuali via Vettabbia e via Calatafimi; e affiora di nuovo in superficie, alla periferia di Milano, a sud della attuale Centrale del Latte, per poi immettersi nelle acque del fiume Lambro, alla altezza di Melegnano. A Mi hai parlato del laghetto di S. Eustorgio, alimentato dal Naviglio Grande. Oggi del laghetto non vi pi traccia: fin quando lo si poteva vedere? B Fino alla costruzione della Darsena, completata nei primi anni del seicento, quando il laghetto venne inglobato nel nuovo pi ampio bacino. La Darsena, come in precedenza il laghetto di SantEustorgio, ha continuato a scaricare le sue acque nella Vettabbia fino allinizio dellottocento. A Perch dici fino allinizio dellottocento? B Perch a quella data, dopo secoli di vani tentativi, e precisamente nellanno 1819, viene finalmente inaugurato il Naviglio di Pavia. Da allora le acque della Darsena cessano di scaricarsi nella Vettabbia e cominciano a defluire lungo il Naviglio di Pavia, fino a raggiungere il Ticino a sud di questa citt. Si chiude cos puntualmente il ciclo della navigazione: le imbarcazioni partite dal Ticino alla altezza di Turbigo (non lontano dallaeroporto della Malpensa) rientrano nel Ticino presso la citt di Pavia. Cos, con la costruzione del Naviglio di Pavia si perfeziona e completa la circolarit dellintero sistema di canali artificiali. A Quindi fino a due secoli fa il Naviglio di Pavia non esisteva. B Rispetto al Naviglio Grande di Abbiategrasso il Naviglio di Pavia molto pi recente. Mentre il primo risale al Medioevo, e viene scavato durante la Signoria dei Visconti, al contrario il Naviglio di Pavia, pur essendo iniziato anchesso sotto la Signoria dei Visconti, viene realizzato solo a tratti e resta inconcluso per parecchi secoli, fino a quando, allinizio dellottocento, durante la dominazione austriaca, viene interamente aperto e inaugurato. Tra il Naviglio Grande e il Naviglio di Pavia corrono quasi cinquecento anni. A Avrei ancora una domanda da farti: come si risolvono i punti di intersezione tra un fiume naturale e un canale artificiale? Il canale o Naviglio della Martesana, arrivando a Milano da est, incrocia, alla periferia della citt, il fiume Lambro, che scende da Nord. B Nei punti di intersezione si verificano due possibili eventualit. Se le acque del canale corrono a una quota pi alta di quella del fiume, esse sovrappassano questultimo scorrendo in un acquedotto sospeso su pilastri. E il caso della Martesana che incrocia e scavalca il Lambro. Se le acque del canale si trovano alla stessa quota del fiume,

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esse passano sotto lalveo, infilandosi in un tubo sotterraneo, che si immerge presso una sponda ed emerge dallaltra. Questo il motivo per cui il canale viene definito intubato, oppure intombato; derivazione dalla parola tombon che significa un grande arco sotto cui passa lacqua. A Torniamo ai Navigli. Ci siamo chiariti le loro date di nascita; non abbiamo ancora parlato della Darsena: quando stata costruita? B Se guardi la sua insolita forma capisci quando stata costruita. A Mi sembra un indovinello troppo difficile. B Vedi quanto curiosa la forma, simile a quella di una grande banana. A Gi, ma questo che cosa significa. B Significa che la Darsena rispetta il tracciato degli antichi bastioni seicenteschi, ossia delle mura spagnole, costruite nella seconda met del cinquecento; e ne segue fedelmente langolo coincidente con il baluardo sud; da ci ha origine la strana forma a banana, altrimenti ingiustificata ed inspiegabile; dovuta al fatto che la Darsena, costruita allesterno e a ridosso delle mura, ne ripete fedelmente la curvatura e landamento poligonale. A Ho in mente una bella incisione di Antonio Dal Re; appartiene alla serie di vedute milanesi stampate verso la met del settecento; mostra in primo piano un cippo barocco, a sostegno di una lapide sormontata da due volute e da un timpano. Il cippo, chiamato Trofeo, avrebbe dovuto festeggiare il completamento del Naviglio di Pavia, cominciato qualche decennio prima sotto la dominazione spagnola. Il Naviglio, come sai, non mai stato portato a compimento degli Spagnoli; e per anni il Trofeo rimasto il simbolo di unopera interrotta. Nella stampa del Da Re, dietro al Trofeo, si vede lampia distesa del-

la Darsena; e si intuisce la grande estensione spaziale che la Darsena occupa nel panorama della citt. B Nessuno pu negare che la Darsena, con i monumenti che le sono cresciuti di fianco (Arco di Porta Ticinese) o che le preesistevano alle spalle (Chiesa di SantEustorgio), assume nel tessuto della citt una enorme importanza ambientale e monumentale. A Torniamo un momento indietro: vorrei fare una osservazione sul Trofeo e sul suo malinconico significato. Avrebbe dovuto festeggiare il trionfo del progettista spagnolo Fuentes, responsabile della costruzione del Naviglio di Pavia: ne sancisce invece lincapacit. B Del Naviglio di Pavia, ripreso pi volte e mai concluso dagli spagnoli, e invece ricominciato per unultima volta e portato finalmente a termine dagli austriaci, si pu dire che esso la metafora dei modi di governare, anzi di dominare, propri delluno e dellaltro popolo: inconcludente, frivolo, vanesio lo spagnolo; efficiente, impegnato, costruttivo laustriaco. Nel tratto di Naviglio di Pavia, iniziato dal Fuentes e mai da lui concluso, resta una sola opera dal nome significativo: la conca detta di Fallata, cio del fallimento. A Mi sembra che prima della ultimazione ottocentesca del Naviglio di Pavia, e del collegamento con Milano, vi fossero altre vie dacqua che mettevano in comunicazione le due citt. B Certo. Per lungo tempo, a partire dalla met del quattrocento, stato usato il Naviglio detto di Bereguardo; paese di inconfondibile nome longobardo, collocato lungo il Ticino, una ventina di chilometri a monte di Pavia. Il Naviglio era stato ideato gi durante la Signoria dei Visconti, ma non era mai stato costruito. Solo intorno allanno 1470, sotto la Signoria degli Sforza, e per volont di Francesco I, veniva ripreso e portato a termine. Il Naviglio

partiva da Bereguardo, arrivava ad Abbiategrasso e si immetteva nel Naviglio Grande, diretto a Milano, dopo aver attraversato la dolce e ampia campagna della bassa Lombardia. Ancora oggi il Naviglio e le sue conche sono visibili in mezzo ai prati. Il trasporto delle merci pesanti nel tratto di strada tra il fiume Ticino e linizio del Naviglio era molto difficoltoso. Occorreva scaricarle dai barconi ormeggiati sulla riva del fiume in localit Pissarello; trasportarle su carri tirati da buoi; caricarle sui barconi ormeggiati nel Naviglio. Loperazione richiedeva una inevitabile perdita di tempo. Essa infatti comportava la rottura dei carichi, ossia il cambio del mezzo di trasporto. La funzione del Naviglio di Bereguardo era duplice e di importanza vitale per le seguenti ragioni:a) Sostituiva lancora inutilizzabile, perch incompiuto, Naviglio di Pavia; e assicurava lunica comunicazione per via dacqua tra Pavia e Milano; b) Consentiva il trasporto del sale, merce allora preziosissima che veniva fatta arrivare dal porto di Genova. A Vorrei ora sapere qualcosa della ben pi vecchia Cerchia dei Navigli interni o Medioevali: e del loro uso come canale per il trasporto di merci. Ho in mente molte vedute pittoriche dei Navigli, e di grandi barconi che navigano nelle loro acque. B Anche i Navigli interni, non diversamente dai Navigli esterni, venivano usati per il trasporto di merci. Ne riparleremo la prossima volta. (continua) Jacopo Gardella ringrazia il Professore Gianni Beltrame per le dettagliate notizie storiche cortesemente fornite durante la stesura di questo articolo.

DONI 1 OFFRI 12: IL VOLONTARIATO VALE COME LORO Giovanni Agnesi


Il titolo di questa chiacchierata simile alla pubblicit dei supermercati paghi 1 prendi 3, ma qui si tratta di ben altro, cio ogni euro donato alle associazioni di volontariato viene immediatamente trasformato in 12 euro di servizi. Questo il risultato della ricerca svolta da CNEL-ISTAT per una valutazione economica del lavoro volontario nel settore non profit pubblicata lo scorso luglio. Tale ricerca mette in risalto, in termini scientifici, limportanza economica e sociale di una realt particolarmente importante della nostra societ. I ricercatori Stoppiello e Lori spiegano: E stato assegnato un valore economico al tempo offerto dai volontari, per ogni tipo di funzione che assolvono, in accordo con il costo che sarebbe necessario pagare qualora si acquistassero gli stessi servizi sul mercato. Tecnicamente stato usato il metodo del costo di sostituzione che, una volta determinato lammontare delle ore di volontariato prestate, le trasforma in unit di lavoro equivalente a 38 ore settimanali per 48 settimane lavora-

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tive annue. Un salario ombra che, a livello nazionale, grazie a 3.300.000 volontari operanti gratuitamente in ben 221.000 associazioni, portano aiuto e servizi a circa 20 milioni di persone, occupando 750.000 persone in forma retribuita e realizzando un valore di produzione del no profit quasi al 5% del PIL. Ci dimostra che il volontariato svolto da uomini e donne che prestano il loro servizio, l dove lo Stato non riesce ad arrivare, non fa notizia, ma un lavoro straordinario e silenzioso; non si tratta solo di un atto di generosit individuale, bens di un forte valore sociale ed economico. Investire nel volontariato rende molto! I volontari sono una delle componenti principali di ogni associazione del no profit; un esempio pratico la

mia esperienza presso la Mensa dei Poveri di via Ponzio 75, in zona Piola/Lambrate, gestita dalle Suore Missionarie Francescane di Maria, che quotidianamente distribuisce 550 pasti ai poveri, italiani e non. Nel 2010 sono stati erogati pasti per un totale di 125.841. Ebbene grazie alla collaborazione di 216 volontari che operano a turni nel servizio mensa e allaiuto del Banco Alimentare, riusciamo a contenere a 3 euro il costo di ogni pasto. Tale costo dato dagli stipendi di sei cuoche, le spese di acqua, gas, elettricit, riscaldamento, manutenzione delle strutture, ecc... E ancora tramite i volontari sempre nel 2010 sono state rese disponibili 1.592 docce, 983 prestazioni del guardaroba, 2.253 ore alla scuola di Italiano e altri interventi presso il Centro di Ascolto.

I benefattori sono laltra componente essenziale per le opere sociali. Non appaiono, non fanno notizia, ma sono preziosi ed essenziali per realizzare la mission delle associazioni no profit. La mission della Mensa dei poveri consiste nellaccoglienza dello straniero e dei poveri italiani (ormai al 23,5%) che ogni giorno si presentano alla porta offrendo loro un pasto caldo (primo, secondo con contorno, frutta.), curando la loro igiene personale, consegnando indumenti dignitosi, donando un supporto presso il Centro di Ascolto e una possibilit di integrazione imparando lItaliano PS. Per ulteriori informazioni consultare il sito www.centromariadellapassione.org

UNA BANCA ETICA O SEMPLICEMENTE ... UNA BANCA? Luciano Balbo


Lattivit principale delle banche quella creditizia, cio di essere un intermediario che capace, sotto varie forme, di raccogliere risorse finanziarie e di prestarle principalmente alle aziende attraverso una adeguata gestione del rischio. Le Banche svolgono quindi una importantissima attivit perch, attraverso questa attivit di intermediazione, canalizzano il risparmio verso le aziende e quindi portano benzina allo sviluppo economico. E molto facile capire come questa attivit non abbia contenuti tecnologici n necessiti di competenze particolari se non una lunga curva di esperienza che nasce dalla capacit di valutare il merito di credito delle aziende e di allocare quindi con adeguata prudenza le risorse raccolte. Giustamente si pi volte sottolineato, durante gli ultimi anni di crisi, come questa attivit sia assimilabile a quella di una utility. Se lallocazione delle risorse viene ben gestita lattivit bancaria non ha molti rischi, ma neppure presenta un particolare picco remunerativo per gli azionisti. Infatti le banche, sino a venti/trenta anni fa, erano valutate poco pi del patrimonio netto poich la redditivit su tale patrimonio non era molto elevata. Negli ultimi decenni la situazione sostanzialmente cambiata. Lorigine del cambiamento legata a due elementi fondamentali: - la liberalizzazione finanziaria: alle banche stato concesso di fare operazioni sempre pi complesse e sempre pi rischiose e ci ha stimolato la nascita di prodotti finanziari e di forme di finanziamento pi remunerativi, ma assai pi rischiosi. In particolare i finanziamenti per operazioni di acquisto di aziende e di immobili con forte leva finanziaria e la vendita di tutto quel mondo di prodotti derivati i cui volumi e la cui complessit ha poi destabilizzato i mercati finanziari. Queste operazioni sono molto pi remunerative della normale attivit creditizia anche perch la vendita di questi prodotti genera una commissione immediata per le banche che permette di avere i ricavi e i profitti ora e di fare emergere gli eventuali rischi in futuro. I prestiti tradizionali non si giovano di questa opportunit e sono remunerati da un semplice interesse annuale. Tutto questo ha incentivato il management delle banche a sviluppare continuamente nuovi prodotti pi innovativi ma anche pi rischiosi. - teoria del valore per gli azionisti: questo mantra che si pure sviluppato negli ultimi venti anni ha spinto management e azionisti a far crescere il valore di tutte le aziende e anche delle banche. Il management viene totalmente incentivato su questo obiettivo. Perci oltre a spingere fino al limite le opportunit createsi a seguito della liberalizzazione finanziaria ci si orientati ad aumentare la massa dei prestiti aggiungendo ai depositi un crescente indebitamento per finanziarsi (il cosiddetto leverage o leva finanziaria). Pertanto il patrimonio delle banche ormai molto piccolo rispetto al volume delle risorse intermediate. La leva finanziaria uno strumento potente per far crescere gli utili se i prestiti sono tutti solvibili, mentre un elemento distruttivo nei momenti di crisi poich il capitale, come si visto, non riesce a far fronte alle perdite legate ai rischi assunti e trasferisce le perdite sui creditori delle banche e in ultima analisi sugli Stati che alla fine intervengono perch una interruzione del sistema creditizio metterebbe in crisi lintera economia. Il problema attuale pertanto quello di ridurre la leva delle banche e regolamentare maggiormente il mercato dei prodotti finanziari. Se ne parla ormai da molti anni senza sostanziali risultati. Le Banche resistono fortemente e hanno molto potere nel farlo perch sono al centro dellattivit economica e anzi ricattano gli Stati e gli organi di regolamentazione sostenendo che una maggiorare regolamentazione porterebbe a un maggior costo del credito per le aziende. Ci vero se si vuol mantenere un elevato tasso di redditivit, ma in realt bisogna che le Banche e i loro azionisti accettino una minor redditivit e un minor valore perch questi due fattori sono quelli che sono alla base del disastro finanziario a cui abbiamo assistito. Infatti le banche con la leva

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finanziaria hanno fatto crescere il rischio della loro attivit prendendosi il vantaggio economico negli anni buoni e trasferendolo allesterno nei momenti difficili. Si parla spesso delle esperienze di alcune Banche Etiche. Ve ne sono in tutti i paesi. La principale banca etica europea Triodos ed anche in Italia vi Banca Eitica. Sono esperienze interessanti ma assai piccole e tali banche riescono a servire solo alcune nicchie di mercato. Sono tentativi apprezzabili, ma che non

hanno nessun reale impatto macroeconomico. Ci di cui abbiamo bisogno sono banche grandi, normali e che accettino di ritornare allattivit principale per cui sono nate (il credito alleconomia reale) offrendo ai loro azionisti un ritorno finanziario adeguato a tale attivit. Una maggior regolamentazione e una riduzione del processo di innovazione finanziaria non crea alcun danno, almeno nel breve, e anzi pu aiutare a ridurre una pericoloso complessit e volatilit dei mercati.

Le operazioni pi rischiose e i prodotti finanziari pi complessi e il trading diretto sui mercati devono essere riservati a istituzioni diverse, di cui sia chiaro il rischio, che non raccolgano il risparmio dei privati, che operino a leva pi ridotta e che non debbano essere salvate in caso di fallimento. Non vi sono quindi scorciatoie o alternative a una sostanziale riforma del mercato finanziario assumendosi il coraggio di non farsi mettere in scacco dalle istituzioni finanziarie stesse.

LA CITT BELLA: SALVARSI IN TEMPO Maurizio Spada


Secondo il filosofo americano James Hillman, recentemente scomparso, la pi grave rimozione del XX secolo quella della bellezza che scomparsa dalle aspirazioni della civilt occidentale dominata dal dio denaro. Le nostre citt hanno dunque risentito di questa mancanza. Dello stesso tono sono le considerazioni dellantropologo Marc Aug sulla definizione dei non luoghi che abbondano nelle nostre aree urbane dove si registrano gli eccessi della surmodernit: eccesso di spazio, di tempo e di individualit. E sintomatico quindi che oggi per parlare di bellezza si debba partire dalla bruttezza e in prima battuta definire cosa sia. Ricorriamo allora al mondo antico, che certamente si occupato pi di noi del problema, cio a Plotino che affermava essere brutto quello che viene trascurato e rifiutato, vale a dire quello che non riceve attenzione e cura. Negli agglomerati urbani del mondo globalizzato proliferano le parti rifiutate da una cultura dicotomizzata e superficiale. La crisi estetica ha dunque condotto anche alla crisi ecologica, allinquinamento e allo spreco di risorse. E chiaro che oggi quando si parla di bellezza di una citt non si pu essere univoci perch il concetto variamente interpretato dalle diverse etnie, gruppi umani e city-users che coabitano in aree urbane che raggiungono anche decine di milioni di abitanti ma si pu unificare il paradigma di partenza, nel senso che non vi pu essere bellezza senza rispetto per la vita. Hillman affermava che la difficolt di definizione del termine deriverebbe dal fatto che esso il fondamento della vita stessa, il cosmos degli antichi Greci che appare solo se torniamo a Venere, la dea dellamore e della piacevolezza dei sensi. Per Vitruvio venustas uno dei tre attributi della buona architettura insieme a utilitas e firmitas. Ma torniamo al rispetto per la vita e alla crisi ecologica. Possiamo oggi affermare che le citt globalizzate favoriscano una vita piena a tutti gli abitanti? Possiamo dire che sono cariche di simboli del potere che vuole esibirsi, come sempre ma che oggi la dimensione del fenomeno tale da contribuire a opprimere pi che liberare le aspettative di felicit. Stendhal affermava che la bellezza una promessa di felicit. La repressione del bisogno di bellezza infatti, usando ancora la metafora di Hillman, ha liberato i Titani e il titanismo lo troviamo in tutte le espressioni della citt contemporanea, come del resto il concetto di massa, insieme di individui senza identit. Oggi il titanismo si rivolge alla massa educata dai media asserviti ai poteri forti e larchitettura segue questa logica. Se un tempo aveva come finalit il bello attualmente ha come preoccupazione leffetto sui media per accontentare una committenza arrogante. Dove la politica ridotta a marketing televisivo era inevitabile questa caduta. Qualche tempo fa apparso sul Corriere della Sera un dibattito sulle opportunit offerte agli archistar di progettare per regimi tirannici: evidente il legame tra presunta libert dellartista e un potere che non ha bisogno di consenso ma questo accade anche nei regimi cosiddetti democratici, il titanismo globale. Si andati dalla qualit alla quantit. Ernst Schumacher scriveva piccolo bello perch per il pensiero ecologico necessario ritornare alla ricerca dellarmonia che nel caso delle citt si traduce in ricerca della giusta dimensione, tra tradizione e sviluppo, tra natura e cultura, e di unurbanistica partecipata, dove gli abitanti non siano sudditi ma cittadini e quindi i valori divengano quelli del benessere e della creativit. La citt pi bella quando le sue strutture sono volute da un potere concepito come servizio, quando cio non impediscono lo svolgersi del vivere ma bens lo facilitano. Ecco il rispetto per la vita che denota la bellezza. La megadimensione, lomologazione e la trascuratezza, tipiche del titanismo del XX secolo, non solo non facilitano lesistenza ma la deprimono diminuendo il livello di creativit necessario a una vita migliore. Nel 1975 il sociologo e urbanista Roberto Guiducci pubblicava il saggio La citt dei cittadini come speranza e progetto di un'urbanistica partecipata. Sono passati pi di trent'anni ma questo sogno rimasto tale. Milano non ha ancora completato il suo processo di trasformazione da citt industriale a citt del terziario avanzato, in bilico tra passato e futuro. Come in altre aree urbane, a volte la partecipazione stata una vuota parola che si prestata a coprire situazioni confuse e demagogiche mentre i poteri forti hanno continuato a fare i loro interessi, spesso lontani dalle esigenze reali della comunit. Del resto l'interpretazione dei bisogni diventata sempre pi complessa e la vita cittadina sempre pi degradata. L'Urbs si imbarbarita e la Civitas ha perso la sua identit. Sono sul tavolo vecchi problemi ancora senza soluzione (mobilit, trasporti, traffico, qualit dell'aria ecc.) e se ne sono aggiunti di nuovi (immigrazione, sicurezza, integrazione di nuove etnie, periferie ecc.). Cos sono sorti accaniti dibattiti intorno alle grandi opere, alla competenza dei consigli di zona, si sono moltiplicati i comitati di cittadini che in genere si battono per un miglioramen-

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to della qualit della vita, si sempre pi aperta la forbice tra abitanti ricchi e quelli pi poveri, il costo della case andato alle stelle. Si potuto constatare in sintesi che esistono due urbanistiche: una legata a poteri consolidati, secondo logiche parziali e separate, che hanno costruito la citt rendendola oppri-

mente e che vogliono disegnarne un futuro appariscente aumentando ancor pi i problemi di sostenibilit e l'altra che vorrebbe ridisegnare una citt pi umana e secondo una logica dinsieme. Questa seconda alternativa sia nelle idee sia nelle forze che la reggono. Le sue radici stanno nei comitati, nelle comunit,

nei consorzi, nei sindacati, nelle associazioni democratiche della societ civile, tuttavia poco incide sulle decisioni generali che spesso richiedono scelte coraggiose e orientate e livelli di pianificazione territoriale molto pi grandi.

Scrive Gregorio Praderio a Jacopo Gardella


Molto bello l'articolo di Jacopo Gardella su Darsena e Navigli, soprattutto per il sorprendente accordo fra l'architetto (A) e l'urbanista (B)! (scherzo...). Volevo segnalare per una piccola dimenticanza nel disegno del sistema delle acque del milanese: manca il Naviglio di Bereguardo fra Abbiategrasso e appunto Bereguardo che, fino all'apertura del Naviglio Pavese (avvenuta solo agli inizi dell'800 per i noti problemi tecnici) svolse per secoli il ruolo di trasporto delle merci da Milano a Pavia (da dove il Ticino navigabile), l'ultimo tratto prevedendo un faticoso trasbordo su carri. Il Naviglio da Bereguardo bellissimo da percorrere in bicicletta, e lungo il suo corso si possono facilmente raggiungere monumenti come l'abbazia di Morimondo. Questo ovviamente non toglie nulla all'intervento, che resta molto interessante, coinvolgente e completo.

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Crisi economica o culturale?
Mi sembra doveroso questa settimana cedere la parola a un gruppo di ventisette pianisti che erano stati ingaggiati - e si erano faticosamente impegnati - per una straordinaria impresa musicale, improvvisamente cancellata dalle difficolt economiche che stanno attanagliando la produzione culturale, e in particolare quella musicale. Ricordate le profetiche parole pronunciate da Barenboim e da Muti, non molto tempo fa, dai palcoscenici della Scala di Milano e dellOpera di Roma? Della Maratona Liszt, come ricorderete, abbiamo parlato la settimana scorsa ed a seguito di quellaccenno che ci pervenuto il documento che ora vi proponiamo: tal quale, senza bisogno di ulteriori commenti. CANCELLAZIONE MARATONE LISZT Societ Liszt Accademia Nazionale di Santa Cecilia (2010-2011) stato da noi accarezzato il sogno di celebrare Franz Liszt, tra i compositori pi cari a tutti i pianisti. Il progetto delle Maratone Liszt 20102011, ideato dalla Societ Liszt ed in seguito abbracciato dallAccademia Nazionale di Santa Cecilia, stato tra i tentativi in assoluto pi ambiziosi di celebrare il bicentenario della nascita del musicista di origini ungheresi: sette giornate di circa dieci ore ciascuna, durante le quali sarebbe stata eseguita lintera produzione originale per pianoforte solo. A realizzarla, noi pianisti italiani, circa settanta, tutti invitati dalla Societ Liszt, e pronti a dare il nostro contributo nella grande festa culminante proprio nella ricorrenza della nascita. Il significato originario delle Maratone rimasto sempre quello di offrire allintero mondo musicale una sorta di fotografia dellarte pianistica attuale nel nostro Paese e nel contempo, idealmente, lomaggio di unintera nazione ad un artista che aveva trovato proprio nella cultura italiana una delle maggiori fonti dispirazione artistica e spirituale. Nel 2009 nato quindi il partenariato tra la Societ Liszt e lAccademia Nazionale di Santa Cecilia per la realizzazione di questi intenti. Siamo venuti a conoscenza che la Societ Liszt avrebbe curato lorganizzazione artistica nella sua interezza e avrebbe reperito i fondi necessari per corrispondere gli onorari, peraltro adeguatamente contenuti, a tutti noi pianisti, mentre lAccademia avrebbe accolto il progetto nella sua programmazione e quindi messo a disposizione gli spazi e la regolare logistica presso il Parco della Musica di Roma. A questo progetto ha aderito un altro partner di estrema importanza, Yamaha Italia, che ha concesso gratuitamente tre pianoforti grancoda tra i quali ciascuno di noi avrebbe scelto quello pi confacente alle proprie idee musicali. E le Maratone cominciano, in virt del sostegno di due sponsor rinvenuti dalla Societ Liszt, Wind e Lottomatica, il 16 maggio 2010. Dopo la realizzazione, non priva di espliciti consensi da parte del pubblico, di tre delle sette giornate pre-

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www.arcipelagomilano.org viste, alla vigilia della quarta nel febbraio del 2011 lAccademia ha declinato la volont di proseguire il progetto. La Presidenza dellAccademia ha comunicato formalmente alla Societ Liszt e a noi pianisti coinvolti limminente impossibilit della prosecuzione, adducendo la motivazione di cospicui disavanzi nel bilancio accademico, sebbene gli aspetti economici relativi al pagamento di tutti i nostri onorari fossero stati preventivamente concordati, ponderati e coperti attraverso i due sponsor. LAccademia ha invocato la coeva minaccia dei tagli al FUS; di l a breve il FUS stato ripristinato, ma lAccademia non ha mai pi riconsiderato la prosecuzione delloperazione Liszt. La pubblicizzazione intorno allevento da parte dellAccademia, peraltro alquanto trascurata per quanto concerne le prime giornate, stata di fatto bruscamente interrotta, le Maratone sono sparite improvvisamente dal sito dellAccademia e da tutto il materiale informativo, senza alcuna spiegazione o comunicato ufficiale. Come se esse non fossero mai esistite! Ci ha gettato noi pianisti in uno stato di profondo sconforto e amarezza; abbiamo creduto di riservare tutto limpegno necessario intorno al repertorio da eseguire, nella convinzione di gratificare e ricambiare Liszt, la nostra cultura nazionale e inducendo presso il pubblico una sorta di rimeditazione dellopera musicale lisztiana, cos spesso assoggettata a corrivi stereotipi. Da quanto finora esposto abbiamo dunque la sensazione che tale fallimento nella gestione di un avvenimento di cos straordinaria importanza non sia stato dovuto soltanto a insormontabili difficolt economiche. Riteniamo che vi siano stati ben altri disegni o considerazioni a noi sconosciute che hanno provocato un cos clamoroso vulnus alla memoria di Franz Liszt nellanno della sua celebrazione, a noi pianisti ormai da lungo tempo coinvolti in un impegno stimato tra quelli di maggior rilievo e infine alla stessa storia dellistituzione, dato il legame diretto intercorso tra lAccademia di Santa Cecilia e Franz Liszt a partire dal 1862. Mentre numerose istituzioni di Europa hanno fatto tutto quanto era nelle proprie possibilit per celebrare e condividere la ricorrenza lisztiana, a noi ci non stato concesso in virt dellostacolo inspiegabilmente frapposto, ritrovandoci soltanto ad accarezzare un sogno. Massimo Giuseppe Bianchi, Marzia Bisogni, Daniele Buccio, Stefania Cafaro, Andrea Carcano, Giancarlo Cardini, Costantino Catena, Marco Clavor Braulin, Claudio Curti Gialdino, Massimiliano Damerini, Giacomo Fuga, Massimiliano Gnot, Carlo Grante, Luca Mennella, Maria Mosca, Federico Nicoletta, Andrea Padova, Maura Pansini, Roberto Plano, Enrica Ruggiero, Matteo Santolamazza, Fabrizio Soprano, Giampaolo Stuani, Caterina Toso, Marzia Tramma, Paolo Vergari, Riccardo Zadra. Musica per una settimana *gioved 24 e sabato 26 al teatro Dal Verme lOrchestra dei Pomeriggi Musicali diretta da Matthieu Mantanus eseguir il Concerto per pianoforte e orchestra opera 54 di Robert Schumann (solista Serena Costa) e la Sinfonia n.1 opera 11 di Felix Mendelssohn Bartholdy *gioved 24, venerd 25 e domenica 27 allAuditorium Oleg Caetani diriger lOrchestra Verdi in un programma di musiche russe: lOuverture di Russlan e Ludmilla di Glinka, due arie dal Principe Igor di Borodin e il Manfred opera 58 di aikowskij *luned 28, al Conservatorio per le Serate Musicali, la pianista cubana Juana Zayas in un programma omnibus, di quelli che proprio non ci piacciono: inizia da un Corale bachiano e termina con Villa dEste di Liszt (che in questo momento va per la maggiore, lo suonano tutti) passando attraverso 10 sonate di Scarlatti, una di Clementi e tre pezzi di Chopin (Tarantella, Souvenir di Paganini e Barcarola) *marted 29, sempre al Conservatorio Andras Schiff - che di quella grande sala diventato lindiscusso principe - eseguir per la Societ del Quartetto una fantasia di Variazioni scelte fra Mozart (K. 500), Haydn (Hob. 17.6), Schumann (WoO 24) e Beethoven (le celeberrime su valzer di Diabelli, opera 120) *Alla Scala tutto ormai ruota intorno alla prima di mercoled 7 dicembre dedicata al Don Giovanni diretto dal nuovo direttore artistico Daniel Barenboim con la regia di Robert Carsen e le scene di Michael Levin. Nelle prime tre recite (il 7, il 10 e il 13) il protagonista sar Peter Mattei, le sue vittime Anna Netrebko (Anna) Barbara Frittoli (Elvira) e Anna Prohaska (Zerlina) mentre Leporello sar interpretato da Bryn Terfel, il Commendatore da Kwangchul Youn e Masetto da tefan Kocn; con la successiva replica del 16 dicembre cominceranno ad alternarsi altri cantanti. Rester in scena fino al 14 gennaio per un totale di 11 recite. Da segnalare il Prima della prima luned 28 nel ridotto dei palchi, e lanteprima - dedicata ai giovani under 30 - domenica 4 dicembre, entrambe alle ore 18; la sera della prima lo spettacolo (sempre alle ore 18) sar visibile in una molteplicit di luoghi, in citt e sembra anche in casa propria su alcuni programmi televisivi.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org Brera incontra il Puskin. Capolavori dal museo russo
Sono capolavori di inestimabile valore e importanza le diciassette opere provenienti dal museo Puskin di Mosca ed esposte, fino al 5 febbraio, nelle sale XV e XII della Pinacoteca di Brera. Lesposizione, promossa dal Ministero per i Beni e le Attivit Culturali italiano, dal Ministero della Cultura e dei Media della Federazione Russa e dal Museo Pukin, nata in occasione dellAnno della Cultura Italia-Russia, e ha permesso, oltre allesposizione di Brera, anche lorganizzazione di una mostra sul Caravaggio che lo Stato Italiano presenter al Pukin a partire dal 22 novembre. Mostre da record, per nomi e assicurazioni: il valore assicurativo dei dipinti va ben oltre il miliardo di dollari. Tutte le opere in mostra provengono dalle collezioni di Sergei ukin e Ivan Morozov, i due collezionisti russi che agli albori del Novecento diventarono, con la loro passione per larte, testimoni degli artisti, dei movimenti e dei fermenti artistici

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www.arcipelagomilano.org che caratterizzarono lEuropa tra Otto e Novecento. Un periodo doro ineguagliabile, che permise ai due colti e brillanti collezionisti di visitare gli atelier dei pittori, di scegliere e commissionare ad hoc dipinti per i loro palazzi. Collezioni di inestimabile valore che furono fatte affluire nel museo Puskin al momento della sua creazione. Grandi mercanti e viaggiatori, ukin e Morozov, in anni diversi, divennero i migliori clienti delle pi importanti gallerie di Parigi, come Druet, Durand-Ruel, Kahnweiler e Vollard, uomini che decretarono la fortuna di artisti come Monet e Cezanne, e che divennero amici e confidenti degli artisti stessi e dei loro collezionisti. Una scelta tutta personale quella dei due gentiluomini russi, che non seguirono le mode ma anzi le anticiparono, comprando e sostenendo artisti al tempo ben poco famosi. Come spesso accade, i collezionisti si legarono in particolar modo ad alcuni artisti, creando un rapporto unico e speciale che permise la nascita di capolavori assoluti, quali i famosissimi Pesci rossi di Matisse, dipinto nel 1911 per ukin, che divent il patron dellartista. Con ben trentasette dipinti acquistati, ukin dedic il salone centrale della propria abitazione alle opere di Matisse, che dispose personalmente i dipinti per lamico mecenate. Ma ukin non si occup solo di Matisse. Un altro dei suoi artisti favoriti fu Picasso, del quale divenne, dopo una prima fase di incertezza, un grande sostenitore, comprando pi di cinquanta tele. Anche Ivan Morozov fu un grande collezionista, ammiratore di Cezanne e cliente affezionato di Ambrosie Vollard, mercante gallerista - soggetto spesso ritratto dallo stesso Cezanne. Di propriet Morozov fu anche lo splendido Boulevard des Capucinnes di Monet, che segn la svolta di Morozov come collezionista, e che da quel momento in poi ag tanto in grande da superare talvolta lo stesso ukin. In quindici anni riusc a raccogliere oltre duecento opere attraverso le quali possibile leggere levoluzione della pittura francese moderna. Tanti gli artisti e le opere presenti in mostra. Pregevole La ronda dei carcerati (1890) di Vincent Van Gogh, come anche Eiaha Ohipa (Tahitiani in una stanza. Non lavorare!), 1896, di Gauguin, dal gusto esotico e misterioso; le sempre grandiose Ninfee bianche di Monet, Le riva della Marna. (Il ponte sulla Marna a Creteil) di Cezanne, e la Radura nel bosco a Fontainebleau di Sisley. Ma il percorso non si esaurisce qui, proseguendo anzi in una panoramica esaustiva dellevoluzione dellarte di inizio Novecento. Oltre ai gi citati Pesci Rossi di Matisse, da segnalare sicuramente sono il Ritratto di Ambroise Vollard (1910) di Picasso; la Veduta del ponte di Svres, 1908, di Henri Rousseau detto il Doganiere e La vecchia citt di Cagnes (Il castello), 1910, di Derain. Unoccasione unica per vedere grandi capolavori da uno dei principali musei russi, nella cornice dei grandiosi capolavori dellarte del passato conservati a Brera.

Brera incontra il Pukin. Collezionismo russo tra Renoir e Matisse - Biglietto solo Pinacoteca: 6,00 Intero, 3,00 Ridotto - Biglietto Pinacoteca + Mostra: 12,00 Intero, 9,00 Ridotto - Orario di apertura: h 8.30-19.15 dal marted alla domenica

Considerazioni di fine Biennale


Ultime settimane per assistere a quel gran fenomeno artistico e mediatico che la 54a Biennale di Venezia. Unedizione accompagnata, come sempre, da polemiche, battute al vetriolo, critiche, ma forse, anche da qualche opera meritoria. E allora ecco un breve itinerario, due giorni appena, per una full immersion tra Arsenale e Giardini, padiglioni, parapadiglioni e latmosfera sempre affascinante di Venezia. Iniziamo dai Giardini. Interessante il Padiglione Centrale, cuore di IllumiNazioni/IllumiNations, titolo scelto da Bice Curiger, curatrice di questa Biennale, e che presenta 40 artisti per un percorso tra pittura, fotografia, scultura e nuovi media. Si inizia con Philippe Parreno, autore di Marquee, 80 lampadine luminose a intermittenza che sottolineano il tema dellesposizione. Si incontra poi Tintoretto. Centra, non centra, cosa centra con una mostra di arte contemporanea? Centra moltissimo, spiega la Curiger, perch Tintoretto fu uno dei primi nel 500 veneziano a sperimentare sulla luce e gli effetti luministici. Ecco allora tre opere, Lultima cena, Il trafugamento del corpo di S. Marco e la Creazione degli animali, giunte apposta dalla chiesa di S. Giorgio e dalle Gallerie dellAccademia, per ammirare il lavoro di questo predecessore degli artisti esposti. Sarebbe un elenco troppo lungo quello dei lavori da vedere, ma bisogna fare dei nomi su tutti: Pipilotti Rist, artista svizzera che propone vedute veneziane alla Canaletto inondate di immagini proiettate in movimento (la Fondazione Trussardi di Milano le sta dedicando in questi giorni una mostra); Cattelan, che presenta migliaia di piccioni imbalsamati (peraltro gi visti) in quasi tutte le sale, sparsi un po qui e un po l, ma che si dichiara assente auto-giustificato nel padiglione Italia, e lascia un breve testo di scuse/spiegazioni; Cindy Sherman, che giganteggia in sala con immaginiautoritratti adesivi in costumi atipici e sbalorditivi; Haroon Mirza, Leone dargento, con Sick, installazione fatta da una cassa di stereo su cui rimbalza, a ritmo delle vibrazioni, una pepita doro. Lopera di Mirz contenuta in uno dei quattro parapadiglioni costruiti appositamente da altrettanti artisti, in questo caso quello di Monica Sosnowska, pareti a zigzag e corridoi che conducono a stanze espositive o al nulla, rivestite da unottocentesca carta da parati. Ultimo Nathaniel Mellors, che con le sue Hippy dialectis, fa parlare e muovere due teste inquietanti, in un grottesco botta e risposta. Allesterno del Padiglione centrale meritano sicuramente una visita il Padiglione della Corea, con le mimetiche fiorate di Lee Yongbaek, in cui militari armati si muovono mimetizzati tra fiori coloratissimi, e dove specchi-schermi esplodono allimprovviso per spari che bucano la superficie. Il Padiglione tedesco di Schlingensief, premiato con il Leone doro per il miglior padiglione, mette in scena una inquietante cerimonia sacra-profana in una chiesa gotica ricostruita, con alcune delle opere video e dipinti dellartista. Anche la Francia non scherza con temi leggeri, visto che il lavoro di Boltansky mette in scena migliaia di foto di neonati morti che scorrono su un sistema di rotatorie, e che sfilano velocissime su uno schermo, ricomponendosi ogni volta in figure ibride sempre diverse. Interessante la Danimarca, il cui tema la libert di parola e di espressione, con il divertente video di Han Hoogerbrugge e un megafono in cima al padiglione per urlare i propri pensieri. Una visita la vale anche il Padiglione austriaco, con i dipinti di sapore ottocentesco di Schinwald e il suo elegante e nuovo video, Orient.

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www.arcipelagomilano.org Il secondo giorno invece da dedicare allArsenale. Un percorso lungo e, in questo periodo con temperature quasi proibitive, ma che, anche in questo caso, regala qualcosa di interessante. Menzione donore, oltre che Leone doro, a Christian Marclay, per il suo The clock, un film di 24 ore che mixa spezzoni di film in cui compaiono orologi, documentando lo scorrere del tempo quasi minuto per minuto. Interessante anche (ci che rimane) del lavoro di Urs Fischer, con il suo Ratto delle Sabine, scultura in cera, osservata da un uomo, altra scultura in cera. Opere che hanno iniziato a bruciare allinaugurazione e che continuano lentamente ancora oggi, in un marasma di pezzi di scultura, braccia, dettagli e tanta, tanta cera sciolta a terra. Menzione anche a James Turrel. Per visitare la stanza, uno spazio avvolgente, bianco e illuminato solo dai famosi neon colorati dellartista, c da affrontare per spesso una lunga coda. Ne vale la pena? Forse, ma opere di Turrel altrettanto affascinanti si possono trovare anche in alcuni musei italiani (esempio Villa Panza a Varese). Un altro parapadiglione quello di Franz West, Leone doro alla carriera, che riproduce la sua casa di Vienna allinterno dellArsenale, con immagini e un video un tantino shock; cos come laltro parapadiglione, allinizio del percorso, quello di Song Dong, straordinaria riproduzione e accumulazione di vecchi armadi, recuperati dalle strade di Pechino. Sul Padiglione Italia di Sgarbi invece si detto molto, tanto, forse troppo. Inutile aggiungere altro, se non ribadire che, in effetti, limpressione generale quello di un eccessivo affastellamento, abbondanza e sovrabbondanza. Forse dei lavori meritevoli ci sono davvero. Se ci fossero per, sarebbe difficile riconoscerli in quel groviglio di opere, colori, rastrelliere, casse di legno, video e suoni, che non aiutano a valorizzare le singole opere e i singoli artisti. Molto non sempre vuol dire qualit, anche se quasi trecento intellettuali hanno contribuito alla scelta degli artisti presenti. Forse non sar la migliore Biennale di sempre, ma due giorni a Venezia si possono ben passare a passeggiare tra Giardini e padiglioni, tra sculture e artisti ancora da scoprire.

"La Biennale d'Arte. 54 Esposizione internazionale d'Arte", fino 27 novembre 2011, Giardini, Arsenale, Venezia. Orario: 10-18, chiuso luned, escluso luned 21 novembre. Costi: intero 20, ridotto 16, studenti / under 26 12.

Le Gallerie dItalia nel cuore di Milano


Dopo il Museo del Novecento, apre a Milano, in centro che pi centro non si pu, un altro museo destinato a diventare una realt importante del panorama artistico milanese. Hanno infatti debuttato in pompa magna le Gallerie dItalia, museopolo museale in piazza Scala, ospitato negli storici palazzi Anguissola e Brentani, restaurati per loccasione. Un avvenimento cittadino, che ha avuto unintera nottata di eventi e inaugurazioni dedicate. Si iniziato con Risveglio, videoproiezione sui palazzi di piazza Scala, a cura di Studio Azzurro, ispirate allomonimo dipinto Risveglio (190823) di Giulio Aristide Sartorio (di propriet della fondazione Cariplo), artista liberty e simbolista, esposto allinterno del museo. C stato poi un incontro con il filosofo Remo Bodei, con una riflessione sul bello e sul valore dei musei, per poi passare alle visite gratuite per il grande pubblico del Teatro alla Scala. Una serata fitta dimpegni, che si protratta fino alluna di notte, per permettere ai tanti visitatori in fila nonostante la pioggia battente, di visitare gratuitamente il nuovo museo. E in effetti valeva la pena di aspettare per vedere le tredici sezioni di questo museo che comprende, cronologicamente e per temi, tanti capolavori del nostro passato per approdare poi ai Futuristi. Un ideale partenza per visitare poi il vicino Museo del Novecento. Un museo voluto e creato, nonostante i tempi poco propizi, da Intesa Sanpaolo e Fondazione Cariplo, da sempre attente allarte e alla cultura, che grazie al progetto architettonico di Michele de Lucchi, ospita 197 opere dellOttocento italiano, in particolare lombardo, delle quali 135 appartenenti alla collezione darte della Fondazione Cariplo e 62 a quella di Intesa Sanpaolo. Il percorso espositivo di 2.900 mq, curato da Fernando Mazzocca, propone un itinerario alla scoperta di una Milano ottocentesca, assoluta protagonista del Romanticismo e dellindustrializzazione, ma anche di altre scuole artistiche e correnti. Aprono il percorso i tredici bassorilievi in gesso di Antonio Canova, che gi di per s varrebbero la visita, ispirati a Omero, Virgilio e Platone; si passa poi ad Hayez e alla pittura romantica, con il suo capolavoro I due Foscari; largo spazio stato dedicato a Giovanni Migliara e Giuseppe Molteni, per passare a Gerolamo Induno; alla sezione dedicata al Duomo di Milano e alle sue vedute prospettiche e quella dedicata ai Navigli. Se a palazzo Anguissola tutto era un trionfo di stucchi, specchi e puttini, lambientazione cambia quando si passa al contiguo palazzo Brentani, con la pittura di genere settecentesca, i macchiaioli, con Segantini e Boldini, i divisionisti, il Simbolismo di Angelo Morbelli e Previati, per arrivare allinizio del 900 con quattro dipinti di Boccioni, ospitati in un ambiente altrettanto caratteristico ma pi neutro e museale. Al centro, nel cortile ottagonale, troneggia un disco scultura di Arnaldo Pomodoro. Ma non finita qui. Al settecentesco Palazzo Anguissola e alladiacente Palazzo Brentani, si affiancher nella primavera del 2012 la storica sede della Banca Commerciale Italiana, che ospiter la nuova sezione delle Gallerie e vedr esposta una selezione di opere del Novecento. Insomma un progetto importante che, in un momento di crisi e preoccupazione globale, vuole investire e rilanciare arte, cultura e il centro citt, facendo di piazza della Scala un irrinunciabile punto di riferimento, un salotto cittadino adatto ai turisti, ma, si spera, non solo. Gallerie dItalia piazza della Scala - entrata libera fino allapertura della sezione novecentesca del Museo, prevista nella primavera 2012 Orari: Da marted a domenica dalle 9.30 alle 19.30. Gioved dalle 9.30 alle 22.30. Luned chiuso

LArte Povera invade lItalia


Sono numeri da capogiro quelli legati alla mostra Arte Povera, esposizione organizzata da Triennale Milano e dal Castello di Rivoli, a cura di Germano Celant, che vuole celebrare coralmente questo movimento italiano con una serie di iniziative sparse per il Bel Paese. Sette le citt coinvolte, otto i musei o-

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www.arcipelagomilano.org spitanti, 250 le opere esposte, 15 mila i metri quadrati, tra architetture museali e contesti urbani, usati per contenere ed esporre le spesso monumentali opere darte. Loperazione ha delleccezionale, mettendo insieme direttori, esperti, studiosi e musei, che si sono trovati daccordo nel creare e ospitare una rassegna che testimoni la storia del movimento nato nel 1967 grazie agli artisti Alighiero Boetti, Mario e Marisa Merz, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Giulio Paolini e tanti altri. Un movimento che deve la sua definizione proprio al curatore e al creatore di questa impresa, Germano Celant, che us il termine per la prima volta in occasione di una mostra genovese di quel anno, volendo definire una tendenza molto libera, in cui gli artisti lasciavano esprimere i materiali e le materie (acqua, fuoco, tele, pietre ecc.), non controllati esteticamente o plasticamente, ma anzi usati per esprimere energie e mutamenti interni ad essi. Cos ecco lanciata la sfida, raccontare la storia di questo movimento, prontamente raccolta da alcune delle istituzioni museali pi importanti dItalia: Triennale Milano e il Castelli di Rivoli Museo dArte Contemporanea, veri promotori, la Galleria Nazionale dArte Moderna di Roma, la GAMeC di Bergamo, il MADRE di Napoli, il MAMbo di Bologna, il MAXXI di Roma e il Teatro Margherita di Bari. Ogni sede ospita un pezzo di storia del movimento, che in una visione dinsieme, permetteranno al visitatore-pellegrino di ricomporre e afferrare ogni aspetto dellarte dagli anni 60 ad oggi. In particolare presso la Triennale, sede cardine dellevento, si potr avere una bella visione dinsieme grazie ad Arte Povera 2011, rassegna antologica sul movimento, che in uno spazio di circa 3000 metri quadrati, raccoglie oltre 60 opere, per testimoniare levoluzione del percorso artistico fino al 2011, grazie alla collaborazione di musei, artisti, archivi privati e fondazioni. La prima parte si sviluppa al piano terra, ed dedicata alle opere storiche degli artisti, realizzate tra 1967 e 1975, e che ne segnano in qualche modo il loro esordio nel mondo dellarte: i cumuli di pietra e tele di Kounellis; gli intrecci al neon di Mario Mez; gli immancabili specchi di Pistoletto; i fragili fili di nylon e le foglie secche nelle opere di Marisa Merz; le scritte in piombo e ghiaccio di Pier Paolo Calzolari; e tanti altri. Al secondo piano, nei grandi spazi aperti, in un percorso fluido e spazioso, sono documentate le opere realizzate dagli artisti tra 1975 e 2011, in un continuo e contemporaneo dialogo tra loro. Nei 150 anni dellUnit dItalia, una grande operazione museale ed espositiva che riunisce artisti, musei e grandi nomi, in unoperazione nazionale che rende giustizia, e ne tira idealmente le somme, di un movimento, italianissimo, e tuttora vivente.
Mario Merz Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case?, 1994

Arte Povera 1967 2011-fino al 29 gennaio - Triennale di Milano - Ingresso 8,00/6,50/5,50 - Orari:marted-domenica 10.30-20.30, gioved e venerd 10.30-23.00 Le altre sedi: *24 settembre 26 dicembre 2011, MAMbo Museo dArte Moderna di Bologna, Bologna Arte Povera 1968 *7 ottobre 2011 8 gennaio 2012, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma Omaggio allArte Povera *9 ottobre 2011 19 febbraio 2012 Castello di Rivoli Museo dArte Contemporanea, Rivoli Arte Povera International *25 ottobre 2011 29 gennaio 2012, Triennale di Milano, Milano Arte Povera 1967-2011 *novembre 2011 - aprile 2012, GAMeC Galleria dArte Moderna e Contemporanea di Bergamo Arte Povera in citt *11 novembre 2011 - aprile 2012, MADRE - Museo dArte contemporanea Donnaregina, Napoli Arte Povera pi Azioni Povere 1968 *7 dicembre 2011 4 marzo 2012, Galleria nazionale darte moderna, Roma Arte Povera alla GNAM *15 dicembre 2011 11 marzo 2012, Teatro Margherita, Bari Arte Povera in teatro

Cezanne e les ateliers du midi


Palazzo Reale presenta, per la prima volta a Milano, un protagonista indiscusso dellarte pittorica, colui che traghetter simbolicamente la pittura dallImpressionismo al Cubismo; colui che fu maestro e ispiratore per generazioni di artisti: va in scena Paul Cezanne. Sono una quarantina i dipinti esposti, con un taglio inedito e particolare, dovuto a vicende alterne che hanno accompagnato fin dallorigine la nascita di questa grande esposizione, intitolata Czanne e les atliers du midi. E appunto da questo titolo che tutto prende forma. Lespressione ateliers du midi fu coniata da Vincent Van Gogh, il cui progetto ero quello di creare una comunit di artisti riuniti in Provenza, una sorta di novella bottega, in cui tutti avrebbero lavorato in armonia. Un progetto che, come noto, non port mai a termine, ma dal quale Rudy Chiappini e Denis Coutagne, curatori della mostra, hanno preso spunto per delineare il percorso artistico di Cezanne. La mostra un omaggio al grande e tenace pittore solitario, nato ad Aixen-Provence, luogo al quale fu sempre attaccato, e che nei suoi continui spostamenti tra il paese natio, Parigi e lEstaque, cre quella che da sempre stata considerata la base dellarte moderna. Il tema portante dellesibizione riguarda lattivit di Cezanne in Provenza, legata indissolubilmente ai suoi ateliers: prima di tutti il Jas de Bouffan, la casa di famiglia in cui Cezanne compie le sue prime opere e prove giovanili; la soffitta dell'appartamento di Rue Boulegon; il capanno vicino alle cave di Bibmus; i locali affittati a Chteau Noir; la piccola casa a l'Estaque, e infine il suo ultimo atelier, il pi perfetto forse, costruito secondo le indicazioni del pittore stesso, latelier delle Lauves. Luoghi carichi di significato e memoria, in cui il maestro si divise, nelle fasi della sua vita, tra attivit en plein air, seguendo i consigli degli amici Impressionisti, e opere sur le motiv, una modalit cara a Cezanne, che della ripetizione ossessiva di certi soggetti ne ha fatto un marchio di fabbrica. Opere realizzate e rielaborate allinterno dello studio, luogo di creazione per ritratti, nature morte, composizioni e paesaggi. Ma latelier anche il luogo della riflessione per Cezanne, artista tormentato e quasi ossessivo nel suo desiderio di dare ordine al caos, cercando equilibrio e rigore, usando soprattutto, secondo una sua celebre frase, il cilindro, la sfera e il cono. In natura tutto modellato secondo tre modalit fondamentali: la sfera, il cono e il cilindro. Bisogna imparare a dipingere queste semplicissime figure, poi si potr fare tutto ci che si vuole. Una mostra che vanta prestiti importanti (quale un dipinto dallHermitage); che coinvolge una istituzione

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www.arcipelagomilano.org importante come il Museo dOrsay, e che ha nel suo comitato scientifico proprio il direttore del museo e il pronipote dellartista, Philippe Cezanne. Con un allestimento semplice ma accattivante, merito anche dei grandi spazi, il visitatore potr scoprire i primi e poco noti lavori del maestro francese, le opere murali realizzate per la casa paterna e i primi dipinti e disegni ispirati agli artisti amati, come Roubens, Delacroix e Courbet. Dal 1870 Cezanne trascorrer sempre pi tempo tra Parigi, in compagnia dellamico di scuola Emile Zola, e la Provenza. Nascono quindi inediti soggetti narrativi, usando lo stile en plein air suggeritogli da Pissarro. Si schiariscono i colori e le forme sono pi morbide: ecco le Bagnanti, ritratte davanti allamata montagnafeticcio Sainte Victorie. Stabilitosi quasi definitivamente in Provenza, eccolo licenziare alcuni dei suoi paesaggi pi straordinari, con pini, boschi e angoli nascosti, tra cui spiccano quelli riguardanti le cave di marmo di Bibemus, luogo amato e allo stesso tempo temuto da Cezanne, che vedeva nella natura il soggetto supremo, il principio dellordine, ma che al tempo stesso poteva essere anche nemica e minaccia. Capolavori della sua arte sono anche i ritratti, dipinti in maniera particolare e insolita. Sono ritratti di amici e paesani, di gente comune che Cezanne fissa su tela senza giudicare n esprimere pareri, figure immobili ed eterne, come le sue nature morte. E sono proprio queste le composizioni pi mature, tra cui spicca per bellezza Il tavolo di cucina - Natura morta con cesta, (1888-1890), dalle prospettive e dai piani impossibili, con una visione lontanissima dalla realt e dal realismo imitativo, con oggetti ispirati s da oggetti reali, tra cui le famosissime mele, ma reinventati in chiave personale. Una mostra dunque densa di spunti per comprendere lopera del pittore di Aix, complementare alla mostra del Muse du Luxembourg di Parigi, intitolata Cezanne et Paris, che indagher invece gli anni parigini e approfondir il rapporto tra Cezanne, gli Impressionisti e i post Impressionisti.

Czanne e les atliers du midi. Fino al 26 febbraio, Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. sab. 9.30-22.30. Costi: intero euro 9, ridotto euro 7,50.

I Visconti e gli Sforza raccontati attraverso i loro tesori


In occasione del suo primo decennale, il Museo Diocesano ospita, fino al 29 gennaio, una mostra di capolavori preziosi e di inestimabile valore, intitolata Loro dai visconti agli Sforza. Una mostra creata per esplorare, per la prima volta in Italia, levoluzione dellarte orafa a Milano tra il XIV e il XV secolo, attraverso sessanta preziose opere tra smalti, miniature, arti suntuarie, oggetti di soggetto sacro e profano, provenienti da alcuni tra i musei pi prestigiosi del mondo. I Visconti e gli Sforza sono state due tra le famiglie pi potenti e significative per la storia di Milano. Con la loro committenza hanno reso la citt una tra le pi attive dEuropa artisticamente e culturalmente. Una citt che ha ospitato maestranze e botteghe provenienti da tutta Europa, che qui si sono trasferite per soddisfare le esigenze di una corte sempre pi ricca e lussuosa, che chiedeva costantemente oggetti preziosi e raffinati per auto celebrarsi e rappresentarsi. Oltretutto non va dimenticato che a Milano e dintorni due erano i cantieri principali che attiravano artisti di vario tipo: il Duomo, iniziato nel 1386 su commissione viscontea, e il castello di Pavia, iniziato nel 1360 per volere di Galeazzo Visconti. Due in particolare sono le figure a cui ruotano intorno le vicende milanesi del periodo, uomini forti che costruirono le fortune delle loro famiglie e che furono anche committenti straordinari: Gian Galeazzo Visconti e Ludovico il Moro. Gian Galeazzo fu il primo dei Visconti a essere investito del titolo ducale, comprato dallimperatore di Boemia nel 1395, titolo che legittim una signoria di fatto che risaliva al 1200. Laltra figura di rilievo fu Ludovico il Moro, figlio del capitano di ventura Francesco Sforza, che sposa la figlia dellultimo Visconti, dando inizio cos alla dinastia sforzesca. Ludovico il Moro, marito di Beatrice dEste, fu uomo politico intraprendente ma soprattutto committente colto e attivo, che chiam presso la sua corte uomini dingegno come Leonardo Da Vinci, Bramante e molti altri tra gli artisti pi aggiornati del panorama europeo. La mostra prende inizio da due inventari, quello dei gioielli portati in dote da Valentina Visconti, figlia di Gian Galeazzo, andata in sposa a Luigi di Turenna, fratello del re di Francia; e quello dei preziosi di Bianca Maria Sforza, figlia di Ludovico il Moro, andata in sposa allimperatore Massimiliano I. Proprio questi elenchi hanno permesso di ricostruire lentit del tesoro visconteo-sforzesco, e di ricostruire e di riunire insieme i principali oggetti per questa mostra. Il percorso si snoda tra pezzi di pregiata fattura, come gli scudetti di Bernab Visconti, zio di Gian Galeazzo, che ci mostrano una delicata tecnica a smalto traslucido; oppure la preziosa minitura con una dama, opera di Michelino da Besozzo, forse il pi importante miniatore del secolo, che con tratti fini e delicati ci mostra una dama vestita alla moda dellepoca, con maniche lunghe e frappate e il tipico copricapo a balzo, espressione modaiola delle corti lombarde. Lavoro da mettere a confronto con il fermaglio di Essen (opera in dirittura di arrivo), pezzo doreficeria finissima, una micro scultura rappresentante la stessa enigmatica dama. Altro pregevole pezzo sicuramente il medaglione con la Trinit, recante il nuvoloso visconteo, emblema della famiglia, dipinto in smalto ronde bosse, tecnica tra le pi raffinate e costose. Proprio gli smalti sono una delle tecniche pi rappresentative delloreficeria visconteosforzesca, con un ventaglio di tipologie vario e virtuosistico, attraverso cui le botteghe milanesi erano conosciute in tutta Europa. Ma daltra parte Milano aveva una lunga tradizione smaltista alle spalle, basti pensare allaltare di Vuolvino, nella basilica di santAmbrogio. Uno dei passatempi preferiti della corte erano le carte: ecco dunque sei bellissimi esemplari di Tarocchi, provenienti da Brera, interamente coperti di foglia doro, punzonati e dipinti, testimonianza unica e ben conservata della moda, dei costumi e delle tecniche dellepoca. Dalla dinastia viscontea si passa poi a quella sforzesca, con reliquari e tabernacoli che si ispirano al duomo di Milano per struttura e composizione, opere di micro architettura in argento e dipinte in smalto a pittura, come il Tabernacolo di Voghera o quello Pallavicino di Lodi. Ma la miniatura a farla da padrone, con il messale Arcimboldi, che mostra Ludovico il Moro, novello duca di Milano circondato dal suo

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www.arcipelagomilano.org tesoro; il Libro dOre Borromeo, famiglia legata a doppio filo a quella dei duchi di Milano; e il Canzoniere per Beatrice dEste, opera del poeta Gasparo Visconti, con legatura smaltata che ripropone fiammelle ardenti e un groppo amoroso, il nodo che tiene uniti i due amanti, raffigurazione illustrata di un sonetto del canzoniere. Anche Leonardo gioca la sua parte, indirettamente, in questa mostra. Il maestro si occup infatti anche di smalti, perle, borsette e cinture, che alcuni suoi allievi seguirono nelle indicazioni, come ci mostrano lanconetta con la Vergine delle rocce del museo Correr o la Pace proveniente da Lodi. Insomma un panorama vario e ricco che mostra tutto il lusso e la raffinatezza di una delle corti pi potenti dEuropa. Oro dai Visconti agli Sforza. Fino al 29 gennaio - Museo Diocesano. Corso di Porta Ticinese 95. Orari: tutti i giorni ore 10-18, chiuso luned. Costo: 8 intero, 5 ridotto, marted 4 .

Artemisia Gentileschi. Vita, amori e opere di una primadonna del 600


Artemisia Lomi Gentileschi stata una delle numerose donne pittrici dellarte moderna, ma la sola, forse, ad aver ricevuto successo, notoriet, fama e commissioni importanti in quantit. Ecco perch la mostra Artemisia Gentileschi -Storia di una passione, ospitata a Palazzo Reale e da poco aperta, si propone di ristudiare, approfondire e far conoscere al grande pubblico la pittora e le sue opere, per cercare di slegarla allepisodio celeberrimo di violenza di cui fu vittima. S perch il nome di Artemisia spesso associato a quello stupro da lei subito, appena diciottenne, da parte del collega e amico del padre, Agostino Tassi, che la violent per nove mesi, promettendole in cambio un matrimonio riparatore. Donna coraggiosa, che ebbe il coraggio di ribellarsi e denunciare il Tassi, subendone in cambio un lungo e umiliante processo pubblico, il primo di tal genere di cui ci siano rimasti gli atti scritti. La mostra, quasi una monografica, si propone anche di dare una individualit tutta sua alla giovane pittrice, senza trascurare per gli esordi con il padre, lingombrante e severo Orazio Gentileschi, amico di Caravaggio e iniziatore della figlia verso quel gusto caravaggesco che tanto fu di moda; o senza tralasciare lo zio, fratello di Orazio, Aurelio Lomi, pittore manierista che tanto fece per la nipote. Il percorso si snoda dunque dalla giovanile formazione nella bottega paterna, per una donna pittrice ai tempi non poteva essere altrimenti, per arrivare alle prime opere totalmente autonome e magnifiche, dipinte per il signore di Firenze Cosimo II de Medici. La vita di Artemisia fu rocambolesca e passionale. Dopo il processo a Roma si spost a Firenze con il neo marito Pietro Stiattesi, e fu l che conobbe i primi successi fu la prima donna a essere ammessa allAccademia del Disegno di Firenze- e un grande, vero amore, Francesco Maria Maringhi, nobile fiorentino con cui avr una relazione che durer per tutta la loro vita. Dati, questi, che si sono recuperati solo in tempi recentissimi grazie a uno straordinario carteggio autografo di Artemisia, del marito e dellamante. E proprio le lettere sono state un punto di partenza importante per nuove attribuzioni, scoperte e ipotesi su dipinti prima nel limbo delle incertezze. In mostra ci sono quasi tutte le opere pi famose di Artemisia (peccato per un paio di prestiti importanti che non sono arrivati): le due cruente e violentissime Giuditte che decapitano Oloferne, da Napoli e dagli Uffizi, lette cos spesso in chiave autobiografica (Artemisia-Giuditta che decapita in un tripudio di sangue Oloferne/Agostino Tassi); le sensuali Maddalene penitenti; eroine bibliche come Ester, Giaele, Betsabea e Susanna; miti senza tempo come Cleopatra e Danae, varie Allegorie e Vergini con Bambino. Ma Artemisia fu famosa anche per i suoi ritratti, di cui pochi esempi ci sono rimasti, come il Ritratto di gonfaloniere o il Ritratto di Antoine de Ville, cos come per i suoi autoritratti. Le fonti ce la raccontano come donna bellissima e sensuale, pienamente consapevole del suo fascino e del suo ruolo, che amava dipingersi allo specchio e regalare queste opere ai suoi ammiratori. Cos la mostra si snoda tra Firenze, da cui i coniugi Stiattesi scappano coperti dai debiti, per arrivare a Roma, Venezia, Napoli e perfino in Inghilterra, dove la volle il re Carlo I. Una vita ricca di passioni, appunto, come lamore per la figlia Palmira, che diverr anchessa pittrice e valido aiuto nella bottega materna che Artemisia aprir a Napoli fin dagli anni Trenta del Seicento, ricca di giovani promettenti pittori come Bernardo Cavallino. Una vita ricca anche di conoscenze e amicizie importanti: ventennale il rapporto epistolare con Galileo Galilei, conosciuto a Firenze, con Michelangelo il Giovane, pronipote del genio fiorentino, e anche con una serie di nobili e committenti per cui dipinse le sue opere pi celebri: Antonio Ruffo, Cassiano dal Pozzo, i cardinali Barberini e larcivescovo di Pozzuoli, per il quale fece tre enormi tele per adornare la nuova cattedrale nel 1637, la sua prima vera commissione pubblica. Insomma una donna, una madre e unartista straordinaria, finalmente messa in luce in tutta la sua grandezza, inquadrata certo nellalveo del padre Orazio e di quel caravaggismo che la resa tanto famosa, ma vista anche come pittrice camaleontica e dallinventiva straordinaria, capace di riproporre uno stesso soggetto con mille varianti, secondo quella varietas e originalit per cui fu, giustamente, cos ricercata. Artemisia Gentileschi. Storia di una passione - Fino al 29 gennaio Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. e sab. 9.3022.30. Intero: 9,00. Ridotto: 7,50

Doppio Kapoor a Milano


Sono tre gli appuntamenti che lItalia dedica questanno ad Anish Kapoor, artista concettuale anglo-indiano. Due di questi sono a Milano, e si preannunciano gi essere le mostre pi visitate dellestate. Il primo alla Rotonda della Besana, dove sono esposte sette opere a creare una mini antologica; il secondo "Dirty Corner", installazione site-specific creata apposta per la Fabbrica del Vapore di via Procaccini. Entrambe curate da Demetrio Paparoni e Gianni Mercurio, con la collaborazione di MADEINART, gli stessi nomi che hanno curato anche la retrospettiva di Oursler al Pac. Una mostra di grande impatto visivo, quella della Besana, con opere fatte di metallo e cera, realizzate negli ultimi dieci anni e che sono

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presentate in Italia per la prima volta. Opere di grande impatto s, ma dal significato non subito comprensibile. Kapoor un artista che si muove attraverso lo spazio e la materia, in una continua sperimentazione e compenetrazione tra i due, interagendo con lambiente circostante per cercare di generare sensazioni, spaesamenti percettivi, che porteranno a ognuno, diversi, magari insospettabili significati, come spiega lartista stesso. Ecco perch non tutto lineare, come si pu capire guardando le sculture in acciaio C-Curve (2007), Non Object (Door) 2008, Non Object (Plane) del 2010, ed altre che provocano nello spettatore una percezione alterata dello spazio. Figure capovolte, deformate, modificate a seconda della prospettiva da cui si guarda, un forte senso di straniamento che porta quasi a perdere l'equilibrio. Queste solo alcune delle sensazioni che lo spettatore, a seconda dellet e della sensibilit, potrebbe provare da-

vanti a questi enormi specchi metallici. Ma non c solo il metallo tra i materiali di Kapoor. Al centro della Rotonda troneggia lenorme My Red Homeland, 2003, monumentale installazione formata da cera rossa (il famoso rosso Kapoor), disposta in un immenso contenitore circolare e composta da un braccio metallico connesso a un motore idraulico che gira sopra un asse centrale, spingendo e schiacciando la cera, in un lentissimo e silenzioso scambio tra creazione e distruzione. Unopera, come spiegano i curatori, che non potrebbe esistere senza la presenza indissolubile della cera e del braccio metallico, in una sorta di positivo e negativo (il braccio che buca la cera), e di cui la mente dello spettatore comunque in grado di ricostruirne la totalit originaria. Il lavoro di Kapoor parte sempre da una spiritualit tutta indiana che si caratterizza per una tensione mistica verso la leggerezza e il vuoto, verso limmaterialit, intesi come

luoghi primari della creazione. Ecco perch gli altri due interessanti appuntamenti hanno sempre a che fare con queste tematiche: Dirty Corner, presso la Fabbrica del Vapore, un immenso tunnel in acciaio di 60 metri e alto 8, allinterno dei quali i visitatori potranno entrare, e Ascension, esposta nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia, in occasione della 54 Biennale di Venezia. Opera gi proposta in Brasile e a Pechino ma che per loccasione prende nuovo significato. Uninstallazione site-specific che materializza una colonna di fumo da una base circolare posta in corrispondenza dellincrocio fra transetto e navata della maestosa Basilica e che sale fino alla cupola. Anish Kapoor - Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4 fino all12 gennaio 2012 Orari: lun 14.30 19.30. Mar-dom 9.30-19.30. Giov e sab 9.30-22.30. Costi: 6 per ciascuna sede, 10 per entrambe le sedi.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org

Scialla!
di Francesco Bruni con Fabrizio Bentivoglio, Barbara Bobulova, Vinicio Marchioni, Filippo Scicchitano
Un gatto sul termosifone. Questa la metafora con cui Tina (Barbara Bobulova), pornostar in pensione, definisce Bruno, (Fabrizio Bentivoglio) suo atipico biografo. Come darle torto. La negligenza e la sciatteria del trasandato professore lo hanno costretto a rinunciare a ogni tipo di aspirazione. L'insegnamento scolastico stato soppiantato da lezioni private, utili per pulire la casa mentre ragazzini svogliati scrivono sotto dettatura. Gli ambiziosi progetti di racconti e romanzi sono stati accantonati, sostituiti da biografie tanto redditizie quanto umilianti per la sua cultura. Fabrizio Bentivoglio esprime perfettamente la pigrizia e la misantropia di un personaggio che vive come anestetizzato in un mondo fatto di abitudini e di un disinteresse palese nei confronti della vita. D ripetizioni anche a Luca (Filippo Scicchitano), il figlio che non sa di avere. Il ragazzo ha solo quindici anni ma sfrontato e ha gi un menefreghismo verso tutto ci che lo circonda che pari solo a quello del padre, mai conosciuto. La partenza della madre per il Mali costringe i due a una complicata e divertente convivenza. Bruno, in questa inattesa veste paterna, ci svela con leggerezza tutte le difficolt e gli oneri dellessere genitore. La sua presa di responsabilit, di fronte all'imminente bocciatura del figlio, merce rara nel nostro paese. Questa sfida impossibile d una scossa al suo animo intorpidito. comico ma ammirevole il suo tentativo di ricucire quel distacco generazionale che spesso crea fratture irreparabili all'interno delle famiglie.

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Scialla! il film d'esordio di Francesco Bruni, storico sceneggiatore di Paolo Virz. Nasce da una sceneggiatura brillante, ricca di dialoghi frizzanti e mai banali che non cerca la scorciatoia della volgarit o del paradosso per strappare una risata.

Scialla, espressione del gergo romanesco che significa stai sereno, divertiti, non solo il titolo della pellicola ma anche tutto ci che i suoi novanta minuti vogliono trasmetterci.

Marco Santarpia In sala a Milano: Anteo, Colosseo, The Space Cinema Odeon, Plinius, UCI Cinemas Bicocca, Ducale Multisala

Il buono il matto il cattivo


di Kim Jee-woon [Joheunnom nabbeunnom isanghannom, Corea del sud, 2008, 120] con: Byung-hun Lee, Kang-ho Song, Woo-sung Jung, Dal-su Oh, Lee Cheong-a
Tre pistoleri si tengono sotto tiro; la telecamera scruta in primissimo piano i loro occhi e la tensione monta su questo stallo alla messicana: nessuno pu sparare senza essere attaccato a sua volta. Siamo alla fine di Il buono il matto il cattivo [Joheunnom nabbeunnom isanghannom, Corea del sud, 2008, 120] di Kim Jee-woon che rende omaggio a Sergio Leone, riproponendo una sequenza diventata clich degli spaghetti-western. Lomaggio del regista coreano si nota fin dal titolo del film, e continua allinterno di una sceneggiatura che poco si scosta da quella di Il buono, il brutto e il cattivo [Italia/Spagna, 1966, 176], capolavoro di Sergio Leone. In Manciuria, negli anni 30, tre uomini si contendono una mappa che sembra conduca a un tesoro inestimabile della dinastia Qing. Il buono (Woo-sung Jung), il matto (Kang-ho Song) e il cattivo (Byunghun Lee), appunto. La storia, ovviamente, ruota attorno ai tre personaggi che, da subito, si intuisce essere destinati a una resa dei conti finale. Pur prendendo molto dal genere western, Kim Jee-woon riesce a pennellare il film in maniera suggestiva, dandogli una tinta grottesca. La macchina da presa si perde in danze acrobatiche che rendono il ritmo frenetico; le inquadrature sono tante e, spesso, si susseguono rapide con uno stile tipico dei film dazione. Insomma, la firma di Kim Jee-woon viene scritta deviando dalle riprese compassate e lente degli spaghetti-western degli anni 60. Le numerose battaglie, tra lame affilate e proiettili vaganti, ricordano sia i film di samurai della tradizione orientale sia le sparatorie tra cowboy dei primi western americani. Il regista coreano per preme sullacceleratore: usa la sua classe per orchestrare unorgia di movimenti e colori che accendono il piacere della visione. Il buono il matto il cattivo (uscito in Corea nel 2008, solo ora distribuito nelle sale italiane) una messa in scena, uno spettacolo costruito da coreografie accese e immagini stravaganti. Unopera che si inchina alla tradizione, la ripropone levandosi il cappello, e ci aggiunge un pizzico di comicit. Paolo Schipani In sala: UCI cinemas Bicocca

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Prima della pensione
di Thomas Bernhard - traduzione Roberto Menin regia e scene Renzo Martinelli con Michelangelo Dalisi, Irene Valota, Frederica Fracassi e Francesca Garolla.
Tre attori sono chiusi fra quattro pareti di plexiglass e non escono mai fino ai saluti finali. Sono mosche in una gabbia dalla quale non vogliono uscire, almeno finch il mondo non sar tornato in ordine. Un exufficiale nazista e le sue sorelle aspettano che in Germania torni il Reich e, festeggiando come ogni anno il compleanno di Himmler, consumano il dramma o la commedia di rapporti personali consolidati nella loro conflittualit. Lincestuosit disseminata su tutti e tre i lati del triangolo; fra la sorella maggiore e il fratello che vanno a letto insieme, fra la sorella minore (che ha perso luso delle gambe durante la guerra) e il fratello, che trovano nellodio reciproco momenti dintimit; e fra le due sorelle che si provocano e sinsultano come due attrici consumate che si danno la battuta. Il pubblico voyeur, ma non di primo livello, bens di secondo, perch, oltre alle pareti di plexiglass, c unaltra membrana a separarlo dallazione scenica: una tenda che viene continuamente tirata, spostata, aperta e poi richiusa da Olga, la testimone sordomuta che lancia sguardi inquietanti (accusatori?) verso gli spettatori. Renzo Martinelli sceglie di far recitare gli attori, fra i quali spicca Federica Fracassi (Premio della critica e Premio Duse 2011), in modo non realistico, quasi espressionista, volutamente falso. La scelta paga dal punto di vista concettuale, perch sottolinea la distanza fra i personaggi e la loro stessa immagine e il tentativo di un Occidente, reduce ma mai completamente distanziato dallesperienza nazista, di artificializzare e distanziare da s il dolore per una crudelt umana altrimenti insopportabile. Il rischio che forse in certi punti, vista la durata dello spettacolo e la verbosit di Bernhard, ci possa essere qualche calo dattenzione che comunque non pregiudica il forte impatto e la godibilit della messa in scena. La cosa che resta pi impressa come si possa essere allo stesso tempo vicini, cio a pochi metri di distanza, e lontani, separati, chiusi in un acquario di plexiglass che ricorda le sculture in formaldeide di Damien Hirst, dal quale le voci escono amplificate, distorte, nostre ma allo stesso tempo di qualcun altro, inquietanti. Teatro I, dal 9 al 27 novembre

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In scena Al Teatro Out-Off, fino al 22 dicembre Quel che volete (La dodicesima notte), con la regia di Lorenzo Loris. Al Teatro Grassi dal 22 al 27 novembre Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman, con la regia di Alessandro DAlatri. Al Teatro Strehler fino al 27 novembre Itis Galielo di Marco Paolini. Al CRT Salone dal 22 novembre all11 dicembre Educazione fisica, di

Elena Stancanelli, regia di Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco. Al Teatro Carcano dal 23 novembre al 4 dicembre Trappola per topi di Agatha Christie, regia di Stefano Messina. Al Teatro Manzoni fino al 27 novembre Stanno suonando la nostra canzone, di Neil Simon con Gianpiero Ingrassia e Simona Samarelli. AllElfo Puccini debutta Freddo, di Lars Noren, con la regia di Marco Plini e continuano, fino al 27 no-

vembre, Senza confini, di e con Moni Ovadia e, sempre fino al 27 novembre, Boxe a Milano di e con Luigi De Crescenzo. Fino al 27 novembre al Teatro Litta Non si sa come di Luigi Pirandello, regia di Pasquale Marrazzo. Fino al 27 novembre al Teatro Franco Parenti Roman e il suo cucciolo, regia di Alessandro Grassman, Premio Ubu 2010 come miglior spettacolo.

GALLERY

VIDEO

ALESSANDRO PROFUMO: IL CARDINAL BERTONE E ALTRO ANCORA


http://www.youtube.com/watch?v=vTBvwwI9Dpc

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