Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
edizione stampabile
Editoriale L.B.G. - MODERATI. IL VESTITO DI ARLECCHINO Primo Piano Walter Marossi LISTE CIVICHE MON AMOUR Citt Franco DAlfonso - IL TERZO POLO A MILANO Urbanistica Pietro Cafiero - PROMEMORIA PER UN NUOVO PGT Metropoli Valentino Ballabio - CITY USERS E RIFIUTI. CHI PAGA Lavoro Arturo Calaminici - FUTURO: LA PRODUTTIVIT DEI PADRONI Ambiente Alessandra Tami - RIPENSARE LO SVILUPPO: IL BELLO, LUTILE E IL PIL Economia Roberto Taranto - LE IMPOSTE E LE DUE TASCHE DEI CITTADINI Societ 1 Riccardo Lo Schiavo IL PD, ARMANDO DIAZ E LA L.194 Societ 2 Ileana Alesso - L.194: LA SCONFITTA DI FORMIGONI VIDEO
Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA a cura di M. Santarpia e P. Schipani
quel nome, solitamente lunico elemento caratterizzante del simbolo. La novit nelle grandi citt (la civica da sempre molto diffusa nei piccoli comuni dove a volte si faticava a trovare candidati), fu sperimentata per la prima volta in questo dopoguerra da due giovani promesse della politica tali Nenni Pietro e Togliatti Palmiro nelle elezioni amministrative di Roma e Napoli del 1952, quando si votava con una legge simile allattuale. A Napoli Togliatti non present la lista con Falce e Martello ma un pi accattivante Vesuvio (in pratica quello che propone Antoniazzi al PD) e favor la presentazione della lista di Arturo Labriola candidato a sindaco in pectore (in pratica quello che propone Corritore al PD). A Roma un altro giovane Francesco Saverio Nitti doveva far dimenticare il Fronte popolare ma mantenere lalleanza social comunista sperando che gli elettori moderati non se ne accorgessero: la lista cittadina aveva come simbolo il Campidoglio. Merita ricordare lo slogan degli avversari: Ti conosco mascherina, la lista cittadina la lista sovietica. A Roma vinse la DC con Umberto Tupini a Napoli Lauro. In tempi pi recenti la lista civica, non pi second hand dei partiti, di maggior successo fu quella per Trieste. Il melone (questo era il simbolo) cercher di uscire dal locale sostenendo liste civiche sparse per lItalia: a Milano sostenendo Bucalossi in una lista in cui si candid anche Bossi (5 preferenze), per fare poi liste comuni con il PSI oscillando perennemente tra destra e sinistra e sciogliersi nel berlusconismo. Anche Milano ha una sua bella tradizione di liste civiche. La prima lista civica nel 1946 fu la Lista Madonnina 7,4% (la campagna era caratterizzata dallostilit verso gli sfollati arrivati in citt), che compet con la Lista Esercenti 1,5%. Tralasciando gli anni dei partiti forti con lelezione diretta del sindaco che hanno il loro boom. Eccovene un sommario elenco anche se alcune rifiutano il termine lista civica: 1993: Lista Federalista 0,3%; Borghini Fiducia in Milano 3,7; Lista per Milano. Mani Pulite 1,4; Lista Tiziana Maiolo 0,8; Con le donne per ricostruire Milano 0,7; Lega Pensionati Lista per la Lombardia 0,6; Pensionati Lista Stroppa 0,5; Pensionati Lista Fatuzzo 0,4.
1997: Italia Federale Irene Pivetti 0,4%; Lavoratori Padani pi soldi in busta paga meno allo Stato 0,3; Milano Italia fuori dalla menzogna 0,2; Non chiudiamo per tasse Artigianato Commercio Industria 0,2; Citt Civile 0,2; Italia Unita 0,1; Patto per Milano 0,5; Pensioni e lavoro 0,3; Rinnovamento italiano per Milano 0,7; Feder Italia 0,3; Italia democratica Nando Dalla Chiesa 0,9; Lega dazione meridionale 0,9; 2001: Miracolo a Milano 1,7%; Lista Civica Milly Moratti 1,1. 2006: Lista Ferrante 7,5%, Lista (Letizia) Moratti 5,1; Uniti con Dario Fo per Milano 2,1; Lista Giovani per Milano 0,2; La tua Milano 0,2; Vivere Milano 0,2; Questa una Citt 0,1; Codacons Lista Consumatori 0,1; Lista Sante Gaiardoni 0,1; No ICI 0,1; Pensionati e invalidi 0,1; Lista Scelli SOS Italia Ambientalisti 228 voti; Europa Federale 128 voti. Sommariamente mi pare di poter dire che: 1) le liste civiche che ottengono un numero di voti significativo sono quelle con il nome del candidato a sindaco. Il cittadino le vota perch le ritiene espressione del candidato che ha scelto e anche perch sono facilmente identificabili e riconoscibili. La lista civica del sindaco toglie significato oltre che spazio elettorale ad altre liste. 2) Per il candidato a sindaco avere il sostegno di pi liste significa pi aspiranti consiglieri e pi mobilitazione. Tuttavia considerando che la maggior parte dei candidati fa fatica a ottenere il voto dei propri congiunti e che probabilmente questi elettori avrebbero votato comunque in quello schieramento forse loperazione non cos vantaggiosa. La presentazione di una lista comporta infatti una estenuante fase preparatoria tutta rivolta verso allinterno dello schieramento e un alto costo umano ed economico necessario per veicolare la novit. Inoltre le liste civiche concorrono allo stesso bacino di voti degli altri partner della coalizione mentre non paiono incidere sullastensione che infatti in costante aumento e generano quindi una forte concorrenzialit nella coalizione che si esprime con il noto meccanismo facciamo a chi la spara pi grossa. 3) Generalmente si ritiene che la qualit dei candidati delle liste civiche sia superiore a quella dei partiti ma le preferenze dicono che lelettore non se ne ac-
corge affatto anzi tra i pi trombati delle liste civiche molti sono nomi di spicco, seri professionisti nel loro mondo mentre a prendere pi preferenze sono professionisti della politica o ex qualchecosa. 4) I programmi elaborati da queste liste (rileggendoli quando possibile) sono ben fatti, ma difficilmente ne resta traccia vuoi perch durante le elezioni si bada alle preferenze vuoi perch dopo le liste tendono a dividersi in tanti piccoli gruppi. 5) Contrariamente a quello che si crede le liste civiche non si limitano alla politica amministrativa. Periodicamente qualcuno propone di dare vita a un coordinamento nazionale delle liste civiche. Lultimo tentativo con significativo successo stampa fu fatto da Alagna con Veltri, Beha e Pancho Pardi. Anche in Lombardia nel 2006 si discusse a lungo e ruvidamente se una lista civica al Senato non fosse utile allUlivo. 6) Lidea che i partiti debbano rinunciare a presentarsi per fare pi spazio alle liste civiche deriva dalla convinzione che i partiti candidino ormai solo burocrati della politica. Certo sono lontani i tempi in cui i socialisti eleggevano Vittorini, Musatti, Scalfari and Co. Tuttavia vale la pena notare che mentre i partiti si danno almeno periodicamente una forma di verifica interna del consenso (congressi, primarie) magari solo formale, il metodo assembleare plebiscitario con cui in genere si approntano le liste civiche non necessariamente migliore. 7) Guardando poi lelenco delle liste civiche degli anni passati si nota che nessuna ha avuto continuit da unelezione allaltra mentre diversi loro candidati sono passati da una lista allaltra con il dubbio che ci sia altrettanto personalismo nelle liste civiche che nei partiti. 8) Se in alcune citt la lista civica riuscita a trasformarsi in soggetto politico permanente nella pi parte dei casi un tram della politica: si sale si cerca di arrivare a destinazione, si scende si manda in rimessa fino al prossimo giro. Il candidato sindaco del centro sinistra forse farebbe bene a non occuparsi delle liste n per favorirle n per ostacolarle: tempo guadagnato, risorse risparmiate, tanto voti tra gli schieramenti non ne spostano.
Tradizionalmente il terzo posto da diritto alla medaglia di bronzo, spesso meglio accettata di quella dargento, che sa sempre un po di sfiga e di perdente, mentre un buon terzo posto visto come una tappa verso la vittoria assoluta alle edizioni successive. Sar per questo motivo che periodicamente tanti aspirano al terzismo anche in politica, piazzarsi bene per candidarsi a essere lalternativa prossima futura, in generale con fortune alterne, come avvenne con la Terza Internazionale sovietica (anche se, vista la tradizione della casa, quella elimin direttamente precedenti e successori), con il Terzaforzismo socialdemocratico degli anni settanta, con la Terza via di Tony Blair e via dicendo. NellItalia con il sistema politico eternamente in crisi evolutiva, il terzismo sta vivendo una nuova grande stagione con il Terzo polo di Casini Fini Rutelli, anche se le fortune restano sempre alterne. Anche a Milano lesordio del Terzo Polo si caratterizzato per il bronzo, che si materializzato per nelle facce di tanti che pensavano di avere la possibilit di rifarsi una verginit politica o pi semplicemente di fare un altro giro al Luna Park inventandosi la candidatura di Gabriele Albertini che per cacciare la Moratti avrebbe dovuto essere appoggiato anche dalla sinistra responsabile non si sa di che (probabilmente del ventennio di sconfitte elettorali), dimenticandosi del piano parcheggi, della svendita dellAem, delluso della Scala e delle iniziative culturali milanesi come promo di Pirelli Re e altre piccole avvedute scelte dellamministratore di condominio che volle farsi sindaco. Un sondaggio che lo dava al 13,5% contro il quaranta a testa abbondante di Moratti e Pisapia unito, dice qualcuno, alla ventilata comparsa di qualche dossier confezionato secondo i dettami del metodo Boffo, nonch a qualche promessa sul futuro arrivo di qualche lettera affettuosa e personale del dott. Letta (Caro xx, sia io che il presidente Berlusconi siamo profondamente dispiaciuti di non avere potuto procedere alla sua nomina a xxxx, ma siamo certi che presto etc
etc) hanno portato al precipitoso ritorno alla revisione note spese l eurodeputato condominiale azzerando in un attimo le alchimie di tanti e le speranze di pochi. Ma lennesimo insuccesso del tatticismo senza strategia pu portare al ritorno alla politica, che fatta da scelte convinte che vanno difese con altrettanto convinte battaglie politiche. La crisi del bipartitismo e la regressione del Pdl a Forza Italia alleata con la Lega ha aperto uno spazio politico e non geografico o tattico al centro e il tentativo dei Terzopolisti di essere in partita passa tutto dalla politica, dalle scelte e non dai personalismi, tanto a Roma con Berlusconi quanto a Milano con Letizia Moratti. La valentia di Casini e Fini come dei loro sostenitori milanesi si misura sulla capacit di rendere chiara la distanza di convinzioni sul rispetto delle istituzioni, sulle politiche della accoglienza e dellassistenza, sulle scelte economiche e non (solo) sugli interpreti delle stesse: in poche parole, pi che con manovre ed alchimie elettorali il Terzo polo si trova a dover manifestare con chiarezza le scelte che lhanno portato a contrapporsi alla destra populista e leghista e a chiedere il consenso su questo. Anche a Milano il Terzo Polo sta quindi cercando di manifestarsi evidenziando le tante differenze con la politica dellattuale sindaco che, come ricordano in pochi, fu eletto sulla base di un programma che segnava anche una cesura politica con le amministrazioni precedenti (chi si ricorda la Moratti Kadima, emula della Livni in Israele?) e che rimasto inapplicato per il 98%. Una Moratti che si gettata nelle braccia della Lega abiurando senza batter ciglio a quanto anche i suoi pi stretti collaboratori avevano realizzato lascia uno spazio politico moderato privo di rappresentanza. E a questo mondo che, senza intraprendere scorciatoie, si rivolge la nuova aggregazione terzopolista, con serie possibilit di successo: lo stesso sondaggio che di fatto bocciava il tentativo di sfondamento con Albertini evidenziava tuttavia lesistenza di
uno spazio politico significativo, dando al 9,5% un altro candidato del terzo Polo, solo pochi punti meno del pi noto ex sindaco. Credo che la presenza di un solido Terzo Polo nel prossimo Consiglio Comunale potr rendere possibile il ritorno allalleanza politica tra centro moderato e sinistra riformista che, quando si realizzata, ha coinciso con i migliori periodi di vita politica e sociale della nostra citt. Se vero che il sistema elettorale tende a escludere la presenza centrista (che infatti rinasce regolarmente dopo lavvio della legislatura per scissione) altrettanto vero che il Sindaco eletto direttamente in grado, se ne capace, di rendersi interprete direttamente di questa possibile alleanza politica che ne rafforzerebbe comunque la propria azione. E non parlo volutamente di tutte le valutazioni numeriche, che pure sono importanti, che dicono che la presenza di un terzo polo impedirebbe la vittoria della Moratti al primo turno e preparerebbe la sua successiva sconfitta al ballottaggio: se non si verificasse una convergenza politica almeno su alcune scelte di politica amministrativa, per esempio sulla citt dei diritti e dei doveri di cui parla tanto Pisapia quanto chi si richiama al Terzo polo, ogni accordo o alleanza precedente o successivo sarebbe effimero e strumentale. Come disse una volta Vittorio Feltri, Letizia Moratti una signora molto decisa a non si sa cosa e il sistema di relazioni e poteri in cui inserita rende possibile la sua stessa esistenza, a prescindere da contenuti e programmi. Chi ambisce a sostituirla o semplicemente a vivere una politica e una citt diversa da quella (non) pensata da Donna Letizia, questo non se lo pu permettere, deve esplicitare valori e idee nei quali crede. Per la prima volta dopo oltre un decennio, la sinistra riuscita a farlo con la candidatura di Giuliano Pisapia: se rinascer anche un centro politico a Milano le buone notizie potrebbero non finire qui.
riamento. A meno di interventi salvagente della Regione. Al momento si discute di come discutere le osservazioni (pi di 4.000) presentate dai cittadini e dalle associazioni. Quindi ad oggi non sappiamo se il PGT verr approvato (i meglio informati pubblicamente dichiarano che ovviamente s, ci mancherebbe e poi in privato ti confidano che non passer mai ed meglio cos), n in che forma (ovvero se e come verr modificato dalle osservazioni). Pertanto mi stato chiesto di ragionare a prescindere. Di provare a fissare quelli che sono i punti di un ipotetico PGT alternativo a quello attuale. Una sorta di promemoria per un nuovo PGT o per modificare profondamente quello che verr (?) approvato. Per motivi pratici ho cercato di utilizzare come traccia il PGT in discussione, che rimane nel bene e nel male lunico elemento con cui confrontarsi. Una piccola considerazione a margine. I limiti del PGT sono da ricercarsi nella Legge Regionale 12/2005, da cui lo strumento discende. Pertanto anche questo piccolo esercizio accademico rispetta le stesse regole del gioco. Un piano efficace, per essere tale, dovrebbe essere costituito di poche norme, chiare e non aggirabili. Con la consapevolezza che soldi pubblici non ce ne sono e, per realizzare i servizi necessari, serve un Comune forte e autorevole, che sia capace di concedere ai privati in nome di una pubblica utilit reale e non di facciata. La prima questione quella delle aree dei grandi progetti urbani, quelle su cui si imposta veramente la strategia di trasformazione della citt, per dirla come Cesare Macchi Cassia. Il PGT chiama ATU queste aree: ambiti di trasformazione urbanistica. Quelle che fanno la citt. Ma anche quelle che si fanno con i quattrini dei grandi investitori. Il concetto base quello gi presente n I nove parchi per Milano di Pierluigi Nicolin - di ricavare da ogni area un parco urbano compatto e permettere edificazione tuttintorno. Questi ambiti sono anche gli unici da cui si pu ricavare housing sociale a costo zero per il Comune. Quindi la mia proposta di confermare la norma come , ma eliminando la possibilit di fare altro rispetto
alledilizia pubblica. Al limite si possono rivedere i perimetri e specificare meglio le opere da realizzare a scomputo oneri, invece di lasciare libera iniziativa ai privati. Ma per questo ci vuole un efficace piano dei servizi. La perequazione nasce come strumento per acquisire aree a standard a costo zero. Visto che i soldi non ci sono, mi sembra una norma di buon senso. Ma vale solo per questi interventi e non deve andare ad alimentare il Borsino delle volumetrie. E non deve valere per il Parco Sud. O per le fasce di rispetto. In altri termini se questo un piano di ispirazione liberale non ha senso introdurre un principio egualitario per cui tutte le aree devono esprimere un diritto edificatorio. Dove sta scritto? Da quel che mi ricordo di aver studiato a scuola la cultura liberale sostiene la specificit e la diversit di ogni individuo ed il socialismo reale che ci vuole tutti uguali. Quindi per coerenza se sono proprietario di unarea agricola, liberalmente parlando, me la tengo cos come . Ne consegue che il Borsino per le volumetrie non deve esistere se non per le aree destinate a standard dal piano dei servizi di cui sopra. E le volumetrie devono essere spendibili solo per densificare gli ATU (cos salviamo pure questo neologismo). Vogliamo lindice unico e lindifferenziazione funzionale? Va bene, ma solo per il Tessuto di Recente Formazione, che va comunque ridefinito nei suoi perimetri e nelle sue modalit di intervento (certe norme sullallineamento dei nuovi edifici a quelli esistenti se non modificate potrebbero portare a strade-canyon). Nel centro storico si procede solo per piani attuativi e per buonsenso (difficile, ma non impossibile metterlo su carta). Il piano dei servizi del PGT la classica montagna che ha partorito un topolino. Grande mole di indagini (ma fatte come?) e un apparato progettuale indegno di uno studente di urbanistica del primo anno. Guardate le schede dei NIL (Nuclei identit locale) se non ci credete. Anche qui non serve inventare nulla di strano. Basta specificare quali servizi servono (scusate il bisticcio di parole) realmente per ogni area (continuiamo pure chiamarle NIL, ma anche Ernesto,
se preferite) e avere la capacit (volont?) di inserirli per la maggior parte negli ATU (quindi con maggiore probabilit di essere realizzati). Ai servizi si lega il tema dei trasporti. Le dieci velleitarie linee della metropolitana annunciate in realt sono, nella migliore delle ipotesi linee tramviarie. Ma se dobbiamo fidarci di quanto detto, anche in queste pagine da Marco Ponti, il tram antieconomico e in epoca di pochi dan meglio convogliare le risorse in mezzi pi flessibili, in attesa che il Cipe ogni tanto sblocchi qualche fondo per la metropolitana. Del traffico il PGT non parla, delegando al piano omonimo la risoluzione di tutti i problemi. Io mi limito a due righe. Ecopass? S, ma con giudizio. Strisce blu? Togliere quelle in zone periferiche che sono comparse negli ultimi mesi. Tunnel? No, grazie. Il tema del verde sempre a rischio di demagogia. C un termine che mi piace molto, verdolatria, che sintetizza in modo efficace latteggiamento da evitare. A Milano manca il verde? Forse, ma non realizzando un fazzoletto verde in ogni buco libero che si risolve il problema. Il verde deve avere un senso ed essere fruibile. Meglio quindi pochi parchi urbani che tanti giardinetti. In teoria quelli previsti dagli ATU bastano. Inoltre non credo che a Milano le ciclabili avranno mai grande successo manca la cultura -, ma di sicuro realizzarne tratti isolati che non collegano nulla, il modo migliore per far passare la voglia a quei pochi temerari. Termino con una domanda. Il PGT ha norme o strategie che riguardano il settore produttivo? Forse ho letto male io le tante pagine, ma non mi sembra di aver visto nulla di specifico. E va bene che ormai Milano una citt di servizi, va bene che siamo in epoca postindustriale, va bene che siamo tutti troppo fighetti per andare a lavorare in fabbrica, insomma va bene tutto, ma contemplare la possibilit remota ed eventuale che sul territorio comunale si possa pure in via del tutto eccezionale e teorica produrre qualcosa proprio uneresia? Vien da pensare che Marchionne non abbia tutti i torti
capitale della regione pi importante del Paese dia lesempio come certamente avviene in altri campi - e riesca a trascinare una buona pratica che, oltre ad avere importanti ricadute sul piano ecologico ed economico, rappresenta un indicatore significativo di maturit collettiva. Infatti la media della regione si attesta sul 48%, con punte di oltre il 70% in alcuni piccoli comuni e circa il 50% in comuni medi come Bergamo e Lecco, mentre Milano citt raggiunge appena il 32%. Met di tale frazione costituita dalla carta, mentre lumido ridotto a percentuali marginali. Naturalmente la spiegazione di tale divario risiede in ragioni oggettive, che vanno oltre la buona volont degli abitanti, e in parte degli stessi amministratori, e sono invece da ricercare nella maggior complessit della vita metropolitana che intreccia in modo stretto le funzioni abitative con molteplici attivit economiche e commerciali, di servizio e di tempo libero. Responsabili ne sono in larga parte le centinaia di migliaia di cosiddetti city users che raggiungono quotidianamente la citt portandovi, insieme a lavoro e reddito, anche inquinamento, traffico e appunto rifiuti. Circa i primi due fattori si tuttavia cercato di contrastare il disagio, sia pure parzialmente e inadeguatamente, con l ecopass e parcheggi riservati; invece sul versante dei rifiuti del tutto mancata qualsiasi misura di incentivazione / disincentivazione. Quale incentivo a effettuare la raccolta differenziata, ad esempio, pu avere un lavoratore dipendente pendolare allorch la tassa rifiuti individuale gli viene addebitata nel paese di provenienza mentre quella legata al posto di lavoro
viene pagata dalla ditta? E gli artigiani e operatori vari che hanno sede legale in provincia? Il tasso di differenziazione della raccolta rifiuti legato non solo alleducazione e sensibilit ambientale bens anche alla prospettiva di riduzione dei costi di smaltimento. I comuni virtuosi infatti possono dimostrare una correlazione positiva tra risultati della raccolta differenziata, abbattimento dei costi di smaltimento e ammontare della relativa tassa, accompagnando un argomento tangibile alle pur doverose campagne di educazione e informazione. Per contro Milano si sobbarca, a carico del proprio bilancio comunale, lonere aggiuntivo pagando a proprie spese il noto principio non c tassazione senza rappresentanza! Non sarebbe allora il caso di rimettere le cose a posto rendendo finalmente coerenti i diritti/doveri formali (votazione e tassazione, legate allanagrafe) con quelli sostanziali (effettivo uso della citt e dei suoi servizi, pesantemente influenzato dal pendolarismo)?Si tratterebbe allora di spostare, almeno in parte, la tassazione verso una istituzione metropolitana che, considerando finalmente i city users quali cittadini a tutti gli effetti, compensi oneri e vantaggi, fatte salve le competenze organizzative dei singoli comuni nonch, a Milano, di un decentramento amministrativo autentico che riesca a raggiungere in modo capillare i quartieri e le diverse realt di vicinato. Ragionando su questo tema (analogamente a quanto riguarda territorio, mobilit, inquinamento, regime delle acque, risparmio energetico, ecc.) la logica non pu che portare allo sbocco politico-amministrativo del livello istituzio-
nale metropolitano. Come ha notato Gian Maria Bernareggi: un contributo sostanzioso alla soluzione del problema potrebbe essere dato dallistituzione di un governo locale di livello sovracomunale con competenza sullintera area metropolitana: la Citt Metropolitana che, sulla carta, dovrebbe esistere da quasi ventanni. In questo modo lesternalit generata dalla PNR (popolazione non residente) giornaliera sarebbe, nella terminologia degli economisti, internalizzata, nel senso che i suoi componenti per lo meno, quelli provenienti dallarea metropolitana riceverebbero lo status di residenti nel territorio del nuovo ente, eliminando il problema alla radice.(*) Purtroppo si tratta di unipotesi del tutto teorica stante la pervicace inerzia di pressoch tutto lo schieramento politico a mettere mano ad una riforma sempre annunciata (ancora la legge delega sul federalismo fiscale - n. 42/2009 art. 23 contiene, con la cadenza delle grida spagnolesche, lennesima disciplina per la prima istituzione delle citt metropolitane) e invece nei fatti contraddetta mediante lo smembramento di nuove province. Pure la speranza che razionalit e funzionalit possano ancora riaffacciarsi - almeno nelle intenzioni di un programma elettorale non andrebbe abbandonata nel momento in cui la sempre sottovalutata ingegneria istituzionale viene a cadere nientemeno che nelle mani dei progettisti addetti ai lavori dellOfficina!
(*)
G.M. Bernareggi, Pendolari e non solo, un problema per le finanze del Comune, Arcipelagomilano, n.1/2009
padronale. Non centrano nulla (o quasi) la maggiore pausa di dieci o quindici minuti, lassenteismo (di cui peraltro non abbiamo dati precisi), la mensa da spostare a fine turno, lo straordinario non contrattato, ecc. Tutte assieme queste questioni potrebbero al limite spiegare scostamenti assai pi contenuti e, eventualmente risolte, risollevare la produttivit di un dieci/quindici per cento. Labisso deve perci essere spiegato con altri argomenti. E questi argomenti non chiamano in causa i lavoratori, se non come le pi dirette e principali vittime. Chiamano in causa altri soggetti, quelli che abbiamo richiamato prima: i padroni, innanzitutto, e poi la politica e i Governi. Sono loro che devono rispondere, invece di accusare. Com potuto accadere che questa grande azienda, simbolo di unintera nazione, giaccia ora tanto stremata, cos svuotata, cos totalmente obsoleta, e quindi impossibilitata a competere e del tutto fuori mercato? Di questa deriva di svuotamento e marginalizzazione, che certamente dura da molti anni, certamente da pi di quelli che vedono al timone dellazienda il manager italo-canadese, ma che non escludono neppure questo suo pi recente periodo, sono loro (Lor Signori) che devono rispondere non i lavoratori. Mi pare che si debba ragionare di pi e meglio sui dati, traendone da essi le logiche conseguenze e ristabilendo le vere responsabilit in questa vicenda cruciale
e significativa. Forse, per cercare di capire questo immane disastro e provare a porvi qualche rimedio, bisogner spostare lattenzione su altri problemi. Forse, ma assai pi plausibilmente, sono mancati per tempo i necessari, ineludibili investimenti e ammodernamenti; forse, e assai pi plausibilmente, ci sono state gravi insufficienze nella organizzazione del lavoro e dei processi produttivi, forse si mancato, come tutti dicono, di offrire al mercato modelli nuovi e pi appetibili. Sarebbero quindi venuti meno proprio quei compiti che attengono, ed esclusivamente, ai managers (altro che eroi moderni!). Sorgono responsabilit, quindi, che puntano il dito verso chi oggi con insolente arroganza, non mitigata neppure dalla esibita bonariet del pulloverino, agita gli ammennicoli (che altro quelle cose - pause, ecc.- non sono, alla luce della gravit e dimensione del disastro presente!) e tacciono invece sulle questioni pi sostanziali e sulle loro colpe, non ultima quella che oggi si sta consumando sotto i nostri occhi allibiti, di una messa in scena che vorrebbe far apparire come gran salvatore della patria e padre severo, che finalmente impone di prendere linevitabile medicina a chi invece, per conservatorismo si ostina ad allontanare da s il calice amaro. E in atto, a mio avviso, una impostura che non possiamo consentire; un imbroglio anche della nostra intelligenza che non possiamo quietamente sopportare.
Quei dati, se non siamo presi noi stessi in una sorta di incantamento della nostra ragione, che ci fa apparire chiaro e corrispondente ai fatti reali, ci che invece solo una nostra eccitata astrazione, arrovesciano totalmente il discorso e il ruolo dei diversi soggetti in campo. E difficilmente, se quei dati non vengono puntualmente spiegati e analizzati, si pu credere a una seria politica di risanamento e sviluppo; difficilmente, con tutto linvocato principio di realt che vogliamo (e dobbiamo), quella medicina pu essere trangugiata. Daltra parte, che ci possa essere un errore di fondo nel mio ragionamento, lo temo davvero. Infatti questo argomento, di un gap di produttivit talmente spaventoso che non se ne possa dare principalmente la colpa agli operai, mi pare di non averlo riscontrato in nessuno dei commenti che ho letto, salvo nellarticolo come sempre pregevole di Scalfari di inizio anno, ma anche in questo pezzo non con levidenza e la centralit che a me pare meritare. Perfino, e questo s che mi allarma, nelle dichiarazioni dello stesso leader della Fiom questo fatto viene taciuto. Il buon Landini, se mi posso permettere, invece di dire battute di dubbio effetto, buone per riempire di inutili polemiche i giornali, tipo la catena di montaggio come cura necessaria per certi politici, farebbe bene a portare la discussione e la battaglia sindacale sulle questioni di sostanza e sulle responsabilit di chi effettivamente ce lha.
aziende agricole redditizie, anche grazie a fonti integrative di reddito, che possono venire dalle energie alternative, come il fotovoltaico, ma questo posto non sul terreno, ma in alto, sui tetti e sulle serre, in modo che la terra resti coltivabile e gli agricoltori possano integrare i redditi agrari, per definizione legati all'andamento dei mercati. Oscillazioni dei prezzi, insieme alle differenze fra prezzo alla produzione e prezzo sui banchi dei supermercati sono fattori che richiedono adeguate strategie di attacco, da un rapporto di filiera pi attento tra distribuzione e produzione, che deve considerare la necessit di far sopravvivere l'agricoltura e di non accaparra-
mento di tutto il margine da parte degli intermediari. Nello stesso modo per una edilizia pi ecocompatibile occorre ripensare la creazione dei centri commerciali: occupano aree verdi che potrebbero meglio essere destinate all'agricoltura, mentre fanno morire i centri delle piccole (e grandi) citt; ristrutturare i centri storici, sia con aree pedonali, ma anche con edifici destinati a parcheggi, (senza fare buchi in aree ricche di acqua e quindi con problemi spesso difficili di impermeabilizzazione), con aree destinate allo shopping razionali, salverebbe il verde e l'economia dei piccoli centri.
Come suggeriscono le iniziative per il passaggio da indicatori dell'andamento dell'economia che superino i limiti del PIL, in modo da considerare anche il consumo di risorse naturali ora non misurato, ripensare all'agricoltura come fattore di sviluppo economico e non considerare solo l'industria e l'edilizia, risponderebbe anche all'esigenza di rilanciare l'economia dopo la pesante crisi determinata dalle scelte estreme di finanziarizzazione dell'economia stessa. Ma occorre buona volont, attenzione al bene comune e non solo all'interesse individuale di breve periodo. La scelta difficile, ma necessario ripensare il nostro modello di sviluppo.
L'Esercito Austro-Ungarico annientato: esso ha subito perdite gravissime nell'accanita resistenza dei primi giorni e nell'inseguimento ha perduto quantit ingentissime di materiale di ogni sorta e pressoch per intero i suoi magazzini e i depositi. Ha lasciato finora nelle nostre mani circa trecentomila prigionieri con interi stati maggiori e non meno di cinquemila cannoni. I resti di quello che fu uno dei pi potenti eserciti del mondo risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza. Il capo di stato maggiore dell'esercito, il generale Diaz (1) Non a caso il comandante in capo di allora, Armando Diaz - informato di una travolgente avanzata italiana che, evidentemente, non aveva ordinato n era a conoscenza si stesse sviluppando tuff la testa nella cartina geografica, alla ricerca del teatro della sua rivincita. E poich faticava a individuare il luogo della battaglia, chiese soccorso agli uomini dello Stato Maggiore che gli stavano intorno: Ma Vittorio Veneto ndo cazzo st ? (2) di fatto fu una battaglia minore in quanto l'esercito avversario era prossimo al collasso e si arrese rapidamente alle truppe italiane in avanzata (3). Ecco rischiamo proprio di ritrovarci in questa situazione, la controparte potrebbe cedere da un momento allaltro o gi crollata ma non ce ne vogliamo accorgere e a Roma nella sede del PD: Partito Democratico via SantAndrea delle Fratte, 16 00187 Roma Tel: 06/695321, rischiano proprio di trovarsi come Diaz davanti alla cartina geografica nellalto comando italiano alla fine della prima guerra mondiale. E di questi giorni la notizia che il Celeste stato sconfitto in tribunale, non in consiglio regionale: Ma l'auspicio di Formigoni s'infrange ora nella stroncatura del Tribunale Amministrativo Regionale, che ha dichiarato illegittima l'intera disciplina impartita dalla Regione per contrasto con la legge stata-
le 194, e annullato la delibera lombarda del 22 gennaio 2008. A ricorrere al Tar, facendo leva sull'articolo 117 della Costituzione che riserva alla competenza legislativa dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili o sociali da garantire su tutto il territorio nazionale, erano stati 8 medici con la Cgil della Lombardia, rappresentati dagli avvocati Vittorio Angiolini, Ileana Alesso e Marilisa D'Amico . (4) I soliti giudici comunisti mangiapreti atei e portatori della cultura della morte. Non si era mai visto che un Governatore di Regione, mal consigliato da un gruppo di integralisti, desse linee guida di applicazione di una legge nazionale, mai i principi della Chiesa si sarebbero fatti trovare in situazione tanto difficile. E si sentito il consueto assordante e ripetitivo silenzio del PD su di un tema fondamentale quanto scomodo, su cui non si riesce a evidenziare una posizione chiara, che non ovviamente quello della settimana o il giorno in cui si deve interrompere purtroppo una gravidanza. Per pedanteria sono andato sul sito del PD nazionale e ho trovato come ultime dichiarazioni quelle da comizio dellOn. Livia Turco datate 3 Gennaio 2011 "La 194 va applicata non interpretata". Nelle proposte programmatiche alla voce salute non c nulla inquietante. manca pure nella tag cloud del sito, e allora un tab! Sul sito di pdlombardia.it se digiti sanit nella casella di ricerca appare la scritta nessun risultato eppure il budget di Regione Lombardia all80% fatto dalla Sanit. Scrive Marina Corradi su Avvenire del 16.12.2008: () laborto da bere quasi invisibile, ha la stessa efficacia pragmatica della cultura che teorizza leliminazione dei figli malformati e la soppressione dei malati in stato vegetativo (). Domando ma chi mai ha professato la cultura della morte? Perch associare un partito politico in evoluzione a un movimento di necrofili? E facile sparare sulla croce rossa specie
quando lambulanza non ha nemmeno acceso le sirene lampeggianti. La questione, di difficile soluzione, parlarsi, da quando i due gameti si incontrano vita! Ma se sai che questa vita sar una non vita interromperla non eugenetica. La sera dell'8 novembre 1917 Diaz fu chiamato, con Regio Decreto, a sostituire Luigi Cadorna nella carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito italiano. Egli disse in proposito: Assumo la carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito. Conto sulla fede e sull'abnegazione di tutti. E ancora, sulla condizione dell'esercito: L'arma che sono chiamato a impugnare spuntata: bisogner presto rifarla pungente: la rifaremo. Recuperato quello che rimaneva dell'esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto, organizz la resistenza sul monte Grappa e sul fiume Piave. Memore della esperienza nello Stato Maggiore di Cadorna, decentr molte funzioni ai sottoposti, riservandosi un ruolo di controllo. (5) Ma quel che pi grave sono le nostre truppe sul Piave che non reagiscono come se il passaggio del testimone di comando da Cadorna a Diaz non sia mai avvenuto. E possibile, probabile che il PD si trovi in queste condizioni e proprio su questi temi opportuno e necessario che si rinserrino le truppe e che ne esca un nuovo leader. Come possibile che non si riesca a trovare una persona che sappia sintetizzare un nuovo pensiero innovatore? E inaccettabile che a fronte di una sentenza di tale portata da parte del PD ci sia il silenzio. Alla fine sono i soliti giudici a fare politica. (1) (2) (3) (4) Wikipedia ( ://sitoaurora.splinder.com/post/1 8931578) Wikipedia (http://milano.corriere.it/milano/n otizie/cronaca/11_gennaio_2/20110 102NAZ22_11181180913187.shtml ) Wikipedia
(5)
componente del collegio legale che insieme ai colleghi prof. DAmico e Angiolini ha difeso le loro ragioni, non posso tacere del fatto che il Tar: 1) ha ribadito che la legge 194 ha un contenuto costituzionalmente vincolato poich il legislatore nazionale ha tutelato e bilanciato i diritti fondamentali sia della donna che del concepito come riconosciuto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 35 del 1997; 2) ha ricordato che lequilibrio giuridico individuato dal legislatore nazionale nel 1978 contempera la tutela giuridica del concepito (ricompresa nellart. 2 della Costituzione sui diritti inviolabili delluomo) con i casi in cui pu essere sacrificata per evitare gravi pericoli alla salute e alla vita della madre (articolo 3 della Costituzione e successive pronunce della Consulta che impongono di
dare prevalenza al bene salute di chi sia gi persona rispetto a chi persona deve ancora diventare); 3) ha sottolineato i limiti della competenza regionale e la palese violazione da parte della Regione Lombardia dellart. 117 della Costituzione che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la fissazione dei livelli essenziali delle prestazioni sia in termini di accesso che in termini di erogazione delle medesime; 4) ha evidenziato che se il legislatore nazionale ha previsto il termine per laborto terapeutico che ricordiamo, pu essere fatto solo in caso di grave pericolo di vita e di grave pericolo per la salute della donna- la Regione non pu stabilire il termine ultimo delle 22 settimane per accedere alla prestazione sanitaria;
5) ha specificato che se il legislatore nazionale non ha fissato il termine ultimo perch ha riservato alla paziente e al medico la valutazione e le procedure di loro competenza; 6) il legislatore nazionale ha riservato al medico la facolt di rivolgersi ad altri specialisti e non pu la Regione imporgli il ricorso allo psichiatra e alla firma congiunta di altri medici per poter essere autorizzato a eseguire lintervento. Inoltre, e forse questa unaltra ragione che ha determinato la ferita narcisistica della Regione Lombardia, che la pronuncia del Tar evidenzia quale il confine - non superabile - tra la competenza dello Stato e quella delle Regioni ai sensi della costituzione e della riforma federalista del titolo V. E questo un principio molto importante che torner utile, a noi, tenere presente.
domo mea. In questi giorni di frenetica attivit nelle strade milanesi si improvvisamente posto mano, dopo che per 65 anni non si era fatto assolutamente nulla, a una ristrutturazione della piazza degli scavi del c.d. palazzo imperiale romano (che si trova, per chi non lo sapesse, fra via Brisa, via Ansperto, via Vigna, via Gorani e via Morigi, ma stranamente non considerata una piazza). Si sta procedendo a una radicale ristrutturazione dello spazio stradale, tracciando nuovi profili di strade,costruendo marciapiedi, predisponendo l'alloggiamento di alberi ecc. fondamentali. Il primo, che ha una notevole rilevanza dal punto di vista del metodo, che nessuno ha interpellato gli abitanti del quartiere e in particolare delle case cui fanno capo i nuovi tracciati viabili. E' stata invece esposta, affiggendola alla cancellata che protegge gli scavi archeologici, una planimetria della piazza cos come risulter a lavori ultimati. Ora, a me piacerebbe che la nuova amministrazione comunale, se avr Pisapia
alla testa, interpellasse gli abitanti di una zona dove si procede a un mutamento rilevante della facies urbanistica prima di decidere i lavori e non mettendoli davanti al fatto compiuto, per di pi sbeffeggiandoli esponendo il piano dell'opera gi decisa in alto loco (oppure, come il solito in Italia, bisogna costituire il comitato di protesta, dare fastidio, per non dire di manifestazioni pi virulente ?). Vengo cos al secondo difetto, questo sostanziale. A mio parere un intervento sulla pavimentazione e la viabilit di uno spazio in piena citt romana antica ha senso solo dopo che si definita la struttura che sintende dare alla piazza. In questa piazza si trovano appunto i cospicui resti del c.d. palazzo imperiale, cio il monumento romano pi importante della citt, nonch la c.d. torre di Ansperto, che, dopo il crollo della torre di Pavia, avvenuto credo una quindicina d'anni fa, stata ingabbiata con impalcature, ormai del tutto arrugginite, e lasciata in completo abbandono. Ci a dimostrazione di una vergognosissima incuria non solo da parte della Soprintendenza archeologica, ma
anche e soprattutto del Comune di Milano, che non si nemmeno sognato di cercare lui quei quattro soldi necessari a restaurare un monumento, che, a sua volta, risulta una delle pi importanti (e rare) testimonianze dell'architettura medievale a Milano. Aggiungo che la maggior parte della superficie della piazza attualmente adibita a parcheggio: quindi sarebbe facilissimo proseguire lo scavo del "palazzo imperiale", visto che, appunto dopo 65 anni di letargo, le pubbliche autorit cittadine sembrano essersi improvvisamente accorte della situazione di degrado di questo gioiello del centro storico. Credo che a nessuno possa sfuggire quale importanza potrebbe avere, anche in vista della mitica Expo, un serio intervento sull'intera struttura della piazza, che collegata naturalmente al complesso di S. Maurizio, al circo romano, a S.Ambrogio ecc. Invece cosa fa il Comune? Si limita a fare un progetto di nuova pavimentazione, sparge qualche albero a pioggia, come se ci trovassimo in qualche anonimo slargo di periferia.
RUBRICHE MUSICA
Questa rubrica curata da Palo Viola @arcipelagomilano.org
Il titolare della rubrica ci invia questo articolo di Mattia Petrilli I concerti di capodanno e la nostra piccola provincia
Ormai da diversi anni, la RAI festeggia il primo gennaio trasmettendo il concerto dalla Fenice di Venezia, intorno alle 12:30. Intanto il resto del globo si sintonizza con il Musikverein di Vienna, addobbato di splendide fantasie floreali, dove i mitici Wiener Philharmoniker si cimentano nei tradizionali walzer della premiata ditta Johann Strauss & Sons. La domanda nasce spontanea, e si discusso gi molto a riguardo perch tutto il mondo apre lanno con le note del Bel Danubio Blu o della Marcia di Radetzky, e invece lItalia si comporta diversamente, mandando in differita il concerto di Vienna, in coda a quello di Venezia? Vorrei dire la mia. Piccola premessa: intendiamoci, niente da dire sullesecuzione della Fenice diretta da Daniel Harding, il concerto stato molto buono, lorchestra ha suonato molto bene, i cantanti chi pi chi meno si sono espressi con qualit (ha spiccato la Rancatore). Eppure, e non me ne vogliano gli amici e colleghi della laguna, doveroso riconoscere la supremazia viennese: i Wiener sono i Wiener! inarrivabili per il colore del suono, la leggerezza, la precisione, i virtuosismi Questanno poi sono stati diretti da Franz Welser-Moest, che ha dato allesecuzione unaurea pacata, soave, sublime, esaltando lorchestra, a volte senza dirigerla neppure, cercando differenze dinamiche estreme, un suono profondo e leggero, fraseggi lunghi ed emozionanti: e lintesa delle parti era perfettamente coesa. Il concerto da Vienna un evento ormai secolare, una tradizione che continua da anni, che pu sembrare conservatrice e chiusa in se stessa, ma che invece a mio modo di vedere sintomo di grande globalizzazione e di estrema modernit. Un messaggio a tutto il globo, un messaggio di musica, di cultura, di qualit, di bellezza! Un messaggio per tutti, diretto a tutti, che tutta Europa e gran parte del mondo ricevono contemporaneamente! Simbolicamente importante, necessario in questo momento storico e sociale di profonda divisione in cui razzismo, xenofobia e chiusura sono ancora cos presenti nei governi e nelle societ mondiali suona quasi rivoluzionario! LItalia invece sembra prendere le distanze: si chiude agli altri, non si sintonizza con questo messaggio universale, e fa per s, nel nome della tradizione italiana, nel nome della supremazia musicale del nostro paese, dei nostri compositori, dei nostri musicisti, dellOpera Italiana, snobbando invece una cultura e una tradizione musicale, quella dei walzer viennesi, tacciandola come frivola, ripetitiva, inferiore Volendo dire la verit, volendo fare le pulci e confrontare i due eventi, mi verrebbe da affermare la forte diversit e novit che il programma di Vienna ha segnato rispetto alle edizioni precedenti,
14
con le stupende coreografie dei balletti austriaci, cos delicati, ammiccanti, eleganti, mentre la Fenice ha riproposto il solito repertorio nazional-popolare introdotto dallinno di Mameli, con un cast impreziosito dal ballerino di Maria de Filippi, Kledi Kadiu, visivamente impacciato, e improbabili stacchetti free-style di tre individui che avrebbero dovuto, considerando lorario di pranzo, provvedere almeno alla depilazione della propria panza. Altra differenza abnorme, il pubblico: a Vienna attento, rispettoso, in unestasi raccolta e generosa, soprattutto variopinto, con austriaci vestiti dei loro costumi tradizionali, con giapponesi in kimono, con volti provenienti dalle culture arabe, indiane, asiatiche a Venezia invece molto rumoroso, rigorosamente veneto, assolutamente non educato, che ha saputo rovinare lestatica atmosfera che direttore e coro avevano saputo ricreare applaudendo durante lultima, lunga, delicatissima nota del V pensiero oppure applausi scroscianti e urla da stadio (credo di aver riconosciuto la voce di Aldo Busi, presente nel pubblico, che sbraitava bravoooo alla fine dei brani) che ad esempio hanno distrutto la raffinata intenzione conclusiva della Rancatore nellaria Oh mio babbino caro dal Gianni Schicchi di Puccini, quasi a voler dimostrare, urlando e applaudendo per primi, che conoscono il brano e sanno esattamente quando finisce non rendendosi per conto che in questo modo disintegrano la magia scaturita da un cos poetico diminuendo o calando.
In definitiva il messaggio che ne esce a mio avviso molto dannoso, soprattutto poco consono alla situazione culturale in cui versa lo stivale: affermare ora la superiorit della cultura del Bel Paese, esaltare lOpera italiana e i suoi teatri, come dire che tutto va bene, quando invece la nave sta andando inesorabilmente, e neanche poi tanto lentamente, a fondo. Il 2011 celebrer i 150 anni dellUnit dItalia, ne esalter larte, la cultura, le tradizioni ma limmagine che mi sorge invece il tentativo subdolo di approfittare della situazione, dellevento, della data, per nascondere la polvere e lo sporco sotto i tappeti. Sarebbe invece doveroso dare un messaggio onesto e costruttivo, che sia di monito, e che per altro Daniel Harding ha giustamente, e non credo inconsapevolmente, lanciato nel momento di salutare il pubblico a fine concerto: Grazie allItalia per la Cultura che ci ha regalato. Io mi auguro che presto si possa ringraziare lItalia per la Cultura che ci regala fino ad allora, cara Rai, facci iniziare lanno alla grande, facci cominciare dal si bemolle del Bel Danubio Blu e della Marcia di Radetzky, facci sentire cittadini del mondo facci ascoltare i Wiener! Mattia Petrilli Appuntamenti da non perdere * luned 17: alla Scala concerto straordinario di Eugenij Kissin con un programma interamente listziano per il bicentenario della nascita del grande pia-
nista e compositore che cade nellottobre di questanno * marted 18: al Conservatorio, per la Societ del Quartetto, il Quartetto darchi Takcs di Budapest con un bel programma dedicato a Haydn (op.74, n.1), Bartk (n. 3) e Mendelssohn (n. 3, op 13) * mercoled 19: sempre al Conservatorio, per la Societ dei Concerti, un trio di giovani bravissime concertiste (Laura Gorna violino, Cecilia Radic violoncello e Laura Manzini pianoforte) esegue musiche di Haydn, Clara Wieck e Smetana (il famoso trio in sol minore) * gioved 20: al Teatro Dal Verme per i Pomeriggi Musicali concerto diretto da Andrea Battistoni con Fernando Caida Greco al violoncello, con due belle opere di Haydn: il Concerto per violoncello e orchestra in re maggiore e la Sinfonia n. 96, detta il Miracolo, precedute dalla Simple Symphony di Britten * il 20, 21 e 23 allAuditorium di largo Mahler lOrchestra Verdi diretta da Xian Zhang eseguir la Messa da Requiem (soli, coro e orchestra) di Giuseppe Verdi * infine luned 24 e sabato 29 al Conservatorio, per le Serate Musicali, due ottimi concerti rispettivamente della pianista siberiana Elisso Virsaladze, con un programma tutto dedicato a Schumann, e del duo di Geza HosszuLegocky e Marta Argerich, violino e pianoforte, con un programma che per il momento una sorpresa.
ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo @arcipelagomilano.org
15
Si possono trovare quindi le famose sedie, nella serie delle Eighth Investigations, 1971; gli altrettanti celebri orologi, le definizioni di tempo, oggetto e orologio tratte dal dizionario, e ancora neon e foto su Art as Idea as Idea, 1966. Un lavoro cervellotico, difficile da capire a un primo impatto, ma cos larte concettuale e il lavoro di Kosuth,
che ha dagli anni Sessanta ha esplorato il significato e la produzione del linguaggio. Una mostra sicuramente interessante, suggestiva, che porta a far riflettere sul significato di alcune categorie, come quella del tempo, e sul messaggio che larte concettuale di oggi vuole esprimere.
Joseph Kosuth, Texts for Nothing, Galleria Lia Rumma, via Stilicone 19, Orari: da marted a sabato, dalle 11:00 alle 13:30 e dalle 14.30 alle 19:00 Ingresso libero.
Benvenuto, Novecento!
Dopo tre anni di lavori, progetti e polemiche si finalmente inaugurato il Museo del Novecento nello storico palazzo dellArengario, completamente rinnovato, con oltre 5 mila metri quadrati di spazio per ospitare le oltre 400 opere delle Civiche Raccolte milanesi. Grande evento mondano stata linaugurazione stessa, avvenuta il 6 dicembre, alla quale hanno partecipato volti noti della cultura e della politica milanese. Un progetto innovativo e futuristico, pi unistallazione che unarchitettura, come racconta Italo Rota, architetto responsabile del progetto. Grandi vetrate, scalone a spirale che ricorda il Guggenheim di New York, nicchie e passerelle che collegano lArengario col primo piano di Palazzo Reale. A coronamento di questo edificio lenorme Neon di Lucio Fontana, progettato nel 1951 per la IX Triennale, ed esposto in una terrazza vetrata che domina la piazza del Duomo e diviene faro e simbolo del museo stesso. E poi un ristorante nella Torre, un bookshop ben fornito e spazi per la didattica, oltre che luoghi in cui possibile sostare. Un museo come non ce nerano mai stati a Milano, ma che oltre ai pregi inconfutabili, tra cui quello di raccogliere in un solo luogo pezzi fondamentali della storia artistica milanese ma non solo, si porta dietro, quasi inevitabilmente, uno stuolo di polemiche. A cominciare proprio dallinizio del percorso espositivo. Dopo un ingresso avveniristico, con armadietti luminosi e monitor appesi al soffitto, si sale lenorme rampa spiraliforme che conduce ai vari piani del museo. Ma c un primo problema. Sulla sinistra, quando meno te lo aspetti, ecco comparire lenorme tela del Quarto stato di Pellizza da Volpedo, prelevata dalla sede storica della Galleria darte moderna e messa in una nicchia dal fondo nero. Proprio questa nicchia divenuta oggetto di questioni e polemiche. Una collocazione poco adatta, troppo poco visibile per un quadro di quella importanza, significato e dimensioni. Dovrebbe aprire idealmente il percorso storico artistico. Si trova relegato in un punto di passaggio: quasi ci si passa davanti senza accorgersene, anche per il fondo troppo scuro su cui posto. Il percorso prosegue poi in modo pi funzionale. Aprono le danze alcune opere della collezione Jucker, prima conservata a Brera; la favolosa serie dei quadri di Boccioni, Carr, Balla e degli altri Futuristi, con la famosissima scultura di Boccioni Forme uniche nella continuit degli spazi, esposte in sale con pannelli color crema e colonne di marmo. Si prosegue poi con gli anni Venti e Trenta e le sale monografiche di Morandi, De Chirico, Martini.Il percorso continua in ordine cronologico. Il ritorno allordine del gruppo di Novecento, gli antagonisti della Scuola Romana, i Chiaristi, De Pisis. Si incontrano poi, in un continuo dentro e fuori un po labirintico, Manzoni e Burri, il Gruppo T, lArte Povera, Marino Marini. Lucio Fontana ha una sala tutta per s che si affaccia sul celebre Neon e dove possibile ammirare, nel mezzanino, il famoso soffitto realizzato da lui nel 1956 per la sala da pranzo dellHotel del Golfo di Procchio allIsola dElba, decorato con segni, tagli e incisioni operati direttamente sullintonaco fresco e riempiti di colori puri. Soffitto che ha subito rocambolesche vicende e che stava per essere distrutto nel corso di un radicale intervento di ristrutturazione delledificio. Solo la Soprintendenza di Brera e la Fondazione Fontana con il loro intervento, hanno permesso il salvataggio del soffitto. Al centro delledificio scorre un imponente impianto di doppie scale mobili. Un po centro commerciale, un po Centre Pompidou. Una parte molto importante quella dedicata allarte davvero contemporanea, che ospitata nel piano superiore di Palazzo Reale, collegato da una passerella che conduce in sale grandi e adatte alle dimensioni fuori misura di certe opere. Rotella, Pistoletto, la Land art, la Pop art, larte concettuale, istallazioni ottiche e reali in cui lo spettatore pu entrare e lasciarsi stordire dai giochi di specchi, luci, suoni. Finalmente a Milano un museo di arte contemporanea degno di questo nome, nel cuore della citt. Con un ultimo interrogativo. E Casa Boschi-Di Stefano? Moltissime opere esposte al museo provengono da quello straordinario ambiente espositivo che era la casa dei coniugi Boschi. Certo, questo trasferimento era gi in programma fin dai tempi della loro donazione, ma sicuramente la fisionomia di questa casa-museo radicalmente cambiata e forse anche snaturata. Rimane Savinio, simbolo della casa, ma se ne sono andati importanti e altrettanto significativi Sironi, De Chirico, Manzoni e Fontana. Come fare per non cambiare la fisionomia della casa-museo ma allo stesso tempo permettere di avere una visione globale della storia artistica del Novecento? Questa lardua questione. Per ora ci accontentiamo di questo nuovo e veramente attuale museo, gratuito fino al 28 febbraio. Museo del Novecento, Palazzo dell Arengario, Piazza Duomo, Orari: lun 14.30 - 19.30, mar mer ven dom 9.30 19.30 giov sab 9.30 - 22.30 Ingresso gratuito fino al 28 febbraio 2011
16
A Palazzo Reale esposta, fino al 30 gennaio 2011, una straordinaria scelta di opere provenienti dalla collezione alSabah degli sceicchi del Kuwait Nasser Sabah Ahmed al-Sabah e Hussah Sabah Salem al-Sabah. Trecentocinquanta pezzi preziosi e raffinati, scelti tra gli oltre 26.000 della collezione completa. Collezione raccolta a partire dal 1975, dai due coniugi, costruendo negli anni un percorso interessante e vario, che va a coprire temporalmente e geograficamente un universo molto ampio, dal VII al XVII secolo, dalla Spagna all Oriente. E linizio di una avventura straordinaria e probabilmente irripetibile, fatta di intelligenza, amore, competenza, lungimiranza, curiosit, dice con entusiasmo il curatore della mostra, Giovanni Curatola. E nel 1983, in occasione della Festa Nazionale del Kuwait, che gli sceicchi offrono al loro Paese, e al mondo intero, il prestito permanente della loro Collezione al museo Nazionale del Kuwait, in unapposita ala destinata a ospitare milleduecento eccezionali opere darte islamica. Le opere provengono da tutto l'universo arabo, in un arco cronologico che va dall'antichit fino alle dinastie dei tre Imperi: Ottomano, Safavide e Moghul.
Testimonianze che esprimono la molteplicit delle realt artistiche del mondo islamico, ispirate e contagiatesi vicendevolmente dagli influssi delle civilt susseguitesi nel corso dei secoli, in un reciproco scambio di ispirazioni e influenze. La civilt romana, quella bizantina, indiana, cinese e persiana offrono e ricevono stimoli e influssi, mirabilmente raccolti in mostra. E in mostra vari e diversi sono gli oggetti esposti, come anche i materiali, fragili e preziosi come il vetro o le stoffe antiche, ma anche saldi e possenti come la pietra dei capitelli. La mostra si divide in due parti: la prima met consiste in un percorso cronologico scandito in quattro momenti, dagli albori fino ai tre grandi imperi. Nella seconda parte si approfondiscono temi importanti e ricorrenti in tutta larte musulmana, di ogni Paese. Calligrafia, decorazione geometrica, motivi ad arabeschi fino ad arrivare allarte figurativa. Ci tiene a sottolinearlo il curatore, bisogna smentire il luogo comune di una pretesa iconoclastia musulmana. Chiude la mostra una sezione dedicata ai gioielli, incredibili e magnifici, che faranno sognare di sicuro ogni donna. Gioielli da vera regina. Insomma un percorso tra unarte diversa e lontana dalla nostra, ma che in
fondo qualcosa in comune ce lha. Basti pensare alle pagine del Corano e di libri e manoscritti, mirabilmente miniate, come i nostri codici medievali, o alle iscrizioni incise nella pietra dei portali o sulle pietre tombali. Qualcosa di molto vicino alla nostra storia. Non mancano tappeti da mille e una notte, pugnali e spade in cui sono incastonate pietre di inestimabile valore, oggetti da toeletta e quotidiani, dalle posate agli scacchi. Una mostra itinerante, perch questi oggetti viaggeranno dall'Austria al Canada alla Corea, per permettere a tutto il mondo di ammirare questa incredibile collezione. Un viaggio che ha anche un doppio senso pi profondo, poich Islam e Occidente sono sempre stati caratterizzati da un rapporto dinamico, a volte pacifico, a volte meno, ma comunque sempre caratterizzato da scambi reciproci: e l'arte islamica proprio questo, un crogiuolo di culture. Perch come dice la collezionista - la cultura rapporto. Al-Fann. Arte della civilt islamica fino al 30 gennaio 2011, Palazzo Reale, piazza Duomo Orari: 9.30-19.30, lun 14.30-19.30, giov e sab 9.30-22.30 Biglietti: intero 9, ridotto 7.50.
17
tesche di Santa Brigida di Svezia. Una bella opera, adatta pi che mai al prossimo periodo natalizio e a una visita con la famiglia. Con un occhio di riguardo anche ai pi piccoli, per i quali vengono
16 novembre 2010-30 gennaio 2011 Museo Diocesano di Milano corso di Porta Ticinese, 95 Orari: marted - domenica ore 10-18 Costi: intero 8, ridotto 5, marted 4
18
In mostra, i paesaggi aridi catalani sono usati come sfondo teatrale alla miriade delle immagini-feticcio preferite da Dal: telefoni giganti, orologi molli, grucce, formiche, giocatori di baseball, limmancabile Gala e le uova. Uova da cui era ossessionato, secondo la sua teoria del molle e del duro. E un uovo gigante infatti accoglie il visitatore in mostra, a contenitore della prima opera del percorso, una super surrealista Venere di Milo con cassetti. E pon pon di pelliccia. Nelle varie stanze prende forma un Dal meno conosciuto. Non solo il surrealista ossessionato dalla sessualit e dai fluidi corporei ma soprattutto il fine conoscitore delle tecniche pittoriche e della storia dellarte, sperimentatore delle nuove scoperte ottiche. Dal profeta del clima bellico, lui, pittore apolitico per scelta e anzi opportunista. Quando scoppia la guerra civile spagnola, nel 1939, Dal va in esilio volontario in America e in Italia, dove ha la possibilit di approfondire il Rinascimento italiano, per lui la massima espressione della perfezione. Tutte le sue opere sono disseminate
di riferimenti culturali, anfore antiche, busti e statue greche, citazioni-parodieomaggio a Velazquez, Michelangelo, Leonardo. Sconvolto dal lancio della bomba atomica, si innamora dellatomo, della fisica e i paesaggi diventano post atomici, le particelle atomiche compaiono nelle sue opere. Punto forte dellesposizione la ricostruzione del salotto surrealista da abitare (la prima versione a Figueres), la stanza col volto di Mae West, la diva americana degli anni Trenta. Dopo aver visto la sua foto su una copertina Dal crea un vero salotto, in cui il visitatore invitato a sedere sul Dalilips, divano a forma di rosse labbra carnose, vero oggetto di design prodotto in serie. Intorno un camino a forma di naso e boccoli biondi come tende, mentre un proiettore permette allo spettatore di vedersi in contemporanea sulla parete di fronte. Secondo esplicita volont di Dal. Lultima stanza mostra un Dal che non ti aspetti, cattolico ma agnostico al tempo stesso, su sua ammissione. Un crocifisso sospeso, angeli in una terra apoca-
littica, il volto di Gala, ormai morente, a indicare la spiritualit di un uomo che anelava a toccare il cielo, a trovare una strada per comunicare con Dio. Conclude il percorso il cortometraggio animato e inedito Destino, con i disegni creati nello studio Disney nel 1946 e realizzato per la prima volta nel 2003. Un mondo surreale, popolato dalle sue fantasie e ossessioni. Una chicca per la prima volta in Italia. Le opere provengono soprattutto dal Teatro-museo di Dal a Figueres, monumento e trionfo del kitch che progett e costru lui stesso e dove volle farsi seppellire, nel 1989. Non una retrospettiva n una mostra antologica. Unoccasione per conoscere meglio un artista troppo spesso banalizzato. Dal. Il sogno si avvicina. Dal 22 settembre al 30 gennaio 2011. Palazzo Reale. Orari: marted- domenica 9.30/19.30 luned 14.30/19.30 gioved e sabato 9.30/22.30 Biglietti. Intero: 9 . Ridotto 7,5
19
CINEMA
questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani @arcipelagomilano.org
SE MI LASCI TI CANCELLO
[Eternal Sunshine of the Spotless Mind, USA, 2004, 108] di Michel Gondry con: Jim Carrey, Kate Winslet, Tom Wilkinson, Mark Ruffalo, Elijah Wood, Kristen Dunst
Pagine strappate, non mi ricordo di averlo fatto, dice Joel Barish (Jim Carrey) osservando il suo diario. in treno: quella mattina, un impulso improvviso lha spinto a disertare il lavoro per andare sulla spiaggia di Montauk. Inizia cos Se mi lasci ti cancello [Eternal Sunshine of the Spotless Mind, USA, 2004, 108] di Michel Gondry. Joel non comprende il perch, ma il desiderio di raggiungere quella spiaggia profondo. Lungo il tragitto incontra Clementine (Kate Winslet); limmediata complicit tra i due fa pensare che non siano l per caso, quasi come se non fosse la prima volta che si incontrano. Forse, in quelle pagine strappate, cera un disegno, una frase, un ricordo comune. In effetti, proseguendo sulla strada disegnata da Charlie Kaufman, Pierre Bismuth e Michel Gondry sceneggiatori del film scopriremo presto che Joel e Clem avevano una storia. Poi, quando la relazione si spezzata, per eliminare il dolore dei ricordi, i due hanno scelto di rivolgersi alla societ Lacuna Inc.: specializzata in cancellazione del passato. La regia si sofferma forse qualche minuto di troppo sul ruolo di questa societ, la cui attivit si pu rendere in modo chiaro attraverso una frase di Friedrich Nietzsche: Beati gli smemorati perch avranno la meglio anche sui loro errori. Curioso che a citarla, nel film di Gondry, sia la segretaria della Lacuna Inc. Mary Svevo (Kristen Dunst) con quel cognome che rimanda ai viaggi nella memoria affrontati da Zeno Cosini, e alla sua nietzchiana (di nuovo Nietzche?) convinzione secondo cui il tempo non quella cosa impensabile che non sarresta mai. Da me, solo da me, ritorna [Italo Svevo, La coscienza di Zeno, 1923]. Nel film, allora, il ruolo della societ Lacuna serve da contorno per raccontare qualcosaltro. Il Jim Carrey di Se mi lasci ti cancello, cos come aveva fatto nel ruolo di Truman [The Truman Show, Peter Weir, 1998], protagonista di una fuga. Truman scappava sognando unaltra vita, preferendo il buio nascosto dietro a una porta misteriosa piuttosto che la prigionia di Seahaven; Joel fugge nel labirinto della sua mente, stavolta aggrappandosi allimmaterialit dei ricordi per sconfiggere il buio della dimenticanza. Quello che noi vediamo linvenzione onirica creata dalla mente di Joel. Niente ha pi senso: veniamo immersi in unorgia di ricordi, con tempi e spazi che si cavalcano e scavalcano. Joel si perde ricordando il suo passato; Clementine il suo filo di Arianna che lo tiene lontano dalloblio. Cerca di nascondere Clem nei suoi ricordi pi remoti, evitandone la cancellazione. La percezione del protagonista si materializza e diventa immagine per i nostri occhi. Ma guardando ci sentiamo smarriti. Non capiamo pi dove sia linizio e dove la fine (sempre se esiste un inizio e una fine). Siamo persi allinterno di una sceneggiatura che pareva averci preso per mano, inizialmente, per poi abbandonarci nella ragnatela creata da Joel e Clem. Una ragnatela parente di quella tessuta in Spider [David Cronenberg, 2002, 98] da Dennis Cleg (Ralph Fiennes) nellesplorazione della sua mente, notando come realt e memoria sono concetti flessibili, dai confini fluidi. Il titolo originale del film di Gondry Eternal Sunshine of the Spotless Mind una raffinata citazione dellopera Eloisa to Abelard [1717] di Alexander Pope, che pu essere resa in italiano con infinita letizia della mente candida; decisamente pi calzante del vile titolo scelto per la versione italiana. Ma, nonostante tutto, linfinita letizia raggiungibile attraverso la persistenza della memoria, grazie alla quale la mente candida rifiuta loscurit. Il tempo, tramite i ricordi, ritorner in maniera ciclica anche per Joel e Clem (cos come per Zeno). Torneremo su quella spiaggia a Montauk assieme a loro ma che sia linizio o la fine questa volta le pagine del diario non saranno strappate. E, tutto sommato, non sar il dimenticare gli errori a garantire beatitudine, ma la consapevolezza che quegli errori torneranno anche loro in maniera ciclica poich fanno parte del loro amore. Paolo Schipani Il film, proiettato ieri (11 gennaio 2011) rientra nella rassegna Cinesofia Incontri di Cinema e Filosofia organizzata da Apollo SpazioCinema e Fondazione San Raffaele. Programmazione e dettagli a questo link: ://narrabilando.blogspot.com/2010/10/c inesofia-milano.html
AMERICAN LIFE
di Sam Mendes [USA Regno Unito, 2009, 98] con John Krasinski, Maya Rudolph, Carmen Ejogo, Catherine O'Hara, Jeff Daniels
Ben e Verona sono una coppia di giovani adulti di trentaquattro anni che inaspettatamente scopre di aspettare un bambino. La vicinanza con i genitori di Ben il motivo per cui vivono in Colorado e il loro supporto ci che si aspettano per colmare le incertezze legate a questa attesa destabilizzante. I genitori sono la scossa che smuove le loro vite. La loro bizzarra e inattesa decisione di trasferirsi per due anni ad Anversa causa un terremoto nelle vite dei protagonisti. La colonna a cui sono appoggiati viene meno. Lunica soluzione che si prospetta, per evitare un fallimento personale, cercarne altrove una nuova. Siamo completamente privi di vincoli uno scenario da sogno, ci confida Verona. Come non invidiarli. Non hanno obblighi lavorativi, le loro professioni che non sono limitate dalle mura di un ufficio. Verona e Ben partono quindi per un intenso e imprevedibile viaggio formativo durante il quale, con lo sguardo ingenuo che li contraddistingue, cercano la ricetta per diventare buoni genitori. Il ragionamento per esclusione quello che decidono di adottare, non potendo anticipatamente sapere che tipo di genitori diverranno, tappa dopo tappa, comprendono quali, senza dubbio, non vogliono essere. Le figure illusorie
20
che trovano lungo il percorso aiutano a cementificare quelle instabili basi che avevano al momento della partenza Away we go il titolo dellopera originale ed inspiegabile questa insipida trasformazione per il mercato italiano in American Life. Lautentico andiamo via ci comunica adeguatamente la voglia di ricerca da parte dei due protagonisti di un piccolo angolo di felicit. American Life lultimo film realizzato
da Sam Mendes. Lo stesso che, poco pi di dieci anni fa, ha esordito cinematograficamente con il capolavoro American Beauty, che gli subito valso lOscar per la miglior regia. La sceneggiatura il frutto di quel formidabile genio di Dave Eggers, per riprendere il titolo del suo libro pi celebre. Il connubio tra il regista e lo scrittore ci regala limmagine di unAmerica fragile e impaurita che cerca, con soluzioni infi-
nitamente diverse, leffimera creazione di una campana invisibile sotto cui proteggersi. Marco Santarpia In sala a Milano: Cinema Eliseo 15:30 17:50 20:20 22:30; Cinema Apollo 12:50 14:50 16:45 18:40 20:40 22:30; UCI Cinemas Bicocca 22:30
GALLERY
VIDEO
21