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Nozioni elementari di teoria musicale – Simone Marino

Nozioni elementari di teoria musicale


1. Le note

Le note sono i segni grafici che rappresentano i suoni. Le note musicali sono sette:

Do – Re – Mi – Fa – Sol – La – Si

Queste, con l’aggiunta della ripetizione della prima nota all’8a sopra formano la scala musicale.

La scala musicale può essere ascendente o discendente: è ascendente quando i suoni che la
compongono procedono dal più grave al più acuto, mentre è discendente quando i suoni
procedono dal più acuto al più grave.

Scala musicale ascendente:

DO RE MI FA SOL LA SI DO

Scala musicale discendente:

DO SI LA SOL FA MI RE DO

2. Il rigo musicale

Il rigo musicale è lo spazio in cui vengono posizionate le note. Il rigo musicale è chiamato
pentagramma, ed è formato da 5 linee e da 4 spazi; le linee e gli spazi si contano dal basso verso
l’alto.
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Il pentagramma può essere semplice, doppio, triplo o multiplo.

3. I tagli addizionali

I tagli addizionali, o lineette supplementari, sono dei bravi tratti posti sopra o sotto il
pentagramma per poter scrivere quelle note per le quali il pentagramma non basta. I tagli
addizionali possono essere in testa o in coda, a seconda di dove vengono posizionati: il taglio in
testa attraversa per intero la nota mentre il taglio in coda viene posto o nell’estremità superiore o
nell’estremità inferiore.

4. Le chiavi musicali

Le Chiavi musicali sono dei segni grafici che vengono posti all’inizio di ogni rigo musicale e servono
a fissare la posizione delle note e l’altezza dei suoni. Le chiavi musicali sono tre: la chiave di Sol, la
chiave di Do e la chiave di Fa.

La chiave di Sol o chiave di Violino fissa la posizione della nota Sol, una quinta sopra rispetto al Do
centrale del pianoforte, sulla seconda linea del pentagramma.

La chiave di Do fissa la posizione della nota Do (Do centrale del pianoforte) sul pentagramma. Può
essere posta su diverse linee del pentagramma e a seconda di dove è posta viene denominata in
modo diverso:

- Chiave di Soprano, se la chiave di Do è posta sulla prima linea del pentagramma;


- Chiave di Mezzosoprano, se la chiave di Do è posta sulla seconda linea del pentagramma;
- Chiave di Contralto, se la chiave di Do è posta sulla terza linea del pentagramma;
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- Chiave di Tenore, se la chiave di Do è posta sulla quarta linea del pentagramma;


- Chiave di Baritono, se la chiave di Do è posta sulla quinta linea del pentagramma (questa
chiave coincide con la chiave di Baritono indicata dalla chiave di basso).

La chiave di Fa fissa la posizione della nota Fa, una quinta sotto rispetto al Do centrale del
pianoforte, sulla terza o sulla quarta linea del pentagramma:

- Chiave di Baritono, se la chiave di Fa è posta sulla terza linea del pentagramma;


- Chiave di Basso, se la chiave di Fa è posta sulla quarta linea del pentagramma.

L’insieme delle sette chiavi forma il Setticlavio.

5. Le figure di suono e di silenzio

Le figure di suono e dalle figure di silenzio sono segni grafici che rappresentano la durata dei suoni
o del silenzio.

Inoltre esiste anche la Breve, che vale 8/4 e la Quintupla, che vale 1/132.

Breve e pausa di breve Quintupla e pausa di quintupla

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6. I segni di prolungamento del suono

Per aumentare il valore delle note oltre la durata della figura, di suono o di silenzio, ci si serve di
tre segni: la legatura di valore, il punto di valore e la corona.

La legatura di valore è una linea curva che unisce due o più note con la stessa altezza facendo sì
che il suono si prolunghi, oltre il valore della prima nota, anche per il valore delle note legate.

Il punto di valore è un segno grafico posto a destra della figura ed indica che la durata di tale
suono o silenzio viene aumentato di un valore pari a metà della figura stessa; il punto di valore
può essere semplice, doppio o triplo: il secondo punto aumenta il valore della figura di metà del
primo punto, e così via.

La corona o punto coronato è un segno grafico rappresentato da una piccola linea curva in mezzo
alla quale è posto un punto e viene posta sopra la nota; essa prolunga la durata del suono o del
silenzio a piacere dell’esecutore.

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7. Battuta e spezzabattuta

Per facilitare la lettura ritmica di un brano, esso viene diviso in parti di uguale durata detti misure
o battute; esse sono degli spazi delimitati da due spezzabattuta, ossia stanghette verticali che
dividono il pentagramma in parti uguali. La stanghetta che suddivide le misure può essere
semplice, doppia o finale, a seconda dello spessore dello spezzabattuta.

8. Il ritmo

Il ritmo è una successione di movimenti che si ripetono sempre uguali nel tempo.

9. Il tempo o metro

Il tempo o metro indica il valore complessivo di ogni battuta ed inoltre il valore dei movimenti in
cui la battuta è divisa. Esso viene posto subito dopo la chiave ed è formato o da due numeri, dove
il numero di sotto indica il valore di ogni movimento e il numero di sopra il numero di movimenti,
o da un numero ed una figura musicale.

Ogni tempo è caratterizzato da una sua unità di misura, di tempo e di suddivisione; l’unità di
misura indica il valore complessivo di ogni battuta, ossia la somma di tutti i movimenti che sono
contenuti in ogni battuta; l’unità di tempo indica il valore di ogni movimento; l’unità di
suddivisione indica il valore di ogni suddivisione, ossia le parti in cui viene diviso il movimento (nei
tempi semplici la suddivisione è binaria, mentre nei tempi composti la suddivisione è ternaria).

Ogni tempo è caratterizzato da due tipi di accenti: gli accenti principali (che possono essere forti,
deboli e mezzoforti) e vengono stabiliti in riferimento ad ogni movimento, e gli accenti secondari,
che invece vengono stabiliti in riferimento ad ogni suddivisione.

A seconda dei movimenti contenuti in ogni battuta, le misure si dividono in misure a due tempi (2
movimenti), a tre tempi (3 movimenti) e a quattro tempi (4 movimenti).

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Gli accenti principali sono così posizionati nei tre tipi di misure:

- Nelle misure a due tempi: Forte – Debole


- Nelle misure a tre tempi: Forte – Debole – Debole
- Nelle misure a quattro tempi: Forte – Debole – Mezzoforte – Debole

Gli accenti secondari invece sono: Forte sulla prima suddivisione di ogni movimento e Debole per
le altre suddivisioni (a seconda che il tempo sia semplice o composto).

I tempi sono definiti semplici se la suddivisione di ogni movimento è binaria, ossia ogni movimento
è divisibile in battere e levare.

I tempi sono definiti composti se la suddivisione di ogni movimento è ternaria, ossia ogni
movimento è divisibile in tre parti.

10. Le irregolarità ritmiche

In musica sono presenti alcune irregolarità ritmiche che riguardano lo spostamento degli accenti
principali e secondari, la sincope e il contrattempo.

La sincope è lo spostamento dell’accento ritmico dalla sua cadenza naturale e si ha quando il


suono non inizia sul tempo forte della battuta, del movimento o della suddivisione, e si prolunga
sul tempo forte (della battuta, del movimento o della suddivisione) successivo.

La sincope è regolare quando si compone di due note di valore uguale, mentre è irregolare se si
compone di due note di valore diverso. La definizione di sincope regolare ed irregolare però
riguarda solo i tempi semplici, per quelli composti le regole non sono così schematiche. Quando la
sincope si prolunga per molte battute si ha il così detto andamento sincopato.

Anche nel Contrattempo si ha uno spostamento di accenti come nella sincope, ma in questo caso
sul tempo forte della battuta, del movimento o della suddivisione non vi è il prolungamento del
suono bensì una pausa.

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11. L’ictus musicale

Si definisce ictus musicale l’accento della battuta, ed in particolare l’accento forte. L’ictus musicale
si distingue in iniziale e finale; l’ictus iniziale, che riguarda la prima battuta, può essere:

- tetico, se la frase musicale inizia in battere, ossia sul primo tempo forte della battuta;
- acefalo, se la frase musicale inizia con una pausa posta sul tempo forte della battuta;
- anacrusico, se la frase musicale inizia in levare, ossia la prima battuta è incompleta.

L’ictus finale, che invece riguarda l’ultima battuta, può essere:

- tronco o maschile, quando l’ultima nota del brano cade sul tempo forte della battuta;
- piano o femminile, quando l’ultima nota del brano cade sul tempo debole della battuta;
- maschile femminilizzato, quando l’ultima nota del brano cade sul tempo forte della battuta
ma si prolunga sul tempo debole.

12. Gruppi irregolari semplici

Sono irregolari quei gruppi di note che risultano in contrasto con l’unità di tempo o con l’unità di
suddivisione scandita dal tempo. I gruppi irregolari più semplici sono la terzina, ossia un gruppo di
tre note che viene occupa il posto di due note della stessa specie (indicata dal numero 3 posto
sopra o sotto il gruppo di note), e la sestina, ossia un gruppo di sei note che occupa il posto di
quattro note della stessa specie (indicata dal numero 6 posto sopra o sotto il gruppo di note).

13. Gli intervalli

Viene definita intervallo la distanza fra due suoni. L’intervallo può essere di diversi tipi:

- Congiunto, se è un intervallo di 2a, ossia se le due note sono consecutive;


- Disgiunto, se è un intervallo maggiore alla 2a, ossia se le due note non sono consecutive.

- Armonico, se le due note vengono eseguite simultaneamente, ossia nello stesso momento;
- Melodico, se le due note non sono eseguite simultaneamente.

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- Semplice, se è compreso nell’8a;


- Composto, se procede oltre l’intervallo di 8a.

Gli intervalli di 1a, 4a, 5a e 8a possono essere giusti, eccedenti o diminuiti.

Gli intervalli di 2a, 3a, 6a e 7a possono essere maggiori, minori, eccedenti o diminuiti.

Per capire come classificare un intervallo bisogna seguire una classificazione: intanto indicare se
esso è congiunto o disgiunto, armonico o melodico e semplice o composto; dopo di ciò bisogna
capire che distanza c’è fra i due suoni e per fare ciò basta contare le note comprese tra i due suoni,
contando anche i due suoni stessi; per capire se un intervallo è giusto, maggiore, minore,
eccedente o diminuito intanto bisogna fare una distinzione: gli intervalli di 1a, 4a, 5a e 8a sono giusti
se il secondo suono è compreso nella scala che risiede sul primo suono – se non sono giusti
possono essere eccedenti (ossia un semitono sopra rispetto a quello giusto) o diminuiti (ossia un
semitono sotto rispetto a quello giusto); gli intervalli di 2a, 3a, 6a e 7a sono maggiori se il secondo
suono è compreso nella scala maggiore che risiede sul primo suono – se non è così possono essere
minori (ossia un semitono sotto rispetto a quello maggiore), diminuiti (ossia un semitono sotto
rispetto a quello minore) o eccedenti (ossia un semitono sopra rispetto a quello maggiore).

14. Tono e semitono

Il semitono è l’intervallo più piccolo tra due gradi congiunti; il semitono può essere cromatico, se
le due note hanno lo stesso nome (es. Do-Do#), o diatonico, se le due note hanno suono diverso
(es. Do-Reb). Il tono è l’unione di un semitono cromatico e di un semitono diatonico.

15. Le alterazioni

Le alterazioni sono segni grafici che posti davanti ad una nota ne modificano l’altezza. Le alterazioni sono 5:

- Diesis: altera di un semitono ascendente la nota;


- Bemolle: altera di un semitono discendente la nota;
- Doppio diesis: altera di due semitoni ascendenti la nota;
- Doppio bemolle: altera di due semitoni discendenti la nota;
- Bequadro: annulla ogni alterazione, riportando il suono allo stato naturale.

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Le alterazioni possono essere permanenti se sono poste all’inizio del brano subito dopo la chiave e
valgono per tutto il brano, transitorie se si trovano poste vicino ala nota e la alterano in tutta la
battuta in cui vengono poste, o di precauzione quando servono a ricordare che una nota che era
stata precedentemente alterata, adesso torna allo stato che era stato stabilito dalle alterazioni in
chiave.

L’ordine progressivo dei diesis è:

Fa# - Do# - Sol# - Re# - La# - Mi# - Si#

L’ordine progressivo dei bemolle è:

Sib – Mib – Lab – Reb – Solb – Dob - Fab

16. I suoni omologhi, omofoni o enarmonici

I suoni che hanno nome diverso ma stessa intonazione vengono detti suoni omologhi, omofoni o
enarmonici (es.: Do#-Reb / Mi#-Fa).

17. La scala musicale

Si definisce scala musicale una successione di suoni che segue una determinata caratteristica, ossia
una determinata successione tono-semitono. In musica esistono tantissimi tipi di scale; le più
comuni sono la scala maggiore, la scala minore, la scala cromatica, la scala esatonale e la scala
pentatonica.

18. La scala cromatica o semitonale

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La scala cromatica è una scala formata da tutti i 12 suoni contenuti nell’intervallo di 8a, quindi tra
un suono e l’altro vi è sempre una distanza di semitono cromatico o diatonico. In senso
ascendente vengono utilizzati i diesis mentre in senso discendente vengono utilizzati i bemolle.

19. I gradi della scala

Le scale più comuni, come la scala maggiore e la scala minore, sono costituite da una successione
di 7 suoni, con l’aggiunta di un ottavo suono che sarebbe il primo suono trasposto un’ottava sopra.
Questi sette suoni prendono il nome di gradi della scala. Essi sono:

- I grado – Tonica: è la nota iniziale della scala, alla quale dà il nome;


- II grado – Sopratonica: è il suono successivo alla tonica;
- III grado – Mediante, Modale o Caratteristica: determina il modo della scala, ossia se è una
scala maggiore o una scala minore;
- IV grado – Sottodominante:è il suono precedente alla dominante. Nel caso in cui il IV grado
sia unito al VII grado in un intervallo armonico esso prende il nome di Controsensibile,
poiché, mentre la sensibile tende a salire, la controsensibile tende a scendere.
- V grado – Dominante: è il suono che domina sugli altri gradi;
- VI grado – Sopradominante: è il suono successivo alla dominante;
- VII grado – Sensibile: è il suono più “sensibile” della scala perché tende a risolvere verso
l’8° suono, ossia la tonica (trasposta un’ottava sopra).

20. Tonalità e modo

Il termine tonalità indica la scala che predomina in un brano, ossia l’attitudine dei suoni a voler
tendere verso un suono fondamentale, che è la tonica.

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La tonalità può essere di due modi: il modo maggiore e il modo minore. La differenza più grande
tra questi due modi sta nell’intervallo che intercorre tra I e III grado: se questo intervallo è una
terza maggiore, allora il modo sarà maggiore, mentre se questo intervallo è una terza minore,
allora il modo sarà minore. È per questo che il III grado della scala viene detto Mediante, Modale o
Caratteristica, perché, a seconda dell’intervallo che crea con la tonica, determina se il modo sarà
maggiore o minore.

21. La scala maggiore

La scala maggiore è una scala che presenta il modo maggiore. La successione Tono-Semitono in
questo tipo di scala è: T-T-S-T-T-T-S.

T T S T T T S

22. La scala minore

La scala minore è una scala che presenta il modo minore. La scala minore presenta le stesse
alterazioni permanenti della sua relativa maggiore; la scala minore infatti nasce sul VI grado della
relativa maggiore, ossia la tonica di tale scala è posta una terza sotto rispetto alla tonica della
relativa scala maggiore (es.: Do maggiore – relativa minore: La minore, poiché una terza sotto il Do
vi è il La; La minore e Do maggiore hanno ovviamente le stesse alterazioni).

La successione Tono-Semitono in questo tipo di scala è: T-S-T-T-S-T-T.

T S T T S T T

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Esistono però diversi tipi di scala minore; i principali sono:

- la scala minore naturale: presenta le stesse alterazioni della relativa maggiore, senza
alcuna variazione;
- la scala minore armonica: presenta le stesse alterazioni della relativa maggiore però il VII
grado è innalzato di un semitono sia in senso ascendente sia in senso discendente;
- la scala minore melodica: presenta le stesse alterazioni della relativa maggiore, ma il VI e il
VII grado sono innalzati di un semitono in senso ascendente, mentre tornano allo stato
fondamentale in senso discendente.

Per capire se un brano è in modo maggiore o in modo minore bisogna guardare le prime 4 battute:
se all’interno di queste quattro battute troviamo il VII grado della tonalità minore alzato di un
semitono saremo in modo minore, viceversa saremo in modo maggiore.

23. Determinare la tonalità di una scala

Per determinare che alterazioni “contiene” una scala maggiore è necessario fare una distinzione,
fra scale che contengono diesis e scale che contengono bemolle; a dirci se una scala contiene
diesis o bemolle è proprio il nome stesso della scala: se il nome della scala contiene la parola
“bemolle” allora quella sarà una scala con i bemolle, mentre se il nome della scala non contiene il
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nome di nessuna alterazione oppure contiene la parola “diesis” allora quella sarà una scala con i
diesis. A questa “regola” fanno eccezione la scala di Do maggiore che non ha alcuna alterazione e
la scala di Fa maggiore, che contiene in chiave solo il Sib.

Una volta stabilito se la scala contiene diesis o bemolle bisogna capire in particolare quali sono le
note alterate; per fare ciò bisogna utilizzare due metodi diversi, uno che vale per i diesis e uno che
vale per i bemolle:

- per le scale con i diesis: prendere il nome della scala, ed in particolare la nota che dà il
nome alla scala, e procedere un semitono sotto: la nota che otteniamo sarà l’ultimo diesis
che la scala contiene, ciò vuol dire che anche tutti i diesis che vengono prima sono
contenuti nella scala (es. La maggiore – un semitono sotto: Sol# - nella successione dei
diesis Sol# è dopo Fa# e Do#, quindi vuol dire che le alterazioni di La maggiore sono: Fa#-
Do#-Sol#);

- per le scale con i bemolle: prendere il nome della scala, ed in particolare la nota che dà il
nome alla scala: questa nota sarà il penultimo bemolle della successione che la scala
contiene, quindi conterrà tutti i bemolle che vengono prima più uno che viene dopo (es.
Reb maggiore – nella successione dei bemolle prima del Reb ci stanno Sib, Mib e Lab e il
primo bemolle dopo Reb è Solb, quindi le alterazioni di Reb maggiore sono: Sib-Mib-Lab-
Reb-Solb).

Quando la successione dei diesis o dei bemolle non basta per fare questo procedimento,
subentra la successione dei doppiodiesis (che è uguale a quella dei diesis) e dei doppiobemolle
(che è uguale a quella dei bemolle). Per esempio la tonalità di Sol# maggiore ha in chiave Fa
doppiodiesis e gli altri sei diesis, oppure la tonalità di Fab ha in chiave il Si doppiobemolle e gli
altri sei bemolle.

Da ciò però possiamo dedurre un trucco: se abbiamo una scala che arriva ai doppiodiesis o ai
doppiobemolle basta prendere la scala con lo stesso nome ma un semitono sotto o sopra (ad
esempio se abbiamo La# maggiore prendiamo La maggiore, un semitono sotto – oppure se
abbiamo Sibb maggiore prendiamo Sib maggiore, un semitono sopra); dopodiché calcoliamo
quali alterazioni in chiave ha questa scala e le aumentiamo tutte di un semitono nel caso di

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una scala con i diesis (tutte le note naturali diventano diesis e i tutte le note diesis diventano
doppiodiesis) o le abbassiamo tutte di un semitono nel caso dei bemolle (tutte le note naturali
diventano bemolle e tutte le note bemolle diventano doppiobemolle). Per esempio La#
maggiore avrà Fa-Do-Sol doppiodiesis e tutte le altre note diesis proprio perché La maggiore ha
Fa#-Do#-Sol# in chiave - invece Sibb maggiore avrà Si-Mi doppiobemolle e tutti gli altri bemolle
proprio perché Sib maggiore ha Sib-Mib in chiave.

Per capire che alterazioni ha in chiave una scala minore doppia prima prendere la rispettiva
maggiore e poi effettuare tutto il procedimento poiché una scala minore con la sua rispettiva
maggiore hanno ovviamente le stesse alterazioni in chiave.

24. Il circolo delle quinte

Il circolo delle quinte è un sistema che indica che le tonalità con i diesis procedono per salti di
quinta ascendenti mentre le tonalità con i bemolle procedono per salti di quinta discendenti.
Nel circolo delle quinte vengono espresse anche tutte le tonalità omologhe o omofone,
proprio perché ogni tonalità con i diesis ha un suo corrispettivo di tonalità con i bemolle (le
note scritte sono diverse ma il suono prodotto è uguale); spesso però utilizziamo una tonalità
piuttosto che un’altra perché è più facile da leggere: meglio avere per esempio un diesis in
chiave (Sol maggiore) che 4 doppiobemolle e 3 bemolle (Labb maggiore)! Le tonalità racchiuse
fra le linee rosse sono dette tonalità omologhe, omofone o enarmoniche proprio perché
possono essere usate allo stesso modo sia quelle con i diesis che le rispettive con i bemolle,
perché il numero di alterazioni è pressoché uguale.

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25. Il metronomo e l’accordatore

Il metronomo è uno strumento utilizzato per scandire il ritmo e il tempo del brano. I numeri
immessi nel metronomo indicano il numero di battiti che il metronomo deve compiere ogni
minuto.

L’accordatore è invece uno strumento utilizzato per misurare l’intonazione di un suono.

26. Le indicazioni agogiche e metronomiche

Le indicazioni agogiche sono delle espressioni poste all’inizio del brano che ne determinano
l’andamento; le principali sono: Lento – Adagio – Andante – Moderato – Allegro – Vivace.

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Le indicazioni metronomiche sono delle indicazioni poste all’inizio del brano che ci indicano qual è
il tempo corretto per l’esecuzione di tale brano; nell’indicazione metronomica è indicata una
figura ed un numero: la figura indica l’unità di tempo mentre il numero indica il numero di
movimenti che si devono compiere al minuto, ossia il numero di battiti che il metronomo deve
effettuare al minuto.

27. Principali segni di articolazione

Come nella lingua parlata, anche nel linguaggio musicale è necessario articolare i suoni in maniera
diversa, in modo da rendere più piacevole il discorso musicale; i segni utilizzati a tale scopo sono i
segni di articolazione; i principali sono:

- la legatura di portamento o di frase, che indica che tutte le note sottostanti a questa linea
curva non devono essere staccate con l’articolazione della lingua;
- il punto “di diminuzione”, che, posto sopra una nota, indica il che il valore della nota deve
essere dimezzato;
- l’accento, che, posto sopra una nota indica che essa deve essere eseguita con vigore;
- il trattino, che indica che la nota su cui è posto deve essere eseguita molto tenuta e
morbida.

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