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Biografia
Concilio di Costanza
Nel 1414 Cosimo, che sarebbe stato nominato priore di Firenze l'anno seguente[9], accompagnò l'antipapa
Giovanni XXIII (al secolo Baldassarre Cossa, esponente della fazione "pisana" durante il Grande scisma
d'Occidente) al Concilio di Costanza. Probabilmente Cosimo si trovò in compagnia degli umanisti Poggio
Bracciolini e Leonardo Bruni[10], all'epoca al servizio di Giovanni presso la curia pontificia[11]. Nel marzo
1415, dopo che Giovanni XXIII cadde in disgrazia e fu imprigionato a Heidelberg, Cosimo si allontanò da
Costanza, viaggiando prima in Germania e Francia e ritornando a Firenze solo nel 1416[12], data in cui
sposò la giovane Contessina de' Bardi, rampolla di una delle famiglie più antiche e insigni di Firenze[13].
Nel 1417, dopo l'elezione di Martino V, un agente del padre di
Cosimo si occupò della liberazione del Cossa, pagandone il riscatto
di 30 000 fiorini[14] e ottenendone il rilascio l'anno dopo[15]. Con la
morte dell'antipapa, Cosimo e il padre furono nominati esecutori
delle volontà testamentarie, curando a Firenze la realizzazione del
sepolcro del papa deposto nel Battistero di San Giovanni, opera di
Donatello e Michelozzo[15].
Banchieri di Martino V
Nonostante l'amicizia che legava Giovanni con il Cossa, i Medici
non persero il favore del nuovo pontefice Martino V, il romano
Oddone Colonna eletto papa dal Concilio. Questi, per la
restaurazione del dominio temporale pontificio, aveva bisogno di un
grande prestito finanziario in quanto vi erano numerosi signorotti
Agnolo Bronzino, Giovanni di Bicci
che, approfittando della debolezza papale, si erano slegati dalla
de' Medici, pittura ad olio, 1559-1569
ca, Galleria degli Uffizi.
fedeltà al pontefice[16]. Pertanto si rivolse anche lui ai Medici, i cui
interessi economici a Roma si consolidarono notevolmente, con la
nomina nel 1420 di Bartolomeo de' Bardi, socio di Giovanni, quale
gestore degli affari e dei conti della Curia[4].
Cosimo cominciò, quando era ancora in vita il padre, a fondare la propria influenza grazie a una costante
opera di egemonizzazione delle cariche pubbliche, attraverso il ricorso spregiudicato a pratiche clientelari e
corruzione; ma fu solo dopo la morte di Giovanni, nel 1429, che Cosimo si trovò a essere il capofamiglia e
il rappresentante degli interessi medicei in Firenze[19]. Grazie alla ricchezza e al suo prestigio come
mecenate Cosimo creò, attraverso anche matrimoni e alleanze di varia natura, un vero e proprio partito
politico in grado di formare un'alleanza contro lo strapotere della fazione degli oligarchi guidata dagli
Albizzi:
«Il nucleo del partito, o fazione, era formato dai membri dei vari rami della famiglia stessa che si
allineavano al seguito della superiore forza finanziaria ed esperienza politica della famiglia di
Giovanni. Esso era poi ampliato da una serie di ben architettati matrimoni che legavano i Medici a
famiglie inferiori come ricchezza, ma più ricche di prestigio: i Bardi, i Salviati, i Cavalcanti, i
Tornabuoni. Si era poi ulteriormente esteso con l'acquisto di
una cerchia di vari gruppi di "amici", i quali se non erano
influenti erano però numerosi, e identificavano i propri
interessi con quelli dei Medici in cambio della loro
protezione.»
(Hale, p. 20)
Difatti, allearsi con alcune famiglie patrizie (si ricordi il matrimonio
del fratello Lorenzo con Ginevra Cavalcanti, quello di Cosimo Sandro Botticelli
stesso con Contessina de' Bardi e poi, dei suoi figli Piero con Adorazione dei Magi, 1475 ca,
Lucrezia Tornabuoni da un lato, e di Giovanni con Ginevra degli Galleria degli Uffizi, Firenze
Alessandri dall'altro[20]) era necessario perché i Medici, visti come Cosimo de' Medici è il personaggio
parvenu dall'aristocrazia fiorentina, avessero quel prestigio posto al centro della scena, nell'atto
necessario volto alla conquista del potere. di offrire i doni a Gesù bambino.
Esilio da Firenze
Lo stesso argomento in dettaglio: Storia di Firenze § Tumulto dei Ciompi e Storia di Firenze §
L'ascesa degli Albizi.
(Hale, p. 22)
In questo frangente di pericolo per la famiglia Medici, si temette per la vita di Cosimo, tanto che il fratello
Lorenzo lo credette ucciso in occasione della cattura[4]. Incarcerato su ordine del gonfaloniere Bernardo
Guadagni, Cosimo si rifiutò di mangiare il cibo passatogli dagli aguzzini, in quanto temeva di essere
avvelenato. Riuscito a ottenere che gli fosse portato il cibo da casa, Cosimo riuscì poi a corrompere con una
grossa cifra di denaro il suo guardiano, Federico Malavolti, ottenendo di avere delle comunicazioni con
l'esterno e favorire una sollevazione filo-medicea presso la popolazione[27]. Il governo oligarchico guidato
da Rinaldo degli Albizzi, scisso da opinioni diverse e spinto dagli altri Stati italiani perché Cosimo non fosse
condannato a morte[N 3], decise di commutare la pena dalla carcerazione all'esilio[28]. Scrive il Machiavelli
nelle Istorie fiorentine:
«Rimasta Firenze vedova d'uno tanto cittadino e tanto universalmente amato, era ciascuno
sbigottito; e parimente quelli che avevano vinto e quelli che erano vinti temevano.»
(Machiavelli, p. 361)
Criptosignoria medicea
Dopo aver spedito gli avversari a loro volta in esilio[34], Cosimo si affermò come arbitro assoluto della
politica fiorentina, pur senza coprire direttamente cariche (fu solamente due volte gonfaloniere di
giustizia[35]). Attraverso il controllo delle elezioni, del sistema tributario e la creazione di nuove magistrature
(come il Consiglio dei Cento) assegnate a uomini di stretta fiducia, Cosimo pose le solide basi del potere
della famiglia dei Medici, rimanendo comunque formalmente rispettoso delle libertà repubblicane e
mantenendo sempre una vita appartata e modesta come se fosse un privato cittadino[36]. Molti storici lo
hanno definito un criptosignore[N 4], cioè un Signore che, benché non avesse alcun ruolo istituzionale, di
fatto controllava lo Stato attraverso i suoi esponenti, adottando in tal modo una politica non troppo dissimile
da quella di Augusto nella Repubblica romana[37]. Cosimo infatti teneva le redini dello stato dal suo Palazzo
in Via Larga, dove ormai si recavano gli ambasciatori in visita per trattare degli affari di stato, dopo un
fugace saluto di circostanza ai priori di Palazzo della Signoria, scelti fra i sostenitori dei Medici[38]. Nella
gestione del potere, Cosimo si comportò con generosità e moderazione ma, ravvisandone la necessità, seppe
anche essere spietato. Quando Bernardo d'Anghiari, accusato di un complotto fu, per ordine dei priori,
precipitato da una torre, Cosimo commentò: «Un nemico precipitato giù da una torre non giova a granché,
ma neppure può far male» e aggiungendo che «gli stati non si governano coi paternostri»[39][40].
Politica estera
Concilio di Firenze
Lo stesso argomento in dettaglio: Concilio di Basilea, Ferrara e Firenze.
Estremamente importante per il rafforzamento del prestigio di
Cosimo all'interno e all'esterno di Firenze fu il Concilio Ecumenico
che si tenne a Firenze nel 1439. In quell'anno, grazie a cospicue
elargizioni in denaro, Cosimo riuscì a convincere Papa Eugenio IV
(già residente a Firenze dal 1434 a causa di una sommossa
capeggiata dai Colonna a Roma[54]) a spostare il Concilio da Ferrara
a Firenze, nel quale si stava discutendo l'unione tra Chiesa latina e
Chiesa bizantina[55]. La presenza di delegati ecclesiastici cattolici e
ortodossi nella città toscana non era soltanto fonte di prestigio per la
piccola Repubblica e, di conseguenza, per Cosimo, ma anche per la
stessa economia: la presenza di un evento di importanza mondiale La bolla Laetentur Coeli firmata, al
termine delle sessioni conciliari (6
rivolse gli sguardi dei sovrani italiani ed europei su Firenze, oltreché
luglio 1439), da papa Eugenio IV e
degli stessi mercanti attirati da quell'ambiente cosmopolita[56].
dall'imperatore Giovanni Paleologo.
La bolla, scritta sia in latino sia in
L'arrivo dei delegati bizantini a Firenze, tra cui l'Imperatore
greco, fu supervisionata dal dotto
Giovanni VIII Paleologo e il Patriarca di Costantinopoli Giuseppe, monaco camaldolese Ambrogio
con tutta una corte di colorati e bizzarri personaggi dall'Oriente, Traversari e dal Bessarione[53].
stimolò incredibilmente la fantasia della gente comune e ancora di
più degli artisti fiorentini (in special modo Benozzo Gozzoli con il
ciclo d'affreschi nella Cappella dei Magi), tanto che da allora si iniziò a parlare di Firenze come della
"nuova Atene". A questa pletora di letterati e prelati orientali, detentori dell'antica cultura ellenica, corrispose
una straordinaria fioritura di studi della filosofia platonica e della letteratura greca, avvenuta grazie alla
costante presenza da allora di maestri originari di Costantinopoli (tra i quali spiccano per importanza
Giorgio Gemisto Pletone e il futuro cardinal Bessarione) e alla raccolta di codici greci nella biblioteca
personale di Cosimo a Palazzo Medici[57][58].
Ultimi anni
Anni '50
Al momento della stipulazione della pace di Lodi (1454), Cosimo
aveva sessantaquattro anni. Afflitto dalla gotta[59] e avanzato ormai
nell'età, il vecchio statista cominciò gradualmente a ridurre i suoi
interventi nella politica interna e nella gestione degli affari
economici del Banco. Nonostante questo progressivo defilarsi dalla
scena pubblica, Cosimo continuò comunque a seguire le vicende
della propria famiglia. Benché avesse lasciato la direzione del
Banco al secondogenito Giovanni e ai figli del deceduto fratello
Lorenzo nel 1453[60], il primogenito Piero lo descrisse ancora pochi
mesi prima di morire come un "bene avventurato mercatante"[4].
Pontormo. Ritratto di Cosimo il Nella sfera propriamente politica, Cosimo lasciò le principali
Vecchio, olio su tela, 1518-1520 ca, incombenze nelle mani di Luca Pitti, il cui governo si dimostrò però
Galleria degli Uffizi. estremamente impopolare[50] nella risoluzione del dissesto
economico della Repubblica dopo anni di guerra, stato che provocò
agitazioni e la congiura (fallita) di Piero Ricci nel settembre del
1457[N 6]. Tra le ultime iniziative politiche compiute da Cosimo vi fu la nomina di Poggio Bracciolini a
Cancelliere della Repubblica (1454-1459), dopo che l'umanista fu costretto ad allontanarsi da Roma in
seguito a degli screzi col giovane Lorenzo Valla[61].
Politica culturale
Premesse
Anche il mecenatismo fu un'arma nelle mani di Cosimo, intesa come fine investimento propagandistico.
Proteggendo gli artisti, finanziando i letterati e patrocinando la costruzione di edifici pubblici, ne decretò la
consacrazione a Pater patriæ con cui verrà conosciuto presso i posteri. La sua straordinaria saggezza fu
quella di non far dissociare mai il suo nome da quello di Firenze, permettendo così di mostrarsi ai suoi
concittadini come un benefattore della cittadinanza, piuttosto che come un oligarca altezzoso. Inoltre,
Cosimo si interessò anche del restauro di edifici esterni a Firenze, talvolta distanti dal capoluogo toscano
migliaia di chilometri: il Collegio degli Italiani di Parigi, andato distrutto; e l'Ospizio dei Pellegrini di
Gerusalemme[9].
Opere pubbliche
Lo stesso argomento in dettaglio: Rinascimento fiorentino.
Badia Fiesolana
Antichissima chiesa risalente all'XI secolo, successivamente
distrutta in seguito alla sottomissione di Fiesole da parte di Firenze e
poi ricostruita nel XV secolo, la Badia Fiesolana passò in mano
prima dei camaldolesi, poi dei benedettini e infine degli agostiniani
dopo il 1439. Fu proprio nel XV secolo che l'edificio e la comunità
religiosa in generale conobbero il periodo di massimo splendore,
grazie al mecenatismo di Cosimo de' Medici. Questi, nel 1456,
incaricò Michelozzo e Filippo Brunelleschi di ristrutturare la chiesa
Veduta della Badia Fiesolana e di abbellirla, oltre a dotare la comunità monastica di vari servizi
all'avanguardia quali l'infermeria, e altri più ordinari quali invece il refettorio, varie sale per le riunioni
dell'Ordine e, infine, una ricca biblioteca a usufrutto dei monaci[77].
Mecenatismo privato
Oltre alla costruzione di conventi e al patrocinio della cultura a favore del popolo fiorentino e della chiesa
locale, Cosimo si dedicò anche alla realizzazione di ville e palazzi ad uso personale, chiamandovi artisti di
grido quali: Donatello, autore del celebre David realizzato su commissione di Cosimo[9]; Filippo Lippi,
Paolo Uccello, Luca della Robbia, Lorenzo Ghiberti, Desiderio da Settignano, Andrea del Castagno e il già
più volte citato Michelozzo[9].
Ville medicee
Amante della vita di campagna, Cosimo diede inizio all'edificazione
di alcune delle ville medicee, dove poter riposarsi dalla cura del
governo e degli affari. Nel Mugello, per esempio, fece ristrutturare
da Michelozzo le ville di famiglia del Trebbio e di Cafaggiolo[9]. A
Careggi fece pure costruire la villa dove si svolse gran parte della
sua vita familiare.
Umanesimo mediceo
La Villa di Careggi, costruita da
Michelozzo, vide Cosimo trascorrervi Lo stesso argomento in dettaglio: Umanesimo fiorentino.
buona parte del suo tempo, oltre ad
assistere alle riunioni dei neoplatonici
fiorentini. Premesse
Se oggi possiamo ammirare i grandi capolavori del Rinascimento,
fu grazie al rinnovamento culturale perpetrato da Francesco Petrarca
e favorito poi dai regimi rinascimentali nel corso del XV secolo. Infatti, l'umanesimo non fu soltanto un
fenomeno importante dal punto di vista strettamente culturale (riscoperta dei classici, sviluppo della scienza
filologica, rivoluzione filosofica in base all'antropocentrismo), ma anche sul piano politico-pedagogico: i
valori etici dell'antichità e la versatilità dell'ingegno che l'umanesimo favoriva era un ottimo mezzo per la
formazione di un'eccellente classe dirigente al servizio dei principi[84]. Inoltre, la promozione delle arti e del
pensiero da parte di una determinata dinastia era un potente strumento di promozione della propria
immagine: Cosimo de Medici ne fu uno dei primi (se non il più grande) sostenitore.
Umanesimo elitario
La politica culturale di Cosimo fu improntata, come già ricordato prima, alla promozione dell'immagine
della sua casata e di Firenze stessa. Aiutato da intellettuali di primo calibro come il vecchio Niccolò Niccoli,
il già citato Marsuppini (che succedette a Leonardo Bruni come Cancelliere della Repubblica) e da
Vespasiano da Bisticci, Cosimo promosse un umanesimo profondamente distante da quello della prima metà
del '400 fiorentino: non più civile e omaggiante nei confronti delle tre corone volgari (Dante Alighieri,
Francesco Petrarca e Giovanni Boccaccio), ma totalmente classicheggiante e impregnato di una profonda
vocazione filosofica. Per questi motivi, infatti, Cosimo e il suo entourage si scontrarono con gli umanisti
Leon Battista Alberti e Francesco Filelfo: il primo, "reo" di aver patrocinato il certame coronario sulla
poesia lirica volgare nel 1441, fu costretto a lasciare Firenze[N 9]; il secondo, per aver letto Dante nello
Studium nell'anno accademico 1431-32, fu l'oggetto di feroci invettive da parte di Niccolò Niccoli e di
Carlo Marsuppini. Per comprendere le motivazioni di tale attenzione nei confronti della politica verso la
realtà culturale dell'epoca, bisogna ricondursi alla dimensione "propagandistica" che la seconda serviva alla
prima, come esposto chiaramente da Paolo Viti:
«Nel 1431-32 lesse e commentò - primo fra gli umanisti -
Dante nello Studio, come palese atto di omaggio per il figlio
più illustre di Firenze, in ossequio ad una politica culturale
della fazione oligarchica dominante nella Repubblica, che
proprio dalla riscoperta di Dante traeva, allora, uno dei
principali motivi di affermazione civica: e per questa Lectura
Dantis il F[ilelfo] si scontrò con la fazione medicea che,
pretestuosamente, cercò di ostacolarlo in vari modi.»
(Viti)
A favorire la diffusione della filosofia platonica fu però anche la scoperta del Corpus Hermeticum per opera
del suo scrittore privato, il monaco Leonardo da Pistoia. Questi fu incaricato da Cosimo di reperire per suo
conto antichi manoscritti in lingua greca e latina nei territori dell'ormai scomparso Impero bizantino. Nel
1460, durante un viaggio in Macedonia, il monaco scoprì i quattordici libri del testo greco di Ermete
Trismegisto: si trattava della copia originale appartenuta a Michele
Psello, risalente all'XI secolo. Ritornato a Firenze, Leonardo da
Pistoia consegnò il testo a Cosimo de' Medici che non più tardi del
1463 incaricò Marsilio Ficino di tradurre dal greco al latino[90].
Attività bancaria
Lo stesso argomento
La traduzione latina del Corpus in dettaglio: Banco
Hermeticum, curata da Marsilio dei Medici.
Ficino e stampata nel 1471
Sotto la sua direzione il
Banco Medici, che gestì da
1420 al 1464, divenne uno dei pilastri della finanza italiana ed
europea, tanto che Cosimo riuscì a raddoppiare, al momento della
sua morte, il patrimonio paterno[91]. Fondato nel 1397 dal padre
Giovanni, questi lasciò la sua gestione ai figli Cosimo e Lorenzo a
partire dal 1420, quando il Banco era diventato il principale
finanziatore del papato con filiali a Roma, a Firenze e a Venezia[92].
Nel corso dei decenni successivi Cosimo, che era il più dotato dei
due fratelli nella gestione degli affari[93], estese l'influenza anche nel
resto d'Europa: nel 1439 aprì una filiale nella città fiamminga di
Bruges, centro importantissimo per il commercio internazionale; nel Biblioteca Nazionale Centrale di
[94] Firenze, Ms. Panciatichi 71, fol. 1r.,
1446, invece, Cosimo estese la sua rete anche a Londra . Dopo la
XV secolo riportante il timbro usato
morte del fratello Lorenzo nel 1440, Cosimo viene affiancato nella
dalla Banca Medici per
gestione del patrimonio finanziario mediceo da Giovanni Benci[95],
l'autenticazione dei documenti
insieme con il quale estende ulteriormente l'influenza del banco finanziari e commerciali.
mediceo: nel catasto del 1457, si sono aggiunte le filiali di Milano
(aperta nel 1452 e retta da Pigello Portinari, divenuto l'uomo di
fiducia dell'amico e alleato di Cosimo, il duca Francesco Sforza[96]), Ginevra e Avignone, oltre al banco
minore di Ancona aperto già nel 1441[93]. Grazie a questi dati, si può comprendere il successo di Cosimo in
politica estera, il favore dei sovrani nei suoi confronti al momento del primo esilio e la grande reputazione di
cui lui godeva. Inoltre, grazie alla sua immensa fortuna, Cosimo influì nella politica interna anche di Paesi
stranieri e molto più potenti militarmente, quali il Regno d'Inghilterra: Edoardo IV, esponente della Casa di
York in lotta con quella dei Lancaster nella Guerra delle due rose (1455-1485), riuscì a mantenere l'esercito
grazie ai numerosi sussidi finanziari che Cosimo gli passava[97]. Nel patrimonio personale del Medici
figuravano inoltre numerose botteghe artigiane in città, ereditate dal padre o da lui comprate. Nel catasto del
1427, per esempio, Cosimo possedeva due lanifici (cui nel 1433 si aggiunse un setificio) che, benché non
rendessero quanto i suoi cambi, davano comunque lavoro a parecchi operai e stimolavano il commercio
cittadino, oltre a consolidare la posizione medicea presso gli strati popolari[98].
Giudizio storiografico
(Guicciardini, p. 93)
Inoltre, tratteggiando la figura dell'altrettanto celebre nipote, Lorenzo il Magnifico, Guicciardini, benché
apprezzasse di entrambi le qualità politiche e umane, riconobbe la palma della grandezza a Cosimo: a
differenza del nipote, infatti, Cosimo fu un abile finanziere, un magnifico promotore del mecenatismo
pubblico (al contrario di Lorenzo che si concentrò principalmente nell'edilizia privata); al contrario, Lorenzo
fu indiscutibilmente più versato nelle lettere e nelle arti del nonno Cosimo[100]. Niccolò Machiavelli, nelle
Istorie Fiorentine, fu più esaustivo del suo contemporaneo Guicciardini, elencando tutti i meriti e le opere
buone compiute dal Medici. Ecco l'explicit del libro VII:
«Non di meno morì pieno di gloria, e con grandissimo nome nella città e fuori. Tutti i cittadini e
tutti i principi cristiani si dolgono con Piero suo figliuolo della sua morte, e fu con pompa
grandissima da tutti i cittadini alla sepultura accompagnato, e nel tempio di San Lorenzo sepellito, e
per publico decreto sopra la sepultura sua PADRE DELLA PATRIA nominato. Se io, scrivendo le
cose fatte da Cosimo, ho imitato quelli che scrivono le vite de’ principi, non quelli che scrivono le
universali istorie, non ne prenda alcuno ammirazione, perché, essendo stato uomo raro nella nostra
città, io sono stato necessitato con modo estraordinario lodarlo.»
(Machiavelli, p. 573)
Osannato dai Medici quando, con Cosimo I (1537-1574), diventarono prima Duchi di Firenze e poi
Granduchi di Toscana nel 1569[101], la storiografia tardo-settecentesca (scomparsa la dinastia medicea nel
1737 con la morte di Gian Gastone) e quella successiva si divisero tra chi considerava Cosimo «un tiranno
cinico, egoista e borghese» come lo svizzero Simonde de Sismondi[102] e chi, come gli storici George
Frederick Young, John Rigby Hale, Tim Parks e altri, vi hanno visto un governo illuminato e saggio,
nonostante la soppressione delle libertà repubblicane.
Personalità
Uomo politico
In base alle testimonianze dei suoi contemporanei, la figura di
Cosimo de' Medici rispecchia quella di un ottimo politico, capace di
mantenersi in equilibrio rispettando le libertà repubblicane e nel
contempo mantenersi al potere lasciando a uomini di sua fiducia i
posti chiave dell'amministrazione della Repubblica. Guicciardini
parla di «prudenzia» quale termine chiave della psicologia del
Medici[103], e lo stesso concetto è accolto da Hale[104]. Lo stesso
Vespasiano da Bisticci, suo bibliotecario e amico, si sofferma sulla
prudenza quale caratteristica principale dell'animo di Cosimo:
(Machiavelli, p. 570)
Tale atteggiamento si può riscontrare, nel caso specifico, nei confronti dell'umanista Francesco Filelfo. A
causa dei dissidi per la sua politica culturale antitetica a quella imposta da Cosimo, Filelfo fu oggetto di un
attentato il 18 maggio 1433 da parte di tal Filippo Casali, ma l'umanista pensò che dietro il mandante ci
fosse la longa manus del Medici[105].
Vita privata
Della vita privata di Cosimo, molte informazioni ci provengono da
Vespasiano da Bisticci, il quale ci informa di parecchi aneddoti
riguardanti il suo patrono: la grandissima memoria[106], la passione
per l'agricoltura che dimostrò nella cura dell'orto del Convento di
San Marco[107], la liberalità verso gli uomini di cultura e gli artisti,
coi quali non si limitava al semplice patronato. Vespasiano, all'inizio
della voce biografica dedicata al Medici, ricorda infatti:
Unico neo nella sua vita coniugale fu un'avventura extraconiugale con una giovane schiava circassa di
nome Maddalena comprata a Venezia e da cui ebbe un figlio naturale, Carlo (1428/1430 circa-1492),
ecclesiastico di notevole importanza e futuro canonico del Duomo di Prato[111]. Nonostante la sua
condizione di figlio naturale, Carlo fu accolto da Contessina come figlio suo, ed educato insieme ai suoi
fratellastri[110].
Discendenza
Cosimo si sposò nel 1415 con Contessina de' Bardi[4], figlia di Giovanni Conte di Vernio e di Emilia
Pannocchieschi dei Conti di Elci. Dal matrimonio nacquero:
Piero, detto il Gottoso (*1416 †1469), sposo di Lucrezia Tornabuoni e padre di Lorenzo e di
Giuliano de' Medici
Giovanni (*1421 †1463), sposo di Ginevra degli Alessandri, da cui non ebbe discendenza
Cosimo ebbe inoltre il già ricordato figlio naturale Carlo, avuto tra il 1428 e il 1430.
Ascendenza
Lo stesso argomento in dettaglio: Tavole genealogiche della famiglia Medici.
Giacoma degli
Spini[14][115]
Cosimo de'
Medici
Edoardo Bueri
Piccarda
Bueri
Cultura di massa
La figura di Cosimo è centrale nella serie televisiva I Medici (2016-2019), dove è interpretato da Richard
Madden[116]. È presente anche nel romanzo Una dinastia al potere (2016) e primo della tetralogia dedicata
ai Medici scritta dall'autore italiano Matteo Strukul[117].
Note
Esplicative
1. ^ In Machiavelli, pp. 193-192 si viene a sapere che Giovanni de' Medici morì nel 1429, all'età
di sessantanove anni, dopo aver ricordato a Cosimo e a Lorenzo di praticare sempre la
giustizia e la virtù, sia in ambito privato e politico, mirando non a togliere, ma a dare alla
comunità.
2. ^ Alla morte del padre Giovanni, Cosimo era l'uomo più ricco della città. Nonostante la
ricchezza, per non attirarsi le invidie delle altre famiglie fiorentine, Cosimo non ostentò mai
questa fortuna. A dimostrazione di questa linea diplomatico-culturale, Cosimo affidò
all'architetto Michelozzo l'edificazione di un modesto Palazzo in Via Larga, l'attuale Palazzo
Medici Riccardi (cfr. Cesati, p. 23).
3. ^ Hale, p. 23 ricorda infatti che Cosimo, grazie alla sua attività di banchiere, fosse riuscito a
stringere numerose amicizie a Ferrara e a Venezia, città che si offrirono di aiutarlo nel
momento del bisogno. Inoltre, lo stesso Eugenio IV fece sapere che la Chiesa non avrebbe
accettato che Cosimo, capo del banco mediceo che era la principale fonte finanziaria della
Santa Sede, fosse condannato a morte, come ricordato da Parks, p. 86.
4. ^ Per la figura e l'ascesa politica di Cosimo, si veda: Kent, DBI. Riguardo al metodo di
governo dei Medici tra il 1434 e il 1494, interessante è il saggio di Rubinstein, che mette in
luce in ambito estero il termine di "criptosignoria". Nella storiografia italiana, fondamentali gli
studi di Tabacco 1974, pp. 352-357, Sestan 1979, pp. 58-59 e Ascheri 1994, pp. 290-291,
che mettono in evidenza l'assoggettamento, da parte di alcuni signori, delle forme comunali,
mantenendone le apparenze democratiche.
5. ^ Parks, p. 130 ricorda la creazione di una filiale del Banco a Milano col fine di aiutare
Francesco Sforza nella gestione del potere. Nel quadro del rovesciamento delle alleanze,
infatti, lo Sforza e il Ducato di Milano erano geograficamente più vicini rispetto a Venezia,
cosa per cui poteva risultare più conveniente stabilire buoni rapporti con Milano piuttosto che
con la città lagunare, anche perché la guerra continua con uno Stato così potente era
deleteria per l'erario fiorentino (Young, p. 82; p. 84).
6. ^ Hale, p. 54. Gli anni '50. a causa del conflitto, di un'epidemia di peste nel 1448 e un
terremoto del 1453, aveva ridotto al lastrico l'economia fiorentina. A causa di queste difficoltà,
i nemici di Cosimo cercarono di riportare le votazioni al ballottaggio e non col sistema
mediceo degli accoppiatori. La congiura prima e il fallito golpe costituzionale poi permisero a
Cosimo di rafforzare ulteriormente la sua posizione in città (cfr. Parks, pp. 128-129).
7. ^ Il numero, riportato da Vespasiano da Bisticci, p. 255, è assai ragguardevole per l'epoca, in
quanto l'invenzione della stampa a caratteri mobili da parte del tedesco Gutenberg avverrà
poco meno di dieci anni dopo, nel 1450 ca.
8. ^ Anche se, come ricorda Young, p. 113, il Palazzo era considerato troppo sontuoso per un
semplice cittadino, visto che superava in splendore le regge degli stessi re di Francia e
d'Inghilterra, oltreché dell'imperatore di Germania.
9. ^ L'Alberti era fortemente critico verso il monolinguismo della cultura umanistica fiorentina
che, con l'avvento di Cosimo nel 1434, era diventata l'espressione del rinnovamento
culturale mediceo. Perciò fu costretto ad allontanarsi da Firenze per prendere la strada
ecclesiastica. Si veda Cappelli, pp. 309-310.
10. ^ Sempre secondo la testimonianza di Vespasiano da Bisticci, p. 263, Cosimo fu
«liberalissimo, e massime con tutti gli uomini che conosceva che avessino qualche virtù».
Sempre in Vespasiano da Bisticci, pp. 261-262 sono riportati casi di persone che,
lamentandosi di Cosimo, egli le fece chiamare per dimostrare l'infondatezza delle loro
accuse, ricordando molto l'atteggiamento mostrato da Traiano nei confronti di semplici
cittadini.
Bibliografiche
1. ^ Lo stemma dei Medici: le “palle” che cambiano di numero, su
curiositasufirenze.wordpress.com. URL consultato il 18 novembre 2016.
2. ^ Lo stemma Medici, su www.palazzo-medici.it. URL consultato il 18 novembre 2016 (archiviato dall'url
originale il 19 novembre 2016).
3. ^ Titolo onorifico post mortem.
4. Kent.
5. ^ Vespasiano da Bisticci, p. 246.
6. ^ Young, p. 57.
7. ^ Hale, p. 12.
8. ^ Hale, pp. 10-11.
9. Cosimo il Vecchio.
10. ^ Kent:
«gli uffici del banco lo seguirono nel 1414 al concilio di Costanza, al quale si ritiene
che il M. abbia partecipato accompagnato da Poggio Bracciolini e da Leonardo
Bruni.»
17. ^ Kent
«Egli si era comunque ritirato dall’effettiva direzione del banco nel 1420 lasciando il
suo posto ai figli, il M. [Cosimo] e Lorenzo.»
«Ma seguita la pace [con Lucca], e con quella la morte di Niccolò da Uzano, rimase
la città senza guerra e senza freno ... e messer Rinaldo, parendogli esser rimasto
solo principe della parte [degli oligarchi], non cessava di pregare ed infestare tutti i
cittadini, i quali credeva potessero essere gonfalonieri, che si armassero a liberar la
patria da quell'uomo [cioè Cosimo].»
«Inoltre, la presenza internazionale del banco dei Medici e il suo legame con il
Papato accrebbero molto l’influenza personale del M[edici] presso principi italiani ed
europei, compresi i re di Francia e Inghilterra e l’imperatore, che disapprovarono
l’azione fiorentina contro i Medici.»
31. ^ Kent:
«La lealtà dei sostenitori dei Medici rimasti a Firenze e la pressione sul governo
cittadino da parte dei loro amici all’estero furono importanti per il mantenimento
dell’influenza del M[edici] e per prepararne il rimpatrio.»
«...e bisognò a Cosimo durare gran fatica a mantenersegli [i sostenitori della balìa
che lo fecero rientrare dall'esilio], e temporeggiare con loro; sempre dimostrare
volere ch'eglino vi potessino quanto lui; e andò, cuoprendo questa sua autorità
quanto eli poté nella città, e fece ogni cosa per non si scuoprire.»
37. ^ Lo stesso Kent, senza pur nominare Augusto, si rifà al modello del princeps nella Roma
repubblicana:
«Ma soprattutto la posizione del M[edici] a Firenze dipendeva, come quella dei
principes civitatis della Roma repubblicana, da quella indefinibile qualità alla quale
Vespasiano da Bisticci si riferiva come "autorità".»
«Le elezioni ai pubblici uffici furono controllate da Balie dominate da amici dei
Medici, i quali acquisirono poteri straordinari: designavano accoppiatori di loro
fiducia per riempire le Borse elettorali con i nomi dei sostenitori del Medici.»
«Nella sua voluminosa corrispondenza, sia ufficiale sia privata, il M[edici] dimostra
un notevole interesse e una notevole competenza nella strategia militare. Definito
«un condottiere d’huomini» (De Roover, 1953, p. 472), il M[edici] fu ammiratore dei
più esperti capitani di ventura del suo tempo, che furono impiegati dal Comune
fiorentino durante la guerra contro Lucca, tra il 1429 e il 1433. Strinse amicizia con
Niccolò Mauruzzi da Tolentino, Micheletto Attendolo e, più tardi, con Francesco
Sforza. Un componimento poetico pubblicato da Lanza e attribuito al M[edici] è
indirizzato a Francesco Sforza e vi si esprime l’ammirazione per il condottiero
secondo i principî che per il M[edici] erano necessari nella politica, nella vita e
nell’arte.»
«Le motivazioni dello scontro erano molteplici: alle contese territoriali tra Milano e
Venezia, si aggiungevano i contrasti tra Firenze e Venezia in materia di presenza di
mercanti toscani nei mercati orientali...»
«Gli effetti di tale espediente furono di breve durata, e l'incapacità del papa di
controllare lo Sforza lo spinse a servirsi di Giovanni Maria Vitelleschi, che con
estrema brutalità sottomise i Colonna e i loro alleati. Davanti a loro nel 1434 il papa
era dovuto scappare da Roma in barca lungo il corso del Tevere fino al mare, dove
aveva preso una galera per Pisa e di lì si era recato a Firenze.»
55. ^ Hay:
86. ^ Cfr. per le informazioni biografiche, la voce del DBI curata da Vasoli.
87. ^ Vasoli:
«Si sa però che egli [Ficino] indicò proprio questi anni come il tempo della rinnovata
Accademia platonica che si sarebbe formata a Careggi sotto la protezione di
Cosimo.»
«La fama del M[edici] presso gli scrittori contemporanei fu alterna: criticato per
l’accentramento del potere nelle sue mani, fu però anche apprezzato per la sua
saggezza e il suo equilibrio, nonché per il suo successo.»
«Come uomo prudente, dignitoso, riservato e severo che aveva larghi interessi in
gioco nell'ordine interno e nella prospettiva cittadina...»
105. ^ Viti:
«Il 18 maggio 1433 [...] fu ferito al volto con un coltello da Filippo Casali, del contado
di Imola, e la cicatrice gli sarebbe rimasta per sempre. Nel successivo processo lo
stesso rettore dello Studio, Girolamo Broccardi - col quale il F[ilelfo] già in
precedenza aveva avuto violenti scontri - si accusò come mandante, ma il clamore
del fatto e il clima di generale conflittualità portarono a vedere, dietro il sicario,
Cosimo de' Medici.»
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Voci correlate
Medaglia di Cosimo il Vecchio
Ritratto di Cosimo il Vecchio
Storia di Firenze
Lorenzo de' Medici
Banco dei Medici
Tavole genealogiche della famiglia Medici
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Collegamenti esterni
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