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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITA’ DI BOLOGNA

CORSO DI STUDIO IN CHIMICA E


TECNOLOGIA FARMACEUTICHE

Sintesi e attività inibitoria delle anidrasi carboniche


di nuovi derivati dell’umbelliferone progettati in base
al tail approach

Tesi di laurea in Chimica Farmaceutica

Tesi sperimentale

Presentata da: Relatore:


Michele Chiacchiaretta Prof.ssa Marinella Roberti

Matricola n° Correlatore:
0000747456 Prof. Simone Carradori

Anno accademico 2022/2023


a mia madre e mio padre
per il loro affetto incondizionato
per la loro costante ed importantissima presenza

2
Sommario
CAPITOLO I – Anidrasi Carbonica ........................................................................................................... 5
1.1 Le anidrasi carboniche ................................................................................................................................... 5
1.2 Le α-anidrasi carboniche ................................................................................................................................ 7
1.3 Le -CA come bersagli farmacologici ......................................................................................................... 11
CAPITOLO II – Razionale del lavoro di tesi ........................................................................................... 15
2.1 Principali categorie di inibitori dell'anidrasi carbonica ................................................................................ 15
2.1.1 Leganti dello zinco ................................................................................................................ 17
2.1.2 Ancoranti all’acqua/ione idrossido legato al metallo ............................................................ 18
2.1.3 Occlusione all’ingresso del sito attivo ................................................................................... 19
2.1.4 Inibitori che si legano al di fuori del sito attivo ..................................................................... 20
2.2 Umbelliferone .............................................................................................................................................. 21
2.3 Tail approach nel drug design ...................................................................................................................... 22
2.4 Scaffold presenti nella coda semplice .......................................................................................................... 26
2.4.1 Vanillina ................................................................................................................................ 26
2.4.2 Isovanillina e o-vanillina ....................................................................................................... 27
2.4.3 Etilvanillina............................................................................................................................ 28
CAPITOLO III – Strategia sintetica ......................................................................................................... 29
3.1 Derivati 1-18 ottenuti tramite Sostituzione Nucleofila ................................................................................ 29
3.2 Derivati 19-27 ottenuti tramite “Click Chemistry” ...................................................................................... 32
3.2.1 Cicloaddizione azide-alchino catalizzata da rame (I) (CuAAC) ........................................... 32
3.3 Microonde .................................................................................................................................................... 37
3.3.1 Scelta del solvente ................................................................................................................. 38
3.3.2 Microonde nelle reazioni ....................................................................................................... 40
CAPITOLO IV – Materiali e Metodi ....................................................................................................... 41
4.1 Eteri 1-18 ottenuti tramite Sostituzione Nucleofila ...................................................................................... 41
4.1.1 Dati di caratterizzazione degli eteri 1-18 ottenuti tramite SN ................................................ 42
4.2 Triazoturi (azidi) .......................................................................................................................................... 51
4.3 Eteri 19-27 ottenuti tramite la “Click Chemistry”........................................................................................ 52
4.3.1 Dati di caratterizzazione degli eteri 19-27 ottenuti tramite “Click Chemistry” .................... 53
CAPITOLO V – Risultati e discussione ................................................................................................... 59
5.1 Studi di inibizione enzimatica tramite tecnica Stopped-Flow ...................................................................... 59
5.2 Risultati ........................................................................................................................................................ 60
CONCLUSIONI ....................................................................................................................................... 63
Bibliografia ............................................................................................................................................... 64

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Elenco delle abbreviazioni e degli acronimi
α-AC α-Anidrasi Carbonica
AC Anidrasi Carbonica
ACN Acetonitrile
ACu Anidrasi Carbonica umana
AG Anchoring Group (Gruppo di Ancoraggio)
ATP Adenosina Trifosfato
CARPs CA-Related Proteins (Proteine correlate alla AC)
CuAAC Cicloaddizione azide-alchino catalizzata da rame (I)
DCM Diclorometano
DMF Dimetilformammide
DNA Acido Desossiribonucleico
E Eliminazione
EV Endovenoso
iAC Inibitori Anidrasi Carbonica
IC50 Concentrazione di Inibizione 50
KI Constante di Inibizione
MIC Concentrazione Minima Inibente
MS Spettrometria di Massa
PDB Protein Data Bank
PM Peso Molecolare
ROS Specie Reattive dell’Ossigeno
SN Sostituzione Nucleofila
SNC Sistema Nervoso Centrale
ss Soluzione Sovrasatura
ZBG Zinc Binding Group

4
INTRODUZIONE

CAPITOLO I – Anidrasi Carbonica

1.1 Le anidrasi carboniche

Le anidrasi carboniche (AC, EC 4.2.1.1) sono una superfamiglia di metallo-enzimi


ubiquitari, presenti in tutti gli organismi viventi.1-13 L’ubiquità delle AC è dovuta al suo
importantissimo ruolo fisiologico nella idratazione reversibile dell’anidride carbonica con
formazione di uno ione carbonato e di un protone (Equazione 1).

CO2 + H2O ⇋ HCO3- + H+ (Eq. 1)

Le AC nel tempo, si sono evolute affinché potessero gestire l’enorme carico di CO2
prodotta dalle cellule o presente nell’atmosfera e sfruttare lo ione carbonato che ne deriva
dalla catalisi, nei vari ruoli fisiologici presenti nell’organismo come nel mantenimento
dell’omeostasi del pH tramite i sistemi tampone e il funzionamento delle pompe antiporto
HCO3-/Cl-.1-4 Le AC sono classificate in otto famiglie evolutivamente non correlate (α-, β-,
γ-, δ-, ζ-, η-, θ-, e ι-AC) che sono caratterizzate da differenti caratteristiche strutturali e
distribuzione filogenetica (Tabella 1).1-13 Le α-AC sono presenti in vertebrati, protozoi,
alghe, coralli, batteri e piante verdi. Le -AC sono state identificate in batteri, funghi,
archaea, alghe e cloroplasti di mono e dicotiledoni.13,25,26 Le -AC sono codificate in
archaea, batteri e piante.10 Mentre le -AC sono state trovate nei fitoplancton marini9, le -
AC sembrano essere presenti solo nelle diatomee marine.4 Un’unica -AC è stata
identificata nel protozoo Plasmodium falciparum6 e più recentemente anche nei batteri.
Negli ultimi anni, una -AC è stata identificata nella diatomea marina Phaeodactylum
tricornutum.12

5
Tabella 1. Caratteristiche strutturali e distribuzione filogenetica delle otto famiglie evolutivamente
non correlate di Anidrasi Carboniche.
Residui
Famiglia Atomo di Metallo Organismi
Coordinati

Vertebrati, batteri,
α-AC Zn2+ His, His, His protozoi, funghi, piante
verdi, alghe e coralli

Batteri, protozoi, funghi,


archea, alghe e
β-AC Zn2+ His, Cys, Cys
cloroplasti di mono e
dicotiledoni
-AC Zn2+, Fe2+, Co2+ His, His, His Archaea, batteri e piante
δ-AC Zn2+, Cd2+, Co2+ His, His, His Fitoplancton marino
ζ-AC Cd2+, Zn2+ His, Cys, Cys Diatomee marine
η-AC Zn2+ His, His, Gln Plasmodium spp.
θ-AC Zn2+ His, Cys, Cys Diatomee marine
ι-AC Mn2+ His, His, Glu Diatomee marine e batteri

Questi metallo-enzimi sono cataliticamente efficaci quando uno ione metallico bivalente è
legato, attraverso dei legami di coordinazione, a tre residui amminoacidici del sito
catalitico enzimatico insieme a delle molecole di acqua, che aiutano al coordinamento
dello ione metallico in una geometria tetraedrica. Lo ione Zn(II) è lo ione metallico
maggiormente presente in tutte le famiglie delle AC, ed è particolarmente presente in tutta
la famiglia delle α-AC.4 Tutte le classi di AC seguono lo stesso meccanismo catalitico
(Equazione 2 e 3):

EZn2+—OH– + CO2 ⇋ EZn2+—HCO3– ⇋ EZn2+—OH2 + HCO3– (Eq. 2)


EZn2+—OH2 + B⇋ [EZn2+—OH2 - B] ⇋ [EZn2+—HO– - BH+] ⇋ EZn2+—HO– + BH+ (Eq.
3)

Le specie cataliticamente attive delle AC sono quelle in cui lo ione metallico è legata ad
una funzione ossidrilica, che rappresenta il nucleofilo coinvolto nel metabolismo del
substrato CO2 per la sua conversione in bicarbonato, dove viene coordinato inizialmente
allo ione metallico, e quindi sostituito da una molecola d'acqua entrante con formazione
della forma acida dell'enzima (con acqua coordinata allo zinco) e rilascio di bicarbonato in
soluzione (Eq. 2). In queste condizioni la AC si trova in una forma acida che è

6
cataliticamente inattiva, per questo ci sarà una fase di rigenerazione che coinvolge la specie
idrossido del metallo catalitico mediante una reazione di trasferimento di protoni dall'acqua
legata al metallo a un accettore di protoni esogeno o a un residuo del sito attivo (B) (Eq.
3).1-4
Il processo di trasferimento del protone è coadiuvato da un residuo di istidina posto
all'ingresso del sito attivo H64 detto "proton shuttle residue” (Figura 1B), che assicura un
efficiente trasferimento del protone; infatti, l'assenza di His64 in alcuni tipi di AC
diminuisce notevolmente la loro efficienza catalitica.3

Figura 1. (A) Rappresentazione schematica del meccanismo catalitico delle AC; (B) His64, noto
come "proton shuttle residue" e gruppo di residui di His che assicurano un efficiente percorso di
trasferimento protonico (mostrato in ACu II, PDB 3KKX).

Questa efficiente catalisi è dovuta anche alla peculiare architettura dell’enzima, comune in
tutte le sottofamiglie delle AC, dove il sito attivo è diviso in due ambienti molto diversi:
uno costituito da residui idrofobici e l'altro rivestito da amminoacidi idrofili.14,28
Infatti, la parte idrofoba potrebbe avere il ruolo di intrappolare la molecola CO 2 mentre
quella idrofila rappresenta la parte che facilita la fuga verso l'esterno della specie polare
prodotta dalla reazione di idratazione della CO2.3

1.2 Le α-anidrasi carboniche

Le α-AC sono diffuse in vertebrati, protozoi, alghe, coralli, batteri e piante verdi. Infatti, la
struttura tridimensionale di queste isoforme è stata largamente studiata attraverso

7
cristallografia a raggi X.3,14 Questo ha reso possibile identificare 16 diversi isoenzimi nei
mammiferi e molti altri presenti nei vertebrati non mammiferi.1-3 Nell’Homo sapiens sono
stati identificate e caratterizzate 15 isoforme di α-anidrasi, che hanno destato interesse
come possibile target farmacologico per il trattamento di varie patologie (Tabella 2).1-4,17
Tabella 2. Localizzazione e coinvolgimento nelle malattie delle varie isoforme delle ACu.
Localizzazione Malattie in cui è
Localizzazione organo-tissutale
subcellulare coinvolta l'isoforma
Edema
Eritrociti, tratto gastrointestinale, occhio, retinico/cerebrale,
AC I Citosol
SNC (motoneuroni) malattie
neurodegenerative

Eritrociti, occhio, tratto gastrointestinale,


Glaucoma, edema,
osteoclasti ossei, rene, polmone,
epilessia,
testicolo,
AC II Citosol mal di montagna, cancro,
cervello (plesso coroideo,
malattie
oligodendrociti, astrociti e guaina
neurodegenerative
mielinica degli assoni)

AC III Muscolo scheletrico, adipociti Citosol Stress ossidativo


Glaucoma, retinite
Rene, polmone, pancreas, colon, muscolo Legato alla
pigmentosa, ictus,
AC IV cardiaco, occhio, cervello (capillari membrana
malattie
cerebrali, ippocampo, talamo) cellulare
neurodegenerative
Obesità, diabete e
AC Va Fegato, SNC (astrociti e neuroni) Mitocondri malattie
neurodegenerative
Cuore e muscolo scheletrico, pancreas,
rene, midollo spinale, tratto Obesità, malattie
AC Vb Mitocondri
gastrointestinale, SNC (astrociti e neurodegenerative
neuroni)
AC VI Ghiandole salivari e mammarie Secreto Cariogenesi
Epilessia, dolore
neuropatico,
AC VII SNC (regolazione del pH) Citosol
malattia
neurodegenerativa
AC IX Tumori, mucosa gastrointestinale Transmembrana Cancro
Epiteli renali, intestinali e riproduttivi,
AC XII Transmembrana Cancro, glaucoma
occhio, tumori
Rene, cervello, polmone, intestino, tratto
AC XIII Citosol Sterilità
riproduttivo
Rene, cervello, fegato, muscolo
AC XIV Transmembrana Epilessia, retinopatie
scheletrico

Questi isoenzimi differiscono per caratteristiche molecolari e strutturali, localizzazione


organo-tissutale, localizzazione cellulare, livelli di espressione e risposta a diverse classi di
modulatori.1-4 Dodici sono le isoforme cataliticamente attive (I, II, III, IV, Va, Vb, VI, VII,

8
IX, XII, XIII, XIV), mentre le restanti tre (VIII, X, XI), chiamate proteine correlate alla
AC (CARP), non hanno attività catalitica poiché mancano dello ione metallico nel sito
attivo e delle istidine necessarie per il suo coordinamento.1-4 Questi enzimi sono
ampiamente distribuiti in molti tessuti e organi dove sono coinvolti in una serie di processi
fisiologici essenziali. Così, la loro l'espressione deregolata e/o l'attività anomala possono
portare a gravi condizioni patologiche.
Questi enzimi mantengono caratteristiche strutturali comuni indipendentemente dalla loro
localizzazione subcellulare. Infatti, studi strutturali hanno dimostrato che tutti questi
enzimi condividono lo stesso folding, caratterizzato da dieci piegamenti a β-foglietto nella
parte centrale circondati da α-eliche e ulteriori strutture a β-foglietto (Figura 2A). Il sito
attivo si trova in una grande cavità conica, circa 15 Å di profondità, alla cui base è
alloggiato lo ione zinco, coordinato da tre residui di istidina conservati (H94, H96 e H119)
e dalla molecola di solvente/ione idrossido. Prendendo l’esempio dell’ACu II, lo Zn2+
legato all’AC, sfrutta una molecola d’acqua/ione idrossido per instaurare una rete di legami
idrogeno per migliorare la sua capacità di generare un nucleofilo (Figura 2B). Questa rete
di legami ad idrogeno è molto importante per interconnettere lo Zn2+ con il residuo di
treonina T199 attraverso due molecole di acqua, poste su due lati opposti: la prima
chiamata anche “deep water", si trova in una cavità idrofobica mentre la seconda è in
ambiente idrofilo verso l’ingresso del sito attivo (Figure 2B e 3A). Questi due peculiari
ambienti del sito attivo sono responsabili del rapido ciclo catalitico della CO2 in
bicarbonato; infatti la regione idrofobica è necessaria per prendere il substrato di CO2 e
orientare l'atomo di carbonio per l’attacco nucleofilo da parte dell'idrossido legato allo
zinco (Figura 3B), mentre la regione idrofila crea una rete di legami di idrogeno di
solvatazione, necessaria per consentire il trasferimento di protoni dalla molecola d'acqua
legata allo zinco al solvente (Figura 3C).14,28
Un confronto dettagliato tra tutte le isoforme delle AC umane rivela che la sequenza
principale e strutturale di questi enzimi si differenzia nella regione 127-136 (Figura 3A),
che deve quindi essere considerato un "hot spot" nella progettazione basata sulla struttura
degli inibitori selettivi delle ACu.28 Le 12 isoforme cataliticamente attive mostrano anche
importanti differenze nella struttura quaternaria; infatti, mentre le AC I-IV, VA, VB, VII,
XIII e XIV sono monomeri, le AC VI, IX e XII sono dimeri.

9
Figura 2. (A) Struttura della ACu II (codice PDB 1CA2), che è stata scelta come isoforma AC
rappresentativa. Viene mostrata anche la coordinazione dello Zn2+ nel sito attivo. Le regioni dell’α-
elica e del β-foglietto sono colorate rispettivamente in rosso e giallo. (B) Vista del sito attivo della
AC II. Lo Zn2+ è coordinato dalle tre istidine catalitiche e da una molecola d'acqua/ione idrossido,
che è impegnato in una rete ben definita di legami idrogeno. Le molecole d'acqua sono indicate
come sfere rosse.

Figura 3. (A) Superficie accessibile al solvente della ACu II. In rosso sono evidenziati i residui che
delimitano la metà idrofobica della fessura del sito attivo mentre in blu sono evidenziati i residui
che delimitano quella idrofila. Il sito attivo della AC mostra: (B) la posizione della molecola di
CO2 (codice PDB2VVA), e (C) il legame dello ione bicarbonato (codice PDB 2VVB). Sono
riportati anche la coordinazione dello Zn2+ e le sue interazioni polari.

10
1.3 Le -CA come bersagli farmacologici

Le AC umane sono state le prime isoforme ad essere state studiate come bersagli
farmacologici sia nell'inibizione sia nell'attivazione.1,2 Gli inibitori della AC umana (iAC)
hanno una importante storia farmacologica in molti campi a causa del coinvolgimento delle
AC in una varietà di processi fisio/patologici come la respirazione, la regolazione del pH,
la calcificazione, la gluconeogenesi, la lipogenesi o la tumorigenesi.16-25 Al contrario, gli
attivatori dell’AC sono stati molto meno studiato fino ad oggi.14,34 Tuttavia, poiché un
sottoinsieme di AC è abbondante nel cervello e ha dimostrato di essere attivabile da
composti simili a farmaci, la possibilità di progettare agenti che migliorino i processi
cognitivi sta emergendo di recente, con potenziali applicazioni terapeutiche
nell’invecchiamento e nelle malattie neurodegenerative.1-5,14 Gli iAC di tipo
sulfonammidico/sulfammato sono stati a lungo utilizzati come diuretici, anticonvulsivanti
sistemici, agenti anti-glaucoma ad azione topica o per il trattamento del mal di
montagna.1,2,16-25,35 Più recentemente gli iAC hanno mostrato risultati promettenti come
agenti antiobesità, antinfiammatori, antidolorifici per il dolore neuropatico e diagnostici
antitumorali.14-25 Gli iAC di prima generazione mostrano un'attività inibitoria promiscua in
modo aspecifico su tutte le isoforme, provocando gravi effetti collaterali per tutte le
patologie in cui vengono utilizzati.4 Pertanto, negli ultimi decenni, sono state adottate
alcune strategie innovative per la produzione di iAC sempre più selettivi dando vita a
nuovi derivati e nuove classi di iAC specifici per isoforme che hanno mostrato meccanismi
alternativi di azione. Comprendere i fattori che regolano l'inibizione selettiva delle singole
isoforme è chiaramente di fondamentale importanza e rappresenta il passo decisivo per
produrre potenziali farmaci che evitino i gravi effetti collaterali dovuti all'inibizione
promiscua nel trattamento di tutte le patologie in cui saranno impiegati gli iAC.4 Infatti, il
grande potenziale delle ACu come bersagli farmacologici risiede nell'ampia moltitudine di
malattie che possono essere prese di mira modulando selettivamente le diverse isoforme.35-
59
L’AC I è abbondantemente espressa nei globuli rossi e nel colon, ma è ancora
considerato un "bersaglio orfano" in quanto rimane una incognita riuscire a dare una
selettività ai farmaci per i chimici farmaceutici.14,36 Tuttavia, diversi studi hanno
dimostrato che l’AC I è coinvolta in alcuni tipi di anemia e acidosi cronica, edema
maculare diabetico e retinopatia diabetica proliferativa.14,28 Importante è la disregolazione
dell'attività della AC II che è più fisiologicamente rilevante perché causa conseguenze
patologiche in uno o più tessuti o organi, come glaucoma, edema, epilessia, ed è coinvolta
anche in altre patologie come il mal di montagna acuto23, l'aterosclerosi22 e l'osteoporosi.28
11
Inoltre, l’AC II è anche un bersaglio per l'imaging in varie condizioni patologiche negli
organi in cui l'enzima è presente, come il cervello e il liquido cerebrospinale del tratto
gastrointestinale.14 L'inibizione della AC III non è stata determinata per essere vantaggiosa
per il trattamento di diverse malattie.14 Al contrario, diversi amminoacidi naturali e non
naturali sono stati scoperti attivatori della AC III, aumentando il meccanismo di difesa
contro le specie reattive dell'ossigeno (ROS) negli epatociti specialmente nel caso di
epatocancrogenesi o infezione da virus dell'epatite B o C o potrebbero essere terapie
benefiche volte a trattare l'obesità.28,38 Tuttavia, poiché l’AC III è stata recentemente
proposta come induttore nella comparsa della leucemia mieloide acuta e alla progressione
del carcinoma epatico, inibitori selettivi per l’AC III specifici possono avere un potenziale
contro la proliferazione tumorale e l'invasività nel tessuto mieloide ed epatico.51
L’AC IV ha dimostrato di essere un bersaglio farmacologico promettente nel trattamento
del glaucoma, dell'infiammazione, della retinite pigmentosa, di alcuni tipi di tumori
cerebrali e dell'ictus.36-39 Il coinvolgimento delle AC Va e Vb nella lipogenesi de novo e le
chiare indicazioni come i farmaci antiepilettici topiramato e zonisamide provochino una
significativa perdita di peso nei pazienti obesi affetti da epilessia, ha portato le aziende
farmaceutiche a mostrare interesse per l’AC V come nuovo bersaglio farmacologico per il
trattamento dell'obesità.41 Gli attivatori della AC V (probabilmente AC Vb) potrebbero
avere un potenziale uso clinico nel diabete, a causa dell'implicazione della AC V nella
secrezione di insulina mediata dal glucosio da parte delle cellule beta pancreatiche.28 L’AC
Va è stato anche recentemente proposta come target specifico per la prevenzione della
patologia cerebrovascolare diabetica.14 Si potrebbe ipotizzare che l'effetto di induzione
della carie è mediata dall’attività della AC VI, e quindi l'inibizione della AC VI potrebbe
ridurre la carcinogenesi. Infatti, un inibitore AC potrebbe essere aggiunto ai prodotti per
l'igiene orale, come dentifricio, collutorio, smalto per denti e gomma da masticare, per
ridurre il rischio di formazione di lesioni cariose dello smalto.44,45 L’AC VII potrebbe
rappresentare un bersaglio farmacologico nel trattamento delle convulsioni febbrili o
eventualmente altre malattie epilettiformi in quanto è coinvolto in queste patologie ed è
quasi univocamente espresso nel sistema nervoso centrale (SNC).28,46 L'uso di inibitori
della AC XIII potrebbe essere utilizzati per lo sviluppo di agenti anti-contraccettivi.56 Sono
disponibili dati sul coinvolgimento di AC XIV in alcune retinopatie ed epilettogenesi, che
rendono gli inibitori della AC XIV agenti utili per la gestione di tali malattie.58
Le AC IX e XII associate al tumore (e all'infiammazione) sono state costantemente
convalidate come bersagli farmacologici e marcatori di progressione della malattia in molti

12
tumori solidi.24,49,50 La sovraespressione delle AC associate al tumore fa parte delle
risposte adattative delle cellule tumorali alle condizioni ipossiche.49 Infatti, l'inadeguato
apporto di ossigeno alle cellule tumorali (ipossia) induce uno spostamento verso il
metabolismo glicolitico (effetto Warburg). L'alto tasso glicolitico delle cellule tumorali
porta ad un aumento della produzione di metaboliti acidi, tra cui lattato, anidride carbonica
e protoni che creano un’acidosi intracellulare incompatibile con le funzioni cellulari di
base. Per sopravvivere e ridurre acidificazione intracellulare, le cellule attivano complessi
meccanismi molecolari che coinvolgono gli ioni scambiatori, pompe, trasportatori e
anidrasi carbonica, che mantengono un ambiente leggermente più alcalino internamente
alla cellula mentre acidificano l’ambiente esterno (Figura 4).24

Figura 4. Meccanismo di modulazione del pH nelle cellule tumorali ipossiche. HIF-1 sovraregola
l'espressione dei trasportatori del glucosio (GLUT1), degli enzimi glicolitici e delle proteine
coinvolte nella regolazione del pH: trasportatore mono carbossilato (MCT), V-tipo H+ATP (V-
ATPasi), scambiatore Na+/H+ (NHE), bicarbonato co-trasporto (NBC), scambiatore anionico (AE),
anidrasi carbonica IX (AC IX) e XII (AC XII).

L’AC IX è stata approfonditamente studiata, essendo quasi unicamente sovraespressa in


cellule tumorali in stato di ipossia dalla via principale del fattore di trascrizione HIF-1 e
funge da fattore prognostico/predittivo per tumori ipossici, aggressivi e maligni.30,50
Tuttavia, sia l’AC IX che l’AC XII hanno dimostrato di essere coinvolte nella

13
chemioresistenza, nella migrazione delle cellule tumorali, invasione e mantenimento della
attività staminale nelle cellule tumorali.14,24 Inoltre, le AC IX e XII sono state recentemente
identificate come sovraespresse nei tessuti infiammati, essendo probabilmente implicati
nell'acidificazione che caratterizza questi tessuti.40 Inoltre, l’AC XII è anche un bersaglio
convalidato per il trattamento del glaucoma.35

14
CAPITOLO II – Razionale del lavoro di tesi

2.1 Principali categorie di inibitori dell'anidrasi carbonica

I meccanismi attraverso i quali le AC vengono inibite o attivate sono studiati da decenni e


sono processi ben compresi. Quattro meccanismi di inibizione sono stati validati
cineticamente e strutturalmente (Figura 5):

1. i leganti dello zinco, tra cui anioni inorganici, sulfonammidici e loro bioisosteri
(solfonammidi, solfonati, solfammati), monotiocarbammati, ditiocarbammati,
xantati, tioxanteni, idrossammati, carbossilati, fosfati, selenoli, benzossaboroli
(Figura 5B);63-83

2. composti che si ancorano alla molecola d'acqua legata allo zinco/ione idrossido,
come i fenoli, tiofenoli, polifenoli, carbossilati, poliammine, 2-tiossocumarine,
sulfocumarine (Figura 10C);84-91

3. composti che occludono l'ingresso del sito attivo, ovvero le cumarine e i loro
bioisosteri (Figura 10D);92-99

4. composti che si legano al di fuori del sito attivo, ad oggi questo meccanismo di
inibizione è stato mostrato unicamente per l'acido 2-(benzilsulfonil)-benzoico
(Figura 10E).100

Composti come sulfonammidi secondarie/terziarie, saccarine N-sostituite, imatinib e


nilotinib inibiscono l’anidrasi carbonica mediante un meccanismo d'azione
sconosciuto.101,102

15
Figura 5. (A) Sito attivo della ACu II con tre inibitori sovrapposti: acetazolamide (blu); fenolo
(giallo), cumarina idrolizzata (verde). La metà idrofobica del sito attivo è colorata in rosso, quella
idrofila in blu. La His64, il residuo dello shuttle protonico è in verde (rappresentazione della
superficie) (codici file PDB: 3HS4, 3F8E, 4QY3). La tasca adiacente alla porzione idrofobica in
cui gli inibitori si legano all'esterno del sito attivo è mostrata in giallo con un derivato dell'acido
benzoico rappresentato in magenta.

16
2.1.1 Leganti dello zinco

I composti contenenti un gruppo legante lo zinco (ZBG) coordinano direttamente lo ione


metallico con una geometria bipiramidale tetraedrica o trigonale, che sposta il nucleofilo
legato allo zinco (acqua o idrossido, Figura 6A).1-4,59 Inoltre, lo ZBG interagisce con vari
residui amminoacidici presenti nel sito attivo (come la T199) vicino allo ione metallico,
principalmente attraverso legami idrogeno, mentre lo scaffold dell'inibitore partecipa a
molte altre interazioni con le aree idrofile e/o idrofobe del sito attivo.

A B
Figura 6. (A) Illustrazione schematica delle interazioni tra un legante di zinco e il sito attivo di una
ACu; (B) Illustrazione schematica delle interazioni tra un gruppo solfonammidico e il sito attivo di
una ACu.

Il gruppo solfonammidico (R-SO2NH2) è la funzione chelante dello zinco più importante e


60-63
ampiamente utilizzata per la progettazione di iAC con almeno 20 composti di questo
tipo in uso clinico da decenni o sviluppo clinico nell'ultimo periodo.60-65 Il gruppo
solfonammidico si lega nella forma deprotonata allo ione Zn(II) dal sito attivo dell'enzima,
sostituendo la molecola d'acqua legata allo zinco e mantenendo la geometria di
coordinazione tetraedrica (Figura 6B).1-3,62,63,65 Inoltre, il gruppo solfonammidico è
comunemente considerato come lo ZBG ideale per le AC in quanto tale combina una
carica negativa dell'azoto deprotonato con lo ione zinco caricato positivamente e, d'altra
parte, la presenza di un protone sull'atomo di azoto coordinato soddisfa il carattere di
accettore del legame idrogeno per la T199.1-4 Gli iAC solfonammidici agiscono come
inibitori non selettivi e piuttosto efficienti di tutte le isoforme di AC. La conseguenza di

17
questo profilo di inibizione è la moltitudine di effetti collaterali indesiderati dovuti
all'inibizione delle isoforme non coinvolte nella patologia mirata. Questo era ed è infatti il
principale inconveniente di questi iAC sebbene siano ancora in uso clinico1-4. Oltre alle
sulfonammidi, nell'ultimo periodo sono state identificate una moltitudine di nuovi ZBG per
l’AC, tra cui carbossilati77,78, idrossammati79,80, fosfonati81, carbammati73-75, xantati75,
tioxantati75, e selenoli83 identificati come nuovi leganti allo zinco.

2.1.2 Ancoranti all’acqua/ione idrossido legato al metallo

Fenoli, poliammine, alcuni carbossilati, sulfocumarine (dopo essere state idrolizzate


dall'attività solfatasica delle -AC) e le tiossocumarine sono in grado di ancorarsi alla
molecola d'acqua legata allo zinco/ione idrossido. L'ancoraggio è garantito da un legame H
tra il legante di zinco e un preciso gruppo di ancoraggio (AG) nell'inibitore come OH,
NH2, COOH, tipo COOCH3 e SO3H.84-91 Similmente ai leganti di zinco, l'addotto
ligando/bersaglio è stabilizzato da ulteriori interazioni che lo scaffold dell'inibitore
stabilisce con i residui amminoacidici del sito attivo (Figura 7).

Figura 7. Composti che si ancorano alla molecola d'acqua coordinata Zn(II)/ione idrossido. Il
gruppo di ancoraggio (AG) è del tipo fenolo, ammino, acido carbossilico, estere (COOR), o
solfonato.

18
2.1.3 Occlusione all’ingresso del sito attivo

Questi inibitori si legano più lontano dallo ione metallico rispetto ai leganti dello zinco e
rispetto ai composti che si ancorano alla molecola d'acqua coordinata dallo zinco.4,59
L'occlusione all’ingresso del sito attivo come meccanismo di inibizione, è stato osservato
per la prima volta con le cumarine92, ed in seguito è stato poi osservato anche in molecole
che contengono lattoni a 5 e 6 membri e chinolinoni.95-97 Queste molecole sono considerate
profarmaci, poiché l’attività inibitoria si può presentare solo a seguito di idrolisi (grazie
all’attività esterasica catalizzata della famiglia α delle AC), poiché la specie idrolizzata è il
vero inibitore delle ACu. Infatti, studi fatti con la cumarina, a seconda di quanto sono
voluminose le frazioni attaccate sullo scaffold cumarinico, potrebbero legarsi come isomeri
cis (Figura 9B) o come isomeri trans (Figura 9C) sulle AC umane.
L'aspetto più notevole di questo meccanismo di inibizione è il fatto che gli inibitori si
legano in una regione del sito attivo in cui si verificano differenze più significative nelle
composizioni di amminoacidi tra ACu.1-4 Ciò produce importanti conseguenze nei profili
di inibizione esibiti da una tale classe di derivati che ha mostrato un'azione isoforma-
selettiva unica. Infatti, sono state studiate serie di derivati cumarinici/tiocumarinici
variamente sostituiti riportato inibizione significativamente selettiva contro isoforme come
AC IX, XII, XIII e XIV, e sulle isoforme ubiquitarie AC I e II.92-99

Figura 8. Rappresentazione schematica dei composti che occludono l'ingresso al sito attivo. AG
rappresenta un gruppo di ancoraggio, del tipo fenolo, acido carbossilico o ammide per attaccarsi
all'ingresso della cavità del sito attivo mentre la coda, quando presente, interagisce con i residui sul
bordo esterno della fessura di entrata.
19
Figura 9. Meccanismo di inibizione delle AC da parte delle cumarine/tiocumarine, che porta a cis-
o trans-acidi 2-idrossi/mercapto-cinnamici. A) Idrolisi dell'anello lattonico. B) Movimento del
prodotto di idrolisi (come stereoisomero cis) verso l'ingresso della cavità del sito attivo. C)
Isomerizzazione cis-trans del prodotto di idrolisi.93

2.1.4 Inibitori che si legano al di fuori del sito attivo

Gli inibitori che fanno parte in questa classe hanno lo scopo di riconoscere e legare
determinati amminoacidi presenti sull’enzima, e impedirne il cambio di configurazione
tridimensionale durante la sua attività catalitica, e di conseguenza avere la totale inibizione
dell’attività dell’enzima stesso (Figura 10).100

20
Figura 10. Rappresentazione schematica dei composti che si legano al di fuori del sito attivo.

2.2 Umbelliferone

Figura 11. Umbelliferone.

L'umbelliferone o 7-idrossicumarina (Figura 11) è una sostanza organica naturale


appartenente alla famiglia delle cumarine, presente in natura e contenuta nelle piante della
famiglia delle Umbelliferaceae. L’umbelliferone, così come tutti i derivati cumarinici, è
attivo sulle AC, in particolare sulle isoforme umane; ciò lo rende un perfetto candidato per
la ricerca e la sintesi di derivati biologicamente attivi. Il meccanismo di inibizione
dell’umbelliferone è sia l’occlusione all’ingresso del sito attivo e sia quello di legare lo
zinco presente nell’enzima che è fondamentale per la sua attività catalitica.1-5,59 Lo ZBG si
forma a seguito dell’apertura dell’anello lattonico ad opera dell’AC, con formazione di
derivati cis e trans dell’acido 2-idrossi cinnamico (Figura 9). L’approccio sintetico per la
sintesi dei derivati dell’umbelliferone è il “tail approach drug design”, con lo scopo di
sintetizzare dei derivati che possano essere più affini per l’AC, inibendola con una potenza
maggiore.

21
2.3 Tail approach nel drug design

I gruppi leganti lo zinco sono sicuramente gli iAC più comuni e potenti. Sulfonammidi e i
loro bioisosteri sono ampiamente utilizzati in terapia dal 1950 per il trattamento di molte
malattie.1,2 La significativa mancanza di selettività nei confronti sulle diverse isoforme
delle ACu è il principale svantaggio, impedendone l'uso come farmaci di prima linea a
causa dei loro effetti secondari o collaterali. Per ovviare a questo problema sono state
sviluppate alcune strategie come il tail approach che ha lo scopo di aggiungere una o più
"code" ad uno scaffold che contiene già lo ZBG, dove la coda solitamente contiene un
sistema aromatico o un sistema ad anello eterociclico per poter raggiungere ed interagire
con i residui del bordo medio/esterno del sito attivo, che sono i più variabili tra le isoforme
delle ACu.68 L'obiettivo originale era quello di aumentare la solubilità in acqua68 e
successivamente la permeabilità della membrana dei derivati solfonammidici aromatici.
Successivamente, il progetto è stato spostato verso la modulazione delle interazioni tra il
ligando e il bordo esterno dei siti attivi delle ACu, che contengono le regioni
polipeptidiche più variabili tra le varie isoforme, al fine di aumentare la specificità sulle
varie isoforme. Gli iAC dalla coda semplice sono composti dei seguenti elementi: 1) una
funzione legante lo zinco, 2) una struttura centrale che funge da linker e 3) la coda (Figura
12A).
Un'estensione di questo approccio è l’inclusione simultanea di due code di diversa natura
su uno scaffold, ad un punto di ramificazione che coinvolge un atomo di azoto,
permettendo un collegamento distinto con le porzioni idrofile e idrofobe del sito attivo
delle ACu (Figura 12B). Una ulteriore estensione del tail approach è quella di includere
simultaneamente tre code di diversa natura su uno scaffold, tale approccio è ancora in fase
di studio sugli iAC benzensulfonammidici (Figura 12C). Lo scopo di includere tre code è
quella di aumentare ulteriormente l’affinità degli iAC per il sito attivo perché non è
sufficiente indirizzare dei legami sulla porzione idrofila e idrofoba per avere sufficiente
affinità, in quanto in alcune isoforme queste porzioni non sono sufficientemente
differenziate, per questo è necessario sfruttare la presenza di ulteriori siti accessori. Il
vantaggio del tail approach nel drug design rispetto ad altre strategie è di ottenere iAC
selettivi per le varie isoforme, la facilità delle sintesi, la versatilità e la possibilità di
introdurre una varietà di code/scaffold con diverse proprietà chimiche e quindi di generare
molecole con elevata diversità chimica. Di conseguenza, queste procedure sono state estese
a molte altre classi di iAC, non solo alle sulfonammidi.
22
Figura 12. Rappresentazione schematica dell'approccio (A) "singola coda", (B) "due code" e (C)
"tre code" per la progettazione di iAC leganti lo zinco.

Il tail approach a singola coda è stato sfruttato nel presente progetto di tesi per sintetizzare
dei nuovi iAC derivati dalla 7-idrossicumarina. Nel seguente lavoro, si andrà a legare
l’umbelliferone ad una catena alifatica lineare da due a sei unità metileniche con o senza
l’introduzione di un triazolo che contiene un nucleo mono-terpenico alla sua estremità. La
scelta del nucleo mono-terpenico si è rivolta verso la vanillina e suoi isomeri/derivati, dato
il loro potenziale interesse farmacologico. In letteratura sono già presenti alcuni derivati
dell’umbelliferone che sono stati derivatizzati tramite il tail approach con nuclei mono-
terpenici quali timolo, carvacrolo, eugenolo e mentolo dove sono stati ancorati ad una

23
catena alchilica, senza sostituzioni o contente un anello triazolico, come linker centrale
(Figura 13).103

Figura 13. Tail-approach-based design di derivati monotorpenici cumarinici.

Generalmente, tutti questi composti precedentemente sintetizzati hanno inibito


selettivamente le AC IX e XII (le isoforme associate al tumore, in quanto maggiormente
espresse in microambienti ipossici tumorali) con valori di KI nell'intervallo 1.9-3507 nM,
mentre inibivano le isoforme AC I e II a livello micromolare (KI > 10000 nM).103
Indipendentemente dai gruppi monoterpenici, i composti contenenti le catene alchiliche
lineari hanno mostrato una maggiore inibizione della AC XII rispetto ai composti
contenenti gruppi triazolici. Questa differenza è a causa del gruppo triazolico che ne riduce
il carattere lipofilo della molecola derivatizzata. Tuttavia, lo stesso effetto non è stato
osservato per l’inibizione dell’AC IX. Diverse strutture monoterpeniche che formano
anche la parte della coda hanno influenzato l’inibizione dell’AC a diversi livelli. Questo
perché a livello del sito di legame, il nucleo monotorpenico è in grado di instaurare
ulteriori interazioni con l’AC, con conseguente influenza dell’attività dell’inibitore stesso.
Sono stati poi individuati i valori IC50 che mostrano gli effetti citotossici dei composti
sintetizzati, testandoli sulle linee cellulari di HT-29 (adenocarcinoma del colon), MCF-7
(adenocarcinoma della mammella), e PC3 (adenocarcinoma della prostata) mediante
saggio MTT (saggio colorimetro), mentre le cellule sane HEK293T (cellule embrionali

24
umane del rene) sono state utilizzate come controllo, per comprendere la selettività dei
derivati verso le cellule tumorali. Tutti i composti testati contro le cellule HT-29 hanno
mostrato effetti citotossici più deboli rispetto alla doxorubicina (IC 50 = 7.41 μM).
Confrontando i risultati delle inibizioni sugli enzimi AC IX e XII e i risultati dei test di
citotossicità sulle cellule HT-29, MCF-7, PC3 e HEK293T, non è stata individuata nessuna
relazione lineare significativa. È possibile che la citotossicità delle sostanze avviene anche
attraverso percorsi di inibizione diversi nelle AC IX e XII. Successivamente si è eseguito
un western blot per comprendere l'effetto dei composti sulla sintesi delle anidrasi carbonica
tumorigeniche AC IX e AC XII direttamente su due diverse linee cellulari tumorali: HT-29
e MCF-7. I risultati degli esperimenti del western blot (Figura 14) hanno dimostrato che i
composti (Figura 14) hanno diminuito l’espressione delle AC IX e AC XII in entrambe le
linee. Infine, attraverso simulazioni computer-aided e sfruttando i dati sperimentali
ottenuti, si sono fatti studi specifici sul linker centrale, per capire quale tra i due linker
fosse effettivamente il migliore per l’attività degli iAC. Attraverso queste simulazioni si è
osservato che è necessario che il nucleo cumarinico subisca lisi per poter divenire attivo
come inibitore, altrimenti l’inibitore non ha capacità chelante per lo zinco perché non
possiede lo ZBG.103 Confrontando poi tutte le simulazioni di molecole che possiedono gli
stessi nuclei ma diversi linker, si è osservato che le molecole che hanno la catena alchilica
come linker, sono le molecole che sono in grado di interagire meglio con l’AC perché
grazie alla flessibilità della stessa catena alchilica; l’inibitore adotta diverse conformazioni
nel sito attivo con una conformazione della catena alchilica quasi estesa. Questo, quindi,
garantisce la formazione di legami idrogeno aggiuntivi tra i nuclei dell’inibitore e
l’enzima. Al contrario il triazolo come linker non garantisce la libertà di movimento
necessaria per i due nuclei dell’inibitore, e quindi l’impossibilità di instaurare legami
idrogeno aggiuntivi nel sito di legame dell’enzima.103
Il test, i dati e i risultati sono stati ottenuti selezionando quattro diversi derivati
dell’umbelliferone, da una libreria di derivati ottenuti tramite il tail approach. Questi
derivati sono stati ottenuti con scaffold di coda diverse: Timolo, Carvacrolo, Eugenolo e
Mentolo.

25
Figura 14. Inibitori selezionati per i test su HT-29 e MCF-7 e livelli di espressione delle AC IX e
AC XII dopo la somministrazione degli inibitori 14, 23, 63 e 66 HT-29 (A) e su MCF-7 (B).103

2.4 Scaffold presenti nella coda semplice

2.4.1 Vanillina

Figura 15. Vanillina.

26
La vanillina o 4-idrossi-3-metossibenzaldeide (Figura 15), è estratta dai baccelli di Vanilla
planifolia ed è il componente maggiormente responsabile dell’aroma di vaniglia. È uno
degli aromi maggiormente utilizzati al giorno d’oggi nell’ambito alimentare, dolciario,
cosmetico, e nella realizzazione di profumo. Tuttavia, non è stato possibile soddisfare
l’elevata richiesta nel corso degli anni di vanillina, motivo per il quale oggi la maggior
parte di questa sostanza non è più di derivazione naturale, ma è ottenuta per via
semisintetica o sintetica. Inoltre, è una molecola molto studiata per le sue varie proprietà di
interesse farmaceutico.104
La vanillina (C8H8O3) è un'aldeide aromatica appartenente al gruppo dei composti fenolici.
Ha un peso molecolare di 152.15 g/mol. La vanillina ha un punto di fusione di 81-83 ⁰C; è
solubile in acqua (a 25 ⁰C), in etanolo (in rapporto 1:2), in cloroformio ed etere ed acetone.
Si ossida lentamente quando esposta all’aria umida e alla luce.

2.4.2 Isovanillina e o-vanillina

L’isovanillina e la o-vanillina sono isomeri strutturali sintetici della vanillina.

Figura 18. o-vanillina (A) e isovanillina (B).

Nella o-vanillina (Figura 18A), il gruppo -OH, invece di essere in posizione para rispetto
all’aldeide si trova in posizione orto. Questa differenza di posizione è ad esempio
responsabile della diversa solubilità, temperatura di fusione e altre caratteristiche chimico-
fisiche.
Nella isovanillina (Figura 18B), il gruppo -OH e il gruppo -OCH3 della vanillina sono
invertiti di posto, in questo modo si ottiene un isomero con caratteristiche chimico-fisiche
molto differenti: ad esempio la temperatura di fusione è di 113-115 ⁰C, la molecola riesce a
instaurare interazioni intermolecolari più forti.

27
L’interesse nella isovanillina è rivolto anche nell’ambito farmaceutico, sia dal punto di
vista chimico e sia dal punto di vista di potenziale farmaco:
➢ dal punto di vista chimico perché grazie alla presenza del gruppo OH in posizione
meta rispetto al gruppo aldeidico, il gruppo OH è protetto da possibili reazioni
indesiderate;
➢ dal punto di vista come potenziale profarmaco per il trattamento di pazienti con
dipendenza da alcol, perché la isovanillina è un inibitore selettivo della aldeide
ossidasi quando viene metabolizzato dall’aldeide deidrogenasi in acido
isovanillinico.104

2.4.3 Etilvanillina

Figura 19. Etilvanillina.

L’etilvanillina è un derivato sintetico della vanillina, dove è caratterizzato dalla


sostituzione del gruppo -OCH3 presente nella vanillina con il gruppo -OCH2CH3 (Figura
19). Utilizzata principalmente nella produzione di profumi e nella industria dolciaria per la
produzione di cioccolata grazie al suo potere aromatizzante che supera di ben tre volte
quella della vanillina.105

28
CAPITOLO III – Strategia sintetica

3.1 Derivati 1-18 ottenuti tramite Sostituzione Nucleofila

La reazione di sostituzione nucleofila (SN) è un meccanismo di reazione in cui avviene la


sostituzione di un gruppo elettron-attrattore o di un atomo elettronegativo con un altro
gruppo o atomo nucleofilo, ossia una specie ricca di elettroni. La Sostituzione Nucleofila
può configurarsi come bimolecolare (SN2) o monomolecolare (SN1). La SN2 si verifica
quando è presente un gruppo elettron-attrattore o un atomo elettronegativo che determina
una polarizzazione della molecola, tale per cui avviene l’attacco da parte di un nucleofilo;
difatti il meccanismo consiste in una reazione concertata in cui il nucleofilo attacca da retro
l’elettrofilo, che sarebbe il carbonio che lega il gruppo uscente, determinando
l’allontanamento di quest’ultimo. Per concertata si intende una reazione che avviene in un
unico stadio in cui non è prevista la formazione di un intermedio, bensì si verifica uno stato
di transizione che coinvolge sia l’alogenuro alchilico che il nucleofilo; lo stato di
transizione sta a rappresentare il momento in cui si ha la rottura del legame carbonio-
gruppo uscente e la formazione di quello carbonio-nucleofilo. Per quanto riguarda l’attacco
da retro, invece, sono validate due ipotesi. Innanzitutto, attacco da retro indica che il
nucleofilo effettua l’attacco dal lato opposto rispetto a quello del gruppo uscente, in quanto
il gruppo uscente crea impedimento nell’avvicinamento frontale alla molecola del
nucleofilo. La seconda spiegazione si basa sulla teoria degli orbitali. Quando il nucleofilo
si avvicina da retro, l’orbitale pieno a più alta energia del nucleofilo interagisce con
l’orbitale vuoto a più bassa energia del legame carbonio-alogenuro e si instaura
l’interazione legante; nel caso in cui l’attacco fosse frontale, si verificherebbe sia
un’interazione legante che antilegante, le quali si annullano a vicenda e, come risultato,
non si instaurerebbe alcun legame. La Sostituzione Nucleofila monomolecolare (SN1)
prevede, invece, un meccanismo a più stadi, con formazione di un intermedio
carbocationico. Quando un alogenuro alchilico subisce una reazione di sostituzione
nucleofila monomolecolare, il primo stadio è la dissociazione del legame carbonio-alogeno
per formare un carbocatione ed uno ione alogenuro. Per rompere questo legame è
necessaria energia e la reazione è condotta in un solvente polare, dove gli ioni vengono
solvatati. L’energia associata ad ogni ione-dipolo è piccola, ma l’effetto additivo dato da
tutte le interazioni ione-dipolo coinvolte nella stabilizzazione della specie carica da parte
del solvente, rappresentano un grande quantitativo energetico, tanto da consentire la
dissociazione del legame carbonio-alogeno. Nel lavoro di tesi gli alogenuri alchilici
29
utilizzati sono stati coinvolti in una reazione di tipo SN2, essendo tutti primari, difatti,
questi presentano dei migliori gruppi uscenti (ossia ioni alogenuro) che più facilmente
favoriscono la sostituzione. Per promuovere una sostituzione SN2, è stato necessario
dapprima procedere per una reazione acido-base che determinasse una deprotonazione
dell’OH fenolico dei nuclei vanillinici, aggiungendo K2CO3 nel pallone di reazione.
Questo porta a formazione di uno ione di carica negativa capace di attaccare maggiormente
l’elettrofilo. Tale funzione organica si configura come miglior nucleofilo rispetto all’OH
iniziale. Il nucleofilo attacca l’elettrofilo e passando attraverso lo stato di transizione, si è
ottenuto il derivato monoterpenico vanilloide (Schema 1). I derivati monoterpenici ottenuti
dalla sostituzione nucleofila del gruppo OH fenolico sono:
➢ per la vanillina A, B, C e D;
➢ per la Isovanillina E, F, G, H e I;
➢ per la Etilvanillina J, K, L, M e N;
➢ per la o-Vanillina O, P, Q e R.

Schema 1. Primo step di sintesi per la produzione degli intermedi monoterpenici a nucleo
vanilloide.

Questi derivati monoterpeni sostituiti sono stati impiegati come intermedi per la
produzione del prodotto finale tramite sostituzione nucleofila con l’OH dell’umbelliferone
(Schema 2) ottenendo i vari derivati in funzione al tipo di intermedio utilizzato:
➢ per i derivati con nucleo vanillinico si sono impiegati gli intermedi A, B, C e D per
ottenere i prodotti finali 3, 7, 11 e 15;
➢ per i derivati con nucleo isovanillinico si sono impiegati gli intermedi E, F, G, H e
I per ottenere i prodotti finali 1, 4, 9, 12 e 16;

30
➢ per i derivati con nucleo etilvanillinico si sono impiegati gli intermedi J, K, L, M e
N per ottenere i prodotti finali 2, 6, 10, 14 e 18;
➢ per i derivati con nucleo o-vanillinico si sono impiegati gli intermedi O, P, Q e R
per ottenere i prodotti finali 5, 8, 13 e 17.

Schema 2. Secondo step di sintesi per la produzione dei prodotti finali derivati dall’umbelliferone.

Tutti i derivati ottenuti nella sintesi sono stati separati e purificati tramite cromatografia su
colonna e successivamente identificati tramite spettroscopia NMR del protone e del
carbonio 13.

31
3.2 Derivati 19-27 ottenuti tramite “Click Chemistry”

La “Click Chemistry” sono una serie di reazioni chimiche comunemente utilizzate per
unire due entità molecolari di scelta. La click chemistry non è quindi una singola reazione
specifica, ma descrive un modo di generare prodotti che ricalca gli esempi presenti in
natura, sfruttando la formazioni dei legami carbonio-eteroatomo-carbonio (C-X-C) che
genera nuove entità molecolari unendo piccole unità modulari.108 Le reazioni click si
verificano in un unico recipiente, non sono influenzate da tracce di acqua, generano
sottoprodotti minimi e sono caratterizzate da un'elevata forza motrice termodinamica che le
porta rapidamente e in modo irreversibile all'elevata resa di un singolo prodotto di
reazione, con elevata specificità di reazione (in alcuni casi, sia con regio- che con stereo-
specificità). Anche se le reazioni click comprendono diverse reazioni chimiche, ci sono
alcune reazioni che si adattano meglio al concetto, rispetto ad altre come:
• cicloaddizioni [3+2], come la cicloaddizione di Huisgen azide-alchino, in
particolare la variante catalizzata da Cu(I) chiamata CuAAC (Schema 3)109
• reazioni tiolo-ene110
• reazioni di Diels-Alder111
• cicloaddizioni [4+1] tra isocianuri e tetrazine112
• sostituzioni nucleofile specie su anelli piccoli e tensionati come negli epossidi e le
aziridine
• chimica del carbonile di tipo non aldolico: ad esempio sintesi di uree, eterocicli
aromatici e idrazoni
• reazioni di addizione a doppi legami carbonio-carbonio come la diidrossilazione e
l'epossidazione.

3.2.1 Cicloaddizione azide-alchino catalizzata da rame (I) (CuAAC)

La cicloaddizione azide-alchino catalizzata da rame presenta un'enorme accelerazione della


velocità da 107 a 108 rispetto alla cicloaddizione 1,3-dipolare non catalizzata. Ha successo
in un ampio intervallo di temperature, è insensibile alle condizioni acquose e ad un
intervallo di pH compreso tra 4 e 12 e tollera un'ampia gamma di gruppi funzionali. I
prodotti puri possono essere isolati mediante semplice filtrazione o estrazione senza la
necessità di cromatografia o ricristallizzazione.

32
Schema 3. Reazione click nella CuAAC.

Il catalizzatore attivo di Cu(I) può essere generato da sali di Cu(I) o sali di Cu(II)
utilizzando ascorbato di sodio come agente riducente. L'aggiunta di un leggero eccesso di
ascorbato di sodio previene la formazione di prodotti di omo-accoppiamento ossidativo.
Nella reazione catalizzata dal Cu, si forma acetiluro di rame legato con legame σ che porta
alla formazione di un legame di coordinazione tra rame e azide tramite elettroni π. Quindi
si forma un insolito metallociclo di rame a sei membri. Il ruolo del secondo atomo di rame
è fondamentale perché funge da ligando donatore stabilizzante. La contrazione dell'anello
in un derivato triazolil-rame è seguita dalla protonolisi che rilascia il prodotto triazolico e
chiude il ciclo catalitico (Figura 22).

Figura 22. Meccanismo catalitico del rame nella reazione della CuAAC.

Per sfruttare la click chemistry è stato necessario dapprima preparare la parti coinvolte
nella reazione click:
− la porzione alchilica monoterpenica legata all’azide tramite una SN2 utilizzando
NaN3 in DMF (Schema 4). Si usa DMF e non DCM come solvente perché il DCM
reagisce con l’NaN3 formando un composto molto tossico. La porzione alchilica

33
viene preparata a partire dagli intermedi ottenuti dalla sostituzione nucleofila
dell’OH dei monoterpeni con il ponte alchilico alogenato:
➢ per i derivati con nucleo vanillinico si sono impiegati gli intermedi B e D
per ottenere i derivati triazidici corrispondenti α e β;
➢ per i derivati con nucleo isovanillinico si sono impiegati gli intermedi G, H
e I per ottenere i derivati triazidici corrispondenti γ, δ e ε;
➢ per i derivati con nucleo etilvanillinico si sono impiegati gli intermedi M e
N per ottenere i derivati triazidici corrispondenti ζ e η;
➢ per i derivati con nucleo o-vanillinico si sono impiegati gli intermedi Q e R
per ottenere i derivati triazidici corrispondenti θ e ι.

Schema 4. Sostituzione dell’alogenuro sul ponte alchilico del nucleo terpenico con l’azide.

− l’umbelliferone deve subire una reazione di progargilazione tramite SN2 con


bromuro di propargile e in presenza di K2CO3 (Schema 5).

34
Schema 5. Propargilazione dell’umbelliferone tramite eterificazione.

A questo punto è possibile quindi sfruttare la click chemistry per far reagire l’azide
presente sul ponte alchilico del monoterpene con l’umbelliferone propargilato (Z) per
ottenere i vari prodotti finali (Schema 6). In funzione del nucleo monoterpenico e dalla
lunghezza del ponte alchilico, si sono ottenuti prodotti finali differenti:
➢ per i derivati con nucleo vanillinico si sono impiegati gli intermedi triazolici α e β
per ottenere i prodotti finali numero 19 e 24;
➢ per i derivati con nucleo isovanillinico si sono impiegati gli intermedi triazolici γ, δ
e ε per ottenere i prodotti finali numero 20, 21 e 25;
➢ per i derivati con nucleo etilvanillinico si sono impiegati gli intermedi triazolici ζ e
η per ottenere i prodotti finali numero 23 e 27;
➢ per i derivati con nucleo o-vanillinico si sono impiegati gli intermedi triazolici θ e ι
per ottenere i prodotti finali numero 22 e 26.

35
Schema 6. Produzione dei prodotti finali tramite la click chemistry, sfruttando il meccanismo della
cicloaddizione azide-alchino catalizzata.

36
3.3 Microonde

Le reazioni di sostituzione nucleofila richiedono una temperatura tale da innescare


l’ebollizione del solvente, per questo è necessario utilizzare un sistema di raffreddamento
del solvente per farlo reflussare e mantenere costante il suo volume durante la reazione.
Un’altra problematica nell’utilizzo di sistemi di riscaldamento a conduzione classici è il
fatto che il solvente, così come i reagenti, non si riscaldano in modo omogeneo in tutto il
loro volume. Come strategia alternativa, nell’ottica dell’ottimizzazione del processo di
sintesi, si è impiegato un forno a microonde per il riscaldamento e il controllo della
temperatura durante la reazione. Le microonde sono radiazioni elettromagnetiche con
lunghezza d’onda compresa tra il campo delle onde radio e della radiazione infrarossa.
Sono così chiamate perché rispetto alle onde radio hanno onde molto corte, comprese tra
30 cm che corrisponde alla frequenza di circa 1 GHz, e 1 mm, che corrisponde a circa 300
GHz. Le microonde possono essere prodotte in vari modi, classificabili in due categorie: a
stato solido e con tubi a vuoto. I dispositivi a stato solido sono basati su semiconduttori
(silicio o arseniuro di gallio) e possono essere transistor a effetto di campo (FET),
transistor a giunzione bipolare (BJT), diodi Gunn e IMPATT. I tubi a vuoto si basano sul
movimento balistico degli elettroni nel vuoto sotto l'influenza di campi elettrici o
magnetici di controllo. In questa categoria ci fanno parte: magnetron (Figura 21), klystron,
travelling wave tube (TWT) e gyrotron.106

Figura 23. Magnetron impiegato nella produzione di microonde.

Le microonde, usate in apparecchi civili e di laboratorio, vengono generate da forni


contenenti un generatore a magnetron per produrre radiazioni alla frequenza di circa 2,45

37
GHz, e poi impiegate per riscaldare materiale organico contenente acqua o sostanze polari
con momento dipolare permanente. Il riscaldamento è dovuto soprattutto alla vibrazione
indotta nelle molecole polari come l’acqua; infatti, l’intero processo si basa sulla
polarizzazione di un materiale dielettrico quando è sottoposto ad un campo elettrico perché
agisce come un condensatore e ne subisce quindi la polarizzazione, in cui le molecole (o
ioni) vengono allineate nella direzione del campo elettrico esterno. A livello molecolare la
polarizzazione coinvolge due fenomeni: la distorsione della distribuzione della nuvola
elettronica e l’orientamento dei dipoli molecolari dovuti all’allineamento preferenziale dei
dipoli permanenti da parte del campo applicato. L’energia delle microonde viene assorbita
prevalentemente per il rapido movimento oscillatorio di ioni e molecole, che cambiano
orientamento con una velocità che dipende dalla frequenza di oscillazione del campo
elettrico. Il movimento rapido causa dell’attrito che viene convertito in calore che riscalda.
Maggiore è la costante dielettrica di una sostanza (esempio per l’acqua è 80.4) e maggiore
quindi sarà la sua influenzabilità quando è soggetto ad un campo elettrico, e più
rapidamente sarà la sua tendenza a riscaldare. Al contrario, i solventi non polari che non
hanno momento dipolare permanente, non assorbono nel microonde e sono pertanto
inefficaci nel riscaldamento dielettrico a microonde, ma possono comunque essere sfruttati
come refrigeranti per rimuovere l’eccesso di riscaldamento in un’ambiente dove sta
avvenendo una reazione chimica. A prescindere dall’andamento della reazione, è
indispensabile fornire una certa quantità di energia per innescarla, per questo le microonde
vengono quindi sfruttate nel processo di sintesi, in quanto le microonde sono una
radiazione elettromagnetica che attraversa il recipiente in ogni sua parte garantendo un
riscaldamento localizzato, accurato e istantaneo, al contrario dei metodi di riscaldamento
tradizionali che si basano sulle caratteristiche di conducibilità termica del materiale del
recipiente e del solvente in cui avviene la reazione.106

3.3.1 Scelta del solvente

La scelta del solvente da utilizzare in una reazione organica assistita dalle microonde è
fondamentale per l’ottimizzazione dei parametri sperimentali di reazione. Un vantaggio di
operare con un microonde che abbia un sistema di pressurizzazione (a vial chiuso) è quello
di poter scegliere anche solventi basso bollenti per la reazione, solventi che normalmente
sono ignorati nelle reazioni tradizionali condotte ad alte temperature.

38
Molto importante è quindi qual è il solvente che ha la maggiore capacità di assorbimento
delle microonde e aumentare rapidamente la temperatura desiderata, per questo possiamo
classificare i solventi tre categorie:
1 solventi con elevata capacità di assorbimento (DMSO, EtOH, MeOH)
2 solventi con media capacità di assorbimento (H2O, acetone)
3 solventi con bassa capacità di assorbimento (DCM, esano, acetato di etile)

I solventi con elevata capacità di assorbimento riscaldano molto rapidamente all’interno


della cavità del microonde grazie ai valori di perdita dielettrica elevati, mentre i solventi
con media capacità di assorbimento, seppur riscaldano in modo efficace richiedono più
tempo per raggiungere le temperature desiderate. I solventi con bassa capacità di
assorbimento sono solventi che assorbono poco il microonde, con conseguente
riscaldamento lento dell’ambiente di reazione. In genere i solventi non polari non vengono
mai utilizzati nelle reazioni assistite nel microonde come solvente per imprimere un
riscaldamento perché essi non si accoppiano efficacemente con le microonde. Un utilizzo
alternativo è come co-solvente nelle miscele di reazione che sono sensibili alla
temperatura: quando le microonde irradiano la miscela di reazione, il solvente non polare
non interagendo con il microonde, contribuisce a sottrarre il riscaldamento termico
prodotto dai reagenti polari presenti. La reazione sta ancora ricevendo l’energia di
attivazione ma la sua temperatura interna rimane bassa.
Un altro parametro da tenere in considerazione nella scelta del solvente è in base al tipo di
reazione. Il solvente fornisce il mezzo in cui vengono sciolti i reagenti e in cui ha luogo la
reazione di sostituzione nucleofila. I solventi comuni per queste reazioni possono essere
divisi in due gruppi:
➢ i solventi protici contengono gruppi -OH (acqua, alcoli a basso PM e acidi
carbossilici a basso PM) sciolgono i composti ionici a causa delle interazioni di
natura elettrostatica tra i loro atomi di ossigeno con i cationi e tra i loro atomi di
idrogeno con gli anioni. Queste proprietà favoriscono la scissione eterolitica del
legame C-X per formare carbocationi, per questo i solventi protici sono buoni
solventi nei quali condurre reazioni SN1;
➢ I solventi aprotici non contengono gruppi -OH e per questo sono particolarmente
adatti per condurre reazioni SN2.

39
La scelta oculata del solvente permette di controllarne il meccanismo di reazione di
substrati che possono reagire sia per sostituzione nucleofila che per eliminazione, difatti
entrambe le reazioni competono. Per quanto riguarda la SN2 e la E2, aumentando la
polarità del solvente viene favorita la sostituzione rispetto alla eliminazione mentre
l’eliminazione sarà favorita se il solvente non avrà capacità ionizzanti e nell’ambiente è
presente una base forte. Per le reazioni E1, un solvente più polare aumenta la velocità del
meccanismo, infatti in genere la velocità di reazione in soluzione è quasi sempre
dipendente dalla natura del solvente.

3.3.2 Microonde nelle reazioni

Le molecole sintetizzate con l’assistenza del microonde nelle reazioni di sostituzione sono:
➢ B, C, G, H, J e L per quanto riguarda gli intermedi monoterpenici funzionalizzati
con alogenuri alchilici;
➢ 2, 3, 4, 5, 6, 7, 11, 12, 16 e 18 per quanto riguarda i prodotti finali.
I vantaggi nell’impiego il microonde come sistema di controllo della temperatura sono
diversi:
− Maggiore controllo della temperatura durante l’intera reazione;
− Riscaldamento omogeneo dell’intero volume di reazione;
− Ottimizzazione dei tempi di reazione a confronto con il metodo classico che
impiega un sistema a riflusso e piastra riscaldante, con una riduzione del tempo
medio di reazione passando da 48 ore a 3-4 ore nel microonde per la stessa
tipologia di reazione
− Minore formazione di sottoprodotti indesiderati e aumento della resa media delle
reazioni condotte in microonde del 15-20% rispetto al metodo classico.

40
CAPITOLO IV – Materiali e Metodi

4.1 Eteri 1-18 ottenuti tramite Sostituzione Nucleofila

Per ottenere i derivati eterei tramite sostituzione nucleofila sia per formare gli intermedi
monoterpenici che per il prodotto finale contenente l’umbelliferone, è stata realizzata una
miscela a partire da 1 equivalente di monoterpene o umbelliferone e 4 equivalenti di
K2CO3 in acetonitrile (ACN) a 0.4 M. Alla miscela è stato addizionato un opportuno
alogenuro alchilico (1.5 equivalenti). La sospensione così ottenuta è stata portata tramite
microonde alla temperatura di 60 °C e lasciata reagire fin quando nessun reagente di
partenza era più constatabile mediante TLC. Terminata la reazione, è stato eseguito il
work-up: la miscela è stata sottoposta ad estrazione liquido-liquido per mezzo di un imbuto
separatore, con una soluzione acquosa di Na2CO3 ss o NaHCO3 ss (tale da eliminare
totalmente qualsiasi residuo acido) ed estratta con diclorometano per tre volte, utilizzando
dai 25 ai 50 mL di fase organica ogni volta. La fase organica è stata in seguito anidrificata
con solfato di sodio anidro (Na2SO4) per rimuovere l’acqua. Il sale è stato filtrato,
attraverso un filtro di carta e lavato almeno tre volte con piccole quantità (5 mL) di DCM.
La fase organica è stata evaporata tramite Rotavapor, per ottenere l’estratto grezzo
contenente la molecola target, spesso ottenendo un composto solido di colore bianco e
alcune volte giallo paglierino. Su questo grezzo è stata effettuata poi una purificazione su
colonna, utilizzando gel di silice (SiO2) e opportune miscele come sistemi di eluizione,
preparate a diverse proporzioni di esano/acetato di etile, esano/etere dietilico,
diclorometano/metanolo, solo esano. La proporzione della miscela più idonea è stata scelta,
al termine della fase estrattiva, facendo correre il campione di riferimento del grezzo su
TLC. Il grezzo è stato testato per diverse fasi mobili plausibili da adottare poi per la
cromatografia su colonna. Quando il grezzo non risultava solubile nella fase mobile scelta
per l’eluizione o in piccole quantità di diclorometano o cloroformio, si è reso necessario
realizzare un adsorbato su silice, comunemente noto come polverino. I prodotti sintetizzati
sono stati caratterizzati mediante determinazione del punto di fusione e spettroscopia 1H e
13
C NMR.
I prodotti di reazione sono poi stati inviati all’Università degli studi di Firenze per i test
biologici. I procedimenti eseguiti e gli strumenti impiegati sono:
➢ Tutte le reazioni sono state monitorate su TLC (cromatografia su strato sottile) di
silice Macherey-Nagel ALUGRAM®SIL G UV254, visionate sotto lampada UV
41
sia a 254 nm sia a 365 nm e immerse in una soluzione acquosa di permanganato di
potassio (KMnO4), per individuare eventuali macchie che non riescono ad assorbire
nello spettro dell’UV;
➢ Le colonne cromatografiche utilizzate per la purificazione dei prodotti sono state
impaccate con silice (230-400 mesh, G60 Merck);
➢ I parametri della cromatografia sono stati scelti in funzione del peso del grezzo, del
fattore di ritenzione della macchia supposta come prodotto su TLC e della distanza
tra le macchie presenti nel grezzo;
➢ In determinati casi si è reso necessario effettuare lavaggi con diverse miscele di
solventi organici, decantazione e raccoglimento del surnatante o filtrazione
sottovuoto della sospensione. Questa tecnica è risultata particolarmente utile per
analiti molto polari che risultavano insolubili in cloroformio e diclorometano, ma
molto solubili in metanolo;
➢ I punti di fusione per i composti solidi sono stati determinati con il metodo capillare
attraverso apparecchio automatico FP62 (Mettler-Toledo) in un range di
temperatura tra i 30 e i 300 °C;
➢ Gli spettri 1H e 13
C NMR sono stati effettuati con uno spettrometro Bruker 300
MHz, usando CDCl3 e DMSO-d6 come solventi deuterati. I chemical shifts sono
espressi in unità δ (parti per milione) e sono riferiti al picco del solvente. Le
molteplicità di spin sono indicate come segue: s (singoletto), d (doppietto), t
(tripletto), dd (doppio doppietto), q (quadrupletto) e m (multipletto). Tutti i
composti sono stati analizzati con una concentrazione finale di ~20 mg/mL a
temperatura ambiente.

4.1.1 Dati di caratterizzazione degli eteri 1-18 ottenuti tramite SN

4-metossi-3-(2-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)etossi)benzaldeide (1)

Peso molecolare: 340,33; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 148–
150 °C; Resa: 43%;

42
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 3.98 (s, 3H, OCH3), 4.44-4.50 (m, 4H, OCH2CH2O), 6.26
(d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.89-6.91 (m, 2H, Ar), 7.05 (d, J = 7.5 Hz, 1H, Ar), 7.37-7.46 (m,
3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 9.85 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 56.2, 67.0, 67.4, 101.8, 110.9, 111.0, 112.9, 113.1, 113.4,
127.5, 128.8, 130.0, 143.4, 148.5, 155.0, 155.8, 161.2, 161.8, 190.7.

3-etossi-4-(2-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)etossi)benzaldeide (2)

Peso molecolare: 354,35; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 139–
141 °C; Resa: 67%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.44 (t, J = 7.0 Hz, 3H, OCH2CH3), 4.14 (q, 2H,
OCH2CH3), 4.44-4.50 (m, 4H, OCH2CH2O), 6.26 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.89-6.91 (m,
2H, Ar), 7.05 (d, J = 7.5 Hz, 1H, Ar), 7.37-7.46 (m, 3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar),
9.85 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 14.6, 64.6, 67.0, 67.6, 101.8, 111.2, 112.9, 113.0, 113.4,
126.1, 128.8, 130.8, 143.3, 149.5, 153.6, 155.8, 161.0, 161.7, 190.9.

3-metossi-4-(3-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)propossi)benzaldeide (3)

Peso molecolare: 354,35; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 135–
137 °C; Resa: 80%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 2.35-2.43 (m, 2H, OCH2CH2CH2O), 3.92 (s, 3H, OCH3),
4.25 (t, J = 5.8 Hz, 2H, OCH2CH2CH2O), 4.31 (t, J = 6.1 Hz, 2H, OCH2CH2CH2O), 6.22
(d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.82-6.86 (m, 2H, Ar), 7.00 (d, J = 8.4 Hz, 1H, Ar), 7.34-7.45 (m,
3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H, Ar), 9.84 (s, 1H, CHO).

43
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 28.8, 56.0, 64.8, 65.3, 101.5, 109.4, 111.6, 112.7, 112.8,
113.2, 126.6, 128.8, 130.3, 143.3, 149.9, 153.7, 155.9, 161.1, 161.9, 190.8.

4-metossi-3-(3-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)propossi)benzaldeide (4)

Peso molecolare: 354,35; Stato fisico: solido bianco e giallo paglierino; Punto di
fusione: 141–142 °C; Resa: 77%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 2.32-2.40 (m, 2H, OCH2CH2CH2O), 3.95 (s, 3H, OCH3),
4.25 (q, 4H, OCH2CH2CH2O), 6.23 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.84-6.87 (m, 2H, Ar), 6.98 (d,
J = 8.1 Hz, 1H, Ar), 7.36 (d, J = 9.0 Hz, 1H, Ar), 7.45 (d, J = 9.3 Hz, 2H, Ar), 7.62 (d, J =
9.3 Hz, 1H, Ar), 9.83 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 28.8, 56.2, 64.9, 65.2, 101.3, 110.0, 110.5, 110.7, 112.5,
113.1, 113.2, 127.1, 128.7, 130.0, 143.4, 148.8, 154.9, 155.9, 161.2, 162.1, 190.9.

3-metossi-2-(3-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)propossi)benzaldeide (5)

Peso molecolare: 354,35; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 94–96
°C; Resa: 85%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 2.28-2.26 (m, 2H, OCH2CH2CH2O), 3.82 (s, 3H, OCH3),
4.27-4.32 (m, 4H, OCH2CH2CH2O), 6.25 (d, J = 9.6 Hz, 1H, Ar), 6.85-6.89 (m, 2H, Ar),
7.14 (d, J = 4.2 Hz, 2H, Ar), 7.37-7.42 (m, 2H, Ar), 7.64 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 10.4 (s,
1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 29.8, 56.0, 65.0, 71.1, 101.5, 112.6, 112.7, 113.2, 118.0,
119.4, 124.3, 128.8, 130.0, 143.4, 151.4, 152.9, 155.9, 161.2, 162.1, 190.0.

44
3-etossi-4-(3-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)propossi)benzaldeide (6)

Peso molecolare: 368,38; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 153–
154 °C; Resa: 80%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.45 (t, J = 7.0 Hz, 3H, OCH2CH3), 2.33-2.41 (m, 2H,
OCH2CH2CH2O), 4.13 (q, 2H, OCH2CH3), 4.24-4.31 (m, 4H, OCH2CH2CH2O), 6.23 (d, J
= 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.83-6.86 (m, 2H, Ar), 6.99 (d, J = 7.8 Hz, 1H, Ar), 7.34-7.43 (m, 4H,
Ar), 7.62 (d, J = 9.6 Hz, 1H, Ar), 9.83 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 14.7, 28.8, 64.5, 64.8, 65.3, 101.5, 110.8, 112.1, 112.6,
112.8, 113.2, 126.4, 128.8, 130.3, 143.3, 149.3, 154.0, 155.9, 161.1, 162.0, 190.9.

3-metossi-4-(4-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)butossi)benzaldeide (7)

Peso molecolare: 368,38; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 129–
130 °C; Resa: 89%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 2.02-2.10 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2O), 3.91 (s, 3H,
OCH3), 4.12 (t, J = 6.0 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2O), 4.19 (t, J = 5.8 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2O), 6.25 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.79-6.83 (m, 2H, Ar), 6.97 (d, J = 8.1
Hz, 1H, Ar), 7.34-7.45 (m, 3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H), 9.84 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 25.6, 25.9, 29.7, 56.0, 68.1, 68.6, 101.3, 109.3, 111.4,
112.5, 112.9, 113.1, 126.7, 128.7, 130.1, 143.4, 149.8, 153.9, 155.9, 161.2, 162.2, 190.9.

45
3-metossi-2-(4-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)butossi)benzaldeide (8)

Peso molecolare: 368,38; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 83–85
°C; Resa: 45%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 2.06-2.13 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2O), 3.91 (s, 3H,
OCH3), 4.14 (t, J = 6.0 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2O), 4.19 (t, J = 5.8 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2O), 6.25 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.79-6.90 (m, 3H, Ar), 7.34-7.45 (m,
3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H), 9.84 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 25.6, 25.9, 29.5, 56.1, 68.1, 68.7, 101.4, 109.4, 111.4,
112.7, 112.9, 113.3, 126.7, 128.8, 130.1, 143.3, 149.7, 153.8, 155.9, 161.4, 162.2, 190.7.

4-idrossi-3-(4-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)butossi)benzaldeide (9)

Peso molecolare: 368,38; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 77–78
°C; Resa: 52%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 2.04-2.11 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2O), 3.90 (s, 3H,
OCH3), 4.11 (t, J = 6.0 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2O), 4.20 (t, J = 5.8 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2O), 6.25 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.79-6.83 (m, 2H, Ar), 6.97 (d, J = 8.1
Hz, 1H, Ar), 7.34-7.45 (m, 3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H), 9.84 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 25.7, 25.8, 29.7, 56.1, 68.0, 68.7, 101.3, 109.3, 111.4,
112.5, 112.9, 113.2, 126.7, 128.7, 130.1, 143.2, 149.8, 153.9, 155.9, 161.3, 162.2, 190.8.

46
3-etossi-4-(4-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)butossi)benzaldeide (10)

Peso molecolare: 382,41; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 122–
123 °C; Resa: 64%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.46 (t, J = 7.0 Hz, 3H, OCH2CH3), 4.17 (q, 2H,
OCH2CH3), 2.06-2.13 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2O), 4.14 (t, J = 6.0 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2O), 4.19 (t, J = 5.8 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2O), 6.25 (d, J = 9.3 Hz,
1H, Ar), 6.79-6.90 (m, 3H, Ar), 7.34-7.45 (m, 3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H), 9.84 (s,
1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 14.6, 25.8, 25.9, 29.6, 56.3, 68.1, 68.7, 101.5, 109.7, 111.4,
112.7, 112.9, 113.6, 126.8, 128.8, 130.2, 143.5, 149.6, 153.8, 155.8, 161.3, 162.2, 190.8.

3-metossi-4-((5-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)pentil)ossi)benzaldeide (11)

Peso molecolare: 382,41; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 103–
104 °C; Resa: 78%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.66-1.72 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 1.89-1.99 (m,
4H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 3.91 (s, 3H, OCH3), 4.05 (t, J = 6.1 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2O), 4.14 (t, J = 6.4 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 6.23 (d, J =
9.3 Hz, 1H, Ar), 6.78-6.83 (m, 2H, Ar), 6.97 (d, J = 8.4 Hz, 1H, Ar), 7.34 (d, J = 8.1 Hz,
1H, Ar), 7.40-7.45 (m, 2H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H, Ar), 9.84 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 22.6, 28.6, 28.7, 56.0, 68.3, 68.8, 101.3, 109.3, 111.4,
112.5, 112.9, 113.0, 126.7, 128.7, 130.0, 143.4, 149.8, 154.0, 155.9, 161.2, 162.3, 190.9.

47
4-metossi-3-((5-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)pentil)ossi)benzaldeide (12)

Peso molecolare: 382,41; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 138–
139 °C; Resa: 79%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.68-1.71 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 1.88-1.98 (m,
4H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 3.94 (s, 3H, OCH3), 4.05 (t, J = 6.1 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2O), 4.11 (t, J = 6.4 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 6.23 (d, J =
9.3 Hz, 1H, Ar), 6.79-6.84 (m, 2H, Ar), 6.98 (d, J = 8.1 Hz, 1H, Ar), 7.35 (d, J = 8.7 Hz,
1H, Ar), 7.40 (d, J = 1.5 Hz, 1H, Ar), 7.44 (dd, J = 8.1, 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.62 (d, J = 9.6
Hz, 1H, Ar), 9.83 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 22.6, 28.7, 56.2, 68.3, 68.7, 101.4, 110.3, 110.6, 112.4,
112.9, 113.0, 126.8, 128.7, 130.1, 143.4, 149.0, 154.8, 155.9, 161.2, 162.3, 190.9.

3-metossi-2-((5-((2-osso-2H-chomen-7-il)ossi)pentil)ossi)benzaldeide (13)

Peso molecolare: 382,41; Stato fisico: solido giallo paglierino; Punto di fusione: 75–76
°C; Resa: 58%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.66-1.74 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 1.84-1.95 (m,
4H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 3.89 (s, 3H, OCH3), 4.05 (t, J = 6.4 Hz, 2H, OCH2), 4.16 (t,
J = 6.4 Hz, 2H, OCH2), 6.23 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.80 (ddd, J = 8.0, 7.5, 2.4 Hz, 2H,
Ar), 7.11-7.15 (m, 2H, Ar), 7.34-7.43 (m, 2H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H, Ar), 10.45 (s,
1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 22.5, 28.8, 29.8, 56.0, 68.4, 74.6, 101.4, 112.5, 112.9,
113.0, 118.1, 119.2, 124.0, 128.7, 130.0, 143.4, 151.9, 153.0, 155.9, 161.2, 162.3, 190.3.

48
3-etossi-4-((5-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)pentil)ossi)benzaldeide (14)

Peso molecolare: 396,43; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 88–89
°C; Resa: 52%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.45 (t, J = 6.7 Hz, 3H, OCH2CH3), 1.67-1.73 (m, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2O), 1.90-1.98 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 4.05 (t, J = 6.4
Hz, 2H, OCH2CH3), 4.10-4.17 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 6.24 (d, J = 9.3 Hz, 2H,
Ar), 6.78-6.83 (m, 2H, Ar), 6.96 (d, J = 8.4 Hz, 1H, Ar), 7.34-7.43 (m, 3H, Ar), 7.63 (d, J =
9.6 Hz, 1H, Ar), 9.83 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 14.7, 22.7, 28.6, 28.7, 64.5, 68.3, 68.9, 101.3, 110.9, 111.8,
112.5, 112.9, 113.0, 126.5, 128.7, 130.0, 126.5, 128.7, 130.0, 143.4, 149.2, 154.3, 155.9,
161.2, 162.3, 190.9.

3-metossi-4-((6-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)esil)ossi)benzaldeide (15)

Peso molecolare: 396,43; Stato fisico: solido giallo paglierino; Punto di fusione: 92–93
°C; Resa: 71%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.57-1.59 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 1.83-1.93
(m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 3.91 (s, 3H, OCH3), 4.02 (t, J = 6.1 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 4.12 (t, J = 6.7 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 6.24
(d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.78-6.83 (m, 2H, Ar), 6.96 (d, J = 8.4 Hz, 1H, Ar), 7.33-7.44 (m,
3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H, Ar), 9.84 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 25.7, 25.7, 28.9, 56.0, 68.4, 68.9, 101.3, 109.3, 111.4,
112.4, 112.9, 126.8, 128.7, 129.9, 143.4, 149.8, 154.1, 155.9, 161.3, 162.3, 190.9.

49
4-metossi-3-((6-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)esil)ossi)benzaldeide (16)

Peso molecolare: 396,43; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 99–101
°C; Resa: 89%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.56-1.59 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2O), 1.83-1.93 (m,
2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 3.94 (s, 3H, OCH3), 4.02 (t, J = 6.4 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 4.09 (t, J = 6.7 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 6.24
(d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.79-6.84 (m, 2H, Ar), 6.97 (d, J = 8.1 Hz, 1H, Ar), 7.36-7.45 (m,
3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 9.83 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 25.7, 25.7, 28.9, 56.2, 68.4, 68.8, 101.3, 110.0, 110.2,
110.6, 112.4, 113.0, 126.7, 128.7, 130.1, 143.4, 149.1, 154.8, 155.9, 161.2, 162.4, 190.9.

3-metossi-2-((6-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)esil)ossi)benzaldeide (17)

Peso molecolare: 396,43; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 102–
104 °C; Resa: 70%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.55-1.58 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 1.86-1.94
(m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 3.91 (s, 3H, OCH3), 4.07 (t, J = 6.1 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 4.13 (t, J = 6.7 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 6.24
(d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.78-6.83 (m, 2H, Ar), 6.96 (d, J = 8.4 Hz, 1H, Ar), 7.33-7.44 (m,
3H, Ar), 7.63 (d, J = 9.6 Hz, 1H, Ar), 9.84 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 25.7, 25.8, 28.9, 30.0, 56.0, 68.4, 74.8, 101.3, 112.4, 112.9,
118.1, 119.1, 124.0, 128.7, 130.0, 143.5, 152.0, 153.1, 155.9, 161.3, 162.3, 190.3.

50
3-etossi-4-((6-((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)esil)ossi)benzaldeide (18)

Peso molecolare: 396,43; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 107–
109 °C; Resa: 89%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.46 (t, J = 7.0 Hz, 3H, OCH2CH3), 1.56-1.60 (m, 4H,
OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 1.81-1.93 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 4.05 (t, J
= 6.1 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 4.12 (t, J = 6.7 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2CH2O), 4.20 (q, 2H, OCH2CH3), 6.28 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.77-
6.88 (m, 2H, Ar), 6.91 (d, J = 8.4 Hz, 1H, Ar), 7.34-7.41 (m, 3H, Ar), 7.64 (d, J = 9.6 Hz,
1H, Ar), 9.89 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 14.7, 25.6, 25.7, 28.9, 56.2, 68.4, 68.7, 101.1, 109.3, 111.3,
112.4, 112.7, 126.8, 128.1, 129.9, 143.4, 149.2, 154.1, 155.9, 160.3, 162.1, 190.7.

4.2 Triazoturi (azidi)

I derivati triazoturi (detti anche “azidi”) sono gli intermedi impiegati nelle reazioni click, e
sono stati ottenuti andando a solubilizzare 1 equivalente dell’alogenuro alchilico del
monoterpene in DMF insieme all’NaN3 (1.2 equivalenti). La soluzione viene poi lasciata a
temperatura ambiente per circa 3 ore, fin quando nessun reagente di partenza era più
constatabile mediante TLC. Terminata la reazione, è stato eseguito il work-up: la miscela è
stata sottoposta ad estrazione liquido-liquido per mezzo di un imbuto separatore, con
acetato di etile per tre volte, utilizzando dai 25 ai 50 mL di fase organica ogni volta. La
fase organica è stata in seguito anidrificata con solfato di sodio anidro (Na2SO4) per
rimuovere l’acqua. Il sale è stato filtrato, attraverso un filtro di carta e lavato almeno tre
volte con piccole quantità (5 mL) di acetato di etile. La fase organica è stata evaporata
tramite Rotavapor, per ottenere il crudo contenente la molecola target. Non è stata eseguita
la purificazione tramite cromatografia su colonna perché l’intermedio prodotto da questa
reazione sarà impiegato nella click, questo significa che solo il monoterpene sostituito con
il gruppo azidico sarà quello che effettivamente reagirà nella reazione della cicloaddizione

51
azide-alchino catalizzata dal rame. Tutte le reazioni sono state monitorate su TLC
(cromatografia su strato sottile).

4.3 Eteri 19-27 ottenuti tramite la “Click Chemistry”

Per ottenere i derivati eteri tramite la click chemistry, è stata realizzata una soluzione
contenente: 1 equivalente del monoterpene sostituito con il gruppo azidico, 1.2 equivalenti
dell’umbelliferone propargilato in una miscela di acqua (0.25 M) e tBuOH (0.25 M). Alla
soluzione formata è stato poi successivamente aggiunto ascorbato di sodio (8 mg) in
soluzione acquosa e CuSO4 • 5 H2O (1.3 mg). La soluzione così ottenuta è stata e lasciata
reagire a temperatura ambiente fin quando nessun reagente di partenza era più constatabile
mediante TLC. Terminata la reazione, è stato eseguito il work-up: la miscela è stata
sottoposta ad estrazione liquido-liquido per mezzo di un imbuto separatore, con acetato di
etile per tre volte, utilizzando dai 25 ai 50 mL di fase organica ogni volta. La fase organica
è stata in seguito anidrificata con solfato di sodio anidro (Na2SO4) per rimuovere l’acqua.
Il sale è stato filtrato, attraverso un filtro di carta e lavato almeno tre volte con piccole
quantità (5 mL) di acetato di etile. La fase organica è stata evaporata tramite Rotavapor,
per ottenere il crudo contenente la molecola target. Su questo grezzo è stata effettuata poi
una purificazione su colonna, utilizzando gel di silice (SiO2) come fase stazionaria e
opportune miscele come sistemi di eluizione, preparate a diverse proporzioni di
esano/acetato di etile, esano/etere dietilico, diclorometano/metanolo, solo esano. La
proporzione della miscela più idonea è stata scelta, al termine della fase estrattiva, facendo
correre il campione di riferimento del grezzo su TLC. Il grezzo è stato testato per diverse
fasi mobili plausibili da adottare poi per la cromatografia su colonna. Quando il grezzo non
risultava solubile nella fase mobile scelta per l’eluizione o in piccole quantità di
diclorometano o cloroformio, si è reso necessario realizzare un adsorbato su silice,
comunemente noto come polverino. I prodotti sintetizzati sono stati caratterizzati mediante
determinazione del punto di fusione e spettroscopia 1H e 13C NMR.

52
4.3.1 Dati di caratterizzazione degli eteri 19-27 ottenuti tramite “Click Chemistry”

3-metossi-4-(4-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)butossi)benzaldeide (19)

Peso molecolare: 449,46; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 52–55
°C; Resa: 95%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.85 (quint, 2H, OCH2CH2CH2CH2N), 2.16 (quint, 2H,
OCH2CH2CH2CH2N), 3.95 (s, 3H, OCH3), 4.12 (t, J = 6.1 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2N),
4.55 (t, J = 7.0 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2N), 5.24 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.24 (d, J = 9.3
Hz, 1H, Ar), 6.90-6.98 (m, 3H, Ar), 7.36-7.42 (m, 2H, Ar), 7.45 (dd, J = 8.2, 1.8 Hz, 1H,
Ar), 7.61 (d, J = 10.2 Hz, 1H, Ar), 7.82 (s, 1H, Triazolo), 9.88 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 24.3, 27.0, 52.2, 55.9, 68.5, 72.3, 102.0, 113.0, 113.3,
113.6, 118.5, 119.3, 124.5, 125.2, 129.2, 130.1, 142.3, 144.8, 151.2, 153.3, 156.0, 161.3,
190.1.

4-metossi-3-(4-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)butossi)benzaldeide (20)

Peso molecolare: 449,46; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 133–
135 °C; Resa: 97%;
1H NMR (300 MHz, CDCl3) δ 1.87 (quint, 2H, OCH2CH2CH2CH2N), 2.17 (quint, 2H,
OCH2CH2CH2CH2N), 3.94 (s, 3H, OCH3), 4.11 (t, J = 6.1 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2N),
4.53 (t, J = 7.0 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2N), 5.24 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.24 (d, J = 9.3
Hz, 1H, Ar), 6.92-6.99 (m, 3H, Ar), 7.36-7.40 (m, 2H, Ar), 7.46 (dd, J = 8.2, 1.8 Hz, 1H,
Ar), 7.63 (d, J = 10.2 Hz, 1H, Ar), 7.82 (s, 1H, Triazolo), 9.82 (s, 1H, CHO).

53
13C NMR (75 MHz, CDCl3) δ 24.7, 27.1, 52.4, 56.1, 68.7, 72.3, 102.2, 113.0, 113.1,
113.4, 118.7, 119.3, 124.6, 125.2, 129.8, 130.1, 142.3, 144.8, 151.6, 153.3, 155.7, 161.6,
190.4.

4-metossi-3-((5-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)pentil)ossi)benzaldeide (21)

Peso molecolare: 463,48; Stato fisico: solido rosso cristallino; Punto di fusione: 107–108
°C; Resa: 98%;
1H NMR (300 MHz, DMSO) δ 1.32-1.42 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 1.75 (quint,
2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 1.86 (quint, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 3.83 (s, 3H,
OCH3), 3.98 (t, J = 6.4 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 4.39 (t, J = 7.0 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2N), 5.24 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.28 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 7.00
(dd, J = 8.8, 2.4 Hz, 1H, Ar), 7.13-7.16 (m, 2H, Ar), 7.35 (d, J = 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.53 (dd,
J = 8.1, 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.61 (d, J = 8.7 Hz, 1H, Ar), 7.97 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 8.29 (s,
1H, Triazolo), 9.80 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, DMSO) δ 22.5, 29.1, 29.8, 49.7, 56.8, 62.4, 74.6, 102.8, 113.0, 113.2,
113.5, 118.6, 119.3, 124.8, 125.6, 129.0, 129.9, 142.3, 144.7, 151.4, 153.4, 155.3, 160.3,
161.2, 190.3.

3-metossi-2-((5-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)pentil)ossi)benzaldeide (22)

Peso molecolare: 463,48; Stato fisico: liquido incolore; Resa: 98%;

54
1H NMR (300 MHz, DMSO) δ 1.33-1.43 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 1.73 (quint,
2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 1.88 (quint, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 3.35 (s, 3H,
OCH3), 4.03 (t, J = 6.4 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 4.39 (t, J = 7.0 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2N), 5.24 (s, 1H, CH2-Triazolo), 6.26 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 6.98
(dd, J = 8.7, 2.4 Hz, 1H, Ar), 7.13-7.17 (m, 2H, Ar), 7.23 (dd, J = 7.8, 1.8 Hz, 1H, Ar),
7.34 (dd, J = 7.5, 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.60 (d, J = 8.1 Hz, 1H, Ar), 7.95 (d, J = 9.6 Hz, 1H,
Ar), 8.29 (s, 1H, Triazolo), 10.27 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, DMSO) δ 22.8, 29.2, 29.8, 49.8, 56.5, 62.2, 74.4, 102.0, 113.0, 113.1,
113.4, 118.7, 119.3, 124.7, 125.2, 129.8, 129.9, 142.3, 144.7, 151.6, 153.3, 155.7, 160.7,
161.6, 190.4.

3-etossi-4-((5-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)pentil)ossi)benzaldeide (23)

Peso molecolare: 477,51; Stato fisico: solido giallo paglierino; Punto di fusione: 67–69
°C; Resa: 97%;
1H NMR (300 MHz, DMSO) δ 1.29 (t, J = 6.75 Hz, 3H, OCH2CH3), 1.33-1.40 (m, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2N), 1.76 (quint, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 1.87 (quint, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2N), 4.01-4.08 (m, 4H, OCH2CH2CH2CH2CH2N and OCH2CH3),
4.39 (t, J = 7.0 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2N), 5.24 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.29 (d, J =
9.3 Hz, 1H, Ar), 6.98 (dd, J = 8.8, 2.4 Hz, 1H, Ar), 7.12-7.15 (m, 2H, Ar), 7.34 (d, J = 1.8
Hz, 1H, Ar), 7.50 (dd, J = 8.4, 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.62 (d, J = 9.0 Hz, 1H, Ar), 7.98 (d, J =
9.3 Hz, 1H, Ar), 8.28 (s, 1H, Triazolo), 9.80 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, DMSO) δ 14.8, 22.7, 29.4, 29.8, 49.8, 56.8, 62.4, 74.5, 102.1, 113.0,
113.3, 113.5, 118.6, 119.2, 124.8, 125.5, 129.7, 129.9, 142.3, 144.7, 151.5, 153.4, 155.7,
160.3, 161.5, 190.1.

55
3-metossi-4-((6-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)esil)ossi)benzaldeide (24)

Peso molecolare: 477,51; Stato fisico: liquido incolore; Resa: 97%;


1H NMR (300 MHz, DMSO) δ 1.20-1.31 (m, 2H, CH2), 1.35-1.47 (m, 2H, CH2), 1.63-1.71
(m, 2H, CH2), 1.75-1.88 (m, 2H, CH2), 3.85 (s, 3H, OCH3), 3.95 (t, J = 6.4 Hz, 2H, NCH2),
4.35 (t, J = 7.0 Hz, 2H, OCH2), 5.23 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.29 (d, J = 9.9 Hz, 1H, Ar),
6.95 (dd, J = 8.7, 2.4 Hz, 1H, Ar), 7.10-7.15 (m, 2H, Ar), 7.35 (d, J = 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.55
(dd, J = 8.4, 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.60 (d, J = 8.1 Hz, 1H, Ar), 7.95 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar),
8.27 (s, 1H, Triazolo), 9.88 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, DMSO) δ 25.4, 26.3, 28.7, 30.2, 49.7, 56.3, 62.3, 68.5, 102.2, 111.0,
111.7, 113.1, 113.5, 113.6, 125.2, 126.4, 130.2, 142.3, 144.5, 148.9, 155.7, 160.5, 1614,
191.6.

4-metossi-3-((6-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)esil)ossi)benzaldeide (25)

Peso molecolare: 477,51; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 63–65
°C; Resa: 98%;
1H NMR (300 MHz, DMSO) δ 1.21-1.32 (m, 2H, CH2), 1.36-1.46 (m, 2H, CH2), 1.64-1.73
(m, 2H, CH2), 1.77-1.87 (m, 2H, CH2), 3.84 (s, 3H, OCH3), 3.97 (t, J = 6.4 Hz, 2H, NCH2),
4.36 (t, J = 7.0 Hz, 2H, OCH2), 5.23 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.27 (d, J = 9.9 Hz, 1H, Ar),
6.98 (dd, J = 8.7, 2.4 Hz, 1H, Ar), 7.12-7.15 (m, 2H, Ar), 7.34 (d, J = 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.53
(dd, J = 8.4, 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.61 (d, J = 8.1 Hz, 1H, Ar), 7.96 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar),
8.27 (s, 1H, Triazolo), 9.80 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, DMSO) δ 25.3, 26.0, 28.8, 30.0, 49.8, 56.4, 62.2, 68.5, 102.0, 111.0,
111.9, 113.0, 113.1, 113.4, 125.2, 126.4, 130.0, 142.3, 144.7, 148.9, 155.7, 160.7, 161.6,
191.9.

56
3-metossi-2-((6-(4-(((2-osso-2H-cromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)esil)ossi)benzaldeide (26)

Peso molecolare: 477,51; Stato fisico: solido bianco cristallino; Punto di fusione: 99–101
°C; Resa: 97%;
1H NMR (300 MHz, DMSO) δ 1.21-1.31 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 1.37-
1.47 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 1.67 (quint, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 1.83 (quint, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 3.34 (s, 3H,
OCH3), 4.03 (t, J = 6.4 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 4.36 (t, J = 7.0 Hz, 2H,
OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 5.23 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.27 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar),
7.00 (dd, J = 8.8, 2.4 Hz, 1H, Ar), 7.13-7.19 (m, 2H, Ar), 7.25 (dd, J = 7.8, 1.8 Hz, 1H,
Ar), 7.34 (dd, J = 7.5, 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.62 (d, J = 8.7 Hz, 1H, Ar), 7.97 (d, J = 9.3 Hz,
1H, Ar), 8.28 (s, 1H, Triazolo), 10.28 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, DMSO) δ 25.2, 26.0, 29.7, 30.1, 49.8, 56.5, 62.2, 74.5, 102.0, 113.0,
113.1, 113.4, 118.7, 119.3, 124.6, 125.2, 129.8, 130.0, 142.3, 144.8, 151.6, 153.3, 155.7,
161.6, 190.5.

3-etossi-4-((6-(4-(((2-osso-2H-chromen-7-il)ossi)metil)-1H-1,2,3-triazol-1-
il)esil)ossi)benzaldeide (27)

Peso molecolare: 491,54; Stato fisico: liquido incolore; Resa: 99%;


1H NMR (300 MHz, DMSO) δ 1.21-1.30 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 1.35-
1.47 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 1.46 (t, J = 7.0 Hz, 3H, OCH2CH3), 1.63-1.71
(m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 1.75-1.88 (m, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N),

57
3.95 (t, J = 6.4 Hz, 2H, OCH2CH2CH2CH2CH2CH2N), 4.18 (q, 2H, OCH2CH3), 4.35 (t, J =
7.0 Hz, 2H, OCH2), 5.23 (s, 2H, CH2-Triazolo), 6.29 (d, J = 9.9 Hz, 1H, Ar), 6.95 (dd, J =
8.7, 2.4 Hz, 1H, Ar), 7.10-7.15 (m, 2H, Ar), 7.35 (d, J = 1.8 Hz, 1H, Ar), 7.55 (dd, J = 8.4,
1.8 Hz, 1H, Ar), 7.60 (d, J = 8.1 Hz, 1H, Ar), 7.95 (d, J = 9.3 Hz, 1H, Ar), 8.27 (s, 1H,
Triazolo), 9.88 (s, 1H, CHO).
13C NMR (75 MHz, DMSO) δ 14.9, 25.5, 25.7, 28.6, 56.3, 68.4, 68.7, 102.2, 111.0, 111.7,
113.1, 113.5, 113.6, 125.2, 126.4, 130.2, 142.3, 144.5, 148.9, 155.7, 160.5, 1614, 191.6.

58
CAPITOLO V – Risultati e discussione

5.1 Studi di inibizione enzimatica tramite tecnica Stopped-Flow

La tecnica dello Stopped-Flow, grazie alla rapida e forzata miscelazione di due soluzioni
reagenti in un’apposita camera, consente di seguire le cinetiche di reazione in soluzione nel
range di millisecondi, mediante monitoraggio spettrofotometrico. Lo strumento utilizzato
consente di ottenere direttamente il valore della velocità di reazione catalizzata dalle varie
isoforme delle CA.
L’utilizzo di questa metodica, oltre all’affidabilità dei risultati, ha numerosi vantaggi, tra
cui:
➢ l’uso del substrato fisiologico dell’enzima (soluzione satura di CO2);
➢ tempi di reazione nell’ordine di secondi;
➢ ridotto consumo di reagenti;
➢ possibilità di condurre esperimenti in condizioni di temperatura e pH variabili tra
cui quelli fisiologici.
Il protocollo standard per la preparazione delle soluzioni per gli esperimenti è di seguito
riportato:
1) La soluzione tampone è preparata utilizzando: acido 2-[4-(2-idrossietil)piperazin-1-
il]etansolfonico (HEPES) 0.01M, tris(idrossimetil)amminoetano cloridrato (Tryzma)
0.01M e sodio solfato (Na2SO4) 0.1M per mantenere costante la forza ionica a pH=7.4;
2) L’indicatore utilizzato per la reazione è il Rosso fenolo 0.02 mM, lavorando al massimo
di assorbanza di 557.0 nm;
3) In acqua MilliQ a 20 °C viene fatta gorgogliare la CO2, in modo da creare una soluzione
sovrasatura di substrato fisiologico dell’enzima, la molarità della soluzione viene calcolata
conoscendo la solubilità della CO2 in dipendenza della temperatura (17 mM a 20 °C);
4) La soluzione contenente l’enzima viene preparata ad una concentrazione di 10-7 M;
5) Vengono preparate le soluzioni dei composti da saggiare e di un composto standard
(Acetazolamide) nel range di concentrazioni 10-9-10-6 per ACu I e ACu II e 10-8-10-5 per il
resto delle isoforme testate;
6) Le soluzioni dei composti sono incubate con l’enzima per 15 minuti a temperatura
ambiente;
7) Trascorso il tempo di incubazione, l’enzima, insieme all’inibitore, vengono fatti reagire
con il substrato (CO2) nella camera di miscelazione dello strumento;
59
8) Lo svolgimento della reazione catalizzata dalle varie isoforme di AC porta ad un
abbassamento del pH e al conseguente viraggio dell’indicatore.

(EZn2+ -OH2) + CO2 (EZn2+ - HCO3-) + H+

Ciò che viene monitorato è l’assorbanza dell’indicatore. Lo strumento ci fornisce una


curva Abs vs t, la cui pendenza indica la velocità di variazione del pH e pertanto la velocità
di reazione. I dati raccolti vengono analizzati secondo una curva sigmoidale dose-risposta
in cui si riporta la percentuale di inibizione dell’enzima versus la concentrazione
dell’inibitore. L’attivazione iniziale della reazione di idratazione dell’anidride carbonica
catalizzata dalla AC è stata seguita per un periodo che varia tra i 2-20 secondi a seconda
dell’isoforma presa in considerazione. I parametri cinetici dell’enzima non inibito derivano
dal Lineweaver-Burk plot e dall’equazione di Cheng-Prusoff, e rappresentano la media di
almeno tre differenti determinazioni. Dai dati ottenuti, il calcolo delle Ki è facilmente
ricavabile, mediante l’utilizzo del software GraphPad Prism 5.0.2.

5.2 Risultati

I composti sintetizzati sono stati testati in vitro dal gruppo di ricerca del prof. Claudiu T.
Supuran dell’Università degli Studi di Firenze per valutare la loro attività inibitoria nei
confronti delle anidrasi carboniche umane; in particolare sono state prese in considerazione
le isoforme AC I, II, IX, e XII. Le loro attività sono state confrontate con l’Acetazolamide,
inibitore standard e clinicamente utilizzato (Tabella 3).
Tutti i composti sintetizzati presentano una notevole selettività verso le due isoforme
tumore-associate di anidrasi carbonica, AC IX e XII in quanto i valori di inibizione (KI)
per le isoforme I e II sono risultate, in tutti i casi, maggiori di 10 μM, mentre per la nona e
la dodicesima AC, i valori di inibizione sono sempre in termini nanomolari. Nel dettaglio,
dai risultati enzimatici si nota che, i composti contenenti esclusivamente il ponte alchilico
(1-18) tendenzialmente sono più attivi verso AC IX, con valori che vanno da 69.6 a 829.3
nM, rispetto ai composti contenenti il triazolo (19-27). Al contrario questi ultimi
presentano KI più bassi per AC XII, in un range da 224.8 a 447.6 nM, quindi risultando più
attivi verso questa isoforma. Ciò è confermato anche dai derivati cumarinici pubblicati di
timolo, carvacrolo, eugenolo e mentolo103.

60
Dai risultati di inibizione delle AC si evince che non è uno specifico monoterpene
(vanillina, isovanillina, o-vanillina, etilvanillina) presente nella coda ad influenzare
l’attività verso le due isoforme bersaglio, quanto la distanza tra il monoterpene e
l’umbelliferone. Infatti, i composti a due metileni come ponte alchilico (1,2) sono risultati i
più potenti nell’inibizione di AC IX con KI pari a 70.5 e 69.6 nM, rispettivamente.

Tabella 3. Dati di inibizione dei composti sintetizzati e del farmaco di riferimento acetazolamide
(AAZ) nei confronti delle isoforme umane dell’anidrasi carbonica I, II, IX e XII.

KI (nM)*

Cmp AC I AC II AC IX AC XII
1 >10000 >10000 70.5 66.1
2 >10000 >10000 69.6 373.9
3 >10000 >10000 87.1 582.0
4 >10000 >10000 93.8 476.3
5 >10000 >10000 174.5 482.7
6 >10000 >10000 353.1 358.2
7 >10000 >10000 829.3 615.5
8 >10000 >10000 679.3 554.3
9 >10000 >10000 659.8 553.8
10 >10000 >10000 294.6 693.9
11 >10000 >10000 232.5 590.0
12 >10000 >10000 801.3 434.0
13 >10000 >10000 433.6 401.4
14 >10000 >10000 713.2 390.6
15 >10000 >10000 672.3 431.4
16 >10000 >10000 816.0 447.8
17 >10000 >10000 766.8 422.4
18 >10000 >10000 807.8 378.2
19 >10000 >10000 941.1 447.6
20 >10000 >10000 627.1 420.4
21 >10000 >10000 902.4 407.2
22 >10000 >10000 929.7 360.4
23 >10000 >10000 742.8 386.0
24 >10000 >10000 904.6 395.9
25 >10000 >10000 727.3 224.8
26 >10000 >10000 786.5 450.1
27 >10000 >10000 680.5 364.0
AAZ 250.0 12.1 25.8 5.7
*Risultati in triplicato, tramite tecnica Stopped-Flow (gli errori sono nel range di  5-10%
dei valori riportati).

61
Si può notare che all’aumentare del numero di metileni del ponte alchilico vi è in
concomitanza una riduzione, più o meno omogenea, dell’attività verso l’isoforma IX.
Solamente in alcuni casi, i vari fenoli monoterpenici hanno inciso sull’attività inibitoria
delle AC; ad esempio, la presenza dell’etilvanillina nel composto 6 ha portato ad un
incremento del KI di 2-4 volte rispetto agli altri derivati aventi tre metileni come ponte,
mentre l’utilizzo della stessa nel derivato 10 ha comportato un aumento dell’attività
inibitoria su AC IX di circa 2.2-2.8 volte rispetto agli altri derivati a quattro metileni.
Invece, l’utilizzo della vanillina nel composto 11 ha portato ad un aumento del KI di circa
1.8-3.4 volte rispetto agli altri derivati a cinque metileni.
I composti contenenti il triazolo (19-27), hanno presentato valori di KI verso AC IX nel
range di 627.1-929.7. È interessante notare che il composto 1 non solo è risultato uno dei
più attivi verso la nona isoforma, ma è anche il più potente nell’inibizione di AC XII.
Ulteriori studi computazionali, ongoing presso l’Università degli studi di Pisa (Prof.
Tiziano Tuccinardi), saranno in grado di identificare gli amminoacidi coinvolti nelle
interazioni con AC IX e XII al fine di determinare i requisiti strutturali importanti per la
selettività.

62
CONCLUSIONI

Nel presente lavoro di tesi una nuova serie di 27 derivati è stata progettata, sintetizzata,
purificata e caratterizzata. Grazie ad un network di collaborazioni i composti sono stati poi
valutati in vitro nei confronti dell’enzima target (4 isoforme umane) e saranno analizzati
anche in silico per orientare correttamente la sintesi di nuovi derivati in futuro.
La nuova serie utilizza come porzione inibitoria nei confronti delle anidrasi carboniche
(metalloenzima) l’umbelliferone sulla base del noto meccanismo di inibizione delle AC da
parte di tali composti cumarinici in seguito ad idrolisi. Tale composto naturale è stato
funzionalizzato sull’ossidrile fenolico mediante l’inserimento di un linker alifatico lineare
con 2-6 unità metileniche e l’introduzione di un addizionale nucleo triazolico mediante
Click Chemistry. Nella parte finale della molecola (tail) sono stati previsti 4 nuclei
monoterpenici per ottimizzare le interazioni con amminoacidi distanti dal sito attivo. Il
nostro interesse era di implementare la selettività tra le varie isoforme sfruttando le
differenze descritte negli studi in silico e cristallografici. I composti sono stati sintetizzati
in buone rese mediante reazioni di sintesi classica in soluzione e con l’ausilio
dell’irraggiamento al microonde al fine di ottimizzare tempi di reazione, consumo di
reagenti e rese dei prodotti. La purificazione e la caratterizzazione dei 27 derivati (18 con
linker alifatico e 9 con linker alifatico-triazolico) è stata effettuata mediante tecniche
cromatografiche.
I saggi di inibizione in vitro hanno permesso di corroborare il razionale del lavoro di tesi
ottenendo valori nanomolari (KI) solo nei confronti delle isoforme di interesse (AC IX e
XII), implicate nelle condizioni ipossiche tumorali. L’interazione di tali derivati verso le
isoforme ubiquitarie off-target (AC I e II) sono deboli denotando quindi una buona
selettività.
Complessivamente i dati ottenuti possono stimolare la ricerca di nuovi inibitori potenti e
selettivi delle AC umane con particolare interesse verso le isoforme coinvolte nei processi
tumorali.

63
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