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MECCANICA DELL’AUTO
INDICE
1 INTRODUZIONE ....................................................................................................... 2
1.1 Definizione e classificazioni ............................................................................... 2
1.2 Omologazione dell’autoveicolo .......................................................................... 2
2 LA CARROZZERIA .................................................................................................. 3
2.1 La scocca ............................................................................................................. 4
2.2 L’autotelaio di carrozzeria ................................................................................... 6
2.3 Parti mobili: ferratura e carrozzatura .................................................................. 6
2.4 Finizioni .............................................................................................................. 7
3 L’INSIEME AUTOTELAIO ...................................................................................... 7
3.1 Il complesso ruota-pneumatico ........................................................................... 8
3.2 Le sospensioni veicolo ........................................................................................ 9
3.3 I parametri caratteristici delle ruote .................................................................... 9
3.4 Le tipologie di sospensioni veicolo ..................................................................... 11
3.5 L’impianto di sterzo ............................................................................................ 14
3.6 L’impianto frenante ............................................................................................. 16
3.7 La sospensione motore ........................................................................................ 20
4 LA TRASMISSIONE DEL MOTO ........................................................................... 20
4.1 Generalità ............................................................................................................ 20
4.2 La frizione ........................................................................................................... 21
4.3 Il cambio di velocità ............................................................................................ 22
4.4 L’albero di trasmissione ...................................................................................... 25
4.5 I giunti ................................................................................................................. 25
4.6 La coppia conica di riduzione ............................................................................. 27
4.7 Il differenziale ..................................................................................................... 28
4.8 Ponte posteriore e semiassi ................................................................................. 30
5 IL MOTORE E LE TRAZIONI ALTERNATIVE ................................................... 31
5.1 Generalità ............................................................................................................ 31
5.2 La vettura elettrica ............................................................................................... 32
5.3 I veicoli ibridi ...................................................................................................... 33
5.4 Le celle a combustibile: l’auto a idrogeno .......................................................... 33
6 EQUIPAGGIAMENTO ELETTRICO E ACCESSORI .......................................... 34
6.1 Generatore di corrente ......................................................................................... 35
6.2 Batteria di accumulatori ...................................................................................... 37
6.3 Motorino di avviamento ...................................................................................... 37
6.4 Dispositivi di illuminazione, segnalazione, controllo e accessori ....................... 38
7 TRAZIONE STRADALE ........................................................................................... 40
7.1 Aderenza ............................................................................................................. 40
7.2 Resistenze al moto .............................................................................................. 40
7.3 Velocità massima, pendenza superabile, riprese e accelerazioni ........................ 43
7.4 Spazio di frenatura .............................................................................................. 44
7.5 Consumi di carburante ........................................................................................ 45
BIBLIOGRAFIA ......................................................................................................... 45
K-2 MECCANICA DELL’AUTO
1 INTRODUZIONE
Il tema della meccanica dell’autoveicolo, a causa della grande importanza di questo mezzo
e della crescente complessità della sua architettura, è sicuramente tanto interessante quanto
vasto da affrontare.
Questo capitolo non ha quindi la pretesa di essere esaustivo, bensì mira a dare una panora-
mica generale dei principali componenti o sottosistemi che caratterizzano l’autoveicolo, con
particolare riferimento alle soluzioni tecnologiche più recenti e, ove possibile, fornendo indi-
cazioni sulle evoluzioni che ci attendono nel prossimo futuro.
1.1 Definizione e classificazioni
Con il termine autoveicolo si intende comunemente un veicolo a propulsione meccanica,
appoggiato su almeno quattro ruote, che si muove su una superficie solida (sono quindi inclusi
anche i rover per esplorazioni planetarie), in modo autonomo, senza essere vincolato meccani-
camente a seguire una predeterminata traiettoria.
Gli autoveicoli sono classificati sulla base delle differenti mission specifiche (ciò a cui il
veicolo in esercizio è destinato e per il quale è stato progettato) e delle diverse soluzioni archi-
tettoniche adottate perché possano adempiere al proprio compito con successo. Generalmente
si distingue fra:
- autovetture: veicoli a quattro ruote, destinati al trasporto di persone, capaci di contenere fino
a nove posti, conducente incluso;
- autobus: utilizzati per il trasporto di persone, con più di nove posti, compreso il conducente;
- autoveicoli promiscui: utilizzati per il trasporto di persone o cose;
- autocarri: a due o più assi sono utilizzati per il trasporto di cose;
- trattori stradali: sono destinati al traino e non atti a portare carico utile proprio;
- autotreni: combinazione di autocarro e rimorchio;
- autoarticolati: sono costituiti da un trattore e un semirimorchio;
- autosnodati: sono costituiti da più elementi, dei quali uno motore, interconnessi non rigida-
mente.
Un’altra comune classificazione si opera in base alla sorgente di energia che, opportuna-
mente trasformata, genera energia meccanica utilizzata per la trazione sotto forma di coppia
fornita alle ruote motrici. Si hanno pertanto:
- autoveicoli a combustibile liquido, in cui la sorgente è data dall’energia chimica del combu-
stibile (diesel, benzina, gasolio);
- autoveicoli elettrici a batterie ricaricabili;
- autoveicoli ibridi, che sono combinazione dei due precedenti;
- autoveicoli a combustibile gassoso, quali il GPL o il metano (CH4);
- autoveicoli a celle a combustibile (fuel cell), che utilizzano la reazione elettrolitica fra idro-
geno e ossigeno per generare corrente elettrica (e acqua).
1.2 Omologazione dell’autoveicolo
Un autoveicolo, per poter essere immesso sul mercato, deve essere conforme a un insieme
di caratteristiche tecniche definite per legge da enti governativi specifici (livello nazionale) o
nell’ambito di gruppi di Paesi (livello internazionale o sovranazionale).
Per ottenere l’omologazione europea, un tipo di vettura deve essere conforme a numerose
direttive specifiche che definiscono i livelli prestazionali minimi nelle seguenti cinque aree:
- prestazioni ambientali: rumorosità, emissioni, consumi;
- sicurezza attiva: frenatura, visibilità;
- sicurezza passiva: cinture di sicurezza, deformazioni all’urto;
- illuminazione: vari componenti di fanaleria;
- altre prescrizioni: ganci di traino, masse e dimensioni.
Nella tabella K.1 vengono riportati l’elenco delle prestazioni minime previste dalla Diret-
tiva CE 98/14, per l’omologazione degli autoveicoli, e le rispettive direttive specifiche.
LA CARROZZERIA K-3
Gli obiettivi di questa normativa sono quelli di rendere più sicura la guida, ridurre le con-
seguenze di eventuali collisioni e contenere l’impatto negativo del traffico stradale sul-
l’ambiente.
L’evoluzione nel tempo di queste leggi, che prevederà ulteriori norme sempre più severe
per i costruttori, sta già influenzando e condizionando pesantemente le soluzioni tecnologiche
che saranno impiegate negli autoveicoli nel prossimo futuro.
2 LA CARROZZERIA
La carrozzeria è la parte del veicolo destinata a contenere e isolare dagli agenti esterni i
passeggeri e il carico.
Con l’avvento, ormai generalizzato, di carrozzerie portanti, essa assume anche funzioni
strutturali di resistenza a carichi esterni, con deformazioni limitate (rigidezza) e protezione
degli occupanti in caso di urti.
Per evitare confusioni, nel caso di carrozzeria portante si definisce:
- carrozzeria, la struttura di rivestimento esterno applicata al telaio per formare l’abitacolo di
contenimento delle persone e del carico;
- scocca, lo scheletro che costituisce la parte propriamente resistente alle sollecitazioni di
deformazione flessionale e torsionale;
- autotelaio di carrozzeria, la parte bassa della scocca, che si interfaccia con gli organi mecca-
nici;
- parti mobili, componenti in lamiera smontabili senza distruzioni di saldature, perché bloccati
meccanicamente;
- finizioni, le parti decorative con funzione di comfort o di estetica;
K-4 MECCANICA DELL’AUTO
Nella figura K.1 viene riportato il disegno della carrozzeria, detto piano di forma o Master
Model Draft.
Figura K.1 Piano di forma o Master Model Draft dell’Alfa Romeo Montreal (fonte: Mille
ruote).
2.1 La scocca
La scocca è un guscio di lamiera saldata che integra le funzioni strutturali, fra cui quella di
proteggere gli occupanti e di contenere il carico. Essa è un componente unico, in quanto le
parti che la costituiscono, collegate in genere mediante saldature, non possono essere smontate
mediante operazioni semplici.
Il profilo variabile della strada impone a ogni ruota una determinata posizione, alla quale
corrisponderà, attraverso la flessibilità delle molle delle sospensioni, un determinato carico
agente sulla scocca, che, a causa dell’asimmetria del profilo stradale e delle masse in gioco,
avrà risultante di torsione non nulla.
Le prestazioni strutturali di una scocca sono quindi valutate attraverso le rigidezze (rap-
porti fra sforzi e deformazioni) flessionali e torsionali.
La rigidezza flessionale viene rappresentata dal carico B, espresso in daN/mm, che genera
la freccia di flessione di 1 mm nella sezione di applicazione del carico stesso (fig. K.2).
2
6
4 7
11 5
Figura K.4 Elementi della scocca di un autoveicolo.
Gli elementi di chiusura sono il tetto, il pavimento anteriore e posteriore, il cruscotto e i
parafanghi.
I singoli elementi posseggono elevata resistenza grazie alla loro particolare conforma-
zione, che si ottiene saldando fra loro più lamiere sottili in modo da formare strutture cave,
assimilabili a travi.
K-6 MECCANICA DELL’AUTO
Puntone
Parafiamma
Longheroni
Pavimento
Traversa
Padiglione
Portellone
Cofano
Traversa
portafari
e paraurti
Porte
2.4 Finizioni
Dopo la fase di carrozzatura avviene il montaggio di componenti quali i cablaggi elettrici e
i rivestimenti interni del pavimento e del padiglione (imperiale). Per facilitare le operazioni, la
scocca è privata delle porte che vengono staccate e completate su una linea apposita, che si
ricongiungerà alla scocca a fine ciclo.
Seguono le operazioni di montaggio plancia, incollaggio di parabrezza e lunotto, montag-
gio fanaleria e mobiletto centrale, rivestimento montanti, guarnizioni di vario tipo e particolari
di arredamento variabili sui diversi modelli. L’ultima operazione di finitura è quella che
riguarda il montaggio dei sedili.
3 L’INSIEME AUTOTELAIO
Con l’avvento della scocca portante, l’autotelaio ha perso la funzione di elemento struttu-
rale autonomo, ma ha conservato il compito di inglobare i principali sistemi che caratterizzano
l’autoveicolo:
- il motore;
- gli organi di trasmissione del moto;
- le ruote e le sospensioni vettura;
- la sospensione motore;
- l’impianto di sterzo;
- l’impianto di frenatura.
Tali sistemi agiscono direttamente sulle prestazioni dell’autoveicolo e per questo motivo,
di solito, si associano all’autotelaio le proprietà caratteristiche di velocità, maneggevolezza,
tenuta di strada, tipo di trazione e frenatura.
Riservando la trattazione del motore e della trasmissione a opportuni paragrafi, si affron-
tano qui più nel dettaglio gli altri sistemi e impianti.
K-8 MECCANICA DELL’AUTO
Battistrada
Cintura
Tele
carcassa
Fianco
Camera
d'aria
Rinforzi
Cerchietto
Tallone
Valvola
Canale del cerchio
Il pneumatico è una struttura composita, formata da parecchi strati di tessuto gommato con
fili metallici di rinforzo, numerosi in direzione della trama e molto radi in quella dell’ordito.
Nella figura K.7 viene riportata la sezione del pneumatico montato sul cerchio.
Questa struttura ha il compito di ottenere nello stesso tempo:
- massima rigidezza del battistrada in senso radiale, longitudinale e trasversale;
- massima flessibilità dei fianchi per garantire comfort al passeggero.
La capacità di trasmettere forze anche notevoli è assicurata dall’aria in pressione con cui il
pneumatico è gonfiato, che garantisce proprietà strutturali a un componente di per sé elastico e
cedevole. I pneumatici sono classificati in base alla tipologia costruttiva (convenzionali, cintu-
rati, radiali) e al modo in cui viene trattenuta l’aria in pressione (con camera d’aria o tubeless).
Grazie alle prestazioni superiori e al maggiore comfort al giorno d’oggi, la quasi totalità
dei veicoli circolanti monta pneumatici radiali tubeless, in cui l’interno del pneumatico è sta-
gno all’aria e il tallone è modificato per impedirne la fuoriuscita. Questo aspetto è molto
importante per la sicurezza, in quanto garantisce, in caso di foratura, uno sgonfiamento gra-
duale.
L’INSIEME AUTOTELAIO K-9
Per quanto riguarda la ruota, cioè l’insieme cerchio-disco, essa deve principalmente soddi-
sfare i seguenti requisiti:
- costruzione leggera, per non gravare eccessivamente sull’entità delle masse non sospese;
- resistenza, per reggere ai carichi che si riscontrano in marcia;
- rigidità, per minimizzare la flessione laterale sotto i carichi dovuti alle accelerazioni centri-
fughe in curva;
- facile ancoraggio del pneumatico, con il profilo del cerchio che permetta un agevole mon-
taggio e smontaggio del pneumatico e garantisca un accoppiamento perfetto ai fini della
tenuta dell’aria in pressione, nonché della trasmissione delle coppie motrici e frenanti.
3.2 Le sospensioni veicolo
Le sospensioni sono il tramite fra il complesso ruota-pneumatico e la scocca e hanno il
compito di imporre la posizione del pneumatico, rispetto alla scocca e al terreno, nelle varie
condizioni di utilizzo del veicolo. Esse devono consentire alla ruota di avere moti verticali
relativi rispetto al veicolo e, nello stesso tempo, devono garantire l’aderenza al suolo, assor-
bendo le eccitazioni dovute alle asperità del terreno, che il pneumatico non è in grado di smor-
zare.
Inoltre il cinematismo della sospensione deve essere in grado di resistere alle forze messe
in gioco dal pilota in manovra, che, per scaricarsi sul suolo, passano inevitabilmente dal
sistema di sospensione.
Per far fronte a queste esigenze di tenuta di strada e comfort, la sospensione è costituita da:
- organi portanti, che assicurano la posizione della ruota rispetto alla scocca, lasciando libero
il solo moto di scuotimento; essi sono elementi rigidi strutturali (aste e bracci oscillanti in
acciaio, ghisa o alluminio), connessi fra loro tramite snodi sui quali sono ancorati elementi
elastici di assorbimento (boccole e tasselli in gomma);
- organi elastici, che garantiscono il comfort permettendo i grossi movimenti e immagazzi-
nando elasticamente l’energia cinetica generata; essi sono costituiti da molle a elica, barre di
torsione e molle a balestra;
- organi smorzatori e dissipatori, che smorzano le oscillazioni delle molle e dissipano
nell’ambiente la conseguente energia termica accumulata; l’elemento ormai generalmente
impiegato è l’ammortizzatore idraulico.
compensare l’inclinazione delle ruote e per recuperare eventuali giochi e deformazioni elasti-
che della tiranteria dello sterzo.
La convergenza è definita negativa aperta quando A1 > A2 (fig. K.8a); è detta positiva
chiusa quando A1 < A2 (fig. K.8b, le frecce indicano la direzione di marcia in vista dall’alto).
I valori normalmente adottati per la convergenza sono:
- 2-3 mm per vetture a trazione posteriore;
- 2 mm per vetture a trazione anteriore.
Angolo inclinazione
trasversale montante
Verticale
Asse montante Angolo incidenza
montante
Punto ove
incide
asse
Punto di
montante
contatto
sul terreno
Senso di marcia
Campanatura (camber)
La campanatura, detta anche angolo di inclinazione ruota (camber), è l’angolo β formato
fra un piano longitudinale al veicolo, normale al suolo, e il piano di mezzeria della ruota. Serve
per compensare l’angolo di rollio del veicolo, cercando il più possibile la perpendicolarità
ruota-suolo in marcia.
Può essere positiva (fig. K.10a) o negativa (fig. K.10b).
I valori normalmente utilizzati sono quelli da –1° a +2°.
- Sospensione a ponte torcente: le ruote sono collegate rigidamente a due bracci longitudinali
uniti da una traversa che li collega e che si torce durante gli scuotimenti dissimmetrici, dando
stabilizzazione (fig. K.12).
Questa configurazione garantisce un parziale ricupero di campanatura, alto effetto stabiliz-
zante, basso peso, basso costo e consente un lay-out ottimale dei componenti sotto scocca.
Qualche limitazione deriva dalle difficoltà nell’ottimizzazione handling-comfort, che deter-
mina una progettazione particolarmente accurata.
Per la sua architettura questa tipologia è applicata solo posteriormente ed è una delle più dif-
fuse per vetture di bassa/media gamma.
Molla
Semiasse Differenziale
Puntone
Bracci
Pinza
freno
Disco
Figura K.13 Sospensione a quadrilatero.
L’INSIEME AUTOTELAIO K-13
Ammortizzatore
a molla (portante)
- Sospensione multilink: la ruota è legata alla scocca tramite cinque aste, o bracci, fra loro indi-
pendenti, ottenendo così la più completa libertà di guida e regolazione.
Ogni asta è dedicata alla gestione di un parametro caratteristico, svincolato e indipendente
dalle altre aste; in questo modo si può gestire il variare degli angoli caratteristici agendo su
un solo componente, senza comportare variazioni indesiderate sugli altri parametri.
La sospensione multilink assicura le migliori prestazioni, ma a causa dell’alto costo e ingom-
bro, è impiegata quasi esclusivamente per sospensioni posteriori di vetture di alta gamma.
K-14 MECCANICA DELL’AUTO
in cui C è la carreggiata, P il passo del veicolo e l’angolo di sterzatura della ruota interna α è
maggiore di quello della ruota esterna β.
Approssimativamente questo si ottiene quando i prolungamenti delle due leve sterzo 1-2 e
3-4, come rappresentato nella figura K.16, si intersecano in corrispondenza dell’asse poste-
riore del veicolo.
I sistemi di sterzatura
L’apparato sterzante consta di due parti:
- cinematismo di comando, che trasmette il movimento di sterzata dal volante alle ruote o a un
cinematismo che le comanda; esso comprende il meccanismo di riduzione (scatola della
guida);
- cinematismo di accoppiamento delle ruote, che impone il movimento relativo voluto fra le
ruote sterzanti; è formato dalle leve sterzo, dai tiranti laterali e dei rinvii.
Nella figura K.16 viene riportato uno schema di quadrilatero articolato, utilizzato per la
sterzatura delle ruote direttrici con la giusta divergenza.
Figura K.16 Schema di quadrilatero articolato di sterzatura: 1-3) assale anteriore; 2-4) barra
di accoppiamento; 1-2 e 3-4) leve di sterzo; C) carreggiata; P) passo.
La condizione teorica per evitare lo slittamento trasversale delle ruote in curva è soddi-
sfatta quando i prolungamenti degli assi delle due leve di accoppiamento 1-2 e 3-4 s’incon-
trano nel punto centrale dell’assale posteriore D.
Il valore dell’angolo di inclinazione di queste leve dipenderà dal valore della carreggiata C
e del passo P.
A seconda del tipo di sospensione adottato, il primo o il secondo cinematismo ha il com-
pito di rendere indipendente il moto sterzante da quello di molleggio.
Il movimento angolare alle leve sterzo, e quindi alle ruote, può essere dato fondamental-
mente con due sistemi:
- sistema vite e rullo o vite e settore dentato, contenuto nella scatola guida che, mosso diretta-
mente dal volante, mette in movimento un sistema di leverismi e rinvii che portano il moto
alle leve sterzo solidali alle ruote; ormai è in uso solo sui veicoli industriali;
- sistema pignone-cremagliera, che muove direttamente le leve sterzo solidali alle ruote; per le
caratteristiche di peso, costo e semplicità costruttive è ormai di generale applicazione sulle
vetture. Comprende un pignone a dentatura elicoidale montato su cuscinetti a sfere reggi-
K-16 MECCANICA DELL’AUTO
spinta, che ingrana con la cremagliera con movimento assiale, sopportato da due boccole a
basso attrito; i tiranti laterali, tramite teste a snodo sferiche, portano il moto alle leve sterzo
(fig. K.17).
Tirante laterale
Pignone
Tirante laterale
Cremagliera
Boccola
Cuffia di tenuta
Come già accennato, il sistema di sterzo deve essere accuratamente scelto e dimensionato,
in coerenza con la sospensione anteriore, per evitare che gli spostamenti verticali delle ruote
inducano variazioni di convergenza indesiderate e per rendere compatibili gli ingombri.
3.6 L’impianto frenante
La frenatura di un autoveicolo ha due diverse funzioni:
- permettere la riduzione di velocità del veicolo, fino all’arresto, in spazi contenuti;
- mantenere fermo il veicolo quando si trovi in sosta.
sospensione e l’altra rotante solidalmente alla ruota, premute fra loro da un sistema a comando
idraulico. L’energia cinetica si trasforma in calore sugli elementi d’attrito, che raggiungono
temperature di centinaia di gradi.
Un impianto frenante a comando idraulico è costituito da quattro gruppi di elementi:
- elementi di comando: pedale, pompa freno, serbatoio per liquido freni, servofreno;
- elementi di trasmissione: tubazioni rigide e flessibili;
- elementi di attuazione: freni anteriori e posteriori;
- elementi di regolazione: regolatori o correttori.
Al collettore Valvola di
di aspirazione non ritorno
Frenata
prolungata
Valvola di
entrara aria
Membrana
In condizioni normali le camere sono in depressione (ottenuta dal motore a ciclo Otto, in
fase di aspirazione, o da un’apposita pompa “del vuoto”); in frenata la camera posteriore entra
K-18 MECCANICA DELL’AUTO
Pattino d'attrito
Ganascia
I freni a tamburo sono meno costosi rispetto ai freni a disco, tuttavia sono più pesanti e con
minori prestazioni; per questo sono impiegati esclusivamente sulle ruote posteriori.
Cilindretto idraulico
Ceppi
Figura K.20 Tipi di freni a tamburo con ceppi: a) incernierati; b) avvolgenti; c) flottanti;
d) a doppia espansione (fonte: Mille ruote).
Sistemi ABS (Antiblock Braking System)
Questi sistemi hanno lo scopo di evitare il bloccaggio delle ruote, diminuendo la pressione
idraulica agente sui singoli attuatori che comandano i freni, quando si raggiunge il limite di
aderenza fra ruota e terreno.
Il limite di aderenza si raggiunge nella seguente condizione:
Ff > Fz ⋅ µx
dove:
- Ff = forza frenante;
- Fz = forza verticale sulla ruota;
- µx = coefficiente di aderenza longitudinale ruota-suolo.
I sistemi ABS evitano che lo spazio di frenata si allunghi rispetto alle condizioni ideali e
contribuiscono a mantenere la stabilità e la direzionalità della vettura, in situazioni precarie di
frenatura e bassa aderenza.
All’impianto frenante tradizionale si aggiungono dei sensori che rilevano, in ogni istante,
le velocità delle singole ruote e inviano questi dati a una centralina elettroidraulica che li ela-
bora per trovare i valori di decelerazione istantanea e confrontarli con i valori di soglia memo-
rizzati all’interno.
Quando una ruota sta per bloccarsi, essa invia un segnale che permette di variare la pres-
sione del liquido freni nei cilindri delle pinze freno in modo opportuno.
K-20 MECCANICA DELL’AUTO
La definizione del numero, della posizione dei punti di vincolo alla scocca e delle caratte-
ristiche elastiche dei tasselli di supporto viene effettuata sulla base dello spettro di eccitazione
tipico di ogni motore, cercando la configurazione ottimale che permetta di trasmettere basse
forze, vincolando i tasselli alla scocca in punti di minima sensibilità acustica.
4.2 La frizione
La frizione permette di rendere indipendente il motore dalla trasmissione e di collegare la
trasmissione al motore, in modo graduale e progressivo. La coppia fornita dal motore viene
trasmessa utilizzando l’attrito che si sviluppa fra due superfici, l’una solidale all’albero motore
e l’altra all’albero primario del cambio e ruotanti rispettivamente con le due parti, premute una
contro l’altra da apposite molle.
Per evitare lo slittamento dell’innesto durante il moto, la forza esercitata dalle molle deve
essere tale da consentire la trasmissione della massima coppia motrice.
Le frizioni più comunemente adottate sono a disco unico (monodisco) o a dischi multipli
in acciaio, le cui facce sono ricoperte di materiale ad alto coefficiente d’attrito, solitamente a
base d’amianto, a disco conico diritto o rovescio (fig. K.21). La pressione fra le due superfici
può essere dovuta all’azione di una serie di molle, inserite fra il coperchio della frizione e
l’anello spingidisco, oppure all’azione di un’unica molla centrale o di una molla a diaframma a
forma di coppa, con intagli radiali e fori perimetrali.
Figura K.21 Diversi tipi di frizioni: a) a cono diritto; b) a cono rovescio; c) a dischi multipli.
Figura K.22 Coperchio frizione con molla a diaframma di produzione Fiat: 1) coperchio;
2) perni di trascinamento; 3) molla a diaframma; 4) fori.
K-22 MECCANICA DELL’AUTO
Come conseguenza, il bordo periferico della molla retrocede e allontana l’anello spingidi-
sco, cui è collegato tramite linguette metalliche, dal disco condotto, provocando il disinnesto
della frizione.
Per evitare che un involontario appoggio del piede sul pedale comando possa provocare lo
slittamento della frizione, è previsto un tratto di corsa a vuoto, registrabile, prima dell’inizio
della corsa utile di disinnesto.
4.3 Il cambio di velocità
Nella figura K.23 si riportano le curve caratteristiche (coppia, potenza, consumo specifico)
di un motore che risulta stabile e regolare solo per regimi compresi tra nc e nmax. Al di sotto di
nc il funzionamento è instabile o addirittura impossibile, al di sopra di nmax si va fuori giri. Di
qui la necessità di disporre di un cambio di velocità perché il motore possa funzionare nella
zona accettabile in ogni condizione di marcia.
Si viene a creare quindi una coppia di reazione Cr, data dalla differenza delle coppie in
entrata e in uscita, che insisterà e sarà sopportata dall’incastellatura:
Cr = Cin − Cout
Il cambio manuale più utilizzato, a ingranaggi a dentatura elicoidale, è riportato in figura
K.24 ed è costituito dai seguenti componenti principali:
- albero primario (1);
- albero secondario parallelo al primo (9);
- coppia di ingranaggi a dentatura elicoidale per la prima marcia (3) e (8);
- coppia di ingranaggi per la seconda marcia (5);
- coppia di ingranaggi per la terza marcia (4);
- coppia di ingranaggi per la quarta marcia (2);
- coppia conica e gruppo differenziale (D);
- frizione monodisco (F);
- boccole distanziali (6) e (7).
Il numero e la spaziatura dei rapporti sono scelti in funzione delle prestazioni che il veicolo
vuole garantire, in linea con l’uso per cui è stato progettato e messo sul mercato.
Gli attuali cambi in produzione si raggruppano in due categorie:
- in cascata: composti da albero di entrata (albero primario) e di uscita (secondario), paralleli
fra loro; la trasmissione avviene sempre attraverso una sola coppia di ingranaggi che realiz-
zano il rapporto desiderato;
- con presa diretta: l’uscita è coassiale con l’albero primario; il rapporto è realizzato con due
coppie di ingranaggi in presa, tranne la presa diretta che si ottiene connettendo fra loro le due
parti dell’albero primario.
La retromarcia si ottiene inserendo un ingranaggio, detto ozioso, fra una coppia di ingra-
naggi sui due alberi principali, ottenendo l’inversione del senso di rotazione sull’alberino di
uscita.
Con cambio in folle, tutte le coppie di ingranaggi sono in presa e ruotano, ma nessun moto
è trasmesso, poiché uno dei due ingranaggi della coppia è folle sull’albero di uscita. Con
K-24 MECCANICA DELL’AUTO
l’inserimento della marcia, l’ingranaggio della coppia che realizza il rapporto di trasmissione
prescelto trasmette il moto all’albero grazie allo scorrimento di un manicotto che lo rende soli-
dale con l’albero stesso.
Per evitare che si verifichino urti, strappi o difficoltà d’innesto, sono utilizzati dei sincro-
nizzatori, dispositivi che hanno il compito di portare, in maniera progressiva, il manicotto a
ruotare con la stessa velocità dell’ingranaggio, prima di consentire l’ingranamento dei due
organi.
Il sincronizzatore è un anello in bronzo, interposto fra manicotto scorrevole e ruota dentata
(fig. K.25). Esso è trascinato dal manicotto cui è parzialmente solidale e presenta dall’altro lato
una superficie conica che, sotto la spinta di inserimento marcia, si accoppia con un angolo
cono ricavato sulla ruota dentata.
La coppia di attrito che nasce dallo strisciamento delle due superfici che girano a diversa
velocità, da una parte tende a portare i due elementi alla stessa velocità angolare, dall’altra
garantisce una posizione angolare che impedisce l’ingranamento, che può quindi verificarsi
solo al cessare della coppia d’attrito, in condizioni di sincronia.
Le coppie di ingranaggi sempre in presa per la trasmissione del moto dal primario al
secondario sono due, una per le marce normali, l’altra per quelle ridotte.
Gli ingranaggi delle due coppie sono folli sul primario e l’innesto dell’una o dell’altra è
ottenuto spostando un manicotto scorrevole sul primario mediante una leva di comando situato
vicino al cambio.
Si ottiene così il doppio delle marce a disposizione, quelle normali e le corrispondenti
ridotte, demoltiplicate secondo un rapporto costante.
Moltiplicatore di velocità (overdrive)
Il moltiplicatore di velocità (overdrive) è un dispositivo che consente di ridurre di circa il
25% il regime di rotazione del motore con il cambio in presa diretta, a parità di velocità. Mon-
tato in aggiunta al cambio di velocità a 4 marce, consente su lunghi rettilinei, una maggiore
silenziosità di marcia, minori consumi e minore usura degli organi del motore.
4.5 I giunti
I giunti sono organi di piccole dimensioni che assolvono compiti fondamentali nella tra-
smissione del moto. Quelli più utilizzati sugli autoveicoli sono:
- il giunto elastico;
- il giunto cardanico;
- il giunto idraulico.
K-26 MECCANICA DELL’AUTO
Il giunto elastico
È costituito da due flange e un elemento elastico intermedio (fig. K.27). La deformabilità
dell’elemento elastico intermedio consente rilevanti spostamenti assiali, piccoli spostamenti
paralleli e angolari (5 Ö 6°). Tale giunto è utile nella trasmissione del movimento fra alberi
leggermente disassati, fungendo, allo stesso tempo, da parastrappi per compensare bruschi
innesti della frizione. Si impiega soprattutto fra il cambio e l’albero di trasmissione.
Elemento Bullone
elastico
in gomma
Forcella Forcella
Crociera
Forcella
Forcella
Disegno d'insieme
Figura K.28 Rrappresentazione schematica del giunto cardanico (fonte: Mille ruote).
I giunti cardanici sono largamente impiegati nelle trasmissioni del moto fra alberi incli-
nati, i quali formano tra loro un angolo detto di lavoro del giunto, che può raggiungere valori
fino a 25°.
Il moto di rotazione trasmesso all’albero condotto non è identico a quello posseduto
dall’albero conduttore, ma segue una legge pressoché sinusoidale, che aumenta di ampiezza
all’aumentare dell’angolo di lavoro.
Pertanto, se questo raggiunge valori elevati (oltre 10-14°), potrebbe essere necessario spez-
zare la trasmissione, inserendo un secondo giunto cardanico con identico angolo di lavoro e
forcelle site sullo stesso piano, in modo che i ritardi e le accelerazioni dati dai due giunti si
compensino fra loro e sia garantito un corretto funzionamento della trasmissione.
LA TRASMISSIONE DEL MOTO K-27
Il giunto idraulico
Il giunto idraulico, montato su cambi di velocità automatici, trasmette la coppia motrice,
utilizzando l’energia cinetica di un liquido, facilitando l’avviamento dolce e progressivo del
veicolo e attenuando le brusche variazioni di carico in marcia. Esso è costituito da due giranti,
munite di palette radiali e racchiuse in un carter contenente una certa quantità di liquido (fig.
K.29). La girante motrice è solidale con il volano motore e funge da pompa centrifuga, quella
condotta è collegata al cambio di velocità e funziona come una turbina.
Durante la rotazione del motore, il liquido viene spinto verso la periferia dalla girante con-
dotta, si infrange contro le palette di quest’ultima e ne percorre i condotti dalla periferia al cen-
tro, trascinandola in rotazione se la velocità della girante conduttrice è superiore, o frenandola
in caso contrario, per esempio in discesa in caso di rilascio dell’acceleratore (si inverte il senso
di circolazione del liquido).
4.6 La coppia conica di riduzione
Consente la riduzione del numero di giri delle ruote motrici rispetto a quello dell’albero di
uscita del cambio, risolvendo allo stesso tempo il problema della perpendicolarità fra semiassi
e albero di trasmissione.
La coppia conica di riduzione è costituita da una ruota motrice di piccole dimensioni, il
pignone, collegato all’albero di trasmissione o montato direttamente sul secondario del cam-
bio, che ingrana con una ruota condotta, la corona, di dimensioni notevolmente maggiori. Il
rapporto fra il numero di denti del pignone e della corona dentata è detto rapporto di riduzione
(fig. K.30).
Come conseguenza, il momento agente sui semiassi sarà maggiore di quello agente sul-
l’albero motore. Infatti si avrà:
M
M s = -------m-
τ
in cui τ è il rapporto di riduzione, minore dell’unità.
K-28 MECCANICA DELL’AUTO
Figura K.30 Coppie coniche: a) ad assi concorrenti e denti diritti; b) a denti ad arco di cerchio;
c) a denti ipoidali (fonte: Mille ruote).
Ove fosse necessaria una forte demoltiplicazione, possono essere impiegati gruppi vite
senza fine-ruota elicoidale o, preferibilmente, una doppia coppia di ingranaggi, una conica e
l’altra cilindrica.
4.7 Il differenziale
Il differenziale, inventato nel 1827 dal meccanico francese Onesiforo Pecqueur, è un mec-
canismo che permette alle due ruote di un autoveicolo velocità angolari diverse in caso di
necessità.
Esso è costituito da due ruote dentate coniche, dette planetari, collegate alle estremità dei
semialberi per mezzo di alberi scanalati e altre due ruote coniche, chiamate satelliti, montate
su un perno portasatelliti (fig. K.31).
I satelliti, i planetari e il perno portasatelliti sono montati su un’incastellatura di ghisa sfe-
roidale, su cui è flangiata la corona conica che riceve la coppia motrice dal pignone dell’albero
di trasmissione e la trasmette al perno portasatelliti.
LA TRASMISSIONE DEL MOTO K-29
Pignone
Satellite
Incastellatura
Scatola
Planetario
Semiasse Semiasse
Perno portasatelliti
Corona
Satellite
Figura K.31 Differenziale dell’autoveicolo (fonte: Mille ruote).
Principio di funzionamento
La coppia motrice trasmessa dal pignone alla corona fa ruotare il perno portasatelliti
attorno all’asse dei planetari, in cui i satelliti non girano attorno al proprio asse ma fungono da
legame rigido fra i planetari stessi, che in questo caso girano alla stessa velocità (veicolo che
percorre un tratto rettilineo).
Quando l’autoveicolo si trova a transitare su un tratto di strada curvilineo, la ruota interna
deve percorrere, nello stesso tempo, uno spazio inferiore rispetto a quello della ruota esterna,
effettuando inoltre un numero di giri differente, consentito dal differenziale che, in questo
caso, ha i satelliti che girano anche sul proprio asse. Le ruote motrici possono così ruotare a
velocità differenti, evitando strisciamenti che provocherebbero usura dei pneumatici e ridu-
zione di stabilità dell’autoveicolo in curva.
Differenziale autobloccante
Il numero di giri della scatola differenziale, in qualsiasi condizione, è pari alla semisomma
dei giri delle ruote. Questo comporta che nel caso in cui una delle due ruote motrici slitti su un
terreno scivoloso o sia sollevata da terra, non incontrando resistenza, possa girare a vuoto a una
velocità doppia della scatola differenziale, provocando il bloccaggio dell’altra ruota.
Dal punto di vista della ripartizione della coppia motrice, la ruota che slitta la annulla per
mancanza di aderenza; l’altra deve riceverne la stessa quantità e, per questa ragione, rimane
ferma.
Questa condizione non permette la partenza del veicolo da fermo e risulta molto pericolosa
se si verifica durante la marcia, causando sbandamenti.
Il differenziale autobloccante limita lo scorrimento relativo dei due planetari rispetto alla
scatola del differenziale, facendo sì che sulla ruota che ha aderenza rimanga una parte della
coppia che era presente prima della perdita di aderenza dell’altra.
Il sistema più diffuso risolve questo problema sfruttando dischi di frizione interposti fra
planetari e scatola differenziale, che vengono premuti con forza di intensità variabile in pro-
K-30 MECCANICA DELL’AUTO
porzione alla coppia che agisce sui planetari stessi. Quando la ruota perde aderenza, lo slitta-
mento è impedito dall’attrito interno fra disco frizione e planetario; la ruota che tende a slittare
non perde reazione e riesce a trasmettere la coppia di slittamento della frizione.
Per i problemi di partenza, su alcuni veicoli pesanti il differenziale è dotato di un disposi-
tivo di bloccaggio, costituito da un innesto a denti scorrevole su uno dei due semiassi, che con-
sente di rendere solidali fra loro i due semiassi.
4.8 Ponte posteriore e semiassi
Il ponte posteriore è un involucro metallico che, nei veicoli a trazione posteriore, collega
fra loro le ruote motrici e racchiude il gruppo di riduzione, il differenziale e i semiassi.
È costituito da un corpo centrale e da due bracci laterali che racchiudono i semiassi.
Su autocarri e autobus, in genere, le ruote motrici sono montate sulle estremità dei bracci
del ponte e i semiassi, collegati ai mozzi ruota con flange circolari, hanno il solo compito di
trascinare in rotazione le ruote e sono sollecitati solo a torsione.
Sulle autovetture a trazione posteriore, in genere, i semiassi, sopportati da cuscinetti a
sfere, o a rulli, e sporgenti a sbalzo dalle estremità dei bracci del ponte, sono portanti e solleci-
tati a torsione e a flessione, a causa del peso della ruota motrice collegata.
Negli autoveicoli con motore a trazione posteriore o a trazione anteriore, il moto viene tra-
smesso alle ruote per mezzo di semialberi articolati.
Semiassi e semialberi sono collegati al differenziale e alle ruote motrici mediante giunti
deformabili di vario tipo; le necessarie piccole variazioni di lunghezza sono garantite da appo-
siti accoppiamenti scanalati, scorrevoli assialmente, o da giunti a pattino.
Nelle ruote dotate di sospensioni indipendenti i semiassi, dovendo consentire i moti rela-
tivi fra le ruote e il differenziale, devono essere dotati di giunti snodati, cardanici, omocinetici
o in gomma.
Nella figura K.32 è riportata la vista dal basso del ponte posteriore di un autoveicolo Fiat,
con l’albero di trasmissione del moto. Si nota il corpo centrale che racchiude il gruppo di ridu-
zione e il differenziale e i due bracci laterali che racchiudono i semiassi che trasmettono il
movimento dal differenziale alle ruote motrici.
È bene comunque sottolineare che negli ultimi decenni gli sviluppi tecnologici hanno
ridotto notevolmente il livello delle emissioni di inquinanti e che i margini di miglioramento
sono ancora consistenti. I motori diesel e benzina continueranno ancora per decenni a domi-
nare il mercato, ma la dipendenza dal petrolio potrà essere progressivamente allentata.
5.2 La vettura elettrica
I primi modelli di vettura elettrica risalgono alla fase pionieristica dell’automobile e
riscossero subito un discreto successo. Tuttavia, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, il
veicolo elettrico rimase escluso dalle commesse belliche e alla ripresa della produzione il gap
prestazionale con i modelli a benzina, in rapido sviluppo, apparve subito impari e decretò la
sconfitta del veicolo elettrico.
In questo periodo si sta assistendo a un nuovo impulso. A causa dell’impatto nullo sulla
qualità dell’aria, la vettura elettrica assume un ruolo interessante in un contesto urbano, con
percorrenze giornaliere limitate e modeste richieste prestazionali.
Per questo motivo sono già impiegate vetture elettriche a sostegno di iniziative sperimen-
tali, quali il car sharing (cioè la condivisione dell’autoveicolo fra più utilizzatori) presso
alcuni comuni e si ritiene che questa soluzione possa prendere piede in maniera sistematica.
L’architettura generale di una vettura elettrica prevede (fig. K.33):
- sistema di carica batterie con alimentazione a 220 V (rete);
- batterie di trazione, suddivise in moduli e distribuite sull’intera lunghezza del veicolo;
- inverter, in grado di trasformare la tensione continua in tensione trifase alternata;
- motore elettrico asincrono trifase, in presa con le ruote posteriori;
- convertitore DC/DC, da 220 a 12 V, per l’alimentazione della batteria di servizio;
- batteria per i servizi di bordo (12 V), che assicura le funzioni di emergenza a batteria scarica.
Figura K.33 Schema a blocchi di una vettura elettrica modello Fiat Seicento Elettra.
I disagi maggiori consistono nei lunghi tempi di ricarica (6-8 ore), a fronte di autonomia
limitata (90-120 km nel ciclo urbano), prestazioni modeste e costi elevati. Inoltre il pacco bat-
terie comporta un peso non indifferente: circa 400 kg per una vettura del segmento inferiore.
Un passo avanti si otterrà con il passaggio, a livello industriale, da batterie al piombo a
ricombinazione di gas, a batterie al nichel e idruri metallici o litio-ioni.
Si ottengono potenze specifiche e autonomie raddoppiate (fino a 180 km), a fronte di un
peso batterie ridotto fino al 60%.
IL MOTORE E LE TRAZIONI ALTERNATIVE K-33
Nella tabella K.3 è riportato lo schema delle principali configurazioni che possono avere i
veicoli ibridi, a partire dalle diverse sorgenti di energia e dai diversi sistemi di trazione.
Tabella K.3 Principali configurazioni dei veicoli ibridi
Asse
Tipo di veicolo Sorgenti di energia Sistemi di trazione
movimentato
Batteria ME AP
Bimodale
Combustibile MT F T AA
Batteria
Ibrido serie ME T AA
Combustibile MT G
Batteria ME F
T AA
Combustibile MT F
Ibrido parallelo
Batteria ME F
T AA
Combustibile MT F
ME - Motore elettrico; MT - Motore termico; F - Frizione; G - Generatore; T - Trasmissione;
AP - Asse posteriore; AA - Asse anteriore
Il motore termico può essere utilizzato a regime stazionario (emissioni minime) per azio-
nare l’alternatore, che ricarica le batterie aumentando l’autonomia, oppure intervenire a regimi
elevati, per sviluppare potenza e incrementare l’accelerazione con elevati rendimenti.
Il motore elettrico, che eroga una coppia elevata allo spunto, è utilizzato per la partenza e i
carichi parziali e in frenata funge da generatore, recuperando l’energia cinetica per ricaricare le
batterie.
Questa soluzione, pur affascinante e in fase di sviluppo, difficilmente avrà una diffusione
significativa, a causa soprattutto dei costi non paragonabili a quelli dei motopropulsori tradi-
zionali.
5.4 Le celle a combustibile: l’auto a idrogeno
Le celle a combustibile (fuel cells) sono costituite da due elettrodi separati da un elettrolita.
Esse generano corrente elettrica (e acqua) come prodotto della reazione per via elettrolitica fra
il combustibile idrogeno e il comburente ossigeno (figg. K.34 e K.35).
Mentre l’ossigeno è facilmente attinto dall’aria circostante, l’idrogeno deve essere fornito.
Devono quindi essere predisposti appositi serbatoi, oppure dispositivi, per la sua produzione a
bordo vettura a partire da idrocarburi.
Gli elettrodi normalmente sono in grafite, arricchita con platino o palladio (catalizzatore);
l’elettrolita più diffuso è l’acido perfluorosulfonico (Nefion).
L’idrogeno viene immesso all’anodo, dove si ossida liberando elettroni e, quindi, carican-
dosi positivamente; l’ossigeno viene immesso al catodo, dove acquista elettroni e combinan-
dosi con gli ioni idrogeno, forma acqua.
Si produce pertanto energia elettrica di intensità proporzionale alle quantità di idrogeno e
ossigeno introdotte.
Una singola cella produce una tensione di 0,6-0,8 V; occorre collegare in serie più celle per
raggiungere una potenza di 50 kW, con cui alimentare un motore elettrico asincrono tradizio-
nale, necessario per la movimentazione di un autoveicolo.
K-34 MECCANICA DELL’AUTO
Nella figura K.35 è rappresentato uno schema di applicazione delle celle a combustibile
nella trazione di un autoveicolo. Come si può notare lo stoccaggio del combustibile idrogeno
richiede un adeguato trattamento che finisce per incidere sull’economicità di questa soluzione
energetica, applicata nel settore auto.
Inoltre, a livello prestazionale, questa soluzione presenta alcuni limiti nel rispondere pron-
tamente alle improvvise esigenze di potenza (in fase di accelerata), richiedendo la presenza di
batterie ausiliarie. Ma i veri freni allo sviluppo industriale dell’utilizzo delle celle a combusti-
bile nella trazione automobilistica, sono ancora gli alti costi di produzione e, soprattutto, le
grandi difficoltà nello stoccaggio sicuro, a bordo vettura e in rete, dell’idrogeno.
Cuscinetto Morsetto
Alberino Attacco
portapuleggia contagiri
Bronzina
Tappo
Porta oliatore
Staffa spazzola
Staffa
oscillante Carcassa Spazzola
oscillante
Espansione polare Molla premi spazzola
Solenoide Interruttore
Contatti
principali
Indotto
Spazzole
Pignone
Ruota libera
Forcella d'innesto Elica di richiamo Collettore
Il rapporto di trasmissione fra pignone e corona è compreso fra 1/8 e 1/15. Il dispositivo di
innesto può essere di vario tipo:
- a inerzia: all’avviamento il pignone si sposta per inerzia lungo una filettatura a passo rapido
per poi riavvitarsi in senso contrario quando la corona ruota a una velocità superiore a quella
dell’albero indotto;
- a comando meccanico: il pignone si sposta per effetto di una leva (a mano o a pedale), che
vince la resistenza di una molla e provoca la chiusura dell’interruttore per la messa in moto
del motorino;
- a comando elettromagnetico: lo spostamento del solo pignone o del complesso indottopi-
gnone avviene per mezzo di un’elettrocalamita.
Lampeggiatore
Lo schema elettrico del lampeggiatore è riportato nella figura K.39.
Avvisatori acustici
Si usano normalmente avvisatori a membrana, la cui vibrazione (e il conseguente suono) è
provocata da un elettromagnete (avvisatori elettrici) o da un dispositivo ad aria compressa
(avvisatori pneumatici).
7 TRAZIONE STRADALE
7.1 Aderenza
I veicoli stradali sono definiti ad aderenza naturale, in quanto le forze attive si trasmettono
al terreno attraverso gli stessi organi di rotolamento (le ruote) che ne trasmettono il peso.
La stabilità della marcia in aderenza longitudinale è assicurata se per tutte le ruote motrici
è verificata la relazione:
F f ≤ F zi µ xi
dove:
- Ff = sforzo motore alla periferia della ruota motrice i-esima;
- Fzi = forza verticale di contatto sul terreno della ruota motrice i-esima;
- µxi = coefficiente di aderenza pneumatico-suolo.
La stabilità della marcia in aderenza può essere compromessa, a parità di µx, da una ridu-
zione di Fz, in conseguenza di:
- variazioni di assetto del veicolo, per cause esterne (irregolarità della via) o per cause interne;
- azioni aerodinamiche;
- accelerazioni verticali in velocità.
In particolare queste ultime sono responsabili, insieme ai difetti verticali della superficie
stradale, del peggioramento delle condizioni di aderenza con la velocità.
Lo sforzo motore alla periferia della ruota motrice Ff può intervenire ugualmente a modifi-
care le condizioni di stabilità in presenza di squilibri, anche momentanei, nella ripartizione
dello sforzo F, somma di tutte gli sforzi Ff sulle singole ruote motrici:
F = ∑ Ff
7.2 Resistenze al moto
Un veicolo è soggetto a due ordini di forze nella direzione del percorso: le forze attive, o di
trazione, e quelle passive, o resistenze.
TRAZIONE STRADALE K-41
2. Resistenza al rotolamento degli pneumatici Rr: dipende dalla massa del veicolo, dalla pen-
denza e dal coefficiente di rotolamento, funzione a sua volta delle caratteristiche del suolo e
del pneumatico (isteresi, superficie di contatto, gonfiaggio):
R r = f r ⋅ P ⋅ cos α
in cui:
- fr = coefficiente di attrito di rotolamento. Valori di riferimento per pneumatici radiali
variano da 0,008 a 0,01 (ovvero resistenza da 8 a 10 daN per ogni 1000 daN di carico del
veicolo; anche indicato come 8 kg/t).
Nella tabella K.5 sono riportati alcuni valori del coefficiente Cx, della superficie S e del
loro prodotto per alcuni autoveicoli europei.
Tabella K.5 Coefficienti Cx, superfici S e loro prodotto per alcuni autoveicoli europei
Veicoli Cx S Cx S [m2] Veicoli CxS Cx S [m2]
Lancia Y10 0,57 0,33 1,76 Opel Corsa SR 0,61 0,35 1,73
Fiat Uno 0,62 0,34 1,83 VW Polo 0,65 0,38 1,70
Renault 5 0,67 0,37 1,80 Austin Metro 0,67 0,39 1,73
Peugeot 205 0,68 0,39 1,74 Fiat Panda 0,70 0,41 1,70
Citroën Visa 0,70 0,40 1,75 Ford Fiesta 0,73 0,41 1,76
Renault 4 0,90 0,49 1,83 - - - -
Opel Kadett GSi 0,60 0,32 1,88 Peugeot 309 0,64 0,34 1,86
VW Golf GL 0,65 0,34 1,89 Mercedes 190 E 0,65 0,34 1,89
Renault 21 0,66 0,34 1,94 Ford Sierra XR 4i 0,67 0,34 1,98
VW Golf GTI 16V 0,67 0,35 1,91 Citroën BX 0,68 0,36 1,91
VW Jetta CL 0,68 0,36 1,89 VW Passat GL 0,70 0,37 1,90
Fiat Ritmo 0,70 0,37 1,88 - - - -
Opel Omega 0,58 0,28 2,06 Mercedes 200 0,60 0,29 2,07
Audi 100 0,62 0,30 2,05 Renault 25 0,62 0,31 2,03
Ford Scorpio 0,70 0,35 2,02 Fiat Croma 0,70 0,34 2,04
Lancia Thema 0,73 0,36 2,06 Honda Prelude 16V 0,76 0,41 1,84
Alfa 90 0,77 0,40 1,92 Citroen CX 0,78 0,40 1,96
Mitsubishi Galant 0,79 0,40 1,98 - - - -
Ferrari Testarossa 0,61 0,33 1,85 Mercedes 190 E 2,3 0,64 0,33 1,94
Porsche 944 turbo 0,65 0,35 1,89 VW Scirocco 16V 0,68 0,38 1,78
Porsche 911 Carrera 0,68 0,38 1,77 Mitsubishi Starion T 0,69 0,37 1,84
Alfa Romeo GTV 0,71 0,40 1,77 Jaguar XJ-S 0,73 0,40 1,83
Porsche 928 S 0,77 0,39 1,96 Audi Quattro 0,80 0,43 1,86
BMW M 635 CSi 0,80 0,40 2,00 - - - -
Figura K.42 Velocità massima raggiungibile e pedenza massima superabile per un veicolo
(fonte: Genta, Levrotto & Bella, Torino).
Le riprese sintetizzano la capacità di aumentare la velocità del veicolo in piano, a partire
da un valore iniziale, senza uso del cambio. Si esprimono in unità di tempo [s] necessario a
percorrere una certa distanza (400 m ÷ 1 km), partendo da una velocità iniziale, oppure per
raggiungere una certa velocità a partire da una velocità iniziale
Le accelerazioni esprimono la capacità di aumentare in piano la velocità del veicolo, con
partenza da fermo e con uso del cambio. Si esprimono in unità di tempo [s] necessario a per-
correre una certa distanza (400 m ÷ 1 km) o per raggiungere una certa velocità (100 km/h).
Calcolo dell’accelerazione istantanea
Tale calcolo è necessario per determinare le accelerazioni e le riprese e si ottiene appli-
cando la prima equazione cardinale della dinamica, scritta in termini di potenza:
ηW d – W r = W es = m at V ⋅ a
in cui:
-η = rendimento meccanico della trasmissione nella marcia impiegata;
- Wd = potenza motrice disponibile [kW];
- ηWd = potenza disponibile alle ruote [kW];
K-44 MECCANICA DELL’AUTO
La massa apparente traslante è un concetto introdotto per tener conto che il veicolo non è
solamente un punto materiale di massa m da accelerare, ma è anche una serie di masse rotanti
che variano nel transitorio la loro energia cinetica.
La massa apparente traslante si ottiene dividendo l’energia cinetica totale del veicolo per il
quadrato della sua velocità di traslazione. Essa è più grande della massa del veicolo e tanto
maggiore quanto più veloci girano le parti rotanti in rapporto alla velocità del veicolo; quindi è
maggiore nei rapporti bassi.
Utilizzando la formula precedente si ottiene, con facilità, il valore dell’accelerazione istan-
tanea a:
W es
a = -----------
-
Vm at
7.4 Spazio di frenatura
Il freno di servizio agisce su tutte le ruote e deve essere proporzionato per portare il vei-
colo al limite della massima aderenza riscontrabile sul terreno. Oltre il limite di aderenza del
terreno le ruote si bloccano, perché la reazione del terreno diminuisce, e perdono la facoltà di
dirigere il veicolo.
Lo spazio di frenatura esprime lo spazio percorso dal veicolo, dal momento in cui viene
toccato il pedale del freno fino a quando il veicolo è fermo. Il valore si riferisce al minimo otte-
nibile, quindi alla massima forza esercitabile sul pedale senza perdere aderenza, e deve essere
riferito a una certa tipologia di manto stradale.
In frenatura, la forza frenante uguaglia la forza di inerzia, trascurando le resistenze al
moto. A sua volta la forza frenante massima Ff uguaglia il peso m · g del veicolo di massa m
per il coefficiente di aderenza longitudinale µx.
Si può quindi scrivere:
Ff = m ⋅ a = m ⋅ g ⋅ µx
da cui si ricava:
a = g ⋅ µx
Si ottiene il lavoro della forza frenante moltiplicando il valore di Ff per lo spazio di arresto
sa; esso è uguale all’energia cinetica iniziale del veicolo, quindi si ha:
1---
m ⋅ V2 = Ff ⋅ sa = m ⋅ g ⋅ µx ⋅ sa
2
Pertanto lo spazio di arresto è dato dalla seguente formula:
V2 -
s a = -----------------
2 g ⋅ µx
ed è funzione quadratica della velocità iniziale.
Se invece si parla di spazio di frenatura sf misurato da quando il pilota ne ravvisa la neces-
sità, occorre tener conto del tempo di riflesso tr del pilota. Esso sarà uguale a:
s f = Vt r + s a
TRAZIONE STRADALE K-45
Per ottenere il consumo per unità di percorso è necessario conoscere dapprima il consumo
specifico, cioè il consumo ponderale di combustibile nell’unità di tempo, rapportato alla
potenza erogata. Esso viene definito come:
H-
q = ------
ηm
in cui:
- q = consumo specifico [g/kWh];
- H = potere calorifico del combustibile [J/kg];
- ηm = rendimento del motore, influenzato dalla velocità e dalla potenza erogata.
Normalmente più è lungo il rapporto di trasmissione più è ridotto il consumo, dato che una
marcia lunga permette al motore di funzionare a bassa velocità, in condizioni non lontane da
quelle di massima potenza, dove il consumo specifico è basso.
BIBLIOGRAFIA
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LUCCHESI D., Corso di tecnica automobilistica, Hoepli, Milano, 1986.
LUCCHESI D., L’autotelaio, Hoepli, Milano, 1995.
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